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361 EVOLUZIONE DEMOGRAFICA DEI NUCLEI FAMILIARI 1 Luca Calzola - ISTAT Meri Ripalvella - Agenzia Umbria Ricerche Come deriva anche dalla definizione giuridica, per famiglia si intende un insieme di individui che ha dimora abituale presso la medesima abitazione ed è legato da vincoli di parentela o affettività. Questo gruppo di individui può concretamente combinarsi in modi differenti per dare vita a forme familiari diverse tra di loro. La storia dei sistemi di formazione della famiglia nel mondo occidentale ha effettivamente visto l’emergere di diversi tipi di composizione di questo aggregato (si v. Montesperelli, intra). Gli studi, divenuti classici, di Hajnal (1977) e Laslett (1977) hanno descritto due sistemi fondamentali di costituzione della famiglia nell’Europa preindustriale. Nel primo, tipico dei paesi nord-occidentali del continente, le nuove coppie si sposavano relativamente tardi (dopo i 25-27 anni) e andavano di solito a vivere per conto loro (regola neolocale); nel secondo, diffuso nella parte orientale e mediterranea del continente, l’età alle prime nozze era più bassa e le coppie si stabilivano prevalentemente nell’abitazione della famiglia di origine dello sposo (regola patrilocale). Il primo sistema portava alla prevalenza di famiglie nucleari, formate da coniugi e figli; mentre nel secondo le famiglie erano per lo più di tipo esteso o multiplo, vedevano cioè la coabitazione di più nuclei, di solito quello di uno o entrambi i genitori e dei figli maschi sposati. Studi successivi (Barbagli, 1984) hanno mostrato che nell’Europa mediterranea, e segnatamente in Italia, vigevano entrambi i sistemi di formazione della famiglia e le differenze dipendevano dal contesto socioeconomico di riferimento. Ad esempio, nell’ambito del mondo rurale, il sistema patrilocale, insieme alle strutture familiari complesse, era più frequente nelle aree dove era insediato il sistema di conduzione mezzadrile e dove la famiglia estesa o multipla costituiva anche un’unità di produzione. All’opposto, dove era più diffuso il sistema di latifondo, le famiglie rurali, composte per lo più da braccianti, dovevano avere una composizione più ridotta per consentire il sostentamento dei componenti; erano quindi prevalentemente di tipo nucleare e la regola di composizione delle nuove coppie era di tipo neolocale. Se si considerano contesti geografici a noi più vicini, la storia della formazione delle famiglie a Perugia e nelle sue campagne nel XIX secolo ha visto il coesistere di famiglie complesse tipiche del contesto mezzadrile e di famiglie nucleari più diffuse nell’area urbana (Calzola- Tittarelli, 1991). Per restare in ambiti di analisi più vicini al presente e utilizzando le fonti statistiche che scaturiscono dai Censimenti della popolazione, nel corso di questo saggio si intende ripercorrere brevemente l’evoluzione dei diversi tipi di famiglia in Umbria dal secondo dopoguerra a oggi. In questo periodo, l’evoluzione della consistenza e delle caratteristiche 1 I primi tre paragrafi e la nota conclusiva vanno attribuiti a Luca Calzola, mentre i rimanenti paragrafi a Meri Ripalvella.

EVOLUZIONE DEMOGRAFICA DEI NUCLEI FAMILIARI1 Luca … · EVOLUZIONE DEMOGRAFICA DEI NUCLEI FAMILIARI1 ... Come deriva anche dalla definizione ... “rivoluzione civile” che ha caratterizzato

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EVOLUZIONE DEMOGRAFICA DEI NUCLEI FAMILIARI1 Luca Calzola - ISTAT Meri Ripalvella - Agenzia Umbria Ricerche Come deriva anche dalla definizione giuridica, per famiglia si intende un insieme di individui che ha dimora abituale presso la medesima abitazione ed è legato da vincoli di parentela o affettività. Questo gruppo di individui può concretamente combinarsi in modi differenti per dare vita a forme familiari diverse tra di loro. La storia dei sistemi di formazione della famiglia nel mondo occidentale ha effettivamente visto l’emergere di diversi tipi di composizione di questo aggregato (si v. Montesperelli, intra). Gli studi, divenuti classici, di Hajnal (1977) e Laslett (1977) hanno descritto due sistemi fondamentali di costituzione della famiglia nell’Europa preindustriale. Nel primo, tipico dei paesi nord-occidentali del continente, le nuove coppie si sposavano relativamente tardi (dopo i 25-27 anni) e andavano di solito a vivere per conto loro (regola neolocale); nel secondo, diffuso nella parte orientale e mediterranea del continente, l’età alle prime nozze era più bassa e le coppie si stabilivano prevalentemente nell’abitazione della famiglia di origine dello sposo (regola patrilocale). Il primo sistema portava alla prevalenza di famiglie nucleari, formate da coniugi e figli; mentre nel secondo le famiglie erano per lo più di tipo esteso o multiplo, vedevano cioè la coabitazione di più nuclei, di solito quello di uno o entrambi i genitori e dei figli maschi sposati. Studi successivi (Barbagli, 1984) hanno mostrato che nell’Europa mediterranea, e segnatamente in Italia, vigevano entrambi i sistemi di formazione della famiglia e le differenze dipendevano dal contesto socioeconomico di riferimento. Ad esempio, nell’ambito del mondo rurale, il sistema patrilocale, insieme alle strutture familiari complesse, era più frequente nelle aree dove era insediato il sistema di conduzione mezzadrile e dove la famiglia estesa o multipla costituiva anche un’unità di produzione. All’opposto, dove era più diffuso il sistema di latifondo, le famiglie rurali, composte per lo più da braccianti, dovevano avere una composizione più ridotta per consentire il sostentamento dei componenti; erano quindi prevalentemente di tipo nucleare e la regola di composizione delle nuove coppie era di tipo neolocale. Se si considerano contesti geografici a noi più vicini, la storia della formazione delle famiglie a Perugia e nelle sue campagne nel XIX secolo ha visto il coesistere di famiglie complesse tipiche del contesto mezzadrile e di famiglie nucleari più diffuse nell’area urbana (Calzola-Tittarelli, 1991). Per restare in ambiti di analisi più vicini al presente e utilizzando le fonti statistiche che scaturiscono dai Censimenti della popolazione, nel corso di questo saggio si intende ripercorrere brevemente l’evoluzione dei diversi tipi di famiglia in Umbria dal secondo dopoguerra a oggi. In questo periodo, l’evoluzione della consistenza e delle caratteristiche 1 I primi tre paragrafi e la nota conclusiva vanno attribuiti a Luca Calzola, mentre i rimanenti paragrafi a Meri Ripalvella.

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strutturali delle famiglie deriva sia dalle modifiche della struttura produttiva sia dall’evoluzione delle componenti della dinamica demografica. Con riferimento alla struttura economica, la parte iniziale del periodo considerato - gli anni cinquanta e i primi anni sessanta - è caratterizzata in Umbria dalla crisi definitiva di un modello fondato prevalentemente su una economia agricola di tipo mezzadrile e dal passaggio - che sarà definitivo dagli anni settanta - a uno industriale e urbanizzato. L’abbandono della terra ha prodotto la quasi scomparsa delle famiglie allargate che - come si è detto - erano molto diffuse soprattutto nelle aree dell’economia mezzadrile, dove la famiglia coloniale era anche unità di produzione; mentre l’urbanizzazione di ampi strati rurali della popolazione ha prodotto la diffusione di famiglie di tipo prevalentemente nucleare. Per quanto concerne l’evoluzione demografica, le principali caratteristiche sono costituite dalla consistente riduzione della fecondità (in Umbria dalla metà degli anni sessanta a oggi si è passati da 2,1 a 1,4 figli per donna) e dal forte aumento della durata media della vita, che nel 2012 ha superato 80 anni per gli uomini e 85 anni per le donne. La riduzione della fecondità ha diminuito il numero medio dei figli presenti nelle famiglie e quindi la dimensione media di queste ultime, mentre la maggiore sopravvivenza della popolazione ha prodotto l’aumento delle famiglie di anziani che vivono in coppia dopo che i figli sono usciti dalla famiglia di origine o da soli se uno dei componenti della coppia rimane vedovo/a (Golini, 1992). In aggiunta ai fattori già descritti, a partire dalla seconda metà degli anni settanta del secolo scorso, le trasformazioni delle strutture familiari devono essere inserite in un processo più ampio di trasformazione dei comportamenti demografici che interessa in modo sempre più intenso anche i paesi dell’Europa mediterranea - dopo essersi sviluppato oltre un decennio prima nella parte settentrionale del continente - e che è stato indicato con il termine “seconda transizione demografica”. Questo processo, che si inserisce in un più ampio quadro di modernizzazione della società soprattutto nella sfera dei rapporti tra gli individui e tra essi e le istituzioni, non riguarda più solo le componenti della dinamica naturale, fecondità e mortalità, ma si estende a una più ampia sfera di comportamenti di rilevo per la formazione delle famiglie quali la riduzione della nuzialità, la diffusione di nuovi modelli familiari (ad esempio le unioni di fatto) e la pratica delle separazioni come fattore dominante (al posto della mortalità dei coniugi) della dissoluzione delle famiglie (Lesthaeghe, 1991). In Italia, questi nuovi modelli cominciano a diffondersi solo a partire dagli anni ottanta (Golini, 1986), dopo che il Paese ha ormai fatto propria la stagione di “rivoluzione civile” che ha caratterizzato il decennio precedente per quanto riguarda i comportamenti in ambito familiare e riproduttivo (introduzione del divorzio, riforma del diritto di famiglia, ecc.). Hanno però avuto una più progressiva diffusione solo negli ultimi venti anni e anche in Umbria - pur se con qualche ritardo rispetto ad altre parti del Paese - risultano oramai abbastanza diffusi, dando vita a importanti cambiamenti nell’evoluzione dei contesti familiari. Le trasformazioni che interessano la famiglia non riguardano solo la sua composizione, ma rivisitano i ruoli che i suoi membri rivestono nelle varie fasi del ciclo di vita e i rapporti che questi intrattengono attraverso le reti di socializzazione. La dilatazione che interessa molte fasi della biografia degli individui (infanzia, adolescenza, vecchiaia,…) si riflette in trasformazioni nei tempi e nei modi dei ruoli che vengono rappresentati all’interno della famiglia, quali quello di figlio o di genitore (Istat, 2005).

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Con il processo di nuclearizzazione delle famiglie diventano sempre più importanti i contatti e i rapporti di solidarietà e mutuo aiuto che si instaurano tra parenti che non vivono più insieme. Il modello di welfare italiano, si basa sulla consistenza delle reti familiari (Saraceno, 2003), all’interno delle quali operano i care givers, spesso costituiti da donne nelle età centrali che offrono assistenza sia alle generazioni più giovani che a quelle più anziane. Nell’ultima parte del lavoro questi processi verranno analizzati con riferimento al contesto regionale. Evoluzione delle famiglie dal secondo dopoguerra a oggi

Dal 1951 al 2011, in Umbria, il numero di famiglie residenti al censimento è più che raddoppiato passando da 174 mila a 367 mila. Nello stesso periodo, la popolazione residente in famiglia è cresciuta poco più del 10%, quindi il tasso di incremento delle famiglie è stato 10 volte più ampio di quello della popolazione residente in esse (graf. 1). Graf. 1 - Famiglie e componenti in Umbria - 1951-2011 (numeri indice base 1951=100; tra parentesi i valori assoluti in migliaia delle serie)

Fonte: elaborazione su dati Istat Tra il 1951 e il 1971 il numero di famiglie è aumentato del 27,5%, mentre la popolazione residente in famiglia - in conseguenza di una diffusa emigrazione regionale - è diminuita del 3,5%. L’incremento delle famiglie risulta leggermente più contenuto tra il 1971 e il 1991 (+25%), in anni dove la crescita complessiva della popolazione risulta debole (+4%), mentre si rivela più robusto tra il 1991 e il 2011 (+31%), così come quello della popolazione (+9%). La trasformazione più ampia della fisionomia della composizione familiare si ha tra gli anni cinquanta e gli anni settanta. In questo periodo, aumentano in misura maggiore le famiglie di uno e due componenti, mentre quelle con oltre 6 componenti si riducono di oltre la metà. Le famiglie con un solo componente mostrano una crescita consistente anche nei decenni successivi, e nel complesso del periodo considerato passano da poco meno di 11 mila nel 1951 a oltre 115 mila nel 2011. L’incidenza di queste famiglie era pari al 6% del totale nel 1951 ed è aumentata fino al 31% nel 2011. Aumentano anche le

(174)(198)

(222)

(265) (279)(314)

(367)

(794) (785) (767) (801) (805) (820) (879)

507090

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Famiglie Componenti

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famiglie con due componenti, sia in termini assoluti (da 23 mila nel 1951 a 99 mila nel 2011), che come peso percentuale sul totale (dal 13% al 27%). Esse si caratterizzano per essere composte in prevalenza da coppie senza figli, anche se nel tempo questa tipologia presenta un’incidenza decrescente (passa dal 78% nel 1981 al 69% nel 2011); all’interno delle famiglie con due componenti assume, invece, sempre più rilievo la presenza di quelle monogenitore, composte da un genitore e un figlio (erano il 12% nel 1981 e salgono al 21% nel 2011). Le famiglie con tre o quattro componenti crescono in modo consistente solo fino al 1981, mentre il periodo successivo si caratterizzata per una lieve crescita di quelle con tre componenti e una riduzione di quelle con quattro componenti. Tra queste famiglie prevalgono ovviamente le coppie con figli (in circa 8 casi su 10), anche se, con riferimento a quelle con tre componenti, è interessante segnalare che tra di esse assumono sempre più rilievo i nuclei monogenitore che passano dal 5% nel 1981 al 10% nel 2011. Il peso percentuale delle famiglie di tre o quattro componenti era pari al 20% nel 1951, cresce di quattro punti percentuali fino al 1981 e poi torna a contrarsi successivamente, soprattutto con riferimento a quelle con quattro componenti. Infine le famiglie più numerose, con cinque componenti e oltre, che nel 1951 rappresentavano oltre il 40% del totale, subiscono una fortissima contrazione e nel 2011 incidono per poco più del 6%. Fino al 1981, rispetto al dato italiano, l’Umbria si caratterizza per una incidenza inferiore di famiglie con uno o due componenti e una quota maggiore di famiglie con cinque o più componenti. Successivamente, all’interno di un andamento del tutto analogo tra i due contesti geografici, che vede un aumento del peso delle prime e una riduzione di quello delle seconde, la differenza tra le due aree si attenua fino a scomparire negli ultimi censimenti. Gli andamenti fin qui considerati si riflettono naturalmente sulla ampiezza media della famiglia, le cui variazioni temporali possono essere descritte a partire dal 1861 utilizzando i dati di una tavola costruita con dettaglio regionale da Cortese (1986). La serie storica regionale illustra molto chiaramente come, fino agli anni trenta del novecento le famiglie più numerose si trovavano nelle regioni a più ampia diffusione della mezzadria e della famiglia colonica: Umbria, Toscana, Emilia Romagna, Marche e Veneto; mentre sia nelle regioni a più ampio sviluppo industriale (Piemonte, Liguria e Lombardia) che in quelle dove l’economia di tipo agricolo era basata sul latifondo (Puglia, Sicilia; Basilicata e Calabria) la dimensione media delle famiglie era notevolmente inferiore (graf. 2). A partire dagli anni cinquanta, l’ampiezza familiare diminuisce velocemente nelle regioni mezzadrili (soprattutto in Toscana e in Emilia Romagna), mentre le dimensioni più ampie si cominciano a riscontrare nelle regioni meridionali, caratterizzate da una maggiore fecondità. Con particolare riferimento all’Umbria, è interessante segnalare che fino agli anni cinquanta la regione, dopo il Veneto, è quella caratterizzata dalla più elevata ampiezza familiare a motivo del maggiore peso dell’economia mezzadrile rispetto alle altre regioni del Centro e del Nord-Est. Ad esempio, nel 1951 la dimensione media delle famiglie, risulta pari a 4,6 componenti in Umbria contro 4,0 componenti sia in Italia che in Toscana e solo dal 1971, nel contesto di una progressiva e generalizzata riduzione di tale indicatore, si cominciano a registrare valori molto simili tra queste tre aree geografiche.

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Graf. 2 - Numero medio di componenti per famiglia - Umbria e altre regioni italiane - Censimenti 1861-2011

Fonte: fino al 1981: Cortese (1986); dal 1991 al 2011: elaborazione su dati Istat Descrivere l’evoluzione della struttura delle famiglie in un periodo ampio come l’intervallo 1951-2001 si rileva una impresa piuttosto complicata a causa delle modifiche che sono intervenute nel tempo nella costruzione delle tipologie familiari (Cortese, 2011). Per ottenere una serie di dati il più omogenea possibile si è ritenuto opportuno definire la classificazione riportata nella tabella 1 che distingue tra le famiglie con un solo componente, quelle con un solo nucleo senza altri parenti - gruppo che fino al 1981 comprende le famiglie definite all'epoca dall'Istat di tipo B e C (rispettivamente coppie senza o con figli) - e tutte le altre. Quest’ultimo gruppo comprende tutte le famiglie non nucleari, cioè quelle senza nuclei, quelle con un nucleo più altre persone e quelle con più nuclei. Fino al 1981 sono costituite dalle famiglie di tipo A non unipersonali (capofamiglia e altra persona non parente o affine) più quelle di tipo D; a partire da 1991 sono composte da quelle con più componenti che non formano un nucleo e da quelle con un nucleo più altri parenti o con più nuclei. Per identificare questi due ultimi sottogruppi si sono utilizzate le due categorie, molto note nella letteratura sulla sociologia della famiglia, di “famiglie estese” composte da un nucleo più parenti discendenti, ascendenti o collaterali e di “famiglie multiple” composte da più nuclei (Saraceno-Naldini, 2007). Si è già detto del consistente e continuo incremento delle famiglie unipersonali; esse sono costituite in prevalenza da donne (anche se il rapporto tra i sessi si è andato equilibrando nel tempo passando da 1,9 donne per un uomo nel 19712 a 1,5 nel 2011) per lo più anziane: nel 1971 il 55% delle donne sole aveva più di 65 anni e nel 2001 tale quota è cresciuta fino a raggiungere il 69%. Nel 2011 si è però ridotta al 58% ed è per contro aumentato il peso delle donne sole tra 35-54 anni (21% contro l’11% del 2001). Tra gli uomini soli, le persone anziane hanno un peso meno consistente e nel tempo si è verificata un’inversione del peso tra la componente adulta (35-54 anni) e quella anziana (65 anni e più): nel 1971 la prima rappresentava il 26% e la seconda il 39%, nel 2011 le due quote rappresentano, rispettivamente, il 37 e il 29%. 2 Prima del 1971 le pubblicazioni censuarie non riportano le tavole regionali delle famiglie per numero di componenti, stato civile e età della persona di riferimento.

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1861 1871 1881 1901 1911 1921 1931 1936 1951 1961 1971 1981 1991 2001 2011

UmbriaItaliaToscanaPiemonte-Valle d'AostaPuglia

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Un andamento di segno opposto rispetto a quello delle famiglie unipersonali sia ha per le famiglie senza nucleo e per quelle complesse (estese o multiple) che tra il 1951 e il 2011 sono passate complessivamente da 63 mila a 42 mila con un decremento del 33%. Ancora più della variazione della consistenza, assume rilievo la riduzione dell’incidenza percentuale di questo tipo di famiglie, che passa dal 36,3% del 1951 all’11,5% del 2011. In particolare, tra il 1991 e il 2011 la proporzione di famiglie complesse si è dimezzata passando dal 16,1% all’8,8%. La quota maggiore di famiglie è costituita da quelle con un solo nucleo, che tra il 1951 e il 2011 sono passate da 99 mila a 209 mila. L’incremento più elevato si registra fino al 1981 (+71%), mentre successivamente la crescita risulta più attenuata (+22%). Il primo periodo è caratterizzato da un aumento più consistente delle coppie senza figli, formate da coniugi per lo più ultracinquantenni che rimangono soli man mano che i figli si sposano e escono dalla famiglia dei genitori; tra il 1981 e il 2011 sono invece le famiglie monogenitore a registrare la crescita più elevata in conseguenza dell’accrescimento della litigiosità matrimoniale (vedi paragrafo successivo). Le coppie con figli, che in tutto il periodo considerato rappresentano la tipologia più diffusa di famiglie nucleari, crescono fino al 1981, mentre successivamente la loro consistenza rimane più o meno costante. Il profilo della tipologia delle famiglie nucleari si modifica quindi in maniera profonda nel tempo: la proporzione delle coppie senza figli - sul totale delle famiglie - era pari al 9,4% nel 1951 e raggiunge il massimo nel 1981 (19,1%) per poi assetarsi su valori simili nel periodo successivo; il peso delle coppie con figli, che era pari al 42,5% nel 1951 e al 40,7% nel 1981, scende al 29,9% nel 2011; infine, l’incidenza delle famiglie nucleari monogenitore3 presenta valori intorno al 5% fino al 1991 per poi salire all’8,4% nel 2011. Le trasformazioni delle strutture familiari che interessano l’Umbria producono nel tempo un allineamento del profilo regionale a quello nazionale. Nel 1951, l’Umbria era caratterizzata da una maggiore prevalenza di tipologie familiari proprie del sistema rurale di tipo mezzadrile: rispetto alla situazione italiana erano maggiormente rappresentate le famiglie complesse o senza nuclei (36% contro 23%), mentre erano meno diffuse le famiglie unipersonali e quelle nucleari semplici. Nel 2011, anche se la differenza rispetto alla media nazionale risulta più esigua rispetto al passato, in Umbria si registra ancora un’incidenza maggiore di famiglie complesse (8,8% contro 5,7%), mentre sono le coppie con figli ad avere un peso minore (29,9% in Umbria e 32,8% in Italia). In particolare, come indicato anche in altre analisi (Istat, 2005), l’Umbria si segnala come la regione con la quota più elevata di famiglie complesse. Come già rilevato in un precedente rapporto IRRES (Cecchetti, 1995) è nel legame, da un lato con la tradizione rurale mezzadrile e dall’altro con l’impresa a carattere familiare diffusa nella fase di sviluppo economico della regione, che si ravvisa una presenza di famiglie di tipo complesso ancora relativamente più estesa rispetto ad altre realtà regionali. Tale presenza è confermata anche dalla maggiore diffusione in Umbria, rispetto alle altre regioni, di coppie che dopo le nozze vanno ad abitare insieme ai genitori di uno dei coniugi (molto più spesso quelli di lui). Infatti, secondo i dati della rilevazione ISTAT “Famiglia e soggetti sociali” condotta nel 2009 (ISTAT, 2013a), l’Umbria risulta prima nella graduatoria regionale della quota di persone coniugate che hanno stabilito una regola di residenza di tipo patrilocale o matrilocale dopo le nozze (39,9%). 3 I nuclei monogenitore sono composti con larghissima prevalenza da madre con figli piuttosto che da padre con figli.

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Tab. 1 - Famiglie per tipo - Umbria - Censimenti 1951-2011 TIPI DI FAMIGLIA 1951 1961 1971 1981 1991 2001 2011

VALORI ASSOLUTI Famiglie unipersonali 10.886 14.835 22.555 41.828 50.633 74.274 115.312 Famiglie con un nucleo (a) 99.924 118.759 137.098 170.126 175.322 197.036 209.853 Coppie senza figli 16.373 22.174 33.328 50.595 54.879 64.684 69.389 Coppie con figli 73.946 86.678 94.242 107.940 105.191 109.968 109.657 Monogenitore 9.605 9.907 9.528 11.591 15.252 22.384 30.807 Altre famiglie (b) 63.107 64.553 62.136 52.128 53.291 42.319 42.170 Senza nucleo (c) - - - - 7.994 7.653 9.932 Estese (Un nucleo e altri parenti) (d) - - - - 31.060 25.100 23.428 Multiple (due o più nuclei) (e) - - - - 14.237 9.566 8.810 TOTALE 173.917 198.147 221.789 265.069 279.246 313.629 367.335

COMPOSIZIONE PERCENTUALE Famiglie unipersonali 6,3 7,5 10,2 15,8 18,1 23,7 31,4 Famiglie con un nucleo (a) 57,5 59,9 61,8 64,2 62,8 62,8 57,1 Coppie senza figli 9,4 11,2 15,0 19,1 19,7 20,6 18,9 Coppie con figli 42,5 43,7 42,5 40,7 37,7 35,1 29,9 Monogenitore 5,5 5,0 4,3 4,4 5,5 7,1 8,4 Altre famiglie (b) 36,3 32,6 28,0 19,7 19,1 13,5 11,5 Senza nucleo (c) - - - - 2,9 2,4 2,7 Estese (Un nucleo e altri parenti) (d) - - - - 11,1 8,0 6,4 Multiple (due o più nuclei) (e) - - - - 5,1 3,1 2,4 TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

VARIAZIONI PERCENTUALI DECENNALI Famiglie unipersonali 36,3 52,0 85,4 21,1 46,7 55,3 Famiglie con un nucleo (a) 18,8 15,4 24,1 3,1 12,4 6,5 Coppie senza figli 35,4 50,3 51,8 8,5 17,9 7,3 Coppie con figli 17,2 8,7 14,5 -2,5 4,5 -0,3 Monogenitore 3,1 -3,8 21,7 31,6 46,8 37,6 Altre famiglie (b) 2,3 -3,7 -16,1 2,2 -20,6 -0,4 Senza nucleo (c) - - - - -4,3 29,8 Estese (Un nucleo e altri parenti) (d) - - - - -19,2 -6,7 Multiple (due o più nuclei) (e) - - - - -32,8 -7,9 TOTALE 13,9 11,9 19,5 5,3 12,3 17,1 Fonte: elaborazione su dati Istat (a) per nucleo si intende il gruppo formato da coniugi/conviventi con o senza figli o da genitore e figlio, senza altri parenti aggiunti. Dal 1951 al 1971 le famiglie composte solo da un nucleo comprendono anche quelle che hanno al loro interno altre persone non legate da vincoli di parentela - pari a circa l’1%; dal 1991 al 2011 queste ultime sono inserite nelle famiglie estese (b) famiglie senza nucleo (escluse quelle unipersonali) e famiglie con uno o più nuclei e altri parenti aggiunti (c) famiglie composte da persone, anche legate da vincoli di parentela, che vivono insieme ma non formano un nucleo (d) ad esempio l’anziano che vive nella famiglia del figlio/a con nuora/genero (e) ad esempio i genitori che vivono nella famiglia con figlio/a e nuora/genero (-) dati non disponibili Nell’ultimo decennio in Umbria la variazione del numero e della struttura delle famiglie è strettamente connessa con quella della componente straniera4. Il peso crescente della popolazione straniera su quella complessiva si ripercuote infatti in tutte le dinamiche demografiche, compresa l’evoluzione della struttura familiare. In Umbria, nel 2011, le famiglie con almeno uno straniero residente ammontano a 39.241 e sono aumentate di

4 Più precisamente, si tratta delle famiglie con almeno un componente straniero.

368

oltre 3 volte rispetto al 2001, presentando un tasso di incremento pari a quello della popolazione residente straniera (Angiona e altri, 2013). Nel 2011, in Umbria, le famiglie straniere rappresentano il 10,7% di quelle complessive, mentre la popolazione straniera incide per il 9,9% su quella totale. Dieci anni prima il peso degli stranieri era pari, con riferimento alle famiglie e alla popolazione, rispettivamente al 4,1% e al 3,3%. Nel decennio intercensuario le famiglie straniere che registrano il maggiore incremento sono quelle unipersonali (+300%) e quelle complesse (+197%). Le famiglie nucleari sono aumentate del 168%, mentre le famiglie senza nucleo non unipersonali sono cresciute del 122% (tab. 2). Se si considerano le famiglie con componenti tutti italiani, tra il 2001 e il 2011 in Umbria gli incrementi più rilevanti si hanno per quelle unipersonali (+44,6%) e le altre senza nucleo (+17,5%); le famiglie nucleari aumentano in misura molto contenuta (+0,5), mentre le famiglie complesse registrano una variazione negativa del -19,8%. Infine, Sia con riferimento alle famiglie sia straniere che italiane, in quelle dove è presente almeno un nucleo l’incremento maggiore si registra quando esso è di tipo monogenitore. Le famiglie con un nucleo rappresentano la tipologia più diffusa sia tra le famiglie straniere (48%) che italiane (58,2%). Esse sono seguite da quelle unipersonali, che hanno un peso equivalente nei due collettivi. Le famiglie complesse sono invece più frequenti tra gli stranieri (15,4%) che tra gli italiani (8,0%). Si segnala che la maggiore incidenza delle famiglie complesse nella regione rispetto al complesso del Paese, di cui si è detto prima, permane anche se si considerano le sole famiglie italiane. Tab. 2 - Famiglie per cittadinanza dei componenti e tipo - Umbria - Censimento 2011

TIPI DI FAMIGLIA

Famiglie con componenti tutti italiani

Famiglie con almeno un componente straniero Totale famiglie

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tto a

l 200

1 Famiglie unipersonali 102.965 31,4 44,6 12.347 31,5 300,5 10,7 115.312 31,4 55,3 Famiglie senza nuclei 7.925 2,4 17,5 2.007 5,1 121,5 20,2 9.932 2,7 29,8 Famiglie con un nucleo 191.019 58,2 0,5 18.834 48 168,1 9 209.853 57,1 6,5 Coppie senza figli 65.091 19,8 3,8 4.298 11 119,1 6,2 69.389 18,9 7,3 Coppie con figli 97.836 29,8 -7,3 11.821 30,1 169,4 10,8 109.657 29,9 -0,3 Madre con figli 23.204 7,1 28,6 2.450 6,2 346,3 9,6 25.654 7 37,9 Padre con figli 4.888 1,5 33,5 265 0,7 112 5,1 5.153 1,4 36,1 FAMIGLIE COMPLESSE 26.185 8 -19,8 6.053 15,4 202,7 18,8 32.238 8,8 -7

Famiglie estese 19.274 5,9 -18,7 4.154 10,6 197,1 17,7 23.428 6,4 -6,7 Coppie senza figli 6.961 2,1 3,9 968 2,5 185,5 12,2 7.929 2,2 12,6 Coppie con figli 8.982 2,7 -36,9 2.421 6,2 187,2 21,2 11.403 3,1 -24,4 Madre con figli 2.543 0,8 21,4 577 1,5 269,9 18,5 3.120 0,8 38,7 Padre con figli 788 0,2 17,8 188 0,5 213,3 19,3 976 0,3 33,9 Famiglie multiple 6.911 2,1 -22,9 1.899 4,8 215,4 21,6 8.810 2,4 -7,9 TOTALE 328.094 100 9,1 39.241 100 201,6 10,7 367.335 100 17,1 Fonte: elaborazione su dati Istat

369

Formazione e scioglimento delle coppie e cambiamenti nelle forme familiari

Nella società contemporanea la figura classica della famiglia nucleare ha perso parte della sua centralità come testimoniano alcune tendenze quali la riduzione della propensione al matrimonio e l’emergere di nuove forme familiari. Come descritto nel paragrafo precedente, in Umbria, la proporzione di famiglie costituite da una coppia con figli, che fino agli anni ottanta era pari al 40%, nel 2011 è scesa al 30% ed ha assunto lo stesso peso della quota di famiglie unipersonali. Queste ultime sono cresciute ininterrottamente a ritmi sostenuti, e facendo riferimento al periodo più recente, sono più che raddoppiate negli ultimi due censimenti. L’incremento delle famiglie composte da un solo componente è in parte dovuto alla vedovanza, soprattutto femminile, prodotta da un maggiore aumento della sopravvivenza delle donne anziane rispetto a quella maschile. Tra il 1971 (si v. Montesperelli, intra) e il 2011 in Umbria le persone vedove che vivono da sole sono infatti aumentate di oltre tre volte in termini assoluti (da 13 mila a 44 mila). Tuttavia si è assistito nel tempo anche a un incremento delle famiglie formate da persone separate o divorziate che vivono da sole. In Umbria, nel 1991 la consistenza di queste famiglie era pari a più di 3 mila (pari al 6,7% delle famiglie unipersonali), mentre 20 anni dopo raggiunge oltre 18 mila unità (il 16% delle famiglie unipersonali), di cui il 14% stranieri, principalmente donne. Per completare il quadro delle trasformazioni che riguardano le famiglie unipersonali, occorre registrare anche l’incremento di giovani adulti (da 25 a 44 anni) celibi o nubili che, per il continuo posticipare del momento del matrimonio, decidono di vivere da soli. Tra il 1971 e il 2011, in Umbria essi sono passati da quasi 3 mila a oltre 20 mila (di cui 3 mila stranieri). In termini di incidenza percentuale, mentre nel 1971 tra i celibi o nubili soli il 30% aveva da 25 a 44 anni e il 46% aveva oltre 55 anni, nel 2011 l’incidenza delle due classi di età risulta invertita e pari, rispettivamente al 52% e al 27%. Le trasformazioni delle forme familiari sono determinate anche dai cambiamenti in corso nelle decisioni di formazione e scioglimento delle coppie; decisioni che sono orientate, negli anni più recenti, alla riduzione e posticipazione della nuzialità e alla crescita delle separazioni e dei divorzi. La nuzialità in Italia mostra un andamento decrescente già a partire dalla seconda metà degli anni settanta del secolo scorso dopo un periodo, compreso tra gli anni cinquanta e l’inizio degli anni settanta, che gli studiosi chiamano marriage boom, dove invece si era registrata una forte propensione alle nozze (Barbagli e altri, 2003; Santini, 1986). Il declino si sta facendo ancora più intenso negli anni più recenti, in cui si registrano i livelli di nuzialità più bassi di sempre. I dati di censimento relativi alla popolazione per stato civile consentono di costruire indicatori in grado di rappresentare l’evoluzione dell’intensità e della cadenza della nuzialità in una prospettiva temporale di lungo periodo. Tra il 1951 e il 1991 l’Umbria è una regione dove ci si sposava di più e prima rispetto al complesso del Paese, come indicato dalla minore quota di donne che risultano ancora nubili sia tra 50 e 54 anni - e quindi candidate a rimanere nubili definitivamente - che tra 30 e 34 anni, dato quest’ultimo che segnala una tendenza nella regione ad anticipare l’età al matrimonio rispetto al complesso del Paese; inoltre in Umbria si registra una percentuale di anni trascorsi in nubilato dalle donne fra 20 e 59 anni inferiore rispetto alla media nazionale (tab. 3).

370

Tab. 3 - Indicatori di nuzialità della popolazione femminile - Umbria e Italia - Anni 1951-2011 INDICATORI 1951 1961 1971 1981 1991 2001 2011

UMBRIA % nubili a 50-54 anni 8,4 8,9 9,2 6,0 5,6 6,2 10,7 % nubili a 30-34 anni 14,6 13,6 10,8 9,3 15,8 29,7 43,8 Anni trascorsi in nubilato in età 20-59 7,3 7,3 6,6 6,0 8,3 11,2 14,1

ITALIA % nubili a 50-54 anni 14,5 13,9 13,8 10,2 7,7 7,5 12,3 % nubili a 30-34 anni 21,5 19,4 14,5 11,8 17,9 30,0 43,7 Anni trascorsi in nubilato in età 20-59 10,0 9,4 8,1 7,1 8,9 11,4 14,6 Fonte: elaborazione su dati Istat In Umbria, tra il 1951 e il 1971 si assiste a una lieve crescita della percentuale di donne ancora nubili a 50-54 anni; si tratta di donne che avrebbero dovuto sposarsi tra gli anni trenta e cinquanta, in un periodo dove, a motivo dalla politica demografica del regime fascista e la ripresa della nuzialità post-bellica, la propensione al matrimonio ha nel Paese spinte all’incremento. Il fatto che in Umbria questa tendenza non si verifichi potrebbe essere dipeso dalla consistente emigrazione maschile che ha turbato il mercato matrimoniale5 e più in generale dalla crisi dell’economia mezzadrile che investe la regione in quel periodo. Negli anni ottanta e novanta, si verifica una riduzione del nubilato definito che si allinea ai livelli italiani; il fenomeno interessa le generazioni nate negli anni quaranta e sposatesi negli anni sessanta (vedi anche la riduzione delle nubili a 30-34 anni), periodo che, come detto, si caratterizza per un aumento della nuzialità in tutto il Paese. A partire dal 1991 si registra una flessione della nuzialità che investe le generazioni a cominciare da quelle più giovani per le quali si ha una tendenza a procrastinare il matrimonio (aumento della percentuale di nubili a 30-34 anni) e che riguarda più in generale tutta la popolazione femminile (aumento del numero di anni trascorsi in nubilato). Nel 2011, sia in Umbria che in Italia, il 44% delle donne sono ancora nubili a 30-34 (contro il 16-17% di venti anni prima) e oltre un terzo della vita trascorsa dalle donne dai 20 ei 59 anni e vissuta in nubilato (contro un quinto nel 1991). Dagli anni novanta sono disponibili indicatori della nuzialità regionale calcolati direttamente a partire dai dati sui matrimoni, che consentono di monitorare in modo più diretto il fenomeno fino ai periodi più recenti. Negli ultimi venti anni in Umbria si sono “persi” oltre mille matrimoni con riferimento alla consistenza media annua del fenomeno, che è passata da poco più di 4 mila a circa 3 mila. Insieme alla continua riduzione della propensione al matrimonio si osserva anche la tendenza a ritardare sempre di più l’età alle nozze. Tra il 1993 e il 2012, l’indice di primo nuzialità femminile6 è passato da 697 matrimoni per mille nubili da 16 a 49 anni a 491 per mille, mentre l’età media al matrimonio delle nubili è cresciuta da 26,9 a 31,4 anni (graf. 3).

5 Al censimento del 1951 in Umbria si registra un rapporto di 6 celibi nella classe di età 30-34 ogni 10 nubili in quella 25-29, che determina uno squilibrio tra i sessi nel mercato matrimoniale non più riscontrato nei censimenti successivi. 6 L’indice è dato dalla somma dei quozienti specifici di nuzialità delle spose nubili per singolo anno di età tra i 16 e i 49 anni, moltiplicati per mille ed esprime la propensione alle prime nozze di un ipotetico contingente di 1000 donne nubili che avesse i quozienti di nuzialità osservati nell’anno considerato.

371

Nel periodo considerato in Umbria si è registrata una propensione alla primo nuzialità superiore rispetto alla media nazionale, anche se la differenza si è ridotta negli anni più recenti. Rispetto al Centro la regione presenta invece una nuzialità costantemente superiore. Tra il 1993 e il 2012, in Umbria si osserva una età media alle prime nozze che risulta costantemente superiore di circa un anno rispetto a quella media nazionale; rispetto al Centro il dato regionale si invece attesta su valori leggermente inferiori. In Umbria risulta in crescita la diffusione dei matrimoni celebrati con rito civile. Nel 2012 la proporzione di riti nuziali celebrati davanti a un ufficiale di stato civile è arrivata a rappresentare il 43% dei matrimoni, contro il 17% di venti anni prima. L’andamento che si osserva in Umbria è ovviamente il medesimo che si registra anche a livello nazionale e il peso di matrimoni civili della regione rimane dello stesso ordine di grandezza di quello italiano; risulta invece inferiore rispetto a quello del Centro, dove nel 2012 il rito civile interessa un matrimonio su due. Rispetto a quest’ultimo punto occorre specificare che l’Umbria tradizionalmente accoglie una quota maggiore di matrimoni religiosi celebrati da sposi provenienti da altre regioni7. La scelta sempre più frequente del rito civile è un segnale della secolarizzazione progressiva, in atto ormai da lungo tempo nel nostro paese, delle scelte individuali relative alla sfera civile; anche se dal punto di vista delle caratteristiche dei matrimoni è da attribuire in parte alla crescente diffusione di quelli successivi al primo e di quelli con almeno uno sposo straniero, entrambi più spesso celebrati con rito solo civile. In Umbria, come nel resto del Paese, l’incidenza delle seconde nozze è raddoppiata in venti anni, e nel 2012 rappresenta oltre il 9% dei matrimoni. Sempre nel 2012, in Umbria la percentuale di nozze in cui almeno uno dei due sposi è cittadino straniero ha superato il 20%, mentre era pari a meno dell’8% nel 1995. In Umbria, comunque, si riscontra una crescita della preferenza per il rito civile anche con riferimento alle prime unioni. Secondo i dati Istat riportati nella banca dati on line I.Stat, tra il 2004 e il 2012, nella regione, i matrimoni civili tra celibi e nubili sono cresciuti in misura maggiore del totale dei matrimoni civili (+16% contro +10%) e la quota di essi sul totale delle prime unioni è salita dal 23% al 35%. La diminuzione della nuzialità si collega in parte alla crescente propensione a formare unioni con modalità alternative al matrimonio, quindi alla progressiva diffusione delle unioni di fatto e all’aumento delle convivenze pre-matrimoniali, le quali possono avere un effetto sulla posticipazione del primo matrimonio. Al censimento 2011, in Umbria le coppie non coniugate sono quasi 17 mila, pari al 7,4% di tutte le unioni (graf. 4). Il 57% di esse è costituito da coppie composte da partner celibi/nubili. Dieci anni prima la consistenza delle coppie non coniugate era tre volte inferiore (pari al 2,6% delle unioni), mentre nel 1991 era pari a poco più di 2 mila (1,1%). Se, dunque, nel corso degli anni novanta e duemila le coppie non coniugate sono aumentate nel complesso di oltre otto volte, quelle composte da componenti entrambi celibi o nubili sono cresciute in modo ancora più consistente. Esse infatti ammontavano a poco meno di 600 al censimento 1991 (0,3% delle coppie), e si attestano a 9 mila al censimento 2011 (4,2%). Rispetto alle coppie non coniugate, questa forma di unione è passata a rappresentarne da una su quattro nel 1991 a oltre la metà nel 2011. 7 Nella rilevazione Istat sui matrimoni gli eventi sono riferiti alla località di celebrazione.

372

Graf. 3 - Indicatori di nuzialità - Umbria - Anni 1993-2012

Fonte: elaborazione su dati Istat Nonostante la rilevante crescita che ha interessato la regione, l’incidenza delle coppie non coniugate in Umbria rimane inferiore rispetto a quanto registrato sia nel complesso del Paese (3,6% nel 2001 e 8,9% nel 2011) che nel Centro (3,8% e 9,4%), a conferma del peso ancora maggiore - anche se in flessione - dell’istituzione matrimoniale all’interno dei confini regionali.

26

27

28

29

30

31

32

1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Umbria Italia Centro

Età media al primo matrimonio delle nubili

450

500

550

600

650

700

1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Umbria Italia Centro

Indice di primo nuzialità femminile

15

20

25

30

35

40

45

50

1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Umbria Italia Centro

% matrimoni con rito civile

373

Graf. 4 - Coppie per stato coniugale e presenza di figli - Umbria - Censimenti 1991-2011

Coppie non coniugate (per 100 coppie) Coppie con figli per stato coniugale

(per 100 coppie dello stesso stato)

Fonte: elaborazione su dati Istat Nel 2011, in Umbria la presenza di figli riguarda il 54% delle coppie non coniugate (stessa percentuale si riscontra a livello nazionale), una quota in crescita rispetto al 2001, quando l’incidenza era pari al 48%. La probabilità di rilevare la presenza di figli tra le coppie non coniugate diventa sempre più simile a quella risultante per le coppie coniugate: nel 2011, infatti, tra queste ultime, quelle con figli rappresentano il 60% dei casi, contro il 63% del 2001. Le coppie non coniugate sono caratterizzate in misura maggiore dalla presenza di figli se almeno uno dei componenti della coppia ha avuto una esperienza matrimoniale pregressa, in tale caso la prole può provenire dalla precedente unione. Nelle coppie non coniugate che si formano ex novo, la decisione di fare un figlio è invece più probabilmente rimandata a dopo il matrimonio (Aisp-Sis, 2011). I dati ci dicono però che questa tendenza si va progressivamente modificando. In particolare, nel 2011 in Umbria tra le coppie formate da celibi e nubili, i figli sono presenti nel 53% dei casi, mentre dieci anni prima la quota era pari al 40% (graf. 4). Quindi, tra il 2001 e il 2011 la differenza, nelle frequenza di quelle con figli, tra le coppie celibi/nubili e il complesso di quelle non coniugate si è attenuata in maniera consistente e la forte crescita che si è registrata per le prime, suggerisce che anche in Umbria le unioni di fatto costituiscono sempre di più un’alternativa al matrimonio. In un contesto di nuzialità decrescente, si registra nella regione così come nel resto del Paese, soprattutto a partire dagli anni novanta, un’accelerazione delle rotture matrimoniali. In Umbria, all’inizio degli anni novanta le separazioni dei coniugi ammontavano a circa 600 unità all’anno, dieci anni più tardi erano aumentate fino a superare 1.000 unita annue, per poi raggiungere i livelli attuali che si attestano a circa 1.400 unità, più del doppio rispetto a venti anni prima. Anche la serie dei divorzi ha avuto un andamento crescente raddoppiando nel corso di venti anni (graf. 5).

1,1

2,6

7,4

0,31,0

4,2

0

1

2

3

4

5

6

7

8

1991 2001 2011

Totale di cui: celibi/nubili

64,7 62,5 60,4

46,7 47,7

54,0

39,8 39,6

52,7

0

10

20

30

40

50

60

70

1991 2001 2011

Coniugate Non coniugate di cui: celibi/nubili

374

Graf. 5 - Matrimoni, separazioni e divorzi - Umbria - Anni 1990-2012

Fonte: elaborazione su dati Istat I tassi di frequenza delle separazioni, calcolati sull’ammontare medio nei trienni 1990-92, 2000-02 e 2010-128 in rapporto al numero di coppie coniugate ai censimenti 1991, 2001 e 2011, mostrano che in Umbria all’inizio degli anni novanta si contavano 3 separazioni ogni 1.000 coppie coniugate; un decennio dopo si è passati a 5 per 1.000 e all’inizio di questo decennio il valore è salito fino a 7 per mille. Fino all’inizio del decennio passato il tasso di separazioni in Umbria è risultato inferiore rispetto al valore medio nazionale, successivamente i due ambiti territoriali si sono allineati (in Italia il tasso è pari, rispettivamente, a 3,6 e 5,9 e 6,9 per mille nei tre periodi considerati). Rispetto al Centro, invece, l’Umbria si mantiene su livelli costantemente inferiori. La tipologia di procedimento di separazione prevalente scelta dai coniugi è quella consensuale. In tutto il periodo considerato, in Umbria, come nel resto del Paese, oltre l’85% delle separazioni si chiude con tale formula. Nella regione, negli ultimi anni si è registrato un aumento della assenza di litigiosità tra i coniugi più accentuata che nel complesso del Paese e il rito consensuale coinvolge oramai in Umbria 9 matrimoni su 10. È interessante notare che in Umbria l’aumento delle rotture tra le coppie coniugate non sembra essere correlato in maniera significativa all’incremento delle nozze miste in cui uno dei due sposi ha cittadinanza straniera. Infatti, tra il 2000 e il 2012 il peso delle separazioni di coppie miste, che oscilla intorno al 10-12% del totale dei procedimenti, è rimasto costante nel tempo.

8 Nella rilevazione Istat, le separazioni in un anno di calendario sono riferite all’ammontare dei procedimenti civili esauriti dai tribunali nell’anno di riferimento. Dipendono quindi, oltre che dalla propensione al fenomeno, anche dalla celerità del provvedimento amministrativo. Per questo motivo la serie storica annuale presenta irregolarità frequenti che sono annullate se si utilizzano dati pluriennali.

0

500

1.000

1.500

2.000

2.500

3.000

3.500

4.000

4.500

5.00019

9019

9119

9219

9319

9419

9519

9619

9719

9819

9920

0020

0120

0220

0320

0420

0520

0620

0720

0820

0920

1020

1120

12

Matrimoni Separazioni Divorzi

375

Inoltre, se si rapportano le separazioni ai matrimoni, distinguendo tra quelli misti e quelli complessivi, nel periodo 2010-12 si hanno 38,9 separazioni ogni 100 matrimoni tra le coppie miste contro 46,2 separazioni ogni 100 matrimoni complessivi. La crescente instabilità coniugale influenza l’evoluzione delle forme familiari e in particolare ha prodotto un aumento delle famiglie di singoli (come si è detto all’inizio del paragrafo) e di genitori soli. Con riferimento a questi ultimi, nel paragrafo precedente si è visto che essi hanno segnato una forte crescita negli ultimi venti anni. È però cambiata anche la loro composizione rispetto alle caratteristiche demografiche del genitore: si è assistito a un aumento della quota di nuclei monogenitore separati o divorziati (dal 15,1% nel 1991 al 28,6% nel 2011) e a un crescente peso di quelli più giovani: la proporzione di quelli con persona di riferimento che ha meno di 64 anni è salita dal 47,2 al 71,6%; è inoltre aumentata la quota di nuclei monogenitore con figli minori (dal 32,8% nel 1991 al 40,4% nel 2011). Per completare il quadro sull’evoluzione dei nuclei monogenitore in relazione alle scelte di nuzialità occorre segnalare anche l’incremento di quelli con persona di riferimento nubile o celibe che tra il 2001 e il 2011 aumentano da 2.096 a 5.814, con un peso che sale dal 7,5% al 15,1% del totale dei nuclei monogenitore. Inoltre, l'analisi dei nuclei monogenitore fornisce elementi per verificare come gli effetti della crisi economica stiano conducendo al rientro nella famiglia di origine per una parte di essi. Tra il 2001 e il 2011, infatti, in Umbria le famiglie formate da nuclei monogenitore con persona di riferimento separata, divorziata o celibe/nubile e con altri componenti aggiunti - dove questi ultimi possono essere i genitori che accolgono in casa la figlia (o, meno frequentemente, il figlio) insieme alla prole di essa - crescono da poco più di 1.036 a 2.586 e passano a rappresentare dal 3,7% al 6,7% dei nuclei monogenitore. Graf. 6 - Nuclei monogenitore per caratteristiche della persona di riferimento - Umbria - Censimenti 1991-2011 (per 100 nuclei monogenitore)

Fonte: elaborazione su dati Istat

25,5

47,2

32,831,4

66,5

31,5

43,7

71,6

40,4

0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

80,0

Celibe/nubile, separato o divorziato

Meno 65 anni Con figli minori

1991 2001 2001

376

Famiglia e corso di vita individuale

La distribuzione delle forme familiari insieme alle componenti della dinamica demografica determinano la posizione degli individui nei vari ruoli all'interno della famiglia (tab. 4). Nel 2011, in Umbria il 28,5% della popolazione residente in famiglia vive come figlio, il 29% come genitore in coppie con figli, il 4,4% come genitore solo, il 19,4% come coniuge in coppie senza figli, il 13,1% in famiglie unipersonali; la quota residuale vive come persona non appartenente al nucleo all'interno di famiglie complesse (3,2%) o in famiglie senza nucleo non unipersonali (2,4%). La distribuzione degli individui secondo il ruolo che occupano all’interno della famiglia è strettamente connessa al ciclo di vita e quindi all’età. Nel 2011, in Umbria la gran parte delle persone con meno di 25 anni (94,4%) vive in famiglia in qualità di figlio, così come il 40,3% dei giovani tra i 25 e i 34 anni. Il 25,8% di questi ultimi anni risiede poi in coppia con figli come genitore e l’11,8% in coppia senza figli. Gli individui tra i 35-44 anni e tra 45-54 anni sono soprattutto genitori in coppia con figli (rispettivamente il 55,4% e il 60,7%). Il ruolo di coniuge o convivente in coppia senza figli aumenta in modo consistente tra la popolazione di 55-64 (32% dei casi) e diventa prevalente tra la popolazione con 65 anni e più. Con l’avanzare dell’età cresce anche la tendenza a vivere in famiglie unipersonali; queste rappresentano il 17,1% della popolazione tra i 65 e i 74 anni e raggiungono il 33,6% fra gli anziani con più di 75 anni. Il ruolo di genitore solo è maggiormente rappresentato nelle classi di età comprese tra 35-44 anni (6,3%) e 45-54 anni (7,2%) e presenta quote di poco inferiori dopo i 55 anni. Tra i figli, quelli che vivono con un genitore solo hanno un peso crescente all’aumentare dell’età (sono un quinto tra coloro che hanno fino a 34 anni e diventano due terzi dopo i 55 anni). Infine, nelle classi di età avanzate è maggiore la tendenza a vivere in famiglia come membro aggregato a un nucleo familiare oppure in famiglie senza nucleo non unipersonali (ad esempio due fratelli che vivono insieme): fra la popolazione di oltre 74 anni il peso di tali posizioni è, rispettivamente, del 10,5% e del 5,2%, il triplo e il doppio rispetto a quello che si registra tra la popolazione complessiva. La posizione all’interno della famiglia assume caratteristiche assai differenti per i due sessi nelle varie fasi dell’età. Ad esempio, vista la più elevata età media al matrimonio dei maschi rispetto a quella delle femmine, tra i 25 e 34 anni il ruolo di figlio riguarda il 48% dei primi e il 32% delle seconde. La tendenza, presente fino alla metà dello scorso decennio, all’affido quasi esclusivo dei figli alla madre nelle separazioni e la maggiore frequenza delle seconde nozze tra gli uomini, fa sì che nelle età centrali (34-54) i single siano più frequenti tra gli uomini, mentre i monogenitori sono quasi esclusivamente donne. Infine, dopo i 75 anni, in conseguenza della maggiore sopravvivenza femminile, gli uomini risultano in prevalenza in coppia senza figli (62,3%), mentre le donne risultano più spesso sole (43,9%) e presentano una quota molto più elevata rispetto ai primi di persone aggregate ad un nucleo familiare (13,9% contro 4,6%). Le differenze tra Umbria e Italia rispetto al peso delle varie posizioni familiari riflettono le caratteristiche specifiche della regione per quanto riguarda le dinamiche demografiche: maggiore sopravvivenza degli anziani, minore fecondità e maggiore incidenza di famiglie estese e multiple. Rispetto al dato medio nazionale, la regione si caratterizza per una minore incidenza di figli (in Italia: 30,6%) e per una presenza relativamente maggiore di

377

coniugi in coppie senza figli e di persone aggregate a nuclei (in Italia, rispettivamente, 17,7% e 2,1%). Tab. 4 - Popolazione residente in famiglia per età, posizione nella famiglia e sesso - Umbria - Censimento 2011 (valori per 100 persone della stessa età)

POSIZIONE NELLA FAMIGLIA fin

o a

24 a

nni

25-3

4 an

ni

35-4

4 an

ni

45-5

4 an

ni

55-6

4 an

ni

65-7

4 an

ni

75

anni

e

più

tota

le

Valori assoluti

TOTALEIN FAMIGLIE CON NUCLEIFiglio 94,4 40,3 12,3 5,2 1,9 0,4 0 28,5 250.790 di cui con un solo genitore 15,4 8,5 4,4 3,3 1,6 0,4 0 5,8 50.853 Genitore in coppia 0,9 25,8 55,4 60,7 43,6 19,1 6,1 29 254.854 Genitore solo 0,2 3,1 6,3 7,3 5,5 4,8 5,7 4,4 38.429 Coniuge/convivente senza figli 0,8 11,8 9,1 10,4 32 53,1 39,4 19,4 170.470

Altra posizione in famiglie con nuclei 1,5 3,5 2,4 1,7 1,7 3 10,3 3,2 28.014

IN FAMIGLIE SENZA NUCLEIIn famiglie unipersonali 1,2 12,5 12,3 12,3 12,8 17,1 33,6 13,1 115.312 Altra posizione in famiglie senza nucleo 0,9 3 2,2 2,4 2,4 2,5 5 2,4 21.501

TOTALE 100 100 100 100 100 100 100 100 879.370 MASCHI

IN FAMIGLIE CON NUCLEIFiglio 95,4 48 16,3 7 2,5 0,5 0 32,3 136.477 di cui con un solo genitore 15,5 10,1 5,8 4,4 2,1 0,4 0 6,8 28.496 Genitore in coppia 0,4 18,9 52,3 63,2 51,1 24,9 10,4 30,2 127.426 Genitore solo 0 0,4 1,2 2,7 3,1 2,4 2,6 1,6 6.619 Coniuge/convivente senza figli 0,4 10,5 9,6 9 27,7 56,2 62,3 20,2 85.249

Altra posizione in famiglie con nuclei 1,6 4 3,2 1,8 1,2 1,7 4,6 2,4 10.243

IN FAMIGLIE SENZA NUCLEIIn famiglie unipersonali 1,3 14,5 14,6 13,3 12 12,4 17,4 10,9 46.132 Altra posizione in famiglie senza nucleo 0,9 3,7 2,8 2,8 2,4 2 2,7 2,3 9.752

TOTALE 100 100 100 100 100 100 100 100 421.898 FEMMINE

IN FAMIGLIE CON NUCLEIFiglio 93,3 32,7 8,4 3,5 1,4 0,3 0 25 114.313 di cui con un solo genitore 15,3 6,9 3 2,2 1,1 0,3 0 4,9 22.357 Genitore in coppia 1,5 32,5 58,4 58,4 36,5 14,1 3,4 27,9 127.428 Genitore solo 0,4 5,8 11,1 11,5 7,8 6,9 7,6 7 31.810 Coniuge/convivente senza figli 1,3 13 8,6 11,6 36,1 50,2 24,8 18,6 85.221

Altra posizione in famiglie con nuclei 1,5 3 1,6 1,5 2,2 4,2 13,9 3,9 17.771

IN FAMIGLIE SENZA NUCLEIIn famiglie unipersonali 1,2 10,6 10,1 11,4 13,5 21,3 43,9 15,1 69.180 Altra posizione in famiglie senza nucleo 0,8 2,4 1,7 2 2,5 2,9 6,4 2,6 11.749

TOTALE 100 100 100 100 100 100 100 100 457.472 Fonte: elaborazione su dati Istat Per queste due posizioni, le differenze si concentrano nelle classi di età anziane: tra i 65 e 74 anni i coniugi senza figli sono il 53% in Umbria e il 49% in Italia, oltre i 75 anni le persone aggregate a nuclei sono il 5% in Italia e il doppio in Umbria.

378

La diminuzione della fecondità ha inciso sulla riduzione del numero di figli. Se consideriamo il periodo dal 1951 al 2011, in Umbria, il peso dei compenti delle famiglie con posizione di figlio ha subito una riduzione dal 37% al 28%. In Italia, dove la fecondità ha avuto un livello più alto che però è andato progressivamente a convergere con quello regionale, tra il 1951 e il 2011 si è passati dal 43,5% al 30,6% di figli in famiglia. In termini di media dei componenti, dal secondo dopoguerra ad oggi le famiglie umbre (ed anche quelle italiane) hanno “perso” complessivamente un figlio, passando da 1,7 a 0,7 figli per famiglia. Se l’ammontare della prole si è ridotto nel tempo, la tendenza a posticipare le nozze ha invece prodotto un aumento della durata della permanenza nella condizione di figlio all’interno della famiglia. Tra il 2001 e il 2011, in Umbria la quota dei figli diminuisce leggermente nelle classi di età fino a 34 anni e aumenta in tutte quelle successive: dal 10% al 12,3% nella classe 35-44 anni e dal 3,9% al 5,2% in quella da 45 a 54 anni (graf. 7). L’aumento in queste due classi di età potrebbe essere dovuto, oltre che ha un prolungamento della tendenza a ritardare l’uscita dalla famiglia anche al rientro in essa dei figli dopo una rottura matrimoniale. L’uscita dalla famiglia di origine, quando avviene, non è direttamente collegata alla formazione di una nuova unione, ed è questo uno dei motivi della bassa fecondità nel Paese (Billari-Rosina, 2004). Questa tendenza a lasciare il nucleo di origine senza formarne uno nuovo è presente anche in Umbria dove, nel decennio intercensuario, tra 35-54 anni si segnala una diminuzione consistente del ruolo di genitore e un’altrettanto ampio aumento dei single (graf. 7). Graf. 7 - Alcune posizioni familiari per classe di età - Umbria - Censimenti 2001 e 2011 (valori %)

Fonte: elaborazione su dati Istat Le ragioni di una uscita assai tardiva dalla famiglia di origine sono sia di tipo culturale - in Umbria l’età al matrimonio è stata sempre più elevata rispetto a quella media nazionale - che di tipo economico: la famiglia di origine offre sicurezza di fronte alle incertezze del mercato del lavoro, consente di non dover sobbarcarsi troppo presto il “costo” dell’autonomia e al contempo viene comunque garantito al giovane anche nella famiglia di origine il mantenimento di spazi di autonomia (nei consumi, negli stili di vita, ecc.).

0,010,020,030,040,050,060,070,080,090,0

100,0

fino a 24 anni

25-34 anni 35-44 anni 45-54 anni 55-64 anni 65-74 anni 75 anni e più

2001 2011Genitori

Figli

Single

379

Secondo i risultati dell’indagine Multiscopo “Famiglia e soggetti sociali” condotta dall’Istat nel 2009, in Umbria il 39% dei giovani da 25 a 39 anni che vive con la famiglia di origine dichiara di vivere ancora con i genitori perché sta bene così e mantiene comunque la sua libertà, il 24% perché non può sostenere le spese di un affitto o dell’acquisto di una casa e il 15% perché non trova un lavoro. La soddisfazione per i margini di autonomia è maggiormente rappresentata tra gli uomini (43%), e nella regione risulta una motivazione più importante rispetto a quanto si riscontra nel complesso del Paese (30%). In Umbria, la preoccupazione per i problemi economici assume, invece, un peso maggiore tra le donne (28%) e risulta un ostacolo meno importante rispetto alla media nazionale (31%)9. In Umbria, il 66% dei figli 25-39enni che vivono con i genitori non contribuisce alle spese familiari, mentre il 41% riceve più o meno saltuariamente denaro dai genitori. Nella regione, la quota di coloro che sostengono finanziariamente il bilancio familiare e pari tra i due sessi, a differenza di quanto avviene nel complesso del Paese dove i giovani figli maschi concorrono più delle figlie femmine alle spese della famiglia; mentre le donne fruiscono con frequenza maggiore (48% contro 36% dei maschi) del denaro dei genitori. Le reti di parentela

La presenza di legami familiari che permettano alle generazioni successive di stabilire regole di solidarietà reciproca più o meno forti prescinde dalla esistenza di famiglie complesse, dove è la regola del vivere sotto lo stesso tetto che unisce il gruppo parentale. Come osservato da Reher (1998), l’Europa mediterranea è caratterizzata dalla presenza di legami familiari forti che producono comportamenti di reciprocità tra generazioni. Lo studio di questi legami ha condotto alla definizione di tipologie familiari diverse da quelle tradizionali, come ad esempio quella della “famiglia estesa modificata o locale”, ovvero costituita nuclei familiari non coabitanti, ma legati da vincoli di parentela (figli sposati e genitori anziani, fratelli/sorelle aventi famiglie autonome, ecc.), che pur vivendo spazialmente separati intrattengono tra di loro contatti frequenti e rapporti di assistenza reciproca (Litwak, 1960). Negli ultimi decenni, alcune tendenze socio-economiche, quali il progressivo invecchiamento della popolazione e l’aumento della presenza delle donne nel mercato del lavoro, hanno prodotto l'emergere della domanda di nuovi servizi sociali, come l’assistenza agli anziani non autosufficienti e la cura dei bambini, che non sempre l’offerta di servizi pubblici è stata in grado di soddisfare. In questo contesto la famiglia ha assunto un ruolo di risorsa integrativa e spesso sostitutiva per il soddisfacimento delle esigenze di cura dei soggetti più deboli (anziani e minori). Questi processi rafforzano la validità del modello delle reti familiari fondato sulla presenza di un intensa rete di rapporti tra parenti non conviventi così da ricreare forme di famiglia estesa tra nuclei che non vivono sotto lo stesso tetto. Di fatto la tendenza alla nuclearizzazione e alla diversificazione dei modelli familiari, di cui si è detto nei paragrafi precedenti (si v. Calzola, intra), non implica l’assenza di legami anche intensi di scambio di aiuti, assistenza e sostegno. In effetti, la forma non condiziona necessariamente la sostanza dei rapporti tra le famiglie (Sgritta, 1986).

9 Le elaborazioni per l’Umbria sono state condotte sul file standard della rilevazione (www.istat.it/it/archivio/5725). Per una analisi a livello nazionale delle differenze rispetto all’età e al sesso dei motivi della scelta di rimanere più a lungo nella famiglia di origine si veda Istat (2009, 2013a).

380

In questa sezione del lavoro, utilizzando i dati dell’Indagine Multiscopo sulle Famiglie. Famiglia e soggetti sociali (Istat)10, con riferimento alle famiglie umbre, si analizzano: dapprima, le dimensioni e le caratteristiche delle reti sociali (parentali e non); la consistenza e l’intensità delle reti di aiuto informale, poi. La dimensione media della rete dei parenti consanguinei (figli, nipoti, genitori, nonni, fratelli e sorelle) risulta ampliarsi con il progredire dell’età, grazie al progressivo arricchirsi di nipoti (figli di figli) ed alla perdita molto graduale delle generazioni più anziane (genitori e nonni) in virtù della loro elevata sopravvivenza. Se, infatti, un umbro di 40-49 anni ha mediamente 5,9 parenti consanguinei in vita, un ultrasettantenne ne conta ben 6,6 (tab. 5). Con l’aumentare dell’età, pur ampliandosi la dimensione della rete dei parenti consanguinei, si osserva un mutamento della sua composizione: diminuiscono i parenti coabitanti (si è visto infatti che le persone sole aumentano al crescere dell’età) e aumentano quelli non coabitanti, che rimangono in contatto e continuano a intessere relazioni di aiuto anche al di fuori del vincolo della coabitazione. Se, infatti, il 40-49enne umbro convive con 2,3 consanguinei e ne ha mediamente 3,6 non coabitanti, l’ultrasettantenne, pur vivendo mediamente con soli 0,9 congiunti, ne conta ben 5,7 non conviventi con i quali, tuttavia, intrattiene relazioni. La rete sociale più esterna, formata dagli altri parenti e affini, dagli amici e dai vicini sui quali è possibile fare affidamento, al contrario di quella parentale, si riduce con il progredire verso la vecchiaia, anche se la dimensione di questo insieme risulta in crescita tra il 1998 e il 2009. Il confronto della rete sociale (parentale e esterna) umbra con quella osservata nelle regioni del Centro e a livello nazionale, non mostra grandi differenze né nella dimensione, né nella struttura (graf. 8). Tab. 5 - Principali indicatori della rete dei parenti e degli amici per gli umbri di 40 anni e oltre - Anni 1998 e 2009 (valori medi)

anno parenti consanguinei

parenti consanguinei non coabitanti

altri parenti, amici e vicini

classi d’età

40-49 1998 5,8 3,2 3,8 2009 5,9 3,6 6,4

50-59 1998 5,7 3,5 3,7 2009 6,3 4,1 5,6

60-69 1998 6,9 5,2 3,5 2009 6,4 4,9 4,7

70 e più 1998 6,8 5,7 2,3 2009 6,6 5,7 2,6

sesso

maschio 1998 6,2 4,1 3,6 2009 6,2 4,4 4,9

femmina 1998 6,4 4,6 3,0 2009 6,4 4,9 4,5

Totale 1998 6,3 4,4 3,3 2009 6,3 4,6 4,7

Fonte: elaborazioni su dati Istat

10 L’ultima indagine disponibile fa riferimento all’anno 2009. Per garantire un’analisi diacronica, nel lavoro, i dati del 2009 sono confrontati con quelli dell’indagine del 1998.

381

Graf. 8 - Principali indicatori della rete dei parenti e degli amici per persone di 40 anni e oltre - Umbria - Anno 2009 (valori medi)

Fonte: elaborazioni su dati Istat La prossimità residenziale e la frequenza dei contatti

L’esistenza di una fitta rete parentale è condizione necessaria ma non sufficiente affinché un individuo intrattenga rapporti con gli altri membri della famiglia. La presenza di molti parenti e/o amici nulla ci dice riguardo la condizione di maggiore o minore solitudine in cui un individuo può trovarsi: ciò che effettivamente rileva sono le relazioni che intercorrono tra i componenti di una rete sociale. La prossimità residenziale e la frequenza dei contatti con gli altri membri della famiglia si sono dimostrate due buone proxy della rete di aiuto. Infatti, generalmente lo scambio di aiuti, d’assistenza e di sostegno avviene proprio con le persone che abitano più vicino e che si frequentano più spesso. Nel 2009, quasi il 55% degli umbri sopra 50 anni vive ad oltre un chilometro di distanza dai propri figli; il rimanente 45% si distribuisce quasi equamente tra coloro che dichiarano di vivere nello stesso caseggiato (23%) e tra quelli che risiedono entro un chilometro dall’abitazione della prole (22,3%). La mancanza di coabitazione non sembra incidere sul mantenimento dei contatti con i figli, infatti, quasi il 62% degli umbri li vede quotidianamente, mentre il 27%, pur non riuscendo ad incontrarli tutti i giorni, dichiara comunque una frequentazione settimanale; solo l’11% asserisce di vederli più raramente. Con l’aumentare dell’età cresce la quota di genitori con figli che abitano nello stesso caseggiato: si passa dal 13% di coloro che hanno tra 50 e 59 anni al 25,6% degli ultrasettantenni (tab. 6). La frequenza dei contatti con i genitori non aumenta, invece, man mano che questi si fanno più anziani: se circa il 90% dei genitori tra 50 e 69 anni vede i propri figli almeno una volta a settimana, tra gli ultrasettantenni tale percentuale scende all’87%; è proprio in questa classe d’età, infatti, che si riscontra la più elevata percentuale di contatti sporadici (12,7%). A dimostrazione di quanto appena detto, si noti come la frequenza dei contatti quotidiani con i figli raggiunga il suo valore più elevato (69%) tra i 60-69enni: si tratta di genitori in grado di occuparsi della prole dei figli come vedremo successivamente dall’analisi dello scambio di aiuti nella rete parentale (tab. 12). L’analisi di genere mostra come le donne propendano più degli uomini ad incontrare quotidianamente i figli che non vivono con loro, nonostante queste vivano generalmente

6,3

4,6 4,7

6,2

4,65,1

6,7

5,0 5,2

0

1

2

3

4

5

6

7

parenti consanguinei parenti consanguineiNON coabitanti

Altri parentiamici e vicini

Umbria Centro Italia

382

più vicine (tab. 7): il 46% delle umbre vive al massimo ad un chilometro dalla dimora dei propri figli (contro il 44% degli uomini) con una frequentazione quotidiana che raggiunge il 62,6% dei casi (60% per gli uomini). La maggiore frequentazione, nonostante la minore distanza abitativa, è da attribuire all’aiuto che le madri fornisco ai propri figli nell’assistenza dei nipoti (tab. 12). Tab. 6 - Persone di 50 anni e oltre con figli non coabitanti per classi d’età, distanza abitativa dai figli e frequenza con cui li vedono - Umbria - Anni 1998 e 2009 (valori %)

classi d’età anno

Distanza abitativa (a) Frequenza con cui vedono il/la figlio/a (b)

stesso caseggiato

entro 1 km

più distante totale tutti i

giorni

una o più volte alla

settimana

più raramente totale

50-59 1998 15,1 27,4 57,5 100 63,5 25,1 11,5 100 2009 13,2 13,9 73,0 100 50,9 38,5 10,6 100

60-69 1998 24,6 26,7 48,7 100 64,7 24,1 11,2 100 2009 24,9 25,9 49,2 100 69,2 21,5 9,3 100

70 e più 1998 29,4 22,9 47,7 100 63,0 27,5 9,6 100 2009 25,6 23,1 51,3 100 60,5 26,7 12,7 100

Totale 1998 24,8 25,2 50,0 100 63,7 25,7 10,5 100 2009 23,0 22,3 54,7 100 61,6 27,2 11,2 100

(a) la distanza abitativa fa riferimento al figlio/a più vicino (b) la frequenza fa riferimento al figlio/a con il quale si hanno contatti più frequenti Fonte: elaborazioni su dati Istat Nel tempo si osserva una lieve tendenza ad allentare la rete dei rapporti: aumenta la quota di coloro che vivono distanti dai propri figli (dal 50% del 1998 a quasi il 55% del 2009) e si contrae l’incidenza di quelli che riescono a vederli quotidianamente (dal 63,7% del 1998 al 61,6% del 2009). Vi sono, tuttavia, delle importanti eccezioni: aumenta, ad esempio, la quota dei figli che vedono quotidianamente i genitori con età compresa tra i 60 e i 69 anni (poiché aumentano gli aiuti con i nipoti); tra i 50-59enni, pur contraendosi la percentuale di coloro che dichiarano frequentazione quotidiana (da 63,5% a 50,9%), si rileva un incremento di quelli con contatti settimanali (+13,4 punti percentuali, dal 1998 al 2009) cosicché, dal 1998 al 2009, aumenta di circa un punto percentuale la quota di coloro che hanno almeno un contatto a settimana. Nello stesso periodo, si rileva un non trascurabile incremento della quota di ultrasettantenni che vedono raramente i propri figli (tab. 6). L’allentamento della rete dei rapporti sembra colpire più gli uomini che le donne. Dal 1998 al 2009, infatti, è proprio tra i primi che si rileva il maggior incremento di coloro che vivono più distanti dalla prole (6 punti percentuali contro i 4 osservati per le donne) e, al contempo, la più cospicua riduzione dei contatti quotidiani (tab. 7). I dati del 2009, mostrano come in Umbria la distanza abitativa dalla famiglia di origine sia minore e i contatti con la stessa siano più intensi di quanto verificato nel complesso del Paese e nel Centro (graf. 9 e 10). In realtà, la percentuale di coloro che dichiarano di vivere vicino (entro un chilometro) i propri figli in Umbria (45%) non è di molto superiore a quella rilevata nel Centro (40%) e in linea con quella media nazionale (44%); ciò che caratterizza la minore distanza degli umbri è la più elevata quota di genitori che vivono nello stesso caseggiato dei figli (graf. 9).

383

Tab. 7 - Persone di 50 anni e oltre con figli non coabitanti per sesso, distanza abitativa dai figli e frequenza con cui li vedono - Umbria - Anni 1998 e 2009 (valori %)

sesso anno

Distanza abitativa (a) Frequenza con cui vedono il/la figlio/a (b)

stesso caseggiato

entro 1 km

più distante totale tutti i

giorni

una o più volte alla

settimana

più raramente totale

maschio 1998 25,9 24,0 50,1 100 63,5 26,3 10,2 100 2009 22,1 21,9 56,0 100 60,1 29,0 10,9 100

femmina 1998 24,0 26,1 49,9 100 63,9 25,4 10,8 100 2009 23,6 22,6 53,8 100 62,6 26,0 11,4 100

Totale 1998 24,8 25,2 50,0 100 63,7 25,7 10,5 100 2009 23,0 22,3 54,7 100 61,6 27,2 11,2 100

(a) la distanza abitativa fa riferimento al figlio/a più vicino (b) la frequenza fa riferimento al figlio/a con il quale si hanno contatti più frequenti Fonte: elaborazioni su dati Istat Alla minore distanza abitativa, come si diceva, si associa anche una maggiore frequenza dei contatti quotidiani che in Umbria riguardano ben il 62% dei casi (48% e 52% i dati di Centro e Italia, rispettivamente; graf. 10) Dopo aver descritto l’estensione e la consistenza del legame tra genitori e figli, riproponiamo una analoga analisi (valutazione della distanza geografica e della frequenza dei contatti) prendendo a riferimento la figura della madre che usualmente è il perno delle relazioni familiari e che oggi, più di prima, rappresenta per i figli una vera e propria risorsa (erogatrice di aiuti economici ma soprattutto di assistenza ai nipoti), ma, spesso, anche un familiare che necessita di assistenza (le donne, avendo una speranza di vita media più lunga degli uomini, sono più spesso bisognose di aiuti in età avanzata). Graf. 9 - Persone di 50 anni e oltre con figli non coabitanti per distanza abitativa dai figli (a) - Anno 2009 (valori %)

(a) la distanza abitativa fa riferimento al figlio/a più vicino Fonte: elaborazioni su dati Istat

23 22

55

1723

60

16

28

56

0

10

20

30

40

50

60

70

stesso caseggiato entro 1 km più distante

Umbria

Centro

Italia

384

Graf. 10 - Persone di 50 anni e oltre con figli non coabitanti per frequenza con cui li vedono (a) - Anno 2009 (valori %)

(a) la frequenza fa riferimento al figlio/a con il quale si hanno contatti più frequenti Fonte: elaborazioni su dati Istat Nel 2009, oltre il 60% degli umbri tra 40 e 69 anni vive distante dalla propria madre; tale lontananza viene compensata da una frequentazione piuttosto intensa. In effetti, la maggior parte degli intervistati dichiara di vedere la propria madre quotidianamente (il 41,7% dei casi) ovvero una o più volte alla settimana (32,6%). La distanza abitativa si riduce al crescere dell’età dei figli: la percentuale di coloro che vivono vicino la madre (entro 1 km) è minima tra i 40-49enni (35,3%), aumenta nella classe successiva (37,3%) e raggiunge il suo valore massimo tra i 60-69enni (46,5%). La necessità di cercare un’abitazione quanto più possibile vicino quella della madre da parte di figli in età matura, probabilmente è da attribuire alla condizione di anzianità della madre. A conferma di ciò, si noti come anche i contatti quotidiani diventino più frequenti per gli umbri con più di 50 anni (tab. 8). In linea con i risultati ottenuti precedentemente dall’analisi della rete genitori/figli, rispetto al contesto nazionale e a quello del Centro, la regione si caratterizza per una maggiore percentuale di persone che vivono vicino alla madre o che hanno con questa rapporti più frequenti (graf. 11 e 12). In Umbria sono i figli maschi ad abitare più vicino alla madre: il 21,4% vive nello stesso caseggiato e il 25,6% entro un chilometro; decisamente più contenuti i corrispondenti valori nel caso delle femmine (11,4% e 18,3%, rispettivamente) che, infatti, nel 70% dei casi vivono distanti dalla propria madre (tab. 9). Nel resto del Paese tale differenza è meno marcata: il differenziale tra la percentuale degli uomini e quella delle donne che vivono nello stesso caseggiato della madre è, difatti, più contenuto e, addirittura, la quota delle femmine supera quella dei maschi tra coloro che vivono entro un chilometro dalla casa materna (tab. 10).

62

27

11

48

36

16

52

33

15

0

10

20

30

40

50

60

70

tutti i giorni una o più volte alla settimana più raramente

Umbria

Centro

Italia

385

Tab. 8 - Persone di 40-69 anni con madre non coabitante per classi d’età, distanza abitativa dalla madre e frequenza con cui la vedono - Umbria - Anni 1998 e 2009 (valori %)

classi d’età anno

Distanza abitativa Frequenza con cui vedono la madre

stesso caseggiato

entro 1 km

più distante totale tutti i

giorni

una o più volte alla

settimana

più raramente totale

40-49 1998 20,1 27,2 52,7 100 44,9 40,7 14,4 100 2009 14,3 21,0 64,7 100 39,2 34,2 26,6 100

50-59 1998 21,3 30,5 48,2 100 44,2 35,5 20,2 100 2009 18,7 18,5 62,7 100 45,9 30,9 23,1 100

60-69 1998 10,9 38,3 50,8 100 29,7 31,9 38,5 100 2009 14,7 31,7 53,5 100 42,0 30,0 28,0 100

Totale 1998 19,4 29,6 51,0 100 42,9 38,0 19,1 100 2009 15,8 21,5 62,7 100 41,7 32,6 25,7 100

Fonte: elaborazioni su dati Istat Graf. 11 - Persone di 40-69 anni con madre non coabitante per distanza abitativa dalla madre - Anno 2009 (valori % 2009)

Fonte: elaborazioni su dati Istat Graf. 12 - Persone di 40-69 anni con madre non coabitante per frequenza con cui la vedono - Anno 2009 (valori % 2009)

Fonte: elaborazioni su dati Istat

1622

63

1220

69

11

23

66

01020304050607080

stesso caseggiato entro 1 km più distante

UmbriaCentroItalia

42

33

2632 35 3335 38

27

0

10

20

30

40

50

tutti i giorni una o più volte alla settimana più raramente

Umbria Centro Italia

386

Gli umbri, oltre a vivere più vicino alla loro madre di quanto lo facciano le umbre, dichiarano altresì una maggiore assiduità di frequentazione: il 50,9% la vede ogni giorno. Il rapporto quotidiano con la madre riguarda, invece, solo il 34,5% delle donne che, tuttavia, intrattengono con questa rapporti settimanali in misura superiore agli uomini (37% contro il 27% dei maschi; tab. 9). Anche in questo caso, la situazione umbra si differenzia da quella osservata nel resto del Paese dove si verifica l’esatto contrario e, cioè, vi è una maggiore percentuale di donne che vede quotidianamente la madre (38% contro il 32,5% degli uomini; tab. 10). Nel periodo 1998-2009, pur aumentando la quota di umbri che vive distante dalla propria madre (dal 51% del 1998 al quasi 63% del 2009), non si rilevano grandi variazioni nell’incidenza di coloro che la vedono quotidianamente. L’incremento della distanza abitativa riguarda soprattutto gli umbri tra i 40 e i 60 anni e le donne. La stabilità dei contatti quotidiani cela in realtà dinamiche diverse che dipendono dell’età e dal sesso dei figli. Riguardo l’età, si noti come la contrazione rilevata per i 40-49enni (5 punti percentuali dal 1998 al 2009) è più che compensata dall’incremento di oltre 12 punti percentuali osservato tra i 60-69enni (tab. 8). Questo risultato potrebbe attribuirsi al processo di invecchiamento della popolazione che, implicando una maggiore necessità di assistenza, riguarda soprattutto le madri anziane di figli non più giovani (i 60-69enni appunto). Riguardo il sesso, infine, la riduzione della frequentazione quotidiana interessa solo le donne: dal 1998 al 2009, a fronte di una riduzione di 6 punti percentuali nella quota di umbre che vede ogni giorno la madre, si rileva un incremento di 5 punti percentuali per gli uomini (tab. 9). Tab. 9 - Persone di 40-69 anni con madre non coabitante per sesso, distanza abitativa dalla madre e frequenza con cui la vedono - Umbria - Anni 1998 e 2009 (valori %)

sesso anno

Distanza abitativa Frequenza con cui vedono la madre

stesso caseggiato

entro 1 km

più distante totale tutti i

giorni

una o più volte alla

settimana

più raramente totale

maschio 1998 28,8 26,9 44,3 100 45,1 36,6 18,3 100 2009 21,4 25,6 53,0 100 50,9 27,0 22,0 100

femmina 1998 10,9 32,0 57,1 100 40,9 39,2 19,8 100 2009 11,4 18,3 70,3 100 34,5 37,0 28,5 100

Totale 1998 19,4 29,6 51,0 100 42,9 38,0 19,1 100 2009 15,8 21,5 62,7 100 41,7 32,6 25,7 100

Fonte: elaborazioni su dati Istat Tab. 10 - Persone di 40-69 anni con madre non coabitante per sesso, distanza abitativa dalla madre e frequenza con cui la vedono - Italia - Anno 2009 (valori %)

Distanza abitativa Frequenza con cui vedono la madre

stesso caseggiato

entro 1 km

più distante totale tutti i

giorni

una o più volte alla

settimana

più raramente totale

maschio 12,7 22,6 64,7 100 32,5 39,4 28,1 100 femmina 9,4 23,8 66,8 100 38,2 36,5 25,3 100 Totale 11,0 23,2 65,8 100 35,4 37,9 26,7 100 Fonte: elaborazioni su dati Istat

387

L’ultimo nodo della rete parentale che ci è sembrato interessante indagare riguarda il rapporto tra fratelli e sorelle. L’importanza della relazione fraterna si estende lungo tutto l’arco della vita: il rapporto tra fratelli è il più duraturo tra tutti i legami con la famiglia di origine; generalmente, si è fratelli e sorelle più a lungo di quanto si è figli o figlie. La distanza geografica dalla abitazione dei fratelli e delle sorelle non conviventi è maggiore (soprattutto per le donne11) ed i rapporti con questi sono meno assidui rispetto a quanto osservato per i genitori o figli. La frequenza dei contatti si affievolisce con il progredire verso le età anziane: i contatti quotidiani, che riguardano il 20,4% dei 40-49enni, hanno un’incidenza del solo 14% tra gli ultrasettantenni. Rispetto agli uomini, le umbre, oltre ad abitare più distanti dai propri fratelli/sorelle, dichiarano in minor percentuale una frequentazione quotidiana (che riguarda il 14% delle donne contro il 21% degli uomini). Tab. 11 - Persone di 40 anni e oltre con fratelli/sorelle non coabitanti per classi d’età, sesso, distanza abitativa dal fratello/sorella e frequenza con cui li vedono - Umbria - Anni 1998 e 2009 (valori %)

anno

Distanza abitativa (a) Frequenza con cui vedono il fratello/sorella (b) stesso

caseggiatoentro 1

kmpiù

distante totale tutti i giorni

una o più volte alla settimana

più raramente totale

classi d’età

40-49 1998 9,6 24,0 66,4 100 25,3 52,0 22,7 100 2009 6,9 16,9 76,2 100 20,4 41,7 37,9 100

50-59 1998 7,7 22,1 70,2 100 21,4 37,6 41,0 100 2009 4,6 14,6 80,8 100 16,6 39,0 44,4 100

60-69 1998 6,2 29,1 64,6 100 20,4 35,5 44,0 100 2009 4,7 19,3 76,0 100 19,1 34,9 46,0 100

70 e più 1998 7,1 30,5 62,4 100 19,3 29,1 51,6 100 2009 3,3 22,0 74,7 100 14,2 29,6 56,2 100

sesso

maschio 1998 10,7 27,7 61,6 100 24,9 39,6 35,5 100 2009 6,2 21,7 72,1 100 21,0 34,0 45,0 100

femmina 1998 5,2 25,0 69,9 100 19,0 39,0 42,0 100 2009 3,7 15,7 80,6 100 14,5 37,8 47,7 100

Totale 1998 7,8 26,2 66,0 100 21,8 39,3 39,0 100 2009 4,9 18,4 76,7 100 17,5 36,1 46,4 100

(a) la distanza abitativa fa riferimento al fratello/sorella più vicino (b) la frequenza fa riferimento al fratello/sorella con il quale si hanno contatti più frequenti Fonte: elaborazioni su dati Istat Rispetto al 1998, si osserva un incremento generalizzato della distanza abitativa e un allentamento dei contatti, soprattutto tra coloro che hanno tra 40 e 49 anni (tab. 11). Rispetto al resto del Paese, gli umbri pur vivendo più distanti dai fratelli/sorelle non conviventi, intrattengono con loro rapporti più frequenti (graf. 13 e 14). In Umbria, infatti, pur essendo maggiore la quota di coloro che vivono oltre un chilometro di distanza dai propri fratelli/sorelle (77% contro il 74% del Centro e il 70% dell’Italia), è minore l’incidenza di quelli che dichiarano rapporti sporadici (46% contro il 52% del Centro e il 48% medio nazionale). 11 In Umbria, come nel resto de Paese, sono le donne ad abitare più lontano dai propri fratelli/sorelle non conviventi: circa l’81% delle umbre, sopra i 40 anni, vive infatti ad oltre un chilometro di distanza da questi contro il più contenuto 72% degli uomini (tab. 11).

388

Graf. 13 - Persone di 40 anni e oltre con fratelli/sorelle non coabitanti per distanza abitativa (a) da questi - Anno 2009 (valori %)

(a) la distanza abitativa fa riferimento al fratello/sorella più vicino Fonte: elaborazioni su dati Istat Graf. 14 - Persone di 40 anni e oltre con fratelli/sorelle non coabitanti per frequenza (a) con cui li vedono - Anno 2009 (valori %)

(a) la frequenza fa riferimento al fratello/sorella con il quale si hanno contatti più frequenti Fonte: elaborazioni su dati Istat Le reti di aiuto informale

La frequenza dei contatti tra parenti non conviventi, come già accennato, è connessa allo scambio di aiuti reciproci. In questo paragrafo ci addentreremo nello studio della rete di aiuti informali parentali analizzando le tipologie di aiuti prestati, le figure alle quali sono rivolti e dalle quali provengono. Ovviamente nella rete di aiuti informali confluiscono una molteplicità di esperienze, anche molto diverse tra loro, dalle forme di privato sociale alla solidarietà associativa, a quella familiare. La nostra analisi si sofferma su quest’ultima poiché: [...] la famiglia rappresenta un

5

18

77

7

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60

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stesso caseggiato entro 1 km più distante

Umbria Centro Italia

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52

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tutti i giorni una o più volte alla settimana più raramente

Umbria

Centro

Italia

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sistema di relazioni che non si esaurisce all’interno della struttura del nucleo, ma ne rompe i confini per estendersi alle altre famiglie, agli altri individui, agli altri gruppi sociali. La solidarietà familiare e le forme che essa assume rappresentano uno dei tasselli, insieme alle politiche pubbliche, ai servizi offerti dal mercato, all’azione volontaria, del complesso mosaico di attività e interventi che contribuiscono al benessere individuale, familiare e collettivo. I risultati, in termini di qualità della vita, dipendono largamente dall’incastro delle responsabilità di intervento tra famiglia, mercato e stato, dal modo cioè in cui questi soggetti si integrano o si sostituiscono l’uno all’altro. Il meccanismo regolatore di questi equilibri è assimilabile al “principio dei vasi comunicanti”: il venir meno di una componente è immediatamente compensato da una proporzionale crescita dell’altra. L’interdipendenza tra queste dimensioni è dunque fuori discussione [...] (Romano, 2001). Da una prima lettura dei dati (tab. 12)12, appare subito evidente come in Umbria vi sia un maggior coinvolgimento delle donne nell’attività gratuita di aiuto che interessa il 26% delle umbre sopra i 14 anni (e il 22% degli uomini). La prevalenza delle donne sugli uomini, quali erogatrici d’aiuto, è ancora più marcata nel caso si considerino le rispettive sottopopolazioni degli occupati: quasi il 32% delle umbre lavoratrici fornisce aiuti contro il 26% degli uomini. L’intensità delle prestazioni elargite muta, non solo in base al sesso, ma anche rispetto all’età: tra le donne l’incidenza delle persone coinvolte in attività di aiuto cresce all’aumentare dell’età ed è massima tra i 60-69 anni, mentre per gli uomini la maggiore quota di caregiver si riscontra tra i 40 e i 50 anni. Il sesso e l’età di coloro che offrono aiuti sembrano influire anche sui destinatari dell’aiuto prestato. Tra le donne di 40-50 anni, l’attività d’aiuto è indirizzata prevalentemente a favore di genitori e/o suoceri, mentre per le 60-69enni i principali destinatari sono i nipoti (in forte crescita dal 1998 al 2009). Tra gli uomini, invece, indipendentemente dall’età prevalgono gli aiuti a parenti meno stretti. Coerentemente con la figura del destinatario, anche il tipo di aiuto varia a seconda dell’età e del sesso. Considerando i caregiver di sesso femminile, si osserva la prevalenza di aiuti indirizzati agli anziani (prestazioni sanitarie, assistenza adulti e compagnia) tra le 40-60enni, mentre tra le donne di 60-69 anni è più frequente l’assistenza ai bambini. Gli uomini, invece, offrono maggiormente aiuti economici (soprattutto tra i 40 e i 60 anni) ovvero altre tipologie di aiuto (aggregato che comprende l’espletamento di pratiche burocratiche; l’aiuto nel lavoro extradomestico e nello studio, ecc.). La percentuale di umbri coinvolti in attività gratuita di aiuto a persone (parenti e non) non conviventi è notevolmente cresciuta dal 1998 al 200913; l’incremento è di circa 8 punti percentuali tanto per la componente femminile della popolazione quanto per quella maschile. Per quanto attiene l’età, invece, si osservi come ad aumentare sia sostanzialmente l’incidenza dei caregiver sopra i 50 anni; decisamente più contenuta la crescita tra i più giovani.

12 La tabella 12, riguarda i soggetti che dichiarano di aver prestato aiuto, nel mese di riferimento dell’indagine, per sesso, classi d’età, destinatario e tipologia d’aiuto; le percentuali riportate sono calcolate sul totale della popolazione con analoghe caratteristiche (sesso, classe d’età e condizione professionale). 13 La crescita del numero di persone coinvolte attivamente nell’ambito di reti di aiuto informale è comune a tutto il resto del Paese ma in Umbria è ancora più evidente, soprattutto per la componente maschile della popolazione.

390

Tab. 12 - Caregiver per caratteristiche socio-demografiche, tipologia e destinatari degli aiuti forniti - Umbria - Anni 1998 e 2009 (per 100 persone con le stesse caratteristiche) DONNE UOMINI

Totale (a)

di cui: Totale (a)

di cui:

40-50 anni

50-60 anni

60-69 anni occupate 40-50

anni50-60 anni

60-69 anni occupati

DESTINATARIGenitori/ suoceri

1998 4,5 16,8 5,7 2,5 8,8 4,0 11,7 6,6 0,0 7,1 2009 5,6 13,5 9,4 6,4 10,1 4,8 12,1 10 3,8 8,2

Figli/ coniugi figli

1998 1,2 0,0 2,6 2,9 0,3 0,6 0,0 0,0 3,4 0,0 2009 4,0 1,2 5,5 13,4 1,6 2,6 1,3 5,3 5,5 1,7

Fratello/ sorella

1998 1,1 0,0 0,9 6,0 0,3 0,6 0,6 0,0 1,0 0,8 2009 2,2 3,1 2,5 1,8 3,6 1,1 0,0 1,1 1,3 1,5

Nipoti (b) 1998 2,3 0,5 2,9 7,6 1,2 1,4 0,5 1,5 6,3 0,3 2009 6,1 2,4 8,8 18,2 4,8 3,9 2,1 3,5 9,3 2,3

Altro parente 1998 8,7 13,6 9,5 9,5 9,8 6,8 12,7 8,9 6,6 8,5 2009 11,8 12,4 16,4 15,5 14,3 11,4 16,6 12,9 17,2 14,5

Altro non parente

1998 3,0 3,9 2,1 2,6 4,5 3,5 6,6 4,6 0,0 5,1 2009 4,5 6,0 10,0 0,7 6,1 3,1 3,9 9,0 2,2 3,1

TIPO DI AIUTO

Economico 1998 2,2 5,3 3,1 4,8 3,3 2,3 4,8 1,9 6,6 2,6 2009 6,1 7,0 8,1 8,7 5,7 6,5 10,5 12,9 8,8 8,3

Prest. san./ assist. adulti

1998 7,2 14,9 10,9 11,0 9,0 3,8 9,3 7,9 2,0 5,2 2009 7,4 10,6 19,4 12,0 10,3 4,0 9,2 7,8 4,4 6,0

Assistenza bambini

1998 5,1 4,2 9,8 11,5 5,0 1,9 1,1 2,2 8,7 0,8 2009 8,8 4,9 9,1 23,8 7,9 5,4 1,2 3,6 11,7 3,5

Compagnia 1998 6,8 11,4 4,3 10,3 8,3 4,8 8,5 6,9 5,6 6,0 2009 7,5 14,0 8,8 9,1 10,2 5,1 8,9 6,9 2,7 4,9

Altro 1998 10,7 17,2 13,4 11,5 13,6 7,8 12,5 10,2 7,5 10,3 2009 12,3 17,1 21,7 15,0 17,7 11,1 22,0 13,9 16,2 14,7

TOTALE 1998 18,6 31,5 20,8 29,8 22,9 14,5 26,4 19,4 17,2 18,1 2009 26,4 32,0 39,0 41,7 31,8 22,2 33,9 29,7 32,1 26,3

(a) il totale fa riferimento alla popolazione di 14 anni e più (b) i nipoti sono i figli dei figli ed i figli di fratelli e sorelle Fonte: elaborazioni su dati Istat In Umbria, l’incidenza di coloro che sono coinvolti attivamente nell’ambito delle reti d’aiuto informale è inferiore a quella osservata nel resto del Paese, indipendentemente dal sesso: tanto per gli uomini quanto per le donne, il gap è di 2 punti percentuali. In particolare, se consideriamo le sottopopolazioni degli occupati, il gap con il dato medio nazionale vede ancor più sfavorita la regione, soprattutto per la componente femminile (graf. 15 e 16). La minor quota di caregiver in Umbria sembra non riguardare le donne di età compresa tra i 60 e i 69 anni e gli uomini di 40-50 anni. In entrambi questi due casi, infatti, la percentuale di coloro che prestano aiuto è maggiore nella regione di quanto lo sia nel resto del Paese; i principali destinatari del sostegno offerto da queste categorie sono i nipoti (soprattutto per le donne) ed altri parenti (soprattutto per gli uomini). Coerentemente con i risultati fin qui ottenuti, anche dal confronto Umbria-Italia in merito alla natura degli aiuti prestati emerge la maggiore incidenza nel Paese di ogni tipologia (soprattutto per gli aiuti economici), tanto per le donne quanto per gli uomini, con l’unica eccezione costituita dall’assistenza ai bambini che in Umbria, senza distinzione di genere, risulta più diffusa di quanto lo sia nel resto d’Italia (graf. 17 e 18).

391

Graf. 15 - Caregiver di sesso femminile per età e condizione - Anno 2009 (valori %)

(a) il totale fa riferimento alla popolazione di 14 anni e più Fonte: elaborazioni su dati Istat Graf. 16 - Caregiver di sesso maschile per età e condizione - Anno 2009 (valori %)

(a) il totale fa riferimento alla popolazione di 14 anni e più Fonte: elaborazioni su dati Istat Graf. 17 - Caregiver di sesso femminile per tipo d’aiuto - Anno 2009 (valori %)

Fonte: elaborazioni su dati Istat

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40-50 anni 50-60 anni 60-69 anni totale (a) occupate

Umbria Italia

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0

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40-50 anni 50-60 anni 60-69 anni totale (a) occupati

Umbria Italia

6,17,4

8,87,5

8,37,5

8,5 8,1

0

2

4

6

8

10

economico prest. sanitarieassistenza adulti

assistenza bambini

compagnia

Umbria Italia

392

Graf. 18 - Caregiver di sesso maschile per tipo d’aiuto - Anno 2009 (valori %)

Fonte: elaborazioni su dati Istat Nota conclusiva

In Umbria la struttura delle famiglie è caratterizzata dalla prevalenza di coppie con figli e di persone sole. Il peso delle prime si è ridotto nel tempo, mentre la seconde sono aumentate in termini sia assoluti che relativi. Il forte aumento delle famiglie unipersonali è in gran parte riconducibile alla crescita degli anziani che vivono da soli, soprattutto donne, anche se negli ultimi anni esse sono sempre più costituite da giovani e adulti. Un elemento di particolarità della Regione rispetto al resto del Paese è costituito dalla presenza relativamente più ampia di famiglie composte da un nucleo genitori-figli più altri parenti o da più nuclei, anche se queste famiglie sono caratterizzate da una continua riduzione rispetto al passato. Una delle novità principali dell’evoluzione delle famiglie in Umbria è costituita dall’emergere di nuove forme familiari, costituite da single con meno di 65 anni, genitori soli celibi/nubili, separati o divorziati e coppie di fatto, che hanno assunto un peso sempre più consistente. Nel 2011, la somma di queste figure familiari arriva a contare oltre 67 mila unità; erano poco più della metà dieci anni prima e meno di 22 mila nel 1991. In termini relativi, questo gruppo di forme familiari emergenti rappresentava l’8% di tutte le famiglie nel 1991 e l’11% nel 2001, mentre nel 2011 ne costituisce il 18%. In Umbria la permanenza nella famiglia di origine offre ai figli sicurezza economica insieme a garanzia di autonomia per una lunga fase della vita. Questi sostegni vengono “restituiti” quando i genitori diventano anziani. Vi è infatti una fase successiva della vita in cui il ruolo di figlio torna a essere importante e impegnativo. Ciò accade quando, a causa della sopravvivenza crescente della popolazione, aumenta il peso del sostegno dovuto ai genitori anziani. Spesso inoltre, questa fase della vita in cui si hanno genitori anziani da accudire coincide con quella in cui si è al contempo nonni con funzioni di cura dei nipoti. In Umbria, l’impegno delle donne sopra i 50 anni, sia verso i nipoti che verso i genitori è testimoniato dalla presenza di una fitta rete di rapporti tra genitori/figli non coabitanti e dalla tipologia degli aiuti prestati. In particolare, tra la fine degli anni 90 e quella del decennio successivo, è risultato in crescita sia l’aiuto verso i figli e i nipoti, soprattutto da

6,5

4,0

5,4 5,1

7,4

4,6 4,9

6,2

0

2

4

6

8

economico prest. sanitarieassistenza adulti

assistenza bambini

compagnia

Umbria Italia

393

parte delle ultra 60enni, che quello verso i genitori o i suoceri. Quest’ultimo vede sempre più impegnate le donne tra i 50 e i 60 anni, con attività di tipo sanitario/assistenziale. Le reti familiari si dimostrano quindi uno strumento essenziale a disposizione delle famiglie per trovare le risorse umane e affettive necessarie per sopperire alle carenze del sistema di assistenza pubblico, soprattutto in un periodo di crisi economica, come quello che interessa il Paese e la Regione da ormai oltre un lustro, e da cui non appare facile fuoriuscire. Riferimenti bibliografici Aisp - Sis (Associazione italiana per gli studi di popolazione - Società italiana di Statistica), 2011 Rapporto sulla popolazione. L’Italia a 150 anni dall’Unità, a cura di S. Salvini e A. De Rose, Il Mulino, Bologna Angiona S., Calzola L., Rosiello A. 2014 Il censimento 2011in Umbria: assetti organizzativi e evidenze demografiche, in Aur&S, n. 9-10, Agenzia Umbria Ricerche, Perugia Barbagli, M. 1984 Sotto lo stesso tetto, Il Mulino, Bologna Barbagli M., Castiglioni M., Dalla Zuanna G. 2003 Fare famiglia in Italia. Un secolo di cambiamenti, Il Mulino, Bologna Billari F. C., Rosina A. 2004 Italian "latest-late" transition to adulthood: an exploration of its consequences on fertility, in Genus, Vol. 60, No. 1, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, pp. 71-87 Calzola L., Tittarelli L. 1991 Matrimonio e famiglia a Perugia e nelle sue campagne a metà dell’Ottocento, in Studi Storici, n. 2, Istiuto Gramsci, Roma, pp. 365-382 Cecchetti D. 1995 Famiglia e modernizzazione, in L’Umbria tra tradizione e innovazione. 2° rapporto sulla situazione economica, sociale e territoriale, a cura dell’Istituto regionale di ricerche economiche e sociali, Perugia, pp. 258-284 Cortese A. 1986 Le modificazioni della famiglia attraverso i censimenti, in Istat, Atti del convegno la famiglia in Italia, Roma 29-30 ottobre 1985, Annali di Statistica, Anno 115, Serie IX - Vol. 6

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