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Anna Marra Etica&Sport Quando lo sport è sportivo (?) Seconda edizione TRANSPARENCY INTERNATIONAL ITALIA ASSOCIAZIONE CONTRO LA CORRUZIONE Con le testimonianze di 20 atleti campioni nello sport e nella vita. Postfazioni di Don Luca Violoni, Gianluca Bocchi, Paolo Bertaccini.

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Anna Marra

Etica&SportQuando lo sport è sportivo (?)Seconda edizione

TRANSPARENCY INTERNATIONAL ITALIAASSOCIAZIONE CONTRO LA CORRUZIONE

Con le testimonianze di 20 atleti campioni nello sport e nella vita.Postfazioni di Don Luca Violoni, Gianluca Bocchi, Paolo Bertaccini.

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TRANSPARENCY INTERNATIONAL ITALIA (TI-IT)

Anna Marra

Etica&SportQuando lo sport è sportivo (?)

Seconda edizione

Con le testimonianze di 20 atleti campioni nello sport e nella vita.Postfazioni di Don Luca Violoni, di Gianluca Bocchi, di Paolo Bertaccini.

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La pubblicazione è stata possibile grazie al contributo di:

Realizzazione vignette:Christian BaldiScuola del Fumetto e dell’Illustrazione

A cura di Transparency International Italia TI-Itvia Zamagna 19, 20148 Milano, Italytel +39 02 40093560, fax +39 02 [email protected], www.transparency.it

Presidente: Maria Teresa BrassioloDirettrice Settore Educazione: Lina Esposito Marafon

Progetto grafico e realizzazione: de’Flumeri Mariani, Giussano (MI)

Prima edizione: Aprile 2004Seconda edizione: Febbraio 2008

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INDICE

Prefazione __________________________________________________5

1. Il futuro dello sport non sta nel suo passato1. Uno sport senza tempo né luogo ___________________________7

1.1 Il futuro delle Olimpiadi non sta nel loro passato (Lammer) _101.2 Un tuffo nel passato__________________________________11

2. Conclusioni. E se a corrompersi sono le idee? ________________14SCHEDA - Uno sport tra storia e geografia _______________________15SCHEDA - Arte e sport nel ‘900 ________________________________19

2. L’individuo e lo sport1. Come avvicinarsi allo sport________________________________212. Chi partecipa allo sport? Chi è responsabile _________________25

SCHEDA PER GLI STUDENTI - Capire e capirsi_____________________29SCHEDA PER GLI STUDENTI - Chi è più pigro in Italia? _____________31

3. Società e sport1. Il ruolo dello sport nella società ____________________________322. Lo sport al femminile ____________________________________333. Dallo sport in bianco e nero allo sport a colori _______________344. Discriminazioni sociali ____________________________________35

SCHEDA - L’abilità dei disabili __________________________________38SCHEDA - Il cruciverba sportivo ________________________________40

4. Lo sport nelle relazioni internazionali1. Una tregua o un gioco? __________________________________432. Una diplomazia... sportiva!________________________________44

SCHEDA - Quando lo sport aiuta la pace ________________________50SCHEDA - Due risate e qualche riflessione _______________________52

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5. L’altra faccia della medaglia1. Diritto e rovescio ________________________________________532. Quando dell’illecito sportivo si occupa il Giudice Penale _______55

SCHEDA - Test: chi gioca con fair play vince sempre _______________56

6. Una violenza che uccide lo sport1. Violenza o violenze? _____________________________________59

1.1 La condotta dell’atleta che lede l’integrità altrui___________591.2 La violenza verbale tra atleti ___________________________601.3 La violenza verbale dei mezzi di comunicazione verso l’atleta _601.4 La violenza verbale del tifoso __________________________611.5 La violenza fisica del tifoso ____________________________63

SCHEDA - Violenza a ogni costo _______________________________65SCHEDA - The Beautiful Game _________________________________67

7. Frode sportiva e corruzione1. Chi froda s’imbroda!_____________________________________692. La bolla/balla dell’imbroglio _______________________________713. Frode, incompetenza o alibi? ______________________________724. Appaltasi corruzione _____________________________________73

SCHEDA - Corruzione e doping: un sondaggio per conoscere che percezione ne hanno i giovani ____74SCHEDA - Calcio, Business, Cultura: la Sfida del 2000 _____________84

8. Doping, l’avversario più temibile1. Rinascimento o Medioevo? _______________________________882. Progetto NoDoping ______________________________________933. Gli “amatori” del doping _________________________________98

SCHEDA - Un nuovo Codice mondiale Anti-Doping _______________99SCHEDA PER GLI STUDENTI - Quiz: allenati contro il doping _______101

9. Sport: questione di buona educazione1. Denaro, un Dio minore__________________________________1042. Questione di Cultura____________________________________108

10. Campioni nello sport e nella vita: testimonianze _________109SCHEDA PER GLI STUDENTI - Quiz: lo sport in Italia ______________139Le “dimensioni” dello sport __________________________________141Sport, microcosmo di un mondo globalizato ____________________143I (non) giochi olimpici________________________________________149

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PREFAZIONE

Lo sport, nel suo primato socio-educativo e grazie alla sua filosofia del-l’inclusione, rappresenta un percorso di educazione civica immediata-mente accettabile dai giovani, nell’ambito di attività naturalmente coin-volgenti.

In una società poliedrica, lo sport diventa veicolo capace di trascendere lediversità culturali o ambientali; se implementato con correttezza e giusti-zia, fa emergere i talenti, le abilitá personali e le altre qualitá così comealtre qualità strategiche nella vita personale e professionale, come il saperfare gioco di squadra, la coesione, la sinergia delle differenze verso unobiettivo comune.

Il Manuale “ETICA&SPORT – Quando lo sport è sportivo” alla sua se-conda edizione, ha per obiettivo il recupero della dimensione etica e lu-dica dello sport all’interno della comunità giovanile quale momento d’im-portanza strategica nella formazione della persona, dei suoi valori e dellasua capacità di relazionarsi con individui diversi, nel rispetto delle singoleabilità e talenti.

Imparare a rispettare le regole del gioco oggi significa imparare arispettare le regole di convivenza civile anche domani.

All’interno del libro, si rivela particolarmente interessante il sondaggio“Corruzione e doping secondo la percezione dei giovani”, somministratoa circa 900 studenti di diverse scuole italiane. Il risultato apre un dibatti-to sul tema della correttezza sportiva e della salute dell’atleta in contestitanto agonistici quanto dilettantistici.

I risultati del sondaggio del 2007 sono messi a confronto con i risultati del

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2003 e forniscono indicazioni di tendenza su cui il sistema educativo e ilsistema dello sport dovranno riflettere.

Il Manuale raccoglie, inoltre, le testimonianze di venti campioni mondialie olimpionici italiani che dimostrano che quando lo sport è sportivo sivince.

L’identificazione dell’intera nazione con i suoi beniamini nello sport fa as-sumere a questi una responsabilità enorme nella formazione delle co-scienze e dei comportamenti. I nostri campioni,- dotati dalla natura e as-sistiti dalla fortuna – siano sempre esempio dei valori civili e della solida-rietá verso i piú deboli ed indichino a tutti la strada della responsabilità.

TRASPARENCY INTERNATIONAL ITALIA Maria Teresa Brassiolo

Presidente

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1. IL FUTURO DELLO SPORT NON STA NEL SUO PASSATO

1. Uno sport senza tempo né luogo

Quando e dove è nato lo sport? Sembra una domanda semplice, eppure non esiste alcuna risposta. Losport non ha tempo e non ha luogo. Nasce nel gioco, nella socializzazio-ne, nello scontro, nella lotta per la sopravvivenza, nelle feste, nelle ceri-monie religiose. E nasce ovunque, perché non ha limiti né confini se nonquelli dell’ingegno e della passione umani.Lo sport nasce come movimento corporeo e diventa momento di comu-nicazione, arte, letteratura, principio educativo, strumento diplomatico evettore tra popoli.Il tiro con l'arco e la canoa non richiamano forse scene di caccia e di guer-ra? E che dire delle evidenti analogie tra il calcio, alcune manifestazionisportive romane ed i tornei medioevali? Pensate alle arti marziali e allaginnastica artistica: non sembrano un'evoluzione tecnica della danza edel teatro?Ma perché si pratica lo sport? Cosa ha spinto popoli di ogni continente edi qualunque età a praticarlo o ad assistere alle competizioni?Nella Grecia classica, la spinta a competere (agon) ed il desiderio che ilproprio valore (aretè) venisse riconosciuto erano le principali motivazionidi un atleta, il quale, se vinceva, aveva il diritto di consegnare la propriagloria alle generazioni future. A tal fine in onore della sua vittoria, nellepiazze e lungo le strade principali della città veniva eretta una statua. Ildiritto a farsi ergere la statua era riconosciuto come premio della gara(athlon) dai giudici dei giochi del tempo, gli Ellanodici.È chiaro, però, che nella nostra società le fastidiose lungaggini burocrati-che necessarie per erigere una statua nella piazza cittadina scoraggereb-bero chiunque si avvicinasse allo sport solo a tal fine! Per quali ragioni,dunque, nel XXI secolo si sceglie di praticare una disciplina sportiva?

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Moltissime ricerche moderne individuano i fattori motivazionali nella vo-glia di divertirsi, competere, primeggiare, sviluppare la propria personali-tà, acquisire autostima, autocontrollo, disciplina, uscire di casa, socializ-zare, integrarsi, sentirsi in buona forma fisica, migliorare e conservare lasalute, dimagrire, ridurre lo stress e l’ansia, combattere la depressione, idisturbi del sonno e talora persino ....evitare le guerre!Ma vi è di più. Quello che dello sport veramente attrae è la sfida che essopropone e ripropone ogni giorno: ilsuperamento dei propri limiti. L’uo-mo che compete con se stesso e chevince. Una vittoria che, se viene rag-giunta con onore, nel rispetto delle re-gole, scritte e non, di competizioneleale, solidarietà, responsabilità, cor-rettezza e coesione, premia la fatica, ilsudore, l’impegno, l’obbedienza, la di-sciplina, il dolore. Il vero successo dello sport è lo sviluppo della personalità umana,

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"Tutte le grandi opereumane hanno una

dimensione sportiva" (José Ortega y Gasset)

Tabella 1.L’attivitá fisico-sportiva in percentuale nelle indagini multiscopo annualidell’ISTAT (Fonte: Istat, Annuario statistico italiano)

Attivitá sportivapraticata concontinuitá

ANNO

- attivitá sportivadiscontinua

- solo qualcheattivitá fisica

Parziale attivazionedi cui:

Totale dell’attivitáfisica sportiva

Nessuna attivitá onon indicato

17,9 18,9 18,1 18,0 19,2 19,8 20,8 20,9

46,3 46,2 46,7 43,6 39,9 38,6 37,6 38,5

8,9 8,5 9,4 10,4 10,6 10,0 10,2 10,3

37,4 37,7 37,3 33,2 29,3 28,6 27,4 28,2

64,2 65,1 64,8 61,6 59,1 58,4 58,4 59,4

35,8 34,9 35,2 38,4 40,9 41,6 41,6 40,6

1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2005

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il continuo apprendimento di valori, l’affinamento delle capacità fisiche eintellettuali. Un percorso di crescita che supera i confini degli stadi, dellepiscine o delle piste da ghiaccio per trasferirsi in altre sfere della vita e checoinvolge non solo chi pratica attivamente lo sport, ma anche chi lo os-serva dall’esterno, lo legge, lo tifa.Lo sport ha in sé un portentoso potenziale educativo: l’impatto che hasull’apprendimento del ruolo, sull’adattamento alle regole, sul rafforza-mento dell’autostima è innegabile. Esso può diventare veicolo di valoriz-zazione delle diversità culturali attraverso l’abbattimento di pregiudizi ebarriere. Con lo sport si superano le divergenze individuali e le tensionisociali e si concorre per un obiettivo comune.

Sempre che lo sport sia “sportivo”. E a volte, purtroppo, non lo è.Dal calcio scommesse degli anni Ottanta, alle vicende di corruzione nelpattinaggio e nel nuoto sincronizzato fino al più recente caso dei passa-porti falsi di calciatori extracomunitari, delle partite comprate, è stato unsusseguirsi di episodi che attengono più che alla cronaca sportiva a quel-la giudiziaria. Per non parlare delle manifestazioni di ordinaria violenzanegli stadi o del grave fenomeno dell’uso di sostanze dopanti, la cui dif-fusione sta emergendo in tutta la sua ampiezza nell’ambito delle varie di-scipline.Ogni giorno sulle pagine dei giornali si legge di indagini della magistra-tura o delle Federazioni per utilizzo di sostanze dopanti, per corruzionenello svolgimento di competizioni agonistiche, per incompetenza degliarbitri, per violazioni dei regolamenti o per casi di violenza negli stadi. Epi-sodi che sviliscono lo sport e le sue potenzialità.In realtà, il crimine perpetrato nell’ambito dello sport non è molto diver-so dal crimine in altri campi. E, per contrastarlo, si può dare una sola ri-sposta: cambiare cultura. Capire che lo sport è prima di tutto diverti-mento. Sostituire alla filosofia del risultato la filosofia della pre-stazione.Il primo passo in questa direzione è comprendere che i valori della cor-rettezza competitiva, della lealtà, della solidarietà e dell’onestà non sonouna conquista del passato, non capita e perduta, ma appartengono alpresente e sono il nostro patrimonio per il futuro.

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1.1. Il futuro delle Olimpiadi non sta nel loro passato (Lammer)

Quando si pensa alle Olimpiadi, spesso non si distingue tra Olimpiadi an-tiche ed Olimpiadi moderne, idealizzando per lo più una sorta di età del-l’oro in cui la competizione sportiva raggiunse il suo massimo splendore.In realtà, è al barone Pierre De Coubertin (1863-1937), organizzatoredella prima Olimpiade dell’era moderna, che dobbiamo l’immagine deiGiochi come momento di incontro e di unione tra popoli, in cui si supe-rano le barriere nazionali, sociali e culturali e si sviluppano i più alti prin-cipi di competizione e di confronto leale tra abilità. Nella Grecia del sec.VIII a.C., invece, i Giochi erano vietati ai “barbaroi” (ovvero a chi nonfosse greco), alle donne e agli schiavi e la varietà di mosse irregolari e di

scorrettezze, che venivano messe inatto dagli atleti pur essendo bandi-te, era sorprendente, come dimo-strano molte immagini su vasi rinve-nuti nel corso di scavi archeologici. Ilfair-play era ancora sconosciuto. Il concetto di fair-play, infatti,nasce in Inghilterra solo nell’Otto-cento come conquista dell’età mo-

derna. È nel dinamismo della cultura inglese di età industriale che trovaorigine lo sport moderno.Furono gli Inglesi che codificarono per primi le regole di giochi che fino

al XIX secolo erano stati praticati inmodo diverso e spontaneo. L’inizia-tiva partì dagli studenti universitari:a loro si deve l’invenzione del saltoin lungo, del salto triplo, dellacorsa ad ostacoli, della corsa ippicaad ostacoli e di quasi tutti gli sportdi squadra oggi praticati, dal calcioal rugby al polo. Furono gli studen-ti di Oxford e di Cambridge che ini-ziarono a fissare le distanze stan-

dard nelle varie corse, nelle gare di nuoto, di canottaggio e in quelleequestri.Ma la conquista più importante fu la codificazione di regole di fair-play e

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Il grande Eracle afferra il suoavversario Anteo per labarba e gli ficca un dito

nell’occhio (vaso, VI secolo)

Nel XVIII secolo, il desideriodegli organizzatori di renderel’esito della competizioneincerto e quindi più eccitante,cercando di garantire condizioniuguali per tutti gli atleti in gara,portò all’ideazione di corseippiche con handicap.

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la diffusione di concetti nuovi moderni, come le pari possibilità, il prima-to ed il valore del lavoro di squadra.Secondo lo scrittore Richard Mandell, “vi sono innovazioni inglesi menoconcrete e più difficili da individuare delle corse ad ostacoli, delle portedel cricket e dei remi. Forse più sintomatici dei cambiamenti nelle idee enella cultura del tempo furono l’handicap per accrescere l’eccitazione diun arrivo alla pari, il fare un pronostico (come nelle scommesse), la no-zione di dilettante, di giustizia sportiva, il concetto stesso di primato spor-tivo, la correttezza del fatto di sottomettere la volontà individuale ad unoscopo comune e i vantaggi derivanti da una programmazione a lungotermine; in altre parole, il lavoro e l’addestramento di squadra. Lo sportdivenne sempre più diretto al raggiungimento dell’efficienza e della suaprova, il risultato statisticamente dimostrabile e affermabile” (Richard D.Mandell, Sport: a cultural history, Columbia University Press, 1984).I valori della correttezza sportiva, della sana competizione, della demo-crazia del successo e della meritocrazia, che noi spesso riteniamo esserestati forgiati in età antiche, sono, dunque, profondamente moderni.Essi ci appartengono e non sono un ricordo di tempi lontani. Capire que-sto è importante se non vogliamo che l’immagine radiosa e sfolgorantedelle Olimpiadi antiche, contrapposta a quella cupa e decadente di oggi,ci acciechi, ci scoraggi e ci faccia sentire come irraggiungibile la dimen-sione etica dello sport. L’epoca delle Olimpiadi antiche coincide con i secoli in cui la Grecia af-fermò la sua grandezza: quando a celebrare i vincitori si mobilitavanopoeti come Pindaro e Bacchilide e i templi di Olimpia accoglievano tra iloro tesori d’arte una delle sette meraviglie del mondo, la statua di Zeusin oro e avorio, geniale opera dello scultore Fidia.Ma non è tutto oro quello che luccica, neppure se si tratta di medaglie...

1.2. Un tuffo nel passato

Una vivace descrizione dello storico Karl-Wilhelm Weeber ci permette dispiare un’Olimpia a dimensione d’uomo, contraddittoria e complessa, incui le passioni e le debolezze trovavano fertile humus esattamente comeaccade ai nostri giorni.“Era una città in cui si verificavano atti di corruzione e traffici loschi, incui si lottava aspramente per la vittoria e s’incitava a squarciagola, in cui

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il sudore scorreva a fiumi, in cui i giudici di gara avevano il loro bel daf-fare per imporre il rispetto delle regole del gioco, in cui politici e retori te-nevano infiammati discorsi politici e ogni città si sforzava di portarsi acasa una fetta della torta propagandistica distribuita tra le vittorie, in cuinella foga dello scontro brutale dell’atletica pesante, accadevano ognitanto persino incidenti mortali” (Karl-Wilhelm Weeber, Olimpia e i suoisponsor: sport, denaro e politica nell’antichità, ed. Garzanti, Milano,2000).Invero, grazie al severo controllo degli Ellanodici, giudici dei giuochi, te-nuti anch’essi a giurare di “rendere il proprio verdetto secondo giustiziae senza doni”, il numero (scoperto) di irregolarità, infrazioni e furfanteriesportive ai giochi Olimpici non fu mai particolarmente alto. Tuttavia, diversi episodi riportati dagli storici così come numerose opered’arte si riferiscono a comportamenti scorretti o corruttivi. Anche all’epo-

ca non mancavano i processi e lepunizioni. In particolare, con i dena-ri provenienti dalle ammende irro-gate dai giudici di gara agli atleti reidi gravi infrazioni alle regole digioco, venne finanziato l’innalza-mento di sedici statue di Zeus inbronzo, chiamate Zanes. Le statuefurono poste all’ingresso dello sta-

dio quale monito per gli atleti ad osservare il giuramento olimpico. Spulciando nella chronique scandaleuse delle Olimpiadi antiche, troviamoalcuni esempi di comportamenti scorretti.Nel 388 a.C., in occasione della Novantottesima Olimpiade, il pugile Eu-polo, originario della Tessaglia, per diventare vincitore olimpico, corruppecon grosse somme di denaro i tre avversari. Avendo scoperto l’accordo il-lecito, gli Ellanodici condannarono lui e gli altri pugili coinvolti ad elevatesanzioni pecuniarie. Con le somme ricavate venne finanziata la spesa peri primi Zanes. Nel 322 a.C. il noto oratore ateniese Iperide fu mandato in tutta fretta adElide per difendere il compatriota Callippo, accusato di aver corrotto gliavversari per assicurarsi la vittoria in una gara di pentathlon. Gli Ellanodi-ci non ritrattarono l’accusa ed Atene, che in segno di protesta non par-tecipò ai Giochi seguenti, fu alla fine costretta a pagare la multa per Cal-lippo. Sorsero così altri sei Zanes. Nel 12 a.C. gli Ellanodici riconobbero

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“A Olimpia la vittoria siconquista non col denaro

bensì con la velocità dei piedie della forza fisica”

Iscrizione sul primo Zanes

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colpevoli di corruzione due padri che si erano accordati su quale figlio do-vesse vincere il titolo nella lotta. E altri due Zanes si aggiunsero alla colle-zione.Nel 125 d.C. due pugilatori furono trovati colpevoli di patteggiamento il-lecito e con le loro multe fu possibile innalzare due nuovi Zanes.Patti segreti per la vittoria, ricatti nei confronti dell’avversario, corruzione

degli allenatori o dei giudici di gara:vi era un po’ di tutto. I lottatori ri-correvano spesso a mezzi slealiquando potevano avvantaggiarsenesenza che gli arbitri lo notassero. Gliaccenni a spezzamenti di dita estrangolamenti sono frequenti siacome iscrizioni sui vasi sia nelle poe-sie. D’altra parte, fin da allora, la scon-

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Ma come si determinava ilvincitore? In assenza di

cronometri, le gare eranosempre basate su confronti

diretti tra avversari. Ilconcetto di record olimpico è

una conquista dell’etàvittoriana

QUANDO A BARARE È L’IMPERATORE...

Cosa non si rifiuta ad un imperatore? Su richiesta di Nerone, grandeappassionato di atletica greca, i Giochi Olimpici previsti per il 65 d.C. furonoposticipati al 67 d.C., in modo tale che lo stesso imperatore, in occasione delsuo viaggio in Grecia, vi potesse partecipare. Nel 68 Nerone tornò trionfantea Roma con il titolo di periodonìke, allora massima aspirazione per un’atletain quanto indicava che si erano vinti tutti e quattro i giochi panellenici. Perriuscire a conquistare tale titolo, l’imperatore era, però, ricorso a qualchetrucchetto... Vinse la gara di trageda e quella di citaredo, gare che feceintrodurre nel programma apposta per l’occasione e alle quali non partecipòquasi nessun altro! Ad Olimpia, infatti, non esistevano né teatro né scena emai si erano svolti prima di allora agoni musicali!! E poiché l’unico degno diannunziare in pubblico simili vittorie era lo stesso Nerone, l’imperatore siguadagnò un ulteriore titolo olimpico: quello di vincitore dell’agone araldico,gara nel frattempo entrata a far parte stabilmente del programma dei giochi,e nella quale, unico concorrente, si piazzò al primo posto.Nella quarta gara (la corsa di cavalli, con tiro a dieci - l’unica vera gara atleticaalla quale si fosse iscritto), vicino ormai alla vittoria, fu sbalzato fuori dalcocchio. In fretta, vi fu rimesso da mani esterne e cadde nuovamente.Ciononostante a lui fu aggiudicata la vittoria. Quanto costò a Nerone il trucchetto? Più o meno un milione di sesterzidistribuito tra i complici Giudici di gara e la concessione della libertà a Corinto- vale a dire fine delle tasse!

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fitta - e cioè ogni piazzamento che non fosse il primo - era considerataun’onta per l’onore dell’atleta e della città che veniva rappresentata. Sugliagoni olimpici doveva gravare un clima malsano sotto il profilo psicologi-co, fatto di ambizione estrema, competitività accesa, smania invidiosa digloria e angoscianti paure di sconfitta.Non è un caso che nel 393 d.C. l’imperatore Teodosio soppresse i giochisu esplicita richiesta del vescovo di Milano, il quale era preoccupato perla corruzione che si era diffusa.

2. Conclusioni. E se a corrompersi sono le idee?

L’antica Ellade era ben lontana dall’affermare un’etica sportiva all’internodelle competizioni. Ma in questi 2800 anni molti passi sono stati fatti nelmondo dello sport, conquiste importanti, di cui ci si può sentire orgo-gliosi. E, purtroppo, anche errori, che non si debbono dimenticare ma chedevono piuttosto servire come punto di partenza per arrivare alla vittoriapiù importante: vivere uno sport sportivo.Il pericolo è, senza dubbio, nell’impressionante giro di denaro che inte-ressa gli sport maggiori ed in particolare, inutile negarlo, il calcio. La cor-ruzione, intesa come pagamento di denaro o concessione di vantaggi obenefici non dovuti, non è scomparsa, ma l’avversario più importante dalquale come atleti e come tifosi ci si deve difendere ora più che mai è lacorruzione delle idee. La violenza, il doping, le scorrettezze, i falli peri-colosi non sono che questo: dare qualcosa che non è dovuto per ottene-re un vantaggio indebito - in questo caso il risultato. La violenza, la per-dita di salute, l’imbroglio non sono dovuti. Lo sport non li vuole e non licerca. Lo sport cerca l’orgoglio, quello vero, che si basa sul senso di responsa-bilità, sulla stima di se stessi e degli altri, sul coraggio. Questo è quello che lo sport chiede. Ed in cambio offre molto: la possi-bilità di diventare migliori.

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Se in MESOPOTAMIA le attività sportive avevano carattere unica-mente paramilitare e aristocratico, in quanto finalizzate al manteni-mento della forza e del potere all’interno della classe dominante,lungo il Nilo, in EGITTO, si praticava lo sport anche a scopo ludico. Ilottatori erano il più delle volte seminudi o indossavano una corta ca-micia e combattevano a pugni nudi. La moda del tempo non richie-deva che nelle competizioni i vestiti e gli accessori fossero particolar-

mente ingombranti, come inveceaccadeva nella AMERICA CEN-TRALE PRE-COLOMBIANA, dovenuotatori e corridori gareggiavanoornati di piume e cinture.A MICENE la ricerca della supre-mazia personale spingeva a cerca-re la vittoria in una gara pubblica,atteggiamento questo che si ritro-

va anche nella GRECIA PRE-CLASSICA, quando lo sport assumeforme e significato più profondi. In epoca micenea il funerale di uneroe si concludeva talvolta con un vero e proprio combattimento

mortale tra lottatori professionistisulla sua tomba. Scopo di questocombattimento era punire figura-tamente il presunto assassino del-l’eroe. Nella Civiltà Mediterraneapre-classica funerali e gare atleti-che si accompagnavano l’una al-l’altra, presumibilmente perché ildefunto potesse godere deglistessi piaceri che gli erano stati ri-servati in vita. Nel 900 a.C., uno dei periodi piùcreativi di sperimentazione politi-ca ed intellettuale che il mondoabbia mai avuto, le POLEIS GRE-

CHE, città-stati autonomi e fortificati, riunite da un linguaggio e dauna letteratura comuni (panellenismo), posero le prime basi per la na-

UNO SPORT TRA STORIA E GEOGRAFIA

Un affresco proveniente dallatomba di un principe della XI

dinastia (2100-2000 a.C.)raffigura due lottatori in 122

posizioni e prese diverse.

Le Olimpiadi Antiche eranoun’occasione per dimostrare

alle poleis rivali la propriasupremazia. Gli Spartani, inparticolare, erano noti per laprecisione nella danza, che

era di un’intensità simile alla“trance”, e che si sapeva

essere un addestramento allapassione disinteressata econtrollata, d’importanza

cruciale in campo dibattaglia.

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scita delle Olimpiadi Antiche. Con ALESSANDRO MAGNO (356-323 a.C.) nascono le categoriedegli scopritori di talenti, degli allenatori, dei teorici delle prestazionisportive e degli organizzatori. Il reclutamento e l’addestramento di-vennero più attenti e razionali, in modo tale che il risultato della vit-toria fosse garantito. In un’epoca in cui non c’erano più eroi tra iGreci e le ambizioni politiche greche erano tramontate, si sentì il bi-sogno di eccellere almeno nello sport. Furono gli ETRUSCHI, a quanto sembra, a tenere i primi spettacolipubblici di gladiatori, successivamente accolti dai Romani. I combat-timenti erano tanto più apprezzati quanto maggiore erano stati lospargimento di sangue, le urla e la paura. Meglio ancora se il gladia-tore moriva.A ROMA nel 186 a.C. le esibizioni dei primi atleti greci destaronoscalpore per le nudità ostentate dagli atleti medesimi, definite da Ci-cerone “l’inizio di ogni male”. Viaggiando attraverso i secoli ed i continenti, facendo un giro di gio-stra tra i tornei medioevali, si arriva al RINASCIMENTO, epoca in cuile attività ricreative, i giochi, le gare e la ginnastica divennero ogget-to di riflessione, analisi e dibattito. Ma lo sport corse più veloce diogni analisi e dibattito che gli umanisti potessero proporre, fino adessere riacciuffato dal Barone Pierre De Coubertin, che nel 1896 lo ri-portò in Grecia dove era nato. Nascevano le OLIMPIADI MODERNE.

E nel resto del mondo?Nel frattempo, nel resto del mondo lo sport veniva praticato con si-mili motivazioni e talora con analoghe modalità.In INDIA fin da epoche remote si conoscevano il braccio di ferro, il pu-gilato, il nuoto, i tuffi, la danza, solo per citare alcune tra le molte at-tività sviluppate. Una vittoria era addebitata come in Grecia non allesole capacità e forza del vincitore, ma prevalentemente alla accortaapplicazione della magia, al sacrificio e alle preghiere. In CINA, a dire il vero, qualche differenza c’era, non tanto per la di-sciplina scelta, ma per l’oggetto. Come in Europa, infatti, si andava acaccia, ma non di volpi, bensì di ... tigri! Uccidendo una tigre la clas-se militare dimostrava al popolo di proteggerlo dal caos e dall’anar-chia, di cui la tigre era simbolo secondo le tradizioni popolari. Poichénon vi doveva essere commistione tra classi aristocratiche e classi in-

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feriori, ogni classe aveva il suotipo di gara e le sue regole...che anoi possono apparire quantome-no originali! Secondo lo storico Ri-chard Mandell, in una delle primedinastie i ministri di rango elevatoutilizzavano delle corde di arcofatte con tendini di leopardi. I lororisultati non andavano paragonatia quelli ottenuti dall’imperatore,che era solo ad usare i tendini diuna tigre. Le corde degli archidegli ufficiali di rango inferioreprovenivano da orsi.In GIAPPONE si praticava il sumo,che più che una disciplina sporti-va era una disciplina familiare:non solo il figlio doveva seguire ilpadre diventando lottatore disumo, ma doveva, se possibile,sposare la figlia di un lottatore disumo. Meglio sorvolare sul pesodel bimbo alla nascita. Non lontano, appena dall’altraparte dell’oceano Pacifico, inMESSICO l’equipaggiamento deilottatori era in molto simile aquello indossato dai colleghi giap-ponesi. Ovunque, sia in occidente che inoriente, sembra fosse diffuso ilgioco della palla. Ogni partecipan-te doveva assoggettarsi al respon-so di una comunità temporanea-mente sacra. L’atleta che vincevaveniva festeggiato con tutti glionori come il favorito degli dei,mentre il perdente veniva punito

In Messico gli atletirappresentavano i pianeti

dominanti.

Ogni casta aveva il suo sport.Nel 1800 il polo era riservatoai principi indiani, il cricket aisettori della società indigenada cui venivano i burocrati dialto livello e l’hockey ai sikh,

membri di una setta indùche esercitava

prevalentemente le funzionidi poliziotto e soldato.

QUANDO LO SPORTIVO È RE,IMPERATORE O PRESIDENTE

Verità o propaganda?Secondo quanto asserisce unacronaca delle gesta del realeatleta Amenofi II, eglieroicamente sconfisse duecentovogatori avversari. Da vecchio, l’imperatore Tiberio(14-37 d.C.) evitò ogniapparizione in pubblico, ma dagiovane, a Olimpia, aveva vintola corsa delle quadrighe. Il giovane Enrico VII Tudor eraun lottatore potente e famoso. Il nome in codice del PresidenteNixon era Quaterback.

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o purificato. Anche tra gli INDIANI D’AMERICA, del resto, la vittoria ela sconfitta erano considerati segni dello status del giocatore di fron-te agli dei onnipotenti e capricciosi.

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Nel corso del ‘900 lo sport ha avuto uno spazio estremamente limi-tato nel campo della pittura e della scultura. Lo sport agonistico è di-venuto un fenomeno di massa dalle dimensioni planetarie, con glieventi più importanti (Olimpiadi, Campionati del Mondo, etc.) segui-ti da platee televisive che contano miliardi di persone. E forse proprioqui sta una delle ragioni per le quali lo sport non è diventato “sog-getto” dell’arte, ma è stato relegato a un ruolo marginale. Da un punto di vista formale, il percorso dell’arte del ‘900 ha pro-dotto una rarefazione delle immagini, che ha portato l’arte semprepiù verso l’astrazione. L’atto sportivo, la bellezza dei corpi degli atle-

ti che avevano ispirato l’arte dell’antichità(basti pensare alla tensione del corpo del Dis-cobolo di Mirone) sono impossibili da rappre-sentare con le poche linee a disposizione degliartisti contemporanei, tanto che, paradossal-mente, si potrebbero considerare forme di arteastratta, nel campo del design, le tre striscedell’Adidas e lo swoosh della Nike. D’altra parte, lo sport moderno si è sviluppatonell’epoca della comunicazione di massa e isuoi principali cantori sono stati il cinema e laradio prima, la televisione e Internet poi, moltopiù adatti a raccontare per immagini comples-se in diretta i gesti epici degli atleti.Dal punto di vista sostanziale, l’arte si è sem-

pre più allontanata dalle celebrazioni dell’eroe, del superuomo,anche a causa degli eccessi celebrativi compiuti dai regimi totalitari.Se fascismo e nazismo vedevano nel trionfo sportivo un modo per di-mostrare la superiorità di una razza sulle altre, il comunismo trasfor-mava lo sport in metafora di guerra; il successo in una gara potevarappresentare la supremazia del sistema comunista su quello delledemocrazie liberali. Lo sportivo rappresenta ormai l’eroe contempo-raneo, il condottiero, un uomo dotato di prerogative superumane, ra-gion per cui l’artista, che nella sua accezione più alta deve rimanereapolitico, non può ritrarlo. Allo stesso tempo, lo sport diviene fenomeno di massa, e questo si

ARTE E SPORT NEL ‘900

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scontra con la tradizionale diffidenza degli artisti nei confronti ditutto quello che è troppo popolare. Non è un caso, quindi, che tratutti gli artisti del ‘900, uno dei pochi a trattare con numerosi esem-pi il tema dello sport è proprio Andy Warhol. Maestro della Pop Art,Warhol trasforma le immagini di uso quotidiano in icone del nostrotempo, mostrandoci il nostro stesso mondo tramite le immagini piùfamiliari, impresse indelebilmente nella memoria, ma trasfigurate,consumate dalla ripetitività ossessiva, decontestualizzate, inacidite ocorrose tramite colori provocanti, rese essenziali e pronte per il con-sumo, ma ormai irrevocabilmente demistificate. Warhol sceglie di ritrarre Muhammad Ali, il più famoso pugile di que-gli anni, l’atleta più amato d’America e uno dei più influenti a livellomondiale, non mentre sta boxando, ma in momenti di pausa perchénon è interessato allo sport in quanto tale, ma a uno dei grandi fe-nomeni di mitopoiesi del ‘900. Muhammad Ali non è diverso in que-sto da una star del cinema, da un politico di grido o da un famoso in-dustriale. Warhol sceglie Ali non in quanto sportivo ma in quantoicona del suo tempo, come Marilyn Monroe o la zuppa di pomodoroCampbell. Sport e arte vivono nel ‘900 senza comprendersi appieno,con punti di contatto che si vanno sempre più rarefacendo più l’unodiventa fenomeno di massa e l’altra ricerca strade più astratte e menofigurative.

Roberto RossiRicercatore

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2. L’INDIVIDUO E LO SPORT

1. Come avvicinarsi allo sport

Lo sport assume un’importanza strategica nella formazione della personae dei suoi valori, dal momento che il primo contatto con esso avviene inetà infantile o adolescenziale. Il modo in cui ci si avvicina allo sport è spes-so determinante. D’altra parte, il potere che lo sport ha sul bambino osull’adolescente è enorme: basti solo pensare che sia il bambino che l’a-dolescente raramente hanno nei confronti delle regole sportive quegli

istinti di ribellione che si hannoverso la famiglia, gli insegnanti o,in generale, chi rivesta ruoli istitu-zionali. Persino all’allenatore ci si ri-bella, ma non alle regole del gioco,che il ragazzo è portato ad accetta-re e a condividere, senza metterlemai in dubbio. Non é un caso chesi parli di "disciplina" sportiva.È fondamentale, dunque, che le re-gole siano etiche ed apprese nelmodo migliore: l’educazionesportiva diventa così strumentodi educazione civica. Vi sono, in-fatti, molti insegnamenti dellosport che si apprendono all’internodi una palestra o di un campo dacalcio e che poi servono nelle sfideche la vita di tutti i giorni riserva.

Il bambino, l’adolescente, il giovane che impara ad accettare le sconfitte,a superarle, a vincere la paura, a gestire le vittorie, a confrontarsi con gli

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CON LO SPORT CONQUISTERAIIL TUO FANCIULLO

Tu, anche se spacca il sol leonegli assetati campi e la gita parelunghissima, non rinunciare;accompagnalo sotto il cielocoperto da un mantello cupo,mentre la nube tienel’imminente pioggia.Se lui vuol darsi al canottaggiosopra l’onde azzurre, tu spingicol remo per i flutti il legnoleggero.Se ama schermire, tira con unamano delicata e, perché vinca,offrigli spesso il tuo fianconudo.Tibullo, Traduzione di G.P.Bona

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altri si gioverà di questi insegnamenti nella vita civile, diventando un buoncittadino e una persona completa.Facciamo un esempio. Provate a rispondere alla seguente domanda:

che cosa vi sembra di temere di più prima di una gara importante?• non essere pronti a far bene, non sentirvi sufficientemente preparati;• ciò che la gente/amici dirà se non andate bene;• ciò che potrebbe pensare o dire la vostra famiglia dopo la prestazione;• ciò che potrebbe pensare o dire di voi l’allenatore;• ciò che potrebbero pensare o dire di voi i compagni di gara;• infortunarvi in gara;• non essere all’altezza;• deludere le persone care;• deludere voi stessi;• dovere rincominciare tutto;• avere buttato via il tempo;• far perdere la vostra squadra.

Controllate le risposte date ritenendo che si trattasse di una competizio-ne sportiva e provate a sostituire le parole “compagni di gara” a “colle-ghi” o “compagni di scuola” e “allenatore” a “capo ufficio, direttore, etc.”o “professore”. Non si tratta forse degli stessi timori che si hanno nell’e-sistenza quotidiana in una molteplicità di situazioni?Se è così, allora, sarebbe importante imparare a confrontarsi con quei ti-mori fin da piccoli nel modo adeguato.Certo, confrontarsi con l’insuccesso o il successo, inevitabili nello sport

così come nella vita co-mune, è difficile, ma puòdiventare più semplice sesi impara a farlo da pic-coli, attraverso il gioco elo sport. I bambini e gli adole-scenti spesso non hannoancora acquisito piena-mente punti di riferimen-to che permettano lorodi determinare il proprio

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I 10 COMANDAMENTI DELLO SPORT

1. rispettare se stessi2. rispettare le regole del gioco3. rispettare i compagni di gara4. rispettare l’allenatore5. rispettare gli avversari6. concorrere ad un obiettivo comune7. formare uno spirito di squadra8. non accettare comportamenti scorretti9. non imbrogliare 10. non fare e non farsi violenza

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valore e, quindi, tendono ad esserepiù sensibili al ridicolo delle perso-ne adulte ed ad esagerare nel“dare importanza agli altri”, al loroparere, alle loro critiche o alle lodi.Parimenti, la loro inesperienza alsuccesso può indurli a considerareesageratamente il premio, a la-sciarsi inorgoglire dai complimenti,a sovrastimare le proprie capacità. L’esperienza nello sport agonisticooffre al bambino la possibilità diprovare la sua potenza, la sua co-stanza, la sua forza interiore. Fallirein queste prove iniziali può deter-minare una crisi nella concezione

che il bambino stesso ha di sé, concezione che muta radicalmente se l’e-sperienza è di successo - intendendo con tale termine non solo la vitto-ria, ma anche l’utilità dell’impegno tenuto.Appare, dunque, chiaro come nello sviluppo di un minore lo sport assu-ma un ruolo primario; quindi, affinché possa recepire gli insegnamenticorretti, il ragazzo deve essere affiancato da persone attente e preparate.

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Secondo gli studi di Psicologiadello Sport, dopo il successo unatleta è più propenso ad averefiducia in se stesso. Egli va allaricerca delle cause interne chepossono averlo condotto alrisultato, pensando peresempio: “ero capace e mi sonoimpegnato al massimo”. Lesconfitte, al contrario,provocano spesso espressioniriferite alle cause esterne chepossono aver caratterizzato lasituazione: “sono statosfortunato e i miei avversarihanno avuto una giornatafavorevole”.

IL PARERE DELLO PSICOLOGOMarisa MuzioDocente di Psicologia presso la Fa-coltà di Scienze Motorie e la Scuo-la di Specializzazione in Medicinadello Sport dell’Università degliStudi di Milano; ideatrice e re-sponsabile del Master in Psicologiadello Sport (nona edizione) organizzato dal Centro Studi eFormazione in Psicologia delloSport di Milano(www.psicosport.it); counselor diatleti d’alto livello; nazionale di

nuoto, bronzo alle Universiadi diTokio (1967).

La pratica dell’attività sportivagioca un ruolo fondamentale inogni fase della vita, ne migliora laqualità. Nell’età dello sviluppo, losport correttamente inteso influi-sce positivamente sulla costruzionedell’immagine corporea; permettel’espressione di rappresentazioni disé adattive e rispondenti alle richie-ste ambientali.Aumenta e mantiene il senso di

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auto-efficacia; agisce sui processicognitivi di attribuzione di fronteagli insuccessi. Sviluppa le tecnichedi autocontrollo dell’ansia e delleemozioni negative. Insegna a defi-nire, programmare e raggiungereobiettivi; agisce, infine, nell’ambitodella socializzazione favorendo lacapacità di cooperazione, assun-zione delle responsabilità e rispettodelle regole.Inoltre, lo sport può essere un im-portante veicolo di educazione allasalute, favorendo i comportamentipiù adatti a tale scopo e prevenen-do, tra l’altro, il rischio di condottedevianti. Il divertimento sembra es-sere uno dei requisiti fondamentaliper massimizzare i benefici dell’at-tività sportiva. Non sempre tuttavia, lo sport vieneproposto in modo corretto. Analiz-zarne i motivi, significa chiamare incausa in prima istanza le pressioniambientali, inadeguate richieste inallenamento e sul campo di gara,carichi di lavoro eccessivi, rispettoall’età e alle capacità del giovaneatleta. Fra l’altro, metodologie di-dattiche inadeguate, mancanza dirinforzi appropriati, da parte degli

adulti di riferimento, possono de-terminare non solo perdita di moti-vazione intrinseca e abbandonoprecoce, ma, fatto ben più grave,creare danni nel processo di cresci-ta. È importante definire programmi diformazione culturale dell’ambiente- famiglia, scuola, ambiente sporti-vo - per garantire un progetto disport basato su un’adeguata lettu-ra dei bisogni dell’atleta nel suoprocesso di crescita.In questa realtà, responsabilità de-terminante hanno i campioni, rolemodel per i ragazzi, che guardanoa loro imitandone atteggiamenti ecomportamenti.Testimonianze positive da parte deicampioni possono favorire nei ra-gazzi le motivazioni ad eccellereoggi nella scuola e nello sport, undomani nella vita. Possono inse-gnare che si diventa campioni,quando si impara ad essere consa-pevoli di sé. Allenarsi al successo si-gnifica apprendere come gestire lesituazioni e le reazioni emotive chene scaturiscono. Per costruire il fu-turo, si lavora su di sé; sulla fiducia,sul senso di efficacia personale.

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2. Chi partecipa allo sport? Chi è responsabile

Abbiamo parlato dei bambini, degli adolescenti e dei giovani che si avvi-cinano allo sport. Ma attorno a questo mondo gravitano diversi soggettiche hanno ben precise responsabilità nella promozione e difesa dei valo-ri sportivi e, in particolare, nelle interazioni con la comunità giovanile.Proviamo ad elencarne alcuni ed ad attribuire almeno 5 doveri, cui ognu-no di loro dovrebbe attenersi:

MAMMA E PAPÁ• Informarsi sulla palestra, scuola, etc. che frequenta il proprio figlio:verificare che operino persone esperte e capaci• Informarsi sul tipo di farmaco che viene eventualmente assunto dal propriofiglio prima o dopo una prestazione agonistica• Ascoltare le preoccupazioni e le paure del ragazzo• Assistere ai suoi incontri: è estremamente mortificante per un bambinoguardare sugli spalti sperando di vedere la mamma o il papà e non vederenessuno presente• Non gravare il figlio della responsabilità di vincere: per un genitore un figliovince comunque

L’INSEGNANTE DI EDUCAZIONE FISICA• Insegnare il valore e i valori dello sport• Insegnare il rispetto delle regole• Segnalare il diritto di ogni ragazzo all’informazione sui farmaci che gli sichieda di assumere prima di una gara• Non ridicolizzare mai un ragazzo• Parlare, ascoltare, confrontarsi• Individuare gli allievi dotati di maggior talento e indirizzarli verso allenatoriseri e preparati

L’ALLENATORE• Insegnare il rispetto delle regole, la coerenza, l’impegno, il valore delsacrificio e della fatica• Non essere sarcastico, opprimente, insensibile verso l’atleta, che è prima ditutto una persona• Escludere dalla competizione chi non ha spirito di squadra o senso deldovere• Pretendere sempre un gioco corretto, pulito, anche nelle difficoltà ed esserecoerente con i propri insegnamenti• Comprendere l’importanza del proprio ruolo e non approfittarne

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L'ATLETA PROFESSIONISTA• Rispettare se stesso, le regole, l'avversario, i compagni di squadra,l'allenatore• Ricordarsi di essere un “modello” per i tifosi, ed in particolare per i giovani• Non doparsi• Non imbrogliare• Essere ambasciatore dei valori sportivi

IL CRONISTA SPORTIVO• Informare il lettore sulle vicende sportive• Promuovere l’importanza dei valori etici nelle varie discipline• Non fomentare o esacerbare le tensioni tra giocatori o atleti ed allenatori• Non “dare pagelle” né adottare altre forme di pressione verso l’atleta• Riportare e denunciare comportamenti scorretti, episodi di violenza,corruzione

IL MANAGER DELL’ATLETA• Informare l'atleta• Aiutarlo a compiere scelte ottimali e vigilare sulla sua salute• Promuovere la sua immagine• Seguire solo atleti che rispettino le regole del gioco• Accettare le offerte con attenzione, non solo nell'ottica del profitto

IL TIFOSO• Praticare un tifo corretto e leale• Non adottare comportamenti violenti, offensivi, aggressivi o provocatori neiconfronti dei tifosi avversari o dei rivali• Emarginare dal gruppo chi pratica tali comportamenti• Ricordare che lo sport è prima di tutto divertimento• Sostenere la squadra anche quando perde

Pretendere da ognuna di queste figure un atteggiamento responsabile,attento, etico è il primo passo per recuperare uno sport di valore.La comunicazione è alla base del cambiamento culturale: comunicazione,tra genitori e figli, tra atleta e allenatore, tra atleta e manager o procura-tore sportivo.

IL MEDICO• Vigilare sulla salute di un atleta• Informarlo sui farmaci prescritti e sul suo stato di salute• Escludere la sua prestazione quando le condizioni fisiche non sono ottimali• Non somministrare sostanze dopanti• Non scegliere il profitto a scapito della salute

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UN’ETICA DATA IN AFFIDAMENTOBruno MagliaProcuratore Sportivo, Società KreissaProcuratore di Antonio Rossi

L’unico sport che pratico, a livello ama-toriale, è lo sci di fondo che mi aiuta astare in forma ed a togliere i chili su-perflui di cui la vita sedentaria d’ufficiomi grava. In qualità di procuratore di al-cuni campioni dello sport faccio peròparte di questo mondo e quindi houna mia precisa visione sul rapporto traetica e sport. Ritengo che lo sport, vissuto nel modogiusto, sia una delle basi per la forma-zione etica di ogni singolo individuo. Allo sport ci si avvicina quando si è pic-coli giocando a calcio, a basket, a pal-lavolo, per stare con gli amici. Lo sportè, quindi, uno dei primi momenti di so-cializzazione tra i bambini ed ha laforza di insegnare a comunicare, a vi-vere, a rispettare le regole e soprattut-to gli altri. Ma come dicevo prima, affinché que-sti insegnamenti prendano la giustavia, occorre che lo sport venga vissutocorrettamente. Spesso assistiamo a genitori che richia-mati dai guadagni milionari di calciato-ri o ciclisti educano o costringono i pro-pri figli a rapporti estremi, a dir pocoscorretti, con lo sport. In nome del dio denaro si distruggonoi sogni, la gioia e la bellezza dei bimbie dello sport; in nome dell’apparire edel vincere a tutti i costi, fosse anche in

una semplice corsa tra bambini o col-leghi d’ufficio, assistiamo a manipola-zioni impensabili. Penso che forse sia giunto il momentoche tutti facciamo un passo indietroper ricominciare a guardare in faccia larealtà, per capire che lo sport e la vitasono valori che non possiamo permet-terci di distruggere, che il denaro è unmezzo che può sì dare un alto tenoredi vita ma nello stesso momento ci ro-vina e, soprattutto, non può certo ar-ricchire lo spirito. Nella mia vita ho sempre messo gran-de impegno in tutto ciò che ho fatto,prefiggendomi obiettivi a volte ambi-ziosi, ma l’ho sempre fatto nel massi-mo rispetto degli altri e di me stesso. A coloro che calpestano l’etica, nonsolo nello sport ma anche nella vita,suggerisco di provare a parlare con lapropria coscienza e di guardarsi allospecchio: sono certo che, se lo farannocon serietà senza prendersi in giro, sitroveranno di fronte a qualcuno con ilquale non vorrebbero mai avere a chefare. Concludo augurandomi che la perditadei principi etici, che hanno già porta-to al crollo di grandi civiltà che ci hannopreceduto, non diventi la causa del fal-limento anche della nostra civiltà.

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ALESSANDRO MAGNO (356-323 A.C.)E I TALENT SCOUT

Dopo la guerra del Peloponneso, che distrusse la ricchezza, l’ottimismo e lastupenda originalità degli ateniesi, su tutto il mondo greco venne il dominiodi Alessandro Magno. Lo scadimento delle ambizioni politiche greche e lascomparsa delle celebrazioni politiche dell’orgoglio locale portaronoall’attribuzione di un maggior peso simbolico al vincitore di una garasportiva. Il desiderio di risultati sportivi eccezionali condusse ad un piùattento reclutamento, a un addestramento più meticoloso e razionale.Nacquero le categorie degli scopritori di talenti, degli allenatori, dei teoricidelle prestazioni sportive e degli organizzatori.

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Molto spesso basta un dialogo con se stessi, con gli amici tra genito-ri e figli o con i professori per capire e per capirsi. Suggeriamo qual-che domanda, a cui potrete rispondere voi insieme ai vostri genitorio in classe con gli insegnanti ed i compagni: si tratta di uno spuntoper avviare un momento di confronto. Non ci sono risposte giuste osbagliate, per cui ... è inutile barare!

1. Quali sono, in ordine di importanza i motivi che ti hanno spinto al-l’inizio a praticare attività sportiva?

• divertirti• passare il tempo• ottenere una buona forma fisica• dimagrire o irrobustire il proprio fisico• piacere agli altri• trovare compagnia• eccellere in qualcosa• ottenere riconoscimenti (anche in denaro)• ridurre la tensione, l’ansia, l’aggressività• piacersi di più• noia• non venire emarginato

2. Da quando pratichi lo sport, le tue motivazioni sono • cambiate in meglio• cambiate in peggio• uguali

3. Se avverti uno stato di paura, prima di una gara, come cerchi di su-perarla?

• ti allontani fisicamente dal resto della squadra o da altre per-sone che possano aumentare la tua paura• rimuovi dalla mente l’ansia concentrandoti su quello che il tuocorpo è stato allenato a fare• riduci l’importanza della competizione, scherzando con gliamici• respiri profondamente e utilizzi tecniche di rilassamento mu-scolare

CAPIRE E CAPIRSIScheda per gli studenti

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• pensi positivo• stai male

4. A volte, senza che questo sia patologico, l’atleta sperimenta mo-menti di aggressività. Se è capitato anche a te, verso chi li rivolgi?

• te stesso• gli amici• la famiglia• l’allenatore• il resto del mondo

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In Italia la percentuale di sedentarietá é piú alta in alcune regioni chein altre. Prova a compilare la tabella n.1: a che regione corrisponde lapercentuale di sedentarietá indicata? Ti puoi aiutare con la cartinad’Italia qui di seguito.

CHI É PIÚ PIGRO IN ITALIA?Scheda per gli studenti

1. Trentino Alto Adige2. Veneto3. 4. Lombardia5. 6.7.8. 9.10.11.12.13.14. Sardegna15.16.17.18.19. Campania20. Sicilia

16,9%24,8%26,0%31,6%32,2%35,4%36,7%37,5%38,3%41,7%42,2%42,6%43,5%45,3%50,7%52,1%52,7%53,6%53,7%59,1%

PercentualiRegioni

Un aiutino: il Centro Italia épiú pigro del Nord ma meno

pigro del Sud!

In Emilia Romagna si praticapiú sport che in Basilicata!

Risultato: Trentino Alto Adige 16,9%, Veneto 16,9%. Friuli Venezia Giulia 26,0%, Lombardia 31,6%,Emilia Romagna 32,2%, Piemonte 35,4%, Toscana 36,7%, Marche 37,5%, Valle d’Aosta 38,3%,Umbria 41,7%, Lazio 42,2%, Abruzzo 42,6%, Liguria 43,5%, Sardegna 45,3%, Molise 50,7%, Puglia52,1%, Basilicata 52,7%, Calabria 53,6%, Campania 53,7%, Sicilia 59,1%.

Emilia Romagna

31,6%

Lombardia

Piemonte

Valled’Aosta Friuli

Veneto

Trentino

Liguria

ToscanaMarche

Umbria

Sardegna

Lazio Abruzzi

Molise

PugliaCampania

Basilicata

Calabria

Sicilia

53,7%

24,8%

16,9%

59,1%

45,3%

Tabella 1. Percentuali di sedentarietà nelleregioni d’Italia (2005)

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3. SOCIETÁ E SPORT

1. Il ruolo dello sport nella società.

Lo sport ha un ruolo fondamentale nello sviluppo della personalità, inquanto ha un impatto evidente sull’apprendimento del ruolo, sull’ade-guamento alle regole, sulla scoperta del talento e delle capacità, sul raf-forzamento dell’autostima, dell’identità individuale e della solidarietà. Po-tremmo dire che lo sport, praticato o seguito, dà forma ad un individuo.Ma poiché l’individuo vive all’interno di una società, lo sport finisce coldare forma alla società medesi-

ma. E sarà una forma tanto piùbella quanto più saranno com-presi e fatti propri i valori sportivi.Lo sport agisce, dunque, sul sin-golo, così come agisce nelle rela-zioni tra individui. Secondo laCarta Sociale Europea, lo sport“forma le relazioni sociali”. Ma in

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Sport è tutte le forme di attivitàfisica che mediante lapartecipazione casuale oorganizzata ha lo scopo diesprimere la salute fisica ed ilbenessere mentale o di migliorarli,formando relazioni sociali oppureottenendo risultati nellecompetizioni a tutti i livelli (art. 2,Carta Sociale Europea)

“La questione è se il movimentoin sé aiuta lo sviluppo dellequalità personali riconosciute nellaloro importanza nella società o seinvece il carattere sociale dellosport e della attività fisica inducelo sviluppo della socializzazionedell’individuo che pratica lo sporto l’esercizio fisico. Lo sport è ilmezzo che offre la possibilità adun educatore fisico o ad unallenatore di influenzare gli atletiin direzione dell’accettazione deiprincipi sociali o piuttosto vi èqualcosa nello sport e nell’attivitàfisica che contiene in sé talipossibilità di sviluppo?”.Bohumil Svoboda(Il ruolo dello sport nella società,ed. Sapere, 2000)

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che modo?I valori culturali, gli atteggiamenti personali e gli insegnamenti appresinell’attività fisica si trasferiscono alle altre sfere della vita.Le relazioni all’interno della società migliorano, dunque, in quanto arric-chite dai principi etici che sottendono alle discipline sportive. Lo spirito disquadra e la solidarietà appresa su un campo di gioco aprono l’individuoai valori della comprensione universale, dell’integrazione, della tolleranza,della democrazia. In una società variegata lo sport diventa veicolo di va-lorizzazione delle diversità culturali, fisiche, sociali, in quanto, attraversol’abbattimento di pregiudizi e barriere, si superano le divergenze e le ten-sioni e si concorre ad un obiettivo comune. D’altra parte, lo sport altronon è se non l’esaltazione delle diversità: dei differenti talenti, dei diffe-renti stili, delle diverse forme fisiche, dei diversi caratteri.Nel corso dei secoli molte sono state le “barriere” abbattute. Le discrimi-nazioni sessuali, razziali, sociali sono state superate anche grazie allosport.

2. Lo sport al femminile

Nelle Olimpiadi antiche, alle donne era vietato non solo assistere o par-tecipare agli agoni sportivi, ma addirittura accedere al luogo delle esibi-zioni. Solo a Sparta si accettava che esse gareggiassero. Fortunatamente,

col tempo, la donna è riuscita a con-quistare il suo spazio, a tal puntoche, se negli anni Ottanta i maschiche facevano sport erano più deldoppio delle femmine, nel 2000 il56% delle donne pratica sport con-tro il 57% degli uomini. Se poi sitratta di attività sportiva non agoni-stica, le donne diventano la maggio-ranza (il 33% contro il 28% degliuomini).

Le gare olimpiche di atleticafemminile ebbero inizioufficialmente nel 1928

1908 Londra - per la primavolta ai Giochi parteciparono

delle donne, dandodimostrazioni di tennis e di

pattinaggio in coppia con unuomo.

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3. Dallo sport in bianco e neroallo sport a colori

Lo sport è stato di aiuto anche nelfacilitare il superamento delle di-versità razziali. La mancanza dipartecipazione di persone di colorealle discipline sportive rispecchiò alungo la mancanza di partecipazio-ne delle stesse alla vita sociale deiPaesi occidentali. L’illuminismoprogressista americano nulla potécontro la tradizione, che non ac-cettava l’integrazione razziale nénella vita politica o civile, né nellosport. Se in molte discipline eranomal visti, in altre c’era un vero eproprio divieto di pratica. I nerinon potevano essere ciclisti, fantinie neppure pugili.La scossa venne data negli anni ‘30da due atleti di colore eccezionali:Joe Louis (1914-1981), campionedel mondo dei pesi massimi dal1937 al 1949 e Jesse Owens(1913-1980), campione di atleticaleggera che nel 1936 vinse quattromedaglie d’oro alle Olimpiadi diBerlino. Dieci anni dopo, nel 1946Jakie Robinson (1919-1972) sareb-be stato il primo giocatore di colo-re ad essere inserito in una legasino ad allora completamentebianca.La via verso l’affermazione dellaparità dei diritti fra bianchi e nerifu lunga e non priva di ostacoli.Nel 1968, alle Olimpiadi di Città

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IN LODE DI UNA LIBERAEDUCAZIONE

Le molte leggi della tua Palestra ioammiro, oh Sparta, ma sopratutto il ginnasio delle vergini chel’esercizio del corpo non infama edove nudasta la fanciulla tra i maschilottatori. La palla spinta dallebraccia rapida vola e gira. Nellamazza adunca il sibilante cerchio,e sul traguardo impolverata lafemmina s’arresta e sopporta icolpi duri del pancrazio.Ora al braccio divertito allaccia ilcesto e ora ruota per scagliarlo ilpesante disco, dà suono alla pistacol cavallo, cinge con la spada ilniveo fianco e col bronzo cascocopre il virgineo capo; così nelleacque del Termodonte si bagnavala truppa delle Amazzoni, il pettonudo.Properzio

QUANDO OWENS FECE“NERO” HITLER

Alle Olimpiadi di Berlino, JesseOwens, afroamericano vinsequattro medaglie d’oro (100, 200,4x100, salto in lungo), diventandol’eroe dei Giochi estivi. Ciò generòl’ira del Führer, il quale era statocostretto dalla pressioni degli altriPaesi a lasciare competere i neri egli ebrei nelle squadre avversarie.Con il record olimpico Owensumiliò Hitler e le sue ridicoleteorie sulla superiorità della razzaariana.

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del Messico, nel corso della cerimonia di premiazione, davanti al resto delmondo, alcuni atleti afro-americani, indossando guanti neri, alzarono illoro pugno in un gesto che chiedeva giustizia per i negri americani. Perquesto gesto, il Comitato Internazionale Olimpico (CIO) ed il ComitatoOlimpico americano li esclusero dalle successive competizioni internazio-nali.

4. Discriminazioni sociali

Le discriminazioni sessuali e quelle razziali sono state combattute e supe-rate anche grazie allo sport. Vi sono discriminazioni di carattere socialeche tuttavia ancora resistono, basate su un disagio effettivo o, a volte,solo sul pregiudizio o sulla disattenzione. Lo sport può operare anche inquei casi per il raggiungimento dell’integrazione come strumento di so-cializzazione e comunicazione.

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SPORT E PARI OPPORTUNITÀ

L'Unione europea possiede una lunga tradizione di promozionedell'uguaglianza tra donne e uomini; tale uguaglianza era già consacratadal trattato del 1957, ma nel passato recente vanno ricordate due datechiave: · nel 1996 è stata adottata una comunicazione della Commissione cheraccomanda l'integrazione del principio di pari opportunità in tutte leazioni e i programmi; · nel giugno 2000 è stata adottata una comunicazione intitolata “Versouna strategia quadro comunitaria in materia di uguaglianza tra donne euomini (2001-2005)”, la quale individua 5 settori d'intervento, tra cui losport, nei quali sono perseguiti obiettivi operativi per seguire l'evoluzioneverso la parità tra donne e uomini. Nel settore sportivo sembrerebbe che il tasso d'occupazione delle donnerientri nella norma, anzi esso sarebbe leggermente superiore; tuttavia, sesi considera che l'occupazione in questo settore è caratterizzata da untasso maggiore di precarietà e di lavoro a tempo parziale, il dato non èpositivo. Per quanto riguarda i trattamenti degli sportivi professionali, sipuò solo constatare che spesso il principio della parità di trattamentonon è rispettato.

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Uno sport senza età: gli anzianiVi sono categorie di persone che vengono isolate o abbandonate dalla societàsenza che molto, almeno all’apparenza, possa essere fatto. Eppure, le piùapprofondite ricerche hanno evidenziato che una moderata attività fisicaproduce benefici fisici e migliora la qualità di vita degli anziani. Incontrarealtra gente, comunicare, impadronirsi delle tecniche, sentirsi ancora in attivitàaiuta gli anziani a combattere la depressione, l’ansia, lo stress, i disturbi delsonno o l’abuso di alcool e di farmaci.

Vincere il disagio giovanileTalora i giovani vivono in una condizione che viene spesso definita “disagio”.Alcuni di loro scelgono di isolarsi, altri cedono alla tossicodipendenza o aforme di devianza fino alla criminalità. Diverse ricerche sembrano aver rilevatole relazioni speciali che sussistono tra l’impegno nello sport ed ilcomportamento deviante, nel senso che lo sport può:• prevenire il disagio• ridurlo• contribuire al processo di rieducazione.

Emarginare l’emarginazioneLo sport è in primo luogo socializzazione. Molte persone emarginate possonotrovare in esso una via di uscita alla loro condizione. Lo sport dà voce ancheagli emarginati. Partite di calcio avvengono ormai anche tra squadre dicarcerati. Nei campi profughi, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per iRifugiati sta organizzando programmi che prevedono anche l’utilizzo delleattività sportive.

L’abilità dei disabiliSpesso la disabilità è causa di emarginazione e di isolamento.Come dimostrano i Giochi Paraolimpici e altre competizioni analoghe, lo sportpuò essere un valido mezzo di integrazione.9 marzo 2006: a Torino si aprono i Noni Giochi Invernali Paraolimpici. Oltre2000 persone, tra tecnici, atleti, dirigenti, medici, paramedici, giudici,giornalisti, vi partecipano. È il più importante evento sportivo per disabili mairealizzato in Italia.

Persone con problemi psichici, o aggressive, bloccate, timideLo sport non ha paura dell’handicap, sia esso fisico o psichico. Moltispecialisti lavorano con bambini che hanno difficoltà a relazionarsi con altrepersone o ad avere contatti. Estremamente interessanti sono le ricerchecondotte dagli studiosi Volkamer e Zimmer sui bambini tra i 4 e i 6 anniaffetti da handicap minori, ovvero su bambini iperattivi, bloccati, aggressivi,spaventati, timidi e con problemi di linguaggio. Il risultato è che questibambini possono essere più facilmente stimolati con il gioco e con lo sport.

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LO SPORT NEGLI ANNI ‘20: IL RACCONTO DI UNA DELLE PRIMEATLETEMatilde MoraschiOlimpiadi di Amsterdam, 1928

Ho 93 anni. Ai miei tempi fare sportera questione di passione. Fin dapiccola ero un vero maschiaccio evincevo sempre i miei fratelli nellacorsa intorno alla casa del sindaco.Furono proprio loro a spingermi apraticare lo sport iscrivendomi allasocietà Forza e Coraggio. Mi ricordoancora il primo giorno. Mi hannofatto vestire negli spogliatoi: mi ver-gognavo per la maglietta e per i cal-zoncini che mi sembravano troppocorti e non volevo farmi vedere danessuno. Dopo molti tentennamen-ti afferrai il coraggio a due mani escesi in pista facendo una corsa ve-locissima per tutto il campo con untempo che uguagliai solo quandostabilii il record nella gara dei 100metri. Nel 1928 partecipai alle Olim-piadi di Amsterdam.Dai 15 ai 31 anni mi sono concen-trata solo sullo sport, gli uomininon li vedevo neppure! Ho pratica-to ogni disciplina, dalla pallacane-stro (8 anni nella squadra dell’Am-brosiana) alla scherma e al tennis,qualificandomi spesso ai primiposti. Peccato che mio fratello Fe-derico abbia perso al gioco tutte lemie medaglie d’oro! A quel tempovaleva solo la medaglia perché i

guadagni erano inesistenti. Ma a menon interessava. Ero libera e questonon aveva prezzo. Potevo viaggiare.Ero riuscita ad ottenere dall’allena-tore un permesso speciale per visita-re le città che ci ospitavano per legare. Mi resta un cruccio: la sconfit-ta nel campionato di scherma,quando stavo per vincere 4 a 0 e poiho perso 5 a 4! Ma la sconfitta erada mettere in conto quando non siera la figlia del conte o del com-mendatore. I miei fratelli sono sempre stati or-gogliosi di me e ritagliavano gli arti-coli dei giornali conservandoli conamore.Un giorno in un campo sportivo dipallacanestro maschile mi sedetti vi-cino ad un uomo. Cominciammo aparlare. Una parola tira l’altra e cisiano sposati! Avevo 34 anni. Da al-lora ho fatto la moglie e la madre difamiglia e mi sono ritirata dall’attivi-tà agonistica ma non dallo sport. Da quello non ci si ritira mai.

Testimonianza raccolta nel 2003.

“È un principio delle societàdemocratiche che le opportunitàdella lotta per la ricompensadebbano essere ugualmenteaccessibili a ciascuno sin dallanascita. L’ideologia dello sportmoderno dà sostegno allademocrazia, alla meritocrazia,all’applicazione razionale deltempo, dell’energia e del denaro”(Richard D. Mandell, 1984).

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Lo sport ha valore nella vita di tutti, ma è anche più importante nellavita delle persone disabili. Ciò è dovuto principalmente a due poten-zialità contenute nello sport: la potenzialità riabilitativa e quella lega-ta all'integrazione sociale. Inoltre, lo sport insegna l'indipendenza,obiettivo questo fondamentale per chi è costretto a dipendere daqualcuno. La storia del Movimento Paraolimpico è relativamente recente ed hainizio quando, nel 1948, a Londra, Sir Ludwing Guttman inaugurò ilprimi Stoke Mandeville Games per i Veterani della Seconda GuerraMondiale che avevano riportato lesioni alla colonna vertebrale. Laprima competizione organizzata fu tra atleti su sedie a rotelle. Con iGiochi di Guttman, fu inaugurato per i disabili anche un nuovo mododi vedere, sentire e vivere: questo modo passava per lo sport.

IL COMITATO PARAOLIMPICO INTERNAZIONALEIl Comitato Paraolimpico Internazionale è l'organizzazione interna-zionale rappresentante di una elite di sport ai quali partecipano atle-ti disabili. Il Comitato (IPC) organizza, supervisiona e coordina i Gio-

chi Paraolimpici e numerose altrecompetizioni sportive per disabili,tra cui i Campionati mondiali e re-gionali. Si tratta di un'organizza-zione no profit della quale fannoparte 160 Comitati nazionali Para-olimpici e 5 federazioni sportiveinternazionali di disabili. Tra le finalità dell'organizzazione,vi sono: • assicurare che nello sport prati-cato nel Movimento Paraolimpicolo spirito di fair play prevalga, laviolenza sia bandita, il rischio disalute degli atleti sia gestito nelmodo migliore e i fondamentali

principi etici siano mantenuti e rispettati;• promuovere gli sport Paraolimpici senza discriminazioni politiche,

L’ABILITÀ DEI DISABILI

“Spirit in motion”(Motto ICP)

Rendere gli atletiParaolimpici in grado diraggiungere l’eccellenzanello sport ed ispirare einfervorare il mondo.

(Visione ICP)

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religiose, economiche, sessuali, razziali o legate alle disabilità;• contribuire, collaborando con l'Agenzia Mondiale contro il Doping,alla creazione di un ambiente sportivo libero dalla droga per tutti gliatleti Paraolimpionici.

LA FEDERAZIONE ITALIANA SPORT DISABILILa FISD, Federazione Italiana Sport Disabili, riconosciuta a tutti gli ef-fetti dal CONI, Comitato Olimpico Nazionale Italiano, promuove, dif-fonde e disciplina, in modo specifico ed esclusivo l'Attività SportivaPromozionale, di Alto Livello e Paraolimpica dei Disabili fisici, ciechi ementali, sia in Italia che all'estero per oltre 25 discipline sportive.

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IL CRUCIVERBA SPORTIVO

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ORIZZONTALI: 1. La si fa tra atleti e nonsolo - 7. Iniziali della Simeoni,campionessa di salto in alto - 9.Scommettere ... in Inghilterra - 14. Guai anon averla - 18. Le nozioni fondamentalidello sport - 19. Lo è la condotta di chi sicomporta bene - 20. Lo segna il calciatore- 21. Aggressiva, lesiva, intollerante - 24.Gli estremi del giocatore - 26. Siordiscono in segreto - 27. Ce l’ha chisbaglia - 29. Linee senza vocali - 30. Lo fala passione nel cuore degli atleti - 31. Loprova chi non sa accettare la sconfitta -32. - Lotte senza te - 33. La fine dell’oro -34. Riva senza vocali - 36. Sembra chealcuni corridori le abbiano ai piedi - 37.Lo praticano in Giappone - 38. Lo è chi

non capisce il valore dello sport - 40.Comandano - 42. Chi primeggia - 44. Siriempie di scandali - 45. In due alla fine -46. La seconda metà dei tornei - 47. Livince chi vince - 49. Lo è il corpo alla finedi un allenamento intenso - 51. ComitatoOlimpico Nazionale Italiano - 52. Leiniziali della Mauri, campionessa mondialedi pattinaggio a rotelle - 53. Irto senzainizio e fine - 54. Cori al centro - 55. Scisenza vocali - 56. Insieme di valori e diprincipi - 58. Precede il break del tennis59. Giudice nelle Olimpiadi antiche - 60.Sono 24 a Le Mans.

VERTICALI: 2. Dirige l’incontro - 3. Puòessere mondiale o olimpico - 4.

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G A R A C O S S B E TR E S P O N S A B I L I T À

A B C R E T T A G O A LV I O L E N T A G E S E

T R A M E C O L P A L NA R D E R O D I O L O TR O R V A L I S U M OT S T O L T O C A P IE C C E L L E P A G I N A

U E A N E I O R I AD O L E N T E C O N I A M

R T O R S C E T I C AT I E E L E O O R E

SOLUZIONI

Associazione Sportiva - 5. Il calciod’angolo degli inglesi - 6. Lo si superasaltando - 7. Non li commette solo ilpresuntuoso - 8. Iniziali di Inzaghi,giocatore del Milan - 9. La vita per unGreco - 10. Si dice che spesso non conta- 11. Aiuta a vincere molto più del doping- 15. La rete nel tennis - 16. Gli atletiall’inizio- 17. Elogi pari - 18. AssociazioneVolontari - 22. Il padre di Ulisse - 23.Iniziali del nuotatore Merisi - 25. Sostanzavietata, farmaco che modifica il sangue ele prestazioni - 28. Le scrivevano Pindaroe Bacchilide - 29. La seconda parte delloslalom - 30. La box è quella nobile - 32.

Elia, campione di canoa - 35. Sport su cuiGozzano ha scritto alcuni versi - 36. Vi siterranno le prossime Olimpiadi - 37. Deveessere in movimento per il ComitatoInternazionale Paraolimpico - 38. Nellavita c’è sempre possibilità di fare quellegiuste - 40. Iniziali di Ancelotti, allenatoredel Milan - 41. Competizione - 43.Battono sotto sforzo o per la gioia - 44. -Lo raggiunge ogni atleta nella sua carriera- 48. Agenzia Mondiale Anti-doping - 50.Lo erano gli Abbagnale - 52. Serviziovincente - 55. Rese senza re - 57. Inter -Regionale

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CURIOSITÀ DAL CRUCIVERBA

Alcune delle prime GAREtipicamente americane

furono quelle tra battelli avapore negli anni Trenta del

secolo scorso.

IL GIOCO DEL VOLANOOimè! Che giocando unvolano, troppo respinto

all’assalto, non più ridiscesedall’alto dei rami di un

ippocastano.Guido Gozzano

Dal XVII secolo in Inghilterra,per allungare la GARA DI

PUGILATO e mantenere vival’attenzione del pubblico, gliincontri vennero divisi in attichiamati riprese. I pugili siesibivano all’aria aperta suun palcoscenico circondatoda corde, chiamato ring. I

più deboli si rafforzavano lemani strofinandole in una

soluzione di allume.

In Giappone, il SUMOmoderno mantiene tutto il

cerimoniale e le raffinatezzedell’antico. Prima regola: illottatore non deve fare del

male all’avversario.

LA MOGLIE DELL’ATLETAIl pugilato lasciò Cleombrotoe prese la moglie: ora in casa

ha le gare dell’Istmo e diNemea; la formidabile

vecchia val dieci olimpionici el’uomo or teme più la casache un giorno di palestra.

Lucillio

Inizialmente il TENNIS eraconsiderato un gioco regaleed era praticato nei fossati

dei castelli. Svariati refrancesi cercarono di

bandirlo, ma non riuscironoa impedire che si

diffondesse. A Parigi vennechiamato courte paume,

benché il suo stesso nomediscenda probabilmente

dall’ordine francese tenez!Prendete!

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4. LO SPORT NELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI

1. Una tregua o un gioco?

Si narra che il Re Ifito e il Re Licurgo,stremati da anni di combattimenti,si rivolsero all’Oracolo di Delfi chie-dendo di porre fine alla guerra. L’O-racolo suggerì loro l’istituzione diuna tregua sacra accompagnata dafesteggiamenti e giochi. Nascevanocosì le Olimpiadi. Che sia verità o leggenda - moltissi-mi sono i racconti sulla loro nascita- di fatto le Olimpiadi divennero lapiù importante celebrazione religio-sa panellenica mai vista. Inizialmen-te, i Giochi olimpici furono una fe-

stività soltanto regionale, riservata all’aristocrazia, ma a partire dal sec.VIII a.C., grazie alla tregua di armi proclamata qualche settimana primadei festeggiamenti e alla neutralità e inviolabilità dei luoghi sacri, un sem-pre maggior numero di atleti poté arrischiarsi ad andare ad Olimpia,anche da località assai distanti, cosicché i Giochi assunsero un caratterepanellenico, ossia coinvolsero tutti i Greci. Ogni 4 anni, a primavera, tremessaggeri partivano dall’Elide e percorrevano strade che coprivano tuttoil mondo greco. Arrivando in ciascuna polis o colonia, proclamavano unatregua sacra olimpica. Da quel momento, gli atleti e gli spettatori che sirecavano ad Olimpia erano sotto la protezione di Zeus.Ogni stato aderente alla ekecheirìa (lett. “stato nel quale si trattengonole mani”, tregua) si impegnava a garantire la sicurezza per sportivi, spet-tatori o delegati ufficiali alla festa in viaggio verso Olimpia e riconosceva

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Durante la tregua sacra,tiranni, re e magistrati a

capo delle poleisconcludevano vantaggiosi

accordi economici. Ilcommercio fioriva attraversolo scambio di ceramica, ferro

e tessili. I commerciantiprendevano accordi per

l’invio di cereali, di metallipreziosi, di pellicce e dilegname dalle colonie.

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l’immunità per loro e l’inviolabilitàdei luoghi sacri. Tutto questo per ladurata minima di tre mesi.È chiara, dunque, l’importanza chelo sport, fin dalle sue origini, haavuto nelle relazioni internazionali.Come testimoniano numerosissimieventi nel corso della storia, lo sportè stato sempre il migliore dei ... di-plomatici!

2. Una diplomazia... sportiva!

Può una partita di ping pong cambiare la storia del mondo? Per quantosorprendente, la risposta è affermativa. Una pallina da ping pong di 3,8cm di diametro riuscì, infatti, a segnare il primo passo per la distensionedi rapporti tra Cina e Stati Uniti, divenuti difficili per i sentimenti di diffi-denza e ostilità verso il mondo occidentale manifestati dalla RepubblicaPopolare Cinese appena costituita, che, protetta dalla sua grande mura-glia, aveva scelto la via dell’isolamento. Verso la fine degli anni ‘60, i tempi sembravano ormai maturi per riallac-ciare rapporti di diplomazia, ma i pur numerosi incontri tra i rappresen-tanti dei due Paesi non sortirono alcun esito. Nell’aprile del 1971, a Na-goya, si tennero i XXXI Campionati Mondiali di Tennis da Tavolo, ai qualipartecipò anche una squadra americana, che fraternizzò con gli avversa-ri cinesi. I giocatori americani fecero richiesta di visitare la Cina, richiestaimmediatamente accolta dal presidente Mao Zedong, il quale, ricevendo-li, nel Palazzo dell’Assemblea Nazionale, lì definì come la “prima delega-zione americana in Cina”. I rapporti amichevoli tra i due Paesi erano ri-presi e sarebbero continuati con la visita del Presidente Nixon nel Paese,in quella che fu definita “la settimana che cambiò il mondo”.Era il 1972 quando l’aereo di Nixon atterrò a Pechino. Moltissime altresono state negli anni successivi le iniziative diplomatiche collegate allosport. Dalla bandiera aborigena, sventolata con orgoglio dalla campionessaCathy Freeman, vincitrice della medaglia d’oro nei 400 metri ai Giochi diSidney del 2000, alla partita tra Stati Uniti ed Iran nei Mondiali di calcio

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Munich sullo schermo. Il 27 gennaio 2006 nelle sale delcinema italiano esce “Munich”,film diretto da Steven Spielberg,candidato al premio Oscar 2006

nelle categorie: miglior film,miglior regia, miglior

sceneggiatura non originale,miglior montaggio, miglior

colonna sonora.

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LA DIPLOMAZIA DELLO SPORTSandro Gamba10 volte Campione d’Italia comegiocatore di basket, 70 presenze inNazionale, Capitano della SquadraOlimpica a Roma nel 1960. Allena-tore di alcune tra le più prestigiosesquadre e della Nazionale, ha vinto

3 scudetti, 2 Coppe dei Campioni,2 Coppe delle Coppe. Medaglia d’Argento alle Olimpiadidi Mosca e Campione d’Europa nel1983. Selezionatore e allenatoredella squadra “Resto del Mondo”che ogni anno affronta gli USAnell’Hoop Summit.

in Francia nel 1998, un piccolo miracolo di civiltà tra due Paesi che daanni non hanno rapporti diplomatici. Lo sport è questo: unione tra popoli, superamento di barriere, valorizza-zione delle diversità culturali, tregua sacra. Nel nuovo millennio, alle so-glie delle Olimpiadi di Atene, lo sport, nato come momento di “tregua”da qualunque ostilità tra poleis e di confronto leale tra abilità, deve con-tinuare ad essere importante mezzo di incontro e comunicazione trapopoli. E che lo sport sia in primo luogo “comunicazione tra popoli” è purtrop-po tristemente confermato anche da episodi di violenza e ideologia fuor-viante che hanno cercato di far cessare quella comunicazione, servendo-si delle Olimpiadi quali palcoscenico per le rivendicazioni politiche. Non sipuò certo dimenticare quanto avvenne ai Giochi del 1936 in Germaniaquando, per motivi ideologici, si impose che i tedeschi non potesserocompetere né con neri né con ebrei. Il 2 giugno 1933 il ministro nazistadell’Educazione annunciò che gli ebrei sarebbero stati esclusi dalle orga-nizzazioni giovanili, statali e di ginnastica e che l’accesso a tutti gli im-pianti sportivi sarebbe stato loro negato. Alcuni funzionari sportivi ebreisi suicidarono. A seguito di ciò negli Stati Uniti nacque un movimento diboicottaggio contro i giochi.Né si può scordare la terribile azione di violenza scatenata da alcuni ter-roristi Palestinesi nel 1972 a Monaco, quando 11 atleti israeliani furonorapiti ed uccisi in segno di protesta contro il riconoscimento dello Stato diIsraele. In una sparatoria sanguinosa, 17 persone morirono all’aeroportoFurstenfeldbruck.Ma la bandiera olimpica con 5 anelli concatenati, progettata da De Co-ubertin e issata nel 1920 per la prima volta, continua a sventolare, ricor-dandoci quello che simboleggia: l’unione tra popoli.

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Si dice lo sport unisca le persone eche riduca le tensioni sociali/ cultu-rali/razziali. Ha avuto esperienze intal senso?La mia cultura sportiva è america-na. Negli Stati Uniti lo sport hamesso insieme tutte le razze. Cen-tocinquant’anni fa, quando si emi-grava in America, ognuno parlavala sua lingua. New York in brevetempo è divenuta un crogiolo dirazze. Occorreva una lingua comu-ne con cui comunicare: questa lin-gua era lo sport, e specialmente ilbaseball. Ho avuto numerose esperienze chemi hanno confermato che lo sportpuò essere un momento di incon-tro tra culture diverse. Esiste unamanifestazione sportiva che sichiama Hoop Summit e che si svol-ge in America. La nazionale giova-nile americana incontra la squadra“Resto del mondo”. Mi sono occu-pato e mi continuo ad occupare siadella selezione che dell’allenamen-to dei giocatori juniores che arriva-no da tutti i continenti. Mi è capi-tato che in un gruppo di 12 gioca-tori si parlassero nove lingue diver-se, a tal punto che quasi più cheun corso di pallacanestro sembravadovessi affrontare un corso di co-municazione. Quando è scoppiatala guerra nella ex Yugoslavia,avevo in squadra un giocatore bo-sniaco, uno serbo, uno macedonee un assistente di Belgrado. Ognu-

no di loro aveva le famiglie inprima linea, esposte al conflitto.Sono stati insieme 10 giorni, dan-dosi coraggio a vicenda ed eranoin guerra. Un altro esempio: sem-pre nel corso dell’Hoop Summit al-lenavo due giocatori, uno delQatar e l’altro dell’Angola, entram-bi di religione islamica. Il ragazzodell’Angola aveva 18 anni e nonera mai uscito dal Suo Paese. Unavolta, dovevamo trovarci davantiall’autobus ad una certa ora. Nonvedendo nessuno dei due, chiesi almassaggiatore di controllare sefossero nelle loro stanze. Li trovòinginocchiati su un tappetino apregare. Malgrado le mie regolenon ammettessero ritardi, decisi diessere flessibile e li aspettai. Il ri-spetto aiuta lo sport e lo sport in-segna a rispettare. Mi è capitato diassistere alle preghiere di due Por-toricani, che prima dell’allenamen-to si inginocchiavano per 30 se-condi. Gli altri ragazzi - cinesi,russi, israeliani - li aspettavano e ri-manevano in silenzio in segno di ri-spetto. Dalle mie esperienze, hoimparato che lo sport è un grandeinsegnante sia per chi lo apprendesia per chi lo insegna. Come si è avvicinato allo sport?Quando ha iniziato a praticarlo?Mio padre era uno sportivo atten-to ed è stato lui a trasmettermi lapassione per lo sport. È stato lui ilmio esempio e il mio punto di rife-

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rimento. Sono nato nel 1932. Fin da picco-lo, ho praticato molte discipline,dall’atletica al baseball, al calciofino al nuoto e al ciclismo. Il 25aprile 1945, in Via Washington, aMilano, dove sono nato, fui feritoalla mano destra da una raffica dimitra. I miei genitori si opposeroall’amputazione scegliendo di sal-vare il salvabile, che allora volevadire mettere una benda e sperarein bene. Ho avuto fortuna, lamano è stata salvata, ma occorre-va procedere alla rieducazione. Ilprimo agosto, venni a sapere chetutti i ragazzi nati tra il 1930 e il1935 si potevano presentare alCampo Borletti, un campo sportivoa 50 metri da casa mia, dove sa-rebbe stato insegnato loro a gioca-re a pallacanestro. Decisi di andar-vi e fu l’inizio della mia carriera.Ma non ho rinunciato agli altrisport e ancora adesso tengo pron-ta a casa mia una bicicletta spetta-colosa.Quali sono i valori che sopravvivo-no nella pallacanestro e quali i va-lori che ritiene perduti?I valori perduti? Beh, prima di tuttoil più grande e più importante perchi decide di dedicarsi alo sport: ildivertimento. Tante volte nei setto-ri giovanili, a causa delle pressionicui è sottoposto da parte dei geni-tori o degli istruttori, il ragazzosembra che non si diverta più.

Il nostro è uno sport molto tattico,che richiede grande disciplina sianegli allenamenti che nel corsodella partita, in particolare per me-morizzare gli schemi. Sono statoper quasi 13 anni allenatore dellasquadra nazionale e ho semprepreteso il rispetto delle mie regole,regole che sono di comportamen-to dentro e fuori dal campo. Ilcomportamento deve essere ade-guato sia che ci si trovi in un alber-go che in mezzo alla gente, per lastrada o seduto in panchina. Lemie regole sono chiare: i giocatorisanno cosa pretendo da loro. Inprimo luogo il decoro. Come, adesempio, il decoro che deve avereanche chi sta seduto in panchina:deve applaudire quando i suoicompagni fanno bene e deve ap-plaudire più forte quando sbaglia-no, per incoraggiarli e sostenerli.Per il momento, fortunatamente lapallacanestro non richiama quellaviolenza che sta trovando spazionegli stadi e nei campi di gioco. Lapallacanestro è ancora un giocoche si gioca senza recinto. Il tifo èforte così come la pressione, ilpubblico della pallacanestro sa an-cora rispettare l’atmosfera degli in-contri e finora chi stava in campo oin tribuna non ha mai corso alcunpericolo.Qual è stata la sua vittoria più im-portate?Da giocatore, ricordo il decimo

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scudetto con la Simmenthal. Èstato l’ultimo grande traguardo.Da ragazzino volevo entrare inprima squadra. Poi nei primi cin-que. Poi uno scudetto. Il decimoscudetto è stato il coronamento diun percorso fatto di sacrifici, di fa-tica, di dolore, di infortuni. Poi cifurono le Olimpiadi di Roma, dovearrivammo quarti e fu il boomdella pallacanestro in Italia. Alloraero capitano della nazionale.Come allenatore, ricordo la meda-glia d’argento alle Olimpiadi diMosca del 1980. È stata l’unicamedaglia olimpica che l’Italia havinto nella pallacanestro.Quanto conta l’etica nello sport? L’etica è tutto. Quando insegno,dico sempre che l’etica è formatadalle quattro D: dedizione, discipli-na, determinazione, dare qualcosain più. Questa è una formula delsuccesso che vale in tutte le fasedella vita e non solo nelle disciplinesportive. L’etica vuol dire regole,ma non solo regole tecniche. Inrealtà, si tratta di fare le cose giu-ste al momento giusto e nel mi-gliore dei modi. Gli allenatori rive-stono un ruolo fondamentale nel-l’insegnamento dello sport. Essisono esempi a cui si ispira il ragaz-zo. Coach Gamba fa così? Allorafaccio così anch’io. Noi abbiamoun’influenza incredibile sui ragaz-zini, quasi si trattasse di un rappor-to padre figlio. Gli allenatori devo-

no insegnare ad ascoltare. Ascolta-re e non sentire. La comunicazioneriveste un’importanza fondamen-tale nell’ambito della pallacane-stro. Comunicazione sia tra ilcoach e il ragazzo che tra quest’ul-timo e la sua famiglia. Il nostro èuno sport di grande comunicazio-ne, bisogna avvisarsi a vicenda du-rante le azioni, con poche e signifi-cative parole. Chi non comunica ri-marrà sempre un giocatore medioperché per diventare buoni atletioccorre aprire tutti i canali espres-sivi.Ora insegnare non è più facilecome una volta. Il ragazzo è di-stratto da cento cose e ha troppisoldi in tasca. È cambiata la vita edè cambiato l’atteggiamento, percui sia la famiglia che gli allenatoridevono dare nuovi stimoli. Ogni al-lenatore adotta un sistema partico-lare per tenere viva l’attenzione deiragazzini: io, ad esempio, li guardonegli occhi o passo loro inaspetta-tamente il pallone. La più grandesoddisfazione è avere ex giocatoriche dopo anni si rivolgono a meper un consiglio.Cosa deve insegnare un bravo alle-natore?Innanzitutto, il gioco di squadra(team work). Si deve insegnare adessere altruisti, a rinunciare a qual-cosa per mettere in posizione ilcompagno. Gli atleti, quelli bravi,lo hanno capito. Gli altri, rimango-

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no in panchina o fuori dalla squa-dra. E poi bisogna insegnare chegli sbagli migliorano. Solo sba-gliando si impara a fare bene.Ci sono ragazzi che hanno pauradi sbagliare, che temono di delu-dere le aspettative. La scienza offredelle scorciatoie e qualche sicurez-za in più. Perché non ne dovrebbe-ro approfittare?Prendere scorciatoie è rischioso,pericoloso. Non solo per la salute.Per arrivare alla peck performanceoccorre allenarsi, soffrire, piange-re. È il punto massimo che un’atle-ta può raggiungere e capita unasola volta nella vita. Non si arriva lìper caso, e certamente non ci si ar-riva con le scorciatoie che in realtàsono vere e proprie trappole. Cisono sport in cui il doping è piùdiffuso perché lo sforzo fisico ri-chiesto è immenso, come nel cicli-smo. Il doping permette di cancel-lare la fatica, ma il non sentire lafatica può provocare danni gravisulla salute. La furbizia non paga.Che ruolo giocano i media nellescelte dei giovani sportivi?Si dice che negli Stati Uniti il ruoloda leone lo giochi il cinema, in In-ghilterra il teatro, in Italia...il melo-dramma. I media hanno a voltequesta tendenza al melodramma,e non si rendono conto di qualipressioni e condizionamenti hannosui giocatori. Come il sistema dellepagelle, che può mettere in crisi

anche i professionisti. Se poi siparla di dilettanti e di giornali loca-li, la pressione è ancora più forteperché ogni commento negativopuò incidere nella realtà quotidia-na in cui il ragazzo vive. Media, famiglie ed allenatori in-fluenzano enormemente i giovanie devono assumersi le loro respon-sabilità.E l’educazione, sia dei giocatoriche degli allenatori, come scendein campo?Il punto debole dello sport in Italiaè la scuola. Mi meraviglia che unanazione così civile come la nostranon abbia ancora inserito lo sportcome momento di educazione al-l’intero della scuola. Credo che gliallenatori dovrebbero fare corsi dipsicologia dello sport e di etica. Aimiei collaboratori, una volta, ho re-galato un dizionario con un segna-libro fermo sul termine “pedago-gia dello sport”. Mi piacerebbefosse per tutti un punto di parten-za.

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La città di Merka è il capoluogo della regione del Basso Shebelle si-tuata nella Somalia centro-meridionale e potenzialmente, proprio perla sua posizione geografica, una delle aree più ricche di risorse per losviluppo di tutto il Paese. La città si affaccia sulla costa, ad un centi-naio di chilometri a sud di Mogadiscio e, proprio a causa della suaubicazione (sulla via di fuga verso il Kenya), ha subito, negli ultimianni della guerra civile, numerose invasioni e saccheggi. IL COSV (Co-mitato di coordinamento delle organizzazioni per il Servizio Volonta-rio) ha realizzato tra gli altri il “Progetto Merka Cup” che prevedevainizialmente attività sportive per il reinserimento sociale dei milizianiaccolti nel Centro per la Pace, una struttura nata grazie alla collabo-razione con la Commissione Europea, e che in seguito ha coinvoltotutta la popolazione della città di Merka. L’iniziativa, avviata in colla-borazione con la UISP (Unione Italiana Sport per Tutti) di Milano e laRegione Lombardia, ha avuto inizio nei primi mesi del ‘98 per con-cludersi ufficialmente nel giugno ‘99. Sulla base dei risultati conse-guiti con questa prima esperienza è stato possibile garantire anche inseguito la continuità delle iniziative sportive locali. A partire dal 1999le squadre di pallavolo di 18 Comuni dell’hinterland milanese impe-gnate ogni anno nel “Trofeo Martesana” hanno dato vita ad un ge-mellaggio con la città di Merka tra l’altro rinominando l’iniziativa“trofeo Città di Merka”.Il Progetto riguardava sia la realizzazione di attività sportive che la for-mazione di operatori locali, oltre alla definizione di strategie e pro-grammi per il settore sportivo. L’impatto positivo del progetto haavuto una duplice valenza: in loco, ha contribuito a rilanciare l’attivi-tà sportiva, strumento di fondamentale importanza nel processo for-mativo dei giovani somali; in Italia, grazie ad una vasta campagna disensibilizzazione dell’opinione pubblica, è stato avviato un processodi sostegno al settore sportivo di Merka e al Centro per la Pace, inuna logica di cooperazione decentrata e di contatto fra comunità.Il COSV sta realizzando un ulteriore progetto sullo sport e la pace.L’Obiettivo è contribuire al rafforzamento dell’associazionismo nellasocietà civile di Merka per sostenere un processo di pace. Gli obietti-vi specifici sono: migliorare le opportunità di aggregazione attraversoil sostegno all’organizzazione di eventi sportivi che diventino luoghi

QUANDO LO SPORT AIUTA LA PACE

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di incontro per le diverse componenti della comunità di Merka; mi-gliorare la dotazione di strutture e materiali adeguati per lo svolgi-mento di attività sportive; sensibilizzare i cittadini lombardi ai proble-mi della pacificazione e democratizzazione in Somalia e alla solida-rietà con la realtà sportiva di Merka.Con il progetto verranno potenziate le attività di formazione delle ri-sorse umane locali già attive nel mondo dello sport e organizzate ini-ziative sportive, quali tornei, scambi tra squadre, gemellaggi, festesportive, che coinvolgano il maggior numero di persone con una par-ticolare attenzione ai gruppi femminili. Nel corso di questi anni è ri-sultato evidente il ruolo fondamentale della pratica sportiva nei pro-cessi di educazione e di riabilitazione all’interno della società somalagravemente segnata dalla mancanza di stabilità politica e di riferi-menti istituzionali. Lo sport non è mai scomparso durante la guerraed ha stimolato la partecipazione comunitaria superando la divisionein clan. Esso si è rivelato un mezzo efficace per recuperare gli ex-mi-liziani e, portando ad un coordinamento delle risorse locali, ha con-tribuito a rafforzare il messaggio di pace.

Cinzia GiudiciPresidente COSV

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DUE RISATE E QUALCHE RIFLESSIONE

Intervistato dopo averassegnato i due rigori allaRoma contro il Venezia,

l'arbitro Collina haonestamente ammesso:

- In entrambe le occasioninon ho visto bene le azioniperché avevo i capelli negli

occhi...

Un laziale ed uno juventinostanno affogando nel Tevere,

e tu hai la possibilità disalvarne uno solo. Cosa fai?

Vai al cinema o vai alristorante?

Amo correre, é una cosa chepuoi fare contando sulle tuesole forze. Sui tuoi piedi e

sul coraggio dei tuoipolmoni. (Jesse Owens)

La vita é rincorrere il tempo(Carl Lewis)

Senza il pericolo la montagnanon è montagna, ma è un

gioco sterile. Posso far costruireuna montagna artificiale anche

in una grande sala, e lì fare degliallenamenti o delle gare. Questo

si fa oggi, ed è una forma diabilità nell'arrampicarsi. Però

non è quello che è l'alpinismo.All'alpinismo è necessaria la

difficoltà, l'esposizione, l'esserefuori nella wilderness, in un

ambiente selvaggio e desolato,e anche il rischio. Il fascino dellemontagne è dato dal fatto chesono belle, grandi, pericolose.

(R. Messner)

Perdere è un modo diapprendere. E vincere, unmodo di dimenticare quel

che si è appreso. (C. Drummond de Andrade,“Quando è giorno di partita”)

Tutto quello che so della vital'ho imparato dal calcio.

(A. Camus)

Si vede che lo sport rende gliuomini cattivi, facendoli

parteggiare per il più forte eodiare il più debole. (Alberto Moravia)

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5. L’ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA

1. Diritto e rovescio

L’essenza dello sport è il rispetto, e cioè un valore che dovrebbe essere es-senza anche della vita civile quotidiana. Rispetto verso se stessi, verso icompagni di gara, verso l’avversario, verso l’allenatore, verso il pubblico.Rispetto verso le regole che assicurano il corretto svolgimento della com-petizione nell’interesse sia di chi pratica l’attività sportiva sia di chi assiste.Il diritto prende in considerazione alcune ipotesi in cui tale rispetto vienea mancare e le sanziona. Ma c’è anche il ... rovescio: vale a dire una serie

Nelle Olimpiadi antiche, i giudici di gara, chiamati Ellanodici, erano assistitinei loro controlli di regolarità delle competizioni da personale ausiliario. Tra idoveri attribuiti a questo “organo esecutivo del comitato giudicante” vi eraanche quello di fustigare con sferze gli atleti scorretti, che violavano leregole o commettevano falli gravi. Veniva “bacchettato” chi, nelle gare dicorsa, provocava una falsa partenza o spingeva fuori pista l’avversario o glifaceva sgambetto.

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di situazioni che, non venendo avvertite come infrazioni, sono tollerate epersino incoraggiate. Pensate ad alcuni allenatori che invitano i giocatori a commettere falli pe-santi, a tenere comportamenti aggressivi in campo, ad insultare. Pensateanche che questo non accade necessariamente a livello agonistico, mapersino nei campetti da gioco dell’oratorio, dove alcuni sedicenti allena-tori incoraggiano i ragazzi a buttarsi in area, simulando un fallo per otte-nere il rigore. Si tratta di un modo di pensare, più ancora che di compor-tarsi, che viene insegnato da bambini e che diventa un modo di esserequando si cresce, producendo gravi danni sulla società e sul vivere civile.Corruzione, frode, violenza, doping. L’immagine dello sport negli ultimianni sembra essere stata compromessa pesantemente dal proliferare discandali ed indagini dagli esiti spesso agghiaccianti. Intere squadre di calcio indagate per doping, ciclisti ripresi in video chocmentre assumono sostante proibite, un campione come John McEnroeche confessa di essere stato dopato “con sostanze che avrebbero uccisoun cavallo”, denunce di episodi di corruzione non solo alle Olimpiadi mapersino in Serie D, dove sono stati offerti 20.000 euro per vincere unapartita, scommesse illecite, frode nei bilanci sportivi, violenza negli stadie arresti resi possibili da decreti che si sono dovuti emanare in tutta fret-ta per l’aggravarsi e il moltiplicarsi di episodi di aggressione.Ma come è possibile che proprio lo sport, che per sua natura dovrebberappresentare un momento di esaltazione di valori etici e di proficua ag-gregazione sociale, raccolga in sé un così grande potenziale negativo? In molti sostengono che questi disvalori sportivi siano riconducibili aglienormi interessi economici che coinvolgono il mondo dello sport sottoforma di ingaggi, sponsorizzazioni, diritti televisivi Ciò, tuttavia, potrebbegiustificare comportamenti negativi in ambienti agonistici, mentre si èavuto modo di verificare che l’assunzione di sostanze dopanti è frequen-te anche tra coloro che praticano sport a livello amatoriale e che la vio-lenza sportiva è diffusa anche nelle categorie juniores amatoriali. E se ad essere violento è il tifoso? Lo muove forse un conto corrente aper-to a suo nome? Che spiegazione dare allora? Forse bisognerebbe aver ilcoraggio di ammettere che il denaro può avere sì un ruolo importantenelle scelte di atleti, squadre e organizzazioni, ma che, tuttavia, esiste unfattore, spesso trascurato, ancora più rilevante nel determinare il com-portamento non solo degli atleti ma anche dei tifosi. È il Fattore C, doveC sta per Cultura.

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2. Quando dell’illecito sportivo si occupa il Giudice penale

L’Ordinamento Stataledisciplina

L’Ordinamento Sportivodisciplina

L’organizzazione, l’esercizio e losvolgimento dell’attività sportiva

Responsabilità CiviliQuando il fatto illecito comporta undanno patrimoniale. Le sanzionivengono comminate dai Giudici civili.

Responsabilità Penali Quando il fatto è previsto comereato dal Codice Penale. Le sanzioni vengono comminatedai Giudici penali.

Responsabilità DisciplinariLe sanzioni amministrativesportive vengono comminatedagli organi di giustizia sportivi.

L’atleta risponde penalmente per:• Violenza• Frode, corruzione• Doping

Obblighi e divieti, a carico sia degliatleti che di altri soggetti, la cuiinosservanza è diversamentesanzionata in relazione al tipo didisciplina e all’entità dell’infrazione

La violazione degli obblighi o deidivieti prescritti dai regolamentidelle varie federazioni, dettati alfine di garantire la paritàcompetitiva e l’uniformità deicriteri di classificazione deirisultati, è definitaIllecito Sportivo

Commettere un illecito sportivo fasorgere (insieme o alternativamente)

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Il Consiglio d’Europa, che ha sede a Strasburgo, ha dimostrato estre-mo interesse verso il ruolo che lo sport può avere all’interno della so-cietà, quale strumento per migliorare la qualità della vita, per facilita-re l’integrazione sociale, per contribuire alla coesione, in particolaretra giovani, e per diffondere lo spirito di tolleranza tra diverse cultu-re e mentalità. Il Codice di Etica Sportiva del Consiglio d’Europa è una delle nume-rose iniziative intraprese dal Consiglio per promuovere la diffusionedel fair play nell’attività sportiva. Si tratta di una dichiarazione di in-tenti adottata dai Ministri europei responsabili per lo Sport, che avràtanta più efficacia quanto maggiore sarà la assunzione di responsa-bilità da parte di coloro che operano nel mondo sportivo.Ma quali sono le indicazioni contenute nella Carta? Scopriamole at-traverso un gioco che ha una sola regola: non barare! Perché chigioca con fair play, vince sempre.

1. Il principio fondamentale del Codice è che i principi etici sportivisono in ogni attività sportiva ed in ogni fase della politica e della ge-stione del settore sportivo:a. elementi facoltativib. elementi essenzialic. elementi non indispensabili, ma importanti

2. Il Codice si rivolge principalmente:a. ai bambini e ai giovanib. agli adultic. ai Governi

3. Secondo il Codice, il fair play è soprattutto:a. un modo di comportarsib. giocare nel rispetto delle regolec. un modo di pensare

4. Secondo il Codice, il fair play comprende:a. la lotta contro l’imbroglio e le astuzie al limite delle regoleb. la lotta contro il doping, la violenza, la corruzione

TEST: CHI GIOCA CON FAIR PLAY VINCE SEMPRE

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c. la lotta contro lo sfruttamento e la disuguaglianza delle opportu-nità

5. Per la promozione del fair play sono principalmente responsabili: a. gli individuib. le organizzazioni sportivec. i Governid. i settori commercialie. gli spettatori

6. Dal 1997 al 2000, il Consiglio d’Europa ha posto al vertice dellasua agenda, insieme ai temi “Sport e Legge” e “Sport e Coesione so-ciale”, un terzo tema di particolare importanza. Sapreste dire quale?a. il ruolo democratico dello sportb. le pari opportunità nello sportc. lo sport e i rifugiati

7. Quale tra queste non rientra nelle indicazioni date dal consigliod’Europa ai singoli che lavorano con i Giovani:a. mettere al primo posto la salute, la sicurezza ed il benessere delbambino o del giovane atletab. adottare appropriate sanzioni in presenza di condotte scorrettec. insegnare ai giovani atleti che bisogna ottenere il risultato ad ognicosto

8. Chi, durante la Nona Conferenza dei Ministri europei responsabiliper lo sport, tenutasi a Bratislava il 30 maggio 2000, ha pronunciato,in un discorso incentrato sulla lotta al doping e alla violenza neglistadi, la seguente affermazione: “Priorità deve essere data alla edu-cazione, specialmente nelle aree della tolleranza e del fair play”:a. Milan Ftacnik, Ministro dell’Educazione nella Repubblica Slovaccab. Pietro Ago, Presidente dei Vice Ministri del Consiglio d’Europac. Walter Schwimmer, Segretario Generale del Consiglio d’Europa

Risposte corrette:1-b; 2-A; 3- C; 4-tutte; 5-tutte; 6-a; 7-C; 8-B

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6. UNA VIOLENZA CHE UCCIDE LO SPORT

1. Violenza o violenze?

Esistono vari tipi di violenza che possono uccidere lo sport:

• la violenza dell’atleta durante la competizione, quando cioè pone in es-sere una condotta che lede l’integrità altrui per cause contrarie alla fina-lità della competizione o estranee allo svolgimento della gara;• la violenza verbale tra atleti;• la violenza verbale dei mezzi di comunicazione verso l’atleta e la suaprestazione negativa;• la violenza fisica del tifoso verso altri tifosi;• la violenza verbale del tifoso verso i giocatori della propria squadraquando perdono, della squadra avversaria (che vinca o perda), verso gliallenatori, le società, i tifosi avversari.

La legislazione sportiva e penalesanziona alcuni di questi comporta-menti. Altri, tuttavia, rimangono im-puniti non solo dalla legge maanche dall’opinione pubblica, chequindi si rende complice della con-dotta aggressiva medesima.

1.1 La condotta dell’atleta chelede l’integrità altruiL’esercizio dell’attività fisica compor-

ta il rischio della lesione dell’integrità dell’avversario. Giocando a calcio,pallacanestro, football può capitare di fare male involontariamente al-l’avversario, perché si tratta di sport di contatto. In considerazione di ciò,

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L’OFFERTA DI UN PUGILE

Offre al signore di Pisa il pugileAulo il suo cranio, dopo averneraccolti ad uno ad uno i pezzi.Se tu lo salvi a Nemèa, grandeZeus, t’offrirà forse ancora lecaviglie, quel tanto che avràportato a casa.Lucillio

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l’esercizio di attività sportiva è consi-derata dal Codice Penale una causa digiustificazione, non codificata, in basealla quale “per il soddisfacimento del-l’interesse generale della collettività ache venga svolta attività sportiva èconsentita l’assunzione del rischiodella lesione di un interesse individua-le relativo all’attività fisica. Vi sono deicasi, tuttavia, in cui l’atleta che procu-ra una lesione ad un altro atleta risponde penalmente; ciò avviene quan-do egli travalica il dovere di lealtà sportiva, non rispettando le norme che

regolano la sua disciplina, ed esponel’avversario ad un rischio superiore aquello consentito nella pratica edaccettato dal partecipante medio”.(Cass., Sez. IV 99/217643)

1.2 La violenza verbale tra atleti

Si tratta di una forma di violenzamolto spesso tollerata e consideratagiusto sfogo rispetto alle tensioniagonistiche. Eppure, anche la parolaè una forma di violenza che generaulteriore violenza. L’aggressività ver-bale è il primo passo verso l’aggres-sività fisica: quando si ricorre ad in-sulti o minacce il gioco è finito, nonesiste più. Ci si è spostati su un altropiano, dove i valori della lealtà ago-nistica, della correttezza e del rispet-to non trovano più spazio.

1.3 La violenza verbale dei mezzidi comunicazione verso l’atleta Si parla spesso di “pressione deimedia” sull’atleta, ritenendo che

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Secondo Demostene, andavaesente da colpa l’atleta chenei giochi avesse procurato

la morte dell'avversario, se lasua intenzione era “superare

un vivente e non dargli lamorte”.

IL PARERE DELLA CASSAZIONE

In tema di cosiddetto illecitosportivo l’autore dell’eventolesivo che sia stato rispettosodelle regole del gioco, deldovere di lealtà nei confrontidell’avversario e dell’integritàfisica di costui non saràperseguibile penalmente inquanto non potrà dirsi superatala soglia del rischio consentito.Diversamente, allorché il fattolesivo si verifichi perché ilgiocatore violi volontariamentele regole del giocodisattendendo i doveri di lealtàverso l’avversario, il fatto nonpotrà rientrare nella causa digiustificazione, ma saràpenalmente perseguibile (Cass.,Sez.V 99/216436).Nella specie la Cassazione haritenuto che non potesseritenersi scriminato ilcomportamento del giocatore dipallacanestro che aveva sferratoun pugno al giocatoreavversario attingendone lamandibola destra.

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anche questa sia una parte delgioco, che chi ha onori – e nel casodi certe discipline come il calcio sti-pendi elevati – debba accettareanche gli oneri. Non ci si accorgeche questa può essere un’altraforma di violenza. La critica, quandoè corretta, sana e costruttiva puòaiutare l’atleta a migliorare le pre-stazioni. Ma l’incoerenza di alcunimezzi di comunicazione, che da unadomenica all’altra o da una presta-zione all’altra trasportano l’a-tletadallo stato divino al peggiore degliinferni, espone lo stesso ad aggres-sioni psicologiche e verbali controcui è difficile difendersi, se non cer-cando un proprio equilibrio interio-re. Come sempre, e per tutte le que-stioni, i media hanno un potereenorme (quello di influenzare emuovere gli animi) e responsabilitàancora maggiori. Che, forse, do-vrebbero iniziare ad assumersi.

1.4 La violenza verbale del tifoso Il tifoso è colui che, identificandosicon l’atleta o con la squadra, fruiscedello sport in modo indiretto e tut-tavia appassionato, in quanto traedalle competizioni sportive unavasta serie di emozioni (piacere,gioia, sofferenza, rabbia) quasicome fosse sceso in campo o in

pista in prima persona. La reazione dei tifosi varia a seconda del tipo disport che si segue. Golf, ginnastica, pattinaggio, atletica coinvolgono il ti-foso in maniera più tranquilla, mentre non è difficile assistere a manife-stazioni emotive più intense quando si guarda una partita di calcio, un

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EURIPIDE CRITICO SPORTIVO

“Benché vi siano milioni di maliin Grecia, non vi è nulla dipeggiore delle corse degli atleti.Innanzitutto essi non imparanoa condurre una buona vita népotrebbero mai farlo. Comeinfatti potrebbe un uomoschiavo delle sue mascelle eobbediente al suo stomacoacquisire una ricchezza chesuperi quella di suo padre? Néd’altra parte questi uomini sonocapaci di sopportare la povertàe di aiutare la fortuna: quandogiunge l’età amara, sono comedei rozzi mantelli che col temposi sono logorati”.Euripide (Autolycus, frammento282).

NESSUN IMBARAZZO PER ILPERDENTE, NESSUNA EBREZZAPER IL VINCENTE

In Cina, nell’Ottocento, illottatore o pugile di rangosociale elevato, tuttoimpomatato e abbigliato,doveva rispettare un codice dicomportamento sottile edesclusivo. I suoi sport eranopieni di pignolerie, con molteproibizioni per evitare unospiacevole imbarazzo a chiperdeva e l’ebbrezza a chivinceva.

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match di football o un incontro di pugilato. Talora queste manifestazioniemotive trascendono e conducono all’offesa, all’insulto, all’aggressività.Alcuni tifosi insultano la propria squadra se perde e la squadra avversa-ria, non solo se questa vince ma anche se perde. Insultano gli allenatori, le so-cietà, gli altri tifosi. Perché? Rispetto, responsabilità, complessi di inferiorità: forse è con que-ste parole che si può cercare di rispondere. Un “rispetto” che è dovutosempre, a qualunque essere umano, in ogni contesto. Una “responsabi-lità” che va riconosciuta, per cui diventi normale ammettere che la pro-pria squadra quel giorno “non ha giocato bene”, senza che si debba ri-correre ad espressioni comuni quali “arbitri corrotti”, “voi non ve lo me-ritavate”, “avete rubato il risultato”, che appaiono piuttosto pretesto ogiustificazioni per non ammettere una prestazione negativa e accettarla.Accettare la sconfitta. Imparare dalla sconfitta, in attesa di nuove vittorie.Sostenere la squadra. Comunque. Pretendendo il massimo impegno enulla più. Responsabilità che non solo si richiede al tifoso, ma anche a co-loro che, per la carica che rivestono, potrebbero influenzare determinaticomportamenti. Il presidente della squadra o l’allenatore che si lascia an-dare ad affermazioni offensive su fatti non provati riguardanti la squadraavversaria di fatto fornisce al tifoso una motivazione e una giustificazio-ne all’esercizio della violenza. Se alcuni arbitri o giudici di gara, a dettadei presidenti, degli allenatori, degli atleti o della stampa, sono corrotti eincompetenti, se i loro giudizi non sono corretti, se sono anche solo inmala fede, insomma se l’impressione che si genera è quella che non sipossa avere un arbitraggio giusto, allora il tifoso si fa giustizia da sé. Perquesto, occorrerebbe maggiore attenzione e cautela da parte di coloroche si muovono nel mondo sportivo quali attori primari. Se si denuncia-no certi “imbrogli” lo si deve fare coraggiosamente nelle appropriate sedie non scagliando la pietra nell’ambito di una conferenza stampa e riti-rando subito la mano. Ed infine, la terza locuzione è “complesso di inferiorità”: perché certevolte ci si immedesima con una squadra vincente per essere vincenti ecancellare l’immagine da perdente che abbiamo di noi. In questo caso c’èqualcuno che vince per te ed è come se vincessi anche tu. Ma che suc-cede se questo qualcuno perde? Crescono la rabbia e la collera, perchéviene meno la propria artificiale possibilità di rivalsa.

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1.5 La violenza fisica del tifoso

E se dall’aggressività verbale si passa a quella fisica? Purtroppo, numero-si episodi di violenza sui campi da gioco hanno dimostrato che il passag-gio può essere estremamente veloce. E pericoloso. Le perdite più gravi etragiche sono state quelle umane. Ma non si possono valutare i costi chetutta la società deve affrontare per il comportamento di pochi. Chi pagale spese ospedaliere delle vittime? Chi paga i sedili negli stadi letteral-mente sradicati e lanciati in campo? Chi paga tutti gli agenti di polizia,carabinieri, forze ausiliarie che si devono schierare ogni domenica te-mendo il peggio? Chi ci ripaga del fatto che adesso si ha paura ad anda-re a vedere una partita di calcio?Il Governo è dovuto intervenire per emanare un decreto legge, attual-mente convertito nella L.88/2003, per punire i comportamenti dei tifosiviolenti con arresti in differita e non in flagrante nello stadio. Pur rite-nendo che si tratti di un importante passo in avanti per sconfiggere la vio-lenza gratuita all’interno di competizioni sportive, è evidente che il timo-re della sanzione non può essere sufficiente a far desistere i tifosi violen-ti dal muovere attacchi aggressivi contro cose e persone. Occorre investi-re maggiormente nella cultura, promuovendo i valori etici dello sport.

Estratti dell’articolo

“E adesso i club dovrebbero divorziare dagli ultras”di Filippo Grassia (pubblicato su Il Giornale).“Cominciamo a chiederci come è possibile che tanti malavitosi, chiamiamolicon il loro vero nome, possano entrare in un impianto sportivo armati dimazze da baseball, catene metalliche e altri oggetti contundenti, per di piùsenza biglietto. A questa semplice domanda, all’apparenza banale, nonpossono rispondere soltanto i questori e i prefetti che ogni settimanadistolgono migliaia di uomini dai servizi istituzionali per destinarli a tutelarel’ordine pubblico negli stadi. Troppo facile, troppo comodo. Mica si possonoblindare gli impianti sportivi per evitare sommosse, feriti, morti. (...) Se lesocietà non metteranno alle porte gli ultras, a costo di subire anche qualchericatto di giornata, niente cambierà in un prossimo futuro. Ci sono ultrasche si occupano del marketing, altri che hanno in gestione i parcheggiintorno agli stadi, altri ancora che fungono da fiancheggiatori con cori estriscioni. In altre parole usano le società e dalle società vengono usati”.

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Gli infopoint nazionaliUna decisione del Consiglio d’Europa del 2002 ha creato i presupposti

per la realizzazione di punti di informazione nazionali sul calcio, perfacilitare lo scambio di informazioni e la cooperazione internazionale frapolizie. Grazie all'esperienza dell'Europeo 2004, il Consiglio ha formulatouna nuova proposta che permette a questi infopoint di accedere ai dati

personali dei sostenitori a rischio e produrre a loro volta informazioni utiliper la prevenzione.

Legge 24 aprile 2003, n. 88

“Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 febbraio2003, n. 28, recante disposizioni urgenti per contrastare i fenomeni diviolenza in occasione di competizioni sportive”

Art. 01. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, nei luoghi incui si svolgono manifestazioni sportive, venga trovato in possesso di razzi,bengala, fuochi artificiali e petardi ovvero di altri strumenti per l’emissione difumo o di gas visibile, è punito con l’arresto da tre a diciotto mesi e conl’ammenda da 150 euro a 500 euro.

Art. 1. Nei casi di cui al comma 1-bis, quando non è possibile procedereimmediatamente all’arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica, siconsidera comunque in stato di flagranza ai sensi dell’articolo 382 delcodice di procedura penale colui il quale, sulla base di documentazionevideo fotografica o di altri elementi oggettivi dai quali emergainequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l’arresto siacompiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e,comunque, entro le trentasei ore dal fatto.

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VIOLENZA A OGNI COSTO

Le norme CONI per l’impiantistica sportiva, così come le altre dispo-sizioni in materia, hanno lo scopo di individuare livelli minimi qualita-tivi e quantitativi da rispettare nella realizzazione di nuovi impiantisportivi, ovvero nella ristrutturazione di quelli esistenti. Ciò al fine diconsentirvi lo svolgimento della attività sportiva, in condizioni di igie-ne e sicurezza per tutti gli utenti (atleti, giudici di gara, personale ad-detto, spettatori) secondo le esigenze connesse al livello di praticaprevisto (artt.1-2, Norme Coni per l´impiantistica sportiva - approva-to dalla Giunta Coni 15/7/99 nov. 1999).Le norme citate, per quanto esaustive possano essere, non sono tut-tavia sufficienti per garantire la sicurezza all’interno e nelle adiacen-ze di un impianto sportivo. Esse, infatti, si basano sul postulato cheall’interno dell’impianto sportivo ciascun soggetto partecipante allagara, in qualità di pubblico, atleta o arbitro, tenga un comportamen-to consono e civile. Ma i numerosi episodi di violenza e vandalismoall’interno degli stadi e nei luoghi circostanti ci costringono a riflette-re sul fatto che la sicurezza non è solo un fatto di “cose”, ma anchedi persone. Che la realizzazione di poltrone e altri mobili imbottiti diclasse di reazione al fuoco 1 IM e di sedili non imbottiti e non rivesti-ti, costituiti da materiali rigidi combustibili di classe di reazione alfuoco non superiore a 2” ci garantisce in caso di incendio, ma non ciprotegge da chi quei sedili li sradica e li getta sulla folla o in campo.E che nessuna barriera di divisione tra spazi destinati all’attività spor-tiva e spazi di attività ha finora impedito ai tifosi di invadere il campoo di lanciarvi fumogeni, petardi, oggetti contundenti.Pertanto, la sicurezza all’interno degli impianti sportivi si raggiungenon solo attraverso la corretta realizzazione degli impianti, maanche attraverso l’educazione etico-sportiva di coloro che assi-stono o partecipano alla competizione.Di conseguenza, educare il tifoso a vivere lo sport con fair play è in-dispensabile per assicurare la sicurezza negli stadi. Diversamente lasocietà subisce un triplice danno: • danno socio-sportivo - ci si allontana dalla partecipazione allo sport,perdendo le positività in esso contenute;• danno materiale - chi paga i danneggiamenti dello stesso impiantosportivo (sedie sradicate, vetri rotti, spazi bruciati o rovinati, etc.) e dei

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luoghi adiacenti?• danno economico - chi paga le forze dell’ordine mobilitate per ga-rantire la sicurezza? Chi sostiene le spese mediche dei feriti?

Alcuni dati del rapporto “Analisi del fenomeno della violenzanegli stadi”, pubblicato dal Dipartimento della Pubblica Sicurezzadel Ministero dell’Interno, in merito alla violenza negli stadi nelleprime 20 giornate del campionato calcistico del 2001-2002 e ai dannieconomici che ne conseguono, sono sorprendenti:- per ogni giornata di campionato vengono impiegati circa 8.000 ele-menti delle Forze dell´Ordine di cui 2.400 unità di rinforzo dellaPolizia di Stato e 1.280 dell´Arma dei Carabinieri, 2.640 delle forzeterritoriali della Polizia di Stato e 1.440 dell´Arma dei Carabinieri.- Ai fini della stima degli oneri finanziari connessi all’impiego delleforze dell´ordine negli stadi, va considerato che il costo medio gior-naliero di un operatore di Polizia ammonta ad euro 198,85, compre-se le competenza fisse. Pertanto, considerando le 8.000 unità impie-gate in ciascuna delle 20 giornate trascorse, l´onere finanziario per ilpersonale ammonta ad euro 31.816.000,00. - Considerato che anche nelle giornate di assenza per congedostraordinario per malattia spetta, comunque, al dipendente la retri-buzione relativa alle competenze fisse, che ammonta mediamente adeuro 75,00, compresi gli oneri sociali, ne deriva che la mancata pre-stazione lavorativa dei 569 operatori feriti, per una media ponderatadi 10 giorni di indisponibilità fisica, comporta un costo pari ad euro426.750,00.- Per quanto concerne i mezzi utilizzati dalle Forze dell´Ordine e laloro eventuale indisponibilità a seguito di danneggiamenti, un para-metro di raffronto può essere rappresentato dal costo medio per ilnoleggio di un mezzo idoneo a trasportare 7 persone, pari ad euro100 giornalieri, per cui il costo complessivo per la movimentazione di8000 unità delle Forze di Polizia ammonta ad euro 114.000,00.- In definitiva il costo totale di una giornata di campionato è quanti-ficabile in euro 31.916.000,00.

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Come quattro ragazzi che strimpellavano gli strumenti qualche annofa, anch’io sono nato a Liverpool. Non ho avuto una brillante carrie-ra di musicista, ma mi sono affezionato alla locale squadra di calcio.È stato con orrore che ho assistito agli avvenimenti della sera del 29Maggio 1985 allo stadio Heysel, quando il Liverpool contese alla Ju-ventus la Coppa dei Campioni. Travolti dalla bestialità di un gruppodi teppisti inglesi, molti italiani persero la vita. Che sia un rappresen-tante dell’Inghilterra (oltre che degli altri membri del Regno Unito,ovviamente), a parlare di violenza negli stadi, potrà quindi sembrareparadossale a molti lettori. Ma l’Inghilterra ha cercato di trarre un in-segnamento da questo come da altri tragici eventi simili, ed ha fattodei passi da gigante nella lotta alla violenza negli stadi. Forse non ba-sterà per sdebitarci del tutto, ma ci teniamo a condividere con glisportivi italiani la nostra esperienza in merito. Credo che il punto di partenza della discussione debba essere questo:in Inghilterra come in Italia, il calcio è di tutti, gli stadi sono di tutti.Gli “hooligan” dell’Heysel non rappresentano il football inglese, iteppisti che ogni tanto devastano gli stadi delle città italiane non pos-sono monopolizzare il calcio del Bel Paese. Per costoro il calcio è soloun accidente, qualcosa che avviene alle loro spalle mentre bercianocori razzisti ed insultano chi vuole guardare una partita in santa pace.Tant’è che spesso sono loro stessi ad impedire che le partite si gio-chino. Eppure, queste minoranze di teppisti sono riusciti a espro-priarci da casa nostra, sistemandosi comodamente nel soggiorno. Edallora, non ci rimane che cacciarli dalle nostre case e non farceli piùentrare. Facile a dirsi. Ma come fare? Innanzitutto, possiamo trasfor-mare i nostri stadi in luoghi più comodi e più adatti alla visione di unospettacolo. A teatro, in un cinema, la gente assiste a quello che suc-cede comodamente seduta in poltrona: anche noi appassionati di cal-cio meritiamo questo trattamento. Ma, ovviamente, non è solo unaquestione di comfort: è una questione di sicurezza. Uno stadio contutti posti a sedere è più sicuro e più facilmente controllabile dalleforze dell’ordine e dagli addetti alla sicurezza.Quindi, dobbiamo impedire che chi si è già macchiato di questo ge-nere di reati possa nuovamente mettere piede in uno stadio. NelRegno Unito già 1800 persone sono soggette a ordinanza di divieto,

THE BEAUTIFUL GAME

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della durata dai due ai dieci anni: quando si gioca una partita di cal-cio, loro si devono presentare presso un’autorità di controllo apposi-tamente istituita. Inoltre, quando l’Inghilterra gioca un match inter-nazionale all’estero, a chi è soggetto ad una ordinanza di divietoviene sequestrato il passaporto per i cinque giorni precedenti alla par-tita. Le pene per chi cerca di aggirare questi divieti sono particolar-mente severe.Inoltre, punto portante della legislazione britannica in materia, le or-dinanze di divieto possono essere emesse anche in assenza di unacondanna penale: i provocatori noti alla polizia che riescono ad elu-dere una condanna possono essere fermati comunque tramite un’or-dinanza su denuncia. Ovviamente, devono esservi sospetti fondati edesistono ampie forme di impugnazione di tali ordinanze. Ma il crite-rio è questo: un teppista - anche se non è stato condannato in pre-cedenza - deve essere ugualmente tenuto lontano dalle partite.Quindi, è fondamentale il lavoro di prevenzione: è estremamente dif-ficile reprimere gli episodi di violenza mentre accadono. Bisogna,piuttosto, evitare che accadano. Per fare questo, è necessario un la-voro che potremmo definire di “intelligence”: i tifosi violenti vannoidentificati e perseguiti prima che si rechino allo stadio. Questo ri-chiede un attento lavoro da parte della polizia, ma, soprattutto, ri-chiede la collaborazione delle società sportive e di tutti i veri tifosi. Èanche loro compito isolare e segnalare i violenti. In Inghilterra abbia-mo trovato un meccanismo che ha dato buoni risultati, quello degli“spotters”. Questi non sono altro che degli “agenti informatori” cheoperano in borghese dentro agli stadi: se vedono qualcuno che sicomporta in maniera violenta, lo segnalano alle forze dell’ordine.Questi consigli amichevoli non rappresentano una panacea immedia-ta e sicura contro il male della violenza negli stadi. Ma sono misureche, se adottate con rigore, possono portare a soluzioni soddisfacen-ti in tempi ragionevoli. Il calcio italiano è troppo bello per essere mac-chiato da episodi di barbarie ed inciviltà. Penso che sia dovere di tuttinoi amanti di quello che oltremanica viene definito “the beatifulgame” - il bel gioco per eccellenza - di non tollerare chi ne approfit-ta per dare libero sfogo ai suoi peggiori istinti. Andare allo stadiodeve essere un piacere, non un’avventura.

Sir Ivor RobertsAmbasciatore Britannico in Italia (2000-2003)

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7. FRODE SPORTIVA E CORRUZIONE

1. Chi froda s’imbroda!

Negli anni ‘70 e ‘80 scoppiò il grave scandalo del calcio-scomesse, in cuifurono coinvolti numerosi calciatori e società sportive. Si scoprì, attraversodenunce e indagini della magistratura, l’esistenza di una vera e propria or-ganizzazione criminale che traeva inimmaginabili profitti da un sistema discommesse clandestine su partite di calcio truccate.Molti furono i calciatori indagati e quelli chiamati a testimoniare. Poche,tuttavia, seppur sensazionali, furono le condanne.Il calcio era malato. Per cercare di guarirlo fu adottata una legge che con-figurava il delitto di frode nelle competizioni sportive e prevedeva sanzio-ni per chi poneva in essere condotte fraudolente. Si trattava della leggen.401/89, tuttora in vigore, il cui art.1 configura il delitto di frode come in-dicato nel seguente schema.

Offrire o promettere denaro o altra utilità o vantaggio a taluno deipartecipanti ad una competizione sportiva organizzata dalle Federazioni

riconosciute dal CONI, UNIRE o da altri enti sportivi riconosciuti dallo Stato edalle associazioni ad essi aderenti

Compiere atti fraudolentiovvero

A che fine?

Chi ne risponde?

Chiunque pone in essere lacondotta

(art.1 co.1)

Il partecipante alla competizione cheaccetta l’offerta o la promessa

(art.1 co.2)

Al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto eleale svolgimento della competizione

CONDOTTE PUNIBILI COME FRODE

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È frode sportiva - dai più conosciuta impropriamente sotto il nome di“corruzione” (che di fatto è una reato identico nella struttura, ma pre-suppone che una delle parti sia un pubblico ufficiale) - qualunque atto di-retto ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara, ovvero ad assi-

E L’OMOLOGAZIONE DELLE GARE?

L’esercizio dell’azione penale per il delitto di frode e la sentenza che definisceil relativo giudizio non influiscono in alcun modo sull’omologazione dellegare né su ogni altro provvedimento di competenza degli organi sportivi. Ilcompito di verificare la regolarità dello svolgimento della gara, di omologarneil risultato ovvero di negare l’omologazione o annullare il risultato omologatoè di esclusiva competenza degli organi di giustizia sportiva.

COME NASCE UNA SCOMMESSA

Nell’Inghilterra dell’Ottocento, “l’industria del totalizzatore comparve inrisposta ad un’opportunità. Le scommesse, naturalmente, non sono cosanuova; già Omero descriveva l’ansia degli scommettitori a una corsa di bighe.Le scommesse facevano parte integrante dei riti religiosi e delle competizionisportive che li accompagnavano presso gli indiani americani delle pianurecentrali. Gli egizi facevano piccole scommesse sui giochi da tavolo e i romanirischiavano informalmente piccole somme sul lancio dei dadi o nelle lotte deigladiatori. Tuttavia, la scommessa quale si andò evolvendo nella civiltà inglesepre-industriale è un qualcosa che non ha precedenti ad essa paragonabili. Lescommesse sugli sport in Inghilterra sono ben lontane dal concetto di purafortuna (come per esempio in una lotteria) o dalla fiducia nel fato (come neigiudizi di Dio nel Medioevo). Può anche darsi che pregasse, ma il primoscommettitore inglese sui cavalli e i suoi discendenti erano convinti che levalutazioni dei cavalli in gara o delle condizioni di un corridore (spesso eglistesso) fossero più informate e obiettive e, pertanto, superiori a quelle degliavversari che scommettevano il contrario. Le scommesse di un anglosassonemoderno erano sostanzialmente diverse da quelle di un velocista greco o diun giocatore di palla degli Indiani d’America che, per quanto si potesseroessere diligentemente addestrati per la gara, consideravano la vittoriaun’affermazione che i rituali religiosi erano stati correttamente eseguiti. Dionon entrava più in gioco nelle gare sportive dell’Inghilterra dell’Illuminismodel XVIII secolo. Lo scommettitore inglese assomigliava ad uno speculatorecapitalista; chi scommetteva pensava di trarre profitto dalla sua superiorevalutazione di una situazione artificiale”.

R.D.MandellSport: a cultural history

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curare un vantaggio in classifica. Offrire ad un arbitro/giudice denaro ocostose regalie per favorire una delle squadre impegnate nella competi-zione è frode sportiva. Promettere all’atleta di sceglierlo come testimonialdi un prodotto chiedendo in cambio che si adoperi per favorire l’avversa-rio è frode. Chi commette tale illecito pone in essere un condotta con-traria a quei valori di lealtà, probità e correttezza che costituiscono l’es-senza dello sport. Non solo. Commettendo una frode sportiva si falsanole regole del mercato. In che modo?

2. La bolla/balla dell’imbroglio

Un arbitraggio scorretto (ad esempio nelle competizioni di calcio) può in-fluenzare il mercato sportivo. Facciamo un esempio, l'ipotesi di un Mon-diale di Calcio: quando si favorisce la squadra ospitante di un Paese in cuiil calcio è poco diffuso, di fatto si tenta di rendere più florido il mercatostesso, di aumentare l’indotto, gli investimenti, le sponsorizzazioni solle-citando l’interesse nazionale. Gli abitanti del Paese iniziano ad interessar-si, seguono le partite, s’infiammano per la loro nazionale, comprano gad-get di ogni sorta; la stampa ne scrive, le televisioni ne parlano. Finisce ilMondiale. La squadra nazionale continua a partecipare alle competizionisportive internazionali. Perde la prima partita. Perde anche la seconda.

Inizia il declino. Del resto, lespinte sono finite. Cosa succe-de? I tifosi rimangono delusi,perdono interesse, non com-prano più abbonamenti, négadget. Il nuovo mercato si rile-va una bolla/balla destinata adesplodere.Domanda: e se nel corso di queiMondiali gli abitanti di quelPaese avessero assistito al verocalcio spettacolo, che non pre-mia necessariamente la squadranazionale, ma lo sport, non sisarebbero ugualmente appas-sionati? Non ne sarebbero rima-sti conquistati? Forse il mercato,

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anziché crescere alla velocità dellaluce, si sarebbe sviluppato più lenta-mente, guadagnandosi giorno pergiorno l’attenzione popolare. Forse iguadagni inizialmente non sarebbe-ro stati così elevati come nel primocaso. Ma con ogni probabilità si sa-rebbero gettate le basi per un mer-

cato più solido ed equilibrato, di lunga durata. Questo è solo un esempio di come il mercato possa essere influenzatodalla frode sportiva, ma ve ne sono molti altri. Basti solo pensare al fattoche alcune società calcistiche italiane sono quotate in borsa e quanto suciò possano incidere vittorie e sconfitte se la società non è diretta e ge-stita con responsabilità ed etica.

3. Frode, incompetenza o alibi?

“Hanno comprato la partita”. “Eraun incontro truccato”. “L’arbitro ècorrotto”. Quante volte si ascolta-no frasi di questo tipo. Frasi d’ef-fetto, che tuttavia nella maggiorparte dei casi sono dette a spropo-sito. Perché? Forse perché a volte èfacile attribuire la cattiva prestazio-ne di una squadra ad una causaesterna. Oppure perché a volte conleggerezza si confondono corruzio-ne e incompetenza. Un direttore digara può dirigere male un incontroperché è incompetente, male ad-destrato e non necessariamenteperché è in mala fede o perché èstato pagato. È importante distin-guere queste situazioni, se si vuolerealmente che le denunce basatesu fatti reali siano credibili e sorti-scano effetto. Ancora una volta, è

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Il Tribunale di Belluno haritenuto colpevole di tentataconcussione il Vice Sindaco delComune di Cortina che, nellaqualità di Vice presidente di un“comitato” appositamenteistituito dall’ente medesimo perprovvedere in forma agile allosvolgimento di tutte le iniziativevolte ad ottenere che Cortinafosse scelta dal ComitatoInternazionale Olimpico qualesede dei Giochi invernali del1992, nel corso di una trattativaprivata condotta allo scopo direperire un contraente che sioccupasse della propagandainternazionale dell’immagine diCortina e dell’acquisizione diappropriati contratti disponsorizzazione, avevarichiesto una tangente allasocietà contattata,condizionando implicitamente ilbuon esito della trattativamedesima al fatto che la societàaderisse a quella richiesta (Trib.Belluno, 1994, F.it. 95, II, 188).

Frode?

Alibi?

Incompetenza?

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una questione di responsabilità. Le denunce relative ad episodi di frodesportiva dovrebbero essere fatte nelle sedi opportune agli organi compe-tenti. Molto spesso, però, la sede prescelta è la conferenza stampa o l’in-tervista televisiva/giornalistica. Gli effetti sono pirotecnici. Basta un’affer-mazione per far scoppiare una serie di fuochi d’artificio le cui eco si pro-pagano per giorni e giorni. Ma così facendo perdono credibilità le de-nunce serie, quelle cioè basate su fatti concreti e prove.

4. Appaltasi corruzione

L’organizzazione di eventi sportivi è talora accompagnata da episodi spia-cevoli di corruzione/concussione negli appalti, nelle forniture e nei servi-zi. Costruire palazzetti, stadi, piscine; realizzare piste ghiacciate e tram-polini per i giochi invernali; progettare villaggi in cui soggiornino gli atle-ti, i manager, gli allenatori, i tecnici: aggiudicarsi l’evento comportanuove possibilità di sviluppo e di guadagno per ogni città o Paese. Sipensi solo ai ristoranti, agli alberghi, ai negozi che possono contare sul“turismo sportivo”. Alle sponsorizzazioni, alle pubblicità, alle concessionidi diritti televisivi. L’evento sportivo è un business che porta molto dena-ro. E là dove c’è denaro, si tratti di sport o di altra attività, può verificarsianche corruzione o concussione. Per questo motivo, è opportuno chel’aggiudicazione dell’evento e la sua organizzazione siano governate daipiù alti principi di correttezza e trasparenza.

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Transparency International Italia ha proposto il seguente sondaggionel 2004 a 357 studenti delle scuole secondarie superiori in età com-presa tra i 14 ed i 18 anni. Nel 2007 ha riproposto il medesimo son-daggio a 855 studenti in etá compresa tra i 13 e 20 anni. I risultati,in entrambi i casi, sono stato molto interessanti. I dati comparati of-frono importanti spunti di riflessione sulla percezione che i giovanihanno della diffusione della corruzione e del doping nel mondo dellosport. Provate a rispondere alle domande in questione e confrontatele vostre soluzioni con quelle dei ragazzi.

Sesso: ____ Età: ____Elenca le forme che può assumere la corruzione in ambito sportivo(es. regali, tangenti, pressioni, prestazioni sessuali...)__________________________________________________________

CORRUZIONE E DOPING: UN SONDAGGIO PER CONOSCERE CHE PERCEZIONE NE HANNO I GIOVANI

1. Pratichi uno o più sport?

2. Partecipi a competizioni agonistiche?

3. Lo sport unisce le persone?

4. Diminuisce le tensioni sociali?

5. Pensi che la corruzione sia molto diffusa negli ambienti sportivi?

6. La corruzione è più diffusa ad alti livelli di competizione che nelle associazioni sportive non professionistiche?

7. Pensi che sia inevitabile la corruzione nel mondo dello sport?

8. L’uso di sostanze doppanti è più diffuso ad alti livelli di competizione che nelle associazioni sportive non professionistiche?

9. Pensi che sia inevitabile l’assunzione di sostanze doppanti in occasione di competizioni sportive?

10. Nel mondo del calcio, c’è più corruzione che in ogni altro ambiente sportivo?

NO

NO

NO

NO

NO

NO

NO

NO

NO

NO

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calcio SÌ__ NO__pattinaggio sul ghiaccio SÌ__ NO__pallacanestro SÌ__ NO__golf SÌ__ NO__tennis SÌ__ NO__pugilato SÌ__ NO__nuoto sincronizzato SÌ__ NO__

atletica SÌ__ NO__pallavolo SÌ__ NO__ciclismo SÌ__ NO__tuffi SÌ__ NO__formula 1 SÌ__ NO__arti marziali SÌ__ NO__scherma SÌ__ NO__

11.Credi che i seguenti ambienti sportivi siano corrotti?

12. Credi che ci sia utilizzo di sostanze proibite nei seguenti ambienti:

calcio SÌ__ NO__pattinaggio sul ghiaccio SÌ__ NO__pallacanestro SÌ__ NO__golf SÌ__ NO__tennis SÌ__ NO__pugilato SÌ__ NO__nuoto sincronizzato SÌ__ NO__

atletica SÌ__ NO__pallavolo SÌ__ NO__ciclismo SÌ__ NO__tuffi SÌ__ NO__formula 1 SÌ__ NO__arti marziali SÌ__ NO__scherma SÌ__ NO__

13. Hai assistito ad episodi di corruzione in occasione di competizioni sportive alle quali hai partecipato?Se sì, più di 5 volte?

14. Sei stato coinvolto personalmente in episodi di corruzione?Se sì, più di 5 volte?

15. Se hai solo assistito a detti episodi, sei poi intervenuto?Perché?

16. Li hai denunciati?

17. Pensi che sia da spioni denunciare comportamenti scorretti?

18. Ti sei rifiutato o ti rifiuteresti di partecipare ad un incontro truccato?Perché?

19. Hai mai assistito ad episodi di doping in occasione di competizioni sportive alle quali hai partecipato?Se sì, più di 5 volte?

NO

NO

NO

NO

NO

NO

NO

NO

NO

NO

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20. Hai assunto sostanze “proibite” che ti permettessero una migliore prestazione sportiva?Se sì, più di 5 volte?

21. Segnaleresti un compagno che fa uso di tali sostanze?

22. Credi che la situazione possa essere migliorata?Come?

NO

NO

NO

NO

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Risultati dei sondaggi

Nel 2004 l’83% dei 357 studenti intervistati riteneva che la corruzionefosse molto diffusa nel mondo dello sport ed in particolare a livello pro-fessionistico. Nel 2007 il dato viene confermato, con un lieve incrementodella percentuale in aumento (84% degli 855 studenti intervistati). Mi-gliora significativamente, invece, la percezione che i giovani hanno dellainevitabilitá del fenomeno, probabilmente come effetto dei processi dicalciopoli che hanno visto indagate e sanzionate alcune delle principalisocietá di calcio della Lega Italiana: nel 2007 solamente il 26% degli in-tervistati ritiene inevitabile la diffusione della corruzione nello sport, men-tre nel 2004 la percentuale era del 40%.

INDICE DI PERCEZIONE DELLA DIFFUSIONE DEL DOPING E DELLA CORRUZIONE SPORTIVA

Quanti studenti hanno risposto SÌ alle seguenti domande?

ANNO ________________________________________________ 2004 2007CAMPIONE _____________________________________________ 357 855

Partecipi a competizioni agonistiche? ______________________ 64% 30%Lo sport unisce le persone?_______________________________ 95% 91%Lo sport diminuisce le tensioni sociali? _____________________ 60% 55%La corruzione è molto diffusa negli ambienti sportivi? ________ 83% 84%La corruzione è più diffusa ad alti livelli di competizione? _____ 82% 84%La corruzione è inevitabile nel mondo dello sport? ___________ 40% 26%Il doping è più diffuso ad alti livelli di competizione? _________ 78% 83%Il doping è inevitabile nel mondo dello sport? _______________ 17% 12%Il calcio è la disciplina più corrotta? ________________________ 57% 96%Hai assistito ad episodi di corruzione sportiva? ______________ 22% 14%Se hai assistito, sei poi intervenuto? (tra chi ha risposto si)____________________________________ 20% 5%Se hai assistito, hai inoltrato denuncia? (tra chi ha risposto si)_____________________________________ 4% 2%Sei stato coinvolto personalmente in episodi di corruzione? ___ 10% 7%È da spioni denunciare comportamenti scorretti? ____________ 10% 11%Ti sei rifiutato o ti rifiuteresti di partecipare ad un incontro truccato?_________________________________ 80% 82%Hai assistito ad episodi di doping in occasione di competizioni sportive cui hai partecipato? __________________ 13% 7%Ti sei mai dopato? _______________________________________ 6% 3%Segnaleresti un compagno che fa uso di tali sostanze? _______ 46% 42%Credi che la situazione possa essere migliorata? _____________ 66% 62%

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Il calcio, con un giudizio quasi unanime degli intervistati (96%), continuaad essere considerata la disciplina piú corrotta.Nel 2004 il 22% degli intervistati dichiarava di avere assistito personal-mente ad episodi di corruzione; di questi solo il 20% sarebbe poi inter-venuto. Nel 2007 il dato di coloro che dichiarano di avere assistito ad epi-sodi di corruzione si abbassa al 14%, con un 5% di attivismo. Essendo isondaggi anonimi è impossibile stabilire se i ragazzi abbiano effettiva-mente assistito ad episodi di corruzione, ma rimane interessante che so-lamente il 4% nel 2004 ed il 2% nel 2007 abbia inoltrato denuncia. Se-condo le risposte raccolte molti di loro avrebbero rinunciato ad adire gliorgani competenti per timore di ritorsioni, per paura dei compagni digara o perché la denuncia veniva ritenuta inutile: “Tanto le cose non cam-biano”.

Simile atteggiamento di rassegnazione o ignavia si riscontra nell’ipotesi didoping in occasione di competizioni sportive. Solamente il 42% degli in-tervistati nel 2007 segnalerebbe un compagno che fa uso di sostanzeproibite, contro un 46% nel 2004. Molti non sporgerebbero denunciaperché “sono fatti di chi si dopa”, né interverebbero in altro modo. Pochidichiarano che, in caso di doping, parlerebbero di persona con il compa-gno. L’atteggiamento di indifferenza, dimostrato dagli studenti, pur tipi-co dell’etá, rivela, almeno in parte, una mancata comprensione del fattoche le azioni di una persona producono conseguenze nella vita delle altre.I risultati del sondaggio rivelano, inoltre, che gli studenti credono “cor-retto” difendere il compagno o l’avversario che assume sostanze vietate.Nessuno tra coloro che scelgono di non denunciare lamenta che un talecomportamento potrebbe danneggiare i compagni di squadra o gli av-versari, cosí come la questione “salute” è sollevata solo da chi avrebbedeciso di denunciare.

Positivo é il dato di chi ha rifiutato o si rifiuterebbe di partecipare a com-petizioni sportive truccate: l’82% nel 2007 sceglierebbe di ritirarsi (80%nel 2004).

Vediamo ora alcuni risultati in dettaglio.

Alla domanda “credi che la situazione possa essere migliorata” coloroche rispondono positivamente invocano “piú controlli” e sostengono il

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ruolo preventivo dell’informazione. Coloro che invece rispondono nega-tivamente ritengono che il mondo dello sport sia ormai inevitabilmentecorrotto e dopato e che abbiano prevalso i “valori” del successo, del de-naro e della convenienza (Tabella 1).

Alla domanda “Segnaleresti un compagno che fa uso di sostanze do-panti, il 42% degli intervistati risponde affermativamente, indicandocome motivazione principale che tali comportamenti sono scorretti. Il44% di coloro che hanno risposto di no ritiene che il fatto che un com-

Credi che la situazione possa essere migliorata?

NO26%

SI62%

SR12%

Come?

50%0% 100%

Non uso 4%

Meno soldi 3%

No vendita 4%

Pene più severe 11%

Più regole 6%

Più informazione 13%

Sospensione 2%

Più controlli 50%

Violenza 0%

Allen. medici 0%

Responsabilità 1%

Volontà 2%

Non vittoria per forza 2%

Denuncie 1%

Perché no?

50%0% 100%

Doping troppo diffuso 91%

Va bene così 0%

Successo monta la testa 9%

Tabella 1

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pagno o un avversario si dopi “non é affare loro”. Il 20% riterrebbe in-vece di “fare il bene” del compagno non segnalandolo. (Tabella 2)

Alla domanda “Ti sei rifiutato o ti rifiuteresti di partecipare ad un incon-tro truccato” l’82% degli intervistati risponde affermativamente, soste-nendo l’importanza nelle competizioni di valori quali correttezza, lealtáed etica, e sottolineando la visione di uno sport che é anche passione, di-vertimento, gratificazione (Tabella 3).Rispetto al 2004, aumenta la percezione che i giovani hanno della diffu-sione della corruzione nella Formula 1, probabilmente a causa dell’atten-zione riservata dai media alle recenti vicende di spionaggio che hannovisto indagate la McLaren e la Renault. Cala invece la percezione della dif-

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Segnaleresti un compagno che fa uso di tali sostanze?

Perché sì?

50%0% 100%

È scorretto 34%

Ha bisogno di aiuto 9%

Per parlare con lui 5%

Per la sua salute 27%

Per il suo bene 20%

Per lealtà 3%

Capisco il suo sbaglio 2%

Perché no?

50%0% 100%

Prima lo aiuterei 8%

È un amico 19%

Deve scoprirlo da solo 6%

NO44%

SI42%

SR14%

Parlerei con lui 13%

Non ho il coraggio 7%

Dipende 4%

Ci sono già i controlli 1%

Sono affari suoi 42%

Tabella 2

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fusione della corruzione in tutte le altre discipline proposte nel sondag-gio, ed in particolare con riferimento al pugilato, alla pallacanestro e alpattinaggio sul ghiaccio. Rimane, invece, sostanzialmente invariata lapercezione della corruzione nel calcio (Grafico 1).Gli sport percepiti come piú dopati sono il calcio, il pugilato, il ciclismo el’atletica, mentre quelli percepiti come “piú puliti” sono il golf ed il nuo-tos sincronizzato. Fatta eccezione per discipline come il tennis, la Formu-la 1, la scherma ed il golf, appare lievemente diminuita la percezione chei giovani hanno della diffusione del doping nelle competizioni sportive(Grafico 2)

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Ti sei rifiutato o ti rifiuteresti di partecipare ad un incontro truccato?

Perché?

50%0% 100%

Non c’è competizioneBisogna dimostrare 6%

il proprio valoreLo sport è divertimento 4%

Non sarebbe gratificante 4%

È contro l’etica sportiva 8%

Lo sport è passione 1%

Non so 0%

NO16%

SI82%

SR2%

Gioco lo stesso 2%

Era truccato a mio favore 1%

È scorretto, non leale18%

54%

Tabella 3

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Percezione corruzione %calciopallacanestrotennisnuoto sincronizzatopallavolotuffiarti marzialipattinaggiogolfpugilatoatleticaciclismoformula 1scherma

97%62%35%29%45%26%32%35%24%90%65%89%48%17%

Percezione corruzionenelle diverse discipline sporti

0% 50%

Dis

cipl

ine

Studenti

calcio

pallacanestro

tennis

nuoto sincronizzato

pallavolo

tuffi

arti marziali

pattinaggio

golf

pugilato

atletica

ciclismo

formula 1

scherma

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Grafico 2. Percezione della diffusione di doping nelle diverse discipline sportive

50%0% 100%

2007

2004

19%13%

27%18%

90%98%

80%87%

86%92%

20%11%

20%26%

31%38%

19%21%

38%41%

26%29%

48%47%

62%69%

93%97%

scherma

formula 1

ciclismo

atletica

pugilato

golf

pattinaggio

arti marziali

tuffi

pallavolo

nuoto sincronizzato

tennis

pallacanestro

calcio

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Il calcio è stato percepito dai giovani come la disciplina sportiva in cuimaggiori sono le frodi e l'uso del doping. Proponiamo qui di seguitoil parere di un giornalista che da anni segue le vicende calcistiche.“La Rivista della Lega Nazionale risponde a una delle esigenze con-nesse all'evolversi del calcio secondo gli schemi più moderni. Il feno-meno calcistico supera infatti il campo strettamente sportivo, e quin-di particolare, per assurgere a valori di fenomeni diversi e più vari. Èindubbio che il giuoco del calcio ha tratto la sua ispirazione e man-tiene le sue regole in un ordine di valori prettamente sportivi; tutta-via, la grande popolarità acquisita e la conseguente diffusione del cal-cio professionistico richiedono oggi un'organizzazione moderna incui si sentono sempre più vive le esigenze dello spettacolo. Sia chia-ro però che il passaggio dallo stadio unicamente sportivo a quellounicamente spettacolaristico non deve avvenire e non avverrà inquanto i valori sportivi restano insuperabili. Contemporaneamenteinfatti permangono - e ci auguriamo che prosperino maggiormente -l'organizzazione dilettantistica, e quella semiprofessionistica che rap-presentano il necessario e vitale presupposto dell'organizzazione abase professionistica”.Era, questo, l'articolo introduttivo del primo numero della rivista dellaLega professionisti di serie A e B. Pubblicato nel 1959, firmato daUmberto Agnelli: presidente, all'epoca, della Federcalcio e della Ju-ventus. Quarantacinque anni dopo, possiamo dirlo: la prefazione era,in realtà, una profezia. Il termine “business” non compariva ancora,l'autore accennava, più pudicamente, a “esigenze di spettacolo", mal'obiettivo, sperato? temuto?, è stato largamente centrato. Lo sport,

oggi, è un esercizio dell'anima edel corpo che ha sacrificato lo sta-dio essenzialmente agonistico peradeguare i riti e la liturgia alle col-lette e agli orari della nuova chie-sa televisiva, in onore della qualetutto è stato stravolto e gonfiato.La legge dello schermo, feroce e,a suo modo, darwiniana, ha mol-tiplicato il gettito dei quattrini

CALCIO, BUSINESS, CULTURA: LA SFIDA DEL 2000

Gli allenatori “si presentano agliallenamenti muniti di denaro,che prestano agli atleti ad untasso di interesse superiore aquello in uso presso i mercantiin mare; e, lungi dall’averriguardo per la fama degli atleti,consigliano loro di comprare ovendere (le vittorie) cercandosolo il proprio vantaggio”.Filostrato (Ginn, 45)

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salvo ridistribuirlo in parti sempre meno uguali. I più forti sono di-ventati più forti; i più deboli, più deboli. Nel calcio, e non solo, si èdissolto quello che Massimo Gramellini ha descritto come “il cetomedio", le squadre e i personaggi di mezzo, spazzato via dal selvag-gio realismo di un mondo che ha sempre coltivato - e, in un certosenso, onorato - le differenze; mai, però, in termini così profondi eferoci e drastici. In teoria, il mercato globale e il passaggio dei club dasocietà no profit a società per azioni avrebbero dovuto garantirescudi più solidi, regole più certe. Viceversa, almeno in Italia, il liberi-smo più indiscriminato ha prodotto l'effetto opposto, frantumando ipochi e coraggiosi riferimenti che assicuravano il minimo fisiologicodi legalità. Là dove esiste una diffusa e condivisa cultura dello sport,si è riusciti a limitare i danni. Penso, per esempio, all'Inghilterra, maanche alla Germania e alla Francia. In un Paese come il nostro, dedi-to per tradizione e insensibilità scolastica alla cultura del sospetto ealla demonizzazione dell'avversario, lo sport-show ha fatto più feritie prigionieri che all'estero. Il problema, sia chiaro, è di portata mon-diale. Non a caso, il presidente del Cio Jacques Rogge, che nel 2001,a Mosca, ereditò il “trono” di Juan Antonio Samaranch, ha deciso dicombattere l'obesità delle Olimpiadi, fissando un tetto per i parteci-panti e tagliando le discipline che, lungi dal risultare essenziali, si li-mitavano a fornire un servizio esclusivamente politico e clientelare.Fin dalla Grecia del mito, il vincitore ha sempre goduto di trattamen-ti privilegiati, a cominciare dai “voli” di Pindaro. E il premio ha sem-pre rappresentato un marchio fortemente selettivo. Il doping e le ten-tazioni esistevano già allora: in maniera artigianale, se vogliamo, manon per questo meno spericolata e illecita. Nulla di nuovo sotto ilsole, dunque. È “soltanto” cresciuto il montepremi, il bottino daspartirsi; non più tardi di una quindicina di anni fa, la Coppa dei Cam-pioni offriva pochi spiccioli; oggi, dalla Champions League si posso-no spremere, addirittura, trentacinque milioni di euro. Ecco allora cheil giurassico “importante è partecipare” è stato deformato nel più ci-nico e redditizio “conta solo vincere”. Di qui, la sistematica ricerca discorciatoie e scappatoie. Di qui, in parole povere, la volontà assolutadi emergere, sempre e comunque. Per salire sul podio più alto, per re-stare attaccati al carro dei ricchi, per non cadere nell'inferno di una“serie B” che, strada facendo, ha assunto il simbolo sinistro e tragi-co del fallimento. Il business ha introdotto un nuovo razzismo: “il raz-

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zismo da risultato”. La corruzione,mai del tutto estirpata, ne ha se-guito e scandito la crescita. Tutto fa brodo, pur di lasciare in-dietro la concorrenza, anche il ri-fiuto del verdetto espresso dalcampo, anche l'oltraggio alla clas-sifica ufficiale. In questo senso, ilcaso Gaucci-Catania ha segnatouna pietra miliare, con il ricorsostrumentale e scientifico alla giu-stizia ordinaria. La giustizia. La po-litica. Sono altri aspetti della mer-cificazione dello sport. Il ripescag-gio della Fiorentina in serie B ascapito del Martina è stato la fo-tografia di un sistema eticamentein bolletta. Troppo tardi FrancoCarraro ha invocato il rispettodelle regole (quali?) e promessoun giro di vite. Troppo tardi haammesso errori e omissioni. Man-cano dirigenti capaci di vedere al

di là del proprio naso. Il riciclaggio dei “soliti noti” ha contribuito arendere tossica l'aria. Negli altri sport sopravvive un barlume di fidu-cia reciproca. Nel calcio, no. Quante volte avete letto di “doping farmacologico” e di “doping am-ministrativo"? È il prezzo pagato alla latitanza dei valori. La solidarie-tà “interna” al mondo sportivo non è mai stata così fragile e minac-ciata, sintesi spietata di gestioni scriteriate e atteggiamenti arroganti.Gli eccessi del business, in coincidenza con i problemi che hanno ri-tardato il decollo delle tv criptate su scala europea, hanno accentua-to la crisi. Non vedo altra soluzione che un passo indietro. Un passo indietro non significa, necessariamente, un ritorno al pas-sato. Sarebbe da stupidi non sfruttare il progresso. Ma resta da inco-scienti usarlo così: senza regole, senza cuore.

Roberto BeccantiniGiornalista sportivo, La Stampa

Un business chiamato calcio

Molte delle società di calciosono oggi delle vere e

proprie società per azioni, incui il fattore sportivo gioca,stagione dopo stagione, unruolo sempre più marginale.La loro potenza economica

accentua le distanze frapochi altisonanti club e ilresto delle squadre, conmercati monopolizzati e

condizionati dalle scelte dipochi. Nella stagione 2005-

2006, il Real Madrid si èaggiudicato la speciale

classifica delle società piùricche in Europa, con un giro

d'affari di 292,2 milioni dieuro, mentre la Juventus hadovuto "accontentarsi" del

terzo posto, con 251,2milioni di euro.

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8. DOPING, L'AVVERSARIO PIÙ TEMIBILE

1. Rinascimento o Medioevo?

Il Presidente del CIO, Jacques Rogge, in occasione della Conferenza mon-diale sulla lotta al doping, tenutasi a Copenhagen nel marzo del 2003,durante la quale si approvava il Codice Antidoping Internazionale, affer-

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WADA (World Anti-doping Agency) Anti-doping Code

Il programma mondiale anti-doping e il Codice si propongono i seguentifini:• proteggere il diritto fondamentale degli sportivi di partecipare alle attivitàsportive esenti da doping, promuovere la salute e garantire così agli sportividel mondo intero l’equità e l’uguaglianza nello sport; • vegliare sull’armonizzazione, il coordinamento e l’efficacia dei programmianti-doping a livello internazionale e nazionale in materia di controllo,dissuasione e prevenzione del doping.I programmi anti-doping intendono preservare il valore intrinseco dellosport. Questo valore intrinseco è abitualmente qualificato come “spiritosportivo”: esso è l’essenza stessa dell’olimpismo; esorta a giocare lealmente.Lo spirito sportivo valorizza i pensieri, i corpi e lo spirito e si distingue per iseguenti valori:• il gioco leale e l’onestà;• la salute;• l’eccellenza nell’esercizio;• lo sviluppo della personalità e l’educazione;• il divertimento e la gioia;• il lavoro di squadra;• il dovere e l’impegno;• il rispetto delle regole e delle leggi;• il rispetto di se stessi e degli altri partecipanti;• il coraggio;• lo spirito di gruppo e la solidarietà.

Il doping è contrario all’essenza stessa dello spirito sportivo.

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mava con soddisfazione: “Quelloche abbiamo dietro è il Medioevodella lotta al doping: quello che vi-viamo è un nuovo Rinascimento edora ci accingiamo ad entrare final-mente nell'età moderna".Si tratta di parole importanti, che te-stimoniano un impegno collaborati-vo di tutti i Governi per debellare unfenomeno diffuso e radicato in mol-tissimi Paesi, finora spesso sottova-lutato o considerato di secondo

piano dalle autorità sportive e governative nazionali: il doping. Un feno-meno che non coinvolge solo gli atleti professionisti, ma anche coloro chepraticano lo sport a livello amatoriale e i giovanissimi.Per la gravità delle conseguenze che esso comporta, era indispensabiledare una risposta chiara e decisa e modificare le modalità tradizionali dicontrasto: si doveva cioè passare, come sottolinea il Presidente del CIO,ad una fase di “Rinascimento” della lotta al doping, dopo un lungo pe-riodo di oscurantismo. Ma perché sia davvero possibile sconfiggere quel-lo che per gli atleti è l'avversario maggiormente temibile - e cioè il doping- occorre di più. Occorre considerare il doping (e non solo la lotta al do-ping) il Medioevo dello sport e non il suo Rinascimento. Perché, che lo sivoglia riconoscere o no, da molti attualmente è ritenuto il futuro dellosport, il mezzo che consente agli sportivi di superare i concorrenti rivali,di arrivare al limite dell'umano, di superare se stessi, di garantire al pub-blico prestazioni più entusiasmanti, record strabilianti e sfide semprenuove. È quanto emerge dagli studi interattivi condotti da Marina GerinBirsa, psicologa dello sport, e qui riproposti.Dal loro esame si evince che la lotta al doping potrà modernizzarsi soloquando si verificherà un cambiamento di cultura: perché il doping nonfa male solo all'atleta. Fa male allo sport.

Doping - to dope - drogare

Dal termine boero dop, ossialiquore forte usato comestimolante durante le cerimoniereligiose, il doping è lasomministrazione o assunzioneda parte degli atleti di farmaci osostanze capaci di modificare lecondizioni psicofisichedell’organismo migliorando leprestazioni.

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LA PSICOLOGIA DEL DOPINGMarina Gerin BirsaPsicologa dello sport; Presidentedel Centro Regionale di Psicologiadello Sport del Friuli Venezia Giulia

Dottoressa, perché la psicologiadello sport si occupa del doping?La psicologia dello sport si occupadel problema del doping perché lesostanze dopanti possono procu-rare all'atleta notevoli ripercussionia livello psicologico, comporta-mentale, relazionale e motivazio-nale non solo quando è in un pe-riodo di piena attività ma anchedopo il momento agonistico, valea dire dopo la fine della carriera.Quali sono le motivazioni per cuiun atleta fa uso di doping?Si possono indicare tre categorie dimotivazioni che inducono gli atletiall'uso di sostanze dopanti:• cause psicofisiologiche: riduzionedel dolore, riabilitazione dopo uninfortunio, aumento dell'energia edell'attivazione, controllo del peso;• cause psicologiche ed emotive:paura di fallire, essere competitivo,acquisire sicurezza nei proprimezzi, ricerca della perfezione psi-cofisica, la mistica del raggiungi-mento del successo ad ogni costo;• cause sociali: modelli da imitarecome altri atleti di alto livello, lapressione dei compagni di allena-mento, la pressione di altre perso-ne dell'ambiente sportivo e/o fami-

liare come le Federazioni, lo staff,gli sponsor, gli stessi parenti.Le sostanze considerate doping al-terano la personalità di un atleta?È provato da molti studi che le so-stanze dopanti alterano la perso-nalità di un atleta. A seconda deltipo di sostanza avremo degli ef-fetti particolari e caratteristici.L'uso degli steroidi, ad esempio,può produrre un innalzamentodella fiducia in sé, sulle motivazio-ni di gara, miglioramento dellamemoria e della concentrazione,ma anche - e soprattutto - incre-mento dell'aggressività e dell'irrita-bilità, sbalzi di umore, insonnia, at-tacchi di panico, scatti d'ira incon-trollata, depressione, pensieri para-noici, comportamenti psicotici evari disturbi della personalità. An-fetamina e cocaina in particolareesaltano lo stato di vigilanza, ac-crescono l'attenzione e riducono ilbisogno di sonno; ben presto,però, aumentano l'aggressività e lacompetitività che possono sfociarein stati di agitazione psicomotoriae irritabilità. Sopprimono, inoltre,momentaneamente la sensazionedi stanchezza portando spesso l'a-tleta allo stato di esaurimento, mo-dificandone la capacità di giudiziocritico con la possibilità di provoca-re incidenti nella pratica di alcunisport (come negli sport motoristi-ci).Si può creare una dipendenza sia

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fisica che psicologica dall'utilizzo diqueste sostanze proibite?Nel caso di utilizzazione di dosi ele-vate di stimolanti, soprattutto diamfetamine, si possono presentarepsicosi, allucinazioni e notevoli ef-fetti di dipendenza psicologica.Molti atleti incorrono nell'errore dipensare che il loro miglioramentoe le loro prestazioni siano incre-mentate dall'utilizzo di queste so-stanze, al punto che si crea una di-pendenza psicologica tale da in-durli a non poterne più fare ameno. Queste persone perdono divista l'importanza fondamentaledell'allenamento. Il loro vero scopodiventa quello di battere l'avversa-rio ad ogni costo e con ognimezzo; il loro fine quello di vivereper la gara, di trasformarla nell'u-nica ragione di riscatto dalle pro-prie angosce della vita quotidiana,nel loro unico sfogo.Perché e come dobbiamo lottarecontro il doping?Dobbiamo lottare contro il feno-meno del doping attraverso duestrade: quella della repressione equella della prevenzione attraversoil controllo medico, biologico eduna nuova cultura educativa medi-co- psicologica massiccia, costantee capillare mirante a rendere noti atutti vantaggi e svantaggi dell'as-sunzione di sostanze doping.Come nasce il Progetto NoDo-ping?

Il Progetto NODOPING nasce nellastagione 1999-2000 dalla collabo-razione con la Provincia di Udine, ilProvveditorato agli Studi di Udine,la Federazione Medico Sportiva Re-gionale del Friuli Venezia Giulia, ilCentro di Medicina dello Sport diUdine ed il Centro Regionale di Psi-cologia dello Sport del Friuli Vene-zia Giulia. Abbiamo sentito l'esi-genza di proporre un progetto diquesta portata, che coinvolge circa5.000 studenti e decine di Docentie Presidi, per cercare di capire edaffrontare il fenomeno del Dopingsia dal punto di vista medico cheda quello psicologico.La “cultura del doping” va com-battuta, smontata con i fatti e gliesempi, trasformata in una “cultu-ra della Salute e del Benessere psi-cofisico” attraverso un interventoche non preveda solo un momen-to di informazione ma che trovi lasua forza concreta nel confrontocon i giovani studenti, con le loroidee, con il loro atteggiamentomentale.Come si sviluppa il progetto?Si tratta di un corso della durata di3 ore, che iniziano con una brevepanoramica sugli aspetti medici epsicologici del doping. Nella secon-da parte dell'intervento i ragazzihanno la possibilità di esprimere iloro pareri: si dividono gli studentiin gruppi-classe autogestiti, si no-minano fra loro il verbalista e il

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conduttore della discussione e sipropongono alcune domande si-gnificative sulla loro conoscenza inmateria; l'ultima ora è dedicataalla discussione dei lavori prodottidagli studenti.La conferenza è volutamente inte-rattiva ed è mirata ad informare

ma anche a far acquisire consape-volezza agli studenti attraverso laloro attiva partecipazione.Una seconda iniziativa molto im-portante è la compilazione di unquestionario, che avviene primadell'inizio della Conferenza.

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2. Progetto NoDoping

Ma cosa pensano i ragazzi del doping? Si doperebbero? Perché? Denun-cerebbero un compagno di squadra? Considerano l'atleta dopato una vit-tima del sistema?Proponiamo alcune delle risposte più frequenti date dagli studenti alledomande disposte dal Gruppo di Lavoro all'interno del progetto NoDo-ping.Alcune fra le riflessioni raccolte evidenziano la crudezza un po' provoca-toria degli studenti adolescenti, ancora molto poco consci dei rischi edelle conseguenze che l'uso di sostanze dopanti implica e spavaldi nel-l'affermazione del loro desiderio di emergere.Una discreta percentuale di ragazzi, che può variare dal 10% al 20% del-l'intero campione, anche a causa della scarsa informazione/comunicazio-ne, si dimostra indifferente al fenomeno del doping oppure favorevole alsuo utilizzo, seppur blando e ristretto ad alcune categorie come ad esem-pio il mondo del professionismo. Un dato appare preoccupante e testi-monia che molto deve essere fatto per informare - formare e generarecultura sportiva: alla domanda “assumeresti sostanze vietate (dopan-ti) con la certezza che non ti rechino alcun danno?” il 27% degli in-tervistati ha risposto affermativamente. Altre riflessioni, e sono la maggior parte, fanno ben sperare in una fasciagiovanile che crede ancora nei valori in cui credevano le generazioni pre-cedenti, disposti al lavoro e all'impegno per raggiungere i propri obietti-vi.Vediamo come hanno risposto nello specifico ad alcune domande.

Sei un atleta e stai vivendo un periodo in cui ti senti stanco e qualcu-no ti propone di assumere degli integratori: li prendi? Perché Sì o per-ché No?• Sì, perché gli integratori non sono sostanze dopanti.• Vivendo per lo sport pur di realizzarsi accetterei ogni condizione.• È giusto prendere integratori se si ha una carenza (vitaminica oaltro). • Se si trattasse di una gara importantissima potrei anche accettarel'offerta.• È inutile basare il discorso sulla moralità e la lealtà perché sono con-cetti soggettivi, non possono essere presi in considerazione nello

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sport perché l'uomo è portato a voler vincere a tutti i costi.• Gli integratori sono l'anticamera del doping.• Cercherei rimedi alternativi agli integratori (medicina naturale).• Prenderei integratori per uscire da un momento difficile se trasci-nato da amici, familiari, dirigenti e se non sono riuscito a superarlocon altri metodi.

Sai che un tuo amico assume so-stanze considerate doping, cometi comporti nei suoi confronti,cosa fai?• Lo lascio libero di fare quello chevuole.• Il doping non è accettabile matollerabile fra i professionisti, men-tre fra i dilettanti si deve cercare dirimediare alla situazione in quantoil problema è più grave.• Non ne parlerei né con i suoi ge-nitori, né con altri adulti (inse-gnanti, medici, psicologi).• Io ne farei uso, perché lo sport èla mia vita. Quindi non interferireicon le scelte altrui. • Il fine giustifica i mezzi, se per luiraggiungere un traguardo è im-portante che continui pure a farlo,

purché si limiti e che non diventi un'abitudine.• Lo informo sui rischi.• Me ne disinteresserei.• Lo considererei scorretto ed interverrei.• Lo imiterei.

Sei un atleta di buon livello: nella tua squadra alcuni giocatori assu-mono sostanze considerate doping per accrescere il loro successo so-ciale e la loro autostima. Ti propongono di fare altrettanto: tu cosafai ? Perché?• Mi doperei solo se fossi sicuro che i normali mezzi non bastano.

I rafforzanti (ad es. gli steroidianabolizzanti, l’ormone dellacrescita, l’eritropoietina, ibetabloccanti e la creatina)determinano un miglioramentodelle prestazioni dell’organismo,agendo a livello muscolare,respiratorio e circolatorio.L’assunzione di tali sostanze puòrisultare tossica e non si escludepossa avere un ruolodeterminante nell’insorgenza ditumori epatici, leucemie ed altregravi patologie. Su un campionedi 165 giocatori deceduti è statariscontrata un’eccedenza di casidi tumore epatico e di leucemialinfoide sensibilmente superiorealla media: 6 tumori epatici afronte un’attesa di 0.84 e 7 casidi leucemia rispetto ad unamedia statistica di 0,21.

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• Un mondo senza doping è unmondo dai confronti veri.• Lo sport, pur determinando ungrande business, dovrebbe man-tenere la purezza e la passione chelo hanno caratterizzato in origine.• Se sono un vero atleta non midopo.• Dopandosi muore una parte del-l'atleta: tutto questo solo per vin-cere? Perché uccidere la propriaidentità? Perché vincere senzacombattere? Il doping è perdita didignità. Lo sport perde il suo valo-re e la sua essenza. L'atleta è vitti-

ma dell'immagine e oggetto di un mercato sempre più esigente.• Le sostanze dopanti portano solo ad una grande illusione. • È una strada a senso unico e senza uscita. Se dovessi accorgermi disbagliare non potrei tornare indietro. È come mentire a se stessi oltreche agli altri! • Il miglioramento fisico e psicologico avviene in modo naturale e neltempo, chi vuole strafare brucia solo le proprie capacità.• Perché mi doperei: potrei essere vincente senza grandi sforzi, atti-rerei l'attenzione della gente vincendo, verrei stimato e raccogliereifortuna, avrei cospicui guadagni da professionista, aumenterei la miasicurezza.

Secondo te ci sono dei valori da rispettare nello sport come nella vita?Quali sono questi valori?• Lealtà, solidarietà, rispetto delle regole, rispetto dell'altro, autosti-ma, impegno, volontà, grinta, umiltà, agonismo, salute, rispettoverso la natura, onestà, sacrificio, divertimento, soddisfazione, ambi-zione, il buon senso, aiutare gli amici in difficoltà, migliorarsi, fiducia,evitare la competizione partecipando (negli sport non agonistici). • Come valore devi praticare lo sport per passione e per divertimen-to, non solo per dimostrare quanto vali agli altri, e riconoscere i con-sigli utili. • L'unico valore che conta è il guadagno. La società fornisce dei va-

Gli psicostimolanti (ad es. lacocaina, l’amfetamina, l’alcol e icannabinoidi) determinano unaumento di fiducia in sé epermettono all’atleta disostenere sforzi superiori aquelli normalmente sopportabili,poiché eliminano - o quantomeno abbassano - la sogliafisiologica di allarmerappresentata da dolore,stanchezza e sonno. Cheproblemi può creare l’usoprolungato? Dipendenza,collassi, gravi danni al cervelloed al sistema cardiocircolatorio.

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lori che fanno venire meno i principi morali. Lo sport negli ultimitempi non sta offrendo esempi di valori che abbiano un qualchepeso.• La competizione è diventata lotta per emergere. Sarebbe giusto tor-nare ad una moralità cosciente. • Convivere con altre culture, razze, gioia di vivere, originalità cheporta alla lealtà quindi all'ausilio esclusivo dei propri mezzi, senzausare modelli di vita troppo riprodotti, clonati.• Lo sport a certi livelli non ha più valori, l'importante è solo il risul-tato; l'importante non è vincere è partecipare lo ha detto sicuramen-te un perdente, la realtà nello sport sta nello stracciare fino in fondol'avversario.• Responsabilità, consapevolezza delle proprie azioni e delle conse-guenze, dei propri mezzi, rispetto degli impegni presi. • Determinazione, spirito di sacrificio, non arrendersi alle difficoltà,umiltà, saper perdere. Altruismo, agonismo, imparare dagli errori.• Valori negativi: corruzione, slealtà, disinteresse, favoritismo, dopinge uso di sostanze proibite.• La lealtà non è un valore. L'uso di doping è indispensabile per chivuole vincere a tutti i costi.• Porsi nuovi obiettivi. Gioco di squadra.• Pace in se stessi, riconoscere i propri limiti, saper sfruttare le propriecapacità, lottare perché vengano riconosciuti i propri diritti. • La mancanza di valori, spesso presente nella società, si rispecchianello sport con modalità differenti: una delle peggiori è il doping, ma-nifestazione evidente di una mentalità secondo la quale chi non pri-meggia è necessariamente un perdente.

L'uso del doping: dove nasce il problema secondo te?• Ci si dopa per spirito di competizione, c'è disinteresse per le conse-guenze.• Pressioni psicologiche sugli atleti.• Il doping nasce dai medici sportivi, dai direttori sportivi, dagli atletiche vogliono emergere.• La società esalta la figura del superman con la pubblicità: l'indivi-duo è insicuro di sé, ha paura di non essere accettato. Nel sistemasportivo non c'è più solidarietà ma competizione e slealtà. • Consapevolezza di non avere requisiti per essere competitivo e rag-

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giungere risultati importanti.• Ignoranza sugli effetti collaterali.• Massimo risultato con il minimo sforzo. Ricerca esasperata delleprestazioni oltre i limiti consentiti dall'organismo umano.• Interesse delle case farmaceutiche, sponsor, scarso interesse daparte delle istituzioni politiche. • Sfiducia nelle capacità. Paura di fallire.

Il doping nello sport: consideri l'atleta che si dopa una vittima o un“cattivo consapevole”?• L'atleta viene spesso considerato una vittima.• Gli atleti non si possono accusare direttamente, sono responsabilile società e i genitori.• I giovani atleti si dopano a loro insaputa.• Ad un certo livello agonistico diventa sempre più difficile dire di noper non deludere.• L'atleta è vittima inconsapevole, obbligato a doparsi e senza cono-scerne le conseguenze.• L'atleta è una vittima perché prende sostanze a sua insaputa.• Il dopato è una vittima del sistema che impone la vittoria comeunico principio e non è mai un cattivo consapevole.• Vittima mai, cattivo consapevole sempre.

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3. Gli “amatori” del doping

Il fenomeno del doping non coinvolge solo gli atleti professionisti maanche quelli amatoriali. La Commissione di Controllo, istituita dal Mini-stero della Sanità, ha riscontrato la positività all'uso di sostanze proibitenel 3% degli atleti esaminati nel corso del 2003. Dai test effettuati risul-terebbe che un'alta percentuale di sportivi “amatoriali” assume dette so-stanze.

Criminalità organizzata: il business del doping

L’assunzione di doping da parte degli sportivi amatoriali crea un graveallarme: l’ingresso nel mercato della malavita organizzata. Lo fa capire ilcomandante dei NAS (Nuclei anti-sofisticazioni dei Carabinieri), che spiegache la criminalità organizzata possa avere già allungato le mani su questobusiness. “Sono in corso numerosi e capillari controlli anche tra gli sportminori - dice. Il problema, infatti non riguarda solo gli aspetti eclatanti.Grazie alla legge 376, che ha reso il doping un reato penale, abbiamoun’arma in più per potere agire”. Tratto dall’articolo di Antonio Caperna “Dopati anche i podisti delladomenica”, Il Giornale

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Il Codice Anti-doping opera sulla base di standard internazionali co-muni elaborati in collaborazione con i firmatari del codice e i governiche hanno aderito alla Risoluzione di Copenaghen il 5/3/2003. Alcu-ne definizioni e prescrizioni sono particolarmente significative:

DEFINIZIONE: è doping la presenza di una sostanza vietata, dei suoimetaboliti e dei suoi marker.

ASSUNZIONE E SOMMINISTRAZIONE: è proibito sia l'uso che il tenta-tivo di uso di sostanze o metodi proibiti, indipendentemente dagli ef-fetti. È doping anche il semplice possesso da parte dell'atleta di so-stanze o strumenti che servono per pratiche proibite. È doping il pos-sesso di sostanze o strumenti per pratiche e metodi proibiti anche daparte di membri del personale della squadra o dell'organismo in cuil'atleta è inquadrato e chiaramente in relazione allo stesso atleta inattività di gara o allenamento.

CONTROLLI: i controlli vengono effettuati da Wada, Cio, FederazioniInternazionali, Federazioni Nazionali, Organismi nazionali deputati(CVD per l'Italia). L'atleta ha l'obbligo di fornire dati esatti per essererintracciato sempre per i test a sorpresa, altrimenti viola il regola-mento anti-doping.

RESPONSABILITÀ: spetta allo spor-tivo assicurarsi di non assumere al-cuna sostanza vietata (metabolitio marker). Per essere aggiornatosulle sostanze proibite l'atleta puòsottoscrivere (ma non è obbligato-rio) un “passaporto” personale.Collegandosi con internet in qual-siasi momento avrà le risposte chechiede.

SANZIONI INDIVIDUALI: la positività ai test di controllo in gara com-porta l'annullamento del risultato individuale, dei premi e dei punti(se previsti), nonché di ogni classifica. La presenza nel fisico di una so-

UN NUOVO CODICE MONDIALE ANTI-DOPING

Italia: in 4 anni di controlli anti-doping, i carabinieri hanno:• raccolto 1.061 denunce• arrestato 95 persone pertraffico di farmaci proibiti• eseguito 699 perquisizioni• sequestrato 56.841 confezionidi medicinali e sostanze vietate

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stanza proibita, dei suoi metaboliti o dei suoi marker; l'uso o il tenta-tivo d'uso di sostanze o metodi proibiti; il possesso di sostanza; il ri-fiuto dei controlli; la falsificazione o il tentativo di falsificazione deicontrolli comportano: due anni di sospensione alla prima infrazione;sospensione a vita alla seconda.

SANZIONI ALLA SQUADRA: Il codice prevede sanzioni anche per lesquadre. Se due elementi verranno trovati positivi nello stesso tempo,l'intera squadra sarà sottoposta a test ripetuti a sorpresa e dovrà su-perare una sorta di “routine” di riqualificazione attraverso opportunitest.

AGGRAVANTI: se la violazione dei regolamenti riguarda un minore lepene si accrescono e prevedono la sospensione a vita di tecnici, alle-natori, massaggiatori, medici, dirigenti, ecc. eventualmente coinvolti.

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Allenati contro il doping! Rispondi al quiz e verifica il tuo punteggio.In alcuni casi le risposte corrette sono piú di una. Per ogni rispostacorretta, sommi 1 punto.

1. Per tutto ció che un atleta assume oralmente, per iniezioneo per applicazione é responsabilea. il medico sportivob. l’allenatorec. l’atleta

2. Un atleta che ha un raffreddore o un’influenzaa. puó assumere qualunque medicina che lo aiuti a guarireb. puó assumere un prodotto solo se da banco o prescritto dal medi-coc. deve sempre accertarsi che il farmaco che intende assumere noncontenga sostanze proibite

3. Se un integratore alimentare é venduto in farmaciaa. non sempre é lecito da assumere per un atletab. é sempre lecito da assumere per un atletac. non é lecito da assumere per un atleta

4. Gli atleti disabilia. possono usare qualsiasi sostanza medicinale di cui abbiamo biso-gnob. devono rispettare la stessa lista di sostanze proibite per tutti gli altric. possono assumere tutti gli integratori

5. Nello sport gli steroidi anabolizzantia. sono ammessi in alcuni casib. sono sempre proibiti c. sono ammessi

6. L’Ormone della Crescita Umano (HGH) stimolaa. la crescita delle ossab. la crescita dei muscoli

QUIZ: ALLENATI CONTRO IL DOPINGScheda per gli studenti

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c. la crescita degli organi

7. L’Ormone della Crescita Umano puó provocarea. malattie cardiovascolarib. crescita anormale degli organic. diabete

8. Quando scompare ogni traccia dell’assunzione di un medici-nale?a. in 15 giornib. dipende dal metabolismo dell’individuoc. dipende dalla natura della sostanza e dalla quantitá assunta

9. La Lista delle sostanze proibitea. é un inventario delle sostanze probite solo durante la competizio-neb. é un inventario delle sostanze probite sempre (sia durante la com-petizione che in altri periodi)c. si aggiorna con frequenza

10. Un atleta puó rifiutarsi di sottoporsi all’esame anti-dopinga. spiegando i motivi nel modulo di notifica e informando al piú pre-sto le autoritá sportiveb. quando glielo ordini la societác. se é impegnato in altre competizioni

Risposte corrette: 1-c; 2-c; 3-a; 4-b; 5-b; 6-a-b-c; 7-a-b-c; 8-b-c; 9-b; 10-a.

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RISULTATO DEL QUIZ

Se il Tuo punteggio é tra 0 e 5

ATTENTO, SEI ARISCHIO!!!

Il Mondo dello Sport é unmondo bellissimo, ma

occorre tenere sempre gliocchi aperti. Se pratichiqualche sport, a livello

amatoriale o comeprofessionista, cerca di

informarti bene sulle regoleanti-doping, altrimenti sarai

preda facile di cattiviconsiglieri! La prevenzioneparte dall’informazione!

Perché non visiti la paginadella Agenzia Mondiale Anti-doping www.wada-ama.org?

Se il Tuo punteggio é tra 6 e 10

NON MALE, MA PUOIFARE DI MEGLIO!!!

Ti sei qualificato bene, maancora ti manca qualche

informazione. Perché non tialleni con il Quiz interattivo

creato dalla AgenziaMondiale anti-doping?

Sfida i tuoi amici e vediamochi vince! Si chiama “Quiz

doping” e per meetterti allaprova devi solo linkarti a

questa pagina:http://quiz.wada-ama.org/

Se il Tuo punteggio é tra 11 e 15

COMPLIMENTI, SEI UNCAMPIONE!!!

Certo che proprio non tisfugge niente! Conosci benele regole anti-doping e tieni

gli occhi ben aperti.

Ma attenzione: conoscere leregole é solo una parte del

gioco. Devi anche rispettarlee contribuire a rafforzare lacultura dell’etica sportiva perché anche gli altri le

rispettino.

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9. SPORT: QUESTIONE DI BUONA EDUCAZIONE

1. Denaro, un Dio minore

Nei capitoli precedenti si è osservato come, a volte, nella realtà sportivaprevalgano comportamenti negativi, come la frode, la violenza, il doping.Si è cercato di capire quali fattori muovano l'individuo verso una sceltaetica o non etica, sostenendo la tesi che nella determinazione di tale scel-ta il fattore cultura possa prevalere sul fattore denaro.Ugo Bertone, Direttore di Borsa&Finanza, analizzando il ruolo dello sportnel sistema economico, propone una sfida importante: come imparare aconsiderare il denaro un mezzo e non un fine. E giunge ad una conclu-sione: “Lo sport è metafora della guerra, degli affari, dei sentimenti. O,più semplicemente, della vita. Una cosa troppo seria per comprometterlaper una manciata di denari”.

DENARO: FINE O MEZZO?

È probabilmente vero che il denaro fa funzionare il mondo. Ma è al-trettanto vero che il sistema funziona se il denaro viene consideratoun mezzo, e non un fine”. Questa frase di Paul Krugman, uno dei piùcelebri economisti americani contemporanei, può essere benissimoapplicata alla realtà odierna dello sport. Non è difficile, infatti, con-cepire l'attività sportiva all'inizio del XXI secolo come un ramo, tut-t'altro che secondario, dell'economia. Lo sport, innanzitutto, occupa un ruolo strategico in una delle indu-strie che crescono più rapidamente: l'economia del tempo libero,fatta di turismo, svaghi, emozioni e brividi da scommessa o da per-formance atletica. Esistono club calcistici quotati in Borsa, in Italia enel resto d'Europa; sono numerose le aziende che si occupano della

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realizzazione di impianti sportivi (palestre, piscine, stadi). Ancor più ri-levante è il peso dei marchi che si occupano di accessori e di abbi-gliamento legati allo sport. Meno quantificabile, ma ancor più signi-ficativo, è il ritorno economico dell'immagine trasmessa dai campio-ni dello sport. Uno sciatore del calibro di Alberto Tomba può lanciareuna località sciistica, così come Valentino Rossi, al di là della passioneche suscita tra i tifosi delle due ruote, è il “testimonial” giusto perlanciare uno stile di vita tra i giovani e i meno giovani. Infine, ad olia-re i meccanismi della macchina dello sport, ci pensano gli introiti dellescommesse. Un terzo circa delle giocate legali, in Italia, riguarda av-venimenti agonistici: concorsi ippici, totocalcio, pronostici sul calcio ola Formula 1: in tutto 5 miliardi di euro stimati per il 2003. Ma è pro-babile che il giro d'affari, se si tiene conto delle giocate clandestine,sia assai più alto.Ma il peso economico dello sport non si esaurisce qui. La cultura delcorpo assume un peso sempre più rilevante nelle strategie del setto-re che promette i più interessanti sviluppi finanziari nel futuro: leScienze della Vita. Con questo nome ormai gli analisti di Wall Streetdefiniscono un'ampia fascia di attività, dalla medicina tradizionalealle biotecnologie, dai centri benessere all'alimentazione con un'im-postazione salutista, dall'assistenza sanitaria alla prevenzione tramiteuno stile di vita più sano. Un business gigantesco che, solo negli StatiUniti, mobilita ormai un giro d'affari che si misura nell'ordine dellemigliaia di miliardi di dollari. Un business che ha, come punto d'ap-prodo ideale, l'immagine di salute, di bellezza fisica e di efficienza chesi riassume nello sport. Gli esempi potrebbero continuare. A differen-za di pochi decenni fa, non è più concepibile un piano urbanistico incui lo sport non abbia un suo ruolo di rilievo. E solo lo sport può ga-rantire il successo commerciale di alcune scommesse tecnologiche: lapiattaforma della tv digitale, ad esempio o il lancio di servizi a paga-mento sui telefonini della terza generazione. Lo sport, dal punto divista economico, rappresenta un volano formidabile. È questa unadelle più rilevanti novità che abbiamo ereditato dal XX secolo (esiste-va ben poco sport, in questo senso, almeno fin dai tempi dei gladia-tori o delle giostre medievali). È inevitabile, perciò, che il denaro abbia un peso crescente quando siparla di sport. E denaro, ai nostri giorni (dopo il fallimento dei totali-tarismi che hanno interpretato l'agonismo come leva di promozione

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della politica), vuol dire economia di mercato, ovvero, per dirla conWinston Churchill, il peggiore sistema conosciuto, a parte tutti quel-li che sono stati tentati nel corso del tempo. In sostanza: è difficile ne-gare che la crescente importanza del denaro pone problemi delicatialla pratica corretta dello sport. La tentazione di scambiare il“mezzo”, cioè il denaro necessario per alimentare la grande espan-sione dell'industria del “corpo in salute”, con il “fine”, cioè i quattri-ni da conquistare a qualunque costo è sempre più in agguato. Ancheperché la torta è davvero grande. Ma non illudiamoci: indietro non sipuò tornare; e non serve a nulla vagheggiare uno sport ideale e puroche non esiste (e forse non è esistito mai). Semmai merita chiedersicome proteggere le persone dagli aspetti peggiori (eccessivo agoni-smo, individualismo ed egoismo sfrenato, rischio di autodistruzionefisica e psicologica pur di prevalere) che possono accompagnare ladegenerazione del mercato. Ovvero, per tornare all'opinione di PaulKrugman: come fare perché il denaro resti un mezzo e non si tra-sformi in un fine.

A TREVISO IL FAIRPLAY VA DI CORSALa Treviso Marathon crede in una visione pura e disinteressata dello

sport, nella possibilità di recuperare i valori originari connessi alla praticasportiva. Proprio per questo, ha deciso di adottare un Codice Etico, una

carta dei diritti, dei doveri e delle responsabilità che riguardano tutticoloro che hanno un ruolo all'interno della sua organizzazione: i

dirigenti, i collaboratori, ma anche le associazioni di volontariato e lesocietà sportive impegnate per la riuscita dell'evento. “La Treviso

Marathon è cresciuta in fretta - spiega il presidente Federico Zoppas -. Inquattro anni siamo diventati una delle manifestazioni sportive più

popolari d'Italia. Inoltre, la nostra struttura è coinvolta, a vario titolo,nell'organizzazione di una ventina di manifestazioni all'anno. Un grandeimpegno, che richiede iniziative adeguate e un modo corretto di proporsi

ai nostri interlocutori: dagli atleti agli sponsor, dalle istituzioni a tutticoloro che, in qualche modo, sono interessati ai nostri eventi. Perché ci

siamo dotati di un Codice Etico? Perché sentiamo la necessità disostenere e promuovere un elevato livello di professionalità da parte dei

nostri collaboratori e, al tempo stesso, vogliamo impedire ognicomportamento che si ponga in contrasto con i valori a cui ci ispiriamo

per la nostra attività”.(http://www.trevisomarathon.com, 23/10/2007)

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Una risposta non è facile. Talvolta l'industria stessa è vittima di unatentazione collettiva come dimostra il fatto che un farmaco biotechcontro l'anemia, che ha portato immenso beneficio a milioni di ma-lati, oggi è conosciuto più che altro come doping quasi invisibileusato dagli atleti di numerose discipline. In altri casi è l'industria adapprofittare di “clienti” ignari, come dimostra la scoperta che centi-naia di integratori alimentari per sportivi utilizzano sostanze “proibi-te” all'insaputa dei dilettanti. Il più delle volte lo sport è palestra divita, capace di insegnare ai ragazzi il senso del gruppo e della disci-plina di squadra, ovvero la piena consapevolezza dei propri mezzi. Incerti casi è occasione di stress, di tensioni, di ricerca del “fine”.Le pressioni del denaro, naturalmente, crescono a mano a mano chesi sale la piramide dell'agonismo. Non solo i sistemi scientifici per ag-girare le norme a tutela della salute diventano più sofisticati. Ma simoltiplicano le pressioni per condizionare la giustizia sportiva o, peg-gio, per “aggiustare” i risultati con vere e proprie “combines”. L'e-lenco dei possibili illeciti è, in pratica, sterminato. Il denominatore co-mune però è uno solo: l'uso di ogni mezzo, lecito o illecito, per con-seguire un fine che può essere direttamente economico, l'arricchi-mento, o di potere conseguito attraverso l'ingiusta vittoria (altromodo per arricchirsi).Come difendersi? Una strada consiste nel rispetto delle regole delmercato. Nessuna società civile può crescere più di tanto se i suoi at-tori economici (anche chi ha a che fare con lo sport) non si sottopo-ne a regole precise ma pratica l'arbitrio. Ma il mercato non è una re-ligione, bensì il frutto di un contratto tra uomini: un contratto chemerita d’essere corretto quando non serve a preservare certi valori.Per evitare che i soldi (ma anche le pressioni politiche o altri fattoriestranei, tipo la maggior audience di una squadra sull'altra) corrom-pano lo sport è necessario che il sistema tuteli i denari ma anche isentimenti e gli sforzi degli individui e delle società coinvolte. Perchéil giocattolo non si rompa, è necessario, insomma, vigilare sul funzio-namento di tutte le regole di quell'attività tremendamente seria cheè il gioco. Non è materia, quella del rispetto delle regole, che riguar-di solo lo sport. Prendete il caso della Borsa, un posto che è statocreato per scambiare denaro e che la gente frequenta per fare quat-trini. Ebbene, negli ultimi tempi a Wall Street sono state comminatepene molto severe a quei soggetti (amministratori, banche, analisti,

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broker) che sono stati accusati di aver approfittato delle regole per fardenaro a danno del mercato. La ragione? Se salta la fiducia sulla tra-sparenza del meccanismo della finanza e dell'economia, si rompe ilpatto sociale. Lo stesso vale per lo sport. Che credibilità può avere lavittoria se frutto di trucchi, accordi illeciti o il mancato rispetto delleregole (anche contabili)? L'Italia, ahimé, non è in prima fila in questagara. La simulazione, aborrita dal pubblico di mezza Europa, vienetollerata per un malinteso sentimento machiavellico (conta il fine,non i mezzi). E la piccola furbizia personale si trasforma in “colpa”più grave quando si tollera il mancato rispetto delle regole economi-che del gioco. È un concetto ben chiaro in altri sistemi: lo dimostra laseverità con cui lo sport americano (ma anche quello francese o te-desco) vigilano sul rispetto delle regole: l'uso del doping, ma anche ilrispetto delle regole contabili. Non è facile. Negli Usa, ad esempio, ilcampionato di baseball è slittato di mesi perché le società non hannoaccettato di piegarsi ad una rivoluzione dei contratti che avrebbe por-tato ad una situazione di deficit costanti (come è capitato al calcio ita-liano). La nostra chiacchierata potrebbe non finire qui. Lo sport è me-tafora della guerra, degli affari, dei sentimenti. O, più semplicemen-te, della vita. Una cosa troppo seria per comprometterla per unamanciata di denaro. Ne può guadagnare il portafoglio, ma si rinunciaalla cosa più importante: il divertimento, quella molla che aiuta anchea diventare ricchi come dimostrano i magnati della nostra epoca, daBill Gates al suo ex socio Paul Allen che ha sfruttato i quattrini rica-vati da Microsoft per comprarsi una squadra di football e un'altra dibasket.

Ugo BertoneDirettore di Borsa&Finanza

2. Questione di Cultura

La cultura etica è la vera arma di cui dispone lo sport: un potenziale di va-lori, principi, emozioni che se espressi possono migliorare la qualità dellavita non solo di chi pratica attività sportiva, ma anche di chi la segue o latifa. Il contributo che lo sport pulito può dare nella “formazione” dellapersona umana è inimmaginabile e prezioso. Non capirlo sarebbe la peg-giore delle sconfitte.

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DIANA BIANCHEDIScherma: Oro alle Olimpiadi di Bar-cellona, oro a SydneyVice Presidente CONI

Ho iniziato a fare scherma all’età disei anni, solo perché mia sorellaera già stata avviata a questo sporte per mia madre era più comodoportare entrambe nella stessa pale-stra.Ho sempre vissuto il mio sportcome un gioco, ero felice di ritro-varmi con i miei amici e vivere gliallenamenti e le gare come mo-menti di svago e di gioco. Di que-sto devo ringraziare prima di tuttola mia famiglia, che, pur accompa-gnandomi sempre alle gare, facevasì che la competizione per mefosse un “momento” del miosport, ma non il fine ultimo né ilpiù importante. Avevo compagneche, se perdevano un incontro,scendevano dalla pedana e trova-vano genitori arrabbiati e in alcunicasi ho visto persino alzare le mani.Per la mia famiglia era un momen-to di vita in comune, un viaggio,una cena, un modo per farmi co-noscere tanta gente, tanti posti

nuovi, non la brama per un risulta-to.Anche il mio primo maestro, unuomo burbero ma molto saggio,ha formato in maniera determi-nante il mio modo di vedere losport: quando, dopo la mia primavittoria al campionato Italiano, migiunse la lettera di convocazionenella nazionale giovanile, io corsifelice dal maestro e lui mi fece icomplimenti, mi disse “sono fierodi te, ora rispondi alla convocazio-ne dicendo che sei onorata manon puoi andare”.All’inizio non capii, mi sembravasbagliato, in fondo avevo ottenutoun risultato e perché non poterlogodere? Poi capii che era proprioquesto il punto, io dovevo esserefiera per ciò che avevo ottenuto,perché ero stata capace di allenar-mi bene e così di vincere i campio-nati italiani. La gioia e la soddisfa-zione dovevano nascere dentro dime, non perché me lo dicevano glialtri con una convocazione.Se avevo fatto tutte le cose perbene, avrei potuto anche non es-sere convocata, ma sarei stata feli-ce lo stesso, perché fiera di me

CAMPIONI NELLO SPORT E NELLA VITA

I Campioni dello Sport mostrano il loro CARTELLINO ROSSO a dopinge frode sportiva e ci insegnano a credere che lo sport è passione, fa-tica, gioia.

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stessa.Tutto ciò l’ho portato dentro pertutta la mia carriera: la serenità chemi ha accompagnato in tutte legare (dalle Olimpiadi ai regionali)nasceva dal fatto che potevo dire ame stessa: non so come andrà lagara, ma io ho fatto tutto il possi-bile per essere al meglio...Questo mi ha permesso di vivere,nelle gare, momenti di grande in-tensità, di amicizia, di rispetto, conle mie avversarie. Se venivo battu-ta, magari mi rattristavo al mo-mento, ma poi non potevo recrimi-nare nulla nel mio impegno, e nonpotevo che apprezzare la mia av-versaria, che si era impegnatacome me per arrivare a quel risul-tato.Forse è per questo che quando,durante il primo incontro alle Olim-piadi di Atlanta, mi ruppi il tendined’Achille e fui portata in ospedale,abbandonando la gara, al mio ri-torno l’intero palazzetto mi tributòun applauso che non scorderò mai.Certo, non vinsi la medaglia ad At-lanta, ma quello rimane il mio ri-cordo più bello, più bello persinodelle medaglie d’oro conquistatenelle altre due Olimpiadi.Per me lo sport è questo, è la pas-sione, è il sacrificio, è il misurarsicon se stessi, solo così la vittoriapuò avere un significato. Ho sem-pre pensato che se qualcuno miavesse offerto delle scorciatoie,

delle sostanze, per raggiungere deirisultati, l’avrei considerata un’of-fesa, come a dire “se mi proponiquesto è perché credi che io dasola non ce la possa fare”. È un in-sulto, chi si può permettere didirmi dove posso arrivare? Comefa un allenatore a sapere che nonce la posso fare? Ma che razza diallenatore è? Lui dovrebbe essere ilprimo ad aver fiducia in me, e in-vece è il primo a dirmi che non cela farò!? L’anno delle Olimpiadi diSydney, il 2000, è stato un annospeciale per me. Dopo aver vintol’oro alle Olimpiadi di Barcellonanel 92, m’infortunai a quelle di At-lanta nel 1996. La mia carrierasembrava finita, fui operata, stetti78 giorni con il gesso, poi iniziai lalenta ripresa. Sydney era la mia ul-tima occasione: presi armi e baga-gli e mi trasferii a Roma, dove siera trasferito il mio maestro. Vive-vo in una stanza di 4 metri per 4,nella foresteria della palestra, conun fornello elettrico per cucinare lasera, poiché mi allenavo fino atardi e la mensa chiudeva presto.Ho passato così 9 mesi, da sola,lontano da casa, mi alzavo la mat-tina, Natale, Pasqua, Capodanno,non c’era vacanza per me, mi alle-navo 3 volte al giorno, poi mi chiu-devo nella mia stanzetta. Ho datotutta me stessa e così, dopo averottenuto la qualificazione per an-dare alle Olimpiadi, sono arrivata a

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Sydney ed ero serena: più di cosìnon potevo fare, sono fiera delmio impegno, del lavoro che hofatto.... E quando, sul podio, hocantato l’inno Italiano con la me-daglia d’oro al collo, tutte quelleore di solitudine, di fatica, di sudo-re, hanno reso la mia medaglia an-cora più brillante.

DANIELE CROSTAMedaglia di bronzo alle Olimpiadidi Sydney 2000, specialità fiorettomaschile a squadre.Docente nell’area Alto Agonismopresso il Master in Psicologia delloSport, organizzato dal CentroStudi e Formazione in Psicologiadello Sport di Milano.

Pratico la scherma da quandoavevo 22 anni e non ho mai fattouso di sostanze dopanti, né ho in-travisto situazioni dubbie, ma sonofortunato perché vengo da un am-biente in cui il doping è quasi ine-sistente. Molte discipline fortuna-tamente non sono rimaste conta-minate dal fenomeno, in parte permancanza di mezzi e in parte per-ché non sempre il doping permet-te di raggiungere prestazioni mi-gliori. Nella scherma, doparsi nondà particolari vantaggi sullo sfidan-te, ma posso capire che in altrisport, ad esempio nel ciclismo, fac-cia qualche differenza. Vorrei esse-

re sincero: non so se avrei avuto ilcoraggio di dire di no se a 15 annimi fossi trovato a dover scegliere.Forse non avrei neppure capito ochiesto che cosa mi stessero som-ministrando. Per un atleta profes-sionista, invece, è diverso: esistesempre la consapevolezza di ciòche si prende. Noi schermisti ab-biamo avuto persino qualche diffi-coltà a curarci da banali raffreddo-ri, perché i farmaci comuni sulmercato erano considerati sostan-ze dopanti e utilizzarli poteva com-portare all’atleta disattento 6 mesio più di squalifica! Quando un a-tleta professionista si dopa, non èsolo un problema di risultati falsa-ti: è prima di tutto un problema diemulazione. Il ragazzino che hal’atleta per modello come reagi-sce? Che messaggio passa? Per ungiovane atleta è determinante l’in-flusso positivo di figure esterne: lafamiglia in primo luogo, ma ancheil preparatore medico e l’allenato-re. Credo si possa parlare di re-sponsabilità allargata. Un ragazzospesso non sa neppure con cosadoparsi o dove procurare le sostan-ze vietate. Spesso sono proprio igenitori che muovono i primi passiin cerca di “aiuto” per il figlio. Equando questo diventa più bravo einizia a collezionare le prime vitto-rie, allora capita che subentrinoaltre figure tecniche di “soste-gno”.

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Purtroppo, dire che il doping famale non disincentiva. Spesso, leconseguenze negative si vedonosolo quando l’atleta è ormai uscitodi scena e il ragazzo, così come ilresto della società, non se ne ac-corge. Non c’è possibilità di ap-prendimento negativo così. Anzi,gli atleti sono veri e propri statussymbol: giovani, belli, ricchi, cir-condati da donne bellissime. Nes-suno vede quello che accadedopo.L’unico modo per sfuggire ad unsistema culturale in cui il risultato èla cosa più importante è orientarsiverso la sfida in sé. Ciò che real-mente dovrebbe contare non è lavittoria ma la prestazione. È que-stione di porsi nuovi traguardi enuove sfide possibili, ossia rag-giungere obiettivi di prestazioni.Ad esempio, porsi come obiettivodi sollevare 5 kg in più entro undato tempo. È chiaro che se pren-do degli anabolizzanti, ne solevo 5in più in tempi molto più brevi, mafinisce il gioco e non c’è più soddi-sfazione. Mentre nel primo caso lasoddisfazione c’è, è duratura ed èriproducibile. Dovremmo cercare difar passare il messaggio che se tidopi sei uno sfigato, che non rie-sce neppure ad affrontare lealmen-te o accettare una sconfitta.La correttezza nelle competizionisportive deve essere assicuratadalla professionalità degli attori co-

involti. Gli arbitri rivestono chiara-mente un ruolo decisivo. In passa-to, a livello internazionale esisteva-no logiche clientelari che favoriva-no, più o meno consciamente, l’a-tleta di alto livello. Mi è capitatospesso di subire torti clamorosi daarbitri nominati ad hoc sulla basedi concertazioni tra le Nazioni. Sa-pevo che avrei perso quell’assaltoanche prima di incominciarlo. Nellascherma, specialmente nel fiorettoe nella sciabola, determinati movi-menti devono essere interpretati oricostruiti dall’arbitro, quindi èchiaro quanto l’incompetenza o lacorruzione possano modificare i ri-sultati. La scherma è troppo pove-ra perché con il termine di corru-zione si possa intendere grossesomme di denaro, ma alle volte cisono altre ricompense, come esse-re convocato come arbitro ufficialealle Olimpiadi o ai grandi eventi.Ma è chiaro che per certe nazioni,un risultato favorevole in una com-petizione può significare un pas-saggio di turno che permetta laqualificazione ai Mondiali, contutto quello che questo comporta.Fortunatamente, sembra che dauna decina di anni a questa parte,certe logiche si siano completa-mente dissolte nella mia disciplina,anche se a volte alcuni condiziona-menti rimangono, come quello didare la stoccata, nel dubbio, all’a-tleta più forte sulla carta.

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Nel mondo dello sport, spesso esi-stono dei codici di regole non scrit-te, che vengono attentamente se-guite, come ad esempio quando ilgiocatore restituisce la palla allasquadra avversaria che l’ha messafuori vedendo un giocatore dell’al-tra squadra in difficoltà. Se si in-frangono queste regole, si viene fi-schiati. È da qui che bisogna parti-re: rinforzando queste normespontanee di etica sportiva. È uncompito di tutti: degli atleti, delleloro famiglie, degli allenatori, deimedici, degli arbitri.

SANDRO CUOMOMedaglia d’oro nella Scherma aSquadre ad Atlanta, tre volte Cam-pione del Mondo a Squadre(89/90/93). Membro del ComitatoEsecutivo del CONI.Lo sport è il modo di giocare, dimisurarsi con se stessi e con gli altrinel rispetto delle regole, ci spingea migliorare, ci insegna a dare ilmassimo e, soprattutto, a lavorareper un obiettivo. Allo sport ci si av-vicina per gioco, appunto, e così èstato anche per me, ed è rimastoun gioco fino a quando non ho co-minciato ad avere tali risultati daprocurarmi proventi economici, eda quel momento da gioco è dive-nuto sempre più un lavoro.La differenza è sostanziale: nelprimo caso ti diverti che tu vinca o

perda; nel secondo è più difficileaccettare una sconfitta, soprattut-to sapendo che può costarti lo sti-pendio di un anno, con tutte leconseguenze del caso... Per questimotivi sostengo che i contenuti piùalti dello sport siano espressi almeglio dalle discipline praticate“amatorialmente”.I grandi campioni servono da spec-chietto, da punto di riferimento,da modello, e per questo hannouna grandissima responsabilità,ma talvolta per loro lo sport puòdiventare un incubo... Non biso-gnerebbe mai dimenticare che losport è un gioco, e come tale an-drebbe trattato, sempre!Le maggiori difficoltà che ho avutonel mio percorso agonistico, sonostate causate da una politica spor-tiva della mia Federazione poco in-cline ad impiegare tutte le risorsedel territorio nazionale. Sono sem-pre stato costretto, per allenarmi abuon livello, a migrare in altrecittà, rinunciando ad affetti edamicizie vere delle quali, ora, sentola mancanza.Generalmente sono sempre statoaccolto bene, tranne l’anno delleOlimpiadi di Sydney, dove alcunimiei compagni di squadra si sonoopposti ad offrirmi ospitalità nelloro club per evitare di favorire unloro “concorrente” nella corsa aigiochi...Le amicizie, nello sport, purtroppo

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sono spesso profondamente vizia-te dai valori in campo: più sei fortepiù hai amici, e quando non sei piùforte come prima, molti “amici” sidissolvono come se non fosseromai esistiti, quando non diventanoapertamente nemici...Questo è il lato più duro dellosport professionistico: si è sempreavversari, anche quando si fa partedella stessa squadra, e le persone tivalutano per i tuoi risultati, e nonper i tuoi valori umani!Forse i rapporti più sinceri di amici-zia (a parte le dovute eccezioni) siallacciano con avversari di altre na-zioni, poiché con loro si è avversa-ri in maniera evidente, dichiarata,ma una volta scesi dalla pedana c’èspazio per un rapporto non ipocri-ta, sincero.La mia vittoria più importante èsenz’altro stata la medaglia d’oroalle Olimpiadi di Atlanta ‘96, ma sepotessi razionalmente mettere daparte il prestigio dell’evento e tuttele relative positive conseguenzeche questo risultato ha avuto sullamia vita, direi che in termini diadrenalina pura ho provato le stes-se emozioni quando ho vinto il ba-nalissimo “Torneo Simpatia” dicalcio con un gruppo di amici concui giocavo nei ritagli di tempo chela mia professione mi concedeva...Questo perché a me è sempre pia-ciuto mettermi in gioco, mi stimo-la la competizione quando è sana

e priva di colpi bassi, accetto lasconfitta, che non mi procura rab-bia, ma solo desiderio di rivincitaimmediata e stimolo a migliorare.Questa è la mia filosofia nei con-fronti dello sport.Lo sport è una scuola di vita perchéinsegna a lavorare sodo per unobiettivo nel rispetto delle regole.Ma non è esattamente così; ilmondo esterno spesso non rispet-ta le regole che ci sono, e la com-petizione è sleale e non vince af-fatto il migliore...Uno sportivo “vero” abituato acombattere con lealtà, che nonfosse pronto a barare ed a pararecolpi bassi, potrebbe avere seriedifficoltà ad inserirsi nel contestoprofessionale, una volta fuori dalcampo di gioco...Purtroppo, anziché prevalere i va-lori dello sport nella vita, accadel’effetto contrario: è la vita che in-fluenza negativamente il mondodello sport, insegnando a vincere aqualsiasi costo, anche a scapitodella propria dignità, moralità e,come nel caso del doping, dellapropria stessa vita, sottoposta allanecessità commerciale di raggiun-gere il risultato o alla personale va-nità... C’è da riflettere!Lo sport è uno straordinario veico-lo per comunicare i giusti valoriagli adolescenti, purtroppo nonmolto utilizzato a scopo educativo.Nelle scuole, infatti, l’ora di educa-

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zione fisica è sempre stata inter-pretata come un’ora di ricreazioneo utile a ripassare le materie delleore successive. Lo scopo dell’edu-catore a scuola, a mio avviso, nondovrebbe essere quello di far prati-care lo sport in quelle poche orealla settimana dedicate alla mate-ria, bensì quello di trasmettere unavera cultura sportiva, trattando lamateria anche in linea teorica, enon solo pratica. Il docente avràraggiunto l’obiettivo solo quandolo studente avrà recepito il mes-saggio ed incomincerà a praticareabitualmente una disciplina sporti-va per conto proprio, anche nelleore extrascolastiche.La lotta al doping fatta sul campomedico o legale è persa in parten-za... L’unico modo per contenere ifenomeni, non solo di frode sporti-va, ma anche di violenza neglistadi e sui campi di gioco, è quellodi prevenzione culturale, ed inquesto la scuola potrebbe svolgereun ruolo importantissimo, e la pre-senza di testimonial sportivi dichiara fama nelle scuole potrebbeessere molto utile, ma prima do-vrebbe cambiare la cultura deglieducatori stessi...A volte guardo indietro, e penso diessere stato fortunato. Non hoscelto la vita che ho fatto, ma mi cisono trovato dentro senza accor-germene, grazie, forse, alla miadeterminazione nelle cose che fac-

cio. Se avessi fatto il medico o ilcommercialista, probabilmentesarei stato felice lo stesso ed avreifatto sport comunque, perché lamia indole è quella di giocare,guardando gli avversari come com-pagni di gioco, non come nemicida distruggere. Fare il “campione”di uno sport non è una professioneche si può scegliere, ma una con-dizione nella quale ci troviamosenza accorgercene, se siamo for-tunati, dotati, tenaci e determinati.Ma se non si riesce ad emergeresecondo le nostre aspettative oquelle dei nostri tecnici e dei nostrigenitori, poco importa, ci divertire-mo comunque procurandoci le no-stre soddisfazioni in ambiti più mo-desti, e ricavandoci da vivere inmaniera più convenzionale, contri-buendo solidamente a sostenere iveri valori dello sport e a traspor-tarli nella vita di oggi, dove ce n’èveramente bisogno.

CARLO FORNARIOOro a Squadre nella scherma aiCampionati del Mondo Militari2000, 9 Titoli Italiani Ind. e a Squa-dre.

Ho cominciato a fare scherma percaso. Era durante le Olimpiadi diLos Angeles ‘84, avevo otto anni e,come d’abitudine in quel periodo,ero intento a programmare con i

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miei genitori le attività pomeridia-ne da praticare durante l’inverno.Incollato alla televisione in cerca diispirazioni, rimasi folgorato dallavittoria di Maurizio Stecca nellaboxe, così, prendendo a pugni ilmio fratellino, corsi dai miei a co-municare la “fantastica” decisio-ne: avrei vinto le Olimpiadi di pugi-lato! Mio padre sorrise. Miamadre, in preda al panico, supplicòche gli Azzurri vincessero qualchealtra medaglia d’oro in quel giornoper potermi riportare a più miticonsigli. E così fu! A distanza dipochi minuti Mauro Numa vinsenel fioretto ed io, con la stessa ve-locità, dovetti abbandonare i mieisogni da Rocky! I primi di settem-bre dello stesso anno misi piedeper la prima volta in palestra discherma e, ancora oggi, non nesono uscito.In tutti questi anni in sala, ho im-parato a ridere e a piangere, a vin-cere e a perdere, a gioire e a soffri-re, a rispettare i miei avversari e anon temerli, a rimorchiare e... aprendere buche! Magari non sonodiventato un campione olimpico,certamente sono diventato uomo!La cosa più bella - e per certi versila più impegnativa - dello sportagonistico, infatti, è questo aspet-to “totalitario” che rende la pale-stra una sorta di anticipazione diquello che ci riserverà domani lavita vera, ma con un vantaggio in

più: nello sport si può sbagliaresenza per questo comprometteremai nulla in maniera definitiva...perché in fondo resta pur sempreun gioco!è proprio questo il significato deldetto “lo sport è una palestra divita”, perché ti allena alla vita e, inallenamento, vincere o perderenon conta, l’importante è prepa-rarsi al meglio per la gara, per lavita! Questo è l’unico approcciogiusto e sano. Non ho particolari esperienze daraccontare, ma voglio fermarmi suuna sensazione che possa renderepiù chiaro il significato delle mieparole. Non sono mai andato inpalestra cercando un risultato o in-seguendo particolari traguardi, loho sempre fatto per il solo gusto diandarci e, con il passare degli anni,mi faceva così strano pensare chepersone assolutamente estranee sipreoccupassero di vestirmi, di por-tarmi in giro per il mondo, inpoche parole, di pagare il miogioco! Questo pensiero, nei mo-menti di difficoltà, mi aiutava a ri-portare le cose alla loro giusta di-mensione, mi faceva apprezzarequanto avevo ottenuto, mi ricorda-va di non smettere mai di giocare.Grazie allo sport ho viaggiato, hoconosciuto realtà che mai avrei im-maginato, ho affrontato i mieipeggiori avversari e ho incontrato imiei migliori amici... e di nemici

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nemmeno l’ombra! Adesso ho ventisette anni, mi sonolaureato con una tesi in dirittosportivo, ho fatto un master inmarketing dello sport, sono diri-gente della Federazione Scherma,lavoro in una società di consulenzache opera nello sport, ho convintoi miei ad aprire una palestra discherma e sono fidanzato con unaschermitrice... direi che nel miocaso lo sport e la palestra sonostati la vita!

BRUNO FRINOLLI Campione Italiano di salto in lungo(2000).

Lo sport innanzitutto dovrebbe es-sere un gioco soprattutto quandosi è bambini. Mi sono avvicinatoallo sport perché provengo da unafamiglia di sportivi. Mia mammaDaniela Beneck è stata record eu-ropeo di nuoto e olimpionica aRoma nel 1960 e a Tokyo nel1964. Mio papà Roberto Frinollicampione europeo del 400 ostaco-li e finalista alle olimpiadi di Cittàdel Messico nel 1968. Posso direche ho avuto solo esempi positiviche mi hanno insegnato a rispetta-re gli avversari prima di tutto. Ilrapporto tra avversari deve essereleale ed aperto. Quando si è ingara è facile dare consigli a chi po-trebbe batterti. C’è molta solida-

rietà tra noi atleti, naturalmenteparlo per esperienze personali. Ame piace dare consigli come rice-verne. Purtroppo, molti sono i va-lori persi nei vari sport, a comincia-re dal calcio che innanzitutto è ungioco e come tale dovrebbe rima-nere. Intorno al calcio girano trop-pi soldi e questo non fa bene aglialtri sport, che già risentono digravi deficit, in particolare perquanto concerne l’assistenza me-dica e le strutture sportive, spessoinadeguate per un Paese come ilnostro che nel bene o nel male hasempre tirato fuori dal cilindrotanti campioni.Le sfide più importanti che ho do-vuto affrontare sono state con mestesso, volevo vedere a che puntosarei potuto arrivare. Ho avuto lafortuna di aver vinto abbastanza. Eanche in questo caso, così comeper le sfide, la vittoria più grande èstata con me stesso. Poter dimo-strare agli scettici che potevo vin-cere anch’io. Vincere alla teneraetà di 32 anni il mio primo titoloitaliano di salto in lungo. Nonpotrò mai scordare la soddisfazio-ne che ho provato quando ho ve-stito per la prima volta la magliaazzurra.Per rimanere puliti bisogna averedei buoni insegnanti. Io ho avutola fortuna di averne due in casa.Sono sempre stato per una sanacompetizione; se gli altri hanno

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fatto ricorso a delle scorciatoie perarrivare ai risultati credo che siasolo un fatto di coscienza. Io ho lacoscienza a posto e tutto quelloche ho ottenuto l’ho fatto con sa-crificio. L’etica nello sport dovreb-be essere alla base di tutto, mapurtroppo c’è sempre qualcunopiù debole psicologicamente che silascia abbindolare e cade nel do-ping. Non c’è differenza tra untruffatore e un atleta che si dopa.Si tratta sempre di imbroglio ecome tale va punito. E se a inco-raggiarti è l’allenatore stesso o ilmedico, allora bisogna denunciarlie radiarli dall’albo. Il doping è unabrutta piaga e sarà difficile estir-parla, a volte ti sembra di lottarecontro i mulini a vento, ma se ci siimpegna tutti per lo sport comeeducazione di base per star benecon se stessi e con gli altri, alloraforse qualcosa di buono può uscirefuori.Io sono per il brain power, cioè perla forza della propria testa. Potròsembrare presuntuoso, ma è l’uni-ca forza in cui credo. Le pressioniesterne sono tante ma se si credenei propri mezzi ed in quello che sista facendo niente ti può fermare.La paura da prestazione c’è pertutti. È la così detta adrenalina. L’a-drenalina può essere positiva o ne-gativa, sta a noi far sì che diventipositiva. Io sono sempre stato ungrande agonista, mi spiego me-

glio. In allenamento do il 100%solo in alcuni casi, cioè quando ci siavvicina ad una gara, altrimenti sesi dà sempre il 100% ad ogni alle-namento si arriva alla gara cotti. Lacosa più bella è la gara; è eccitan-te. Affrontare le difficoltà dello sportnel modo corretto è questione dieducazione e cultura. Per questo,penso che l’ex atleta possa avereun ruolo importante all’internodella scuola quale promotore dellosport pulito. Potrebbe essere l’a-nello di congiunzione con il profes-sore di educazione fisica. L’ex atle-ta insieme con il professore di edu-cazione fisica dovrebbero collabo-rare come una squadra. È nellescuole che si possono trovare icampioni del futuro. Portandonelle scuole i campioni di oggi sipossono avvicinare allo sport gli al-lievi nel modo più corretto. Nellasocietà odierna internet e play sta-tion hanno preso il sopravvento.Sarà difficile staccare i giovani daicomputer, ma sarà una bella batta-glia.

BARBARA FUSAR POLICampione d’Europa e del Mondodi danza sul ghiaccio in coppia;Medaglia di Bronzo alle Olimpiadidi Salt Lake CityTestimonial Torino 2006

Barbara, Lei è Testimonial di Torino

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2006 e promotrice dello sport pu-lito e della correttezza competitiva.I valori sportivi sono sempre rispet-tati?Nel corso di una carriera sportiva,può capitare di assistere ad episodidi frode o di scorrettezza. Si trattadi situazioni che intaccano lo spiri-to di volontà sportiva. Ma che nondevono compromettere l’immagi-ne complessiva dello sport, proprioperché si tratta di episodi e non diuna patologia del sistema. Perquanto mi suggerisce la mia espe-rienza, è importante credere nellosport. Ho iniziato a pattinare a 10anni e ricomincerei tutto da capoproprio perché credo nello sport. Quando si è vittime di frodi o scor-rettezze, come comportarsi?Di fronte a tali situazioni, si puòdecidere di fare finta di nulla, disollevare scandali o di attaccare... ipattini al chiodo. Si deve accettare l’episodio comeparte del gioco o lo si deve denun-ciare?Denunciare, certamente, rivolgen-dosi nei modi appropriati agli or-gani competenti. Non si può rima-nere in silenzio di fronte all’eviden-za. Ma allo stesso tempo bisognafondare le proprie denunce suprove ed evidenze. Altrimenti si ri-schia di accusare gli altri di com-portamenti scorretti come alibi perle proprie prestazioni insufficienti.È troppo facile così. Molto più dif-

ficile è ammettere il talento e le ca-pacità altrui e dire “Loro sono piùbravi di me”.Cosa pensa del doping?Nel pattinaggio il doping non esi-ste, anche perché non garantireb-be prestazioni migliori, trattandosidi una disciplina artistica. Ma visono sport in cui il doping è forza-to. L’atleta è spinto a doparsi findalle categorie giovanili per esserecompetitivi. Addirittura si organiz-zano incontri con genitori, per“discutere insieme il futuro” delragazzo. Ma che futuro può avere?Quello non è sport! E certo non ècompetizione leale. Il doping è pe-ricoloso, uccide. Contro il dopingbisognerebbe protestare con tuttele proprie forze.

MIRCO GUALDI Primo nel Campionato del MondoDilettanti di ciclismo su strada,1990

Etica e Sport, due vocaboli che in-dicano due universi per ognunodei quali sono stati scritti e si scri-veranno fiumi di parole. Due ter-mini che quando misi i miei primisci ai piedi, avevo 4 anni, non ave-vano ovviamente nessun senso,ma che col passar del tempo, conle competizioni nello sci alpinoprima e nel ciclismo poi, preseroforma e significato.

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Dapprima mi feci un’idea di cosaera lo Sport ovvero il gioco regola-mentato, la sfida codificata, il “chiè il più bravo” con tempi e misure.Da qui i primi insegnamenti eticiseppur senza una cognizione dicausa: imparare ad accettare lasconfitta, rispettare l’avversario, vi-vere in comunità con gli altri, inge-gnarsi per raggiungere il risultato,saper gestire e controllare le pro-prie energie utilizzandole al mo-mento opportuno, accettare gli er-rori propri e degli altri, sacrificarsiper il compagno in aiuto alla squa-dra.Lo Sport m’insegnò moltissimo, miinsegna tuttora, creando un miomodo di affrontare la competizio-ne che è stato il primo passo perun ragazzino di quella grandecompetizione che è la vita.Ogni avvenimento e quindi ogniemozione mi hanno aiutato a cre-scere interiormente, a forgiare lamia personalità dando delle basietiche che prendono spunto daquella sana competizione di un ra-gazzino che vive lo Sport come unmomento ludico di unione conaltri coetanei.Ho pensato molte volte a quantosiano stati importanti per la miacrescita, non solo in ambito Sporti-vo, gli allenatori-insegnanti-educa-tori che ho incontrato sul mio cam-mino. Credo che siano stati fonda-mentali, perché da bambino vivevo

sognando, fantasticando un’Olim-piade o immaginandomi con unamedaglia al collo. Sono stati bravinel non distruggere quei sogni enel donarmi con pazienza e sereni-tà quegli strumenti psicofisici checol passare degli anni mi hannopermesso di raggiungere quei tra-guardi. Mi hanno condotto permano senza che me ne accorgessie passati gli anni mi sono resoconto che, comunque, lasciavanoche fossi io a scegliere strada. Si,sono stato fortunato ad aver in-contrato certe persone.L’obiettivo era il risultato, ma lacosa più importante era la presta-zione, l’impegno, la costanza, iltutto regolato da due grandi leggi:rispetto degli altri e fiducia nelleproprie capacità.Vorrei poter chiedere questo a tuttigli adulti che nello Sport lavoranocon i ragazzini, con i giovani:ascoltateli, osservateli, perseguite iloro obiettivi, sognate i loro sogni,date strumenti per crescere, gioca-te con loro, poiché è compito vo-stro soprattutto riuscire a creareUomini prendendo spunto dalle re-gole sportive che piano piano di-venteranno regole morali. Puòdarsi che non vincerete molto, maavrete dato strumenti etici a Cam-pioni nella vita.Vorrei poter consigliare questo aigiovani: seguite ciò che sentitedentro, abbiate il coraggio di farlo

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uscire a dispetto dei condiziona-menti, ma nel rispetto di voi stessie degli altri; non abbiate paura aporvi grandi obiettivi e lavoratesodo per raggiungerli; non create-vi alibi in caso di insuccesso, maanalizzate con onestà dentro di voii motivi di tale insuccesso guardan-do alle cause e non cercando lecolpe; non fatevi abbagliare dallescorciatoie, poiché prima o poinella vita arriva il momento in cui sideve far conto solo ed esclusiva-mente sulle proprie forze.Penso che sia molto importanteper ognuno trovare la propria via,lo Sport dà questa opportunità. Ho vissuto più di 25 anni facendocompetizioni sportive in tutto ilmondo ed oggi in tutti gli aspettiquotidiani della mia vita mi accor-go sempre più quanti e quali stru-menti etici, ma non solo, lo Sportmi abbia donato. Regole che mipermettono di cercare la mia viaper affrontare la vita nel rispetto dime stesso e degli altri. L’augurio migliore è che nel vostrointimo possiate trovare la vostra viaper la Felicità.Se Insegnare è indicare una o piùvie percorribili.Se Educare è far uscire, tirar fuori ilmeglio da un individuo.Se l’Etica è l’insieme dei nostriprincipi morali.Sono convinto che lo Sport per mesia stato un Insegnante che mi ha

Educato aiutandomi a creare i Prin-cipi Morali per affrontare al megliola mia Vita.

ALESSANDRO LIFONTITennis: vincitore del Torneo Inter-nazionale di Andorra, 1996, cate-goria iuniores

Mi avvicinai allo sport all’età di 6anni. Fu una scelta dei miei genito-ri: mi dissero che l’attività fisica eraimportante per crescere in modosano e mi diedero l’opportunità dipraticare la disciplina sportiva chepiù mi interessava.Scelsi così il tennis. Vidi infatti unapartita in TV che mi colpì molto.A distanza di 20 anni, pur non gio-cando più ad alto livello e dopoaver visto svanire i miei sogni spor-tivi, sono comunque convinto diaver fatto la scelta giusta. Ho capi-to quanto sia pericoloso esaltarsitroppo per le vittorie ed ho impa-rato a non deprimermi troppo perle sconfitte: occorre accettarle ereagire immediatamente.Anche la vita è piena di ostacoli, disuccessi ed insuccessi e per esserepronti ad affrontare ogni passo bi-sogna lavorare molto.Grazie al tennis ho avuto la possi-bilità di viaggiare tantissimo e dientrare in contatto con realtàmolto diverse dalla nostra, di fareamicizia con atleti stranieri con i

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quali sono tuttora in contatto. Losport è vita: mi ha dato emozioniforti e mi ha insegnato tanto. E al-lora ... forza ragazzi ... e VIVA LOSPORT !!!

ELIA LUINICampione del mondo di canottag-gio ai Mondiali 2003

Ciao, mi chiamo Elia Luini, ho 24anni e pratico canottaggio, unodei tanti sport così detti “minori”.Da questa disciplina ho tratto mol-tissime soddisfazioni e da sempreho avuto insegnamenti unici e par-ticolari che a mio parere solo losport è in grado di dare ad un ra-gazzo. Non ho avuto ragioni particolariperché scegliessi di diventare Cam-pione del Mondo, è stato un cam-mino lento e lungo quanti sono imiei anni; la mia famiglia sin dal-l’infanzia mi ha sempre incoraggia-to a fare dello sport, non per di-ventare campione, ma perché rite-neva giusto e educativo che unbambino non sprecasse il suotempo davanti a televisione e com-puter ma facesse attività fisica.Ho iniziato a praticare sport dall’e-tà di cinque anni, e di tanto intanto per non annoiarmi, cambia-vo disciplina: judo, basket, nuoto,corpo libero, tennis, canottaggio,qui mi sono fermato, da allora,

non ho potuto più farne a meno.Avevo 12 anni quando iniziai a re-mare e fu per puro divertimento.Poi mi sono appassionato semprepiù, incominciai a far le primegare, arrivarono i primi piazzamen-ti, le prime medaglie, le prime vit-torie, e così, senza nemmeno ren-dermene conto, gli obiettivi daraggiungere diventarono semprepiù importanti. Ora ho ventiquattro anni, ho rag-giunto fantastici risultati a livellomondiale e senza volerlo ho fattodel canottaggio la mia attività prin-cipale, mi diverto ancora e ho ungrande obiettivo da raggiungere...Vincere un’Olimpiade!!!Mai avrei immaginato di arrivare aquesti livelli, ma la cosa più stranae fantastica è che in me fonda-mentalmente non è cambiatonulla, ho gli stessi entusiasmi e lestesse motivazioni, ho sempre unaconquista da compiere.Lo sport mi ha insegnato che perraggiungere qualsiasi risultato c’èbisogno di impegno, perseveranza,tenacia e molte volte occorre faresacrifici e rinunce, questi sono in-gredienti necessari sia al ragazzinoprincipiante che al campione affer-mato. Ogni giorno è una sfida con mestesso, superare me stesso e ab-battere i propri limiti è cresceredentro, è esigere il massimo da mestesso sapendo di poterlo dare.

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Fortunatamente il canottaggio inItalia è uno sport pulito. Posso for-temente confermarlo! Da quandolo pratico non si è mai verificato uncaso di doping.Il doping è costoso e nel canottag-gio non girano molti soldi, chi siavvicina a questo sport lo fa perpassione, per trovare emozioni esoddisfazioni, non certo per arric-chirsi.Questo sport mi ha dato molto: miha fatto crescere e mi ha insegna-to che per ottenere bisogna primasaper dare, che non regala nientenessuno, che, se ti alleni e t’impe-gni, prima o poi le soddisfazioni ar-rivano, ma soprattutto, mi ha inse-gnato a perdere, a superare i mo-menti di crisi e di difficoltà.Penso che per un adolescente losport, qualunque esso sia, è fonda-mentale per la formazione del ca-rattere. A volte i ragazzi, sonotroppo coccolati dai genitori, cosìnon hanno modo di trovarsi da-vanti alle difficoltà. Lo sport, se-condo me, è in grado di dare aigiovani quelle esperienze e inse-gnamenti che serviranno loro persuperare le difficoltà della vita.

JOAB LUNELMezzo fondo atletica leggera - Se-lezionato sui 1500 nella nazionalefrancese (1986, 1990). Sesto nelcross internazionale di Saint Le

Noble (1992)

Come ha iniziato a praticare sport?Ho scoperto il mezzo-fondo a livel-lo agonistico a 11 anni tramite miopadre che negli anni ‘50 era statoun atleta di livello nazionale. Hovinto il mio primo titolo nazionalestudentesco sui 1500m nel 1986 a16 anni, lo stesso anno sono statofinalista ai mondiali sui 1500m. Ilmio rapporto con lo sport è statocondizionato sin dall’adolescenzada un grande campione inglese dimezzo fondo: Sebastian Coe. Co-noscevo tutto sulla sua carriera, isuoi risultati sin dall’adolescenza;eravamo pari, ero persino più velo-ce sugli 800m. Oltre a questo Coeera anche studente e questo, se-condo me, testimoniava la comple-tezza dell’individuo, la capacità divivere anche al di fuori del mondoagonistico. In gara aveva una tec-nica di corsa perfetta, un’attitudi-ne eccezionale. Per arrivare ad unatale perfezione sapevo che il talen-to non bastava. Coe era un mix ditalento, di sfida e di determinazio-ne. Per me rappresentava ciò chepotevo diventare sul piano agoni-stico in età adulta. Che cosa pensa del doping?Nell’atletica, l’onestà è un valoreperso. Molte performance sono ar-tificiali, atleti che si dicono “testi-monial” per la lotta contro il do-ping sono loro stessi dopati. In al-

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cuni casi, non si sa più cosa pensa-re, diventa difficile definire chi si èrealmente dopato e chi no. Il do-ping è diventato un business, unmercato parallelo al mondo dellosport e la tentazione è molto facileper alcuni “ambiziosi”. La voglia difama, di soldi e quindi di vincere atutti i costi e di andare oltre i pro-pri limiti sta uccidendo la mia disci-plina. La sponsorizzazione deimeeting da parte di grande indu-strie ha prodotto il moltiplicarsidelle competizioni estive ed inver-nali; l’atleta che vince tali competi-zioni può guadagnare dellesomme piuttosto elevate. Di con-seguenza, è diventato fondamen-tale per molti atleti mantenere unlivello di forma altissimo durantetutta la stagione. Una situazioneche spinge a fare ricorso a sostan-ze proibite per garantire la propriaprestazione e fare crescere il contoin banca. Senza dimenticare cheogni giorno nuove sostanze do-panti - con la connivenza o la com-plicità di case di produzioni farma-cologiche, laboratori, reti di distri-buzione, allenatori, medici - ven-gono sperimentate sugli atleti,senza che peraltro se ne possa san-zionare l’assunzione, non trattan-dosi di sostanze già individuate edinserite nella lista di quelle vietate.Che ne è dell’onestà, del coraggio,dell’impegno, del rispetto per gliavversari che dovrebbero caratte-

rizzare le performance sportive? Lasfida del futuro per l’atletica sareb-be di abbattere il doping, unsogno che si potrà avverare seun’etica sportiva reale e sincerapotrà di nuovo imporsi sul valoreattribuito al guadagno monetario.È una missione difficile da realizza-re e che va ben al di là dello sport,a cominciare dal sistema educativoe dal fatto che esso non debba co-stituire un’anticamera ai profitti dialcuni enti senza scrupoli. Il mondodello sport sarà “pulito” all’unicacondizione che chi lo finanzia ri-spetti una regola di etica fonda-mentale: che vinca il migliore nondopato.Come superare la paura da presta-zione e la voglia di “scorciatoie”? Allenarsi duramente, non c’è alter-nativa.Gli sponsor potrebbero aderire a“codici etici” che li impegnino adassumere comportamenti corretti ea non esercitare influenze impro-prie, divenendo essi stessi promo-tori dello sport pulito?È possibile specie per gli sponsorper i quali il doping non costituiscepotenzialmente un’ulteriore fontedi guadagno nel proprio settore diproduzione. La firma di un contrat-to con le federazioni internaziona-li dovrebbe contenere implicita-mente un impegno da parte dellosponsor non solo a finanziare gliavvenimenti sportivi in sé, ma

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anche a sopportare i costi dellalotta anti-doping degli avvenimen-ti che sponsorizza. Ci sono degli sport in cui le “scor-ciatoie” sono più diffuse e perché? Sì, gli sport di fatica (atletica,nuoto, ciclismo) e quelli che sonototalmente professionalizzati.Sono sport che esigono molto sulpiano delle performance e nella re-golarità dei risultati, di conseguen-za portano più facilmente al do-ping.Il doping è presente anche tra i di-lettanti e gli amatori. Quanto pun-tare sull’educazione? Quanto sullapunizione?Per quanto riguarda la punizionenel caso di doping tra i dilettanti,credo sia necessario applicare lestesse regole che sono applicatenella lotta al doping nello sportprofessionista, anche se i costisono elevati. Credo che sia l’edu-cazione l’arma vincente, ma risultacomunque un impegno assai diffi-cile da sopportare perché richiedecostanza soprattutto da parte deglieducatori. Bisognerebbe insegnaresin dalle scuole elementari durantele ore di educazione fisica che ildoping nello sport è sbagliato, cheè fonte d’inganno per se stesso eper gli altri. Le società sportive, daparte loro, dovrebbero dedicaremolto più tempo ad un’educazio-ne sportiva reale in cui la lotta aldoping occupi un posto di riguar-

do.E se è l’allenatore che suggerisce dicomportarsi scorrettamente?Lo si lascia senza pensarci duevolte. Il diritto di informarsi ed il doveredi informare sulle sostanze chevengono somministrate all’atletaesiste?Il diritto/dovere di essere informatoè fondamentale, ma non vienesempre rispettato. Nel mio caso,ho sempre avuto un rapporto conmedici che conoscevo personal-mente ed ero sicuro che professio-nalmente e deontologicamenteerano ineccepibili. Il problema deldoping, comunque, è che la listadelle sostanze proibite è lunghissi-ma e viene aggiornata costante-mente! In questo modo ildiritto/dovere dell’atleta ad essereinformato diventa più difficile daesercitare. Bisogna segnalare comportamentiscorretti? Assolutamente, sì. A chi si deve rivolgere il ragazzo incaso di difficoltà? Spesso la famiglia può essere unbuon punto di riferimento, ma nonsempre. La scuola può costituireun punto di riferimento per i ra-gazzi, ma la formalità dei rapportiinsegnante-alunno può crearedelle barriere insormontabili. Biso-gna rapportarsi con la persona giu-sta, una persona equilibrata che

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conosca perfettamente le conse-guenze che avranno i propri consi-gli su un ragazzo in difficoltà. Allenatori e formatori dovrebberocompiere degli studi di etica e dipsicologia?Sarebbe auspicabile (se vogliamofare le cose seriamente) creare unordine professionale degli allena-tori e dei formatori (esiste l’ordinedei medici e degli architetti, no?). Ilsistema educativo ha già dellestrutture ed alcuni insegnanti chepotrebbero sostenere un tale pro-getto, alle quali dovrebbero essereaffiancate commissioni di vigilan-za.

ANTONELLA MAURIPluricampionessa del Mondo dipattinaggio a rotelle. PrimatistaMondiale.

Mi sono avvicinata allo sport graziea mia madre che praticava la disci-plina del pattinaggio a rotelle,quindi come si suol dire sono “fi-glia d’arte”. Io sono stata fortuna-ta, ma non tutti i genitori sono ap-passionati o praticanti di sport, percui dovrebbe essere la scuola a farconoscere lo sport ai giovani, comedel resto viene già fatto nelle scuo-le statunitensi dalle quali sonousciti innumerevoli talenti.Il pattinaggio a rotelle è stato perme grande maestro di vita indipen-

dentemente dai risultati positivi onegativi che via via ho ottenutonella mia lunga carriera. Mi ha per-messo di cogliere determinati valo-ri che, forse, non avrei mai potutoconoscere. Il praticare lo sport a li-vello agonistico ed il continuo con-fronto con gli altri mi è servito performare e rinforzare il mio caratte-re, ponendomi nuovi obiettiviquando ne raggiungevo qualcunoe impegnandomi più a fondoquando invece subivo una sconfit-ta. Tutto questo mi ha insegnatoad essere leale perché è la lealtàche contraddistingue un fuoriclas-se. Ogni vittoria è importante per-ché metti alla prova te stesso e so-prattutto è la soddisfazione pertutti i sacrifici fatti. Lo sport prepa-ra alla vita e i sacrifici che si fannoe gli ostacoli che si pongono da-vanti sono quelli che un domani sitroveranno nella vita; ma sarai giàpreparato a questo perché lo sportti ha fatto forte. Lo sport mi ha permesso, inoltre,di girare il mondo e di conoscereculture diverse, quindi diversi stilidi vita e notare i diversi modi di ap-procciarsi allo sport. L’attività spor-tiva unisce le persone, si crea unasorta di legame fra gli atleti chenella competizione lottano tuttiper una medaglia e nella vita lotta-no per la libertà e per i propri dirit-ti.In qualità di testimonial ho parteci-

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pato al progetto - Io gioco con losport - che è stato ideato partendodalla “Carta dei diritti del ragazzonello sport”, una sorta di decalogodei principi fondamentali della me-todologia dell’allenamento sporti-vo giovanile. L’etica nello sport è difondamentale importanza; do-vrebbe essere il punto di partenzasul quale si basa lo sport. Le com-petizioni dovrebbero essere svoltesempre lealmente e tutto questodeve essere insegnato al giovaneatleta dal proprio allenatore. Per-tanto, è fondamentale che gli alle-natori e i formatori oltre al loro ba-gaglio di esperienza facciano deglistudi etici e di psicologia sportivanel momento in cui conseguono ilbrevetto. Questo anche perchénon tutti gli allenatori e formatorisono stati prima atleti. Sono le fe-derazioni sportive, il Coni o gli entispecializzati nell’insegnamento diqueste materie (educazione civicae morale) che dovrebbero farequesti corsi obbligatori per poteroperare. L’allenatore è fondamentale nellavita di un atleta. Occorre perciòche sia ben preparato e che sicomporti eticamente. L’allenatoreche suggerisce di comportarsi scor-rettamente e che somministra so-stanze all’atleta senza che questosia al corrente di quello che assu-me, dovrebbe essere prima segna-lato alle autorità sportive e poi al-

lontanato dai campi di allenamen-to e di gara.Spesso non si conosce quanto al-cune sostanze possano essere peri-colose in un secondo tempo, cioèdopo che l’atleta ha smesso la suacarriera sportiva, quindi l’informa-zione completa prima di tutto. Poise in ogni caso un’atleta assumequeste sostanze deve sapere a checosa va incontro. Io punterei quin-di sull’educazione piuttosto chesulla punizione.Educazione che può essere fattadall’atleta medesimo. Nelle scuolel’ex atleta, all’interno delle ore dieducazione fisica, potrebbe avereun duplice ruolo. Il primo sarebbequello di insegnare il proprio sportin quanto non tutti gli sport ven-gono praticati nelle ore di educa-zione fisica (perché l’insegnantenon è esperto di tutti gli sport) enon sempre ci sono le struttureadatte a praticare i diversi sport,quindi occorrerebbe incontrarsicon i campioni in luoghi adatti;mentre il secondo ruolo sarebbequello di trasmettere la passione ela dedizione per lo sport che soloun ex atleta può fare. La pratica di uno sport a livelloagonistico non deve essere vistacome una rinuncia, ma come unascelta.Personalmente, in qualità di ex at-leta e di insegnante di educazionefisica, ho notato quanto sia impor-

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tante per i ragazzi avere un puntodi riferimento e, quindi, facendo diloro anche miei fan che seguivanocon piacere vittorie e sconfitte, hoinsegnato loro che sia la vittoriache la sconfitta non sono maipunti di arrivo ma punti di parten-za, dove con la vittoria ci si devemigliorare per potere dar sempre ilmassimo e che dalla sconfitta siapprendono nuove strategie tatti-che e di allenamento da mettere inpratica. Oltre ad essere insegnantisiamo anche educatori. Tocca a noiinsegnare che la lealtà premia enon lascia emarginati.

DINO MENEGHINPallacanestro - Scudetto: 1969,1970, 1971, 1973, 1974, 1977,1978, 1982, 1985, 1986, 1987,1989 - Coppa Italia: 1969, 1970,1971, 1973, 1986, 1987 - Coppadei Campioni: 1970, 1972, 1973,1975, 1976, 1987, 1988 - Coppadelle Coppe: 1967, 1980 - CoppaIntercontinentale: 1967, 1970,1973, 1987 - Olimpiadi: 1972,1976, 1980 - Medaglia d’Argento,1984 - Campionato Europeo: 1983Medaglia d’Oro, 1971 e 1975 me-daglia di Bronzo

Sport amore mio. Lo dico subito,perché dalla vita nelle grandi arenesportive ho imparato tanto, perchésono convinto di essere stato for-

tunato il giorno in cui ho scelto dicamminare insieme agli altri, con-dividendo speranze, sofferenza,conoscendo la gioia, il tormento,l’estasi, cercando di capire, impa-rare, soprattutto nei momenti incui mi sentivo confuso, perché leamicizie rimarranno per sempre,perché nel gruppo devi saper dare,perché certi legami rimarranno pertutta la vita.Non ci sono cinquanta modi dicombattere, diceva un pensatorefrancese, ce n’è uno solo: vincere.Ma qui non sono d’accordo vistoche mi sono arricchito interiormen-te più nelle sconfitte che nei gran-di successi. Certo che il successo èsublime, ma non basta.Sono i momenti difficili che fannoapprezzare la vita associativa, ilgruppo. Nello spogliatoio non seinudo soltanto quando vai a fare ladoccia. I compagni capiscono chisei, il tuo allenatore lo scopre pocoa poco. Là dentro si uniscono leanime, c’è la ricerca di un’affinitàelettiva che ti fa crescere ogni gior-no. Divertimento e dedizione, con-vinti di fare una cosa importanteanche quando non ci si sente pro-prio all’altezza.La vita nella società, la complicitàcon i compagni, questo sentire in-sieme ti aiuterà sempre, non è im-portante essere un campione, èfondamentale godersi quel mo-mento, vibrare per qualcosa, tra-

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smettere energia, senza prendersitroppo sul serio, senza scoraggiar-si.Un mio allenatore che aveva lettoclassici cinesi diceva sempre che unviaggio di mille miglia deve comin-ciare con un solo passo.Sono sicuro che nella mia espe-rienza ho imparato a conoscere imiei compagni più nelle cose pic-cole che in quelle grandi, convintoche più vai verso la cima più sentifreddo e maggiori sono le respon-sabilità.Sono arrivato al basket perché nonera difficile vedere la mia statura inmezzo a tanti coetanei, ma per laverità io avevo cominciato andan-do sui campi di atletica. Ho semprecreduto che quella fosse la madredi tutti gli sport, ma serve l’am-biente, servono gli amici, un istrut-tore giusto. A me non capitò. Mimisero a gettare il peso. Da solo,isolato, su una pedana lontanadalla pista. Mi sembrava barboso,mi ha fatto sicuramente bene, manon era quello che cercavo. Quan-do ho saputo che ci sarebbe statauna partita studentesca di pallaca-nestro sono andato a vederla, c’e-rano i miei compagni, c’era alle-gria. Non è stato difficile iniziareanche se al primo allenamento colVarese mi sono presentato in scar-pette rosse, quelle che indossava-no i giocatori di Milano, i grandi ri-vali del Simmenthal. Non le ho

buttate via, però ho cominciato adimparare da quelle piccole cose e ildestino della mia storia sportiva havoluto che nella prima vita agoni-stica raggiungessi il massimo conIgnis, mentre nella seconda è stataMilano la mia casa.Adesso guardo lo sport dalla tribu-na, lo commento, ma la nostalgiaè sempre forte, per questo dico:non lasciate mai.Campioni o soltanto appassionati,ci sarà sempre bisogno di tutti.Ogni generazione pensa di avervissuto l’incanto perché credeva incerti valori. Il mondo è cambiatotanto, ogni periodo ha la sua luce.L’evoluzione della specie tecnica,dei materiali, degli uomini. Certecose in cui credevo, lealtà, dedizio-ne, valgono anche oggi, ma in ma-niera diversa. Ho giocato contromio figlio nel campionato di serieA, ho vissuto da dirigente la suaesperienza in nazionale quando èdiventato campione d’Europa,campione d’Italia. La sua gioia erasimile alla mia quando ho vinto aNantes nel 1983, l’argento alleolimpiadi di Mosca 1980, nellaCoppa dei Campioni, ma non erafacile condividere tutto, ogni etàvive certe esperienza in maniera di-versa. Non mi sono sentito vec-chio, superato, erano altri tempi el’impegno per tutti è cercare dicomprendere gli altri perché adesempio non basta fare il bene, bi-

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sogna farlo bene.Ho vinto tanto e non ho trofei chespolvero più volentieri di altri, certola prima Coppa dei Campioni, con-tro l’Armata Rossa di Sergei Belov,quello fu un momento straordina-rio, era l’inizio di una grande caval-cata insieme al professor Nikolic,ad una grande squadra. Ecco quel-lo che ricordo: le squadre, tutti,non c’erano riserve, c’erano amici.Questo cameratismo serve sempre,soprattutto se andando verso l’altoti capita, come è successo a me, difinire tante volte nelle mani delchirurgo, quando ti sembra che lacarriera si possa interrompere perinfortunio. In quel momento capi-sci se hai di fianco gente vera, se tusei vero. Passando da Varese a Mi-lano mi trovai alle prese con un gi-nocchio che non funzionava. Eradura, la gente pensava che fossigià da pensione, volevo ribellarmi,ma da solo non avrei potuto farce-la. Nella palestrina del Palalidocamminavo, correvo, recuperavo,piangevo, ma condividendo conaltri quel recupero, perché quellisono momenti in cui diventi piùforte. Vi ho detto prima che s’im-para di più dalla sconfitta, vi con-fermo che in quella sfida ho ritro-vato veramente me stesso.Lo sport è sano se vincere non èl’unica cosa. La competizione ti facrescere se riesci a rispettare le re-gole del campo, della vita in comu-

ne nel tuo gruppo, nel rispetto dichi ti sta di fronte. Fra le righe ci sibatte, ma poi, come fanno i rugbi-sti, si vive il terzo tempo insieme,questo conta per sempre e lo ricor-derai per tutta la vita.Non esistono scorciatoie per il ri-sultato. Lavorare bene in allena-mento, capire, migliorare, provaree riprovare, questa l’unica strada,non credete ai maghi, a quelli cheraccontano di aver trovato un sen-tiero per fare meno fatica. Nonavrebbe senso, sarebbe l’eutanasiadi un amore che deve restare sem-plice. Quando avete difficoltà parlateneapertamente con il vostro allenato-re, con i vostri compagni, non iso-latevi, non accettate soluzioni chevadano contro la vostra idea disport. Non è vero che sono piùfurbi quelli che trovano l’integrato-re “giusto”, quelli non vogliono vi-vere lo sport, cercano di sfruttarlo.Lo fanno in tanti, ma se la tua fa-miglia è la squadra non vincerannomai. Ci sono debolezze in tutti noi,qualche volta si sgarra, un bicchie-re di troppo, una sigaretta, ma poiil campo ti castiga. Non prendeteniente se non vi spiegano bene dicosa si tratta, sapendo che l’allena-mento riduce spesso le difese or-ganiche, ma appena trovate gen-taglia insistente urlate più forte diloro.Vi ho detto che in alto fa più fred-

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do, al livello professionistico seisempre sotto l’occhio della critica,ma se le basi sono buone non cisaranno pressioni tali da farvi cam-biare atteggiamento nei confrontidi quella che è la vita che avetescelto. Battersi, divertendosi. Unacosa semplice da dire, più difficileda fare, ma se riuscirete in questa,sarà felicità. Meglio se allenatori,dirigenti arriveranno in contattocon le nuove generazioni avendostudiato anche psicologia. Esiste latecnica, ma è nella testa che si co-struisce l’atleta. Non importa il li-vello. Un tiro libero nel campiona-to giovanile conta come quello diuna finale scudetto.L’esame vale per tutti, ma chi diri-ge deve capire, aiutare, sollecitare,far crescere senza mortificare. Daquando ho smesso mi sono dedi-cato ai giovani, spero che lo faccia-no tanti altri giocatori, tanti cam-pioni che non possono aver di-menticato i loro primi passi. Sareb-be bello ritrovarli in una palestrascolastica, sentirli raccontare, ve-derli in azione anche se magari,come capita a me, non sono piùcapaci di saltare un foglio di gior-nale.Non reprimere, ma educare, sem-pre. Se la mente è allenata bene,tutto il resto diventerà facile e iprimi a rifiutare l’inganno sarannogli stessi ragazzi. Educare il gioca-tore, il tecnico, ma anche i genito-

ri. Respingete i mercanti che vo-gliono entrare in questo giardino,non la chiamo chiesa, ma per me èstata più di una chiesa.

EMANUELE MERISINuoto: medaglia di bronzo 200 m.dorso alle Olimpiadi di Atlanta,medaglia di Bronzo 200 m. dorsoagli Europei del 1993. Testimonialnei master del centro Studi di psi-cologia dello Sport.

Al nuoto mi sono avvicinato a 7anni su consiglio del mio medicocurante perché ero un po’ cicciot-tello e sedentario. La persona chepiù mi ha influenzato nel modo divivere lo sport è stata il mitico nuo-tatore della Germania orientaleRoland Matthes, chiamato il su-ghero per la straordinaria leggerez-za: ineguagliabile!Credo che la massima espressionedello sport sia rappresentata dalleOlimpiadi: atleti di tutto il mondo,di tutte le razze, di tutte le discipli-ne sportive che si ritrovano ogni 4anni per sfidarsi lealmente. Hoavuto l’onore di rappresentare l’I-talia in ben 3 Olimpiadi, un’espe-rienza straordinaria. La mia vittoriapiù importante è la medaglia dibronzo che ho conquistato alleOlimpiadi di Atlanta nei 200 metridorso: il sogno che si realizzava.Però anche la mia prima medaglia

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europea del 1993 è difficile da di-menticare.Il nuoto è disciplina individuale enon di squadra, è quindi più diffici-le instaurare un rapporto con icompagni di allenamento, ma unbuon gruppo sta alla base del di-vertimento e del lavoro, nei mo-menti di difficoltà ci si sprona a vi-cenda. Io ho sempre avuto la for-tuna di allenarmi in squadre congruppi affiatati: SNAM e ora DDS.Nel mio sport, in ambito italiano,ho sempre visto solo sana compe-tizione. Per i miei avversari nutroun grande rispetto, in acqua “ne-mici” ma fuori grandi amici! A me non è stata mai offerta alcu-na “scorciatoia” per arrivare a ri-sultati più rapidamente. Nella no-stra nazionale non è mai accadutauna cosa del genere, i nostri risul-tati sono cristallini. Comunque, sesi hanno le prove di comportamen-ti scorretti, si ha il dovere di infor-mare le autorità competenti. Lascelta dell’allenatore è fondamen-tale: spesso affianca la figura pa-terna. Se non segue le regole dicorrettezza e di etica che sono allabase dello sport, bisogna cambiaresubito allenatore e non cadere neltranello dei risultati facili. L’onestànasce comunque dal proprio esse-re, raggiungere un risultato, sep-pur di minor valore, ma solo con leproprie forze, regala, a mio avviso,maggiori soddisfazioni. L’atleta

deve essere responsabile in primapersona: pretendere di essere in-formato sui medicinali che si assu-mono e avere l’ultima parola. Per-sonalmente, ho avuto ottimi alle-natori. Sia Marcello Rigamonti cheRemo Sacchi, i miei più importantiallenatori, sono degli ottimi psico-logi, e credo che conoscere argo-menti di psicologia, sia fondamen-tale per l’attività che svolgono.L’atleta è sottoposto a pressioniforti e costanti, che devono essereaffrontate nel migliore dei modi.Alle Olimpiadi di Atlanta, la pres-sione dei media mi ha giocato unbrutto scherzo, non ho retto latroppa responsabilità; quindi primadi affrontare le Olimpiadi di Sidneymi sono rivolto ad uno psicologodello sport, la dottoressa MarisaMuzio, grande persona e profes-sionista, che mi ha aiutato a trova-re maggior equilibrio. Alla lucedella mia esperienza, ritengo per-tanto sia utile istituire dei corsi dipsicologia dello sport organizzatidalle federazioni sportive o da entispecializzati, così come una buonacampagna di informazione e dieducazione dello sport nelle scuolepotrebbe essere la migliore delleprevenzioni.

CARLO OCCHIENANazionale Italiana di Atletica leg-gera, 8 volte Campione Italiano

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(100 - 200 mt)

Tutti conoscono il significato dellaparola “sport”, tutti ne parlano,ogni giorno sui quotidiani, nei bar,nelle scuole e negli uffici delmondo, qualcuno discute di sport.Io sono stato un atleta professioni-sta per molti anni in uno sport,l’Atletica, particolarmente difficilee competitiva. Potrei scrivere pergiorni interi sull’atletica, potrei ri-spondere a mille vostre domandetecniche e morali, potrei spiegarvitutti i passaggi e le scelte della miacarriera, raccontarvi quali sonostate le difficoltà e come sono ri-uscito a superarle, ma il tempo e lospazio non ce lo permettono,quindi in poche righe vi spiegheròcome lo sport mi ha cambiato lavita, cosa mi ha dato e cosa mi hainsegnato. Ciò che ho imparato sa-ranno i valori e le basi della miavita anche fuori dalla “affascinantee dannata” pista d’atletica.Nella vita di un atleta lo sport di-venta una filosofia di vita, diventauna condizione mentale ancorprima che fisica. Solo “vivendo” losport con questa mentalità è possi-bile raggiungere importanti tra-guardi, eccitanti vittorie ed inde-scrivibili soddisfazioni.L’atletica è lo sport individuale perdefinizione, l’essere responsabileed artefice dei propri traguardi tidona stimoli, carica ed energia in-

finita. È sotto questa luce che ilgiovane atleta vive la sua giornata,organizza la sua vita. Mille sarannole difficoltà e i sacrifici che dovreteaffrontare per arrivare a correrenelle più famose ed affascinantimanifestazioni mondiali. L’ansia da prestazione è spesso do-vuta alla paura di non riuscire arealizzare quello che gli altri (imass-media, tifosi, familiari,amici....) si aspettano da te. Lapaura da prestazione sarà semprepresente in qualunque atleta primadi ogni grande competizione, l’im-portante è trasformarla in nuovacarica ed energia per rendere almassimo delle proprie possibilità.Così facendo non viene neanchepresa in considerazione la possibili-tà di stupide “scorciatoie”. Il veroequilibrio e la migliore condizionementale si raggiungono quandoun atleta si rende conto che quelloche sta facendo lo fa in primoluogo per se stesso e lo farebbeanche se non ci fosse niente di ma-teriale in palio.Ogni giorno la paura “di non far-cela” vi farà visita, prima dellacompetizione vedrete la possibilitàdella sconfitta, spesso affaticati edoloranti per gli allenamenti svoltivi chiederete se siete sulla stradagiusta. Ma quello che vi darà laforza di lottare sarà quella condi-zione mentale di cui vi parlavo, visentirete protagonisti di un proget-

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to di vittoria, il vostro progetto.Ogni allenamento sarà un piccolomattoncino che contribuirà alla co-struzione del vostro più grande “ri-sultato”.È tutto qui! Non esistono scorcia-toie, o meglio, esistono e sonospesso utilizzate ma non portanolontano. L’atleta che fa uso di so-stanze illecite infrange le regolesportive, ma prima ancora infrangele regole morali, inganna se stesso.Quello che ho sempre ricercato è ilmio limite personale, capire fino adove potevo arrivare con le mie ca-pacità fisiche e mentali. Il dopingaltera il vostro “sogno” danneggiail vostro fisico e la vostra mente.Ogni risultato ottenuto perde il suoprimario significato che è quellodella soddisfazione personale, losport con il suo intrinseco significa-to di competizione viene annulla-to.Fidatevi, io ho avuto la fortuna e lacapacità di raggiungere importantitraguardi e vittorie, ho avuto lapossibilità di partecipare alle Olim-piadi e ai Campionati Mondiali, maciò che più mi dà soddisfazioneancor oggi è la consapevolezza diessermi posto degli obiettivi e confatica e sudore giornaliero essereriuscito a raggiungerli. Che sensoavrebbe arrivare al traguardo, ma-gari prima degli altri, ma prenden-do delle facili “scorciatoie”? Èsempre possibile una sana compe-

tizione ed è questa che regala levere soddisfazioni.Lo sport vi può insegnare un’eticadi vita, un modo nuovo di vivere edi conoscervi. La correttezza neiconfronti degli avversari, il corag-gio di “provarci”, l’adrenalina dellacompetizione, la paura della scon-fitta, la soddisfazione della vittoriariempiranno la vostra vita di emo-zioni fortissime, indimenticabili edifficili da spiegare a parole a chinon le avrà mai provate.Trovate lo sport che vi appassiona,cercate un allenatore che nonpunti esclusivamente al risultato,ma che abbia interesse a formarvi,ad insegnarvi le regole e i metodiper giungere al risultato. Cercate ilvostro “sogno”, fissatevi i vostriobiettivi non bisogna vincere leOlimpiadi per poter dire “ci sonoriuscito”, l’importante è con umil-tà, volontà e sacrificio raggiungereil vostro “traguardo”. Buon allenamento e buona fortu-na a tutti.....

ANTONIO ROSSI Medaglia d’oro K2 1000 Olimpiadidi Sidney; Medaglia d’oro k1 500 ek2 1000 Olimpiadi di Atlanta

Cosa rappresentano l’etica e losport nella mia vita?... la vita stes-sa. È da quando ho 12 anni chefaccio canoa a livello agonistico ed

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ora che ne ho 34 mi sto preparan-do per la mia quarta olimpiade.Che dire... 22 anni dedicati allosport. Che cosa mi ha dato lo sportin tutti questi anni e io che cosa hodato? Lo sport mi ha dato tanto intermini di successo, gratificazione,riconoscimento e mi ha datoanche una certa notorietà, maquesto è solo la punta dell’iceberg,è quello che tutti vedono e quelloche tutti vorrebbero. In realtà lacosa più importante, quella che ve-ramente ha segnato e cambiato lamia vita è stato il rispetto. Rispettoper tutto, per me stesso, per il miocorpo, la mia salute e la mia digni-tà. Rispetto per il lavoro del miostaff, senza il quale mai avrei rag-giunto i risultati ottenuti, per lamia squadra, con la quale ho con-diviso sudore, risate ma anche de-lusioni, per i miei avversari, daiquali ho cercato di imparare il piùpossibile, infine per le strutture el’ambiente dove di fatto ho passa-to la maggior parte del mio tempo.Rispetto come amore per se stessie per gli altri, rispetto come baseper qualsiasi tipo di avventura,sportiva, lavorativa, familiare,amorosa. Ho imparato a prenderecoscienza dei miei limiti e delle miecapacità, a non arrendermi alleprime difficoltà, ad impegnarmi afondo per realizzare i miei sogni ele mie ambizioni. Ho inoltre capitoche la vittoria e la sconfitta fanno

parte della vita e quindi devo sapervincere senza prepotenza e senzaumiliare l’avversario così comedevo saper perdere, accettando lasconfitta, sapendo che non si trat-ta di un danno irreparabile. La garapiù bella è quella in cui si riescesemplicemente a dare il massimodi sé.Ed io cosa ho dato allo sport? Si-curamente tanti sacrifici e tantosudore, ma in fondo quando hai lapossibilità di fare la cosa che più tipiace e ti soddisfa, i sacrifici si tra-sformano in libere scelte. Cerco,poi, di vivere quotidianamente, neirapporti con la mia famiglia, i mieiamici, il mio team e tutti quelli chemi sostengono, i valori della miareligione e di essere nella normali-tà un “esempio” per i più giovani,anche se a volte mi spaventano leresponsabilità che ciò comporta. Vorrei concludere con le parole diS. Caterina da Siena, ricordate dalSanto Padre, Papa Giovanni PaoloII, nella Giornata Mondiale dellaGioventù: “Se sarete quello chedovete essere, metterete fuoco intutto il mondo”. Impegnamoci concoraggio, umiltà e perseveranza enulla ci sarà impossibile, così nellosport come nella vita!

ALESSANDRA SENSINIOro alle Olimpiadi di Sidney, wind-surf (classe Mistral)

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Il windsurf è una disciplina tanto fi-sica quanto tecnica con un ele-mento a sorpresa: il mare. Questosport richiede qualità molto parti-colari. Si tratta di uno sport giova-ne, quando ero piccola non esiste-vano nemmeno corsi specifici.Siamo stati i pionieri e stiamo fa-cendo la storia. Forse perché losport è così giovane, perché i soldisono pochi o perché le personeche lo praticano devono avere re-quisiti particolari, ma il doping e lacultura del doping sono rimastisempre ben lontani da noi. A volte sembra un gioco: il mare, ilsole, la spiaggia. Ma c’è di più.Una sfida continua con il mare e lesue regole. Si cerca di interpretareil vento, la voglia è dentro di te,una sensazione di libertà e di indi-pendenza. D’altra parte, il wind-surf è uno stile di vita, a tal puntoche le vacanze si decidono in basea dove ci sono le onde! La garanon è con l’avversario, ma con ilvento e con il mare. La mente èconcentrata, i muscoli tesi. Non c’èpubblico che incita e grida perchéle regate si svolgono in mezzo almare. E in ogni caso non esiste unvero e proprio “pubblico” delwindsurf, perché questo sport piùche tifarsi, si pratica.Spesso i principianti mi scrivonodelle loro sensazioni e chiedonoconsigli. Io raccomando loro di ri-volgersi ad insegnanti qualificati. È

la prima regola.Ma non nego che il sostegno piùforte viene dalla famiglia. La miaera appassionata di mare. Io l’hoamato e vissuto molto fin da pic-cola. Mi ci portava mio papà.

ELISA TOGUTPallavolo, oro ai Mondiali di Berli-no nel 2002.

All’inizio ho cominciato con ilnuoto e l’atletica. Poi, vista la sta-tura, mi hanno chiesto di provarecon la pallavolo. Ritengo che siaimportante intraprendere l’attivitàsportiva, indipendentemente dalladisciplina. Il particolare talentoemergerà nel tempo.Tutto lo sport dà lezioni di vita. Lapallavolo, per esempio, insegna va-lori che si apprendono solo standoinsieme in un gruppo. Chi la prati-ca impara a socializzare, mettendoal primo posto la squadra. Tra atle-ti, persino, della stessa squadra c’èspesso forte competizione, manelle difficoltà bisogna essere unitied aiutarsi a vicenda. La competi-zione è indispensabile per miglio-rarsi, per non sentirsi mai arrivati. La vittoria più importante? Ho con-seguito importanti vittorie a livellogiovanile con la nazionale juniorese pre-juniores. Poi è arrivato l’oromondiale a Berlino nel 2002. Leprime sono frutto di un grande la-

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voro a livello giovanile mentrequella del mondiale, più inaspetta-ta, è stata il coronamento di unsogno.È importante che i giovani com-prendano che nello sport, come intutti gli ambiti professionali, se nonsi lavora duro i risultati non arriva-no. Non ci sono scorciatoie masolo lavoro e passione. Il doping?Bisogna valutare bene ciò che ci di-cono, scegliere con la propriatesta, informarsi su ciò che vienesomministrato. La strada per arri-vare in alto non è certo facile! Tuttitendono a giudicare e a metterepressione. È, quindi, importantetrovare una profonda forza interio-re e svilupparla nel percorso sporti-vo, attraverso una crescita profes-sionale. In questo, il ruolo della fa-miglia è fondamentale.Ma anche l’ex atleta potrebbeavere un ruolo determinante per ipiù giovani, specie nelle ore dieducazione fisica a scuola. I ragaz-zi, oltre ad avere più motivazioni,vedrebbero in lui un esempio e po-trebbero fruire delle sue esperien-ze.

VIOLA VALLINuoto: medaglia d’oro nei 5 km enei 10 km ai Mondiali di Barcello-na 2003

Una volta, durante un allenamen-

to, sentimmo in lontananza i tuonidi un temporale che si stava rapi-damente avvicinando; l’allenatoreinsisteva nel volermi far uscire dallavasca, ma io volevo continuare, pernon perdere l’allenamento. Conta-vo i secondi che separavano il ba-gliore del fulmine dal rumore deltuono, se fossero stati meno di 10sarei uscita dalla vasca, ma quellavolta non mi servì a nulla contare,perché un fulmine si scaricò sulbordo della piscina; le mie pulsa-zioni andarono alle stelle, la vascadiventò rossa e l’acqua iniziò a vi-brare. Non appena mi resi conto dicosa stava accadendo iniziai a cor-rere verso gli spogliatoi ... morale39° di febbre la sera stessa. Oraquando c’è un fulmine ... anche inlontananza ... sono io quella cheschizza fuori! Sono stata quasi più in acqua chesulla terra ... se si escludono le oredi sonno! La fatica è una compa-gna di vita, forse una delle miglio-ri. Insegna il valore delle cose. Nonho mai pensato che la strada fossefacile, anzi l’ho trovata in salita epiena di ostacoli...anche belli dasaltare...nel senso che superare unostacolo dà soddisfazione. Dicosempre che girare intorno all’osta-colo è differente, è la strada piùsemplice ma meno valida. Usaresostanze dopanti è come girare in-torno ad un ostacolo e non saltar-lo. La soddisfazione della vittoria si

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ha solo se si vince in modo pulito.Il doping può fare molto male allosport e va combattuto. Ma atten-zione che accusare un avversario didoparsi non diventi una scusa o unpretesto per giustificare le propriecattive prestazioni. Non bisognamai colpevolizzare nessuno se si hasolo un sospetto. Questo tipo dipolitica non mi piace. Nascondersidietro queste cose vuol dire rinun-ciare a priori a mettersi in gioco enon è da me. Non ho mai sospet-tato delle mie avversarie. Le hosempre considerate brave più dime finché non le ho battute. Speroche le due medaglie d’oro vinte aimondiali di Barcellona aiutino leistituzioni, la famiglia e la scuola acomprendere che lo sport ha unsenso educativo importante. Com-prendere che esiste anche una pe-dagogia del corpo, distinta dal ri-sultato agonistico, e spesso sacrifi-cata sull’altare del nozionismo, èimportante nella formazione deiragazzi. Educare il corpo è un con-cetto antico e a scuola il corpo sitrascura. Queste due medaglie nonsono il risultato di una lotta o diuna guerra. Sono un obiettivo cheio ho voluto raggiungere per mestessa, senza voler dimostrare nullae niente a nessuno. Lo sport è unteatro che aiuta a comprenderemeglio se stessi e prepara alla lottadella vita, oggi ho meno paura diieri. Ringrazio le persone che mi

sono state, nonostante tutto, sem-pre vicino e che io ho trascuratoper questo obiettivo e che ora po-tranno comprendere meglio.

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1. Stefano Baldini alle Olimpiadi di Atene 2005 si è laureatoCampione olimpico trionfandoa. nel Salto con l'asta b. nella Maratona c. nei 5000 metri

2. Enrico Fabris, nelle Olimpiadi invernali di Torino 2006 havinto tre medaglie tra cui una d'oro. In quale disciplina?a. Sci Nordico b. Sci Alpino c. Pattinaggio sul ghiaccio

3. Come si é classifcata nel 2007 la nazionale italiana di palla-volo femminile ai Campionati Europei?a. al secondo posto b. al quarto posto c. al primo posto

4. L'Italia quante volte ha vinto il Mondiale di Calcio?a. 4 volte b. 5 volte c. 3 volte

5. Pietro Mennea, grande campione atletico, per diversi anni èrimasto primatista mondiale in quale disciplina?a. 200 metri b. 3000 siepi c. Lancio del peso

6. Dove si svolsero le Olimpiadi del 1996?a. Mosca b. Atlanta c. Sidney

7. La Ferrari, leggendaria macchina da corsa, in quale citta ita-liana si costruisce?

QUIZ: LO SPORT IN ITALIAScheda per gli studenti

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a. Torino b. Maranello c. Monza

8. Quante medaglie d’oro ha vinto la nazionale maschile di pal-lanuoto alle Olimpiadi? a. due b. cinque c. tre

9. Sara Simeoni, campionessa italiana dell'atletica dei recentianni passati, è stata titolare del record mondiale in quale di-sciplina?a. Salto in lungo b. 400 metri c. Salto in alto

10. Mario Cipollini, campione toscano del ciclismo, uno dei piùgrandi sprinter da sempre, quante tappe ha vinto al Giro d'Ita-lia?a. 37 b. 42 c. 59

Risposte corrette:1-b, 2-c, 3-c, 4-a, 5-a, 6-b, 7-b, 8-c, 9-c, 10-b

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LE “DIMENSIONI” DELLO SPORT

In questi tempi parlando di sport verrebbe da dire: “mala tempora cur-runt”. Non c’è di che esultare per la cultura collettiva espressa dai feno-meni sportivi di massa. Questo richiede una riflessione e un conseguenteimpegno che vadano più a fondo per capire quali siano le straordinarievalenze dello sport. Intanto lo sport non è un fine, cioè non è una realtà totalizzante, un as-soluto. Va rapportato a una scala di valori più grandi. Non è neanche unmezzo, una sorta di arnese per realizzare qualcos’altro. Nelle vicendeumane lo schema categoriale mezzo/fine non appare particolarmente ca-pace di rendere conto dell’esperienza in questione.Piuttosto lo sport è un valore, “un «luogo» di umanità e civiltà, che tut-tavia può risolversi in luogo di generazione personale e sociale”1 . Un va-lore con tante sfaccettature.In primo luogo lo sport è gioco. Il gioco dice che l’uomo ha bisogni diuscire dalle necessità puramente materiali. Dice anche che l’uomo ha bi-sogno di uscire dalla logica del produrre, del fare qualcosa in vista di altro.Il gioco ha valore in se stesso. Qui si apre una reale tensione con l’attivi-tà professionistica, che invece richiede comunque risultati e che tende astrumentalizzare a fini economici l’agire sportivo. Se questo avviene losport è più facilmente un crocevia di altre dinamiche, compreso l’essereun contenitore di forme di violenza della società.In secondo luogo lo sport è festa. È gioia di vivere, è espressione di liber-tà, è capacità di stringere legami, è celebrazione di eventi collettivi. Quan-do le esigenze di ordine pubblico diventano eccessive significa che lo spi-rito della festa è già stato smarrito e che lo sport è diventato altro da sé.In terzo luogo lo sport è agonismo. Il termine agonismo rimanda alla ra-dice greca che significa lotta. Imparare a lottare è esperienza decisivadella persona umana. La vita stessa chiede di abilitarsi alla lotta. Non peròcontro qualcuno o qualcosa. È anzitutto lotta con se stessi, per tirare fuori

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il meglio di sé e anche nella forma dell’agire di squadra. In questo sensonon possono esserci nemici, ma solo concorrenti, cioè altri che con-cor-rono (corrono insieme) per raggiungere la vittoria. Per questo non può es-sere vero il noto aforisma decoubertiano secondo cui l’importante non èvincere ma partecipare. L’importante non è solo partecipare, non è solovincere. Il desiderio di vincere segnala piuttosto una dimensione umanainsopprimibile: la tendenza all’autotrascendenza. La vittoria è desiderataanche se si gioca tra amici. È un bisogno profondo, la ricerca dell’andareoltre i propri limiti e di manifestare se stessi oltre ciò che già si sapeva. Èquesto il motivo che c’è dietro la conquista di record, anche se non ci fos-sero soldi in palio. Teologicamente questo si può spiegare dicendo chel’uomo è creato da Dio e dunque nessuna conquista finita può placare ilsuo cuore. Antropologicamente questo implica che la ricerca della vitto-ria cercata senza voler andare contro nessuno è un desiderio buono e po-sitivo. Dovrebbe anche essere uno strumento di verifica e di conoscenzadi sé. Saper vincere come saper perdere è dunque essenziale ad un’eticadello sport e alla società stessa.

Don Luca VioloniUniversità degli Studi dell’Insubria - Varese

19 novembre 2007

1 Commissione ecclesiale pastorale del tempo libero turismo e sport, “Sport e vita cristiana”, 1995, n°

13. Documento che riprendiamo anche in alcune considerazioni successive.

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SPORT, MICROCOSMO DI UN MONDO GLOBALIZZATO

Molti aspetti rendono il movimento sportivo internazionale un processounico, una vera e propria singolarità negli scenari politici e culturali delmondo contemporaneo. Per mostrarlo, nel ragionamento che segue insi-steremo soprattutto sul vertice indiscusso, rituale e ciclico di questo mo-vimento sportivo: le Olimpiadi. In altra sede, comunque, potremmo farenotazioni complementari, e altrettanto significative, sulle ritualità, cicli evertici di un movimento più settoriale ma altrettanto globale: il mondodel calcio. Tuttavia cambiando strada il risultato non cambia. L’universali-tà degli stati rappresentati in un’Olimpiade, ai mondiali d’atletica o allequalificazioni dei mondiali di calcio è stato ed è talvolta addirittura supe-riore al numero degli stati rappresentati all’ONU (talvolta anche territorisubordinati o “coloniali” hanno presentato e presentano le proprie rap-presentative).Focalizzandosi soprattutto sulle Olimpiadi, dobbiamo anzitutto sottoli-neare la particolari condizioni di visibilità goduta dai singoli stati e dallesingole aree del mondo in tali occasioni. Certo, i paesi forti hanno sem-pre vinto di più: le Olimpiadi hanno sempre avuto le loro “grandi poten-ze” (gli Stati Uniti, innanzitutto) e, anzi, una storia assai intrecciata allastoria politica del pianeta ha visto l’emergere e il venir meno di colossiquali l’Unione Sovietica e la Germania Est (e oggi l’emergere della Cina).E tuttavia questo prevalere dei forti non ha mai annnullato il peso e il pro-tagonismo di tanti stati medi e piccoli, che a turno o in maniera più con-tinuativa hanno goduto di tanti “momenti di gloria”, in maniera senz’al-tro superiore al loro peso nella politica e nell’economia mondiale. LeOlimpiadi, inoltre, si sono evolute e stanno evolvendo in una direzione disempre maggior equilibrio fra le varie aree del mondo. Nate (nonostantei cinque cerchi, emblema di universalità) come un affare sostanzialmenteeuro-nordamericano, negli ultimi decenni i paesi africani e asiatici hannoacquisito un peso sempre più sostanzioso, come numero di medaglie, di

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finalisti e di partecipazioni.Particolare e significativa, d’altra parte, è l’estrema varietà delle storie in-dividuali e collettive che si concentrano e si intrecciano nello scenariocompatto di ciascuna Olimpiade. Pensiamo alla varietà degli sport (eanche alla distinzione di fondo fra discipline individuali e discipline disquadra), alla varietà delle specialità interne a ciascuno sport, alla varietàdei protagonisti di ciascun sport e di ciascuna specialità, alla varietà delleloro provenienze, delle loro aspettative, delle loro carriere, dei modi in cuiessi affrontano il momento assai critico (nel bene come nel male) che èper loro l’occasione olimpica.Particolari e significativi sono i caratteri della gara olimpica in sé, che nonè mai un singolo evento, bensì un percorso di eventi dilatato e ritualizza-to. La semplice partecipazione, anzitutto, richiede che un atleta prima siimponga all’attenzione pubblica (nazionale e internazionale) e poi rag-giunga tempi limite, superi qualificazioni preliminari, o comunque otten-ga titoli che garantiscano l’accesso all’élite olimpica (queste regole di “fil-traggio” variano da sport a sport, ma sono comunque sempre operanti).Alla fine, nell’occasione olimpica vera e propria, il percorso si concentra esi intensifica ulteriormente con la progressione dei turni eliminatori, deiturni intermedi, della finale: l’atleta è più volte sollecitato in occasioni dif-ferenti, ad ore differenti, con avversari differenti, con stati d’animo diffe-renti. Il percorso è difficile, faticoso, aperto alle incognite del caso, espo-sto agli infortuni sempre in agguato. Spesso mescola le carte in tavola,confonde i pronostici, e fa vincere non chi è astrattamente più bravo, machi si è rivelato più forte nell’occasione.Particolari e significative sono le difficoltà organizzative che ha sempredovuto affrontare il movimento olimpico internazionale per l’elaborazio-ne del programma di un’Olimpiade. In ogni occasione, questo è un com-promesso fra le opposte esigenze di presentare un panorama rappresen-tativo dell’effettiva realtà sportiva mondiale (ricco quindi di sport e di spe-cialità, e tale da assicurare la presenza di atleti e squadre di tutti i conti-nenti, e di quante più nazioni possibili) e di garantire la sostenibilità fi-nanziaria e logistica dell’Olimpiade stessa, imponendo tetti al numerodelle partecipazioni e alla complessità della manifestazione. Dei modi incui questi sottili equilibri organizzativi sono stati più o meno garantiti esi-ste una storia interessante nella quale nuovi sport e nuove specialità ven-gono aggiunti (e talvolta ne vengono anche eliminati di antichi); nellaquale i requisiti per la partecipazione vengono resi più severi (o, talvolta,

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vengono anche allentati); nella quale sorgono controversie fra paesi“forti”, più favorevoli a regole elitarie, e paesi “deboli”, sostenitori di unapartecipazione allargata; nella quale particolari aree geografiche e cultu-rali, come l’Asia, sostengono azioni di lobby a favore di sport che godo-no di particolare popolarità in quei luoghi. Controversie analoghe, ma piùtrasversali ai vari paesi, hanno a lungo contrapposto ‘conservatori’ e ‘in-novatori’, fra coloro che sono rimasti fedeli all’immagine tradizionale(spesso fittizia e artefatta) del dilettantismo sportivo e coloro che hannoespresso la necessità di aprirsi alla realtà del professionismo. Dopo unalunga prevalenza dei ‘conservatori’, le controversie sembrano essersichiuse con la vittoria indiscussa degli ‘innovatori’ (ne è simbolo la squa-dra statunitense del basket, con le stelle della NBA, che ha dato alle Olim-piadi non solo l’emozione delle sue vittorie, ma anche l’emozione dellesue sconfitte da parte di chi in astratto non avrebbe potuto competerecon i “maestri”). Particolari e significativi sono i modi in cui nella storia del movimentoolimpico si è posta una forte questione femminile, che per molti aspettirispecchia la storia del movimento femminile del nostro secolo. Le Olim-piadi, in realtà, sono nate in un momento in cui (a parte coraggiose avan-guardie) lo sport era concepito soltanto al maschile e infatti De Cou-bertin stesso escluse rigorosamente della prime edizioni ogni partecipa-zione femminile. A parte alcune sporadiche partecipazioni nel tennis e nelgolf, bisognerà arrivare alle edizioni del 1928 e del 1932 perché inizi unacospicua presenza femminile negli sport base (come atletica e nuoto) delprogramma olimpico e al secondo dopoguerra, o addirittura agli anni ses-santa, perché si inizi ad abbandonare pregiudizi di nessun fondamentoreale (come quello che vietava alle donne le corse lunghe) che fino ad al-lora tenevano i programmi femminili alquanto ridotti rispetto ai corri-spettivi programmi maschili. Dagli anni sessanta ad oggi, al contrario, viè stata una corsa al pareggiamento dei programmi e della qualità dellepartecipazioni femminili rispetto a quelli maschili, che in molte specialitàpuò dirsi quasi raggiunto. Resta purtroppo il fatto che alcune rappresen-tative nazionali non prevedono affatto partecipazioni femminili, in dipen-denza dei conflitti culturali con cui ha molto a che fare la questione fem-minile in tutto quanto il mondo.Del tutto particolare e significativa è la natura ciclica del tempo olimpico,segnato da una periodicità quadriennale quasi rituale, derivata dalmondo della Grecia classica nel quale la ciclicità del tempo prevaleva su

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tutti gli altri aspetti. A differenza di quanto avveniva nel mondo greco,naturalmente, le Olimpiadi moderne non hanno avuto né hanno alcunacapacità di fermare i conflitti in corso. Tuttavia anche le distruzioni delledue guerre mondiali hanno semplicemente interrotto, ma non sconvoltola ciclicità olimpica, che si è subito mostrata pronta a riannodare il filospezzato, ad Anversa nel 1920 come a Londra nel 1948. In realtà non sol-tanto le Olimpiadi, ma più in generale il movimento sportivo internazio-nale con i suoi calendari e i suoi ritmi universalmente riconosciuti (la me-desima ciclicità quadriennale adottata dai mondiali di calcio; le varie cicli-cità quadriennali o biennali o annuali dei campionati mondiali e conti-nentali dei vari sport; la ciclicità annuale dei campionati nazionali e dellecoppe calcistiche) costituiscono un’importante presenza - tanto più im-portante perché di massa - di antiche ritualità cicliche basilari in quasitutte le civiltà e oggi erose e minacciate da quel tempo lineare, irreversi-bile e accelerato che rischia di omogeneizzare e di semplificare moltiaspetti della nostra civiltà. Le Olimpiadi hanno in comune con i vari anni-versari e con le varie ricorrenze il fatto di essere delle soglie, dei momen-ti relativamente sottratti alla frammentazione dei tempi brevi e relativa-mente aperti alle visioni globali dei tempi lunghi, nei quali comunque lospettatore o il partecipante è più incline a sostare, ad ascoltare, a viveree a celebrare insieme il nodo di passato, presente, futuro. Data la ricchezza di protagonisti e di radici che caratterizzano i vari epi-sodi olimpici (che hanno non solo un grande climax quadriennale, maanche molti antefatti), la storia delle Olimpiadi e del movimento olimpicocostituiscono un vero e proprio microcosmo della storia del nostro seco-lo, in cui vengono messi in scena - in un tempo e in uno spazio assai con-centrati - aspetti e tendenze di portata molto più generale, talvolta con-cernenti gli stessi scenari e gli stessi conflitti internazionali dell’intero pia-neta. Il caso più evidente è quello della guerra fredda, che in tutte le suefasi si è intersecata con gli sviluppi dal movimento olimpico: dapprimaignorate dall’Unione Sovietica, dal 1952 le Olimpiadi divennero un gran-de palcoscenico propagandistico per l’Unione Sovietica stessa e più in ge-nerale per tutti i paesi del blocco orientale, con la situazione del tutto par-ticolare (a partire dal 1968) della DDR, che ai successi olimpici e più in ge-nerale sportivi delegava buona parte del suo prestigio internazionale. Inquesta storia i momenti di distensione si sono intrecciati ai momenti dicrisi: il boicottaggio americano e di altri paesi occidentali a Mosca 1980come pure il boicottaggio del blocco orientale a Los Angeles 1984 hanno

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quasi segnato un punto di non ritorno, anche se questo periodo di crisi èstato superato in maniera inattesa dalla distensione gorbacioviana delclima internazionale. Il caso di Berlino 1936 è altrettanto forte: il regimenazista utilizzò le Olimpiadi come vetrina propagandistica che riuscì adabbagliare alcuni osservatori neutrali (nel solo periodo olimpico furonomitigate le restrizioni agli ebrei e agli avversari politici). Del tutto partico-lare è anche la tragedia di Monaco 1972, un caso in cui i conflitti inter-nazionali (in questo caso quello israeliano-palestinese) rompono ogni bar-riera di mediazione da cui l’Olimpiade si era sentita protetta.Altrettanto piene di implicazioni sono le relazioni fra la storia delle Olim-piadi e la parabola degli stati nazionali. Alla fine del secolo scorso, leOlimpiadi sono nate in un’età che vedeva il consolidamento degli stati edelle identità nazionali, e spesso l’indurimento di queste identità in chiu-sura nazionalista. Di questa origine recano a tutt’oggi le tracce, dato chele uniche rappresentative legittimate a competere sono le rappresentati-ve di stati riconosciuti dalla comunità nazionale. Da questo punto di vista,la storia delle Olimpiadi del nostro secolo ha visto il progressivo emerge-re - soprattutto nel periodo della decolonizzazione, negli anni cinquantae negli anni sessanta - di nuovi stati e di nuove identità nazionali che tal-volta si sono consolidati e hanno acquistato visibilità proprio in virtù dibuone prove delle loro rappresentative. Nello stesso tempo, essa è statasegnata da episodi che mostrano come le identità statali e nazionali sianoambigue, ideologiche, soggette ad interpretazioni contrastanti. Ai tempidell’Impero Austro-Ungarico, Ungheria e Boemia riuscirono a presentarerappresentative proprie, così come oggi fa Portorico nei confronti degliStati Uniti; alla vigilia della prima guerra mondiale, la Finlandia dovettelottare a lungo per strappare lo stesso diritto di una rappresentativa pro-pria all’Impero Russo di cui allora faceva parte; il vincitore della maratonadel 1936 faceva parte della squadra giapponese ed era iscritto con nomegiapponese, ma era in realtà coreano e dopo la guerra lottò a lungo per-ché il suo nome e la sua nazionalità originari fossero alfine riconosciuti...

Oggi, in qualche modo, le Olimpiadi subiscono invece i riflessi di un’e-tà in cui le identità nazionali sfumano, si intrecciano e si confondono invirtù dei processi di multiculturalità e di globalizzazione: così l’area deiCaraibi, che da sempre produce grandi velocisti, si trova oggi rappresen-tata non solo dalle squadre di Cuba, della Giamaica o delle Bahamas, maanche dalla Gran Bretagna, dal Canada e dalla Francia, nelle quali sonoapprodati, per strade diverse, molti atleti di punta. In casi sempre più fre-

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quenti, l’appartenenza a una rappresentativa nazionale non dipende piùdalla nascita o dall’infanzia, ma da scelte di vita individuali almeno inparte dettate anche dalle esigenze della carriera sportiva: i casi di FionaMay, di Iosefa Idem, di Tamaris Aguero per l’Italia sono del tutto esem-plari di una condizione globale ormai molto generalizzata (a Sydney 2000la nazionale “australiana” comprendeva in realtà atleti di 30 nazioni dalleorigini e dalle storie più diverse). Nel frattempo le vicende del keniano dinascita-danese di elezione Wilson Kipketer e del nigeriano di nascita-por-toghese di elezione Francis Obikwelu ci dicono che questo gioco di mi-grazioni ed elezioni non necessariamente va a favore delle nazioni spor-tivamente più potenti: al contrario può costituire addirittura una sorta diriequilibrio rispetto a fattori di investimenti economici e di allargamentoulteriore delle possibilità competitive delle nazioni.Ancora un passo, e sorgerà un vero e proprio mercato degli atleti, con-tesi fra molte rappresentative, del quale la politica di attrazione dei paesiarabi del golfo (Qatar, Bahrein) nei confronti di mezzofondisti e fondistiafricani è del resto già un indizio molto probant. Questo processo inde-bolirà le regole del gioco olimpico, che è a tutt’oggi guidato dalle classi-fiche di merito fra nazioni (non ufficiali, ma praticate universalmente)date dai medaglieri o dai piazzamenti nelle finali? Oppure è segno di unafase in cui prevarrà un maggior godimento estetico, in cui le performan-ces degli atleti verrano considerate di meno come un appartenenti a unadelle singole parti in gioco, e di più come un patrimonio collettivo, pla-netario?

Gianluca Bocchi, Epistemologo e filosofo della scienza

Università di Bergamo

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I (NON) GIOCHI OLIMPICI

“Lo sport ha il suo gioco, che il gioco non conosce”, si potrebbe affer-mare parafrasando Pascal. Lo sport presenta infatti caratteristiche distin-tive rispetto al giocare in senso stretto, così come rispetto al più ampio“gioco della vita”. In primo luogo l’obbiettivo del rendimento, ossia la mi-surazione del risultato; poi necessita di un “ ordine d’arrivo”, con un vin-citore e uno o più sconfitti; la presenza di regole cogenti, dunque di ar-bitri; il corpo inteso come strumento, nonché l’efficacia fisica come fat-tore associato all’abilità tecnica. È un gioco a sé, serissimo e totalizzanteper chi lo pratica: il disorientamento degli atleti al momento del ritiro,non solo dei grandi campioni, rivela il disagio di doversi, per l’appunto,“rimettere in gioco” nella vita.Se è vero che la dimensione ludica ha una propria ragion d’essere, rap-presentando un piacere in appartenenza fine a se stesso che in realtà èsperimentazione funzionale all’apprendimento, forse lo sport cominciaproprio laddove finisce l’homo ludens. Nessuna disciplina meglio dell’a-tletica leggera, la regina dell’Olimpiade, ne sa riassumere i valori attribui-tigli dalla cultura occidentale: il confronto con i propri limiti, la competi-zione con gli avversari, la ritualizzazione simbolica della guerra e dellalotta per la sopravvivenza in disfida incruenta. I (non) Giochi Olimpicisono per l’appunto il luogo simbolico di questo trapasso dal gioco allosport.In quanto terreno di confronto con regole proprie, lo sport è in certa mi-sura la proiezione di un “mondo reale” che la civiltà occidentale costrui-sce artificialmente, faticando però a generarlo appieno nelle sue prassisociali. De Coubertin non pronunciò mai la celeberrima frase “ l’impor-tante è partecipare”: propugnava la competizione accesa, sia pure nel pe-rimetro della reale condotta, di un fair-playing equivoco proprio perchénon più di gioco si tratta. Gioco e sport convivono e si dissociano nell’o-limpismo moderno sia in quello antico, dove anzi la scorrettezza godeva

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di una certa legittimità.Nel rapporto con le regole, all’incrocio fra sport, gioco e vita si insinua laquestione spinosa del doping.Spingersi al limite del consentito è un elemento costitutivo delle pratichesportive: in curva sulla pista i piedi del velocista sfiorano la linea bianca,nel calcio il fallo tattico è un “abuso” consueto.Così non è facilmente definibile la soglia fra sostanze proibite e sostanzelegittime, fra un integratore vitaminico e un ormone della crescita. Infondo, nello sport è come in guerra e in amore, vale (quasi) tutto: un an-tropologo potrebbe argomentare che l’essere umano, dai primordi, si èsempre dopato (e non solo per praticare sport), e analogamente potreb-be esprimersi uno zoologo.Gianni Brera, a questo proposito, difese strenuamente Ben Johnson, ilbrutto uomo cannone dopato che annichilì lo spocchioso, talentuoso,elegante Carl Lewis. Per analogia, dovremmo allora “squalificare” nellacompetizione economica gli imprenditori che fanno uso di cocaina, o dicaffè, o di energy drinks? Si estremizza solo per sgombrare il campo dalmoralismo scandalizzato, e dal cinismo permissivo. La tutela della saluteè anch’essa in primo luogo questione soggettiva, consapevolezza delleimplicazioni nelle scelte individuali: perché si può morire a ottomila metriper la bufera imprevista, pochi metri dopo il traguardo per uno sforzo ec-cessivo, alla parabolica di un gran premio o sul ring. Ma al di là delle va-lutazioni individuali, la soluzione del problema in ultima analisi non puòche essere di sistema, come si usa dire oggi, attraverso un approccio tec-nico-scientifico e pragmatico: la convenzione di norme condivise, prati-cabili e verificabili a costi sostenibili, per autoregolazione o per dirittopubblico. Barare resterà sempre possibile, ma in modo fisiologico e nonpiù di quanto sia scorretto un gol di mano oppure il tentativo di innervo-sire l’avversario.Lo sport si è affermato ormai come uno dei principali linguaggi globali,l’atletica soprattutto: è la disciplina di maggiore accessibilità nel mondo,che copre all’Olimpiade il 94% degli stati esistenti, in rappresentanzadella quasi totalità della popolazione mondiale, superiore anche al calcio.Se oggi le valenze agonistiche risultano fin troppo esasperate, lo sport,stretto fra una crescente richiesta di funzione pedagogica e una legitti-mazione culturale ancora incompleta, parrebbe comunque alla ricerca dinuovi equilibri. Per individuarli potrà attingere alla tradizione storica an-glosassone che definisce lo sport come un “universo di eque opportuni-

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tà”, valorizzandone gli elementi di realizzazione personale e arricchendo-la con le nuove concezioni orientate al benessere e al rapporto con la na-tura. Così il (non) gioco dello sport potrà continuare a rinnovarsi e a ri-spondere a quelle specifiche, insopprimibili pulsioni della natura umanache sono il bisogno di conoscersi, sperimentarsi, confrontarsi.

Paolo BertacciniConsulente per Progetti di partenariato pubblico-privato

Università di Bergamo

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FONDAZIONE ADECCO Il Gruppo Adecco ed il Coni hanno siglato un accordo che li vede impe-gnati a favorire l’integrazione professionale degli atleti che hanno con-cluso l’attività agonistica attraverso il progetto “Master 2000”. La Fondazione Adecco per le Pari Opportunità, sviluppando il progetto,sostiene con impegno l’inserimento di atleti disoccupati, stimolando lacondivisione dei valori sportivi all’interno dell’ambiente aziendale.Questa scelta parte dalla considerazione che lo sport di alto livello e l’im-pegno degli atleti durante la loro carriera compromettono spesso il futu-ro professionale.Inoltre molti atleti arrivano al termine della loro carriera sportiva ad un etàche non permette loro un inserimento agevole nel mondo del lavoro.Tuttavia va considerato che gli atleti hanno sviluppato attitudini partico-lari, quali ad esempio, forza di volontà, capacità di lavorare in team, tol-leranza a situazioni di stress, capacità di lavorare per obiettivi. Si tratta dicaratteristiche indispensabili nel mercato del lavoro tanto quanto l’espe-rienza e la formazione professionale.La Fondazione Adecco propone agli atleti un percorso individuale o digruppo che si sviluppa attraverso attività di orientamento e formazione,motivazione e accompagnamento.

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CENTRO STUDI E FORMAZIONE IN PSICOLOGIA DELLO SPORTIl Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport nasce nel 1995. Laresponsibilità scientifica è di Marisa Muzio, che, insieme a SandroGamba, coordina un team di operatori aggregati. Il Centro è giuridica-mente conformato come Associazione senza scopo di lucro. La rapida evoluzione socioculturale, l’aumento del tempo libero, il pro-trarsi della vita, l’aspettativa di una diversa qualità dell’esistenza sono ifattori che sollecitano la cultura del movimento: la professionalizzazionee l’aggiornamento sono le spinte indispensabili perché questa culturapossa crescere. Indispensabile è l’interazione tra ricerca scientifica e quan-to emerge dall’esperienza sul campo, tra teoria e pratica dello sport. è altresì inderogabile la necessità di formare chi opera nello sport perchésia un protagonista autorevole di un processo che coinvolge ogni disci-plina e ogni fascia di età.Il Centro Studi organizza ogni anno il Master in Psicologia dello Sport.

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Transparency International Italia (TI-It).Transparency International è un organizzazione non governativa, no profit, indipendente, fondatanel 1993 con sede a Berlino, che lotta contro la corruzione tramite le sue 102 sezioni nel mondosviluppando un approccio globale al fenomeno. Il Capitolo Italiano (www.transparency.it), fondatonel 1996 a Milano, promuove il ruolo attivo dell’educazione civica e morale nel rafforzamentodella società civile contro il crimine e la corruzione nei rapporti con il settore pubblico e privato.

Anna Marra, avvocato e coordinatrice di progetti internazionali, collabora con TransparencyInternational Italia per elaborare strategie e strumenti che contrastino la diffusione della corruzionee promuovano l'etica nei differenti settori della societá. É autrice di "L'etica aziendale come motoredi successo e progresso", ed. Franco Angeli, MIlano, 2002; "Etica e perfomance nella pubblicaamministrazione", ed Franco Angeli, Milano, 2006.

“Sport amore mio. Sono convinto di essere stato fortunato il giorno in cui ho scelto di camminareinsieme agli altri, condividendo speranze, sofferenza, conoscendo la gioia, il tormento, l'estasi,cercando di capire, imparare…”.

Dino Meneghin, pluricampione italiano, argento alle Olimpiadi di Mosca

“La cosa più importante è il rispetto. Rispetto per tutto, per me stesso, per il mio corpo, la miasalute e la mia dignità. Rispetto per il lavoro del mio staff, per la mia squadra, per i miei avversari.Rispetto come amore per se stessi e per gli altri, rispetto come base per qualsiasi tipo di avventura,sportiva, lavorativa, familiare, amorosa”.

Antonio Rossi, oro alle Olimpiadi di Sidney e Atlanta

“Ho sempre pensato che se qualcuno mi avesse offerto delle scorciatoie, delle sostanze perraggiungere dei risultati, l’avrei considerata un’offesa, come a dire “se mi proponi questo è perchécredi che io da sola non ce la possa fare”. E’ un insulto. Chi si può permettere di dirmi dove possoarrivare?”

Diana Bianchedi, Vice Presidente CONI, oro alle Olimpiadi di Barcellona e Sidney

“...La fatica è una compagna di vita, forse una delle migliori. Insegna il valore delle cose. Superareun ostacolo dà soddisfazione. Dico sempre che girare intorno all'ostacolo è differente, è la stradapiù semplice ma meno valida. Usare sostanze dopanti è come girare intorno ad un ostacolo e nonsaltarlo”.

Viola Valli, oro ai Mondiali di Barcellona

“Ho iniziato a pattinare a 10 anni e ricomincerei tutto da capo perché credo nello sport”.Barbara Fusar Poli, bronzo alle Olimpiadi di Salt Lake City

“Lo sport mi ha insegnato che per raggiungere qualsiasi risultato c’è bisogno di impegno,perseveranza, tenacia e molte volte occorre fare sacrifici e rinunce. Ogni giorno è una sfida conme stesso, abbattere i propri limiti è crescere, è esigere il massimo sapendo di poterlo dare”.

Elia Luini, oro ai Mondiali di Barcellona

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