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Fare Riabilitazione Numero 2 - Anno III Aprile - Giugno 2006 Registrazione al Tribunale di Palermo n.10 del 15/04/2004 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L.353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art.1 comma 2,DCB PA “Che fortuita, strana e bizzarra coincidenza!” direbbe Ionesco. Alla Camera, la VII commissione, Cultura, scienza e istruzione, incaricata di discutere le proposte di legge presentate per l’abrogazione dell’art. 1 septies della L. 27 del 3.02.06 sull’equipollenza dei laureati in scienze motorie ai laureati in fisioterapia, ha designato come relatore l’on. Li Causi (Udeur), laureato in scien- ze motorie, che ha infarcito la sua relazione con una serie di ‘strane e bizzarre’, ma anche grossolane ine- sattezze. La Commissione, tuttavia, ha deciso, alla riapertura dei lavori dopo la pausa estiva, di iniziare un ciclo di audizioni con le categorie coinvolte perchè, come afferma l’on. Titti De Simone (PRC) firmataria del progetto di legge abrogativo dell’articolo in questione, “il Parlamento ha la responsabilità di provvedere ad un intervento legislativo volto a rimuovere del tutto i danni procurati dalla norma... che destano forte preoc- cupazione da parte di tutti i soggetti coinvolti”. Una preoccupazione sentita anche, come sottoscritto nel manifesto “no all’equipollenza”, da ‘tutte’ le profes- sioni sanitarie, dalle forze sindacali e dalle associazioni rappresentative dei cittadini, che in questa storia con- dividono le ragioni dei fisioterapisti, certamente non per difendere ‘interessi di bottega’ ma principi di lega- lità e giustizia. Posizione condivisa anche dal sottose- gretario all’università e alla ricerca, prof. Nando Dalla Chiesa, che ha sottolineato che “i due percorsi sono completamente diversi e l’equipollenza non garantireb- be dunque un’adeguata preparazione professionale con dirette conseguenze sulla salute dei cittadini”. Una netta presa di posizione pubblica non si è invece riscontrata in quei soggetti arbitrariamente convinti di gestire il ‘potere assoluto’ sulla riabilitazione che su questa questione hanno espresso un ‘silenzio assordan- te’, forse perchè continuano a considerare i fisioterapi- sti ‘bassa manovalanza’ facilmente sostituibile con qua- lunque professione in esubero ma disponibile a svolgere mansioni di sussidiarietà. Costoro continuano a mante- nere, insomma, comportamenti che alimentano un clima artatamente ostile, non proficuo al dialogo nè al miglioramento della qualità dei servizi resi ai cittadini. Soprattutto oggi, invece, è tempo di ragionare serena- mente sul futuro, su come agire, anche in Sicilia, per dare concretezza ai cambiamenti che la società e, con- seguentemente, le leggi impongono. In primo luogo, anche secondo quanto affermato dall’on. Cuffaro nel numero precedente di questa rivista, è finalmente giun- to il tempo di “tradurre operativamente quanto è stato definito dalle leggi di settore nella salvaguardia dell’u- tente e per garantirgli le prestazioni di qualità in base a quanto previsto dalla L. 251/2000”. Ma è anche il momento di iniziare a ri-pensare nuovi percorsi formati- vi quinquennali che prevedano la formazione di profes- sionisti competenti globalmente nella gestione del recu- pero di funzione, completando quanto ancora non por- tato a termine dalle leggi vigenti e superando la dicoto- mia medico/professionista sanitario che non giova cer- tamente all’utente, ma neanche ad un uso efficiente delle risorse e ad una buona organizzazione del lavoro. È anche il momento, dunque, di una serena riflessione collettiva sulla professione del ‘riabilitatore’. Angelo Ginestra AIFI Sicilia magazine

Fare Riabilitazione anno III n. 2 - sicilia.aifi.net · te’, forse perchè continuano a considerare i fisioterapi-sti ‘bassa manovalanza’ facilmente sostituibile con qua-lunque

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Fare Riabilitazione

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“Che fortuita, strana e bizzarra coincidenza!” direbbeIonesco. Alla Camera, la VII commissione, Cultura,scienza e istruzione, incaricata di discutere le propostedi legge presentate per l’abrogazione dell’art. 1 septiesdella L. 27 del 3.02.06 sull’equipollenza dei laureati inscienze motorie ai laureati in fisioterapia, ha designatocome relatore l’on. Li Causi (Udeur), laureato in scien-ze motorie, che ha infarcito la sua relazione con unaserie di ‘strane e bizzarre’, ma anche grossolane ine-sattezze. La Commissione, tuttavia, ha deciso, allariapertura dei lavori dopo la pausa estiva, di iniziare unciclo di audizioni con le categorie coinvolte perchè,come afferma l’on. Titti De Simone (PRC) firmataria delprogetto di legge abrogativo dell’articolo in questione,“il Parlamento ha la responsabilità di provvedere ad unintervento legislativo volto a rimuovere del tutto idanni procurati dalla norma... che destano forte preoc-cupazione da parte di tutti i soggetti coinvolti”. Unapreoccupazione sentita anche, come sottoscritto nelmanifesto “no all’equipollenza”, da ‘tutte’ le profes-sioni sanitarie, dalle forze sindacali e dalle associazionirappresentative dei cittadini, che in questa storia con-dividono le ragioni dei fisioterapisti, certamente nonper difendere ‘interessi di bottega’ ma principi di lega-lità e giustizia. Posizione condivisa anche dal sottose-gretario all’università e alla ricerca, prof. Nando DallaChiesa, che ha sottolineato che “i due percorsi sonocompletamente diversi e l’equipollenza non garantireb-be dunque un’adeguata preparazione professionale condirette conseguenze sulla salute dei cittadini”.Una netta presa di posizione pubblica non si è invece

riscontrata in quei soggetti arbitrariamente convinti digestire il ‘potere assoluto’ sulla riabilitazione che suquesta questione hanno espresso un ‘silenzio assordan-te’, forse perchè continuano a considerare i fisioterapi-sti ‘bassa manovalanza’ facilmente sostituibile con qua-lunque professione in esubero ma disponibile a svolgeremansioni di sussidiarietà. Costoro continuano a mante-nere, insomma, comportamenti che alimentano unclima artatamente ostile, non proficuo al dialogo nè almiglioramento della qualità dei servizi resi ai cittadini. Soprattutto oggi, invece, è tempo di ragionare serena-mente sul futuro, su come agire, anche in Sicilia, perdare concretezza ai cambiamenti che la società e, con-seguentemente, le leggi impongono. In primo luogo,anche secondo quanto affermato dall’on. Cuffaro nelnumero precedente di questa rivista, è finalmente giun-to il tempo di “tradurre operativamente quanto è statodefinito dalle leggi di settore nella salvaguardia dell’u-tente e per garantirgli le prestazioni di qualità in base aquanto previsto dalla L. 251/2000”. Ma è anche ilmomento di iniziare a ri-pensare nuovi percorsi formati-vi quinquennali che prevedano la formazione di profes-sionisti competenti globalmente nella gestione del recu-pero di funzione, completando quanto ancora non por-tato a termine dalle leggi vigenti e superando la dicoto-mia medico/professionista sanitario che non giova cer-tamente all’utente, ma neanche ad un uso efficientedelle risorse e ad una buona organizzazione del lavoro.È anche il momento, dunque, di una serena riflessionecollettiva sulla professione del ‘riabilitatore’.

Angelo Ginestra

AIFI Sicilia magazine

Fare RiabilitazioneAIFI S ic i l ia magazine

Trimestrale dell’Associazione Italiana Fisioterapisti - Regione Sicilia

Direttore ResponsabileAngelo Ginestra

RedazioneFilippo Cavallaro, Giuseppe Enea,Rosario Fiolo, Carmelo Roccaro,

Coordinamento redazionaleDora Cinà

Grafica e impaginazioneDora Cinà, Angelo Ginestra

StampaSeristampa Palermo - Tiratura 3000 copie

Processi di cambiamento: realtà o finzione 3Rosario Fiolo

Lettera al quotidiano “La Sicilia” 4Quale riabilitatore nel prossimo futuro 5Filippo Guccione

Garantire lo sviluppo del benessere comune 6Giuseppe Cultrera

Anche in Sicilia fisioterapisti con Laurea specialistica 7Angelo Ginestra

Riabilitare sia la società che la persona 8Giuseppe Di Gangi

Cardiologia riabilitativa: Congresso a Palermo 11Angelo Ginestra, Giuseppa Mangano, Raffaella Raimondi, Massimo Sajeva

Uno strumento di valutazione per la mano spastica 12Antonino Morano

Programmare servizi efficienti per i disabili 14Salvatore Crispi

Quali servizi liberalizza la Bolkestein 16Angelo Ginestra

Sentirsi fisioterapisti: non è solo tirocinio 17Valentina Tusa

Sacroiliaca: test in terapia manuale e in osteopatia 18Giovanni Iacono

Descrivere gli stati di salute con l’ICF (II parte) 20Orazio Meli

Uso terapeutico dell’acqua: uno sguardo storico 21Angelo Casa

CORSICORSI

Convegno a Caltanissetta 22Seminari ad Agrigento 22Formazione a Palermo 23Eventi formativi a Messina 23In copertina: Egon Schiele, Lottatore, particolare, 1913Collezione privata

AIFI S ic i l iavia Marchese di Villabianca n.120

90143 Palermo - tel. fax 091 303908www.aifisicilia.it [email protected]

PresidenteRosario FioloSegretarioAnnamaria VenereTesoriereGiuseppe EneaUfficio FormazioneOrazio MeliUfficio Giuridico e Rapporti SindacaliRoberto Ferrara Ufficio Liberi ProfessionistiCarmelo RoccaroUfficio Comunicazione e Relazioni EsterneFilippo Cavallaro

Sezioni ProvincialiAgrigento Giovanni NigroCaltanissetta Francesco BisesiCatania Giuseppe CultreraPalermo Angelo GinestraRagusa Eugenio GallittoSiracusa Giuseppe PulvirentiTrapani Laura Genco

Per iscriversi all’A.I.FI. Regione SiciliaEffettuare il pagamento della quota associa-tiva di € 80.00 (soci ordinari) o di € 26.00(quota associativa studenti):- sul c/c bancario n.540/9 presso il CreditoEmiliano di Palermo, sede p.zza De Gasperin.25/A ABI 3032 - CAB 4601, oppure- sul c/c postale n.39785092,intestato ad A.I.FI. Regione Sicilia Via M.se di Villabianca n.120 90143 Palermo,specificando la causale del versamento.Utilizzare il modulo d’iscrizione scaricandolodal sito www.aifisicilia.it, compilarlo, indoppia copia, in tutte le sue parti.Spedire entrambe le copie corredate di:1.fotocopia del versamento;2. fotocopia autocertificata del titolo conse-guito (per gli studenti certificato di frequenza);3.fotocopia della P.IVA(solo per i liberi professionisti).

Col laborazioniChiunque può collaborare facendo pervenire alla redazione, pres-so la sede dell’AIFI, o all’indirizzo [email protected], articoli a carattere scientifico, culturale, sociale, sindaca-le e politico, di interesse riabilitativo, eventualmente provvisti difoto, disegni e tabelle, purchè inediti. Tali articoli, esclusivamen-te in file, dovranno avere le seguenti caratteristiche: word, timesnew roman, corpo 12, minimo 1900 - massimo 6500 battute. La responsabilità di tutti gli articoli pubblicati è degli autori fir-matari. La redazione valuta e decide liberamente la pubblicazio-ne se in linea con le proprie scelte. L’eventuale pubblicazione èa titolo completamente gratuito.

Fare Riabilitazione sarà inviato gratuitamente a tutti coloro chene faranno richiesta all’AIFI Sicilia, comunicando il proprio indiriz-zo a: [email protected] che non intendessero ricevere questa rivista sono pregati didarne comunicazione formale a mezzo lettera.

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Processi di cambiamento:realtà o finzionedi Rosario Fiolo

Dobbiamo ancora oggi rifarci alla celebre frase delprincipe di Salina nel Gattopardo “cambiare tuttoper non cambiare niente” o dobbiamo invece perse-

guire il cambiamento reale, nell’organizzazione, nella cul-tura, nel mondo scientifico per migliorare la riabilitazionea tutti i livelli? Ma, perché parlare di queste cose oggiquando “sembrerebbe” che tutto vada per il meglio conl’approvazione della legge n. 43 che prevede l’istituzionedegli ordini professionali, traguardo ambito dalla maggiorparte dei fisioterapisti italiani? E anche la questione del-l’art. 1 septies, che prevede l’equipollenza tra i fisiotera-pisti e i laureati in scienze motorie, con l’inizio della dis-cussione alla VII Commissione Cultura della Camera deldisegno di legge n. 522, presentato dall’on. De Simone chene prevede l’abolizione sic et simpliciter, “sembrerebbe”avviata ad una definitiva soluzione. Le fasi del cambia-mento sembrano così avviate per modificare effettiva-mente situazioni abnormi (art. 1 septies) e innescare defi-nitivamente modelli organizzativi adeguati a risponderealle richieste della società per cui bisogna mettere al cen-tro il cittadino e intorno a lui tutti i professionisti, ognunosecondo le proprie competenze (Legge n. 43 del 2006).È necessario parlarne perchè qualcosa in questi processidi cambiamento non funziona e situazioni poco chiare lidistorcono. Infatti, come si possono definire le situazioniche si sono venute a creare sull’art. 1 septies dal momen-to che il compito di relatore è stato affidato ad un depu-tato, l’on. Vito Li Causi, laureato in scienze motorie, cheha insegnato proprio all’università di Catania che, a dettadell’on. Firrarrello, è stata la sede ispiratrice di questanorma e che nella sua relazione iniziale è arrivato a con-clusioni non proprio in linea con le finalità del ddl abro-gativo? E come si può definire l’atteggiamento del gover-no che ha preso l’impegno preciso, attraverso il ministroalla salute, on. Livia Turco, di licenziare il decreto attua-tivo per l’istituzione e la regolamentazione degli ordiniprima delle ferie estive e, quindi, rispettare i termini discadenza della legge-delega che sono fissati nel 4 settem-bre p.v., e invece siamo stati costretti a sperare che il 31agosto il Consiglio dei ministri approvi un decreto mini-steriale di proroga della delega di altri sei mesi per l’at-tuazione di quanto previsto dalla legge 43, vanificandocosì le convocazioni delle professioni sanitarie nei mesi digiugno e luglio al ministero della salute? Quest’ultimoatteggiamento è sicuramente dilatorio. La speranza è chel’attuale maggioranza, che non vede di buon occhio gliordini professionali, sappia trovare al suo interno unpunto di mediazione e soprattutto si renda conto che, dalmomento che le regole attuali prevedono la regolamenta-zione delle professioni attraverso il sistema ordinistico,questo deve essere attuato anche per le professioni sani-tarie. Ciò è importante per la definizione delle regole diogni professione, ma soprattutto per quella del fisiotera-pista che subisce un abusivismo dilagante e pericoloso perla salute dei cittadini. In futuro, quando si attuerà una

nuova regolamentazione per le professioni, saremo bencontenti di aderirvi, ma intanto non si può aspettare chesi crei una nuova regolamentazione ed impedire alle pro-fessioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabili-tazione e di vigilanza e d'ispezione, di completare il per-corso di riforma iniziato con la legge 502/92. Quindi,vogliamo veramente attuare un cambiamento profondonella sanità e fissare regole precise e modelli organizzati-vi che vanno a tutto vantaggio del cittadino o vogliamofare finta di cambiare dotandoci di un apparato normativoinnovativo e poi lasciare che tutto resti sulla carta, appun-to “cambiare tutto per non cambiare niente”?E veniamo alle questioni siciliane. Il nuovo governo regio-nale, secondo quanto dichiarato nell’intervista rilasciataalla nostra rivista dal presidente della regione siciliana on.Cuffaro, prevede un’azione centrata sul miglioramentodell’organizzazione che passa attraverso la valorizzazionedel ruolo dirigenziale delle professioni sanitarie con l’ap-plicazione della legge n. 251 e l’attuazione del piano trien-nale in favore delle persone con disabilità. Anche in que-sto caso la speranza è che si possano affrontare definitiva-mente i temi del cambiamento nel settore riabilitativo. Esoprattutto che il nuovo assessore regionale alla sanità diaun indirizzo “univoco e preciso”, così come peraltro avevatentato di fare l’assessore Pistorio che poi, in parte, hafatto marcia indietro su questioni fondamentali come l’ap-plicazione del Decreto sui LEA (livelli essenziali di assi-stenza). Non è possibile che su questa questione siano statiemanati quattro decreti contradditori tra loro che da unlato tentavano di superare gli interessi lobbistici dettandoregole di trasparenza sia sul piano clinico che amministra-tivo, ma dall’altro incedevano apertamente verso questicon buona pace del rispetto della qualità dell’assistenza edalla garanzia delle persone con disabilità. Quando si spo-sano i cambiamenti nell’interesse della collettività devo-no essere portati avanti sino in fondo. Nel settore riabili-tativo siciliano non si può più lasciare spazio a tentenna-menti: o si imbocca la strada degli interressi lobbistici e sicontinuano a spendere 400 milioni di euro senza controllo,senza carichi di lavoro definiti, senza organizzazione dellavoro, senza qualità, o si decide di attivarsi affinché sipossa garantire al cittadino malato la qualità degli inter-venti e un processo improntato a principi di efficienza,efficacia, trasparenza ed economicità. Attivare i processidi cambiamento comporta fare delle scelte che, in unperiodo di crisi di risorse economiche, significa predispor-re un piano di organizzazione del lavoro, di controllo, piùche di contenimento della spesa, per fare sì che si abbia ilmassimo della qualità con il minimo impegno delle risorse.In questo momento per la riabilitazione vi è un impegnocospicuo di risorse senza un effettivo controllo su come sispendono e se vengono raggiunti gli obiettivi di salute e diqualità. Ed allora bisogna attivarsi per mettere in praticarealmente i processi di cambiamento in tempi certi e conscelte responsabili e coerenti.

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documenti

Palermo, 12/08/2006

- Al Presidente della Regione Siciliana- All’Assessore regionale alla Sanità- Al Direttore de “La Sicilia” di Catania

e p.c. - Alle Organizzazioni sindacali- Al Responsabile del Coordinamento H- Al Segretario regionale di Cittadinanzattiva/TDM- Al Presidente nazionale AIFI

Oggetto: Precisazioni ed osservazioni su un articolo pubblicato sul quotidiano “La Sicilia” del 10 Agosto 2006

In riferimento all'articolo apparso sul quotidiano “La Sicilia” in data 10 Agosto 2006 a pag. 31 nell’inserto di Catania, incui il Presidente dell’AIAS denuncia lo scarso numero di “riabilitatori” presenti nel territorio siciliano, corre l’obbligo difare alcune precisazioni e osservazioni. La prima imprecisione, che non è solo lessicale ma sostanziale, riguarda il riferirsi a questi professionisti come perso-nale “paramedico”, utilizzando un termine che è espressione di una visione della cura ormai superata e non sorretto piùda alcun riferimento normativo: i professionisti dell’area della riabilitazione, i riabilitatori di cui parla l’articolo, sono deiprofessionisti in possesso di laurea di I° livello e di laurea specialistica o magistrale, che in Sicilia sono presenti tra l’al-tro anche con un discreto numero di laureati specialistici, che hanno avuto confermato il loro ruolo di professione sani-taria riabilitativa da tante leggi, a partire dalla L. n. 502 del 1992, la legge di riforma del SSN e ratificato dalla legge n.42/99 che ha individuato il ruolo dei professionisti delle aree infermieristica, tecnica e della riabilitazione determinan-do così l’abbandono definitivo dei vecchi schemi di ausiliarietà. Tale percorso ha trovato naturale continuità legislativanel Decreto del Ministero della Sanità 29 marzo 2001, che ha definito la collocazione del fisioterapista all’interno del-l’area delle “professioni sanitarie riabilitative”. Argomenti che gli addetti ai lavori dovrebbero conoscere a menadito.Si precisa, altresì, che la dizione “fisiokinesiterapista” è oramai impropria e bisogna rifarsi alla nuova terminologia defi-nita dalla leggi vigenti, che stabilisce per questo professionista la denominazione di “fisioterapista”.Ma, passando alla questione di fondo dell’articolo, la carenza di “riabilitatori”, a tal proposito si fa rilevare che il nume-ro di posti per l’accesso al corso di laurea in fisioterapia nelle università italiane viene definito tra i due ministeri,dell’Università e della Salute, attraverso un decreto ministeriale, sentite le associazioni professionali. Il numero di stu-denti da ammettere al I anno nelle università siciliane per i corsi di laurea in fisioterapia, per questo anno accademico,è di circa 150 posti ed è da noi ritenuto adeguato al fabbisogno del territorio siciliano, dal momento che i fisioterapistiin Sicilia sono tra le 5000 e 6000 unità. Per ultimo ma non ultimo, ci si vuole riferire all’accento posto sul “fenomenodel ‘vortice Asl’: queste ultime, infatti, continuando a indire concorsi per terapisti, li sottraggono ai centri di riabilita-zione”. Corre l’obbligo sottolineare in premessa, per dovere di cronaca, che vi è stato per parecchi anni il blocco dei con-corsi nelle aziende sanitarie pubbliche determinato dalle leggi finanziarie e che l’80 % del budget complessivo che laRegione Siciliana destina alla Riabilitazione viene assorbito dai centri privato-convenzionati. Se però è vero che molti pro-fessionisti preferiscono trasferirsi nel “pubblico”, questo avviene non solo per una comprensibile attrazione verso il“posto fisso”, ma perchè questi professionisti sanno di potere contare su maggiori garanzie di tutela contrattuale, sulriconoscimento della propria professionalità e su un’organizzazione del lavoro che tiene conto delle competenze, tec-niche ed organizzative, che tali professionisti sono in grado di assicurare e sul riconoscimento di un più ampio spazioconcesso dalla autonomia professionale, da tempo riconosciuta per legge. Mentre nelle aziende pubbliche si va versol’assegnazione di servizi autonomi con responsabilità dirigenziale, nel privato si resta ancorati a metodi di lavoro ormaida tempo superati, capaci di monitorare gli outputs, ma assolutamente privi di attenzione verso gli outcomes (esiti disalute): come se una fabbrica di auto sa di avere prodotto un certo numero di veicoli, ma non si preoccupa di sapere seil ciclo produttivo ha consentito la costruzione di auto funzionanti.Carenze, queste, che la nostra Associazione ha piùvolte lamentato nei centri di riabilitazione privato-convenzionati e che a volte obbligano i fisioterapisti a scegliere la libe-ra professione. Non è un caso se all’ultimo concorso presso l’ASL di Messina per 10 posti si sono presentati circa 900professionisti, all’Ospedale Civico di Palermo per 4 posti se ne sono presentati circa 500 e attualmente al Policlinico uni-versitario di Palermo addirittura per un concorso per 9 posti a contratto a tempo determinato sono state presentate circa300 domande: a prendere in considerazione queste cifre non sembra che in Sicilia manchino fisioterapisti, ma sempli-cemente che i professionisti siciliani prendono ogni giorno di più coscienza e si sono stancati di essere considerati “mac-chinette” ed essere strumentalizzati per produrre rette e PR (Piani riabilitativi).Proprio all’AIAS, peraltro, gli operatori continuano a lamentare l’inadeguatezza del contratto di lavoro AIAS, la scarsitàdegli stipendi, dell’organizzazione del lavoro e del trattamento sul piano umano. Situazioni già segnalate agli organismi competenti da cui attendiamo risposte sia a garanzia della professionalità masoprattutto a tutela della qualità della vita delle persone con disabilità.Si ribadisce la nostra disponibilità ad un confronto programmatico per il miglioramento del settore riabilitativo nellaRegione Siciliana così importante per tanti cittadini.

Il Responsabile dell’Ufficio Formazione Il PresidenteDott. Orazio Meli Dott. Rosario Fiolo

Lettera al quotidiano “La Sicilia”

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Quale riabilitatore nelprossimo futuro di Filippo Guccione*

Circa 25 anni fa, durante una discussione avuta conun medico fisiatra, a causa della difesa della pro-fessione da me esercitata, difesa che oggi, nelle

motivazioni, troverebbe un valido riscontro nelle normeche la regolano, fui accusato di volere fare il medico enon il terapista, cioè un “tecnico non pensante”. In quell’occasione ebbi modo di rappresentare la mia ideasul concetto di riabilitazione e sulla necessità che aveva-no i pazienti di avere una figura che a pieno titolo garan-tisse la sua salute: una necessità che richiedeva un pro-fessionista in grado di pensare e prestare direttamente iltrattamento riabilitativo; pertanto, invitavo il mio inter-locutore a concepire un’iniziativa che conducesse allacontemporanea soppressione della figura del medico fisia-tra e dell’allora terapista della riabilitazione, per poicrearne una nuova di “riabilitatore” che potesse fare dia-gnosi, prescrizione e cura, con una formazione approfon-dita quanto quella del medico, ma ritagliata su misura sol-tanto per gli ambiti di attività riabilitativa; un po’, con ledovute differenze, come quello che avviene attualmenteper la formazione dell’odontoiatra.Oggi, forse, è venuto il momento che quella mia a queltempo provocatoria proposta possa essere culturalmentee scientificamente supportata, permanendo ingiustifica-te, oggi come allora, le resistenze ad un corretto usodelle risorse professionali, che causano un gran dispendiodelle poche risorse economiche dello Stato. Le resistenzealla crescita delle nuove professioni e alla centralità delruolo del paziente e non più del medico, rendono vane lemodificazioni introdotte dalla Legge 502/92, che ha rifor-mato il S.S.N. Riforma che ha voluto individuare perfetta-mente i gradi di responsabilità di ogni professionista, “chedovrebbe saper fare e saper essere, anche attraverso lacertificazione dei propri atti come strumento di misurairrinunciabile dell’essere professionisti” e quindi non vin-colato da altre forme di egemonia.Il grado di autonomia acquisito oggi dai fisioterapisti èpienamente riconosciuto dalle normative, anche se anco-ra oggi si continua a volere interpretare “valutazione fun-zionale” con significato diverso rispetto a “diagnosi fun-zionale”: disgiunzione tipicamente italiana. La proposta,che oggi mi sento di portare a conoscenza dei colleghi, èquella di un nuovo professionista con le competenzeappresso descritte, nella speranza che si possa aprire unfattivo dibattito, per arrivare a una proposta condivisibi-le da parte di tutti i colleghi che porti alla modificazionedell’ordinamento didattico attuale e ad una maggioredefinizione di responsabilità del profilo professionale:“La professione del ‘riabilitatore’ appartiene al campo diattività delle professioni regolamentate dell’area dellariabilitazione e viene esercitata da coloro che sono in pos-sesso della Laurea specialistica o magistrale inRiabilitazione e della relativa abilitazione all’esercizioprofessionale, conseguita a seguito del superamento diapposito esame di stato.

La professione del riabilitatore prevede le attività ineren-ti alla diagnosi, alla prescrizione e alla terapia riabilitati-va delle malattie congenite e acquisite finalizzate allarieducazione delle disabilità motorie, psicomotorie ecognitive nonché alla prevenzione e alla riabilitazione. Il riabilitatore, in relazione alla diagnosi riabilitativa:a. prescrive e definisce il programma riabilitativo voltoall’individuazione ed al superamento del bisogno di salu-te del disabile; b. prescrive tutti i medicamenti necessari all’eserciziodella professione;c. pratica attività terapeutiche per la rieducazione fun-zionale delle disabilità motorie, psicomotorie e cognitiveutilizzando terapie fisiche, manuali ed occupazionali; d. prescrive l’adozione di protesi ed ausili, ne addestraall’uso e ne verifica l’efficacia; La formazione del riabilitatore dovrà prevedere così unabuona comprensione dei metodi scientifici e in particola-re dei principi relativi alla misura delle funzioni biologi-che, nonché l’acquisizione di un’esperienza clinica damaturare sotto opportuno controllo e conoscenze adegua-te delle scienze sulle quali si fonda la riabilitazione; saràanche prevista la migliore comprensione dei più rilevantielementi che sono alla base dei processi patologici suiquali si focalizza l’intervento riabilitativo e/o terapeuticoin età evolutiva, adulta o geriatria, partendo dalla valu-tazione di fatti stabiliti scientificamente fino alla verificaed all’analisi dei dati. La formazione dovrà prevedere, inoltre, l’apprendimentodella fisiologia del comportamento nella normalità e nellapatologia, e il modo in cui l’ambiente naturale e socialeinfluisce sullo stato di salute dell’uomo, nella misura incui ciò abbia rapporti con la riabilitazione. Si dovrà ancheapprofondire lo studio sulla struttura dei soggetti sani esulla funzione delle attività rivolte al recupero e allariabilitazione delle funzioni motorie, corticali superiori eviscerali, conseguenti a eventi patologici, a varia eziolo-gia, congenita o acquisita. Studio, quindi dei soggettimalati, nonché dei loro rapporti con lo stato di salute e ilbenessere fisico sociale. Si potrà così avere nel propriobagaglio formativo una conoscenza approfondita dellediscipline e dei metodi clinici che forniscono un quadrocoerente delle anomalie, lesioni e malattie disabilitantisotto l’aspetto preventivo, diagnostico e terapeutico”.Ritengo che i tempi siano ormai maturi per iniziare undibattito su come completare la formazione del fisiotera-pista, professione che ha un’importanza decisiva per lacura delle disabilità, e soprattutto riempire di contenutialtamente formativi il percorso di studi della laurea magi-strale, che diventerebbe così una tappa obbligatoria pertutti i professionisti.

*Dott.in FisioterapiaDocente incaricato nel Corso di Laurea in Fisioterapia

Responsabile Ufficio di Coordinamento Didattico e Servizio di Tutorato CdL Fisioterapia - Università degli Studi di Palermo

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Garantire lo sviluppo delbenessere comunedi Giuseppe Cultrera*

Nel corso dell’ultimo anno, come spesso accade nellastoria della nostra professione, sono avvenuti gran-di cambiamenti di natura legislativa. Certamente in

“ordine” di importanza va citata la legge delega alGoverno per l’istituzione degli Ordini Professionali delleprofessioni sanitarie. Sorvolo nel commentare la posizio-ne di chi vede negli Ordini professionali tutto il male pos-sibile derivante dalla presunta difesa corporativista eclassista di una categoria professionale e dei suoi “van-taggi”. Sorvolo sopratutto perché questa posizione è spes-so strumentale alla propaganda politica, e non tesa real-mente alla costruzione di un sistema di interelazioni tramondo professionale e cittadini basato sulla trasparenza esulla garanzia. E di trasparenza e garanzie tutti hannobisogno: professionisti e cittadini.Nel caso specifico della nostra professione di fisioterapi-sti, è ormai noto a tutti i colleghi lo sforzo profuso soprat-tutto negli ultimi 15 anni dall’associazione professionaledi riferimento A.I.T.R. (Associazione Italiana Terapistidella Riabilitazione) prima e A.I.FI. (Associazione ItalianaFisioterapisti) oggi, nel traghettare la professione dallasponda della subordinazione, dell’ausiliarietà e della sot-tomissione pervicace in cui “ignoti” personaggi, che sonopoi i “soliti noti”, volevano mantenerci per il proprio per-sonale profitto, alla sponda dell’autonomia, della profes-sionalità, del proprio ambito di specificità, competenza ericonoscibilità. E già, riconoscibilità, è questo forse ilnodo ancora un po’ ingarbugliato che necessita di esseredefinivamente sciolto. Quella trasparenza e quelle garan-zie di cui parlavo prima sono realmente e definitivamen-te assodate? Non credo. Almeno per quanto riguarda lavisione e la consapevolezza che il cittadino ha di noi. Noisappiamo bene di possedere un patrimonio culturale cheha dimensioni e caratteri di specificità che illuminanochiaramente dentro di noi la figura del fisioterapista, alpunto che ognuno, oltre a dire di chiamarsi fisioterapistapercepisce questa “dimensione”: in pratica “sente diesserlo”. Ma questa luce illuminante arriva al cittadino? Oforse, più o meno volutamente da qualcuno, il cittadinovive in un confusionario chiaroscuro che lo confonde e dis-orienta? Quanti sanno veramente chi è il fisioterapista? Eda quanti fa comodo che altri non lo sappiano? Da tempo lotto contro una immagine che retoricamentepuò essere rappresentata così: “Ecco a voi, signore esignori il grande ‘Bazar della Riabilitazione’, un immensomercato, dove i più disparati (o disperati?) mercanti pro-venienti da ‘mondi’ diversi tra loro, cercano di vendere illoro prodotto riabilitativo nei modi più variegati e folclo-ristici, adescando la gente con promesse di miracoli abuon mercato, soluzioni miracolose, nuove filosofie delmovimento che rinforzano e rigenerano, astuti mercantiche non disdegnano accordi tra di loro pur di attirare emantenere il cliente nelle loro ‘botteghe’ con sentenze diimminenti catastrofi corporee esorcizzabili solamente conla frequentazione di luoghi di culto (per carità anche con-

venzionati) per la redenzione del male. Ma tutto quanto,quale che sia il problema, è risolvibile con la ‘ricettamagica’, la ‘pozione’, insomma il famigerato ‘protocol-lo’: ‘vai lì per 15 giorni e poi altri 15 e poi altri 15, seguialla lettera gli ‘esercizi purificatori’ e le ‘applicazioni’ (?)che il mio discepolo provvederà a somministrarti, e vedraiche il tuo mignolo tornerà a muoversi. No, non ringraziar-mi, ‘noi’ lo facciamo per il tuo bene, ‘incondizionata-mente’. ‘Venite signore e signori, da oggi possiamo faretutto per voi, nessun ostacolo è insuperabile perché ionon sono da solo a servirvi, perché io sono buono, sonodemocratico, ed ho scelto per me e per voi fedelissimiadepti che mai potranno tradirmi perché ho dato loro unagrande libertà: quella di scegliermi. Io il supremo, l’ec-celso, l’incommensurabile, colui il quale un fausto giorno,alle pendici del monte soldos invitato da un messaggerodel dio politicos ebbi in dono le Tavole con i‘Comandamenti Riabilitanti’. Io, il ‘tuttiatra’, faccio edisfo, prevedo, programmo, dispongo, ordino, valuto erivaluto, esorto e conforto, intervengo e modifico. Ciòche è oscuro io chiarisco e curo. In una ascesi verso un’a-poteosi divina accolgo in me ‘tutto’ lo scibile disponibile,e lo profondo e lo spartisco con sapienza e saggezza(conosco i limiti dei miei) agli insicuri adepti anelanti lasicurezza del mio ‘sapere’. Solo io ed i miei simili siamoin grado di fare scienza, ma ne facciamo in così grandequantità che da oggi alcuni individui sono diventati notiper averla ricevuta da noi. Sono noti per la nostra scien-za, sono quelli di scienze notorie. Venite, signori e signo-re, oggi siamo in tanti, siamo di più, e da una parte o dal-l’altra qualcosa verrà fuori, questo è il vantaggio del gran-de bazar. E ricordate solo il nostro grande assortimento èin grado di assicurarvi il prodotto adatto a voi. E udite ciòche ho da dirvi: ‘anatema su quegli eretici che professa-no la riabilitazione con l’inganno del titolo abilitante’ eche magari pretendono di assurgere al rango di ‘Ordinati’per poi ipnotizzarvi e togliervi la possibilità di scegliere,come liberalizzazione e concorrenza comanda, con lascusa che nel bazar potreste trovare la fregatura e maga-ri farvi male. Non credete loro e venite a noi che noto-riamente facciamo scienza tuttiatrica”. La nostra professione attira molteplici interessi e questo,in senso assoluto, non rappresenta necessariamente unmale. Ma non è possibile tollerare che come avvoltoi talu-ni si lancino sulla riabilitazione disattendendo di fattotutte le regole previste per fare onestamente questo lavo-ro. Non è possibile tollerare che altri come sciacalli sinutrano del lavoro e della professionalità dei fisioterapi-sti, facendo credere al mondo intero che del lavoro diquesti sono loro i responsabili. Questo è falso. L’unico responsabile del lavoro del fisiote-rapista è il fisioterapista.L’Ordine professionale rappresenta per noi la logica con-seguenza dell’evoluzione della nostra professione e del-l’intellettualità che la distingue.

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Un’evoluzione e un intelletto che creano fastidio e disagioin chi non riesce ad accettare che mentre erano intenti amantenere il baronato, i fisioterapisti crescevano, diven-tavano autonomi, diventavano professionisti della sanità.Questo purtroppo irrita una grossa parte del mondo sani-tario, sopratutto quegli operatori sanitari che non esitodefinire “parafisioterapisti”.Francamente, sia la questione dell’1-septis che le lungag-gini per l’istituzione dell’Ordine dimostrano l’incapacitàdi buona parte della nostra classe politica (da destra asinistra) a concertare azioni, e risolvere problemi, cheriguardano tutta la comunità e non possono essere confi-nati o peggio utilizzzati come argomenti “di parte” dacontraccambiare con consensi.Siamo stanchi di vedere tanta inconsistenza dall’una edall’altra parte, e la tanto sbandierata democrazia di cuisi riempiono la bocca in questa o quella circostanza,diventa una parola vuota se non defunta. Non è tollerabi-le che tutto si configuri e realizzi solo con la “votocrazia”.Che se li dividano i consensi, ma facciano quello che c’èda fare. Se il “bene comune” è spesso subordinato adinteressi personali, non si può parlare di democrazia e divera libertà.Bisogna che vi sia una reale consapevolezza nelle personeche la partecipazione attiva è l’elemento fondamentaleper garantire lo sviluppo del benessere comune e la nasci-

ta di patrimoni collettivi.Per ciò che ci riguarda più da vicino, l’A.I.FI., e così anchela sezione di Catania, ha sempre cercato di agire sottoquesto dettato per tutelare la professione e la sua cresci-ta, consentendo un dibattito aperto anche al dissenso,purché partecipativo e teso a raggiungere risultati nonnecessariamente dall’esito predeterminato. La cultura democratica che ci caratterizza non può cherifiutare un certo modo di fare politica (di raggiungere unrisultato) e ci obbliga oggi più che mai, ad essere in primalinea in queste battaglie che stanno o starebbero modifi-cando il dna e l’anima della nostra professione di fisiote-rapisti. L’Ordine, che aprano bene l’orecchio tutti, nonsarà quella novità in cui ci si potrà gettare a capofittocome quando sul mercato si immette un nuovo attraenteoggetto, non ci saranno sconti o promozioni, non sarà lagrande novità da acquistare anche a rate pur di averla.Questa Sezione Provinciale A.I.FI. si impegnerà affinchéanche a Catania, qualora dovesse esserci questa dimen-sione territoriale dell’Ordine, la sua costituzione sia ilfrutto di un percorso partecipato, improntato al dialogo,e se possibile condiviso, ma lotterà con tutte le sue forzecontro l’arrembaggio emozionale, e lo sciacallaggio razio-nale. L’Ordine non è una novità in promozione.

*Dott. in Fisioterapia Responsabile Sezione A.I.FI Catania

notizie flash

Hanno frequentato tutti l’Università Magna Graecia diCatanzato i primi fisioterapisti siciliani che hanno conse-guito il Diploma di Laurea Specialistica in ScienzeRiabilitative nella sessione estiva dell’a.a. 2005/2006.“È stata una portata a termine una stimolante esperienzaformativa - ha sintetizzato per tutti Antonella Liberto,unica donna del gruppo - che ha anche avuto il pregio dicreare un gruppo affiatato di colleghi con tanta volontà diandare avanti nello sviluppo della professione”.

Un’opportunità che si sta concretizzando nella formazio-ne di un gruppo di studio siciliano di fisioterapisti conlaurea magistrale, che intende valorizzare il ruolo di que-sto professionista in tutte le aree in cui questa figura èprevista, ovvero nella ricerca, nella didattica e nella diri-genza. E proprio riguardo alla dirigenza, la presenza dilaureati magistrali rende non più valide le disposizionitransitorie dell’art. 7 della L. 251/00, quando finalmenteanche in Sicilia tale legge sarà applicata.

Da sinistra e dall’alto: Salvatore Morgante, Rosario Fiolo, Antonino Carrabba, Paolo Fiore, Orazio Meli, Giovanni Larcan, Filippo Cavallaro, Antonella Liberto, Gioacchino Gaudioso, Giorgio Guarnera, Angelo Ginestra, Filippo Guccione

Anche in Sicilia fisioterapisti con Laurea specialisticadi Angelo Ginestra

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Riabilitare sia la societàche la personadi Giuseppe Di Gangi*

La dis/abilità, la compromissione nella capacità diesercitare funzioni ritenute convenzionalmente ‘nor-mali’, comporta diversi gradi di esclusione o margina-

lizzazione sociale che spesso sono causa di aggravamentodella compromissione stessa, in ragione di fattori sociali,culturali, in rapporto alle risorse del contesto istituzionalee comunitario, alle aspettative individuali e comunitarie,oggettive e soggettive, al vissuto personale della condizio-ne di svantaggio, all’età d'insorgenza del problema o inrelazione al ciclo di vita considerato. L’OMS con due importanti documenti, l’ICIDH(International Classification of Impairments, Disabilitiesand Handicaps) del 1980 e l’ICF (InternationalClassification of Functioning, Disability and Health) del2001, ha sottolineato che lo stato di un individuo è datonon solo da funzioni e strutture del corpo ma anche dallapossibilità che ha di partecipare alla vita sociale e di rea-lizzarsi autonomamente. Non si deve parlare più, dunque,di ‘handicappato’, ma di ‘persona con dis/abilità’.L’handicap è dato dall’incontro fra la persona con una dis-abilità e il suo ambiente. L’‘istituzione’ delle situazioni dihandicap è dunque ‘demandata’ all’intera società. A parti-re dal raggiungimento di questa consapevolezza, sono statesottolineate le potenzialità insite nella costituzione diinterventi che coinvolgono l’intera comunità . Non solo lafamiglia è chiamata a farsi carico di queste situazioni diquotidiana emergenza, ma tutta la comunità, a partire daun cambiamento nei modelli culturali di accettazione delladisabilità e di scoperta delle possibilità insite in ogni esse-re umano. La comunità, dunque, è chiamata ad essere sog-getto e non più solo oggetto della politica sociale. Si affer-ma il modello di community care (cura da parte dellacomunità), in base al quale bisogna garantire strumenticognitivi, affettivi, materiali indistintamente a tutti, per-ché la stessa comunità possa far fronte in modo più auto-nomo e autoregolato ai problemi cui le persone e i gruppipossono andare incontro. Il nuovo ICF ha rappresentato, in tal senso, un importantepasso avanti, piuttosto che stagnarsi sulla mancanza dirisorse ha evidenziato, infatti, gli aspetti propositivi e lepotenzialità dell’individuo e della società. Il contesto sociale può facilitare o limitare l’individuo il qualea sua volta può influenzare i setting sociali con cui interagi-sce. Queste considerazioni hanno progressivamente portatoal superamento del modello medico e del modello sociale edhanno favorito l'affermazione del modello biopsicosociale.Tale modello considera nella valutazione dello stato di salutel’interazione tra fattori biologici, psicologici e sociali. La salu-te si realizza pienamente in uno stato di benessere comple-to; diventa quindi essenziale rivolgere l’attenzione non soloalla dimensione biomedica ma anche alle dimensioni delbenessere psicologico e di quello sociale. Agli interventi voltialla cura della patologia, devono affiancarsi quelli finalizzatial miglioramento della Qualità della Vita (QdV).L’OMS comprende nella definizione di Qualità della Vita

“[…] le percezioni degli individui della loro posizione nellavita nel contesto della cultura e del sistema di valori in cuivivono e in rapporto ai propri scopi, aspettative, criteri einteressi. Si tratta di un concetto ampio che abbraccia inmodo complesso la salute fisica della persona, lo stato psi-cologico, il livello d’indipendenza, le relazioni sociali, lecredenze personali e i loro rapporti con le caratteristichesalienti dell’ambiente”. La QdV, dunque, non è connessa esclusivamente all’entitàdella patologia presentata ma una serie di “fattori” com-portano gradi differenti di compromissione della stessa,anche a parità di gravità obiettiva. Tra questi fattori, unaparte non trascurabile è rappresentata dalle attività ditempo libero, dal livello di attività fisica e dai rapporti confamiliari e amici. Il tempo libero rappresenta un importan-te indicatore della QdV, in quanto costituisce uno strumen-to di socializzazione e di sviluppo della personalità. Peressere tale, per potere essere utilizzato proficuamente enon diventare tempo vuoto, si deve essere in grado digestirlo creativamente ed autonomamente. È importante,pertanto, progettare e realizzare interventi che contempli-no come elemento portante la gestione del tempo libero,per contrastare la tendenza a considerare i disabili e glianziani come soggetti bisognosi unicamente di interventimedici e di recupero, e dare loro la possibilità di esprime-re, al di là delle limitazioni personali, le proprie attitudinie i propri desideri e di essere inseriti in una rete di rappor-ti non solo familiari o di lavoro.Si deve realizzare uno spostamento di attenzione da quelliche sono i problemi della persona con handicap a quelli chesono i suoi bisogni di normalità; uno spostamento dell’at-tenzione dalle parti malate o immature del disabile alleparti sane o potenzialmente sane della persona. “Le diffe-renze tra persone, che possano o meno essere consideratedisabilità, devono essere rispettate. Invece di concentrar-ci sui problemi derivanti dalle differenze, dobbiamo valo-rizzare le diverse prospettive e possibilità che esse pre-sentano […] La buona prassi deve concentrarsi sulle capa-cità delle persone e su come utilizzarle e svilupparle, piut-tosto che sulle disabilità”. Trattare da soggetti presupponel’autonomia decisionale e la responsabilizzazione della per-sona. Occorre partire dal presupposto che “[…] in ogni per-sona, sia pure con livelli ed ampiezze diverse, esiste unacapacità potenziale di autonomia e di autodeterminazione[…]”; ad ogni essere umano deve essere data la possibilitàdi prefigurarsi un futuro, evitare di bloccare la loro esi-stenza in uno stagnante presente senza evoluzione. Perconsiderarsi soggetto è importante che la persona non siidentifichi col suo problema o bisogno (come accade quan-do la si chiama handicappato, paraplegico, psicotico, ecc.),ma dobbiamo comunque ragionare con lui dei limiti realiesistenti e degli spazi di autonomia e di promozione di sé.Accanto alle esigenze ed alle difficoltà dei soggetti disabi-li è possibile affiancare le difficoltà della popolazioneanziana, difficoltà per molti aspetti prossime. Sia perché

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l’anziano si ritrova molto spesso a vivere una situazione didisabilità, sia perché incorrono negli stessi rischi di solitu-dine, abbandono ed emarginazione.La necessità di considerare la globalità della persona intutte le sue dimensioni, soprattutto in rapporto ai suoi dis-agi, disturbi, problemi o patologie correlati alla componen-te psicologica, sociale, familiare, relazionale e lavorativa,agli stili di vita e ai fattori ambientali ha portato al supera-mento di servizi settoriali e all’introduzione di servizi inte-grati. Diventa fondamentale guardare sistematicamente alrapporto tra la persona e i propri contesti di vita, agendosui fattori che ne favoriscono e/o limitano lo sviluppo. Tutto ciò richiede cooperazione e integrazione al fine dicontrastare i molti fattori del disagio, chiamando in causauna nuova cultura della salute e nuove metodologie diintervento capaci di collocare in un processo unitario idiversi apporti di natura sociale, sanitaria, educativa.La legge 328/00 “Legge quadro per la realizzazione delsistema integrato di interventi e servizi sociali” ha rappre-sentato, sul fronte della normativa, un passo concretoverso la costruzione di servizi socio-sanitari rivolti e realiz-zati dalle fasce più deboli della popolazione, in un’otticadi valorizzazione delle risorse di cui ciascun essere umanoè portatore. Le disposizioni normative presenti nella leggepromuovono l’integrazione socio-sanitaria come elementoindispensabile per la definizione di una alta qualità dellavita, diventato l’obiettivo primario delle politiche in favo-re della aree del bisogno. L'integrazione socio-sanitariacostituisce, nell’organizzazione dei servizi, la scelta stra-tegica di collegare ed armonizzare le prestazioni sanitarieterritoriali ed ospedaliere e le prestazioni assistenziali e diservizio sociale in un quadro progettuale globale, al fine diuna maggiore efficacia e di una maggiore efficienza degliinterventi. L’integrazione socio-sanitaria nasce nella con-vinzione che i bisogni della persona non possono esserescissi, se non arbitrariamente, in sociali e sanitari, con con-seguente dispersione di competenze, interlocutori e possi-bilità di intervento. Purtroppo, a fronte di queste norme,la 22/86 prima e la 328/00 dopo, va constatato che inSicilia si trovano ancora situazioni dove solo da poco sicomincia a parlare di regolamentazione dei servizi e sicominciano a strutturare interventi secondo un’ottica diintegrazione socio-sanitaria.Nel 2004 l’Amministrazione Comunale, Ufficio Servizi Sociali,del Comune di Castellana Sicula, alla luce della lettura deibisogni emergenti nell’ambito del Distretto Socio-Sanitarion. 35, ha progettato un Centro Diurno Polivalente che harappresentato il primo concreto esempio di intervento diintegrazione socio-sanitaria nell’ambito del Distretto n. 35. La realizzazione del progetto è stata affidata alla “CAPPCooperativa Sociale”. La CAPP, rifacendosi alle ultime leggiin campo sanitario e sociale, che danno delle indicazionispecifiche sui processi organizzativi, ha elaborato un pro-prio Progetto Organizzativo-Gestionale che prevede la cen-tralità dell’utente e garantisce la globalità dell’interventomediante un’azione interdisciplinare. Lo statuto dellaCAPP all’art. 3 recita: “lo scopo principale è quello di per-seguire l’interesse generale della comunità alla promozio-ne umana e all’integrazione sociale dei cittadini”.La CAPP, composta da professionisti che operano nel campodei Servizi Sanitari e Socio-Assistenziali, ben si è prestata arealizzare il fine cardine del progetto, ovvero il migliora-mento della Qualità di Vita dei fruitori del servizio, garan-tendo interventi professionali nel rispetto della globalitàed individualità della persona.

Il progetto, rivolto a quindici disabili medio-gravi e a quin-dici anziani residenti nei Comuni del Distretto n. 35, si èposto la finalità di: - favorire ai soggetti disabili e anziani l’integrazione o lareintegrazione nel proprio contesto sociale, evitando ilrischio di abbandono, lo sdradicamento dalle abitudini, lasegregazione in istituto; - favorire la costruzione di una rappresentazione mentaledell’integrazione tra servizi sociali e sanitari, garantendouna piena tutela dei disabili, degli anziani e delle lorofamiglie, favorendo opportunità di integrazione. Gli obiettivi specifici sono:¢ sostenere e sviluppare l’autonomia e le capacità dellepersone non autosufficienti; ¢ rimuovere gli ostacoli che aggravano le condizioni di dis-abilità;¢ creare condizioni di pari opportunità;¢ sostenere ma anche sollevare le famiglie;¢ monitorare, attraverso un’équipe pluriprofessionale, ilivelli di attivazione degli interventi nei termini di misureassistenziali, educative, riabilitative e scolastiche;¢ promuovere momenti di informazione e pubblicizzazionedel servizio, nonché occasioni di solidarietà nella comunitàlocale;¢ favorire e stimolare, attraverso la realizzazione delle atti-vità, la crescita del senso di appartenenza ad un gruppo dipari e facilitare la partecipazione ai momenti di vita sociale.La CAPP ha messo a punto un’organizzazione del lavoro euna gestione del servizio sfruttando tutte le potenzialitàpresenti nel territorio, promuovendo e sostenendo una fat-tiva collaborazione tra tutte le risorse territoriali, formalie non, che ruotano attorno ai bisogni/desideri del sogget-to disabile. Attraverso l’intervento di rete si è potenziatala sensibilità per le risorse interne alla comunità, valoriz-zandole, prevenendone la dispersione e permettendo lacreazione di sinergie tra forze sociali diverse. L’azione promossa dalla CAPP ha cercato di proporsi noncome una tecnica di erogazione di prestazioni, ma comeuno strumento terapeutico-riabilitativo rivolto agli utenti,alle famiglie, ed all’intera comunità, pensando alla riabili-tazione come un atto che rispetta i bisogni fisici, psicolo-gici e sociali della persona. A tal fine ogni azione è stataconcordata da una équipe che, sulla base di un ProgettoIndividualizzato (L. 328/00 art. 14), ha agito sulla disabili-tà coinvolgendo la famiglia, i Servizi e la comunità. Lariabilitazione, riletta alla luce del modello biopsichicoso-ciale, va considerata come un intervento globale per pre-venire o eliminare l’handicap, secondo le disposizionedell’ICIDH, o per preservare o allargare l’area della parte-cipazione secondo quanto affermato dall’ICF. La riabilita-zione comprende, dunque, tutte le manovre terapeutiche(mediche, psicologiche e sociali) che mirano alla preven-zione e alla riduzione degli esiti invalidanti delle malattie,con il fine di migliorare la qualità della vita in relazionedella persona al suo ambiente. Centrale nell’uso del ter-mine riabilitazione è il fatto che l’anziano si ritrova moltospesso a vivere una situazione di disabilità, sia perchéincorrono negli stessi rischi di solitudine, abbandono edemarginazione. La necessità di considerare la globalitàdella persona in tutte le sue dimensioni, soprattutto inrapporto ai suoi disagi, disturbi, problemi o patologie cor-relati alla componente psicologica, sociale, familiare,relazionale e lavorativa, agli stili di vita e ai fattoriambientali ha portato al si rivolge ad una persona nel suoinsieme, compreso il contesto personale e ambientale. Le

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attività realizzate pertanto hanno rivolto attenzione aldominio fisico (riabilitazione logopedica e psicomotoria),al dominio psichico (supporto psichico agli utenti ed allefamiglie), ed al dominio sociale (formazione di gruppi,attività di animazione, integrazione con il più ampio con-testo sociale, attività aperte e realizzate con il coinvolgi-mento delle comunità locali). Il Centro Diurno ha riscosso notevole consenso tra le famiglieche accolgono componenti con disabilità: queste, infatti,sono state sgravate da un forte carico assistenziale.Interessante è anche l’impatto che ha riscosso nell’ambito delDistretto n. 35, portando le diverse realtà operanti sul terri-torio a dialogare al fine di realizzare un intervento di integra-zione socio-sanitaria. Infine, è da non sottovalutare l’influssoche ha esercitato sul contesto sociale facilitando azioni diapertura ed integrazione delle condizioni di svantaggio.La CAPP si è posta l’obiettivo di portare la società ad inte-ragire con il “variopinto” universo della disabilità e dellaterza età, mondo pieno di risorse che devono essere, dap-prima, riconosciute e poi sviluppate; in questo modo talirisorse possono diventare protagoniste attive nel loro terri-torio e non semplici destinatarie di azioni non curanti dellaspecificità dell’individuo e dell’ambiente in cui vive.Il progetto è riuscito a: - favorire la piena integrazione dei soggetti disabili e anzianinel proprio contesto sociale, evitando il rischio di abbandono,di sdradicamento dalle abitudini, di segregazione in istituto;- scalfire le barriere mentali che ancora purtroppo relegano idisabili e gli anziani in una posizione di estrema marginalità;- favorire la sperimentazione dell’integrazione tra servizisociali e sanitari e la costruzione di una rappresentazione men-tale di Distretto Socio-Sanitario nel comprensorio madonita. Il progetto fin dalle sue prime fasi ha messo in moto una seriedi dinamiche che hanno coinvolto l’intero Distretto. La suaattuazione è stata possibile grazie alla sinergia realizzatasi trale diverse realtà territoriali che a vario titolo sono coinvoltenel mondo della disabilità e della terza età. Si è realizzato unvero e proprio lavoro di rete che ha visto protagonisti:- i disabili, gli anziani, le loro famiglie e gli amici (sistemainformale); - le istituzioni e i professionisti che per mandato istituzio-nale hanno il compito di fornire prestazioni di cura, preven-zione e riabilitazione (sistema formale);- gruppi volontari, preti, insegnanti (sistema quasi-formale).Le attività sono state pensate, programmate e realizzatetenendo conto delle esigenze e delle possibilità degli uten-ti emerse dall’incontro tra tutti i protagonisti coinvolti.Alla luce di queste osservazioni è possibile constatare che ilCentro Diurno è riuscito nell’intento di realizzare interventidi integrazione socio-sanitaria ed ha rappresentato un impor-tante tassello per la costruzione di una loro rappresentazionementale distrettuale. Le azioni intraprese sono servite a sot-tolineare che i soggetti disabili e gli anziani non vanno consi-derati come persone da tenere il più possibile lontano daicentri di “produzione”, chiusi all’interno di una strutturaposta alla periferia delle città, ma vanno considerati a pienotitolo parte integrante della loro realtà sociale: il loro esser-ci è testimoniato innanzitutto dalla loro visibilità!Esperienze come queste offrono un contributo molto impor-tante per favorire la valorizzazione delle risorse di ogni indi-viduo, indipendentemente dall’età e dalle condizioni psico-fisiche e quindi l’abbattimento di pregiudizi e stereotipi.La CAPP è riuscita a raccogliere la difficile sfida: ha colto lepotenzialità positive presenti in un progetto innovativo esperimentale, quale appunto è il Centro Diurno Polivalente,

ed è riuscita a realizzare il passaggio dalla teoria all’effet-tiva concretizzazione. Riportiamo di seguito la storia di un utente del Centro DiurnoPolivalente, emblematica della buona riuscita del progetto.Marco, questo è il nome che gli daremo per ovvi motivi diprivacy, è un ‘ragazzone’ di circa 40 anni. Viene presentatocon una diagnosi di stato epilettico con notevole deficitpsico-intellettivo. Diagnosi che considerata l’epoca ed ilretroterra culturale in cui è nato ed è cresciuto lo ha porta-to a vivere una vita di piena e totale solitudine. È stato eti-chettato dal suo ambiente sociale come “elemento diverso”e pertanto pericoloso, per cui è stato relegato all’internodella sua stanzetta senza nessuna possibilità di contattosociale. Quando viene presentata l’opportunità di inserirlonella struttura i familiari si mostrano scettici e come è pre-vedibile ancora di più lo sono i vicini, i paesani, che non cre-dono possibile che Marco sia in grado di lasciare la sua stan-za, di andare con persone estranee e si premurano a met-tere in guardia sui suoi probabili, ma mai certi, comporta-menti aggressivi. Inizialmente viene accompagnato alCentro dai genitori ma a poco a poco inizia un percorso diprogressivo distacco dalle figure familiari. Gli operatori conmolta sensibilità hanno rispettato i suoi tempi di adatta-mento ed hanno conquistato così la sua fiducia. Marco nonriusciva e non riesce tutt’ora a comunicare normalmente,non sa scrivere, forse non ha mai toccato una penna in vitasua, non è in grado di fare un’attività di gruppo, ma con-trariamente a quanto si poteva pensare si sono verificati inlui dei grandi cambiamenti, ha fatto capire a modo suo cheera felice di andare al Centro, si è lasciato guidare daglioperatori, per lui perfetti sconosciuti fino a quel momento.A Marco, dopo quaranta anni di forzato isolamento, è statadata l’opportunità di dimostrare che era in grado di starecon altre persone, di uscire dal suo nido-prigione, e proba-bilmente se gli fosse stata data fin dall’inizio della sua sto-ria le sue capacità sarebbero molto più sviluppate. Tuttoquesto può sembrare poca cosa per chi non ha avuto la pos-sibilità di vedere il suo sguardo prima di questa esperienzae dopo. E la stessa luce di speranza e gioia si può scorgerenello sguardo di tutti i soggetti che hanno frequentato, convari ruoli e funzioni, la struttura.Se esperienze come queste possono servire ad impedire chesi verifichino storie come quelle di Marco, a scalfire il murodi pregiudizi che soffoca il mondo della disabilità, a realiz-zare interventi di riabilitazione che tengano conto dell’indi-vidualità e globalità dell’essere umano, allora non si saràlavorato invano.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICIBORZETTI R. A., L'integrazione socio-sanitaria, in http://www.edscuola.it/index.html.COMMISSIONE EUROPEA. HELIOS II, Guida europea di buona prassi. Verso laparità di opportunità delle persone disabili, Unione Europea, Bruxelles 1996. DI GANGI G., I servizi sociali innovativi e sperimentali: ideazione, proget-tazione, attuazione. Esperienza del Distretto Socio - Sanitario n. 35,"Elaborato finale per la laurea in Servizio Sociale", LUMSA, Palermo22/11/2005. Relatore: Prof. A. MARI.DONATI D., Integrazione, salute e qualità della vita come obiettivi curri-colari, in www.psychomedia.it, 2003-2004.FOLGHERAITER F., Il lavoro di rete nelle comunità locali, in L. SANICOLA (acura di), L'intervento di rete, Liguori Editore, Napoli 1994, 187 - 202.LAVANCO G. - NOVARA C., Elementi di psicologia di comunità. Approccio teori-co, aree di intervento,metodologie e strumenti, McGraw-Hill, Milano 2002, 84.MANNINO G., ALGARES G., DI MARIA F., I processi per la costruzione delbenessere individuale e sociale a partire dal modello ermeneutico dellerelazioni s/oggettuali, in F. DI MARIA, Psicologia del benessere sociale,McGraw-Hill, Milano 2002, 11 - 34.REFOLO BORMIOLI E., L'autonomia decisionale dell'utente, in "ServiziSociali" 3 (1993) 40.

*Assistente sociale CAPP

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Cardiologia riabilitativa:Congresso a Palermo di Angelo Ginestra*, Giuseppa Mangano*, Raffaella Raimondi**, Massimo Sajeva**

Dal 5 al 7 ottobre 2006 si terrà a Palermo l’ottavocongresso nazionale del gruppo italiano di cardiolo-gia riabilitativa e preventiva (GICR). La cardiologia

riabilitativa è ormai riconosciuta come lo standard di curaper il trattamento del paziente cardiopatico in fase post-acuta e cronica e come una componente essenziale delprogramma assistenziale. La cardiologia riabilitativarisponde appieno ai bisogni dei pazienti in termini di valu-tazione, recupero funzionale e prevenzione, presta unagrande attenzione ai bisogni dei pazienti ad alto rischio ecronici ed ha un favorevole rapporto costo-beneficio chene favorisce lo sviluppo, così che anche il legislatore hainiziato finalmente a prevedere riconoscimenti normativie ad investire in essa risorse economiche. Il programma si articola in una serie di simposi che faran-no il punto della situazione sui percorsi clinico-assisten-ziali dei pazienti cardiopatici, sia quelli sottoposti a riva-scolarizzazione meccanica o cardio-operati che quelli cli-nicamente sempre più complessi. Verrà dato ampio spazioanche alla prevenzione dei soggetti ad alto rischio, in par-ticolare al diabetico e all’obeso, pazienti che hannoun’alta prevalenza, con grandi riflessi socio-sanitari. Prescindendo dalla scarsa visibilità tout cour data allerealtà siciliane che si occupano di cardiologia riabilitati-va, che non sono poche e che hanno maturato un’espe-rienza di indubbio interesse, tale evento è importante siaper le tematiche affrontate che per la partecipazione dicardiologi di fama nazionale: è un’occasione da non per-dere per la possibilità di confronto che offre con le altrerealtà nazionali che si occupano di riabilitazione cardio-vascolare nonché per implementare protocolli di tratta-mento uniformi in tutte le realtà italiane. Un argomentoim-portante del congresso sarà l’esercizio fisico, da sem-pre cardine dei programmi riabilitativi e preventivi, su cuinell’'ultimo periodo si assiste ad un rinnovato interessedella ricerca sia clinica che di base. A questo proposito è opportuno ricordare che il profiloprofessionale del fisioterapista prevede che tale profes-sionista svolge gli interventi di prevenzione, cura e riabi-litazione nelle aree della motricità, delle funzioni corti-cali superiori, e di quelle viscerali conseguenti a eventipatologici, a varia eziologia, congenita od acquisita edelabora, anche in équipe multidisciplinare, la definizionedel programma riabilitativo volto all’individuazione ed alsuperamento del bisogno di salute del disabile; per que-sto il fisioterapista è l’operatore sanitario abilitato a pra-ticare autonomamente attività terapeutiche per la riedu-cazione funzionale delle disabilità motorie, psicomotoriee cognitive. Sebbene la riabilitazione cardiovascolare siconfiguri come un intervento multidisciplinare chedovrebbe vedere operare in accordo figure assai diversetra loro, dal cardiologo al fisioterapista, dal dietologoall’infermiere professionale, dallo psicologo all’assistentesociale, spesso purtroppo si assiste ad una “confusione diruoli” della quale a farne le spese è proprio il fisioterapi-

sta, che ne è l’artefice di una componente essenziale.Così, a volte succede che tutto ciò che non è di pertinen-za prettamente medica, viene proposto indistintamentealle altre professioni sanitarie, assecondando una conce-zione della cura in cui l’atto medico è epistemologica-mente “ben connotato” e tutto il resto “indistintamentepraticato”. È evidente che una tale confusione, oltre anon essere vantaggiosa per la salute dell’utente, che noncomprende chiaramente “chi fa che cosa”, non è in lineacon i presupposti qualitativi che esprime la visione bio-psico-sociale dell’intervento sanitario. Sorge allora spontaneo porsi alcune semplici domande:perché avviene tutto ciò? Questa situazione è espressionedi una carenza nell’organizzazione dei servizi di cardiolo-gia riabilitativa o semplicemente l’equipe riabilitativanon sempre mette bene a fuoco profili e competenze enecessita pertanto di maggiori confronti al suo interno?Se, come sembra, ciò avviene nelle realtà lavorative dimolte regioni italiane, non sarebbe il caso di implemen-tare correttamente tutte le competenze professionali edeventualmente strutturare audit di sistema? I fisioterapisti con esperienza di riabilitazione cardiologi-ca sono dell’idea che è fondamentale strutturare un’or-ganizzazione “integrata” che presuppone la partecipazio-ne attiva delle diverse componenti dell’organizzazionesenza perdere di vista la specificità di ogni professione. Il congresso di Palermo sarà una formidabile occasione perdissipare le perplessità e i dubbi manifestati e mettere inatto momenti efficaci di approfondimento e confronto. Per questo l’invito a partecipare a tale evento deve esse-re visto non per la solita, quanto a volte squallida, cacciaai crediti formativi, quanto per l’importanza dell’incontroper gli operatori del settore e i professionisti della riabi-litazione che vogliono manifestare la loro presenza ed evi-tare che altre figure professionali si approprino indebita-mente di funzioni che non sono loro.

*Dott. in Fisioterapia - A.R.N.A.S. Ospedale Civico - Palermo**Dott. in Fisioterapia - Ospedale Buccheri La Ferla F.B.F. - Palermo

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Uno strumento di valutazioneper la mano spastica di Antonino Morano*

La complessità anatomo-funzionale del sistemamano, rende la sua rieducazione uno dei compitipiù importanti ed impegnativi che ci troviamo a

dover affrontare nel campo della riabilitazione e la pre-senza di spasticità porterà una modificazione degliequilibri di tutta quanta la struttura. Non sempre quin-di, la riabilitazione della mano spastica nei pazienti condisordini motori, offre risultati soddisfacenti.La mancanza di questi risultati, quasi sempre dovutiall’enorme difficoltà che si incontra durante il suo trat-tamento ed alla inadeguata gestione globale del pro-blema, ha portato negli ultimi anni a riprogrammarel’intervento terapeutico, modificandone l’approccioriabilitativo in funzione della chirurgia funzionale. La nascita e lo sviluppo di questo tipo di chirurgia,supera il concetto di correzione della deformità dell’ar-to spastico fine a se stessa ed introduce, come obietti-vo terapeutico, il ristabilimento ed il potenziamentodella funzione residua ove presente e la realizzazione dicondizioni morfologiche comunque confortevoli per ilpaziente ed i familiari: ciò per consentire di realizzareil riequilibrio tra le forze statiche (spasticità, contrat-ture, rigidità) e quelle dinamiche eventualmente pre-senti (funzione motoria residua) in modo da otteneregià a fine intervento il corretto posizionamento dell’ar-to superiore nella sua globalità.Il chirurgo inoltre, intervenendo sulla mano a diversilivelli: ossa, muscoli, articolazioni, tendini e sistemanervoso, con l’intervento di chirurgia funzionale puòmirare anche al miglioramento della gestione della“mano igienica”, e dell’aspetto estetico, dell’accetta-zione e del reinserimento sociale “mano estetica”;oppure, può mirare al miglioramento, se presenti, deimovimenti prossimali, nell’utilizzo dell’arto superioreinteressato come supporto nelle prese bimanuali “manodi supporto” e al miglioramento di una funzione di presa“mano funzionale”.Nell’ultimo decennio, è finalmente emersa una nuovasensibilità verso il problema, che ha portato a com-prendere quanto sia importante l’approccio multidisci-plinare e la definizione iniziale di un obiettivo persona-lizzato condiviso da tutti gli specialisti coinvolti.La chirurgia funzionale diventa, così, a tutti gli effetti,atto riabilitativo completamente integrato in una gestio-ne globale del paziente, cui partecipano psicologi, psi-chiatri, neurologi, neurofisiologi, chirurghi e fisioterapi-sti, e non è possibile immaginarla isolata dal contestodella riabilitazione, dal momento che è essa stessa unpotente mezzo riabilitativo. I punti di partenza fonda-mentali su cui basarsi sono la quantificazione dell’handi-cap per fornire una guida al tipo di trattamento, e lamisura del risultato per seguire in modo standardizzato eriproducibile la sua variabilità nel tempo.Il quadro neurologico deve presentarsi stabilizzato e lamotivazione del paziente è un aspetto fondamentale,

più importante del suo livello intellettivo, così comel’ambiente familiare, che ha il compito di supportarematerialmente e psicologicamente il paziente spastico.Inoltre, è importante nell’impostazione del trattamen-to sia riabilitativo che chirurgico assicurarsi che ilpaziente comprenda bene l’utilità del gesto che si vuoleandare a ristabilire al suo arto spastico. Sono state perciò formulate numerose classificazioni,poiché la semeiotica delle lesioni nervose è molto com-plessa e la spasticità in particolare presenta innumere-voli manifestazioni a seconda che interessi il bambinocon paralisi cerebrale infantile, l’adulto emiplegico oquello con lesione midollare.In questo contesto globale, la valutazione strumentalerappresenta il completamento dello studio clinico e si èrecentemente sviluppata grazie all’applicazione incampo clinico dei progressi della bioingegneria e del-l’informatica, attraverso l’impiego dell’EMG dinamica edell’analisi cinematica; la tossina botulinica rappresen-ta un utile presidio per la verifica della stabilizzazionedel nuovo quadro clinico e permette di simulare il risul-tato chirurgico, che a differenza dell’azione della tossi-na, è stabile nel tempo e non reversibile; la specificitàdel trattamento riabilitativo rappresenta il supporto

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indispensabile per ottenere i migliori risultati nel con-testo di un approccio globale multidisciplinare.Grazie, quindi alle conoscenze attuali, alla specificitàdel trattamento riabilitativo e anche all’intervento chi-rurgico, è possibile riorganizzare l’approccio terapeuti-co alla mano spastica, riaprendo nuove possibilità direcupero e modificando in modo significativo il quadroclinico e riabilitativo del paziente stesso.Inoltre, la definizione di nuove metodiche strumentalidiagnostiche, come l’elettromiografia dinamica e l’ana-lisi cinematica, consente uno studio della condizionepatologica spastica tale da permettere una miglioreselezione dei pazienti da sottoporre ad intervento chi-rurgico ed una monitorizzazione standardizzata e ripro-ducibile della qualità dei risultati, ma non fornisce indi-cazioni precise sul livello di spasticità.L’ipertono spastico, quindi, una delle principali conse-guenze dell’ictus, è spesso fonte di disabilità per ilpaziente che ne è affetto, ripercuotendosi sulla suaindipendenza e sulla sua qualità di vita quotidiana.Quando ad esserne colpita è soprattutto la mano, lapossibilità di un buon recupero con un ritorno alla fun-zionalità diminuisce notevolmente. L’evoluzione dellamano spastica porta spesso ad una grave flessione deiflessori superficiali e profondi delle dita lunghe e della

muscolatura intrinseca come gli interossei, gli addut-tori e il flessore lungo del pollice. Il pollice stessopotrà anche assumere l’atteggiamento caratteristicodella deformità detta “Tumb in palm”, Pollice nelpalmo. Una precoce riabilitazione è sicuramente ilprimo intervento da praticare, ma molto spesso questorimane un intervento fine a se stesso dove il risultatodi un buon recupero della funzionalità della manorisulta difficile da ottenersi, ma soprattutto da misu-rare, per cui spesso e volentieri ad una valutazione dicontrollo ci si improvvisa in affermazioni del tipo “èmigliorato, va meglio, la terapia non ha dato risultato,

etc..”. Questa impossibilità di verificare i risultatidopo un trattamento è purtroppo un problema impor-tante, dove ad oggi nella letteratura è difficile trova-re studi che parlino di qualche scala di valutazione oqualche strumento che misuri adeguatamente la spa-sticità delle dita lunghe e del pollice in una mano. Lanecessità quindi di ricercare qualcosa che dimostrivalidamente i risultati ottenuti, in modo da considera-re un tipo di terapia più o meno valida di un’altra, chesia significativa e che soddisfi gli addetti ai lavori risul-ta ancora oggi un percorso obbligato. Presso l’IRCCS Centro Neurolesi “Bonino Pulejo” diMessina si sta cercando di creare, un dispositivo inmateriale termoplastico inizialmente con un sistemache utilizzava un dinamometro, poi sostituito da unsistema di tiranti fatto di pesi e lenze in grado di tra-zionare le dita della mano appositamente sistemata ebloccata su apposite guide e attraverso una scala gra-duata sarà possibile misurare lo spostamento delle ditasottoposte alla trazione dei pesi che varieranno asecondo il grado di spasticità. Attualmente in fase spe-rimentale lo studio della durata di 6 mesi prevede l’u-tilizzo di un protocollo somministrato su pazienti emi-plegici e basato su tre ripetizioni iniziali ed un con-trollo con cadenza bimestrale.

Bibliografia:Colombelli J., Pivato G., Molteni F., Pajardi G., The spastic centralhand: global Approach foe a morfologic recovery. Atti Congressopre-FESSH, 24-25 Maggio 1999, Heidelberg;Molteni F., Pajardi G., Caimmi M., Magoni L., Rossigni M., Utilitàdell'analisi elettromiografici dinamica e cinematica per la pianifi-cazione del programma chirurgico. Riv. Chir. Riab. Mano 2000;Pajardi G. et al., La chirurgia funzionale nelle paralisi spastichedell'arto superiore. Edizioni Centro Studi Mano, 2000, Milano;Pivato G., Atti 1° Corso Base Riabilitazione Arto Superiore e Mano- Caltanissetta 2003;Zancolli E. A. et al., Surgery of the spastic hand in cerebral palsy.J Hand Surg 1983;

*Dott. in Fisioterapia IRCCS Centro Neurolesi “Bonino Pulejo” - Messina

ASSICURAZIONE PROFESSIONALEASSICURAZIONE PROFESSIONALEPer i fisioterapisti iscritti all’AIFI nel 2006 è stata stipulata una convenzione nazionale per una “Polizza assicurativa diResponsabilità Civile del Fisioterapista” con la Italiana Assicurazioni, Agenzia Generale di Genova “Brignole”, via Malta 4/8 -16121 Genova - Tel. 010/565582/3/4 - Fax 010/543617. L’associato che intende avvalersi della convenzione dovrà provvede-re al pagamento di € 40.00 sul c/c postale n° 46755005 intestato a A.I.FI. Nazionale indicando come causale “adesione poliz-za assicurazione professionale anno 2006”. Il modulo di adesione è disponibile sul sito nazionale dell’AIFI. La polizza prestacome massimali per sinistro € 1.000.000,00 e come massimo risarcimento annuo € 1.500.000,00 per la parte di sola RCT, perla garanzia di RCO di € 500.000 con il limite di danni a persona di € 250.000. Per coloro che aderiranno per la prima volta all’as-sicurazione nel 2006, la copertura assicurativa sarà valida dal 28 febbraio 2006, data di inizio-scadenza della polizza.

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Programmare servizi efficienti per i disabilidi Salvatore Crispi*

La pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della RegioneSiciliana del Piano Triennale della Regione Siciliana afavore delle persone disabili è un fatto che, indub-

biamente, in questo periodo permette di guardare al futu-ro con maggiore fiducia e rende un po’ più sempliceaffrontare le problematiche quotidiane dei disabili.Questo documento normativo, infatti, atteso da ben 18anni, deve essere un punto di riferimento per i disabili ei loro familiari, per le Istituzioni ed anche per gli opera-tori, che, avviando l’introduzione di nuove regole, det-tate dalle esperienze e dalle normative, apre la stradaalla razionalizzazione della spesa e degli interventi,attraverso una programmazione globale, che tiene contodei diversi settori e dei reali bisogni del territorio e,soprattutto, delle stesse persone disabili e dei loro fami-liari. Il Piano, infatti, affronta i problemi delle varie fasidella vita del disabile, dalla cura, alla riabilitazione,all’inserimento scolastico, lavorativo e sociale, per pas-sare, anche, alla possibilità di fruire del tempo liberocon una serie di accorgimenti, per offrire a tutti i citta-dini, e a maggior ragione ai disabili, la possibilità diesercitare la mobilità, il turismo e così via.Il Piano non prevede congrue risorse economiche, ma essepossono essere reperite sia nelle pieghe del bilanci regio-nale, sia, soprattutto, stabilendo dei collegamenti certi conla legge 328/2000, di cui lo stesso Piano è uno strumentooperativo, e con le azioni dei relativi Piani di Zona, chedevono essere sviluppati, tenendo presente anche quelloche prevede lo stesso Piano triennale sulla disabilità.Il Tavolo Tecnico per la realizzazione delle politiche socialisull’handicap nella Regione Siciliana, al quale ilCoordinamento, nella qualità di componente dà un contri-buto costante e decisivo, è stato, indubbiamente, uno stru-mento fondamentale per l’elaborazione e la successivaapprovazione, con Decreto del Presidente della Regione,del Piano Triennale; esso, tuttavia, deve continuare ad ope-rare sia per monitorare la situazione, sia per stimolare idiversi rami dell’Amministrazione regionale, presenti alTavolo, a riempire di contenuti lo stesso Piano e ad opera-re con coerenza, secondo le sue stesse direttive.Anche la realizzazione di fondamentali e specifici momen-ti, come la riabilitazione, è stata al centro dell’attenzionedel Coordinamento, che ha sviluppato delle azioni pergarantire alle persone disabili dei trattamenti, che, secon-do le normative vigenti, utilizzino gli strumenti necessariper evitare possibili confusioni e per offrire dei parametrichiari e trasparenti, nei quali ognuno abbia la piena consa-pevolezza a chi deve chiedere e da chi deve ricevere; deipercorsi virtuosi, insomma, attraverso i quali ogni soggettoimpegnato possa operare secondo le proprie competenze.È il caso del recente Decreto, emanato dall’Assessore perla Sanità il 05/12/05, che recupera un Decreto approvatonel 2003, in accordo con il Coordinamento, e che era statoabrogato con un successivo decreto, comparso strana-mente nella stessa Gazzetta Ufficiale della Regione

Siciliana, addirittura nella stessa pagina.Il Decreto del 05/12/05 dà delle indicazioni precise, inbase alle quali, secondo la complessità dei loro problemi,i disabili devono essere trattati prevalentemente daiCentri di riabilitazione convenzionati, secondo la legisla-zione vigente, e che comunque i Centri di fisiocinesitera-pia in convenzionamento esterno devono assicurare unrapporto di uno a uno durante le stesse sedute di terapia.Questo provvedimento indubbiamente apre la strada allapossibilità di una globale revisione di tutto il settore; lepolemiche, che si sono accompagnate a questo nuovoprovvedimento, sono la conseguenza della confusione, delpressappochismo e della carenza dei servizi che in questianni hanno caratterizzato il settore, per il quale per altro,la Regione Siciliana sborsa e continua a sborsare annual-mente somme molto consistenti.Il Coordinamento in questo periodo ha promosso, anche,un collegamento tra l’amministrazione Regionale, e nellospecifico l’Assessorato per la Sanità, e la DirezioneRegionale dell’Agenzia delle entrate della Sicilia, per assi-curare la fluida concessione delle agevolazioni fiscali aidisabili, garantendo soprattutto coloro, che ne hannorealmente diritto. Infatti il problema è quello di rendereleggibili da parte dei funzionari dell’Agenzia delle entra-te i verbali delle commissioni mediche, dislocate nelleAziende USL, che devono contenere i termini voluti dallaspecifica legislazione in materia fiscale. Per questo ènecessario che l’Assessorato per la Sanità emani delleapposite circolari alle stesse Aziende USL, affinché i ver-bali siano più comprensibili e di conseguenza anche lamodulistica sia modificata, per rendere più agevole la let-tura; da parte sua l’Agenzia delle entrate deve diffonde-re le informazioni e stabilire, anche a livello locale, dellefattive collaborazioni. È necessario, perciò, chel’Assessorato per la Sanità e la Direzione Regionaledell’Agenzia delle entrate stipulino dei precisi accordi,anche mediante un protocollo d’intesa, del quale giàcome modello di buona prassi di esperienza innovativa esperimentale è stato prototipo l’accordo firmato nelloscorso dicembre tra la stessa Agenzia e l’Azienda USL diPalermo. In questi mesi il Coordinamento ha organizzatoe partecipato a svariati Convegni e Tavole rotonde, doveha avuto modo di ribadire le proprie posizioni in materiadi promozioni della tutela dei diritti e per la realizzazio-ne di servizi efficaci ed efficienti. È il caso della Tavolarotonda, organizzata a Catania dall’Associazione ItalianaFisioterapisti - Regione Sicilia, dove il Coordinamento si ètrovato a dibattere, con l’Assessore per la Sanità,l’Assessore della famiglia, delle Politiche sociali e delleAutonomie locali e con i Presidenti Nazionali e Regionalidella stessa Associazione, di servizi riabilitativi e sociali edella loro distribuzione sul territorio. Questi dibattiti ser-vono, anche, per stimolare la realizzazione di servizi sulterritorio e per migliorare la loro qualità, poiché attual-mente, nonostante le leggi specifiche sia nazionali sia

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regionali per la disabilità, la legge 328/2000, che parla diintegrazione dei servizi e il Piano Triennale, recentemen-te pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e quindi reso esecu-tivo, la situazione per quanto riguarda gli stessi servizi èalquanto carente e deprime constatare che, rispetto adalcuni anni fa, si sono registrati notevoli passi indietro siadal punto di vista organizzativo sia dal punto di vista dellaprogrammazione. I servizi integrati socio-sanitari sembra-no dei sogni irrealizzabili, poiché si continua a pensare eda realizzare in compartimenti, in cui e tra i quali il dialo-go e i collegamenti sono difficili, soprattutto quando sipensa di codificarli secondo le normative vigenti.Nelle grandi città, come, per esempio, a Palermo la situa-zione è molto deteriorata e i pochi servizi esistenti rag-giungono vette con alti valori di assoluta inefficienza.L’assistenza ai disabili gravi e adulti non è esistente, cosìcome non esiste un sistema sanitario in grado di sostene-re ed assistere gli stessi disabili, che hanno superato l’etàevolutiva. I progetti, affidati alle Associazioni, che inqualche modo, stante la carenza di servizi pubblici, eranoin gradi di dare risposte più o meno efficienti, sono dra-sticamente ridotti (a Palermo, per esempio, questi pro-getti nonostante la loro valenza sociale, che dovrebbefarli considerare servizi, hanno visto ridotta la loro dura-ta da un anno a sei mesi o, addirittura, ad un mese);infatti si decide di accontentare tutti, ma non si accon-tenta nessuno e soprattutto non si dà una sana e deter-minata impostazione a questi progetti.

Perciò in questa situazione anche il movimento associati-vo nel suo complesso rischia di frantumarsi.A questo punto è necessario che il Coordinamento per idiritti degli Handicappati nella Regione Siciliana e leAssociazioni abbiamo consapevolezza di questa situazio-ne e studino delle azioni per chiedere alle Istituzioni undeciso cambio di rotta per l’organizzazione e la realiz-zazione di servizi sempre più efficaci ed efficienti nelrispetto della tutela dei diritti delle persone disabili,sanciti dalla legislazione vigente. Ciò è urgente, poiché idisabili e le loro famiglie vivono con sempre maggiore soli-tudine i loro problemi quotidiani, che molto spesso hannocaratteristiche drammatiche.Ma il vero volano per avere maggiore possibilità di tentaredi risolvere questi problemi è la programmazione a livelloregionale, che devono fare gli Assessorati in coordinamen-to e in collegamento tra di loro, anche attraverso il TavoloTecnico, per dare agli Enti locali degli indirizzi utili, che inqualche caso possono essere vincolanti, affinché siano rea-lizzati omogeneamente sul territorio i servizi.È questo, certamente, il compito principale delCoordinamento per i diritti degli Handicappati nellaRegione Siciliana, che deve far pesare la propria imposta-zione agli organi istituzionali, regionali e locali, perché lanostra società assuma caratteristiche sempre più civili,contrastando l’emarginazione e l’esclusione dei cittadinidisabili.

*Responsabile del Coordinamento per i diritti degli handicappati nella Regione Siciliana

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Quali servizi liberalizzala Bolkesteindi Angelo Ginestra

Una delle ragioni del decreto Bersani sulla liberaliza-zione delle professioni è che nel nostro paese molteprofessioni difendono interessi corporativi, hanno la

forza di mandare in Parlamento alcuni loro esponenti, crean-do spesso lobby all’interno di forze politiche che apparten-gono a schieramenti diversi e che insorgono quando vengonominimamente modificate le loro rendite di posizione. Edanche al di fuori del Parlamento, molte categorie di lavora-tori sono poco inclini al cambiamento: è di poche giorni fal’agitazione di tassisti e avvocati, pronti a salire sulle barri-cate pur di non aprirsi ad un sistema di liberalizzazioni chedovrebbe garantire maggiore concorrenza e conseguenteriduzione delle tariffe. Il processo verso una maggiore libe-ralizzazione delle professioni, tuttavia, è in linea con le dis-posizioni europee, che non a caso escludono le professionisanitarie, per una maggiore tutela della salute dei cittadini.La direttiva Bolkestein, su proposta della Commissioneeuropea, è relativa ai servizi nel mercato interno ed è stataapprovata in prima lettura dal Parlamento Europeo il 17 feb-braio 2006: tende alla libera circolazione dei servizi e allalibertà di stabilimento all’interno del mercato unicodell’Unione Europea. In particolare, l’eliminazione degliostacoli allo sviluppo del settore dei servizi, dovrebbe ten-dere a “promuovere nell’insieme della Comunità uno svi-luppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attivitàeconomiche, un elevato livello di occupazione e di prote-zione sociale, la parità tra uomini e donne, una crescitasostenibile e non inflazionistica, un alto grado di competiti-vità e di convergenza dei risultati economici, un elevatolivello di protezione dell’ambiente ed il miglioramento dellaqualità di quest’ultimo, il miglioramento del tenore e dellaqualità della vita, la coesione economica e sociale e la soli-darietà tra Stati membri”. I principi ispiratori di tale diret-tiva sono, quindi, finalizzati sia a stabilire legami semprepiù stretti tra gli Stati ed i popoli europei che a garantire ilprogresso economico e sociale, attraverso la creazione, nelmercato interno, di uno spazio senza frontiere interne nelquale sono assicurate la libera circolazione dei servizi e lalibertà di stabilimento. Ma soprattutto i consumatori avreb-bero una facoltà di scelta più ampia e servizi migliori e aprezzi inferiori, perché i servizi costituiscono il motore dellacrescita economica e rappresentano il 70 % dei posti di lavo-ro nella maggior parte degli Stati membri; in questo modosarebbe possibile migliorare l’occupazione e la coesionesociale e “pervenire ad una crescita economica sostenibileallo scopo di modernizzare progressivamente ed in manieracoordinata i sistemi nazionali che disciplinano le attività diservizi, per fare dell’Unione europea l’economia basatasulla conoscenza e sulla crescita dell’occupazione più com-petitiva e più dinamica del mondo entro il 2010”. Per fortuna la risoluzione approvata dal Parlamento europeoha eliminato la norma relativa al “principio” del paese d’o-rigine, in base al quale ad una azienda fornitrice di servizi eai suoi dipendenti sarebbero state applicate le leggi del pro-prio paese e non quelle del paese nel quale svolge la pro-

pria attività: cosa che avrebbe costituito, di fatto, una sortadi concorrenza sleale al ribasso a chi offre meno protezionee diritti. Ma alcune materie, comunque, non sono soggettea questa direttiva, come i servizi di radiodiffusione televisi-va e la non obbligatorietà degli Stati membri a liberalizzarei servizi di interesse economico generale o a privatizzare glienti pubblici che forniscono tali servizi. Secondo alcuneassociazioni di consumatori (Adoc, Adusbef, Codacons eFederconsumatori), l’esclusione dalla concorrenza di alcuniservizi, come quelli bancari, assicurativi, postali, del gas,dell’energia e dei trasporti urbani, che al contrario avevanopiù bisogno di una forte dose di competizione, per stabiliz-zare in basso le tariffe ed alzare la qualità dei servizi ero-gati all’utenza, è espressione di un’Europa asservita ai“poteri forti transnazionali” che con potentissime azioni dilobby trasversali, hanno condizionato le votazioni finali delParlamento. Pertanto, possono circolare liberamente leofferte di servizi nei settori delle agenzie immobiliari, delleagenzie turistiche, dei centri sportivi e del tempo libero edei parchi di divertimento, delle costruzioni, della distribu-zione commerciale, della organizzazione di fiere campiona-rie, dell’affitto di autovetture. Ma rimangono, quindi,esclusi dalla libera circolazione i settori coperti da legisla-zione specifica e di interesse economico generale: i servizibancari, finanziari, assicurativi, i trasporti, i porti, i servizisociali, l’assistenza sanitaria pubblica e privata, gli audiovi-sivi, il gioco d’azzardo, la sicurezza, le agenzie di lavorointerinale. Sono altresì esclusi i servizi legali e le professio-ni e attività collegate con l’esercizio di autorità pubblica,come i notai. Per quanto riguarda la sanità, la direttiva pre-vede “l’esclusione dei servizi sanitari e farmaceutici forni-ti da professionisti del settore sanitario ai propri pazientiper valutare, mantenere o ripristinare le loro condizioni disalute, laddove tali attività sono riservate a professioniregolamentate nello Stato membro in cui i servizi vengonoforniti”, e specificatamente, secondo quanto stabilito dal-l’art. 2 comma 2 c quinquies, “i servizi medico-sanitari,prestati o meno nel quadro di una struttura sanitariaa pre-scindere dalle loro modalità di organizzazione e di finan-ziamento sul piano nazionale e dalla loro natura pubblica oprivata”. Inoltre, la direttiva non incide sul rimborso deicosti dei servizi sanitari prestati in uno Stato membro diver-so da quello in cui il destinatario del servizio risiede. Infatti,la Corte di giustizia ha in numerose occasioni esaminato laquestione e riconosciuto i diritti del paziente.È chiaro che Europa significa graduale adeguamento dellelegislazioni nazionali, ma per armonizzare al meglio tutti ipaesi membri. Per quanto riguarda la professione del fisio-terapista, l’adeguamento di tutti gli stati membri alladirettiva comunitaria 89/48, derivata dall’intesa del giugno1999 tra tutti i ministri dell’Università dei paesi europei,nota come “Bologna Process”, ha significato una livello for-mativo omogeneo e tale da consentire un riconoscimento euna libera circolazione dei professionisti in tutti gli statieuropei. Come tutte le professioni intellettuali.

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Con l’approvazione dell’articolo 1 septies (L. n. 27 del03.02.2006) noi tutti appartenenti alla categoria deifisioterapisti, studenti e professionisti-lavoratori, ci

siamo ritrovati catapultati in un caos tremendo, un pozzodi San Patrizio senza fondo che sembra quasi non aver alcu-na via d’uscita. Insomma, stiamo quasi facendo concorren-za ai sessantottini, seppure non armati di fiori nei nostricannoni. L’arma di cui disponiamo, però, è l’amore verso lanostra professione che ci dà la giusta carica per ricomin-ciare a lottare. Sebbene il termine sia alquanto infelice,non possiamo nascondere la realtà: la voce grossa nonbasta più, dobbiamo farci sentire in altro modo anche sevorrà dire scendere in piazza, bloccare il traffico o addirit-tura il sistema scolastico-universitario a livello nazionale!Eppure… sembra quasi che i conti non tornano: sebbenetutti gli sforzi che si stanno facendo siano lodevoli, restasempre quella sensazione dell’“incompiuto” o del “nontutto è chiaro” perché, se realmente lo fosse stato, non sisarebbe mai scatenato questo putiferio frutto di uno squal-lido gioco politico. Vorrei affrontare la questione in pocheparole e rispondendo a due semplici domande: basta averenozioni di anatomia e patologia per “sentirsi” fisioterapisti?Ed è sufficiente fare anche 1.500 ore di tirocinio “pratico”in reparto per portare avanti programmi e progetti?Per “fare” riabilitazione il terapista deve, in primis, averacquisito tutte le conoscenze di base (quali l’anatomia, lafisiologia, la psicologia, la chirurgia, la pedagogia, etc.) inmodo che sia in grado di applicare una metodologia, ovve-ro quel modus operandi non standardizzato e senza regolefisse, e non una metodica: il fulcro sta nel sapere applicarele conoscenze soprattutto nel posto giusto che non sarà maiun laboratorio ma una “palestra-atelier” dove si inventanonuove strategie ed esercizi fondati su conoscenze, espe-rienze, evidenze, dunque su basi certe. La proposta dellariabilitazione è proprio questa, cioè studiare non più uncampo separato dall’altro, non solo quel che è quantificabi-le, ma anche quello che non è quantificabile (coscienza,memoria, pensiero). Dunque programmare un esercizio vuoldire appunto partire da quelle premesse teoriche e basilarivenendosi a creare una situazione sperimentale nella qualeil terapista si pone con il paziente per verificare certe ipo-tesi e dalla quale avrà certi risultati, positivi o negativi.Ovviamente questo è solo la sintesi della sintesi del fareriabilitazione, una breve presentazione, e ci sarebbero altreparole chiave da analizzare insieme a tutti i concetti relati-vi. Questa parentesi, forse un po’ stancante ed apparente-mente inutile e divagatoria fa emergere, a mio avviso, latessera mancante di un enorme puzzle che, se non serviràmolto al fine della scoperta della figura in sé, è certamen-te fondamentale per la completezza e l’armonia degli ele-menti, anche se si presta ad interpretazioni che possonogenerare confusione: mi riferisco al movimento. Ecco il ver-tice della piramide, anzi, il punto d’inizio di un’intermina-bile spirale; in modo molto sintetico, si può definire l’uo-mo = movimento, anche se si rischia di trovarsi in una stra-

da senza uscita poiché, in questi termini, questa afferma-zione riduce drasticamente il suo vero significato.Senz’ombra di dubbio le teorie del movimento stanno allabase di quelle riabilitative ma, comunque, il concetto dimovimento varia anche secondo il contesto in cui lo si ana-lizza: diviene qualcosa di prettamente fisico e schematicose lo consideriamo in modo materialistico ed accostandoloalla definizione di uomo come insieme di pezzi, leve emuscoli; altrimenti il movimento diviene il manifestare lapresenza impegnata dell’uomo nel mondo: per questo moti-vo non possiamo considerare come movimento solo quelloche sta al di fuori ma soprattutto quello che c’è al di den-tro dell’uomo, che non è una “macchina banale”. Allora ilmovimento non può essere fine a se stesso e deve avere unoscopo ben preciso e diventa gesto. E, se il movimento è alterato o viene a mancare, cosa puòfare il riabilitatore? Innanzi tutto non deve fermarsi alla sola“apparenza” e quindi dovrà iniziare un complesso lavoro diosservazione che sovrintende al compito anche più arduoma preciso e discriminatorio che è quello dell’analisi (com-piuta a vari livelli: particolarità, esame muscolare,…).L’analisi è una tappa fondamentale di questo processo delsapere e della conoscenza, ma, cosa scaturisce da questaosservazione? Chi, cosa stiamo analizzando? La personaaffetta dalla patologia che subisce un danno strutturale,quindi una minorazione. Sapendo che l’uomo è un sistemaorganizzato e non una semplice unione di “pezzi”, ne con-segue una disorganizzazione dell’intero sistema con appro-do ultimo di disabilità. In sintesi, il fisioterapista compieuna serie di operazioni sulla persona al fine di comprende-re le funzioni alterate dalla lesione (osservazione), il comesono state alterate e quanto possono essere recuperate(valutazione). L’iter che il fisioterapista compie può esserecosì riassunto:- osservazione diretta: indagine compiuta in senso globaleche, unita all’applicazione delle conoscenze di base, portaall’interpretazione del fenomeno;- analisi su vari livellI e frammentazione;- osservazione con protocolli: fa riferimento a procedurecostituite da prove rigidamente prestabilite e che di solitoconducono ad una precisa quantificazione;- ipotesi: (etimologicamente dal greco hypothesis: hypo -sotto + thesis - tesi) è un dato assunto come fondamento diuna costruzione di pensiero, di un ragionamento, di unaspiegazione, ma che necessita di una successiva verifica. Ilriabilitatore, unendo il suo sapere all’osservazione, impostail suo ragionamento riabilitativo ipotizzando come raggiun-gere un livello di recupero non spontaneo, utilizzando l’e-sercizio come strategia guida del recupero. Pertanto fadelle previsioni relativamente alle modificazioni finali atte-se, seppure in maniera non perfezionata.- valutazione: è la raccolta dei dati sull’osservazione attra-verso indici di alterazione che tengono presente l’entità deldanno ma anche le possibilità di evolvere verso il recupero.La valutazione è un processo dinamico in costante evoluzio-

Sentirsi fisioterapisti:non è solo tirociniodi Valentina Tusa*

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ne e può essere divisa in valutazione intermedia, in cui siconfrontano i risultati ottenuti nelle diverse fasi del tratta-mento, e la valutazione finale. In qualsiasi modo il fisiote-rapista agisca, si porteranno sempre delle modificazioni alsistema e la valutazione finale confermerà o meno le modi-ficazioni attese o un’eventuale regressione della situazionegenerale. La persona con patologia subisce un danno strut-turale con conseguente minorazione. Ma l’uomo è un siste-ma organizzato e non una semplice unione di segmenti, per-tanto la patologia porta alla disorganizzazione dell’interosistema, quindi, alla condizione di disabilità. All’interno delsistema è avvenuto un cambiamento dell’organizzazionespontanea dei sistemi e quindi il fisioterapista opererà sul-l’organizzazione stessa del sistema in modo da recuperarel’unità funzionale saltata, attuando così un lavoro non sullafenomenologia, bensì sui meccanismi fisiologici alterati.Quale strategia bisogna attuare? Quale deve essere il mec-canismo di base dell’esercizio da proporre? Tutto sta nell’a-nalizzare la patologia e le strategie alterate che portanoall’alterazione di un meccanismo del sistema (nel caso delParkinson i sistemi in rete saltati) in modo da raggiungere,mediante l’esercizio “costruito” ad hoc, il nostro scopo, cheè quello del recupero di funzione, quindi di movimento nonin senso generale ma in senso finalizzato di “gesto”.Quando dal mio tutor mi è stata posta la domanda “cosa tiaspetti dal tirocinio?” mi è venuto facile rispondere, esenza esitazioni, “voglio imparare”. Può sembrare unarisposta alquanto banale specie se decontestualizzata epriva di ogni ragionamento di tipo scientifico che dovrebbestarne alla base. Però in questa risposta è celato quel biso-

gno di sperimentarsi e di “esibire” con la messa in atto nellapratica, il proprio bagaglio culturale via via sempre piùampio. Ma le nostre sole conoscenze non possono bastare senon vi è capacità di discernimento che può solo avvenireattraverso l’osservazione e la valutazione. Sin dal primo anno ci hanno insegnato ad osservare noi stes-si e il bambino sano in modo da allenare non solo l’occhio masoprattutto il pensiero ed il ragionamento. Quest’anno, però,con lo studio delle patologie, non è possibile fermarsi allasola osservazione in senso stretto perché rischieremmo dicadere nell’errore, purtroppo abbastanza comune, di consi-derare il paziente come un insieme di pezzi e segmenti equindi di essere propensi a recuperare in modo fisso e ste-reotipato quel che è venuto a mancare. In questo modo tuttoil procedere scientifico, la formulazione delle ipotesi, leaspettative di riuscita sarebbero passaggi vani del nostro fareriabilitazione. Non possiamo impostare il trattamento ad unapersona affetta, per esempio, da una patologia a carico dellacuffia dei rotatori, solo su movimenti eseguiti meccanica-mente, perchè l’effetto sortito sarebbe l’opposto di quellosperato. Dunque tirocinio come “applicazione del sapere incampo pratico, secondo programmi e progetti di volta involta scelti, quantificazione dell’operato ma senza mai doverrinunciare alla qualità”: si ragiona in termini di qualità seconsideriamo che “osservare” è ben diverso dal “vedere”.Solo alcune semplici riflessioni per ragionare sul fatto che néla sola erudizione in campo medico, né il solo “nozionismo”,bastano per entrare nel mondo della riabilitazione.

*Studentessa del 3° anno del C.L. in Fisioterapia Università degli Studi di Palermo

terapia manuale

In terapia manuale è sempre necessario fare diagnosi funzionali corrette. Una perfetta riuscita del trattamento, infat-ti, deve essere supportata dall'individuazione precisa, se possibile, della struttura responsabile dei sintomi. Il modo più certo per fare una diagnosi meccanica corretta è l'infiltrazione diagnostica. Precisamente si usano:- discografia di provocazione;- blocco anestetico delle articolazioni (faccetta e sacroiliaca);- epidurale selettiva della radice nervosa.Poiché questo non è un metodo facilmente eseguibile per ovvi motivi di invasività ed eccessivo costo ed è, quindi,poco praticato, nasce la necessità di utilizzare test meccanici precisi ed affidabili.Capita spesso di avere pazienti in studio che riferiscono dolori pertinenti a disfunzione sacroiliaca. Questi sintomispesso si possono imputare a problemi che risiedono in altre strutture (trigger point muscolari, origine discogeni-ca, viscerale, ecc.) che si riflettono nelle stesse zone di pertinenza dell'articolazione sacroiliaca: risiede in ciò il moti-vo per cui tali disfunzioni tendono ad essere trascurate. Fare quindi una diagnosi funzionale precisa, significa uti-lizzare test validi, precisi e che diano una risposta attendibile. Questi test devono essere affidabili, con alta specifi-cità e sensibilità, e facilmente eseguibili. In terapia manuale si usano due tipi di test:1. test meccanici, cioè test di provocazione (usati in terapia manuale);2. test di motilità, per diagnosticare una restrizione di mobilità (usati in osteopatia).Test meccanici.In letteratura, tutti gli autori praticano diversi tipi di test,ma non tutti sono però realmente affidabili e validi. Giànegli anni novanta Laslett e Williams (1994) hanno studiato l'affidabilità dei test di provocazione per la sacroiliaca.Uno dei migliori studi effettuati negli ultimi anni è una ricerca eseguita da Laslett ed al. (2003), pubblicatasull'Australian Journal of Physiotherapy. Con questo studio gli autori hanno, in primis, distinto con certezza che ildolore non era causato da un problema discogenico lombare riducibile. Per escludere, ulteriormente, una causa dis-cogenica riducibile hanno provato a centralizzare o periferalizzare i sintomi, secondo le tecniche descritte daMckenzie. Dopo aver escluso la presenza del dolore discogenico, hanno applicato i test provocativi. È molto impor-tante escludere eventuali lesioni discogeniche attive, che altrimenti porterebbero a falsi positivi; per far ciò, hannousato il metodo negli ultimi tempi più efficace: hanno comparato la loro diagnosi clinica con la diagnosi radiologi-ca basata sull'infiltrazione anestetica nell'articolazione, il gold standard o standard di riferimento per la diagnosi deldolore della sacroiliaca. In questa maniera hanno deciso quali test provocativi hanno un valore predittivo. Da questistudi si è riusciti a far ordine in materia d'affidabilità e validità dei test di provocazione per la sacroiliaca. I test di cui Laslett & Williams (1994) hanno studiato l'affidabilità sono i seguenti: 1. distrazione (affidabilità sostanziale, valore Kappa 0.69);2. trust lungo la coscia (affidabilità quasi perfetta, valore Kappa 0.88);

Sacroiliaca: test in terapia manuale e in osteopatia di Giovanni Iacono*

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terapia manuale

3. compressione (affidabilità sostanziale, valore Kappa 0.73);4. test di Gaenslen alla destra (affidabilità sostanziale, valore Kappa 0.75);5. test di Gaenslen alla sinistra (affidabilità sostanziale, valore Kappa 0.72);6. trust sacrale (affidabilità moderata, valore Kappa 0.52);7. scivolamento craniale (affidabilità moderata, valore Kappa 0.61);Come si rileva dalla tabella, il test più affidabile è risultato il trust lungo la coscia. Per fare la diagnosi di articola-zione sacroiliaca sintomatica, almeno tre dei test di provocazione devono riprodurre i sintomi del paziente. Lo studio di validità di Laslett ed al. (2003) ha mostrato che, quando tre o più dei test di provocazione sono posi-tivi, il rapporto di probabilità positivo (RP+) è abbastanza alto (6.97).

"La funzione di un'articolazione mobile è il movimento. La perdita di movimento altera il funzionamento. La nor-malizzazione produce un funzionamento normale". Arthur Taylor, DO.

Test di mobilità.Non ci sono studi che valutano la reale affidabilità e validità di questi test (soprattutto il test di Dawning). I test che si usano in osteopatia sono:1. test iliaco di flessione in piedi, dopo avere corretto un'eventuale differenza di lunghezza delle gambe con un rial-zo e soprattutto dopo aver riequilibrato una differenza di tensione dei muscoli ischiotibiali;2. test sacrale di flessione da seduto (test usato per differenziare una restrizione di motilità sacrale da una sacroiliaca);3. test di Dawning d'accorciamento ed allungamento (test molto difficile da compiere sempre con la stessa intensi-tà e, quindi, il risultato può essere leggermente diverso e dipende molto dall'operatore che lo esegue).Questi test ricercano una restrizione di mobilità dell'articolazione e la direzione della lesione. Non ricercando i sintomidel paziente e, forse, non possono essere valutati come i test precedenti. Inoltre, per trattare la disfunzione sacroiliacacon l'osteopatia si devono aggiungere ulteriori test valutativi. Anche questi test sono estremamente precisi ma devononecessariamente essere fatti con attenzione per valutare la direzione verso cui si è formata la restrizione di mobilità.Paziente in piedi:1. valutazione della volta plantare;2. valutazione dell'esistenza di un recurvatum o flexum del ginocchio;3. valutazione altezza tuberosità ischiatica;4. valutazione altezza SIPS e SIAS;5. valutazione altezza creste iliache.Inoltre con paziente supino:1. valutazione lunghezza arti inferiori;2. altezza delle SIAS;3. valutazione posizione dei tubercoli pubici.Per es. se un'ala iliaca va meglio in antiversione che in retro, si tratta di una rotazione iliaca anteriore; infatti, in osteo-patia un test di motilità indica anche la direzione della lesione osteopatica con la regola che un'articolazione si muovemeglio nella direzione verso cui è bloccata. Quindi, un'ala iliaca anteriore si muoverà meglio in avanti e ci darà:1. gamba più lunga dallo stesso lato della lesione;2. test di flessione in piedi positivo dal lato della lesione;3. test sacrale di flessione da seduto negativo;4. test d'allungamento di Dawning positivo;5. test d'accorciamento di Dawnig negativo.Conclusioni.Escludendo tutti i casi in cui è necessario valutare una restrizione di mobilità dovuta a motivi diversi, possiamobeneficiare di questi test per tutti i pazienti con dolore la cui origine è verosimilmente sacroiliaca. Questi test, chesecondo la mia opinione risultano facilmente eseguibili anche da chi non si occupa principalmente di terapia manua-le, si sono rivelati molto precisi e, se tre o più test di provocazione danno dolore all'articolazione sacroiliaca, si pos-sono escludere patologie riferite ad altre possibili cuase.

Bibliografia.1. Atti del corso di Paula van Wijmen "Diagnosi clinica e terapia manuale della colonna lombare e dell'articolazione sacroiliaca",Bologna, 11-14 Maggio 2006-05-242. Kesson - Atkins, Medicina Ortopedica, Piccin 20013. Laslett M & Williams M (1994), The reliabity of selected pain provocation test for sacroliac joint pathology, Spine 19:11:1243-12494. Laslett M, Young SB, Aprill CN, McDonald B (2003), Diagnosing painful sacroiliac joints: A validity study of a McKenzie eva-luation and sacroiliac provocation tests, Aust J Physio 49:87-955. R. Richard, D.O.,Osteopatiche Iliache, Marrapese editore 2000

*Fisioterapista, DO, libero professionista, Ragusa

Concetti di base.Sensibilità: percentuale di pazienti aventi la patologia con test positivi. Quando questa è alta (> 0.95) permette di escludere la patologia. Specificità: percentuale di pazienti senza la patologia con test negativi. Quando è alta (> 0.95) permette di confermare la diagnosi.Rapporto di probabilità positivo (RP+) deriva da sensibilità e specificità. Il RP+ deve essere 2. Tanto più alto è il RP+ tanto più il test è valido.Un test è buono quando ha:- un rapporto di probabilità positivo > 5;- un'alta specificità (> 0.95; in questo caso, quando il test è positivo, conferma la patologia);- un'alta sensibilità (> 0.95; in questo caso, quando il test è negativo, esclude la patologia).

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Descrivere gli stati disalute con l’ICF di Orazio Meli*

La seconda componente è legata alla attività (esecu-zione di un compito o di una azione da parte di unindividuo) e partecipazione (coinvolgimento in una

situazione di vita), riferita al dominio aree di vita (com-piti, azioni e aspetti del funzionamento da una prospet-tiva sia individuale che sociale), legato al “costrutto”che tende a classificare la capacità di eseguire determi-nati compiti in un ambiente standard (in assenza di con-dizioni ostacolanti o facilitanti) e la performance, cioèl’esecuzione di determinati compiti nell’ambienteattuale (in presenza di eventuali condizioni ostacolanti ofavorenti). L’aspetto positivo di questa componente èrappresentato appunto dalla possibilità di esprimereattività e partecipazione (funzionamento), mentre l’a-spetto negativo dalla limitazione dell’attività e dallarestrizione della partecipazione (disabilità).Le componenti del Funzionamento e della Disabilitànella prima parte dell’ICF (funzionamento e disabilità)possono, quindi, essere espresse in due modi: da un latoper indicare “problemi” (menomazioni, limitazione del-l’attività o restrizione della partecipazione) raggruppa-ti sotto il termine “ombrello” di disabilità; dall’altropossono indicare aspetti non problematici (neutri) dellasalute e degli stati ad essa correlati, raggruppati sottoil termine “ombrello” di funzionamento. Si evidenzia quindi l’originalità e l’elemento di distin-zione dell’ICF, particolarmente significativo ed assoluta-mente innovativo rispetto ai sistemi di classificazioneprecedenti, costituito dalla sua posizione “neutra” nellagradualità che va dalla migliore condizione di benesse-re alla peggiore condizione di assenza di benessere.La seconda parte è dedicata invece ai FattoriContestuali che sono distinti in due componenti: fat-tori ambientali e fattori personali. I fattori ambienta-li (gli atteggiamenti, l’ambiente fisico e sociale in cuile persone vivono e conducono la loro esistenza sonolegati al dominio che le influenze esterne determina-no sul funzionamento e sulla disabilità, dominio lega-to all’impatto (costrutto) facilitante o ostacolantedelle caratteristiche del mondo fisico, sociale e degliatteggiamenti. L’aspetto positivo è rappresentatodalle condizioni facilitanti, quello negativo dalle con-dizioni ostacolanti. I fattori ambientali determinanoun condizionamento su tutte le componenti del fun-zionamento e della disabilità e sono organizzatisecondo un ordine che va dall’ambiente più vicino allapersona a quello più generale. Anche i fattori personali sono una componente dei fat-tori contestuali, ma non sono classificati nell’ICF acausa della grande variabilità sociale e culturale adessi associata.La Classificazione Internazionale del Funzionamentodella Disabilità e della Salute classifica quindi le con-dizioni di salute e gli stati ad essa correlati. Questosistema di classificazione introduce una serie di impor-

tanti cambiamenti a livello culturale sui concetti disalute, di funzionamento e soprattutto di disabilità.Con una inversione di tendenza rispetto al passato,dove il concetto di salute era stato sovrapposto a quel-lo di assenza di malattia privilegiando un modello ditipo “medico-organicista”, si delinea adesso la defini-zione di un concetto di salute che non è solo assenzadi malattia, ma può essere sintetizzato come uno statodell’intera persona; quindi un benessere strettamentelegato al funzionamento umano a tutti i livelli, biolo-gico, psicologico e sociale.Il concetto di funzionamento, fino ad oggi inteso comedefinizione di abilità residua, assume una identitàpositiva. Funzionamento è inteso infatti come termine“ombrello” per indicare gli aspetti positivi dell’intera-zione tra un individuo, con una condizione di salute, ei fattori contestuali di quell’individuo, che possonoessere fattori ambientali o personali; viene pertantocondizionato e descritto sia dalla sua condizione disalute, che dall’ambiente in cui vive.Ancora più innovativa è la definizione del concetto didisabilità che indica gli aspetti negativi dell’interazio-ne tra l’individuo e il suo ambiente. Anche nell’ICDH sifaceva riferimento al ruolo dell’ambiente, ma solocome “contenitore” di attese e richieste. Svincolandosidal modello prettamente medico, quale era quellodell’ICDH, l’ICF assume l’identità completa di modellobio-psico-sociale, e ciò comporta inevitabilmente unavisione della disabilità di respiro più ampio, che si avvi-cina alle moderne teorie della “complessità” ed evitala contrapposizione tra il modello puramente “medico”e il modello puramente “sociale”.Ciò contribuisce a dare all’ICF un ruolo di motore di uncambiamento culturale e di rivoluzione nella definizionee quindi nella percezione della salute e della disabilità.L’ICF utilizza un linguaggio comune che permette dicomunicare e chiarire cosa si intende per disabilità echiarire quali siano i concetti che appartengono ad ognipersona a prescindere dalle differenze culturali, geo-grafiche o economiche; un linguaggio quindi universale.Oltre ad avere una nuova potenzialità nella condivisio-ne di un linguaggio comune permettendo di compararei dati, si proietta in un grande dibattito medico, socia-le e politico. Infatti, per esempio, la legge 328/2000indica che per rispettare il diritto alla persona ènecessario individuare un percorso individualizzato,che a sua volta impone, considerato che è impossibiledicotomizzare la persona, di assicurare accanto all’in-tervento medico, anche la parte sociale, rifiutandocosì una logica di separazione.Accettare questo principio, corrisponde a condividere lalogica dell’ICF ed essere rispettosi della persona.Chi come il sottoscritto da quasi dieci anni, pur essendoin un contesto sanitario, si è confrontato con la “com-plessità” dei bisogni delle persone ed ha sperimentato

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sul campo l’inutilità e lo spreco delle risorse, se rivol-te a dare risposte esclusivamente di tipo sanitario,appare evidente che la Classificazione Internazionaledel Funzionamento della Disabilità e della Salute for-nisce importanti elementi di scoperta sulla naturadella disabilità, e sui metodi appropriati di interven-to che sono richiesti per risolvere i problemi che lepersone con disabilità incontrano nella loro vita e

permette di pianificare interventi indirizzati in modocongiunto sulle strutture e funzioni corporee e sullecomponenti ambientali (dalla famiglia alle politichesociali), finalizzati al miglior “funzionamento” del-l’individuo con un adeguato utilizzo delle risorse.

(fine seconda parte)

*Dott. in Fisioterapia Servizio Anziani e ADI - Asl 3 di CataniaResponsabile Ufficio Formazione AIFI - Sicilia

rubriche

Uso terapeutico dell’acqua: uno sguardo storicodi Angelo Casa*

L’uomo, secondo l’evoluzione darwiniana, ha una lontana origine acquatica, anfibia (la donna partoriva in acqua).La nostra vita intrauterina e prenatale si sviluppa in acqua; il bambino mantiene la respirazione acquatica sino al5°, 6° mese di vita, sorretto a questa funzione da “proprietà branchiali” (simili a quelle dei pesci) dell’apparatorespiratorio.Sebbene consapevole, dunque, che la vita abbia avuto origine dall’acqua e la sua sopravvivenza dipenda da essa,l’'uomo, molte volte, sia in passato che, purtroppo nel presente, ha proclamato guerre in nome e sulle vie dell’ac-qua (dividendone le popolazioni autoctone); si è arricchito impoverendo i suoi simili; ha depauperato enormi risor-se idriche per inquinare ed intossicarsi; ha sfruttato l’acqua, strumentalizzandola, per detenere il potere. L’ultimaConferenza Mondiale dell’acqua ha portato alla luce una situazione di risorse e giacimenti acquiferi allarmante peri prossimi trenta anni: arriveremo alla razionalizzazione per tutti gli usi umani. Guardando al passato, alla suaStoria, l’uomo dovrebbe trarre delle conclusioni di carattere vitale per il presente e per il suo futuro, rieducando-si e rieducando le genti al rispetto di quello che l’acqua rappresenta: la vita!Il passato: attualità vitale per il presente ed il futuro dell’uomo. I medici egizi che in gran parte erano, al tempostesso, sacerdoti, astronomi, artisti, attribuivano un valore preventivo a diverse misure igieniche come l’alimenta-zione sana, la scelta del vestiario adatta, determinate applicazioni idroterapiche. Le civiltà antiche dell’Asia mino-re, come gli Ittiti (XX-XII sec. a.c.) utilizzavano i bagni con una certa frequenza. Le donne dei Macedoni si bagna-vano con l’acqua fredda dopo aver partorito. Questo procedimento non era solo una norma igienica, ma anche unmetodo per prevenire le emorragie post-partum. I canti omerici (mille anni prima del Jesus Christ) parlando diEsculapio (dio greco della medicina) narrano dei numerosi templi a lui dedicati in tutta la Grecia, meta di pelle-grinaggio per gli infermi. Il culto di Esculapio rappresentò il maggior tentativo storico di fondere religione, terapianaturale (dieta, esercizi fisici, pratica delle arti, massaggi, idroterapia) al servizio della salute. L’uso dell’acqua,sia nelle applicazioni idroterapiche parziali, che sotto forma di bagni completi, era un procedimento terapeuticodiffuso nell’antica Grecia, come confermano i numerosi resti archeologici di case e bagni. Pitagora (noto in tutto ilmondo per il suo teorema matematico) si trasferì in Italia dalla Grecia intorno all’anno 530 a.c. ed esercitò unanotevole influenza sulla medicina dell’epoca: egli raccomandava ai suoi discepoli la pratica dei bagni freddi e ladieta vegetariana come strumenti a fortificare il corpo e lo spirito. Secondo Ippocrate i bagni freddi seguiti dall’e-sercizio fisico riscaldano più dei bagni caldi, dato che, in seguito a questi ultimi, il corpo si raffredda. Egli racco-mandò l’uso dell’acqua fredda per combattere dolori articolari, processi infiammatori (gotta) o contratture musco-lari, e i bagni in acqua di mare per curare le eruzioni cutanee. Anche nella cultura romana i bagni godettero diampia diffusione; essi avevano quattro tipi di bagni a varia temperatura: il frigidarium era un bagno freddo ed erausato solo per scopi ricreativi; il tiepidarium consisteva in un bagno tiepido situato in una stanza contenente ariacalda; il calidarium conteneva un bagno caldissimo e il sudatorium era una stanza riempita di aria calda ed umidaper favorire la trasudazione. Ippocrate curava le sue artrosi con la scarica elettrica proveniente dalla malopteruselectricus apposta sulla parte da trattare ed immersa in acqua. Le prime utilizzazioni della stimolazione elettricaa scopo analgesico vengono fatte risalire agli egizi, che lasciarono in una tomba del 2750 a.c. raffigurazioni dell’u-so terapeutico di pesci capaci di produrre scariche elettriche (malopterus electricus). In seguito greci e romanidescrissero gli effetti della torpedine (torpedo marmorata) nel lenire dolori di varia natura ed origine.I pescatori della Magna Graecia curavano le forme artrosiche (e non) con abluzioni in acqua di mare calda (in pros-simità di scogli e di determinate ore della giornata); oppure, quando si trovavano in mare aperto, al tramonto, convere e proprie sedute idrokinesiterapiche. L’uso si è tramandato sino ai nostri giorni, come testimonia l’uso dipescatori siciliani e calabresi che, a tutt’oggi, praticano questa antica forma terapeutica che univa alla talassote-rapia la cinesi in acqua (soprattutto quando il lavoro obbligava a lunghe permanenze in mare aperto, lontani dacasa). Nei secoli seguenti molti medici e scienziati proposero e riproposero l’uso dell'acqua a scopo terapeuticosenza che questi periodi, purtroppo di scoperta e riscoperta delle qualità riabilitative fossero legati in maniera con-tinua; la discontinuità nel tempo faceva di volta in volta perdere le conoscenze acquisite che dovevano essere nuo-vamente “scoperte” e provate, testate per assurgere a nuova “medicina”. Con il tempo trascorso, abbiamo, dun-que, perso la grande conoscenza, il sapere popolare, la cultura dell’acqua.

*Angelo Casa - Fisioterapista GIS ARIAResponsabile ANIK (Associazione Nazionale Idrokinesiterapisti) - Provincia di Catania

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CONVEGNO CONVEGNO

Dal l 'Osservazione al la Progettazione del l 'EsercizioDall 'Osservazione al la Progettazione del l 'EsercizioAIFI sez. di Caltanissetta

8.30 - 9.30 Accoglienza, registrazione dei partecipanti e presentazione del convegnoDott. E.Sedita, Direttore sanitario ASS 2 CaltanissettaDott. F.Bisesi, Segretario provinciale AIFI Caltanissetta

1° Sessione "Dal l 'Osservazione al la Progettazione del l 'Esercizio" "Dal l 'Osservazione al la Progettazione del l 'Esercizio" Moderatore: Ft G.Randazzo

9.30 - 10.20 I l F isioterapista a domici l ioI l F isioterapista a domici l ioDott. C. Paternò - Dott. O. Oresti

10.20 - 10.40 L'utilizzo degli ausili informatici per migliorare la qualità di vita del disabileL'utilizzo degli ausili informatici per migliorare la qualità di vita del disabileFt. G. Bonifacio

10.40 - 11.00 Protocol l i r iabi l i tat ivi nel la r icostruzione del L .C .A.Protocol l i r iabi l i tat ivi nel la r icostruzione del L .C .A.Dott. S.Longo

11.00 - 11.20 La f isioterapia nel lo spazioLa f isioterapia nel lo spazioFt. G. Polisano

11.20 - 11.40 La r iabi l i tazione cardiologicaLa r iabi l i tazione cardiologicaDott. F.Bisesi - Dott. G.Romano

11.40 - 13.00 Discussione2° Sessione "Dal l 'Osservazione al la Progettazione del l 'Esercizio" "Dal l 'Osservazione al la Progettazione del l 'Esercizio"

Moderatore: Dott. S.Longo15.00 - 15.20 L'agire epistemologico in r iabi l i tazioneL'agire epistemologico in r iabi l i tazione

M.G. Frangiamone, Allieva 3° anno CL Fisioterapia (Università Palermo)15.20 - 16.00 L'organizzazione del la base d'appoggio in un paziente emiplegicoL'organizzazione del la base d'appoggio in un paziente emiplegico

Ft. G. Randazzo16.00 - 16.20 La r iabi l i tazione del l 'emiplegico acutoLa r iabi l i tazione del l 'emiplegico acuto

Dott.ssa C. Catrini16.20 - 16.40 ICF e valutazione funzionaleICF e valutazione funzionale

Ft R. Ferrara16.40 - 17.00 Discussione17.00 - 17.30 Test di apprendimento - Test di gradimento

Data: 05/11/2006Sede: CALTANISSETTA - VIALE L. MONACO SALA CONVEGNI RSA Durata dell'attività formativa: 6 ore Numero max di partecipanti: 80Quota di partecipazione: gratuito per gli iscritti AIFI 2006Segreteria organizzativa: Lo Monaco Salvatore - Via delle Calcare 8/C - E-mail: [email protected]

Telefono 0934571920 - Fax 0934571920 Accreditamento ECM richiesto presso il Ministero della Salute.

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Fare RiabilitazioneAIFI Sicilia magazine

SEMINARI DI RIABILITAZIONESEMINARI DI RIABILITAZIONEEventi formativi ECM 2006 - "Sessione autunnale"

AIFI sez. di Agrigento

29/10/2006 - h. 09:00-13:00 15:00-18:00 "Proposte r iabi l i tat ive per la persona con ictus, secondo i l metodo Bobath""Proposte r iabi l i tat ive per la persona con ictus, secondo i l metodo Bobath"Docente Dott. Giuseppe Verde, Fisioterapista

12/11/2006 - h. 09:00-13:00 15:00-18:00 " I l massaggio ref lessogeno""I l massaggio ref lessogeno"Docente Dott. Giuseppe La Mendola, Fisioterapista

26/11/2006 - h. 09:00-13:00 15:00-18:00 "Aspett i giuridici del la professione del f is ioterapista""Aspett i giuridici del la professione del f is ioterapista"Docenti Dott. Carmelo Roccaro, Fisioterapista - Dott. Roberto Ferrara, Fisioterapista

03/12/2006 - h. 09:00-13:00 15:00-18:00 "Approccio al le tecniche di r i lassamento psicomotorie e psicosomatiche""Approccio al le tecniche di r i lassamento psicomotorie e psicosomatiche"Docente Dott.ssa Rosalba Lo Greco, Fisioterapista

Sede: I.T.C. “L. Sciascia” c.da Calcarelle – AgrigentoSegreteria Organizzativa: Giuseppina Geremia - 329.2038795 - [email protected]

Romina Stagno - [email protected] Scientifica: Giovanni Nigro - 333.4932966 - [email protected] - Carla Rigat - [email protected]: riservata solo a fisioterapisti iscritti all’AIFINumero partecipanti: massimo 99Costo: quota unica di Euro 60.00 per l’intero gruppo di seminariModalità di pagamento: bonifico bancario a favore dell’AIFI Sicilia c/c n. 540/9 presso Credito Emiliano

p.zza De Gasperi, 25/a – Palermo ABI 3032 – CAB 4601 oppure versamento sul c/c postale n. 39785092 intestato ad AIFI Sicilia via M.se di Villabianca, 120 – 90143 Palermo specificando la seguente causale: “Seminari di Riabilitazione - Agrigento”.

Accreditamento ECM richiesto presso il Ministero della Salute.La scheda di iscrizione è scaricabile dal sito www.aifisicilia.it.

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CAPPCoop. Soc.

AUSL 2Caltanissetta

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Giornate palermitane di r iabi l i tazioneGiornate palermitane di r iabi l i tazioneAttività di formazione AIFI PALERMO

8 ottobre 2006 Valutazione e trattamento del la lombalgia secondo la Rieducazione Valutazione e trattamento del la lombalgia secondo la Rieducazione P o s t u r a l e G l o b a l e P o s t u r a l e G l o b a l e d i P h . S o u c h a r dd i P h . S o u c h a r d

Docenti Dott. Orazio Renato Meli - Dott. Angelo GinestraObiettivi Fornire elementi delle conoscenze di base circa il ragionamento clinico utilizzato nel management del

paziente lombalgico e/o lombosciatalgico secondo la Rieducazione Posturale Globale.

22 ottobre 2006 Percorsi Riabi l i tat ivi in Fibrosi Cist icaPercorsi Riabi l i tat ivi in Fibrosi Cist ica

Docenti Dott.ssa Pardo Francesca - Sig.ra La Fata Sabrina, - Dott.ssa Damiani Giuseppina - Dott.ssa Barrale Stefania - Dott.ssa Lo Piparo Caterina - Dott. Vitulo Patrizio - Dott.ssa Liberto Anna - Sig. Speciale Aurelio

Obiettivi Fornire una panoramica degli strumenti operativi a disposizione del fisioterapista. Illustrare le varie tecniche riabilitative sottolineando la necessità di adattare il metodo alla situazione di malattia del paziente, alla sua età e al suo stile di vita.

5 novembre 2006 Corso di r ieducazione pelvi -perineale di 1 ° l ivel loCorso di r ieducazione pelvi -perineale di 1 ° l ivel lo

Docenti Dott. R.M. Bellipanni - Dott. L. PellegrinoObiettivi Fornire gli elementi per la valutazione e il trattamento riabilitativo della incontinenza urinaria femminile e le

tecniche specifiche della riabilitazione pelvi-perineale

Destinatari: FisioterapistiNumero max partecipanti: 100 fisioterapisti Quota di iscrizione: € 60,00 soci A.I.FI. - € 140,00 + Iva non iscritti Sede: Aula di Clinica Neurologica - Università degli Studi di Palermo via Gaetano La Loggia n. 1 - Palermo Modalità d'iscrizione: effettuare il versamento sul c/c postale n. 39785092 intestato ad A.I.FI. Regione Sicilia Via Marchese di

Villabianca n. 120 - 90143 Palermo, specificando la causale del versamento: “Contributo per le spese di organizzazione per le attività di formazione ‘Giornate palermitane di riabilitazione’, in programma a Palermo i giorni 8 e 22 ottobre e il 5 novembre 2006”.

Segreteria scientifica: Dott. Rosario Fiolo - Dott. Angelo GinestraSegreteria Organizzativa: Pippo Enea tel. 3288268177 - fax 091.303908 - [email protected].: Richiesti. Per ottenere i crediti formativi i partecipanti dovranno compilare la scheda di valutazione

unitamente al questionario di verifica dell’apprendimento

Le iscrizioni dovranno pervenire c/o la Segreteria Organizzativa sotto specificata entro il giorno 01 ottobre 2006 inviando via fax alnumero 091.303908:- il modulo di partecipazione, che potrà essere scaricato, insieme al programma del corso, dal sito www.aifisicilia.it compilato in ognisua parte e firmato;- copia del bollettino postale comprovante l’avvenuto pagamento della quota di partecipazione;- copia della tessera, o della ricevuta di pagamento della quota associativa 2006 all’Associazione Italiana Fisioterapisti, nel caso si tratti di associato.Informazioni dettagliate e la scheda di iscrizione si possono scaricare dal sito www.aifisicilia.it

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CAPPCoop. Soc.

EVENTI FORMATIVI ECM 2006EVENTI FORMATIVI ECM 2006

Data Venerdì 08 Settembre Orario 14,00 - 20,00Titolo Patologie congenite ed acquisite: nuove definizioni per un approccio innovativoSede Centro Studi Neurolesi - Messina Costo € 50,00

Data Giovedì 19 Ottobre Orario 14,00 - 20,00Titolo Lettura e interpretazione dei referti elettromiograficiSede Centro Studi Neurolesi - Messina Costo € 50,00

Data Mercoledì 15 Novembre 2006Orario 08,00 - 16,00Titolo Patologia cerebro-vascolare: stroke ischemicoSede Centro Studi Neurolesi - Messina Costo € 50,00

Data Lunedì 04 Dicembre 2006 Orario 08,00 - 16,00Titolo Rischio biologico in ambito ospedalieroSede Centro Studi Neurolesi - Messina Costo € 50,00

Segreteria Organizzativa: Associazione Fisioterapia e Benessere tel. 338.8186058 - email: [email protected] - [email protected] ECM richiesti per tutti i corsi. Le date e le sedi potrebbero subire variazione per motivi organizzativi.

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Associazione

Fisioterapia e Benessere