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C OLLANA P ARCOMURGIA ESCURSIONI NEL PARCO DI AUTORI VARI Aspetti generali P A R C O d e lla M U R G I A M A T E R A N A P a t r i m o n i o m o n d i a l e W o r l d H e r i t a g e U N E S C O

ESCURSIONI NEL PARCO Aspetti generali · 2011. 2. 24. · 2 Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche Escursioni nel Parco. Aspetti generali. A cura dell’Ente di Gestione

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C O L L A N A P A R C O M U R G I A

ESCURSIONINEL PARCO

DI AUTORI VARI

Aspetti generali

PAR

CO

della MURGIA MATERA

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mondiale World

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e

U N E S C O

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AssociazioneItaliana

Guide AmbientaliEscursionistiche

Escursioni nel Parco. Aspetti generali.Escursioni nel Parco. Aspetti generali.Escursioni nel Parco. Aspetti generali.Escursioni nel Parco. Aspetti generali.Escursioni nel Parco. Aspetti generali.A cura dell’Ente di Gestione del Parco Archeologico Storico Naturaledelle Chiese Rupestri del Materano.Progetto redazionale e coordinamento: Luigi EspositoProgetto grafico: Pino Losito - OdigitriaLe foto: Savio Carlucci, Michele Chita, Luigi Esposito, Giuseppe Gambetta, Roberto Lascaro, Moreno Losito, Pino Losito, Maria Ramaglia, Mario Tommaselli, Antonio TrevisaniLe foto di archeologia sono state concesse dal Museo Nazionale“D. Ridola” di Matera.Foto di copertina e pag. 10: Luigi Esposito, a tutta pagina: Pino Losito

SC MC LE

GG RL ML

PL MR MT

Si ringraziano per la disponibilità data per la realizzazione della guida:Lorenzo Appella, Franco Caputo, Luigi Esposito, Vincenzo Festa, Giu-seppe Gambetta, Giovanna Lascaro, Roberto Lascaro, GianfrancoLionetti, Antonio Montemurro, Gianni Palumbo, Giovanni Ricciardi,Gianni Schiuma, Mario Tommaselli, Marcello Tropeano

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© Tutti i d iritti riservati

Ente di Gestione del Parco ArcheologicoEnte di Gestione del Parco ArcheologicoEnte di Gestione del Parco ArcheologicoEnte di Gestione del Parco ArcheologicoEnte di Gestione del Parco ArcheologicoStorico Naturale delle Chiese Rupestri del MateranoStorico Naturale delle Chiese Rupestri del MateranoStorico Naturale delle Chiese Rupestri del MateranoStorico Naturale delle Chiese Rupestri del MateranoStorico Naturale delle Chiese Rupestri del Materano

Consiglio DirettivoConsiglio DirettivoConsiglio DirettivoConsiglio DirettivoConsiglio DirettivoPresidenteRoberto CifarelliVice PresidenteGiuseppe MontemurroConsiglierePio Acito, Gianfranco De Pace, Michele Olivieri, Giovanni SchiumaAntonio Trevisani

Direttore incaricatoDirettore incaricatoDirettore incaricatoDirettore incaricatoDirettore incaricatoSalvatore Vito Valentino

Comunità del ParcoComunità del ParcoComunità del ParcoComunità del ParcoComunità del ParcoPresidenteGiovanni Carelli Presidente della Provincia di Matera

ConsiglieriCosimo Mongelli Consigliere Comunale delegato dal Sindaco del Comune di Montescaglioso

Michele Porcari Sindaco di Matera

SegreteriaSegreteriaSegreteriaSegreteriaSegreteriaEmanuele Vizziello

CollaboratoriCollaboratoriCollaboratoriCollaboratoriCollaboratoriPinella Cipolla, Luigi Esposito, Patrizia Loperfido, Mariangela Pisciotta,Pina Radicchi, Marco Virgintino

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e

U N E S C O

Parcodella MurgiaMaterana

REGIONE BASILICATA PROVINCIA DI MATERA

BO S L A S S U S F I R M I U S F I G I T

COMUNE DI MATERA COMUNE DI MONTESCAGLIOSO

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Sommario

• Presentazione .........................................................5• Premessa ................................................................... 6• Informazioni util i ............................................... 9• Introduzione .........................................................11• Le città natura: Matera ................................14• Le città natura: Montescagl ioso .............17• Il cl ima .....................................................................22• Geologia ...................................................................24• Aspetti vegetazional i .....................................30• La flora ....................................................................32• Alberi e arbusti ...................................................36• La fauna ..................................................................40• Il grillaio ..................................................................42• La testuggine di hermanni ........................44• Il capovaccaio ......................................................45• Il rapporto tra territorio e uomo ...........46• La preistoria del territorio materano 49

• Chiese rupestri .....................................................52• Masserie ..................................................................58• Ovil i e cisterne....................................................61• Le cave .....................................................................68• Bibl iografia ............................................................70

MR

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DI ROBERTO CIFARELLI

Presidente del Parco della Murgia Materana

Presentazione

Particolare Grotta del Sole

La presente Guida è stata realizzata per consentiredi approfondire la conoscenza del territorio del Parcoarcheologico storico naturale delle chiese rupestridel Materano.La guida si articola in tre parti, nella prima, curata da

esperti conoscitori del territorio del Parco, se ne descrivonobrevemente i caratteri fisici, la flora e la fauna osservabilie si sintetizza la storia per consentire all’escursionista dileggere il territorio nella sua globalità naturale e antropica.Nella seconda si passano in rassegna gli itinerari nel det-

taglio indicando per ognuno il percorso, la durata, il gradodi difficoltà e le soste più importanti. Tutti gli itinerari pro-posti sono stati controllati dall ’Autore, al fine di avere indi-cazioni circa il loro stato e il grado di difficoltà.La terza parte è dedicata alle informazioni ed alle normecomportamentali, al visitatore utili per meglio orientarsiin un ambito territoriale non familiare.La Guida ha lo scopo se vogliamo ambizioso di avvicinare,

conoscere, rispettare e difendere la natura, rivalutandoquelle capacità di percezione e di relazione dell ’uomoche le abitudini di vita moderne hanno assopito.Molto in natura si può imparare percorrendo sentieri

che una volta avevano un significato ben diverso da quellomoderno: vie importanti di comunicazione e di economiafrequentate per scambi e relazioni; una microstoriache non possiamo dimenticare e che noi ci prefiggiamodi raccontare.La vista nel Parco di strutture rurali o preesistenze

storiche rappresentano una stratificazione di elementiche si sommano trasformando i visitatori in pellegrini dellaconoscenza, che così ricreano una cultura del camminareda trasmettere agli altri, soprattutto ai più giovani, dandoun appiglio fondamentale di crescita ed esperienza.L’eco-escursionismo assume oggi una dimensione molto

diversa, affascinante, divertente, appagante.Allontanare periodicamente i cittadini dai centri urbani,

farli socializzare, stare bene insieme a contatto diretto conla natura, conoscere ogni punto del proprio territorio,porta felicità allo spirito, beneficio al fisico,alla respirazione.

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Premessa

Il territorio del Parco della Murgia Materana vantaun’enorme ricchezza di testimonianze storichee archeologiche, di cui alcune uniche nel suo genere;a questa ricchezza si aggiunge una varia florae fauna che vive in ambienti di eccezionale bellezza.Purtroppo però, per alcune persone, gli ambienti

naturali sono solo meta di chiassose scampagnateper allegre comitive, magari con picnic e partitadi calcio finale, con schiamazzi e urla di compendio.Il migliore e più corretto uso del territorio si ha,

invece, con attività silenziose di esplorazionee conoscenza, abbandonando l’auto nelle areedi parcheggio e partendo a piedi, in mountainbikeo a cavallo alla scoperta della natura e della storiadel territorio, magari andando anche “a caccia”delle tradizione locali e della grande culturaenogastronomica, vanto di tutto il nostro Paese.Ma l’escursioni smo, ormai fenomeno largamente

diffuso, è senz ’altro il modo più naturale di spostar-si ri spettando i propri ritmi biologici, ed è l’attivitàche più ci permette di entrare in contatto e sentirsiin sintonia con l’ambiente circostante.Per tale scopo, è possibile avventurarsi, con una

cartina e un minimo di buon senso, lungo i tratturi,i sentieri che attraversano l’altopiano e che poiscendono nella spettacolare Gravina, si inoltranonel territorio, fino a giungere alle chiese,ai complessi rupestri, alle masserie fortificate.Si può scegliere tra una serena passeggiata

e un’escursione più impegnativa, ma in ogni casoè possibile scoprire o riscoprire l’ambiente dove èracchiusa la storia millenaria della regione, modellatadalla natura e dall’uomo con il trascorrere dei secoli.Meglio ancora, se accompagnati da una guida

escursionistica autorizzata. Percorrendo i sentieridel Parco, è possibile proiettarsi nella prei storia,o ritrovarsi in pieno medioevo, ascoltare il cantodell’usignolo o lo stridio della ghiandaia, raccogliere

DI STEFANO SPINETTI

Presidente Nazionale AIGAEAssociazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche

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PLIl raro coleottero Capnodis tenebrionis

gli aculei di i strice o ammirare le planate del falcogrillaio, simbolo del parco. Tutto questo conil massimo ri spetto possibile, in punta di piediin un ambiente dove non siamo padroni ma ospiti,graditi fino a quando sapremo conservarela natura, le memorie storiche e le montagneanche per le generazioni future.E allora, zaino in spalla, macchina fotografica e…

Buona passeggiata!

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Istituzione del ParcoIstituzione del ParcoIstituzione del ParcoIstituzione del ParcoIstituzione del Parco: L.R. 3 aprile 1990, n. 11Istituzione dell’Ente di gestioneIstituzione dell’Ente di gestioneIstituzione dell’Ente di gestioneIstituzione dell’Ente di gestioneIstituzione dell’Ente di gestione: L.R. n. 7 del 7 gennaio 1998SuperficieSuperficieSuperficieSuperficieSuperficie: 8.000 ha circaRegione: Regione: Regione: Regione: Regione: BasilicataComuni interessatiComuni interessatiComuni interessatiComuni interessatiComuni interessati: Matera e MontescagliosoEnte gestoreEnte gestoreEnte gestoreEnte gestoreEnte gestore: Ente di Gestione del Parco ArcheologicoStorico Naturale delle Chiese Rupestri del MateranoSedeSedeSedeSedeSede: Matera, via Sette Dolori (Sasso Barisano)tel. 0835.336166 fax [email protected] del ParcoSimbolo del ParcoSimbolo del ParcoSimbolo del ParcoSimbolo del Parco: il Falco grillaio con le ali spiegate.

Escursioni e visite guidate nel ParcoItinerari con le Guide del Parco Guide del Parco Guide del Parco Guide del Parco Guide del Parco in possesso d i abil itazioneregionale, lungo i tratturi, i sentieri che attraversano l’al-topiano, scendono nella spettacolare Gravina, si inoltra-no nel territorio, fino a giungere alle chiese e complessirupestri, masserie fortificate.In primavera passeggiate natural istiche tra le millefioriture.Foto NaturalisticaFoto NaturalisticaFoto NaturalisticaFoto NaturalisticaFoto Naturalistica tra i paesaggi, d irupi e all’interno dellechiese scavate nella roccia.BirdwatchingBirdwatchingBirdwatchingBirdwatchingBirdwatching alla ricerca di rapaci ed uccell i..MountainbikeMountainbikeMountainbikeMountainbikeMountainbike tra gl i stretti sentieri che collegano le anti-che masserie con i casal i rupestri.

Segnalare alle autorità competenti emergenze, pericoli, dan-ni, inconvenienti e comportamenti scorretti telefonando a:Ente Parco della Murgia Materana 0835.336166 0835.336166 0835.336166 0835.336166 0835.336166Corpo Forestale dello Stato Emergenze 1515 Emergenze 1515 Emergenze 1515 Emergenze 1515 Emergenze 1515Corpo Forestale dello Stato 0835.385652 - 330300 0835.385652 - 330300 0835.385652 - 330300 0835.385652 - 330300 0835.385652 - 330300Vigili del Fuoco 115115115115115Pronto Soccorso Matera 0835.2432120835.2432120835.2432120835.2432120835.243212

Montescagl ioso 0835.207127 0835.207127 0835.207127 0835.207127 0835.207127

Informazioni utili

Gravina di Picciano

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Introduzione

Sicuramente uno tra ipiù spettacolari paesaggirupestri d’Ital ia, che testi-monia l’antico rapportotra natura e uomo, si tro-va in Basil icata, a Materaa pochi chilometri d i d i-stanza dal confine con laPugl ia.

Il Parco Regionale Ar-cheologico Storico Natura-le delle Chiese Rupestri delMaterano, più sempl ice-mente detto Parco dellaMurgia Materana, è carat-terizzato da roccia tenerasegnata da profondi solchiche disegnano rupi, forre,grotte, gravine util izzatedall’uomo sin dalla preisto-ria. Esso è compreso trale contrade poste tra las.s. 7, la s.p. Matera - Gi-nosa - Montescagl ioso ela s.s. 175. Ad ovest d iMatera, poi, il perimetrodel Parco corre su d i unaristretta fas cia lungo ilcorso della Gravina d iPic ciano che, partendodall’omonimo colle, giun-ge alla confluenza del fiu-me Bradano.

Spettacolare è la Gra-vina d i Matera, enormesolco calcareo che attra-versa il territorio con isuoi venti chilometri d i

lunghezza, giungendo finsotto l’abitato d i Monte-s cagl ioso. Sul fondo d iquesto canyon, s correl’omonimo torrente il cu ilento cammino delle ac-que prosegue verso sudcosteggiando i Sas si d iMatera, sfiorando l’abita-to d i Montescagl ioso ol-tre il quale sfocia nel fiu-me Bradano.

Un territorio suggesti-vo, apparentemente de-solato, ma che nascondericchezze natural istiche etestimonianze storiche d ieccez ionale valore.

I fianchi della Gravina,sono sostanzialmente d i-versi: il fianco destro hauna struttura morfologi-ca più complessa per lapresenza dell’abitato d iMatera e più a sud del-l’abitato d i Montescagl io-so posto su un colle ar-gilloso. Il fianco sinistro,d isabitato, è un blo c cocalcareo privo d i vegeta-z ione arborea nella par-te più vicina alla città d iMatera, ma r icopertodalla caratteristica vege-tazione med iterranea, suesso sono rinvenibil i trac-ce dell’uomo qual i: chie-se rupestri, villaggi prei-

Torrente Jesce

DI LUIGI ESPOSITO

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storici d i epoca neol itica,jazz i, cave da cu i si rica-vava il materiale costrut-tivo delle abitaz ioni deiSassi, e masserie.

Oggi questo versante,circa 8.000 ettari, che na-sconde gl i ultimi lembi d iun bosco med iterraneo,rientra nei confini delParco della Murgia Ma-terana.

È proprio il rapportoantico tra natura e uomoche rende unico questoParco che , at t raversol’Ente d i gestione, tutelacontemporaneamenteuna natura spettacolaree le opere real izzate dal-le mani dell’uomo nelcorso d i migl iaia d i annicon il paz iente lavorodella incisione. Geografi-camente il Parco com-prende le aree delle Tufa-re, Murgecchia, Murgia Ti-mone, Acito San Campo,Trasano Conca d’Aglio,

Murgia Alvino, Bosco del Co-mune, Selva Malvezzi, Bo-sco di Lucignano, l’Annun-ziata, Selva Venusio, Mur-gia Sant’Agnese, Lamaquac-chiola, Agna Ofra, Murgia diS. Andrea e Madonna dellaMurgia.

Le irraggiungibil i pa-reti vertical i delle roccee la ric ca vegetaz ioneche si sviluppa all’inter-no dei confini del Parcodeterminano la forma-z ione d i ambienti natu-ral i tal i da permettere lapresenza d i specie vola-til i rarissime. I bird-wa-tchers più fortunati han-no l’opportunità d i osser-vare specie come: il bian-cone, il nibbio, il lanario,il capovaccaio.

A ltr i rapaci come i lfalco grillaio (Falco nau-manni), vivono accantoal l ’uomo e nid i f i canosotto i tetti delle case deiSassi d i Matera o sotto

PLChiesa rupestre San Vito

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le tegole dell’Abbazia Be-nedettina d i Montes ca-gl ioso.

Di particolare interesseè la storia geologica dellaMurgia Materana.

Abbassamenti, “subsi-denza”, e sollevamenti tet-tonici del Pl iocene (da 7 a2 mil ioni d i anni fa) e delPleistocene (da 2 mil ioniin poi), furono la causa d iuna sed imentazione ma-rina che formò una piat-taforma carbonatica. Lapresenza del mare deter-minò qu ind i la formazio-ne d i due d iversi tipi d iroccia: uno strato inferio-re profondo d iverse cen-tinaia d i metri d i roccecretaciche sed imentate dacentinaia d i mil ioni d ianni che prende il nomed i “calcare d i Altamura”,uno strato superiore for-mato da calcareniti, la“calcarenite d i Gravina”formatasi sia per il d isfa-cimento del precedentestrato sia per nuova sed i-mentazione. Entrambi gl istrati sono d i uguale com-posiz ione chimica ma d i-versi nella struttura gra-nulometrica.

Fu proprio la calcareni-te a favorire la presenzadell’uomo preistorico cheutil i zzò come rifugio legrotte, formatesi natural-mente per d isfacimentodella roccia friabile; suc-cessivamente, con la pa-ziente tecnica dello scavo,

l’uomo allargò le stessecavità per ricavarne spazi,finestre, ripiani, chiese.

La Murgia Materana èpercorsa da pochi corsid’acqua superficial i, tracu i: il torrente Gravinache scorre sul lato orien-tale della città d i Materasul fondo dell’omonimocanyon, al imentato daltorrente Jesce che primad i conf lu ire nel torrenteGravina forma un laghet-to naturale (“marmitta d ievorsione”, secondo la de-nominazione geologica),chiamato in gergo d ialet-tale “jurio”, cioè “gorgo”.La roccia calcarea, fessu-rata e permeabile, dàluogo a modesti ruscella-menti lungo le forre mi-nori. L’acqua, durante lepiogge rare ma d i forteintensità, s corre lungosolchi minori (le lame)fino ad immettersi nellaGravina.

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Le città naturaMatera

MateraMateraMateraMateraMatera, conos c iutacome antichissima “cittàtrogloditica” non è esisti-ta da sempre con le carat-teristiche che oggi cono-sciamo, ma il suo partico-lare fenomeno urbanisti-co è unicamente l’effettoterminale d i un processoinsed iativi evolutosi nelcorso dei secol i attraversoil concorso di concomitantifattori geografici, geologi-ci, economici e politici: unaparticolare urbanizzazio-ne generata dalla grandepovertà d i mezzi, ma sor-retta da una tenace volon-tà insediativi.

Il centro storico prendeil nome d i SassiSassiSassiSassiSassi. Sassi se-condo un documento del

1204 indicano i “rioni pie-trosi”. Due vallate poste aipiedi del colle della Civitadestinate ad ospitare unintreccio d i grotte, case,vicol i, vicinati che copro-no circa trenta ettari d iterritorio, che d iverrannola più importante testimo-nianza della civiltà conta-d ina. Dal 1993, Matera eil Parco sono inseriti nellal ista del Patrimonio mon-diale dell’Unesco e, nel1995 ha vinto il premio eu-ropeo d i Pianificaz ioneurbana e regionale.

I Sassi di Matera sono ilmigliore e più completoesempio abitato vissutoper lungo periodo in unaregione del Mediterraneo,

DI GIOVANNI RICCIARDI

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in armonia con l’ecosiste-ma. I Sassi con il prospi-ciente Parco naturale e ar-cheologico della Murgiamaterana sono una te-stimonianza unica dell’at-tività umana, e il “valoreuniversale eccezionale” èuna simbiosi fra le carat-teristiche culturali e quellenaturali. (Mauro Padula)

Il colle della Civita, pri-mario insediamento dellafutura città, si andava len-tamente trasformando inun centro abitato sia purd isarticolato, d i naturaagro-pastorale. Un villag-gio che rimaneva tale nelcorso dei millenni.

Solo nell’Alto Medioevo,Matera, punto nevralgico,crocevia tra l’Oriente Bi-zantino e l’Occidente, ve-niva fortificata ad operadei Longobardi, che l’ele-varono a Castaldato. Uncastello, una cinta mura-ria, una presenza d i strut-

ture pol itico-amministra-tive e rel igiose fornivanoal vecchio villaggio la con-notazione di città.

Nell’anno Mille, conl’arrivo dei Normanni,Matera si presentava conl’aspetto urbanistico abita-tivo sviluppato come cen-tro fortificato nella partealta del colle con una se-rie di casali rurali che pun-teggiavano le scoscese pa-reti ro c ciose attraversouna serie di gradoni, scen-denti verso il fondo delledue grandi cavee.

Due anfiteatri natural iche nel corso dei secol i sitrasformavano nei duerioni cittadini : Sasso Cave-oso e Sasso Barisano.

Tra l’XI ed il XIV seco-lo, Matera, infeudata pri-ma dagl i Svevi e successi-vamente dagl i Angioini,non subiva mutamenti so-stanzial i, ma riempiva i“vuoti” presenti nel suo

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contesto urbanistico. Soloalla fine del XIV secolo,soprattutto per meritodell’organizzazione eccle-siastica, venivano real iz-zati monasteri degni, perd imensione e funz ione,della migl iore storia del-l’architettu ra romanicopugl iese.

Tra il XV ed il XVI seco-lo, con l’appartenenza d iMatera al patrimonio re-gio, il centro cittad ino sitrasferiva dalla cima delcolle della Civita (piazzadella Cattedrale), ai suoipied i (piazza del Sed ile),consentendo un migl iorecollegamento tra le trearee della città: Civita, Sas-so Barisano e Sasso Caveo-so oltre ad aprire nuovedirettrici urbanistiche chesi sarebbero sviluppate neisecol i successivi.

Tra il XVII ed il XVIIIsecolo Matera d ivenivasede della Regia Udienzae capoluogo della Basil ica-ta. Ma è nel XVIII secoloche avveniva una vera epropria svolta nel sistemaurbanistico attraverso lanascita d i un nuovo rio-ne: il Rione del Piano.

Una rottura del vecchiocircu ito cittadino che con-sentirà lo sviluppo dellacittà verso le coll ine checome una corona chiude-vano il vecchio centro sto-rico.

Il XIX ed i primi annidel XX secolo, particolar-

mente dopo il 1860, segna-vano un periodo di stasiper lo sviluppo della cittàe si dovrà attendere l’ele-vazione d i Matera a capo-luogo d i provincia per ri-prendere un cammino ur-banistico in d irezione del-la coll ine.

Uno sviluppo velo ce,ma culturalmente corret-to, negl i anni ’50, quell idello sfollamento dei Sas-si, vergogna naz ionale,che aveva tra l’altro ilgrande merito d i impedi-re guasti e manomissioninei rioni storici, recupera-ti, poi, grazie alla legge n.771/86.

Il centro storico può es-sere ammirato nella suacomponente urbanistica,sia rupestre che palazzia-ta, dal la piazzetta d iSant’Agostino, la piazzadella Cattedrale per la Ci-vita ed il Sasso Barisano,la piazzetta Pascol i ed ilp ianoro super iore delMonterrone per la Civitaed il Sasso Caveoso.

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Il ril ievo orografico d iMontescagl ioso offre unraro punto d i vista per po-ter apprezzare la d imen-sione e le caratteristichedel Parco della MurgiaMaterana del quale, la cit-tadina è titolare insiemea Matera. Dagli affacci in-torno all’abbazia benedet-tina di S. Michele, è possi-bile in un unico colpo d’oc-chio, abbracciare il versan-te del Parco che dalle Mur-ge più alte scende verso ilBradano. I l degradaredel’altopiano è solcato dal-le profonde incisione d itante gravne che aff lu i-scono nella principale, iltorrente che s cende daMatera. La copertura bo-

schiva, in questa parte delParco è meglio conserva-ta che altrove: emergonole ampie macchie scuredei boschi d i leccio a Luci-gnano, a Selva Venusio alSaraceno ed alla Loe. Piùradi ma sempre vasti gl iol iveti, fra i più antichidella regione, accompa-gnano il d iradare del bo-sco verso pascol i e semi-nativi. Nel verde del bo-sco e dal grigio della pie-tra calcarea emerge il re-ticolo dei sentieri util izzatidai pastori: dalle masseriedella Murgia salgono ver-so Montes cagl ioso con-giungendosi alla città neipressi delle porte medie-vali.

DI FRANCO CAPUTO

Le città naturaMontescaglioso

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Un sentiero tra tuttiriassume la storia più an-tica di Montescaglioso dal-l’abbaz ia d i S. Michele,fondata nel secolo XI, ilpercorso attraversa PortaS. Angelo e scende conti-guo alle mura medieval idel versante orientale. Or-mai ridotte a pochi tratti,merl i, porte e torri, sonodocumentate in tutta laloro imponenza da una ce-lebre veduta prospetticaincisa nel 1702 dall’AbatePacichell i. Il sentiero co-steggia le innumerevol icantine in grotta che han-no determinato il toponi-mo della cittad ina, MonsCaveosus. Passa nei pressid i abbeveratoi ricche d iacque sorgive util izzate findall’antichità per soddisfa-re il fabbisogno d i acquadella popolazione. Ancoraoggi al tramonto è possi-bile assistere all’abbevera-

ta delle greggi mentre inpiena notte l’avvicinarsifurtivo d i volpi, tassi edistrici, segnala l’importan-te ruolo delle sorgive an-che per la sopravvivenzadella fauna del Parco. Ilpercorsi tagl ia i calanchie scende giù alla Gravinache attraversa su ponti oantichi guad i. Da qu i siinerpica nel cuore del Par-co, a Murgia S. Andrea lamasseria Strada segnalaun dei luoghi simbolo delParco. Un insed iamentoabitato ininterrottamentedal neol itico. Colonizzatonel secolo X da un piccolacomunità d i monaci italo-greci. Il feudo nel secolo XIè riorganizzato dai mona-ci benedettini d i Monte-scaglioso che vi introduco-no la coltivazione dell’ol i-vo. Infine dal secolo XV,passato in mano ai feuda-tari d i Montescagl ioso, co-

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nosce l’introduzione sem-pre più intensa della pa-storizia e di un olivicolturaestensiva. Il percorso siconclude alla Madonnadella Murgia, l’antico san-tuario dei pastori e deimassari, circondato da unfolto bosco nel quale siaprono gl i eremitaggimonastici altomedievali. Ilsentiero unisce non soloidealmente, i due capisal-d i della trad izione mona-stica medievale, gl i eremibizantini della Murgia el’Abbazia benedettina di S.Michele offrendo a Mon-tescaglioso l’occasione uni-ca d i osservare in pochichilometri le testimonian-ze più significative d i unaciviltà complessa.

Nella cittad ina l’abba-zia offre squarci d i archi-tettura ed arte medievalee rinascimentale ma an-che aspetti ambiental i si-gnificativi. Il reticolo d icanali e cisterne del mo-nastero costitu iscono unesempio unico d i tecnolo-gia antica per la raccolta,conservazione e la d istri-buz ione dell’acqua. Neichiostri è possibile osserva-re da vicino, quasi a por-tata d i mano, la nidifica-zione del falco grillaio cheda marzo a settembre af-folla i tetti ed i ciel i delmonastero e del centrostorico. A poca d istanzadall’abbazia, un altro mo-nastero, conserva le testi-

monianze della ricca co-munità di monache bene-dettine della SS. Concezio-ne, fondata nei primi de-cenni del sec. XVII e so-pravvissuta fino al 1930. Iparamenti sacri, gl i arre-d i per l’officiatura dellachiesa, arte ed architettu-ra fortemente influenza-te dal barocco pugl iese,costitu iscono un patrimo-nio conservatosi quasi in-tatto. Nella l imitrofa par-rocchiale intitolata ai SS.Pietro e Paolo, eretta trail 1776 ed il 1823, quattrotele attribu ite a MattiaPreti, un notevole appara-to d i arred i marmorei ac-qu istati in chiese napole-tane e ben 15 antifonariin pergamena provenien-ti dall’abbazia di S. Miche-le, testimoniano la ricchez-za del patrimonio artisticodi Montescagl ioso.

Altri due monasteri, S.Agostino fondato a metàdel sec. XV ed i Cappucci-ni, eretto agl i iniz i delXVII, conservano tele, sta-tue ed arredi l ignei capacid i illustrare la lunga sto-ria delle due comunità. Ilcentro storico, ben conser-vato, offre ampi s corcipanoramici verso la costae la valle del Bradano maanche angol i suggestivicon incontri spesso ina-spettati: le piccole cappel-le possedute dai benedet-tini nel paese, i resti dellefortificazioni e della città

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greca d i IV sec. a. C., lechiese delle confraternitetra cu i quella d i S. Rocco,patrono del paese, ricca d iex voto. Al Santo d i Mon-tpell ier è dedicata la gran-de festa del 19 e 20 agostoche negl i aspetti ritual iconservatisi inalterati neisecoli riassume la tradizio-ne rel igiosa e popolaredella cittadina ove lo scor-rere dell’anno e delle sta-gioni è ancora ritmato daun lungo calendario d i fe-ste e riti. Alla vigil ia del-l’Epifania, la “notte deiCucibocca”, festa dedicataai bambini.

All’inizio della Quaresi-ma il Carnevalone deicontadini e dei pastori conuna lunga sequenza d iantiche e misteriose figu-re che rimandano alla cul-tura agropastorale. A Pa-squa i complessi riti dellaSettimana Santa con le

pro ces sioni del VenerdìSanto e la festa campestredel Lunedì dell’Angelo. Il1° maggio, il pellegrinag-gio alla Madonna dellaMur gia e in serata, altrafestività contadina, la sca-lata dell’albero della cuc-cagna al suono d i bandee ritmi. A lugl io la Madon-na del Carmine.

Ad agosto la festa Patro-nale d i S. Rocco. A finesettembre la lunga pro-cessione dei ss. Medici conla esposizione di parti delcorpo per le qual i si invo-ca la grazia real izzate incartapesta.

A fine anno, i riti delNatale con le messe cele-brate nelle chiese all’alba,la rad icata trad izione delpresepe in ogni famigl iae le serate notturne al suo-no della “cupa-cupa”, perdar fondo alle botti delvino nuovo.

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Da Montes cagl ioso ilmare sembra a portata d imano e segna la l ineadell’orizzonte. Ci si giungein trenta minuti di auto at-traversando un territorioricco d i culture antiche,soprattutto vigneti ed ol i-veti nei qual i spiccano lel ineee severe delle gran-di masserie fortificate ap-partenute ai benedettinid i S. Michele: S. Maria delVetrano, S. Lorenzo d iMurro e S. Salvatore, sonogl i ed ifici più imponentieretti nel secolo XI daiNormanni a presid io delterritorio e poi concessi infeudo ai monaci.

In queste terre e casal iassolati nasce una varie-tà d i ol ivo, tra le più an-tiche d’Ital ia, l’ogl iarolabradanica, che è il risul-tato dell’adattamento al-l’ambiente locale d i pian-te introdotte nella valledel Bradano dai Greci findall’VIII sec. a.C.

Se al mare ci si vuole

giungere a pied i, e questoè possibile in cinque oredi marcia, lungo l’anticotratturo della Difesa S. Bia-gio sarà possibile ammi-rare anche le testimo-nianze d i uno dei frantoipiù antichi dell’Ital ia me-rid ionale. Infatti nell’abi-tato ind igeno d i Lama d iMille, al centro dell’oasinatural istica d i Difesa S.Biagio, circa ottocento et-tari d i macchia mediter-ranea, colonie d i pinid’Aleppo e profondi calan-chi, tra i resti delle abita-z ioni e delle necropol i,emerge l’area d i un fran-toio databile al IV sec. a.C. del quale si conservanole vasche per la spremi-tura delle ol ive.

A sud delle Murge, il ter-ritorio e l’abitato d i Mon-tescagl ioso, costitu isconola porta d i accesso al ver-sante merid ionale del Par-co e il territorio d i raccor-do con le aree boscate edumide della costa.

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Clima

Clima tipico mediterra-neo con piogge concentra-te soprattutto nel periodoautunnale e primaverile,quasi nulle nella stagioneestiva.

La temperatura mediaannua si aggira fra i 9° e i23°, diminuendo in funzio-ne dell’altitud ine e dellalontananza dal mare. Iperio d i maggiormenteconsigl iabil i per le escur-

sioni sono quello primave-rile e quello autunnale, acausa dell’esposizione del-la Murgia ai venti fredd iinvernal i ed alla caluraestiva; ma, con le dovuteprecauzioni, essa è visita-bile in ogni stagione.

L’inizio delle piogge inottobre, le escursioni ter-miche e la presenza d i ru-giada coincidono con l’ini-zio del periodo vegetativo.

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La Gravina di Matera

DI LUIGI ESPOSITO

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Geologia

Gl i elementi geologiciche maggiormente atti-rano la curiosità del vi-sitatore sono rappresen-tati dagl i ammassi roc-ciosi che “intrappolano” igusci fossil i e dalla sug-gestiva forra denomina-ta Gravina d i Matera.Essi registrano, nelle tap-pe fondamental i, l’evolu-z ione geologica dell’arearicadente nel Parco, cheparte da circa 80 mil ionid i anni fa.

Le ro cce più rappre-sentative affioranti nelParco sono d i origine se-d imentaria, formatesi inambiente marino. Tal irocce sono costitu ite dagranul i carbonatici, cioè

DI VINCENZO FESTA(*) E MARCELLO TROPEANO(**)

composti da carbonato d icalcio (CaCO

2), motivo

per c u i sono def in i te“rocce carbonatiche”. Siaper la zona pugl iese cheper l’ad iacente zona ma-terana, es se sono stateseparate dai geologi indue d ifferenti gruppi d iroc ce, ognuno con pro-prie pecul iarietà e for-malmente denominati“calcare d i A ltamura” e“calcarenite d i Gravina”.

Il “calcare d i Altamu-ra”, più antico, è caratte-rizzato da rocce con gra-nul i prevalentementemicroscopici e in minorparte riconoscibil i ad oc-chio nudo, rappresentatida gusci d i animal i ma-

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rini, o frammenti d i essi,e da alghe. I gu s ci piùevident i e p iù d i f f u s isono quell i appartenentialla famigl ia delle Rud i-ste, animal i bentonici(cioè che vivevano a d i-retto contatto col fonda-le marino) risalenti, comei d inosauri, al periodo delCretaceo (tra circa 140 e65 mil ioni d i anni fa) eche si sono sviluppati inzone caratteri zzate dacl ima tropicale. I gu s cidelle Rud iste somigl ianoa dei corni, che, in d iver-si casi, raggiungono alcu-ni decimetri d i lunghez-za. In particolare, le Ru-d iste del Parco, lunghenon più d i una qu ind ici-na d i centimetri, risalgo-no all’epoca Cretaceo Su-periore (tra circa 80 e 65mil ioni d i anni fa), adind icare che le rocce del“calcare d i A ltamura”, d icu i esse sono parte inte-

grante, r i salgono al lastessa epoca.

Durante il CreataceoSuperiore, lo s cenarioambientale , o megl iopaleo-ambientale, in cu isi sono formate le roccedel “calcare d i Altamura”era caratterizzato da unambiente marino costie-ro pianeggiante d i cl imatropicale, con fondal iampi e poco profond i (dapochi centimetri a qual-che metro), vaste lagunee d istese spiagge. In unambiente marino così ca-ratterizzato vivevano al-ghe e animal i microsco-pici ; es s i pro ducevanouna fanghigl ia carbona-tica a contatto con laquale vivevano le Rud i-ste. Animal i e alghe ri-manevano su i fondal i altermine del loro ciclo vi-tale e nuovi animal i enuove alghe si produce-vano su quelle rimaste.

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Per tutto il Cretaceo Su-periore, il persistente svi-luppo d i questi cicl i e ilcontemporaneo continuoabbassamento (fenome-no chiamato “subsiden-za”) dell’enorme area cheospi tava i l paleo-am-biente marino descrittohanno daterminato l’ac-c umulo, mill imetro sumill imetro, d i d iversecentinaia d i metri d i de-positi (o sed imenti) car-bonatici. Inoltre, i carat-teri fisico-chimici del pa-leo-ambiente e dei sed i-menti carbonatici, non-chè la pressione esercita-ta dal carico dei depositiche via via si accumula-vano hanno favorito unrelativo rapido processod i cementaz ione tra igranul i (fenomeno chia-mato “d iagenesi”), che haconferito ai sed imenti unelevato grado d i compat-

tezza. In definitiva, il ri-sultato della sed imenta-z ione e della d iagenesidei depositi carbonaticidel Cretaceo Superiore hadato origine ad uno spes-so ed ampio ammas soro c c ioso che i geologihanno denominato “cal-care d i Altamura”.

A lla fine del Cretaceoe durante la prima par-te del Cenozoico (cioè apartire da circa 65 mil io-ni d i anni fa), si determi-na un sollevamento e,qu ind i, una emersionedell’area su cu i si sonoformate le rocce appar-tenenti al “calcare d i Al-tamura”.

Durante il periodo d itempo compreso fra ilPl io cene Superiore e ilPleistocene Inferiore (tracirca 2 e 1 mil ione d ianni fa) la stes sa areaviene nuovamente sotto-

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posta ad una fase d i su-bsidenza e a subire gl i ef-fetti d i un progres sivoannegamento da partedel mare, d i cu i le rocceappartenenti alla “calca-renite d i Gravina” nerappresentano la testi-monianza.

La “calcarenite d i Gra-vina”, decisamente piùgiovane del “calcare d iAltamura”, è caratterizza-ta da rocce costitu ite dagranul i carbonatici pre-valentemente riconosci-bil i ad occhio nudo e su-bord inatamente micro-scopici. Tal i granul i sonorappresentati da gusci d ianimal i marini, o pezz id i es si , da alghe e daframmenti d i roccia ero-si, sia dall’az ione delleonde del mare sia da cor-si d’acqua, dal “calcare d iAltamura” parz ialmenteemerso. I gusci più evi-denti e più d iffusi sonoquell i d i animal i bento-nici come ostree, mitil i,brachiopod i, gasterpod i,echinodermi, pecten, ba-lani. Tra il Pl iocene Su-periore e il Pleisto ceneInferiore, lo scenario pa-leo-ambientale in cu i siformavano le rocce ap-partenenti alla “calcare-nite d i Gravina” era ca-ratteri zzato da un am-biente marino costiero d ic l ima temperato, confondal i abbastanza ampie re lat ivamente po co

profond i (da pochi centi-metri a qualche decina d imetri), che lambiva leterre emerse, in progres-sivo annegamento, costi-tu ite da rocce del “calca-re d i A ltamura”.

In un ambiente mari-no così caratterizzato vi-vevano alghe e animal i,che rimanevano su i fon-dal i al termine del lorociclo vitale, mescolati aiframmenti d i roccia erosidal “calcare d i Altamura”.Si formava, così, un se-d imento carbonatico sab-bioso che tappezzava ilfondale marino. Nuovianimal i e nuove alghe siproducevano sul fondalee, assieme agl i apporti d iframmenti d i roccia pro-venienti dal “calcare d iAltamura”, davano origi-ne ad un successivo tap-peto sed imentario.

Per tutto i l per io docompreso tra il Pl iocene

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(*) Dipartimento Geomineralogi-co, Università degl i Studi d i Bari

(**) Dipartimento di Scienze dellaTerra, Università degl i Studi dellaBasil icata

Superiore e il PleistoceneInferiore, il persistentesviluppo d i questi cicl i eil contemporaneo conti-nuo abbassamento del-l’area che ospitava il pa-leo-ambiente marino de-scritto hanno determina-to l’accumulo, mill imetrosu mill imetro, d i d iversedecine d i metri d i depo-siti carbonatici.

I caratteri fisico-chimi-ci del paleo-ambiente edei sed imenti carbonati-ci, nonché la pressioneesercitata dal carico deidepositi che via via si ac-cumulavano hanno favo-rito una relativa rapidad iagenesi, che ha confe-rito ai sed imenti un d i-screto grado d i compat-tezza.

In conclusione, il risul-tato della sed imentazio-ne e della d iagenesi deidepositi carbonatici del

Pl iocene Superiore – Plei-stocene Inferiore ha datoorigine ad uno spesso edampio ammasso roccio-so denominato “calcare-nite d i Gravina” e chepoggia sul “calcare d i Al-tamura”.

A lla fine del Pleistoce-ne Inferiore (cioè a par-tire da circa 1 mil ione d ianni fa), iniz ia una nuo-va fase d i sollevamento,che si protrae fino ai no-s tr i g iorn i ; s i as s i s te ,qu ind i, ad una progres-s iva emers i one de l lazona formata dalle roccedel “calcare d i Altamura”e alla “calcarenite d i Gra-vina”.

In questa fase si in-staurano una serie d i cor-si d’acqua tra cu i il Tor-rente Gravina d i Matera,che, graz ie alla sua capa-cità erosiva, si approfon-d is ce gradualmente nel-la “calcarenite d i Gravi-na”, prima, e nel sotto-stante “calcare d i A lta-mura”, dopo, fino a rag-giungere la sua attualeposiz ione. In conclusio-ne, il risultato dell’erosio-ne da parte del TorrenteGravina d i Matera è lasuggestiva forra denomi-nata Gravina d i Matera.

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La Gravina di Picciano

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Aspetti vegetazionali

Gl i aspetti vegetaz io-nal i che connotano i lParco della Murgia Ma-terana sono il risultatodell’evoluzione dell’habi-tat, in cu i le variaz ionicl imatiche e l’intensa an-tropizzazione, hanno neltempo mod ificato il pae-saggio agro-silvo pastora-le. L’altopiano murgico sicaratterizza per la pre-senza d i specie forestal itipicamente xerofile edel iofile, in grado d i so-pravvivere a cond iz ionic l imatiche caldo-aridecon lunghi period i sicci-tosi. Il paesaggio murgia-no presenta per questeparticolari cond iz ioni eper la capacità delle stes-

DI LORENZO APPELLA E LUIGI ESPOSITO

se specie ad affrancarsi acond iz ioni d i vita preca-rie, tre d iversi ecosistemiforestal i che testimonia-no il continuo mod ificar-si d i un ambiente appa-rentemente arido e pri-vo d i vita.

Difatti visite gu idateall’interno del Parco per-mettono d i conoscere edapprezzare la d iversitàdegl i ambienti e la ric-chezza d i specie f loristi-che e forestal i ind ivi-duando tre particolaribiocenosi: la Foresta Me-d iterranea, la MacchiaMed iterranea e la Gari-ga o pseudosteppa.

La Foresta Mediterra-Foresta Mediterra-Foresta Mediterra-Foresta Mediterra-Foresta Mediterra-neaneaneaneanea d istribu ita negl i ul-

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timi due importanti lem-bi natural i d i Lucignanoe del Comune a testimo-nianza della presenza sulterritorio mu rgiano d ipopolament i foresta l imist i a prevalenza d ispecie quercine.

La Foresta Med iterra-nea, appartenente allafas cia fito cl imatica delLauretum sottozona cal-da si connota dalla suc-ces sione vegetaz ionaleoleo-lentisceto caratteriz-zata dalla presenza d ispecie arboree d i parti-colare pregio qual i il fra-gno, il leccio, l’acero, ilbagolaro, orniello, quer-cia castagniaia che rap-presentano gl i elementid i maggior interesse delpopolamento forestalemed iterraneo.

La Macchia Mediterra-Macchia Mediterra-Macchia Mediterra-Macchia Mediterra-Macchia Mediterra-neaneaneaneanea d istribu ita sull’inte-ro territorio si caratteriz-za per la presenza d ispecie prevalentementecespugl iose con la preva-lenza d i lentisco, terebin-to, oleastro, fill irea, gine-pri che sono il risultato d iinterventi antropici legatiprevalentemente ad unaintensa attività d i pasto-riz ia e da ripetuti incen-d i che da un punto d i vi-sta antropologico hannorappresentato il mezzocon cu i le popolaz ioniprimitive hanno apertolo spaz io per la cacciaagl i erbivori, per le col-

ture e per l’allevamento.La gar iga,gar iga,gar iga,gar iga,gar iga, in c u i le

specie erbacee costitu i-scono un unicum d i par-ticolare interesse f loristi-co è costitu ita principal-mente da graminacee avegetaz ione invernale.Nelle garighe il pascolointenso è ind icato dallafrequenza degl i asfodel ie da una caratteristicagrande ombrell ifera: laferula. In questo eteroge-neo contesto vegatazio-nale spiccano endemismid i particolare pregio qua-le l’ofride d i Matera. Pertale d iversità d i ecosiste-mi vegetal i e per la bio-d iversità esaltata dallecirca mille specie censi-te, la f lora della MurgiaMaterana, as sume unruolo fondamentale nel-la conservaz ione dellabiod iversità e nella valo-rizzazione del Parco.

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La flora

La flora del Parco Re-gionale della Murgia Ma-terana comprende 923specie, cioè circa un sestodell’intera flora naziona-le e un terzo d i quella re-gionale: un numero rag-guardevole per un’area dicirca 8.000 ettari d i super-ficie. Un centinaio sono lespecie rare e rarissime tracui molte entità di irradia-zione mediterraneo-orien-tale, 61 quelle d i nuovasegnalazione per la floralucana e ben 36 sono lespecie endemiche e suben-demiche cioè quelle entitàcon areale costitu ito daaree geografiche abba-stanza ristrette.

Nel territorio del Parco,

DI GIUSEPPE GAMBETTA

la millenaria azione del-l’uomo se da un lato haportato alla estrema rare-fazione dei boschi, dall’al-tro ha costitu ito la ragio-ne principale della d iffu-sione delle specie erbaceedando luogo a quelle tipo-logie degradate d i vegeta-zione a gariga e pseudo-steppa. Questi ambientirivestono un ruolo di gran-de importanza nella bio-d iversità del territoriomurgiano proprio per lagrande ricchezza d i specieche coloni zzano questearee aperte e l ibere dallavegetazione arborea. Legarighe presenti in tuttal’area del Parco sono ca-ratterizzate da un alto “in-

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dice d i sassossità” con roc-cia affiorante e suol i scar-si costituiti da sottil i tasched i terra rossa o bruna.Esse sono caratterizzate dauna vegetazione spiccata-mente el iofila e xerofilacostitu ita per lo più dabassi arbusti as crivibil ialle sclerofille microfill i-che, con fogl ie aromati-che, ridotte e l ineari.

Esistono d iversi tipi d igarighe che sfumano leune nelle altre, a secondadel substrato geologico edel grado d i evoluzione, esi confondono in modopressoché continuo con glistadi di vegetazione, comele formazioni rupestri o lamacchia bassa. Tra le spe-cie più d iffuse spiccano:l’ormai sempre più rarotimo arbustivo (Thymuscapitatus), il timo spinoset-to (Thymus spinulosu s),raro endemismo dell’Ital iamerid ionale, l’el iantemo

jonico (Helianthemum jo-nium), endemismo di Pu-gl ia e Basil icata con d i-sgiunzione dell’areale inRomagna, la rara salviaargentea (Salvia argentea),la santoreggia montana(Satureia montana), il l inodi Tommasini (Linum tom-masini), specie il l irica ra-rissima, nota in Ital ia peril Friul i e il Veneto, la Pu-gl ia e la Basil icata è l’eu-forbia spinosa (Euphorbiaspinosa) che con i suoi cu-scini emisferici è d iffusaprincipalmente nelle zonealte e ventose. Abbastan-za frequenti in questi am-bienti sono pure le neofi-te. Fra le più comuni tro-viamo lo zafferano d iThomas (Crocus thomasii),l’endemico cipollaccio del-la Basil icata (Gagea chry-santha), il raro agl io mo-scato (All ium moschatum),il giaggiolo sicil iano (Irispseudopumila), l’endemico

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latte d i gall ina d i Adalgi-sa (Ornthogalum adalgisae)e tante altre.

Nelle cenosi pseudo-steppiche, dove abbondan-te in passato è stato il pa-scolo e dove il substrato sipresenta compatto e asfit-tico, si rinvengono copio-se specie come l’asfodelomediterraneo (Asphodelusmicro carpu s), la ferula(Ferula comunis), l’asfode-lo giallo (Asphodel ine lu-tea), la scilla marittima(Urginea marittima), tuttespecie che non sono appe-tite dal bestiame. Diffusis-simi e spesso d i notevoleestensione sono gl i xero-gramineti che costitu isco-no delle vere e propriepraterie steppiche nellequal i le specie dominantisono le graminacee appar-tenenti per lo più al ge-nere Stipa. Tra le più pre-senti ricordiamo: l’endemi-co l ino delle fate mediter-

raneo (Stipa austroital ica),il raro l ino delle fate d iLagasca (Stipa fontanesi),il l ino delle fate annuale(Stipa capensis), il barbon-cino mediterraneo (Cym-bopogon hirtus), la cererecomune (Aegilops genicu-lata) e tante altre.

L’intera scarpata dellaMurgia Materana è inte-ressata dalla singolare pre-senza d i imponenti solchierosivi simil i a canyon chene intaccano lo spesso ba-samento di calcare creta-cico. Questi burroni sonocomunemente noti come“gravine” e i tratti più im-ponenti hanno pareti ri-pide strapiombanti, incre-d ibilmente modellate dal-la millenaria erosione, congugl ie, pinnacol i, grotte ecaverne, scenario singola-re in cu i fiorì la civiltà ru-pestre. In esse trovano illoro habitat ideale nume-rose specie vegetal i dette

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“rupicole”, cioè adatte a vi-vere sulla nuda roccia enumerose altre che trova-no nelle gravine condizio-ni microcl imatiche parti-colarissime. Queste forrecostitu is cono per molterare specie una ambientealtamente conservativo,nel senso che hanno svol-to per millenni la funzio-ne di custodi d i entità flo-ristiche d i antichis simaorigine che, scomparse al-trove per mutate condi-z ioni, vi sopravvivonoquali veri e propri fossil iviventi, rel itti d i flore ar-caiche. Alcune d i questespecie dette dai fitogeogra-fi “anfiadriatiche” sonopresenti e abbondanti an-che lungo le opposte costeadriatiche della ex Jugosla-via, dell’A lbania e dellaGrecia e d iffuse in Ital iasolo in alcune regioni ches i affac c iano sul MarAdriatico tra cu i Pugl ia eBasil icata l imitatamenteal territorio materano.Fanno parte di questo con-tingente flogistico speciecome il raro Kummel d iGrecia (Carum multif lo-rum), la splendida campa-

nula pugl iese (Campanu-la versicolor), l’elegantescrofularia pugl iese (Scro-phularia lucida), il del icatoe raro al isso sassicolo (Au-rinia saxatil is), l’atamantasicil iana (Athamanta sicu-la), il raro raponzolo me-rid ionale (Asyneuma l i-monifol ium), tutte speciecon areale a baricentrobalcanico e d isgiunzionein Pugl ia e Basil icata aMatera.

Nella f lora rupestresono presenti anche pre-stigiosi e rari endemismicome il fiordaliso gargani-co (Centau rea subtil is),specie esclusiva del Garga-no e delle Murge fra La-terza e Matera, Otranto ela Sila; la vedovino d i Ba-sil icata (Centaurea centau-roides), appariscente e raroendemita dei substrati ar-gillosi pure presente nel-l’area del Parco.

Questi sono alcuni deipreziosismi floristici rac-chiusi in questo roccioso edaffascinante angolo delterritorio materano che ilParco della Murgia Mate-rana intende tutelare.

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Alberi e arbusti

Foresta MediterraneaFragno

(Quercus troiana)Si presenta in genere

come un albero alto tra i10-15 metri con una chio-ma ampia. Le foglie coria-cee sono glabre su entram-be le facce ed hanno ilmargine seghettato. La de-fogliazione è molto tardi-va: avviene nella primave-ra dell’anno successivo aquello d i formazione. Leghiande si presentano avolte solitarie, a volte sonoriunite in gruppetti e sonoprotette da una cupola diconsistenza legnosa a for-ma di campana.

Pianta tipicamente termo-fila (capace di sopportaretemperature elevate), rifug-ge dai climi troppo secchi eda quell i eccessivamenteumidi. Il suo areale coincidecon le regioni sud-orientalidell’Europa. In Italia il fra-gno è circoscritto all’altopia-no murgico dove si è inse-diato in una zona caratteriz-zata da un clima tipicamen-te Mediterraneo, con unapiovosità abbastanza eleva-ta. Può formare boschi purio associarsi ad altre querce,come il leccio, la roverella epiù raramente il cerro.

DI LORENZO APPELLA E LUIGI ESPOSITO

Leccio(Quercus ilex)

Albero alto sino a 15-20metri o anche arbusto ce-spugl ioso d i pochi metrid’altezza. A chioma densae tondeggiante e tronco ri-coperto da una cortecciagrigia minutamente scre-polato. Le foglie sono ova-to-oblunghe presentano lapagina superiore l is ciamentre quella inferiore èdensamente ricoperta dapeluria. Esse cadono dairami anche dopo 3-4 anni.

I frutti sono ghiandeovoidali per un terzo o permetà protette da una cu-pola foggiata a “ciotola”.

Pianta tipicamente me-d iterranea, frugale per-tanto d iffusa sull’altopia-no murgico in boschi purio spesso associati a rove-relle, orniell i.

Roverella(Quercus pubescens)Albero alto sino a 20-25

metri con fu sto spes socontorto e rami sinuosi. Èpossibile trovarlo sotto for-ma d i arbusto a rami sot-til i alto 3-4 metri: le fogl iesi staccano dalla piantamolto tard ivamente sonoallo stad io adulto coriaceecon il margine inciso da 4-

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7 paia d i lobi. Le ghianderiuniti in gruppi di 2-4 han-no forma ovoidale e sonoin parte protette da unacupola cosparsa da pelu-ria. Essa costitu isce i cosid-detti boschi mediterraneiquando si trova associataagl i aceri agl i orniell i, aicarpini, ai lecci.

Bagolaro(Celtis australis)

Albero che può raggiun-gere e superare i 20 metricon il tronco e i rami ri-vestiti da una corteccia l i-scia e d i colore grigio ce-nere. Imponente e mae-stosa è la chioma densa etondeggiante; le fogl ie d iforma ovoidale-lanceolatasono finemente dentella-te. I frutti hanno dimen-sioni e forma di un piselloe racchiudono un noccio-lo duro e rugoso, d iventa-no neri a completa matu-razione. È una specie me-diterranea e si caratteriz-za per essere frugale infatto d i terreno, potendovegetare nelle t ipichezone sassose e rocciosedell’area murgiana.

Macchia MediterraneaLentisco

(Pistacia lentiscus)Portamento di un arbu-

sto cespuglioso alto 1-3 me-tri. Le fogl ie sono persi-stenti, lanceolate a margi-ne intero, caratterizzateda un verde lucente, inautunno assumono una

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colorazione rossastra qua-si purpurea. I frutti giun-gono a maturazione in ot-tobre novembre e sonodrupe ros sastre e quasinere a maturità comple-ta. Caratteristico elemen-to della macchia mediter-ranea, tipicamente termo-filo, forma complessi purie prevale nelle garighe di-scontinue e degradate del-l’altopiano murgico

Terebinto(Pistacia terebinthus)Arbusto molto ramoso a

corteccia bruno-rossastraalto sino a 5 metri. Le fo-glie sono caduche coriaceee aromatiche a margini in-teri scure superiormentepiù chiare e opache infe-riormente. I frutti matura-no tra settembre e ottobree sono drupe ovoidali, dap-prima verdastre e rosse acompleta maturazione. Hauna distribuzione analogaal lentisco e predil ige pen-d i i arid i, rupi calcaree eboschi termofil i.

Fillirea(Phillyrea angustifolia)La fill irea è una arbu-

sto-alberello alto 1-3 me-tri con foglie coriacee sem-preverdi a lamina strettae margine intero. I fruttisono piccole drupe globo-se, nere a completa matu-razione. Tipica delle mac-chie e delle garighe di am-biente arido è presentenei boschi termofil i dellaMurgia.

Ginepro Rosso(Juniperus oxycedrus)Arbusto sempreverde

alto al massimo 7- 8 me-tri. Le fogl ie sono aghifor-mi, pungenti lunghe 2-3centimetri d i colore verdeglauco. I frutti carnosipressoché sferici hanno undiametro d i circa un cen-timetro ed un colore rossoazzurrognolo. Tipico com-ponente della MacchiaMediterranea lo si trovaassociato ai cisti, fill irea,lentis chi negl i ambientirupestri.

Olivastro(Olea oleaster)

Arbusto cespuglioso altofino a 5 metri con ramispinescenti, fogl ie coriaceepersistenti più piccole d iquelle della forma coltiva-ta, d i colore verde scurosuperiormente, argenteeinferiormente.

I frutti sono drupe glo-bose, violacee o nere amaturazione, sono più pic-cole e meno polpose dellaforma coltivata. L’Oleaoleaster è tipico del Medi-terraneo, frugale e pred i-l ige i terreni calcarei dellamurgia materana.

Delphinium halterar

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La fauna

L’apparente asprezzadel territorio del Parco del-la Murgia nasconde, in re-altà, un ambiente natura-le che colpisce per la suabellezza segnata da impo-nenti pareti rocciose e dol-ci distese ondulate, profon-de gole e fresche lame, chesi presentano l’una dietrol’altra, in una continu itàche non finisce di sorpren-dere. Fra la gariga e lamacchia med iterranea,nei boschetti residu i d i ro-verella e d i fragno, si na-sconde, oltre all’interes-sante flora rupestre, unafauna ricca e pittoresca.

Avvicinandosi al torren-te Gravina, che attraversal’omonimo territorio, è fa-cile ascoltare il canto del-l’usignolo d i fiume o delloscricciolo, che vivono na-scosti tra la vegetazione disal ici e cannucce d i palu-de che contornano il corsod’acqua. Molto cu riosol’aspetto dello scricciolo,

DI GIANNI SCHIUMA

piccolo e molto somigl ian-te ad una pall ina, con ilpiumaggio bruno-rossiccioe molto folto, e la coda ti-picamente tenuta all’insù.Si nutre principalmente dilarve, insetti e bacche.

Nella rigogl iosa mac-chia mediterranea, inve-ce, è molto facile trovareper terra aculei d i istrice,magari vicino a fossettescavate per mangiare leradici dell’aro (o pan di bi-scia). L’ istrice è un rodito-re strettamente vegetaria-no e gradisce molto le ra-d ici, la frutta e le corteccetenere, d i cu i la Murgia èricca. È un animale che sisposta prevalentemente dinotte, per cu i risulta piùfacile avvistare i suoi acu-lei magari vic ino al latana, piuttosto che poterosservare d i persona lasua corporatura rozza erobusta, sormontata dailunghi aculei bianchi eneri. Se si è fortunati puòcapitare di veder far capo-l ino, magari d ietro qual-che lentisco, un meravi-gl ioso colubride, il Colubroleopard ino, che prende ilnome dalla caratteristicacolorazione nella parte su-periore, con macchie a

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pelle d i leopardo rosso-gialle o rosso-sangue.

Altri rettil i che è possi-bile incontrare sono il biac-co, il cervone, la Biscia dalcollare, la Vipera comunee la Testuggine d i Her-mann. Ma la fauna terre-stre non si esaurisce qu i:faine, volpi, tassi e riccipercorrono abitualmente isentieri del parco, appro-fittando della tranquill itàche deriva da un territo-rio ancora in parte incon-taminato dall’uomo. Men-tre la vita scorre serenafra le spettacolari roccecalcaree, lassù in alto ilcielo si oscura al passag-gio della ricca fauna orni-tologica che movimenta iciel i del Parco della Mur-gia. Vale la pena ricorda-re, per pregio ed importan-za, la presenza del prezio-so capovaccaio, il più pic-colo avvoltoio eu ropeo.Sull’altipiano murgico hatrovato un habitat ideale,visto che vive abitualmen-te al seguito degli armen-ti, cosa da cu i ha derivatoil nome. Si nutre di rifiuti,approfittando dei cadave-ri, delle placente e degl iescrementi del gregge.

Le al i del capovaccaioincrociano spesso il volocon quelle d i poiane, Nib-bi real i, bianconi e Falchilanari, che caratterizzanoin maniera singolare l ’avi-fauna del Parco.

Quasi tutti si nutrono di

topi, vipere, rane, che èmolto facile trovare inquesti luoghi: bell is simovederl i cacciare, quandodall’alto puntano la pre-da e, magari, con la carat-teristica posi z ione dello“spirito santo”, piombanosull’inconsapevole vittima,garantendosi almeno unaltro giorno di vita. Moltid i loro sono nid ificanti, edalcuni pred il igono gl i an-fratti rocciosi per la depo-sizione delle uova e tro-vano, fra le vaste paretirocciose della gravina illuogo ideale per la posadelle stesse uova.

Un discorso a parte me-rita il Falco grillaio, cheadora svernare in questiluoghi e che, non a caso,è stato scelto quale simbo-lo del Parco.

Una fauna, quella delParco della Murgia, moltoricca e variopinta, grazieanche al carattere scosce-so e selvatico d i alcunearee del Parco, che non hafavorito la totale antropiz-zaz ione del territorio avantaggio d i una faunache invece vi ha trovato lecond iz ioni ideal i per lapropria sopravvivenza.

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GRILLAIO

Lesser Kestrel Falco naumanni Fleischer, 1818

SistematicaOrdine: FalconiformesFamigl ia: FalconidaeSpecie monotipica

Distribuzione geograficaSpecie a corologia euro-

centroasiatico-med iterra-nea. Esistono una ventinad i popolazioni riprodutti-ve isolate nel Nord Africaed una irregolare presen-za europea quasi ovunquein forte regressione nume-rica, dal Portogallo orien-tale all’ex Unione Sovieti-ca, fin nella regione tra-sural ica, dove esistono d i-verse colonie in vaste zonesteppiche. In Europa occi-dentale e in medio-orien-te il grillaio si riproduce dalsud della Francia e dellaSlovenia alla Sicil ia, alleisole dell’Egeo fino in Isra-ele e in longitud ine dalPortogallo alla Siria, al-l’Irak e all’Iran.

L’areale di svernamen-to è local izzato in granparte al sud dell’equatorefino al Sud Africa e in par-ticolare in Senegal, Sudan,Etiopia, Eritrea, Somal i,Kenya, Zambia, Zimba-bwe e Sud Africa.

Origine e consistenzadelle popolazioni ital iane

La specie nid ifica esclu-sivamente in Basil icata,Pugl ia, Sicil ia, Sardegna,Toscana e Lampedusa. Se-gnalaz ioni sporad ichesono inerenti la Campania

e riguardano i monti Pi-centini, lalta Irpinia, ilMatese e il Beneventano.La consistenza della popo-lazione del passato è sco-nosciuta. Solo negl i ultimi10 anni è stato avviato uncensimento sistematicoche ha consentito l’aumen-to della conos cenza d iquesta specie.

La popolazione italianaaggiornata al 2001 è d i3.640 - 3.840 coppie oltre3.000 delle qual i esclusiva-mente sinantropiche. Digros se d imensioni sonoinfatti le colonie d i alcunicentri urbani come Mate-ra con 693 coppie, Altamu-ra 629 coppie, Gravina 649,Santeramo 456 coppie. Lacaratteristica sinantropia ètipica delle colonie penin-sulari, mentre in Sicil ia eSardegna è più facile tro-vare colonie d i piccole d i-mensioni in situazioni na-tural i.

Fenologia stagionaleIn Ital ia la specie risul-

ta essenzialmente nid ifi-cante e migratrice, eccet-tuate alcune zone dell’are-ale meridionale, ove è par-zialmente stazionaria. Uncontingente d i circa 20-40individu i sverna in Sicil iamentre 20-30 sono gl i in-dividui di cu i è stato accer-tato lo svernamento traBasil icata e Calabria; perquanto venga consideratoparz ialmente svernante

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anche in Sardegna, non siconoscono stime della po-polazione eccettuato spo-rad ici avvistamenti. Il nu-mero degl i svernanti va-rida da un anno all’altroin relazione alle condizio-ni cl imatiche e qu indi, in-direttamente, alla disponi-bil ità trofica del territorio.Nei principal i quartieri d isvernamento africani i fal-chi si raggruppano in dor-mitori comuni d i d iversemigl iaia di individu i. Que-sta abitudine risulta comu-ne anche nei quartieri d iriproduzione peninsulariital iani mentre ovviamen-te i pochi ind ividu i sver-nanti in Ital ia risultanoparticolarmente d ispersi.

HabitatIn riproduzione l’habi-

tat privilegiato in Ital ia ècaratteri zzato da vasteestensioni d i pseudo-step-pa mediterranea, inqua-drabile fitosociologicamen-te nella associazione Fe-stuco-Brometal ia e, in mi-nor misura, nella Thero-

Brachypodietea, alternatea coltivazioni cereal icole ea superfici coltivate a se-minativo. Tra queste lecoltivazioni foraggere per-manenti e, in modo par-ticolare, i cosiddetti prati-pascolo i qual i prevedonol’util i zzaz ione dell’erbamediante tagl io in prima-vera e l’util izzazione diret-ta da parte degl i animal ida pascolo in autunno.

ConservazioneLe cause del decl ino nu-

merico d i questa specie,oggi annoverabi le traquelle a maggior rischio d iest inz ione in as soluto(SPEC1), sono da ricercareda un lato nella scompar-sa d i habitat idoneo, dal-l’altro dai potenzial i re-stauri dei centri storici checauserebbero la scompar-sa d i numerose siti idoneial la nid if icaz ione, neimaggiori centri abitati cheospitano le colonie piùgrosse.

GIANNI PALUMBO

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La Testuggine d i Her-mann è una delle tre spe-cie d i testuggini europee,con la Testuggine graecae la Testuggine margina-ta. Il suo corpo è protet-to da uno scudo dorsale,il carapacee uno ventraleil piastrone. Vi è d imorfi-smo sessuale. Il maschio,più piccolo della femmi-na, ha una coda più lun-ga e il piastrone, piattonell’altro ses so, legger-mente concavo.

In Ital ia merid ionalesono att ive pr inc ipal-mente nei mesi primave-ril i ed estivi fino a no-vembre. Come rettil i laloro attività è legata allatemperatura: al d i sottodei 12 °C vanno in letar-go o, al d i fuori del peri-o do del letargo vero eproprio, comunque ral-lentano fortemente laloro attività Soffrono tem-pereture alte.

La stagione riprodutti-va ha iniz io subito dopoil risvegl io dal letargo. Amaggio-giugno la femmi-na scava nel terreno unabuca profonda una deci-na d i centimetri, spessoalla base d i cespugl i, nel-la quale depone un nu-mero variabile d i uova.Ad agos to - se t tembre ,dopo circa novanta gior-ni dalla deposiz ione, dal-le uova nas ceranno lepiccole tartarughe, già in-d ipendenti ma con molti

nemici natural i. Come gl iind ividu i adulti si nutro-no principalmente d i ma-teriale d i natura vegeta-le, preferendo piante le-guminaceae, solo a voltenutrendosi d i piccol i in-vertebrati o d i escremen-ti. Gl i ind ividu i adulti pos-sono es sere predati dacinghial i, volpi, aqu ile,cani randagi e anche rat-ti mentre i giovani da nu-merose specie animal i,anche serpenti e gazze.

La Testuggine d i Her-mann non compie lamuta e le squame corneesi accrescono per apposi-z ione periferica d i chera-tina: questo accrescimen-to è period ico ed avvienesoprattutto nei mesi pri-maveril i-estivi eviden-z iandosi con d isegni con-centrici il cu i numero to-tale, per ogni s ingolasquama, è approssimati-vamente ind icativo del-l’età dell’animale. Gl i in-d ividu i molto vecchi pre-sentano invece il carapa-ce l iscio.

ROBERTO LASCARO

TESTUGGINE DI HERMANN - Hermann’s TortoiseTestudo hermanni, Gmelin 1789

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In Ital ia, il capovacca-io, arriva da fine febbra-io-iniz io d i marzo fino amaggio-iniz io d i giugnoattraversando lo strettod i Messina per tornarein Africa a settembre-ot-tobre.

E’ il più piccolo tra gl iavvoltoi eu ropei, lungo60-70 cm. e con un’aper-tura alare d i circa 160 cmI giovani sono d i coloremarrone-nerastro e ac-qu isis cono il piumaggioadulto dopo circa cinqueanni. Gl i ind ividu i adultihanno piumaggio biancocon remiganti nere; bec-co pic colo con la ceragia l la e con la puntanera; pelle della faccia edel collo senza piume ed i colore giallastro, cir-condata da una corona d ipiume fil iformi; zampecolor carne. In volo è in-confond ibile con al i lun-ghe e squadrate, tipichedegl i avvoltoi e dei gran-d i veleggiatori , con lequal i sfrutta le correntitermiche, coda cuneata.

Tra gl i avvoltoi, il ca-povaccaio, è tra i menoesigenti e special i zzati.La sua d ieta include: ri-fiuti; sterco; placente; ca-rogne; piccol i invertebra-ti e vertebrati.

Il nome capovaccaio,termine d i origine tosco-laz iale, gl i deriva dallasua abitud ine d i segu iregl i armenti al pas colo:

qu ind i capo vac caro ovaccaio. Il termine ingle-se con il quale è identifi-cato, Egyptian vultu re,ricorda la sua presenzanella antica cultura egi-z iana nella quale il ca-povaccaio era ben con-siderato tanto da es sererappresentato nei gero-gl ifici. Tuttora nei paesiafr icani ed asiat ic i gl iviene dato merito per lasua attività “igienica” d ispazz ino naturale, l ibe-rando il territorio da ca-rogne e rifiuti, potenzia-l i vettor i d i malatt ie :questo non è avvenutoin Ital ia dove qu ind i ilcapovaccaio, come altrianimal i, è un animaleschivo e sospettoso.

E’ tra i pochi uc cell iche util i zzano strumen-ti: il suo comportamentofu descritto per la primavolta dal barone VanLawick il quale osservòun ind ividuo servirsi d iuna pietra, presa con ilbecco e poi scagl iata, perrompere il guscio d i unuovo d i stru zzo rimastoabbandonato.

ROBERTO LASCARO

CAPOVACCAIO Egyptian vultureNeophron percnopterus Linnaeus, 1758

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Il rapporto tra territorioe uomo

L’uomo ha popolato laMurgia sin dai tempi prei-storici, con stazionamentir isalenti al Paleol it ico(Grotta dei pipistrell i) e alNeol itico (villaggio d i Mur-gecchia, d i Murgia Timo-ne e d i Trasanello). Nume-rose testimonianze di que-ste fasi si conservano pres-so il Mu seo Naz ionale“Domenico Ridola” a Ma-tera, mentre testimonian-ze del periodo greco (VIII-VII secolo a.C.) e romano(dal III a.C.) affiorano piùnumerose sul versante d iMontescagl ioso. Si suppo-ne che, nel corso d i questisecol i, il territorio murgi-co fosse dominio d i pasto-ri e mandriani che abita-

vano in piccol i villaggi ri-cavati dall’adattamentod i piccole caverne natu-ral i. Difatti, il manto bo-s coso che ricopriva untempo la Murgia, ben siprestava al pascolo d i bo-vini e d i ovini.

Furono proprio le co-munità dei pastori a la-sciare successivamente unsegno indelebile del rap-porto tra uomo e natura.

Casal i, villaggi rupestri,tra cu i S. Nicola all’Ofra,Cristo la Selva, VillaggioSaraceno ed altri, munitid i area sepolcrale e chiesarupestre, conservano an-cora intatto il fascino del-l’insediamento in grotta. Aqueste strutture si affian-

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DI LUIGI ESPOSITO

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cavano gl i jazzi, ovil i rea-lizzati tenendo presente leesigenze degl i animali ecaratteristici per i tipicimuretti a secco, per lapendenza ed esposizionea sud. L’arte rupestre inte-ressa anche la rel igione:l’immigrazione di comuni-tà greche provenienti dal-la Sicil ia, dalla Calabria, ilmonachesimo benedetti-no e successivamente gl iArmeni, gl i Ebrei e Schia-voni, ognuno con propriusi e costumi, modellaro-no le grotte per farnechiese, cenobi, cappellesuccessivamente arricchi-te da elementi architetto-nici tipici della liturgia gre-ca e latina.

Una specificità del pa-trimonio artistico dellechiese rupestri nel Parco ècostitu ito dall’imponentecorredo di affreschi conser-vatosi, spesso intatto, condipinti databil i a partiredal IX -X secolo e rappre-sentativi della cultura lon-gobarda, bizantina e lati-na-occidentale.

Il rapporto tra uomo enatura all’interno del Par-co della Murgia Materanacopre in maniera spetta-colare anche il periodotemporale che va dal 1500agl i inizi del 1900.

Lo sfruttamento cereali-colo-pastorale del territoriodeterminò la realizzazionedi masserie, sistemi di ca-nalizzazione, vasche di de-

cantazione e cisterne perla raccolta delle acque,messe in rete tra loro at-traverso una viabil ità col-legata anche con la cittàdi Matera, ancora oggi, uti-l izzata per gli spostamen-ti all’interno del Parco.

Ed è proprio all’internodel Parco che si trovanodelle stupende masseriepadronal i, alcune dellequal i fortificate che, d islo-cate lungo tutto il territo-rio interessato, stanno d i-ventando i luoghi privile-giati per la sosta dei turi-sti che hanno vogl ia d istupirsi davanti ad una in-sol ita area protetta.

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Interno Grotta dei Pipistrelli

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La preistoriadel territorio materano

Il territorio materano èric co d i testimonianzepreistoriche, tanto da risul-tare uno dei più importan-ti dell’Ital ia Merid ionale.Molte le zone di interessearcheologico ricadenti nel-l’area del Parco della Mur-gia Materana.

Numerosi sono i giaci-menti d i superficie ascri-vibil i al paleolitico inferio-re-medio, d istribu iti lungoi terrazzi d i origine fluvio-lacustre, da cu i provengo-no manufatti riconducibi-l i all’acheuleano evoluto.Questi siti hanno restitu i-to bifaccial i e prodotti suscheggia di tecnica prote-levalloisiana e levalloiso-musteriana, sol itamente

flu itati, più raramente d iaspetto fresco. Tra le sta-zioni d i superficie d i mag-gior ril ievo si ricordano:masseria Porcari, in con-trada Serra Rifusa, Palom-baro dell’Annunziata, inlocal ità Selva, Trottol ini,vicino la masseria Leone,lungo la gravina d i Piccia-no, Pietrapenta e S. Mar-tino , sempre lungo la gra-vina di Picciano, masseriaPetito, sulla sponda destradel Bradano, in agro di Mi-gl ionico, S. Lucia, presso lamasseria S. Lucia di Gene-rone, sulla sponda sinistradel Bradano, Cozzica, sulpianoro destro della gra-vina di Matera, Murgia S.Andrea, in agro d i Mon-

di GIANFRANCO LIONETTI

Grotta dei Pipistrelli e, in primo piano, tomba funeraria

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tescagl ioso, Lucignano eSerra Monsignore, in loca-l ità Selva.

Scarse le testimonianzedel Paleol itico superiore,probabilmente più per ca-renza di ricerche specificheche per assenza d i giaci-menti. Vari manufatti l iti-ci, fra cu i bul ini, punte egrattatoi, provengono daidepositi archeologici delnoto ed importante sitorupestre Grotta dei Pipi-strell i e dalla sottostanteGrotta funeraria.

Attualmente, rel itti delMesol itico non sono notinel materano. Anche perquesto del icato momentodi passaggio dall’economiadi caccia e raccolta del Pa-leol itico a quella d i produ-z ione del Neol itico, lamancanza d i informazio-ni potrebbe essere attribu-ita ai l imiti della ricerca.

Il Neol itico è ben docu-mentato da abbondantimaterial i rinvenuti in nu-

merosi insed iamenti chene attestano quasi tuttal’estensione cronologica,dalla ceramica impressa(del secondo aspetto) aquello dello stile d i Diana.

Fra i vari abitati del ma-terano sono da ricordareS. Martino, le Matinelle, anord-ovest della città, S.Candida, a nord Trasano,sulla murgia, verso Later-za e poi i rinomati villag-gi “trincerati” cinti da im-ponenti fossati, prova tan-gibile della grande coesio-ne sociale delle genti neo-l itiche e della loro elevataorganizzazione nel lavoro.Di questi ultimi ne sonostati local izzati tre a Ser-ra d’Alto, uno a Murgec-chia, uno a Murgia Timo-ne, tre a Trasanello e trea Tirlecchia.

Sovente sulle stesse areedi d istribuzione dei villag-gi neolitici insistono necro-pol i e abitati dell’età delBronzo e del Ferro. È ilcaso d i S. Martino-Pietra-penta, Murgecchia, Mur-gia Timone, Trasano, Tra-sanello e Tirlecchia.

Monumenti sepolcral i,o capanne, della prima

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età dei metall i sono statiscavati dal Ridola a SerraMonsignore e a Lama-quacchiola.

L’età del Bronzo è do-cumentata da sepolcri col-lettivi, a grotticella artifi-ciale o naturale, lungo lagravina d i Picciano (Pie-trapenta-S. Martino) in unbuon numero delle local i-tà già citate per le eviden-ze del periodo neol itico,nonché in contrada Cap-puccini, S. Frances co aChiancalata e Cozzica. Ilmomento finale dell’etàdel Bronzo, caratterizzatodal rito funebre della cre-mazione, è testimoniatodalla necropoli a incinera-z ione d i Timmari-fondoCoretti dove agl i inizi delNovecento, Domenico Ri-dola e Qu intino Quagl iatirecuperarono circa trecen-to urne cinerarie. All’etàdel Bronzo è da ricondur-re l’util izzazione di nume-rose grotte natural i comela Grotte dei Pipistrell i,Grotta “Funeraria”, GrottaLa Monaca, Grotta del-l’Acino del Finocchio, Grot-ta del Giardino del Mona-co, Grotta del Tavuto, Grot-

ta dell’Istrice, Grotta delForterizzo, ecc.

Material i dell’età delBronzo (civiltà Appennini-ca) sono venuti alla luceanche in varie zone del-l’area urbana d i Matera:Piazza S. Francesco-Bancad’Italia, Gradoni Duomo, S.Nicola dei Greci, RecintoCampanile, S. Lucia di Por-ta Pistola, Ospedale Cec-chio-Pianelle, S. Lucia alleMalve. Alcuni cinerari delBronzo finale provengonoda contrade della Civita(Porta Pistola e OspedaleVecchio) e sulla coll ina delCastello.

Fra le manifestaz ionipiù rilevanti che caratte-rizzano l’età del Ferro visono vaste necropol i d itombe a tumulo, colloca-te principalmente sull’al-topiano murgico. Le piùestese sono quelle d i Mur-gecchia, Murgia Timone eTrasano, altre sono ubica-te a Trasanello, a Tirlec-chia, a Due Gravine, aChattamura e presso lamasseria del Cristo.

La maggior parte dei siticitati è stata archeologica-mente indagata da Dome-nico Ridola ormai un se-colo fa.

S copo dell’Ente Parcodella Murgia è anche quel-lo di incoraggiare la ripre-sa degli studi e favorire laconservazione e la fruizio-ne di questo prezioso patri-monio culturale collettivo.

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Chiese rupestri

L’ampio numero dellechiese rupestri a Matera enell’immediato territoriocircostante è uno dei trattidistintivi�e più spettacolaridell’insediamento rupestrenell’area.

Circa centocinquanta sitidi culto compresi in un las-so temporale che dall’altomedioevo giunge fino alsecolo XIX, strettamentelegati ad ogni fase storica,sociale e religiosa del terri-torio. Le acquisizioni criti-che più recenti, sulla basedi riscontri effettuati sullefonti, i dati archeologici edarchitettonici, d isegnanoun panorama molto com-plesso ed articolato, svinco-lato da un’accezione esclu-

sivamente monastica e bi-zantina, nella quale il fe-nomeno era stato circoscrit-to dalle prime ricerche ri-salenti alla fine del secoloXIX.

Nel patrimonio dellechiese rupestri materane,converge l’intera articola-zione delle componenti et-niche, religiose e istituzio-nali dell’area: monasteri,santuari, antiche parroc-chie, istituzioni vescovil i,cappelle private, sono tuttielementi presenti nellacommittenza, possesso, ge-stione, ufficiatura delle chie-se rupestri.

I luoghi di culto rupestrioltre che essere collegati al-l’insediamento nel territo-

PLChiesa del Peccato Originale

DI LUIGI ESPOSITO E GIOVANNI RICCIARDI

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rio di tante istituzioni eccle-siastiche e civili, soddisfanosoprattutto un bisogno af-ferente la popolazione lo-cale, sparpagliata su un ter-ritorio molto vasto e quin-d i accompagnano, nellaloro collocazione, la forma-zione degli assetti del ter-ritorio.

Le fonti più antiche fino-ra disponibili attestano findal secolo IX insediamentirupestri collegati alla pre-senza di monasteri bene-dettini. Gli affreschi dellachiesa del Peccato Origina-le collegano l’ipogeo ad unadelle grandi comunità mo-nastiche benedettine lon-gobarde dell’area beneven-tana.

Il monastero di S. Vin-cenzo al Volturno nell’893detiene le chiese di S. Elia,un ipogeo tuttora esistentesulla Murgia e la chiesa diS. Pietro in Matina da iden-tificare con la così dettaCripta del Peccato Origina-le visto che nella primadelle tre cavità, quella de-gli apostoli, san Pietro è raf-figurato in primo piano esulla parete d i sinistra silegge una interessante iscri-zione all’apostolo.

Nei pochi resti delle ab-bazia di S. Eustachio allaPosterga e di S. Maria deArmeniis si riconoscono si-gnificative componenti ru-pestri come pure nel mo-nastero benedettino fem-minile di S. Lucia il cui in-

sediamento più antico, lachiesa e le grotte delle Mal-ve, appare quasi intera-mente in grotta. Di originebenedettina sono anche lechiese di S. Gennaro al Bra-dano e di S. Stasio alla Gra-vina, antichi possedimentidel monastero di S. Lucia,e le chiese l’Annunziata allaStradella, santa Maria DeOlivara e di S. Maria delleVirtù, passata poi alle mo-nache di Accon.

Infine anche l’abbazia diMontescagl ioso, fondatanel secolo XI, è in possessodi chiese rupestri localizza-te nella Murgia di S. An-drea. Nelle cripte benedet-tine meglio conservate sinotano impianti basilicali atre navate e cicli affrescatinei quali ricorrono icono-grafie tipiche della tradizio-ne monastica latina.

Pur non esistendo testi-monianze dirette nelle fon-ti circa la presenza di mo-

LEMadonna delle Tre Porte

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nasteri italogreci nel terri-torio circostante Matera,alcune chiese rupestri sonoda mettere in rapporto allacomponente etnica bizan-tina dell’area. Interessanticontaminazioni greche siammirano ad esempionell’affresco di san Nicoladella chiesa di san Nicoladei Greci. Il santo vescovobenedice alla greca con ilmignolo disteso ma indos-sa il pallio dei vescovi lati-ni invece dell’omophoriondei vescovi greci.

A l villaggio Saracenosono presenti chiese bizan-tine util izzate a serviziodella popolazione ruralecome S. Maria del Riscioloove si nota addirittura unpiccolo battistero, e la chie-sa di S. Nicola, in luogo oggidi difficile accesso.

Altre chiese rupestri sonopiccoli santuari rurali, qual-che volta dedicati all’Arcan-gelo ma soprattutto� intito-

lati alla Vergine. Chiese mi-caeliche sono all’Ofra, pres-so la grotta dei Pipistrelli,lo jazzo dell’Ofra e a CozzoS. Angelo, nelle vicinanzedi Montescaglioso.

Tra i santuari mariani ru-pestri, di particolare impor-tanza, il sito sul quale è co-struito l’odierno santuariodella Palomba e l’imponen-te chiesa di S. Maria dellaVaglia il più antico santua-rio mariano di Matera. Al-tri santuari frequentati ri-spettivamente dalle popola-zioni di Matera e Montesca-glioso sono Cristo la Selva,Cristo la Gravinella, neivenerdì di marzo, la Ma-donna della Murgia, laMadonna delle Vergini nelmese di maggio.

Nella città, chiese di no-tevole fattura e qual itàsono il complesso del Con-vicinio S. Antonio, dell’Idris,di S. Giovanni in Monterro-ne e di S. Nicola dei Greci.

MRSan Nicola all’Ofra

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Fasi rupestri significativesi riconoscono anche in al-cune delle principali chieseparrocchiali quali S. PietroBarisano e S. Pietro Caveo-so mentre anche nei mo-nasteri di S. Francesco e S.Agostino, sono state rintrac-ciate cripte preesistenti al-l’insediamento della comu-nità.

Innumerevoli le chiesescavate in prossimità di pic-coli insediamenti rurali olungo gl i antichi percorsiche legano la città alla cam-pagna. In queste si ricono-scono elementi architetto-nici desunti dall’architettu-ra “fuori terra” ma soprat-tutto uno scavo finalizzatoa creare nel sito, con un di-spendio minimo di risorse,gli elementi più indispen-sabili all’officiatura del luo-go di culto. Lo scavo dell’au-la qualche volta è accom-pagnato dalla costruzionein muratura della facciata

o di altre strutture interne.Negli impianti si ritrovanogli elementi costituenti gliedifici in muratura, conte-stualizzati, però, nel diffi-cile ambiente rupestre.

Le chiese sono ad aulaunica oppure a tre o�duenavate. Spesso sono conclu-se da absidi qualche voltapreceduti da transetti di ri-dotte dimensioni. In moltechiese si nota l’accenno diuna cupola realizzata conuno scavo lenticolare, men-tre il ricordo delle copertu-re a tetto delle chiese inmurature compare nell’usodi soffitti a schiena d’asinorilevabil i negli ipogei piùcomplessi.

Nel territorio chiese d inotevole interesse, ed alcu-ne ancora ben conservate,si rintracciano lungo la Gra-vina, il Bradano, gl i af-fluenti principal i dei duefiumi ed a margine dellaviabilità più antica.

LECristo la Selva

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La Madonna degli An-geli evidenzia una tecnicadi scavo molto precisa ed unampio corredo di affreschi.La Madonna dei Derelitticonserva una elegante fac-ciata in muratura. Nelle�chiese di S. Falcione e di S.Nicola dei Greci, scavate nelXII secolo, si osservano ilcoro e l’aula con altare ebanchina laterale.

Al Cappuccino Vecchio, ilraro impianto a due nava-te si presenta in tutta la suacomplessità ed eleganza.Nella Madonna delle Treporte, l’elemento significa-tivo oltre che dal residuocorredo di affreschi è costi-tuito dalla pianta a tre na-vate con absidi contrappo-ste. Le chiese di Cristo la Sel-va e di S. Martino, si pre-sentano al centro di un va-sto insediamento abitato dapastori. S. Eustachio alla Sel-va Venusio, pur in partecrollata consente ancora di

leggere l’impianto a tre na-vate con nicchie e cappellelaterali.

Altre chiese collocate lun-go la viabilità principale co-stituiscono precisi capisaldisul territorio a servizio dipiccole comunità agropa-storal i o con funzioni d isemplici cappelle rurali. Lachiesa degli Evangelisti con-serva testimonianze di unampio ciclo affrescato. Ilsantuario di S. Maria dellaValle Verde è tra le chieseipogee più vaste. S. Pietroin Principibus presso l’Ap-pia, evidenzia un eleganteimpianto a basil ica, con trecavità absidale.

Il patrimonio delle chieserupestri nell’area del Parco,costituisce un unicum la cuiarticolazione e complessitàin termini di storia e spiri-tualità contribuisce a deli-neare l’identità di un’areamolto vasta.

PLSant’Eustachio

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Le masserie

Nel territorio del Mate-rano la masseria ha con-cretizzato, visivamente, laciviltà agraria autentica edantichissima della grandeproprietà terriera, rappre-sentando il centro d i unaorganizzazione gerarchi-camente imposta e rima-sta immutata nel corso deisecol i.

Un’economia agrariacondotta con mano d’ope-ra fissa ed avventiz ia inun sistema colturale uni-forme che poggiava il suod ivenire sull’alternanzadella cereal icoltura con ilpascolo. Una agricolturaestensiva integrata conl’allevamento bovino edovino legato alla transu-

DI MARIO TOMMASELLI

➊ Corte principale aulla quales i affacciano l’al loggio del massaro,dei lavorant i, i local i d i serviz io.

➋ Appartamento padronale ubicatoal 1° piano

➌ Cappella, con ingresso esterno,

inseri ta nel la cost ruz ione

➍ Seconda co rte comunicante conla co rte principale at t raverso un arco.

➎ Magazz ini

➏ Stalle degl i animal i da lavoro

➐ Local i d i se rv iz io

➑ Jazzo ricavato in una seried i grot te natural i ubicatenella scarpata rocciosa

➒ Sistema d ifens ivo perimet ralecon camminament i d i ronda e torricasamat tate

44444

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2222233333

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manza verso i monti in-terni della lucania.

La masseria, così conce-pita, era un vero e pro-prio centro autarchico nelquale, in una rigida gerar-chia legata alle funzioniesercitate, il lavoratoreagricolo d imorava stabil-mente.

Accanto a questa mas-seria che rispondeva alleesigenze cerearicole, zo-otecniche e residenz ial i,troviamo una masseriaminore o d i servi z io ge-neralmente destinata astruttura d i supporto e,data la sempl icità e lasaltuarietà lavorativa,era abitata solo in alcu-

ni period i dell’anno.La d istanza dal centro

urbano e l’ampiezza dellaproprietà terriera condizio-navano l’architettura ed ilvolume della masseria.

Elemento tipico era lacorte corte corte corte corte intorno alla qualeruotava tutta la strutturadi servizio. La corte più d iogni altro elemento archi-tettonico-strutturale, as-solveva a due funz ioni:quella della sicurezza e delcontrollo d i tutti i settorioperativi dell’azienda daparte del proprietario o delmassaro.

La corte si sviluppavaal centro della masseriadel imitata da una serie d icostruzioni ad ibite a re-sidenza del proprietario,del massaro e dei lavo-ranti, stalle per gl i ani-mal i da lavoro sia equ iniche bovini e vani desti-nati alla lavoraz ione econservaz ione del pro-

MT

MT

Selva Venusio

Casino Venusio

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dotto. Altri ambienti era-no as segnati a servi z ivari come la fucina delfabbro, la selleria, la fa-legnameria, ec c… cherendevano la corte il cuo-re pul sante dell ’ interastruttu ra agricola. Pre-sente, nella grand i mas-serie, la cappella per lefunz ioni rel igiose postaall’interno del plesso o,più delle volte ad es soseparato. Il piccolo cam-panile con la campanaoltre ad esercitare la suaspecifica funzione l iturgi-ca, serviva anche comerichiamo nei period i sto-r i c i bu rras cos i per lecampagne.La masseria fortificata.La masseria fortificata.La masseria fortificata.La masseria fortificata.La masseria fortificata.

Tra le masserie che so-l i tar ie punteggiavanol’agro materano, emerge-vano, per la particolarestruttura edificatoria ed ar-chitettonica, le masseriefortificate.

A ll’incrocio d i tratturio carrarecce d i notevoleimportanza economica,o su i punti elevati domi-nati da vaste aree, sor-gevano queste struttureru ral i fortif icate comeisolate sentinelle poste asorvegl iare le vaste pro-prietà.

Volendo dare una de-finiz ione potremmo d ireche la masseria fortifica-ta, nella sua accez ionepiù ampia, era un inse-d iamento rurale ad ibitoa residenza permanented i natura produttiva conelementi costruttivi attialla d ifesa come una opiù torri, garritte pensi-l i, cad itoie, torrette so-praelevate o in sporto,tutti elementi d i d ifesapassiva che conferivanoa questi ed ifici una aspet-to particolare nel conte-sto territoriale ove era-no ubicate.

MTMasseria Giudicepietro

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Ovili e cisterne

La pastorizia è da sem-pre stata una delle compo-nenti produttive più impor-tanti dell’economia dellaMurgia. L’attività è collega-ta ai primi insediamentiumani attestati nel territo-rio ed ancora oggi caratte-rizza il paesaggio della Mur-gia con una fitta rete d imanufatti ed impianti an-che molto complessi. Jazzie stalle esistono in tutte lemasserie dell’area, TorreSpagnola, Venusio, DelMonte, Malvezzi, S. Fran-cesco, Monacelle.

La tipologia più antica èdocumentata negli insedia-menti del neol itico. Neigrandi villaggi trinceratidella Murgia, la sistemazio-

ne degli animali è ricavatain recinti delimitati da arbu-sti spinosi o da piccoli muria secco collocati all’internodi un’area più vasta protet-ta da una grande trinceascavata nel tufo. La testimo-nianza più significativa ècostituita dall’insediamentodi Murgia Timone.

Altri impianti sono costi-tu iti da grotte naturali oappositamente scavate, damanufatti in tufo copertiin legno, canne e volte odai cosiddetti “lamioni” uti-lizzati soprattutto per i bo-vini. Tutti gli impianti sonosempre collocati in siti oveè possibile disporre di acquaed evacuare i l iquami: suterreni in pendenza o nei

DI FRANCESCO CAPUTO

PLJazzo Pandona

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pressi di un canale naturale.Gl i jazzi in grotta più

antichi util izzano cavitànaturali, spesso tratti termi-nali di inghiottitoi di natu-ra carsica. Un esempio signi-ficativo è la grande grottadi località Pianelle al con-fine tra Matera e Montesca-glioso ove la cavità natura-le è chiusa e suddivisa al-l’interno da murature a sec-co. In presenza delle condi-z ioni ambiental i adattesono gli stessi pastori a sca-vare le grotte. In tal casogli ipogei, collocati in adia-cenza gli uni agli altri, sonosempre preceduti da terraz-zamenti più o meno ampidelimitati da muri a seccoo da arbusti spinosi.

Al villaggio Saraceno sirintracciano testimonianzetra le meglio conservate mastrutture analoghe si nota-no anche negli jazzi rupe-stri della masseria del Cri-

sto e d i S. Pietro pressoMasseria Ridola.

Una ulteriore evoluzionedelle stalle ed ovili in grot-ta è costituita da impiantinei quali oltre al recinto edal terrazzamento, è presen-te uno scavo del ricoveronon molto profondo mapreceduto da una muratu-ra in tufo. Lo spazio com-preso tra la grotta ed il pe-rimetro esterno è copertoda un tetto ligneo poggiatosul muro ed in piccoli foripraticati nel masso tufaceodella grotta. Esempi signifi-cativi sono nello jazzo atti-guo alla cripta di S. Pietroin Prinicpibus e nell’oviledella cripta della chiesa diS. Falcione.

A Casino Irene, sulla Mur-gia S. Andrea, l’utilizzo del-le grotte come ovili o stallaraggiunge una complessitànotevole. L’ovile più anticooccupa un vasto pianoro at-

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traversato da un torrentel-lo e chiuso da un possenterecinto a secco. Nei lati del-la piccola gravina sonoaperte numerose e vastecavità provviste di mangia-toie e circondate a loro vol-ta da altri recinti tanto dasegmentare le aree dellestalle a seconda dell’utiliz-zo: ricoveri per i buoi, i tori,le giovenche etc. L’impian-to è dominato dalla casa delmassaro che controlla il tut-to ed è collegato ad un com-plesso sistema di raccoltadelle acque.

Negli jazzi in muratura,invece, il ricovero degli ani-mali è costituito da un am-biente lungo e stretto coper-to con volta a botte o tettoin legno o canne.

L’ambiente è chiuso ver-so l’esterno ed aperto conarchi verso il cortile inter-no. L’ovile o la stalla oc cu-pano tre lati dell’edificio. Ilquarto è occupato dall’in-

gresso, dal caciolaio e dal-l’alloggio del pastore.

L’ impianto è sempre suun terreno in pendenza oveil ricovero degli animali ècollocato nella parte piùalta tanto da poter facil-mente allontanare i liqua-mi. Impianti di tale naturasono molto diffusi e sullaMurgia sono in genere an-nessi alle masserie più im-ponenti. Ovili di questo tiposono jazzo Gattini, jazzo deiSorci, quello di Lamaquac-chiola e l’imponente jazzodella masseria Del Monte.I due grandi ovili di VillaIrene a Murgia S. Andrea,in prossimità dell’impiantopiù antico conservano an-che un caciolaio di sec. XVI-II nel quale il grande cami-no circolare sormontato dalcomignolo monumentale, èaffiancato dall’ambienteper la lavorazione del lattee l’alloggio dei pastori.

Il caciolaio è circondato

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da un recinto attrezzato daun lungo abbeveratoio se-zionato in vari settori dachiuse in legno e collegatoad una cisterna a tetto po-sta a poca distanza. Il re-cinto è utilizzato per la rac-colta del gregge che dallamungitura passa poi ai ri-coveri notturni.

Pastori e massari riesco-no ad impiantare ovili an-che lungo le pareti più ripi-de della Gravina. Negli an-fratti della forra, l’ovilescompare alla vista e l’ac-cesso, lungo stretti sentieriscavati a picco sul baratro,permette una difesa più ef-ficace. Gli impianti di talenatura sono costituiti da piùlivelli sovrapposti per tre/cinque piani. A lato dei sen-tieri si aprono tutti gli spazidell’ovile/stalla: i ricoveri pergl i animali, gl i ambientiper le lavorazioni, le cister-ne, gli alloggi e finanche lesepolture o la chiesa. Carat-teristica significativa è lapresenza ai due capisaldiopposti del percorso princi-pale di murature possentiposte a sbarrare l’accessoche è garantito da una solapiccola apertura a misuradi pecora o capra. È facile

immaginare come la dife-sa di un simile impianto fos-se abbastanza agevole. Gliesempi più significativi di sirintracciano nei pressi del-la cripta di S. Maria de Oli-vares e di S. Eustachio nel-la Selva Venusio.

Alla pratica della pasto-rizia e dell’agricoltura sonostrettamente connesse letecniche, canali, cisterne edabbeveratoi, utilizzate perla raccolta, la conservazio-ne e distribuzione dell’ac-qua che per secoli è stato ilproblema più importanteda risolvere nelle città e nelterritorio della Murgia.

Se il grande “palombaro”presso S. Domenico a Ma-tera e la rete di cisternedell’abbazia di S. Angelo aMontescaglioso, attestano illivello raggiunto dalle tec-nologie utilizzate negli abi-tati, un’analoga complessi-tà si nota anche negli im-pianti rurali. La capillaritàe l’ampiezza delle reti evi-denziano come i fabbisognida soddisfare siano in rap-porto non tanto alla popo-lazione residente nelle cam-pagne, quanto al patrimo-nio di greggi e mandrie. Ilpunto critico era raggiuntoovviamente in estate e per-ciò le tecnologie util izzatehanno il compito soprattut-to di garantire la riservaestiva. Nella Murgia si no-tano diversi sistemi a reteo isolati. In adiacenza di iaz-zi, ovil i e stalle esistono

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sempre grandi cisterne perl’acqua collegate ad aste tor-rentizie o a reti di canalet-te superficiali capaci di con-vogliare l’apporto garantitodalle piogge. Grandi cister-ne a tetto, ovvero uno sca-vo coperto da volta a bot-te, si notano nei pressi del-lo jazzo Gattini e del gran-de ovile della masseria DelMonte. La stessa tipologiala si rintraccia in quasi tut-te le masserie ove un ulte-riore apporto d i acqua ègarantito dall’utilizzo dellesuperfici lastricate o coper-te, cortili, aie e tetti come amasseria Malvezzi dove alcentro del cortile intera-mente pavimentato, com-pare la cisterna nella qualeè convogliata l’acqua pro-veniente dall’intero edificio.Le masserie, oltre che resi-denze, stalle e luoghi di tra-sformazione delle produ-zioni agricole, sono vere eproprie macchine per laraccolta dell’acqua.

Al Villaggio Saraceno èpossibile notare come daltorrente centrale partanocanalette collegate a cister-ne e vasche. Sul pianorosovrastante la cripta delCanarino la cisterna, pro-babilmente appartenentead un insediamento neoli-tico è l’elemento terminaledi un sistema di piccoli ca-nali che tagliano in diago-nale il pendio, raccoglien-do l’acqua di dilavamento.A Cristo la Selva si rintrac-

ciano cisterne nei terrazza-menti più bassi ove l’acquagiunge dai percorsi e dai ter-razzamenti superiori. Nelcanale della Loe, nascosteda una fitta boscaglia e sca-vate in pareti pressochèverticali, esistono cisterneche sfruttano faglie e spac-cature naturali della rocciao piccoli canali che segmen-tano la parete. Il boccaglioè in alto, all’interno di unanicchia, ed è raggiungibileda piccoli gradini appenascavati nel tufo.

Il complesso più organi-co per la raccolta la gestio-ne della risorsa idrica esi-stente sulla Murgia è sicu-ramente quello di Villa Ire-ne nella Murgia S. Andrea.L’enorme sviluppo dellarete di raccolta e conserva-zione deriva dalla unitarie-tà della gestione del com-prensorio che si è mante-nuta sostanzialmente intat-ta fin dal secolo XI. Nellafase medievale l’area è inpossesso dell’Abbazia Bene-dettina di Montescaglioso.Sul finire del secolo XV pas-sa ai feudatari del paese eagli inizi del sec. XVIII allafamigl ia Strada. Esistono

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circa una decina di cisternedel tipo a tetto, tutte attrez-zate con abbeveratoi e si-stemi di pompaggio aziona-ti da forza animale o diret-tamente dai pastori. Nume-rose le cisterne ad imbutosparpagliate in ogni ango-lo della proprietà secondoun sistema puntiforme for-matosi per conservare ac-qua per greggi e mandrieun po’ dappertutto. Partico-larmente imponente la ci-sterna realizzata per irriga-re il grande orto/giardinodella masseria e quella po-sta nella parte più bassadell’impluvio che scorre afianco della casa padrona-le. Sulla Murgia la risorsaacqua è prelevata ovunquese ne presenti l’occasione.

In alcuni tratti delle Gra-vine, ove le sponde sonobasse e accessibili, si rintrac-ciano cisterne ad allaga-mento. Le cavità, moltogrand i, sono scavate inmaniera da svilupparsi al di

sotto della linea d’acqua deitorrenti. Durante le pieneinvernali le grotte sarannoallagate e con il ritiro del fiu-me, l’acqua resterà nelleparti inferiori dello scavogarantendo un notevolequantitativo di acqua per iperiodi siccitosi.

Riserve alimentate conl’allagamento esistono lun-go il corso della Gravina diPicciano nei pressi dell’in-sediamento dei Grottini elungo la Gravina di Materanel tratto sottostante mas-seria D’Alessio nel ter rito-rio di Montescaglioso. Lacapacità di raccogliere, con-servare e distribuire razio-nalmente l’acqua, è la con-notazione più importantedell’insediamento umanosulla Murgia.

Fin dal neolitico l’uomoè stato in grado di svilup-pare tecniche e manufatti,che rimasti sostanzialmen-te immutati per secoli, sonoancora oggi efficienti.

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Le cave di tufo

Le “cave di tufo”, il segnodel lontano adattamentodell’uomo nel territorio del-la Murgia materana sonol’esempio di una alterazio-ne positiva che ha creatooggi luoghi di alta valenzapaesaggistica.

Le case, le chiese, i pa-lazzi ottocenteschi, l’Abba-zia d i Montescagl ioso, iSassi d i Matera, sono ilsimbolo d i un lavoro ma-nuale che ha estratto neisecol i dalla Murgia concid i calcarenite detti “tufi”.

La calcarenite è un se-dimento carbonatico, tene-ro, di colore bianco gialla-stro, a volte grigio, con gra-nulometria e grado di ce-mentazione variabil i daluogo a luogo, facilmentelavorabile, tanto che fuagevole, fin da epochepreistoriche, cavarla ma-nualmente dalle grottenaturali per adattarle me-glio alle esigenze umane.

Suc ces s ivamente, alfine d i ampliare gl i spaziabitativi e renderli più con-fortevol i, si cominciò adestrarre blocchi d i rocciautil izzabil i per la costru-zione.

Dapprima f u rono lestesse grotte occupate a

fornire il materiale percompletare e tamponarel’entrata dell’abitaz ione,successivamente, in con-comitanza con l’espansio-ne sul piano della città d iMatera e la costruzionedei grandi ed ifici ecclesia-stici, i cavamonti ind ivi-duarono alcune aree ester-ne alle cinte urbane chepotessero fornire un “tufo”con carattreristiche piùidonee all’uso ed in quan-tità sufficiente.

Nelle cave di contradaLa Vagl ia sono evidenti isegni dell’estraz ione deiconci a colpi d i piccone,tecnica usata fino al do-poguerra dai cosiddetti ca-vamonti. I blocchi veniva-no trasportati a dorso dimulo o per mezzo d i trai-ni qualora il carico fossemaggiore. Nelle pause d ilavoro, le grotte adiacentialla cava, al imentavano ilsenso artistico e creativodegl i operai che con scal-pell i e mazzole decorava-no le pareti d i questi luo-ghi d i ritrovo o ricavava-no, su i blo c chi d i tufomeno tenero, ornamentiin bassoril ievo: frontoni,fregi o i caratteristici roso-ni che collocati davanti

DI ANTONIO MONTEMURRO E GIOVANNA LASCARO

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alle porte d’ingresso delleabitaz ioni servivano daattracco per le bestie dasoma. Oggi, ciò che resta,sono ampi spazi e grandi“sculture”, che sembranovolere raccontare e testi-moniare il duro lavoro deicavamonti e i segni, geo-metrie irreal i, lasciati sul-le chiare pareti vertical i.

Negl i anni cinquanta sipassò all’estrazione mec-canizzata, tecnica che siavvalse dell’util izzo d i se-ghe a motore scorrevoli subinari che determinavanotagli perfettamente paral-

lel i. Sia in agro d i Monte-scaglioso che di Matera al-cune sono ancora oggi inattività.

Ne sono esempio le caveubicate in contrada Peda-le della Palomba e carat-terizzate da un sistema diavanzamento a terrazz idegradanti a valle. Il “per-corso” delle cave riservacosì ai visitatori paesaggi,colori e atmosfere unici incu i, l’evidente binomiouomo-natura, d iventa te-stimonianza dell’uso misu-rato del territorio e dellesue risorse.

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Bibliografia

• Guida botanica d’Italia, di Eugenio Baroni, Bologna,1969, Cappelli Editore• Sui sentieri del Pollino, di Giorgio Braschi,Martina Franca (TA), 1986, Edizioni AGP• Itinerari storici e culturali del Materano e Metapontino,di Franco Caputo, Centro di documentazione del Patrimo-nio culturale della Basilicata• Itinerari di Basilicata: le abbazie e i monasteri benedet-tini, di Franco Caputo, Centro Ricerca ed AnimazioneCulturale Montescaglioso• Il centro storico e il territorio di Montescaglioso,di Franco Caputo, Matera, 2001, Edizioni Convicinio• Villaggi trincerati negli agri di Matera, Santeramo,Laterza di Vinicio Camerini e Gianfranco Lionetti, Matera,1995, Grafiche Paternoster• Erbe, Novara, 2002, Minicompact De Agostini• Le Chiese Rupestri di Matera, di Raffaello de Ruggieri,Roma, 1966, De Luca Editore• Le stagioni della Murgia, di Giuseppe Gambetta, Matera,Antezza&Antezza• Guida alla Flora del Parco d i Giuseppe Gambettae Piero Medagl i, Matera, 2003, Edizioni Parco Murgia• Gu ida al villaggio Saraceno di Franco Moliterni, Mate-ra, 1991, Edizioni Paternoster• Appunti dal corso Viaggio in Basilicata, Onyx A.eT.• Il grillaio, di Giovanni Palumbo, Matera, 1997, Altrimedia• Chiese e asceteri rupestri di Matera di Mauro Padula,Roma, 1995, De Luca Editore• Le masserie fortificate del Materano,di Mario Tommaselli, Roma, 1986, De Luca Editore• Le Chiese Rupestri del Materano, di Mario Tommaselli ,Matera, 1992, Edizioni BMG• Chiese rupestri di Matera e del suo territorio,di Mario Tommaselli, Lecce, 2002, Capone Editore• Il Parco della Murgia Materana, di Mario Tommaselli,Mater, 2002, Edizioni Giannatelli• La sentieristica, di Mario Tommaselli• Itinerari Turistici d i Mario Tommasell i, Matera, I.E.M.• La Gravina di Matera e i suoi tesoridi Mario Tommasell i, Firenze, Istituto Geografico Militare

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• Le Strutture rural i nell’agro materanodi Mario Tommasell i, Matera, Edizioni Paternoster• Relazione per la elaborazione del Piano Quadrodel Parco della Murgia Materana, Comune di Matera• Guida pratica ai fiori spontanei, Milano, 1983,Selezione dal Reader’s Digest• Il Comprensorio rupestre Appuro-Lucano: Casali e chie-se da Gravina al Bradano, Autori vari, Bari 1992, Levante• I Venerdincontri, Autori vari, Matera, 2001, Altrimedia• Carta prima del Parco della Murgia Materana, 2002,Ente Parco della Murgia Materana

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Finito d i stampare nel mese d i ottobre 2003 negl i stabil imentid i: Antezza Tipografi d i Matera