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Origini e storia
Eutanasia, che deriva dal greco eu (bene) e thanatos (morte)
e significa letteralmente buona morte, indica un’azione o
un’omissione intenzionale, che provoca la morte di una
persona gravemente malata.
Il filosofo inglese Francis Bacon introdusse il termine
"eutanasia" nelle lingue moderne occidentali nel saggio
Progresso della conoscenza (1605).
Origini e storia
In questo testo, Bacon invitava i medici a non
abbandonare i malati inguaribili, e ad aiutarli a soffrire il
meno possibile.
Non vi era però, nell'idea di Bacon, il concetto esplicito di
dare la morte. Allo stesso termine "eutanasia" Bacon
attribuiva solo il significato etimologico di "buona morte"
(morte non dolorosa).
Lo scopo del medico doveva essere quello di far sì che la
morte (comunque sopraggiunta in modo "naturale") fosse
non dolorosa.
Origini e storia
Nella Grecia antica il suicidio riscuoteva un’alta considerazione: si supponeva che ognuno fosse libero di disporre come meglio credesse della propria vita.
Agli inizi del Novecento alcuni pionieri riproposero il tema all’opinione pubblica: la durata della vita andava allungandosi, ma non sempre a una maggior durata si accompagnava la possibilità di godere, per più tempo, di una qualità di vita dignitosa.
Negli anni ’30 nacquero nel mondo anglosassone le prime associazioni, che nel dopoguerra si svilupparono fortemente. Oggi le associazioni di tutto il mondo sono riunite nella World Federation of Right to Die Societies (Federazione Mondiale delle Società per il Diritto di Morire).
Origini e storia
Nel 1974 alcuni umanisti, tra cui scienziati, filosofi e
premi Nobel, lanciarono il manifesto A Plea for Beneficent
Euthanasia, che riscosse molti consensi.
La principale attività di queste associazioni consiste nel
sensibilizzare l’opinione pubblica e, soprattutto, governi e
parlamenti, sulla necessità di raggiungere stadi più
progrediti nel riconoscimento dei diritti del malato
terminale.
Origini e storia
La questione della correttezza morale della somministrazione
della morte è un tema controverso fin dagli albori della
medicina. Nel Giuramento di Ippocrate (circa 420 a.C.) si legge:
“Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco
mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io
darò un medicinale abortivo”.
D'altra parte, nel mondo classico, in determinate condizioni, il
suicidio (e l'assistenza allo stesso) era spesso considerato con
rispetto.
Origini e storia
Simili indicazioni etiche e deontologiche si possono
rintracciare nel primo corpus legislativo della storia, il
Codice di Hammurabi.
Nell'Antico Testamento viene citato il caso di un suicidio
assistito: quello del Saul: un soldato uccide Saul su sua
richiesta; ma David in seguito condanna quel soldato a
morte per omicidio.
Origini e storia
Le correnti di pensiero nell'ambito della filosofia morale
più diffuse in epoca classica pre-cristiana, cioè l'epicureismo
e lo stoicismo, consideravano il suicidio in linea di massima
come un atto eticamente accettabile e degno di rispetto,
in determinati contesti, senza trattare l'eutanasia medica
come tipologia specifica.
Un esempio di suicidio citato tra quelli ritenuti ammirevoli
era quello di Seneca, anche se in realtà fu condannato al
suicidio da Nerone.
Tipi di eutanasia
l’eutanasia passiva, cioè la morte naturale ottenuta attraverso
l’omissione di un atto o la sospensione di una terapia, quando cioè
viene sospeso l’uso dei mezzi indispensabili a mantenere in vita il
malato terminale, senza contrastare le leggi di natura (si lascia
morire).
l’eutanasia attiva, che è la morte anticipata procurata attraverso
un’azione, ad opera di una terza persona su richiesta del malato
terminale per diminuire le sue sofferenze (si “uccide”).
il suicidio assistito, che è una pratica legata all’eutanasia attiva;
avviene quando un malato terminale viene messo in grado di porre
fine alla propria esistenza in modo agevole.
Ragioni a favore
Libera scelta: la scelta è un fondamentale principio democratico. L'idea che il cittadino sia libero nelle sue opinioni e nel suo voto presuppone che egli sia anche sovrano in una sfera privata, dove i suoi valori di coscienza sono insindacabili.
Qualità della vita: il dolore e la sofferenza che si sperimentano durante una malattia possono risultare incomprensibili ed insostenibili, anche se viene messa in atto una terapia contro il dolore. Chi non lo ha provato non può capire, e la decisione pertanto non può spettare ad un terzo. Ignorando poi il dolore fisico, può risultare insostenibile per un individuo far fronte alla sofferenza psichica conseguente alla perdita della propria indipendenza. Per questo la società civile non dovrebbe forzare nessuno a sopportare questa condizione.
Dignità: la convinzione profonda di sentirsi senza alcuna possibilità di recuperare ciò che rende la vita degna di essere vissuta, ed anzi di dover pesare sui propri cari sempre di più e per tempi lunghissimi, rendendo pure a loro difficile condurre la loro stessa vita come prima.
Ragioni contro
Giuramento di Ippocrate: ogni medico deve giurare su qualche variante di esso; la versione originale esclude esplicitamente l'eutanasia.
Morale: per le convinzioni personali di alcune persone, l'eutanasia di alcuni o di tutti i tipi può essere moralmente inaccettabile. Questa visione morale di solito vede l'eutanasia come un tipo di omicidio e l'eutanasia volontaria come un tipo di suicidio, la moralità del quale è oggetto di vivo dibattito.
Teologica: diverse religioni e moderne interpretazioni religiose considerano sia l'eutanasia che il suicidio come atti "peccaminosi”.
Ragioni contro
Piena consapevolezza: l'eutanasia può essere considerata "volontaria"
soltanto se il paziente è cognitivamente competente per poter prendere la
decisione relativa, ovvero se ha una comprensione adeguata delle opzioni e
delle loro conseguenze. In alcuni casi, tale competenza cognitiva può essere
difficile da determinare.
Necessità: se c'è qualche ragione per credere che la causa della malattia o
della sofferenza di un paziente sia o possa essere presto risolvibile,
compatibilmente con la sua situazione clinica una scelta potrebbe essere
quella di sperimentare nuovi trattamenti, o dedicarsi a cure palliative.
Desideri della famiglia: i membri della famiglia spesso desiderano passare
più tempo possibile coi loro cari prima che muoiano; in alcuni casi, però,
questo si può tradurre disfunzionalmente in una forma di incapacità di
accettazione dell'inevitabilità del decesso.
Le posizioni delle religioni
L’induismo è in genere contrario all’eutanasia, per il grande
rispetto che ha della vita umana. Tuttavia lascia a ciascun
individuo piena libertà di coscienza.
Centro dell’insegnamento del Buddha è l’impermanenza
dell’essere e la realtà della morte. Pertanto è inutile allungare la
vita oltre il suo corso naturale con i mezzi e le tecniche che la
scienza medica può offrire. Usare cure eccessive non serve ad
altro che a rimandare la morte inevitabile. Di recente il Dalai
Lama ha dichiarato lecita l’eutanasia: “Una mente pacifica al
momento della morte è essenziale e quindi, prima che il dolore divenga
intollerabile, l’eutanasia è giustificabile”.
Le posizioni delle religioni
Secondo Confucio vita e morte sono al di là del governo
umano. L’uomo deve adeguarsi alle leggi della natura, alle
quali non può in nessun caso sottrarsi, tantomeno anticipando
il momento della morte.
L’eutanasia nell’islam è vietata perché la vita è sacra, come
dice il Corano: “Non prendere alcuna vita che Dio ha reso sacra,
tranne che per giustizia”. Inoltre l’eutanasia va contro il principio
di non maleficenza: “Nessun male deve essere fatto o
contraccambiato nell’Islam”. L’islam condanna anche
l’accanimento terapeutico: il medico deve preservare il
processo della vita, non quello della morte.
Le posizioni delle religioni
Per il Talmud è meglio soffrire sette anni che morire di colpo. Le
tradizioni ebraiche più ascetiche vedono il dolore come benedizione:
l’ebreo non deve andare incontro alla morte con paura e terrore.
L’unica paura è quella di andare incontro alla morte senza essere
debitamente preparati. La Mishnah consiglia di convertirsi un giorno
prima della morte cioè ogni giorno.
Così come è proibito accelerare la morte, è proibito anche ritardarla con
mezzi artificiali. L’indisponibilità per l’uomo della propria esistenza è
dunque un concetto fondamentale anche nella visione ebraica.
Nel diritto ebraico, il suicidio assistito è chiaramente proibito tuttavia “in
casi particolari è consentito rimuovere ciò che prolunga artificialmente l’agonia”.
Le posizioni delle religioni
La Chiesa ortodossa condanna l’eutanasia come peccato
mortale.
Le Chiese protestanti e in particolare i valdesi, condannano
l’omicidio e quindi l’eutanasia, ma nello stesso tempo si
pongono il problema della sofferenza e del diritto individuale
alla morte, diritto che deve essere riconosciuto. In particolare
il documento del Sinodo Valdese (1998) ammette la domanda
di suicidio assistito secondo il principio che la sua accoglienza
“può essere assunta da un accompagnamento pastorale che tiene
aperta la dimensione di conflittualità che tale decisione implica”.
Le posizioni delle religioni
La Chiesa cattolica condanna sia l’accanimento terapeutico sia
l’eutanasia. È ottimo impegnarsi in favore della salute e della vita
senza mai tralasciare alcuna possibilità, soprattutto oggi che la
scienza medica raggiunge obiettivi un tempo ritenuti impossibili. Ma,
quando ogni cura è inutile, sono da condannare interventi fortemente
invasivi e umilianti, che prolungano inutili agonie.
“L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o
sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha
la rinuncia all’accanimento terapeutico’. Non si vuole così procurare la morte:
si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal
paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne
hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli
interessi legittimi del paziente” (Catechismo della Chiesa cattolica n. 2278).
Le posizioni delle religioni
Per il cattolicesimo la vita è un dono di cui solo Dio può disporre:
per questo l’eutanasia è un vero e proprio omicidio.
“Qualunque ne siano i motivi e i mezzi, l’eutanasia diretta consiste nel
mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla
morte. Essa è moralmente inaccettabile. Così un’azione oppure
un’omissione che da sé o intenzionalmente, provoca la morte allo scopo di
porre fine al dolore, costituisce un’uccisione gravemente contraria alla
dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore.
L’errore di giudizio nel quale si può essere incorsi in buona fede, non muta
la natura di quest’atto omicida, sempre da condannare e da escludere”
(Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2277).
Le posizioni degli Stati esteri
A partire dal 2002 l'eutanasia è legale solo nei tre paesi del
Benelux (Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo), mentre il suicidio
assistito è legale in Svizzera e negli stati di Washington (stato),
Oregon, Vermont e Montana degli USA.
Mentre l'eutanasia passiva è ammessa in India ed in una
situazione legale in continua evoluzione sia in Canada che in
Messico ed Australia (in Spagna sono stati entrambi depenalizzati
dal 1995).
In Ungheria l'eutanasia passiva è consentita se richiesta dal
paziente.
La posizione dello Stato Italiano
In Italia non c’è nessuna norma sull’eutanasia attiva per cui
questa è comparabile all’omicidio volontario secondo
l’articolo 575 del Codice Penale. Nel caso si riesca a
dimostrare il consenso del malato, le pene sono previste
dall’articolo 579 (omicidio del consenziente) e vanno
comunque dai sei ai quindici anni.
Ciò vale anche per il suicidio assistito che la legge considera
reato ai sensi dell’articolo 580.
L’eutanasia passiva purché consensuale è considerata lecita e
oggi comunemente ammessa.
La posizione dello Stato Italiano
Nel 1984 il parlamentare Loris Fortuna, già estensore
della legge sul divorzio, presentò una Legge per
disciplinare l’interruzione delle terapie ai malati
terminali.
Da allora sono state numerose le iniziative
parlamentari per legalizzare l’eutanasia: il 13 luglio
2000 lo stesso ministro per la Sanità Umberto
Veronesi affermò che l’eutanasia non era un tabù e
che una soluzione al problema doveva essere trovata
in tempi brevi.
La posizione dello Stato Italiano
Mentre la politica italiana rimane ancora bloccata sul
tema, numerose sono le persone che hanno scelto
volontariamente di spostarsi in uno Stato estero per
praticare l’eutanasia, come l’ex parlamentare Lucio
Magri e Piera Franchina.
La posizione dello Stato Italiano
Numerosi inoltre sono stati i casi mediatici che hanno attirato
l’attenzione su questo tema, come:
Un giovane di Viareggio ha aiutato il suo amico a farla finita.
Un uomo di Monza veniva condannato a sei anni e mezzo per
avere, due anni prima, staccato i fili che pompavano aria ai
polmoni della moglie.
il caso di Piergiorgio Welby che ha chiesto al Presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano di poter ottenere l’eutanasia.
Giovanni Nuvoli, che aveva chiesto che gli fosse staccato il
respiratore. Si lasciò morire di sete e di fame.
La posizione dello Stato Italiano
Il caso di Eluana Englaro, conclusosi con la morte naturale della
ragazza.
Il noto regista Mario Monicelli, affetto da malattia terminale, decise
di lanciarsi dal quinto piano dell'ospedale in cui era ricoverato.
Ancora un regista, Carlo Lizzani, a togliersi la vita lanciandosi dal
terzo piano: aveva detto che avrebbe voluto l'eutanasia insieme alla
moglie, come Romeo e Giulietta.
Mentre si continua a discutere sul tema, le persone – la cui volontà viene
ignorata – continuano a soffrire non potendo decidere autonomamente
della propria vita.