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Facoltà di Scienze Politiche Cesare Alfieri
Corso di Laurea Triennale di Studi Internazionali in
Storia Militare
LA GUARDIA DI FINANZA NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
Relatore: Prof. Ssa Carla Sodini Candidato: Gabriele Bagnoli
Anno Accademico
2013-2014
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“Quando molti dei suoi compagni erano caduti e la caserma,
incendiata dal nemico, era tutta un rogo e minacciava di crollare, esaurite le cartucce,
in supremo sforzo affrontava l’avversario con le bombe a mano”
Dalla motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare
alla Memoria al Finanziere Lido Gori
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~ SOMMARIO ~
INTRODUZIONE ............................................................................................................................................. 4
L’INIZIO DELLE OSTILITÀ........................................................................................................................... 6
LE OPERAZIONI IN GRECIA E IN ALBANIA ........................................................................................... 10
LA VAL TOMORIZZA E LA BATTAGLIA DI DOBREJ ....................................................................... - 13 -
LE OPERAZIONI IN MONTENEGRO E NELL’AREA BALCANICA .................................................. - 16 -
LA GUARDIA DI FINANZA IN AFRICA ................................................................................................ - 23 -
IL NAVIGLIO DELLA GUARDIA DI FINANZA E L’AFFONDAMENTO .......................................... - 28 -
DEL REGIO DRAGAMINE 36
LA DIFESA COSTIERA DELLA GUARDIA DI FINANZA ................................................................... - 32 -
L’ARMISTIZIO DELL’8 SETTEMBRE 1943 .......................................................................................... - 35 -
LA SITUAZIONE DELLA GUARDIA DI FINANZA ALLA DATA DELL’ARMISTIZIO ................... - 38 -
GLI AVVENIMENTI IN ITALIA A SEGUITO DELL’ARMISTIZIO ......................................................... 40
IL DRAMMA DI CEFALONIA E CORFÙ ............................................................................................... - 45 -
LA SORTE DEI FINANZIERI NEI BALCANI E IN DALMAZIA .......................................................... - 49 -
IL DESTINO DELLA GUARDIA DI FINANZA IN GRECIA ................................................................. - 51 -
L’INTERNAMENTO DEI MILITARI DELLA GUARDIA DI FINANZA .............................................. - 53 -
L’AIUTO DELLA GUARDIA DI FINANZA AI PROFUGHI EBREI ..................................................... - 57 -
LE FASI FINALI DELLA GUERRA E L’INSURREZIONE GENERALE .............................................. - 62 -
IL DRAMMA SUL CONFINE ORIENTALE ............................................................................................ - 71 -
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE .................................................................................................................... 78
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~ INTRODUZIONE ~
Questo breve studio sul ruolo della Guardia di Finanza durante il secondo conflitto mondiale nasce
inizialmente come approfondimento per il corso di Storia Militare, tenuto dalla Professoressa Carla
Sodini. Ma perché proprio una relazione sulle Fiamme Gialle? Scelta non certo facile, anzi ardua,
data la scarsità dei testi e delle fonti sull’argomento, se si esclude il materiale edito dall’Ufficio
Storico del Corpo.
Del resto, il secondo conflitto mondiale viene sempre raccontato e descritto, quasi esclusivamente,
attraverso le azioni del Regio Esercito, della Regia Marina e Regia Aeronautica, con brevi accenni
ai Carabinieri Reali, senza tenere conto degli altri contributi pagati con il sacrificio di tanti giovani.
Oggi, poi, tendiamo ad identificare la Guardia di Finanza come il corpo che vigila sulle frodi fiscali,
sull’evasione e, più in generale, su tutti i reati economici e tributari, e che ben difficilmente
immaginiamo in un assalto all’arma bianca in Africa Orientale o in Montenegro, oppure in accanite
battaglie navali nel Mar Mediterraneo o in aspri combattimenti a Cefalonia o mentre partecipa alla
liberazione di Roma, Milano, Pavia e Trieste.
In passato, tuttavia, fin dalla costituzione avvenuta nell’ormai lontano 1° ottobre 1774, per volere
del Re di Sardegna Vittorio Amedeo III, della Legione Truppe Leggere, le Fiamme Gialle hanno
partecipato ad ogni battaglia e guerra che ha coinvolto la nostra Italia: dalle Cinque Giornate di
Milano, alla Seconda e Terza Guerra d’Indipendenza, dalla Guerra Italo-Turca del 1911-1912 al
primo conflitto mondiale, fino alla campagna d’Etiopia del 1935-1936, con propri reparti mobilitati.
I Finanzieri prestarono la loro opera anche sul territorio nazionale, in operazioni antibrigantaggio e
di soccorso ai terremotati di Messina e Reggio Calabria dopo il violento sisma del 1908. E con lo
scoppio, il 10 giugno 1940, della Seconda Guerra Mondiale, i militari della Guardia di Finanza
furono chiamati a fornire il loro contributo di uomini e mezzi, in ogni teatro che ha visto
protagonista l’Italia: Francia, Africa Orientale Italiana, Libia, Albania, Montenegro, Grecia,
Arcipelago del Dodecaneso, nonché, dopo lo sbarco alleato in Sicilia e la caduta del Fascismo il 25
luglio 1943, su tutto il territorio nazionale, dalla liberazione di Roma alla Toscana, fino
all’insurrezione finale delle città di Milano, Pavia e Venezia, e poi sul fronte orientale per la difesa
di Trieste.
Una pagina di eroismo e di umano altruismo fu offerta da tutti quei militari che furono imprigionati
nei campi di concentramento nazisti per aver offerto il loro aiuto a militari sbandati dopo l’8
settembre 1943, ai profughi, ai cittadini ebrei, ai partigiani e ai soldati alleati fuggiti dai campi di
prigionia all’indomani dell’armistizio, come i tanti che parteciparono alla Guerra di Liberazione
dell’Italia occupata.
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Infine, negli ultimi anni una nuova pagina si è aggiunta a quelle già scritte su questo periodo di
storia d’Italia: riguarda gli uomini della Guardia di Finanza in servizio nella città di Trieste, in
Istria, a Fiume e in Dalmazia. Contribuirono assieme ai locali comitati di liberazione alla cacciata
dei Tedeschi, e subirono poi arresti indiscriminati, torture e sevizie, prima di essere gettati, spesso
ancora vivi, nelle foibe, da parte delle truppe jugoslave del Maresciallo Tito.
A oltre settant’anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, storie come quelle di Pietrino Fais,
Francesco Meattini, Lido Gori, Vincenzo Giudice, Antonio Farinatti sono state consegnate al
ricordo e alla memoria dei libri perché non vadano ancora una volta dimenticate.
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~ 1. L’INIZIO DELLE OSTILITÀ ~
Il 30 settembre 1938 le popolazioni europee potevano tirare un sospiro di sollievo, dal momento che
una possibile guerra era stata evitata: i Quattro Grandi (Italia, Germania, Francia e Gran Bretagna),
infatti, durante la Conferenza di Monaco, erano giunti ad un compromesso per accontentare Hitler
sulla questione dei Sudeti, territorio di etnia tedesca assegnato alla Cecoslovacchia all’indomani dei
trattati di pace della Prima Guerra Mondiale. Già in marzo, le truppe tedesche avevano occupato
l’Austria con quello che fu chiamato Anschluss: oltre a voler unire al Terzo Reich i territori di
nazionalità tedesca, Hitler era intenzionato a perseguire una politica di espansione verso i territori
slavi, evitando, per quanto possibile, uno scontro armato.
E fu in questo contesto che si tenne la Conferenza di Monaco: mediata direttamente da Benito
Mussolini su esplicita richiesta di Neville Chamberlain, Primo Ministro inglese. Così, come
proposto da Mussolini, dietro istruzioni di Hitler, la Cecoslovacchia, a partire dal 10 ottobre
successivo, doveva cedere alla Germania la regione dei Sudeti, territorio ricco di risorse minerarie e
strategico dal punto di vista militare, dal momento che rappresentava l’unico baluardo naturale in
vista di una possibile invasione tedesca. La guerra sembrava così essere stata evitata.
Ma le spinte annessionistiche tedesche non si fermarono: pochi mesi dopo, il 13 marzo 1939,
l’esercito tedesco marciava su Praga, annettendo Boemia e Moravia. Il resto della Cecoslovacchia,
intanto, era stato spartito tra Ungheria e Polonia. Proprio quest’ultima diverrà la nuova preda,
questa volta da dividere con l’Unione Sovietica di Josif Stalin. Con la firma, il 23 agosto 1939, del
Patto di non aggressione (conosciuto come Patto Molotov-Ribbentropp, dal nome dei due ministri
degli esteri russo e tedesco), una clausola segreta prevedeva, appunto, la spartizione dello Stato
polacco tra le due nazioni.
Il 1° settembre iniziava la Blitzkrieg, la guerra lampo tedesca nei confronti della Polonia: e fu
guerra. I Governi di Londra e Parigi dichiararono la mobilitazione generale, intimando alla
Germania di sospendere tutte le operazioni belliche, altrimenti i rispettivi Stati avrebbero adempiuto
agli obblighi derivanti dai trattati di alleanza con il Governo di Varsavia. Fallito ogni tentativo di
mediazione, a partire dall’idea di Mussolini di una conferenza per salvare nuovamente la pace per il
successivo 5 settembre, domenica 3 Francia e Gran Bretagna dichiararono guerra alla Germania.
L’Italia di Mussolini, nel frattempo, dichiarò la sua non belligeranza. A sua volta, l’Unione
Sovietica invase da est, il 17 settembre, la Polonia, senza prendere in seria considerazione il Patto di
non aggressione sovietico-polacco concluso il 25 luglio 1932. Il 28 settembre, dopo poco più di due
settimane di eroica resistenza che vide i lancieri polacchi a cavallo caricare i carri armati tedeschi, il
Governo di Varsavia si arrese. Il 30 settembre erano stati sparati gli ultimi colpi nella base navale di
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Hel. Sbarazzatosi della Polonia, Hitler aveva intenzione di porre fine alla guerra costringendo alla
resa anche Francia e Gran Bretagna.
Dopo un’attenta preparazione, il 10 maggio 1940 le forze tedesche invasero l’Olanda, liquidata
rapidamente: il 15 maggio era occupata Amsterdam. Oltrepassando la frontiera belga, Tedeschi e
Francesi si scontrarono nei primi combattimenti sul fronte occidentale. Trincerati dietro la Linea
Maginot, i capi dell’esercito francese non avevano tenuto in considerazione uno sfondamento delle
linee di fortificazione, escludendo ogni tipo di invasione passando per il Belgio. Era pensiero
comune che la foresta delle Ardenne fosse impenetrabile per i mezzi corazzati, che si sarebbero
facilmente impantanati o avrebbero rallentato l’avanzata.
Già il 14 maggio era ormai chiara la vicina capitolazione delle forze anglo-francesi: umiliato, il
corpo di spedizione inglese dovette lasciare in tutta fretta il continente e reimbarcarsi verso la Gran
Bretagna dal porto di Dunkerque, sotto gli incessanti bombardamenti dell’artiglieria tedesca e dei
raid aerei della Luftwaffe (l’evacuazione avrà luogo dal 26 maggio al 4 giugno). Frattanto, il 28
maggio capitolava anche il piccolo Belgio. Ebbe luogo, a questo punto, l’invasione della Francia:
all’alba del 5 giugno, le truppe francesi, già stremate, tentarono inutilmente di resistere all’attacco
sferrato nell’area della Somme. Anche Mussolini decise, a questo punto, di fare la sua parte.
Al momento dell’entrata in guerra, il 10 giugno 1940, il Regio Esercito contava una forza di
1.600.000 uomini inquadrati in 75 divisioni. Circa 1.090.000 soldati erano stanziati sul territorio
nazionale, 280.000 in Africa Orientale, 207.000 in Libia e 24.000 nel Dodecaneso. Solo una piccola
parte di queste divisioni era in realtà completa di materiali ed armamenti per far fronte ad un
conflitto che, cominciato con la speranza di una fine rapida, si prolungherà invece per cinque anni.
La Regia Marina appariva potente e ben addestrata, ma non era equilibrata nelle sue componenti, né
adeguata alle tecniche d’impiego più moderne. Sulla carta veniva considerata per potenza la quarta
del mondo: era composta da sei corazzate, sette incrociatori pesanti, dodici incrociatori leggeri, 120
cacciatorpedinieri e 120 sommergibili, ma non possedeva portaerei e l’assenza di cooperazione con
la Regia Aeronautica penalizzerà tutta la condotta delle operazioni navali. La mancanza del radar,
infine, sarà un altro fattore negativo e, tra l’altro, una delle cause principali delle numerose sconfitte
sui mari. Ma è proprio la Regia Aeronautica a soffrire di più della lentezza dell’apparato industriale
italiano, che la costringerà ad affrontare il conflitto con mezzi tecnologicamente inadeguati. Questa
era la situazione in cui versavano le Forze Armate Italiane all’entrata in guerra: se Mussolini era
convinto che la guerra stesse per terminare vista l’incredibile forza e potenza di fuoco della
Wermacht, il Re Vittorio Emanuele III era invece piuttosto preoccupato vista l’impreparazione
militare italiana.
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Ma nonostante tutto, il 10 giugno 1940, la dichiarazione di guerra veniva consegnata agli
Ambasciatori francese François Poncet e inglese Percy Loraine. L’11 giugno iniziavano le ostilità e
le Forze Armate Italiane al confine con la Francia si schierarono subito sulla difensiva: le difficili
condizioni del terreno alpino, le difese costruite dai Francesi, la lontananza da obiettivi importanti
avrebbero impedito di raggiungere risultati significativi, anche con uno schieramento diverso. Così,
il 21 giugno 1940, in tutta fretta e in modo improvvisato, le Forze Armate Italiane iniziarono
qualche operazione sulle Alpi. Il giorno seguente i Francesi firmarono l’armistizio con la Germania
e lo chiesero di conseguenza anche all’Italia: fu siglato il 24 giugno, senza che l’intervento militare
italiano avesse esercitato qualunque effetto sopra i destini dello Stato francese
Anche la Regia Guardia di Finanza fu chiamata ad offrire il suo contributo alla causa bellica:
vennero mobilitati diciotto battaglioni che, insieme al naviglio posto alle dipendenze dirette della
Regia Marina, parteciparono alle operazioni sul fronte greco-albanese e nell’Arcipelago del
Dodecaneso, dove si distinsero soprattutto il I, il II ed il III Battaglione Mobilitato.
Con i reparti del Regio Esercito ancora in fase di mobilitazione, furono i Finanzieri posti a difesa
dei confini i primi a ingaggiare scontri a fuoco con i reparti francesi. Il 13 giugno, appena tre giorni
dopo la dichiarazione di guerra al Governo di Parigi, il Finanziere Giuseppe Giuliano si rendeva
protagonista di un atto che gli valeva la Medaglia di Bronzo al Valor Militare:
“Componente di un nucleo confinario, attaccato improvvisamente da forze
preponderanti, rispondeva al fuoco nemico con calma e coraggio, fino a quando,
gravemente ferito, era costretto ad abbandonare la lotta. Colle della Maddalena, 13
giugno 19401”.
E ancora, il giorno seguente, durante un'azione a Castel del Lupo, cadeva il Finanziere Pietrino Fais,
decorato con Medaglia d'Argento al Valor Militare alla Memoria:
“Appartenente a nucleo confinario, otteneva di partecipare ad un colpo di mano con un
plotone arditi. Con ardimento, assaltando fra i primi la posizione nemica, riusciva con
bombe a mano a fugarne i difensori. Colpito a morte esprimeva tutta la sua fierezza di
offrire così la vita alla Patria. Castel del Lupo, 14 giugno 19402”.
Un altro Finanziere, Giacinto Vespa, decorato con Medaglia di Bronzo al Valor Militare, durante
un'azione contro una posizione nemica, nonostante fosse stato ferito, rifiutava di raggiungere un
posto di medicazione per proseguire e portare a compimento l’azione militare:
“Partecipava volontario ad una ricognizione di un'importante posizione avversaria,
rimanendo per molte ore esposto al tiro nemico. In una missione assunta
1 Regio Decreto del 27 giugno 1941
2 Regio Decreto del 26 maggio 1945
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volontariamente, sebbene ferito, rifiutava di recarsi al posto di medicazione,
continuando a dare la sua opera per il proseguimento dell'azione. Viaduc de
Scarassoui-Fontan, fronte italo-francese, 17-24 giugno 19403”.
3 Regio Decreto del 29 giugno 1941
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~ 2 ~
LE OPERAZIONI IN GRECIA E IN ALBANIA
Come contropartita alle clamorose vittorie tedesche del 1939-1940, Mussolini tentò di imitare la
Germania occupando l’Albania e, nell’ottobre 1940, aggredendo la Grecia: su quest’ultima
Nazione, il Duce riteneva di poter strappare un rapido successo in Epiro, agendo di sorpresa con le
poche forze in Albania. Iniziò, invece, una vicenda molto amara, illuminata dal ricordo dei
combattenti che l’hanno sofferta e dalla memoria di coloro che sono tornati. Inizialmente, dopo una
rapida preparazione, le otto divisioni italiane raccolte in Albania vennero proiettate sulla frontiera
con la Grecia.
Il 28 ottobre 1940 ebbe così inizio l’offensiva verso Gianina con azioni di aggiramento dal litorale e
dalle pendici meridionali del Pindo. Ma i reparti italiani furono fin da subito ostacolati dal
maltempo, che rendeva impraticabili le poche piste montate, e furono ritardati dalle radicali
distruzioni di tutti i ponti e i passaggi sui corsi d’acqua. La lenta avanzata dopo qualche giorno
veniva contrastata e poi bloccata dal rapido afflusso delle riserve greche, prontamente mobilitate.
Queste, dal 14 novembre, passavano alla decisa controffensiva con forze assai superiori e
respingevano le unità italiane stremate dalle perdite, dalle fatiche e dalla penuria dei rifornimenti.
Sotto l’incalzare delle preponderanti forze greche, i reparti delle Divisioni Julia, Siena, Ferrara e
Centauro erano costrette a ripiegare con gravi perdite; alla fine di dicembre le truppe si attestavano
su una linea difensiva improvvisata, a circa 50 km dal confine albanese. Anche la Guardia di
Finanza offrì il proprio contributo di uomini a questa nuova impresa. Già il 26 ottobre 1940, appena
iniziata la campagna di Grecia, il Plotone Mali Viluscia fu assegnato in forza alla Divisione Alpina
Julia e inquadrato in una compagnia d’assalto di volontari dell’8° Reggimento Alpini, dove rimase
fino al 16 novembre. In seguito, fu inserito nel 14° Reggimento Fanteria per andare a rinforzare lo
schieramento difensivo sulla Voiussa, famosa per la violenta e sanguinosa battaglia combattuta sul
Ponte di Perati.
Quando le truppe italiane si videro costrette a ripiegare, incalzate dalle formazioni elleniche, il
Plotone Mali Viluscia fu aggregato al III Battaglione che sorvegliava la frontiera jugoslava.
Nell’area di Korcia, tutti i reparti di Finanzieri presenti, in particolare quelli di Germeny, Ravat,
Kukesit, Ponte di Perati e Mesaré, tentarono di ostacolare l’avanzata nemica. Insieme ai Finanzieri
era schierata anche la valorosa Divisione Alpina Julia, immolatasi per fermare il nemico.
E proprio a dimostrazione dell’eroismo dimostrato, il III Battaglione fu insignito della Medaglia
d’Argento al Valor Militare:
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“Operante con scarsi effettivi e mezzi inadeguati, in zona particolarmente difficile per
condizioni ambientali, contro agguerrite, preponderanti forze, imbaldanzite da
precedenti successi, reagiva con superbo vigore a reiterati attacchi opponendo ostinata
resistenza protratta, nel tempo, con fredda determinazione e sostanziata da audaci,
sanguinosi contrattacchi. Delineatasi la crisi, decimato, a corto di munizioni, si
svincolava con abile manovra e contenendo l’incalzante nemico in accaniti
combattimenti, riusciva, coi resti valorosi, a raggiungere la nuova linea difensiva che si
era potuta predisporre in virtù della eroica, prolungata azione ritardatrice affidata al
fiero Battaglione, ben degno delle gloriose tradizioni militari delle Fiamme Gialle
d’Italia. Fronte greco-albanese, novembre-dicembre 19404”.
Al Comando della Guardia di Finanza di Korcia, per le azioni condotte nell’area del Ponte di Perati,
era conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare:
“Incaricato del servizio di copertura su un tratto della frontiera greco-jugoslava,
partecipava attivamente e validamente alla tenace difesa del korciano, ostacolando e
rallentando, sulla montagna impervia la soverchiante pressione nemica. Nelle
operazioni contro la Jugoslavia dava il suo prezioso concorso ai reparti dell’Esercito,
fornendo prove di slancio combattivo e di valore. Ponte di Perati-Quf Thanes,
novembre 19405”.
Vennero, inoltre, concesse al Sottotenente Giovanni Marzano e al Sottobrigadiere Amedeo De
Janni, la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Il Sottotenente Marzano, al comando di un plotone di
Finanzieri, riuscì il 3 dicembre 1940 a respingere un primo attacco nemico; l'assalto, condotto in
superiorità numerica, fu reiterato il giorno successivo, tanto che i Greci cominciarono a guadagnare
terreno. Il Sottotenente Marzano, già ferito due volte, assieme ad un gruppo di militari, continuò a
combattere per oltre due ore, permettendo così il ripiegamento del battaglione. Ferito un'altra volta
e visti i suoi Finanzieri cadere, al termine dello scontro venne fatto prigioniero da un nemico
impressionato dal suo coraggio. Al termine del periodo di prigionia, alla fine del 1945, il
Sottotenente Marzano fece ritorno in Italia e venne decorato della più alta onorificenza al Valor
Militare, continuando a prestare servizio nella Guardia di Finanza:
“Ferito durante la difesa di importante caposaldo, volontariamente rimaneva sul posto
con tre dipendenti pure feriti, dopo l’ordine di ripiegamento dato alla compagnia, per
proteggere la difficile operazione di sganciamento, mentre incalzava baldanzoso il
nemico. Nuovamente colpito e gravemente, dopo che la compagnia aveva già raggiunto
4 Decreto del Presidente della Repubblica del 15 marzo 1950
5 Decreto del Presidente della Repubblica del 7 dicembre 1951
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le nuove posizioni e dopo che erano caduti i tre compagni, anziché arrendersi
continuava imperterrito nell’azionare l’ultima mitragliatrice rimasta efficiente e che
sbarrava il passo al nemico, finché, dopo lunghe ore di leonina resistenza che
meravigliava e disorientava l’avversario, si abbatteva anch’esso sulla sua arma.
Magnifico esempio di eccelse virtù militari. Fronte greco-albanese, 4 dicembre 19406”.
Il Sottobrigadiere De Janni, ricevuto l’ordine di ripiegare, continuava conscio del pericolo ad
imbracciare un fucile mitragliatore pur di rallentare il nemico e permettere ai suoi militari di
ripiegare. Così, assieme ad altri due Finanzieri, si apprestò a proteggere il ripiegamento delle
restanti truppe. Feriti gravemente i due uomini ed esaurite le munizioni, continuò lo scontro con il
lancio di bombe a mano. Solo quando venne ferito in più parti del corpo da una bomba di mortaio
nemica dovette desistere dallo scontro. Fatto prigioniero dai Greci e in seguito liberato nel maggio
1941, il Re Vittorio Emanuele III, nel dicembre dello stesso anno, gli appuntò sul petto la Medaglia
d'Oro al Valor Militare:
“Comandante di una squadra fucilieri, nonostante l’ordine di ripiegare, pur conscio del
supremo sacrificio cui si votava, si muniva di un fucile mitragliatore e rimaneva sul
posto con due guardie, riuscendo a proteggere, malgrado il nutrito fuoco di artiglieria
e mortai, il ripiegamento del proprio plotone, incalzato da preponderanti forze
avversarie. Caduto il tiratore, imbracciava decisamente l’arma ed in piedi, sereno ed
indomito, continuava a falciare la fanteria nemica, che veniva all’assalto. Esaurite le
munizioni e ferito, resisteva ancora a colpi di bombe a mano, finché veniva sopraffatto
dal nemico. Hoprensha, fronte greco, 6 dicembre 19407”.
6 Decreto del Presidente della Repubblica del 25 luglio 1949
7 Regio Decreto del 27 dicembre 1941
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~ 3 ~
LA VAL TOMORIZZA E LA BATTAGLIA DI DOBREJ
Nel dicembre 1940, il I e II Battaglione Mobilitato della Guardia di Finanza furono destinati alla
Val Tomorizza, in Albania, dove si opposero vigorosamente alle truppe greche. Nel gennaio
dell’anno seguente, fu chiesto al Comandante Generale del Corpo, Generale di Corpo d’Armata
Ugo Pignetti, di costituire un reparto speciale di sciatori da mettere a disposizione della Divisione
Parma, che l’avrebbe utilizzato alla destra dello schieramento italiano, nel settore di Trove, per il
collegamento con la Divisione Pusteria, l’estrema sinistra della XI Armata. Si trattava, infatti, di
attraversare le impervie alture del Tomor, impresa impraticabile per chi non fosse addestrato alla
montagna e valido sciatore. Così, un plotone di quarantaquattro Finanzieri, comandato dal Tenente
Gino Zappardino, assolse a questo compito, rientrando in linea il 22 gennaio in previsione di nuove
operazioni.
Fu così deciso, per alleggerire la pressione sull’XI Armata, impegnata nella battaglia di Berat, di
compiere un’azione lungo tutto lo sbarramento della Val Tomorizza, allo scopo di migliorare
l’andamento della posizione di resistenza. Nell’operazione furono coinvolti i Battaglioni Alpini
Morbegno, Intra e Susa ed il I e II Battaglione Mobilitato della Guardia di Finanza. Il compito
affidato alle unità dei Finanzieri, poste sul fondo della valle, era alquanto difficile: l’obiettivo
dell’attacco loro assegnato era costituito dal costone di Dobrej, impervio e ben difeso.
L’azione era stata strutturata sullo sfruttamento della sorpresa. Il 24 gennaio 1941, giorno stabilito
per l’attacco, con una situazione meteorologica estremamente sfavorevole, i plotoni esploranti del I°
Battaglione Mobilitato si avvicinarono alle linee nemiche ed in perfetto silenzio giunsero ad una
cinquantina di metri dalle linee jugoslave. Alle 07:25 partì l’assalto. In pochi minuti gli avamposti
avversari furono conquistati e consolidati. La penetrazione proseguì poi col sopraggiungere di nuovi
rinforzi dei due grandi reparti. Già alle 12:00 dello stesso giorno erano stati raggiunti tutti gli
obiettivi assegnati ai Finanzieri.
Per l'azione compiuta alla testa dei suoi uomini, al Sottotenente Zappardino è stata concessa la
Medaglia d'Argento al Valor Militare:
“Volontario di guerra, comandante di un plotone arditi, dopo essersi distinto in
numerose ed audaci azioni di pattuglia, durante un'azione per l'occupazione di una
posizione nemica, per vincere la violenta resistenza dell'avversario, che sistemato a
difesa impediva l'avanzata di una compagnia obbligata ad attraversare un tratto di
terreno scoperto e fortemente battuto dalle mitragliatrici, con nobile sprezzo del
pericolo si lanciava audacemente alla testa dei suoi arditi, riuscendo a fugare il nemico
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dalle case ove era asserragliato e dando la possibilità alla compagnia avanzata di
raggiungere il proprio obiettivo. Dobrej, 24 gennaio 19418”.
Alla fine dello stesso mese, il XXVI Corpo d’Armata passò nuovamente all’offensiva per
contrastare l’azione dell’esercito greco e per mantenere le posizioni: le prime azioni aggressive
dopo un lungo predominio del nemico. Il I ed il II Battaglione Mobilitato furono inquadrati nella
Divisione Parma ed impiegati così un’altra volta in Val Tomorizza, dove si distinsero in
combattimento meritando l’elogio degli alti comandi del Regio Esercito. Infatti, il 27 aprile 1941, il
Comandante di Corpo d’Armata, Generale Gabriele Nasci, indirizzò ai due Battaglioni della
Guardia di Finanza un toccante ordine del giorno che si concludeva con queste parole:
“Riverente mi inchino alla memoria di coloro che ai miei ordini hanno coronato le
Fiamme Gialle col supremo sacrificio9”.
I combattimenti in Val Tomorizza e a Dobrej ebbero una notevole importanza morale per le truppe
italiane stanziate in Albania: furono, infatti, le prime vittorie italiane dopo un lungo periodo di
vittorie greche e jugoslave. Per questi atti, al I Battaglione Mobilitato fu conferita la Medaglia di
Bronzo al Valor Militare:
“Saldo Battaglione della Guardia di Finanza, sbarcato in Albania i primi di dicembre
1940 e destinato ad operare in un settore di copertura della frontiera jugoslava,
chiedeva ed otteneva di essere impiegato in azioni di guerra sul fronte greco.
Affrontava subito le ostilità del tempo, del terreno e del nemico con tenacia ed
abnegazione. Impegnato in una serie di combattimenti in Val Tomorizza, sosteneva
dapprima l’urto dell’agguerrito avversario e gli strappava poi con generoso contributo
di sangue e con mirabile ardimento la munita posizione di Dobrej. Sul fronte jugoslavo,
ultimava a marce forzate, assieme a reparti di Alpini, una rapida manovra di protezione
dello schieramento della IXa
Armata. Col sacrificio dei suoi caduti e lo slancio dei suoi
superstiti rinnovava così le gloriose tradizioni delle Fiamme Gialle d’Italia. Guerra
greco-albanese, dicembre 1940-aprile 194110
”.
Tra i militari del Corpo decorati, risaltano le azioni del Tenente Pietro Migliorini, decorato per le
sue azioni di guerra sul fronte greco con due Croci di Guerra al Valor Militare. Il 14 gennaio 1941,
il Tenente Migliorini compì un’audace azione di annientamento di una postazione avversaria,
riuscendo tra l’altro ad individuare numerose altre posizioni avversarie:
8 Decreto del Presidente della Repubblica del 14 luglio 1948
9 Ordine del Giorno del Generale Gabriele Nasci al I e II Battaglione Mobilitato della Guardia di Finanza, 27 aprile 1941
10 Decreto del Capo Provvisorio dello Stato il 31 dicembre 1947
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“Comandante di una pattuglia, di notte e attraverso terreno quasi impraticabile,
riusciva ad avvicinarsi ad una posizione nemica dominante e a riconoscere la
sistemazione difensiva dell’avversario al quale infliggeva perdite. Burraj, fronte greco,
14 gennaio 194111
”.
In luglio, il Tenente Migliorini era distaccato presso la cittadina di Budva, dove aveva sede il
Tribunale di Guerra del XIV Corpo d’Armata, presidiato da uomini del 94° Reggimento Fanteria
Messina. All’improvviso, un attacco massiccio costringeva i pochi militari presenti a ritirarsi su
posizioni ben più difendili, attendendo così i rinforzi, costituiti da una compagnia di Marinai del
San Marco e da due compagnie di Camice Nere del 108° Battaglione. L’azione di contrattacco
permetteva così la riconquista della cittadina di Budva. Per l’impegno profuso nel combattimento, il
Tenente Migliorini era così insignito della seconda Croce di Guerra al Valor Militare:
“Comandante di un distaccamento della Guardia di Finanza attaccato dall’avversario,
si univa alle altre Forze Armate ed avuto il comando di un Plotone Fucilieri guidava il
Reparto con slancio ed ardimento al fuoco. Durante un’azione in zona impervia e
densamente battuta si prodigava con risolutezza ed energia. Esempio costante alla
truppa per abnegazione e coraggio. Budva, 13 luglio 194112
”.
Pietro Migliorini morirà l’8 febbraio 1942, quando un siluro lanciato da un sommergibile alleato
causerà l’affondamento del Piroscafo Duino, sul quale si trovava imbarcato rientrando dal fronte di
guerra, mentre stava facendo rotta verso il porto di Bari.
11 Fascicolo N. 136 del Ministro della Guerra del 23 luglio 1941
12 Fascicolo N. 280 del Ministro della Guerra del 1° aprile 1942
- 16 -
~ 4 ~
LE OPERAZIONI IN MONTENEGRO E NELL’AREA BALCANICA
L’occupazione dei territori già compresi nel Regno di Jugoslavia era avvenuta quasi senza
contrasto. Agli inizi di aprile, sul saliente del Vermosh, i Finanzieri al comando del Sottotenente
Carlo Augenti riuscirono a porsi in salvo e a raggiungere le linee italiane dopo essere stati attaccati
da un considerevole numero di nemici. Per la riuscita dell’operazione, al Sottotenente Augenti è
stata conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare:
“Comandante interinale di una Compagnia Guardie di Finanza e di un settore di
vigilanza e difesa della frontiera, riusciva a contrastare ed a ritardare l’avanzata del
nemico incalzante. Circondato da forze preponderanti in posizione isolata, con
opportuni accorgimenti, resisteva e riusciva a condurre il Reparto presso le nostre
linee. Saliente del Vermosh, fronte albano-jugoslavo, 6-13 aprile 194113
”.
In Montenegro, i primi presidi della Guardia di Finanza erano stati costituiti alla fine dell’aprile
1941, da elementi del circolo territoriale di Scutari. Il 3 maggio era entrato nel territorio anche il II
Battaglione Mobilitato, proveniente dalla zona di Librazhd; a metà mese sbarcò ad Antivari anche il
VI Battaglione Mobilitato, che fu inviato verso l’interno. Il 13 luglio 1941 esplose improvvisamente
una sanguinosa rivolta, la prima in grande stile durante la Seconda Guerra Mondiale, che colse di
sorpresa i comandi italiani. Gli insorti, al comando di ex ufficiali dell’esercito jugoslavo, iniziarono
ad assaltare sistematicamente le caserme isolate. Successivamente furono attaccati anche presidi
come quello di Plevlje, sede del Comando Divisione Pusteria e di un distaccamento della Guardia di
Finanza forte di 500 uomini.
Ma dove le guarnigioni erano formate da pochi uomini, gli insorti, superiori numericamente, ebbero
la meglio. Così, all’alba del 13 luglio, furono sopraffatti i distaccamenti di Misici, Ivanova Korita,
Buljarica, Rezovici. Il 14 e 15 luglio toccò alle guarnigioni di Bogetaci, Spuz e Cevo. Durante
questi scontri cadrà il Finanziere Gabriele Sanges, decorato di Medaglia d’Argento al Valor Militare
alla Memoria:
“In un’azione contro bande armate, impiegava con spirito ardito la sua mitragliatrice.
Circondato da preponderanti forze, rinunciava ad avere salva la vita a prezzo della
resa e cadeva mortalmente ferito sulla sua arma. Planina-Pandurizza, 16 luglio
194114
”.
13 Decreto del Presidente della Repubblica del 10 gennaio 1941
14 Regio Decreto del 2 febbraio 1943
- 17 -
Cadeva negli scontri il Finanziere Pierino Chierici, mentre soccorreva un gruppo di militari feriti. È
stato insignito della Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla Memoria:
“Infermiere al seguito di una colonna in operazione di rastrellamento, durante un
attacco, si prodigava nel soccorrere i feriti, incurante del pericolo. Colpito a morte,
immolava la vita per la Patria. Cekanje, Montenegro, 15 luglio 194115
”.
Il 20 luglio gli insorti attaccarono Zabliak, Kolasin e Petnica, i cui uomini si stavano spostando
verso Berane da diversi giorni sotto attacco. A Berane, una cittadina di montagna del Montenegro, il
presidio delle truppe d’occupazione italiane era costituito da una compagnia dell’Arma di Fanteria,
da un plotone ridotto del VI Battaglione Mobilitato della Guardia di Finanza e da un nucleo di
Carabinieri Reali.
Il 17 luglio ingenti forze partigiane mossero all’attacco del distaccamento di Berane, muovendo
inizialmente contro i reparti della Guardia di Finanza e dei Carabinieri rimasti isolati dal resto delle
truppe. Ormai circondati e con le munizioni esaurite, il giorno seguente, 18 luglio, i pochi superstiti,
tutti feriti, dovettero cedere. Tra i caduti, si distinsero due giovani Finanzieri, Francesco Meattini e
Lido Gori, entrambi decorati di Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria.
L’Appuntato Meattini, posto al comando di una squadra di Finanzieri, animando i suoi sottoposti a
resistere veniva ferito una prima volta, rifiutando al contempo ogni soccorso. Ferito altre due volte,
mentre il presidio era ormai in fiamme, ed i suoi commilitoni quasi tutti caduti sotto il fuoco
nemico, prese le ultime bombe a mano e, dopo averne tolto la sicura, si lanciò da una finestra sui
nemici sottostanti, riuscendo a salvar così la vita a sei suoi colleghi. La motivazione della Medaglia
d’Oro recita:
“Caposquadra Fucilieri di un distaccamento della Regia Guardia di Finanza aggredito
da preponderanti bande ribelli, che avevano circondato la caserma ed incendiato
fabbricati vicini, animava la difesa col suo contegno freddo, energico e risoluto. Ferito
una prima volta, rifiutava ogni soccorso, continuando ad incitare i superstiti ed a
sparare sugli assalitori. Ferito altre due volte, mentre la caserma era già in fiamme ed i
camerati quasi tutti caduti, persisteva tenacemente nell’impari lotta. Esaurite le
cartucce, si raccoglieva un attimo per baciare la fotografia dei suoi cari; quindi prese
alcune bombe a mano e toltane la sicurezza, se le metteva nelle tasche e da una finestra
saltava sugli avversari inferociti dall’asprezza della lotta, seminandovi, col proprio
sacrificio, strage e distruzione. Fulgido esempio di sublime sacrificio. Berane,
Montenegro, 17-18 luglio 194116
”.
15 Decreto del Presidente della Repubblica del 30 gennaio 1948
16 Regio Decreto del 2 aprile 1943
- 18 -
Il Finanziere Gori, invece, ferito prima ad un braccio, poi ad una gamba e al petto, continuò a
combattere e a sostenere i propri compagni, finché non cadde dopo essere stato mortalmente colpito
da una scarica di fucileria nemica alla testa:
“Al suo posto di combattimento in una casermetta assalita da preponderanti forze
nemiche, accorreva tra i primi alla difesa. Ferito ad un braccio non desisteva dalla
lotta e si portava nei punti da cui poteva meglio reagire. Ferito una seconda volta ad
una gamba, in modo grave, non abbandonava il suo posto di combattimento e incitava i
compagni alla resistenza. Ferito nuovamente al petto, quando molti dei suoi compagni
erano caduti e la caserma, incendiata dal nemico, era tutta un rogo e minacciava di
crollare, esaurite le cartucce, in supremo sforzo affrontava l’avversario con le bombe a
mano. In questo ultimo gesto una pallottola lo colpiva in fronte e ne troncava la
giovane vita offerta in modo superbo alla Patria. Berane, 17-18 luglio 194117
”.
Dopo la fine della guerra, anche i Battaglioni Mobilitati II e VI in Montenegro furono decorati con
la Medaglia di Bronzo al Valor Militare. Al II Battaglione Mobilitato:
“Saldo Battaglione della Guardia di Finanza, sbarcato in terra d’Albania nei primi di
novembre 1940 e destinato ad operare in un settore di copertura della frontiera
jugoslava, chiedeva ed otteneva di essere impiegato in azioni di guerra sul fronte greco.
Impegnato in una serie di cruenti combattimenti in Val Tomorizza batteva l’avversario
agguerrito e baldanzoso arrestandolo prima e strappandogli poi, con largo contributo
di sangue e con mirabile ardimento, la posizione di Dobrej. Sul fronte jugoslavo
ultimava a marce forzate assieme a reparti alpini una rapida manovra di protezione
dello schieramento della 9a Armata. Nel Montenegro, mentre era suddiviso in piccoli
reparti isolati a guardia della linea di demarcazione ed a presidio di località
importanti, sapeva resistere alle soverchianti agguerrite forze nemiche, scrivendo
pagine di gloria ed eroismo, col sacrificio supremo dei gloriosi caduti. Guerra italo-
greca, novembre 1940-maggio 1941; Montenegro, luglio 194118
”.
Al VI Battaglione Mobilitato, invece:
“Dislocato nel Montenegro si distingueva in numerose azioni belliche offrendo ripetute
prove di fulgido eroismo. All’atto dell’armistizio, fedele alle tradizioni d’onore del
Corpo, si schierava compatto contro il tedesco aggressore e, datosi alla montagna, si
univa a unità dell’invitta Divisione Venezia battendosi in sanguinose lotte contro
preponderanti forze, emergendo per spiccato ardore combattivo ed elevato spirito di
17 Decreto del Presidente della Repubblica del 7 luglio 1948
18 Decreto del Capo Provvisorio dello Stato del 31 dicembre 1947
- 19 -
abnegazione. Nobile esempio di salde virtù militari e fervida fede nei destini della
Patria. Montenegro, 1941-194319
”.
Durante le operazioni condotte in Montenegro, l’anno seguente, il 1942, vide il sacrificio di un
giovane Finanziere, Alfredo Sarli, caduto mentre conduceva un assalto ad una posizione nemica,
nonostante la superiorità dell’avversario. Alla sua memoria è stata conferita la Croce di Guerra al
Valor Militare:
“Partecipava volontariamente all’attacco di una munita posizione, contribuendo a
contenere l’impeto del nemico fino al sopraggiungere dei rinforzi. Si lanciava quindi
tra i primi all’assalto trovando gloriosa morte. Satonici, Balcania, 16 marzo 194220
”.
Il 13 novembre 1942, un nucleo composto da dodici militari della Guardia di Finanza, al comando
del Tenente Carlo Fiumanò, nel corso di un’operazione di ricognizione, venne attaccato dai
partigiani slavi, presso la località di Durava. Nel duro scontro a fuoco caddero il Tenente Fiumanò
ed un Finanziere, mentre altri cinque rimasero feriti, tra cui il Finanziere Enzo Mariani,
successivamente insignito della Croce di Guerra al Valor Militare:
“In duro combattimento, su posizione fortemente battuta da nuclei nemici, benché
ferito, rifiutava di essere medicato e continuava calmo e tenace la lotta, mostrando
ammirevole sprezzo del pericolo e del dolore. Dubrava, Balcania, 13 novembre
194221
”.
In Croazia, una settimana più tardi, il 19 novembre, il Sottobrigadiere Salvatore Bonanno, rimaneva
ucciso dopo aver sostenuto due duri scontri a fuoco con bande di ribelli nella località di Orebic.
Ferito gravemente, rifiutava ogni soccorso, rimanendo al suo posto di combattimento e spirando a
battaglia ormai conclusa. Per questo suo comportamento gli è stato insignito della Medaglia
d’Argento al Valor Militare alla Memoria:
“Capo pattuglia in perlustrazione, scontratosi con alcuni ribelli, nella conseguente
lotta corpo a corpo, veniva per due volte ferito gravemente. Nonostante le sue
condizioni iniziava con i suoi uomini l'inseguimento del nemico, ma veniva subito
attaccato da altro gruppo di rivoltosi che tentavano di circondarlo. Con calma riusciva
a ripiegare nel varco dei reticolati dell'accantonamento, da dove col fuoco preciso di
poche armi e con lancio di bombe a mano, volgeva in fuga gli attaccanti. Mentre veniva
19 Decreto del Presidente della Repubblica del 15 marzo 1950
20 Fascicolo N. 393 del Ministro della Guerra del 6 ottobre 1942
21 Decreto del Presidente della Repubblica del 20 marzo 1956
- 20 -
trasportato all'ospedale, spirava esprimendo il suo orgoglio per aver potuto compiere
fino all'ultimo il proprio dovere. Orebic, Balcania, 19 novembre 194222
”.
Il 3 dicembre 1942, ancora in Croazia, durante lo spostamento di una piccola autocolonna incaricata
di raggiungere dei presidi sul territorio, un reparto di Finanzieri rimaneva vittima di in un’imboscata
di un gruppo di partigiani jugoslavi. Tra i caduti, i Finanzieri Attilio Ballali, Salvatore Puleo e
Gaspare Tavormina, decorati di Medaglia d’Argento al Valor Militare alla Memoria. Il Finanziere
Ballali, conducente del mezzo in testa alla colonna, dopo essersi accorto di essere caduto
nell'imboscata, riuscì, benché ferito, a fermare l'autocarro così da permettere ai suoi compagni di
organizzare la difesa. La stessa motivazione dell'onorificenza riporta nel testo l'azione eroica
compiuta dal militare:
“Conducente dell'autocarro di testa di un'autocolonna viveri attraverso una zona
pericolosa, colpito per primo e più volte da improvviso e violento fuoco di
preponderanti forze ribelli, manteneva il suo posto di guida riuscendo, con sforzo
sovrumano, a bloccare la macchina che avrebbe dovuto abbordare in forte salita una
strettissima curva, fortemente presidiata dai ribelli. Con tale atto sottraeva i compagni
a morte sicura, dando loro modo di scendere dall'autocarro per organizzare la
controreazione. Benché gravemente minorato partecipava alla cruenta lotta a colpi di
bombe a mano n veniva colpito mortalmente. Gradina di Blatta di Curzola, 3 dicembre
194223
”.
Il Finanziere Puleo,
“facente parte della scorta ad un'autocolonna di rifornimenti e viveri attaccata da
nemico in forza, reagiva efficacemente col fuoco del fucile mitragliatore. Sebbene più
volte ferito, noncurante delle sofferenze, rimaneva al posto di combattimento finché,
colpito mortalmente, si abbatteva con la sua arma sull'autocarro in fiamme. Gradina di
Blatta di Curzola, 3 dicembre 194224
”.
Il Finanziere Tavormina,
“facente parte della scorta di una autocolonna di viveri attaccata da nemico in forza,
reagiva efficacemente col lancio di bombe. Più volte ferito, sebbene accasciato al suolo,
continuava il fuoco col moschetto fino all'esaurimento delle forze. Decedeva dopo due
22 Decreto
23 Decreto del Presidente della Repubblica del 30 gennaio 1948
24 Ibidem.
- 21 -
giorni tra sofferenze stoicamente sopportate. Gradina di Blatta di Curzola, 3 dicembre
194225
”.
Sempre sul fronte greco, nel marzo 1943, si distingueva per l’eroismo dimostrato il Finanziere
Giovanni Denaro che, durante un attacco effettuato da partigiani greci contro un presidio isolato
presso la località di Tsangarada, preferiva la morte piuttosto che arrendersi e andare incontro ad un
destino incerto. Infatti, quando ormai le munizioni erano esaurite e tutti i suoi compagni caduti sotto
il fuoco dei Greci, il Finanziere Denaro decise di seguire la sorte degli altri militari caduti attorno a
lui, gettandosi tra le fiamme della caserma ormai completamente distrutta. Il suo valore sarà
ricompensato con la massima onorificenza, la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria:
“Durante un attacco portato da soverchianti forze nemiche alla caserma di un piccolo
distaccamento isolato di Finanzieri di cui faceva parte, concorreva con tutti i compagni
alla strenua disperata resistenza protrattasi per oltre tre ore. Rimasto il solo superstite
dell’eroico manipolo, esaurite le munizioni e le bombe a mano, impavido tra le macerie
dell’edificio quasi completamente distrutto dai ribelli con una mina e già in preda alle
fiamme, piuttosto che cedere alle intimazioni degli assalitori che ammirati di tanto
ardimento gli offrivano un’onorevole resa, si lanciava risolutamente nel rogo,
preferendo alla unica speranza di vita, la sorte dei camerati caduti attorno a lui nel
nome d’Italia per la gloria della Patria immortale. Tsangarada, 22 marzo 194326
”.
A partire dalla seconda metà del 1943, elementi della Guardia di Finanza dislocati sul confine
orientale italiano, vennero impiegati in operazioni di controguerriglia, in special modo di
rastrellamento delle bande jugoslave, che già preannunciavano quel clima di terrore e odio etnico
che di li a poco, subito dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, condurrà alla tragedia delle foibe.
In una di queste azioni, compiuta il 7 luglio nei dintorni di Gorizia dal V Nucleo Mobile Misto di
Polizia, forte di circa cinquanta uomini agli ordini del Tenente dei Carabinieri Marino Borghesi, con
il compito di intercettare e catturare elementi partigiani appartenenti ad una grossa banda armata
jugoslava, si distinse in particolar modo il Finanziere Domenico Fazio, che attirò su di sé il fuoco
nemico per permettere lo sganciamento del piccolo reparto, lanciando bombe a mano verso gli
aggressori, riuscendo, tra l'altro, a distruggere la riservetta di munizioni dei partigiani slavi. Rimasto
in servizio anche dopo la fine della guerra, e promosso al grado di Maresciallo Maggiore Aiutante,
sei mesi dopo la sua morte sopraggiunta per una grave malattia è stato decorato di Medaglia d’Oro
al Valor Militare per i fatti d'arme di Cima Sebreljie:
25 Ibidem.
26 Decreto del Presidente della Repubblica del 15 febbraio 1949
- 22 -
“Giovane Finanziere, inquadrato in un nucleo misto di forze di Polizia impiegato in
operazioni antiterroristiche, caduto il suo reparto in una imboscata e rimasto
accerchiato non intravedendo alcuna possibilità di salvezza, chiedeva reiteratamente al
proprio comandante l’autorizzazione di tentare da solo una sortita nell’intento di
creare un diversivo e consentire così l’incruento sganciamento dei commilitoni.
Ottenuta l’autorizzazione, eliminava con un furioso corpo a corpo una vedetta
avversaria e pur essendo ferito e sanguinante, riusciva a colpi di bombe a mano a far
saltare la riservetta munizioni nemica e a mettere così in fuga gli avversari che
lasciavano sul terreno undici morti ed armi varie. Consentiva così il salvataggio dell’
intero suo reparto altrimenti destinato a sicuro sterminio. Luminoso esempio di
consapevole sprezzo del pericolo e di ardimentoso altruismo. Cima Sebreljie, Gorizia, 7
luglio 194327
”.
Una pagina assai curiosa è, invece, quella di Quintino Sicuro, arruolatosi nella Guardia di Finanza
nel 1939. Allo scoppio del conflitto e alla successiva dichiarazione di guerra all’Albania, il 23
gennaio 1941 veniva mobilitato per il fronte greco-albanese. Assieme al I Battaglione delle Fiamme
Gialle prese parte a gran parte delle operazioni da esso sostenute; l’armistizio dell’8 settembre lo
colse mentre si trovava in servizio presso la Compagnia Deposito di Roma. Decise di aggregarsi
alla II Brigata Garibaldi, partecipando alla guerra di liberazione. Catturato dai tedeschi, dopo una
rocambolesca fuga, riusciva a raggiungere l’Italia Meridionale, già liberata. Promosso
Sottobrigadiere, la sua vita prese una nuova direzione: stanco della guerra, dopo un travaglio
spirituale, decise di congedarsi dalla Guardia di Finanza per entrare nel Convento dei Frati Minori
di Ascoli Piceno. Morirà il 26 dicembre 1968, per un infarto, mentre si recava ad una funzione
religiosa.
27 Decreto del Presidente della Repubblica dell'11 novembre 1974
- 23 -
~ 5 ~
LA GUARDIA DI FINANZA IN AFRICA
Anche nel teatro africano, della Libia e dell'Africa Orientale Italiana, i reparti delle Fiamme Gialle
tennero alti il prestigio e l’onore del Tricolore italiano, riuscendo in accaniti combattimenti, spesso
compiuti in inferiorità numerica e tattica, a respingere il nemico, contrattaccando più volte all’arma
bianca, divenuta in quei giorni il mezzo di lotta abituale.
Già all’inizio delle ostilità, si riscontrò il valore degli uomini della Guardia di Finanza. In Libia, il
19 giugno 1940, il Finanziere Francesco Accardi cadeva eroicamente meritandosi la Medaglia
d'Argento al Valor Militare alla Memoria dopo aver respinto a colpi di bombe a mano l'attacco di un
plotone nemico:
“Elemento di pattuglia di vigilanza, aggredito di sorpresa al cippo terminale di confine
da un plotone di marocchini, si difendeva strenuamente a colpi di bombe a mano per
assicurare la trasmissione telefonica dell'allarme ai posti di frontiera retrostanti, fino a
che cadeva crivellato di ferite, fronte al nemico, al suo posto d'onore. Cippo di confine
di Ras Agedir, Tripolitania, 19 giugno 194028
”.
Per far fronte all'inasprirsi delle ostilità in tutto il Nord Africa, fu disposto l'invio in Libia di un
adeguato rinforzo di uomini e mezzi; in seguito, nell'aprile 1942, veniva costituita una compagnia
mobilitata per il teatro dell'Africa Settentrionale. Il nuovo reparto, forte di 185 uomini, a cui si
aggiunsero 140 libici addestrati da militari del Corpo, fu dispiegato lungo la cinta fortificata di
Zuara e, in seguito, trasferito in Tunisia a Ben Gardane. Solo il 6 aprile 1943, quando ormai la
situazione militare in Africa Settentrionale era segnata per le forze italo-tedesche, fu dato l'ordine di
ripiegamento su Hammamet. L'ultima resistenza dei Finanzieri venne compiuta nelle vicinanze di
Hammanlif, mentre il nemico occupava l'intero fronte.
In Africa Orientale Italiana, lungo tutti i 6500 km di confine, a partire dal 17 giugno 1940, i
Finanzieri furono impegnati a respingere puntate e attacchi di autoblindo e reparti inglesi del Sussex
Royal Regiment. In tale occasione, il Tenente Pasquale Calabrese era decorato di Medaglia di
Bronzo al Valor Militare:
“Alla testa di una compagnia di formazione contrattaccava sui fianchi e sul tergo il
nemico che, superiore in forze, aveva determinato una pericolosa sacca nelle nostre
linee. Con nutrito lancio di bombe a mano, costringeva l'avversario a ripiegare e ad
abbandonare nostri elementi già catturati. Il suo intervento deciso e ardimentoso
28 Regio Decreto del 26 maggio 1941
- 24 -
faceva desistere l'avversario da ulteriori tentativi, lasciando a noi l'iniziativa delle
operazioni che culminarono in azioni vittoriose. Eritrea, 17 giugno 194029
”.
Il 4 luglio 1940, il Brigadiere Salvatore Puggioni si rendeva protagonista di un’epica carica a
cavallo: un reparto di Finanzieri, assieme al Raggruppamento Cavalleria del Tenente Colonnello
Cesare Fanucci, aveva il compito di occupare Cassala. Fu allora che, durante i combattimenti a
Monte Mokram, il Brigadiere Puggioni si lanciava con uno squadrone a cavallo alla carica del
nemico, riuscendo con la sua azione ad aprire la strada ai rinforzi italiani per la successiva conquista
della città di Cassala.
Nei continui e costanti contrattacchi inglesi, sotto incessanti attacchi aerei nemici, cadeva il giovane
Finanziere Giovanni Salerno, dopo aver soccorso un compagno ferito. Per questo suo gesto di
straordinario valore ed altruismo gli è stata concessa, alla memoria, la Medaglia d'Argento:
“Sotto violento bombardamento aereo notturno, si portava con la mitragliatrice allo
scoperto per effettuare un tiro più efficace. Ferito gravemente da una scheggia, solo
dopo aver soccorso un compagno privo di sensi, si trascinava fino alla sede del proprio
comando dove decedeva dopo pochi minuti. Esempio di attaccamento al dovere e
sereno sprezzo del pericolo. Zeila, 15 agosto 194030
”.
L’8 aprile 1941, le forze inglesi portarono l'attacco decisivo su Massaua, dopo che il giorno 2 aprile
l'intimazione di resa fatta pervenire dagli Inglesi era stata respinta. In un contrattacco alla baionetta,
cadeva alla testa dei propri uomini il Maresciallo Ordinario Luigi Piccinni Leopardi, dopo che la
sua postazione era stata accerchiata dal nemico. Per questo suo gesto, è stato insignito della
Medaglia d’Argento al Valor Militare alla Memoria:
“Comandante di un plotone di militari coloniali, circondato da preponderanti forze, si
difendeva strenuamente dando prova di grande ardimento , tenace combattività e
sprezzo del pericolo. Per rompere il cerchio avversario, ordinava l’assalto alla
baionetta, cadendo da prode alla testa dei suoi uomini e apportando con la propria
azione e col proprio sacrificio un efficace contributo alla difesa di un’importante
posizione avanzata. Africa Orientale, 8 aprile 194131
”.
Sotto i bombardamenti rimase ucciso il Maresciallo Ordinario Vincenzo Grimaldi, mentre cercava
di evacuare un gruppo di militari feriti verso un centro di medicazione. È stato decorato con la
Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla Memoria:
29 Decreto del Presidente della Repubblica del 30 agosto 1952
30 Regio Decreto del 17 agosto 1941
31 Decreto del Presidente della Repubblica del 3 maggio 1948
- 25 -
“Offertosi di scortare alcuni feriti ad un lontano posto di medicazione, cadeva colpito
mortalmente durante intensa azione di artiglieria avversaria alla quale non volle
sottrarsi per portare a termine la sua missione. Africa Orientale, 8 aprile 194132
”.
Anche se di inaudita violenza, i primi due assalti furono respinti, a costo di gravissime perdite. Solo
con azioni notturne, ed in superiorità di uomini e mezzi, le forze nemiche riuscirono ad infiltrarsi tra
le posizioni italiane, dilagando così in tutto il fronte e nelle retrovie. Solo alle ore 13.30 era
comunicata la resa delle ultime forze italiane.
Ma mentre le forze avversarie occupavano Massaua, i Finanzieri, ancora al loro posto di
combattimento, avviavano nelle retrovie gruppi di prigionieri nemici catturati durante le fasi iniziali
dei combattimenti. Nell'eroica difesa della città di Massaua, cadeva l'Aiutante di Battaglia Giovanni
Battista Steri che, alla testa di un reparto di Ascari, conquistava un'importante posizione. È stato
decorato di Medaglia d'Argento al Valor Militare alla Memoria:
“Comandante e animatore di un plotone di ascari, faceva dei suoi uomini un manipolo
di eroi. Lanciatosi durante un'aspra battaglia alla testa di essi alla riconquista di
un'importante posizione e giuntovi solo, nonostante la violenta reazione di fuoco,
s'impegnava in combattimento con lancio di bombe a mano, infliggendo forti perdite al
nemico. Nell'atto di incitare i suoi ascari, cadeva colpito a morte. Africa Orientale, 8
aprile 194133
”.
Il Tenente Ferdinando Dosi, futuro Comandante in Seconda del Corpo dal 1977 al 1978, fu
promosso al grado di Capitano per meriti di guerra, a seguito delle numerose missioni da lui
compiute nel teatro africano, meritandosi, tra l'altro, una Medaglia d’Argento al Valor Militare per i
fatti di Massaua:
“Comandante di Plotone incaricato di esplorare con pochi suoi dipendenti il terreno
antistante la linea di difesa, riusciva a raccogliere tutti i dati necessari. Accortosi che
era stato individuato un campo minato ed erano state disinnescate le mine ad un
passaggio obbligato per automezzi, provvedeva di notte a rendere efficienti le mine
stesse reinnescandole con inneschi tolti da altre mine poste in località meno importante.
Circondato e fatto segno a fuoco di fucileria riusciva a ritornare alla propria linea,
mentre l’avversario, che tentava di transitare dal passaggio ritenuto libero, rimaneva
bloccato dai primi automezzi colpiti per lo scoppio delle mine. Africa Orientale, 8
aprile 194134
”.
32 Decreto del Presidente della Repubblica del 3 maggio 1948
33 Decreto del Presidente della Repubblica del 3 maggio 1948
34 Decreto del Presidente della Repubblica del 28 giugno 1948
- 26 -
Il Capitano Dosi, dopo aver comandato un plotone della Compagnia Mobilitata di Tessenei, in
Eritrea, guidò con successo una pattuglia cammellata da ricognizione per sette giorni in territorio
nemico. Al momento della scoppio dell’offensiva britannica, gli fu affidato il comando della 1a
Compagnia del Gruppo Mobilitato Misto dell’Eritrea, che per quasi tre mesi presidiò il fronte nord
della piazzaforte di Massaua, ricevendo, al termine degli scontri, l’onore delle armi. Il Battaglione
per le sue gesta, ricevette anch'esso, al termine della guerra, la Medaglia d’Argento al Valor
Militare:
“Per quasi tre mesi, in clima tropicale ed in zona desertica, concorse alla difesa della
piazzaforte di Massaua, dando prova di elevato spirito guerriero. In aspri ed impari
combattimenti, con scarsi mezzi, ma fermamente deciso a non piegarsi, resistette con
tenacia ed eroismo sulle proprie posizioni ai reiterati violenti attacchi di preponderanti
agguerrite forze che respinse infine con forti perdite. Col valore e col sacrificio, tenne
in onore il prestigio delle armi italiane. Africa Orientale, 23 gennaio-8 aprile 194135
”.
Ultimo baluardo italiano a cadere fu quello di Gondar, tra il 27 ed il 28 novembre 1941, data in cui
terminarono le operazioni belliche nell’Africa Orientale. E anche in tali episodi erano presenti i
reparti e gli uomini delle Fiamme Gialle, che presero parte a tutte le operazioni belliche inquadrati
nei reparti del Regio Esercito, dal 14 giugno 1940 al 28 novembre 1941, tra cui si distinse il
Battaglione Mobilitato Misto dell’Amhara, decorato con Medaglia d’Argento al Valor Militare:
“In lungo ciclo operativo nel Bassopiano Sudanese e nell’interno dell’Amhara
brillantemente concorreva alle operazioni militari, distinguendosi per ardore
combattivo, mirabile saldezza, ferrea disciplina e infrangibile tenacia; dalle vittoriose
giornate di Metemma Gallabat contro agguerrite forze nemiche, ai duri ripiegamenti su
Celgà e sul Gimma e successivamente all’Ulchefit e a Debra Tabor, a Tucl Dinghià e al
Ghindi Meteà, a Cratreb e a tutta la gloriosa resistenza di Gondar. Col generoso
contributo di eroismo, di sacrificio e di sangue rinnovava così in terra d’Africa le
gloriose tradizioni delle Fiamme Gialle d’Italia. Territorio Amhara, Africa Orientale,
giugno 1940-novembre 194136
”.
Lo stesso Capitano Valentino Achille, comandante del reparto per tutta la durata del ciclo di
operazioni belliche, fu insignito della Medaglia d'Argento al Valor Militare, con una bellissima
motivazione:
“Al comando di quegli stessi Finanzieri che sul fronte di Gallabat Metemma
gareggiarono in valore e nobile spirito di sacrificio coi reparti nazionali e coloniali
35 Decreto del Presidente della Repubblica del 13 dicembre 1948
36 Decreto del Presidente della Repubblica del 13 dicembre 1948
- 27 -
impegnati contro forze preponderanti nemiche che miravano a travolgere la nostra
resistenza per aprirsi la via su Gondar, fu costante esempio ai propri dipendenti di
serenità, di personale coraggio e di elevate virtù militari, sintetizzate in piena dedizione
al dovere. Nel corso dell'ultima resistenza gondarina, incaricato di presidiare e
difendere strenuamente coi propri uomini un'importante posizione del Caposaldo
Amhara, dava ripetute prove di temerario ardimento e di sicura perizia, animando i
dipendenti a tenace ed eroica saldezza. Il suo esemplare contegno, improntato a slancio
ed assoluto sprezzo del pericolo, spronò le Fiamme Gialle di Gondar a quegli atti di
valore che conferiscono maggior gloria alle superbe tradizioni del Corpo. Gondar,
Africa Orientale, marzo-novembre 194137
”.
Al termine del secondo conflitto mondiale, alcuni reparti della Guardia di Finanza, rimasero nei
territori dell'Eritrea e della Somalia per guidare la transizione del dopoguerra voluta dalle Nazioni
Unite e dall'Inghilterra, a cui erano passate, con il Trattato di Pace di Parigi del 10 febbraio 1947, le
colonie italiane dell'Africa Orientale e che erano state poste sotto Amministrazione Fiduciaria. E gli
uomini delle Fiamme Gialle continuarono a scrivere in terra d'Africa nuove pagine di eroismo.
Il 5 marzo 1949, una pattuglia di militari veniva attaccata a colpi di moschetto e bombe a mano da
banditi locali: in questa circostanza cadevano i Finanzieri Antonio Di Stasio e Alfredo Tramacere,
quest'ultimo insignito di Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla Memoria:
“Mentre assieme ad altri Finanzieri usciva dalla caserma, veniva improvvisamente
aggredito nell'oscurità da banditi con il lancio di bombe a mano e colpi di moschetto.
Affrontava coraggiosamente uno dei banditi e cercava di disarmarlo, ma, assalito alle
spalle da un altro che lo feriva gravemente e ripetutamente con una scimitarra, si
accasciava morente al suolo. La resistenza permetteva, però, agli altri Finanzieri non
feriti di porsi in salvo. Senafé, Africa Orientale, 5 marzo 194938
”.
37 Decreto del Presidente della Repubblica del 2 dicembre 1955
38 Decreto del Presidente della Repubblica del 1° dicembre 1952
- 28 -
~ 6 ~
IL NAVIGLIO DELLA GUARDIA DI FINANZA E L’AFFONDAMENTO
DEL REGIO DRAGAMINE 36
Una pagina di particolare eroismo e sacrificio offerto dalla Guardia di Finanza, e ad oggi ancora
poco nota al pubblico, è quella inerente le sue unità navali. Con lo scoppio delle ostilità il 10 giugno
1940, infatti, circa centocinquanta unità del naviglio della Guardia di Finanza passarono alle dirette
dipendenze della Regia Marina Militare, prodigandosi in missioni di scorta a convogli navali, sia
militari che commerciali, dragaggio, caccia sommergibili e vigilanza costiera.
Tanto prezioso contributo è premiato con il conferimento della Medaglia d’Argento al Valor
Militare alla Bandiera di Guerra del Corpo:
“Nel corso di lungo ed aspro conflitto cooperava con la Marina Militare, con perfetta
efficienza di uomini e di mezzi, nell’assolvimento del gravoso compito di vigilanza alle
coste nazionali e di oltremare, di dragaggio alle rotte di sicurezza, di caccia ai
sommergibili e di scorta ai convogli, contrastando sempre l’agguerrito avversario con
valore, tenacia ed alto sentimento del dovere. Successivamente all’armistizio, tenendo
fede alle leggi dell’onore militare, concentrava le superstiti unità e, pur menomato nei
mezzi e negli uomini per le notevoli perdite subite, iniziava con rinnovato ardimento la
lotta contro il tedesco aggressore. Perdeva complessivamente, nella dura lotta, il
cinquanta per cento delle unità, contribuendo con eroici sacrifici singoli e collettivi, a
mantenere in grande onore il prestigio delle armi italiane. Mediterraneo, 10 giugno
1940-8 settembre 1943; Tirreno-Adriatico, 9 settembre 1943-8 maggio 194539
”.
Il 17 marzo 1941 nel porto di Durazzo, la Motovedetta Lombardi, al comando del Maresciallo Sante
Candia, contrastò efficacemente l’attacco di un aereo inglese. Ma degno di menzione è un evento in
particolare, quello della sorte del Regio Dragamine 36 e del suo equipaggio. Il 21 agosto 1941, il
Regio Dragamine 36, utilizzato fino a quel momento in ben 317 missioni di dragaggio esplorativo e
di neutralizzazione di mine marine, subiva un duro primo attacco aereo mentre si trovava a svolgere
un’attività di dragaggio. Nell’attacco caddero eroicamente il Brigadiere Francesco Mazzei,
Comandante dell’unità navale, e i Finanzieri Michele Esposito e Gennaro Russo. Alla Memoria del
Brigadiere Mazzei sarà concessa la Medaglia d’Argento al Valor Militare:
“Comandante di Dragamine fatto segno a ripetuti attacchi di aereo nemico, si
sostituiva volontariamente al puntatore di una mitragliera ammalato ed iniziava
un’intensa reazione di fuoco contro il velivolo attaccante. Con sereno coraggio e
39 Decreto del Presidente della Repubblica del 29 luglio 1949
- 29 -
cosciente ardimento proseguiva animosamente nel serrato duello finché, colpito al petto
da una raffica di mitraglia, si abbatteva esanime sull’arma ancora puntata contro il
nemico. Acque di Pozzallo, 21 agosto 194140
”.
Eseguite le dovute riparazioni, il 4 settembre 1942 il Regio Dragamine 36 era trasferito a Tripoli
con il nuovo Comandante, Maresciallo Aldo Oltramonti, e tutto il suo equipaggio con compiti di
scorta a convogli e antisommergibile e posto sotto le dipendenze della XL Flottiglia, comandata dal
Tenente di Vascello Giuseppe Di Bartolo, della Regia Marina. A seguito delle disastrose azioni
militari italo-tedesche in Nord Africa, e della rapida avanzata inglese, il 19 gennaio 1943 l’unità,
assieme ad un convoglio, si diresse alla volta della Sicilia: intercettato da una squadra navale
inglese, fin da subito iniziò un impari lotta. Il Comandante Di Bartolo diede ordine alle altre unità
navali di disperdersi ed avvicinarsi nuovamente alla costa africana per cercare riparo e con il
piccolo dragamine si avventò contro i cacciatorpedinieri avversari.
Tutto il fuoco nemico, principalmente proveniente dai Cacciatorpedinieri Javelin e Kelvin, si
concentrò allora sulla piccola imbarcazione che, nonostante l’eroismo dei suoi uomini, venne
affondata. Anche le altre unità del convoglio, nonostante il sacrificio di Di Bartolo, Oltramonti e
degli altri quattordici membri dell’equipaggio, furono raggiunte ed affondate. In segno di
riconoscenza, al Tenente di Vascello Di Bartolo venne conferita la Medaglia d’Oro al Valor
Militare alla Memoria:
“Comandante di Flottiglia Dragamine dislocata in zona avanzata oltremare, resasi
necessaria l’evacuazione della base ed avuto ordine di trasferire in Patria la Flottiglia,
apprestava alla lunga navigazione, con competenza e capacità, le Unità dipendenti,
nonostante le ininterrotte, violente incursioni aeree. Nel corso del trasferimento,
attaccato di notte da preponderante formazione di supercaccia avversari, nel sublime
tentativo di salvare le altre Unità, impartiva l’ordine di dirottare verso la costa mentre
con la propria, offerta al supremo olocausto, muoveva decisamente incontro
all’attaccante, nel disperato tentativo di opporsi alla schiacciante superiorità dei mezzi
avversari. Giunto a portata di tiro delle proprie mitragliere impegnava impari lotta,
sorretto dall’entusiasmo e dalla fede degli eroi. Colpita la sua imbarcazione più volte,
prossima ad affondare, rispondeva al nemico facilmente vittorioso, con le ultime
raffiche di mitraglia, inabissandosi con la nave e l’intero equipaggio. Fulgido esempio
di estrema dedizione alla Patria e di luminose virtù di comando. Mediterraneo
Centrale, 20 gennaio 194341
”.
40 Regio Decreto del 26 marzo 1942
41 Decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1948
- 30 -
Al Brigadiere Pietro Laganà, imbarcato sul Regio Dragamine 36 è stata concessa la Croce di Guerra
al Valor Militare:
“Brigadiere di Finanza, ramo mare, imbarcato con mansioni di meccanico su
Dragamine in partenza verso altra zona per evacuazione di importante base navale
oltremare, si prodigava sotto violenta azione aerea avversaria per l’imbarco di
importante carico. Successivamente, attaccata l’Unità da soverchianti forze navali che
ne provocavano l’affondamento, partecipava all’impari lotta fino all’estremo sacrificio
della vita. Esempio di sereno ardimento e sentimento del dovere. Mar Mediterraneo, 20
gennaio 194342
”.
Trovò la morte sul Dragamine anche il giovane Finanziere di Mare Scelto Costabile Di Sessa,
imbarcato sulla piccola unità navale quale motorista, ed in seguito decorato di Croce di Guerra al
Valor Militare alla Memoria:
“Imbarcato con mansioni di meccanico su dragamine in partenza verso altra zona, per
evacuazione di importante base navale d’oltremare, si prodigava sotto violenta azione
aerea avversaria per l’imbarco di importante carico. Successivamente, attaccata l’unità
da soverchianti forze navali che ne provocarono l’affondamento, partecipava all’impari
lotta fino all’estremo sacrificio della vita. Esempio di sereno ardimento e sentimento
del dovere. Mar Mediterraneo, 20 gennaio 194343
”.
Lo stesso Regio Dragamine 36, verrà poi insignito della massima onorificenza al Valor Militare, a
dimostrazione dell’eroismo dimostrato nell’impari lotta:
“Dragamine comandato ed armato da personale della Guardia di Finanza, agli ordini
del Comandante della Flottiglia, attaccato nella notte del 20 gennaio 1943 da
preponderanti forze navali nemiche, correva incontro all’avversario nell’eroico intento
di coprire e salvare le altre Unità della formazione, fino a trovarsi a portata delle
proprie modestissime armi di bordo. Aperto il fuoco, cercava di arrecare al nemico la
maggior possibile offesa continuando a sparare, benché colpito più volte, fino a quando
soccombeva nell’impari lotta inabissandosi con il Comandante e l’intero equipaggio.
Sublime esempio di indomabile spirito aggressivo, di sovrumana determinazione e di
dedizione al dovere fino al supremo sacrificio. Mediterraneo Centrale, 20 gennaio
194344
”.
42 Decreto del Presidente della Repubblica del 1° aprile 1949
43 Decreto del Presidente della Repubblica del 1° aprile 1949
44 Decreto del Presidente della Repubblica dell'8 maggio 1972
- 31 -
Con l’armistizio dell’8 settembre 1943 le unità del naviglio superstiti furono tra le protagoniste del
salvataggio di numerosi soldati sbandati, che trovarono un imbarco sicuro per raggiungere i porti
liberati dell’Italia Meridionale. Altre imbarcazioni, non potendo raggiungere i convogli della Regia
Marina diretti al Sud, preferirono autoaffondarsi piuttosto che cadere nelle mani dei Tedeschi, come
avvenne alle unità dislocate a Imperia, Livorno, Trieste, Fiume e Napoli. Le imbarcazioni che
sfuggirono alla cattura o all’affondamento raggiunsero i porti sicuri: la Pirovedetta Postiglioni,
salpando da Rodi l’11 settembre 1943, raggiunse il porto di Haifa, sotto comando inglese. Venne
impiegata per le restanti fasi della guerra a fianco della Royal Navy, in delicatissime missioni di
guerra, di scorta e antisommergibile. Ben novantadue furono i Finanzieri di Mare caduti in
combattimento e settantatré le navi perdute, pari alla metà del naviglio complessivo45
.
45 Cfr. Pierpaolo Meccariello, Finanza di Mare. Dalle scorridore ai pattugliatori, Editalia, Roma, 1997, p. 134
- 32 -
~ 7 ~
LA DIFESA COSTIERA DELLA GUARDIA DI FINANZA
Una consistente aliquota di militari del Corpo della Guardia di Finanza, circa 15.000 uomini, fu
destinata, fin dalle prime fasi del conflitto, alla difesa costiera, dipendenti direttamente dai comandi
dell’Esercito e della Marina. Inizialmente, le attività cui vennero destinati furono soccorso a
naufraghi, cattura di equipaggi nemici e di prigionieri di guerra evasi, avvistamento di mine vaganti,
contrasto ad azioni di commandos.
Il 10 luglio 1943, con lo sbarco alleato in Sicilia, le divisioni costiere poste a difesa iniziarono
un’aspra lotta, infliggendo al nemico gravi perdite, nonostante l’inferiorità numerica, di uomini e di
armamenti. Per quanto riguarda le Fiamme Gialle, furono impiegati circa 620 militari, con compiti
di pattugliamento delle prime linee di bunker, contrasto ad eventuali colpi di mano da parte di
sabotatori e recupero di piloti alleati caduti in mare. I combattimenti più accaniti si ebbero sulla
spiaggia tra Gela e Scottigli, dove lo sbarco rischiò di fallire per il tempestivo intervento della
Divisione Livorno.
E furono proprio dei Finanzieri i primi reparti ad aprire il fuoco verso gli Alleati: nella notte del 10
luglio, rimaneva ucciso il Brigadiere Santo Arena, mentre era di pattuglia con alcuni suoi uomini
nei pressi del pontile di Gela. La mattina seguente, a sbarco avvenuto sulla spiaggia di Porto Ulisse,
erano gli uomini del Brigadiere Lorenzo Greco a fronteggiare i primi mezzi che raggiungevano la
spiaggia, rallentando di diverse ore i piani anglo-americani.
Solo l’intervento di reparti paracadutatisi sull’isola la notte precedente permise l’annientamento del
piccolo reparto di Fiamme Gialle: caddero il Brigadiere Lorenzo Greco ed i Finanzieri Raffaele
Bianca, Emanuele Giunta e Pietro Nuvoletta, ai quali vennero conferite, rispettivamente, la
Medaglia d’Argento e le Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla Memoria. Questa la motivazione
dell'onorificenza al Brigadiere Greco:
“Comandante di due postazioni per fucili mitragliatori, pur accortosi che la difesa
costiera non era entrata in azione, nonostante l'enorme sproporzione di mezzi e di
uomini nemici, si opponeva col fuoco allo sbarco dell'avversario. Preso con i pochi
militari di cui disponeva, tra il fuoco delle navi e quello dei paracadutisti da terra,
anziché cedere, si irrigidiva in una resistenza ad oltranza. Sopraffatto cadeva sul posto
del dovere accanto alle proprie armi che aveva fatto sparare fino all'ultima cartuccia
offrendo la giovane esistenza in olocausto alla Patria. Portulisse, Sicilia, 10 luglio
194346
”.
46 Decreto Legge del 1° febbraio 1945
- 33 -
Questa la motivazione dell'onorificenza ai Finanzieri Bianca, Giunta e Nuvoletta:
“In servizio ad una postazione di fucili mitragliatori, pur essendosi accorto che la
difesa del litorale non era entrata in azione, opponeva col fuoco strenua resistenza alle
preponderanti forze navali da sbarco nemiche. Preso, con i pochi compagni, tra il
fuoco di mare e quello dei paracadutisti da terra, anziché cedere continuava la
resistenza sino all’estremo sacrificio lasciando la propria vita sul posto dell’onore.
Esempio di virtù preclari e di supremo attaccamento al dovere. Portulisse, Sicilia, 10
luglio 194347
”.
Dall’altra parte dell’isola, nei pressi di Pachino, caddero i Finanzieri Salvatore Scifo e Giovanni
Fidone e rimasero feriti altri sei militari, tra cui il comandante della brigata di Marzameni,
Maresciallo Capo Giuseppe Magnani. I due Finanzieri caduti ed il sottufficiale furono decorati di
Medaglia d’Argento al Valor Militare. Così recita la motivazione della Medaglia all'Appuntato
Scifo:
“Mentre accorreva volontariamente per dare manforte ad altri Finanzieri del suo
reparto impegnati da soverchianti forze nemiche, cadeva colpito da una raffica di
mitraglia, immolando alla Patria la sua esistenza. Marzameni, Sicilia, 10 luglio
194348
”.
Il Finanziere Fidone,
“partecipava alla difesa di una postazione attaccata da soverchianti forze nemiche e
dopo aspro combattimento, sostenuto con valore, spirito di sacrificio e coraggio,
cadeva crivellato di schegge di una bomba mentre forniva le munizioni per il fucile
mitragliatore al proprio comandante. Marzameni, Sicilia, 10 luglio 194349
”.
Il Maresciallo Magnani, a sua volta,
“organizzava con spirito di iniziativa la resistenza scontro il nemico sbarcato con forze
preponderanti. Con un manipolo di Finanzieri difendeva tenacemente una postazione.
Con un solo dipendente illeso, lui stesso più volte ferito, continuava la disperata
resistenza fino al completo esaurimento delle munizioni. Marzameni, Sicilia, 10 luglio
194350
”.
47 Decreto Legge del 1° febbraio 1945. Riferendosi allo stesso evento, la motivazione è identica per tutti e tre i militari
48 Decreto del Presidente della Repubblica del 29 novembre 1954
49 Decreto del Presidente della Repubblica del 29 novembre 1954
50 Decreto del Presidente della Repubblica del 29 novembre 1954
- 34 -
Sempre a Marzameni veniva catturato dalle forze alleate il Finanziere Giorgio Calvo, dopo aver
ostacolato l'avanzata di un forte numero di nemici, meritandosi la Medaglia di Bronzo al Valor
Militare:
“Ostacolava l'avanzata di un forte nucleo di nemici che tentava di aggirare una
postazione. Esaurite le munizioni, ripiegava su detta postazione e continuava a
combattere con altri pochi Finanzieri fino a quando, feriti tutti gli altri ed esaurite
completamente le munizioni, veniva catturato. Marzameni, Sicilia, 10 luglio 194351
”.
Ad Avola, si distingueva il Maresciallo Capo Luigi Leopardi che veniva catturato in
combattimento, armi in pugno. Infine, l’Appuntato Salvatore Ferro della brigata di Massoliveri, che
rifiutava di arrendersi, venne ucciso nella sua postazione. Al termine della battaglia, i Finanzieri
catturati dagli Alleati vennero concentrati a Pachino e imbarcati per i campi di prigionia in Egitto.
Durante il tragitto, il convoglio veniva attaccato da aerei italo-tedeschi e molti Finanzieri perirono
nell’affondamento di una delle navi. Tra di loro, l’Appuntato Bartolomeo Carbone, che si era
distinto nella difesa di Porto Palo.
51 Decreto del Presidente della Repubblica del 29 novembre 1954
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~ 8 ~
L’ARMISTIZIO DELL’8 SETTEMBRE 1943
Tre anni dopo l’entrata in guerra, le forze dell’Asse erano sulla difensiva e l’Italia era allo stremo
delle forze morali e materiali. Gli uomini della Guardia di Finanza presenti sul territorio nazionale
condividevano le sorti della popolazione civile stremata dalla guerra e dai bombardamenti alleati. Il
28 maggio 1943, a seguito dell'ennesima incursione aerea sulla penisola, nella città di Livorno,
trovava la morte il Maresciallo Maggiore Giuseppe Grasso, colpito da una scheggia di bomba
mentre a bordo di una piccola imbarcazione cercava di portare in salvo in un rifugio antiaereo un
gruppo di civili. Promosso a titolo onorifico a Sottotenente, gli è stata conferita la Medaglia di
Bronzo al Valor Militare alla Memoria:
“Imbarcato su una motolancia della Guardia di Finanza, che traghettava militari e
civili diretti ad un rifugio, fatto segno da bombardamento aereo, anziché affrettarsi a
mettersi al riparo, si prodigava fino al sacrificio della propria vita nelle difficili
operazioni di sbarco, riuscendo in tal modo a sottrarre da sicura morte una quarantina
di militari ed alcuni civili che avevano preso posto nell'unità, diretti anche loro al
rifugio. Livorno 28 maggio 194352
”.
Lo sbarco in Sicilia, il 10 luglio 1943, e la successiva invasione della penisola, determinarono anche
nelle più alte cariche del Governo e del Regno la sensazione che il conflitto era ormai perduto
definitivamente e che solo la destituzione di Mussolini avrebbe determinato la fine della guerra
contro gli Alleati. Vittorio Emanuele III, percependo questo malumore crescente, approfittò del
contrasto politico, determinatosi in seno al Gran Consiglio del Fascismo nella notte del 24-25
luglio, a seguito dell’Ordine del Giorno Grandi, facendo arrestare Mussolini e costituendo un nuovo
governo con a capo il Maresciallo Pietro Badoglio.
Durante lo sbarco in Sicilia un’opera di pregevole ammirazione fu compiuta da Don Giuseppe
Grossi, cappellano militare inquadrato nella Guardia di Finanza, il quale prestò la sua opera di fede
verso i feriti e i moribondi, meritando per questo la Croce di Guerra al Valor Militare:
“Cappellano di Corpo d’Armata, nel corso di un ciclo operativo di recava nei posti
maggiormente colpiti dall’offesa nemica e contribuiva validamente alla saldezza
morale delle truppe portando ovunque con l’esempio e la parola il conforto della fede.
Incurante del pericolo si prodigava sotto le offese nemiche nel raccogliere i feriti e
nella identificazione delle salme. Scacchiere della Sicilia, 10 luglio-2 agosto 194353
”.
52 Decreto del Presidente della Repubblica del 30 gennaio 1948
53 Conferimento nel 1947
- 36 -
A seguito della crisi verificatasi in Italia, il comando generale della Wermacht ordinò l’esecuzione
dell’Operazione Alarico, riguardante l’eliminazione delle Forze Armate Italiane, a sua volta più
ampiamente articolata nell’Operazione Eiche (liberazione di Mussolini), nell’Operazione Student
(occupazione di Roma, cattura del Governo, della Famiglia Reale e dello Stato Maggiore Italiano),
nell’Operazione Schwarz (disarmo e internamento dei militari italiani) e nell’Operazione Achse
(cattura dell’intera flotta).
Iniziò così, e proseguì per tutto il mese di agosto, l’afflusso in Italia di grandi unità tedesche, le
quali occuparono le posizioni prescelte per l’esecuzione dei loro compiti senza richiedere
autorizzazioni da parte italiana. Il 18 agosto 1943, le operazioni preliminari del piano furono
concluse, ed in Italia si trovarono così schierate diciassette divisioni, due brigate e numerosi
elementi non indivisionati, per un totale di circa 150.000 uomini. Al contempo, da parte italiana,
iniziarono i contatti con gli Alleati: convinti di poter negoziare un armistizio, Vittorio Emanuele III
e Badoglio non si resero inizialmente conto che gli Alleati erano disposti soltanto a definire le
modalità tecniche della cessazione delle ostilità e della consegna dell’intera flotta da battaglia,
restando inteso che i termini politici della questione erano fissati nella formula della “resa
incondizionata”.
Frattanto, il 15 agosto, Italiani e Tedeschi concordavano il rimpatrio nella penisola della 4a Armata
dalla Francia Meridionale, di alcune divisioni dalla Slovenia e di un certo numero di battaglioni dei
Carabinieri e della Guardia di Finanza dalla Grecia per ragioni di tutela dell’ordine pubblico. Nei
confronti dei Tedeschi, Governo e Stato Maggiore furono dominati dalla consapevolezza della
superiorità dell’avversario, e si aggrapparono tenacemente all’illusione di non dover giungere allo
scontro diretto, scegliendo la strada della riaffermazione della fedeltà all’alleato: è quanto fece
Vittorio Emanuele III il 7 settembre all’Ambasciatore tedesco a Roma Rudolf Rahn ed il Generale
Mario Roatta al Maresciallo Albert Kesserling nel pomeriggio dell’8, quando le radio alleate già
stavano diffondendo la notizia dell’armistizio, firmato a Cassibile già il 3 settembre segretamente
dal Generale Giuseppe Castellano, per conto di Badoglio, e dal Generale Walter Bedell Smith in
rappresentanza degli Alleati.
Solo a tarda sera, ed esattamente alle 19:45, il Maresciallo Pietro Badoglio dava annuncio via radio
dell’avvenuta sottoscrizione dell’armistizio:
“Il Governo Italiano, riconosciuta l’impossibilità di continuare l’impari lotta contro la
soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi
sciagure alla Nazione ha chiesto un armistizio al Generale Eisenhower, Comandante in
capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta.
Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare
- 37 -
da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi
di qualsiasi altra provenienza54
”.
Molti comandi italiani furono colti di sorpresa; non fu così per i Tedeschi che aggredirono ovunque,
sia sul territorio nazionale che all’estero, le forze italiane. Solo il Comando Generale della Guardia
di Finanza, grazie a piani predisposti per tempo, e decisi dal nuovo Comandante Generale, Generale
di Corpo d’Armata Aldo Aymonino valutò la situazione, orientando al meglio i comandi dipendenti:
le diserzioni furono ridotte al minimo, l’intera catena di comando continuò a funzionare e a
costituire anche un punto di riferimento per le centinaia di Finanzieri che in modo più o meno
avventuroso riuscirono a rientrare in Italia. Con la Circolare del 15 settembre 1943, il Generale
Aymonino dava le istruzione necessarie affinché la Guardia di Finanza continuasse ad “osservare e
di fare osservare scrupolosamente le leggi vigenti e le norme che le autorità militari e quelle civili
competenti55
” si fossero trovate ad emanare.
54 Testo dell'armistizio tra l'Italia e le forze alleate letto dal Maresciallo Pietro Badoglio alle ore 19.42 dalla stazione EIAR di Roma
55 Circolare N. 964/R.O. del 15.09.1943 “Istruzioni generale di servizio per la Regia Guardia di Finanza (Ramo Terra e Ramo Mare)”
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~ 9 ~
LA SITUAZIONE DELLA GUARDIA DI FINANZA ALLA DATA DELL’ARMISTIZIO
Alla data dell’armistizio, la forza della Guardia di Finanza, ammontava a 51.133 uomini, di cui
18.652 richiamati dal congedo; 26.253 erano impiegati in compiti bellici, ovvero nei Battaglioni
Mobilitati (Jugoslavia, Dalmazia, Montenegro, Albania, Grecia e Dodecaneso), nella difesa
costiera, a disposizione della CSIAF, la Commissione Italiana di Armistizio con la Francia, e nella
difesa di fabbriche e impianti industriali; ben 24.880 erano addetti al servizio d’istituto,
comprendente peraltro anche i compiti di concorso al mantenimento dell’ordine pubblico e di
polizia economica, direttamente connessi allo stato ed anche lotta al mercato nero56
.
La parte operativamente più significativa, i 9950 appartenenti ai reparti mobilitati era inquadrata in
diciotto battaglioni e due compagnie autonome, dislocate dalla Francia Meridionale a Creta e negli
equipaggi delle unità navali dipendenti dai comandi operativi della Regia Marina. L’Accademia di
Roma svolgeva i suoi normali corsi, biennale per allievi ufficiali ed annuale di applicazione,
soltanto con un numero poco superiore di frequentatori rispetto al tempo di pace.
Erano stati anche trasferiti nella Guardia di Finanza, per concorso, una cinquantina di ufficiali di
complemento del Regio Esercito laureati in discipline economico-giuridiche. Specificatamente per
quanto riguarda il personale mobilitato all’estero, alle dipendenze dei comandi del Regio Esercito
per servizi di presidio e compiti di difesa costiera e di controguerriglia, la situazione era la seguente:
in Francia, Battaglione Mobilitato di Nizza e Annemasse (con in aggiunta una
compagnia dislocata in Corsica);
in Slovenia, IX e X Battaglione Mobilitato;
in Dalmazia, IV, XI e XIV Battaglione Mobilitato, Compagnia Autonoma di
Cerquenizza, Stazione Navale di Spalato;
in Montenegro, II e VI Battaglione Mobilitato e Compagnia Autonoma di Cattaro;
in Albania, III, VII e XV Battaglione Mobilitato, Legioni di Tirana e Scutari;
in Grecia, I, V, VIII, XII, XIII, XVI Battaglione Mobilitato (erano poi presenti diverse
compagnie di Finanzieri nelle isole italiane dell’Egeo).
Tra le responsabilità più gravi e meno spiegabili di chi gestì il problema drammatico del
cambiamento di fronte si colloca, quindi, la mancanza di qualunque predisposizione riguardante le
forze, oltre 500.000 uomini, dislocate nei Balcani, in Grecia e nelle Isole dell’Egeo. Nulla fu fatto
per contrastare le misure preliminari dell’Operazione Alarico, per organizzare preventivamente la
concentrazione delle truppe in teste di ponte in vista di un successivo imbarco e per ottenere
56 Circolare N. 897/R.O. del 28.08.1943 “Norme particolari del Regia Guardia di Finanza durante l’attuale periodo bellico”
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l’appoggio alleato allo scopo di avere la collaborazione dei movimenti di resistenza. Riuscirono in
buona parte a salvarsi solo le truppe della 4a Armata, che, in base a precedenti accordi con i
Tedeschi, stavano rientrando dalla Francia Meridionale.
Anche il battaglione della Guardia di Finanza presente a Nizza aveva già ricevuto l’ordine di
rimpatrio, e nella giornata del 9 settembre da Ventimiglia raggiunse Cuneo e poi Torino, dove fu
sciolto. Furono invece internati parte dei militari della compagnia di Finanzieri di Tolone, mentre
quelli della compagnia dislocata in Corsica, dopo aver partecipato ai combattimenti intorno a
Bastia, si trasferirono in Sardegna alla fine di ottobre. Un altro battaglione, con comando ad
Annemasse, al quale era affidata la vigilanza del tratto di confine franco-svizzero tra il Mont Dolent
ed il Lago di Ginevra, presidiato dagli Alpini del XX Raggruppamento Sciatori, passò quasi al
completo la frontiera ed i suoi componenti trovarono rifugio in Svizzera.
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GLI AVVENIMENTI IN ITALIA A SEGUITO DELL’ARMISTIZIO
I comandi militari in Italia e all’estero seppero dell’armistizio, come i comuni cittadini, dal
messaggio del Maresciallo Badoglio, diffuso dalle stazioni radio dell’EIAR alle 19:45 dell’8
settembre 1943. Il giorno dopo, 9 settembre, il Re, il Capo del Governo, il Capo di Stato Maggiore
Generale e dell’Esercito, decisero di rinunciare sia alla difesa di Roma che al progettato
trasferimento a La Maddalena, essendo il litorale controllato per buona parte dai Tedeschi, e di
raggiungere la costa adriatica per portarsi successivamente a sud, in una località che non fosse
occupata né dai soldati tedeschi né dagli Anglo-Americani.
Intorno alla Capitale, comunque, i combattimenti si protrassero fino al pomeriggio del 10 settembre
quando, alle 16:30, entrò in vigore la tregua stipulata con il Maresciallo Kesserling. La Guardia di
Finanza non ebbe modo di prendervi parte, poiché non disponeva nella zona di Roma di reparti
mobili, mentre nelle scuole erano presenti solo pochi elementi del quadro permanente, essendo gli
allievi in licenza estiva. Furono in ogni modo attuati i piani di difesa delle caserme e presidiati gli
obiettivi sensibili: il Ministero delle Finanze, l’Istituto Poligrafico, la Zecca e la Banca d’Italia.
La Scuola Sottufficiali di Ostia fu occupata di sorpresa da un reparto di paracadutisti tedeschi la
sera dell’8 settembre stesso. Il comandante, gli ufficiali ed i pochi uomini del quadro permanente
presenti furono riuniti in un collegio vicino dove venivano raccolti i colleghi rastrellati lungo il
litorale. Il mattino successivo, un ufficiale tedesco, alla presenza del Capitano Enzo Stanzani,
rimasto a rappresentare il comando, riunì i Finanzieri, li lasciò liberi e li invitò a tornarsene a casa.
Il Capitano Stanzani si fece allora avanti e, dopo aver ordinato di non tenere conto delle parole del
comandante tedesco, invitò i suoi uomini a raggiungere al più presto il Comando Generale della
Guardia di Finanza a Roma: fece poi “rompere le righe” senza che alcun soldato tedesco
intervenisse.
Nella Capitale, per il mantenimento dell’ordine pubblico, furono disposti tre battaglioni della
Divisone Piave, un’aliquota di circa 4000 Carabinieri Reali, quasi 1500 uomini appartenenti alla
Polizia Africa Italiana e alla Polizia Metropolitana ed un contingente di Finanzieri appartenenti alla
9a Legione Territoriale e alla Legione Allievi. Furono tutti posti alle dipendenze del neo costituito
Comando Forze di Polizia della Città Aperta, mentre i militari della Guardia di Finanza furono posti
alle dirette dipendenze del Comando Guardia di Finanza della Città Aperta, agli ordini del Generale
Filippo Crimi, Comandante della zona di Napoli ma rimasto bloccato nella Capitale a seguito degli
avvenimenti legati all’armistizio. Nel resto d’Italia, l’assunzione del controllo da parte della
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Wermacht avvenne senza eccessiva difficoltà, malgrado i tentativi di resistenza posti in essere dalle
forze italiane.
A Bari, i Finanzieri intervennero il 9 settembre contro un drappello di Tedeschi incaricati di
distruggere le installazioni portuali, costringendoli ad asserragliarsi nell’edificio della dogana
ingaggiando un aspro conflitto a fuoco nel corso del quale cadde il Finanziere Luigi Partipilo,
decorato poi con Medaglia d'Argento al Valor Militare alla Memoria:
“Mentre alcuni Tedeschi occupavano i punti strategici dell'ospedale consorziale per
dare la possibilità ad altra forza tedesca di compiere atti di sabotaggio nel porto di
Bari, volontariamente accorreva sul posto unendosi ai reparti che incalzavano il
nemico rispondendo col proprio fuoco a quello avversario. Colpito da proiettile sparato
da breve distanza, pagava con la vita il suo atto di ardimento dando così esempio di
coraggio, sprezzo del pericolo e amor di Patria. Bari, 9 settembre 194357
”.
La compagnia stanziata a Piombino partecipò alla difesa del porto contro un tentativo di sbarco di
truppe tedesche da alcune motozattere: negli scontri iniziati il 10 settembre 1943, rimase ucciso il
Sottobrigadiere Vincenzo Rosano, mentre organizzava la difesa. In uno scontro a Livorno, invece,
caddero il Maresciallo Maggiore Gaetano Russo, Comandante della Brigata Calate, ed il Finanziere
Mario Guidelli. A Fortezza, in provincia di Bolzano, i Tedeschi assaltarono la locale caserma delle
Fiamme Gialle: nei combattimenti che ne seguirono, cadde il Finanziere Scelto Giuseppe Gardella,
decorato di Medaglia di Bronzo al Valore della Guardia di Finanza alla Memoria:
“Finanziere appartenente alla Brigata Stanziale di Fortezza, Bolzano, nelle tragiche
ore susseguenti alla dichiarazione d’armistizio dell’8 settembre 1943, impegnò un
impari combattimento contro una formazione tedesca che tentava di assaltare la
caserma ove prestava servizio, venendo mortalmente ferito dopo eroica resistenza.
Fulgido esempio di attaccamento al dovere e di nobili virtù militari dettate fino
all’estremo sacrificio. Fortezza, Bolzano, 9 -10 settembre 194358
”.
Non mancarono incidenti anche gravi: a Napoli due Finanzieri, Salvatore Spiridigliozzi e Ludovico
Papini, trovati in possesso di armi, furono fucilati il 12 settembre insieme ad altri due militari; in
analoghe circostanze venne gravemente ferito, a Voltri, in provincia di Genova, l’Appuntato
Antonio Fontana. Nel giro di pochi giorni, comunque, le forze tedesche assunsero il controllo del
territorio, almeno per quanto riguarda i centri abitati di qualche consistenza e le vie di
comunicazione.
57 Decreto Legge del 18 luglio 1944
58 Decreto del Presidente della Repubblica del 31 ottobre 2007
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Sul confine svizzero, le brigate della Guardia di Finanza si adoperarono per agevolare il passaggio
in territorio neutrale di militari sbandati e, a volte, di interi reparti, di prigionieri di guerra evasi e di
perseguitati politici e razziali, tra i quali decine di ebrei stranieri. Passarono in Svizzera anche
numerosi Finanzieri, gran parte dei quali tornarono ai reparti dopo pochi giorni. Degno di
menzione, il Capitano Leonardo Marinelli, Comandante della Compagnia di Madonna di Tirano
che, il 12 settembre 1943, guidò i suoi Finanzieri in una disperata corsa per salvare il maggior
numero di uomini.
Storie di eroismo nei drammatici mesi successivi l’armistizio, furono compiuti da tantissimi soldati,
marinai, avieri, carabinieri e Fiamme Gialle. Dalla strenua difesa di Porta San Paolo a Roma al
triste epilogo della Corazzata Roma agli ordini dell’Ammiraglio Carlo Bergamini, fiumi di
inchiostro sono stati già scritti. E, proprio per questo, cercare di narrare i fatti che coinvolsero la
Guardia di Finanza non è stato certamente facile, sia per la scarsità di notizie a riguardo, sia perché
considerato, a torto, un argomento di secondo piano dalla storiografia bellica. Solo di recente, grazie
anche all’opera del Museo Storico della Guardia di Finanza di Roma, si viene piano piano a
conoscenza di azioni individuali e collettive, di singoli militari come di interi reparti, non certo
meno eroiche di quelle ricordate.
In Abruzzo, immolò la sua giovane vita l’Allievo Finanziere Livio Cicalé che venne catturato dai
militari tedeschi e poi fucilato perché, durante un’azione militare, si era attardato per soccorrere un
partigiano rimasto ferito nel precedente scontro a fuoco. Gli è stata concessa la Medaglia d’Argento
al Valor Militare alla Memoria:
“Dopo l’armistizio si arruolava tra i primi nelle formazioni partigiane, distinguendosi
per coraggioso comportamento. Nel corso di un’ardita azione, già disimpegnatosi con i
suoi, tornava indietro per raccogliere un ferito. Caricatosi il compagno sulle spalle, ma
inseguito e raggiunto, impegnava combattimento fino all’ultima cartuccia. Catturato,
percosso, lungamente e barbaramente seviziato, manteneva fiero ed esemplare
contegno, non rinnegando la sua fede e nulla rivelando. Fucilato, cadeva nel nome
d’Italia. Tolentino Sforzacosta, Macerata, 17 aprile 194459
”.
A Monte Morello, nel luglio 1944, il Finanziere Pietro Ferrantini, già appartenente al IX
Battaglione Mobilitato, si unì fin da subito alle formazioni partigiane all'indomani dell'armistizio.
Durante un rastrellamento compiuto dalle forze tedesche, rimaneva ucciso durante un duro scontro a
fuoco. È stato insignito di Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla Memoria:
“Già bravo Finanziere, accorreva all'armistizio al richiamo della lotta per la libertà,
distinguendosi per capacità, spirito di iniziativa e coraggio in più combattimenti.
59
Decreto del Presidente della Repubblica del 28 luglio 1950
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Durante un duro rastrellamento avversario, rimasto solo, dopo ore di cruenta lotta,
resisteva impavidamente alla soverchiante pressione nemica finché, sopraffatto,
immolava la sua vita per la libertà della Patria. Monte Morello, 14 luglio 194460
”.
Oppure storie come quella del giovane Finanziere Attilio Martinetto, volontario sul fronte jugoslavo
nel 1940. Colto quasi alla sprovvista dall’armistizio, riuscì a tornare in Italia, raggiungendo la
provincia di Cuneo dove, nella cittadina di Castello Alfredo, fu tra gli organizzatori del locale
gruppo di resistenza alle truppe tedesche. Infiltratosi all’interno del controspionaggio fascista, si
distinse per la preziosissima attività informativa politico-militare e di collegamento fra i vari
comandi partigiani. Arrestato il 25 novembre 1944, dopo essere stato scoperto, nonostante una
rocambolesca fuga, venne fatto nuovamente prigioniero assieme alla moglie, Anna Maria Comandù,
staffetta partigiana. Tradotto nel carcere di Cuneo, il 25 aprile 1945, veniva fucilato da un plotone
delle Brigate Nere, assieme ad altri quattro prigionieri. Alla sua memoria è stata conferita la
Medaglia d’Oro al Valore della Guardia di Finanza:
“Giovane e ardente Finanziere, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 aderiva alla
resistenza, aggregandosi ad una Divisione Partigiana che lo incaricava di svolgere
delicate e pericolose azioni informative. Infiltratosi nell’ufficio politico di una Questura
Fascista Repubblicana, forniva preziose informazioni che consentirono di evitare la
cattura di numerosi partigiani. In tale veste riusciva a far pervenire ai Comandi
partigiani il piano dettagliato per l’attacco alla città di Alba, proclamatasi repubblica
autonoma, consentendo ai difensori di protrarre la resistenza oltre ogni logico limite.
Catturato dai Fascisti, riusciva a fuggire, ma si riconsegnava ai suoi carnefici per
ottenere la liberazione della sua giovane sposa, presa in ostaggio. Dopo interminabili
sevizie, veniva fucilato assieme ad altri compagni nel giorno della liberazione, dando
esempio di luminoso spirito di sacrificio, eccezionale senso del dovere, prorompente
anelito alla libertà ed eroico sprezzo della morte. Castello Alfredo, Cuneo, 8 settembre
1943-25 aprile 194561
”.
Il Maresciallo Capo Francesco Niglio, deceduto nel 1951 per cause naturali, come semplice
Finanziere, il 9 settembre 1943 coadiuvava le truppe americane della 5a Armata che, sbarcate a
Salerno, stavano risalendo la penisola, con compiti di controspionaggio. Il suo contributo è stato
determinante nello scoprire e catturare numerose spie, infiltratesi tra i gruppi partigiani, che
operavano per i Tedeschi. In segno di gratitudine per l’opera svolta, gli è stata conferita la Medaglia
d’Argento al Valore della Guardia di Finanza:
60 Decreto del Presidente della Repubblica del 22 febbraio 1971
61 Decreto del Presidente della Repubblica del 31 ottobre 2007
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“Finanziere di eccellenti doti militari, trovandosi in licenza presso la propria famiglia
in occasione dell’armistizio dell’8 settembre 1943, si presentava spontaneamente alla
locale Brigata, ottenendo l’autorizzazione a prestarvi servizio temporaneo. Dopo aver
coadiuvato le truppe della 5a Armata americana sbarcate nel Golfo di Salerno il 9
settembre 1943, fu successivamente impiegato nel Servizio di Controspionaggio presso
le Forze Armate Alleate. Si prodigava, in continuo rischioso lavoro, spesso sotto il
fuoco nemico, in numerose azioni di guerra, nel corso delle quali dava prova di
ardimento e di perizia. Nello scoprire e catturare numerosi agenti segreti alle
dipendenze dei Tedeschi, contribuiva fattivamente al buon esito della guerra di
liberazione. Castellabate, Salerno, e territorio nazionale, 8 settembre 1943-11 luglio
194562
”.
Lo stesso spirito animò il Sottotenente Giuseppe Osana, nelle regioni del Veneto e del Friuli
Venezia Giulia, aiutando ed armando i locali gruppi partigiani che si erano andati formando
all’indomani della caduta del Fascismo il 25 luglio 1943 e alla firma dell’armistizio. Con gli uomini
posti al suo comando, riusciva a svolgere numerose azioni contro le truppe tedesche. Al suo ricordo
è legata la Medaglia d’Argento al Valore della Guardia di Finanza conferitagli dopo la sua
scomparsa:
“Durante la dominazione fascista, teneva salda la tradizione di fedeltà alla Patria della
Guardia di Finanza, partecipando con grave rischio personale all’attività del fronte
clandestino. Si prodigava nel fornire ai partigiani armi, munizioni ed ogni
equipaggiamento e svolgeva un’intensa attività informativa a favore dei patrioti.
Sfuggito avventurosamente all’arresto, assumeva il comando di un Battaglione
partigiano, con il quale partecipava a numerose azioni contro gli occupanti. Nobile
esempio di virtù militari e civili. Friuli-Veneto, 8 settembre 1943-25 aprile 194563
”.
62 Decreto del Presidente della Repubblica del 31 ottobre 2007
63 Decreto del Presidente della Repubblica del 31 ottobre 2007
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IL DRAMMA DI CEFALONIA E CORFÙ
Anche il Corpo della Guardia di Finanza fu duramente colpito, in perdite militari, dalla tragedia
connessa agli eventi verificatisi nelle Isole Jonie, specialmente a Cefalonia e a Corfù, all’indomani
dell’armistizio dell’8 settembre 1943.
Nelle isole greche era stanziato il I Battaglione Mobilitato, presente nell’area fin dall’aprile 1941,
con compiti di difesa costiera, polizia militare e vigilanza finanziaria ed economica, presso depositi
merci, magazzini, strade e porti: proprio durante l’espletamento di tali compiti, il 22 luglio 1941,
nella rada di Katalios, sulla costa meridionale di Cefalonia, furono uccisi i Finanzieri Francesco
Caddeo e Enrico Martinelli. Forte di oltre 800 uomini, il I Battaglione, suddiviso in cinque
compagnie, era comandato dal Capitano Luigi Bernard, il quale aveva anche a disposizione
motovedette e unità navali minori per svolgere compiti di polizia costiera e di controllo tra le isole
dell’arcipelago.
L’armistizio portò con sé incertezza di comportamento, ordini contradditori provenienti dai
comandi in Patria e intimazioni alla resa da parte delle truppe tedesche della Wermacht stanziate
nell’arcipelago. Alla data dell’armistizio, il I Battaglione Mobilitato era così dislocato:
Isola di Corfù: Comando di Battaglione, 1a e 3
a Compagnia Fucilieri (circa 400 uomini);
Isola di Cefalonia e Itaca: 4a Compagnia Mitraglieri, rinforzata da elementi della 2
a e 5
a
Compagnia Fucilieri (circa 250 uomini);
Isola di Leucade: due plotoni della 2a Compagnia Fucilieri (circa 100 uomini);
Isola di Zante: due plotoni della 5a Compagnia Fucilieri (circa 80 uomini);
Isole minori: una squadra di Fucilieri per ogni isola (circa 50 uomini).
Il 9 settembre, il Capitano Bernard, così come era stato disposto dal Comando Generale della
Guardia di Finanza, diede ordine a tutti i reparti dipendenti di attenersi alle decisioni dei singoli
comandi di presidio. Anche questo, non permise ai Finanzieri, così come alle altre forze militari, di
comportarsi univocamente, lasciando aperte le tre soluzioni possibili: aderire alla resa e, di
conseguenza farsi internare; dissociarsi ed agire contro i Tedeschi; tentare il rimpatrio via mare.
Solo il 14 settembre era consegnata ai Tedeschi la seguente nota:
“Per ordine del Comando Supremo italiano e per volontà degli ufficiali e dei soldati, la
Divisione Acqui non cede le armi. Il Comando Supremo tedesco, sulla base di questa
decisione, è pregato di presentare una risposta definitiva entro le ore 09:00 di domani
15 settembre64
”.
64 Comunicazione del Generale Antonio Gandin, Comandante della Divisione Acqui a Cefalonia, alle forze tedesche stanziate
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A questo punto, i Finanzieri di Cefalonia e Corfù, fallita ogni diversa trattativa, scelsero di seguire
la stessa strada della Divisione di Fanteria Acqui del Generale Antonio Gandin, ovvero la difesa ad
oltranza contro i Tedeschi, nell’attesa di aiuti militari alleati provenienti dall’Italia. Di quanto
avvenne agli uomini della Guardia di Finanza della 4a Compagnia Mitraglieri a Cefalonia le notizie
sono ancora oggi poche e frammentarie: l’unica certezza è che l’isola non ha restituito al Corpo
nessun ufficiale.
A Corfù, invece, in seguito ai primi scontri del 13 settembre, il Capitano Bernard ed i suoi
Finanzieri, dopo aver disarmato e fatto prigionieri i militari tedeschi del distaccamento portuale,
nonostante gli intensi bombardamenti aerei della Luftwaffe, che causarono, oltre alla morte del
Capitano Francesco Cultrona, Comandante della 1a Compagnia Fucilieri, vasti e pericolosi incendi,
riuscirono a sgomberare un deposito di munizioni ubicato nel porto. Al Capitano Cultrona sarà così
conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla Memoria:
“All’atto dell’armistizio, ricevuto ordine di imbarcarsi per rientrare in territorio
metropolitano, chiedeva ed otteneva di condividere la sorte dei commilitoni che,
rifiutando le offerte di resa, si approntavano alla lotta. Nel corso di intenso
bombardamento aereo, nel tentativo di attraversare una zona intensamente battuta per
raggiungere i propri uomini maggiormente esposti, cadeva nell’assolvimento del nobile
compito impostosi. Corfù, 9-25 settembre 194365
”.
Con l’attacco finale tedesco, del 24 settembre 1943, con lo sbarco nella laguna di Corissa di altri
rinforzi e con la distruzione delle batterie costiere di difesa, terminò la resistenza delle truppe
italiane. Il Capitano Bernard, come la maggior parte degli ufficiali, fu, dapprima, tenuto prigioniero
sull’isola e, successivamente, nel mese di ottobre, internato: per le sue azioni verrà insignito della
Medaglia di Bronzo al Valor Militare:
“Assunto il comando di un battaglione pochi giorni prima dell’armistizio, partecipava
con entusiasmo alla lotta intrapresa contro preponderante avversario. Incurante del
rischio, si prodigava, sotto continui e massicci bombardamenti aerei, per la
prosecuzione della resistenza fino all’estremo limite e per il recupero di ingenti
quantitativi di materiale bellico. Volontariamente partecipava a varie rischiose azioni,
trascinando con lo esempio i propri uomini. Quando ormai le sorti della lotta erano
decise, rifiutava la possibilità offertagli di porsi in salvo e continuava a combattere fino
sull'isola, 14 settembre 1943
65 Decreto del Presidente della Repubblica del 16 ottobre 1954
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a che, caduti gli altri presidi, era costretto a cedere alla schiacciante superiorità
avversaria. Corfù, settembre 194366
”.
Numerosi furono anche i Finanzieri che, grazie all’aiuto della popolazione locale, riuscirono a
rientrare in Italia con mezzi di fortuna. Da ricordare che nel corso delle esecuzioni di massa seguite
alla capitolazione della Divisione Acqui a Cefalonia, furono fucilati tutti gli ufficiali presenti
sull’isola: il Capitano Francesco La Rosa, il Sottotenente Pasquale Ciancarelli ed il Sottotenente
Lelio Triolo, quest’ultimo prelevato dall’ospedale da campo, sito ad Argostoli. Fucilato sarà anche
il Finanziere Lionello De Mita, che aveva svolto per tutta la durata dei combattimenti il ruolo di
staffetta e che gli varrà la Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla Memoria:
“Staffetta presso un reparto dislocato oltremare, durante tragiche giornate di lotta
contro un nemico preponderante per uomini e mezzi, assolveva il proprio compito
incurante del pericolo, percorrendo ripetutamente un itinerario scoperto, intensamente
battuto dal bombardamento e mitragliamento aereo. Catturato, affrontava stoicamente
la fucilazione cui era stato condannato per l’ardimentoso servizio svolto. Cefalonia,
settembre 194367
”.
Inoltre, dal 9 al 25 settembre 1943, numerosi furono gli atti eroici compiuti da singoli uomini: il
Tenente Renato Benini, a Corfù, durante un bombardamento tedesco, riusciva a mettere al sicuro
armi e munizioni dalle fiamme di un incendio che era scoppiato, meritando per l’azione la Medaglia
di Bronzo al Valor Militare:
“Aiutante Maggiore di Battaglione dislocato in un’isola lontana dalla Madrepatria,
all’atto dell’armistizio, partecipava con slancio alla lotta intrapresa contro il
preponderante avversario. Nel corso di massiccio bombardamento aereo, incurante del
grave rischio, si prodigava per salvare dalle fiamme armi e munizioni, trascinando con
l’esempio i propri dipendenti. Caduto un Comandante di Compagnia, lo sostituiva
portandosi volontariamente nelle località più esposte dove galvanizzava gli uomini
nella disperata resistenza. Corfù, 9-25 settembre 194368
”.
Si ricordano poi il coraggio del Finanziere Fernando Rondelli che, nonostante fosse stato
gravemente ferito dallo scoppio di una bomba di aereo, rifiutava ogni cura, continuando a
combattere fino all'ultimo respiro; quello del Finanziere Francesco Di Sabatino che, sfidando il
fuoco nemico, riusciva a portare in salvo una mitragliatrice e, in seguito, alla testa di pochi uomini,
attaccava arditamente una posizione tedesca; o quello del Finanziere Giorgio Lorefice che,
66 Decreto del Presidente della Repubblica del 26 settembre 1954
67 Decreto del Presidente della Repubblica del 16 ottobre 1954
68 Decreto del Presidente della Repubblica del 16 ottobre 1954
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nonostante un incessante bombardamento aereo, riusciva a domare un incendio scoppiato
all’interno di un deposito munizioni e carburante; infine, quello del Finanziere Luigi D’Onofrio che
riusciva a portare in salvo alcuni colleghi da un edificio in fiamme.
In totale, per i fatti d’arme nelle Isole Jonie, il I Battaglione Mobilitato annovererà 57 caduti e
numerosi feriti e a dimostrazione del valore dei suoi militari, sarà concessa allo Stendardo del I
Battaglione Mobilitato la Medaglia d’Oro al Valor Militare:
“Temprato in numerosi aspri combattimenti, tenace nelle lotte più cruente, temerario
negli ardimenti, pervaso da indomito spirito guerriero, teneva fede alle leggi dell’onore
militare, a fianco dei Reparti della Divisione Acqui nella tragica ed eroica resistenza di
Cefalonia e di Corfù, dava largo, generoso contributo di sangue, battendosi in
condizioni disperate ed immolandosi in glorioso olocausto alla Patria. Cefalonia-
Corfù, 9-25 settembre 194369
”.
69 Decreto del Presidente della Repubblica del 28 giugno 1950
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LA SORTE DEI FINANZIERI NEI BALCANI E IN DALMAZIA
Tra i reparti dislocati in Slovenia e sul litorale croato-dalmata, la Compagnia Autonoma di
Cerquenizza effettuò il movimento via mare per il rimpatrio nella stessa giornata dell’8 settembre e
giunse senza danni a Trieste. Molto avventurosa fu, invece, la marcia del IX Battaglione Mobilitato,
inquadrato nella Divisione Isonzo, condotto dal suo Comandante, Maggiore Raffaello Tani, da
Novo Mesto, attraverso il Carso insediato dai partigiani slavi, fino al capoluogo giuliano, per poi
sciogliersi a Milano, sede del suo centro di mobilitazione.
Il personale del X Battaglione Mobilitato rimase in servizio a Lubiana fino alla fine di ottobre,
rimpatriando a scaglioni, mentre quello dei distaccamenti minori in parte fu catturato o si unì ai
partigiani, in parte riuscì a passare il confine. Il Comando della Guardia di Finanza della Dalmazia,
agli ordini del Colonnello Gaetano Simoni, aveva sede con l’XI Battaglione Mobilitato a Zara, città
dove le forze italiane furono mantenute in servizio fino allo sgombero da parte dei Tedeschi,
nell’autunno del 1944. I Finanzieri di stanza nel capoluogo furono rimpatriati gradualmente, mentre
quelli presenti a Sebenico si dispersero o furono internati. Numerosi militari dalle isole
dell’arcipelago dalmata riuscirono a raggiungere la costa italiana con mezzi di fortuna. Fu così per i
componenti dei Distaccamenti di Brazza, Lesina e Lissa, e per l’intera 2a Compagnia del XIV
Battaglione Mobilitato dislocata a Curzola.
Più difficile la situazione dei presidi nei centri maggiori della costa, Spalato e Cattaro, formalmente
annessi al Regno d’Italia, e Ragusa nel territorio dello Stato croato. Nei primi due, capoluoghi di
provincia del Governatorato della Dalmazia, la Guardia di Finanza svolgeva il suo normale servizio.
Subito dopo l’annuncio dell’armistizio, il Governo di Zagabria proclamò l’annessione dell’intero
territorio dalmata, accingendosi a prenderne possesso con l’appoggio delle forze germaniche.
I comandi italiani si trovarono così a dover fronteggiare due aggressioni contrapposte: quella
tedesca che mirava al disarmo ed all’internamento delle truppe italiane, e quella dei partigiani
dell’Esercito di Liberazione del Maresciallo Josip Broz Tito, che esigevano a loro volta la consegna
delle armi. In questa situazione ebbe effetto determinante, per i tragici sviluppi successivi, l’ordine
emanato personalmente da Hitler il 10 settembre, in base al quale i comandanti e gli ufficiali dei
reparti italiani che avessero opposto resistenza sarebbero stati fucilati.
A Spalato, Finanzieri del IV Battaglione Mobilitato, agli ordini del Maggiore Aldo Duce, dopo aver
eseguito l’ordine di consegnare le armi ai partigiani furono raccolti in tre campi di concentramento.
Occupata la città, i Tedeschi sottoposero a corte marziale 450 ufficiali, tra cui sei della Guardia di
- 50 -
finanza, e ne scelsero quarantasei da fucilare, della Divisione Bergamo: gli altri furono avviati ai
campi di internamento in Polonia, come i sottufficiali ed i militari di truppa.
A Ragusa, nei combattimenti che seguirono all’annuncio dell’armistizio e che si protrassero fino al
13 settembre, caddero il Sottotenente Giovanni Cimone, il Sottobrigadiere Giovanni Parrella ed i
Finanzieri Sante Ciocchini, Elia De Stasio, Panfilo Pizzoferrato e Pietro Rossi, tutti del XIV
Battaglione Mobilitato. In Montenegro, dove erano presenti il II ed il VI Battaglione Mobilitato e la
Compagnia Autonoma di Cattaro, i combattimenti si protrassero fino al 15 settembre, ed il
Comandante della Compagnia Autonoma, Capitano Nino Secci, ebbe il comando di un reparto
misto di circa duecento Finanzieri, Artiglieri ed Alpini: cadde in combattimento il Sottobrigadiere
Aurelio Terravazzi.
Costituitasi la Divisione Garibaldi, alleatasi con l’Esercito di Liberazione Jugoslavo, ne entrarono a
far parte il VI Battaglione (Maggiore Annibale Lanzetta) e successivamente il XV Battaglione
(Maggiore Antonio Frattasio), giunto a marce forzate dal Kosovo. Del XV Battaglione Mobilitato
faceva parte il Capitano Arturo Avanzi che, dopo una lunga marcia assieme alla sua compagnia, e
dopo aver sostenuto numerosi scontri a fuoco con i reparti tedeschi presenti in Albania e in
Montenegro, riuscì a ricongiungersi al resto del Battaglione. Catturato in seguito, veniva fatto
prigioniero ed avviato nei campo di concentramento. Per queste sue azioni era insignito della
Medaglia di Bronzo al Valor Militare:
“Dopo l'armistizio, con fedeltà e con decisione, si congiungeva con il comando del suo
Battaglione, affrontando lunga e difficile marcia contro bande albanesi passate al
servizio dei Tedeschi. Sosteneva, poi, col suo reparto numerosi scontri, particolarmente
distinguendosi nella difesa di Berane. Prigioniero in combattimento rifiutava di
collaborare affrontando, in piena coscienza, il duro calvario dei campi di
concentramento. Albania-Montenegro, settembre-dicembre 194370
”.
In Albania, dopo che i Tedeschi avevano occupato gli aeroporti del Paese e i porti di Durazzo e
Valona durante lo svolgersi delle trattative con i comandi italiani, costrinsero i reparti dell’Esercito,
da cui dipendevano il III, il VII ed il XV Battaglione Mobilitato e le Legioni di Tirana e di Scutari,
a cedere le armi. Una tragica fine farà una colonna di Finanzieri agli ordini del Maggiore Luigi
Sechi che, aggregata ad un reparto dei Carabinieri, il 18 settembre 1943 sarà disarmata dai
partigiani e massacrata.
70 Decreto del Presidente della Repubblica del 17 luglio 1951
- 51 -
~ 13 ~
IL DESTINO DELLA GUARDIA DI FINANZA IN GRECIA
Anche ad Atene, al comando dell’11a Armata, ai cui ordini erano posti dei piccoli nuclei di
Finanzieri, l’8 ed il 9 settembre sono passati nella più totale incertezza. Ma dopo che fu dato
l’ordine di disarmo ai reparti italiani, i Tedeschi diedero inizio ai trasporti ferroviari verso i campi
di internamento, sul primo dei quali prese posto il Colonnello Lauro Sinicato, comandante dei
reparti della Guardia di Finanza della Grecia, con il personale del comando e del nucleo di polizia
tributaria di Atene.
Per effetto delle misure di neutralizzazione preventiva, le operazioni di disarmo delle truppe italiane
in Grecia furono concluse con eccezionale rapidità. Gli ufficiali di stanza a Nauplia, nel
Peloponneso, compreso il comando della 2a Compagnia del V Battaglione Mobilitato, furono
catturati nella mattina del 9 settembre. Non mancarono tuttavia episodi di resistenza. Il Tenente
Mario Re, Comandante del Plotone di Missolungi dell’VIII Battaglione, passò ai partigiani con il
suo reparto, ed altrettanto fecero il Tenente Mario Majorana, dello stesso Battaglione, ed il
Sottotenente Attilio Corrubia, Aiutante Maggiore del V Battaglione, il quale, catturato mesi dopo,
fu impiccato sulla piazza di Epidauro, nel Peloponneso. Alla sua memoria è stata conferita la
Medaglia d’Oro al Valor Militare:
“Aiutante Maggiore di Battaglione dislocato nel Peloponneso, riusciva a sottrarsi
all’atto dell’armistizio alla cattura da parte delle truppe tedesche e si aggregava a
banda partigiana greca, seguendone la rischiosa attività. Catturato in seguito a
delazione e sottoposto a sevizie, si rifiutava di fornire qualsiasi elemento che potesse
giovare al nemico. Condannato a morte mediante impiccagione, affrontava la prova
suprema con intrepida fierezza ed ardimentosa serenità. Grecia, settembre 1943-
gennaio 194471
”.
I Finanzieri del XIII Battaglione Mobilitato parteciparono, in Tessaglia, ai combattimenti sostenuti
dalla Divisione Pinerolo, fino al disarmo ed alla disgregazione della grande unità, travolta nel
conflitto interno alla resistenza greca, divisa tra le formazioni monarchiche e quelle di ispirazione
comunista. Il Maggiore Vittorio Martelli, che dopo aver ceduto il comando del XIII Battaglione era
in attesa di rimpatrio, si unì ai partigiani fino a dicembre, quando fu catturato in condizioni di salute
tanto precarie da essere trasferito in Italia; ma il 13 luglio 1944, mentre si trovava presso i propri
familiari a Subbiano, presso Arezzo, fu fucilato in occasione di una rappresaglia.
71 Decreto del Presidente della Repubblica del 5 settembre 1957
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La stessa sorte era toccata, in ottobre, al Capitano Pinto, del IX Battaglione, il quale dopo il
rimpatrio dalla Slovenia aveva tentato di passare le linee per raggiungere l’Italia Meridionale.
Anche i militari italiani della guarnigione di Creta, arresisi dopo un inutile tentativo di ottenere
collaborazione dalla resistenza, furono perseguitati da un destino avverso dopo la cattura. Il
Piroscafo Sintra, che trasportava sul continente molti di loro, fu silurato nella notte del 18 settembre
1943, e persero la vita anche numerosi Finanzieri del XVI Battaglione Mobilitato che si trovavano a
bordo: in tutto, moriranno oltre duemila militari italiani.
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L’INTERNAMENTO DEI MILITARI DELLA GUARDIA DI FINANZA
Riepilogando le diverse sorti dei militari del Corpo della Guardia di Finanza operanti all’estero e sul
territorio nazionale, esse furono comuni a quelle delle altre Forze Armate Italiane ubicate in territori
controllati assieme ai Tedeschi:
a Cefalonia e Corfù, chi sfuggì alla morte nei combattimenti, ai rastrellamenti e alle
successive fucilazioni dei prigionieri, fu internato in Germania (circa 500 Finanzieri del I
Battaglione Mobilitato);
a Lubiana, furono catturati solo una trentina di militari appartenenti al IX Battaglione
Mobilitato, mentre gli uomini del X Battaglione Mobilitato furono rimpatriati in Italia dalle
stesse autorità tedesche;
in Dalmazia furono catturati e internati oltre 150 Finanzieri, in gran parte appartenenti ai
reparti dislocati a Spalato e a Sebenico (IV, XI e XIV Battaglione Mobilitato, Compagnia
Autonoma di Cerquenizza);
altri 800 Finanzieri appartenenti al II e VI Battaglione Mobilitato furono catturati in
Montenegro, mentre altri entrarono a far parte della Divisione Garibaldi;
in Albania, Macedonia e Kosovo furono catturati e internati in Germania circa 800
militari del III, VII e XV Battaglione Mobilitato;
ben pochi, degli oltre 1800 Finanzieri del I, V, VIII, XII, XIII e XVI Battaglione
Mobilitato, sfuggirono alla cattura nella Grecia e nelle isole del Dodecaneso;
nella Francia Meridionale, furono 300 i Finanzieri dei Battaglioni Mobilitati di Nizza e
Annemasse ad essere internati in Germania.
Dei militari dei reparti della Guardia di Finanza ordinari ubicati sul territorio nazionale furono
catturati solo quelli delle unità operanti in Provincia di Bolzano e gli Allievi Finanzieri della Scuola
Alpina di Predazzo, per un totale di circa 300 uomini. Altri 850 Finanzieri furono internati in
Svizzera dopo i ripetuti passaggi di confine seguiti all’armistizio dell’8 settembre. In conclusione,
furono catturati ed internati nei lager tedeschi quasi 5200 militari della Guardia di Finanza e di essi
oltre 230 morirono per fame, maltrattamenti e malattie.
Tra costoro, una particolare menzione va al Finanziere Giovanni Gavino Tolis: aderì fin da subito al
movimento partigiano del nord Italia, per il quale operava come staffetta portaordini, trasportando
clandestinamente lettere e messaggi riservati da o per la Svizzera, nonché svolgendo un
insostituibile opera in favore di ebrei ed antifascisti che tentavano la fuga dai rastrellamenti
tedeschi. Arrestato e deportato in Austria il 14 aprile 1944, il venticinquenne Finanziere morì il 28
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dicembre dello stesso anno nel campo di concentramento di Mathausen, meritando così la Medaglia
d’Oro al Merito Civile:
“Nel corso dell’ultimo conflitto mondiale contribuì alla lotta di liberazione con
l’attività di postino delle organizzazioni partigiane e, con eccezionale coraggio, si
prodigò in favore dei profughi ebrei e dei perseguitati politici, aiutandoli ad espatriare
clandestinamente nella vicina Svizzera. Arrestato dalle autorità tedesche fu infine
trasferito in un campo di concentramento austriaco, dove perse la giovane vita.
Mirabile esempio di umana solidarietà e di altissima dignità morale, spinte fino
all’estremo sacrificio. Mathausen, Austria, 1943-194472
”.
A trovare la morte nel campo di concentramento di Mathausen fu anche il Finanziere Pietro Occhi
che, aggregatosi ad un’organizzazione partigiana operante in Lombardia all’indomani
dell’armistizio dell’8 settembre 1943, venne ucciso in una camera a gas. Per il suo eroico sacrificio,
gli è stata conferita la Croce di Guerra al Valor Militare alla Memoria:
“Giovane e attento partigiano, all’atto dell’armistizio aderiva al movimento della
Resistenza prodigando tutte le sue energie per il trionfo della libertà della Patria.
Catturato a seguito di un capillare rastrellamento nemico, sopportava stoicamente
atroci torture senza nulla svelare che potesse tradire la causa partigiana. Deportato nel
campo di sterminio di Mathausen l’8 aprile 1945, concludeva nella camera a gas il suo
cosciente sacrificio. Mathausen, Austria, giugno 194573
”.
Trovò la morte nel campo di concentramento di Mathausen anche il Finanziere Claudio Sacchelli,
deportato dopo gli aiuti offerti a Milano ai perseguitati con espatri clandestini: morì di stenti il 26
aprile 1945, lo stesso giorno in cui i suoi colleghi liberavano il capoluogo lombardo, a soli
vent’anni di età. Anche a lui è stata conferita la Medaglia d'Oro al Merito Civile alla Memoria:
“Di stanza nel territorio di frontiera del Tiranese, nel corso dell'ultimo conflitto
mondiale, durante l'occupazione tedesca, si prodigò in favore dei profughi ebrei,
aiutandoli ad espatriare clandestinamente nella vicina Svizzera. Arrestato dalle
autorità tedesche fu infine trasferito nel campo di sterminio di Mathausen, dove morì di
stenti e di sevizie. Mirabile esempio di umana solidarietà e di altissima dignità morale,
spinte fino all'estremo sacrificio. Villa di Tirano, Sondrio, 194374
”.
Nel campo di concentramento di Flossemburg, dopo essere stato giunto stremato nelle forze e nel
fisico per le violenze e le torture subite, decedeva Francesco De Matteo, Comandante di una brigata
72 Decreto del Presidente della Repubblica del 17 giugno 2010
73 Decreto del Presidente della Repubblica del 4 maggio 1990
74 Decreto del Presidente della Repubblica del 17 aprile 2012
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della Guardia di Finanza nella Venezia Giulia e valido aiuto per le formazioni partigiane operanti
nella zona. Alla sua memoria è stata conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla
Memoria:
“Comandante di Brigata della Guardia di Finanza, l’8 settembre 1943, si metteva in
contatto con le formazioni partigiane dislocate nella zona, cooperando validamente con
le stesse, fornendo loro armi e munizioni nonché viveri e vestiario. Individuato per tale
attività, nel giugno 1944 veniva arrestato dalle SS tedesche ed inviato alle carceri di
Udine, dove, nonostante le atroci torture e sevizie, nulla rivelava in merito alla
costituzione delle forze della Resistenza, operanti nella Venezia Giulia. Deportato nel
mese di luglio 1944 nel campo di sterminio di Flossemburg, decedeva in seguito alle
sofferenze subite. Venezia Giulia, 8 settembre 1943-Flossemburg, 30 gennaio 194575
”.
A guerra ormai conclusa, il 18 giugno 1945, il Finanziere Virginio Diamanti, non sopravviveva ad
una grave forma di tubercolosi contratta durante la prigionia in Germania, presso l’Ospedale Civile
di Camerata, nel bergamasco.
Un ricordo a parte merita, infine, la sorte del Finanziere Elia Levi: ebreo, dopo la promulgazione
delle leggi razziali nel 1938 fu costretto a lasciare la Guardia di Finanza: il 15 febbraio 1939, messo
in congedo assoluto, riprese il suo precedente lavoro di tipografo a Cuneo. Pochi giorni dopo
l’armistizio, il 10 settembre 1943, la sua posizione si aggravò con l’inizio dei rastrellamenti da parte
delle autorità tedesche. Fu durante uno di questi che, il 21 gennaio 1944, venne catturato e portato
al campo di concentramento di Borgo San Dalmazzo. Trasferito in un primo momento al carcere di
San Vittore, a Milano, e poi nel campo di prigionia di Fossoli, il 22 febbraio 1944 fu deportato in
Polonia, al campo di sterminio di Auschwitz. Da alcune testimonianze e documenti, il Finanziere
Elia Levi morì il 30 marzo 1944, probabilmente di stenti per le sofferenze patite nel campo.
Riuscirà, invece, a sopravvivere alle torture delle SS e alle sofferenze dei lager l’Appuntato Antonio
Misuriello, arrestato il 3 agosto 1944 con l’accusa di aver aiutato numerosi militari italiani ed alleati
ed ebrei ad espatriare all’estero, meritando così la Medaglia di Bronzo al Valor Militare:
“Aderendo al movimento di resistenza, si valeva della sua perfetta conoscenza dei
luoghi per favorire lo sbarco di emissari alleati lungo la costa ligure e per provvedere
al trasporto e all’occultamento di materiale bellico di provenienza anglo-americana.
Arrestato, sottoposto a duro trattamento, inviato quindi in un campo di concentramento
tedesco, in ogni circostanza sapeva mantenere contegno fermissimo, esempio fino al
75 Decreto del Presidente della Repubblica del 16 gennaio 1995
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termine della guerra di coraggio e di fedeltà alla causa della Patria e della libertà.
Genova-Voltri-Fossoli-Germania, settembre 1943-aprile 194576
”.
A testimonianza dei sacrifici sofferti dai militari italiani, non solo della Guardia di Finanza, e dei
civili, internati nei campi di concentramento nazisti, è stata conferita simbolicamente all’Internato
Ignoto la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria:
“Militare fatto prigioniero o civile perseguitato per ragioni politiche o razziali,
internato in campi di concentramento in condizioni di vita inumane, sottoposto a torture
di ogni sorta, a lusinghe per convincerlo a collaborare con il nemico, non cedette mai,
non ebbe incertezze, non scese a compromesso alcuno; per rimanere fedele all’onore di
militare e di uomo, scelse eroicamente la terribile lenta agonia di fame, di stenti, di
inenarrabili sofferenze fisiche e soprattutto morali. Mai vinto e sempre
coraggiosamente determinato, non venne meno ai suoi doveri nella consapevolezza che
solo così la sua Patria un giorno avrebbe riacquistato la propria dignità di Nazione
libera. A memoria di tutti gli internati il cui nome si è dissolto, ma il cui valore ancora
oggi è esempio di redenzione per l’Italia77
”.
76 Decreto del Presidente della Repubblica del 6 marzo 1950
77 Decreto del Presidente della Repubblica del 19 novembre 1997
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~ 15 ~
L’AIUTO DELLA GUARDIA DI FINANZA AI PROFUGHI EBREI
Come è noto, a seguito dell’armistizio le Forze Armate Italiane, ormai in piena fase di disfacimento,
furono in buona parte disarmate ed i componenti fatti prigionieri dagli ex alleati tedeschi. Coloro
che riuscirono a salvarsi furono costretti ad espatriare in Svizzera, Paese che da sempre accoglieva
esuli italiani ogni qualvolta se ne creavano i presupposti. Il sistema di controllo alla frontiera fu,
quindi, messo in crisi dall’afflusso incontrollabile di migliaia di persone. Nel solo mese di
settembre entrarono nel Paese oltre 3600 rifugiati civili, mentre, verso la fine dell’anno 1943, gli
internati militari italiani raggiungevano il considerevole numero di quasi 21.300 unità.
Anche in Italia, gli espatri divennero un problema di ordine pubblico, soprattutto in quelle zone di
montagna dove il gran numero di sbandati poteva costituire linfa vitale per i primi gruppi di
partigiani. A quel punto la repressione tedesca fu immediata e molto dura, come confermano i
numerosi eccidi verificatisi sin dai primi giorni che seguirono l’8 settembre 1943.
Quasi tutto il confine con la Svizzera, ritenuto di cruciale importanza, soprattutto in rapporto con il
movimento resistenziale, fu dunque sottoposto al controllo diretto dei Tedeschi. Il raggiungimento
della frontiera, a quel punto, fu per tutti un’impresa drammatica, soprattutto se si tiene in
considerazione il fatto che circolare nell’Italia occupata dalle truppe tedesche era pressoché
impossibile, anche per chi era riuscito a procurarsi documenti d’identità falsi.
Anche in questo caso, gli uomini della Guardia di Finanza prestarono la loro opera di aiuto a tanti
cittadini di religione ebraica, di renitenti alla leva, di militari sbandati e di perseguitati politici.
Moltissimi furono anche i Finanzieri che ne pagarono le conseguenze: arrestati, spesso su delazioni,
militari del Corpo della Guardia di Finanza furono denunciati per “concorso in espatrio
clandestino” e, per questo, deferiti, nella migliore delle ipotesi, al Tribunale Militare.
Per molti altri, la maggioranza, si aprirono i cancelli dei campi di concentramento. Durante queste
delicate fasi del conflitto, si distinsero in special modo cinque Finanzieri, che pagarono con la vita il
loro altruismo verso i ricercati e, per questo, decorati con le più alte onorificenze della Repubblica.
Il Maresciallo Maggiore Luigi Cortile, Comandante della Tenenza di Viggiù, provincia di Varese, si
prodigò con tutte le proprie forze, offrendo in maniera disinteressata aiuti umanitari nei riguardi di
migliaia di cittadini che desideravano espatriare clandestinamente in Svizzera per sfuggire alla
caccia dei Nazi-Fascisti. Tratto in arresto l’11 agosto 1944 dalle autorità tedesche, fu internato nel
campo di concentramento di Melk, in Austria, il 9 gennaio 1945. Alla memoria del Maresciallo
Maggiore Luigi Cortile è stata conferita la Medaglia d’Oro al Merito Civile:
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“Nel corso dell’ultimo conflitto mondiale si prodigava, con eccezionale coraggio ed
encomiabile abnegazione, in favore dei profughi ebrei ed i perseguitati politici,
aiutandoli ad espatriare clandestinamente nella vicina Svizzera. Arrestato dai Nazi-
Fascisti veniva infine trasferito in Austria, perdendo la vita in un campo di
concentramento. Mirabile esempio di altissima dignità morale e di generoso spirito di
sacrificio ed umana solidarietà. Melk, Austria, 1943-194578
”.
Il Brigadiere Mariano Buratti, in servizio presso la Compagnia di Viterbo, dopo l’8 settembre 1943
costituì una banda partigiana che dava sostegno agli ex militari delle Forze Armate Italiane, ai
ricercati politici, ai soldati anglo-americani riparatisi dietro la linea del fronte e ai cittadini ebrei.
Arrestato dai Tedeschi, il 31 gennaio 1944 veniva fucilato a Forte Bravetta. Alla sua memoria è
stata conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare:
“Nobilissima tempra di patriota, valente ed appassionato educatore di spiriti e di
intelletti. Raccoglieva intorno a sé, tra i monti del viterbese, un primo nucleo di
combattenti dal quale dovevano sorgere poi valorose formazioni partigiane. Primo fra i
primi nelle imprese più rischiose, animando con l’esempio e la parola i suoi compagni
di lotta, infliggeva perdite al nemico e riusciva ad abbattere un aereo avversario.
Arrestato in seguito a vile delazione, dopo aver sopportato, con la fierezza dei forti e
col silenzio dei martiri, indicibili torture, veniva barbaramente trucidato dai suoi
aguzzini. Esempio purissimo di sublime amor di Patria. Monti del viterbese, Roma, 31
gennaio 194479
”.
L’Appuntato Domenico Amato, in servizio presso la Brigata di Casamoro, a seguito dell’armistizio
dell’8 settembre, operò a favore dei profughi ebrei e dei perseguitati politici nella zona di Porto
Ceresio. Tratto in arresto il 17 febbraio 1944, fu trasferito nel campo di concentramento di
Mathausen, dove morì il 27 febbraio 1945. Alla sua memoria è stata conferita la Medaglia d’Oro al
Merito Civile:
“Nel corso dell’ultimo conflitto mondiale si prodigava, con eccezionale coraggio ed
encomiabile abnegazione, in favore dei profughi ebrei e dei perseguitati politici,
aiutandoli ad espatriare clandestinamente e ad inoltrare la corrispondenza e i valori
che le organizzazioni ebraiche indirizzavano ai rifugiati nella vicina Svizzera. Arrestato
dalle autorità tedesche veniva infine trasferito in Austria, perdendo la vita in un campo
78 Decreto del Presidente della Repubblica del 16 giugno 2006
79 Decreto del Capo Provvisorio dello Stato del 25 febbraio 1946
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di concentramento. Mirabile esempio di altissima dignità morale e di generoso spirito
di sacrificio ed umana solidarietà. Mathausen, Austria, 1943-194580
”.
Il Finanziere Scelto Salvatore Corrias, in forza alla Brigata di Frontiera di Bugone, provincia di
Como, si rese anch’egli protagonista di aiuti in favore dei profughi ebrei e dei militari sbandati.
Arrestato il 28 gennaio 1945 durante un rastrellamento antipartigiano, fu in seguito fucilato lo
stesso giorno dopo un sommario processo. Alla memoria del Finanziere Scelto Salvatore Corrias è
stata conferita la Medaglia d’Oro al Merito Civile:
“Nel corso dell’ultimo conflitto mondiale si prodigava, con eccezionale coraggio ed
encomiabile abnegazione, in favore dei profughi ebrei ed i perseguitati politici,
aiutandoli ad espatriare clandestinamente nella vicina Svizzera. Animato da profonda
fede nella democrazia e nello Stato di diritto partecipava con impegno tenace alla lotta
partigiana. Arrestato dai Nazi-Fascisti veniva barbaramente fucilato, immolando la
giovane vita ai più nobili ideali di solidarietà umana, di rigore morale ed amor patrio.
Bugone di Moltrascio, Como, 1943-194581
”.
Il Finanziere Tullio Centurioni, appartenente alla Brigata di Porto Ceresio, provincia di Varese, fu
arrestato il 21 marzo 1944 per le sue responsabilità in merito agli espatri clandestini. Internato nel
campo di concentramento di Mathausen, morì in prigionia in data imprecisata. Alla memoria del
Finanziere Tullio Centurioni è stata conferita la Medaglia d’Oro al Merito Civile:
“Nel corso dell’ultimo conflitto mondiale si prodigava, con eccezionale coraggio ed
encomiabile abnegazione, in favore dei profughi ebrei e dei perseguitati politici,
aiutandoli ad espatriare clandestinamente e ad inoltrare la corrispondenza e i valori
che le organizzazioni ebraiche indirizzavano ai rifugiati nella vicina Svizzera. Arrestato
dalle autorità tedesche veniva infine trasferito in Austria, e successivamente dichiarato
disperso. Mirabile esempio di altissima dignità morale e di generoso spirito di
sacrificio ed umana solidarietà. Mathausen, Austria, 1943-194482
”.
E a riprova delle azioni compiute dagli uomini della Guardia di Finanza a favore dei profughi ebrei,
cinque militari sono stati insigniti dalla Stato di Israele della Medaglia di Giusti tra le Nazioni. Essi
sono: il Maggiore Raffaello Tani, assieme alla moglie Jolanda Salvi (anch’essa insignita della
onorificenza), che operò da Roma in qualità di Comandante del II Battaglione della Legione
Allievi, nonché adoperandosi attivamente tramite il Reparto Fronte Clandestino di Resistenza; il
Tenente Giorgio Cevoli, che prestò la sua opera dalla Tenenza di Chiavenna, in provincia di
80 Decreto del Presidente della Repubblica del 18 giugno 2008
81 Decreto del Presidente della Repubblica del 16 giugno 2006
82 Decreto del Presidente della Repubblica del 18 giugno 2008
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Sondrio, in stretto contatto con il Comitato di Liberazione per l’Alta Italia e partecipando alla
liberazione di Milano il 25 aprile 1945 alla testa della 2a Compagnia del reparto del Colonnello
Alfredo Malgeri; il Tenente Giuseppe Pollo che, da Venezia, collaborò con il Comando Volontari
della Libertà del Lido di Venezia; il Finanziere Giulio Massarelli che, prestando la propria opera dal
Nucleo di Polizia Tributaria di Busto Arsizio, in provincia di Varese, aderì al Comitato di
Liberazione Nazionale, partecipando poi all’insurrezione generale nel Nord Italia e nella provincia
di Milano. Infine, il quinto militare del Corpo decorato dal Governo di Gerusalemme è il Finanziere
Scelto Salvatore Corrias, il quale venne tratto in arresto ed in seguito fucilato da unità delle Brigate
Nere, dopo aver messo in salvo un ex prigioniero inglese al di là della frontiera svizzera.
Per ultimo, il Maresciallo Maggiore Aiutante Antonio Ambroselli, operante allo scalo della stazione
Tiburtina di Roma, offrì il suo instancabile aiuto ai tanti ebrei diretti nei campi di concentramento,
facendoli fuggire dai carri dove erano in attesa del loro ultimo viaggio. Assieme alla moglie, poi,
riuscì anche a far diventare dipendenti della Croce Rossa molti di loro. Nel 2012, la Fondazione
Carnegie, che da sempre premia gli atti di filantropia, lo ha insignito della sua Medaglia d'Oro:
“Finanziere, in servizio presso la Stazione di Roma Tiburtina, durante l'occupazione
tedesca della Capitale, membro attivo della banda partigiana Fiamme Gialle,
contribuiva con l'apertura clandestina dei vagoni piombati e sfidando la fucilazione,
alla fuga e al salvataggio di numerosi deportati destinati ai campi di concentramento
nazisti. Parimenti, con gravissimo rischio per la propria incolumità, salvava altre
centinaia di deportati, consentendo la loro fuga dal campo d'internamento istituito negli
stabilimenti della Breda a Torre Gaia. Roma, settembre 1943-aprile 194483
”.
Anche la Repubblica Italiana ha voluto riconoscere il valore del Maresciallo Ambroselli,
conferendogli la Medaglia di Bronzo al Merito Civile:
“Durante il periodo di occupazione nazifascista si adoperò, pur consapevole dei rischi
che correva, a favore di numerosi prigionieri civili e militari favorendone la fuga dallo
scalo ferroviario di Roma Tiburtina e dal Campo Breda. Chiaro esempio di umana
solidarietà ed elette virtù civiche. Roma, 1943-194584
”.
Nelle altre aree occupate dalle truppe italiane, come nella Francia Meridionale, si creò una
situazione alquanto incerta: oltre che doversi confrontare con le truppe tedesche e i collaborazionisti
della Francia del Regime di Vichy, i Finanzieri dovettero spesso affrontare anche gruppi di
sbandati, renitenti alla leva e formazioni comuniste, che non compresero l’opera assistenziale
83 Seduta della Fondazione Carnegie del 6 dicembre 2011
84 Decreto del Presidente della Repubblica del 27 gennaio 2012
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fornita dalle Fiamme Gialle ai perseguitati politici e agli ebrei. In uno di questi assalti, tra l’1 ed il 2
agosto 1943 rimase ucciso il Brigadiere Michele Antezza, comandante del distaccamento di Novel.
In Montenegro si distinse particolarmente il Capitano Renato Mentini, Comandante della 1a
Compagnia del VI Battaglione Mobilitato di stanza a Plevlija, il quale più volte fece utilizzare a
cittadini ebrei la posta del Corpo così da passare indisturbata ai controlli in Italia. Il Capitano
Renato Mentini perderà la propria vita agli inizi del 1944 in un’azione di guerra contro l’esercito
tedesco. Il Generale Raffaele Cadorna, Comandante del Corpo Volontari della Libertà, espresse il
suo riconoscimento per l'azione svolta dalla Guardia di Finanza durante la guerra di liberazione con
un foglio d'ordini inviato al Comando di Milano:
“Le Fiamme Gialle, custodi dei confini della Patria, si sono ancora una volta trovate in
linea quando è suonata l'ora dell'insurrezione per la cacciata dell'oppressore e la
distruzione dei traditori al loro servizio. Per la loro disciplina e la loro fermezza, esse
hanno reso grandi servizi alla causa della libertà85
”.
Come riprova finale per lo spirito di sacrificio offerto, la Bandiera di Guerra del Corpo è stata
decorata con la Medaglia d’Oro al Merito Civile:
“Militari e Reparti della Guardia di Finanza, durante il secondo conflitto mondiale,
mossi da autentica umanità e fedeli allo Stato di diritto, agirono, con continuo aiuto ed
il fattivo sostegno della Santa Sede, di sacerdoti e delle popolazioni civili, per la
salvezza dalla deportazione di migliaia di cittadini, italiani e stranieri, civili e militari,
di religione ebraica e cristiana, nei territori esteri di occupazione e nell’Italia invasa
da soverchianti forze nazi-fasciste. L’operato dei Finanzieri, spinto anche all’estremo
sacrificio, rischiarò la speranza di molte famiglie e garantì la continuità delle tradizioni
di fedeltà e solidarietà della Guardia di Finanza. Territorio nazionale ed estero, luglio
1942-maggio 194586
”.
85 Foglio d'Ordini N. 53/b4di del Comando Generale del Corpo Volontari della Libertà, 4 maggio 1945
86 Decreto del Presidente della Repubblica del 10 giugno 2005
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LE FASI FINALI DELLA GUERRA E L’INSURREZIONE GENERALE
Nel territorio nazionale, i reparti del Corpo della Guardia di Finanza presero subito parte, come si è
visto, alla resistenza armata contro i Tedeschi. Le ultime fasi del conflitto, ovvero il periodo
autunno 1944-primavera 1945, videro i militari della Guardia di Finanza impegnati in primo luogo
nel mantenimento dell’ordine pubblico, sovente messo a rischio dalla ritirata delle truppe tedesche,
e nell’aiuto di tanti ricercati politici, militari sbandati ed ebrei. Numerose furono le azioni eroiche e
altruistiche compiute, pertanto, dai Finanzieri.
Il 23 febbraio 1944, in località Ponte della Serra, vicino Feltre, il Finanziere Quirico Deroma, al
comando di un gruppo di partigiani garibaldini, riusciva a disarmare una colonna tedesca forte di
circa quaranta uomini, riuscendo a catturarla dopo un aspro combattimento, requisendo altresì un
ingente quantitativo di armi e munizioni.
Il 12 aprile 1944, durante un rastrellamento tra Vacone e Monte Cosce, in provincia di Rieti, venne
catturato l’Allievo Sottufficiale della Guardia di Finanza Beniamino Minicucci, assieme ad un altro
giovane. Condotto in carcere, nonostante le numerose offerte di libertà in cambio di informazioni
sulle bande partigiane, tentò, durante un interrogatorio, la fuga, riuscendo anche a ferire un soldato:
raggiunto, fu immediatamente fucilato, così come l’altro prigioniero.
Durante le fasi finali della liberazione di Roma, il 4 giugno 1944 un reparto di paracadutisti tedeschi
tentò un colpo di mano assaltando la caserma della Guardia di Finanza di Viale XXI Aprile, oggi
sede del Comando Generale. L'assalto fu respinto dopo un accanito combattimento, ma nello
scontro a fuoco cadde, meritandosi la Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla Memoria, il
Finanziere Antonio Sciuto:
“Si offriva volontario per partecipare a successive azioni contro i Tedeschi che
tentavano di catturare automezzi esistenti in una autorimessa militare. Negli scontri
favorevoli, culminati con la fuga del nemico, si comportava da valoroso, rimanendo
colpito a morte. Roma, 4 giugno 194487
”.
Tragicamente, il 5 giugno 1944, rimase ucciso nella Capitale, a città ormai liberata dalle forze
anglo-americane, il Sottotenente Giorgio Barbarisi, all’epoca comandante della Guardia al
Campidoglio. Fedele all’Italia, collaboratore delle forze alleate (riuscì ad ottenere dal comando
americano il permesso di issare il Tricolore italiano, vietato all’indomani della liberazione di
Roma), venne ucciso da Rosario Bentivegna, partigiano dei GAP autore dell’attentato di Via
87 Decreto Legge del 21 dicembre 1945
- 63 -
Rasella88
. Il Sottotenente Barbarisi è stato insignito dal comando alleato della Bronze Star Medal,
nonché gli è stata dedicata l’Accademia Ufficiali di Bergamo della Guardia di Finanza.
A Firenze, un ruolo di primo piano venne rivestito dal Tenente Angiolo Gracci, già Comandante del
Plotone di Berat. Combattente a fianco dei partigiani, assunse il comando della 22a Brigata
garibaldina Senigaglia, inquadrata nella Divisione partigiana Arno, e forte di quasi duecento
uomini. La 22a Brigata fu guidata dal Tenente Gracci dalle alture di Pratomagno fino a sud
dell’Arno, per prendere poi parte, l’11 agosto 1944, alla liberazione del capoluogo toscano. Il
reparto guidato dal Tenente Gracci fu il primo a guadare l’Arno e a costituire una testa di ponte, che
permise così la liberazione della città di Firenze da parte delle altre formazioni partigiane e delle
avanguardie dell’esercito canadese. Negli scontri casa per casa che seguirono, cadde l’Appuntato
Agostino Palmieri. Il Tenente Gracci, per le sue azioni, è stato insignito dopo la fine della guerra
della Medaglia d’Argento al Valor Militare:
“Dopo l’armistizio partecipava alla lotta di liberazione facendosi vivamente apprezzare
per doti di animatore e di organizzatore e raggiungendo, nelle formazioni partigiane,
incarichi di responsabilità e di comando. Nel corso di numerosi combattimenti dava
sicure prove di decisione e di valore. Ancora convalescente di ferita riportata in uno
scontro, riprendeva animosamente il suo posto di comando allo scopo di partecipare ai
combattimenti per la liberazione di Firenze. Zona di Firenze, giugno 194-settembre
194489
”.
Un vero atto di eroismo fu compiuto dal Maresciallo Maggiore Vincenzo Giudice che, il 16
settembre 1944, a Bergiola Foscalina di Carrara, saputo che un reparto di militari tedeschi stava per
compiere una rappresaglia su un gruppo di civili, tra i quali vi erano la moglie e la figlia del
Finanziere, offrì la propria vita in cambio di quella degli ostaggi. A memoria del suo sacrificio, reso
vano dal fatto che poco dopo la sua morte furono uccisi anche i civili ostaggi dei Tedeschi, è stata
conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare:
“Sottufficiale della Guardia di Finanza, avvertito che la rappresaglia tedesca si
apprestava a mietere vittime innocenti fra la popolazione civile, si presentava al
comandante la formazione SS operante offrendo la propria vita pur che fossero salvi gli
ostaggi tra i quali la moglie e i figli. Di fronte all’obiezione essere egli un militare, si
liberava prontamente della giubba ed offriva il petto alla vendetta nemica. Crivellato dì
88 L’attentato di Via Rasella, compiuto il 23 marzo 1944, causò la morte di trentatré soldati tedeschi. L’indomani, le SS trucideranno
alle Fosse Ardeatine 335 tra militari e civili italiani per rappresaglia
89 Decreto del Presidente della Repubblica del 3 ottobre 1952
- 64 -
colpi, precedeva i civili sull’altare del martirio. Bergiola Foscalina di Carrara, 16
settembre 194490
”.
Intanto, mentre nell’Italia del Sud veniva costituito il Battaglione Roma che, messo a disposizione
della 5a Armata americana, entrò poi nella Capitale insieme alle truppe alleate il 4 giugno 1944.
Nell’Italia centro-settentrionale molti Finanzieri si posero a fianco dei vari Comitati di Liberazione
Nazionale ed entrarono nelle formazioni partigiane; vi furono casi in cui militari del Corpo erano a
capo di bande partigiane, come quella guidata dal Sottotenente Gianmaria Paolini, nella quale
affluirono, dopo la sua costituzione, e sempre più numerosi, civili, militari sbandati sorpresi
dall’armistizio ed ex prigionieri alleati. Operante nell’area di San Benedetto del Tronto, la “Banda
Paolini”, venne sempre più temuta dai Tedeschi poiché con le sue azioni contro installazioni
militari, linee ferroviarie e depositi infliggeva gravi perdite alle truppe della Wermacht. Catturato
dai Tedeschi il 24 marzo 1944, mentre si recava in missione nel nord Italia, il Sottotenente Paolini
fu fucilato all’alba del 24 aprile 1944 a San Giovanni Valdarno, assieme al Sottotenente degli
Alpini Settimio Berton e al Cannoniere Francesco Fiscaletti. Alla sua memoria è stata conferita la
Medaglia d’Argento al Valor Militare:
“Valoroso Ufficiale reagiva con indignazione ad atti di crudeltà commessi da militari
tedeschi in sosta in una stazione ferroviaria, costringendo con lancio di bombe a mano
il convoglio nemico ad allontanarsi. Al comando di una banda di partigiani sosteneva
per un intero ciclo operativo numerosi scontri con i Nazi-Fascisti distinguendosi per
coraggio, ardimento e sprezzo del pericolo. Catturato dall’avversario veniva condotto
al supplizio che seppe affrontare con serena fermezza al grido di Viva l’Italia. Zona
picena, 1° settembre 1943-aprile 194491
”.
Nel nord Italia, si distinse particolarmente il Finanziere Renato Ambrosini, che operò con una banda
partigiana nell’Altopiano di Asiago e nella provincia di Vicenza. Catturato durante un
rastrellamento, venne ucciso il 18 settembre 1944, dopo quattro giorni di prigionia. È stato decorato
di Medaglia di Bronzo al Valore della Guardia di Finanza alla Memoria:
“Finanziere appartenente alla Legione Territoriale di Venezia, aderì al movimento di
liberazione nazionale, entrando a far parte di un’indomita formazione partigiana
operante sull’Altopiano di Asiago. Nominato Ispettore di Battaglione, si prodigava
nella lotta contro il Nazi-Fascismo, fornendo utilissime notizie circa i movimenti ed i
rastrellamenti delle forze nemiche. Sospettato dalla polizia tedesca, dopo numerose
rischiose missioni, fu arrestato nella sua abitazione e rinchiuso in carcere. Dopo
90 Decreto del Presidente della Repubblica del 5 giugno 1957
91 Decreto del Presidente della Repubblica del 1° dicembre 1948
- 65 -
quattro giorni di detenzione, veniva condotto sul ciglio di un burrone dove fu fatto
precipitare dopo una barbara esecuzione. Fulgido esempio di attaccamento al dovere e
di nobili virtù militari spinte fino all’estremo sacrificio. Altopiano di Asiago-San
Francesco di Foza, Vicenza, 23 maggio-18 settembre 194492
”.
Nelle Valli di Comacchio, in provincia di Ferrara, si distinse il Finanziere Edgardo Fogli che,
all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943, partecipò tra i primi alla resistenza partigiana,
entrando a far parte della 35a Brigata Garibaldi. Catturato dai Tedeschi, venne fucilato il 29 gennaio
1945, meritandosi la Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione:
“Valoroso combattente partigiano partecipava tra i primi al movimento di resistenza
rivelando alte doti di combattente, di organizzatore e di trascinatore. Con il suo
Battaglione partecipava alle imprese più ardue nella difficile e infida zona delle valli,
distruggendo i traghetti avversari e provocando gravi perdite in uomini e materiali.
Attivamente ricercato veniva infine catturato e nonostante fosse sottoposto a feroci
sevizie, non una parola usciva dalle sue labbra che potesse nuocere alla Resistenza,
finché il nemico, inferocito per tanta, splendida forza d’animo, barbaramente lo
trucidava. Nobilissimo esempio di adamantina fierezza e di ardente amor di Patria.
Comacchio, Ferrara, 29 gennaio 194593
”.
A Roma, il Generale Filippo Crimi, in frequenti riunioni clandestine, definì un piano d’azione la cui
attuazione fu di pertinenza delle “Bande Fiamme Gialle”: ad esse vennero affidati i compiti di
facilitare l’entrata e l’uscita dalla Capitale dei patrioti, servendosi dei militari della Guardia di
Finanza in servizio ai posti di blocco e di rifornimento armi, munizioni e viveri alle bande esterne e
di raccogliere informazioni di carattere politico-militare. Grazie alla relativa libertà di movimento, i
Finanzieri si adoperarono in azioni clandestine per supportare i neonati comitati di liberazione.
Nella Capitale, gli uomini posti al presidio del Forte Prenestino, dove i Tedeschi avevano
ammassato gli armamenti sottratti ai reparti italiani dopo l’armistizio, rifornivano di armi e
munizioni le formazioni partigiane. Venute a conoscenza del fatto, il 3 aprile 1944, le SS trassero in
arresto il Finanziere Marcello Guarcino che, dopo essere stato portato nelle carceri di Via Tasso e
sottoposto a torture, non rivelò alcun elemento che potesse mettere a rischio la struttura clandestina.
Non meno vasta, rischiosa ed importante fu l’azione che la Guardia di Finanza svolse a Milano. Gli
uomini del Colonnello Alfredo Malgeri prepararono un piano per l’insurrezione e l’impiego degli
stessi Finanzieri, un altro per l’occupazione della frontiera con la Svizzera. Nel quadro di attuazione
di tali piani, i Finanzieri, a cominciare dal 23 aprile 1945, effettuarono alcuni colpi di mano ed
92 Decreto del Presidente della Repubblica del 31 ottobre 2007
93 Decreto del Presidente della Repubblica dell’11 settembre 1968
- 66 -
azioni di più vasta portata, come l’occupazione della Prefettura, delle caserme della Brigata Nera
Ettore Muti e della X MAS e la protezione dei principali stabilimenti industriali. Il Colonnello
Malgeri, lasciate le forze necessarie per la protezione delle caserme e degli stabilimenti, radunò le
forze rimanenti, per un totale di ventitré ufficiali e 407 tra sottufficiali e militari e, alle 03.00 di
notte del 26 aprile, mosse verso la Prefettura impossessandosene con un’azione fulminea. I
Tedeschi, sorpresi, si arresero. La stessa azione venne poi ripetuta per l’occupazione del Municipio,
del palazzo della Provincia, del Comando Militare Regionale e della stazione radio dell’EIAR.
Dopo la guerra, alla memoria del Colonnello Alfredo Malgeri, deceduto per superati limiti di età, fu
conferita la Medaglia d’Oro al Valore della Guardia di Finanza:
“In difficilissima situazione politico militare, quale Comandante di Legione in zona di
altissimo valore strategico, si opponeva con decisione e con grave rischio personale
agli intendimenti del Governo Fascista Repubblicano di utilizzare la Guardia di
Finanza contro l’espatrio clandestino di ebrei e perseguitati ed in operazioni
antiguerriglia contro la resistenza. Collegatosi segretamente con il Comitato di
Liberazione Nazionale Alta Italia, poneva il suo comando al centro dell’attività
cospirativa contro i Nazi-Fascisti, fornendo ai patrioti armi, munizioni e documenti
falsi. Il 25 aprile 1945, alla testa di un reggimento di formazione composto
esclusivamente da Finanzieri, occupava i gangli vitali ed i principali uffici pubblici di
Milano, scacciandone gli occupanti. Alle ore 8 del successivo 26 aprile aveva l’alto
privilegio di annunciare, con il suono delle sirene, l’avvenuta liberazione del capoluogo
e delle principali città lombarde. Fulgido esempio di onore militare e di cosciente
dedizione al Corpo ed alla Patria. Milano, 8 settembre 1943- 26 aprile 194594
”.
Alla liberazione del capoluogo lombardo prese parte anche il Colonnello Ugo Finizio, attivo
soprattutto in azioni cosiddette di “retroguardia”, fornendo cioè coperture, luoghi sicuri e documenti
falsi al movimento partigiano. Il 25 aprile 1945, inquadrato nel Reggimento di Formazione
partecipava alla liberazione della città, meritandosi così la Medaglia d’Argento al Valore della
Guardia di Finanza:
“In difficile situazione politico-militare, quale Ufficiale della Guardia di Finanza,
anelante di vedere la Patria libera dall’oppressore, consapevole del grave rischio
personale, aderiva al movimento partigiano dell’alta Italia, adoperandosi attivamente e
fattivamente per procurare alla resistenza coperture, informazioni e documenti falsi.
Collaborava efficacemente e senza risparmio di energie alla preparazione del piano
d’impiego della Guardia di Finanza nella lotta al Nazi-Fascismo e partecipava,
94 Decreto del Presidente della Repubblica del 31 ottobre 2007
- 67 -
inquadrato nel Reggimento di Formazione del Corpo, alla liberazione di Milano.
Luminoso esempio di attaccamento al Corpo, di alto senso di responsabilità e del
dovere. Brescia-Milano, 15 maggio 1944-25 aprile 194595
”.
Un grandissimo contributo fornito per la liberazione della città di Milano fu offerta dall’allora
Tenente Augusto De Laurentiis, futuro Generale di Divisione e Comandante in Seconda del Corpo
dal dicembre 1979 al dicembre 1981. Era tra i principali organizzatori ed animatori della resistenza
milanese, dopo essere stato paracadutato in operazioni di spionaggio dietro le linee tedesche;
arrestato nel febbraio 1945, veniva liberato solo a guerra terminata, dopo aver passato le fasi finali
del conflitto nel carcere di San Vittore. Per la sua preziosa opera, gli è stata conferita la Medaglia
d’Oro al Valore della Guardia di Finanza:
“Ufficiale della Guardia di Finanza, animatore dei nuclei resistenziali sorti a Roma
dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, dopo la liberazione della Capitale si
proponeva volontariamente per una missione in territorio nemico. Paracadutato in alta
Italia unitamente al Comandante Militare del Corpo Volontari della Libertà, operava
clandestinamente nella città di Milano quale tramite tra la resistenza e la Guardia di
Finanza del capoluogo lombardo. Catturato dai Nazi-Fascisti e riottenuta la libertà
grazie ad uno scambio di prigionieri, partecipava all’insurrezione generale in qualità
di Ufficiale di Collegamento tra il Comitato di Liberazione Alta Italia ed il Reggimento
di Formazione della Guardia di Finanza che operava la liberazione di Milano. Fulgido
esempio di dedizione alla Patria e di alto senso del dovere. Roma-Milano, 8 settembre
1943-25 aprile 194596
”.
Fu così che la lotta sanguinosa che pose termine alla Seconda Guerra Mondiale in Italia vide
sempre, ed in ogni momento, i Finanzieri eroici protagonisti. E a riprova di ciò, alla Bandiera di
Guerra del Corpo della Guardia di Finanza è stata conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare per
l’attività svolta dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945:
“Dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943, i militari della Guardia di Finanza, fedeli
allo Stato di diritto e alle tradizioni del Corpo, parteciparono alla Guerra di
Liberazione contro l’invasore d’oltralpe. In Patria e oltre confine, nel corso di venti
mesi dall’olocausto di Cefalonia e Corfù, sia isolati, sia in formazioni patriottiche
italiane e straniere, sia affiancati a unità operanti alleate, dispiegarono a duro prezzo
salde virtù di combattenti; con il Corpo Volontari della Libertà parteciparono
all’insurrezione in Italia Settentrionale; concorsero alla liberazione di Milano, a tutela
95 Decreto del Presidente della Repubblica del 31 ottobre 2007
96 Decreto del Presidente della Repubblica del 31 ottobre 2007
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dell’ordine per l’assunzione dei nuovi pubblici poteri. I 1100 caduti, i 2000 feriti, i
5000 deportati, le 193 ricompense al Valor Militare, le promozioni per merito di
guerra, rappresentano e testimoniano il tributo di sacrificio, di valore e di sangue,
offerto da una eletta schiera di Fiamme Gialle combattenti, alla nobile causa della
Libertà. Zona di guerra, 8 settembre 1943-26 aprile 194597
”.
A Seregno, nei dintorni di Milano, il Maresciallo Capo Nino Noia, dopo un aspro combattimento
durato diverse ore, riusciva a fermare e prendere prigionieri circa 200 Tedeschi, facenti parte di
un’autocolonna intenzionata ad attaccare la piccola cittadina, meritando per l’azione la Medaglia di
Bronzo al Valore della Guardia di Finanza:
“Comandante di Brigata, nei giorni dell’insurrezione generale dell’aprile del 1945, si
prodigava, alla testa dei propri uomini, nelle concitate fasi che portarono alla liberazione
della città dalle forze nazi-fasciste, procedendo alla cattura, dopo intenso combattimento, di
una agguerrita autocolonna tedesca, la quale forte di circa 200 uomini, minacciava di
attaccare la località. Splendido esempio di attaccamento al dovere e di nobili virtù militari.
Seregno, Milano, 25-26 aprile 194598
”.
Come a Milano, l’insurrezione scoppiò in altre città del Nord Italia: a Pavia, vi era una formazione
agguerrita e pesantemente armata della Guardia Nazionale Repubblicana. I Tedeschi si erano quasi
tutti arresi o erano in ritirata: solo i militari della Repubblica Sociale Italiana erano intenzionati a
non cedere le armi, anche per i possibili atti di ritorsione nei loro confronti che avrebbero fatto
seguito ai numerosi rastrellamenti di partigiani. Negli scontri che seguirono, si distinsero il Tenente
Francesco Lillo, l’Appuntato Tommaso Coletta ed il Finanziere Roberto Spirito, il primo decorato
di Medaglia di Bronzo al Valore Militare e gli altri due di Medaglia di Bronzo al Valore della
Guardia di Finanza alla Memoria, dopo essere caduti in combattimento mentre tentavano di
disarmare un reparto di militi della Guardia Nazionale Repubblicana. La motivazione
dell’onorificenza al Tenente Lillo recita:
“Ufficiale della Guardia di Finanza, al momento dell’insurrezione generale, alla testa
dei suoi uomini, impegnava deciso combattimento contro formazioni germaniche onde
costringerle alla resa. Ferito una prima volta continuava a sparare: visto un suo
dipendente accasciarsi ferito, si adoperava per porlo in salvo. Ferito egli stesso una
seconda volta e sentendosi prossimo alla fine sparava un’ultima raffica contro il
nemico e quindi si accasciava esanime sulla sua arma. Pavia, 26 aprile 194599
”.
97 Decreto del Presidente della Repubblica del 18 giugno 1984
98 Decreto del Presidente della Repubblica del 31 ottobre 2007
99 Decreto del Presidente della Repubblica del 16 marzo 1956
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Parimenti al loro Comandante, il valore fu dimostrato anche dai due suoi sottoposti, come
dimostrato dalle Medaglie a loro conferite: Tommaso Coletta,
“Appuntato della Guardia di Finanza, inquadratosi volontariamente in un Plotone di
Formazione predisposto per l’occupazione di alcuni edifici pubblici della città di Pavia,
si lanciava fra i primi all’attacco di elementi della Guardia Nazionale Repubblicana
pesantemente armati. Sprezzante del gravissimo pericolo che lo minacciava, tentò
egualmente di raggiungere e disarmare gli avversari. Gravemente colpito alla gamba
sinistra da una raffica di mitra avversaria, spirò dopo due giorni di indicibile agonia.
Fulgido esempio di dedizione al dovere e di nobili virtù militari, spinte fino all’estremo
sacrificio. Pavia, 26 aprile 1945100
”.
Il Finanziere Roberto Spirito, allo stesso modo,
“Militare della Guardia di Finanza, reduce da una lunga campagna di guerra condotta
assieme ai partigiani dell’Oltrepò Pavese, si presentò spontaneamente al Reparto
d’appartenenza all’inizio dei moti insurrezionali dell’aprile del 1945. Inquadratosi
volontariamente in un Plotone di Formazione predisposto per l’occupazione di alcuni
edifici pubblici della città di Pavia, si lanciava fra i primi all’attacco di elementi della
Guardia Nazionale Repubblicana pesantemente armati. Sprezzante del gravissimo
pericolo che lo minacciava, tentò egualmente di raggiungere e disarmare gli avversari.
Colpito in tale ed ardimentosa azione da una raffica di mitra, cadde eroicamente dopo
aver fermato uno degli antagonisti. Fulgido esempio di dedizione al dovere e di nobili
virtù militari, spinte fino all’estremo sacrificio. Pavia, 26 aprile 1945101
”.
Nei Balcani, la lotta contro i Tedeschi vide gli uomini della Guardia di Finanza aggregati alle varie
formazioni partigiane costituitesi dopo la caduta del Fascismo e a seguito dell’armistizio con gli
Anglo-Americani. Tra esse si ricorda la Brigata Italia, distintasi in combattimento contro l’esercito
tedesco. Tra le sue fila spicca il sacrificio del Finanziere Renzo Atzei che, dopo aver prestato
servizio nel IV Battaglione Mobilitato operante in Jugoslavia, trovò la morte il 21 aprile 1945 in
combattimento contro la Wermacht in ritirata. Alla sua memoria è stata conferita la Medaglia
d’Argento al Valor Militare alla Memoria:
“Accorreva tra i primi nelle file partigiane nella lotta per la libertà della Patria,
distinguendosi in ogni circostanza per coraggio personale e senso del dovere. Nel corso
di un’azione, attaccato di sorpresa dal nemico, lo respingeva con pronta reazione della
squadra ai suoi ordini. Attaccato una seconda volta, mentre i suoi compagni
100 Decreto del Presidente della Repubblica del 31 ottobre 2007
101 Decreto del Presidente della Repubblica del 31 ottobre 2007
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ripiegavano di fronte alla forte pressione avversaria, egli rimaneva sul posto incitando
con il proprio esempio alla resistenza. Colpito da una raffica nemica, eroicamente
cadeva sul campo. Quota Maidan, 21 aprile 1945102
”.
102 Decreto del Presidente della Repubblica del 16 marzo 1956
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~ 17 ~
IL DRAMMA SUL CONFINE ORIENTALE
Durante le ultime fasi del conflitto, le Fiamme Gialle erano state suddivise dai Tedeschi in tre
compagnie autonome, con funzioni di ordine pubblico: a Trieste, avevano il compito di assicurare la
completa agibilità della strada Trieste-Fiume; a Udine di controllare la rotabile tra Cividale e
Caporetto; a Gemona, per servizi straordinari di sicurezza. Verso la seconda metà del 1944 il
Tenente Mario Osana, comandante della compagnia di Gemona, e molti suoi dipendenti, passarono
nei reparti partigiani, così come gran parte della compagnia di Udine e del suo comandante,
Capitano Mario Giannone.
Fu così che i Finanzieri della Legione di Trieste, unico reparto armato, inquadrato ed ancora
esistente sul posto, avevano combattuto e contribuito con il locale Comitato di Liberazione
Nazionale alla cacciata dei Tedeschi dalla città, con l’obiettivo di occupare e presidiare gli impianti
ed i depositi di importanza vitale. Infatti, nei giorni dell’insurrezione generale, dal 27 al 29 aprile
1945, molte furono le azioni di guerriglia da parte dei Finanzieri.
Il Tenente Marcello Vanni, al comando di un plotone, occupò la centrale telefonica, catturando
trentasette soldati tedeschi. Il Tenente Raffaele Pece prese possesso della stazione radio, impedendo
al contempo il danneggiamento degli impianti da parte dei Tedeschi in ritirata. Le compagnie dei
Capitani Domenico Veca e Gaetano Carulli occuparono la stazione ferroviaria, dopo un breve
scontro a fuoco contro un reparto germanico. I Finanzieri del Capitano Giovanni Battista Acanfora,
inoltre, presero possesso ed occuparono le caserme dell’esercito repubblicano, della milizia e del
comando tedesco. Infine, gli uomini del Capitano Leonardo Savastano impedirono la distruzione e
la demolizioni della zona portuale intorno al molo Fratelli Bandiera.
Il Colonnello Persirio Marini, inoltre, grazie alla costituzione di un battaglione di Fiamme Gialle,
contribuì in maniera determinante ad evitare stragi tra la popolazione civile da parte delle truppe
tedesche in ritirata. Nella serata del 30 aprile la liberazione di Trieste si concludeva con la cacciata
degli ultimi reparti della Wermacht e delle SS. Ma la fine della guerra a Trieste coincise per la
popolazione con l’inizio di un altro incubo, ancor peggiore: si preannunciavano i tristi e dolorosi
episodi legati alle foibe e all’esodo dalla Venezia Giulia, dall’Istria e dalla Dalmazia.
Già il 7 febbraio 1945 a Malga Porzus, in provincia di Udine, si consumò il massacro della Brigata
partigiana Osoppo, ad opera dei garibaldini comunisti alleati con il IX Corpo sloveno del
Maresciallo Tito. Nell’eccidio perì anche il Brigadiere della Guardia di Finanza Pasquale
Mazzeo103
, effettivo della 3a Divisione Osoppo Friuli, con il nome di battaglia “Cariddi”. Lo stesso
103 Comandante della Brigata Osoppo era il Capitano degli Alpini Francesco De Gregori, ucciso anche lui nella strage e zio
- 72 -
giorno, a Saciletto di Cervignano del Friuli, i Finanzieri Marcello Zanella e Giovanni Cecchi furono
assassinati in un’azione terroristica mirante a colpire i comandi italiani più isolati. Tra aprile e
maggio, intanto, le truppe jugoslave stavano occupando l’Istria, infoibando, arrestando e
deportando numerosi civili e militari. Anche molti Finanzieri che erano in forza alle varie brigate
della Guardia di Finanza dell’Istria erano stati catturati e molti altri avevano trovato scampo
allontanandosi dalle zone più pericolose.
Nei giorni successivi all’insurrezione generale a Trieste, lo stesso Colonnello Marini subì arresti
indiscriminati nel suo reparto da parte dei nuovi occupanti, offrendosi al posto dei suoi uomini. Per
queste sue azioni, Persirio Marini sarà decorato con la Medaglia d’Oro al Valore della Guardia di
Finanza:
“In difficile situazione politico-militare, quale Comandante di Legione dislocata sul
confine orientale italiano in zona direttamente controllata dalle autorità germaniche, si
oppose con decisione e con grave rischio personale agli intendimenti di utilizzare i
militari dipendenti nel contrasto ai partigiani e, ove ciò non fu possibile, diede precise
direttive affinché i reparti favorissero la resistenza segnalando i movimenti delle truppe
tedesche e fornendo ai patrioti armi, munizioni ed equipaggiamenti. Nei giorni
dell’insurrezione generale costituì con i Finanzieri dipendenti un battaglione di
formazione che contribuì in modo determinante alla liberazione della città. Durante il
periodo dell’occupazione jugoslava mantenne contegno fiero e fermo contro gli
occupanti che operavano arresti indiscriminati tra i suoi dipendenti, offrendosi al loro
posto per ottenerne la libertà. Luminoso esempio di attaccamento al corpo, di altissimo
senso di responsabilità e del dovere. Trieste, 8 settembre 1943-12 giugno 1945104
”.
Nel contempo, a Trieste ci fu un generale sbandamento di civili e militari italiani, preoccupati per
l’occupazione della città da parte dei partigiani del Maresciallo Tito. Nello stesso periodo, quei
pochi Finanzieri rimasti in città, si prodigarono per soccorrere ed assistere quei commilitoni
sbandati e ricercati dagli Jugoslavi. Una particolare menzione meritano quegli ardimentosi
Finanzieri di Trieste che, noncuranti del grave pericolo cui andavano incontro, si portarono, con
autocarri, nelle varie località dell’Istria, salvando circa un centinaio di Fiamme Gialle.
Il 1° maggio 1945 i soldati del IX° Corpo ed i partigiani di Tito entrarono a Trieste ed il successivo
2 maggio irruppero nella Caserma di Campo Marzio, mentre numerosi Finanzieri erano impegnati
nel controllo degli ultimi nuclei di resistenza tedeschi, dove prelevarono i novantasei Finanzieri
presenti per portarli a morire, forse, nella foiba di Basovizza: tra essi anche i Capitani Giovanni
dell'omonimo cantautore
104 Decreto del Presidente della Repubblica del 31 ottobre 2007
- 73 -
Battista Acanfora e Eugenio Piucca ed il Sottotenente Francesco Tolardo. A fine guerra, un
testimone riferì di aver visto “presso Cave Auremiane, un campo cosparso di oggetti, di vestiario
ed equipaggiamenti della Guardia di Finanza e di aver saputo che numerosi Finanzieri erano stati
uccisi con le mitragliatrici105
”.
L’Esercito Jugoslavo lasciò Trieste dopo quaranta giorni di occupazione, portandosi dietro una
lunga scia di sangue innocente. Nelle foibe sono stati così sacrificati, oltre a numerosi militari della
Guardia di Finanza, migliaia e migliaia di altri Italiani, vittime di una vera e propria pulizia etnica:
civili, religiosi, Carabinieri, Vigili Urbani, Agenti di Pubblica Sicurezza, militari della Repubblica
Sociale Italiana, esponenti dei comitati di liberazione.
Analogamente all’eccidio della Caserma di Campo Marzio, nella provincia di Udine, il
Distaccamento di Buttrio subì uguale sorte. Composto da nove Finanzieri, comandanti
dall’Appuntato Efisio Corrias, il 25 aprile 1945 furono prelevati da un gruppo di partigiani
jugoslavi, con la scusa che avrebbero partecipato di li a poco alle fasi insurrezionali contro le
restanti forze tedesche. Giunti a Canebola di Faedis, nella Carnia, i nove Finanzieri capirono di
essere caduti in una trappola: portati nelle impervie località montane e divisi in gruppi, furono
barbaramente fucilati, con la sola colpa di essere italiani. A cadere, oltre al Comandante del
distaccamento Efisio Corrias, furono l’Appuntato Vincenzo Flore ed i Finanzieri Michele Buono,
Alberto Cantù, Giuseppe D’Arrigo, Michelangelo Bonfante, Nazzareno Ciardiello, Pierino Corinti e
Michele Mancini. Alla memoria dell’Appuntato Efisio Corrias, così come ai suoi dipendenti, è stata
conferita la Medaglia di Bronzo al Merito Civile alla Memoria:
“In servizio presso il Distaccamento della Regia Guardia di Finanza di Buttrio, dopo l'8
settembre 1943 continuava la sua attività di vigilanza presso un magazzino di viveri e
foraggi sito in Udine, opponendosi ai tentativi di razzie messi in atto sia dai tedeschi
che dagli sloveni. Unitosi fiduciosamente ad una formazione partigiana slovena, con
l'inganno venne condotto, insieme ad altri commilitoni, in zone impervie, ove fu
trucidato. Chiaro esempio di amor patrio e di senso dell'onore, spinti fino all'estremo
sacrificio. Canebola di Faedis, 25-26 aprile 1945106
”.
La ferocia delle azioni dei partigiani titini, però, si scatenò già all’indomani dell’armistizio, favoriti
dal generale sbandamento delle forze italiane. Il 21 settembre 1943 il Maresciallo Capo Antonio
Farinatti, Comandante della Brigata di Parenzo, veniva fatto prigioniero dopo l’occupazione della
105 Museo Storico della Guardia di Finanza, La Guardia di Finanza sul confine orientale. 1918-1954, Grippaudo, Torino, 1997, p.
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106 Decreto del Presidente della Repubblica del 26 settembre 2012. L’onorificenza, conferita anche agli altri otto Finanzieri del
distaccamento comandato da Efisio Corrias riporta la stessa motivazione.
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città da parte dei partigiani. Trasferito prima a Pisino, insieme ad altri militari e civili italiani, il
corpo del Maresciallo Farinatti fu estratto ai primi di novembre dalla Foiba di Vines. Gli è stata
conferita la Medaglia d’Oro al Merito Civile alla Memoria:
“Con profondo spirito patriottico ed eroico coraggio, dopo l’armistizio dell’8 settembre
1943, si adoperava nella difesa delle comunità italiane rimaste esposte alla rivolta
della popolazione croata. Catturato da elementi partigiani, sopportò con fiero contegno
e serena fermezza intimazioni, minacce ed inaudite sevizie. Legato ai polsi col filo di
ferro spinato, venne barbaramente fatto precipitare in una foiba. Luminosa
testimonianza di amor patrio ed elevatissimo senso del dovere. Parenzo, Pola, ottobre
1943107
”.
Nella notte tra il 12 ed il 13 gennaio 1944, il distaccamento della Guardia di Finanza di Matteria, in
provincia di Fiume, veniva attaccato da non meglio quantificate bande ribelli. Ricostruire la sorte
dei ventidue Finanzieri catturati e del loro comandante, il Brigadiere Serafino Ricci Lucchi, si è
rivelato difficoltoso: la certezza è che furono deportati dai partigiani slavi in una ignota località
della Venezia Giulia per essere, verosimilmente, uccisi.
E ancora, il 2 marzo 1944, tre partigiani si recarono nell’abitazione del Tenente Cappellano
Giuseppe Gabana, inconsapevole di cosa lo aspettasse: i tre lo uccisero con una raffica di
mitragliatrice in pieno addome, dopo averlo colpito alla tempia con il calcio dell’arma. Alla sua
memoria è stata conferita la Medaglia d’Oro al Merito Civile:
“Cappellano Militare presso la 6a Legione Giulia nel corso dell’ultimo conflitto
mondiale, con eccezionale spirito di sacrificio, alto senso del dovere ed abnegazione,
svolse un’encomiabile opera di conforto e di soccorso in favore dei tanti Finanzieri
impegnati in aspre lotte per la difesa ed il mantenimento dell’ordine pubblico. Si
prodigò, inoltre, nell’attività di assistenza ad aiuto nei confronti della popolazione
civile, in particolar modo degli ebrei. Ritenuto un possibile pericolo per i principi della
dottrina marxista, anche in relazione al suo ministero, venne assalito e ferito
mortalmente dai sostenitori degli slavo-comunisti, immolando la vita ai più nobili ideali
di cristiana solidarietà. Trieste, 1941-1944108
”.
Il Capitano Gerardo Severino, Direttore del Museo Storico della Guardia di Finanza, nel ricordare i
sacrifici di tanti Finanzieri trucidati, a proposito di Don Giuseppe Gabana scrive che “da buon
martire della fede, sacrificò la propria esistenza pur di salvare la vita preziosa di donne, vecchi e
107 Decreto Presidente della Repubblica del 24 luglio 2007
108 Decreto del Presidente della Repubblica del 18 giugno 2008
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bambini in fuga dalle persecuzioni razziali e dall’odio etnico109
”. Per gli assassini di Don Giuseppe
“il solo fatto di essere rimasto al proprio posto dopo l’8 settembre 1943 equivaleva all’aver
sposato la causa della Repubblica Sociale110
”.
Non sapremo mai con certezza quante migliaia di persone furono infoibate, uccise sommariamente,
deportate nei lager titini o annegate nel Mar Adriatico: solo nella foiba di Basovizza (l’unica,
assieme a quella di Monrupino, ad essere ancora in territorio italiano) furono recuperati ben 500 m3
di resti umani: dalle stime medico-legali fu stabilito che i morti dovevano essere non meno di
duemila.
Nella Venezia Giulia, in Istria e in Dalmazia, gli arresti indiscriminati avvenivano di notte, molto
spesso con scuse di controlli, cosicché il panico tra la popolazione tardò a svilupparsi: la
maggioranza dei processi che venivano poi celebrati si risolsero sempre con la condanna a morte
dell’arrestato. I prigionieri, con i polsi legati con filo spinato o di ferro, vennero così portati in
grotte e cave di bauxite e falciati a raffiche di mitra; altri vennero allineati, legati l’uno all’altro,
sull’orlo delle foibe, profonde 100-300 m e gettati dentro vivi: spesso gli aguzzini, però, si
limitarono ad uccidere il primo del gruppo che, cadendo nel baratro, si trascinava dietro i compagni
a lui legati. Infine, nelle località costiere si procedette invece agli annegamenti collettivi: legati
l’uno all’altro e opportunamente zavorrati con grosse pietre vennero portati al largo e gettati in
mare.
Il 3 maggio 1945, a Trieste, erano uccisi i Finanzieri Lembo Luscari e Pietro Mongiu da un gruppo
di sicari indossanti la divisa dei vigili del fuoco, mentre a Fiume, il Tenente Giovanni Capozzi,
comandante della compagnia della città, scomparve dopo l’occupazione militare titina. Il 4 maggio,
il Maresciallo Vito Butti, assieme ad altri otto Italiani, era fucilato dopo un processo sommario a
Castua.
Troppo tardi, i sacrifici e le sofferenze degli scomparsi nelle foibe sono stati riconosciuti dal
Governo:
“I reparti della Guardia di Finanza dislocati lungo il confine orientale, dopo l’8
settembre 1943, pagarono un alto tributo di sangue pur di affermare i principi della
legalità, della sicurezza economica-sociale e della salvaguardia dei valori etico-morali.
Strenuo baluardo dell’italianità e dell’integrità territoriale, i Finanzieri di stanza nella
Venezia Giulia, Istria e Dalmazia rimasero ai loro posti di servizio, dopo l’armistizio,
scrivendo pagine luminose di generoso altruismo. Nonostante le centinaia di caduti, le
Fiamme Gialle contribuirono alla salvezza del patrimonio sia aziendale che abitativo e,
109 Gerardo Severino, Don Giuseppe Gabana. Soldato di Cristo e martire della fede (1904 1944), San Paolo Edizioni, 2009, p. 12
110 Gerardo Severino, Don Giuseppe Gabana. Soldato di Cristo e martire della fede (1904 1944), San Paolo Edizioni, 2009, p. 67
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dopo la fine del confitto, prestarono la loro generosa opera di soccorso alle migliaia di
profughi Giuliani, Istriani e Dalmati. L’operato dei Finanzieri, spinto anche fino
all’estremo sacrificio, ha suscitato l’ammirata gratitudine e l’unanime riconoscenza del
Paese. Confine orientale, 1943-1945111
”.
Chi non finì nelle foibe, chi non venne massacrato brutalmente o torturato, chi non venne fucilato
sommariamente, rischiò l’arresto e la deportazione nei campi di concentramento jugoslavi: nomi
come Borovnica, Bor, Skofia Loka riportano alla mente dei pochi sopravvissuti sevizie e privamenti
inimmaginabili; e come per le foibe, anche in questo caso le notizie sono poche e frammentarie. Il
Finanziere Augusto Bacchi venne prelevato il 2 maggio 1945 dalla caserma di Via Udine a Trieste e
deportato nel campo di concentramento di Borovnica: da quel poco che è emerso, è certo che è
deceduto il 26 giugno, probabilmente per la fame e le sevizie; il Maresciallo Carlo Foglio, il
Brigadiere Milano Succi, i Vice Brigadieri Nicola Scotto Covella e Antonio Sorrentino, i Finanzieri
Carmine Barone e Cesare Merlani subirono la stessa sorte, decedendo nel luglio 1945.
A Skofia Loka trovò la morte nell’ospedale da campo il Vice Brigadiere Gerardo Campana, il 13
luglio 1945, per una grave forma di denutrizione, stessa sorte toccata ai Finanzieri Sebastiano
Cosentino, Alberto Libanti, Alfio Marinelli, Antonio Perini, Rosario Presti e Luigi Tiloca. Inoltre,
per le assenti condizioni igieniche, molti moriranno di malattia: nel luglio 1945, i Finanzieri Luigi
Burgio, Mario D’Arcangelo e Giacomino Vacca non sopravvivevano al tifo contratto a Borovnica e
Skofia Loka.
Nelle carceri di Lubiana perirono il Maresciallo Michelangelo Genovese, l’Appuntato Donato
Tommasi ed il Finanziere Italo Rubino. Il 21 maggio 1945, a Prestrane, durante un tentativo di
evasione, furono fucilati i Finanzieri Carlo Matteucci e Bruno Monferrini. Nell’ospedale di
Belgrado perirono il Brigadiere Lino Baldini e il Finanziere Giuseppe Marini. Nel lager di
Borovnica furono internati circa 3000 Italiani, meno di mille faranno ritorno a casa.
L’ultimo tributo di sangue pagato dalla Guardia di Finanza sul confine orientale fu l’uccisione del
Finanziere Salvatore Russo, il 29 agosto 1949, mentre scortava un gruppo di operai incaricati della
messa in opera dei segnali di confine alla Cima dei Mughi, presso il Passo del Predil nel comune di
Tarvisio: nelle immediate vicinanze, cinque anni prima, il 25 marzo 1944, dodici Carabinieri
vennero torturati e trucidati da una banda di partigiani sloveni.
Nel 1960, il Comando della Zona Triveneta della Guardia di Finanza inviò una richiesta al
Comando Generale per apporre all’interno della Caserma Postiglioni una lapide a memoria dei 97
Finanzieri di Campo Marzio. La proposta, però, secondo il Commissario Generale del Governo
Giovanni Palamara, avrebbe provocato “la reazione di Belgrado con probabili ripercussioni sui
111 Decreto del Presidente della Repubblica del 18 giugno 2008
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rapporti politici e commerciali faticosamente intrattenuti attualmente tra i due Stati112
”. Palamara
faceva poi osservare che la data “del 2 maggio 1945 da iscrivere nella lapide mette chiaramente in
luce che i 97 dispersi furono trucidati durante il periodo in cui le forze jugoslave occuparono la
città e perciò le vittime sarebbero da attribuire implicitamente allo Stato jugoslavo113
”.
Cinque anni più tardi, il 3 maggio 1965, nel 20° Anniversario del sacrificio dei Finanzieri della
Caserma di Campo Marzio di Trieste, il Comando Generale della Guardia di Finanza realizzava un
opuscolo commemorativo. Dieci lunghe pagine riportano i nominativi di 242 caduti (tra Ufficiali,
Sottufficiali, Appuntati e Finanzieri) nella Venezia Giulia dopo l'8 settembre 1943. Di molti di loro,
come si è detto, non si seppe più nulla. E alla fine del triste elenco, come monito per non
dimenticare il loro sacrificio: “Quanti nomi mancano? Vada a tutti i caduti il nostro
indimenticabile pensiero con accorato rimpianto114
”. Come i loro resti mortali, anche le loro storie
sono andate perdute, dimenticate e gettate nell’oblio. Assieme a loro, decine e decine di altri loro
colleghi pagarono con la vita la sola colpa di essere rimasti al loro posto durante tutta la guerra,
senza gettare la divisa e quelle Fiamme Gialle sulle mostrine a cui avevano giurato fedeltà.
112 Foglio del Comando Generale della Guardia di Finanza al Comando della Zona Triveneta datato 20 luglio 1960
113 Ibidem.
114 I martiri della Regia Guardia di Finanza a Trieste e nella Venezia Giulia, opuscolo commemorativo a cura del Museo Storico
della Guardia di Finanza
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~ BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE ~
Libri
AA.VV., Cento Anni dell’Accademia della Guardia di Finanza, Le Monnier, Firenze, 1996
AA.VV., I Finanzieri nella Resistenza, Ed. Comando Generale della Guardia di Finanza, Roma
AA.VV., Le Medaglie d'Oro della Guardia di Finanza, Centro Tipografico Fiamme Gialle, Roma,
2010
AA. VV., Libro d'oro della Guardia di Finanza, Ed. Museo Storico della Guardia di Finanza,
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F. Carrieri, G. Viarengo, Le Fiamme Gialle a Barci e Dobrej, Ed. Museo Storico della Guardia di
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Milano,2000
Costantino Di Sante, Nei campi di Tito. Soldati, deportati e prigionieri di guerra italiani in
Jugoslavia (1941-1952), Ombre Corte, Verona, 2007
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durante il conflitto 1940-1945, Ed. Ufficio Strorico della Marina Militare e del Comando Generale
della Guardia di Finanza, Roma, 1955
Luca Frigerio, Noi nei lager. Testimonianze di militari italiani internati nei campi nazisti,
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Luciano Luciani, Gerardo Severino, Gli aiuti ai profughi ebrei e ai perseguitati: il ruolo della
Guardia di Finanza (1943-1945), Museo Storico della Guardia di Finanza, Roma, 2008
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Pierpaolo Meccariello, In nome dello Stato. Le forze militari di polizia in Italia 1943-1945, Ente
Editoriale per il Corpo della Guardia di Finanza, Roma, 2005
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Piero Melograni, La guerra degli Italiani. 1940-1945, De Agostini, Novara, 2007
Mario Pizzuti (a cura di), Fiamme Gialle in Africa, Ed. Comando Generale della Guardia di
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Luigi Poli, Gianni Oliva, Le Forze Armate dalla guerra di liberazione alla nascita della
Repubblica. 1943-1947, Stabilimento Grafico Militare, Gaeta, 1998
Elisabetta Ricciardi, Vita sotto le armi, vita clandestina. Cronaca e silenzio nei diari di un
ufficiale (1940-1943), Firenze University Press, Firenze, 2010
Gerardo Severino, Don Giuseppe Gabana. Soldato di Cristo e martire della fede (1904-1944), San
Paolo Edizioni, 2009
Altre pubblicazioni
Gerardo Severino, La Guardia di Finanza nella Guerra di Liberazione, lezione presso
l’Università degli Studi di Firenze, 21 aprile 2009
Museo Storico della Guardia di Finanza, I martiri della Regia Guardia di Finanza a Trieste e
nella Venezia Giulia, opuscolo commemorativo, Roma, 1965
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Riviste e periodici
Fiamme Gialle. Periodico mensile dell’Associazione Nazionale Finanzieri d’Italia-ANFI, n°
1/2005; n° 2-3/2005; n° 7-8/2005; n° 5/2006; n° 5-6/2007; n° 7/2007; n° 10/2007; n° 1-2/2008; n°
4/2008; n° 9/2008; n° 10/2008; n° 2/2009; n° 4/2009; n° 10/2009; n° 8-9/2010; n° 6/2011; n° 8-
9/2011; n°2/2012; n° 8/2012
Il Finanziere. Mensile illustrato della Guardia di Finanza, n°3/2003; n°6/2008
Mensile illustrato di storia “Historia,” n° 199, luglio 1974
Siti internet
Sito istituzionale della Guardia di Finanza: http://www.gdf.gov.it
Sito istituzionale della Marina Militare Italiana: http://www.marina.difesa.it