20
1

Emergenza Nord Africa

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Il report dei due anni (2011-2012) del progetto Emergenza Nord Africa a Bergamo, a cura della Cooperativa Ruah

Citation preview

Page 1: Emergenza Nord Africa

1

Page 2: Emergenza Nord Africa

2

Emergenza Nord Africa

Il contestoEmergenza Nord Africa (ENA) è il pro-getto di assistenza messo a punto dal Ministero dell’Interno nei primi mesi del 2011, che insieme all’Anci, alla pro-tezione Civile, alle Prefetture di tutte le regioni italiane ha dato ospitalità, a parti-re da maggio 2011 fino a febbraio 2013, a circa 50.000 migranti provenienti dalla Libia. Il progetto nasce dall’emergenza di acco-gliere quelle persone che durante i disor-dini politici del 2011 sembra che siano state obbligate ad imbarcarsi, dopo i ra-strellamenti effettuati casa per casa dalle milizie di Gheddafi, ed inviati con dei barconi sulle coste italiane. Tra maggio e ottobre 2011 abbiamo vissuto in con-tinua emergenza, giorno e notte, anche noi che li abbiamo accolti. Poi la situa-

zione si è stabilizzata e si è iniziato a lavo-rare per attuare un inserimento sociale. L’Emergenza doveva chiudersi a fine 2011 ma è stata poi prorogata fino a giu-gno 2012 e poi fino a dicembre 2012, per poi essere rinviata ulteriormente fino al 28 febbraio 2013. Un’emergenza infinita. L’avvicinarsi di ogni scadenza ha creato nelle strutture momenti di forte tensione tra gli ospiti, perché le persone si sarebbero trovate senza documen-ti, ancora in attesa di una risposta dalla Commissione Territoriale, senza una casa e senza lavoro. Il progetto è nato con il carattere dell’emergenza e quindi si sono attivate determinate pratiche e le strutture sono state organizzate secondo questo caratteristica. La difficoltà è stata lavorare con questi criteri per 20 mesi e le diverse proroghe dell’ultima ora non hanno permesso di attuare una proget-tualità più a lungo termine.Ad ottobre 2012, infine, è stata emes-sa una nota dal Ministero degli Interni, secondo la quale a tutti i profughi pro-venienti dalla Libia sarebbe stato con-cesso un permesso di soggiorno di tipo umanitario, valido per un anno, che può essere trasformato in permesso di lavoro aprendo le porte, in teoria, ad una reale integrazione. Questo è avvenuto alla fine del progetto, lasciando poco tempo per organizzarsi e vanificando il lavoro di un anno di tutto l’apparato giuridico per il riconoscimento dello status.

Il progetto ha previsto per ogni ospi-te (362 le persone accolte dalla coop Ruah, 5 a carico del Comune di Berga-mo, le altre a carico della Caritas) la ga-ranzia e l’accompagnamento ai servizi di base (vitto, alloggio, vestiario…) oltre che l’accompagnamento nelle pratiche

burocratiche, nelle visite mediche e l’or-ganizzazione dei corsi per apprendere l’ italiano. I primi ad arrivare furono algerini e tuni-sini che hanno lasciato il territorio italia-no dopo qualche giorno, perché arrivati già con obiettivi ben specifici.La maggior parte delle persone accolte a Bergamo sono state nigeriane: persone con una bassa scolarizzazione, spesso provenienti da contesti violenti e da una cultura molto distante, anche da quel-le degli altri migranti con cui da anni la coop Ruah ha lavorato. Le relazioni sono spesso state caratterizzate da ag-gressività, per banalità hanno innescato forti conflitti e per ottenere una qualsia-si cosa le richieste sono state pressanti. Avevano alte aspettative da quello che l’Italia doveva offrire loro e che il proget-to ENA non ha certo smorzato. Difficile con loro mediare perché sono persone che hanno vissuto in strada dove la legge del più forte vince.Dopo una settimana dal loro arrivo sono partiti i primi corsi di lingua italiana, che hanno visto scarsa partecipazione da parte dei migranti. Sollecitati, hanno sempre sostenuto che avrebbero impara-to l’italiano lavorando, come avevano fat-to in Libia. Hanno avuto subito la tessera sanitaria con l’iscrizione al Servizio Sa-nitario Nazionale, ma c’è voluto tempo per far comprendere l’utilizzo del Pron-to Soccorso e dell’ambulanza perché la loro idea era di dover immediatamente avere il servizio e tutto aveva carattere di emergenza. Non di tutti, naturalmente, ma della maggioranza sì. Quella mag-gioranza che ora parla malamente solo alcune parole di italiano e spera, a volte pretende, che dopo 20 mesi qualcuno sia “obbligato” a dargli un lavoro.

Sommariop. 2 - 3 Emergenza Nord Africa

p. 4 - 5 Dati e statistiche

p. 6 - 7 Formazione

p. 8 -9 Avviamento al lavoro

p. 10 - 11 Coinvolgimento del territorio

p. 12 - 13 Salute

p. 14 - 15 Punti di vista: le storie dei profughi

p. 16 - 17 Punti di vista: Caritas e Prefettura

p. 18 - 19 Oltre l’emergenza

Page 3: Emergenza Nord Africa

3

L’arrivo di un gruppo di profughi a Cene, scortati dalle forze dell’ordine e dalla Protezione Civile

Memorie e percorso burocraticoLe persone approdate a Lampedusa, dopo essere stati eti-chettati nei decreti ministeriali come “profughi”, sono state più o meno forzate a fare domanda di protezione interna-zionale e sono divenuti “richiedenti asilo”. Poche distinzio-ni sono state fatte tra i migranti al momento dell’arrivo, e nessuno sforzo è stato fatto per comprendere chi fossero queste persone, prima di essere incanalate all’interno di un “sistema asilo” nato a partire da un’urgenza e che si è posto in parallelo, se non in alternativa, al sistema vigente.Durante i lunghi mesi di accoglienza presso le strutture ge-stite dalla cooperativa Ruah, alcuni operatori, affiancati da una docente universitaria esperta di memorie e di racconto del sé, si sono impegnati nella raccolta delle storie dei richie-denti asilo da presentare al momento della verbalizzazione in Questura. La raccolta delle memorie si è svolta o nelle lin-gue veicolari o grazie all’ausilio di mediatori linguistico-cul-turali con l’obiettivo di dare voce al migrante stesso attraver-so il racconto della sua storia, del suo percorso migratorio, delle sue aspirazioni, in poche parole della sua soggettività. L’iter burocratico prevedeva poi che la storia venisse presen-tata dal migrante di fronte alla “Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale” di Mila-no che ne avrebbe valutato la veridicità o meno del raccon-

to per concedere lo status di rifugiato. I tempi di attesa per poter svolgere il colloquio sono stati di circa otto-dieci mesi dalla prima verbalizzazione delle domande d’asilo presso la Questura competente. I tempi per ricevere la notifica da parte della Questura della decisione presa dai commissari sono arrivati ad un massimo di sei mesi. Per moltissimi ospiti la domanda d’asilo è stata rigettata e quindi si è provveduto a fare ricorso presso il Tribunale Or-dinario di Milano, potendo usufruire di assistenza legale tra-mite l’ammissione al Patrocinio a spese dello Stato. La pri-ma udienza è stata fissata dopo circa quattro-sei mesi, tanti quanti bisogna attenderne per una seconda udienza, quella in cui potrà essere finalmente formalizzata la decisione del giudice di accogliere o meno la richiesta d’asilo, pronun-ciandosi contro la Commissione territoriale. A settembre 2012 però solo 63 delle 238 richieste d’asilo sono state ac-colte, mentre altri 58 migranti hanno deciso di fare ricorso.L’empasse si è risolta con la circolare ministeriale del 30/10/2012, che ha dato l’avvio alla cosiddetta procedura “Vestanet C3 – Gestione Emergenza Nord Africa”, con cui si stabilisce la possibilità di chiedere un riesame del proprio caso da parte della Commissione territoriale competente per il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi uma-nitari. Così, in meno di un mese, tutti gli ospiti hanno rice-vuto il loro permesso valido un anno.

Chiara Donadoni eRaffaele Avagliano

Pubblicazione a cura di

http://www.cooperativaruah.it/ena/

Page 4: Emergenza Nord Africa

4

Dati e statistiche

Casa Amadei: prima accoglienza per un gruppo di profughi tunisini e algerini ad aprile 2011

Ad ogni ospite è stato garantito

Accoglienza: vitto e alloggio;vestiario;kit per l’igiene personale; biglietti e abbonamenti autobus per recarsi ai corsi di lingua italiana;presenza costante di operatori e mediatori culturali nelle strutture e nei rapporti con le Istituzioni; accompagnamento presso ambulatori, personale medi-co e strutture sanitarie secondo la necessità.

Assistenza amministrativa: istruzione pratiche richiesta asilo e accompagnamento in Questura;

intervista e redazione memorie da allegare alla richiesta di asilo;accompagnamento presso la Commissione territoriale-per il riconoscimento della protezione internazionale a Milano;iscrizione al S.S.N. e successivi rinnovi tessera sanitaria;preparazione e deposito richieste Codice Fiscale; preparazione e deposito richieste Carta d’identità.

Integrazione: corsi di italiano L2;corsi di alfabetizzazione informatica; percorsi di formazione alla cittadinanza e conoscenza del territorio;percorsi di orientamento al lavoro; tirocini e inserimenti lavorativi.

Page 5: Emergenza Nord Africa

5

Ospiti accolti nei due anni dell’Emergenza Nord Africa

362 55 donne 307 uomini

di 16 nazionalità differenti, tra cui 109 nigeriani e 41 tunisini

Richieste di Protezione internazionale avviate al settembre 2012

63accolte

117rigettate

58ricorsi presentati

13 strutture d’accoglienzaCasa d’accoglienza mons. Amadei, BergamoPatronato San Vincenzo, BergamoDormitorio Galgario, BergamoCasa del Bosco, Bergamo

Comunità Battaina, UrgnanoAppartamenti Caritas, Albano, Verdellino e ZognoComunità del Pane,Ponte Nossa

Struttura Caritas, CeneComunità Poverelle, PaloscoOstello-Albergo Sociale,Camerata CornelloAppartamenti, San Paolo d’Argon

Ospiti che hanno frequentato i corsi di lingua italiana 198per un totale di 4.080 ore di lezione gratuite offerte dai volontari

Sono stati avviati corsi di formazione professionale e attivati tirocini lavorativi per la maggior parte degli ospiti, tuttavia solo 12 persone sono riuscite a trovare un contratto di lavoro

http://www.cooperativaruah.it/dati-statistiche/

Page 6: Emergenza Nord Africa

6

4.080 ore di lezione per i profughi

Corsi di italiano per tutti

Lavoro educativoLa lingua rappresenta il primo passo per un’integrazione vera e che abbia basi solide. Essa infatti non è un mero contenitore vuoto, ma porta con sé la cultura del proprio Paese. Per questo motivo, con la sua offerta formativa, da sempre la cooperativa Ruah ha voluto e vuole offrire gli strumenti per un’integrazione consapevole che passa dalla possibilità di comunica-re a quella di muoversi sul territorio, dall’usufruire dei servizi all’utilizzare gli strumenti per un percorso che ac-compagna la persona migrante nella costruzione della propria vita auto-noma e integrata nel Paese ospitante.

Tutti gli ospiti dell’Emergenza Nord Africa hanno avuto dunque la possi-bilità di iscriversi gratuitamente alla scuola di italiano della Ruah. Anzi, gli operatori hanno lavorato affinché

i profughi frequentassero e capissero l’importanza della conoscenza del-la lingua. Nelle strutture più lontane dalla città, dove ha sede da più di 20 anni la scuola, gruppi di volontari si sono attivati per aiutare gli ospiti nell’apprendimento della lingua. È il caso di Ponte Nossa, San Pellegrino, Camerata Cornello, Cene e alla Casa del Bosco di Bergamo. Complessiva-mente sono 198 gli ospiti del progetto che hanno frequen-tato la scuola di italiano per un totale di 4.080 ore di le-zione.

Ecco cosa scriveva, riguardo ai profughi, l’equipe della scuola il 10 settembre 2011 nel verbale. «Si trat-ta di studenti diversi da quelli a cui siamo abituati: la scelta dell’Italia e dell’emigrazione, nel loro caso, è stata forzata e non meditata. In molti non si aspettano di rimanere in Italia, anzi, la vivono come un periodo di passaggio,

il che non li incoraggia ad impararne la lingua e ad interessarsi alla cultura italiana».

È stato chiaro sin da subito che queste persone fossero dei migranti «specia-li» perché non hanno scelto di mi-grare in Europa. Proprio per questo lo scoglio dell’apprendimento è stato altissimo. Tante le cause: pochissime

relazioni con gli italiani, bas-sa scolarizzazione, difficoltà ad integrarsi con il gruppo classe composto da stranie-ri quotidianamente esposti alla lingua e desiderosi di comunicare, scarsa frequen-

za alle lezioni.Ma se per la maggior parte la scuola di italiano è stata vista quasi come un obbligo, non è mancato anche chi si è impegnato fino in fondo, raggiungen-do il livello A2, mentre per altri è stata la prima occasione in cui hanno impa-rato a leggere e scrivere.

Una classe di italiano ad Urgnano: insieme profughe e immigrate

Page 7: Emergenza Nord Africa

7

FORMAZIONE

http://www.cooperativaruah.it/scuola-di-italiano/

Urgnano: grazie alle donne la nuova scuola per tutto il paeseSi perdevano, arrivavano in ritardo, talvolta non ci andavano proprio. Per le ospiti della cascina Battai-na di Urgnano, la distanza con la scuola di via Ga-vazzeni 3 in città, era un problema. Così nel genna-io 2012, in collaborazione con Comune e oratorio del paese, la cooperativa ha deciso di aprire una sede staccata della scuola proprio nei locali dell’oratorio.Quella che doveva essere una scuola temporanea solo per le profughe, oggi invece è diventata una realtà sta-bile per tutte le donne migranti di Urgnano e della zona. Attualmente si è arrivati ad attivare quattro clas-si (per un totale di 40 studentesse) con laboratori lin-guistici, role-playing, educazione alla cittadinanza, uti-lizzo di supporti multimediali e uscite sul territorio.Insomma, grazie all’arrivo delle ospiti alla Battaina, l’apertura della nuova sede è diventata una testa di pon-te per una serie di interventi mirati alla coesione socia-le tra i migranti del territorio e le comunità locali. Sono

molti i cittadini della zona, infatti, che si impegnano vo-lontariamente per insegnare l’italiano a queste ragazze.Dal febbraio 2013, inoltre, tutti i corsi sono organiz-zati con il supporto del progetto FEI Immilingue.

Laboratorio di teatroLa scuola promuove anche un laboratorio di teatro per i propri studenti. Questa attività permette di aiu-tare gli studenti a familiarizzare con la lingua italia-na, oltre a conoscersi ed esprimere le proprie radici.Un ospite dell’Emergenza Nord Africa ha parteci-pato insieme agli altri migranti al laboratorio che si è svolto una volta a settimana in orario pomeridia-no. Al termine del percorso, in più occasioni, è stato messo in scena lo spettacolo al quale hanno lavorato.

Attenzione al futuro: avviati anche parecchi tirocini formativi

10 donne hanno seguito il corso di assistente familiare

In collaborazione con l’Associazione Formazione Pro-fessionale - Afp Patronato San Vincenzo di Bergamo, 10 donne selezionate hanno frequentato il corso di forma-zione come assistente familiare. Quest’opportunità è stata concordata attraverso la dote «formazione e lavo-ro» della Regione Lombardia.Il percorso è stato calibrato per fornire le competenze essenziali riferite alla cura e all’igiene della persona con un basso bisogno assistenziale, dalla preparazione dei pasti alla comunicazione e relazione con l’utente.Inoltre, sempre con l’Afp Patronato San Vincenzo, 8 donne hanno seguito un corso base di cucina italiana. Per coloro che lo hanno frequentato è stato rilasciato anche un attestato di partecipazione.Se per le donne della Battaina sono stati previsti questi corsi, tuttavia la cooperativa ha avviato anche una serie di tirocini e percorsi formativi di avviamento al lavoro.

Guarda il videoBenvenuti a scuola!

Contenuti speciali sul web

Page 8: Emergenza Nord Africa

8

Inverno 2011/2012 Emergenza Neve

Con l’arrivo della neve i nostri ragazzi si sono attivati per ripulire tutti i marciapiedi della città. A loro è stato proposto un contratto di collabo-razione occasionale e sono stati regolarmente retribuiti. Il tutto grazie ad un’iniziativa avviata grazie ad un accordo con il comune di Bergamo. I “profughi” non sono gli unici che hanno dato la propria disponibilità per questa iniziativa, che ha coinvolto tutti gli ospiti della Cooperativa Ruah, ma di sicuro la loro presenza è stata maggioritaria.

Lavoro educativoLa crisi economica che stiamo viven-do in questi anni in Italia è soprattut-to la crisi del lavoro. Trovare o inven-tarsi un’occupazione oggi è difficile per tutti, italiani e stranieri. Come è facile immaginare lo è ancora di più per soggetti che non conoscono la lingua italiana e non hanno compe-tenze spendibili subito e formazione adeguata. Eppure proprio le persone che abbiamo accolto ci hanno sempre richiesto di lavorare. Lavoravano in Libia, talvolta con dei buoni stipendi, e avrebbero voluto farlo anche qui da noi. Come confermano le due sto-rie che raccontiamo nelle pagine più avanti.Per questo motivo si è voluto lavorare con loro su questi due aspetti: com-petenze e formazione. L’obiettivo è stato quello di fornire gli strumenti

adatti per cercare e trovare lavoro anche una volta che il progetto fos-se terminato. In tutte le strutture d’accoglienza, dunque, si è lavorato sulla costruzione del curriculum vi-tae, sono state fornite le informazio-ni fondamentali per presentarsi alle agenzie di lavoro, sono stati simulati colloqui selettivi e così via.Per le donne che non hanno mai

avuto esperienze lavorative in Euro-pa sono state messe a disposizione delle posizioni di tirocinio nell’equi-pe pulizie della cooperativa Ruah. In totale hanno partecipato 14 ra-gazze nel periodo maggio-dicembre 2012 con la Ruah e altre due presso la Cisl di Bergamo, acquisendo le competenze e gli standard qualitati-vi nella mansione.

Cv e tirocini per la ricerca lavoro

Trovare lavoro oggi è molto difficile, ma sono stati avviati tirocini e stage

Emergenza neve 2011/2012Con l’arrivo della neve gli ospiti della Ruah si sono attivati per ripulire tutti i marciapiedi della città. A loro è stato proposto un contratto di collaborazio-ne occasionale e sono stati regolarmente retribuiti. Questo è stato possibile grazie ad un’iniziativa in accordo con il Comune di Bergamo.I profughi non sono gli unici che hanno dato la propria disponibilità per spa-lare i marciapiedi e renderli agibili alla cittadinanza. L’impegno ha coinvolto tutti gli ospiti della cooperativa Ruah, ma la loro presenza è stata maggiori-taria. Nella foto qui accanto sono proprio davanti alla sede municipale di Pa-lazzo Frizzoni. Oltre all’occasione lavorativa, è stato un segno di inclusione e reciproca attenzione con la città che li ha accolti.

Page 9: Emergenza Nord Africa

9

E ancora...Con lo scopo di cercare un sostegno più continuativo per alcune persone selezionate, a fine 2012 si è cercato di agganciarli ad alcuni progetti già in es-sere per i rifugiati e richiedenti asilo. In particolare il progetto Etemenan-ki (comune di Bergamo e consorzio Solco Città Aperta) e il progetto FER (Fondo Europeo per i Rifugiati).Attraverso il FER un ospite accolto a Camerata Cornello ha seguito i corsi di sicurezza e per guidare il muletto. Altri cinque avrebbero potuto entrare nel progetto, ma non è stato possibile a causa della scarsa conoscenza della lingua italiana. Una donna ha svolto un tirocinio di quattro mesi presso una casa di accoglienza a Verdellino, mentre altre 10 hanno seguito il corso di assistente familiare. Un ragazzo, in-fine, ha iniziato la scuola di pizzaiolo, dopo aver lavorato in una pizzeria di Bergamo per 10 mesi. Invece, grazie al progetto Etemenanki, è stato attivato un tirocinio con rimborso economico per tre mesi in un Centro Diurno di Zanica.

AVVIAMENTO AL LAVORO

Alcune persone hanno trovato dei lavori con contratto:

1 donna assunta con contratto a tempo determinato come cameriera in un bar a Ghisalba.2 uomini assunti con contratto a chiamata per occuparsi della cucina e della gestione ordinaria presso l’ostello di Camerata Cornello.1 uomo con un contratto a tempo determinato di 2 ore al giorno per le pulizie presso la Casa del Giovane.1 uomo ha un contratto a tempo determinato presso un’officina mec-canica.1 uomo ha avuto un contratto di 3 mesi come vendemmiatore presso un’azienda agricola di Grumello del Monte.1 uomo ha lavorato come parrucchiere a Milano.1 uomo ha un contratto per tre giorni la settimana come portinaio presso le suore Poverelle di Torre Boldone.4 uomini hanno lavorato per 2 mesi come imbianchini presso l’ Istitu-to delle Suore Poverelle di Bergamo.

http://www.cooperativaruah.it/avviamento-al-lavoro/

Guarda la galleriafotografica

Contenuti speciali sul web

Page 10: Emergenza Nord Africa

10

Conoscere e farsi conoscere

COINVOLGIMENTO DEL TERRITORIO

La cena con le Acli a Casa Amadei

Lavoro educativoIl progetto dell’Emergenza Nord Africa prevedeva per lo più l’assistenza legale per i documenti e l’attesa di una risposta positiva o negativa da parte della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione inter-nazionale. Insomma sono stati mesi di attesa, senza avere la certezza che quanti fossero giunti in Italia ci potessero rimanere.Questa situazione ha creato forti momenti di tensione, pressioni psicologiche molto alte e soprattutto il senti-mento comune di sentirsi inutili perché impossibilitati a trovare un lavoro, a causa di un permesso di soggiorno troppo breve.L’equipe educativa della cooperativa ha pertanto cerca-to di coinvolgere il territorio, al fine di dare ai profughi la possibilità di intessere relazioni con gli italiani e di far conoscere le loro storie alla popolazione. Il territorio ha risposto, a seconda dei casi, in modo più o meno positivo al loro arrivo.Sono numerose le piccole e grandi iniziative, talvolta or-ganizzate, altre volte spontanee, che si sono tenute con e per gli ospiti dell’Emergenza Nord Africa. Aver incontra-to queste persone è stato un modo anche per trascorrere del tempo insieme e così l’attesa si è trasformata, a volte, in tempo di festa e allegria.

In occasione della nascita del primogenito maschio di una giovane coppia di ragazzi nige-riani ospitati entrambi presso le strutture della cooperativa Ruah, è stata celebrata la cosiddet-ta «Baby Naming Cerimony».Nella tradizione Edo la ceri-monia si deve tenere il settimo giorno dalla nascita. La festa si è aperta con una preghiera, in cui

tutti gli invitati sono stati chiamati a partecipare attivamente espri-mendo i propri auguri al nascituro e invocando la protezione divina.A questo momento fa seguito la «Naming Cerimony» vera e pro-pria. Ogni invitato, attraverso un’offerta di denaro, può dare un nome al bambino. Il momento si è svolto in allegria, non sono mancati spunti ironici e nomignoli scherzo-

si. Particolare importanza è stata rivestita da alcuni elementi sim-bolici: noci di Kola, gin, miele, cocco, yam, olio di palma, acqua.La celebrazione è stata orga-nizzata in maniera autono-ma dalla coppia di neogenito-ri nel salone di Casa Amadei e sono stati invitati anche gli operatori della cooperativa.

Baby naming ceremony

Page 11: Emergenza Nord Africa

11

COINVOLGIMENTO DEL TERRITORIO

http://www.cooperativaruah.it/coinvolgimento-del-territorio/

DonneEcco alcune delle realtà che si sono attivate per le ospiti alla cascina Bat-taina di Urgnano.Volontarie del territorio. Un gruppo di donne ha frequentato le ragazze promuovendo attività di svago due volte alla settimana. L’obiettivo era la conoscenza reciproca, cogliendo l’occasione per imparare piccoli lavo-ri. È stata organizzata anche una festa di fine anno della scuola di italiano di Urgnano.Arteterapia. Una volontaria ha intra-preso un percorso di arteterapia con

le profughe, organizzando anche una mostra con i lavori realizzati.Padre John Muthengi. Il sacerdote incaricato per la pastorale dei cattolici anglofoni in diocesi ha frequentato le ospiti per un supporto spirituale. Le ha anche coinvolte nella messa men-sile al Patronato San Vincenzo e nella gita sulla neve promossa dall’Ufficio Migranti della diocesi.Oratorio di Urgnano. Ha messo a disposizione gli spazi per la scuola e i volontari si sono attivati per il Cre dei bambini.Centro Aiuto alla Vita di Bergamo. Il Cav ha supportato le donne con

bambini per i generi di prima neces-sità.Casa Chiara. Un bambino della Bat-taina ha frequentato il Centro Diurno di Verdello della Comunità Emmaus.Centro primo ascolto di Verdellino. I volontari Caritas del paese hanno aiutato molte ragazze ad inserirsi nel contesto sociale locale.Martinella – Ass. Kairos. Gli ope-ratori dell’associazione hanno in-contrato gli educatori per degli ap-profondimenti sui temi della tratta e della prostituzione perché si è avuto il sospetto che alcune ospiti fossero ingaggiate per finire sulla strada.

UominiQui invece riportiamo un breve elenco delle tante iniziati-ve organizzate nelle strutture d’accoglienza maschili.Puliamo il Morla. Il 24 settembre 2011, con Legambiente Bergamo è stata promossa l’attività di volontariato per ri-pulire le sponde del Morla nel quartiere della Malpensata.Pulizia della rotonda dell’autostrada. Grazie ad una convenzione con il Comune di Bergamo è stata ripulita la rotonda dell’A4 dai giovani di Casa Amadei.La Malpensata si fa bella. Alcuni ospiti si sono attivati per la gestione della festa del quartiere.Feste. Sono stati organizzati diversi momenti di convivia-lità con realtà del territorio. Con le Acli è stata promos-sa una cena multietnica nell’ambito della rassegna Molte fedi sotto lo stesso cielo. Nell’autunno 2012, invece, c’è stata la partecipazione alla festa del quartiere di San To-maso, dove è collocata Casa Amadei. Sono state organiz-zate delle feste anche in occasione della fine del Ramadan e del Capodanno.Biblioteca Tiraboschi. Coloro che maggiormente si sono impegnati nello studio della lingua sono stati accompa-gnati alla biblioteca per poter accedere al prestito di libri e alla connessione ad Internet.Inter-Lille. La squadra di Milano ha offerto alcuni bigliet-

ti per la partita di Coppa.Attività parrocchiali e comunali a Cene. Un gruppo di volontari ha organizzato diverse attività culturali e ricre-ative, tra cui feste all’oratorio, corsi di cucina, gite e gare sportive.Calcio. Due ragazzi ospiti a Camerata Cornello sono sta-ti inseriti nella locale squadra. Altri cinque di Bergamo, invece, hanno fatto parte della nazionale nigeriana per il Torneo Bergamondo.Incontri culturali. Alla Casa del Bosco le volontarie han-no promosso un incontro culturale alla settimana, così come si è attivata la parrocchia di Longuelo per momenti conviviali interculturali.

Guarda la galleriafotografica

Contenuti speciali sul web

Page 12: Emergenza Nord Africa

12

Priorità: garantire le cure

Lavoro educativoInizialmente l’assistenza sanitaria per gli ospiti dell’Emergenza Nord Africa era totale. Le persone sono state accompagnate dal medico ad ogni visita. Con il passare del tempo si è quindi lavorato sul migliorare le loro capacità organizzative e comunicative per incenti-varne l’autonomia.È stato difficile a volte capire quale fosse il vero males-sere, sia perché si nominano le parti del corpo in modo diverso, sia perché a volte la lettura dei sintomi non cor-risponde a quella occidentale.La tendenza degli ospiti è sempre stata quella di assu-mere un alto numero di medicinali. Un lavoro molto importante da parte degli educatori è stato quello di far capire che le medicine possono essere assunte tenden-

zialmente dietro prescrizione medica. Sono stati quindi letti e tradotti i foglietti delle controindicazioni insieme a loro, per far comprendere l’importanza di ogni singola medicina. A tutti gli ospiti, inoltre, sono state proposte ed effet-tuate, da parte dell’Asl alcune analisi per verificare la presenza di malattie infettive (Hiv, Tbc, epatite) e ove necessario sono stati presi contatti con i servizi per le opportune cure.Oggi gli ospiti, soprattutto le donne, hanno ben chiaro quali sono i passaggi per accedere al Sistema Sanitario, e in autonomia prenotano visite e si recano in ospedale. Ci si è impegnati anche sull’utilizzo delle chiamate dei numeri di emergenza come l’ambulanza. Tuttavia, però, gli ospiti hanno spesso abusato della necessità di tale servizio poiché la valutazione dell’emergenza si discosta da quella che mediamente è nel senso comune italiano.

Per ogni persona accolta è stato garantito l’accesso al S.S.N. ed uno screening iniziale da parte dei medici di base del territorio. Ove necessario si sono avviate le pro-cedure per gli approfondimenti legati a particolari aspet-

ti della salute e coperte le relative spese per i medicinali. Coloro che hanno avuto bisogno di operazioni o assi-tenza medica specialistica, sono stati accompagnati alle visite e monitorate le cure necessarie.

Il check in all’arrivo di un gruppo di profughi provenienti dalla Tunisia nell’aprile 2011

Page 13: Emergenza Nord Africa

13

SALUTE

http://www.cooperativaruah.it/cura-e-salute/

Non solo medicina di base, ma anche visite specifiche

Nei due anni del progetto Emergenza Nord Africa è stato necessario prov-vedere ad alcune cure specifiche. Ecco quali.

CPS NiguardaLa Commissione territoriale, durante l’udienza in cui gli ospiti hanno espo-sto la loro storia di vita per poter ot-tenere i documenti di permanenza in Italia, ha segnalato ad alcuni ragazzi di prendere contatti con il Centro Psico Sociale di Milano, con cui loro spesso collaborano. Così tre ospiti di Came-rata Cornello e uno di Casa Amadei sono stati accompagnati in questi per-corsi durati diversi mesi. Il contatto con la dottoressa e lo psicologo che li seguivano sono stati assidui e costan-ti e sono stati interrotti solo nel mo-mento in cui hanno deciso di uscire dal progetto.

Dispositivi etnocliciniciNei mesi di accoglienza si sono ri-scontrati, in alcuni ospiti, forti diffi-coltà di natura psicologica dovute al faticoso percorso di migrazione e di integrazione sul territorio italiano, altri per i traumi subiti in Libia, al-tri ancora per complicate e dolorose storie di vita. Queste persone hanno manifestato il loro disagio durante il tempo di permanenza nelle strutture. Si è cercato di cogliere queste difficol-tà e di indirizzarle presso i servizi del territorio. Non sempre le istituzioni preposte a questo servizio hanno sa-puto rispondere alle richieste, sia per problemi di lingua che di competenze

a trattare problemi psicologici dovuti alla migrazione. Sono stati intrapresi così dei dispositivi etnoclinici a cura dello studio associato Alzaia, grazie ai quali due donne e due uomini hanno trovato un buon supporto per indaga-re le cause del loro malessere e trovar-ne soluzione.

Il corpo femminile e la contracce-zioneL’equipe della Battaina ha notato come ci fosse una discrepanza nel no-minare le parti del corpo. Questo ha spesso causato che le visite dai me-dici diventassero inefficaci. Inoltre, durante i due anni di progetto, alcune donne hanno dovuto affrontare una gravidanza e, avendo comunque a che fare con ragazze molto giovani e attive, si è pensato di organizzare un corso/confronto sui temi del corpo e della contraccezione. Grazie all’inter-vento della dottoressa Rebucini del

Consultorio Familiare dell’Asl di Ber-gamo e al mediatore si sono effettuati quattro incontri formativi.

Consultorio ScarpelliniCon il Consultorio familiare Scar-pellini c’è stata una grande collabo-razione e disponibilità per tutti gli aspetti ginecologici, corsi pre-parto e supporto informativo.

Cooperativa Terre Nuove di MilanoUn supporto importante, anche come ricaduta sull’equipe, è stato portato dalla psicologa Marica Livio della co-operativa Terre Nuove. Il contatto è stato creato dall’assistente sociale del-la Tutela Minori per un supporto psi-cologico ad una donna della Battaina che l’aiutasse a mediare il suo essere mamma nigeriana con il mondo e le istituzioni italiane.

Page 14: Emergenza Nord Africa

14

Issa e Esther: le storiehttp://www.cooperativaruah.it/le-storie/

Issa Sani«Mi chiamo Issa Sani, ho 25 anni e sono del Niger, ma per parecchio tem-po ho lavorato in Libia in una fabbrica di carburanti. Quando è scoppiata la guerra contro Gheddafi, mi hanno co-stretto a salire su una barca, senza nem-meno sapere dove stessi andando. Ero in casa con cinque amici, sono entrati degli uomini armati, non so se ribelli o truppe governative, e hanno ucciso da-vanti ai miei occhi una persona. Sono scappato, ma mi hanno colpito. Mi sono risvegliato all’ospedale e quan-do mi hanno dimesso, la polizia mi ha costretto a salire su un’imbarcazione, anche se io avevo dichiarato di voler tornare al mio Paese.Il 7 maggio 2011 sono sbarcato a Lam-pedusa, poi mi hanno trasferito qui. Dopo tre giorni ho chiesto ad un tu-nisino il nome della città: prima non avevo mai sentito parlare di Bergamo.

In questi due anni ho fatto ben poco. Ho frequentato il corso di lingua italia-na, ho aiutato gli operatori in qualche attività e ho ottenuto un contratto di 10 ore settimanali per fare le pulizie nel quartiere.Io sono il responsabile della mia fami-glia perché mio papà è morto, mia ma-dre è anziana e un fratello studia inglese in Ghana. Vorrei trovare un lavoro per continuare a inviare soldi a casa, che sia qui in Italia o in un altro Paese. Non posso tornare in Niger senza niente.A Bergamo e ad Ambria, dove sono sta-to accolto dalla parrocchia, ho trovato tante brave persone e ho stretto anche delle amicizie. Però speravo di poter far di più per me stesso e per questo Paese, invece la situazione economica è diffi-cile e non riuscito a trovare un’occupa-zione. Mi è stata riconosciuta la prote-zione umanitaria, ma senza un lavoro non so davvero cosa fare, non so come immaginarmi il mio futuro».

La parola agli educatoriSi sono messi in discussione ogni giorno. Hanno agito con l’esperien-za di educatori professionali, ma hanno saputo anche metterla da par-te per ascoltare e cercare di capire i profughi scappati dalla Primavera araba. In breve riportiamo qualche riflessione degli operatori e delle operatrici della cooperativa Ruah.

«Se penso agli ultimi 17 mesi mi ac-corgo quanto sia stato difficile rag-giungere l’equilibrio. È stata un con-tinuo mettersi alla prova, ho dovuto

fare tabula rasa e ricominciare più vol-te da capo per poter affrontare le dif-ficoltà di un lavoro che ti permette di imparare giorno dopo giorno, grazie al contatto umano. Quest’esperienza mi ha insegnato ad accettare i “tempi” de-gli altri. E con tempi non intendo solo i minuti di attesa per i continui ritardi, ma soprattutto i tempi relativi all’orga-nizzazione della propria vita, i tempi per capire come fare determinate cose, quando farle e soprattutto perché farle.È stato difficile giustificare le lentez-ze burocratiche davanti a persone

che spesso non sapevano distinguere i ruoli professionali e istituzionali».Silvia Zerbini

«È stata un’esperienza densa, piena, emozionale e faticosa. Forse non siamo riusciti a comunicare bene il malcon-tento che cresceva tra i nostri ospiti». Roberto Zanotti

«Due anni di continuo lavoro di me-diazione, che hanno richiesto la totale messa in gioco di me stesso. Nono-stante sia stato anch’io un migrante,

Page 15: Emergenza Nord Africa

15

PUNTI DI VISTA

http://www.cooperativaruah.it/le-storie/

Esther Sunday«Sono Esther Sunday, una ragazza nigeriana di 27 anni. Fino al 2011 vi-vevo felice in Libia, senza avere alcun problema. Facevo le pulizie e guada-gnavo abbastanza per me e per inviare del denaro in Nigeria alle persone che mi hanno cresciuto.Poi è arrivata la guerra e durante i disordini il proprietario di casa ci ha detto che dovevamo lasciare il Paese. Ci hanno forzato a salire sulla barca. Era notte, la gente piangeva. Dopo 24 ore di viaggio siamo arrivati in Italia. Lo abbiamo scoperto solo quando ce l’hanno detto i soccorritori, perché prima non sapevamo dove ci stesse-ro portando. Io non volevo venire in Italia, vivevo bene in Libia. Quando sono arrivata ero spaventata, ma ero cosciente che non potevo tornare in-dietro perché ci avevano cacciato e c’era ancora la guerra.

Abito ad Urgnano, alla cascina Bat-taina, dal 28 luglio 2011. Qui ho stu-diato l’italiano, superando il test per il certificato di livello A1. Ho avuto il diniego per ottenere il permesso umanitario, così con l’aiuto delle edu-catrici ho fatto ricorso, raccontando la mia storia.Purtroppo non ho trovato lavoro, se non un per un breve periodo durante il quale ho svolto un tirocinio tra Casa Amadei e il Patronato San Vincenzo. Non posso tornare in Nigeria e vorrei poter lavorare qui in Italia, in modo da affittare una casa e ritornare ad una vita normale. Mi piace molto la lingua italiana e ho deciso che la mia vita sarà qui. Certo non mi aspettavo di trovare un Paese dove non c’è lavoro.Qui ho incontrato tante persone di-sponibili, a cominciare dalle operatri-ci della Battaina, ma non posso rite-nermi felice finché non avrò trovato un impiego».

quest’esperienza con i profughi mi ha fatto capire quanto sia difficile mediare tra persone molto diverse tra loro. Ma abbiamo comunque dato tutto quello che potevamo per farli sentire accolti». Cherif Seck

«Ho trovato differenze immense ri-spetto alla mia esperienza precedente come insegnante d’italiano per mi-granti. Il migrante, infatti, sceglie il viaggio di migrazione e l’Italia, mentre i profughi non l’hanno scelta e a mol-ti di loro la Libia piaceva e ci vivevano

bene. È stata un’ondata perché non è mai mancata l’impressione che il tem-po fosse troppo poco, che io fossi trop-po lenta per stare al passo con le don-ne, per fermarmi e capire davvero, che già si era aperto un nuovo spiraglio.Le difficoltà più grandi che ho avuto sono nate dall’aver dato per scontato alcune categorie senza averne appro-fondito la loro complessità: categorie come la puntualità, il rispetto, la coe-renza sono davvero poco scontate per persone che alle volte non sono mai state rispettate da nessuno o non hanno

mai portato al polso un orologio».Elisabetta Aloisi

«Sul piano educativo la scelta mi-gliore è stata quella di stabilire un rapporto umano con i ragazzi, senza però perdere di vista il rispetto dei ruoli. Una programmazione miglio-re dell’emergenza, invece, sarebbe stata molto utile perché avrebbe po-tuto introdurre meglio queste perso-ne nel mondo lavorativo italiano».Karim Zreba

Leggi tuttele interviste agli operatori

Contenuti speciali sul web

Page 16: Emergenza Nord Africa

16

Co-protagonisti del progetto

La Caritas: «Accolta la persona. No al mero assistenzialismo»

Don Claudio Visconti ad un’iniziativa con i profughi a Cene

La cooperativa Ruah ha ricevuto dalla Caritas diocesana bergamasca il mandato per la gestione dell’acco-glienza dei profughi dell’Emergenza Nord Africa. La collaborazione tra le due realtà, infatti, è storica, sin dall’anno di fondazione della Comu-nità immigrati Ruah.Abbiamo chiesto a don Claudio Visconti, direttore della Caritas bergamasca, di condividere alcuni spunti di riflessione sui due anni del progetto.

Don Claudio, ci racconti tutto dall’inizio.«Nell’aprile 2011, di fronte alla ri-chiesta del Ministero dell’Interno, diverse Caritas diocesane italiane, tra cui tutte quelle lombarde, hanno deciso di attivarsi per garantire l’ac-coglienza alle persone che scappava-no dalle cosiddette primavere arabe. Qui a Bergamo abbiamo condiviso queste istanze con il vescovo, mons. Francesco Beschi. Immediatamen-te abbiamo coinvolto la cooperativa Ruah per l’esperienza e professiona-lità nel mondo dell’immigrazione».

Molte strutture dove sono stati ac-colti i profughi sono della Chiesa bergamasca.Come sono state scelte?«A livello locale abbiamo sempre condiviso le decisioni con Prefettura e Provincia di Bergamo. Inoltre, pri-ma di ospitare i profughi, abbiamo contattato i sindaci e le amministra-zioni locali».In che modo è stata garantita l’ac-

coglienza?«Per le Caritas l’accoglienza non è l’assistenzialismo, bensì significa la presa in carico di tutta la persona e non semplicemente di dargli da mangiare e un tetto dove dormire. Nel concreto si traduce in corsi di lingua italiana, visite mediche, ve-stiario, ma anche di assistenza spiri-tuale. Per farlo si sono attivate anche le parrocchie e tanti volontari, a cui va il più sentito grazie».

È innegabile, però, che gestire i profughi è stato faticoso.«Ci sono stati casi difficili e l’emer-genza è stata complessa e faticosa da affrontare, soprattutto quando sono stati dati i termini di chiusura senza una prospettiva per queste persone.

I profughi sono arrivati qui in un tempo difficile, di crisi, che ha reso più arduo l’accompagnamento verso l’autonomia. Però abbiamo aiutato tutti, sia chi non aveva intenzione di restare in Italia come i primi tunisini, sia coloro che vivono una situazione di maggiore fragilità come donne sole, bambini, vittime di tortura e violenze in Libia e persone con pro-blemi psichiatrici».

E ora? Come si chiuderà questo progetto?«L’emergenza va chiusa perché non si può vivere di assistenza, ma è im-portante che ci sia un’attenzione di-versificata con le persone: chi è ma-lato o in situazioni di gravi difficoltà non può essere lasciato solo».

Page 17: Emergenza Nord Africa

17

PUNTI DI VISTA

http://www.cooperativaruah.it/punti-di-vista-caritas-e-prefettura/

La Prefettura: «Nell’emergenza Bergamo ha saputo fare sistema»

Sul territorio italiano l’Emergenza Nord Africa è sta-ta gestita a livello locale dalle Prefetture competenti. Abbiamo dunque chiesto un bilancio di questi due anni di lavoro ad Adriano Coretti, capo di gabinet-to della Prefettura di Bergamo, in prima linea nel coordinare tutte le realtà impegnate con i profughi.

Dottor Coretti, come è stata gestita l’Emergenza Nord Africa a Bergamo?«L’esperienza bergamasca si è differenziata molto dal resto della Lombardia. Si è rivelata una scelta vincente quella di evitare ghetti o ammassamenti dei profughi in un unico posto, in omaggio ad una filoso-fia mirata a distribuire la loro presenza sul territorio.A differenza di come spesso – ed ingiustamente - vie-ne descritta, Bergamo si è dimostrata generosa ed accogliente ed è stata capace di “fare si-stema” tra le istituzioni».

Cioè? Come è avvenuto nella pratica?«Questa emergenza è stata anche un’esperienza di raccordo istituzionale: Prefettura, Provincia, Amministrazioni locali, Forze dell’ordine, Asl, Protezione Civile, il mondo del volontariato, Cari-tas, le cooperative e pure i privati hanno condiviso gli obiettivi di una gestione ot-timale del fenomeno. Mi sento in dovere di ringra-ziare tutti gli attori che si sono impegnati a fondo in questi due anni».

Qual è stato il pensiero di fondo che ha guidato la gestione dei profughi?«Bisogna dare merito al prefetto Camillo Andreana di aver gestito il problema rifiutando in modo netto ogni possibile approccio meramente poliziesco alla questione-profughi; in gioco, infatti, c’erano persone e relativi bisogni, anche sociali e relazionali, che sono stati sempre tenuti nella dovuta considerazione. Il tutto, sia ben chiaro, all’interno di una irrinuncia-

bile cornice di doveroso rispetto delle regole da parte dei destinatari delle misure di accoglienza».

Però ci sono stati dei momenti di tensione, come il 21 dicembre quando c’è stata una rivolta di un gruppo di profughi a Casa Amadei e in via San Bernardino.«Nella parte finale del 2012, quando si profilava la cessazione delle misure di accoglienza, si è creata tensione tra i profughi e ci sono state delle criticità, anche perché non è mancato chi ha pensato bene di strumentalizzare queste persone per scopi meramen-te politici, e, intendiamoci, qui si parla di politica di infimo livello. Le proteste dei profughi hanno fatto notizia ed han-no richiesto i necessari interventi da parte delle For-ze dell’ordine, ma dietro c’è stato un lavoro enorme

di organizzazione e di accoglienza, di cui non si è parlato o si è parlato tropo poco».

E ora? Che cosa faranno le ultime per-sone rimaste in Bergamasca?«Oggi non ha più senso parlare di emer-genza, anche se la questione-profughi nordafricani non è ancora chiusa, dal momento che, tra costoro, ci sono nu-merose persone appartenenti a categorie

cosiddette “vulnerabili”, per le quali sarebbe assurdo interrompere tout court l’accoglienza e che, pertan-to, continueranno ad essere aiutate.In generale, poi, tutti i migranti in questione hanno un permesso di soggiorno per motivi umanitari, tito-lo che gli permette anche di trovare un’occupazione e, quindi, una reale possibilità di un futuro migliore.È però evidente che il problema, a livello nazionale ed europeo, richiede necessariamente politiche atti-ve e lungimiranti di integrazione e non certo approc-ci semplicistici, obbedienti a mera volontà di respin-gimento di queste persone».

Page 18: Emergenza Nord Africa

18

Chiusura del progettohttp://www.cooperativaruah.it/oltre-lemergenza/

L’intervento di Bruno Goisis, presidente della cooperativa Ruah

Accogliere i profughi è stata un’espe-rienza unica.Da sempre ho considerato la scelta della nostra Diocesi e della Caritas Diocesana in particolare, esemplare e profetica.Nonostante le fatiche e le difficol-tà, causate dal limbo in cui queste persone sono rimaste per un paio di anni, l’esperienza può ritenersi posi-tiva. Prendersi cura degli accolti ha comportato anche rivedere alcune pratiche di accoglienza che fino ad oggi avevano caratterizzato l’operato della cooperativa Ruah. Ha voluto dire mettere in discussione il nostro agire quotidiano e pensare alla ge-stione di una situazione che nessuno era pronto ad affrontare. Rimane la consapevolezza che probabilmente si poteva fare qualcosa in più se aves-simo avuto la possibilità di avere da subito la chiarezza dei tempi a dispo-sizione per prevedere percorsi ancor più significativi volti all’inserimento nel tessuto sociale. L’accoglienza di queste persone si è collocata in un contesto sociale molto duro, la crisi economica ha colpito in maniera trasversale sia gli italiani che i migranti e, ad esempio, pensare a dei percorsi lavorativi per i profughi ed attivarli è sta-to impossibile, tranne che in qualche sporadico caso. Ripercorrere due anni di accoglienza vuol dire far memoria dei molti giovani tunisini approdati a Lampedusa con lo scopo di trovare

un lavoro in Italia o la possibilità di ricongiungersi con parenti e amici in altri Paesi europei… Ricordare quel padre di famiglia che, dopo aver la-sciato la moglie e i cinque figli in Tu-nisia, “approda” a Bergamo pensando di poter svolgere la sua professione, imbarcarsi su una nave e fare il pesca-tore. Sì, a Bergamo.

È far memoria di donne che scappano dalla Libia perché tenute in schia-vitù da uomini malvagi. Donne che dalla Nigeria passano in Libia durante la rivoluzione pagando 3.000 euro i mercanti di

carne umana per farle arrivare, forse, a Lampedusa.È ricordarsi della fatica di accoglie-

re, delle tantissime ore dedicate allo scontro, al dialogo, alle relazioni in-staurate. Ricordare la fatica di capirsi, è ricordare le sollecitazioni continue a non rimanere seduti aspettando che qualcuno decida del tuo destino.È far memoria di tutti i colleghi, di al-cuni uomini e donne delle istituzioni e della Chiesa che hanno trascorso giorni e notti al fianco delle persone accolte.È ricordare i volontari, anima preziosa del nostro lavoro quotidiano, in parti-colare nei corsi di alfabetizzazione.Ricordarsi del sindaco di Cene che appena arrivati i primi giovani pro-fughi, li ha accolti dicendo «da oggi sono anche il vostro sindaco, se avete bisogno la mia porta è aperta anche per voi». Ed è successo veramente!

Un gruppo di profughi tunisini accolti a Casa Amadei

Page 19: Emergenza Nord Africa

19

OLTRE L’EMERGENZA

http://www.cooperativaruah.it/oltre-lemergenza/

Facciamo chiarezza. Che cosa è accaduto il 21 dicembre 2012

Il 21 dicembre 2012 è stata una giorna-ta particolare per la Cooperativa Ruah. Circa 50 migranti si sono radunati in un salone utilizzato dai profughi, ri-vendicando la mia presenza in qualità di presidente, per avere chiarimenti. Mi sono presentato di fronte a queste per-sone che pretendevano di avere i soldi che, a detta loro, gli spettavano poiché l’ONU li aveva stanziati e attraverso l’Unione Europea, nell’operatività del Governo italiano sarebbero dovuti arrivare a loro. Questi migranti, attra-verso i loro contatti e il velocissimo passaggio di parola si sono organizza-ti per questo assedio pretendendo € 3000 a testa, probabilmente la somma che hanno dovuto pagare per il viag-gio intrapreso sul barcone dalla Libia all’Italia. Non erano tutti appartenenti all’Emergenza Nord Africa, ma anche esterni, migranti in Italia anche da mol-ti anni. Un signore, ad esempio, prote-stava perché gli era morto il figlio, aveva richiesto una pensione all’INPS, ma gli è stata negata. Il tam tam della protesta ha portato molte persone arrabbiate alla pretesa di ricevere soldi.5 ore di tensione, di continua media-zione nonostante le minacce ricevute.Quando sono arrivati a Lampedusa, di-verse le attese e le promesse: una casa, un lavoro, un documento. Sono rimasti nelle strutture per molto tempo, in atte-sa di tutto ciò. I documenti sono arriva-ti solo a metà dicembre 2012, quando ormai il progetto sembrava essere ter-minato. Se, almeno i documenti fosse-ro arrivati con un anno di anticipo, si sarebbe potuto lavorare più facilmente verso percorsi d’integrazione: ma qua-li progetti si possono attuare se una

persona è in attesa di ricevere risposta dallo Stato sulla possibilità di rimanere in Italia o meno? La stanchezza ha si-curamente portato all’esasperazione e alla rabbia. Inoltre, in dicembre, in alcune strutture lombarde era stato deciso di consegna-re dei soldi come buono uscita, per cer-care di allontanare le persone e chiu-dere le strutture entro il 31 dicembre. Questa notizia ha fatto velocemente il giro e tutti pretendevano questi soldi. Oggi si sa che molte di queste persone sono ritornate a richiedere assistenza.I miei colleghi durante quel pome-riggio hanno incontrato e avvicinato questi migranti cercando di ascoltarli e riportarli alla realtà, distogliendoli dall’euforia della rivolta. Alla fine del pomeriggio erano rimaste circa 15 per-sone. La situazione si è risolta grazie all’in-tervento della Digos che è sempre stata presente per tutto il pomeriggio e con grande professionalità e competenza è riuscita a farmi allontanare dalla sala occupata fino ad allora. Posso com-prendere lo stato d’animo, ma non giu-stifico la violenza del momento.Quel pomeriggio ha destato l’attenzio-ne di vari organi di informazione, anche via web, che in alcuni casi hanno fatto una fotografia distorta della situazione, non capendo il lavoro che era stato fat-to fino a quel momento e non dando anche a noi la possibilità di esporre il nostro punto di vista. Come se fino ad allora avessimo lavorato contro i profu-ghi che abbiamo accolto.Tutte queste circostanze si devono inserire dentro un quadro più genera-le: l’Emergenza Nord Africa è passata

attraverso tre governi: quello di Ber-lusconi nel 2011, di Monti nel 2012 e quello attuale. Nessuno ha preso in mano la situazione con polso, ma si è andati avanti con proroghe.Purtroppo questo episodio ha destato molta paura nel quartiere ed ha rovina-to molto del lavoro di sensibilizzazione, informazione e integrazione svolto dal-la Comunità di Accoglienza in questi anni, penalizzando una cultura volta all’accoglienza dell’altro.Delle 362 persone accolte in questi due anni, ad oggi sono rimaste quelle considerate vulnerabili. Tra i vulnera-bili ci sono donne con minori, donne che sono ad alto rischio prostituzione e persone con problemi fisici e psichici. Le persone considerate vulnerabili, ri-marranno nelle nostre strutture fino a quando non si libereranno dei posti nel progetto SPRAR (Sistema di Protezio-ne per Richiedenti Asilo e Rifugiati), il che, potrebbe richiedere tempi lunghi e portare queste persone in altre località italiane. Termino con un ringraziamento di tut-to cuore a don Claudio Visconti, diret-tore della Caritas Diocesana per aver condiviso con noi i momenti di gioia e di fatica di questi due anni; ai miei colleghi sempre in prima linea e pros-simi in ogni istante della loro giornata alle persone che abbiamo accolto, ai volontari che hanno dedicato molto del loro tempo nell’alfabetizzazione, al quartiere di San Tomaso per l’apertura e la disponibilità dimostrata, alle am-ministrazioni comunali che, nonostan-te non abbiano scelto di accogliere sul loro territorio i profughi, hanno soste-nuto il nostro operato. Grazie!

Page 20: Emergenza Nord Africa

COOPERATIVA IMPRESA SOCIALE RUAH SOC. COOP. SOC.Sede amministrativa: via San Bernardino 77 - 24126 Bergamo

Tel. +39 035 4592548 - Fax +39 035 330391

[email protected] - www.cooperativaruah.ita cur

a di R

affae

le A

vagl

iano

raffa

ele.a

vagl

iano

@gm

ail.c

om