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EMISSIONI AGRICOLE E IMPATTO DELLA ZOOTECNIA Area Ambiente e Territorio

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EMISSIONI AGRICOLE E IMPATTO DELLA ZOOTECNIA

Area Ambiente e Territorio

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EMISSIONI AGRICOLE E IMPATTO DELLA ZOOTECNIA

Indice pg. 1. EMISSIONI DI GAS SERRA PER SETTORE

ECONOMICO E TREND A LIVELLO NAZIONALE 2

2. RESPONSABILITA’ E RUOLO DEL SETTORE AGRICOLO NELL’AMBITO DELLE STRATEGIE CLIMATICHE 9

3. RESPONSABILITÀ DELL’AGRICOLTURA COME SETTORE ATTIVO (IN TERMINI DI EMISSIONI) 9

4. GLI IMPATTI DEGLI ALLEVAMENTI ZOOTECNICI 10

5. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE SUGLI IMPATTI DELLE EMISSIONI ZOOTECNICHE IN ATMOSFERA 13

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1. EMISSIONI DÌ GAS SERRA PER SETTORE ECONOMICO E TREND A LIVELLO NAZIONALE (Fonte dati: Relazione sullo stato dell’ambiente – Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare - 2009) La Relazione sullo Stato dell’Ambiente del 2009 evidenzia che, rispetto all’obiettivo di riduzione fissato attualmente a livello nazionale (483,3 Mt CO2eq), nel periodo 1990-2006, si è assistito ad un incremento del 9,9% delle emissioni (567,9 Mt CO2eq nel 2006). Tuttavia il trend di aumento delle emissioni si è invertito a partire dal 2006 (-1,73% rispetto al 2005). A livello globale, l’Italia è responsabile dell’1,7% delle emissioni complessive provenienti dall’uso dei combustibili fossili, risultando in nona posizione tra i dieci paesi con i maggiori livelli di emissioni di gas serra. Tra il 1990 e il 2006, le emissioni di gas serra in Italia sono cresciute complessivamente di 51,0 milioni Mt CO2 eq. In questo periodo si sono ridotte le emissioni fuggitive (dovute a perdite accidentali durante le fasi di estrazione e distribuzione degli idrocarburi), quelle provenienti dall’industria manifatturiera, dall’agricoltura e dall’uso di solventi, mentre sono aumentate quelle provenienti dai processi industriali, dai rifiuti, dal settore residenziale e dei servizi e, soprattutto, quelle provenienti dalle industrie energetiche e dai trasporti (+28,7 Mt CO2 eq). L’andamento di crescita delle emissioni descritto presenta un’inversione di tendenza dal 2005. Infatti, nel 2006 si è osservata una flessione delle emissioni rispetto all’anno precedente per la maggior parte dei settori, a fronte di un incremento per i trasporti, le industrie manifatturiere e l’uso dei solventi. Complessivamente, si registra una riduzione delle emissioni rispetto all’anno precedente, pari a -1,73% (-10 Mt CO2 eq) per le emissioni totali, e a -0,91% (-4,3 Mt CO2 eq) per quelle provenienti dai processi di combustione.

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Nei grafici successivi sono rappresentate le percentuali di emissioni nazionali settoriali di CO2 secondo la classificazione IPCC, con il dettaglio, in particolare, del settore energetico ed il trend delle emissioni (Fonte: ISPRA 2008). I dati settoriali mostrano la predominanza dell’impatto del settore energetico e il trend di riduzione in atto nel settore agricoltura.

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La tabella successiva mostra le emissioni nazionali complessive di gas serra per macrosettori IPCC espresse in termini di CO2 equivalente. Le emissioni agricole (2006) risultano pari a 36,64 MtCO2/eq/a (il dato comprende le emissioni di metano, 21,50 MtCO2eq/a, e di protossido di azoto, 15,14 MtCO2eq/a ). La tabella è estratta dalla Relazione sullo Stato dell’ambiente 2008.

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Il grafico mostra le emissioni nazionali complessive di gas serra suddivise per fonte (ISPRA 2008)

I grafici successivi mostrano le emissioni nazionali settoriali di gas serra secondo la classificazione IPCC (ISPRA 2008). Vengono riportati i dati relativi ai gas di maggiore interesse con riferimento al settore agricolo (anidride carbonica, metano e protossido di azoto).

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2. RESPONSABILITA’ E RUOLO DEL SETTORE AGRICOLO NELL’AMBITO DELLE STRATEGIE CLIMATICHE Negli ultimi anni l’impresa agricola ha recuperato un ruolo strategico, divenendo strumento necessario per raggiungere gli obiettivi di tutela dell’ambiente, salvaguardia del territorio, qualità e sicurezza alimentare. Le imprese agricole si sono trovate nella necessità di ricorrere a nuove e innovative scelte produttive, sempre più indirizzate verso un'offerta comprensiva anche di numerosi servizi ad elevato “valore aggiunto”, quali quelli ambientali. Tra agricoltura ed ambiente esiste una relazione dinamica e le aree agricole e forestali rappresentano il risultato di una costante interazione tra fattori naturali ed antropici. L'agricoltura, in quanto principale utilizzatrice dei terreni rurali, interagisce profondamente sui sistemi naturali e rappresenta un fattore determinante per la qualità dello spazio rurale e dell'ambiente. Infatti, se, da un lato, l’esercizio dell’attività agricola sui territori ha contribuito, nel corso dei secoli, alla creazione ed alla salvaguardia di una grande varietà di habitat naturali e di paesaggi, al tempo stesso, pratiche agricole ed un utilizzo della terra sconsiderato rischiano di incidere negativamente sulle risorse naturali. Nell’ambito delle problematiche legate ai cambiamenti climatici, le attività agricole possono agire come sorgenti di gas serra o, inversamente, come assorbitori netti di carbonio, in considerazione della naturale capacità della vegetazione di fissazione e di immagazzinamento della CO2 atmosferica nei suoli e nelle produzioni agrciole e forestali. Il settore agricolo, quindi, deve essere considerato in una duplice prospettiva: l’agricoltura deve considerarsi, da un lato, come soggetto attivo, in quanto possibile responsabile di emissioni di gas climalteranti e, dall’altro lato, come soggetto passivo, rispetto alla vulnerabilità del settore nei confronti degli effetti negativi del clima. In generale, comunque, si ritiene che i costi per l’agricoltura, dovuti ai cambiamenti climatici, siano superiori rispetto ai benefici. Numerose ricerche, infatti, confermano che gli impatti collegati all’aumento della temperatura, all’alterazione del regime delle precipitazioni, alla maggior frequenza e intensità di eventi climatici estremi, quali siccità e alluvioni, potrebbero condurre ad una generale riduzione delle produzioni e un aumento dei rischi per le coltivazioni (Houghton et al., 2001; Parry et al., 2001; Fischer et al., 2005). 3. RESPONSABILITÀ DELL’AGRICOLTURA COME SETTORE ATTIVO (IN TERMINI DI EMISSIONI) I principali gas-serra prodotti dall’agricoltura sono il protossido di azoto e il metano (che hanno un potenziale climaterante maggiore della CO2). Le emissioni di metano sono essenzialmente collegate alla zootecnia e alla risicoltura, mentre quelle di protossido d’azoto derivano dalle fertilizzazioni azotate e dalle deiezioni zootecniche. Tra i fattori che possono determinare le emissioni da parte del settore agricolo deve essere annoverato anche l’impiego di combustibili fossili, necessario allo svolgimento delle attività aziendali (lavorazioni, irrigazione, trattamenti, ecc.). Per quanto riguarda la situazione italiana, secondo i dati elaborati e comunicati ufficialmente dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) alla Convenzione sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), riferiti all’anno 2007, l’agricoltura, è responsabile del 6,7% delle emissioni nazionali totali. Pur non trattandosi di una percentuale elevata, se confrontata a quella di altri settori, e’ evidente che anche l’agricoltura sarà chiamata ad individuare opportune politiche, strategie ed azioni per contenere gli impatti negativi dei propri processi produttivi. A scala nazionale, come documenta l’Annuario dei dati ambientali dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e dei servizi tecnici (ora ISPRA), il contributo dell’agricoltura al totale delle emissioni di gas-serra in Italia è pressochè in linea con quello della media dell’UE. Inoltre, secondo una stima effettuata dal Copa-Cogeca, prendendo il periodo1990-2007, le emissioni del settore agricolo nell’U27 sono calate del 20% (grazie alla riforma della PAC, ad un uso più efficiente dei fertilizzanti e a causa di un notevole sforzo degli allevatori europei nell’attuazione di iniziative agricole e ambientali).

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4. GLI IMPATTI DEGLI ALLEVAMENTI ZOOTECNICI E’ noto come il settore zootecnico determini impatti significativi su diverse matrici ambientali, tra cui, ad esempio, l’aria, le acque ed il suolo. Per quanto riguarda le acque risulta di centrale importanza l’inquinamento da nitrati (che non viene trattato in questa sede). Per quanto riguarda, invece, gli impatti in termini di emissioni in atmosfera, questi fanno riferimento al protossido di azoto (N2O) e al metano (CH4). Protossido di azoto Il protossido di azoto (N2O) di origine agricola rappresenta circa il 61% del totale delle emissioni di questo gas a livello nazionale. Nella quota di emissioni di origine agricola l’11,68% proviene dalle deiezioni zootecniche, mentre più della metà (57,68%) deriva dalle pratiche agricole (Ispra, 2008).

Nell’ambito zootecnico, le principali fonti di emissioni di protossido di azoto sono costituite dallo stoccaggio e spandimento degli effluenti zootecnici sui terreni e dall’apporto diretto di deiezioni sui terreni da parte degli animali al pascolo. Tuttavia, anche gli stessi insilati possono produrre N2O. A differenza di quanto avviene per le emissioni di metano, la produzione di protossido di azoto ha luogo solo in presenza di condizioni specifiche, in quanto è il risultato della combinazione di processi aerobici ed anaerobici. Inoltre, le emissioni di N2O possono variare sia a seconda del tipo di stabulazione degli animali, sia delle tecniche che vengono utilizzate per ridurre le emissioni di Ammoniaca nell’atmosfera. Occorre sottolineare che l’applicazione di misure specifiche potrebbe portare ad una notevole riduzione delle emissioni di N2O rispetto a quelle attuali. Tali misure dovrebbero agire sia sulle perdite dirette di N2O da applicazione di fertilizzanti, sia sul quantitativo di azoto che si perde in altre forme (es. lisciviazione dei nitrati) e che costituisce fonte indiretta di N2O. Metano In generale, occorre tener presente che negli allevamenti le emissioni di metano sono dovute a due sostanziali ordini di motivazione:

- la emissione enterica dei ruminanti, ossia dovuta alla fermentazione anaerobica nel cosiddetto secondo stomaco (rumine), vera e propria digestione con produzione di biogas ed altri gas climalteranti;

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- la emissione dovuta alla fermentazione dei letami e dei liquami nel corso della stabulazione, soprattutto quando la ridotta superficie agraria dell’azienda non permette l’applicazione immediata dei reflui al terreno, sottoponendo la massa alla degradazione microbica anaerobica.

A livello nazionale, il metano di origine agricola rappresenta il 40% del totale. Le emissioni di origine agricola interessano quasi per la totalità il settore zootecnico. La fermentazione enterica degli animali, infatti, è responsabile del 70% delle emissioni di competenza agricola, mentre il 20% è a carico delle deiezioni.

In termini di evoluzione del trend, tuttavia, sempre secondo rilevazioni ISPRA, la zootecnia è responsabile delle emissioni di gas serra con valori in costante discesa dal 1990 fino al 2006. Il metano di origine zootecnica, in particolare, è calato, nel periodo considerato, del 12%. In termini di incidenza delle diverse tipologie di allevamento, l'Ispra ha registrato i dati sul metano prodotto dalle fermentazioni enteriche, disaggregati per categorie animali, ad esclusione degli avicoli e degli animali da pelliccia. Dal monitoraggio risulta che nel 2006 il 79% delle emissioni è stato determinato dagli allevamenti bovini (il 41% deriva dalle vacche da latte, e il 38% dagli altri bovini). Questa ripartizione, sempre secondo Ispra, è giustificata sia dall'elevato fattore di emissione delle vacche da latte (nel 2006 pari a 113,24 Kg/capo/anno), rispetto ad altre categorie, sia dalla consistenza animale, che nel 2006 era pari a 6,11 milioni di capi. Dal 1990 al 2006, quindi, c'è stata una riduzione delle emissioni di metano principalmente dovuta a riduzioni di numero di capi (- 31% per le vacche da latte e - 16% per gli altri bovini). Sempre rispetto alle emissioni di metano, con specifico riferimento all’acceso dibattito in corso a livello mondiale circa le responsabilità del settore zootecnico e della filiera di produzione della carne nell’ambito della competizione tra feed e food, si ritiene utile formulare alcune ulteriori riflessioni. I dati più volte menzionati sono quelli riportati in diversi rapporti di organismi internazionali, che attribuiscono consistenti contributi percentuali di emissioni di gas serra alla filiera carne. Ad

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esempio, un rapporto FAO del 2009 dichiara che il 18% dei gas serra mondiali deriva dagli allevamenti zootecnici. Si noti come, a livello nazionale, il dato non trovi corrispondenza in quanto le emissioni di metano di origine agricola (21,50 Mtco2eq/a) rappresentano poco più del 3% delle emissioni totali nazionali (455,71 Mtco2eq/a).

Il dato FAO (che proviene direttamente dalle teorie di Rifkin) è, infatti, riferito all’intera filiera zootecnica (compresi i processi a monte, quali la produzione e il trasporto di mangimi). Si tratta di un dato medio che è fortemente influenzato dall’elevato indice di industrializzazione ed intensivizzazione degli allevamenti del modello USA. In generale, il dato andrebbe letto stando bene attenti a non criminalizzare la produzione ed il consumo di carne (perché, nella giusta misura, rappresenta un alimento importante per l’alimentazione umana*) ma eventualmente rivederne i metodi. E’ innegabile il fatto che l’intensivizzazione della zootecnia abbia portato alla concentrazione degli allevamenti e alla progressiva perdita del legame col campo. Il processo produttivo così concentrato prevede la stabulazione pressochè fissa e l’alimentazione con mangimi (a base di mais, con tendenza all’uso di OGM, ecc). Con questi metodi per produrre 1 kg di carne servono 8 kg di mangimi. Tuttavia, Il dato FAO così come viene diffuso (e spesso strumentalizzato) non è completamente accettabile in quanto non tiene conto della varietà di metodo delle produzioni zootecniche a livello mondiale (in paesi come Brasile, Argentina, Uruguay e Australia la carne viene prodottta ancora con l’allevamento allo stato brado e sembra quanto mai improbabile che il modello USA sia così determinante nell’ottica di un bilancio globale). *L’importanza della carne nell’alimetazione umana La carne è uno degli elementi più completi che il regno animale ci offre, contiene nutrienti in quantità e qualità sufficienti per un buon funzionamento dell'organismo. La carne occupa un posto privilegiato tra gli alimenti proteici grazie al suo contenuto d'azoto. E' fonte di Proteine; necessarie per la crescita e la formazione di tessuti - cellulari e muscolari; di Grassi; non saturi e d'alto valore calorico così come i saturi; di Vitamine; specialmente del gruppo "B" che aiutano nei processi digestivi e nervosi; di Minerali; come il ferro, fondamentali nella formazione dell'emoglobina e Idrato di carbonio; in minor quantità. La sua ingestione produce sensazione di benessere e soddisfazione, grazie alla sua facoltà di saziare. E' necessario includere nella nostra dieta una quantità adeguata di quest'alimento per mantenere sano il corpo. La quantità raccomandata oscilla tra il 10 e 15% dell'apporto calorico nella dieta giornaliera. Un ingestione eccessivamente abbondante potrebbe causare disturbi all'organismo, specialmente nel sistema nervoso centrale.

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Effetti per la scarsità: • muscoli flaccidi • mancanza d'appetito • anemia • crepe nella pelle

Effetti per l'eccesso: • allergie • ipertensione • malattie coronariche • intossicazioni • cirrosi epatica • alcuni tipi di cancro

5. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE SUGLI IMPATTI DELLE EMISSIONI ZOOTECNICHE IN ATMOSFERA Rimandando ad altre sedi il ragionamento circa il contenimento dell’inquinamento delle acque da nitrati, Coldiretti ritiene, come peraltro più volte affermato dalla Commissione Europea, che, nell’ambito delle emissioni in atmosfera a carico del comparto zootecnico, vi siano le condizioni per una consistente riduzione, intervenendo su più fronti : - il numero di capi di bestiame deve essere adeguato alle superfici disponibili. In tale ambito, ad esempio, la gestione sostenibile dei pascoli contribuisce a ridurre le emissioni legate all'allevamento. Tra le possibili misure rientrano la prevenzione del sovrappascolo e la rotazione dei terreni adibiti all'alimentazione del bestiame. In questo modo non si pregiudica, ma, anzi, si sviluppa ulteriormente la funzione di assorbimento del carbonio, prevenendo, altresì, l'erosione del suolo nei pascoli; - le razioni di cibo somministrate al bestiame dovrebbero essere oggetto di specifica attenzione e riconsiderate al fine di ridurre la formazione di metano nell'apparato digerente dei ruminanti, senza per questo rallentare la produzione. Migliorando l'alimentazione e la produttività del bestiame è possibile ridurre le emissioni legate all'allevamento degli animali da latte; - anche la selezione genetica, rivolta a razze bovine, ovine e caprine, con l’ottenimento di animali in grado di emettere metano in modo ridotto, è un potente strumento per migliorare l’impatto ambientale dovute alle emissioni di gas climalteranti; - lo sviluppo di impianti di biogas per la produzione di energia dai reflui zootecnici contribuisce in modo determinante alla riduzione delle emissioni di metano nel rispetto dei criteri di economicità e di gestione sostenibile. La tecnologia necessaria per lo sfruttamento di tale consistente potenzialità è già matura e disponibile; - l'indicazione sulle etichette della carne del tipo di produzione utilizzato può costituire un ausilio per le scelte dei consumatori, indirizzandoli il più possibile verso sistemi produttivi più sostenibili dal punto di vista ambientale.