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Facciamo il punto sulla terapia anticoagulante nella fibrillazione atriale. Quale farmaco scegliere? Quali soluzioni nei pazienti anziani ed in quelli ischemici? Cosa devo sapere sui (DOAC): il nuovo standard della terapia anticoagulante orale. Approfondimento sui dati di “real world evidence” disponibili sulla terapia anticoagulante nella fibrillazione atriale. Di Mauro Pisano Background . Come è noto, i trials randomizzati non riflettono in maniera corretta la realtà clinica. Lo scenario di un RCT prevede specifici criteri di inclusione e di esclusione e un rigido protocollo da seguire nel follow-up, situazioni che difficilmente si verificano nella pratica clinica quotidiana. Una volta raggiunta l’approvazione, il nuovo trattamento diventa disponibile per una larga parte della popolazione che, appunto, presenta spesso caratteristiche differenti rispetto a quella studiata nei trials. Quindi questi dati provenienti dal (RWE) riflettono un mondo assai differente da quello dei trials clinici randomizzati. Questi dati sono complementari a quelli prodotti dai trials e forniscono delle informazioni in grado di valutarne l’efficacia e la sicurezza nella popolazione generale. In effetti i registri e gli studi che forniscono i dati della RWE hanno delle caratteristiche differenti rispetto ai trials registrativi: follow-up di maggiore durata, regimi di trattamento diversi, assunzione di terapie concomitanti, pazienti con età estreme e comorbidità rilevanti. . Esiste una scala crescente che valuta il rango statistico (e quindi la qualità del dato) di uno studio, che va sempre considerata. . Occorre evidenziare, per quanto detto in precedenza, che le informazioni che derivano dai RWE sono essenziali per confermare i dati di efficacia e sicurezza a lungo termine e controllare le tendenze in termini di e dati di . La difficoltà nel valutare correttamente RCT e RWE è particolarmente dibattuta in questi ultimi anni. In effetti, nell'ultimo decennio, lo scenario clinico e terapeutico della gestione della fibrillazione atriale (FA) e delle sue complicanze tromboemboliche è radicalmente mutato. . Questa nuova stratificazione del rischio, peraltro ancora da ottimizzare, è coincisa con l’avvento degli anticoagulanti diretti (DOAC) che offrono indubbiamente un grosso vantaggio in termini di efficacia, sicurezza e convenienza. Qualche anno dopo la pubblicazione degli RCT sui DOAC, sono stati avviati diversi registri nazionali e mondiali per valutare se i risultati degli RCT fossero applicabili nella pratica clinica quotidiana.

Facciamo il punto sulla terapia anticoagulante nella ... · dimostrato bassi tassi di anticoagulazione e pratiche scorrette come la sospensione della terapia dopo l’assenza di recidive

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Facciamo il punto sulla terapia anticoagulante nella fibrillazione atriale. Quale farmaco

scegliere? Quali soluzioni nei pazienti anziani ed in quelli ischemici?

Cosa devo sapere sui (DOAC): il nuovo standard della terapia anticoagulante orale.

Approfondimento sui dati di “real world evidence” disponibili sulla terapia anticoagulante

nella fibrillazione atriale.

Di Mauro Pisano

Background

.

Come è noto, i trials randomizzati non riflettono in maniera corretta la realtà clinica. Lo

scenario di un RCT prevede specifici criteri di inclusione e di esclusione e un rigido

protocollo da seguire nel follow-up, situazioni che difficilmente si verificano nella pratica

clinica quotidiana.

Una volta raggiunta l’approvazione, il nuovo trattamento diventa disponibile per una

larga parte della popolazione che, appunto, presenta spesso caratteristiche differenti

rispetto a quella studiata nei trials. Quindi questi dati provenienti dal

(RWE) riflettono un mondo assai differente da quello dei trials clinici randomizzati. Questi

dati sono complementari a quelli prodotti dai trials e forniscono delle informazioni in grado

di valutarne l’efficacia e la sicurezza nella popolazione generale. In effetti i registri e gli

studi che forniscono i dati della RWE hanno delle caratteristiche differenti rispetto ai trials

registrativi: follow-up di maggiore durata, regimi di trattamento diversi, assunzione di

terapie concomitanti, pazienti con età estreme e comorbidità rilevanti.

.

Esiste una scala crescente che valuta il rango statistico (e quindi la qualità del dato) di

uno studio, che va sempre considerata.

.

Occorre evidenziare, per quanto detto in precedenza, che le informazioni che derivano

dai RWE sono essenziali per confermare i dati di efficacia e sicurezza a lungo termine e

controllare le tendenze in termini di e dati di .

La difficoltà nel valutare correttamente RCT e RWE è particolarmente dibattuta in questi

ultimi anni. In effetti, nell'ultimo decennio, lo scenario clinico e terapeutico della gestione

della fibrillazione atriale (FA) e delle sue complicanze tromboemboliche è radicalmente

mutato.

.

Questa nuova stratificazione del rischio, peraltro ancora da ottimizzare, è coincisa con

l’avvento degli anticoagulanti diretti (DOAC) che offrono indubbiamente un grosso

vantaggio in termini di efficacia, sicurezza e convenienza.

Qualche anno dopo la pubblicazione degli RCT sui DOAC, sono stati avviati diversi registri

nazionali e mondiali per valutare se i risultati degli RCT fossero applicabili nella pratica

clinica quotidiana.

.

I quattro farmaci, Dabigatran, Rivaroxaban, Apixaban ed Edoxaban, hanno dimostrato

una riduzione dell’endpoint ictus ed embolia sistemica del 19% rispetto al Warfarin (W)

con un risultato trainato soprattutto dalla netta riduzione delle emorragie intracraniche e

dell’ictus emorragico, ridotti del 51% rispetto a W.

I DOAC, inoltre, valutati complessivamente, hanno ridotto del 14% i sanguinamenti

maggiori extracranici. Questo punto va evidenziato in quanto erano presenti delle

differenze nei quattro studi.

Apixaban era il farmaco che si comportava meglio con una riduzione del 29% dei

sanguinamenti maggiori, seguito da Dabigatran alla dose di 110 mg, che riduceva i

sanguinamenti del 20% come anche Edoxaban nel braccio 60 mg. Nessuna differenza

con Dabigatran 150 mg e Rivaroxaban rispetto al W. Comunque, come è noto, non è

possibile fare delle comparazioni dirette in quanto questo presupporrebbe una identità,

nei quattro RCT, in termini di profilo di rischio cardioembolico ed emorragico e nella

definizione degli endpoints (in particolare le definizioni di bleeding). Questa eterogeneità

degli studi compromette la possibilità di fare paragoni tra i risultati dei quattro DOAC. Ad

esempio, la definizione di sanguinamento maggiore e minore nell’ARISTOTLE tendeva a

sottostimare i sanguinamenti rispetto agli altri tre studi in quanto la definizione, per

protocollo, prevedeva il raggiungimento dell’endopoint con dei criteri più restrittivi rispetto

alle definizioni utilizzate negli altri tre RCT (chiaramente questo era valido in entrambi i

bracci dello studio, il che salvaguarda il risultato complessivo dell’Apixaban in termini di

safety).

.

Questo articolo non ha la pretesa, di aggiungere niente di nuovo a quanto è noto e

facilmente reperibile in letteratura.

Ha invece lo scopo di stimolare in maniera costruttiva ed equilibrata una discussione

virtuale sui DOAC che possa sviscerare delle questioni aperte che comunque avranno

una soluzione solo quando saranno disponibili dati definitivi provenienti dai registri

prospettici.

I registri

Anche nel caso dei registri abbiamo una notevole eterogeneità.

1. Registri nazionali (Svedese e Danese). Sono database real-time dove ogni paziente

arruolato viene seguito con un preciso follow-up dove vengono riportate variabili

cliniche e demografiche e viene segnalata in maniera rigorosa la causa della

eventuale morte.

2. Registri internazionali promossi da Società scientifiche come ad esempio l’EORP-AF,

avviato dalla Società Europea di Cardiologia (ESC).

3. Registri sponsorizzati da aziende operanti nel settore: GLORIA-AF, GARFIELD-AF e

PREFER-AF.

4. Registri che includono dati ambulatoriali (ORBIT-AF)

5. Registri prospettici (XANTUS)

6. Registri amministrativi retrospettivi.

I dati RWE provengono soprattutto da database assicurativi e, come detto, riflettono

quanto accade realmente nella pratica clinica quotidiana. La grande utilità dei dati

provenienti dalla RWE consiste quindi nel fornire al medico, ai pazienti e anche ai

responsabili della spesa sanitaria, la conferma della bontà del nuovo trattamento che

può essere prescritto non solo nel subset ristretto degli RCT ma anche in larga scala.

Ci sono una serie di importanti limitazioni da considerare quando analizziamo i dati della

RWE. Alcuni di questi limiti possono essere subdoli o difficili da valutare se ci si basa solo

sulle caratteristiche cliniche e demografiche. Per correggere questi “difetti” di base e

rendere bilanciati i dati, sono necessarie delle correzioni che comunque lasciano dei

residui confondenti.

Nei database amministrativi relativi alle assicurazioni sanitarie vengono inclusi pazienti con

profili di rischio molto diversi. Quindi se si intende fare un’analisi comparativa equa, è

necessaria una corrispondenza rigorosa tra i gruppi di pazienti sottoposti ai trattamenti.

Ad esempio, nello studio A comparison of the safety and effectiveness of dabigatran and

warfarin in non-valvular atrial fibrillation patients in a large healthcare system, condotto sui

veterani americani, che confrontava il W contro il Dabigatran, quest’ultimo veniva

prescritto più frequentemente ai pazienti più giovani e con meno comorbidità rispetto al

W, svelando quindi un pattern prescrittivo che costituisce un dato confondente che va

corretto nell’analisi statistica.

Negli RWE, inoltre, c’è una effettiva incapacità nel controllare l’assunzione concomitante

di farmaci, le misurazioni precise di variabili cliniche che potrebbero influenzare l’esito

finale di una data situazione clinica. A questo proposito vanno evidenziate soprattutto

due variabili: il TTR come misura della corretta anticoagulazione con assunzione di W e

soprattutto la velocità di filtrazione glomerulare renale (GFR), indicatore della funzione

renale, .

. Inoltre, le

differenze, per quanto riguarda gli endpoints che normalmente vengono misurati, tra i vari

DOAC, sono minime

.

Lo strumento statistico che viene utilizzato per equilibrare due popolazioni differenti è il

. Questo in quanto i dati che risultano dai database sanitari (esempio:

Medicare) provengono da survey o da dati amministrativi. Negli RCT la randomizzazione

garantisce che tutti i pazienti abbiano uguale probabilità di ricevere lo stesso trattamento,

quindi i pazienti vengono scelti in maniera uniforme e bilanciata per quanto riguarda

sesso, età, condizioni socio-economiche, presenza di condizioni croniche e via dicendo.

Grazie al processo di randomizzazione è possibile stimare l’effetto medio del trattamento.

Nei dati osservati e non generati da un processo di randomizzazione, le caratteristiche

basali dei gruppi analizzati possono essere completamente sbilanciate.

In un recente studio retrospettivo che valutava gli eventi tra gruppi di pazienti che

assumevano una bassa dose di Apixaban, Rivaroxaban o Dabigatran, i pazienti trattati

con Apixaban avevano un rischio tromboembolico decisamente più elevato rispetto agli

altri due. È stato pertanto necessario bilanciare i dati con il propensity score per avere tre

gruppi di popolazioni con lo stesso profilo di rischio.

.

Registri internazionali sponsorizzati dalle aziende

Anche in questi registri abbiamo notevoli differenze che potrebbero avere un ruolo

rilevante qualora, in futuro, si dovessero confrontare i dati di efficacia e sicurezza dei

diversi DOAC.

Ad esempio, alcuni criteri di inclusione sono differenti. Nel GLORIA-AF e nel GARFIELD-AF, è

previsto l’arruolamento solo per le FA di nuova insorgenza (<6 settimane per GARFIELD-AF

e <3 mesi per GLORIA-AF).

Nel PREFER-AF il limite è <12 mesi con aritmia rilevata anche tramite interrogazione di un

device.

PREFER-AF ORBIT-AF permettono anche l’arruolamento di pazienti con FA valvolare,

mentre per GARFIELD-AF non è previsto l’uso di scores di rischio.

.

Il fatto che alcuni di questi studi prevedano diverse fasi di arruolamento, permette loro di

rilevare l’impatto che i DOAC hanno avuto nella gestione dei pazienti con fibrillazione

atriale. Ad esempio l’analisi dei dati del GLORIA-AF dimostra come almeno l’85% dei

pazienti ha un CHADSVASC ≥ 2; che è in riduzione la quota dei pazienti non trattati grazie

all’uso crescente dei DOAC; che in alcune regioni del pianeta rimane alto il numero di

pazienti non trattati (Asia), inoltre, nel particolare caso del dabigatran, è stato rilevato

che in due anni di follow-up si è avuto una bassa incidenza di sanguinamenti maggiori

(1.1%) e di ictus (0.6 % annuo) Figura 1.

.

Figura 1 - Il registro GLORIA-AF. Evidenziati, in particolare, i tassi annui di stroke e di

sanguinamenti maggiori

Registri non sponsorizzati

EORP-AF (Europa, ESC).

PINNACLE (USA, America College of Cardiology).

J-RHYTHM Registry (Giappone).

Sono registri che hanno arruolato pazienti prevalentemente in era pre-DOAC e hanno

dimostrato bassi tassi di anticoagulazione e pratiche scorrette come la sospensione della

terapia dopo l’assenza di recidive cliniche o la tendenza (nota) alla terapia con

antiaggreganti nei pazienti ad elevato rischio con una quota rilevante di pazienti

anticoagulati con CHADS=0.

Fondamentalmente sono stati superati dai registri sponsorizzati.

Registri Prospettici

XANTUS (Figura 2)

È uno studio prospettico osservazionale che ha arruolato 6784 pazienti con una età media

71.5 anni e un CHADS2 score medio =2, condotto con lo scopo di valutare la sicurezza nel

mondo reale di Rivaroxaban.

Il 10% dei pazienti aveva l’indicazione alla bassa dose di Rivaroxaban per la presenza di

un GFR < 50 ml/min.

Fondamentalmente il valore dello studio, che va considerato di alto rango statistico

, è dato dalla

conferma che il dato di safety legato all’incidenza di sanguinamenti è correlato con il

profilo di rischio del paziente.

. Questo fatto ha delle notevoli implicazioni e potrebbe

spiegare il motivo per cui nel ROCKET-AF, trial caratterizzato da una popolazione con una

CHADS decisamente più elevato rispetto al RELY e ARISTOTLE, fosse presente un tasso di

sanguinamento maggiore. XANTUS ha anche dimostrato che l’80% dei pazienti ha

mantenuto nel tempo il trattamento con Rivaroxaban.

con la conseguente conoscenza del trattamento in uso. Ma, come detto in precedenza,

l’elevato rango statistico garantisce la qualità del dato e quindi anche l’efficacia e la

sicurezza del trattamento,

.

Figura 2 - Profilo di rischio/beneficio di Rivaroxaban nella fibrillazione atriale nello XANTUS e nel ROCKET-AF. ES, embolia sistemica; GI, gastrointestinale; ICH, emorragia intracranica.

J-ROCKET AF study. Studio clinico randomizzato di fase III giapponese. Rivaroxaban a

bassa dose (15 mg) vs W, punteggio CHADS medio = 3.25.

L’incidenza annua di sanguinamenti maggiori è del 3%, peggio rispetto allo Xantus, dove

la maggior parte dei pazienti assumeva una dose di 20 mg ma aveva un profilo di rischio

inferiore rispetto ai pz arruolati nel J-ROCKET. Questo dato conferma ancora una volta

che il sanguinamento dei pazienti dipende dalla fragilità degli stessi.

Figura 3 - J-ROCKET. I sanguinamenti maggiori correlano con il profilo di rischio dei pazienti e sono coerenti con lo studio

ROCKET-AF e lo XANTUS. PRBC= Unità di sangue intero

Il registro di Dresda, è un registro prospettico e osservazionale condotto in Germania.

Lo scopo era quello di valutare i pattern di trattamento, l’efficacia e la sicurezza nel

contesto di un real world gestito da un network di medici di base. I pazienti arruolati con

Rivaroxaban erano 1204. La media del follow-up era di 792 giorni; gli endpoints erano

TIA/ictus/embolia sistemica. Nella Figura 4 sono riportati i dati di efficacia e di safety

confrontati con quelli del ROCKET-AF.

.

Figura 4 - Registro DRESDA. Endpoints di efficacia e sicurezza in confronto con il ROCKET-AF

Studi retrospettivi

UNITED STATES DEPARTEMENT OF DEFENSE POST-MARKETING SAFETY SURVEILLANCE STUDY

(US DOD PMSS)

Studio osservazionale che ha valutato i sanguinamenti maggiori e minori, ICH, fatali e

gastrointestinale (GI) su dei dati provenienti da una casistica di 27.467 pazienti trattati con

Rivaroxaban con un follow up di 455 giorni.

Pur con dei limiti legati all’analisi retrospettiva, e in particolare alla difficoltà di abbinare il

nesso causale tra esposizione al farmaco e sanguinamento, e alla diversa definizione dei

sanguinamenti tra ROCKET-AF e studio in esame, viene confermata la coerenza della

correlazione tra altro profilo di rischio (inteso come CHADS) e rischio di sanguinamento.

Figura - 5. Sanguinamenti e profilo di rischio

Real-Life Evidence of stroke prevention in patients with atrial Fibrillation-The RELIEFstudy.

Analisi retrospettiva tedesca basata da dati provenienti dalle cartelle cliniche elettroniche

di 2078 pazienti con FA, inclusi nell’IMS Disease Analyzer database che assumevano

Rivaroxaban o W come pazienti naive. Lo scopo è stato confrontare Rivaroxaban vs W

L’endpoint è un combinato di TIA, ictus, infarto del miocardio, emorragia intracranica

comprese le subaracnoidee (quest’ultimo, dato alquanto anomalo in quanto non

valutato negli altri studi). L’incidenza dell’endpoint primario è stata significativamente

inferiore nel gruppo Rivaroxaban (vedi Figura 6). In questo caso le due popolazioni

studiate sono state confrontate tramite il propensity score. Lo studio ha comunque il

grosso limite dell’endpoint combinato in quanto il risultato a favore del R è comunque

chiaramente influenzato dalla riduzione della ICH presente con il trattamento di ogni

DOAC vs W.

Figura 6 - Sanguinamenti nello studio RELIEF

Real-World evidence of stroke prevention in patients with nonvalvular atrial fibrillation in

the United States: the REVISIT-US Study, analisi retrospettiva del database assicurativo US

Truven Health MarketScan. Dati che provengono da un database misto comprendenti 62

300 pazienti americani con FA.

Lo scopo era la validazione dei dati di efficacia dei DOAC vs W in un contesto di real

world valutando il rapporto rischio-beneficio.

Sono stati valutati pz con CHA2DS2-VASc basale ≥ 2 includendo pazienti in terapia con

Apixaban, Dabigatran, Rivaroxaban e Warfarin che avessero assunto il farmaco per

almeno tre mesi continuativamente. Endpoint: incidenza di ictus ischemico ed emorragia

intracranica. Venivano confrontati a gruppi paralleli i tre DOAC vs W.

I gruppi venivano resi omogenei tramite il propensity score.

Pazienti: 15.679 vs 15.679 4.083 vs 4.083

Figura 7 - REVISIT-US. Efficacia e sicurezza di Rivaroxaban e Apixaban

. Il dato più importante dello studio è la tendenza verso un eccesso di ictus

dimostrata dall’Apixaban, ma vanno rilevate alcune particolarità che limitano il valore del

REVISIT-US (Figura 7).

1. Lo studio è retrospettivo e quindi gravato dai limiti di questa metodica d’analisi.

2. Vengono esclusi dallo studio i pazienti ad alto rischio (es.: precedenti TIA/ictus) che

sono una grossa fetta dei pazienti che si incontrano nella pratica quotidiana.

3. Breve follow up non ben specificato

4. Differenza numerica del campione, soprattutto tra Rivaroxaban e Apixaban

5. Il 15.6% dei pazienti del gruppo Apixaban assumeva la bassa dose (2.5 mg). Non

viene segnalato se la dose fosse off label o correttamente assegnata. Questo

potrebbe essere un dato importante in quanto i registri internazionali prospettici

(GLORIA-AF, ORBIT-AF, etc) evidenziano un eccesso di utilizzo della bassa dose di

Apixaban (sino a 8 volte la percentuale di utilizzo nell’ARISTOTLE che era del 4%).

Pertanto è probabile che la dose relativamente elevata (15.6%) utilizzata nel

REVISIT-US fosse correttamente assegnata in quanto coerente con quanto ci si

potrebbe ragionevolmente attendere nella realtà, e potrebbe essere presa in

considerazione l’ipotesi che un utilizzo eccessivo e improprio della bassa dose di

Apixaban possa associarsi ad un eccesso di ictus che comunque, nello studio in

esame non era statisticamente significativo.

Effectiveness and Safety of Dabigratan, Rivaroxaban and Apixaban Versus Warfarin in Non

valvular Atrial Fibrillation (X. Yao, Mayo Clinic) Analisi retrospettiva condotta su dati

amministrativi di pazienti che afferiscono ad un sistema assicurativo americano privato

(OptumLabs Data Warehouse) e pubblico (Medicare).

Partendo da questi dati sono stati formati quattro gruppi di pazienti in trattamento con i

tre DOAC disponibili (mancava l’Edoxaban, che in effetti ha pochi dati di real world

essendo l’ultimo anticoagulante diretto ad essere presentato sul mercato) e il W.

I confronti sono stati fatti a gruppi paralleli con tre bracci separati. Ogni braccio

comprendeva DOAC specifico vs W.

Il gruppo Apixaban era composto da 7695 pazienti; quello Dabigatran da 14.307 pazienti

e il gruppo Rivaroxaban da 16.175 pazienti. I gruppi sono stati bilanciati tramite propensity

score. Valutando i dati, Apixaban è associato ad un migliore profilo di efficacia e

sicurezza rispetto a W; Dabigatran mostra simile efficacia e migliore sicurezza mentre

Rivaroxaban ha risultati simili a W.

Sorprendentemente, analizzando i tre bracci W (e quindi i tre gruppi W differenti), il

gruppo dove il W ha un peggior risultato è quello Apixaban vs W (Figure 8-9). Pertanto

essendo questa un’analisi indiretta (DOAC vs W) il risultato finale sembra trainato non

tanto da una differenza nella riduzione degli eventi di efficacy e safety nei bracci DOAC

quanto a una netta riduzione degli eventi nel braccio W che si confronta con Apixaban.

Inoltre la casistica proviene da un database assicurativo in larga parte privato; sono

inseriti pazienti naive e non; e infine, come in tutti i database amministrativi non è possibile

rilevare scrupolosamente le variazioni del GFR.

In conclusione, va evidenziato che ormai, nell’ambito dei limiti già sottolineati insiti nei

database retrospettivi, per evitare ulteriori passaggi confondenti (come in questo caso),

. Nei database americani, infatti, non è previsto il

dosaggio di Dabigatran da 110 mg disponibile invece nel nostro continente.

Figure 8 - 9 - Eccesso di eventi ischemici ed emorragici (%) nel gruppo W vs Apixaban rispetto ai gruppi W

contro i restanti DOAC.

Comparative effectiveness and safety of non-vitamin K antagonist oral anticogulants and

warfarin in patients with atrial fibrillation: propensity wighthened nationwide cohort study

(DANISH)

Alcuni dati di questo registro erano stati pubblicati in precedenza nel 2013, dimostrando la

sicurezza del Dabigatran nel mondo reale. In pratica lo studio aveva confermato quelli

del Mini-Sentinel (registro retrospettivo americano basato su dati amministrativi) che

aveva evidenziato la riduzione dei sanguinamenti intracranici rispetto a W e anche,

inaspettatamente, la riduzione del bleeding gastroenterico. I primi dati retrospettivi erano

stati necessari dopo i primi warnings americani sulla presunta mancanza di sicurezza del

Dabigatran, che si erano susseguiti subito dopo la commercializzazione del farmaco.

Nel 2016 sono stati pubblicati i dati di una coorte di pz che afferivano a tre registri Danesi

(Danish Registry).

Il numero dei pazienti era di 61678; CHA2DS2-VASc score medio =2.7; naive

all’anticoagulazione. I pazienti assumevano W per il 57%; 21% Dabigatran 150 mg bid; 12%

Rivaroxaban 20 mg/die e 10% Apixaban 5 mg bid.

Sono stati scelti gli alti dosaggi per avere una casistica omogenea, escludendo così

pazienti ultra-anziani e con comorbidità che, invece, sono stati valutati successivamente

in un’analisi, sempre retrospettiva, recentemente pubblicata.

In un follow-up medio di quasi 2 anni, Dabigatran e Apixaban sono risultati sovrapponibili

a W per la prevenzione dell’ictus ischemico e delle embolie sistemiche; Rivaroxaban ne

ha determinato una minore incidenza. Per quanto riguarda il rischio di sanguinamento e

morte, Apixaban e Dabigatran sono risultati più sicuri rispetto a W. Vanno segnalate

alcune caratteristiche di questo registro: anche se, come i tutti i registri retrospettivi di

questo genere, è difficile avere dei dati clinici come GFR e TTR,

(Figure10 - 11).

Figura 10 - Registro danese: Efficacia dei tre DOAC in esame

Figura 11 - Sicurezza dei tre DOAC in esame

Effectiveness and safety of reduced doses non-vitaminl K antagonist oral anticoagulants

and warfarin in patients with atrial fibrillation: propensity weighted natonwide chort study

(DANISH)

55644 pazienti sono stati analizzati in questo database. I dati provengono dal Danish

Registry e confrontano W. contro Apixaban, Rivaroxaban e Dabigatran somministrati a

bassa dose.

Va evidenziato come anche questo sia un dato retrospettivo e pertanto va valutato sotto

questa luce, cioè con tutte le limitazioni insite in questo metodo d’analisi statistica.

Lo studio, come peraltro il precedente studio retrospettivo sul confronto con i DOAC ad

alta dose, è accurato e i gruppi sono stati bilanciati con il propensity score. La sensitivity

analyses ha previsto anche un gruppo dove veniva posta l’indicazione per la bassa dose

per tutti i DOAC. In questo gruppo rientravano tutti i pz con un’età >80 anni con patologia

renale, non end-stage ma potenzialmente evolutiva (indication for dose reduction).

(Figure 12-14).

I dati sono stati analizzati a 12 e 30 mesi. I risultati associano Apixaban a bassa dose ad un

trend verso un eccesso di ictus ed embolia sistemica; Rivaroxaban e Dabigatran a bassa

dose ad un trend verso una riduzione di ictus e embolia sistemica; la frequenza di

bleeding era significativamente più bassa con Dabigatran.

Figura 12 - Efficacia dei tre DOAC a bassa dose. La tendenza all’eccesso di ictus rimane invariata sia nella

corte generale (entire cohort) sia nel gruppo con corretta indicazione alla bassa dose (indication for reduced

dose). Vedi testo

Figure 13 e 12 - Sicurezza dei tre DOAC a bassa dose

Figura 14 - Rischio di eventi nell’uso off-label dei DOAC. Il registro ORBIT-AF

I registri Medicare

Strok, Bleeding and Mortality Risks in Elderly Medicare Beneficiaries Treated with

Dabigratan or Rivaroxaban for Nonvalvular Atrial Fibrillation

I dati di 118891 pazienti afferenti al sistema americano Medicare sono stati analizzati in

questo studio che prevedeva in confronto “diretto” tra Rivaroxaban 20 mg e Dabigatran

150 mg somministrato per ridurre il rischio di ictus in pazienti con FA. Escluse altre

indicazioni diverse da questa (embolia polmonare). La definizione degli outcomes rilevata

dai codici ICD-9 è stata eseguita tramite un algoritmo che ha dimostrato un valore

predittivo positivo (quindi un’accuratezza nella correlazione tra diagnosi di outcome e

compilazione dell’ICD-9) che variava dall’86% al 97%.

I pazienti avevano un’età >65 anni e sono stati seguiti per con un follow-up relativamente

breve, 4 mesi. I gruppi sono stati bilanciati con il propensity score. Sono stati esclusi dati di

pazienti provenienti da assicurazioni private.

I risultati, anche in questo caso, vanno valutati in modo ragionevolmente critico in quanto

scaturiti da uno studio retrospettivo con tutti i limiti intrinseci dei quali si è già discusso. Con

questa riserva quest’analisi associa Rivaroxaban 20 mg a una riduzione del rischio di ictus

ed embolia sistemica nei confronti di Dabigatran 150 mg, ma anche ad un eccesso di

sanguinamento totale, gastrointestinale e mortalità (Figura 15 A-D).

Figura 15 A-D - Endpoints di Rivaroxaban e Dabigatran ad alta dose

Comparing Stroke and Bleding with Rivaroxaban and Dabigratan in Atrial Fibrillation:

Analysis of the US Medicare Part D Data

Questo è un secondo studio retrospettivo, simile al precedente per quanto riguarda la

fonte dei dati e il disegno dello studio. L’obiettivo era valutare Rivaroxaban contro

Dabigatran in entrambi le dosi (20 mg vs 150 mg e 15 mg vs 75 mg). Lo studio includeva

7322 pazienti che assumevano Dabigatran 150 mg, 5799 pazienti che assumevano

Rivaroxaban 20 mg, 1818 assumevano Dabigatran 75 mg, e 2568 erano trattati con

Rivaroxaban 15 mg. Il follow-up di era di circa 12 mesi.

Anche in quest’analisi retrospettiva, Rivaroxaban era associata ad un eccesso di eventi

tromboembolici (eccetto che per stroke ischemico), di sanguinamento e morte rispetto a

Dabigatran (Figura 16).

Figura 16 - Endpoints di efficacia e sicurezza di Rivaroxaban e Dabigatran

Conclusioni

Innanzi tutto va ricordato che i RWE nascono per confermare su larga scala quanto

emerso dagli RCT.

.

Va evidenziato che le differenze negli eventi sia di efficacy che di safety tra i DOAC negli

RCT sono minime;

.

Si potrebbe comunque obiettare che questo errore teorico possa essere diluito in

un’analisi con un campione molto ampio come nel caso del Medicare.

Alcuni quesiti rimangono ragionevolmente aperti.

Ad esempio, tenendo presente che la dose ridotta di Apixaban è largamente la meno

studiata dei quattro DOAC, l’eccesso di utilizzo della bassa dose di Apixaban è realmente

associata ad una tendenza verso l’eccesso di ictus? Se, per ipotesi, questo fosse

realmente vero, il dato è da imputare ad una prescrizione off label da parte dei medici

che hanno percepito in maniera non corretta gli insegnamenti degli RCT o siamo davanti

ad un sotto-dosaggio intrinseco del farmaco?

La tendenza al sanguinamento che emerge dai dati RWE con il trattamento con

Rivaroxaban è solo frutto di un errore statistico sistematico?

E le ottime performances del Dabigatran negli studi retrospettivi sono davvero solo legate

al pattern prescrittivo?

Ci aiuteranno i prossimi RWE di Apixaban e di Edoxaban o dovremo aspettare i dati dei

registri prospettici internazionali? Probabilmente questi ultimi ci permetteranno di stilare

non una classifica tra i DOAC ma una ulteriore possibilità per ritagliare la terapia più

corretta nei diversi sottogruppi di pazienti.

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