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Esercizi per il Corso di Matematica Generale (con un compendio di teoria) a.a. 2017-18 Salvatore Federico January 11, 2018

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Esercizi per il Corso di Matematica Generale(con un compendio di teoria)

a.a. 2017-18

Salvatore Federico

January 11, 2018

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Contents

1 Numeri reali e logica 5

2 Funzioni reali: generalità 13

3 Successioni e serie 33

4 Funzioni reali: limiti e continuità 49

5 Calcolo differenziale e applicazioni 65

6 Calcolo integrale 79

7 Elementi di algebra lineare 91

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Capitolo 1

Numeri reali e logica

Richiami di teoria

Notazione 1.1. Si riportano di seguito alcuni simboli e notazioni di carattere generale.

• ∨: connettivo logico di disgiunzione (“o”).

• ∧: connettivo logico di congiunzione (“e").

• ¬: connettivo logico di negazione (“non").

• ∀: quantificatore universale (“per ogni”).

• ∃: quantificatore esistenziale (“esiste”).

• @: negazione del quantificatore esistenziale (“non esiste”).

• ⇒: simbolo di implicazione (“implica").

• 6⇒: negazione del simbolo di implicazione (“non implica").

• ⇐⇒: simbolo di doppia implicazione o equivalenza (“se e solo se").

• ∈: simbolo di appartenenza di un elemento ad un insieme (“appartiene a").

• ∉: negazione del simbolo di appartenenza di un elemento ad un insieme (“non appartienea").

• ⊆: simbolo di contenimento largo tra insiemi (“contenuto in").

• 6⊆: negazione del simbolo di contenimento largo tra insiemi (“non contenuto in").

• ⊂: simbolo di contenimento stretto tra insiemi (“strettamente o propriamente contenutoin").

• ∩: simbolo di intersezione di insiemi.

• ∪: simbolo di unione tra insiemi.

• ;: insieme vuoto.

• ∞: simbolo di “infinito”. �

Metodi di dimostrazione indiretta. I metodi di dimostrazione indiretta sono due.

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1. Metodo di dimostrazione per contronominale. Per dimostrare l’implicazione P =⇒ Qsi dimostra l’implicazione (¬Q)=⇒ (¬P).

2. Metodo di dimostrazione per assurdo. Per dimostrare l’implicazione P =⇒ Q si di-mostra che (¬Q)∧P è falsa (cioé che (¬Q) e P non possono valere contemporaneamente,cioè che ¬Q contraddice P). �

Metodo di domostrazione per induzione. Sia P (n) una proposizione associata al numeronaturale n ∈N. Per dimostrare che P (n) è vera per ogni n ∈N con n ≥ n0 ∈N si dimostra che:

• P (n0) è vera;

• vale l’implicazione: P (n) vera =⇒ P (n+1) vera. �

Definizione 1.2 (Intervalli). Siano a,b ∈ R tali che a < b. Un insieme si dice un intervallo (nondegenere) se è in una delle seguenti forme:

(i) [a,b] := {x ∈R : a ≤ x ≤ b} (intervallo chiuso di estremi a,b).

(ii) (a,b) := {x ∈R : a < x < b} (intervallo aperto di estremi a,b).

(iii) [a,b) := {x ∈R : a ≤ x < b} (intervallo chiuso a sinistra e aperto a destra di estremi a,b).

(iv) (a,b] := {x ∈R : a < x ≤ b} (intervallo aperto a sinistra e chiuso a destra di estremi a,b).

(v) [a,+∞) := {x ∈R : x ≥ a} (intervallo chiuso illimitato a destra di estremo a).

(vi) (a,+∞) := {x ∈R : x > a} (intervallo aperto illimitato a destra di estremo a).

(vii) (−∞,a] := {x ∈R : x ≤ a} (intervallo chiuso illimitato a sinistra di estremo a).

(viii) (−∞,a) := {x ∈R : x < a} (intervallo aperto illimitato a sinistra di estremo a). �

Osservazione 1.3. Anche l’insieme {a} potrebbe essere considerato un intervallo (degenere).Esso potrebbe essere visto in effetti come l’intervallo chiuso [a,a] := {x ∈ R : a ≤ x ≤ a}. Nel se-guito, nel riferirci ad intervalli I ⊆R escluderemo questo caso: per intervalli intenderemo sempreintervalli non degeneri ed useremo quasi sempre la notazione I per denotare intervalli. �

Definizione 1.4 (Intorno circolare). Sia x0 ∈R. Si dice intorno circolare di x0 un intervallo apertodella forma (x0 −δ, x0 +δ) con δ> 0. �

Definizione 1.5 (Intorno circolare bucato). Sia x0 ∈ R. Si dice intorno circolare bucato di x0 uninsieme della forma (x0 −δ, x0 +δ)\{x0} con δ> 0. �

Definizione 1.6. Sia A ⊆ R. Un punto x0 ∈ A si dice interno ad A se esiste un intorno circolaredi x0 contenuto in A, cioé se esiste δ> 0 tale che (x0 −δ, x0 +δ)⊆ A. �

Definizione 1.7 (Insiemi numerici limitati superiormente/inferiormente - maggioranti/minoranti).Sia A ⊆R non vuoto. �

• A si dice limitato superiormente se esiste M ∈ R tale che x ≤ M per ogni x ∈ A; in tal casosi dice che M è un maggiorante per A. In caso contrario si dice che A è illimitato superior-mente.

• A si dice limitato inferiormente se esiste m ∈ R tale che x ≥ m per ogni x ∈ A; in tal caso sidice che m è un minorante per A. In caso contrario si dice che A è illimitato inferiormente.

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• A si dice limitato se è sia limitato superiormente, sia limitato inferiormente, vale a dire seesistono m, M ∈ R (con m ≤ M necessariamente) tali che m ≤ x ≤ M per ogni x ∈ A. In casocontrario si dice che A è illimitato. �

Definizione 1.8 (Estremo superiore/inferiore di insiemi limitati superiormente/inferiormente).

• Sia A ⊆R non vuoto limitato superiormente. Un numero M ∈R si dice estremo superiore diA se verifica queste due proprietà:

1. M è un maggiorante di A;

2. per ogni ε> 0 esiste x ∈ A tale che x > M−ε.• Sia A ⊆R non vuoto limitato inferiormente. Un numero m ∈R si dice estremo inferiore di A

se verifica queste due proprietà:

1. m è un minorante di A;

2. per ogni ε> 0 esiste x ∈ A tale che x < m+ε. �

Osservazione 1.9. Se A ⊆ R è limitato superiormente (risp., inferiormente) allora esiste1 ed èunico l’estremo superiore (risp. inferiore). �

Notazione 1.10. Se A ⊆ R è limitato superiormente (risp., inferiormente), l’estremo superiore(risp., inferiore) di A si denota con sup A (risp. inf A). �

Definizione 1.11 (Estremo superiore/inferiore di insiemi non limitati). Se A non è limitato su-periormente (risp., inferiormente) si pone per convenzione sup A =+∞ (risp., inf A =−∞). Inoltresi pone per convenzione sup;=−∞, inf;=+∞. �

Osservazione 1.12. Per quanto sopra, ogni sottoinsieme di R ammette (un unico) estremo supe-riore ed (un unico) estremo inferiore (finito o infinito). �

Definizione 1.13. Sia A ⊆R. M ∈R (risp., m ∈R) si dice massimo (risp, minimo) di A se verificaqueste due proprietà:

1. M è un maggiorante (risp., minorante) di A;

2. M ∈ A (risp., m ∈ A). �

Osservazione 1.14. Un massimo (risp., un minimo) di A, se esiste, coincide con sup A (risp., coninf A) e pertanto è unico. �

Notazione 1.15. Sia A ⊆R non vuoto. Il massimo (risp., minimo) di A si denota con max A (risp.,min A). �

Esercizi

Esercizio 1.1

Si stabilisca se le seguenti proposizioni sono vere o false.

(i) Se n ∈N è tale che n2 −8≤ 0, allora n = 0 ∨ n = 1 ∨ n = 2.

(ii) Sia x ∈R. x2 −1≤ 0 ⇒ 0≤ x ≤ 1.1Questa proprietà di esistenza discende dalla proprietà di completezza dei numeri reali, che non abbiamo illustrato.

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(iii) Se x ∈R è tale che x2 −2≤ 0, allora x ∉Q.

(iv) ∀x ∈R ∃n ∈N : 11+x2 ≤ n.

(v) ∃x ∈R : x2 +1≥ n ∀n ∈N.

(vi) ∀x ∈R e ∀z ∈R ∃y ∈R: x+ y= z.

Esercizio 1.2

Si scriva la negazione delle proposizioni dell’esercizio precedente.

Esercizio 1.3

Si dimostri per induzione la seguente formula:

n∑k=1

k2 = 16

n(n+1)(2n+1) ∀n ∈N\{0}.

Esercizio 1.4

Si consideri l’insieme numerico

A ={

1− 1n2 : n ∈N\{0}

}.

(i) Si stabilisca se 1 ∈ A.

(ii) Si determini l’estremo superiore di A e si stabilisca se è anche il suo massimo.

(iii) Si determini l’estremo inferiore di A e si stabilisca se è anche il suo minimo.

Esercizio 1.5

Si consideri l’insieme numerico

A ={

11+ z

: z ∈Z\{−1}}

.

(i) Si stabilisca se 1 ∈ A.

(ii) Si determini l’estremo superiore di A e si stabilisca se è anche il suo massimo.

(iii) Si determini l’estremo inferiore di A e si stabilisca se è anche il suo minimo.

Esercizio 1.6

Si considerino i seguenti insiemi numerici.

(i) [4,5),

(ii) (−∞,1)∪ (2,3],

(iii) (0,+∞),

(iv) (−∞,0)∪ [1,+∞),

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(v) {x ∈R : |x| < 2x−1} ,

(vi){

x = n− 1n

: n ∈N}

.

- Si stabilisca se essi sono limitati superiormente e/o inferiormente;

- Si determinino l’insieme (eventualmente vuoto) dei suoi maggioranti e l’insieme (eventual-mente vuoto) dei suoi minoranti per ciascuno di essi.

- Si determinino, per ciascuno di essi, l’estremo superiore e inferiore e si stabilisca se sonoanche, rispettivamente, massimo e minimo.

Esercizio 1.7

Si dica se le seguente affermazione è corretta.

Se A ⊆ R è limitato superioremente (risp., inferiormente), allora l’insieme dei maggioranti(risp., minoranti) di A è un intervallo illimitato superiormente (risp., inferiormente). Se A ⊆ R èillimitato superioremente (risp., inferiormente), allora l’insieme dei maggioranti (risp., minoranti)di A è vuoto.

Soluzioni

Es. 1

(i) Vero.

(ii) Falso. Si prenda ad esempio x =−1.

(iii) Falso. Si prenda ad esempio x = 0.

(iv) Vero. Basta prendere n = 1. Si noti che tale n non dipende da x. Quindi è vera un’affermazionepiù forte:

∃n ∈N :1

1+ x2 ≤ n ∀x ∈R.

Tale n è (ad esempio) n = 1.

(v) Falso. Infatti per ogni x ∈R esiste n ∈N tale che n > x2 +1.

(vi) Vero. Tale y è semplicemente la soluzione (nell’incognita y) dell’equazione x+ y = z, cioéy= z− x.

Es. 2

(i) ∃n ∈N\{0,1,2} : n2 −8≤ 0.

(ii) ∃x ∈R\[0,1] : x2 −1≤ 0.

(iii) ∃x ∈Q : x2 −2≤ 0.

(iv) ∃x ∈R : 11+x2 > n ∀n ∈N.

(v) ∀x ∈R ∃n ∈N : x2 +1< n.

(vi) ∃x, z ∈R : x+ y 6= z ∀y ∈R.

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Es. 3Si procede per induzione.

• Si ha1∑

k=1k2 = 12 = 1= 1

6(1)(1+1)(2 ·1+1),

dunque la formula vale per n = 1.

• Si supponga la formula valida per n. Dimostriamo che allora vale anche per n+1. Si ha

n+1∑k=1

k2 =n∑

k=1k2 + (n+1)2.

Usando l’ipotesi induttiva (nella prima delle uguaglianze che seguono)

n∑k=1

k2 + (n+1)2 = 16

n(n+1)(2n+1)+ (n+1)2 = 16

(n+1)[n(2n+1)+6(n+1)]

= 16

(n+1)[2n2 +7n+6]= 16

(n+1)(n+2)(2n+3),

cioè la formula per n+1.

Es. 4

(i) Si ha 1− 1n2 < 1 per ogni n ∈N. Dunque 1 ∉ A.

(ii) sup A = 1 e non è un massimo, poiché 1 ∉ A.

(iii) Si ha 1− 1n2 ≥ 0 per ogni n ∈N\{0} e 1− 1

n2 = 0 quando n = 1. Quindi inf A = 0 ed è un minimo.

Es. 5

(i) Se z = 0 si ha 11+z = 1. Dunque 1 ∈ A.

(ii) Si ha 11+z ≤ 1 per ogni z ∈Z\{−1} e 1

1+z = 1 se z = 0. Quindi sup A = 1 ed è il massimo di A.

(iii) Si ha 11+z ≥−1 per ogni z ∈Z\{−1} e 1

1+z =−1 se z =−2. Quindi inf A =−1 ed è il minimo diA.

Es. 6

(i) Limitato superiormente e limitato inferiormente.

(ii) Limitato superiormente e illimitato inferiormente.

(iii) Limitato inferiormente e illimitato superiormente.

(iv) Illimitato inferiormente e illimitato superiormente.

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(v) La disequazione |x| < 2x−1 si riscrive come{x < 2x−1x ≥ 0

∨{−x < 2x−1x < 0

ovvero {x > 1x ≥ 0

∨{

1< 3xx < 0.

Poiché il primo sistema ha come insieme delle soluzioni (1,+∞) e il secondo sistema non hasoluzioni, si conclude che la disequazione |x| < 2x−1 ha come insieme delle soluzioni (1,+∞).Quindi l’insieme proposto è limitato inferiormente ma non superiormente.

(vi) L’insieme in considerazione è limitato inferiormente, ma non superiormente. È limitatoinferiormente poiché

0≤ n− 1n

, ∀n ∈N\{0}.

Per dimostrare che non è limitato superiormente, si prende M ∈R. Chiaramente esiste n ∈N(nota: che dipende da M) tale che n > M+1. Ne consegue

n− 1n≥ n−1> (M+1)−1= M.

Dall’arbitrarietà di M discende che l’insieme non è limitato superiormente.

Es. 7 Corretta. Infatti, se M ∈ R è un maggiorante per A, tale è anche ogni M′ ≥ M; da ciòsi deduce che l’insieme dei maggioranti di un insieme A limitato superiormente è un intervalloillimitato a destra. Se A è illimitato superiormente, per definizione non esiste nessun maggio-rante per A, quindi l’insieme dei maggioranti è vuoto. Simmetricamente si ha l’enunciato nelcaso “inferiormente” e “minoranti”.

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Capitolo 2

Funzioni reali: generalità

Richiami di teoria

N.B.: Nel seguito, se non diversamente specificato, si assumerà sempre che i sottoinsiemi di Rconsiderati nelle definizioni sono non vuoti.

Definizione 2.1 (Dominio naturale). Quando una funzione reale f è assegnata attraverso unaespressione analitica nella variabile indipendente, se non diversamente specificato, si consideracome dominio della funzione il più grande insieme di valori che la variabile indipendente puòassumere dando senso alla suddetta espressione analitica e lo si chiama dominio naturale dellafunzione. Di seguito esso si denoterà solitamente col simbolo D f . �

Definizione 2.2 (Funzioni pari e dispari). Sia f : A →R e sia A simmetrico rispetto a 0, cioè taleche x ∈ A se e solo se −x ∈ A.

• f si dice pari se f (−x)= f (x) per ogni x ∈ A.

• f si dice dispari se f (−x)=− f (x) per ogni x ∈ A. �

Osservazione 2.3. A livello di grafico le funzioni pari e dispari si caratterizzano per avere leseguenti proprietà di simmetria. �

• Le funzioni pari sono tutte e sole quelle che hanno grafico simmetrico rispetto all’asse ver-ticale del sistema di riferimento cartesiano (prototipo: f (x)= xn con n ∈N pari).

• Le funzioni dispari sono tutte e sole quelle che hanno grafico simmetrico rispetto all’originedel sistema di riferimento cartesiano (prototipo: f (x)= xn con n ∈N dispari). �

Definizione 2.4 (Restrizione di una funzione). Sia f : A ⊆ R→ R e sia E ⊆ A. La restrizione di fad E è la funzione f |E : E →R, x 7→ f (x). �

Definizione 2.5 (Immagine). Sia f : A ⊆R→R e sia E ⊆ A. L’immagine di E tramite f è l’insieme

f (E) := {f (x) : x ∈ E

}.

f (A) si dice anche, semplicemente, immagine di f . �

Definizione 2.6 (Funzioni limitate superiormente/inferiormente). Sia f : A ⊆R→R e sia E ⊆ A.

• f si dice limitata superiormente su E se f (E) è limitato superiormente; equivalentemente,se esiste M ∈R tale che f (x) ≤ M per ogni x ∈ E; in tal caso si dice che M è un maggioranteper f su E. In caso contrario si dice che f è illimitata superiormente su E.

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• f si dice limitata inferiormente su E se f (E) è limitato inferiormente; equivalentemente, seesiste m ∈R tale che f (x)≥ m per ogni x ∈ E; in tal caso si dice che m è un minorante per fsu E. In caso contrario si dice che f è illimitata inferiormente su E.

• f si dice limitata su E se è sia limitata superiormente su E, sia limitata inferiormente su E;equivalentemente, se esistono m, M ∈R (con m ≤ M necessariamente) tali che m ≤ f (x)≤ Mper ogni x ∈ E; equivalentemente, se esiste L ≥ 0 tale che | f (x)| ≤ L per ogni x ∈ E. In casocontrario si dice che f è illimitata su E.

Quando E = A, “su A” viene solitamente omesso nella definizione. �

Definizione 2.7 (Estremo superiore/inferiore di una funzione su un insieme). Sia f : A ⊆ R→ R

e sia E ⊆ A.

• L’ estremo superiore di f su E, denotato da supE

f (o da supx∈E

f (x)), è il “numero" (finito o

infinito) sup f (E).

• L’ estremo inferiore di f su E, denotato da infE

f (o da infx∈E

f (x)), è il “numero" (finito o infinito)

inf f (E).

Quando E = A, “su A” viene solitamente omesso nella definizione. �

Osservazione 2.8. Si ha la seguente caratterizzazione (che può essere presa, equivalentemente,come definizione) di sup

Ef e inf

Ef .

• supE

f = M ∈R se e solo se

1. M è un maggiorante di f su E;

2. per ogni ε> 0 esiste x ∈ E tale che f (x)> M−ε.• sup

Ef =+∞ se e solo se per ogni M ∈R esiste x ∈ E tale che f (x)≥ M.

• infE

f = m ∈R se e solo se

1. m è un minorante di f su E;

2. per ogni ε> 0 esiste x ∈ E tale che f (x)< m+ε.• inf

Ef =−∞ se e solo se per ogni m ∈R esiste x ∈ E tale che f (x)≤ m. �

Definizione 2.9 (Massimo/minimo globale di una funzione su un insieme). Sia f : A ⊆ R→ R esia E ⊆ A.

• Il massimo globale di f su E, denotato da maxE

f (o da maxx∈E

f (x)), è il numero reale (se esiste)

max f (E).• Il minimo globale di f su E, denotato da min

Ef (o da max

x∈Ef (x)), è il numero reale (se esiste)

min f (E).Quando E = A, “su A” viene solitamente omesso nella definizione. �

Osservazione 2.10. Si ha la seguente caratterizzazione (che può essere presa, equivalente-mente, come definizione) di max

Ef e min

Ef .

• maxE

f = M ∈R se e solo se

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1. M è un maggiorante di f su E;

2. esiste xM ∈ E tale che f (xM)= M.

Equivalentemente, se esiste xM ∈ E tale che M = f (xM) ≥ f (x) per ogni x ∈ E. Il punto xM èdetto punto di massimo per f su E.

• minE

f = m ∈R se e solo se

1. m è un minorante di f su E;

2. esiste xm ∈ E tale che f (xm)= m.

Equivalentemente, se esiste xm ∈ E tale che m = f (xm) ≤ f (x) per ogni x ∈ E. Il punto xm èdetto punto di minimo per f su E. �

Definizione 2.11 (Funzioni monotone). Sia f : A ⊆R→R e sia E ⊆ A.

• f si dice crescente su E se per ogni x1, x2 ∈ E con x1 < x2 risulta f (x1)≤ f (x2).

• f si dice decrescente su E se per ogni x1, x2 ∈ E con x1 < x2 risulta f (x1)≥ f (x2).

• f si dice strettamente crescente su E se per ogni x1, x2 ∈ E con x1 < x2 risulta f (x1)< f (x2).

• f si dice strettamente decrescente su E se per ogni x1, x2 ∈ E con x1 < x2 risulta f (x1)> f (x2).

Quando E = A, “su A” viene solitamente omesso nella definizione.Se f rientra in una delle casistiche precedienti si dice che f è monotona su E; se vi rientra

nelle casistiche strette, si dice che f è strettamente monotona su E. �

Definizione 2.12 (Funzioni concave/convesse). Sia f : A ⊂R→R e sia I ⊆ A un intervallo.

• f si dice convessa su I se

f (tx1 + (1− t)x2)≤ t f (x1)+ (1− t) f (x2) ∀x1, x2 ∈ I, ∀t ∈ [0,1].

• f si dice concava su I se

f (tx1 + (1− t)x2)≥ t f (x1)+ (1− t) f (x2) ∀x1, x2 ∈ I, ∀t ∈ [0,1].

• f si dice strettamente convessa su I se

f (tx1 + (1− t)x2)< t f (x1)+ (1− t) f (x2) ∀x1, x2 ∈ I, ∀t ∈ (0,1).

• f si dice convessa su I se

f (tx1 + (1− t)x2)> t f (x1)+ (1− t) f (x2) ∀x1, x2 ∈ I, ∀t ∈ (0,1).

Quando I = A, “su A” viene solitamente omesso nella definizione. �

Osservazione 2.13. Il grafico di una funzione convessa su un intervallo è tale che ogni cordacongiungente due suoi punti giace sopra di esso; il grafico di una funzione concava è tale che ognicorda congiungente due suoi punti giace sotto di esso. Se la funzione è strettamente convessao strettamente concava, le caratterizzazioni geometriche descritte sopra si verificano in modostretto (cioè non ci sono pezzi della corda, ad eccezione degli estremi, che giacciono sul graficodella funzione). �

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Definizione 2.14 (Punto di flesso). Sia f : A →R. Un punto x0 ∈ A si dice punto di flesso se esisteun intorno (x0 −δ, x0 +δ) ⊆ A di x0 tale che f è convessa in (x0 −δ, x0] e concava in [x0, x0 +δ) oviceversa. �

Definizione 2.15 (Punti di massimo e minimo locali).

• Sia f : A →R e sia x0 ∈ A. x0 si dice un punto di massimo locale per f se esiste δ> 0 tale chex0 è un punto di massimo globale per f |A∩(x0−δ,x0+δ), cioè se esiste δ> 0 tale che f (x0)≥ f (x)per ogni x ∈ A∩ (x0−δ, x0+δ). Se la disuguaglianza sopra è stretta per x 6= x0, si dice che x0è un punto di massimo locale stretto o forte.

• Sia f : A →R e sia x0 ∈ A. x0 si dice un punto di minimo locale per f se esiste δ> 0 tale chex0 è un punto di minimo globale per f |A∩(x0−δ,x0+δ), cioè se esiste δ> 0 tale che f (x0) ≤ f (x)per ogni x ∈ A∩ (x0−δ, x0+δ). Se la disuguaglianza sopra è stretta per x 6= x0, si dice che x0è un punto di minimo locale stretto o forte. �

Definizione 2.16. Siano f : A → R, g : B → R funzioni reali. Si definiscono le funzoni sommaf + g, prodotto f · g e quoziente f /g come segue.

• Somma: si definisce

f + g : A∩B →R, ( f + g)(x) := f (x)+ g(x) ∀x ∈ A∩B.

• Prodotto: si definisce

f · g : A∩B →R, ( f · g)(x) := f (x)g(x) ∀x ∈ A∩B.

• Quoziente: postoZ := {

x ∈ B : g(x)= 0},

si definiscefg

: (A∩B)\ Z →R,(

fg

)(x) := f (x)

g(x)∀x ∈ (A∩B)\ Z.

Definizione 2.17. Siano f : A → R e g : B → R. Si dice funzione composta di g ed f e si denotag ◦ f la funzione

g ◦ f : E → R, x 7→ g( f (x)),

definita sul dominio E := {x ∈ A : f (x) ∈ B}. �

Osservazione 2.18. Chiaramente, in generale la composizione di funzioni non è commutativa,cioè g ◦ f 6= f ◦ g.

Osservazione 2.19. La composizione si può iterare: assegnate n ≥ 2 funzioni f i : A i → R, i =1, . . . ,n, si definisce la funzione composta fn◦. . .◦ f1 è definita per ricorsione attraverso la seguente:

fn ◦ . . .◦ f1 := fn ◦ [ fn−1 ◦ . . .◦ f1]. �

Notazione 2.20. Se n ≥ 2, si usa la notazioine f n per denotare la composizione f ◦ . . .◦ f ripetutan volte. �

Osservazione 2.21. L’espressione f n(x), quando ha senso, non coincide, in generale, con [ f (x)]n.La prima espressione si ottinene componendo f con se stessa n volte e calcolandola in x, la sec-onda calcolando f (x) ed elevando il risultato alla potenza n-esima. Si osservi, comunque, in uncerto contrasto con quanto detto sopra, che solitamente la notazione sin2 x sta in effetti per (sin x)2

e non per sin(sin x) e lo stesso vale per sinn x, cosn x, tann x e logna x. �

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Definizione 2.22 (Funzione iniettiva o invertibile; funzione inversa). Sia f : A → R. f si diceiniettiva o invertibile se

x1, x2 ∈ A, x1 6= x2 =⇒ f (x1) 6= f (x2).

Se f è iniettiva, si definisce la funzione inversa, denotata da f −1 nel seguente modo:

f −1 : f (A)→R, y 7→ l’unico x ∈ A : f (x)= y. �

Osservazione 2.23. Definiamo la funzione identità su E ⊆R come IdE : E →R, x 7→ x. Se f : A →R è una funzione invertibile, allora anche f −1 è invertibile e risulta

f −1 ◦ f = IdA, f ◦ f −1 = Id f (A). �

Osservazione 2.24. La condizione di invertibilità di una funzione f : A →R equivale a richiedereche per ogni y ∈ R l’equazione f (x) = y abbia al più una soluzione; precisamente essa abbiaun’unica soluzione per ogni y ∈ f (A). Tale soluzione è, per definizione, l’elemento f −1(y) ∈ A.�

Osservazione 2.25. L’espressione f −1(x), quando ha senso, non coincide, in generale, con [ f (x)]−1.�

Osservazione 2.26. Talvolta, quando f non è invertibile, può essere significativo considerarerestrizioni f |E : E →R con E ⊆ A che risultino invertibili. Il caso più rappresentativo è cositituitodalla funzione f : R→ R, x 7→ x2. Tale funzione non è chiaramente invertibile, ma lo è la suarestrizione a R+: precisamente ( f |R+)−1(x)=p

x. �

Definizione 2.27 (Funzioni definite a tratti). Una f : A → R si dice definita a tratti se è definitaassegnando diverse leggi in diversi pezzi del suo dominio, cioè il dominio A viene partizionatocome A =⋃n

i=1 A i, con A i ∩ A j =; per ogni i, j = 1, ...,n con i 6= j, e si definisce f attraverso le suerestrizoni su ciascun insieme A i:

f |A i = f i, con f i : A i →R, i = 1, ...,n assegnate. �

Esempio 2.28 (Alcune funzioni speciali). Di seguito elenchiamo alcune funzioni che risultanoutili per lo sviluppo della teoria e nelle applicazioni.

(i) La funzione valore assoluto: è la funzione, denotata da | · | e definita da

| · | :R→R, |x| :={

x, se x ≥ 0,−x, se x < 0.

(ii) La funzione parte positiva: è la funzione, denotata dall’apice + e definita da

+ :R→R, x+ :={

x, se x ≥ 0,0, se x < 0.

(iii) La funzione parte negativa: è la funzione, denotata dall’apice − e definita da

− :R→R, x− :={

0, se x ≥ 0,−x, se x < 0.

(iv) La funzione indicatrice di un insieme E ⊆R: è la funzione denotata da 1E e definita da

1E :R→R, 1E(x) :={

1, se x ∈ E,0, se x ∉ E.

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(v) La funzione parte intera: è la funzione, denotata da [·] e definita da

[·] :R→R, [x] :=max{z ∈Z : z ≤ x

}.

(vi) La funzione parte frazionaria: è la funzione, denotata da b·c e definita da

b·c :R→R, bxc := x− [x].

(vii) La funzione segno: è la funzione, denotata da Sgn e definita da

Sgn :R→R, Sgn(x) :=

1, se x > 0,0, se x = 0,−1, se x < 0. �

Osservazione 2.29. Chiaramente si hanno le identità x = x+− x− e |x| = x++ x−. �

Esempio 2.30 (Le funzioni elementari). Di fondamentale importanza per lo sviluppo della teroiasono le funzioni elementari.

(i) La funzione potenza xα considerata su R+ se α> 0 e su (0,+∞) se α< 0.

(ii) La funzione esponenziale ax, con a > 0, definita su R.

(iii) La funzione logaritmica loga x, con a ∈ (0,1)∪ (1,+∞), definita su (0,+∞).

(iv) Le funzioni trigonometriche sin x e cos x definite su R e la funzione tg x definita per x 6= π2 +kπ

per ogni k ∈Z.

Per la loro definizione e descrizone si rimanda al libro di testo. �

Esercizi

Esercizio 2.1Si consideri la funzione f il cui grafico è rappresentato dalla figura in basso.

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(i) Si determini il dominio D f della funzione.

(ii) Si determini l’insieme {x ∈ D f : f (x)= 0}.

(iii) Si stabilisca se la funzione è limitata superiormente e/o inferiormente su D f e si determininosupD f

f ed infD f

f .

(iv) Si stabilisca se l’estremo superiore e l’estremo inferiore della funzione, trovati nel puntoprecedente, sono anche, rispettivamente, massimo e minimo (globale) per la funzione.

(v) Si determini l’immagine di f .

(vi) Si determini l’immagine dell’insieme [−1,1]∩D f tramite f , cioé f ([−1,1]∩D f ).

(vii) Si stabilisca se la funzione f : D f →R è iniettiva.

(viii) Si stabilisca se la funzione f |[−1,1]∩D f è iniettiva.

(ix) Si stabilisca se la funzione f è monotona (crescente o decrescente).

(x) Si stabilisca se la funzione f |[−1,1]∩D f è monotona (crescente o decrescente).

Esercizio 2.2

Si risponda alle seguenti domande giustificando le risposte:

(i) È vero che una funzione strettamente monotona è sicuramente iniettiva?

(ii) È vero che una funzione iniettiva è sicuramente strettamente monotona?

(iii) È vero che una funzione monotona è sicuramente iniettiva?

(iv) È vero che una funzione iniettiva è sicuramente monotona?

Esercizio 2.3

Si determini il dominio naturale delle seguenti funzioni:

(i) f (x)= xx1/2−1 .

(ii) f (x)= x2−1px−1

.

(iii) f (x)= 11−2x+x2 + 1

1−|x| .

(iv) f (x)= |x|x .

(v) f (x)=p

x2−1p1−x2

1(|x|−1) .

(vi) f (x)= 1pe|x|

· log |x−1|.

(vii) f (x)= 1|epx| .

(viii) f (x)= log(1+x2)−log |x|px−1

.

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(ix) f (x)= log(x+1)−1px2+x

.

(x) f (x)=√log |x|+ 1p

x .

Esercizio 2.4

Si rappresenti il grafico della funzione del punto (iv) dell’Esercizio 2.3.

Esercizio 2.5

Con riferimento ai punti (iii)-(iv) dell’Esercizio 2.1, si motivi in linguaggio matematico rig-oroso le risposte usando le definizioni di sup, inf, max, min per il caso specifico in considerazione.

Esercizio 2.6

Si consideri la funzione f definita dall’espressione analitica seguente

f (x)= x2

1+ x2 .

(i) Si determini il suo dominio naturale D f .

(ii) Si determini l’immagine di f .

(iii) Si determini f (R+).

(iv) Si stabilisca se la funzione è pari, dispari oppure né pari né dispari.

(v) Si stabilisca se f |R+∩D f è iniettiva. In caso affermativo, se ne calcoli l’inversa.

Esercizio 2.7

Si consideri la funzione f definita dall’espressione analitica seguente:

f (x)= (1+|x|+ x2).

(i) Si determini il suo dominio naturale.

(ii) Si determini il minimo globale della funzione sul suo dominio naturale.

(iii) Si scriva f nella forma f (x)= g(|x|) con g :R→R con g di grafico noto.

(iv) Si tracci il grafico di f .

Esercizio 2.8

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Si consideri la funzione f il cui grafico è rappresentato dalla figura in basso.

(i) Si determini il dominio D f della funzione f .

(ii) Si determini in quali punti x ∈ D f risulta f (x)= 0 ed in quali risulta f (x)= 1.

(iii) Si stabilisca se la funzione è iniettiva su D f e se lo è su [0,2].

(iv) Si stabilisca se la funzione ammette massimi o minimi locali sul dominio.

(v) Si determinino f (D f ) e f ([0,2]).

(vi) Si stabilisca in quai intervalli la funzione è concava o convessa.

(vii) Si stabilisca in quali intervalli la funzione è monotona.

(viii) Se ristretta all’intervallo [−2,0] la funzione è invertibile? In caso affermativo si tracci ilgrafico dell’inversa.

(ix) Si determinino supD ff e infD f f .

(x) Si determinino sup{0}

f e inf{0}

f .

Esercizio 2.9Si considerino le funzioni

f (x)= log x, g(x)= 1+cos x, h(x)= x2

sui loro rispettivi domini naturali.

(i) Determinare il dominio e l’espressione analitica della funzione composta f ◦ g ◦h.

(ii) Scrivere la funzionek : (0,+∞)→R, k(x)= [1+cos(log x)]2

come composizione, nel giusto ordine, delle funzioni f , g,h.

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Esercizio 2.10

Si consideri la funzione f il cui grafico è rappresentato dalla figura in basso.

(i) Si determini il dominio D f della funzione f .

(ii) Si dica in quali punti x del dominio risulta f (x)= 0 e in quali f (x)= 1.

(iii) Si stabilisca se la funzione è limitata speriormente e/o inferiormente su D f e si determininosupD f

f e infD f

f .

(iv) Si stabilisca in quali intervalli f è crescente e in quali è decrescente.

(v) Si stabilisca in quali intervalli f è convessa e in quali è concava.

(vi) Si stabilisca se f |[2,+∞) è invertibile. In caso affermativo, si tracci il grafico dell’inversa.

(vii) Si determinino f (D f ) e f ([2,+∞)).

(viii) Se g : A →R, la controimmagine di B ⊂R tramite g è l’insieme definito da

g−1(B) := {x ∈ A : f (x) ∈ B}.

Si determinino, in questo caso, gli insiemi f −1(R+) e f −1((1,+∞)).

Esercizio 2.11

22

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Si consideri la funzione f il cui grafico è rappresentato nella figura in basso.

(i) Si determini il dominio D f della funzione f .

(ii) Si determini per quali valori di x ∈ D f risulta f (x)= 0 e per quali f (x)=−1.

(iii) Si determinino i punti di massimo e di minimo locale di f ed i corrispondenti valori dimassimo locale e di minimo locale.

(iv) Si determinino sup{0}

f e inf{0}

f .

(v) Si stabilisca in quali intervalli f è crescente e in quali è decrescente.

(vi) Si stabilisca in quali intervalli f è convessa e in quali è concava.

Esercizio 2.12Rappresentare graficamente le seguenti funzioni.

(i) Le funzioni dell’ esempio 2.28.

(ii) Dato K > 0,f :R+ →R, f (x)= (x−K)+.

Tale funzione è utilizzata, in ambito finanziario, per la definizione dell’opzione call.

(iii) Dato K > 0,f :R+ →R, f (x)= (K − x)+.

Tale funzione è utilizzata, in ambito finanziario, per la definizione dell’opzione put.

(iv) Dato K > 0,f :R+ →R, f (x)= 1[K ,+∞).

Tale funzione è utilizzata, in ambito finanziario, per la definizione delle opzioni digital.

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Esercizio 2.13

Si considerino le funzioni

f (x)= ex, g(x)=−x, h(x)= log x

sui loro rispettivi domini naturali.

(i) Si determini il dominio e l’espressione analitica della funzione composta f ◦ g ◦h.

(ii) Si scriva la funzione k : R→ R, k(x) = −x come composizione, nel giusto ordine, delle trefunzioni f , g,h.

Esercizio 2.14

Si consideri la funzioni il cui grafico è rappresentato in figura.

Si tracci il grafico della funzione

g :R\{0}→R, g(x) :=− f (|x|).

Esercizio 2.15

Si consideri la funzione f il cui grafico è rappresentato in figura.

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(i) Si determinino gli intervalli di monotonia della funzione.

(ii) Determinare gli intervalli di concavità e convessità della funzione.

(iii) Si determini f ([−2,1)).

(iv) Si tracci il grafico di g−1 dove g = f |[−2,1).

Esercizio 2.16

Consultare gli esercizi e le soluzioni dei Capitoli 1-2 del volume:

- Francesco Brega, Grazia Messineo, Esercizi di Matematica Generale (Funzioni, limiti e con-tinuità). Giappichelli Editore.

Soluzioni

Es. 1

(i) [−3,0)∪ (0,+∞).

(ii) f (x)= 0 se e solo se x =−2. Quindi l’insieme richiesto è {−2}.

(iii) Limitata superioremente e inferiormente; supD ff = 2, infD f f =−1.

(iv) Entrambi i valori di sup e inf sono ottenuti come immagini di elementi del dominio (precisa-mente f (1)= 2 e f (−1)=−1. Dunque essi sono, rispettivamente, massimo e minimo.

(v) f (D f )= [−1,2].

(vi) f ([−1,1]∩D f )= [−1,0)∪ (1,2].

(vii) Non è iniettiva: se y ∈ (0,1/2] allore esistono x1, x2 ∈ D f con x1 6= x2 tali che f (x1)= f (x2)= y.

(viii) Si: per ogni y ∈ [−1,0)∪ (1,2] esiste un unico x ∈ [−1,1]∩D f tale che f (x)= y.

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(ix) Non è monotona.

(x) È monotona (strettamente crescente).

Es. 2

(i) Si. Supponiamo per assurdo che la funzione non sia iniettiva. Questo significa che esistonox1, x2 ∈ D f con x1 6= x2 (e supponiamo x1 < x2) tali che f (x1) = f (x2). Ciò contraddice l’ipotesdi stretta monotonia (che infatti implicherebbe f (x1)< f (x2) nel caso strettamente crescentee f (x1)> f (x2) nel caso strettamente decrescente).

(ii) No. Si consideri la funzione f :R\{0}→R, x 7→ 1x .

(iii) No. Qualsiasi funzione costante rappresenta un controesempio.

(iv) No. Di nuovo la funzione del punto (ii) funziona come controesempio.

Es. 3

(i) [0,1)∪ (1,+∞).

(ii) (1,+∞)

(iii) (−∞,−1)∪ (−1,1)∪ (1,+∞).

(iv) (−∞,0)∪ (0,+∞).

(v) ;.

(vi) (−∞,1)∪ (1,+∞).

(vii) R+ = [0,+∞).

(viii) (1,+∞).

(ix) (0,+∞),

(x) [1,+∞).

Es. 4

Es. 5

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• Si haf (x)≤ 2 ∀x ∈ D f ∧ ∀ε> 0 ∃x0 ∈ D f : f (x0)> 2−ε.

cioè la definizione di supD f

f = 2.

• Si haf (x)≥−1 ∀x ∈ D f ∧ ∀ε> 0 ∃x0 ∈ D f : f (x0)<−1+ε.

cioè la definizione di infD f

f =−1.

• Si ha f (1) ≥ f (x) per ogni x ∈ D f , cioè la definizione di maxD f

f = 2 (con punto di massimo

x0 = 1).

• Si ha f (−1) ≤ f (x) per ogni x ∈ D f , cioè la definizione di minD f

f = −1 (con punto di minimo

x0 =−1).

Es. 6

(i) D f =R.

(ii) Sia y ∈ R e consideriamo l’equazione (nella variabile x) f (x) = y. Svolgendo i calcoli si vedeche tale equazione ha soluzione se e solo se y ∈ [0,1). Precisamente:

• x = 0 se y= 0;

• x =±√

y1−y , se y ∈ (0,1).

Se ne deduce che f (R)= [0,1).

(iii) f (R+) = [0,1); infatti, per il punto precedente l’equazione f (x) = y ha (un’unica) soluzione inR+, data da

√y

1−y , se e solo se y ∈ [0,1).

(iv) Pari.

(v) Considerando il punto (iii): è iniettiva e l’inversa è la funzione

( f |R+)−1 : [0,1)→ [0,+∞), y 7→√

y1− y

.

Es. 7

(i) Il dominio naturale è R.

(ii) 1= f (0)≥ f (x)≥ 1 per ogni x ∈R. Dunque minD f

f = 0 con punto di minimo xm = 0.

(iii) g(x)= 1+ x+ x2.

(iv) Il grafico è il seguente:

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Es. 8

(i) D f = [−2,2].

(ii) f (x)= 0 per x =−2 ∨ x = 2. f (x)= 1 per x =−1 ∨ x = 0 ∨ x = 1.

(iii) Non è iniettiva né su D f , né su [0,2]. Infatti si ha, ad esempio, f (0)= f (1)= 1.

(iv) Punti di minimo locale: x =−2, x = 0, x = 2. Non ci sono punti di massimo locale.

(v) f (D f )= f ([0,2])= [0,2).

(vi) Concava in [−2,−1] ed in [0,1]. Convessa in [−1,0) ed in [1,2].

(vii) Crescente (strettamente) in [−2,0). Decrescente (strettamente) in (0,2].

(viii) Non è invertibile poiché f (−1)= f (0)= 1.

(ix) supD f

f = 2, infD f

f = 0.

(x) sup{0}

f = 1, inf{0}

f = 1.

Es. 9

(i) Il dominio di f ◦ g ◦h è

D f ◦g◦h = {x ∈R : h(x) ∈R∧ g(h(x))> 0}= {x ∈R : 1+cos x2 > 0}

= {x ∈R : cos x2 6= −1}= {x ∈R : x2 6=π+2kπ ∀k ∈Z}

= {x ∈R : x 6= ±pπ+2kπ ∀k ∈N}.

L’espressione analitica di f ◦ g ◦h è

[ f ◦ g ◦h](x)= log(1+cos x2).

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(ii) Si ha k = h◦ g ◦ f .

Es. 10

(i) D f = (−∞,−1)∪ (−1,+∞).

(ii) f (x)= 0 per x =−2, x = 0. f (x)= 1 per x = 1.

(iii) La funzione non è limitata né superiormente, né inferiormente su D f . Dunque supD f

f =+∞e inf

D ff =−∞.

(iv) f è crescente (strettamente) in (−∞,−2], in (−1,0] ed in [1,2]. f è decrescente (strettamente)in (−2,−1) in (0,1] ed in [2,+∞).

(v) f è convessa in (−∞,−2], in (−2,−1), in (0,1] ed in [3,+∞). f è concava in (−1,0] ed in [1,3].

(vi) Si, è invertibile. Il grafico richiesto è il seguente:

(vii) f (D f )=R e f ([2,+∞)= (1,2].

(viii) f −1(R+)= [−2,−1)∪ [0,+∞) e f −1((1,+∞))= (0,1)∪ (1,+∞).

Es. 11

(i) D f = (−4,−1]∪R+.

(ii) f (x)= 0 per x =−3 e x =−1 e x = 2; f (x)=−1 per x =−2 e x = 0.

(iii) Punti di massimo locale: x = −1 con valore f (−1) = 0; x = 1 con valore f (1) = 2. Punti diminimo locale: x =−1 con valore f (−2)=−1; x = 0 con valore f (0)=−1.

(iv) sup{0}

f =−1, inf{0}

f =−1.

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(v) Strettamente decrescente in (−4,−2] e in [1,+∞). Strettamente crescente in [−2,−1] e in[0,1].

(vi) Strettamente convessa in [−3,−1] ed in [2,+∞). Strettamente concava in (−4,−3] ed in[0,1]. Convessa e concava contemporaneamente in [1,2]. Convessa in [1,+∞).

Es. 12

Es. 13

(i) Il dominio di f ◦ g ◦h è

D f ◦g◦h = {x ∈ (0,+∞) : h(x) ∈R∧ g(h(x)) ∈R}= (0,+∞).

L’espressione analitica di f ◦ g ◦h è

[ f ◦ g ◦h](x)= e− log x = 1x

.

(ii) Si ha k = g ◦h◦ f .

Es. 14Il grafico richiesto è il seguente:

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Es. 15

(i) f è strettamente crescente nell’intervallo [−2,1] e strettamente decrescente nell’intervallo(2,+∞).

(ii) f è strettamente convessa negli intervalli [−2,−1] e [1,+∞); strettamente concava negliintervalli [−1,0]; concava e convessa nell’intervallo [0,1].

(iii) f ([−2,1))= [0,3).

(iv) Il grafico di g−1 è il seguente.

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Capitolo 3

Successioni e serie

Richiami di teoria

Convenzione 3.1. (i) Nel seguito di questo capitolo n,n0 indicheranno sempre numeri natu-rali, mentre ε, M indicheranno sempre numeri reali.

(ii) Quando scriveremo ∞, senza segno intenderemo +∞∨−∞.

(iii) In deroga alla convenzione stabilita in (ii), quando scriveremo n →∞ intenderemo esclusi-vamente n →+∞. Questo è chiaro dal contesto se si tiene conto della convenzione (i) e dalsignificato del simbolo n →∞ che sarà stabilito in questo capitolo. �

Definizione 3.2 (Successione). Una successione è una funzione a : N→ R. Per denotare unasuccessione si usa solitamente la notazione compatta {an}n∈N. Il pedice n si chiama indice dellasuccessione e an si dice elemento n-esimo della successione. �

Definizione 3.3 (Successioni definite per ricorrenza). Sia f : R→ R. Una successone {an}n∈N èdefinita per ricorrenza dalla legge f , se è definita assegnando il suo primo elemento a0 e asseg-nando i successivi elementi tramite la relazione ricorsiva

an+1 = f (an), n ∈N. �

Osservazione 3.4. Le successioni definite per ricorrenza modellizzano bene modelli dinamici atempi discreti: a0 rappresenta lo stato iniziale del sistema, an rappresenta lo stato del sistemaal tempo n ∈N e f rappresenta la legge che stabilisce la dinamica del sistema. �

Esempio 3.5 (Successione aritmetica). La successione aritmetica di ragione r ∈ R e con valoreiniziale α ∈R è la successione

an =α+ rn, n ∈N.

Essa può anche essere definita per ricorrenza come segue:{an+1 = an + r, ∀n ∈N,a0 =α.

Esempio 3.6 (Successione geometrica). La successione geometrica di ragione r ∈ R e con valoreiniziale α ∈R è la successione

an =αrn, n ∈N.

Essa può anche essere definita per ricorrenza come segue:{an+1 = ran, ∀n ∈N,a0 =α.

33

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Osservazione 3.7. La successione aritmetica e la successione geometrica modellizzano, rispet-tivamente, la legge di capitalizzazione semplice e la legge di capitalizzazione composta. �

Osservazione 3.8. Talvolta la successione non è propriamente una funzione definita su tutto N,ma soltanto a partire da un certo m ∈N\ {0} in poi, cioè una funzione a :N\ {0, ...,m−1} → R. Intal caso si denoterà con la scrittura {an}n≥m. �

Definizione 3.9 (Successioni a termini positivi/negativi). Una successione si dice a termini pos-itivi (risp., negativi) se an > 0 per ogni n ∈N (risp., an < 0 per ogni n ∈N).

Definizione 3.10 (Successioni monotone). Sia {an}n∈N una successione.

• {an}n∈N si dice crescente se an+1 ≥ an per ogni n ∈N.

• {an}n∈N si dice decrescente se an+1 ≤ an per ogni n ∈N.

• {an}n∈N si dice strettamente crescente se an+1 > an per ogni n ∈N.

• {an}n∈N si dice strettamente decrescente se an+1 < an per ogni n ∈N.

Se {an}n∈N rientra in una delle casistiche precedenti si dice che essa è monotona; se vi rientranelle casistiche strette, si dice che essa è strettamente monotona. �

Osservazione 3.11. Una successione è un elenco ordinato di numeri reali. Essa può comunqueessere vista, in particolare, come un sottoinsieme di R. Le definizioni date per sottoinsiemi dinumeri reali (limitatezza superiore e inferiore, estremo superiore e inferiore, massimo e minimo)si applicano quindi anche alle successioni. Con chiaro significato dei simboli, sup

n∈Nan starà per

sup{an : n ∈N}, eccetera. �

Definizione 3.12 (Proprietà asintotiche di una successione). Sia {an}n∈N una succcessione. Seuna certa proprietà vale per ogni termine an a partire da un certo indice n0 ∈N in poi (cioè perogni an, n ≥ n0), si dice che la successione possiede tale proprietà asintoticamente o definitiva-mente. �

Definizione 3.13 (Limite finito di una successione). Sia {an}n∈N una succcessione. Si dice che:

• il limite di an per n che tende all’infinito è L ∈R e si scrive limn→∞ an = L;

oppure che

• an tende a L ∈ R quando n tende all’infinito e si scrive an → L per n →∞ oppure ann→∞→ L

oppure, più semplicemente, an → L,

se∀ε> 0 si ha |an −L| < ε definitivamente,

cioè se∀ε> 0 ∃n0 ∈N : |an −L| < ε ∀n ≥ n0. �

Definizione 3.14. Se, nella sitiazuione della definizione precedente, risulta an > L definitiva-mente (risp., an < L definitivamente) allora si dice che an tende a L per eccesso (risp., per difetto)e si scrive an → L+ (risp., an → 0−.) �

Osservazione 3.15. Il numero n0 della definizione precedente, in generale dipenderà dalla sceltadi ε. �

Definizione 3.16 (Limite infinito di una successione). Sia {an}n∈N una succcessione. Si dice che

34

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• il limite di an per n che tende all’infinito è +∞ (risp., −∞) e si scrive limn→∞ an =+∞ (risp.,−∞)

oppure che

• an tende a +∞ (risp., −∞) quando n tende all’infinito e si scrive an →+∞ (risp. −∞) pern →∞ oppure an

n→∞−→ +∞ (risp., −∞) oppure, più semplicemente, an →+∞ (risp., −∞),

se∀M > 0 si ha an ≥ M (risp., an ≤−M) definitivamente,

cioè se∀M > 0 ∃n0 ∈N : an ≥ M (risp., an ≤−M) ∀n ≥ n0. �

Osservazione 3.17. Il numero n0 della definizione precedente, in generale dipenderà dalla sceltadi M. �

Definizione 3.18 (Successioni convergenti, divergenti, irregolari). Sia {an}n∈N una succcessione.

(i) Se an → L ∈R, si dice che la successione {an}n∈N converge (ad L) o che essa è convergente (adL).

(ii) Se an →+∞ oppure an →−∞, si dice che la successione {an}n∈N diverge o che essa è diver-gente. Precisamente, nel primo caso si dice che essa diverge positivamente, nel secondo casoche essa è diverge negativamente.

(iii) Se la successione {an}n∈N non è né convergente, né divergente, si dice che essa è irregolare.

Nei casi (i)-(ii) si dice che la successione ammette limite (finito o infinito) o che il limite dellasuccessione esiste (finito o infinito). Nel caso (iii) si dice che la successione non ammette limite oche il limite della successione non esiste. �

Teorema 3.19 (Unicità del limite). Se il limite di una successione esiste, allora esso è unico. �

Proposizione 3.20 (Passaggio al limite di diseguaglianze). Siano {an}n∈N, {bn}n∈N,succcessionitali che an ≤ bn definitivamente. Valgono i seguenti enunciati.

(i) Si ha limn→∞ an ≤ limn→∞ bn (se i precedenti limiti esistono).

(ii) Se (esiste) limn→∞ an =+∞, allora (esiste) anche limn→∞ bn =+∞.

(iii) Se (esiste) limn→∞ bn =−∞, allora (esiste) anche limn→∞ an =−∞. �

Corollario 3.21 (Teorema dei “due carabinieri”). Siano {an}n∈N, {bn}n∈N, {cn}n∈N succcessioni taliche an ≤ bn ≤ cn definitivamente. Se (esistono) limn→∞ an = limn→∞ cn = L ∈ R, allora (esiste)anche limn→∞ bn = L. �

Osservazione 3.22. Il passaggio al limite non mantiene, in generale, la disuguaglianza stretta:il fatto che risulti an < bn definitivamente e che esistano i limiti di {an}n∈N, {bn}n∈N non garantisceche risulti anche limn→∞ an < limn→∞ bn. Un controesempio è costituito dalle successioni an ≡ 0e bn = 1

n . Si ha an < bn per ogni n ≥ 1, ma limn→∞ an = limn→∞ bn. �

Teorema 3.23 (Esistenza del limite di successioni monotone). Sia {an}n∈N una successione.

(i) Se {an}n∈N è monotona, allora essa ammette limite (finito o infinito).

35

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(ii) Se {an}n∈N è monotona e limitata, allora il suo limite (che esiste in virtù del punto prece-dente) è finito.

Esempio 3.24 (Definizione di e). Si consideri la successione

an =(1+ 1

n

)n, n ∈N\{0}.

Si può dimostrare che tale successione è (strettamente) crescente e limitata. Pertanto essa am-mette limite finito in virtù della Proposizione 3.23. Tale limite si chiama numero di Nepero e sidenota col simbolo e. Si ha e ∈ (2,3).

Proposizione 3.25 (Limiti di successioni elementari). Si hanno i seguenti risultati.

• Dato α ∈R, si ha limn→∞ nα =

+∞, se α> 0,1, se α= 0,0, se α< 0.

• Dato α ∈R, si ha limn→∞ αn =

+∞, se α> 1,1, se α= 1,0, se α ∈ (−1,1),non esiste, se α≤−1,

• Dato α ∈ (0,1)∪ (1,+∞), si ha limn→∞ logα n =

{+∞, se α> 1,−∞, se α ∈ (0,1).

• Dato α> 0, si ha limn→∞ α1/n = 1. �

Definizione 3.26 (L’insieme R∗ e la sua aritmetizzazione parziale). Definiamo

R∗ :=R∪ {+∞,−∞}.

Estendiamo l’ordinamento su R dato dalle relazioni ≤ e < definendo

−∞≤ a ≤+∞ ∀a ∈R∗; −∞< a <+∞ ∀a ∈R.

Estendiamo parzialmente le operazioni di somma, prodotto, quoziente e potenza considerandoanche gli elementi infiniti di R∗ come segue:

• Somma:

si definisce (+∞)+ (+∞)=+∞ e (−∞)+ (−∞)=−∞;

se a ∈R, allora si definisce a+ (+∞)=+∞ e a+ (−∞)=−∞.

• Prodotto:

si definisce ∞·∞=∞;

se a ∈R\{0}, allora si definisce a ·∞=∞.

• Quoziente:

se a ∈R, allora si definisce a∞ = 0 e ∞

a =∞;

se a ∈R\{0}, allora si definisce a0 =∞.

36

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• Potenza:

se a ∈ (1,+∞)∪ {+∞}, allora si definisce a+∞ =+∞;

se a ∈ [0,1), allora si definisce a+∞ = 0;

se a ∈ (1,+∞)∪ {+∞}, allora si definisce a−∞ = 0;

se a ∈ [0,1), allora si definisce a−∞ =+∞.

I segni nelle operazioni di prodotto e quoziente vanno attribuiti nel seguente modo:

• per il prodotto vale la regola del prodotto dei segni;

• per le operazioni a∞ e ∞

a con a 6= 0 vale la regola del prodotto dei segni;

• per le operazioni ∞0 e a

0 con a 6= 0 vale la regola del prodotto dei segni quando sia possibileattribuire un segno allo 0 nel senso di quanto stabilito nella Proposizione 3.30. �

Osservazione 3.27. L’aritmetizzazione su R∗ è solo parziale, nel senso che vi sono operazioninon definite su esso:

+∞+ (−∞), 0 ·∞,00

,∞∞ , 00, 1∞, +∞0.

Tali “forme” si dicono forme indeterminate. Quando, nel calcolo dei limiti, si incorre in tali forme,è necessario “scioglierle“, cioè aggirarle (se possibile), con altre tecniche. �

Osservazione 3.28. Si noti che 0∞ e ∞

0 non sono forme indeterminate. �

Osservazione 3.29. Si noti che le forme indeterminate 00 e 1∞ possono essere riportate in formeindeterminate di tipo prodotto: formalmente si ha

" 1∞ = elog1∞ = e∞·log1 = e∞·0 ",

" 00 = elog00 = e0·log0 = e0·(−∞) ",

" +∞0 = elog+∞0 = e0·log(+∞) = e0·+∞ ".

ritrovando la forma indeterminata 0 ·∞. �

Proposizione 3.30 (Algebra dei limiti). Siano {an}n∈N {bn}n∈N due successioni tali che an → L ebn → L′, con L,L′ ∈R∗. Se le operazioni che seguono sono ben definite nell’algebra parziale di R∗

che è stata introdotta, si hanno i seguenti enunciati.

• Si halim

n→∞(an +bn)= L+L′, limn→∞(anbn)= LL′.

• Se bn 6= 0 definitivamente, si ha

limn→∞

an

bn= L

L′ ,

con la seguente accortezza per la determinazione del segno nel caso L 6= 0 e L′ = 0: ilprodotto dei segni va fatto attribuendo, quando possibile, un segno a 0 nel seguente modo:

– segno positivo se bn → 0+;

– segno negativo se bn → 0−.

Quando ciò non è possibile, cioè {bn}n∈N non mantiene definitivamente il segno costante,allora il limite non esiste.

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• Se an > 0 definitivamente, si halim

n→∞abnn = LL′

. �

Proposizione 3.31 (Criterio del rapporto). Sia {an}n∈N una successione a termini positivi e sisupponga che

limn→∞

an+1

an= L ∈ [0,+∞)∪ {+∞}.

• Se L ∈ (1,+∞)∪ {+∞}, allora an →+∞.

• Se L ∈ [0,1), allora an → 0.

• Se L = 1, allora non si puó concludere nulla sulla convergenza di an. �

Proposizione 3.32 (Confronto tra infiniti). Si ha

limn→∞

(logn)α

nβ= 0, ∀α,β> 0; lim

n→∞nβ

αn = 0, ∀α> 1, ∀β> 0;

conseguentemente, si ha anche

limn→∞

(logn)β

αn = 0, ∀α> 1, ∀β> 0. �

Definizione 3.33 (Serie). Sia {an}n∈N una successione. Si chiama serie associata alla successione{an}n∈N il simbolo

∞∑k=0

ak.

I termini della successione {an}n∈N si chiamano termini o addendi della serie. �

Definizione 3.34. Sia {an}n∈N una successione e∑∞

k=0 ak la sua serie associata. La successionedelle somme parziali associata a tale serie è la successione {sn}n∈N definita da

sn =n∑

k=0ak ∀n ∈N,

o anche, ricorsivamente das0 = a0, sn+1 = sn +an+1 ∀n ∈N. �

Definizione 3.35 (Carattere di una serie). Sia {an}n∈N una successione,∑∞

k=0 ak la sua serieassociata e {sn}n∈N la successione delle somme parziali associata a tale serie. Si dice che la serieè:

(i) convergente a L ∈R se sn =∑nk=0 ak → L; in tal caso si scrive

∑∞k=0 ak = L;

(ii) divergente a +∞ (risp., a −∞) se sn = ∑nk=0 ak →+∞ (risp., sn = ∑n

k=0 ak →−∞); in tal casosi scrive ∞∑

k=0ak =+∞ (risp.,

∞∑k=0

ak =−∞);

(iii) irregolare se {sn}n∈N è irregolare.

Nei casi (i)-(ii) si dice che la serie è regolare.

Osservazione 3.36. Chiaramente il carattere della serie è determinato dalla sua “coda”, cioèdalle proprietà definitive della successione che la definisce. Inoltre vale per le serie quanto dettoper le successioni nell’Osservazione 3.8: se la successione è della forma {an}n≥m, si definisce laserie associata

∑∞k=m ak. �

38

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Proposizione 3.37.

(i) Sia c ∈ R e sia∑∞

k=0 ak una serie convergente. Allora anche la serie∑∞

k=0 cak è convergentee risulta ∞∑

k=0cak = c

∞∑k=0

ak.

(ii) Sia c ∈R\{0} e sia∑∞

k=0 ak una serie divergente. Allora anche la serie∑∞

k=0 cak é divergente.Il segno è determinato secondo la regola del prodotto dei segni di c e

∑∞k=0 ak.

(iii) Siano∑∞

k=0 ak e∑∞

k=0 bk due serie convergenti. Allora anche la serie

∞∑k=0

(ak +bk)

è convergente e risulta∞∑

k=0(ak +bk)=

∞∑k=0

ak +∞∑

k=0bk. �

Esempio 3.38 (Serie geometrica). Si consideri la serie geometrica, vale a dire la serie (associataalla successione geometrica)

∞∑k=0

qk, q ∈R.

Essa ha il seguente carattere:

∞∑k=0

qk =

+∞, se q ≥ 1,

11−q , se q ∈ (−1,1),

irregolare, se q ≤−1.

Teorema 3.39 (Condizione necessaria per la convergenza di una serie). Sia∑∞

k=0 ak una serieconvergente. Allora an → 0. �

Teorema 3.40 (Regolarità di serie a con termini di segno costante). Ogni serie a termini defini-tivamente positivi (risp., negativi) è regolare. Precisamente essa converge a s ≥ 0 (risp., s ≤ 0)oppure diverge a +∞ (risp., −∞). �

Teorema 3.41 (Criterio di Leibniz). Sia {an}n∈N una successione con segni definitivamente al-terni (cioè tale che anan+1 < 0 definitivamente) e tale che an → 0. Allora la serie

∑∞k=0 ak converge.

Esempio 3.42. La serie∞∑

k=0

(−1)k

k+1

converge. �

Teorema 3.43 (Criterio del confronto). Siano {an}n∈N, {bn}n∈N successioni tali che 0 ≤ an ≤ bndefinitivamente.

(i) Se∑∞

k=0 ak diverge (a +∞), allora anche∑∞

k=0 bk diverge (a +∞).

(ii) Se∑∞

k=0 bk converge, allora anche∑∞

k=0 bk converge. �

39

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Teorema 3.44 (Criterio del confronto asintotico). Siano {an}n∈N, {bn}n∈N successioni a terminipositivi tali che

an

bn→ L ∈ [0,+∞)∪ {+∞}.

(i) Se L ∈ (0,+∞), allora∑∞

k=0 ak e∑∞

k=0 bk hanno lo stesso carattere.

(ii) Se L = 0 e∑∞

k=0 bk converge, allora anche∑∞

k=0 ak converge.

(iii) Se L =+∞ e∑∞

k=0 bk diverge, allora anche∑∞

k=0 ak diverge. �

Esempio 3.45 (Serie armonica generalizzata). Dato α > 0, la serie armonica generalizzata diparametro α è la serie

∞∑k=1

1nα

(nel caso α= 1 essa è la serie armonica). Tale serie converge per α> 1 e diverge per α ∈ (0,1]. Nelcaso α= 2 si ha la seguente elegante formula dovuta ad Eulero:

∞∑k=1

1k2 = π2

6.

Teorema 3.46 (Criterio del rapporto). Sia {an}n∈N una successione a termini definitivamentepositivi tale che

limn→∞

an+1

an= L ∈ [0,+∞)∪ {+∞}.

(i) Se L ∈ [0,1), allora∑∞

k=0 ak converge.

(ii) Se L ∈ (1,+∞)∪ {+∞}, allora∑∞

k=0 ak diverge.

(iii) Se L = 1, allora nulla si può concludere sul carattere di∑∞

k=0 ak. �

Esempio 3.47 (Serie esponenziale). Per ogni α ∈R si ha

∞∑k=0

αk

k!= eα. �

Osservazione 3.48. Il risultato precedente può essere usato per una definizione alternativa delnumero di Nepero. Si potrebbe cioè definire tale numero come

e :=∞∑

k=0

1k!

. �

Esercizi

Esercizio 3.1

Si considerino le successioni seguenti.

(i) an = nn2+1 ;

(ii) an = e−n;

(iii) an = (−1)n;

(iv) an = sin(πn).

40

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(v) an =−|sinn|.Per ciascuna di esse si dica quali delle seguenti proprietà vale per ogni n ∈N o definitivamente onon vale neppure definitivamente.

(a) Ha il segno costante.

(b) È costante.

(c) È minore di 1/10.

Esercizio 3.2

Utilizzando la definizione di limite, si verifichino i seguenti limiti.

(i) limn→∞ nn−2 = 1.

(ii) limn→∞ n+1n = 1.

(iii) limn→∞ (−1)n

n = 0.

(iv) limn→∞ 1pn−2

= 0.

(v) limn→∞√

nn2+1 = 0.

(vi) limn→∞(n2 +1)=+∞.

(vii) limn→∞ n2+nn−1 =+∞.

(viii) limn→∞(−n2 +n)=−∞.

Esercizio 3.3

Determinare il valore dei seguenti limiti (se esistono).

(i) limn→∞(−1)n;

(ii) limn→∞ sin(πn).

(iii) limn→∞ n2+5n−43n2+1 .

(iv) limn→∞(p

n+1−pn−1).

(v) limn→∞(n√

1n−1

).

(vi) limn→∞ n2+(−1)n

n2−(−1)n .

(vii) limn→∞(3n −2n).

(viii) limn→∞(n2 − logn).

(ix) limn→∞(en −n4).

(x) limn→∞(n2−1)logn

n5/2 .

(xi) limn→∞ sinnnα con α> 0.

41

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(xii) limn→∞ cosnnα con α> 0.

Esercizio 3.4

Stabilire se le seguenti serie a termini positivi convergono o divergono. (Suggerimento: uti-lizzare il criterio del confronto asintotico).

(i)∑∞

n=01

n2+logn .

(ii)∑∞

n=01

n+logn .

(iii)∑∞

n=01

n+sinn .

(iv)∑∞

n=01

n2+sinn .

(v)∑∞

n=0logn

n .

(vi)∑∞

n=0lognn2 .

Esercizio 3.5

Utilizzare il criterio del rapporto per dimostrare che la seguente serie è convergente:

∞∑n=0

n2n .

Esercizio 3.6

Stabilire il carattere della seguente serie:

∞∑n=0

2n

n.

Soluzioni

Es. 1

(i) Ha il segno costante, non è definitivamente costante, è definitivamente minore di 1/10.

(ii) Ha il segno costante, non è definitivamente costante, è definitivamente minore di 1/10.

(iii) Non ha il segno definitivamente costante, non è definitivamente costante, non è definitiva-mente minore di 1/10.

(iv) Ha il segno costante, è costante, è minore di 1/10.

(v) Ha il segno costante, non è definitivamente costante, è definitivamente minore di 1/10.

Es. 2N.B.: Si ricordi che [x] denota la parte intera del numero reale x. Allo scopo di evitare confu-

sione useremo la notazione [x]i.

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(i) Occorre verificare che∀ε> 0 ∃n0 ≥ 3 :

∣∣∣ nn−2

−1∣∣∣< ε.

Per n ≥ 3 si ha ∣∣∣ nn−2

−1∣∣∣< ε ⇐⇒

∣∣∣∣ 2n−2

∣∣∣∣< ε ⇐⇒ −ε< 2n−2

< ε.

La disequazione −ε < 2n−2 è verificata per ogni n ≥ 3. La disequazione 2

n−2 < ε è verificatanon appena n−2> 1

εcioè non appena n > 2+ 1

ε. Se ne deduce che∣∣∣ n

n−2−1

∣∣∣< ε ∀n ≥ n0,

doven0 := 3+

[1ε

]i.

(ii) Occorre verificare che∀ε> 0 ∃n0 ∈N :

∣∣∣ nn+1

−1∣∣∣< ε.

Per n ∈N si ha ∣∣∣ nn+1

−1∣∣∣< ε ⇐⇒

∣∣∣∣ −1n+1

∣∣∣∣< ε ⇐⇒ 1n+1

< ε.

La disequazione 1n+1 < ε è verificata non appena n+1> 1

εcioè non appena n >−1+ 1

ε. Se ne

deduce che ∣∣∣ nn+1

−1∣∣∣< ε ∀n ≥ n0,

doven0 :=

[1ε

]i.

(iii) Occorre verificare che

∀ε> 0 ∃n0 ≥ 1 :∣∣∣∣ (−1)n

n

∣∣∣∣< ε.

Per n ≥ 1 si ha ∣∣∣∣ (−1)n

n

∣∣∣∣< ε ⇐⇒ 1n< ε.

La disequazione 1n < ε è verificata non appena n > 1

εcioè non appena n > 1

ε. Se ne deduce

che ∣∣∣∣ (−1)n

n

∣∣∣∣< ε ∀n ≥ n0,

doven0 := 1+

[1ε

].

(iv) Occorre verificare che

∀ε> 0 ∃n0 ≥ 3 :∣∣∣∣ 1p

n−2

∣∣∣∣< ε.

Per n ≥ 3 si ha ∣∣∣∣ 1pn−2

∣∣∣∣< ε ⇐⇒ 1pn−2

< ε ⇐⇒ 1n−2

< ε2.

La disequazione 1n−2 < ε2 è verificata non appena n−2> 1

ε2 cioè non appena n > 2+ 1ε2 . Se ne

deduce che ∣∣∣∣ 1pn−2

∣∣∣∣< ε ∀n ≥ n0,

43

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doven0 := 3+

[1ε2

].

(v) Occorre verificare che

∀ε> 0 ∃n0 ∈N :∣∣∣∣√ n

n2 +1

∣∣∣∣< ε.

Per n ∈N si ha∣∣∣∣√ nn2 +1

∣∣∣∣< ε ⇐⇒√

nn2 +1

< ε ⇐⇒ nn2 +1

< ε2 ⇐⇒ n−ε2(n2 +1)n2 +1

< 0 ⇐⇒ ε2n2 −n+ε2 > 0.

La disequazione ε2n2−n+ε2 > 0 è verificata sempre se 1−4ε4 < 0 e non appena n > 1+p

1−4ε4

2ε2

se 1−4ε4 ≥ 0. Se ne deduce che ∣∣∣∣√ nn2 +1

∣∣∣∣< ε ∀n ≥ n0,

dove

n0 := 1+[

1+p

1−4ε4

2ε2

]i

.

(vi) Occorre verificare che∀M > 0 ∃n0 ∈ N : n2 +1> M.

Se M ∈ (0,1) si ha n2 +1> M per ogni n ∈N. Se M ≥ 1, si ha

n2 +1> M ⇐⇒ n2 > M−1 ⇐⇒ n >p

M−1.

Se ne deduce chen2 +1> M ∀n ≥ n0,

dove

n0 :={

0, se M ∈ (0,1),

1+[p

M−1]

i, se M ≥ 1.

(vii) Occorre verificare che

∀M > 0 ∃n0 ≥ 2 :n2 +nn−1

> M.

Per n ≥ 2 si ha

n2 +nn−1

> M ⇐⇒ n2 +n−Mn+Mn−1

> 0 ⇐⇒ n2 + (1−M)n+M > 0.

Se (1−M)2 −4M < 0, si han2 +n−Mn+M

n−1> 0 ∀n ≥ 2.

Se (1−M)2 −4M ≥ 0, si ha

n2 +n−Mn+M > 0 se n > M−1+√

(M−1)2 −4M2

.

Se ne deduce chen2 +nn−1

> M ∀n ≥ n0,

dove

n0 :=2, se (1−M)2 −4M < 0,

1+[

M−1+p

(M−1)2−4M2

]i, se (1−M)2 −4M ≥ 0.

44

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(viii) Occorre verificare che∀M > 0 ∃n0 ∈ N : −n2 +n <−M.

Si ha−n2 +n <−M ⇐⇒ n2 −n−M > 0,

da cui si deduce che−n2 +n >−M ∀n ≥ n0,

dove

n0 := 1+[

1+p1+4M2

]i

.

Es. 3

(i) Non esiste.

(ii) Si ha sin(nπ)= 0 per ogni n ∈N. Quindi limn→∞ sin(nπ)= 0.

(iii) Si ha

limn→∞

n2 +5n−43n2 +1

= limn→∞

n2+5n−4n2

3n2+1n2

=limn→∞ n2+5n−4

n2

limn→∞ 3n2+1n2

=limn→∞

(1+ 5

n − 4n2

)limn→∞

(3+ 1

n2

) = 1+0−03+0

= 13

.

(iv) Si ha

limn→∞(

pn+1−

pn−1) = lim

n→∞

[pn+1+p

n−1pn+1+p

n−1

(pn+1−

pn−1

)]

= limn→∞

[n+1−n+1pn+1+p

n−1

]= lim

n→∞

[2p

n+1+pn−1

]= 2

limn→∞[p

n+1+pn−1

]= 2

(+∞)+ (+∞)= 0.

(v)

limn→∞

(n

√1

n−1

)= lim

n→∞

√n2

n−1= lim

n→∞

√√√√ n2

n(1− 1

n) = lim

n→∞

√n(

1− 1n)

= limn→∞

n1/2(1− 1

n)1/2 = limn→∞ n1/2

limn→∞(1− 1

n)1/2 = +∞

1=+∞.

(vi) Si noti che −1≤ (−1)n ≤ 1, per cui

− 1n2 ≤ (−1)n

n2 ≤ 1n2 .

Poiché − 1n2 → 0 e 1

n2 → 0, per il criterio del confronto si ha anche (−1)n

n2 → 0. Ora calcoliamo

limn→∞

n2 + (−1)n

n2 − (−1)n = limn→∞

n2(1+ (−1)n

n2

)n2

(1− (−1)n

n2

) = limn→∞

1+ (−1)n

n2

1− (−1)n

n2

=1+ limn→∞ (−1)n

n2

1− limn→∞ (−1)n

n2

= 1+01−0

= 1.

45

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(vii) Si ha

limn→∞(3n −2n)= lim

n→∞

[3n

(1−

(23

)n)]=

(lim

n→∞3n)(

1− limn→∞

(23

)n)= (+∞) · (1−0)=+∞.

(viii) Si ha

limn→∞(n2 − logn) = lim

n→∞

[n2

(1− logn

n2

)]=

(lim

n→∞n2)(

limn→∞

(1− logn

n2

))=

(lim

n→∞n2)(

1− limn→∞

lognn2

)= (+∞)(1−0)=+∞.

(ix) Si ha

limn→∞(en −n4) = lim

n→∞

(en

(1− n4

en

))=

(lim

n→∞ en)(

limn→∞

(1− n4

en

))=

(lim

n→∞ en)(

1− limn→∞

n4

en

)= (+∞)(1−0)=+∞.

(x) Si ha

limn→∞

(n2 −1)lognn5/2 = lim

n→∞

(n2 −1

n2

)(lognn1/2

)=

(lim

n→∞

(1− 1

n2

))(lim

n→∞lognn1/2

)=

(1−

(lim

n→∞1n2

))·0= (1−0) ·0= 0.

(xi) Sia α> 0. Si noti preliminarmente che

−1≤ sinn ≤ 1,

da cui

− 1nα

≤ sinnnα

≤ 1nα

.

Poiché limn→∞(− 1

nα)= limn→∞ 1

nα = 0, dal criterio del confronto si deduce limn→∞ sinnnα = 0.

(xii) Allo stesso modo del punto precedente si ottiene limn→∞ cosnnα = 0 se α> 0.

Es. 4

(i) Si ha

limn→∞

1n2+logn

1n2

= 1,

da cui si deduce, per il criterio del confronto asintotico, che la serie data converge.

(ii) Si ha

limn→∞

1n+logn

1n

= 1,

da cui si deduce, per il criterio del confronto asintotico, che la serie data diverge.

46

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(iii) Si ha

limn→∞

1n+sinn

1n

= 1,

da cui si deduce, per il criterio del confronto asintotico, che la serie data diverge.

(iv) Si ha

limn→∞

1n2+sinn

1n2

= 1,

da cui si deduce, per il criterio del confronto asintotico, che la serie data converge.

(v) Si ha

limn→∞

lognn1n

=+∞,

da cui si deduce, per il criterio del confronto asintotico, che la serie data diverge.

(vi) Si ha

limn→∞

lognn2

1n3/2

= 0,

da cui si deduce, per il criterio del confronto asintotico, che la serie data converge.

Es. 5Si ha

limn→∞

n+12n+1

n2n

= limn→∞

n+12n

= 12

,

da cui si deduce, per il criterio del rapporto, che la serie data converge.

Es. 6Poiché limn→+∞ 2n

n = +∞, la successione associata non verifica la condizione necessaria per laconvergenza della serie. D’altra parte la serie è a termini positivi, quindi è regolare. Se nededuce che essa diverge a +∞.

47

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Capitolo 4

Funzioni reali: limiti e continuità

Richiami di teoria

Definizione 4.1 (Limite destro al finito). Sia f : A → R e sia c ∈ R tale che (c, c + h) ⊆ A perqualche h > 0. Si dice che il limite per x che tende a c da destra di f è L ∈R∗ e si scrive

limx→c+

f (x)= L,

se per ogni successione {xn}n∈N ⊆ (c, c+h) tale che xn → c+ risulta limn→∞ f (xn)= L.Inoltre, quando L è finito, si dice che il limite è per eccesso (risp., per difetto) e si scrive

limx→c+ f (x) = L+ (risp., L−) se risulta limn→∞ f (xn) = L+ (risp., L−) per ogni {xn}n∈N ⊆ (c, c+ h)tale che xn → c+. �

Osservazione 4.2. La definizione precedente non richiede che la funzione sia necessariamentedefinita nel punto c (cioè che il punto c appartenga al suo dominio). �

Osservazione 4.3. La proprietà che definisce limx→c+ f (x) = L è equivalente alle seguenti (dif-ferenziate per casistica per L finito o infinito):

• se L ∈R:∀ε> 0 ∃δ ∈ (0,h) : | f (x)−L| < ε ∀x ∈ (c, c+δ).

• se L =+∞:∀M > 0 ∃δ ∈ (0,h) : f (x)> M ∀x ∈ (c, c+δ).

• se L =−∞:∀M > 0 ∃δ ∈ (0,h) : f (x)<−M ∀x ∈ (c, c+δ). �

Definizione 4.4 (Limite sinistro al finito). Sia f : A → R e sia c ∈ R tale che (c− h, c) ⊆ A perqualche h > 0. Si dice che il limite per x che tende a c da sinistra di f è L ∈R∗ e si scrive

limx→c−

f (x)= L,

se per ogni successione {xn}n∈N ⊆ (c−h, c) tale che xn → c− risulta limn→∞ f (xn)= L.Inoltre, quando L è finito, si dice che il limite è per eccesso (risp., per difetto) e si scrive

limx→c− f (x) = L+ (risp., L−) se risulta limn→∞ f (xn) = L+ (risp., L−) per ogni {xn}n∈N ⊆ (c− h, c)tale che xn → c−. �

Osservazione 4.5. La proprietà che definisce limx→c− f (x) = L è equivalente alle seguenti (dif-ferenziate per casistica per L finito o infinito):

49

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• se L ∈R:∀ε> 0 ∃δ ∈ (0,h) : | f (x)−L| < ε ∀x ∈ (c−δ, c).

• se L =+∞:∀M > 0 ∃δ ∈ (0,h) : f (x)> M ∀x ∈ (c−δ, c).

• se L =−∞:∀M > 0 ∃δ ∈ (0,h) : f (x)<−M ∀x ∈ (c−δ, c). �

Definizione 4.6 (Limite al finito). Sia f : A → R e sia c ∈ R tale che (c− h, c+ h) \ {c} ⊆ A perqualche h > 0. Si dice che il limite per x che tende a c di f è L ∈R∗ e si scrive

limx→c

f (x)= L,

se per ogni successione {xn}n∈N ⊆ (c−h, c+h)\{c} tale che xn → c risulta limn→∞ f (xn)= L, cioè se

limx→c+

f (x)= limx→c−

f (x)= L.

Inoltre, quando L è finito, si dice che il limite è per eccesso (risp., per difetto) e si scrivelimx→c f (x) = L+ (risp., L−) se risulta limn→∞ f (xn) = L+ (risp., L−) per ogni {xn}n∈N ⊆ (c− h, c+h)\{c} tale che xn → c. �

Osservazione 4.7. La proprietà che definisce limx→c f (x) = L è equivalente alle seguenti (dif-ferenziate per casistica per L finito o infinito):

• se L ∈R:∀ε> 0 ∃δ ∈ (0,h) : | f (x)−L| < ε ∀x ∈ (c−δ, c+δ)\{c}.

• se L =+∞:∀M > 0 ∃δ ∈ (0,h) : f (x)> M ∀x ∈ (c−δ, c+δ)\{c}.

• se L =−∞:∀M > 0 ∃δ ∈ (0,h) : f (x)<−M ∀x ∈ (c−δ, c+δ)\{c}. �

Definizione 4.8 (Limite all’infinito).

(i) (Limite a +∞). Sia f : A → R tale che [K ,+∞) ⊆ A per qualche K > 0. Si dice che il limiteper x che tende a +∞ di f è L ∈R∗ e si scrive

limx→+∞ f (x)= L,

se per ogni successione {xn}n∈N ⊆ [K ,+∞) tale che xn →+∞ risulta limn→∞ f (xn)= L.

Inoltre, quando L è finito, si dice che il limite è per eccesso (risp., per difetto) e si scrivelimx→+∞ f (x) = L+ (risp., L−) se risulta limn→∞ f (xn) = L+ (risp., L−) per ogni {xn}n∈N ⊆[K ,+∞) tale che xn →+∞.

(ii) (Limite a −∞) Sia f : A → R tale che (−∞,−K] ⊆ A per qualche K > 0. Si dice che il limiteper x che tende a −∞ di f è L ∈R∗ e si scrive

limx→−∞ f (x)= L,

se per ogni successione {xn}n∈N ⊆ (−∞,−K] tale che xn →−∞ risulta limn→∞ f (xn)= L.

Inoltre, quando L è finito, si dice che il limite è per eccesso (risp., per difetto) e si scrivelimx→−∞ f (x) = L+ (risp., L−) se risulta limn→∞ f (xn) = L+ (risp., L−) per ogni {xn}n∈N ⊆(−∞,−K] tale che xn →−∞. �

50

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Osservazione 4.9. La proprietà che definisce limx→+∞ f (x) = L è equivalente alle seguenti (dif-ferenziate per casistica per L finito o infinito):

• se L ∈R:∀ε> 0 ∃N > 0 : | f (x)−L| < ε ∀x ≥ N.

• se L =+∞:∀M > 0 ∃N > 0 : f (x)> M ∀x ≥ N.

• se L =−∞:∀M > 0 ∃N > 0 : f (x)<−M ∀x ≥ N.

La proprietà che definisce limx→+∞ f (x)= L è equivalente alle seguenti (differenziate per casisticaper L finito o infinito):

• se L ∈R:∀ε> 0 ∃N > 0 : | f (x)−L| < ε ∀x ≤−N.

• se L =+∞:∀M > 0 ∃N > 0 : f (x)> M ∀x ≤−N.

• se L =−∞:∀M > 0 ∃N > 0 : f (x)<−M ∀x ≤−N. �

Definizione 4.10 (Asintoti). Sia f : A →R.

(i) Se c ∈ R e limx→c+ f (x) = ∞ ∨ limx→c− f (x) = ∞, la retta di equazione x = c — nel pianocartesiano su cui si rappresenta il grafico di f — si dice un asintoto verticale per il graficodi f in x = c.

(i) Se limx→+∞ f (x) = L ∈ R (risp., limx→−∞ f (x) = L), la retta di equazione y = L — nel pianocartesiano su cui si rappresenta il grafico di f — si dice un asintoto orizzontale per il graficodi f per x →+∞ (risp. per x →−∞). �

Teorema 4.11 (Unicità del limite). Se il limite di funzione per x → c ∈R∗ (o per x → c± ∈R) esiste,allora esso è unico. �

Proposizione 4.12 (Passaggio al limite di diseguaglianze). Siano f : A → R e g : B → R duefunzioni reali. Valgono i seguenti enunciati.

(i) Sia c ∈R. Se

∃h > 0 : (c−h, c+h)\{c}⊆ A∩B ∧ f (x)≤ g(x) ∀x ∈ (c−h, c+h)\{c}

ed esistono i limiti limx→c f (x) e limx→c g(x), allora

limx→c

f (x)≤ limx→c

g(x).

(ii) Sia c ∈R. Se

∃h > 0 : (c−h, c+h)\{c}⊆ A∩B ∧ f (x)≤ g(x) ∀x ∈ (c−h, c+h)\{c}

e (esiste) limx→c f (x)=+∞ (risp., limx→c g(x)=−∞), allora (esiste) anche

limx→c

g(x)=+∞ (risp., limx→c

f (x)=−∞).

51

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(iii) Se∃K > 0 : [K ,+∞)⊆ A∩B ∧ f (x)≤ g(x) ∀x ≥ K

ed esistono limx→+∞ f (x) e limx→+∞ g(x), allora

limx→+∞ f (x)≤ lim

x→+∞ g(x).

(iv) Se∃K > 0 : [K ,+∞)⊆ A∩B ∧ f (x)≤ g(x) ∀x ≥ K

e (esiste) limx→+∞ f (x)=+∞ (risp., limx→+∞ g(x)=−∞), allora (esiste) anche

limx→+∞ g(x)=+∞ (risp., lim

x→+∞ f (x)=−∞).

(v) Se∃K > 0 : (−∞,−K]⊆ A∩B ∧ f (x)≤ g(x) ∀x ≤−K

ed esistono limx→−∞ f (x) e limx→−∞ g(x), allora

limx→−∞ f (x)≤ lim

x→−∞ g(x).

(vi) Se∃K > 0 : (−∞,−K]⊆ A∩B ∧ f (x)≤ g(x) ∀x ≤−K

e (esiste) limx→−∞ f (x)=+∞ (risp., limx→−∞ g(x)=−∞), allora (esiste) anche

limx→−∞ g(x)=+∞ (risp., lim

x→−∞ f (x)=−∞).. �

Osservazione 4.13. Gli enunciati della proposizione precedente, nel caso c ∈R, valgono quandosi consideri il limite destro o sinistro (cioè x → c±) restringendo la richiesta di disuguaglianzaf (x)≤ g(x) per x ∈ (c, c+h) o x ∈ (c−h, c), rispettivamente. �

Osservazione 4.14. Anche in questo caso il passaggio al limite non mantiene, in generale, ladisuguaglianza stretta: per esempio

limx→0+ x = 0= lim

x→0+ 0

eppure, banalmente, x > 0 per ogni x > 0. �

Corollario 4.15 (Teorema dei “due carabinieri”). Siano f : A →R, g : B →R, h : C →R tre funzionireali. Valgono i seguenti enunciati.

(i) Sia c ∈R. Se

∃h > 0 : (c−h, c+h)\{c}⊆ A∩B∩C ∧ f (x)≤ g(x)≤ h(x) ∀x ∈ (c−h, c+h)\{c}

esistono i limiti limx→c f (x) e limx→c h(x) e

limx→c

f (x)= limx→c

h(x)= L ∈R,

allora (esiste)limx→c

g(x)= L.

52

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(ii) Se∃K > 0 : [K ,+∞)⊆ A∩B∩C ∧ f (x)≤ g(x)≤ h(x) ∀x ≥ K

esistono i limiti limx→+∞ f (x) e limx→+∞ h(x) e

limx→+∞ f (x)= lim

x→+∞h(x)= L ∈R,

allora (esiste)lim

x→+∞ g(x)= L.

(iii) Se∃K > 0 : (−∞,−K]⊆ A∩B∩C ∧ f (x)≤ g(x)≤ h(x) ∀x ≤−K

esistono i limiti limx→−∞ f (x) e limx→−∞ h(x) e

limx→−∞ f (x)= lim

x→−∞h(x)= L ∈R,

allora (esiste)lim

x→−∞ g(x)= L. �

Teorema 4.16 (Esistenza del limite di funzioni monotone). Sia f : A →R una funzione reale e sisupponga che (c, c+h) ⊆ A per qualche h > 0. Se f è monotona su (c, c+h), allora esiste (finito oinfinito) limx→c+ f (x). Più precisamente

(i) Se f |(c,c+h) è crescente, allora limx→c+ f (x) ∈R∪ {−∞}.

(ii) Se f |(c,c+h) è decrescente, allora limx→c+ f (x) ∈R∪ {+∞}.

(iii) Se f |(c,c+h) è crescente e limitata inferiormente, allora limx→c+ f (x) ∈R.

(iv) Se f |(c,c+h) è decrescente e limitata superiormente, allora limx→c+ f (x) ∈R. �

Osservazione 4.17. L’enunciato del precedente teorema si estende in maniera ovvia alla trat-tazione dei casi limx→c− , limx→c e limx→±∞. �

Proposizione 4.18 (Limiti di funzioni elementari). Si hanno i seguenti risultati.

• Dato α ∈R, si ha

limx→x0

xα = xα0 se x0 > 0, limx→+∞ xα =

+∞, se α> 0,1, se α= 0,0, se α< 0,

limx→0+ xα =

1, se α= 0,0, se α> 0,+∞, se α< 0.

• Dato α> 0, si ha

limx→x0

αx =αx0 limx→+∞ αx =

+∞, se α> 1,1, se α= 1,0, se α ∈ (0,1),

limx→−∞ αx =

0, se α> 1,1, se α= 1,+∞, se α ∈ (0,1).

• Dato α ∈ (0,1)∪ (1,+∞), si ha

limx→x0

logα x = logα x0 se x0 > 0,

limx→+∞ logα x =

{+∞, se α> 1,−∞, se α ∈ (0,1),

limx→0+ logα x =

{−∞, se α> 1,+∞, se α ∈ (0,1).

53

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• Si halimx→x0

sin x = sin x0 se x0 ∈R; @ limx→±∞sin x;

limx→x0

cos x = cos x0 se x0 ∈R; @ limx→±∞cos x;

limx→x0

tg x = tg x0 se x0 ∈ D tg :={

x ∈R : x 6= π

2+kπ ∀k ∈Z

};

limx→x−0

tg x =+∞, limx→x+0

tg x =−∞ se x0 = π

2+kπ per qualche k ∈Z. �

Proposizione 4.19 (Algebra dei limiti). Siano f : A → R e g : A → R due funzioni reali tali chelimx→c f (x)= L e limx→c g(x)= L′, con c,L,L′ ∈R∗. Se le operazioni che seguono sono ben definitenell’algebra parziale di R∗ che è stata introdotta, si hanno i seguenti enunciati.

• Si halimx→c

( f (x)+ g(x))= L+L′, limx→c

( f (x)g(x))= LL′.

• Si assuma che

– nel caso c ∈R, esiste h > 0 tale che g(x) 6= 0 per ogni x ∈ (c−h, c+h)\{c};

– nel caso c =+∞, esiste K > 0 tale che g(x) 6= 0 per ogni x ≥ K ;

– nel caso c =−∞, esiste K > 0 tale che g(x) 6= 0 per ogni x ≤−K .

Si halimx→c

f (x)g(x)

= LL′ ,

con la seguente accortezza per la determinazione del segno nel caso L 6= 0 e L′ = 0: ilprodotto dei segni va fatto attribuendo, quando possibile, un segno a 0 nel seguente modo:

– segno positivo se limx→c g(x)= 0+;

– segno negativo se limx→c g(x)= 0−.

Quando ciò non è possibile, cioè g non mantiene il segno costante, allora il limite non esiste.

• Si assuma che

– nel caso c ∈R, esiste h > 0 tale che f (x)> 0 per ogni x ∈ (c−h, c+h)\{c};

– nel caso c =+∞, esiste K > 0 tale che f (x)> 0 per ogni x ≥ K ;

– nel caso c =−∞, esiste K > 0 tale che f (x)> 0 per ogni x ≤−K .

Si halim

n→∞[ f (x)]g(x) = LL′. �

Proposizione 4.20 (Confronto tra infiniti). Si ha

limx→+∞

(log x)α

xβ= 0, ∀α,β> 0; lim

x→+∞xβ

αx = 0, ∀α> 1, ∀β> 0;

conseguentemente, si ha anche

limx→+∞

(log x)β

αx = 0, ∀α> 1, ∀β> 0. �

54

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Definizione 4.21 (Continuità). Sia f : A →R e sia x0 ∈ A. f si dice

(i) continua a destra in x0 se f (x0)= limx→x+0 f (x).

(ii) continua a sinistra in x0 se f (x0)= limx→x−0 f (x).

(iii) continua in x0 se è sia continua a destra, sia continua a sinistra in x0, equivalentemente sef (x0)= limx→x0 f (x).

Inoltre, se I ⊆ A è un intervallo, si dice che f è continua in I se essa è continua in ogni x0 ∈ I. Nelcaso in cui x0 sia un estremo dell’intervallo I tale continuità va intesa come

• continuità a destra, nel caso in cui x0 sia l’estremo sinistro dell’intervallo;

• continuità a sinistra, nel caso in cui x0 sia l’estremo destro dell’intervallo. �

Proposizione 4.22 (Continuità delle funzioni elementari). Le funzioni elementari sono continuesu tutto il loro dominio naturale (con la continuità intesa come continuità a destra in x0 = 0 perla funzione xα con α> 0). �

Proposizione 4.23 (Continuità e operazioni algebriche). Se f , g : I →R con I ⊆R intervallo sonocontinue su I, tali sono anche le funzioni f + g, f · g. Inoltre, se g 6= 0 in I, anche f /g è continuain I. �

Proposizione 4.24 (Continuità e composizione). Se f : I → J ⊆R e g : J →R con I, J ⊆R intervallisono continue su I e J rispettivamente, allora g ◦ f è continua su I. �

Proposizione 4.25 (Continuità dell’inversa). Sia f : I → R invertibile e continua su I. Allora lafunzione inversa f −1 : f (I)→ I è continua su f (I). �

Proposizione 4.26 (Cambio di variabile nel calcolo dei limiti). Siano f : A →R e g : B →R.

• Sia c ∈R e si supponga che

∃h > 0 : (c−h, c+h)\{c}⊆ Dg◦ f := {x ∈ A : f (x) ∈ B}.

Se esiste finito limx→c f (x)= L ∈R e g è continua in L, allora

limx→c

[g ◦ f ](x)= limy→L

g(y)= g(L).

• Sia c ∈R e si supponga che

∃h > 0 : (c−h, c+h)\{c}⊆ Dg◦ f := {x ∈ A : f (x) ∈ B

} ∧ f |(c−h,c+h)\{c} è iniettiva.

Alloralimx→c

[g ◦ f ](x)= limy→L

g(y)

sotto la condizione che il limite a destra dell’uguaglianza sopra esista (finito o infinito). �

Osservazione 4.27. I risultati della proposizione precedente valgono anche nel caso c = ∞, apatto di sostituire

• la condizione∃h > 0 : (c−h, c+h)\{c}⊆ Dg◦ f := {x ∈ A : f (x) ∈ B}

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– nel caso c =+∞ con la condizione

∃K > 0 : [K ,+∞)⊆ Dg◦ f := {x ∈ A : f (x) ∈ B};

– nel caso c =−∞ con la condizione

∃K > 0 : (−∞,−K]⊆ Dg◦ f := {x ∈ A : f (x) ∈ B};

• la condizione

∃h > 0 : (c−h, c+h)\{c}⊆ Dg◦ f := {x ∈ A : f (x) ∈ B

} ∧ f |(c−h,c+h)\{c} è iniettiva

– nel caso c =+∞ con la condizione

∃K > 0 : [K ,+∞)⊆ Dg◦ f := {x ∈ A : f (x) ∈ B} ∧ f |[K ,+∞) è iniettiva;

– nel caso c =−∞ con la condizione

∃K > 0 : (−∞,−K]⊆ Dg◦ f := {x ∈ A : f (x) ∈ B} ∧ f |(−∞,−K] è iniettiva. �

Proposizione 4.28 (Limiti notevoli). Si ha

limx→0

sin xx

= 1, limx→0

ex −1x

= 1, limx→0

log(1+ x)x

= 1. �

Teorema 4.29 (Weierstrass). Sia f : [a,b]→R continua (su [a,b]). Allora f ha massimo e minimosu [a,b]. �

Teorema 4.30 (Teorema degli zeri). Sia f : [a,b] → R continua (su [a,b]) e tale che f (a) f (b) < 0.Allora esiste c ∈ (a,b) tale che f (c)= 0. �

Teorema 4.31 (Teorema della permanenza del segno). Sia I ⊆ R un intervallo e sia f : I → R

continua su I. Si assuama che in un dato punto c ∈ I risulti f (c)> 0 (risp., f (c)< 0). Allora esisteδ> 0 tale che f (x)> 0 (risp., f (x)< 0) per ogni x ∈ I ∩ (c−δ, c+δ). �

Corollario 4.32 (Teorema dei valori intermedi - I forma). Sia f : [a,b] → R continua (su [a,b]).Allora f assume tutti i valori compresi tra min{ f (a), f (b)} e max{ f (a), f (b)}. �

Corollario 4.33 (Teorema dei valori intermedi - II forma). Sia f : [a,b] → R continua (su [a,b]).Allora f assume tutti i valori compresi tra min

[a,b]f e max

[a,b]f . �

Esercizi

Esercizio 4.1

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Si consideri la funzione f il cui grafico è rappresentato nella figura in basso:

(i) Si determinino (se hanno senso e se esistono) i seguenti limiti

limx→−3+ f (x), lim

x→−∞ f (x), limx→0+ f (x), lim

x→0− f (x), limx→0

f (x), limx→+∞ f (x).

(ii) Si determinino gli eventuali punti del dominio in cui f è discontinua.

(iii) Ha senso dire che f è continua in x =+∞? Eventualmente precisarne il senso.

(iv) Ha senso dire che f è continua in x =−3? Eventualmente precisarne il senso.

(v) Detto D f il dominio di f , stabilire se il teorema di Weierstrass è applicabile a f nell’intervallo[−1,1], cioè a f |[−1,1]∩D f .

(vi) Stabilire se f ammette massimo e minimo su [−1,1]∩D f .

(vii) Stabilire se il teorema degli zeri è applicabile a f nell’intervallo [−1,1].

(viii) Stabilire se esiste c ∈ (−1,1) tale che f (c)= 0.

(ix) Stabilire se il teorema degli zeri è applicabile a f nell’intervallo [−3,−1].

(x) Stabilire se esiste c ∈ (−3,−1) tale che f (c)= 0.

Esercizio 4.2

Si consideri la funzione f il cui grafico è rappresentato nella figura in basso:

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(i) Si determinino (se hanno senso e se esistono) i seguenti limiti

limx→−2+ f (x), lim

x→−∞ f (x), limx→0+ f (x), lim

x→0− f (x), limx→0

f (x), limx→+∞ f (x).

(ii) Si determinino gli eventuali punti del dominio in cui f è discontinua.

(iii) Ha senso dire che f è continua in x =−2? Eventualmente precisarne il senso.

(iv) Ha senso dire che f è continua in x = 2? Eventualmente precisarne il senso.

(v) Detto D f il dominio di f , stabilire se il Teorema di Weierestrass è applicabile nell’intervallo[−1,1], cioè a f |[−1,1]∩D f .

(vi) Stabilire se f ammette massimo e minimo nell’intervallo [−1,1].

(vii) Stabilire se il teorema dei valori intermedi è applicabile a f nell’intervallo [−2,−1].

(viii) Stabilire se esiste c ∈ [−2,−1] tale che f (c)= 0.

Esercizio 4.3

Si consideri la funzione f il cui grafico è rappresentato nella figura in basso:

58

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(i) Si determinino (se hanno senso e se esistono) i seguenti limiti

limx→−4+ f (x), lim

x→−∞ f (x), limx→−1− f (x), lim

x→0− f (x), limx→0+ f (x), lim

x→+∞ f (x).

(ii) Si determinino gli eventuali punti del dominio in cui f è discontinua.

(iii) Ha senso dire che f è continua in x =−4? Eventualmente precisarne il senso.

(iv) Ha senso dire che f è continua in x =−1? Eventualmente precisarne il senso.

(v) Stabilire se il teorema di Weierstrass è applicabile a f nell’intervallo [0,2].

(vi) Stabilire se f ammette massimo e minimo nell’intervallo [0,2].

(vii) Stabilire se il teorema dei valori intermedi è applicabile a f nell’intervallo [0,1].

(viii) Stabilire se esiste c ∈ [0,1] tale che f (c)= 0.

Esercizio 4.4

Calcolare i seguenti limiti :

(i) limx→+∞ e1/x2

x2 .

(ii) limx→−∞ sin5 x−xx2 .

(iii) limx→1+ e− 1

x2−1px−1 .

(iv) limx→−1+[(x+1)e

1x2−1

].

(v) limx→+∞[

e1+log x2

x3

].

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Esercizio 4.5Si dica per quali valori dei parametri a,b ∈R la seguente funzione è continua su R.

f (x)=

bcos x, x > 0,e−x −a, x ∈ (−1,0],ax+b, x ≤−1.

Esercizio 4.6Si dica per quali valori dei parametri a < 1 e b ∈R la seguente funzione è continua su R.

f (x)=

e−x−a, x >−a,ax+b, −1< x ≤−a,x2 −b, x ≤−1.

Esercizio 4.7Si dica se ciascuna delle seguenti proposizioni è vera o falsa, motivando le risposte.

(i) Sia f : (−2,2)→R continua sul suo dominio e si supponga che f (−1)= 1 e f (1)=−1. Allora

(a) esiste c ∈ (−2,2) tale che f (c)= 0;(b) esiste c ∈ (−1,1) tale che f (c)= 0;(c) f assume tutti i valori compresi nell’intervallo [−1,1];(d) f ammette massimo e minimo su (−2,2);(e) f ammette massimo e minimo su [−1,1].

(ii) Sia f : [0,+∞) → R continua sul suo dominio e si supponga che f (0) = 1 e limx→+∞ f (x) = 0.Allora

(a) esiste c ∈ [0,+∞) tale che f (c)= 0;(b) f assume tutti i valori compresi nell’intervallo (0,1];(c) f assume tutti i valori compresi nell’intervallo [0,1];(d) f ammette massimo oppure minimo su [0,+∞).

Esercizio 4.8

(i) Si esibisca una funzione f : (0,1]→R continua su (0,1], che non ammette massimo su (0,1].

(ii) Si esibisca una funzione f : (0,1]→R continua su (0,1], che non ammette minimo su (0,1].

(iii) Si esibisca una funzione f : [0,+∞) → R continua su [0,+∞), che non ammette né massimoné minimo su [0,+∞).

(iv) Si esibisca una funzione f : (0,1] → R continua (0,1], che non che non ammette né massimoné minimo su (0,1].

Esercizio 4.9Consultare gli esercizi e le soluzioni dei Capitoli 3-4-5 del volume:

- Francesco Brega, Grazia Messineo, Esercizi di Matematica Generale (Funzioni, limiti e con-tinuità). Giappichelli Editore.

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Soluzioni

Es. 1

(i) Si ha

limx→−3+ f (x)= 1

2, lim

x→−∞ f (x) non ha senso, limx→0+ f (x)= 1, lim

x→0− f (x)= 0, @ limx→0

f (x), limx→+∞ f (x)= 0.

(ii) Nessuno.

(iii) Non ha senso: +∞∉R.

(iv) Si, nel senso di continua a destra,

(v) Non è applicabile. La funzione non è definita su tutto [−1,1] (infatti 0 ∉ D f ).

(vi) Si: ammette massimo, di valore 2, in x = 1 e minimo, di valore −1, in x =−1.

(vii) No, per la stessa ragione del punto (v).

(viii) No.

(ix) Si, tutte le ipotesi sono soddisfatte.

(x) Si, come conseguenza del punto precedente. Dalla figura si evince che ciò accade in c =−2,cioè f (−2)= 0.

Es. 2

(i) Si halim

x→−2+ f (x)= 0, limx→−∞ f (x) non ha senso, lim

x→0+ f (x)= 2,

limx→0− f (x)= 2, lim

x→0f (x)= 2, lim

x→+∞ f (x) non ha senso.

(ii) In x = 0.

(iii) Si, nel senso di continua a destra.

(iv) Si, nel senso di continua a sinistra.

(v) Non è applicabile. La funzione non è continua in x = 0.

(vi) Ammette minimo, di valore 1, in x =±1 ∨ x = 0. Non ammette massimo.

(vii) Si, tutte le ipotesi sono soddisfatte. Se ne deduce che f assume nell’intervallo [−2,1] tutti ivalori compresi tra f (−2)= 0 e f (−1)= 1.

(viii) Si, f (−2)= 0.

Es. 3

(i) Si halim

x→−4+ f (x)= 1, limx→−∞ f (x) non ha senso, lim

x→−1− f (x)= 0,

limx→0− f (x) non ha senso, lim

x→0+ f (x)= 1, limx→+∞ f (x)=−1.

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(ii) In x = 0.

(iii) Non ha senso, neppure intendendolo come continuità a destra poiché −4 ∉ D f .

(iv) Si, nel senso di continua a sinistra.

(v) No, poiché f non è continua (a destra) in x = 0.

(vi) Ammette massimo, di valore 2, in x = 1 e minimo, di valore 0, in x = 2.

(vii) No, poiché f non è continua (a destra) in x = 0.

(viii) No.

Es. 4

(i) Si ha

limx→+∞

e1/x2

x2 = limx→+∞ e1/x2

limx→+∞ x2 = elimx→+∞ 1/x2

limx→+∞ x2 = e0

+∞ = 1+∞ = 0.

(ii) Si ha

limx→−∞

sin5 x− xx2 = lim

x→−∞

[sin5 x

x2 − 1x

]= lim

x→−∞sin5 x

x2 − limx→−∞

1x= 0− 1

−∞ = 0.

(iii) Si ha

limx→1+

e−1

x2−1px−1

= limx→1+

[(p

x+1)(x+1)e−

1x2−1

x2 −1

]=

(lim

x→1+

[(p

x+1)(x+1)])(

limx→1+

e−1

x2−1

x2 −1

).

Posto y = 1x2−1 , si ha y →+∞ quando x → 1+ e la funzione x 7→ 1

x2−1 è iniettiva in (1,+∞). Ilcambio di variabile fornisce

limx→1+

e−1

x2−1

x2 −1= lim

y→+∞[ye−y]= limy→+∞

yey = 0,

dove l’ultima uguaglianza è ottenuta tenuto conto della gerarchia degli infiniti.

(iv) Si ha

limx→−1+

[(x+1)e

1x2−1

]=

(lim

x→−1+(x+1))(

limx→−1+ e

1x2−1

)= 0 · elimx→−1+

1x2−1 = 0 · e 1

0− = 0 · e−∞ = 0 ·0= 0.

(v) Si ha

limx→+∞

e1+log x2

x3 = limx→+∞

e · elog x2

x3 = limx→+∞

e · x2

x3 = limx→+∞

ex= e

+∞ = 0.

Es. 5La funzione f è continua per ogni valore di a,b ∈ R separatamente negli intervalli in (0,+∞),(−1,0] e (−∞,−1), in quanto essa è definita, su ciascuno di questi pezzi del dominio, attraversooperazioni algebriche che non prevedono divisioni per 0 e composizione di funzioni elementari.Resta da imporre la continuità a destra in x = 0 e in x =−1 che corrisponde al sistema{

bcos0= e−0 −a,e−(−1) −a = a(−1)+b,

⇐⇒{

b = 1−a,e−a =−a+b.

⇐⇒{

b = 1−a,e−a =−a+ (1−a).

⇐⇒{

b = e,a = 1− e.

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Da cui si deduce che f è continua se e solo se a = 1− e ∧ b = e.

Es. 6La funzione f è continua per ogni valore di a < 1 e b ∈R separatamente negli intervalli (−a,+∞),in (−1,−a] e in (−∞,−1], in quanto essa è definita, su ciascuno di questi pezzi del dominio, at-traverso operazioni algebriche che non prevedono divisioni per 0 e composizione di funzioni ele-mentari. Resta da imporre la continuità a destra in x =−a e in x =−1 che corrisponde al sistema{

e−(−a)−a = a(−a)+b,a(−1)+b = (−1)2 −b,

⇐⇒{

1=−a2 +b,−a+b = 1−b,

⇐⇒{

b = a2 +1,2a2 −a+1= 0.

L’equazione in a non ha ha soluzioni, per cui la funzione data non è mai continua su R qualunquesia il valore dei parametri a < 1 e b ∈R.

Es. 7

(i) (a) Vero, per il teorema degli zeri applicato a f |[−1,1].

(b) Vero, per il teorema degli zeri applicato a f |[−1,1].

(c) Vero, per il teorema dei valori intermedi zeri applicato a f |[−1,1].

(d) Falso: si consideri come controesempio la funzione

f : (−2,2)→R, f (x)=−x.

(e) Vero, per il teorema di Weierstrass applicato a f |[−1,1].

(ii) (a) Falso: si consideri come controesempio la funzione

f :R+ →R, f (x)= e−x.

Essa verifica tutte le condizioni date, ma non esiste nessun punto c ∈R+ tale che f (c)= 0.

(b) Vero. Infatti, poichè limx→+∞ f (x) = 0, si deduce che per ogni ε ∈ (0,1) esiste x0 ∈R+ taleche f (x0) ≤ ε. La funzione f |[0,x0] è continua e risulta f (0) = 1 e f (x0) ≤ ε. Se ne deduce,per il teorema dei valori intermedi, che f |[0,x0], dunque anche f : R+ → R, assume tuttii valori compresi nell’intervallo [ f (x0),1] ⊇ [ε,1]. Poiché ε è arbitrario, si conclude chef :R+ →R assume tutti i valori compresi nell’intervallo (0,1].

(c) Falso: ancora la funzionef :R+ →R, f (x)= e−x

fornisce un controesempio: essa non assume il valore 0.

(d) Vero, ammette sicuramente massimo. Infatti il teorema di Weierstrass è applicabile af |[0,x0] dove x0 è definito come nel punto (ii). Ne segue che esiste xM ∈ [0, x0] tale che

f (xM)≥ f (x) ∀x ∈ [0, x0]

ed in particolare f (xM)≥ f (0)= 1. D’altra parte si ha

f (x)≤ ε< 1≤ f (xM) ∀x ≥ x0.

Se ne deduce che f (xM) ≥ f (x) per ogni x ∈ R, quindi xM è effettivamente un punto dimassimo sull’intero intervallo R+.

Es. 8

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(i) f : (0,1]→R, f (x)=−x.

(ii) f : (0,1]→R, f (x)= x.

(iii) f : [0,+∞)→R, f (x)= xsin x.

(iv) f : (0,1]→R, f (x)={

0, se x = 0,1x sin 1

x , se x > 0.

64

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Capitolo 5

Calcolo differenziale e applicazioni

Richiami di teoria

Definizione 5.1 (Derivata destra in un punto). Sia f : A →R e sia c ∈ A tale che [c, c+h)⊆ A perqualche h > 0. Se esiste finito

limx→c+

f (x)− f (c)x− c

allora si dice che f è derivabile a destra in c ed il numero reale limx→c+f (x)− f (c)

x−c si chiama derivatadestra di f in c e si denota con il simbolo f ′+(c). �

Definizione 5.2 (Derivata sinistra in un punto). Sia f : A → R e sia c ∈ A tale che (c−h, c] ⊆ Aper qualche h > 0. Se esiste finito

limx→c−

f (x)− f (c)x− c

allora si dice che f è derivabile a sinistra in c ed il numero reale limx→c−f (x)− f (c)

x−c si chiamaderivata sinistra di f in c e si denota con il simbolo f ′−(c). �

Definizione 5.3 (Derivata in un punto). Sia f : A → R e sia c ∈ A tale che (c−h, c+h) ⊆ A perqualche h > 0. Si dice che f è derivabile in c se essa è derivabile sia a destra che a sinistra in ce risulta f ′+(c)= f ′−(c). Il numero reale f ′+(c)= f ′−(c) si chiama derivata di f in c e si denota con ilsimbolo f ′(c). �

Osservazione 5.4. Chiaramente la definizione di derivata che si è data sopra è equivalente allaseguente: esiste finito

limx→c

f (x)− f (c)x− c

Osservazione 5.5. Dal punto di vista geometrico, la derivata di una funzione in un dato puntoc ∈ R, se esiste, rappresenta il coefficiente angolare della retta tangente al grafico della funzionenel punto (c, f (c)) del piano cartesiano. �

Proposizione 5.6 (Derivabilità e continuità). Sia f : A → R e sia c ∈ A un punto in cui f risultaderivabile. Allora f è continua in c. �

Osservazione 5.7. L’enunciato della proposizione precedente non è invertibile in generale: unafunzione può essere continua in un punto eppure non essere derivabile in quel punto. L’esempioclassico è costituito dalla funzione f (x) = |x|, che è continua in x = 0 ma non derivabile in talepunto — risulta infatti derivabile a destra e a sinistra in x = 0, ma le derivate destra e sinistranon coincidono: infatti f ′+(0)= 1 e f ′−(0)=−1 �

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Definizione 5.8 (Funzione derivata). Sia f : I →R, con I ⊆R intervallo. Si dice che f è derivabilesu I se essa è derivabile in ogni punto di I (intendendo derivabile a destra se il punto in questioneè l’estremo sinistro di I e derivabile a sinistra se il punto in questione è l’estremo destro di I). Lafunzione

f ′ : I →R, x 7→ f ′(x)

si dice (funzione) derivata o derivata prima di f . �

Definizione 5.9 (Funzioni di classe C1). Sia f : I → R, con I ⊆ R intervallo. Si dice che f è diclasse C1 su I se f è derivabile su I e f ′ è continua su I. �

Osservazione 5.10. Chiaramente se f è di classe C1 su I, essa risulta continua su I. �

Proposizione 5.11 (Algebra delle derivate). Siano f : A → R e g : B → R derivabili in c ∈ A∩B.Allora tali sono le funzioni f + g, f g e, nel caso in cui g(c) 6= 0, f /g. Si hanno inoltre le seguentiregole di derivazione:

• Derivata della somma: [f + g

]′(c)= f ′(c)+ g′(c).

• Derivata del prodotto: [f g

]′(c)= f ′(c)g(c)+ f (c)g′(c).

• Derivata del quoziente: [fg

]′(c)= f ′(c)g(c)− f (c)g′(c)

[g(c)]2 .

Proposizione 5.12 (Derivata di funzione composta). Siano f : A →R e g : B →R tali che f ◦ g siaben definita in x0 ∈ A. Posto y0 := g(x0) si supponga che esistano le derivate g′(x0) e f ′(y0). Alloraf ◦ g è derivabile in x0 e risulta

[ f ◦ g]′(x0)= f ′(y0)g′(x0)= f ′(g(x0))g′(x0). �

Proposizione 5.13 (Derivata di funzione inversa). Sia f : A → R invertibile e si supponga cheessa è derivabile in x0 ∈ A. Allora f −1 è derivabile in y0 := f (x0) e risulta

[f −1]′

(y0)= 1f ′(x0)

= 1f ′( f −1(y0))

.�

Proposizione 5.14 (Derivate di funzioni elementari). Le derivate delle funzioni elementari sonole seguenti.

• Potenza: f (x) = xα =⇒ f ′(x) =αxα−1 (in generale su x > 0; l’estensione ad un dominio piùgrande dipende poi dal valore di α).

• Esponenziale e logaritmo:

– f (x)= ex =⇒ f ′(x)= ex.

– f (x)= log x =⇒ f ′(x)= 1x (su x > 0).

• Funzioni trigonometriche:

– f (x)= sin x =⇒ f ′(x)= cos x.

– f (x)= cos x =⇒ f ′(x)=−sin x.

66

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Teorema 5.15 (Fermat). Sia f : A → R e sia c ∈ A un un punto interno (si veda Definizione 1.6)di massimo o di minimo locale per f in cui f risulti derivabile. Allora f ′(c)= 0. �

Teorema 5.16 (Lagrange). Sia f : [a,b]→R continua su [a,b] e derivabile su (a,b). Allora esistec ∈ (a,b) tale che

f ′(c)= f (b)− f (a)b−a

. �

Teorema 5.17 (Rolle). Sia f : [a,b] → R continua su [a,b] e derivabile su (a,b) e si assuma chef (a)= f (b). Allora esiste c ∈ (a,b) tale che f ′(c)= 0. �

Proposizione 5.18 (Relazione tra monotonia di f e segno di f ′). Sia f : A → R e sia I ⊆ A unintervallo. Si assuma che f sia derivabile su I. Valgono i segenti enunciati.

(i) f è crescente (risp., decrescente) su I se e solo se f ′(x) ≥ 0 per ogni x ∈ I (risp., f ′(x) ≤ 0 perogni x ∈ I);

(ii) se f ′(x) > 0 per ogni x ∈ I (risp., f ′(x) < 0 per ogni x ∈ I), allora f è strettamente crescente(risp., strettamente decrescente) su I. �

Osservazione 5.19. L’enunciato (ii) della Proposizione 5.18 non può essere invertito, nel sensoche la funzione f potrebbe essere strettamente crescente in I senza che risulti f ′ > 0 ovunque inI. Un controeempio classico è rappresentato dalla funzione f :R→R, x 7→ x3. Si ha in questo casoche la funzione è strettamente crescente su R, ma f ′(0)= 0. �

Teorema 5.20 (de l’Hospital). Siano f : A →R e g : B →R due funzioni e si supponga che il calcolodi limx→c

f (x)g(x) , con c ∈R∗, (abbia senso e) dia luogo ad una forma indeterminata del tipo 0

0 o ∞∞ . Si

supponga che:

(i) f e g siano derivabili in un intorno circolare bucato (c−δ, c+δ)\{c};

(ii) g′ 6= 0 in (c−δ, c+δ)\{c};

(iii) esista limx→cf ′(x)g′(x) = L ∈R∗.

Allora (esiste) limx→cf (x)g(x) = L. �

Osservazione 5.21. Il Teorema 5.20 vale quando si sostituiscano i limx→c con limx→c+ o conlimx→c− (se c ∈R). �

Definizione 5.22 (Derivata seconda). Sia f : I ⊆R con I intervallo. Si assuma che f sia derivabilesu I. Si chiama derivata seconda di f nel punto x0 il valore (se è ben definito) ( f ′)′(x0) e si denotacon f ′′(x0). Se f ′′(x0) esiste per ogni x0 ∈ I, si dice che f è derivabile due volte su I e la funzionef ′′ : I →R, x 7→ f ′′(x) si chiama derivata seconda di f su I. �

Definizione 5.23 (Funzioni di classe C2). Sia f : I → R, con I ⊆ R intervallo. Si dice che f è diclasse C2 su I se f è derivabile due volte su I e f ′′ è continua su I. �

Osservazione 5.24. Chiaramente, se f è di classe C2 su I, le funzioni f e f ′ sono continue su I.�

Definizione 5.25 (Derivata n-esima). Sia n ≥ 2 e f : I → R con I ⊆ R intervallo. Si dice che f èderivabile fino all’ordine n su I sulla base della seguente definizione induttiva:

• f è derivabile fino all’ordine n−1 e la sua derivata è denotata da f (n−1) : I →R.

• f (n−1) : I →R è derivabile su I e la sua derivata si denota con f (n). �

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Definizione 5.26 (Funzioni di classe Cn). Sia n ≥ 1 e f : I →R, con I ⊆R intervallo. Si dice che fè di classe Cn su I se f è derivabile n volte su I e f (n) è continua su I. �

Definizione 5.27 (Funzioni di classe C∞). Sia f : I → R, con I ⊆ R intervallo. Si dice che f è diclasse C∞ su I se f è derivabile n volte su I per ogni n ≥ 1. 1 �

Proposizione 5.28 (Relazione tra convessità/concavità di f e sue derivate). Sia f : I → R conI ⊆R intervallo.

(i) Si assuma che f sia derivabile su I.

(a) I seguenti fatti sono equivalenti.

• f è convessa (risp., concava) su I;• f ′ è crescente (risp., decrescente) su I;• f (x)≥ f (x0)+ f ′(x0)(x−x0) per ogni x0, x ∈ I (risp., f (x)≤ f (x0)+ f ′(x0)(x−x0) per ogni

x0, x ∈ I).

(b) I seguenti fatti sono equivalenti.

• f è strettamente convessa (risp., strettamente concava) su I;• f ′ è strettamente crescente (risp., strettamente decrescente) su I;• f (x)> f (x0)+ f ′(x0)(x− x0) (risp., f (x)< f (x0)+ f ′(x0)(x− x0)) per ogni x0, x ∈ I.

(ii) Si assuma che f sia derivabile due volte su I. Valgono i seguenti fatti.

(a) f è convessa (risp., concava) se e solo se f ′′(x)≥ 0 per ogni x ∈ I.

(b) Se f ′′(x) > 0 (risp., f ′′(x) < 0) per ogni x ∈ I, allora f è strettamente convessa (risp.,strettamente concava) su I. �

Osservazione 5.29. L’enunciato (ii)(b) della Proposizione 5.28 non può essere invertito, nel sensoche la funzione f potrebbe essere strettamente convessa su I senza che risulti f ′′ > 0 ovunque suI. Un controesempio classico è rappresentato dalla funzione f :R→R, x 7→ x4. In questo caso f èstrettamente convessa su R, ma f ′′(0)= 0. �

Esercizi

Esercizio 5.1

Si considerino le funzioni

f (x)= x2 −1x3 , g(x)= xe−x2

, h(x)= (x2 −1)log x.

(i) Si traccino al meglio i grafici di tali funzioni.

(ii) Si dica se le funzioni ammettono punti di massimo o minimo locali sul dominio.

Esercizio 5.2

1 La richiesta che f (n) sia continua su I sarebbe ridondante in quanto contenuta nella richiesta che f (n) è derivabile.

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Si consideri la funzione f il cui grafico è rappresentato nella figura in basso e si supponngache essa sia di classe C1 (si veda la Definizione 5.9) negli intervalli in cui essa “appare liscia”2.

(i) Si stabilisca il valore di f ′(−1/2) e di f ′(−3/2).

(ii) Si stabilisca in quali punti x ∈R risulta f ′(x)= 0.

(iii) Si determinino f ′−(−1) e f ′+(−1).

(iv) È vero che f ′(−1)= 0?

(v) Si può applicare il Teorema di Lagrange a f sull’intervallo [−3,−2]? In caso affermativo cosase ne deduce?

(vi) Il Teorema di Fermat è applicabile a f nel punto x = −1? In caso affermativo cosa se nededuce?

(vii) Il Teorema di Fermat è applicabile a f nel punto x = 1? In caso affermativo cosa se nededuce?

(viii) Si determinino (se esistono)

limx→+∞ f ′(x), lim

x→−1− f ′(x), limx→−1+ f ′(x).

(ix) Quale tra i seguenti grafici può rappresentare il grafico di f ′ : (0,+∞)→R?

2La nozione di “liscia” utlizzata qui e in altri esercizi è sicuramente vaga (per questa ragione è posta tra virgolette)e fa appello all’intuizione: rozzamente, con tale espressione intenderemo che il grafico non contiene salti o spigolinell’intervallo in considerazione.

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Esercizio 5.3

Si consideri la funzione f il cui grafico è rappresentato nella figura in basso e si supponga cheessa sia di classe C1 (si veda la Definizione 5.9) negli intervalli in cui essa “appare liscia".

(i) Si determinino (se hanno senso e se esistono) i seguenti limiti

limx→0+ f ′(x), lim

x→0− f ′(x), limx→−2− f ′(x).

(ii) È vero che f è derivabile in x = 0?

(iii) Si stabilisca in quali punti x ∈R risulta f ′(x)= 0.

(iv) Il Teorema di Rolle è applicabile a f sull’intervallo [−2,2]? In caso affermativo cosa se nededuce?

(v) Il Teorema di Lagrange è applicabile a f sull’intervallo [−2,0]? In caso affermativo cosa sene deduce?

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(vi) Il Teorema di Lagrange è applicabile a f sull’intervallo [0,2]? In caso affermativo cosa se nededuce?

(vii) Il Teorema di Fermat è applicabile a f nel punto x = −1? In caso affermativo cosa se nededuce?

(viii) Il Teorema di Fermat è applicabile a f nel punto x = 0? In caso affermativo cosa se nededuce?

Esercizio 5.4

Si consideri la funzione f il cui grafico è rappresentato nella figura in basso e si supponga cheessa sia di classe C1 (si veda la Definizione 5.9) negli intervalli in cui essa “appare liscia”.

(i) Si determinino (se hanno senso e se esistono) i seguenti limiti

limx→−4+ f ′(x), lim

x→1+ f ′(x), limx→2− f ′(x), lim

x→+∞ f ′(x).

(ii) Si determinino i punti x ∈R in cui f ′(x)= 0.

(iii) Si determinino i punti x ∈R in cui f ′+(x)= 0.

(iv) Si determinino i punti x ∈R in cui f ′−(x)= 0.

(v) È vero che f ′+(−4)= 0?

(vi) Il Teorema di Rolle è applicabile a f sull’intervallo [−1,1]? In caso affermativo cosa se nededuce?

(vii) Il Teorema di Lagrange è applicabile a f sull’intervallo [−1,1]? In caso affermativo cosa sene deduce?

(viii) Il Teorema di Lagrange è applicabile a f sull’intervallo [1,2]? In caso affermativo cosa se nededuce?

(ix) Il Teorema di Fermat è applicabile a f nel punto x = −2? In caso affermativo cosa se nededuce?

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(x) Il Teorema di Fermat è applicabile a f nel punto x = 1? In caso affermativo cosa se nededuce?

Esercizio 5.5Si consideri la funzione f il cui grafico è rappresentato dalla figura in basso di classe C2 (si

veda la Definizione 5.23) negli intervalli in cui essa “appare liscia".

(i) Si determino i seguenti limiti:

limx→−3+ f ′(x), lim

x→−1− f ′(x), limx→+∞ f ′(x).

(ii) Si determini in quali punti x ∈R risulta f ′(x)= 0.

(iii) Si stabilisca in quali intervalli risulta f ′ > 0 e in quali f ′ < 0.

(iv) Si stabilisca il segno di f ′+(0).

(v) Supponendo f derivabile due volte negli intervalli in cui essa appare liscia, si dica per qualipunti x ∈R si può affermare con certezza che f ′′(x)= 0.

Esercizio 5.6Sia f : A →R, sia I ⊆ A un intervallo e si supponga che f sia derivabile su I. Si dimostri che,

se f ′(x)= 0 per ogni x ∈ I, allora f è costante su I.

Esercizio 5.7Si rappresenti al meglio il grafico della funzione

f (x)=√

1− x2 · ex.

Esercizio 5.8Consultare gli esercizi e le soluzioni del volume3:

- Francesco Brega, Grazia Messineo, Esercizi di Matematica Generale (Calcolo differenzialein R / Studio di funzione). Giappichelli Editore.

3Ad eccezione degli esercizi che fanno uso della formula di Taylor.

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Soluzioni

Es. 1

• f (x)= x2−1x3 .

1. Si ha D f =R\{0}.

2. f è dispari; infatti f (−x)= (−x)2−1(−x)3 = x2−1

−x3 =− f (x)3. Il segno di f è il seguente:

Valori di x x ∈ (−∞,−1) x =−1 x ∈ (−1,0) x = 0 x ∈ (0,1) x = 1 x ∈ (1,+∞)Segno di f (x) − 0 + non definita − 0 +

4. Calcoliamo i limiti ai bordi del dominio. Si ha

limx→±∞ f (x)= 0, lim

x→0− f (x)=+∞, limx→0+ f (x)=−∞.

5. Si ha

f ′(x)= 2x · x3 − (x2 −1)3x2

x6 = 3− x2

x4 .

Ne deduciamo il segno di f ′:Valori di x x ∈ (−∞,−p3) x =−p3 x ∈ (−p3,0) x = 0 x ∈ (0,

p3) x =p

3 x ∈ (p

3,+∞)Segno di f ′(x) − 0 + non definita + 0 −

Ne deducamo che x = −p3 è un punto di minimo locale e che x = p3 è un punto di

massimo locale.6. Si ha

f ′′(x)= −2x · x4 − (3− x2)4x3

x8 = 2(x2 −6)x5 .

Ne deduciamo il segno di f ′′:Valori di x x ∈ (−∞,−p6) x =−p6 x ∈ (−p6,0) x = 0 x ∈ (0,

p6) x =p

6 x ∈ (p

6,+∞)Segno di f ′(x) − 0 + non definita − 0 +

Ne deduciamo che f ha flessi in x = ±p6, è strettamente convessa negli intervalli(−p6,0) e (

p6,+∞) e strettamente concava negli intervalli (−∞,−p6) e (0,

p6)

7. Il grafico approssimativo è il seguente.

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• g(x)= xe−x2

1. Si ha Dg =R.

2. g è dispari; infatti g(−x)= (−x)e−(−x)2 =−xe−x2 =−g(x).3. Il segno di g è coincide col segno di x:

Valori di x x ∈ (−∞,0) x = 0 x ∈ (0,+∞)Segno di g(x) − 0 +

4. Calcoliamo i limiti ai bordi del dominio. Si ha

limx→±∞ g(x)= 0.

5. Si hag′(x)= e−x2 + xe−x2

(−2x)= (1−2x2)e−x2.

Ne deduciamo il segno di g′:

Valori di x x ∈(−∞,−

p2

2

)x =

p2

2 x ∈(−

p2

2 ,p

22

)x =

p2

2 x ∈(p

22 ,+∞

)Segno di g′(x) − 0 + 0 −

6. Ne deduciamo che x = −p

22 è un punto di minimo locale (in realtà globale) e x =

p2

2 èun punto di massimo locale (in realtà globale).

7. Si hag′′(x)= (−4x)e−x2 + (1−2x2)e−x2

(−2x)= 2x(2x2 −3)e−x2.

Ne deduciamo il segno di g′′:

Valori di x x ∈(−∞,−

p3

2

)x =

p3

2 x ∈(−

p3

2 ,0)

x = 0 x ∈(0,

p3

2

)x =

p3

2 x ∈(p

32 ,+∞

)Segno di g′′(x) − 0 + 0 − 0 +

8. Il grafico approssimativo è il seguente.

• h(x)= (x2 −1)log x

1. Si ha Dh = (0,+∞).

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2. Il segno di h è il seguente:

Valori di x x ∈ (0,1) x = 1 x ∈ (1,+∞)Segno di h(x) + 0 +

(Se ne deduce immediatamente che x = 1 è un punto di minimo globale).

3. Calcoliamo i limiti ai bordi del dominio. Si ha

limx→0+ h(x)= lim

x→+∞h(x)=+∞.

4. Si ha

h′(x)= 2x log x+ x2 −1x

= x2(1+2log x)−1x

.

Osserviamo che

– x2(1+2log x)−1≤ x2 −1< 0 se x ∈ (0,1);– x2(1+2log x)−1= 0 se x = 1;– x2(1+2log x)−1≥ x2 −1> 0 se x > 1.

Ne deduciamo il segno di h′:

Valori di x x ∈ (0,1) x = 1 x ∈ (1,+∞)Segno di h′(x) − 0 +

5. Ne deduciamo che x = 0 è un punto di minimo locale (in realtà globale) e che non cisono punti di massimo locale.

6. Tralasciando lo studio della derivata seconda (perché troppo complicato) il grafico ap-prossimativo è il seguente.

Es. 2

(i) f ′(−1/2)= 1, f ′(−3/2)=−1.

(ii) f ′(x)= 0 in x = 1.

(iii) f ′−(−1)=−1, f ′+(−1)= 1.

(iv) No, f non è derivabile in x =−1.

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(v) Si, tutte le ipotesi sono verificate. Se ne deduce l’esistenza di un punto c ∈ (−3,−2) tale chef ′(c)=−1

2 .

(vi) No, f non è derivabile in tale punto, come già osservato.

(vii) Si, le ipotesi sono soddisfatte. Se ne deduce che f ′(1)= 0.

(viii) Si ha limx→+∞ f ′(x)= 0, limx→−1− f ′(x)=−1, limx→−1+ f ′(x)= 1.

(ix) Il grafico a).

Es. 3

(i) Si halim

x→0+ f ′(x)= 0, limx→0− f ′(x)=+∞, lim

x→−2− f ′(x) non ha senso.

(ii) No, non è neppure continua (condizione necessaria per la derivabilità).

(iii) f ′(x)= 0 in x =−1.

(iv) No, la funzione non è derivabile dappertutto nell’intervallo (−2,2); precisamente non lo è inx = 0.

(v) No, la funzione non è continua in [−2,0]; precisamente non lo è in x = 0.

(vi) No, per lo stesso motivo della risposta precedente.

(vii) No, non è un punto di massimo o di minimo locale.

(viii) No, non è un punto in cui la funzione risulta derivabile.

Es. 4

(i) Si halim

x→−4+ f ′(x)= 0, limx→1+ f ′(x)=−2, lim

x→2− f ′(x)=−2, limx→+∞ f ′(x)= 0.

(ii) Si ha f ′(x)= 0 in x =−2.

(iii) Si ha f ′+(x)= 0 in x =−2.

(iv) Si ha f ′−(x)= 0 in x =−2 ∨ x = 1.

(v) No, f non è neanche definita in x =−4.

(vi) No, f non è neppure definita su tutto l’intervallo [−1,1].

(vii) No, per la setssa ragione della risposta precedente.

(viii) Si, tutte le ipotesi sono soddisfatte. Se ne deduce l’esistenza di un punto c ∈ (1,2) tale chef ′(c)=−2 (in realtà in questo caso ogni c ∈ (1,2) soddisfa f ′(c)=−2).

(ix) Si, se ne deduce che f ′(−2)= 0.

(x) No, in tale punto f non è derivabile.

Es. 5

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(i) Si halim

x→−3+ f ′(x)=+∞, limx→−1− f ′(x)=+∞, lim

x→+∞ f ′(x)= 0.

(ii) Si ha f ′(x)= 0 in x =−2 ∨ x = 1.

(iii) f ′ > 0 su (−3,−1) e su (1,+∞); f ′ < 0 su (0,1).

(iv) f ′+(0)< 0.

(v) f ′′(x)= 0 sicuramente in x =−2 ∨ x = 2 (punti di flesso). Dal grafico non è possibile escludereche ci siano altri punti in cui f ′′ si annulla (si consideri il caso del grafico di x 7→ x4 per capirela motivazione di quest’ultima affermazione).

Es. 6 Per il teorema di Lagrange per ogni x1, x2 ∈ I con x1 < x2 si ha f (x2)− f (x1) = f ′(c)(x2 − x1)per qualche c ∈ (x1, x2) ⊆ I. Per ipotesi f ′(c) = 0, da cui si deduce f (x2) = f (x1). Per arbitrarietàdella scelta di x1, x2 si deduce che f è costante su I.

Es. 7

1. Si ha D f = [−1,1].

2. f non è né pari né dispari.

3. Il segno di f è il seguente:

Valori di x x =−1 x ∈ (−1,1) x = 1Segno di f (x) 0 + 0

4. Si ha

f ′(x)= −2x

2p

1− x2ex +

√1− x2ex = ex(1− x− x2)p

1− x2.

Ne deduciamo il segno di f ′:

Valori di x x ∈(−1,

p5−12

)x =

p5−12 x ∈

(p5−12 ,1

)Segno di f ′(x) + 0 −

Ne deducamo che x =p

5−12 è un punto di di massimo locale (e globale).

5. Si ha

f ′′(x) =(−2x−1)

p1− x2 − (−x2 − x+1) −2x

2p

1−x2

1− x2 ex + −x2 − x+1p1− x2

ex

= x(x3 +2x2 −2x−2)

(1− x2)p

1− x2ex.

Si può dimostrare (ma non è facilissimo: occorre studiare la funzione x 7→ x3 +2x2 −2x−2)che il segno di f ′′ è il seguente: esiste x∗ ∈ (−1,0) tale che:

Valori di x x ∈ (−1, x∗)

x = x∗ x ∈ (x∗,0) x = 0 x ∈ (0,1)Segno di f ′′(x) − 0 + 0 −

Ne deduciamo che f ha flessi in x = x∗∨ x = 0, è strettamente convessa nell’intervallo (x∗,0)e strettamente concava negli intervalli (−1, x∗) e (0,1).

6. Si noti che limx→−1+ f ′(x)=+∞ e limx→1− f ′(x)=−∞.

77

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Il grafico approssimativo è il seguente.

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Capitolo 6

Calcolo integrale

Richiami di teoria

Definizione 6.1. Sia [a,b] un intervallo chiuso e limitato. Un insieme finito di punti

P = {x0, x1, ..., xn}⊆ [a,b]

tali che a = x0 < x1 < ...xn−1 < xn = b si dice una partizione di [a,b]. �

Costruzione dell’integrale di Riemann. Sia f : [a,b]→R limitata.

1. Data una partizione P = {x0, x1, ..., xn} di [a,b] si definiscono per ogni k = 0,1, ...,n−1

mk := inf[xk,xk+1]

f , Mk := sup[xk,xk+1]

f .

Chiaramente mk ≤ Mk per ogni k = 0,1, ...,n−1.

2. Si definisono la somma parziale inferiore s(P) e la somma parziale superiore S(P) associatealla partizione P:

s(P) :=n−1∑k=0

mk(xk+1 − xk), S(P) :=n−1∑k=0

Mk(xk+1 − xk).

Dal fatto che mk ≤ Mk per ogni k = 0,1, ...,n−1, si deduce facilmente che s(P)≤ S(P).

3. Si definiscono l’estremo superiore e inferiore, al variare di P nell’insieme delle partizioni,delle somme parziali inferiori e superiori:

s∗ := sup{s(P) : P partizione di [a,b]

}, S∗ := inf

{S(P) : P partizione di [a,b]

}.

Dal fatto che s(P)≤ S(P) per ogni P partizione di [a,b] si deduce che s∗ ≤ S∗.

4. Si dà la seguente definizione.

Definizione 6.2 (Integrale di Riemann). Sia f : [a,b]→R limitata. Si dice che f è integra-bile secondo Riemann (su [a,b], se è necessario precisare l’intervallo su cui si considera f )se, nella costruzione fatta sopra, si ha s∗ = S∗. In tal caso il comune valore s∗ = S∗ si diceintegrale di Riemann di f su [a,b] e si denota col simbolo∫ b

af (x)dx.

La funzione f si dice funzione integranda. �

79

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Osservazione 6.3. Si osservi che non tutte le funzioni limitate definite su un intervallo chiusoe limitato sono integrabili. La funzione di Dirichlet f = 1Q considerata su intervallo chiuso elimitato è un classico controesempio. Ripercorrendo i passi della costruzione dell’integrale diRiemann per tale fuzione considerata sull’intervallo [0,1], per ogni partizione P di [0,1] si otterràmk = 0 e Mk = 1 per ogni k = 0, ...,n−1; da cui, per ogni partizione P di [0,1], si otterrà s(P)= 0 eS(P)= 1; da cui si otterrà s∗ = 0 e S∗ = 1, concludendo che f non è integrabile su [0,1]. �

Osservazione 6.4. La costruzione fatta sopra ha un significato geometrico: l’integrale cattural’idea di area sottesa dalla curva descritta dal grafico di f , cioè della parte di piano compresatra il grafico di f e l’asse delle ascisse. Bisogna però sottolineare un aspetto importante: dalladefinizione risulta che, se il grafico della funzione giace sotto l’asse delle ascisse, poiché i numerimk, Mk sono negativi,l’integrale è in realtà negativo. In questo senso l’integrale rappresentaun’area “con segno”. �

Osservazione 6.5. Nel seguito ometteremo la precisazione “secondo Riemann", poiché sarà sot-tintesa. Sottolineiamo tuttavia che altre teorie di integrazione (cioè altre costruzioni di integrale)sono possibili. �

Osservazione 6.6. Se f : [a,b] → R è integrabile, allora anche f |[c,d] con a ≤ c ≤ d ≤ b è integra-bile (su [c,d]). �

Osservazione 6.7. Dalla definizione di integrale segue abbastanza facilmente che, se una fun-zione f : [a,b] → R limitata è integrabile, allora il suo integrale è un numero finito. Più precisa-mente risulterà

(b−a) · inf[a,b]

f ≤∫ b

af (x)dx ≤ (b−a) ·sup

[a,b]f . �

Definizione 6.8. Per ogni f : A →R e a ∈ A si definisce∫ a

af (x)dx := 0. �

Definizione 6.9. Se f : [a,b]→R è integrabile, si definisce∫ a

bf (x)dx :=−

∫ b

af (x)dx. �

Proposizione 6.10 (Proprietà dell’integrale). Siano f , g : [a,b]→R integrabili.

(i) Additività rispetto all’estremo di integrazione. Se c ∈ (a,b), allora∫ b

af (x)dx =

∫ c

af (x)dx+

∫ b

cf (x)dx.

(ii) Additività dell’integrale. Se α,β ∈R, allora∫ b

a

[α f +βg

](x)dx =α

∫ b

af (x)dx+β

∫ b

ag(x)dx.

(iii) Monotonia dell’integrale. Se f (x)≤ g(x) per ogni x ∈ [a,b], allora∫ b

af (x)dx ≤

∫ b

ag(x)dx. �

Teorema 6.11. Sia f : [a,b]→R continua. Allora f è integrabile. �

80

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Osservazione 6.12. Il precedente teorema stabilisce che le funzioni continue su intervalli chiusie limitati sono integrabili, cioè la condizione di continuità è sufficiente a garantire l’integrabilità.Tale condizione non è però necessaria e può essere molto rilassata. Per esempio una funzionelimitata f : [a,b]→R è integrabile se una delle due seguenti condizioni vale:

• f è discontinua al più su un insieme finito di punti; questo è facilmente dimostrabile utiliz-zando semplicemente il teorema precedente;

• f è monotona.

In realtà la classe delle funzioni limitate su un intervallo chiuso che sono integrabili è molto piùampia. Per i nostri scopi è sufficiente comunque limitarsi all’analisi delle funzioni continue equindi il teorema precedente sarà sufficiente. �

Teorema 6.13 (Media integrale). Sia f : [a,b]→R continua. Esiste c ∈ (a,b) tale che

1b−a

∫ b

af (x)dx = f (c). �

Definizione 6.14 (Primitiva). Sia I un intervallo e sia f : I → R. Una funzione F : I → R si diceuna primitiva di f su I se F è derivabile su I e risulta F ′(x)= f (x) per ogni x ∈ I. �

Osservazione 6.15. Si sottolinea il fatto che nella Definizione 6.14 si considera come insieme didefinizione un intervallo. �

Proposizione 6.16. Sia I ⊆R un intervallo e sia f : I →R. La classe delle funzioni primitive di fsu I (se ne esistono) è costituita da funzioni che differiscono per una costante. Più precisamente:

(i) Se F : I →R è una primitiva di f su I e α ∈R, allora anche la funzione

F +α : I →R, x 7→ F(x)+α

è una primitiva di f su I.

(ii) Se F,G : I →R sono due primitive di f su I, allora F −G è una funzione costante. �

Definizione 6.17. Sia f : I → R, con I intervallo. La classe delle primitive di f (se esistono) sidice integrale indefinito di f su I e si denota con il simbolo

∫f (x)dx. �

Osservazione 6.18. In virtù della Proposizione 6.16, l’integrale indefinito di una funzione fviene visto più semplicemente (anche se un impropriamente) come una funzione F presa comeriferimento nella classe delle primitive e si usa la scrittura∫

f (x)dx = F(x) (+cost.). �

Proposizione 6.19 (Integrale indefinito di funzioni elementari). Gli integrali indefiniti dellefunzioni elementari sono i seguenti.

• Potenza:

– Caso α 6= −1: ∫xαdx = xα+1

α+1(+cost.) su x > 0.

(L’estensione a un dominio più grande dipende dal valore di α.)

81

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– Caso α=−1: ∫1x

dx ={

log x (+cost.) su (0,+∞),log(−x) (+cost.) su (−∞,0).

• Esponenziale: ∫exdx = ex (+cost.).

• Funzioni trigonometriche:∫sin x dx =−cos x (+cost.),

∫cos x dx = sin x (+cost.).

Teorema 6.20 (Teorema fondamentale del calcolo - I forma). Sia f : [a,b] → R continua e siax0 ∈ [a,b]. Si definisca la funzione integrale

F : [a,b]→R, F(x) :=∫ x

x0

f (s)ds.

Allora F è una primitiva di f su [a,b]. �

Teorema 6.21 (Teorema fondamentale del calcolo - II forma). Sia f : [a,b] → R di classe C1 su[a,b] e sia x0 ∈ [a,b]. Allora

f (x)= f (x0)+∫ x

x0

f ′(s)ds ∀x ∈ [a,b]. �

Notazione 6.22. Sia F : [a,b]→R. Si denota[F(x)

]ba := F(b)−F(a). �

Corollario 6.23. Sia f : [a,b]→R continua e sia F una primitiva di f su [a,b]. Allora∫ b

af (x)dx = [

F(x)]b

a.�

Proposizione 6.24 (Integrazione per parti). Siano f , g : [a,b] → R continue in [a,b] e derivabiliin (a,b). Si ha ∫ b

af (x)g′(x)dx = [

f (x)g(x)]b

a −∫ b

af ′(x)g(x)dx. �

Proposizione 6.25 (Integrazione per sostituzione). Sia f : [a,b] → R continua, sia φ : [α,β] →[a,b] di classe C1, invertibile e tale che φ(α)= a e φ(β)= b. Si ha∫ b

af (x)dx =

∫ β

αf (φ(t))φ′(t)dt.

Definizione 6.26 (Integrale generalizzato su intervallo illimitato a destra o a sinistra). Sia f :[a,+∞) → R (risp., f : (−∞,b] → R). Si dice che f è integrabile in senso generalizzato su [a,+∞)(risp., su [−∞,b]) se

(i) f è integrabile su ogni intervallo [a,b];

(ii) esiste, finito o infinito,

limb→+∞

∫ b

af (x)dx

(risp., lim

a→−∞

∫ b

af (x)dx

).

82

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In tal caso, tale limite si dice integrale generalizzato di f su [a,+∞) (risp., su (−∞,b]) e si denotacon ∫ +∞

af (x)dx

(risp.,

∫ b

−∞f (x)dx

).

Inoltre, mutuando la terminologia usata per le serie, si dice che

(i) l’integrale generalizzato converge se∫ +∞

a f (x)dx ∈R (risp.,∫ b−∞ f (x)dx ∈R);

(ii) l’integrale generalizzato diverge positivamente se∫ +∞

a f (x)dx = +∞ (risp.∫ b−∞ f (x)dx =

+∞);

(iii) l’integrale generalizzato diverge negativamente se∫ +∞

a f (x)dx=−∞ (risp.∫ b−∞f (x)dx=−∞).

Osservazione 6.27. Sia f : [a,+∞)→R (risp., f : (−∞,b]→R) tale che:

(i) f è integrabile su ogni intervallo [a,b];

(ii) esiste M > a (risp. m < b) tale che f (x) ≥ 0 oppure f (x) ≤ 0 per ogni x ≥ M (risp. per ognix ≤ m).

Allora il limite che definisce l’integrale generalizzato esiste certamente, poiché la funzione b 7→∫ ba f (x)dx risulta monotona nell’intervallo [M,+∞) (risp. la funzione a 7→ ∫ b

a f (x)dx risulta mono-tona nell’intervallo (−∞,m]). Dunque f è integrabile in senso generalizzato su [a,+∞) (risp. su(−∞,b]). �

Proposizione 6.28 (Confronto di integrali generalizzati su intervalli illimitati). Siano f , g :[a,+∞) → R (risp., f , g : (−∞,b] → R) integrabili in senso generalizzato su [a,+∞) (risp. su(−∞,b]). Se f (x)≤ g(x) per ogni x ∈ [a,+∞) (risp., per ogni x ∈ (−∞,b]), allora∫ +∞

af (x)dx ≤

∫ +∞

ag(x)dx

(risp.,

∫ b

−∞f (x)dx ≤

∫ b

−∞g(x)dx

). �

Proposizione 6.29 (Confronto tra integrali generalizzati e serie). Sia m ∈N e sia f : [m,+∞)→R

decrescente, positiva e integrabile su ogni intervallo della forma [m, M] con M ∈ (m,+∞)(1). Siponga an := f (n) per ogni n ≥ m(2). Allora∫ +∞

mf (x)dx <+∞ ⇐⇒

∞∑n=m

an <+∞;

(e conseguentemente ∫ +∞

mf (x)dx =+∞ ⇐⇒

∞∑n=m

an =+∞.) �

Esempio 6.30 (Integrale generalizzato della funzione potenza su intervallo illimitato). Si ha

∫ +∞

1

1xα

=

+∞, se α ∈ (0,1],

1α−1 , se α> 1. �

1Per l’Osservazione 6.27 f è integrabile in senso generalizzato su [m+∞); precisamente∫ +∞

m f (x)dx convergeoppure diverge positivamente.

2Essendo la serie∑∞

n=m an a termini positivi, essa è regolare: converge oppure diverge positivamente

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Esempio 6.31 (Integrale generalizzato della funzione esponenziale su intervallo illimitato). Siha ∫ +∞

0e−xdx = 1. �

Definizione 6.32 (Integrale generalizzato su R). Sia f :R→R. Si dice che f è integrabile in sensogeneralizzato su R se, fissato a ∈R

(i) f integrabile su ogni intervallo chiuso e limitato [a,b]⊂R;

(ii) esistono, finiti o infiniti, gli integrali generalizzati∫ +∞

af (x)dx,

∫ a

−∞f (x)dx;

(iii) fissato a ∈R l’operazione ∫ a

−∞f (x)dx+

∫ +∞

af (x)dx

è ben definita nell’algebra parziale di R∗.

In tal caso il valore (finito o infinito)∫ a−∞ f (x)dx+∫ +∞

a f (x)dx si dice integrale generalizzato di fsu R e si denota con ∫ +∞

−∞f (x)dx oppure con

∫R

f (x)dx. �

Osservazione 6.33. La Definizione 6.32 richiede di fissare (arbitrariamente) a ∈R. Questo puntosarebbe in linea principio problematico, perchè si starebbe dando la definizione di un oggetto chesi vorrebbe indipendente dalla scelta di a attraverso un’operazione che a priori potrebbe dipen-dere dalla scelta di a. Se il risultato di tale operazione dipendesse effettivamente dalla scelta delpunto a, la definizione data non sarebbe allora ben posta. Tuttavia si dimostra facilmente cheil risultato dell’operazione non dipende dal punto a scelto, per cui la definizione data è effettiva-mente ben posta.3 �

Definizione 6.34 (Integrale generalizzato su intervallo semiaperto a destra o a sinistra). Siaf : [a,b) →R (risp., f : (a,b] →R). Si dice che f è integrabile in senso generalizzato su [a,b) (risp.,su (a,b]) se

(i) f integrabile su ogni intervallo [a, c] con c ∈ (a,b) (risp. su ogni intervallo [c,b] con c ∈ (a,b));

(ii) esiste, finito o infinito,

limc→b−

∫ c

af (x)dx

(risp., lim

c→a+

∫ b

cf (x)dx

).

3Questo aspetto, riducibile in altri termini ad una questione di unicità, si propone spesso in matematica: si dannodefinizioni (nel nostro caso quella di integrale generalizzato su R) che operativamente sembrano dipendere dalla sceltadi altri oggetti (nel nostro caso il punto a), anche se questi ultimi non compaiono nella definizione stessa (nel nostrocaso a non appare infatti né nella dicitura integrale generalizzato su R né nella notazione

∫R f (x)dx); occorre allora

dimostrare che in realtà la definizione operativa data è “invariante" rispetto alla scelta di tali oggetti (cioè è univoca)e quindi che la definizione è ben posta anche senza specificare la dipendenza da tali oggetti (nel nostro caso siamoautorizzati a parlare di integrale generalizzato su R ad usare la notazione

∫R f (x)dx senza dover menzionare in esse

alcuna dipendenza da a).

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In tal caso, tale limite si dice integrale generalizzato di f su [a,b) (risp., su (a,b]) e si denota con

∫ b

af (x)dx.

Inoltre, mutuando la terminologia usata per le serie, si dice che

(i) l’integrale generalizzato converge se∫ b

a f (x)dx ∈R;

(ii) l’integrale generalizzato diverge positivamente se∫ b

a f (x)dx =+∞;

(iii) l’integrale generalizzato diverge negativamente se∫ b

a f (x)dx =−∞. �

Osservazione 6.35. Valgono per gli integrali generalizzati della Definizione 6.34 considerazionisimili riguardo la loro esistenza a quelle fatte nell’Osservazione 6.27 in relazione agli integraligeneralizzati della Definizone 6.26. �

Proposizione 6.36 (Confronto di integrali generalizzati su intervalli limitati). Siano f , g : [a,b)→R (risp., f , g : (a,b] → R) integrabili in senso generalizzato su [a,b) (risp. su (a,b]). Se f (x) ≤ g(x)per ogni x ∈ [a,b) (risp., per ogni x ∈ (a,b]), allora

∫ b

af (x)dx ≤

∫ b

ag(x)dx.

Esempio 6.37 (Integrale generalizzato della funzione potenza su intervallo limitato). Si ha

∫ 1

0

1xα

=

+∞, se α≥ 1,

11−α , se α ∈ (0,1).

Esercizi

Esercizio 6.1

Si determini il valore (se ben definito) del seguente integrale generalizzato:

∫ +∞

1

(x+ 1

x2

)dx.

Esercizio 6.2

Si consideri la funzione f il cui grafico è riportato di seguito e si supponga che f sia di classe C1

negli intervalli in cui essa appare liscia.

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Sia

F : (0,+∞)→R, F(x) :=∫ x

2f (z)dz.

Per ciascuna delle seguenti affermazioni si dica se essa è vera o falsa.

(i) F è decrescente nell’intervallo (2,3).

(ii) F ′′ è negativa nell’intervallo (3,+∞).

(iii) F ′ è crescente nell’intervallo (2,3).

(iv) F è negativa nell’intervallo (2,+∞).

(v) limx→+∞ F(x)= 0.

(vi) @ limx→+∞ F(x)= 0.

(vii) limx→+∞ F(x)< 0.

Esercizio 6.3

Si calcoli il valore di ∫ 2

1

e1

x2

x3 dx.

Esercizio 6.4

Si dica se la funzionef (x)= xe

1log x

è integrabile sull’intervallo [e, e2] e, in caso affermativo, si determini il segno di∫ e2

e f (x)dx.

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Esercizio 6.5

Si consideri la funzione il cui grafico è rappresentato dalla figura e si supponga che essa siadi classe C1 negli intervalli in cui essa appare liscia.

Sia

F : (0,+∞)→R, F(x) :=∫ x

1f (z)dz.

Per ciascuna delle seguenti affermazioni si dica se essa è vera o falsa.

(i) F è positiva nell’intervallo (0,1).

(ii) F ′′ è negativa nell’intervallo (1,+∞).

(iii) F ′ è crescente nell’intervallo (1,+∞).

(iv) F ′ è crescente nell’intervallo (0,1).

(v) F non è derivabile in x = 1.

(vi) F ha un minimo in x = 1.

(vii) F è positiva nell’intervallo (1,+∞).

(viii) limx→+∞ F(x)= 1.

(ix) @ limx→+∞ F(x)= 0.

(x) limx→+∞ F(x)> 0.

(xi) limx→+∞ F(x)=+∞.

Esercizio 6.6

Consultare gli esercizi e le soluzioni del volume:

- Francesco Brega, Grazia Messineo, Esercizi di Matematica Generale (Calcolo integrale). Gi-appichelli Editore.

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Soluzioni

Es. 1Si ha

∫ +∞

1

(x+ 1

x2

)dx = lim

b→+∞

∫ b

1

(x+ 1

x2

)dx = lim

b→+∞

[x2

2− 1

x

]b

1= lim

b→+∞

[b2

2− 1

b+ 1

2

]=+∞.

Es. 2Si ricordi che, per il Teorema fondamentale del calcolo, si ha F ′(x)= f (x) per ogni x ∈ (0,+∞).

(i) Vero, poiché F ′(x)< 0 per ogni x ∈ (2,3).

(ii) Falso, F ′′(x)= f ′(x)> 0 per ogni x ∈ (3,+∞).

(iii) Vero, poiché f è (strettamente) crescente in (2,3).

(iv) Vero: f è negativa in (2,+∞), quindi tale è anche∫ x

2 f (z)dz per ogni x > 2.

(v) Falso (vedi sotto).

(vi) Falso (vedi sotto).

(vii) Vero: il limite esiste per l’Osservazione 6.27. Precisamente F è monotona strettamentedecrescente in (2,+∞), poiché f è negativa in tale intervallo. Poiché F(2) = 0, ne consegueche il limite (che abbiamo stabilito esistere) è strettamente negativo.

Es. 3Integrando per sostituzione con z = 1

x2 si ottiene

∫ 2

1

e1

x2

x3 dx =−12

∫ 14

1ezdz = 1

2

∫ 1

14

ezdz = 12

[ez]1

14= 1

2(e− e1/4).

Es. 4f è continua su [e, e2], quindi integrabile. Inoltre essa è strettamente positiva su tale intervallo,quindi

∫ e2

e f (x)dx > 0.

Es. 5Si ricordi che, per il Teorema fondamentale del calcolo, si ha F ′(x)= f (x) per ogni x ∈ (0,+∞).

(i) Falso: si ha ∫ x

1f (z)dz =−

∫ 1

xf (z)dz.

Se x ∈ (0,1) si ha∫ 1

x f (z)dz > 0 poiché f è strettamente positiva in (0,1). Ne deduciamo cheF(x)< 0 per ogni x ∈ (0,1).

(ii) Falso: F ′′(x)= f ′(x)> 0 per ogni x ∈ (1,+∞).

(iii) Vero, poiché f è (strettamente) crescente in (1,+∞).

(iv) Falso, poiché f è (strettamente) decrescente in (1,+∞).

(v) Falso: F ′(1)= f (1)= 0.

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(vi) Falso: si ha F ′(x) ≥ 0 per ogni x ∈ (0,+∞) e F ′(x) > 0 se e solo se x ∈ (0,1)∩ (1,+∞). Se nededuce che la funzione F : (0,+∞) → R è strettamente crescente sul suo dominio e che essaha un flesso a tangente orizzontale in x = 1 (è F ′ = f che ha minimo in x = 1).

(vii) Vero: f è positiva in (1,+∞), quindi tale è anche F(x)= ∫ x1 f (z)dz > 0 per ogni x > 1.

(viii) Falso (vedi sotto).

(ix) Falso: il limite esiste per l’Osservazione 6.27. Precisamente, F è monotona strettamentecrescente in (1,+∞) poicé f è positiva in tale intervallo. Poichè F(2) = 0, ne consegue che illimite (che abbiamo stabilito esistere) è strettamente positivo.

(x) Vero (vedi sopra).

(xi) Vero: poichè f è crescente e f (2)> 0 si ha∫ +∞

1f (z)dz ≥

∫ +∞

2f (z)dz ≥

∫ +∞

2f (2)dz = f (2)

∫ +∞

21dz = f (2)· lim

b→+∞[z]b

2 = f (2)· limb→+∞

(b−2)=+∞.

Ne consegue che limx→+∞ F(x)= ∫ +∞1 f (z)dz =+∞.

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Capitolo 7

Elementi di algebra lineare

Convenzione 7.1. In questo capitolo i simboli n,m, i, j,h,k denoteranno sempre numeri naturalipositivi. �

Definizione 7.2 (Vettore). Un vettore reale è una lista ordinata di n numeri reali posti in riga(vettore riga):

x= [x1 . . . xn] , x1, . . . , xn ∈R;

o in colonna (vettore colonna):

x=

x1...

xn

, x1, . . . , xn ∈R.

I numeri reali x1, . . . , xn si dicono componenti del vettore x. Il numero reale xi, i = 1, . . . ,n, sidice la i-esima componente del vettore x. Per denotare un vettore si utilizza anche la notazionecompatta x = [xi]i=1,...,n (o più semplicemente x = [xi] quando il numero delle componenti delvettore è chiaro dal contesto). �

Convenzione 7.3. D’ora in avanti

(i) se non diversamente specificato, parlando di vettori faremo riferimento a vettori colonna;

(ii) tralasceremo l’attributo “reale” quando ci riferiremo a vettori, dato che per noi i vettorisaranno sempre a componenti reali;

(iii) come è d’uso nel contesto dell’algebra lineare, chiameremo talvolta i numeri reali scalari perdistinguerli dalle grandezze vettoriali (i vettori). �

Definizione 7.4 (Spazio Rn). Lo spazio Rn è l’insieme costituito dalla totalità dei vettori con ncomponenti. �

Definizione 7.5 (Vettore nullo). Il vettore nullo di Rn è il vettore di Rn le cui componenti sonotutte nulle:

0=

0...0

∈Rn.

Definizione 7.6 (Somma di vettori e prodotto di vettori per uno scalare).

91

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(i) Si definisce la somma di due vettori x = [xi] ∈ Rn e y = [yi] ∈ Rn come il vettore x+y ∈ Rn lecui componenti sono costituite dalla somma delle componenti corrispondenti dei vettori x ey:

x+y :=

x1 + y1...

xn + yn

.

(ii) Si definisce il prodotto di uno scalare λ ∈R e di un vettore x= [xi] ∈Rn come il vettore λx ∈Rn

le cui componenti sono costituite dal prodotto delle componenti di x con lo scalare λ:

λx :=

λx1...

λxn

.

Osservazione 7.7. Le operazioni definite sopra ereditano dai numeri reali

(i) la proprietà commutativa e associativa della somma;

(ii) la proprietà distributiva della somma rispetto al prodotto per uno scalare. �

Notazione 7.8.

(i) Dato x ∈Rn si denota con −x il vettore (−1)x.

(ii) Dati x,y ∈Rn e α,β ∈R, si denota con αx−βy il vettore αx+ (−β)y. �

Definizione 7.9 (Combinazione lineare di vettori). Siano x1, ...,xk ∈ Rn e α1, ....,αk ∈ R. La com-binazione lineare dei vettori x1, ...,xk con pesi α1, ....,αk è il vettore

y=k∑

i=1αixi.

Definizione 7.10 (Dipendenza e indipendenza lineare di vettori). I vettori x1, ...,xk ∈Rn si diconolinearmente indipendenti se l’unica loro combinazione lineare che dia come risultato il vettorenullo è quella banale:

k∑i=1

αixi = 0 ⇒ αi = 0 ∀i = 1, ...,n.

In caso contrario i vettori si dicono linearmente dipendenti. �

Osservazione 7.11. Se i vettori x1, ...,xk ∈ Rn sono linermente dipendenti si può esplicitare al-meno uno di essi in funzione degli altri, cioè si possono trovare i ∈ {1, ...,k} e scalari α1, ...,αk taliche

xi =k∑

j=1, j 6=iα jx j. �

Definizione 7.12 (Prodotto scalare di due vettori). Si definisce prodotto scalare di x,y ∈ Rn ilnumero reale

⟨x,y⟩ :=n∑

i=1xi yi. �

Proposizione 7.13 (Proprietà del prodotto scalare).

(i) (Positività) ⟨x,x⟩ ≥ 0 per ogni x ∈Rn e ⟨x,x⟩ = 0 se e solo se x= 0.

92

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(ii) (Commutatività) ⟨x,y⟩ = ⟨y,x⟩ per ogni x,y ∈Rn.

(iii) (Linearità) ⟨λx+µy,z⟩ =λ⟨x,z⟩+µ⟨y,z⟩ per ogni λ,µ ∈R e x,y,z ∈Rn. �

Definizione 7.14 (Ortogonalità). Due vettori x,y ∈ Rn si dicono ortogonali se il loro prodottoscalare è nullo:

⟨x,y⟩ = 0.

In tal caso si scrive x⊥ y. �

Osservazione 7.15. Altre notazioni usate per denotare il prodotto scalare di x,y ∈Rn sono (x,y)(notazione del libro di testo) oppure x ·y. �

Definizione 7.16 (Norma o modulo di un vettore). Si definisce norma o modulo di x ∈ Rn ilnumero reale

|x| :=√⟨x,x⟩ =

√n∑

i=1x2

i .�

Osservazione 7.17. Un’altra notazione usata per denotare la norma di x ∈Rn è ‖x‖. �

Proposizione 7.18 (Proprietà della norma).

(i) (Positività) |x| ≥ 0 per ogni x ∈Rn e |x| = 0 se e solo se x= 0.

(ii) (Omogeneità) |λx| = |λ||x| per ogni λ ∈R e x ∈Rn.

(iii) (Disuguaglianza triangolare) |x+y| ≤ |x|+ |y| per ogni x,y ∈Rn. �

Proposizione 7.19 (Disuguaglianza di Cauchy-Schwarz). Si ha

⟨x,y⟩ ≤ |x| · |y| ∀x,y ∈Rn. �

Proposizione 7.20 (Teorema del coseno). Si ha

|x−y|2 = |x|2 +|y|2 −2⟨x,y⟩ ∀x,y ∈Rn. �

Corollario 7.21 (Teorema di Pitagora). Siano x,y ∈Rn ortogonali. Allora

|x+y|2 = |x|2 +|y|2. �

Definizione 7.22 (Distanza di due vettori). Si definisce distanza di x,y ∈Rn il numero reale

d(x,y) := |x−y| =√

n∑i=1

(xi − yi)2.�

Proposizione 7.23 (Proprietà della distanza).

(i) (Positività) d(x,y)≥ 0 per ogni x,y ∈Rn e d(x,y)= 0 se e solo se x= y.

(ii) (Simmetria) d(x,y)= d(y,x) per ogni x,y ∈Rn

(iii) (Disuguaglianza triangolare) d(x,z)≤ d(x,y)+d(y,z) per ogni x,y,z ∈Rn. �

93

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Definizione 7.24 (Matrice). Una matrice (di dimensioni n× m) è una tabella rettangolare dinumeri reali, chiamati elementi della matrice, formata da n righe e m colonne:1

A=

a11 a12 · · · a1ma21 a22 · · · a2m

......

...an1 an2 · · · anm

, ai j ∈R ∀i = 1, ...,n, ∀ j = 1, ...,m.

Si usa anche la notazione compatta

A= [ai j

]i = 1, . . . ,nj = 1, . . . ,m

(o più semplicementeA= [ai j]

quando risulta chiaro dal contesto il numero di righe e di colonne della matrice). �

Osservazione 7.25. Si noti che un vettore riga di n componenti può essere visto come una ma-trice 1×n, un vettore colonna di n componenti può essere visto come una matrice n×1. �

Definizione 7.26 (Spazio Rn×m). Lo spazio Rn×m è l’insieme costituito dalla totalità delle matricin×m. �

Definizione 7.27 (Matrice nulla). La matrice nulla di Rn×m è la matrice di Rn×m i cui elementisono tutti nulli:

0=

0 0 · · · 00 0 · · · 0...

......

0 0 · · · 0

∈Rn×m.

Definizione 7.28 (Somma di matrici e prodotto di matrici per uno scalare).

(i) Si definisce la somma delle matrici A = [ai j

] ∈ Rn×m e B = [bi j

] ∈ Rn×m come la matriceA+B ∈ Rn×m i cui elementi sono costituite dalla somma degli elementi corrispondenti dellematici A e B:

A+B := [ai j +bi j

].

(ii) Si definisce il prodotto dello scalare λ ∈ R con la matrice A = [ai j

] ∈ Rn×m come la matriceλA ∈Rn×m i cui elementi sono costituiti dal prodotto degli elementi di A con lo scalare λ:

λA := [λai j

].

Osservazione 7.29. Le operazioni matriciali definite sopra ereditano dai numeri reali:

(i) la proprietà commutativa e associativa della somma;

(ii) la proprietà distributiva della somma rispetto al prodotto per uno scalare. �

Notazione 7.30.

(i) Data A ∈Rn×m si denota con −A la matrice (−1)A.1Si noti che il primo indice a pedice della scrittura ai j rappresenta la riga di posizione dell’elemento ai j ; il secondo

rappresenta la colonna di posizione di tale elemento.

94

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(ii) Dati A,B ∈Rn×m e α,β ∈R, si denota con αA−βB la matrice αA+ (−β)B. �

Definizione 7.31 (Prodotto di matrici). Siano A= [ai j

] ∈Rn×m e B= [bi j

] ∈Rm×k. Si definisce ilprodotto delle matrici A e B come la matrice AB := C = [

ci j] ∈ Rn×k il cui generico elemento ci j,

i = 1, ...,n, j = 1, ...,k, è definito come il prodotto scalare della i-esima riga di A con la j-esimacolonna di B:

ci j =m∑

k=1aikbk j.

Osservazione 7.32. Sia A= [ai j] ∈Rn×m, x= [xi] ∈Rm, b= [bi] ∈Rn. Il sistema lineare

a11x1 +a12x2 + . . .+a1mxm = b1,a21x1 +a22x2 + . . .+a2mxm = b2,

......

... = ...an1x1 +an2x2 + . . .+anmxm = bn,

può essere scritto in forma compatta utilizzando le operazioni sopra definite come

Ax=b. �

Osservazione 7.33. Quando A ∈ Rn×m e x ∈ Rm, il prodotto Ax della matrice A col vettore x èinteso come prodotto di matrici guardando al vettore x come ad una matrice di Rm×1. �

Proposizione 7.34 (Proprietà del prodotto di matrici).

(i) (Proprietà associativa) Siano A ∈Rn×m, B ∈Rm×k, C ∈Rk×h. Si ha

(AB)C=A(BC).

(ii) (Proprietà distributiva) Siano A ∈Rn×m, B ∈Rm×k, C ∈Rm×k. Si ha

A(B+C)=AB+AC.

(iii) Il prodotto di una matrice con una matrice nulla (di dimensioni opportune) è una matricenulla (di dimensioni opportune). �

Osservazione 7.35. Il prodotto di due matrici A,B non è, in generale, una operazione commu-tativa, neppure se le operazioni AB e BA sono entrambe ben definite. Non vale inoltre per ilprodotto delle matrici la legge di annullamento del prodotto: se il prodotto di due matrici è unamatrice nulla, non è necessario che una delle due matrici sia nulla. �

Definizione 7.36 (Matrice trasposta). Sia A= [ai j] ∈Rn×m. La matrice trasposta di A è la matriceAT ∈Rm×n che si ottiene scambiando le righe e le colonne di A:

AT = [bi j

], dove bi j := a ji, i = 1, ...,m, j = 1, ...,n. �

Definizione 7.37 (Matrice quadrata). Una matrice si dice quadrata se il suo numero di righeeguaglia il suo numero di colonne, cioè se appartiene a Rn×n per qualche n ≥ 1. �

Definizione 7.38 (Diagonale principale di una matrice quadrata). La diagonale principale diuna matrice quadrata A= [ai j] ∈Rn×n è l’insieme

{aii, i = 1, ...,n

}. �

Definizione 7.39 (Matrici quadrate in forma diagonale e triangolare).

95

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(i) Una matrice (quadrata) D = [di j] ∈ Rn×n si dice in forma diagonale se tutti i suoi elementiad eccezione di quelli sulla diagonale principale sono nulli, cioè di j = 0 per ogni i, j = 1, ...,ncon i 6= j. Esplicitamente essa è nella forma

D=

d11 0 . . . 00 d22 . . . 0...

......

0 0 . . . dnn

.

(ii) Una matrice (quadrata) T = [ti j] ∈ Rn×n si dice in forma trinagolare superiore se tutti i suoielementi al di sotto della diagonale principale sono nulli, cioè ti j = 0 per ogni i, j = 1, ...,ncon i > j. Esplicitamente essa è nella forma

T=

t11 t12 . . . t1n0 t22 . . . t2n...

......

0 0 . . . tnn

(iii) Una matrice (quadrata) T = [ti j] ∈ Rn×n si dice in forma trinagolare inferiore se tutti i suoi

elementi al di sopra della diagonale principale sono nulli, cioè ti j = 0 per ogni i, j = 1, ...,ncon i < j. Esplicitamente essa è nella forma

T=

t11 0 . . . 0t21 t22 . . . 0...

......

tn1 tn2 . . . tnn

.

Definizione 7.40 (Matrice identità). La matrice identità di Rn×n è la matrice (quadrata) In ∈Rn×n che ha tutti gli elementi uguali a 1 sulla diagonale principale e tutti gli elementi uguali a 0fuori dalla diagonale principale. Esplicitamente

In =

1 0 . . . 00 1 . . . 0...

......

0 0 . . . 1

∈Rn×n.

Proposizione 7.41. La matrice identità In è l’elemento neutro per l’operazione di prodotto nellospazio Rn×n, cioè

AIn = InA=A ∀A ∈Rn×n.

InoltreInx= x ∀x ∈Rn. �

Definizione 7.42 (Determinante di una matrice quadrata). Il determinante di una matrice (quadrata)A ∈Rn×n è il numero reale det(A) definito come segue.

(i) Se n = 1 esso è definito da det(A) := a11.

(ii) Se n > 1 esso è definito ricorsivamente sulla base della definizione del determinante di ma-trici di R(n−1)×(n−1) nel seguente modo.

96

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(a) Si definisce il minore complementare Mi j dell’elemento ai j come il determinante dellamatrice di R(n−1)×(n−1) che si ottiene sopprimendo la i-esima riga e la j-esima colonnadella matrice A.

(b) Si definisce il complemento algebrico A i j dell’elemento ai j come il numero (−1)i+ jMi j.

(c) Si definisce il determinante di A come il numero

det(A) :=n∑

j=1ai j A i j. (7.1)

Osservazione 7.43. La Definizione 7.42 necessita di alcune osservazioni. Essa non è propria-mente la definizione originale di determinante, ma piuttosto una regola (regola di Laplace) per ilcalcolo del determinante di una matrice quadrata. Noi non diamo la “vera" definizione di determi-nante per risparmiarci alcuni concetti ed assumeremo la precedente come definizione. Tuttavia,prendendo essa come definizione, è importante osservare che è ben posta. In linea di principio ilcalcolo stabilito dalla (7.1) potrebbe dipendere dall’indice di riga i che si sceglie per lo “sviluppo”del calcolo. Non è così: qualunque riga i si scelga per tale calcolo, si ottiene sempre lo stessorisultato. Questo ci dice che la definizione data è ben posta. Inoltre, se anche si sviluppasse ilcalcolo lungo la colonna j colonna piuttosto che lungo la riga i, cioè si considerasse il numero∑n

i=1 ai j A i j, si otterrebbe sempre lo stesso risultato. �

Osservazione 7.44. Se

A=[

a bc d

]∈R2×2

si ha det(A)= ad−bc. �

Proposizione 7.45 (Proprietà del determinante). Siano A,B ∈Rn×n matrici (quadrate).

(i) det(A)= det(AT ).

(ii) Se si scambiano due righe o due colonne di A il detrminante della matrice che si ottiene èuguale a −det(A).

(iii) Se si moltiplica una riga o una colonna di A per uno scalare k ∈ R, il determinante dellamatrice che si ottiene è uguale a k ·det(A).

(iv) Se A è in forma diagonale o triangolare, il suo determinante è uguale al prodotto dei suoielementi della diagonale principale.

(v) (Teorema di Binet) det(AB)= det(A)det(B). �

Proposizione 7.46 (Relazione tra determinante di una matrice quadrata e indipendenza linearedelle sue righe e delle sue colonne). Sia A ∈ Rn×n una matrice (quadrata). Le righe di A o lecolonne di A considerate come famiglie di n vettori di Rn sono linearmente indipendenti se e solose det(A) 6= 0. �

Definizione 7.47. Sia A ∈Rn×n una matrice (quadrata).

(i) Si dice che A è invertibile a sinistra se esiste una matrice (quadrata) B ∈Rn×n tale che

BA= In;

in tal caso B si dice un’inversa sinistra di A.

97

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(ii) Si dice che A è invertibile a destra se esiste una matrice (quadrata) C ∈Rn×n tale che

AC= In;

in tal caso C si dice un’inversa destra di A. �

Proposizione 7.48. Una matrice (quadrata) A ∈ Rn×n è invertibile a sinistra se e solo se è in-vertibile a destra. Inoltre, in tal caso, le inverse destra e sinistra sono uniche e coincidono traloro. �

Definizione 7.49 (Matrice invertibile e matrice inversa). Tenuto conto della proposizione prece-dente, si dice che una matrice (quadrata) A ∈ Rn×n è invertibile oppure non singolare se essa èinvertible a destra/sinistra. L’unica inversa destra/sinistra di A si denota con A−1 e si dice matriceinversa di A. Se A non è invertibile si dice che essa è singolare. �

Osservazione 7.50. Se A ∈Rn×n è invertibile si hanno le uguaglianze

A−1A=AA−1 = In. �

Osservazione 7.51. Il calcolo della matrice inversa permette di risolvere sistemi lineari in formaquadrata nel vettore incognito x ∈Rn:

Ax=b, A ∈Rn×n, b ∈Rn. (7.2)

Infatti, se A è invertibile, si avrà

A−1(Ax)= (A−1A)x= Inx= x;

da cui, moltiplicando entrambi i membri di (7.2) a sinistra per A−1, si deduce che l’unica soluzionedel sistema è x=A−1b. �

Proposizione 7.52 (Relazione tra determinante e invertibilità di una matrice quadrata). Unamatrice (quadrata) A ∈Rn×n è invertibile se e solo se det(A) 6= 0. �

Proposizione 7.53 (Calcolo della matrice inversa). Sia A= [ai j] ∈Rn×n invertibile. Allora

A−1 = 1det(A)

[A i j]T ,

dove [A i j] è la matrice dei complementi algebrici degli elementi di A (si veda la Definizione7.42(ii)). �

Esercizi

Esercizio 7.1

Sia b ∈R. Si considerino i vettori di R4

x1 =

0123

, x2 =

120−1

, x3 =

010

b−1

.

(i) Si calcolino i prodotti scalari ⟨x1, x2⟩, ⟨x1, x3⟩, ⟨x2, x3⟩.

98

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(ii) Si stabilisca per quali valori di b ∈R risulta x1 ⊥ x3.

(iii) Si calcolino |x1|, |x2|, |x3|.

(iv) Si determini per quali valori di b ∈R risulta |x3| = 1.

(v) Si calcoli d(x2, x3) e si determini per quali valori di b ∈R risulta d(x2, x3)= 1.

(vi) Si verifichi la disuguaglianza triangolare |x1 +x2| ≤ |x1|+ |x2|.

Esercizio 7.2

Sia b ∈R. Si considerino i vettori di R3

x1 = 0

12

, x2 = 1

20

, x3 = 0

1b−1

.

Si determini per quali valori di b ∈R essi risultano essere linearmente dipendenti.

Esercizio 7.3

Si consideri la matrice

A= 1 0 0

1 1 11 −2 −1

ed i vettori

x= x1

x2x3

, b= 0

12

.

Si risolva il sistema lineare Ax=b attraverso il calcolo di A−1.

Esercizio 7.4

Sia

A=

1 0 0 1 50 3 4 2 100 0 −1 1 50 0 0 1 50 0 0 0 10

∈R5×5

Si stabilisca se essa è invertibile.

Esercizio 7.5

Si considerino i vettori di R3

x1 = 1

00

, x2 = 0

01

, x3 = 1

−4−1

.

(i) Si calcoli ⟨x1 +x2, x3⟩.

(ii) Si determini se essi sono linearmente indipendenti o linearmente dipendenti.

99

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Esercizio 7.6Siano

A=

1 −2 00 3 10 0 21 1 1

∈R4×3, b=

1001

∈R4.

Si calcoli ATb.

Esercizio 7.7Si considerino i vettori di R4

x1 =

1001

, x2 =

−2301

, x3 =

0121

.

Si calcoli ⟨2x1 −x2, x1 +x3⟩.

Esercizio 7.8Si consideri la matrice

A= 2 2 0

3 2 21 3 4

ed i vettori

x= x1

x2x3

, b= 3

12

.

Si risolva il sistema Ax=b attraverso il calcolo di A−1.

Esercizio 7.9Si consideri la matrice

A= 1 0 0

1 2 10 −3 −1

ed i vettori

x= x1

x2x3

, b= 0

11

.

Si risolva il sistema Ax=b attraverso il calcolo di A−1.

Soluzioni

Es. 1

(i) Si ha⟨x1, x2⟩ = 0 ·1+1 ·2+2 ·0+3 · (−1)=−1,

⟨x1, x3⟩ = 0 ·0+1 ·1+2 ·0+3 · (b−1)= 3b−2,

⟨x2, x3⟩ = 1 ·0+2 ·1+0 ·0+ (−1) · (b−1)= 3−b.

100

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(ii) Imponendo la condizione di perpendicolarità ⟨x1,x3⟩ = 0 si ottiene x1 ⊥ x3 se e solo se b = 2/3.

(iii) Si ha|x1| =

√02 +12 +22 +32 =

p14,

|x2| =√

12 +22 +02 + (−1)2 =p

6,

|x3| =√

02 +12 +02 + (b−1)2 =√

b2 −2b+2.

(iv) Imponendo la condizione |x3| = 1 si ottiene l’equazione√b2 −2b+2= 1

equivalente ab2 −2b+1= 0.

Tale equazione ha come unica soluzione b = 1. Dunque |x3| = 1 se e solo se b = 1.

(v) Si had(x2, x3)=

√(1−0)2 + (2−1)2 + (0−0)2 + (−1− (b−1))2 =

√b2 +2.

Imponendo la condizione d(x2, x3)= 1 si ottiene l’equazione√b2 +2= 1

equivalente ab2 +1= 0.

Tale equazione non ha soluzioni reali, quindi non esiste alcun valore di b ∈R che verifichi lacondizione richiesta.

(vi) Calcoliamo x1 +x2:

x1 +x2 =

0+11+22+0

3+ (−1)

=

1322

.

Ne consegue che|x1 +x2| =

√12 +32 +22 +22 =

p18.

Tenuto conto del punto (iii), la disuguaglianza triangolare |x1 +x2| ≤ |x1|+ |x2| corrispondealla disuguaglanza

p18≤p

14+p6, che risulta vera.

Es. 2Costruiamo la matrice che ha come colonne i vettori assegnati:

A= 0 1 0

1 2 12 0 b−1

Per la Proposizione 7.46 i vettori x1,x2,x3 sono linearmente indipendenti se e solo se det(A) 6= 0;equivalentemente, essi sono linearmente dipendenti se e solo se det(A)= 0. Sviluppando il calcolodel determinante sulla prima riga si ottiene

det(A)= (−1)1+1 ·0 · (...)+ (−1)1+2 ·1 ·det[

1 12 b−1

]+ (−1)1+3 ·0 · (...)=−(1 · (b−1)−1 ·2)= 3−b.

101

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Se ne deduce che i tre vettori assegnati sono linearmente dipendenti se e solo se b = 3.

Es. 3Sviluppando il calcolo del determinante sulla prima riga si ha

det(A)= (−1)1+1 ·1 ·det[

1 1−2 −1

]+0 · (...)+0 · (...)= 1.

Poiché il determinante è diverso da 0 la matrice è invertibile (Proposizione 7.52). La matrice deicomplementi algebrici è

[A i j]= 1 2 −3

0 −1 20 −1 1

.

Dunque, per la Proposizione 7.53, l’inversa di A è la matrice

A−1 = 1det(A)

[A i j]T = 1 0 0

2 −1 −1−3 2 1

.

L’unica soluzione del sistema è quindi

x=A−1b= 0

−34

.

Es. 4La matrice assegnata è in forma triangolare superiore. Ne consegue che il suo determinante èuguale al prodotto degli elementi della diagonale principale:

det(A)= 1 ·3 · (−1) ·1 ·10=−30.

Poiché det(A) 6= 0, si deduce che A è invertibile.

Es. 5

(i) Si ha

x1 +x2 = 1+0

0+00+1

= 1

01

,

da cui⟨x1 +x2, x3⟩ = 1 ·1+0 · (−4)+1 · (−1)= 0.

(ii) Costruiamo la matrice che ha come colonne i vettori assegnati:

A= 1 0 1

0 0 −40 1 −1

.

Per la Proposizione 7.46 i vettori x1,x2,x3 sono linearmente indipendenti se e solo se det(A) 6=0. Sviluppando il calcolo del determinante sulla seconda riga si ottiene

det(A)= (−1)2+1 ·0 · (...)+ (−1)2+2 ·0 · (...) ·+(−1)2+3(−4) ·det[

1 00 1

]= 4.

Se ne deduce che i tre vettori assegnati sono linearmente indipendenti.

102

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Es. 6 Si ha

AT = 1 0 0 1

−2 3 0 10 1 2 1

∈R3×4,

da cui

ATb= 2

−11

.

Es. 7Si ha

2x1 −x2 =

2 ·1+ (−1) · (−2)

2 ·0+ (−1) ·32 ·0+ (−1) ·02 ·1+ (−1) ·1

=

4−301

, x1 +x3 =

1+00+10+21+1

=

1122

,

da cui⟨2x1 −x2, x1 +x3⟩ = 4 ·1+ (−3) ·1+0 ·2+1 ·2= 3.

Es. 8Si ha

det(A)=−16.

Poiché il determinante è diverso da 0 la matrice è invertibile (Proposizione 7.52). La matrice deicomplementi algebrici è

[A i j]= 2 −10 7

−8 8 −44 −4 −2

.

Dunque, per la Proposizione 7.53, l’inversa di A è la matrice

A−1 = 1det(A)

[A i j]T =− 116

2 −8 4−10 8 −4

7 −4 −2

.

L’unica soluzione del sistema è quindi

x=A−1b= −3/8

15/8−13/16

.

Es. 9Si ha

det(A)= 1.

Poiché il determinante è diverso da 0 la matrice è invertibile (Proposizione 7.52). La matrice deicomplementi algebrici è

[A i j]= 1 1 −3

0 −1 30 −1 2

.

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Dunque, per la Proposizione 7.53, l’inversa di A è la matrice

A−1 = 1det(A)

[A i j]T = 1 0 0

1 −1 −1−3 3 2

.

L’unica soluzione del sistema è quindi

x=A−1b= 0

−25

.

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