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 Robert Grant L'ANALISI STRATEGICA PER LE DECISIONI AZIENDALI  Fare bene: analisi swot, catena del valore, matrice BCG e matrice di Kinsey-GE Finito il 30-01-2011 by zziopippo  Parte Prima capp 1-6 Linea guida: Oggi, qualunque sia l'attività che si desidera intraprendere bisogna chiedersi: --cosa voglio produrre --quali risorse e competenze ho a disposizione --che tipo di struttura organizza tiva devo dare alla mia azienda --in che casini mi sto mettendo: chi sono i miei concorrenti (analisi di settore) --che obiettivi mi propongo e come posso raggiungerli (strategia) E le cose non cambiano di molto se ho un'attività ben avviata: --le risorse e competenze che possiedo bastano o ne devo sviluppare altre --la struttura organizzativa è quella giusta o la devo cambiare --come si stanno muovendo i miei concorrenti: è il caso o no di cambiare aria visto che sono diventati troppi. I capp 1-6 analizzano tutti questi elementi: --strategia cap1 cos'è, a che serve e chi la fa --obiettivi cap2 --analisi di settore cap 3-4 chi sono i concorrenti, come contrastarli e come prevederne le mosse --risorse e competenze cap 5 quali sono, come sfruttarle efficacemente, acquisirle e svilupparle. --strutture organizzative cap 6 che tipo di struttura mi conviene utilizzare

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  Robert Grant L'ANALISI STRATEGICA PER LE DECISIONI AZIENDALI Fare bene:

analisi swot, catena del valore, matrice BCG e matrice di Kinsey-GE

Finito il 30-01-2011 by zziopippo

 

Parte Prima capp 1-6

Linea guida:

Oggi, qualunque sia l'attività che si desidera intraprendere bisogna chiedersi:

--cosa voglio produrre

--quali risorse e competenze ho a disposizione

--che tipo di struttura organizzativa devo dare alla mia azienda

--in che casini mi sto mettendo: chi sono i miei concorrenti (analisi di settore)

--che obiettivi mi propongo e come posso raggiungerli (strategia)E le cose non cambiano di molto se ho un'attività ben avviata:

--le risorse e competenze che possiedo bastano o ne devo sviluppare altre--la struttura organizzativa è quella giusta o la devo cambiare

--come si stanno muovendo i miei concorrenti: è il caso o no di cambiare aria visto che sonodiventati troppi.

I capp 1-6 analizzano tutti questi elementi:--strategia cap1 cos'è, a che serve e chi la fa

--obiettivi cap2--analisi di settore cap 3-4 chi sono i concorrenti, come contrastarli e come prevederne le mosse

--risorse e competenze cap 5 quali sono, come sfruttarle efficacemente, acquisirle e svilupparle.

--strutture organizzative cap 6 che tipo di struttura mi conviene utilizzare

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CAP 1 IL CONCETTO DI STRATEGIA

Secondo Grant l'ingrediente principale del successo consiste nell'avere una chiara visione della

linea da seguire ossia una strategia ben formulata: essa si fonda su tre elementi basilari:

1)gli obiettivi, che devono essere semplici, coerenti e a lungo termine2)perfetta conoscenza dell'ambiente in cui si opera

3)valutazione obiettiva delle risorse disponibiliA questi 3 elementi base se ne aggiunge un altro fondamentale: l'implementazione efficace ossia la

messa in pratica dei 3 elementi con efficienza,tenacia e determinazione anche a costo di sacrificare

altri aspetti della propria vita sociale e personale (vedi es. gen Giap,Madonna e sorelle Williams).Questi concetti generali possono essere trasferiti all'ambito aziendale; avremo quindi anche qui

obiettivi e valori da proporre, risorse e competenze da valutare, perfetta conoscenza dei sistemiorganizzativi: la strategia aziendale partendo da questi fattori interni permette all'azienda di

misurarsi con successo con l'ambiente esterno cioè clienti, fornitori e concorrenti (vedi fig 1.2).

La valutazione strategica secondo Grant ha lo scopo di analizzare i fattori interni ed esterni.In via preliminare è fondamentale la coerenza strategica cioè la strategia deve essere coerente sia

con i fattori interni che con quelli esterni: ad es. aumentare le dimensioni aziendali senza avere

risorse finanziarie e competenze adeguate porterà sicuramente al crollo dell'azienda.Piccola storia della strategiaI concetti e le teorie della strategia hanno i loro precedenti nella strategia militare con cuicondividono molti concetti comuni come la differenza tra tattica e strategia, intendendo per strategia

un piano complessivo che permetta di raggiungere una posizione di vantaggio e per tattica unprogetto riguardante un'azione specifica: molto semplicemente la tattica ci fa vincere una battaglia,

la strategia ci fa vincere la guerra.

L'evoluzione della strategia è andata a braccetto con i tempi: negli anni '50 e '60, quando le impresecominciarono a espandersi, i manager incontrarono notevoli difficoltà a reggere la mole di lavoro

che ricadeva sulle loro spalle e fu il periodo della pianificazione aziendale: in pratica, sulla scorta diprevisioni economiche effettuate su punti chiave (domanda, costi e ricavi), si stabilivano priorità e

quantitativi di produzione, distribuzione ottimale della produzione, cioè cosa, quanto e come

produrre nei 5 anni successivi e infine si predisponeva la necessaria copertura finanziaria.Tutti si dotarono di uffici di pianificazione, finalmente si era in possesso di uno strumento

scientifico in grado di aiutare il manager nel difficile compito delle scelte.Ma l'entusiasmo per la pianificazione non durò a lungo: con le crisi petrolifere degli anni '70 il

mercato divenne instabile e capriccioso, altro che previsioni a 5 anni, non si era sicuri nemmeno di

quello che sarebbe successo l'indomani; in questo stato di cose l'interesse per la pianificazione alungo termine diminuì notevolmente e l'attenzione si rivolse alla concorrenza: quindi strategia era

un piano d'azione che permettesse di raggiungere un vantaggio competitivo sulla concorrenza;questo vantaggio competitivo si può raggiungere puntando sulle fonti di profitto, esterne (anni '80) e

interne (anni '90): l'interesse puntato sull'ambiente interno dell'azienda ( soprattutto a competenze erisorse) continua fino ad oggi. Cos'è la strategiaStrategia genericamente significa elaborazione di un piano al fine di raggiungere un obiettivoprefissato: nel campo aziendale significa pianificare per assicurare la sopravvivenza o la prosperità

dell'azienda o un vantaggio competitivo nei confronti della concorrenza, (se la vediamo dal punto di

vista dell'obiettivo); oppure come l'organizzazione delle proprie risorse per raggiungere un obiettivo(se la prendiamo dal punto di vista delle risorse).

In ogni caso la strategia comporta sempre delle scelte:1)la scelta del dove competere, cioè la scelta del settore in cui competere, la cd strategia digruppo (corporate strategy).

2)la scelta del come competere con la concorrenza all'interno di un determinato settore, la cdstrategia di business (business strategy).

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Chi formula la strategiaMintzberg distingue:1)la strategia deliberata, concepita dal gruppo dirigente di vertice

2)la strategia emergente, il modo come i manager interpretano e adattano la strategia deliberata

3)la strategia realizzata, rappresenta la parte della strategia deliberata che viene effettivamente arealizzarsi (circa il 10-30% della strategia deliberata)

Su questa distinzione si fondano 2 correnti di pensiero:--la scuola razionalista ritiene che sia + importante la strategia deliberata

--la scuola della strategia emergente, o dell'apprendimento, ritiene invece che la strategia

deliberata deve “apprendere”, deve confrontarsi e adattarsi alle circostanze esterne: più l'ambienteesterno è imprevedibile e instabile, maggiore sarà il ruolo della strategia emergente

Nella maggior parte delle aziende, la formulazione delle strategie nasce da una combinazione trastrategie deliberate che scendono dall'alto (top-down) e strategie emergenti che provengono dal

basso (bottom-up): così la direzione generale stabilisce le linee guida mission, vision e budget; i

dirigenti di divisione hanno completa libertà di adattare e sperimentare.

A che serve la strategia1)come supporto alle decisioni: essa semplifica l'assunzione delle decisioni e porta a decisioni

migliori sia perchè consente di mettere in comune le conoscenze di diverse persone sia perchèfacilita l'applicazione di strumenti analitici.

2)come strumento di coordinamento perchè implica il coinvolgimento di tutti i membridell'organizzazione

3)come obiettivo perchè esprime ciò che l'azienda diventerà in futuro e questo rappresenta una fontedi motivazione per i suoi membri e + l'obiettivo è ambizioso + forte sarà la motivazione a fare

sempre meglio.

 

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CAP 2 OBIETTIVI VALORI RISULTATI

Riassumendo:

1)L'impresa si pone degli obiettivi

2)per raggiungere gli obiettivi deve elaborare una strategia3)per elaborare una strategia corretta deve “guardare”:

---dentro: valutare le proprie risorse e la propria struttura organizzativa---fuori: verso l'ambiente in generale e, in particolare verso il settore in cui opera.

La strategia non è altro che organizzare le risorse interne per raggiungere gli obiettivi, misurandosi

con i fattori esterni che possono costituire opportunità od ostacoli per il conseguimento degliobiettivi.

Prima di elaborare la strategia corretta occorre dunque un'analisi accurata di tutti questi fattori:--fattori interni: obiettivi, risorse e struttura organizzativa--fattori esterni: clienti, fornitori e concorrenza (che fanno parte del settore)In questo capitolo esamineremo il primo di questi fattori: obiettivi e valori

Obiettivi (ossia massimizzare i profitti)

L'impresa con la sua attività crea un valore economico in 2 modi:---con il commercio: spaziale (compro un bene in un paese dove costa meno e lo rivendo in unpaese dove costa di più) o temporale (compro ad es un'azione oggi per rivenderla domani quando

aumenterà di valore)---con la produzione cioè la trasformazione di un input (una materia prima) in un output (un

prodotto) che vale + dell'input: dalla vendita dell'output ottengo un ricavo dal quale tolgo le spese

fatte per l'input: quello che mi resta è il cd valore aggiunto: a chi va il valore aggiunto?Il valore aggiunto va ad una folta schiera di “elementi”: ai lavoratori (salari), ai finanziatori

(interessi), al governo (tasse), ai proprietari azionisti (profitti).Il valore aggiunto va quindi a soddisfare un insieme di gruppi ciascuno dei quali porta il suo

interesse: sono i portatori di interesse i cd stakeholders: abbiamo già parlato del problema se il

management deve privilegiare uno stakeholder piuttosto che un altro e abbiamo rilevato come inEuropa e in Giappone prevale il principio dell'equilibrio tra i vari stakeholders, mentre negli USA e

in Gran Bretagna prevale lo shareholder capitalism cioè si privilegiano gli azionisti;in linea di massima useremo quest'ultimo approccio cioè la preferenza agli azionisti.

Quindi il concetto centrale è questo: le imprese operano nell'interesse dei proprietari cercandodi massimizzare i profitti nel lungo termine .

Che cos'è il profitto e come si misura.Visto che dobbiamo privilegiare gli azionisti, è opportuno considerare il profitto dal loro punto divista: agli azionisti interessano 2 cose: il dividendo e il valore delle azioni possedute, per cui

possiamo considerare il profitto sotto due aspetti:1)Come quella parte dell'eccedenza ricavi-costi che spetta ai proprietari dell'impresa: si parla in talcaso di reddito economico o rendita economica.

Il metodo + diffuso per misurarlo è l' Economic Value Added EVA che è il reddito operativo alnetto delle imposte meno il costo medio ponderato del capitale.

Se l'EVA è >0 vuol dire che l'azienda sta creando ricchezza; se <0 vuol dire che la sta distruggendo

2)l'altro punto di vista riconduce il profitto al valore dell'impresa: in sostanza all'azionista noninteressa tanto il dividendo (che peraltro può essere diviso solo in parte o non essere diviso affatto),

quanto che le sue azioni aumentino di valore nel tempo e l'aumento di valore delle azioni dipendedall'aumento di valore dell'azienda: qui il metodo di misura è il VAN Valore Attuale Netto che si

basa sui flussi di cassa e può essere usato per stabilire a priori se un investimento è più redditizio di

un altro.La scelta del metodo di misura dipende dal management: l'uso del reddito economico è cmq +

diffuso perchè è semplice e pratico e consente di valutare la performance passata e corrente

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VALORI MISSIONE E VISIONE

Nonostante la massima di Milton Friedman secondo cui “l'unica e sola responsabilità sociale

dell'impresa è aumentare i suoi profitti”, oggi si ritiene che valori quali l'autorealizzazione

individuale, il perseguimento di una qualità superiore, creare un ambiente di lavoro sicuro, lavorareper il miglioramento dell'ambiente ecc svolgano un ruolo fondamentale nel rafforzare l'intento

strategico, creare consenso e accrescere il coinvolgimento dei membri di un'organizzazione.Alcuni studi anzi suggeriscono che il perseguimento di + ampi scopi sociali e morali possa facilitare

il raggiungimento di alte performance economiche.

Si rende allora necessario da parte dell'azienda, dotarsi di scopi e valori ed esplicitarli dentro e fuoril'azienda sotto forma di vision statement e mission statement, documenti che presentano vision e

mission dell'aziendaLa Vision è la guida che consente di tracciare la rotta, è il futuro desiderato, è ciò che l'azienda

vuole diventare, dove vuole andare;

per essere efficace deve avere alcuni requisiti:--deve creare energia ed entusiasmo

--deve essere associata ad ipotesi concrete e tuttavia difficili e straordinarie (+sono difficili e

straordinarie + sono motivanti): BHAG = Big, Hairy, Ambitious Goals= grandi, emozionanti,ambiziosi obiettivi.

--deve essere semplice perchè possa essere capita e breve per poter essere ricordata--deve essere il punto di riferimento costante per tutti.

La vision dunque rafforza l'identità dell'azienda, allinea gli obiettivi, fa sì che le persone siidentifichino nella comunità in cui lavorano e ne siano orgogliose.

Esempi di vision:

--W.Disney: rendere felici le persone--B.Gates: un computer su ogni scrivania.

La Mission invece definisce il ruolo specifico dell'azienda per la realizzazione della vision;Traccia il cammino, le tappe per avvicinarsi alla realizzazione della vision, definendo le risorse e

come impiegarle e spesso descrive le aree di business nelle quali competere: in sostanza definisce

ciò che è un'azienda, ciò che la contraddistingue, ciò che fa e perchè lo fa.Vedi esempio in appendice.

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CAP 3 ANALISI DI SETTOREIn questo capitolo ci occuperemo dell'analisi dell'ambiente esterno all'impresa cioè analizzeremol'ambiente in cui l'azienda opera ossia quello che viene definito settore.L'ambiente esterno dell'impresa comprende quelle variabili che ne influenzano i risultati: si tratta di

fornitori, concorrenti, clienti, struttura sociale, ambiente naturale, decisioni dei governi, sviluppotecnologico ecc.(fig 3.1);

[queste variabili possono essere distinte a seconda delle fonti (secondo l'analisi PEST si distinguonofonti politiche, economiche, sociali e tecnologiche) oppure secondo il grado di prossimità

(microambiente e macroambiente)].

L'ideale sarebbe l'analisi sistematica di tutti questi fattori ma ciò sarebbe costoso e complicato:quindi è + opportuno limitarsi a studiare quegli elementi che sono di vitale importanza e cioè

clienti, fornitori e concorrenza: questo è l'ambiente settoriale dell'impresa (microambiente).Vediamo come questi elementi influenzano la redditività di settore.

La concorrenzaUn'industria farmaceutica fornisce prodotti molto differenziati destinati a consumatori non sensibilial loro prezzo e ogni nuovo prodotto gode di un monopolio di 17 anni; l'industria dell'acciaio invece

fornisce un prodotto omogeneo in un ambiente di forte concorrenza; ci sono infine prodotti che

occupano nicchie di mercato, spesso appannaggio di una o due imprese.Il primo è un settore ad alta redditività, il secondo lo è molto meno: questa differenza di redditività

dipende dalla concorrenza: in una situazione di monopolio un'unica impresa incamera l'interoammontare del valore creato; in un settore in cui ci sono parecchie imprese fornitrici di un prodotto

identico il valore creato viene distribuito tra i vari concorrenti e la redditività del settore è bassa.Nella realtà i settori si trovano in posizioni intermedie tra monopolio e concorrenza perfetta.

Perchè ci sono settori in cui la concorrenza è spietata ed altri in cui è molto blanda?

Porter afferma che l'intensità della concorrenza è influenzata da 5 forze competitive: 3 orizzontali, 2verticali vedi figg 3.2 e 3.3.

Forze competitive orizzontali sono:1)Concorrenza dei prodotti sostitutivi: l'assenza di prodotti sostitutivi, come per benzina e

tabacco, comporta una relativa insensibilità al prezzo da parte dei consumatori (domanda

anelastica); se invece ci sono prodotti sostitutivi, ad essi si rivolgerà il consumatore quando ilprodotto “originale” aumenta di prezzo.

2)Minaccia di nuove entrate: quando un settore ha una alta redditività esercita un effetto diattrazione su imprese esterne al settore: queste imprese tenteranno di entrare nel settore e le

prospettive di profitto diminuiranno per tutti;

tuttavia l'ingresso di nuove imprese in un settore non è agevole per vari motivi:--ci sono settori caratterizzati da costi fissi alti e non facilmente recuperabili: ad es un impianto di

raffinazione petrolifera ha degli alti costi fissi e non recuperabili con la dismissione dell'impianto(cioè costa parecchio smontare l'impianto , risanare l'ambiente ecc) e ben difficilmente una nuova

impresa entrerà nel settore; nel caso invece in cui i costi fissi sono bassi e facilmente recuperabili,sono facili gli ingressi tipo toccata e fuga.--il fabbisogno di capitali, necessari per entrare, può essere così elevato da scoraggiare le piccole

imprese: ad es. il duopolio Airbus-Boeing è protetto dagli enormi costi di R&S, produzione eassistenza.

--economie di scala: l'efficienza richiede operazioni su larga scala che spesso scoraggiano le nuove

imprese: lo sviluppo e il lancio di un nuovo modello di auto costa + di 1,5 miliardi di dollari; perprodurre a costi bassi è necessario vendere almeno 4 milioni di auto

--vantaggi assoluti di costo di cui godono le imprese già presenti semplicemente perchè sonoarrivate prima: ad es la Saudi Aramco è arrivata per prima nello sfruttamento dei giacimenti di

petrolio + grandi e + facilmente accessibili del mondo: i bassi costi di estrazione le danno un

vantaggio insuperabile nei confronti delle altre compagnie.Un vantaggio di costo può derivare anche dall'essere + avanti nelle conoscenze rispetto alla

concorrenza.

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--la differenziazione di prodotto: se i prodotti sono differenziati, le imprese già affermate sono

favorite dal riconoscimento del marchio, mentre le nuove imprese dovranno spendere molto di + inpubblicità e promozione

--l'accesso ai canali di distribuzione è + limitato per le nuove imprese sia per ragioni proprio di

spazio sia per la diffidenza dei dettaglianti nei confronti di nuovi produttori--barriere istituzionali e legali: tra le barriere istituzionali ricordiamo l'obbligo in alcuni settori di

una licenza da parte dell'autorità pubblica o di standard ambientali o di sicurezza i cui costiincidono di + sui nuovi arrivati; tra le barriere legali ricordiamo i brevetti e altre forme di proprietà

intellettuale legalmente protette

-- ritorsione delle imprese presenti contro il nuovo entrante tramite riduzione dei prezzi,promozioni, conflitti legali; per evitare queste ritorsioni, i nuovi entranti possono cercare di entrare

inizialmente su piccola scala e in segmenti di mercato piccoli così come fecero Toyota, Honda eNissan che entrarono negli USA nel settore delle auto di piccola cilindrata, segmento

tradizionalmente scartato dalle tre grandi di Detroit.

L'efficacia di tutte queste barriere in entrata (e specialmente del fabbisogno di capitali) dipende

anche dalle risorse dell'entrante: ad es sono poco efficaci nei confronti di grosse aziende affermate

in altri settori che vogliono entrare in un nuovo settore per diversificare la propria attività.

3)La rivalità tra i concorrenti affermati:L'intensità della concorrenza nell'ambito dello stesso settore dipende da vari fattori:

--la concentrazione dei venditori cioè il numero e la dimensione delle imprese ( espressa dal cdindice di concentrazione che rappresenta la quota di mercato occupata): un mercato dominato da

una sola impresa (es Microsoft) è poco concorrenziale e l'impresa può decidere i prezzi; anche

quando ci sono 2 imprese predominanti (Coca Cola e Pepsi) la lotta non è accesa, i prezzi tendonoad essere simili e la concorrenza si concentra sulla pubblicità e sulla promozione; se invece il

numero delle imprese aumenta, il coordinamento dei prezzi è + difficile e qualcuno può perseguireun'aggressiva politica di riduzione dei prezzi.

--la diversità dei concorrenti: nel settore automobilistico americano prima dell'arrivo dei

giapponesi, la concorrenza era piuttosto blanda per le spiccate somiglianze tra le imprese in terminidi costi, strategia, mentalità; il mercato europeo è stato invece sempre piuttosto vivace per le

diversità di strategie e di management delle case automobilistiche.--la differenziazione del prodotto: nei settori in cui i prodotti sono simili, la concorrenza è vivace

sulla base dei prezzi, nei settori in cui i prodotti sono molto differenziati (es farmaci) la concorrenza

sui prezzi è debole.--capacità in eccesso e barriere all'uscita: un eccesso di offerta o una diminuzione della domanda

determina una caduta dei prezzi e quindi notevole concorrenza sui prezzi; anche le barriere all'uscita(alti costi di dismissione) possono determinare un eccesso di capacità produttiva che mantiene bassi

i profitti e aumenta l'intensità della concorrenza (faccio tutto pur di vendere e recuperare qualcosa)--condizioni di costo:si riferiscono a due situazioni:

----------------- rapporto costi fissi/costi variabili: quando c'è un eccesso di offerta e i costi fissi

sono molto alti rispetto ai costi variabili, le imprese tendono a vendere a qualsiasi prezzo: ad es unaereo ha un costo fisso molto alto per la compagnia sia che viaggi al completo sia che abbia pochi

passeggeri: la compagnia aerea, quando l'aereo è semivuoto, può allora offrire dei biglietti scontati

pur di recuperare qualcosa-----------------economie di scala: se nel settore auto, la scala efficiente si aggira intorno ai 4 milioni

di auto vendute all'anno (cioè se vendo meno di 4 milioni di auto vado sotto), la casa produttricepuò abbassare i prezzi pur di raggiungere questo limite.

Forze competitive verticaliQui il problema è un po' complesso: in parole semplici un'impresa spesso si trova nel duplice ruolo

di acquirente e venditore: acquista input ad es materie prime da un fornitore e a sua volta vende il

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suo output ad un'altra impresa.

E' intuitivo capire l'importanza di questi rapporti: ad es l'azienda che compra da un fornitore ha tuttol'interesse a spuntare il prezzo + basso possibile per mantenere bassi i costi di produzione: e poichè

anche la concorrenza ha le stesse esigenze ecco che nasce anche a questi livelli la competizione.

1)il potere contrattuale degli acquirenti:In riferimento all'impresa nel ruolo di acquirente, il rapporto con il fornitore dipende dal tipo di

prodotto e dalla posizione dell'impresa nei confronti del fornitore: --se si tratta di un prodotto qualitativamente importante c'è poco da fare: un'azienda che assembla

PC ha poco da trattare sul microprocessore visto che la qualità di un PC dipende dal

microprocessore e visto che i fornitori di microprocessori sono solo 2 intel e amd.--se invece si tratta di un prodotto non particolarmente sofisticato ma che sia rilevante come costo

sul totale, come può essere una lattina che per il produttore di bibite rappresenta un costo rilevanterispetto alla bibita stessa, allora l'azienda acquirente avrà maggior peso contrattuale sui fornitori e

sceglierà chi fa il prezzo + conveniente.

--la stessa cosa avviene quando sul mercato ci sono prodotti sostitutivi: in questo caso l'aziendaacquirente ha la possibilità di cambiare fornitore per spuntare un buon prezzo..

Ma un ruolo importante ha il potere dell'azienda:

--se in un settore ci sono poche aziende che fanno grossi acquisti, esiste la concreta possibilità chepossano spuntare prezzi + bassi

--se un'azienda possiede informazioni adeguate sul prodotto è possibile che tratti in condizionimigliori rispetto a quando non conosce nulla

--infine una grossa azienda potrebbe decidere ad es di farsi le lattine da sé come ha fatto Campbell.2)il potere contrattuale dei fornitoriQui abbiamo gli stessi problemi, visti dalla parte dell'impresa che vende ad un'altra impresa:

spesso le imprese fornitrici sono piccole e producono materie prime, semilavorati, componenticomuni: non hanno quindi un grosso peso, a meno che non si coalizzino a formare i cd cartelli (ad

es l'OPEC o le cooperative di coltivatori); le aziende che vendono invece prodotti specializzatihanno un notevole potere contrattuale come ad es l'Intel o la Microsoft.

Le applicazioni dell'analisi di settore:a che serve l'analisi di settore?Serve a 3 cose: capire presente e passato, prevedere il futuro, organizzare le contromisure.-1)--Può servire a capire una situazione passata o presente ad es ci spiega perchè la redditività è

bassa per il settore estrattivo dei metalli e alta per il settore farmaceutico.

-2)--Ma quel che + conta è il suo utilizzo per prevedere il futuro: infatti un'impresa che investeoggi, impegna risorse in un settore per 10 anni o +: è essenziale quindi prevedere quale potrà essere

nel futuro la redditività di quel settore.A questo scopo l'analisi si sviluppa in 3 fasi:

1)esaminare la situazione attuale cogliendo i rapporti tra struttura del settore da una parte,concorrenza e redditività dall'altra.2)individuare in che direzione tende a cambiare la struttura del settore:

il settore si sta consolidando? E' in atto una tendenza alla sovrapproduzione e quindi saturazionedella domanda? I prodotti stanno diventando commodity o tendono a differenziarsi?

3)individuare, in rapporto ai cambiamenti strutturali previsti e alla loro influenza sulle 5 forze di

Porter, come varierà la redditività del settore: in seguito a questi cambiamenti strutturali, laconcorrenza aumenterà o diminuirà?

L'esempio riportato sul libro è quello delle case da gioco negli USA: la tendenza a partire dagli anni'90, è stata verso l'aumento di numero delle case da gioco (in seguito all'aumento delle licenze

concesse dagli amministratori locali che vedevano in esse una cospicua fonte di gettito fiscale); se a

questo aggiungiamo i prodotti sostitutivi (lotterie varie, slot machines ecc) si comprende come ilsettore sia soggetto ad un'aspra concorrenza; è facile prevedere che se l'aumento dell'offerta non

sarà assorbito dall'aumento della domanda si finirà col ridurre notevolmente la redditività del

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hanno due mercati diversi (un fuoristrada e una berlina) abbiano molte parti comuni e quindi è +

opportuno considerare la casa che li produce anziché il singolo prodotto come vorrebbe l'analisimicro.]

I fattori critici del successoSe lo schema delle 5 forze ci consente di stabilire la redditività globale del settore, bisogna poi

stabilire come si distribuisce questa redditività tra le aziende concorrenti: infatti in un settore cisono imprese che vanno bene ed altre che vanno meno bene; da cosa dipende ciò, quali sono i

fattori esterni all'impresa dai quali dipende il suo successo ossia i fattori critici di successo? Per prosperare in un settore l'impresa deve rispondere a 2 domande (fig 3.5):--Cosa desiderano i nostri clienti?

--Cosa si deve fare per sopravvivere alla concorrenza?Per rispondere alla prima domanda si deve identificare il cliente e i suoi bisogni e stabilire su quali

basi sceglie tra offerte concorrenziali (analisi della domanda).

Per rispondere alla seconda domanda l'impresa deve procedere all'analisi della concorrenza delsettore

Vedi tab 3.5 pag 119 da cui prendiamo l'esempio dei supermercati.

Analisi della domanda: i clienti di un supermercato cercano prezzi bassi, ampia gamma di prodottidi qualità; cercano anche ubicazioni comode e servizio gradevole.

Analisi della concorrenza: l'intensità della concorrenza dipende dal numero e dalla vicinanza deiconcorrenti; come mi posso distinguere dai concorrenti, cosa posso offrire di più?

Risultato: fattore critico di successo è la capacità di presentare prodotti di qualità a prezzi bassi equesto significa abbassare i costi di gestione: bassi costi del lavoro, bassi costi di acquisto dai

fornitori, acquisti aggregati, alti volumi di vendita per ottenere economie di costo, risparmi di

magazzinaggio;la differenziazione (dalla concorrenza) richiede grandi spazi interni (vasta gamma di prodotti) ed

esterni (ampi parcheggi).

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CAP 4 DALL' ANALISI DI SETTORE ALL 'ANALISI DEI CONCORRENTI

Critiche allo schema di PorterLe principali critiche mosse allo schema di Porter sono 2:

1)i principi su cui si basa (struttura-comportamento-risultati) non sono rigorosi2)l'influenza della struttura del settore sulla redditività è meno del 20% (cioè ci sono altri fattori +

importanti che influiscono sulla redditività delle imprese).Inoltre l'analisi di settore, così come delineata da Porter, presenta alcuni problemi nell'applicazione

pratica:

--1)Porter non considera che tra i prodotti, oltre a rapporti di sostituzione, ci sono anche rapporti di

complementarietà--2)lo schema di Porter presuppone una certa stabilità del settore ma in molte aree di attività, comequella tecnologica, la struttura del settore varia molto rapidamente

--3)Porter non prende in considerazione che i rapporti tra imprese di un settore non sono sempre di

natura competitiva ma anche collaborativa o di altra natura ( concorrenza dinamica)--4)bisogna prendere in considerazione non solo i settori ma anche i segmenti di mercato.Vediamo nei dettagli questi problemi.

--1)I prodotti complementariSono prodotti indispensabili per il prodotto fondamentale ad es gli inchiostri sono complementari

rispetto alle stampanti; i prodotti complementari sono considerati come la sesta forza di Porter (vedifig 4.2 pag 126) e influenzano un mercato in maniera opposta ai prodotti sostitutivi: infatti questi

riducono il valore del prodotto mentre quelli lo aumentano: ad es il consumatore preferisceacquistare una stampante per la quale esistono diverse marche di inchiostri anziché una che abbia

una sola marca, quindi il valore di quest'ultima stampante scende.

Si può obiettare che la maggior parte dei profitti in questi casi deriva dagli inchiostri anziché dallastampante, o dai videogiochi anziché della console: la Nintendo ha risolto questo problema

rilasciando licenze agli sviluppatori (ricavandone cospicue royalties) e controllando strettamenteproduzione e distribuzione del software.

Nel campo dei Pc il prodotto complementare, cioè il sistema operativo, è pressochè unico e in mano

alla Microsoft che quindi possiede un potere contrattuale enorme nei confronti dei produttori di Pc;se un produttore di Pc come IBM promuovesse lo sviluppo di un altro sistema operativo come

Linux, alternativo a Windows, il potere di Microsoft si ridurrebbe notevolmente.

--2)L'instabilità del mercatoPorter dice che la struttura del settore determina la concorrenza: Schumpeter e la scuola austriaca

affermano invece che è la concorrenza che trasforma la struttura di un settore: es un settore in cuic'è un monopolio, è molto appetibile e spinge le imprese ad entrare, alterando la struttura originaria.

Ma nella pratica comune si può dire che nei settori consolidati, le nuove entrate avvengono inmaniera lenta e i cambiamenti di struttura del settore non sono così distruttivi e repentini come

vorrebbe Schumpeter; tuttavia ci sono alcuni settori, che qualcuno chiama “schumpeteriani”,caratterizzati da rapide innovazioni di prodotto ad es il mercato dei semiconduttori, dell'elettronicadi consumo e dei Pc: in questi settori di ipercompetizione, i concorrenti devono muoversi

rapidamente per costruire i propri vantaggi e intaccare quelli degli avversari, ma il vantaggioacquisito è transitorio e bisogna crearlo e rinnovarlo continuamente.

--3)La concorrenza dinamica e la teoria dei giochiLa principale obiezione posta allo schema di Porter è che esso non tiene conto delle interazionicompetitive delle imprese: insomma non sempre le imprese sono pronte a scannarsi tra di loro,

potrebbero anche essere disponibili a un accordo (anche tacito) o a una coalizione contro altre.La teoria dei giochi è un modo singolare di affrontare il tema della concorrenza paragonandola a un

gioco in cui ci sono i concorrenti-giocatori che hanno a disposizione delle opzioni: come in una

partita a scacchi,analizzando tutte le possibili combinazioni di queste opzioni, sarà possibileprevedere gli esiti finali e sfruttare queste conoscenze per scegliere le strategie + favorevoli.

Come già detto, uno dei maggiori vantaggi della teoria dei giochi è la sua capacità di considerare i

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rapporti tra aziende concorrenti non solo sul piano della competizione pura, come nel sistema di

Porter, ma anche sul piano della cooperazione: per questo fu coniato il termine di co-opetition chesarebbe un misto tra cooperation e competition, a sottolineare che i rapporti tra aziende hanno

carattere dualistico, fatto di collaborazione e competizione che spesso addirittura coesistono: ad es

Exxon e Shell, accanite rivali nel campo della filiera del petrolio, contemporaneamente collaboranoin numerose Joint venture.

Questo succede quando ci si rende conto che raggiungere un accordo è + conveniente che farsi laguerra: una guerra dei prezzi tra due concorrenti lascia pressochè immutate le quote di mercato ma

abbassa i profitti per tutti e in tal caso è + conveniente accordarsi per un prezzo comune; questo

problema è conosciuto nella teoria dei giochi con il nome di “dilemma del prigioniero” dove dueindividui sono sospettati di un crimine, e a ciascuno di loro viene offerto un incentivo per accusare

l'altro: il dilemma sta nel fatto che ognuno dei due può scegliere di incolpare l'altro ma sarebbe piùconveniente per tutti e due, tacere ed evitare così l'esito finale cioè la condanna di uno dei due.

Oltre che con la cooperazione si può cambiare l'esito del gioco con la dissuasione: le imprese

dominanti possono dissuadere gli aspiranti nuovi entranti con aggressive riduzioni di prezzo opossono deliberatamente produrre in eccesso per scoraggiare nuove entrate.

Si può dissuadere anche con atteggiamenti e dichiarazioni che mostrino in maniera inequivocabile

la volontà dell'impresa (commitment): Cortès il conquistatore dell'impero azteco, incendiò le suenavi subito dopo lo sbarco per far capire ai suoi uomini che non potevano più tornare indietro e ai

suoi nemici che sarebbe andato avanti fino in fondo; gli investimenti massicci dell'Airbus inpubblicità e ricerca per il superjumbo A 308, miravano a incoraggiare le compagnie aeree ad

acquistare il velicolo e a scoraggiare la concorrente Boeing a impegnarsi nel progetto di un aereosimile.

Un commitment può essere hard, pesante, come l'impegno a diminuire i prezzi (e in questi casi la

teoria dei giochi ci dice che le imprese tendono ad adeguarsi reciprocamente e la redditività delsettore scende) oppure l'impegno ad aumentare la produzione (in tal caso sembra che l'effetto sulla

redditività sia positivo perchè le altre imprese risponderanno diminuendo la loro produzione); ma ilcommitment può anche essere soft come il caso di una compagnia aerea che si affida ai programmi

di frequent-flier (tariffe per viaggiatori abituali) segnalando con ciò alle concorrenti che non ha

l'intenzione di misurarsi sul campo della diminuzione dei prezzi.Un giocatore-concorrente oltre che sul cambiamento degli esiti può puntare alla modificazione della

struttura del gioco-settore in cui opera: può ad es stipulare alleanze che permettono di ampliare ilmercato o porre ostacoli ai nuovi entranti; potrebbe perfino creare la concorrenza ( Intel quando

produsse il primo processore 086 offrì la licenza a IBM e AMD: è vero che così rinunciò al

monopolio ma è anche vero che in questo modo convinse gli avversari a non intraprendere progettipropri per un altro processore)

Si può anche dissuadere con informazioni selettive false fornite alla concorrenza (i cd segnali): intal caso è fondamentale la reputazione di aggressività acquisita nel tempo dall'impresa ; si possono

usare i segnali anche per tastare il terreno e prevedere le reazioni della concorrenza: si può ad esmanifestare pubblicamente che l'azienda sta prendendo in seria considerazione l'ipotesi di abbassarei prezzi e vedere le reazioni della concorrenza a questo annunzio.

I limiti della teoria dei giochiIl punto debole della teoria dei giochi sta nel fatto che non può essere applicata a situazionicomplesse che presentano molte variabili come spesso accade nella realtà; inoltre essa

presuppone che tutti i giocatori abbiano lo stesso numero di opzioni, cosa che nella realtà nonavviene perchè le aziende hanno diversi budget, diverse capacità produttive ecc.

In sostanza, la teoria dei giochi dà brillanti risultati quando si tratta di spiegare il passato ma non èaffidabile nel prevedere il futuro: tuttavia, sebbene non sia in grado di dare delle risposte, essa è dinotevole aiuto per analizzare e comprendere le dinamiche della concorrenza e prendere le

decisioni strategiche + opportune.

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L'analisi dei concorrentiSe la teoria dei giochi presenta dei limiti nell'applicazione pratica, resta cmq valida la suaimpostazione di fondo e cioè lo studio del comportamento dei concorrenti che ci permette di:

1)prevedere le loro decisioni future

2)prevedere le loro reazioni alle nostre iniziative3)determinare come possiamo influenzare il comportamento dei concorrenti a nostro favore.

Quindi per studiare i concorrenti occorre prima raccogliere le informazioni (e qui i confini traraccolta legittima e spionaggio industriale possono essere molto labili) e successivamente

analizzarle con cura;

Porter propone uno schema di analisi (fig 4.3) diviso in 4 parti:1)capire la strategia attuale della concorrenza basandosi su quello che dichiara pubblicamente e

quello che fa realmente2)capire quali obiettivi persegue e in particolare se persegue obiettivi di redditività oppure obiettivi

di conquista di nuove fette di mercato ( sono questi i concorrenti + temibili); se questi obiettivi sono

stati raggiunti oppure no (e in tal caso è probabile che presto cambierà strategia)3)capire come il concorrente vede sé stesso cioè le sue opinioni su sé stesso e sul settore in cui

opera; sembra che queste opinioni, questo modo di vedere il settore, siano comuni a molte aziende

dello stesso settore: ad es negli anni '60 i costruttori USA di moto erano tutti convinti che l'ingressosul mercato americano di Honda, Suzuki e Yamaha nel segmento delle piccole cilindrate, non

comportasse alcun problema per loro: sappiamo come andarono le cose...le case giapponesi entratenegli Usa in punta di piedi conquistarono presto il settore motociclistico americano in ogni

cilindrata.4)capire l'entità delle risorse del concorrente (finanziarie, forza del marchio, capacità operative ecc),

individuare i suoi punti di debolezza e colpire.

Riepilogando: lo schema di Porter mi mette in grado di rispondere alle segg. domande:1)quali iniziative farà il concorrente?

2)quali saranno le sue reazioni ad una mia iniziativa? 

Completiamo ora le obiezioni alle 5 forze di Porter con l'ultimo punto:

4)la segmentazione del mercatoIl settore, così come l'abbiamo visto finora, ha delle dimensioni piuttosto ampie: si parla di

automobili, software, banche, compagnie aeree.Ma se vogliamo andare a un'analisi + dettagliata, dobbiamo per forza focalizzarci su campi +

circoscritti sia riguardo al prodotto sia riguardo all'estensione geografica: questo processo è

chiamato segmentazione: ad es nel campo dei computer ci sono pc desktop, server, portatili; se sonoun costruttore di portatili dovrò considerare come concorrenti solo i costruttori del segmento pc

portatili: Dell Comp. ha costruito la sua fortuna passando rapidamente dai desktop ai server, aiportatili e dai mercati tradizionali come Europa e Usa, ormai saturi, a nuovi mercati in crescita

come l'Asia.Si può dunque parlare di analisi di segmento che si sviluppa in 5 fasi (quadro 4.2 e fig 4.4):

1)individuare le variabili chiave della segmentazione ossia stabilire i criteri con cui segmentare

un settore: si può ad es segmentare in base alle caratteristiche del cliente (industrie, acquirentidomestici) o del prodotto (prestazioni, prezzo, materiali): come si vede si tratta di un numero

eccessivo di variabili e quindi bisogna ridurle utilizzando le variabili + importanti: nel caso delle

bici le variabili che si possono prendere in considerazione sono: supermercati e negozi specializzati(caratteristiche del cliente); bici per bambini e adulti, bici di qualità bassa, media e alta, bici di

prezzo basso medio e alto: poi ridurle ulteriormente accorpando quelle variabili correlate tra di loroad es è inutile considerare prezzo e qualità come due variabili distinte visto che di solito vanno di

pari passo, così posso ridurre la segmentazione del settore biciclette in soli 4 segmenti tab 4.2:

--biciclette di basso prezzo e bassa qualità, vendute nei supermercati--biciclette di prezzo e qualità media vendute nei negozi specializzati

--biciclette per amatori ad alto prezzo e qualità

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--biciclette per bambini con caratteristiche simili al gruppo 1

2)fatta la segmentazione si può costruire una matrice come quella del quadro 4.3 costruita sullecaratteristiche del prodotto (a sinistra) e sull'area geografica (in alto); la localizzazione geografica

ha la sua importanza: se nel settore aereo la compagnia A e la compagnia B operano su due tratte

diverse, non possono essere considerate concorrenti per lo stesso segmento di mercato.3)analizzare l'attrattività del segmento: cioè stabilirne la redditività tramite le 5 forze di Porter,

tenendo conto che qui le barriere all'entrata vengono chiamate barriere alla mobilità e che unsegmento attrattivo potrebbe essere quello dimenticato dalla concorrenza es un grande magazzino in

piccole città.

4)identificare i fattori critici del successo (tab 4.2)5)selezionare il segmento in cui operare: e potrebbero essere anche + segmenti se i fattori critici

del successo e i costi sono abbastanza somiglianti: ad es nel settore automobilistico è frequente l'usodi un pianale comune a una grossa berlina e a un furgone, che pure appartengono a segmenti

diversi.

Altri tipi di segmentazione sono:1)segmentazione verticale:Un settore può essere segmentato anche verticalmente: in tal caso in esso verranno comprese una

serie di attività poste a valle della produzione; ad es nel settore automobilistico verranno consideratenon solo la produzione e la vendita delle auto nuove ma anche i mercati dell'usato, finanziamento

per l'acquisto, assicurazioni, leasing, manutenzione e riparazione, tutti segmenti molto + redditizidella produzione: il totale dei profitti del settore sarà dato dalla somma dei profitti delle singole

attività.2)segmentazione per gruppi strategici:Un settore può essere segmentato in base alle strategie delle aziende che ne fanno parte: un gruppo

di imprese dello stesso settore che persegue scelte strategiche simili si chiama gruppo strategico.La segmentazione viene fatta sulla base delle dimensioni dell'azienda cioè della gamma di prodotti,

della qualità, della distribuzione geografica: ad es la fig 4.6 ci dice che la Morgan è una casaautomobilistica artigianale, specializzata in auto di un certo tipo, con estensione geografica limitata,

mentre Toyota, Nissan, Ford sono produttori globali e diversificati e hanno le stesse strategie.

L'analisi dei gruppi strategici si rivela molto utile per individuare nicchie strategiche all'interno diun settore e il posizionamento strategico delle varie imprese.

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CAP 5 RISORSE E COMPETENZE

Mentre la strategia militare da sempre si è basata sulle risorse, in campo economico l'importanza

dell'analisi delle risorse di un'azienda si è andata sviluppando in tempi recenti, a partire dagli anni

'90, con la cd “resource-based view of the firm”; il perchè è presto detto: in tempi di instabilità lastrategia di un'azienda non può essere fondata su un mercato in continuo mutamento, ma deve

basarsi su elementi + stabili come appunto risorse e competenze.In altre parole un'azienda deve chiedersi non tanto “chi sono i nostri clienti”, ma piuttosto “cosa

sono in grado di fare in relazione alle risorse e conoscenze di cui dispongo”.

Facciamo alcuni esempi:-Honda si basa sulle sue competenze nella costruzione di motori, sin dalla sua fondazione: iniziò nel

1948 con la costruzione di piccoli motori per biciclette, poi passò alle moto di piccola cilindrata, poia quelle di grossa cilindrata, poi alle auto, motori marini, motopompe, spazzaneve ecc.

-il disastroso biennio 2001/2002 di Mariah Carey è attribuibile al fatto che la cantante si era

allontanata dalle sue competenze centrali cioè si era affidata alla collaborazione con altri cantautorimettendo da parte il proprio talento di autrice.

-la Walt Disney rinacque dopo il 1984 perchè sfruttò le sue risorse immobiliari in particolare i suoi

terreni in Florida per la realizzazione di alberghi, centri residenziali e parchi a tema.L'analisi delle risorse e competenze a fini strategici costituisce un approccio diverso dall'analisi di

settore che abbiamo visto in precedenza: l'analisi di settore ci suggerisce di scegliere il settore +attrattivo cioè quello dove la concorrenza è meno forte: oggi questi settori felici sono pochissimi

grazie all'internazionalizzazione e alla deregolamentazione che hanno attenuato le barriereall'entrata: di conseguenza oggi si cerca di ottenere il vantaggio competitivo attraverso uno

sfruttamento + efficace delle risorse e competenze.

Le RisorseLe risorse sono i beni produttivi di un'azienda.

Tradizionalmente vengono distinte in tre gruppi: tangibili, intangibili e umane

Risorse tangibili sono le risorse finanziarie e i beni materiali (composizione, ubicazione ecc) per i

quali bisogna non solo fare una pura e semplice elencazione ma anche valutare se sono impiegate in

modo efficiente (cioè se è possibile, razionalizzando le stesse risorse, realizzare un + alto volume diaffari oppure impiegarle in modo diverso e + proficuo)

Risorse intangibili sono rappresentate dalla tecnologia posseduta e dalla reputazione:--la tecnologia posseduta comprende brevetti, copyrigth, segreti industriali ecc

--la reputazione si basa sulla fiducia che nel tempo l'azienda ha saputo ispirare a clienti, fornitori

finanziatori ecc: da un punto di vista pratico possiamo dire che è la marca, è il prezzo in + che uncliente è disposto a pagare per avere un prodotto “di marca” rispetto a un prodotto non di marca;

è difficile da valutare in termini precisi ma si può quantificare moltiplicando questa differenza diprezzo per il volume annuo di vendite.

Il valore del marchio può essere sfruttato con l'estensione ad altri prodotti: ad es Harley-Davidsonnon solo può permettersi di vendere le sue moto a prezzi superiori rispetto alle concorrenti, ma traeprofitti dalla concessione di licenze d'uso del proprio marchio a produttori di abiti, tazze da caffè,

sigarette, ristoranti ecc.

Risorse umane sono il bagaglio di conoscenze, esperienza, capacità professionali del personale

dell'impresa; le risorse umane sono importantissime ma difficili da valutare, per questo si cercano

validi metodi che permettano una valutazione quanto + possibile accurata specie nel momento delreclutamento dei dipendenti: un metodo molto usato ad es è il “modello delle competenze” che

consiste nell'individuare un profilo ideale e di valutare il potenziale dipendente rispetto a questoprofilo: è interessante notare il rilievo che viene dato non solo alle capacità professionali ma anche

alle attitudini psicologiche e alle capacità di relazionarsi con gli altri.

Le CompetenzeNon basta avere le risorse: bisogna anche saperle usare efficacemente, saperle integrare tra loro e

calarle nell'azienda: questo processo di integrazione costituisce la competenza che rappresenta

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dunque ciò che un'impresa può fare, con quelle risorse.

Perfetta integrazione significa perfetta coordinazione tra gruppi di persone: questa coordinazione,attraverso la pratica continua, diventa routine cioè il sistema è in grado di procedere senza che vi

siano direttive o comunicazioni verbali; le routine quindi formano la base delle competenze

organizzative, cioè esprimono le capacità di un'azienda: la fabbricazione di un prodotto dall'ingressodelle materie prime all'uscita dai cancelli dell'azienda, è formato da una serie di routines.

Le competenze di un'impresa si individuano in 2 modi differenti:1)tramite analisi funzionale vedi tab 5.4 che identifica le competenze organizzative in base alle aree

funzionali : ad es nell'area della produzione possiamo comprendere la capacità di produrre grandi

volumi o di migliorare continuamente il processo produttivo2)tramite l'analisi della catena del valore di Porter che distingue attività primarie e attività di

supporto e della quale parleremo più avanti.Qualunque sia il metodo utilizzato esiste una gerarchia delle competenze nel senso che le

competenze + ampie sono costituite dall'integrazione di competenze + specialistiche, ad es

produrre un nuovo prodotto implica l'integrazione tra i settori R&S, marketing, settore finanziarioecc ognuno dei quali richiede l'integrazione di altri settori: ad es il marketing integra ricerche di

mercato, pubblicità, promozione, test di mercato ecc.

In che modo risorse e competenze permettono di conseguire, sfruttare e mantenere unvantaggio competitivo?Affinchè una risorsa o una competenza possa determinare un vantaggio competitivo, devono essere

presenti 2 condizioni:1)scarsità: se la risorsa o competenza è largamente disponibile non rappresenterà un elemento

sufficiente per ottenere un vantaggio competitivo

2)rilevanza della risorsa in relazione ai fattori critici del successo: cioè se sono utili all'impresa percreare valore per il cliente o per sopravvivere nell'arena competitiva.

Diciamo subito che, come in molti sport non sempre la squadra che ha i campioni vince, così nelcampo economico le imprese che dimostrano le migliori competenze non sono sempre quelle che

hanno maggiori risorse: GM spende in R&S 4 volte quello che spende Honda ma è Honda il leader

mondiale in tecnologia del power train.Quindi possiamo dire che la principale determinante delle competenze di un'impresa non è la

dimensione delle sue risorse ma la sua capacità di utilizzarle nella maniera + efficiente.Le risorse possono essere utilizzate efficientemente:

--concentrandole su pochi obiettivi

--accumulando risorse con l'esperienza o facendo ricorso ad alleanze con altre imprese--combinando risorse complementari in modo da aumentare la loro efficacia

--reimpiegando le risorse in differenti prodotti e mercati.Ma attenzione, una volta raggiunto un vantaggio competitivo, bisogna mantenerlo il + a lungo

possibile: perciò bisogna valutare la sua durata e se i rivali possono imitarlo:--Durata: alcune risorse come gli impianti, possono essere poco durevoli specie in settori cheevolvono rapidamente; altre risorse come la reputazione mostrano una durata lunghissima (vedi

marche come CocaCola o Singer)

--Trasferibilità: se un concorrente è in grado di acquistare le risorse necessarie per imitare

un'impresa di successo, il vantaggio di quest'ultima durerà poco.

Non tutte le risorse e competenze sono trasferibili e acquistabili, per vari motivi:--per motivi di mobilità es per grandi impianti non è conveniente il trasferimento in altri luoghi

--per incompletezza delle informazioni sulla qualità e produttività di determinate risorse: ciòcomporta rischi considerevoli per le imprese potenziali acquirenti.

--complementarietà tra risorse: a volte la separazione di una risorsa dal suo contesto determina

una perdita di valore: il passaggio di proprietà dei magazzini Harrods manterrà le caratteristiche cheli hanno reso famosi nel mondo?

--le capacità organizzative: essendo basate su risorse che lavorano in team, sono meno mobili

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rispetto alle risorse singole

--Replicabilità: se un'impresa non può acquistare risorse, deve costruirle cioè imitare quello che fala concorrenza: ci sono cose che si possono facilmente imitare (ad es se la concorrenza allunga

l'orario di vendita, lo posso fare anch'io), altre che sembrano facili ma in realtà non lo sono (ad es

 just-in-time e circoli di qualità usati in Giappone, richiedono un notevole grado di collaborazionedei dipendenti e sono di difficile applicazione nelle aziende occidentali).

Ma anche quando la replicabilità è possibile, le imprese consolidate nel settore sono in vantaggio siaperchè hanno accumulato nel tempo le risorse (ad es la reputazione), sia per le cd diseconomie da

compressione del tempo che significa che i programmi di R&S accelerati hanno risultati inferiori

rispetto a quelli che rispettano tempi + lunghi.Infine un accenno al problema dei rapporti tra know-how dell'azienda e capitale di conoscenze del

dipendente; è chiaro che quanto maggiore è l'importanza del capitale di conoscenze del dipendentetanto maggiore sarà la perdita dell'azienda quando il dipendente lascia l'azienda: ad es quando

presidente e vicepresidente della società che controllava Gucci, artefici del salto di qualità della

casa di alta moda, annunciarono che avrebbero lasciato l'azienda, le azioni dell'azienda italianascesero immediatamente: al tempo si calcolò che la Gucci senza presidente e vice valeva 1,2

miliardi di dollari in meno: questo vuol dire che si deve cercare di ridimensionare il ruolo delle

esperienze individuali ad es basandosi sul lavoro in team.

Guida pratica all'applicazione dell'analisi delle risorse e delle competenzeL'applicazione pratica dell'analisi delle risorse e competenze prevede 3 fasi :

1)Individuazione delle risorse e competenze crucialiStilare un elenco delle risorse e competenze partendo:

--dal punto di vista della domanda, dai fattori critici del successo: si individuano i fattori di successo

e poi le risorse su cui si basano tali fattori di successo; ad es i fattori critici di successo dellaVolkswagen sono i bassi costi di produzione, modelli di design gradevole e di contenuto

tecnologico, solidità finanziaria: questi fattori si basano su competenze di produzione, di sviluppo dinuovi prodotti, un bilancio solido ecc.

--dal punto di vista dell'offerta potremo considerare la catena del valore di Porter e le risorse e

competenze connesse ad ogni stadio della catena

2)Valutazione delle risorse e competenze--valutazione dell'importanza: sono importanti quelle risorse che non possono né essere acquistatené essere riprodotte facilmente come il marchio, sviluppo rapido di nuovi prodotti, rete globale di

distribuzione ecc.

--valutazione dei propri punti di forza (e di debolezza) rispetto agli avversari: non è un compitofacile: possiamo partire dalla discussione in un gruppo di lavoro, dall'analisi interna ossia

dall'analisi dei progetti e delle iniziative del passato, si può fare un raffronto dettagliato con altreimprese (benchmarking); tutto allo scopo di individuare i propri punti di forza e basare su di essi la

propria strategia.L'integrazione dei 2 criteri porta alla individuazione dei punti di forza e di debolezza (tab 5.5 e fig5.9)

3)Sviluppo delle implicazioni strategicheUna volta individuati i punti di forza e i punti deboli,come si deve operare? (fig 5.11)

--sfruttare i principali punti di forza: ad es se per Volkswagen i punti di forza sono le capacità di

produzione, punterà su questo per rafforzare il vantaggio sulla concorrenza estendendosi sui mercati+ promettenti come Asia e America latina; se per Toyota il punto di forza è la velocità di sviluppo di

nuovi modelli, essa punterà sulla leadership tecnologica e progettuale.--gestire i punti deboli critici: attraverso l'acquisizione di risorse e competenze oppure

esternalizzando i punti deboli (come fanno molte case automobilistiche che tendono a esternalizzare

la produzione di componenti, il design, i servizi informatici ecc) oppure trasformandoli in punti diforza (Harley-Davidson ha fatto del suo aspetto retrò un punto di differenziazione dalla

concorrenza)

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--gestire i punti di forza superflui (cioè i punti di forza che non sono fonti di vantaggio

competitivo): in questi casi si possono diminuire gli investimenti relativi oppure possono esseretrasformati in punti di forza critici.

Lo sviluppo di nuove competenzeNon è facile creare nuove competenze:

--perchè spesso sono path dependent cioè il risultato della storia dell'impresa: Wal-Mart haun'efficiente sistema di immagazzinamento e distribuzione perchè in origine il fatto di essere

dislocata in ambiente rurale l'aveva costretta a sviluppare un sistema proprio di distribuzione.

--perchè le aziende che hanno competenze specifiche consolidate trovano difficile adattarsirapidamente a nuove condizioni di mercato e ad acquisire nuove competenze, cosa che riesce invece

+ facile alle nuove aziende:ad es nel campo dei personal-computer le aziende di maggior successosono le nuove Dell, Acer, Compaq, mentre molte delle aziende storiche come Olivetti e Xerox non

ce l'hanno fatta.

Come si sviluppano nuove competenze?1)per fusioni e acquisizioni: se lo sviluppo di nuove competenze richiede un tempo molto lungo,

può essere conveniente acquisire un'impresa che abbia già sviluppato la competenza desiderata:

Microsoft si è rapidamente adattata a internet acquisendo molte imprese già presenti sul campo.Tuttavia non basta l'acquisizione pura e semplice: la società incorporante deve integrare le

competenze della società incorporata con le proprie e non è un compito facile.

2)per alleanze strategiche: acquisire un'azienda comporta un costo notevole; può essere

conveniente stringere rapporti di collaborazione con un'impresa che possieda determinatecompetenze per poter accedere ad esse

3)incubazione delle competenze: a volte la struttura organizzativa, i sistemi di una azienda

possono non essere adatti allo sviluppo di nuove competenze: allora le imprese possono far ricorsoa unità organizzative separate dalla casa madre: ad es IBM sviluppò il suo primo PC in un'unità

situata in Florida, lontana mille chilometri dalla sede centrale di NewYork.Queste unità decentrate sono autonome, flessibili, e possono attingere alle risorse e competenze

della casa madre; il problema che si può presentare è quello che le nuove competenze create devono

essere poi trasferite alla casa madre e non sempre questo è agevole.

4)sequenze di prodotto: il principio fondamentale è che nel corso del processo produttivo si

generano abilità, tecnologia e knowhow: la Matsushita in un nuovo paese inizia con prodottitecnicamente poco sofisticati ad es batterie, cosicchè anche manodopera non specializzata possa

fare un buon prodotto: man mano che l'operaio lavora su questo prodotto, acquista competenza e ciò

permette in seguito di diversificare la produzione verso articoli che richiedono tecnologia sempre +elevata.

La conoscenzaMentre i beni tangibili, impianti, apparecchiature, scorte di magazzino sono da tempo oggetto di

attenta valutazione, solo di recente si è cominciato a prendere in considerazione i beni intangibilicome la conoscenza. Il risultato di questo interesse è stata la “Knowledge-based view of thefirm”che vede l'impresa come un sistema che impiega conoscenze per creare valore.

Tipi di conoscenzaUna distinzione fondamentale è quella tra know-how e conoscenza in genere:

--il know-how è tacito: è come saper andare in bicicletta, una volta imparato si va automaticamente

senza pensare quali sono i movimenti da fare: il problema è che andare in bicicletta non può esseredescritto con parole ma si deve apprendere per imitazione e si acquisisce con la pratica, il che

richiede costi e tempi lunghi.--la conoscenza in genere invece è esplicita cioè comprende istruzioni che possono essere trasferite

facilmente e a basso costo tra le persone, nello spazio e nel tempo.

La conseguenza è che la conoscenza in genere non può dare luogo a un vantaggio competitivoperchè tutti la possono acquisire, a meno che non sia sottoposta a vincoli legali tipo brevetto, oppure

non sia accuratamente protetta dalla segretezza (come la composizione della CocaCola); invece la

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conoscenza tacita (ad es un abile venditore) può rappresentare una fonte di vantaggio, perchè

difficilmente trasferibile.Un'azienda moderna deve saper gestire il proprio bagaglio di conoscenza fig 5.12:

--si individua il proprio patrimonio di conoscenza (brevetti, raccolta dati sul personale)

-si conserva la nuova conoscenza per il futuro:memorizzazione-si crea nuova conoscenza: a parte la possibilità di acquisizione di conoscenza dall'esterno

(acquisizione di altre imprese, fusione, collaborazione, reclutamento di personale esperto) per lacreazione della conoscenza all'interno dell'azienda occorre che gli individui si specializzino in

determinati settori: successivamente essi possono tradurre la loro conoscenza in regole e direttive

che servano da guida al comportamento degli altri oppure possono interagire con gli altri pertrasmettere direttamente le loro conoscenze (formazione e addestramento).

--acquisita una nuova conoscenza in un reparto, occorre che essa venga estesa a tutta l'azienda(replicazione) e anche qui abbiamo il problema del trasferimento della conoscenza che può essere

risolto con regole e direttive oppure, nel caso delle conoscenze organizzative, con il tirocinio: le

aziende cercano là dov'è possibile , di rendere + facile questo compito attuando la cd conversionedella conoscenza cioè cercando di trasformare la conoscenza tacita in conoscenza esplicita come fa

ad es McDonald's che, con i suoi manuali operativi molto dettagliati, è riuscita a far sì che le

migliaia di suoi esercizi in tutto il mondo funzionino tutti nella stessa maniera, ad opera dipersonale che possiede abilità culinarie molto ridotte.

 

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CAP 6 FORME ORGANIZZATIVE E SISTEMI DIREZIONALI (pagg 215-255)

In questo capitolo studieremo la struttura delle imprese, cioè il modo in cui si organizzano.

Come sappiamo fin quasi alla metà del 1800, la maggior parte della produzione era organizzata

attraverso reti di lavoratori a domicilio indipendenti: ad es nel settore della lana in Inghilterra,c'erano i filatori a domicilio che acquistavano la lana grezza dai commercianti ai quali rivendevano

il filato; i commercianti vendevano il filato ai tessitori e da essi acquistavano il tessuto.Questo sistema sopravvisse fino all'introduzione dei telai meccanici, quando i tessitori si spostarono

nelle fabbriche e diventarono lavoratori dipendenti. Nella fase iniziale le imprese erano di piccole

dimensioni e uniche, nel senso che il mercato era quello locale e non c'era l'imprenditore che avesse+ fabbriche dislocate nel territorio: questo perchè sia i trasporti che le comunicazioni erano molto

carenti: questo problema fu rapidamente superato con l'avvento delle ferrovie e del telegrafo:comparve così la fabbrica moderna organizzata in una struttura FUNZIONALE caratterizzata da

molteplici unità operative e una direzione centrale organizzata per funzioni (vedi fig).

Con il tempo questo tipo di organizzazione funzionale mostrò tutti i suoi limiti: infatti la crescitadelle dimensioni delle aziende e l'ampliamento della gamma dei prodotti determinarono un

sovraccarico di lavoro per la direzione: così intorno agli anni '20 la DuPont e la General Motors

introdussero la struttura cosiddetta DIVISIONALE basata sul decentramento: in sostanza il sistemaera basato sulla creazione di “divisioni di prodotto”: ogni divisione si occupava di un prodotto, dalla

sua produzione alla vendita , R&S ecc.: il direttore generale della divisione era totalmenteresponsabile delle attività e dei risultati della sua divisione mentre il vertice guidato da un comitato

esecutivo si occupava del coordinamento delle divisioni, degli aspetti finanziari e delle politiche diprodotto: in altre parole vi fu la separazione delle responsabilità operative, affidate ai direttori di

divisione, dalle responsabilità strategiche affidate alla sede centrale (fig 6.1).

Principi di progettazione organizzativaSecondo Mintzberg in ogni attività umana organizzata sono presenti 2 elementi fondamentali, la

divisione (e la specializzazione) del lavoro in varie fasi e il coordinamento di esse ; per cuil'organizzazione potrebbe essere definita come l'insieme di quelle modalità con cui viene effettuata

la divisione del lavoro e il suo coordinamento.

L'esempio classico della divisione del lavoro in diverse fasi ciascuna affidata a un operaio diverso, èla prima catena di montaggio applicata nel settore auto da Henry Ford che nello spazio di un solo

anno 1913-1914 portò il tempo di assemblaggio del modello T da 106 a poco + di 6 ore.Ma come 11 giocatori non fanno una squadra di calcio, così divisione e specializzazione da sole non

bastano ad assicurare il massimo dell'efficienza produttiva: è necessario infatti che l'attività dei

singoli individui sia perfettamente coordinata.Tale coordinamento può avvenire con meccanismi diversi:

 – tramite regole generali e direttive specifiche--per adattamento reciproco dei lavoratori impegnati in compiti collaterali.

In ogni caso, col tempo il coordinamento deve diventare automatico cioè deve diventare routinecome avviene in un'equipe chirurgica.Oltre a questi problemi di coordinamento esistono anche problemi di cooperazione. Questi problemi sono riferibili alla cosiddetta relazione di agenzia che, come abbiamo visto, si haquando un soggetto (principale) affida a un altro soggetto (agent) la gestione di un'impresa ( qui il

problema sta nell'assicurarsi che l'agent agisca nell'interesse del principale), ma sono anche riferibili

ai rapporti tra le varie unità di un'azienda che spesso hanno interessi contrapposti: il settore R&Svuole soldi per introdurre nuovi prodotti, il settore finanziario si preoccupa del bilancio

Per allineare l'azione dei singoli verso un unico obiettivo, l'azienda dispone di diversi meccanismi:--meccanismi di controllo come l'attività di supervisione dei capi sui subordinati

--uso di incentivi economici positivi (promozioni) o negativi (rimozione dall'incarico)

--valori condivisi cioè il coinvolgimento del personale in un comune obiettivo così come accadeper le comunità religiose o per le organizzazioni di volontariato, sostenute da uno spirito comune,

(un esempio è il toyotismo).

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La gerarchia nella progettazione organizzativaI problemi della coordinazione e della cooperazione in azienda vengono risolti con la gerarchia,cioè stabilendo chi deve comandare e chi deve ubbidire.

L'impostazione di un ordine gerarchico presenta il vantaggio del risparmio sul coordinamento: con

5 operai indipendenti è necessario gestire 10 rapporti bilaterali, ma se abbiamo 1 supervisore e 4subordinati, le relazioni da gestire si riducono a 4 (fig 6.2 pag 226).

Ma presenta anche un lato negativo:l'impostazione di una gerarchia comporta inevitabilmente l'impiego della burocrazia cioè una serie

di procedure che definiscono i compiti di ciascuno: chi ha l'autorità di dare disposizioni e chi deve

obbedire, la formalizzazione per iscritto delle decisioni e delle regole ecc.L'utilizzo di una burocrazia rigorosa di questo tipo (burocrazia meccanica) comporta un buon

coordinamento ma anche degli svantaggi soprattutto in termini di flessibilità del sistema.Facciamo un esempio: la comunicazione (decisioni, direttive, regole) avviene dall'alto (dal centro

direzionale) via via verso i livelli + bassi: più grande è la dimensione della struttura, + numerosi

saranno i livelli e di conseguenza + lenta sarà la comunicazione, cosa che in tempi di rapidicambiamenti non è accettabile.

Per questo motivo negli anni '50 e '60 nacque la cd scuola delle relazioni umane che propose un

modello diverso dalla forma meccanica burocratica e + precisamente la cd forma organica,caratterizzata da un lato da un modello meno formalizzato con compiti meno rigidi, interazioni

multidirezionali (comunicazione non solo verticale ma anche orizzontale) e dall'altro dallarivalutazione del fattore umano cioè fare affidamento sulle capacità di adattamento reciproco dei

singoli, sull'impegno e la fedeltà all'organizzazione: in altre parole si cercò ( e si cerca) di puntaresul senso di responsabilità + che sul controllo del supervisore.

Le 2 forme, meccanica e organica, non devono essere considerate contrapposte: l'utilizzo dell'una o

dell'altra dipende dal tipo di attività svolta, ad es la forma burocratica va benissimo perun'organizzazione che produca beni o servizi standardizzati che abbiano un mercato

sufficientemente stabile e lento nei cambiamenti; persino nell'ambito della stessa struttura possonocoesistere forme meccaniche (le paghe, gli adempimenti fiscali) e forme organiche (pianificazione,

R&S, marketing).

L'applicazione dei principi della progettazione organizzativaRiepilogando:-il problema di una organizzazione è l'equilibrio tra divisione e specializzazione del lavoro da un

lato e coordinamento e cooperazione dall'altro

-la soluzione del problema è stabilire una gerarchia-stabilire una gerarchia significa creare unità specializzate controllate da unità di livello superiore.

La domanda che ora ci poniamo è: come deve strutturarsi un'impresa?

Un'organizzazione quando nasce deve scegliere il modo in cui strutturarsi (cioè quanti e qualireparti deve creare e quanti e quali dipendenti deve metterci dentro) e lo fa in base ad alcuni criteri:--compiti:raggruppare i dipendenti secondo il loro lavoro, i meccanici li raggruppo in officina, i

dattilografi e le segretarie vanno messi in ufficio.--prodotti: creare settori per ogni prodotto ad es nei grandi magazzini c'è il reparto elettrodomestici,

abbigliamento ecc

--ubicazione geografica: un'organizzazione può strutturarsi con sedi regionali o nazionali ointernazionali

--processi (e funzioni):creare per es un settore R&S, un settore produzione, un settore vendite eccLa scelta di strutturarsi in un modo o in un altro dipende dalle caratteristiche dell'azienda (dalla sua

estensione geografica, dal tipo di beni o servizi che produce ecc): ad es una compagnia aerea che

fondamentalmente offre un solo servizio ma altamente specializzato, potrebbe strutturarsi perfunzioni, creando così un settore per le operazioni di volo, un settore vendite ecc; mentre un'azienda

che produce una molteplicità di beni potrebbe optare + opportunamente per una strutturazione

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basata sui prodotti., quindi un settore per il prodotto X un altro per il prodotto Y ecc

Può anche succedere che cambiamenti dell'ambiente o di tecnologia inducano un'impresa amodificare la sua struttura originaria per meglio rispondere alle esigenze di mercato.

Per quel che riguarda i criteri di composizione delle unità (cioè per stabilire chi deve stare dentro

un'unità operativa), possiamo dire molto semplicemente che dentro la stessa unità devono stare queisoggetti il cui lavoro è strettamente dipendente l'uno dall'altro e quindi hanno bisogno di una

coordinazione massima.Detto in termini + complessi: J. Thompson parla di interdipendenza distinta in 3 livelli:

--interdipendenza di gruppo: se gli operai lavorano indipendentemente dagli altri

--interdipendenza sequenziale: quando un output di un operaio è l'input di un altro operaio--interdipendenza reciproca: quando i lavoratori sono dipendenti uno dall'altro.

E' ovvio che maggiore è l'interdipendenza (e quindi l'esigenza di coordinamento) tra i soggetti,maggiore sarà la necessità di raggruppare questi soggetti nella stessa unità

Bisogna cmq rilevare che la necessità di coordinamento non è l'unica base per decidere come

raggruppare dipendenti e attività all'interno dell'impresa: altri criteri che possono essere usati sono:--economie di scala: ad es può essere conveniente raggruppare le attività di ricerca anche se riferite

a prodotti diversi.

--economie di impiego: può essere aumentata l'efficienza e l'utilizzazione del personale addetto allamanutenzione se, invece di mettere un addetto per ogni settore, creo un unico settore di

manutenzione per l'intera azienda.--apprendimento: per aumentare le conoscenze professionali può essere produttivo creare dei gruppi

costituiti da soggetti che hanno esperienze professionali diverse in modo da favorirne lo scambio--standardizzazione dei sistemi di controllo: può essere conveniente raggruppare in un unico gruppo

settori che pur essendo diversi, necessitano degli stessi sistemi di controllo.

Le strutture organizzativeUtilizzando i vari criteri si possono avere un gran numero di tipologie organizzative, ma 3 sono le +

diffuse:1)La struttura funzionale : cioè strutturazione per funzioni con controllo stretto della direzione:

questo sistema permette buoni livelli di controllo e cooperazione (ma poca flessibilità), tuttavia con

il crescere dell'azienda, la direzione si troverà in difficoltà per la mole di lavoro eccessiva e allorapotrebbe optare per una strutturazione sulla base del prodotto; anche se non mancano casi opposti

come la Apple che cambiò la struttura originaria basata sul prodotto in una struttura funzionaledopo aver constatato che i prodotti erano incompatibili tra di loro.

2)La struttura multidivisionale basata sul prodotto (ma spesso su combinazioni ibride come

quella su base geografica): è strutturata in divisioni ciascuna completamente autonoma dalle altre:le decisioni operative sono affidate a un dirigente di divisione, mentre pianificazione, operazioni

finanziarie e servizi comuni sono affidate alla direzione centrale: le divisioni possono essere a lorovolta divise in unità di business.

3)La struttura a matrice: le grandi aziende di solito non si strutturano in maniera univoca, mautilizzano contemporaneamente strutturazioni diverse: ad es per una multinazionale è quasiindispensabile utilizzare anche il criterio della distribuzione geografica, oltre al multiprodotto o alla

multifunzione: in questi casi si parla di strutture a matrice caratterizzate dal coordinamento tra i varitipi di struttura: il problema di questo tipo di organizzazioni è la pesantezza e la rigidità delle

procedure che porta a un sistema lento e alla formazione di staff dirigenziali con organici (quindi

costi) eccessivi: e infatti negli ultimi anni molte grandi imprese hanno smantellato le propriestrutture a matrice.

Strutture a coordinamento non gerarchicoIn alternativa alle gerarchie amministrative, sono apparse forme diverse di organizzazione,

caratterizzate dalla sostituzione della gerarchia con il coordinamento volontario ottenuto con

l'adattamento reciproco, e dal fatto che gli individui possono ricoprire e scambiarsi molteplici ruoli.Alcuni esempi sono:

--organizzazioni basate sui team e sul progetto: si riscontrano in settori come le costruzioni e le

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ricerche petrolifere: il lavoro viene organizzato in progetti molto differenziati e limitati nel tempo.

--adhocrazie: sono gruppi di specialisti che collaborano in operazioni non routinarie spesso perrisolvere dei problemi o per sviluppare un prodotto

--gruppi autoorganizzati: si basa sull'assunto che qualsiasi gruppo tende ad auto-organizzarsi

(alveari e formicai) in maniera spontanea senza bisogno di regole o di supervisori.--reti virtuali: sono costituite da migliaia di individui che collaborano tra di loro elettronicamente

senza bisogno di contratti o compensi: le reti si basano sul coordinamento orizzontale.Le differenze tra forma meccanicistica e organica sono nella tab 6.2

I sistemi direzionali di coordinamento e controlloAbbiamo visto finora la struttura “fisica” dell'azienda, ma come l'hardware è un ammasso diferraglia se non ci fosse il software che lo fa funzionare, così la struttura aziendale necessita di

sistemi direzionali e in particolare di 4 sistemi:1)i sistemi informativi: come abbiamo visto il flusso informativo ha una direzione verticale nelle

strutture gerarchiche ma può anche essere sviluppato a rete o per vie orizzontali, il che renderebbe

superflua la supervisione gerarchica2)i sistemi di pianificazione strategica e 3)la pianificazione finanziaria: questi 2 argomenti sono

stati saltati perchè trattati nel cap 16 al quale si rimanda. 

4)I sistemi di gestione delle risorse umane:fatti i piani strategici e finanziari, alla fine ciaccorgiamo che essi dipendono dal fattore umano e cioè da come gli individui si rapportano con gli

obiettivi dell'azienda: assume notevole importanza quindi la gestione delle risorse umane, ossiacome può l'azienda indurre i dipendenti a fare ciò che essa vuole.

L'azienda può ottenere il suo scopo con la supervisione che comporta dei costi, ma può ottenereuna collaborazione + efficace con i compensi e le promozioni: i compensi potrebbero essere

collegati al rendimento (lavoro a cottimo e provvigione) ma è ovvio che questo si può fare nel caso

di compiti eseguiti singolarmente.Ma può ottenere ancora maggiore collaborazione con i valori condivisi e la cultura d'impresa che

abbiamo già visto.

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CAP 7-8-9 IL VANTAGGIO COMPETITIVO (fonti, costo, differenziazione)

CAP 7 NATURA E FONTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO

Abbiamo visto che un'impresa può ottenere una redditività superiore posizionandosi in un settoreattrattivo; ma l'intensificarsi della concorrenza ha sostanzialmente ridotto la possibilità di avere

settori che garantiscono una redditività sicura. Allora devo cercare di acquisire un vantaggiocompetitivo sulla concorrenza puntando sulle mie risorse e competenze (stabilire i miei punti di

forza e di debolezza, insistere sui primi e sviluppare i secondi) e identificando i fattori critici del

successo; si tratta ora di vedere con quali meccanismi posso acquisire questo vantaggio.

Cos'è il vantaggio competitivo e come nasce.Nel caso di imprese in concorrenza nello stesso settore, si parla di vantaggio competitivo quando

un'impresa ottiene in maniera continuativa una redditività superiore alle altre.

Le differenze di redditività tra imprese dello stesso settore possono considerarsi come uno stato didisequilibrio che, come ogni stato di disequilibrio, tende col tempo a raggiungere uno stato di

equilibrio cioè ad appiattire queste differenze: possiamo allora dire che queste differenze sorgono in

seguito a un cambiamento esterno che turba l'equilibrio e influisce favorevolmente su alcuneimprese e negativamente su altre; l'impatto del cambiamento dipende da alcuni fattori:

---dalla turbolenza del settore: + un settore è turbolento e maggiori saranno le differenze diredditività delle aziende;

---dalla capacità di reazione delle imprese al cambiamento: ogni cambiamento crea delleopportunità; la capacità di cogliere queste opportunità in maniera veloce è chiamata

imprenditorialità: per rispondere velocemente è opportuno prevedere in anticipo i cambiamenti,

cogliere i cd segnali anticipati, il che significa che l'informazione diventa una risorsa cruciale.L'esempio classico è quello delle case automobilistiche giapponesi che impiegano in media 42 mesi

per sviluppare un nuovo modello, contro i 62 mesi delle case USA; perDi solito i cambiamenti sono generati dall'innovazione sia tecnica ad es un nuovo processo di

produzione, sia strategica, ad es un nuovo modo gestire l'attività aziendale (un modo nuovo di

vendere, una nuova struttura organizzativa),un nuovo tipo di business (eBay, e-commerce); oraqueste innovazioni strategiche possono essere certamente il frutto di un'intuizione brillante ma

alcuni ritengono che possano anche essere studiate a tavolino ricostruendo e riorganizzando lapropria catena del valore, magari confrontandola con quella della concorrenza vedi quadro 7.2.

La difesa del vantaggio competitivoIl vantaggio competitivo acquisito non è stabile ma è soggetto all'erosione da parte delle impreseconcorrenti che possono a loro volta innovare oppure imitare; l'imitazione è la forma + diretta di

concorrenza; per imitare con successo la strategia di un'altra impresa occorre tav 7.2:1)identificazione del vantaggio del rivale

2)incentivo, cioè vedere se “conviene” imitare3)diagnosi cioè studiare e capire la strategia del rivale che ha portato al vantaggio competitivo4)acquisizione delle risorse necessarie.

In ciascuna di queste fasi, l'azienda che vuole conservare il vantaggio può opporre degli ostacoli(meccanismi di isolamento):

1)identificazione: nascondere la propria redditività ai rivali

2)incentivo: dissuadere e anticipare--dissuadere: le azioni di dissuasione le abbiamo già viste

--prevenire i rivali: occupando nicchie strategiche esistenti o nicchie potenziali (ad es con una vastagamma di prodotti), investendo in nuovi impianti per una produzione massiccia in modo da

provocare un eccesso dell'offerta.

3)diagnosi: : individuare il vantaggio competitivo di un'azienda risulta abbastanza facile: difficile èinvece capire le cause che hanno determinato questo vantaggio: questa difficoltà detta ambiguità

causale, comporta che non si è mai sicuri che l'imitazione riesca (imitabilità incerta)

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4)acquisizione delle risorse: le risorse e competenze necessarie all'imitazione possono essere

--acquistate e hanno un loro costo detto costo di transazione tanto + alto quanto + differenziatesono le risorse (idiosincratiche);

--possono anche essere create e in tal caso richiedono oltre al costo degli investimenti anche tempi

piuttosto lunghi specie se si tratta di competenze organizzative.In ogni caso le imprese già consolidate nel settore, hanno il vantaggio della prima mossa: sia perchè

possiedono brevetti, difesi dalla legge, sia perchè partendo primi hanno un accesso + facile allerisorse (vedi Saudi-Aramco), sia perchè occupano spazi nella distribuzione, sia perchè hanno tutto il

tempo di consolidare le proprie competenze, la reputazione e il proprio pacchetto clienti, sia perchè

possono fissare standard, sia perchè possono realizzare vantaggi di costo.

Il vantaggio competitivo in differenti condizioni di mercatoSappiamo (cap 1), che l'attività di un'azienda può essere la produzione o il commercio (scambio):esistono quindi mercati di scambio e mercati di produzione.

Mercati di scambioLa cd concorrenza perfetta esiste quando sono presenti molti acquirenti e molti venditori, non c'èdifferenziazione di prodotto, non ci sono barriere all'entrata e all'uscita e c'è una libera circolazione

di informazioni: in una situazione come questa ( detta mercato efficiente), non ci sono le condizioni

per cui uno può guadagnare + degli altri: in altre parole il vantaggio competitivo è assente.Un esempio di concorrenza perfetta sono i mercati finanziari: le risorse necessarie per partecipare a

un mercato finanziario sono solo 2 : mezzi finanziari e informazione: se sono disponibili per tutti ipartecipanti non ci sono le basi per un vantaggio competitivo.

Il vantaggio competitivo può esistere quando in questo sistema si introducono “imperfezioni” ( la cdconcorrenza imperfetta) che si hanno:

--quando qualcuno possiede informazioni che altri non hanno: un esempio è l'insider trading, cioè la

vendita di azioni proprie da parte di un grosso dirigente ( peraltro essa è soggetta a particolarinorme di legge): il dirigente possiede + informazioni degli altri e ne trae un vantaggio.

--un'altra imperfezione è rappresentata dai costi di transazione, cioè i costi che si hanno nellevendite e negli acquisti, derivanti da ricerche, negoziazioni, consulenze ecc: un operatore

finanziario può ottenere un vantaggio risparmiando su questi costi: per questo i fondi indicizzati

possono avere performances migliori di quelli a gestione attiva.--altra imperfezione è data da tendenze che si ripetono ciclicamente (effetto gennaio,effetto week-

end) o casualmente: chi riesce a diagnosticare in tempo la psicologia di mercato acquisisce unvantaggio

--anomale e sproporzionate reazioni emotive a determinate informazioni (overshooting): sono note

le reazioni di massa, il cd “salire sul carro del vincitore” cioè tutti a vendere o tutti a comprare: disolito tali anomalie sono temporanee per cui molti ritengono che si possa acquisire un vantaggio

agendo in controtendenza : comprare quando gli altri vendono.

Mercati di produzione

Per i mercati di produzione la situazione è diversa. Mentre nei mercati di scambio le risorse sonouguali (finanziarie e informazioni) e ugualmente disponibili per tutti, qui entrano in giococombinazioni complesse di risorse e competenze molto diverse qualitativamente e

quantitativamente da produttore a produttore: queste differenze in termini di risorse e competenzeconsentono a qualche impresa di ottenere un vantaggio competitivo sulle altre.

Anche le caratteristiche del settore contribuiscono a determinare i modi in cui il vantaggio

competitivo si crea e viene eroso: i settori + soggetti a cambiamenti creano maggiori opportunità divantaggio ma sono settori in cui il vantaggio è rapidamente eroso dalla concorrenza.

Per maggiore chiarezza il § 4 è stato spostato all'inizio del prossimo cap 8.

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CAP 8 IL VANTAGGIO DI COSTOI modi con cui un'impresa può realizzare maggiori profitti rispetto alla concorrenza sono 2:o fornendo un identico prodotto a prezzi inferiori (vantaggio di costo)

o fornendo un prodotto differenziato per il quale il cliente sia disposto a pagare di più (vantaggio

differenziale): la differenziazione si ha quando l'impresa offre, ad alto prezzo, qualcosa di unico cheper il cliente assume valore.

Questi 2 modi comportano 2 strategie completamente diverse (vedi tab 7.4):1)vantaggio di costo: l'impresa tende ad avere la leadership di costo nel suo settore: offre a basso

prezzo un prodotto standard senza tanti fronzoli: per tenere bassi i prezzi occorre controllare

rigorosamente i costi ( diminuire spese R&S, raggiungere economie di scala ecc): di solito il leaderdi costo non corrisponde al leader di mercato : si tratta di un piccolo concorrente che non ha una

grossa quota di mercato.2)differenziazione: l'impresa offre un prodotto unico a prezzo alto: la strategia è rivolta a elementi

quali marchio, pubblicità, design, qualità.

Queste 2 strategie, secondo Porter, si escludono a vicenda, ma nella realtà vediamo che un'impresacerca di conciliare il basso costo con una differenziazione efficace: è stato questo il fattore comune

di successo delle imprese giapponesi le quali hanno dimostrato che con l'innovazione tecnologica e

una corretta gestione della produzione, si può offrire un prodotto di qualità a basso prezzo.

Il vantaggio di costo è tradizionalmente considerato come la principale fonte di vantaggiocompetitivo in un settore: per gran parte del '900 le imprese hanno cercato di abbassare i costi con

l'aumento del volume della produzione: oggi la tendenza è quella di ridurre i costi puntando sullaristrutturazione, il ridimensionamento, l'esternalizzazione ecc.

Nel 1968 uno studio del Boston Consulting Group mise in evidenza una regolarità sorprendente

nella riduzione dei costi in relazione alla produzione:al raddoppiare della produzione cumulatacorrispondeva una diminuzione dei costi unitari compresa tra il 20 e il 30% :

Questa legge dell'esperienza è rappresentata graficamente dalla curva di esperienza (fig 8.1) chemostra la diminuzione del costo unitario in relazione all'aumento dell'output.

La legge dell'esperienza porta immediatamente ad una conclusione: + produco e + i costi scendono,

se produco + del mio rivale i miei cosi saranno + bassi e otterrò un vantaggio: di conseguenzal'obiettivo strategico di un'impresa dovrebbe essere quello di produrre di +, di vendere di+ e cioè di

acquisire una maggiore quota di mercato.La Honda faceva questo ragionamento: fisso un prezzo di vendita basso: è vero che così facendo il

margine tra ricavo e costo è piccolo e quindi guadagno poco, ma + produco e vendo, + il costo si

abbassa e quindi aumenta il margine tra ricavo e costo: la strategia è offrire molto per venderemolto, quindi massimizzare la produzione, ampliare la gamma dei prodotti offerti, espandersi sui

mercati internazionali.Perchè un aumento della produzione determina un abbassamento dei costi?

La riduzione dei costi è dovuta a 4 meccanismi fondamentali (determinanti di costo) vedi tab 8.2:1)Economie di scalaNella maggior parte dei settori il predominio delle grandi imprese è dovuto alle economie di scala

che si manifestano quando un aumento della produzione provoca una diminuzione del costo unitario(la fig 8.3 che mostra questo andamento, ci fa vedere la scala minima efficiente ossia il punto di

efficienza massima di un impianto: se siamo a sinistra del punto vuol dire che l'impianto non

funziona al massimo regime, vuol dire che possiamo ancora aumentare la produzione e far scendereulteriormente i costi).

La diminuzione del costo all'aumento cumulativo della produzione è dovuto a:--relazioni tecniche tra input e output: grossi quantitativi di input costano meno di piccoli

quantitativi

--i costi incidono meno per le grosse imprese: il costo per la pubblicità di un'auto è uguale per laToyota e per la Daihatsu ma incide meno per la Toyota che vende 20 volte + auto della Daihatsu e

può “spalmare” il costo su un numero maggiore di prodotto.

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--specializzazione: una maggiore produzione permette una maggiore specializzazione delle

mansioni, la specializzazione favorisce a sua volta l'automazione e quindi la riduzione dei costi.L'economia di scala ci spiega perchè in molti settori ad es quello dell'auto, avviene la

concentrazione cioè ci sono poche imprese di enormi dimensioni: le case + piccole sono state

acquistate dalle case + grandi perchè non avevano i volumi di vendita necessari ad ammortizzare icosti di sviluppo dei nuovi modelli.

Se prendessimo alla lettera quanto abbiamo detto finora, non dovrebbero esistere le piccole imprese;invece in realtà piccole e medie impresse prosperano accanto a quelle + grandi, anzi a volte hanno

dei risultati migliori come è successo, nel caso delle auto, con Renault e BMW; ciò si deve a:

--differenziazione del prodotto: il cliente è disposto a pagare di + un prodotto differenziato, per cuile piccole aziende possono vendere meno ma compensano con il prezzo + alto

--flessibilità: le aziende + piccole si adattano + facilmente e + rapidamente alle fluttuazioni delladomanda e delle preferenze dei consumatori

--problemi di motivazione: un'azienda piccola si gestisce + efficacemente di una grossa in termini di

rapporti con i lavoratori, di sprechi di materiale, di motivazioni ecc.

2)Economie di apprendimentoPiù si produce e + si impara a produrre: l'apprendimento e l'esperienza che si acquisisce mentre si

lavora un prodotto determinerà via via una riduzione del tempo di produzione3)Tecniche di produzioneDi solito per produrre un bene ci sono diverse tecnologie di processo: un processo è superiore a unaltro quando, per ciascuna unità di prodotto, impiega una minor quantità di input: una nuova

tecnologia di processo può ridurre radicalmente i costi ma ha un costo e il risultato dipende dallacapacità delle imprese di adattare l'organizzazione e la gestione delle risorse umane alle esigenze

della nuova tecnologia; in questo campo rientrano anche innovazioni non tecnologiche ma

innovazioni di tipo organizzativo, basti pensare al just-in-time introdotto da Toyota.[Infine accenniamo al business process reingenering (= riconfigurazione aziendale), nato negli anni

'90 che si fonda su questo concetto: i processi produttivi comportano interazioni complesse tra unamolteplicità di individui: queste interazioni non sono fisse ma variano inevitabilmente col tempo

per cui riconfigurare di tanto in tanto i processi aziendali può incrementarne l'efficienza.

Criteri che possono guidare la riconfigurazione aziendale potrebbero essere:-combinare diverse mansioni in una sola

-permettere ai lavoratori di prendere decisioni-eseguire le fasi del processo in ordine naturale

-effettuare verifiche e controlli solo se sono giustificati]

4)Progettazione di prodottoRisparmi sostanziali di costo si possono ottenere da una progettazione del prodotto in maniera tale

da semplificare la sua produzione ad es riducendo il numero dei componenti, adottando strutturemodulari, parti comuni e intercambiabili.

Anche l'offerta di un servizio può essere progettata in modo da agevolare il suo svolgimento: ad esMotel 6, una catena di motel economici leader negli USA, progetta le camere d'albergo in manierastandard, in modo da facilitarne la pulizia e la manutenzione, riducendo i costi.

5)Costi di approvvigionamentoIn molti settori l'acquisto di fattori di produzione a prezzi inferiori alla concorrenza può

rappresentare un' importante fonte di vantaggio;

Diversi sono i fattori che possono ridurre il costo degli approvvigionamenti:--differenze di prezzo dovute alla dislocazione geografica ad es il costo di manodopera

--possesso di fonti di approvvigionamento a basso costo :vedi Saudi-Aramco--imprese non sindacalizzate

--potere contrattuale dell'impresa nei confronti del fornitore

6)Utilizzazione elastica della capacità produttivaNei periodi di scarsa domanda la capacità degli impianti è sottoutilizzata e ciò causa un aumento del

prezzo unitario perchè i costi fissi devono essere ripartiti su un minor numero di unità del prodotto;

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nei periodi di massima domanda, la produzione può essere spinta oltre la piena capacità degli

impianti e ciò potrebbe determinare un aumento dei costi per il pagamento del lavoro straordinario,del lavoro notturno o festivo. Per evitare sprechi un'impresa quindi deve essere in grado di adeguare

velocemente la sua capacità produttiva al livello della domanda

7)Efficienza residualePuò succedere che le determinanti di costo descritte sopra, non riescano a spiegare perchè

un'impresa ha dei costi inferiori a un'altra: si parla in tal caso di efficienze residuali, intendendo conquesto termine la capacità di eliminare i costi in eccesso (negli USA sono chiamati “organizational

fat”): eliminare questi costi in eccesso è difficile perchè si tratta di inefficienze ormai

istituzionalizzate tanto che spesso occorre un vero e proprio shock che metta a repentaglio la vitastessa dell'azienda.

Catena di valori e analisi dei costiPer analizzare i costi e formulare ipotesi per ottenere vantaggi di costo, può essere utilizzata la

catena del valore di Porter e considerare separatamente l'analisi di costo di ogni attività (fig 8.5).Il procedimento a grandi linee è il seguente:

1)Disaggregare l'impresa in attività separate

La suddivisione dipende dal criterio adottato2)Stabilire quali delle diverse attività, siano più importanti in relazione al loro costo (in pratica

assegnare i costi per ciascuna attività)

3)Confrontare i costi di ciascuna attività con quelli dei concorrenti per capire quale attività

aziendale sia efficace e quale non lo sia.

4)Identificare, per ciascuna delle attività considerate, le determinanti di costo5)Identificare gli eventuali legami tra i costi di due attività: ad es se io compro grandi quantità di

input, da un lato risparmio ma dall'altro lato posso aumentare le spese di immagazzinaggio.

6)Individuare le possibili soluzioni ad es :--se l'economia di scala è + importante ai fini di ridurre i costi, si dovrà aumentare il volume dellaproduzione

--se invece è determinante il costo del lavoro si prenderà in esame la possibilità di dislocare

altrove l'azienda--se un bene non può essere prodotto nell'azienda , si potrebbe comprarlo da terzi

I limiti dell'analisi dei costiSono 2:

1)L'analisi dei costi sopra esaminata è statica: il vantaggio delle imprese giapponesi era legato allaloro concezione di efficienza dinamica incentrata sul miglioramento continuo della qualità totale:

che comporta la riduzione dei costi in termini di difetti di produzione e relativi aggiustamenti, lariduzione di supervisione e manutenzione ecc.

2)E' probabile che quando un'azienda si trova in difficoltà, quel che occorre è un intervento moltopiù drastico nel senso che gli interventi ipotizzabili tramite l'analisi dei costi, devono essere inseritiall'interno di un cambiamento organizzativo + ampio, in sostanza bisognerà procedere a una

ristrutturazione dell'azienda, del sistema gestionale, d ella strategia, tramite:--chiusura degli impianti vecchi

--esternalizzazione della componentistica

--riduzione forza lavoro--riduzione dei livelli gerarchici per ridurre i costi di amministrazione.

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CAP 9 IL VANTAGGIO DELLA DIFFERENZIAZIONE

Un'impresa si differenzia dalla concorrenza quando offre qualcosa di unico e apprezzato dagli

acquirenti e realizza un vantaggio se riesce a conseguire un premio sul prezzo che eccede il costo

sostenuto per realizzare la differenziazioneIl vantaggio della differenziazione ha assunto negli ultimi anni un'importanza maggiore rispetto al

tradizionale vantaggio di costo: infatti l'aumento della concorrenza internazionale, in particolarequella dei paesi con basso costo della manodopera, ha reso il vantaggio di costo molto vulnerabile:

essa richiede una profonda comprensione dei desideri del cliente e di come essi possano essere

soddisfatti, ma richiede anche una buona dose di creatività..

  Natura e vantaggi della differenziazioneSi può dire che qualsiasi prodotto o servizio è suscettibile di differenziazione anche se in misura

diversa: più un prodotto è complesso o soddisfa esigenze complesse e più numerose sono le

possibilità di differenziazione; la differenziazione può riguardare quasi tutti gli aspetti del rapportoimpresa-consumatore:

--aspetti tangibili, cioè gli aspetti visibili (forma, colore, peso) o le performances (affidabilità,

durata, sicurezza) o i servizi complementari come i servizi post-vendita: ad es il PC può essereormai considerato una commodity, un bene privo di differenziazione, eppure Dell Computer è

riuscita a differenziare i suoi PC garantendo tempi rapidi di consegna e offrendo servizicomplementari come assistenza tecnica on line, garanzia triennale, installazione e configurazione di

hardware e software.--aspetti intangibili e cioè il marchio e tutte quelle motivazioni sociali, emotive e psicologiche che

sono spesso alla base delle scelte del consumatore specie per quei prodotti per i quali qualità e

performances sono difficili da accertare al momento dell'acquisto (experience goods).La differenziazione è diversa dalla segmentazione: la differenziazione riguarda il modo in cui

un'azienda compete, la segmentazione riguarda dove l'impresa compete: tuttavia tra i due elementiesiste una correlazione: la differenziazione può concentrarsi sul mercato complessivo o su un

segmento specifico: se un'azienda offre un prodotto unico, diciamo troppo specifico, la clientela

sarà molto ristretta e ovviamente non ci saranno vantaggi di costo (differenziazione focalizzata) ed èalto il rischio che i segmenti di mercato subiscano delle variazioni rapide.

Un'impresa dovrebbe quindi offrire un prodotto dalle caratteristiche uniche ma che risulti attraenteper un'ampia gamma di consumatori: l'esempio classico è quello di McDonald's che pone l'accento

su poche qualità distintive (rapidità del servizio, convenienza, igiene) che vanno bene per tutte le

fasce di età, per tutte le fasce sociali, per tutte le nazioni (differenziazione generalizzata).

L'analisi della differenziazione : la domandaPer differenziare con successo occorre trovare il giusto equilibrio tra la domanda di differenziazione

dei consumatori e la capacità dell'impresa di fornire un prodotto differenziato.Cominciamo con il lato della domanda.L'analisi della domanda ci permette di determinare le caratteristiche che il prodotto deve avere

perchè il cliente sia disposto a pagare di più per il prodotto differenziato: quindi l'elementofondamentale per una differenziazione di successo è “capire i consumatori”; a questo scopo si

utilizzano varie metodiche:

1)multidimensional scaling: è un grafico che rappresenta le percezioni dei consumatori susomiglianze e differenze tra prodotti concorrenti e serve a stabilire le caratteristiche fondamentali

del prodotto, viste dalla parte del cliente.2)conjoint analysis: identifica gli attributi di un prodotto e analizza le preferenze dei consumatori

per i diversi attributi

3)analisi dei prezzi edonistici: il prezzo di vendita di un prodotto può essere considerato comesomma dei prezzi di ogni singola caratteristica del prodotto: questi singoli prezzi vengono calcolati

facendo il rapporto con i prodotti simili concorrenziali:per esempio se una lavatrice a 1000 giri

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viene venduta 100 € in più rispetto a una di 800 giri, questo significherebbe che 200 giri valgono

100 €. Quindi l'analisi edonistica studia le differenze di prezzo tra prodotti simili mettendo inrelazione queste differenze con le diverse combinazioni di attributi.

4)analisi della curva del valore: consiste nel tracciare una curva che rappresenta la prestazione di un

prodotto o servizio relativamente ai fattori di successo: si può così confrontare la curva dell'impresacon le curve dei concorrenti e stabilire gli opportuni interventi per ottenere un vantaggio di

differenziazione (quadro 9.2)I fattori sociali e psicologiciQuesto tipo di misurazioni però non tiene conto di tutte le motivazioni del cliente all'acquisto: sono

pochi i prodotti che un cliente acquista al solo scopo di soddisfare esigenze primarie disopravvivenza; nella maggior parte dei casi il cliente acquista in base a motivazioni psicologiche,

sociali, e quindi bisognerebbe analizzare approfonditamente lo stile di vita, le aspirazioni, la baseculturale del cliente; come qualcuno ha detto bisogna alzarsi dalla scrivania e andare dove sono i

clienti; ancora una volta le imprese giapponesi si sono dimostrate lungimiranti e da tempo puntano

sull'intuito e sulle relazioni con il cliente.In sostanza l'analisi della domanda consente di capire quali caratteristiche sono più apprezzate dal

consumatore e quali combinazioni di esse sono preferite: il produttore si troverà davanti a

consumatori che preferiscono la combinazione X, altri che preferiscono la Y e ha quindi lapossibilità di scegliere quale o quali gruppi di clienti sarà il suo obiettivo (fig 9.2)

L'analisi della differenziazione: l'offertaPer ottenere un vantaggio di differenziazione l'impresa deve avere la capacità di offrire un prodotto

differenziato, guardando alle risorse e competenze che possiede.Prima di tutto si può fare una distinzione tra differenziazione di prodotto e differenziazione deiservizi accessori, vedi lo schema di fig 9.3 che varia dall'offerta di prodotto + servizio ambedue

differenziati , a prodotto + servizio non differenziati ( in tal caso si tratta di commodities)Perchè la differenziazione sia efficace occorre:

--che l'impresa realizzi la cd integrità del prodotto cioè che metta in atto una serie di pacchetticomplementari di differenziazione: in sostanza deve occuparsi non solo del prodotto ma anche che

il prodotto sia coerente con la confezione, la pubblicità, l'ambiente di vendita e l'immagine stessa

dell'impresa (far vendere prodotti dimagranti a uno di 200 Kg non è il massimo)--che la differenziazione sia a conoscenza dei clienti: i consumatori infatti non sempre dispongono

di informazioni sulla qualità di un prodotto specie di quei prodotti le cui qualità possono esserericonosciute solo dopo il consumo (experience goods es un vino): e se il consumatore non è

informato sulla qualità di un prodotto non è disponibile a spendere di più.

Sono numerosi i “segnali” efficaci per comunicare al cliente la qualità: una garanzia estesa neltempo, la promessa di un eventuale rimborso, l'accuratezza dell'imballaggio, la sponsorizzazione di

attività sportive e culturali, ma anche l'immagine esterna: per es un'impresa finanziaria mandasegnali di solidità e competenza con sedi di grandi dimensioni in quartieri eleganti, arredamenti

d'ufficio classici, impiegati vestiti in maniera inappuntabile; altri segnali efficaci sono la pubblicitàe il marchio: il marchio rappresenta una garanzia di affidabilità per il consumatore (specie nelcommercio su Internet caratterizzato dall'anonimato), ma a volte incarna un modo di vedere la vita:

Harley Davidson dice in una sua pubblicità: “non vendiamo un mezzo di trasporto ma uno stile divita”(e questo fa parte di quei motivi psicologici di cui si è parlato prima)

I costi della differenziazioneIndubbiamente la differenziazione ha i suoi costi: input di qualità superiore, maggiore pubblicità,migliore assistenza post-vendita (costi diretti); inoltre non si può contare né su economie di scala (il

volume di produzione è troppo basso) né su economie di apprendimento se la differenziazionerichiede continui miglioramenti del prodotto (costi indiretti).

Essendo costi strettamente legati alla differenziazione non possono essere ridotti: allora l'unico

modo per ridurre i costi consiste nel posticipare la differenziazione agli ultimi stadi della catenadel valore: ad es i maggiori produttori di auto hanno ridotto il numero dei pianali, riservando la

differenziazione alle fasi finali cioè ai colori, finiture e opzioni accessorie: in sostanza diversi tipi di

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auto possono essere costruite utilizzando la stessa catena di montaggio.

Se a questo aggiungiamo i sistemi di produzione flessibile e il just-in-time, possiamo dire di esseremolto vicini ad avere il prodotto personalizzato a un costo accessibile.

La catena del valore nell'analisi della differenziazioneDopo aver analizzato le caratteristiche del prodotto differenziato e la capacità dell'azienda diprodurlo, dobbiamo cercare di coordinare questi due elementi che, presi l'uno indipendentemente

dall'altro, non funzionerebbero: a tal fine applica la catena del valore.La procedura prevede 4 fasi:

1)creare la catena di valore per l'impresa e per il cliente singolo o per più clienti (in tal caso si

faranno catene di valore separate)2)identificare i fattori che determinano l'unicità per ciascuna attività presente nella catena

3)selezionare le variabili di differenziazione + vantaggiose per l'impresa in base ai suoi punti diforza (colonna sinistra); bisogna inoltre individuare i collegamenti tra le diverse attività e la durata

dei fattori di unicità (li abbiamo già visti nel cap precedente).

4)individuare i collegamenti tra la catena di valore dell'impresa e quella del cliente.Aiutandoci con il quadro 9.4 cerchiamo di capirci qualcosa di questo casino:

La catena del valore dell'impresa la sappiamo ed è posta in alto in orizzontale (fino a “assistenza”)

La catena del valore del cliente (che è un'altra impresa) è posta in orizzontale a destraLa colonna verticale a sinistra rappresenta le opportunità di differenziazione dell'impresa-fornitore

relative a ciascuna attività: ad es il riquadro corrispondente a Progettazione e design (quello cheinizia con “contenitori”) ci dice che un'opportunità di differenziazione potrebbe consistere nell'avere

un ufficio di progettazione talmente in gamba da poter progettare qualsiasi contenitore per qualsiasiuso.

La colonna verticale di destra rappresenta le opportunità di differenziazione dell'impresa-cliente: ad

es il terzo riquadro ci dice che l'impresa-cliente potrebbe fare in modo di distinguersi dalle altreperchè è capace di consegne rapide.

Abbiamo così completato il quadro: si tratta adesso di far combaciare tra di loro le due catene divalore ossia di favorire le opportunità di differenziazione (o di risparmio sui costi)dell'impresa-

cliente sfruttando o magari modificando le capacità dell'impresa-fornitore:

il punto di forza dell'impresa-fornitore è Progettazione e Design? Benissimo, questo è oro colato perl'impresa-cliente perchè favorisce il suo marketing (lineetta 1), può estendere il suo parco clienti,

può soddisfare un numero maggiore di clienti; ma è oro colato anche per l'impresa-fornitore perchèpuò richiedere un prezzo alto.

Se invece l'impresa-fornitore impiega 2 secoli per le consegne perchè l'attività “gestione

magazzino” e “distribuzione” fanno schifo, l'impresa-cliente non farà salti di gioia perchè questoincasina la sua gestione magazzino e provoca un aumento delle spese e disservizi per i propri clienti

e le impedisce di avere il vantaggio competitivo di una consegna rapida ai propri clienti: è ovvioche a questo punto l'impresa-fornitore deve intervenire sulla sua gestione magazzino.

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CAP 10-11-12 (evoluzione del settore, strategia nei settori emergenti e nei settori maturi)Stabilito che un settore evolve in continuazione, è possibile prevedere in che direzione va e quindigestire vantaggiosamente il cambiamento?

Un settore ha un suo ciclo vitale: se riusciamo a capire in quale punto del ciclo ci troviamo in un

dato momento, possiamo prevedere l'evoluzione successiva e prendere i giusti provvedimenti.

 CAP 10 EVOLUZIONE DEL SETTOREIl ciclo di vita del settore viene tradizionalmente diviso in 4 fasi:

--introduzione del nuovo prodotto

--sviluppo--maturità

--declinoEsso può essere visto secondo due punti di vista:

1)secondo la domanda (quindi secondo le vendite) vedi fig 10.1:

--fase di introduzione: vendite limitate (il prodotto non è ancora conosciuto), costi e prezzi elevati--fase di sviluppo: vendite in rapida crescita, i prezzi diminuiscono

--fase di maturità: vendite pressochè stabili, prezzi in calo

--fase di declino: vendite e prezzi in forte calo (sul mercato si affaccia un nuovo prodotto).2)secondo la creazione e diffusione della conoscenza (a seconda dello sviluppo tecnologico del

prodotto):nella fase di introduzione di un nuovo prodotto c'è incertezza sulla tecnologia da preferire tra le

tante (ad es agli albori del computer c'era incertezza se usare dischetti o cassette per memorizzare idati); questa incertezza finisce nel momento in cui si afferma un modello dominante e vengono

stabiliti gli standard tecnici; a questo punto, avendo riferimenti certi, le imprese sono incoraggiate a

investire nel processo produttivo che si perfeziona sempre di +, con i prezzi che si abbassano e levendite che aumentano.

La sovrapposizione della curva di prodotto con quella di processo ci fa notare uno sfasamento fig10.2 , facilmente spiegabile in questi termini: quando finisce lo sviluppo del prodotto, le aziende

cercano di migliorare il processo produttivo (ad es il toyotismo).

Questo modello del ciclo del settore pur essendo valido in generale per tutti i settori, va tuttaviaadattato a ciascun settore: ad es nei vari settori cambia la durata del ciclo (nel settore elettronica è

molto breve); può anche succedere che un settore si trovi in fasi diverse in paesi diversi: ad es ilsettore auto è in declino negli USA mentre in Cina e India è in fase di sviluppo;

ci sono settori che non conoscono declino, come quelli che producono beni di prima necessità

(alimentari, case ecc); ci sono settori in declino che possono essere rivitalizzati anche + volte ad esil settore delle tv si è rivitalizzato con l'avvento del colore, poi con l'avvento dell'LCD, l'HD ecc.

Il ciclo influisce su vari fattori (tab 10.1):

1)sulla struttura del settore (demografia delle imprese) cioè sul numero delle imprese: durante leprime fasi del ciclo, nel settore sono presenti poche imprese pioniere; poi il numero di impreseaumenta rapidamente sia imprese nuove sia provenienti da altri settori; nella fase di maturità il

numero comincia a diminuire e si riduce alla metà in media dopo 29 anni per uscite, fusioni,acquisizioni ecc

2)sul commercio internazionale, secondo questo schema:

--il nuovo prodotto nasce (e viene richiesto) nei paesi a + alto reddito (USA, Europa occ. Giappone)che provvedono all'esportazione in tutto il mondo a prezzi alti

--la produzione viene trasferita nei paesi di nuova industrializzazione (Corea, Taiwan,) mentre per ipaesi a + alto reddito è conveniente importare (perchè i prezzi si sono abbassati).

--con la maturità il prodotto diventa una commodity, non richiede capacità tecniche sofisticate e la

sua produzione è affidata ai paesi in via di sviluppo che hanno manodopera abbondante e a bassoprezzo

3)sulla intensità della concorrenza:

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--nella fase di introduzione le imprese si danno battaglia nel campo tecnologico: i margini sono

bassi per gli alti investimenti nell'innovazione e sviluppo--nella fase di sviluppo i profitti sono alti per tutti perchè la domanda è sostenuta

--nella fase di maturità la standardizzazione del prodotto determina la concorrenza sui prezzi, tanto

+ alta quanto maggiore è il numero dei concorrenti: i profitti calano.--nella fase di declino continua la guerra dei prezzi e i profitti scendono ulteriormente.

4)sulle fonti del vantaggio competitivo :--nella fase di introduzione la fonte del vantaggio è l'innovazione di prodotto: sono cruciali le

risorse finanziarie e le competenze in materia di sviluppo

--nella fase di sviluppo la sfida è la crescita:perciò occorrono risorse finanziarie, e competenze diproduzione, di distribuzione di marketing, amministrative e strategiche.

--nella fase di maturità la fonte del vantaggio è l'economia di costo--nella fase di declino l'impresa deve difendersi da possibili guerre dei prezzi e quindi cercare di

ridurre ordinatamente la produzione.

Adattamento organizzativo e cambiamentoPoiché strategia e struttura organizzativa devono allinearsi con l'ambiente del settore, l'evoluzione

del settore crea per il management il problema di adattare strategia e struttura per restare al passo

con i cambiamenti dell'ambiente esterno.A parte le teorie della selezione (secondo cui dopo un cambiamento sopravvivono le imprese che

hanno le caratteristiche + adatte) e dell'evoluzione (secondo cui sono le stesse imprese che cercanodi adattarsi ai cambiamenti esterni), certo è che gli adattamenti comportano notevoli difficoltà

soprattutto per le imprese consolidate: infatti davanti all'ingresso nel settore di un concorrente cheporta con sé una nuova tecnologia (tecnologia di rottura), l'impresa consolidata può facilmente

soccombere se non riesce a sviluppare le competenze necessarie; occorre quindi che la gestione sia

basata su una strategia duale, da una parte guardare al presente e sfruttare al massimo risorse ecompetenze esistenti; dall'altra guardare al futuro sviluppando nuove risorse e competenze

(pianificazione di medio e lungo periodo).Alcuni studiosi ritengono che un mutamento continuo e adattativo (incrementalismo logico) è

efficace ma fino a un certo punto dopo il quale occorre un mutamento strategico radicale: i risultati

non sempre sono positivi ma possiamo cmq portare ad esempio Nokia, nata come produttrice dicarta e articoli in gomma e oggi leader nel settore della telefonia mobile.

L'ideale sarebbe prevedere il futuro; questo non è possibile ma almeno si può provare a immaginarecosa potrebbe accadere: l'analisi degli scenari consiste appunto nello sfruttare le nostre conoscenze

sulle tendenze attuali al fine di immaginare i possibili sviluppi futuri: a tale scopo si prospettano

degli scenari multipli di come potrebbe essere il futuro a una distanza di tempo compresa tra 5 e 25anni, facendo spesso ricorso a modelli e simulazioni per individuare tutti i possibili esiti: bisogna in

ogni caso sottolineare che il valore di questo tipo di analisi non sta tanto nei risultati quanto nellagestione della conoscenza, in altre parole permette di tirar fuori idee, intuizioni, metterle sul tavolo,

coordinarle, valutare le possibili combinazioni ed elaborare opzioni strategiche alternative ostrategie di emergenza. 

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CAP 11 TECNOLOGIA E GESTIONE DELL'INNOVAZIONE:( IL VANTAGGIO COMPETITIVO NEI SETTORI EMERGENTI )

I settori di impiego dell'alta tecnologia rappresentano gli ambienti competitivi + affascinanti e

complessi: sono settori emergenti che si trovano ancora nella fase di introduzione, ma anche settori

maturi particolari come il farmaceutico, il chimico, le telecomunicazioni e l'elettronica.Tradizionalmente si distingue:

1)l'invenzione: è la creazione di nuovi prodotti o nuovi processi attraverso lo sviluppo di nuoveconoscenze o l'utilizzo di vecchie conoscenze;

2)l'innovazione: è la commercializzazione iniziale di un'invenzione attraverso la produzione e la

vendita di un nuovo bene o servizio, oppure attraverso l'utilizzo di un nuovo metodo di produzione.Non tutte le invenzioni si trasformano in innovazioni; inoltre tra l'invenzione e l'innovazione

intercorre di solito un periodo di tempo + o – lungo: es la xerografia risale al 1938 ma la suaapplicazione e cioè la prima fotocopiatrice fu posta sul mercato nel 1958.

Una innovazione non garantisce ricchezza e fama al suo autore o all'impresa: il valore da essa

creato si distribuisce infatti tra molte parti: clienti, fornitori, imitatori oltre che all'innovatore: ad esnel caso del PC gli innovatori Apple,Xerox, hanno guadagnato di gran lunga meno degli imitatori,

Ibm, Toshiba, Acer, Compaq (regime di appropriabilità debole); la casa farmaceutica Pfizer

invece ha fatto un pozzo di soldi con il Viagra ( appropriabilità forte).Una volta introdotta, l'innovazione si diffonde dal lato della domanda, nel senso che i clienti

cominciano ad acquistare, e dal lato dell'offerta nel senso che i concorrenti cominciano ad imitare.In ogni caso imitare non è facile per vari motivi:

1)diritti di proprietà sull'innovazione: la legge difende il diritto dell'innovatore tramite--brevetti che attribuiscono diritti esclusivi su un prodotto o un processo (negli usa durano 17 anni)

--diritti d'autore che attribuiscono diritti su opere d'arte, scritti, musica ecc

--marchi registrati: parole o simboli che distinguono un prodotto di un'impresa--segreti industriali, la cui protezione riguarda formule, ricette, processi

C'è da aggiungere che alcune aziende preferiscono la segretezza per proteggere le loro innovazioni,vedi CocaCola.

2)codificabilità e complessità della tecnologia:

--codificabilità: se l'innovazione è codificata cioè può essere spiegata ad es per iscritto, è probabileche ,in mancanza di adeguata protezione, possa diffondersi facilmente;

--complessità: + una innovazione è complessa e + difficile sarà imitarla;

3)il Lead Time, ossia il vantaggio temporale: prima o poi l'innovazione sarà imitata per cui

l'innovatore deve sfruttare questo vantaggio temporale per costruire le competenze e posizionarsi

solidamente sul mercato, prima che entrino in campo gli altri (vedi vantaggio di costo)

4)disponibilità di risorse complementari: Carlson inventò la xerografia nel 1938, ma per molti

anni non fu in grado di immettere sul mercato il proprio prodotto perchè non disponeva delle risorsecomplementari ossia le risorse necessarie per sviluppare, fabbricare e vendere: alla fine accettò

l'aiuto di Xerox e il suo guadagno fu minimo.A volte le risorse ci sono ma occorre la collaborazione con altre imprese: gli sviluppatori dellecellule a combustibile (che sostituiranno il motore a combustione interna delle auto) hanno bisogno

delle case automobilistiche che dovranno sviluppare nuovi modelli di auto, delle compagniepetrolifere che dovranno sviluppare impianti di distribuzione adatti: i profitti dell'innovazione in tal

caso saranno distribuiti tra tutti i gruppi.

Altre volte la collaborazione tra + aziende si trasforma in una barriera per gli altri: ad es Intel hacostruito i microprocessori in base alle esigenze di Windows: chiunque voglia fare un sistema

operativo diverso da Windows, lo deve fare compatibile con esso.Ma alla fine, tutti questi meccanismi di difesa servono a poco, compresi i brevetti: nella maggior

parte dei casi un prodotto tutelato da brevetto viene imitato entro 3 anni; tuttavia le imprese

continuano a brevettare per motivi diversi: per bloccare gli altri, per farne uso nelle contrattazionitra aziende, per ottenere royalties: negli anni '90 il reddito di Texas Instruments proveniente dai

diritti di sfruttamento dei propri brevetti era maggiore del reddito proveniente da altre fonti.

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Come si sfrutta l'innovazioneNella scelta di una strategia efficace per sfruttare l'innovazione, bisogna considerare alcuni fattori:

1)risorse e competenze disponibiliLe strategie possibili sono rappresentate in tab 11.3.

Le scelte vanno dalla concessione di licenze (rischio basso, redditività limitata, scarso impegno dirisorse proprie) alla gestione in proprio del processo di commercializzazione (alta redditività,

ingenti risorse necessarie) passando attraverso gradi intermedi (esternalizzazione, alleanze, joint-venture); quindi:

--se l'impresa ha i diritti di proprietà su un'innovazione potrebbe concedere ad altri la licenza di

sfruttamento: nel settore farmaceutico le licenze sono molto diffuse: molte imprese impegnate nellebiotecnologie si dedicano unicamente nella R&S e concedono in licenza le loro scoperte alle

aziende che possiedono le necessarie risorse complementari.Il vantaggio di concedere una licenza sta nel fatto che non c'è bisogno di possedere risorse e

competenze e che la commercializzazione avviene rapidamente: lo svantaggio è che il successo

dipende dall'impegno di chi acquista la licenza.--le grandi imprese invece possono contare su abbondanti risorse e competenze e sono quindi in

grado di attuare in proprio la commercializzazione interna.

2)scelta del momento ottimale per l'entrata nel settore:--se si dispone di diritti di proprietà, essere pionieri è vantaggioso (si può sfruttare il lead time)

--ugualmente se si entra presto nel settore ci si può avvantaggiare stabilendo gli standard--se si hanno poche risorse e molte idee, l'unico modo per avvantaggiarsi è fare la prima mossa

--se il ruolo delle risorse complementari è importante, è + conveniente entrare in un periodosuccessivo:ad es nel campo dei PC, Apple era un pioniere, entrò per prima nel settore grazie alle sue

competenze tecnologiche; IBM entrò successivamente, quando i rischi iniziali erano finiti, mettendo

in campo le sue enormi competenze produttive, di marketing e di distribuzione

3)gestione del rischioI settori emergenti sono molto rischiosi per 2 motivi.1)per l'imprevedibilità dell'evoluzione tecnologica

2)perchè non è possibile sapere in anticipo le dimensioni e i tassi di crescita del mercato del nuovo

prodotto (non si sa quanto si venderà).Per minimizzare il rischio è opportuno:

1)cercare la collaborazione degli acquirenti principali: ad es nel settore informatico è consuetudinedistribuire le cd versioni beta agli utenti perchè siano testate

2)adottare politiche finanziarie rigorose, ricercando se necessario, la collaborazione di altre aziende

(alleanze, joint-venture) per le iniziative + importanti e onerose3)acquisire una flessibilità che permetta di rispondere rapidamente ai segnali del mercato: Honda

entrò nel mercato americano con moto di grossa cilindrata ma di fronte al fallimento, virò verso laproduzione del Supercub da 50 cc; flessibilità vuol dire anche lasciarsi tutte le porte aperte:

all'epoca della sostituzione del DOS, Microsoft presentò il suo Windows, ma contemporaneamentecollaborava con IBM che promuoveva il suo OS/2, con Apple che presentava il suo McIntosh e conSun che proponeva il suo Unix.

Gli StandardL'affermazione di uno standard è un evento fondamentale nello sviluppo di un settore: le imprese

che possiedono gli standard di un settore possono ottenere rendimenti elevati: molte imprese

devono il loro successo al controllo degli standard in una determinata categoria di prodotti esMicrosoft con lo standard Windows per i sistemi operativi, Intel con la serie di processori 086,

Matsushita con lo standard VHS per i videoregistratoriSostanzialmente uno standard è un sistema che permette l'interoperabilità: ad es se non ci fosse lo

scartamento ferroviario standard in Europa dovremmo cambiare treno ogni volta che passiamo una

frontiera.Gli standard possono essere pubblici, cioè non hanno proprietà e spesso sono fissati dal governo o

da organismi internazionali a ciò preposti (es le norme ISO); oppure privati, e sono di proprietà di

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imprese o di singoli; inoltre possono essere aperti se i dettagli sono resi a terze parti, oppure chiusi

se non sono messi a disposizione (es Windows)Gli standard si rendono necessari per quei prodotti o servizi che sono soggetti alle cd esternalità direte, ossia per quei prodotti o servizi che hanno valore se molti altri utenti ne fanno uso: ad es il

telefono ha valore per l'utente se ci sono altri utenti connessi alla sua linea: non è necessario che ilprodotto sia esattamente lo stesso, è sufficiente che sia compatibile con lo standard.

L'esternalità di rete determina particolari effetti sul mercato detti effetti di rete: ad es. nel casosiano presenti 2 standard, i fornitori di risorse complementari preferiscono offrire i loro prodotti allo

standard + affermato sul mercato: ad es nel caso dei sistemi operativi, i fornitori di software

preferiscono immettere prodotti compatibili con Windows anziché compatibili con McIntosh, per ilsemplice fatto che il Mcintosh di Apple rappresenta meno del 10% del mercato dei sistemi

operativi; d'altra parte il cliente preferisce acquistare Windows per non avere problemi diincompatibilità con il software e non dovere essere costretto a cambiare: come si vede si instaura un

circolo virtuoso per cui uno standard predominante attrae nuovi clienti che lo rendono ancora +

attrattivo: e infatti i mercati soggetti a esternalità di rete sono spesso dominati da un singoloproduttore.

A questo aggiungiamo che una volta fissato, lo standard tecnico difficilmente può essere sostituito

sia per gli effetti di rete sia per gli effetti di apprendimento che provocano continui miglioramenti:ad es il motore rotante Wankel è potenzialmente superiore al motore a 4 tempi, ma lo usa solo la

Madza; la tastiera QWERTY fu inventata per rallentare la velocità di battitura ed evitare così che lestanghette delle macchine da scrivere si incastrassero tra di loro; la tastiera DVORAK è senz'altro

più veloce ma era troppo complicato per clienti e produttori di tastiere cambiare standard per cui laqwerty è rimasta regina del mercato.

Dato che il controllo degli standard è alla base del vantaggio competitivo, occorre che l'impresa

sviluppi una strategia adatta allo scopo ; questa strategia deve mirare al circolo virtuoso secondo cuichi riesce a far diventare dominante il proprio standard tende ad attrarre sempre + utenti: per far

questo, per far diventare il “carro del vincitore” sempre + grande, come dice Shapiro, occorre:1)radunare quanti + alleati possibile prima di partire (consumatori, fornitori e persino concorrenti)

2)entrare presto sul mercato, sviluppare rapidamente il prodotto, stringere accordi subito con i

principali clienti e occupare il mercato3)convincere clienti, fornitori e produttori di beni complementari, magari rinunciando a parte del

proprio reddito ad es mettendo il proprio standard a disposizione di fornitori di prodotticomplementari o concedendo loro la licenza a condizioni molto vantaggiose o persino immettendo

gratis il prodotto sul mercato (come fece Microsoft con Internet Explorer nella lotta contro Netscape

per l'affermazione del browser ): nelle fasi iniziali di sviluppo dei videoregistratori si affrontarono 2standard, il Betamax della Sony e il VHS della Matsushita che alla fine ottenne la vittoria perchè

concesse le licenze a Sharp, Philips ed altri concorrenti (massimizzando la propria presenza sulmercato, rendendo + grande il carro del vincitore);Sony tenne il Betamax tutto per sé e perse.

In ogni caso bisogna dire che le imprese tendono + a collaborare per istituire standard comuni che afarsi la guerra che potrebbe essere molto pericolosa per i contendenti.

L'implementazione della tecnologiaPur ammettendo che l'innovazione sia frutto della creatività, la domanda è se in qualche modo èpossibile creare condizioni favorevoli all'innovazione: la risposta è che la creatività non è soltanto

una questione di intelligenza individuale ma dipende dall'esistenza di condizioni organizzative che

consentano di generare idee. Molti studi empirici mostrano che la creatività è stimolatadall'interazione tra persone e in particolare dall'interazione tra personalità e punti di vista differenti:

i creativi vengono spesso riuniti in un team di cervelli guidati da un manager con il compito diindicare le linee guida.

Ma la creatività serve a poco se non è collegata alle competenze di produzione, marketing, finanza,

distribuzione ecc.: si tratta quindi di coordinare 2 sistemi (quello che idea e progetta un prodottoinnovativo e quello che lo realizza e lo immette sul mercato) che sono organizzati in maniera

completamente diversa e tra i quali possono sorgere tensioni e conflitti: questo è un problema che

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riguarda le grandi imprese le quali cercano di superare queste difficoltà con diversi meccanismi:

1)le incubatrici: consistono nel creare unità staccate e autonome dedicate a promuovere efinanziare nuove opportunità imprenditoriali

2)gruppi interfunzionali di sviluppo del prodotto: si tratta di un tipo particolare di coordinazione

tra sviluppo e produzione messa in atto dalle industrie giapponesi nel settore auto, elettronica ecostruzioni: normalmente l'auto prima viene disegnata e progettata dagli ingegneri: il progetto passa

quindi alla produzione, poi al marketing ecc.; se si presenta qualche difetto l'auto ritorna alla fase diprogettazione per le modifiche necessarie e deve rifare tutta la trafila.

Il sistema giapponese invece prevede l'unificazione di tutte le funzioni, cioè progettisti, addetti alla

produzione, alle vendite, al marketing lavorano insieme : se si presenta un difetto viene corretto incorso d'opera senza bisogno che si ricominci tutto da capo.

3)i product champions: consiste nell'affidare allo stesso ideatore dell'innovazione il ruolo di leadernella commercializzazione del nuovo prodotto per sfruttare il suo entusiasmo e la sua voglia di

fare..

 

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CAP 12 IL VANTAGGIO COMPETITIVO NEI SETTORI MATURII settori maturi -cibo, energia, costruzioni, auto, servizi finanziari e ristorazione- rappresentano laspina dorsale delle economie dei paesi industrializzati.

Diciamo subito che maturità non significa per forza mancanza di opportunità o di innovazione:

molti settori maturi sono stati trasformati da nuove tecnologie e nuove strategie.

I fattori critici di successo nei settori maturi

Un settore maturo ha 2 caratteristiche fondamentali:1)le opportunità di ottenere un vantaggio competitivo sono ridotte

2)la natura del vantaggio competitivo è legata + a fattori di costo che di differenziazione.

Ciò è dovuto al fatto che siamo di fronte a un prodotto standardizzato e a una produzionestandardizzata e massiccia, in un ambiente caratterizzato da un elevato numero di concorrenti.

In questa situazione un'impresa deve puntare a:1)risparmiare sui costi

2)posizionarsi su segmenti di mercato favorevoli

3)differenziarsi in qualche modo4)cercare di innovarsi, se possibile

1)Risparmiare sui costi

Si può risparmiare sui costi attraverso:--economie di scala

--con l'accesso a input a basso costo: in particolare tra gli input assume rilievo il costo del lavoro ein questo sono favorite le piccole imprese perchè poco sindacalizzate

--con un controllo rigoroso delle spese generali.Bisogna cmq dire che l'efficienza di costo raramente è fonte di vantaggio competitivo, piuttosto si

rivela strumento efficace per la sopravvivenza dell'impresa: quando un'impresa deve sopravvivere

in attesa di tempi migliori, deve attuare una strategia che comporta una riduzione aggressiva deicosti (eliminando la produzione in eccesso, congelando i nuovi investimenti, tagliando i fondi R&S)

e una focalizzazione sui segmenti + redditizi.

2)Politiche di posizionamento 

Consistono nella scelta di nicchie trascurate dalla concorrenza (i grandi magazzini Wal-Mart sono

ubicati nei piccoli centri, trascurati dalla grande produzione) o nella creazione di nuovi segmenti (esla Smart nel settore auto): tutto questo comporta una ulteriore segmentazione del mercato fin quasi

a livello del singolo consumatore al quale viene praticamente offerto un prodotto personalizzato;questo è possibile grazie anche alle capillari informazioni fornite dalle banche dati di aziende

specializzate che registrano + o – legalmente tutte le transazioni del cliente.

3)Differenziarsi dalla concorrenzaPoiché la differenziazione di prodotto o di processo non è possibile, le imprese cercano di

differenziarsi nei servizi complementari: ad es nel settore auto la somiglianza dei modelli haspostato la competizione sui servizi di leasing, finanziamento, assistenza post vendita; oppure si

cerca di puntare sull'immagine del prodotto o sullo stile dei punti di vendita.4)L'innovazioneMaturità non significa assenza di innovazione: ci sono settori maturi in cui l'innovazione assume

importanza rilevante (ad es il settore farmaceutico e aerospaziale): però in linea generale leopportunità di acquisire un vantaggio competitivo sulla base di una innovazione è molto basso: se

consideriamo che siamo in una fase in cui si è conclusa l'innovazione del prodotto e anche

l'innovazione del processo, quel che rimane possibile è un'innovazione strategica (fig12.1), che puòcerto basarsi sull'analisi della catena del valore, ma potrebbe comprendere altri elementi ad es

l'acquisizione di nuovi gruppi di clienti ( i videogiochi non sono + solo per bambini ma anche peradulti) oppure ampliare i servizi tradizionali con servizi + o – correlati (ad es Arco, ha innovato le

sue stazioni di rifornimento trasformandole in negozi di alimentari e prodotti per la casa).

Quel che occorre sottolineare cmq è che l'innovazione strategica richiede un gruppo imprenditorialecon capacità creative e mentalità tanto aperta da accettare che i processi decisionali coinvolgano

anche personale di livello gerarchico inferiore: i manager di imprese consolidate tendono invece a

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restare ancorati ad approcci tradizionali e cedono all'innovazione solo in risposta alle sfide dei

concorrenti

La struttura dei settori maturi (tab 12.2)Gli ambienti stabili necessitano di un'organizzazione meccanicistica caratterizzata da una struttura

accentrata con ruoli ben definiti e scambio di informazione verticale; l'efficienza viene ottenutatramite routines standardizzate, parcellizzazione del lavoro e uno stretto controllo manageriale

basato su principi burocratici: queste organizzazioni sono tipiche dei settori caratterizzati daproduzione su larga scala con elevato grado di specializzazione sia verticale che orizzontale; la

specializzazione verticale si riflette nella concentrazione delle decisioni ai vertici dell'impresa,

quella orizzontale si manifesta attraverso l'organizzazione per divisioni funzionali piuttosto che sudivisioni di prodotto.

Nella realtà caratteristiche uguali si riscontrano solo parzialmente: ad es McDonalds segueprocedure operative fortemente standardizzate.

Nel corso degli ultimi 10 anni però le tendenze si sono alquanto invertite perchè:

--l'instabilità ambientale richiede quella flessibilità che le imprese fortemente accentrate nonpossiedono

--le organizzazioni di questo tipo con la loro rigidità tendono ad ostacolare l'innovazione

--le nuove tecnologie di processo permettono di coniugare efficienza di costo e produzionediversificata in tempi brevissimi per cui la struttura rigida non è indispensabile.

--la rigidità delle procedure e dei controlli può essere causa di alienazione e conflitti.Sulla scia di queste tendenze, le imprese dei settori maturi hanno subito forti riorganizzazioni che

hanno comportato un maggiore coinvolgimento dei manager a livello di business e minorcoinvolgimento a livello di gruppo, minore attenzione alle economie di larga scala e maggiore

attenzione alle esigenze dei consumatori, maggiore flessibilità per adattarsi rapidamente al mercato,

minor grado di controllo e supervisione.

Le strategie nei settori in declinoIl passaggio dalla maturità al declino può essere dovuto a un avvicendamento tecnologico, a uncambiamento delle preferenze dei consumatori, a un fenomeno demografico (nascono pochi

bambini), a concorrenza straniera.

Questi settori sono caratterizzati da:--eccesso di offerta

--assenza di innovazione--concorrenti in diminuzione

--concorrenza di prezzo molto aggressiva.

Il dato + importante è che la domanda diminuisce ma l'offerta diminuisce + lentamente delladomanda per cui c'è sempre un eccesso di capacità produttiva.

La soluzione di questo problema è dunque il riallineamento continuo della capacità del settore alladiminuzione della domanda: se non si riesce in questo ci sarà una competizione accesa sui prezzi.

La possibilità di adeguare la produzione alla domanda dipende da:1)prevedibilità del declino: se riesco a prevederlo, posso prepararmi adeguatamente ad affrontarlo.2)la presenza o l'assenza di barriere all'uscita:

per un'impresa potrebbe essere difficile diminuire la produzione o uscire da un settore:--se l'impresa ha investito in impianti costosi e che hanno una vita lunga

--se i costi per la chiusura dell'impianto sono elevati

--se il nome, la tradizione, la lealtà verso i dipendenti lo impediscono3)dalla buona disposizione delle imprese superstiti ad arrivare a un accordo che porti alla

diminuzione della produzione.Secondo Harrigan e Porter, le linee strategiche possibili sono (fig 12.2):

--Raggiungere la leadership del settore ad es con l'acquisizione delle imprese concorrenti o

convincendole ad abbandonare il settore.--Scegliere una nicchia favorevole, cioè una nicchia a domanda stabile che non sarà occupata da

altre imprese

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--Mietitura, cioè sfruttare il massimo e non fare ulteriori investimenti: ad es ridurre al massimo i

costi attraverso la riduzione del numero dei modelli--Abbandonare la produzione, meglio se la dismissione viene effettuata nelle fasi iniziali del declino

quando è + facile trovare un acquirente.

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CAP 13 L'ANALISI DELL'INTEGRAZIONE VERTICALE

[NOTA I capitoli 13, 14 e 15 riguardano la strategia di gruppo che, come sappiamo, riguarda il

dove l'impresa compete]

Introduzione: chiariamo la terminologia.

Se ci guardiamo intorno vediamo che le imprese non sono tutte uguali.--La CocaCola produce una bevanda, la Samsung produce una molteplicità di beni: la CocaCola è

un'impresa specializzata perchè opera in un unico settore, Samsung è un'impresa diversificataperchè opera in + settori (diversificazione di prodotto o integrazione orizzontale)Domanda: è + conveniente che un' impresa si specializzi in un unico prodotto oppure che produca

una molteplicità di beni?--Molte grosse imprese hanno fabbriche sparse in vari paesi (diversificazione geografica): è +

conveniente che un'impresa produca in una sola fabbrica lo stesso bene per 3 paesi oppure che ci sia

una fabbrica per ogni paese ?--per fare lattine occorre produrre prima l'acciaio e poi il laminato e infine stampare le lattine: è +

conveniente che un'impresa si occupi di tutte tre le fasi (integrazione verticale) oppure che

ciascuna fase sia fatta da 3 imprese diverse?Walt Disney è un'impresa verticalmente integrata perchè produce e distribuisce i propri film.

Dell è un'impresa verticalmente specializzata perchè esternalizza cioè affida ad altre impresemolte attività della sua catena del valore come la produzione dei componenti, l'assemblaggio, la

logistica.Come si fa a scegliere?

Il principio guida è la differenza tra costi di transazione e costi amministrativi.

--nel caso dell'integrazione verticale, se ad es una casa automobilistica ha bisogno per le sue autodelle serrature, deve valutare se le conviene acquistarle da un'altra azienda (costi di transazione)

oppure fabbricarsele da sé (costi amministrativi);--nel caso della diversificazione geografica, se i costi di trasporto (costi di transazione) sono

superiori ai costi amministrativi, allora conviene impiantare una fabbrica per ogni paese.

La storia economica ci dice che fino a pochi anni fa le imprese sono cresciute verticalmente,geograficamente e orizzontalmente; ma negli anni '80-'90 la tendenza si è invertita, le imprese di

maggiori dimensioni hanno ridotto sia il loro livello di diversificazione concentrandosi sul corebusiness, sia il grado di integrazione verticale attraverso l'esternalizzazione di molte attività: questa

tendenza è stata messa in relazione con le turbolenze dei mercati in seguito agli shock petroliferi del

1973 e 1980, e questo ci dice che quando il mercato è turbolento i costi amministrativi (cioè quellirelativi alla gestione interna delle attività) tendono ad aumentare e a superare i costi di transizione

per cui è + conveniente esternalizzare.

L'integrazione verticaleL'integrazione verticale consiste nell'internalizzare una serie di attività verticalmente correlate;essa si distingue in:

--integrazione a monte: l'impresa assume il controllo e la produzione di quelli che per lei sono gliinput

--integrazione a valle: l'impresa assume il controllo e la proprietà dei suoi clienti.

L'integrazione verticale inoltre può essere completa quando tutta la produzione a monte vienetrasferita allo stadio successivo; quando gli stadi di produzione sono invece insufficienti o in

eccedenza si parla di integrazione parziale: ad es Philips produce tubi catodici per i propri televisoriin quantità insufficienti per cui ne deve acquistare da altre aziende; alcune compagnie petrolifere

estraggono + di quanto possono raffinare e vendono questa eccedenza a quelle compagnie che

viceversa hanno un eccessiva capacità di raffinazione.I costi di transazioneI vantaggi dell'integrazione verticale sono attribuiti alla integrazione fisica dei processi che

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determina un risparmio di costo: così è + conveniente che una industria produca insieme acciaio e

laminato anziché avere due industrie separate che producano una l'acciaio e l'altra il laminato nonfosse altro perchè si risparmiano le spese di trasporto: si potrebbe obiettare che lo stesso risparmio

si avrebbe se mettessimo le due fabbriche, con proprietari diversi, una accanto all'altra, ma non è

così .Il fatto è che tra le 2 fabbriche vicine si instaura un monopolio bilaterale: il produttore di laminato si

trova legato al produttore di acciaio e viceversa: questo legame non è solo un legame di mercato maè anche di struttura nel senso che gli impianti di ciascuna impresa devono essere costruiti in modo

da corrispondere a quelli dell'altra: il che vuol dire che le due imprese devono investire notevoli

cifre per questi adattamenti e che questi impianti essendo complementari non servono a nulla sepresi separatamente; in queste condizioni arrivare a un accordo diventa problematico perchè

ciascuna delle parti cerca di accrescere il proprio potere contrattuale a danno dell'altra: si tratta di unrapporto difficile e costoso che nemmeno il contratto riesce a risolvere: se è troppo vago si avranno

controversie future, né può essere molto dettagliato perchè, visto che è destinato a durare molti anni,

nessuna delle due parti può prevedere cosa succederà nel corso degli anni.Riassumendo, è + conveniente che ci sia una sola fabbrica che produca acciaio e laminato anziché 2

fabbriche separate, anche vicine, perchè in questo caso i costi di transazione (contrattazione,

controversie ecc) sono + alti dei costi amministrativi interni che si avrebbero nel caso dell'unicafabbrica.

Nella scelta tra integrazione e esternalizzazione bisogna dunque tener conto dei pro e dei contro, deicosti di transazione e dei costi amministrativi di internalizzazione: in particolare:

--differenze nella scala efficiente minima: se avessi bisogno per la mia azienda anche di 100 milaautomobili, certo non mi sognerei di produrle in azienda, perchè so che non potrei mai raggiungere

la soglia di efficienza minima che è di milioni di auto

--competenze distintive: se avessi bisogno di particolari computer non li costruirò io stesso perchènon possiedo le competenze distintive che può avere un'impresa specialistica come la IBM.

Se però le due attività sono strettamente correlate allora l'integrazione è conveniente: ad es Intelpotrebbe limitarsi a progettare microchip e affidare la produzione ad altri ma in questo caso

l'esternalizzazione non sarebbe opportuna perchè in questo specifico campo è importante la

coordinazione tra progettazione e produzione.--competenze di gestione: la gestione di attività diverse come produzione e distribuzione richiede

competenze organizzative e gestionali diverse per cui difficilmente una azienda di produzioneinternalizza anche la distribuzione.

--incentivi: se acquisto un componente da un'altra azienda, ho una certa garanzia che l'azienda ha

tutto l'interesse ( incentivo forte) ad operare bene per trattenermi come cliente; se invece ilcomponente viene prodotto all'interno della mia azienda questi incentivi potrebbero essere deboli;

per questo motivo molte aziende creano organizzazioni di servizi condivisi in cui i fornitori internicompetono con quelli esterni per servire la divisioni operative dell'azienda.

--l'integrazione verticale di un'attività potrebbe essere vista negativamente dai concorrenti cheesercitano la stessa attività: quando Walt Disney acquisì ABC,( uno studio cinematografico), gli altristudi furono restii a collaborare con essa.

--per quanto riguarda la flessibilità si ritiene che se la flessibilità riguarda lo sviluppo del prodottoche richieda determinate competenze tecniche come nel caso del settore dell'elettronica,

l'esternalizzazione si rivela uno strumento efficiente; se invece è richiesta una flessibilità diffusa nel

sistema allora l'integrazione verticale può garantire risultati efficaci come dimostra la Zara (quadro13.1), una casa di abbigliamento spagnola, caratterizzata da una straordinaria velocità di reazione

alla domanda di mercato: dal design alla consegna passano in media 2 settimane contro i 6 mesi dialtre case di moda: la casa spagnola è fortemente integrata a partire dalla produzione dei tessuti, al

design, alla confezione , alla distribuzione, alla vendita nei propri negozi; il tutto viene effettuato in

piena coordinazione tra i vari reparti compresi gli specialisti di mercato che gestiscono rapportibisettimanali con i punti vendita e permettono la veloce risposta alle richieste del mercato.

--il rischio dell'integrazione verticale è che un qualsiasi problema a monte si ripercuote su tutti gli

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stadi successivi della produzione.

Le relazioni verticaliFinora abbiamo limitato la scelta dell'impresa a due sole opzioni: o “fare” il prodotto (make) o

“comprare” il prodotto (buy) da un'altra impresa

Tra i due estremi, contratti di mercato (buy) e integrazione verticale completa (make) esisteun'ampia gamma di relazioni verticali intermedie che possono essere classificate

--a seconda della misura in cui acquirente e venditore impegnano risorse: dai contratti occasionaliche non impegnano nessuna risorsa all'integrazione verticale che richiede cospicui investimenti.

--a seconda della forma: cioè se occorre o meno un contratto.

I diversi tipi di relazione presentano vantaggi e svantaggi (fig 13.4):--i contratti spot e a lungo termine: comportano rispettivamente una singola transazione o una

serie di transazioni durante un certo arco temporale e specificano condizioni di vendita eresponsabilità delle parti: i contratti a lungo termine presentano gli svantaggi visti in precedenza

(cioè rischiano di essere o troppo vaghi o troppo vincolanti)

--partnership con i fornitori: si tratta di un'intesa con i fornitori basata sulla reciproca fiducia esulla stretta collaborazione: il modello di riferimento è quello giapponese .

--franchising: presenta il vantaggio della stretta collaborazione (come nell'integrazione) con il forte

incentivo e la flessibilità tipici del contratto di mercato.Nella scelta tra le varie forme di rapporto bisogna tener conto:

--dell'allocazione del rischio: cioè la divisione dei rischi tra le parti: ad es nel franchising il rischioè tutto della parte + debole cioè del franchesee che mette il capitale

--gli incentivi: spesso l' incentivo + efficace per un servizio di qualità è la prospettiva di uncontratto di lunga durata, specie negli appalti dei servizi pubblici

Tendenze recentiPossono riassumersi in 3 punti:--continua la tendenza delle grandi imprese all'esternalizzazione delle proprie attività: il rischio è la

perdita delle proprie competenze; in un'esternalizzazione spinta al massimo, l'impresa diventavirtuale cioè mantiene solo il compito di coordinare l'attività di altre imprese, compromettendo le

sue capacità di innovazione e sviluppo.

--è radicalmente cambiato il rapporto fornitori-impresa: come già da tempo fanno le impresegiapponesi, questo rapporto si basa sulla reciproca fiducia, sulla collaborazione e sul

coinvolgimento dei fornitori, coinvolgimento che può essere reso ancora + stretto, conl'acquisizione da parte del fornitore di quote azionarie dell'impresa e, viceversa con l'acquisizione

da parte dell'impresa di quote azionarie del fornitore; .

--sono diventati frequenti i rapporti di stretta collaborazione verticale tra le piccole imprese cheoperano in determinati settori: un eloquente esempio sono le piccole imprese del nord-est dell'Italia

nel settore tessile e dei motocicli, i cd distretti industriali.

I pro dell'integrazione verticale: I contro:

--eliminazione dei vincoli monopolistici --incremento costi fissi

--riduzione costi di contrattazione --poca flessibilità--risparmio di risorse nel processo produttivo --incapacità di sviluppo competenze distintive

--assenza di vincoli istituzionali --difficile gestione di attività diverse strateg.--economie di scopo --ripercussioni dei problemi a valle

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  CAP 14 GLOBALIZZAZIONE E IMPRESE MULTINAZIONALI

L'internazionalizzazione procede attraverso 2 meccanismi:

A)il commercio internazionale (CI): possibilità di vendere e comprare prodotti sui mercati esteri

B)gli investimenti diretti esteri (IDE): possibilità di produrre all'esteroLa combinazione di questi 2 elementi porta all'identificazione di 4 tipi di settore (fig 14.1):

1)settori protetti: sono settori di servizi frammentati (parrucchieri, riparazioni auto ecc), piccoleproduzioni (es artigianali), produzioni non commerciabili perchè deperibili (es latte fresco, pane); si

tratta di settori a dimensione nazionale o locale –basso CI, bassi IDE-

2 )settori internazionali: bassi IDE, alto CI: si riferisce a prodotti trasportabili, non differenziati alivello nazionale: aerei navi, prodotti agricoli

3)settori multidomestici: alti IDE, basso CI: si tratta ad es di servizi finanziari, alberghieri ecc.che siinternazionalizzano per investimento diretto perchè il loro commercio non è praticabile.

4)settori globali: alto CI, alti IDE:es auto, semiconduttori, elettronica.

Gli effetti dell'internazionalizzazione sulla concorrenzaL'internazionalizzazione ha conseguenze prevalentemente negative sulla concorrenza e sulla

redditività di settore: infatti applicando il modello delle 5 forze di Porter, l'internazionalizzazione

influisce sulla concorrenza in 3 modi:1)aumenta l'ingresso di nuovi concorrenti per riduzione delle barriere in entrata (facilità nei

trasporti, riduzione tariffe e protezioni doganali)2)intensifica la rivalità tra imprese esistenti perchè, oltre ad aumentare il numero dei concorrenti

--aumenta la diversità (ad es nel settore auto USA le tre sorelle, Ford, GM e Chrysler erano moltovicine come strategia, costi, obiettivi e si facevano una concorrenza blanda: l'ingresso delle case

giapponesi negli anni '70, ha alterato questo equilibrio)

--aumenta la capacità produttiva, quindi l'offerta, senza che la domanda aumenti.3)aumenta il potere contrattuale degli acquirenti: i grandi acquirenti hanno maggior peso, possono

scegliere tra un numero + alto di fornitori di materie prime (quindi spuntare un prezzo + basso).Il vantaggio competitivo nel contesto internazionalePerchè ci sono paesi in cui nascono imprese che poi sfondano sui mercati internazionali?

Perchè evidentemente l'ambiente nazionale in cui queste imprese nascono e si sviluppano, offrecondizioni favorevoli.

In che modo l'ambiente nazionale influenza il vantaggio competitivo internazionale?Essenzialmente attraverso la disponibilità delle risorse: un paese che possiede risorse abbondanti

per produrre un determinato bene ha un vantaggio comparato nella produzione di quel bene: ad es

se un paese abbonda di manodopera non specializzata, sarà favorito nella produzione di quei beniche hanno bisogno di manodopera non specializzata tipo articoli in pelle, abbigliamento e avrà un

saldo commerciale positivo (performance commerciale positiva) nel settore pelli e abbigliamento.Per risorse si intendono:

--risorse naturali, manodopera, disponibilità di capitali--ma anche risorse sviluppate internamente come la conoscenza (tecnologia posseduta, capitaleumano) e le risorse che aiutano a sfruttarla (reti di trasporto e diffusione della conoscenza): le tigri

asiatiche (Corea, Taiwan, HongKong, Malaysia e Singapore) hanno compensato la scarsità dirisorse naturali con la ricchezza di conoscenza, di manodopera, di capitali.

--anche la cultura nazionale può essere considerata come una risorsa: la capacità delle aziende

giapponesi di integrare differenti tecnologie è collegata a 2 elementi tradizionali dei nipponici: lafacilità di assimilare idee esterne e il comportamento cooperativo.

Porter, sempre lui, ha elaborato l'ennesima analisi a diamante per spiegare la rilevanza che hanno lecondizioni nazionali sul vantaggio competitivo internazionale delle imprese, fig 14.3.

Le imprese multinazionali di successo nascono in quei paesi in cui sono presenti:

--condizione dei fattori: sono le risorse sviluppate internamente e quelle altamente specializzate--settori correlati e di sostegno: ci sono settori collegati strettamente tra loro che si rafforzano uno

con l'altro es semiconduttori, computer e software

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--condizioni della domanda sul mercato interno: il dominio dei giapponesi nel mercato delle

macchine fotografiche è dovuto alla domanda alta e continua dei consumatori giapponesi--strategia, struttura e concorrenza del mercato interno: un mercato nazionale fortemente

concorrenziale rappresenta un forte stimolo all'innovazione e al successo internazionale: l'es è

quello delle case automobilistiche giapponesi che sono leaders a livello mondiale perchè in casa sifanno una concorrenza spietata.

 In base a questi elementi si opera la scelta della strategia di internazionalizzazione da adottare e in

particolare dove localizzare la produzione e come entrare in un mercato straniero.

Localizzazione geografica.La scelta circa la localizzazione della produzione dipende da 3 fattori:

--1)disponibilità di risorse locali: le imprese dovrebbero localizzare la produzione nei paesi conmaggior quantità di risorse adatte disponibili: Nike localizza la sua produzione in Cina, India ecc

dove la risorsa manodopera è abbondante e a basso costo

--2)specificità del vantaggio competitivo: la produzione di un bene che richiede risorse ecompetenze interne deve essere localizzato nel paese dove tali risorse sono presenti: il vantaggio di

Toyota sta nelle sue competenze di progettazione, sviluppo e realizzazione dell'auto e il posto

migliore per svolgere queste attività è il Giappone, a meno che Toyota non riesca a trasferire questecompetenze in un paese straniero

--3)trasferibilità dei beni: se un bene è facilmente trasferibile da un paese all'altro (perchè i costidi trasporto sono bassi e non ci sono particolari barriere) l'internazionalizzazione conviene.

Ma possiamo spingerci oltre operando la cd frammentazione della catena del valore: ad esun'impresa tessile potrebbe localizzare la produzione del tessuto nei paesi ad economia agricola che

forniscono lana e cotone, filatura e tessitura nei paesi di recente industrializzazione,

confezionamento nei paesi a manodopera abbondante e a basso costo; Nike ha localizzato design,R&S negli USA, produzione di tessuti e componenti in Corea, Taiwan e Cina e assemblaggio in

India, Cina, Indonesia.Ovviamente questa strategia ha un inconveniente e cioè la maggiore difficoltà nel coordinare

attività che si trovano in paesi lontani e quindi maggiori costi di gestione; inoltre non è sempre

applicabile o conveniente: ad es il just-in-time non può essere frammentato; una impresa checompete sulla base della sua rapidità e affidabilità delle consegne come Zara, deve rinunciare ai

vantaggi di costo della frammentazione e scegliere l'integrazione verticale.

Come entrare in un mercato stranieroSono 2 le modalità di ingresso in un mercato straniero (tab 14.4):transazioni e investimento diretto

Transazioni di mercato: comprendono: --esportazione: se il vantaggio competitivo è legato al paese di origine, è conveniente produrre

all'interno ed esportare: Hyundai produce in Corea a basso costo ed esporta negli USA: ma pervendere proficuamente in un paese straniero si dovrebbero avere competenze di marketing e

distribuzione adatte per quel paese: per acquisire queste competenze è possibile fare ricorso adagenti e distributori locali.

--cessione in licenza di marchio e/o tecnologia:nei settori ad alto contenuto tecnologico le imprese

spesso concedono la tecnologia in licenza a produttori locali.La scelta tra esportazione e cessione di licenza dipende dall'appropriabilità, nel senso che se c'è un

brevetto che protegge l'innovazione si preferisce la concessione della licenza; se invece la tutela è

insoddisfacente si preferisce l'esportazione.Nei settori basati sul marketing è il marchio ad essere spesso oggetto di licenza.

Sia che si tratti di marchio, sia che si tratti di tecnologia, la concessione della licenza è subordinataalle competenze e all'affidabilità del licenziatario

--franchising: è un altro sistema di penetrazione nei mercati esteri, usato per es da McDonalds a

condizione che si ripeta esattamente lo stile McDonalds (vedi prima)Investimenti direttiSi hanno quando un'impresa sceglie di investire all'estero per produrre direttamente o appoggiarsi a

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imprese locali: questa scelta viene fatta per

--motivi economici (bassi costi di materie prime e manodopera, espansione di mercato)--per accedere a nuove tecnologie: il rapido incremento di joint-venture e alleanze strategiche nel

campo dell'alta tecnologia è attribuito al desiderio di accedere alle conoscenze di altre imprese

--per sfruttare le conoscenze di mercato e la capacità distributiva di un'impresa locale--per entrare nel mercato di paesi come Cina e India che obbligano le imprese straniere ad avere un

partner locale.Il fallimento delle alleanze tra imprese è di solito dovuto a disaccordi sulla divisione dei contributi

all'alleanza e sull'attribuzione dei relativi rendimenti.

Il successo è attribuito a:--condivisione degli obiettivi: gli insuccessi delle alleanze tra giapponesi e occidentali trova la sua

giustificazione nel fatto che un'alleanza viene considerata dagli orientali come un passo verso ilpredominio globale, mentre gli occidentali la considerano come un'occasione per delegare la

produzione ai + efficienti giapponesi

--visto che nei settori high-tech l'obiettivo è la conoscenza, il successo dipende in questi casidall'appropriabilità della conoscenza (specie se esplicita) e dalla ricettività dell'impresa ossia dalla

sua capacità di garantirsi il massimo dell'apprendimento.

Le strategie multinazionali tra globalizzazione e mercati localiLa strategia globale considera il mondo come un unico mercato ed è ormai cosa accertata che leimprese che competono su scala nazionale sono fortemente vulnerabili nei confronti delle imprese

globali.La superiorità delle strategie globali si basa essenzialmente

--sulle preferenze dei consumatori: le preferenze a livello locale e nazionale stanno scomparendo

grazie alla facilità di comunicazione e di viaggi--sulle economie di scala realizzate dalle imprese globali, inarrivabili per le aziende nazionali.

I vantaggi di una strategia globale sono:

1)l'economia di scala che riguarda non tanto la produzione quanto lo sviluppo di un prodotto che

ha raggiunto costi elevati; esiste anche un'altra fonte di economia di scala ed è l'economia direplicazione: per un prodotto basato sulla conoscenza (un software o un sistema organizzativo)l'attività creativa iniziale è molto costosa, ma le successive replicazioni hanno costi nettamente

inferiori: ad es il sistema organizzativo sviluppato da McDonalds negli USA nel corso di decenni,può essere replicato ovunque con costi irrisori.

2)economie nella produzione: le imprese internazionalizzate hanno + possibilità nell'acquisizione

di risorse, materie prime e manodopera a basso costo, ma anche conoscenza

3)economie di apprendimento: le imprese globali hanno + possibilità non solo di accedere alle

conoscenze di differenti paesi ma anche di sintetizzarle e trasferirle ovunque

4)competizione strategica: le multinazionali possono combattere battaglie molto aggressive in un

singolo mercato nazionale, utilizzando i profitti provenienti da altri mercati: sono i cd sussidiincrociati cioè spese in pubblicità, promozione, sostegno alle reti di vendita: è chiaro che un'aziendanazionale si trova in posizione di svantaggio di fronte a questi attacchi perchè non può contare su

profitti esteri: potrebbe però reagire contrattaccando la rivale a casa sua.Nei settori dominati dalle multinazionali la tendenza è quella di posizionarsi nei 3 centri industriali

mondiali Europa, Usa e Giappone, così Ford ha acquistato Mazda, GM ha acquistato Daewoo ecc.

Nonostante la globalizzazione continuano a esistere differenze tra paese e paese:

--differenze nelle preferenze dei consumatori, abbastanza importanti da non poter essere trascurate:ad es nel campo lavatrici si è scoperto che in Francia e Usa si preferiscono quelle con carica

dall'alto, in Germania quelle con centrifuga + veloce, in Giappone quelle di piccole dimensioni.

--differenze di leggi e regolamenti in materia di design e caratteristiche di prodotto e in materia diproduzione e conduzione aziendale

--differenze dei sistemi distributivi: catene o negozi indipendenti

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--differenze di ordine culturale: qualcuno ha distinto 2 gruppi: individualisti/collettivisti e

egualitari/gerarchici: paesi come gli Usa sarebbero individualisti ed egualitari, collettivisti egerarchici sarebbero la Cina e l'India.

--differenze di apertura e sofisticazione dei mercati: ci sono paesi leader in cui i prodotti vengono

introdotti per primi al fine di apprendere per poi adattare prodotto e marketing e massimizzare leprobabilità di successo nei paesi in cui verranno lanciati successivamente (approccio sequenziale).

Tutto questo discorso sta a significare che bisogna diversificare nell'ambito della globalizzazione:per fare un esempio McDonalds offre un prodotto globale come quello schifo di Big Mac, ma offre

anche prodotti locali come i panini al pollo in Giappone o il cappuccino in Italia.

Conciliare globalizzazione e diversificazione rappresenta dunque il problema centrale di un'impresainternazionalizzata ed è sostanzialmente il problema di definire la struttura e la strategia.

Strategia e organizzazione nelle imprese multinazionaliDefinire struttura e strategia è ancora + importante se si pensa che, a causa delle dimensioni e

dell'estensione geografica, strategia e struttura, una volta definite, non possono essere facilmentemodificate se non nel lungo periodo.

Sono stati identificati 3 tipi di struttura:

1)le federazioni multinazionali, tipiche delle imprese europee dei primi anni del '900 ecaratterizzate da una casa madre e da filiali nazionali che avevano ampi margini di autonomia,

pieno potere decisionale nello sviluppo e marketing dei prodotti: d'altra parte bisogna considerare losvantaggio che i trasporti e le comunicazioni erano molto lenti in quei tempi.

2)le multinazionali statunitensi, che si affermarono dopo la seconda guerra mondiale e sicaratterizzavano per un ruolo di maggior peso della sede centrale pur mantenendo le filiali estere

una notevole autonomia.

3)il modello giapponese degli anni '70/80: imprese come Honda e Toyota concentravano R&S eproduzione nelle sedi giapponesi, delegando alle filiali estere i compiti di vendita, distribuzione e

assistenza: offrendo prodotti standardizzati fabbricati in impianti di grandi dimensioni le impresegiapponesi erano in grado di sfruttare forti economie di scala e di apprendimento.

La forza delle imprese europee era la capacità di adattarsi alle richieste dei mercati nazionali; quelladelle imprese americane era la capacità di trasferire nuove tecnologie alle filiali; la forza delle

imprese giapponesi era la forte efficienza di costo e la qualità.Tra questi modelli non ce n'è uno che sia meglio degli altri: tutto dipende dal mercato e dalla

concorrenza nei vari settori:

--per il settore dell'elettronica di consumo dove non ci sono particolari preferenze dei consumatori edove assume valore l'economia di scala, la struttura globale appare la + idonea (mod giapponese).

--per il settore alimentare dove invece le economie di scala sono meno importanti e hanno + rilievole differenti preferenze dei consumatori, il modello europeo è l'ideale

--per quei settori in cui sono importanti sia l'economia di scala che le preferenze dei consumatori (estelecomunicazioni) andrebbe bene la struttura statunitense.Ma i problemi cmq rimangono sempre quelli: struttura accentrata o decentrata?

La struttura accentrata offre garanzie di efficienza e coordinazione ma è poco flessibile aimutamenti, sembra essere un ambiente poco stimolante all'innovazione e tende a dare un prodotto

globale che vada bene per tutti;

la struttura decentrata offre maggiore flessibilità, maggiori stimoli all'innovazione, tende adattenzionare le preferenze nazionali ma presenta problemi di coordinamento: Philips con la sua

struttura decentrata ha incoraggiato l'innovazione: la sua filiale canadese ha sviluppato il primo TVcolor, quella australiana il primo TV con audio stereo, quella inglese il televideo: tuttavia la

mancanza di integrazione ha impedito alla Philips di sfruttare queste innovazioni su scala globale.

Quindi il problema fondamentale è la gestione di una organizzazione così complessa: in altre parolequello che è importante è creare una rete integrata di risorse e competenze diffuse e interdipendenti

che fanno capo alle varie unità nazionali: le competenze distintive sviluppate dalle singole filiali

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nazionali devono essere coordinate, scambiate e integrate tra di loro. Queste considerazioni sono

alla base del cd modello transnazionale che, più che essere un modello da riprodurre, indica unastrada: così le federazioni decentrate si sono riorganizzate per ottenere una maggiore integrazione

con le loro filiali mentre Toyota viceversa sta riducendo il ruolo delle sedi giapponesi e aumentando

il peso delle filiali nazionali.Un esempio di modello transnazionale è quello della Ford che produce la Fiesta in Corea, la Escort

in Messico e Germania, la Capri in Australia mentre con il progetto Mondeo ha tentato di svilupparela “world car”; un altro interessante esempio è quello di Unilever, impresa che opera nei settori

dell'igiene personale, della pulizia della casa e dei prodotti alimentari: la Unilever ha creato un

centro di formazione per giovani neolaureati addestrati a compiti manageriali simili; ogni managerveniva posto per un periodo + o – lungo nella sede centrale o in un'altra filiale: tutti continuavano a

incontrarsi e a scambiare informazioni e idee: l'amministratore delegato dell'azienda amaparagonare questa situazione alla quadriglia, una danza tradizionale in cui quattro persone si

scambiano la posizione a intervalli regolari; questo scambio continuo di risorse umane contribuisce

alla creazione di una rete informale globale.

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CAP 15 STRATEGIA DI DIVERSIFICAZIONE

La diversificazione è l'espansione di un'impresa attraverso l'entrata in diversi settori di attività.

La diversificazione è stata negli anni 1950-1980 la fonte principale della crescita aziendale: il boom

è stato negli anni'60 e '70, anni caratterizzati da un'ondata di fusioni e acquisizioni tra imprese noncorrelate: la corsa alla diversificazione fu dovuta in quegli anni al prevalere della struttura

multidivisionale che permetteva a un'impresa di aggiungere nuove divisioni senza sovraccaricare iltop management, ma anche anche all'indirizzo generale di quel periodo che spingeva le grandi

imprese a perseguire + la crescita dimensionale che il profitto.

Negli anni '80 si ebbe una brusca inversione di marcia: molte imprese hanno progressivamenteabbandonato le attività collaterali non redditizie e molte sono state vittime del leveraged buyout.

Questa inversione di tendenza è dovuta a 3 fattori:1)il maggior peso del piccolo azionista ha determinato una maggiore attenzione del manager nei

confronti della redditività piuttosto che della crescita dimensionale: la bassa redditività, messa in

evidenza dalle crisi economiche degli anni '70-'80, diede il via a una massa di leveraged buyout,costringendo i manager a ristrutturare prima che lo facessero gli specialisti del leveraged buyout.

2)le turbolenze dei mercati che esigevano delle risposte aziendali molto rapide e come si sa la

flessibilità delle imprese specializzate è + grande rispetto alle grandi imprese diversificate.3)l'evoluzione delle teorie di gestione aziendale che spostarono l'attenzione del manager alle risorse

e competenze come base del vantaggio competitivo, e quindi indussero le imprese a concentrarsi suiloro punti di forza evitando di disperdere le energie in troppe attività e preferendo alla

diversificazione la collaborazione con le altre aziende.

I motivi della diversificazioneI motivi per cui si procede a una diversificazione sono essenzialmente 3:

1)la crescita dell'impresa: questo è un obiettivo del manager che con l'aumento della dimensionidell'impresa acquista maggior prestigio personale oltre che una remunerazione + alta: il manager

non può però dedicarsi totalmente alla crescita dell'impresa trascurando i profitti perchè senzaprofitti non si possono rinnovare gli impianti e perchè la mancanza del dividendo susciterebbe il

malumore degli azionisti che lo licenzierebbero.

2)La riduzione del rischio: l'idea è che se si diversificano le attività dell'impresa si possonosuperare i momenti critici, perchè se un'attività va male è compensata dai risultati positivi di

un'altra; ma a ben vedere questo sistema di compenso non porta vantaggi effettivi all'impresa nelsuo complesso e nemmeno agli azionisti che d'altra parte provvedono essi stessi alla

diversificazione del proprio portafoglio e a costi di transazione di gran lunga inferiori a quelli di

un'impresa che vuole diversificarsi. Semmai può portare vantaggi ad es ai lavoratori che possonoessere spostati da un'attività in crisi a un'attività che funziona.

3)la ricerca della redditività: può la diversificazione produrre redditività e a quali condizioni?A questo punto non poteva mancare il nostro amico Porter che ci rifila l'ennesima analisi basata su 3

test essenziali: in poche parole Porter dice che la diversificazione può portare redditività :1)se il settore è attrattivo (test di attrattività)2)se i costi di entrata nel settore sono accettabili: si tenga presente infatti che un'impresa può entrare

in un settore o direttamente (cioè creando una nuova impresa) oppure acquisendo un'impresa giàpresente nel settore: e ambedue le operazioni hanno un costo salato (test costo di entrata)

3)se la nuova attività porta vantaggi aa ambedue le imprese: ad es la banca Morgan acquisisce la

Bank One: da una parte la banca Morgan può usufruire della distribuzione capillare della One;dall'altra One usufruisce del ricco parco clienti della Morgan (better-off test)

A prescindere da Porter, possiamo dire che la diversificazione può accrescere la redditività tramite:

1)l'aumento del potere di mercato che si attua con i segg. meccanismi:

--politiche di prezzo predatorie: se voglio eliminare dal settore un rivale diminuisco fortemente i

prezzi: un'impresa diversificata può permetterselo: così facendo, magari non guadagnerà nulla, mapuò compensare con i profitti provenienti dalle sue attività in altri settori.

--il bundling: un'impresa che produce A e B, può vendere il prodotto A assieme al prodotto B

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fregando così i rivali che operano nel settore B

--acquisto reciproco : un'impresa diversificata può stipulare particolari accordi con i fornitori:: iocompro il tuo prodotto se tu compri i miei prodotti

--tolleranza reciproca: due imprese diversificate che competono tra loro per diversi prodotti,

possono adottare la politica del vivi e lascia vivere e mettere da parte una concorrenza aggressiva.

2)economie di scopo: le economie di scopo sono le economie di costo che derivano dall'utilizzare

una risorsa in molteplici attività della stessa impresa: tali risorse possono essere:--tangibili: reti di distribuzione e di vendita, sistemi informativi, laboratori di ricerca, contabilità,

servizi legali: di solito sono accentrati e servono tutte le divisioni dell'impresa.

--intangibili:i marchi: se un'impresa ha un marchio conosciuto è facile che si metta a produrreprodotti vari che sfruttano il marchio

--competenze: sia operative (Sharp, che ha notevoli competenze nella miniaturizzazione dei circuitielettronici, è entrata nel mercato delle calcolatrici, TV LCD, webcam, telefonini)

sia organizzative: la società LVMH usa le sue competenze organizzative nella gestione di marchi di

lusso da Louis Vuitton a DomPerignon, Dior, TagHeuer, Sephora.

3)economie di scopo generate da transazioni di mercato: un'impresa può sfruttare economie di

scopo anche senza diversificarsi, tramite vendita o cessione in licenza delle risorse e competenze a

un'altra impresa: ad es ci sono le sigarette Harley-Davidson ma la casa americana produce solomoto e ha ceduto in licenza il proprio marchio al produttore di sigarette

Oltre che il marchio, anche le risorse tangibili possono essere condivise tra attività diverse tramitetransazioni di mercato: es Caterpillar sfrutta la capillarità dei suoi centri di assistenza diventando

distributore di ricambi per Chrysler, HP, Hyundai; in pratica si possono avere gli stessi vantaggi contransazioni di mercato anziché diversificandosi: la scelta dipende essenzialmente dalla differenza tra

costi di transazione (incluse spese per negoziazione, monitorazione, applicazione dei contratti) e i

costi di gestione. Le transazioni che riguardano le competenze organizzative sono + difficili.

4)mercato interno: in presenza di costi elevati di transazione è possibile ottenere economie di costo

dalla diversificazione, anche in assenza di economie di scopo: es se ricorrere all'esterno per uncapitale finanziario risulta essere troppo oneroso, le imprese diversificate possono beneficiare

dell'allocazione del capitale tra le diverse attività (mercato di capitali interno) e per di + costa

anche meno perchè non soggetto a vincoli di legge e regolamenti.C'è anche la possibilità di trasferire dipendenti specializzati da un'attività a un'altra,con minori rischi

e minori costi rispetto al ricorso al mercato esterno (mercato interno del lavoro)

5)vantaggi informativi: il management del gruppo ha accesso a maggiori informazioni rispetto a

quelle disponibili nei mercati esterni e quindi nella riallocazione di capitali e forza lavoro, l'impresa

diversificata è + efficiente nei confronti di un'impresa di nuova fondazione: ad es l'impresadiversificata può trasferire dipendenti da un'attività ad un'altra conoscendo esattamente le capacità e

le competenze di ciascuno di essi a differenza di una nuova impresa che deve creare dal nulla unnuovo team sulla base di poche informazioni.

I risultati della ricerca empiricaFatta la teoria, esiste un riscontro nella pratica?La ricerca empirica sulla diversificazione si è focalizzata sulla performance:

1)sono migliori le performances delle imprese diversificate o di quelle specializzate?Alcuni dati sembrano indicare che la diversificazione è associata a una maggiore redditività fino a

un certo punto oltre il quale ogni ulteriore spinta alla diversificazione porta a una riduzione dei

profitti e ciò è stato spiegato dal fatto che i costi di gestione di un'impresa complessa sono alti;d'altra parte è noto che acquisizioni e fusioni determinano per l'impresa acquirente influssi negativi

sul valore di mercato delle azioni.2)sono migliori le performance di quelle diversificazioni che sono correlate al core business (cioè

all'attività principale dell'impresa) o quelle delle diversificazioni non correlate?

Sembra che le diversificazioni correlate diano performances + elevate rispetto a quelle delleimprese che gestiscono una vasta gamma di attività tra di loro assai distanti.

Tuttavia gli studi non hanno dato risultati univoci, forse perchè la diversificazione correlata offre

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maggiori benefici potenziali ma può creare anche problemi di gestione tali da compromettere la

realizzazione di questi benefici.Lo stesso concetto di correlazione è poco chiaro:

la correlazione è la somiglianza tra settori in termini di tecnologia e di mercato: questa è la

correlazione operativa cioè una correlazione nella produzione, nel marketing, nella distribuzione: inparole semplici si ha correlazione tra due attività quando produzione, marketing o distribuzione

possono essere condivise.Questo vuol dire che assicurazioni, arredamento, gioielli e negozi di dolciumi non possono

considerarsi attività correlate perchè non hanno niente in comune: eppure sono tutte attività che

fanno capo al gruppo Virgin e una cosa in comune ce l'hanno: possono tutte beneficiare dellacapacità imprenditoriale di Richard Branson, il proprietario: in questo caso le varie attività hanno in

comune le stesse competenze manageriali, lo stesso sistema di gestione strategica: si parla in questocaso di correlazione a livello strategico (tab 15.3). Ma, se le cose stanno così, allora si può trovare

una correlazione tra qualsiasi tipo di attività; tutto dipende dalla correlazione percepita, da chi

attua la diversificazione, da come un manager vede i legami tra le sue attività, dalla sua logicadominante: ad es se la logica dominante del manager è comprendere e soddisfare i bisogni della

casalinga, allora produrre dolciumi, abiti e giocattoli sono attività correlate.

I pro della diversificazione:

--sviluppo dell'impresa--stabilità dei profitti

--economie di scopo e di scala--acquisizione di know-how

--fronteggiare la concorrenza

--utilizzo di risorse in eccesso

I contro:--incremento costi di gestione

--rigidità del sistema

--sinergie non pienamente realizzate

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CAP 16 LA GESTIONE DELLE IMPRESE DIVERSIFICATE 

La struttura delle imprese diversificateQuasi tutte le imprese diversificate (sia integrate verticalmente, sia multinazionali, sia

multiprodotto) sono organizzate in strutture multidivisionali in cui le decisioni a livello di businesssono prese a livello di area d'affari (dai manager di divisione) mentre quelle a livello di gruppo sono

prese dalla direzione che esercita anche la funzione di coordinamento e controllo.Oliver Williamson ha chiamato la struttura multidivisionale M-form e ne ha descritto le seguenti

caratteristiche fondamentali:

1)decentramento delle responsabilità gestionali2)le decisioni operative (che devono essere prese con una certa frequenza) sono separate dalle

decisioni strategiche (che sono meno frequenti)3)le decisioni inerenti una specifica attività sono delegate a livello di divisione

4)l'obiettivo comune è la performance dell'azienda nella sua globalità e non la performance della

singola divisione.Queste caratteristiche risolvono 2 grossi problemi delle grandi imprese gestite da manager:

1)i profitti delle singole divisioni tornano al centro per essere successivamente distribuiti come

budget a tutte le divisioni: allocare le risorse cioè dividere le risorse alle singole attività da parte delmanager, potrebbe essere fatta non seguendo un criterio economico ma politico e personale: si può

impedire che questo avvenga istituendo un mercato concorrenziale interno in cui il capitale èallocato sulla base della redditività passata e i singoli progetti sono sottoposti a valutazione e

approvazione (come dire: le risorse finanziarie vanno a chi se le merita, non al figlioccio delmanager)

2)la tendenza del manager potrebbe essere quella di privilegiare obiettivi personali a discapito degli

interessi degli azionisti: nella struttura multifunzionale l'alta direzione rappresenta l'interfaccia tramanager e azionisti: può controllare le performances delle divisioni, controllare l'operato del

manager, ricompensare o licenziare i responsabili di divisione.A livello pratico si è però notato che l'autonomia divisionale presenta certi limiti: all'interno della

divisione il dirigente tende ad accentrare molto, perchè si sente (ed è) l'unico responsabile di fronte

alla direzione alla quale deve presentare rendiconti mensili; ogni attività è indipendente dalle altresolo in teoria perchè in realtà si tende a standardizzare tutto e quindi si spinge per sistemi di

gestione e controllo comuni, una cultura aziendale comune ecc.

Il ruolo dei vertici di gruppoI vertici hanno una serie di responsabilità che possono essere raggruppate in 3 aree:

1)la gestione del portafoglio dell'impresa2)guida e controllo sulle singole attività

3)gestione delle interdipendenze tra le diverse attività

1)Gestione del portafoglio dell'impresaLe scelte fondamentali sono ampliare il portafoglio (acquisizioni, fusioni, ingressi in nuovimercati), contrarlo (cessione di attività) o variarne la composizione (allocazione e riallocazione

delle risorse). Mentre variare quantitativamente il portafoglio è un'operazione importante masporadica, cambiarne la composizione è una responsabilità continua che tocca ai vertici: si è allora

cercato nel tempo di proporre degli strumenti che facessero da guida in questa operazione così

delicata; questi strumenti sono: i modelli di pianificazione e l'analisi del valore per gli azionisti.

Modelli di pianificazione del portafoglioSono stati elaborati per la prima volta da General Electric, azienda americana giustamente famosaper il suo sistema gestionale efficace e in continua evoluzione: GE negli anni '60 era costituita da

ben 46 divisioni e per gestire questo impero promosse una serie di studi in collaborazione con

McKinsey e i Boston Council Group, che portarono 3 elementi innovativi:1)l'elaborazione di semplici modelli bidimensionali che permettono di valutare le performances

delle varie attività e l'equilibrio complessivo.

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2)la divisione di un'attività in piccole unità organizzative dette ASA (area strategica d'affari)

costituite da pochi prodotti fortemente correlati tra loro, al fine di migliorare la gestione dellesingole aree di business.

3)la creazione del database Pims, che raccoglie la massa dei dati di ogni singola attività aziendale.

I modelli di pianificazione sono semplici modelli grafici bidimensionali con cui un'attività vieneanalizzata secondo 2 parametri: l'attrattività e il vantaggio competitivo del settore in cui si svolge

l'attività (fig 16.1).L'attrattività del settore viene definita in base alla dimensione del mercato, al suo tasso di crescita

degli ultimi 10 anni, alla redditività del settore ecc.

Il vantaggio competitivo viene definito in base alla posizione sul mercato (rispetto alla concorrenzanel mercato sia interno che mondiale) e alla posizione competitiva rispetto a qualità, produzione,

distribuzione ecc.I due parametri vengono classificati in 3 categorie, alta bassa e media e si ottengono così 9 campi

con i 3 centrali che suggeriscono le strategie da adottare:

---crescere: attività che hanno elevate possibilità di profitto e quindi andranno sviluppate---mietere: attività che hanno prospettive scarse e quindi vanno sfruttate al massimo senza nuovi

investimenti

---mantenere: attività che sono in posizione intermedia.Quella appena descritta è la cd matrice di McKinsey, ma ce n'è un'altra analoga, la cd matriceBCG: essa utilizza gli stessi parametri della matrice di McKinsey con la differenza che sono definitiin base ad un unico fattore anziché molti: l'attrattività del settore è definita dal solo tasso di crescita,

il vantaggio competitivo in base alla quota di mercato relativa cioè rapportata al concorrenteprincipale (fig 16.2: la star corrisponde a crescere, cash cow a mietere, dog è disinvestire).

Le matrici hanno il vantaggio di essere semplici da fare e semplici da capire: basta un colpo

d'occhio per capire dove sono posizionate, come sono distribuite le varie attività e come bisognaprocedere; ma la semplicità è anche uno svantaggio perchè basarsi su due sole variabili rende i

risultati approssimativi; inoltre il sistema presuppone che le varie attività siano totalmenteindipendenti tra di loro mentre nella pratica comune non è così: la produzione di film da parte della

Walt Disney è un'attività “dog” di per sé, ma contribuisce al successo generale della W.D e, da

questo punto di vista, non è da dismettere.NOTA: Fare bene gli esercizi delle slides “Portfolio management”.

Analisi del valore per gli azionistiL'analisi del portafoglio, così come descritta, è stata sostituita dall'analisi del valore per gli azionisti

a partire dagli anni '90: in quest'epoca di rifocalizzazioni e di contrazione del portafoglio, era + utile

valutare se il valore di mercato di un'impresa aumentava con o senza l'attività presa in esame equindi stabilire se tenerla in portafoglio o venderla.

McKinsey ha elaborato il cd modello del pentagono che indica come incrementare il valore diun'azienda diversificata attraverso la ristrutturazione vedi fig 16.4:

--1: il punto di partenza è il valore di mercato corrente dell'impresa--2: questo valore dell'impresa si può incrementare influenzando la percezione che di essa hanno gliinvestitori con opportuni flussi informativi

--3: valore potenziale dopo miglioramenti interni: si può aumentare il valore con miglioramentiinterni operativi (riduzione dei costi) o strategici (aumento degli investimenti o outsourcing)

--4: valore potenziale dopo miglioramenti esterni

--5: valore ideale dopo la ristrutturazioneArrivati al punto 5 i vertici aziendali sanno il valore massimo che l'impresa può raggiungere tramite

tutte le operazioni di ristrutturazione : si renderanno conto allora se conviene tenere l'attività presain esame o dismetterla a un prezzo superiore a quello calcolato al punto 5.

Naturalmente la situazione può essere vista anche dall'altra parte cioè dalla parte di un eventuale

compratore e in particolare da uno specialista di leveraged buyout per il quale un'impresa che ha unalto valore potenziale rappresenta un ghiotta occasione.

2)guida e controllo delle singole attività

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Come i vertici possono influenzare le singole attività?

E' chiaro che i vertici dell'impresa hanno il potere di nominare e licenziare i capi divisione, possonoapprovare o respingere i loro progetti e le loro proposte di investimento.

A parte questi interventi, i vertici possono controllare le diverse aree aziendali in due modi:

--con il controllo degli input (controllo finanziario), sottoponendo le proposte di spesa oltre uncerto ammontare all'approvazione del consiglio di amministrazione

--con il controllo degli output stabilendo degli obiettivi di performance (controllo dei risultati).Ci occuperemo quindi della partecipazione dei vertici alla formulazione della strategia di divisione

(e di unità di business), e del controllo finanziario e dei risultati.

Formulazione della strategia di businessAbbiamo + volte detto che la strategia di gruppo viene fissata dalla direzione e quella di business

dai manager di divisione: in realtà le strategie di business sono formulate congiuntamente dalladirigenza del gruppo e da quella delle singole unità: in particolare i manager di divisione formulano

la strategia mentre alla direzione spetta il compito di valutare, rettificare e approvare le proposte.

La questione fondamentale dunque è raggiungere il giusto equilibrio tra iniziativa a livellodivisionale (bottom-up) e controllo a livello di gruppo (top down).

La procedura di solito è la seguente:

ciascuna unità di business (che insieme ad altre costituisce la divisione) elabora un business planche viene discusso prima a livello divisionale e poi viene portato a livello centrale dove tutti i

business plan vengono valutati, eventualmente modificati e coordinati nel piano aziendalecomplessivo o corporate plan che viene approvato dal CdA.

E' proprio questo il punto nevralgico del sistema: i vertici inseriscono i business plan in una cornicestrategica che è stata delineata sulla base:

--degli obiettivi prefissati che possono essere economico finanziari (riduzione costi, rendimento

azionario ecc) oppure strettamente strategici (acquisizione di quote di mercato o penetrazione inaltri mercati); è possibile la definizione di azioni specifiche rivolte al raggiungimento graduale

dell'obiettivo finale attraverso obiettivi intermedi entro specifiche scadenze (pietre miliari)--dei possibili scenari

--della valutazione dei settori in cui rafforzare il proprio vantaggio competitivo.

D'altra parte chi fa il business plan deve essere a conoscenza di questa cornice e deve cercare dielaborare il piano in modo tale da adattarsi ad essa.

Tutto questo implica che tra vertici, divisioni e unità di business ci sia uno scambio reciproco econtinuo di flussi informativi: alla Exxon per esempio ci sono i contact directors ossia membri del

comitato di gestione che contemporaneamente sono direttori di contatto di due o più divisioni.

Il controllo dei risultatiI vertici hanno anche il compito di sorvegliare che gli obiettivi delle singole divisioni siano

rispettati: di solito questi obiettivi sono annuali (o cmq da 2 a 5 anni), ma il monitoraggio percogliere eventuali scostamenti viene effettuato mensilmente o trimestralmente.

Per il raggiungimento degli obiettivi possono essere previsti incentivi di natura finanziaria(gratifiche, aumenti di stipendio, stock options) o avanzamenti di carriera e riconoscimenti pubblici;(abbiamo già visto per gli alti dirigenti l'opportunità di introdurre schemi di remunerazione legati al

risultato); le sanzioni invece possono essere note di biasimo, retrocessioni di grado e licenziamento.In alcune grosse aziende i dirigenti di divisione “contrattano” con i vertici ( io raggiungo questi

obiettivi, tu azienda mi dai tanto).

Il controllo finanziarioLa formulazione della strategia è strettamente legata all'aspetto finanziario, al cd processo dibudgeting che consiste nella stima, in un periodo prefissato, dei costi e dei ricavi sia dell'impresanella sua globalità, sia delle singole divisioni e delle unità di business.

Ci sono 2 tipi di budget:

1)budget degli investimenti: possono anche essere stabiliti dal basso ad es dal direttore didivisione, ma di solito viene fissato un limite oltre il quale si deve procedere all'approvazione dei

vertici.

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2)budget operativo: è un conto economico pro forma per l'anno successivo che interessa l'impresa

in toto e le singole componenti: è in parte previsione, in parte obiettivo: viene diviso in mesi otrimestri in modo da permettere un immediato riscontro con i conti reali e apportare gli opportuni

correttivi.

Stili di direzione strategica (tab 16.1)Un'impresa dunque può scegliere una gestione basata sulla formulazione della strategia o sul

controllo finanziario.---La scelta di intervenire sulla strategia di business da parte dei vertici limita necessariamente

l'indipendenza del manager di divisione, indebolendo la sua iniziativa.

Questo tipo di gestione sembra adatta a imprese non eccessivamente diversificate, con limitateattività ma fortemente correlate tra loro: è l'immagine dell'impresa che opera sui mercati

internazionali e ad alta intensità tecnologica, nei quali gli obiettivi strategici di lungo periodo sono+ importanti del profitto a breve termine.

--la gestione basata sul controllo finanziario lascia invece il manager libero di scegliere la via che

ritiene + adatta per raggiungere gli obiettivi, il che si traduce in un forte incentivo all'impegnopersonale e senso di responsabilità. D'altra parte questo impegno è garantito dal continuo controllo

dei risultati da parte della direzione che esercita una costante pressione sul manager.

Lo svantaggio sta nel trascurare lo sviluppo strategico nel lungo periodo e nella difficoltà dicoordinare le varie divisioni.

Questo tipo di gestione è adatta a imprese molto diversificate che operano in settori a bassa intensitàtecnologica e con concorrenza internazionale non particolarmente accesa.

L'analisi PIMS (tab 16.2)Trae le sue origini dal database interno della GE, successivamente ampliato e sviluppato dallo

Strategic Planning Institute che fornisce servizi di consulenza alle aziende.

L'analisi Pims fa uso di coefficienti di riferimento che mostrano l'impatto che variabili di settore evariabili strategiche (sindacalizzazione, quota di mercato, spese di R&S, modernità degli impianti,

integrazione verticale ecc ) hanno su ROI e ROS.Può essere quindi utilizzata per:

-- valutare quali variabili debbano essere modificate per aumentare la redditività

--per stabilire un obiettivo di performance – per fare previsioni sull'attrattività strategica dell'investimento.

[ROI = return on investments è il rapporto : Risultato operativo/ Tot capitale investito: se hoinvestito nell'azienda un capitale di 1000 € e ho un risultato operativo (materiali, servizi, personale)

di 950€, il ROI sarà il 5 % cioè il capitale mi rende il 5%;

ROS = return on sales è il rapporto :Risultato operativo/ Tot ricavi di vendita: se dalla venditaprendo 1000€ e il risultato operativo è 950 € il ROS sarà il 5% cioè prendo 5 euro ogni 100 € di

merce venduta]

3)Gestione delle interdipendenze

Le maggiori opportunità per la creazione di valore in un'impresa multidivisionale, sorgono dallapossibilità di sfruttare economie generate dalla condivisione di risorse attraverso l'accentramento diservizi comuni e dalle interdipendenze tra le unità di business.

Condivisione di servizi :Accentramento di servizi comuniE' possibile accentrare strutture che erogano servizi di interesse generale: pianificazione strategica,

controllo finanziario, contabilità, R&S, servizi legali, acquisti ecc.

Qualcuno ha notato però che l'accentramento non produce grandi risultati e per di più ha comeconseguenza un aumento del personale della direzione: per questo motivo molte aziende hanno

attuato una separazione della direzione generale in 2 sezioni:--unità di gestione a livello di gruppo, con mansioni di supporto alle attività proprie della direzione

(pianificazione strategica e finanziaria)

--organizzazione di servizi con il compito di erogare servizi di utilità generale alle divisioni.L'obiettivo è quello di stimolare queste strutture comuni a dare il meglio di sé, mettendole in

competizione con strutture esterne: per chiarire il concetto, Amoco, dopo aver fatto una divisione

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simile al suo interno, concesse alla sua “organizzazione di servizi” un monopolio di 3 anni per

l'erogazione alle unità di business di servizi comuni come servizi informatici, sicurezza, relazionicol pubblico, ambiente ecc.: trascorsi i 3 anni, il monopolo finiva e le unità di business erano libere

di rivolgersi a imprese esterne per l'erogazione degli stessi servizi, se non erano soddisfatte

dell'operato della struttura interna.

Le interdipendenze tra le attività

Le risorse e le competenze possono essere condivise anche tra singole aree di affari.L'onnipresente Porter a questo proposito distingue 4 strategie di gruppo per creare valore:

1)gestione del portafoglio: è la forma + limitata di condivisione delle risorse, in cui la società madre

permette alle imprese acquisite di operare autonomamente e crea interdipendenze tra loro attraversoun efficiente mercato interno di capitali: questa struttura corrisponde alla holding finanziaria che

controlla un certo numero di società limitandosi alla nomina dei CdA : la creazione di valoreavviene acquisendo l'impresa a prezzo favorevole e controllando la performance finanziaria.

2)ristrutturazione: si acquisiscono imprese gestite in maniera inadeguata e si effettuano successivi

interventi di disinvestimento, risanando debiti e riducendo i costi.3)trasferimento di competenze: è possibile trasferire competenze organizzative tra le diverse unità

di business: ad es Sharp trasferisce le sue competenze in miniaturizzazione tra prodotti di elettronica

e apparecchiature per ufficio; la creazione di valore tramite trasferimento di competenze richiedeuna certa affinità tra le competenze e appositi meccanismi che permettano il trasferimento

4)condivisione delle attività: la + importante fonte di valore è lo sfruttamento delle economie discopo dovute alla condivisione di risorse e competenze, a patto che la direzione ricopra un ruolo

chiave nel coordinamento e nei processi di formulazione delle strategie: la condivisione è favoritada un forte senso di identità di gruppo, dagli incentivi, dalla creazione di team composti da

personale proveniente da diverse aree.

Mentre nelle aziende a diversificazione non correlata dove le singole attività sono indipendenti, ilruolo della direzione si limita alla gestione del budget finanziario, nelle imprese a diversificazione

correlata come quelle integrate verticalmente il ruolo della direzione nel coordinamento è difondamentale importanza: [quasi tutte queste imprese hanno una struttura a matrice]

anche in questo campo conta l'attitudine mentale del top management, come egli vede gli elementi

comuni alle diverse aree di affari (logica dominante):

Tendenze recentiNel 1981 Jack Welch fu nominato amministratore delegato della GE (General Electric), carica chedetenne fino al 2001.

GE era costituito da decine di divisioni e centinaia di aree d'affari, un gigante lento e macchinoso:

Jack Welch si è dedicato inizialmente a un'intensa fase di ristrutturazione con una serie diacquisizioni e cessioni che ha messo ordine nel portafoglio di attività della società con la

definizione di tre gruppi di attività intersecate: il core business (illuminazione,turbine,elettrodomestici) le aree ad alto contenuto tecnologico (aerospaziale, elettromedicali) e

servizi finanziari e informativi.Ma quel che più conta è il cambiamento di stile introdotto da Welch:--snellimento burocratico :riduzione dei livelli gerarchici da 9 a 3-4,

--sostituzione del macchinoso processo di pianificazione con rapporti informali e personali, faccia afaccia e meeting di poche persone, relazioni incisive di poche pagine;

--ridefinizione del ruolo della direzione: la direzione deve abbandonare il ruolo di supervisore e

controllore per assumere quello di supporto e aiuto alle aree di affari;--riduzione della demarcazione tradizionale tra le aree di attività: non esistevano + compartimenti

stagni e questo favoriva le collaborazioni tra il personale di diverse aree d'affari; la visione di Welchera “l'impresa senza confini”: egli, con un'iniziativa chiamata Work-out, incoraggiava i dipendenti a

dare la loro opinione sulla gestione e proporre essi stessi i cambiamenti.

Il lavoro pionieristico di Welch ha fatto scuola e le tendenze attuali ricalcano il suo stile di gestione:--il ruolo della direzione: tutorato al posto del controllo di gruppo

--decentramento e snellimento delle procedure

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E' evidente a questo punto il ruolo fondamentale che ricopre la direzione del gruppo, e in particolare

l'amministratore delegato, come forza trainante e promotrice del cambiamento.Riassumendo: il problema attuale delle grandi imprese diversificate è quello di utilizzare al meglio

le enormi risorse di cui dispongono e contemporaneamente di acquisire quella flessibilità che

permette le rapide risposte che il mercato di oggi richiede: la soluzione del problema allo statoattuale è il decentramento decisionale accompagnato da un forte coordinamento operato dalla

direzione e fondato sulla collaborazione e non più sulla gerarchia.Perchè ci sia questa collaborazione tra tutti e sia efficace, occorre che il gruppo abbia una sua chiara

e forte identità a cui tutti possano fare riferimento: compito del top management è quello di definire

una mission e dei valori che fanno da guida, insomma quella che è chiamata cultura d'impresa,fattore unificante in grado di unire elementi (personale, aree di attività, divisioni) che, in

un'impresa diversificata, sono molto distanti tra loro.[NOTA: Bartlett e Ghoshal affermano che per conciliare flessibilità e innovazione occorre ridefinire

i ruoli del management dell'azienda; essi individuano 3 aree decisionali:

--processo imprenditoriale : decisioni su come sfruttare le risorse--processo di integrazione :decisioni su come creare competenze organizzative

--processo di rinnovamento: decisioni su come attuare le modifiche desiderate

Questi 3 processi che tradizionalmente sono affidati alla direzione , secondo gli autori dovrebberoessere divisi tra la direzione (top management), responsabili di area (middle management) e singole

aree d'affari (management di prima linea) vedi fig 16.5 ]

 

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CAP 17 TENDENZE ATTUALI NELLA DECISIONE STRATEGICA

L'inizio del nuovo millennio ha rappresentato un punto di svolta sia per le imprese che per il

mondo: il crollo dei titoli delle imprese legate a internet, la distruzione delle torri gemelle, la guerrain Iraq, hanno avuto profonde ripercussioni sull'economia mondiale e hanno causato un'inversione

di tendenza nel processo di integrazione.Ma cominciamo dall'inizio.

A partire dalla metà degli anni '90 inizia la terza rivoluzione industriale (dopo la prima cominciata

alla fine del 1700, caratterizzata dalla meccanizzazione, e la seconda iniziata alla fine del 1800,caratterizzata dall'avvento del telefono, energia elettrica e automobile).

La new economy è stata caratterizzata dalle tecnologie digitali e dai nuovi mezzi di comunicazionecome telefonini e internet, ma anche da tendenze globali che spingevano alla deregolamentazione e

al libero scambi: in questo periodo si passa dall'economia industriale all'economia della conoscenza

dove la fonte principale di valore non è + l'hardware, ma il software caratterizzato dal forte costoiniziale e costi di replicazione molto bassi: queste economie di replicazione sono state alla base di

una crescita senza precedenti della produttività e dei rendimenti per gli azionisti.

Ma a partire dal 2000 le cose sono cambiate:--le tecnologie informatiche hanno finito per intensificare la concorrenza in molti settori e quindi

ridotto i profitti--si è affermata l'idea che le imprese debbano assumere delle responsabilità nei confronti delle

comunità locali, dell'ambiente naturale e della crescita dei paesi in via di sviluppo--si è affermata l'idea che gli individui, oltre alla giusta remunerazione, cercano identità, senso di

appartenenza e significato.

--si è screditata la dottrina tradizionale della massimizzazione del valore per l'azionistaCome ha reagito il mondo delle imprese in campo strategico?

Con il back to basics e con la ricerca di fonti di vantaggio competitivo alternative.

1)Back to basicsSi tratta di un ritorno alle tendenze che avevano caratterizzato la prima metà del '900 ( puntare

l'attenzione sulle determinanti fondamentali del reddito): rifocalizzazione sulle attività fondamentalie su prodotti consolidati, riconfigurazione aziendale mirata al taglio dei costi; tutto ciò veniva fatto

a misura d'impresa cioè personalizzato, basato sui vantaggi propri di una specifica impresa: ad esAustrian Airlines ha perseguito una strategia mirata al settore del trasporto aereo e alle proprie

risorse e competenze: riduzione drastica dei costi (riduzione del 10% del personale), sviluppo di 2

nicchie di mercato in cui era già inserita con successo e cioè le tratte con l'Europa orientale e ilmercato interno; per compensare gli svantaggi delle piccole dimensioni e di un mercato interno

molto limitato, Austrian ha stretto alleanze con grosse compagnie come StarAlliance e Lufthansa.Per quel che riguarda la concorrenza di settore, c'è stata una corsa alle fusioni e acquisizioni che

hanno determinato un aumento drastico della concentrazione nei settori maturi.2)Ricerca di fonti + complesse di vantaggio competitivoL'altra reazione è stata la creazione di nuove fonti di vantaggio competitivo: le imprese che per anni

hanno mantenuto alta redditività sono quelle che hanno saputo costruire strati successivi divantaggio competitivo, combinando efficienza di costo, differenziazione, innovazione, reattività.

Fu chiaro che bisognava cambiare il modello d'impresa, ma non sono state proposte delle validealternative pratiche: sono state però proposte delle aree teoriche: la complessità e le opzioni reali.

La teoria della complessitàE' stato dimostrato che i sistemi complessi (sistemi aperti in cui interagiscono un gran numero di

agenti: es una colonia di formiche, un'attività sismica, il comportamento della folla) sono

caratterizzati da elementi comuni:--imprevedibilità

--capacità di autoorganizzarsi anche in assenza di un'autorità; l'autoorganizzazione umana richiede

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però alcuni requisiti: identità (un movente), informazione (che mette l'organizzazione in relazione

con l'esterno) e relazioni tra gli individui dell'organizzazione.Quando si verifica un cambiamento i risultati possono essere o un ordine totale che tende a

perpetuarsi o un caos totale: esiste anche una regione intermedia tra ordine e caos, che è la regione

in cui piccoli cambiamenti determinano l'adattamento dell'organizzazione.Questa teoria, applicata alle imprese porta a pensare che:

---il mondo degli affari è un sistema complesso e quindi imprevedibile---i manager devono fare affidamento alle capacità autoorganizzative delle loro imprese: il loro

compito allora è quello di creare un sistema organizzativo che favorisca l'autoorganizzazione.

Come?--stabilire regole semplici: alcune imprese non pianificano formalmente la loro strategia ma si

limitano a dare delle linee guida molto generali: Yahoo indica alcune regole per la funzionalità dellepagine Web ma lascia agli sviluppatori la libertà di creare elementi innovativi

--creare condizioni per un cambiamento sia incrementale sia radicale: ad es passare ad una strategia

basata sul controllo degli output cioè della performance, il che si traduce in uno stimolo almiglioramento continuo (incrementale), ma se la situazione lo richiedesse (se la performance fosse

troppo scarsa) la direzione potrebbe procedere ad un drastico cambiamento di strategia (radicale)

--accelerare l'evoluzione creando strutture flessibili: per creare flessibilità potrebbe tornare utilecreare delle aree comuni in cui sviluppare le aree d'affari, o mantenere aperti i confini tra le aree

d'affari (vedi Jack Welch)--creare un livello di tensione adattativa che ottimizzi il ritmo del cambiamento

Le opzioni realiQuando l'ambiente economico si fa imprevedibile, i valori dei progetti e delle imprese finiscono per

dipendere sempre + dal valore delle opzioni: quindi su questa base bisogna riconsiderare la strategia

--l'attrattiva di un settore si basa sul potenziale profitto ma se questo non è prevedibile ci si devebasare sulle opzioni, cioè un settore è + attraente se presenta un numero elevato di opzioni, se

produce molti e differenziati prodotti, se ci sono molte tecnologie possibili, se ci sono + segmenti.--analisi delle risorse e competenze: una risorsa è attraente se può essere usata in diverse aree ed è

compatibile con strategie differenti; lo stesso avviene per le competenze (cd competenzedinamiche) che assumono + valore se possono essere riconfigurate per far fronte a un ambiente inrapida evoluzione.

Riprogettare l'organizzazioneAl di là delle teorie, possiamo dire che l'impresa di oggi, se vuole sopravvivere in un ambiente che

si fa sempre + complesso, + competitivo e meno prevedibile, oltre ad ottenere delle performances

alte, deve:--avere delle competenze ampie e varie per competere su + fronti

--avere la necessaria flessibilità che le permette di rispondere ai cambiamenti--mostrare lo spirito imprenditoriale di una start-up.

E' su questi principi che si basa la ristrutturazione e riorganizzazione dell'impresa moderna.1)Le strutture basate sulle competenzeAbbiamo detto che l'impresa deve sviluppare e sfruttare una molteplicità di competenze: il

problema è che competenze diverse richiedono strutture diverse, il che vuol dire che un'impresa nonpuò avere una struttura unitaria ma deve avere una molteplicità di strutture: ad esempio le

competenze necessarie in R&S (le cd competenze di esplorazione dirette a ricercare e sviluppare le

conoscenze) sono diverse da quelle che si richiedono per la produzione o la finanza (le cd

competenze di sfruttamento dirette all'applicazione delle conoscenze); occorre dunque approntare

delle strutture diverse per ciascuna competenza (tali strutture separate vengono dette Strutture diapprendimento parallelo); esempi sono:

A)Strutture informali come

--le strutture work-out della GE, riunioni informali in cui i dipendenti erano liberi di fare critiche eproposte alternative

--le strutture informali di 3M che consentono ai dipendenti di usare tempo, materiali e strutture

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aziendali per sviluppare le proprie idee

--le community of practice di RoyalDutch/Shell e HP che consistono in vere e proprie reti dicomunità che si scambiano informazioni e conoscenze

B)Strutture formali ma flessibili come

--team temporanei con membri provenienti da diverse funzioni cui è affidato uno specifico progettoC)oppure si può riorganizzare sulla base della continuità dei processi interni: se consideriamo che

l'evasione di un ordine del cliente è una fase di un unico processo che coinvolge fornitori,produzione, distribuzione e assistenza post-vendita, su questa base si può riorganizzare e integrare

il sistema: così Volvo ha ridotto a 14 gg il tempo tra ordinazione del cliente e consegna dell'auto.

2)Organizzazione e adattabilitàNotoriamente + un'impresa è complessa e più rigida e lenta si dimostra nel rispondere e adattarsi a

un cambiamento: come risolvere questo problema ?La ricetta di Jack Welch era: semplicità: abbiamo visto come ridusse la gerarchia e la burocrazia

alla GE facendo affidamento sugli incontri informali e come abbia influenzato gli atteggiamenti, le

aspettative, i valori e i comportamenti.Molte imprese hanno seguito la scia di Welch concentrandosi sulla cultura organizzativa e sui valori

e favorendo forme di coordinamento volontarie e spontanee.

In pratica i punti fondamentali relativi alla adattabilità sono:--preferire strutture e moduli semiautonomi (strutture modulari) piuttosto che strutture integrate

--come all'interno dell'impresa si cerca di non avere compartimenti stagni, allo stesso modo bisognaconsiderare le imprese come un sistema aperto verso l'esterno, che può essere il singolo individuo

(oggi è frequente trovare individui che lavorano per un'impresa ma non sono coperti da contratti dilavoro dipendente es il lavoro a progetto) o anche altre imprese come avviene nei cd distretti

industriali dell'Italia settentrionale dove ad es.le piccole imprese motociclistiche come Aprilia,

Ducati e Italjet hanno integrato le reti dei fornitori per tenere testa ai colossi giapponesi.In tutti questi casi si sono rivelate fondamentali le reti informatiche che mettono in comunicazione

le varie imprese e permettono a ciascuna di esse di specializzarsi in un nucleo ristretto dicompetenze che possono essere integrate e condivise con le altre.

--cercare di unificare e ispirare gli sforzi di tutti i membri dell'organizzazione e per questo occorre

creare e affermare l'identità dell'organizzazione, dare un'immagine forte di ciò che l' impresa ha dicaratteristico e fondamentale, un'immagine costruita su valori coerenti con quelli dei dipendenti.

A questo punto è chiaro che occorre un nuovo modello di leadership: il ruolo dell'amministratoredelegato non è + quello di decidere tutto ma di creare un ambiente che permetta ad altri di assumere

parte delle responsabilità: qualcuno dice che per fare questo non occorrono doti maschili, forte

capacità decisionale, personalità di leader, ma piuttosto doti femminili capacità di ascoltare, distabilire relazioni e perchè no, anche l'empatia, cioè la capacità di sentire le emozioni degli altri.

A questo proposito accenniamo all'intelligenza emotiva: il termine deriva dall'omonimo libro diGoleman che in prima pagina cita una frase di Aristotele:“Aristotele dice che l'uomo saggio non è

chi non si arrabbia mai ma colui che si arrabbia per un motivo giusto, al momento giusto e per ilperiodo di tempo giusto”: in sostanza Goleman afferma che l'uomo non è un robot, ha i suoi difettiche spesso derivano dalla sua emotività: la tendenza è quella di soffocare questa emotività: invece

sarebbe bene che l'uomo si rendesse conto delle proprie emozioni, le accettasse e le sfruttasse aproprio vantaggio; fanno parte dell'intelligenza emotiva:

--la consapevolezza di sé cioè delle proprie emozioni, dei propri punti forti e deboli

--la consapevolezza sociale cioè la capacità di sentire e capire gli altri--l'autogestione