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ISTITUTO PER I BENI ARTISTICI CULTURALI E NATURALI DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA elci f dell’ Emilia-Romagna distribuzione, monitoraggio e conservazione Felci dell’Emilia-Romagna Distribuzione, monitoraggio c conservazione

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ISTITUTO PER I BENI ARTISTICI CULTURALI E NATURALI DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA

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In copertina: Matteuccia struthiopteris PRELLI 03 (68-Ribeauvillé, 19-07-2013)

ISBN 978-88-97281-49-8

ISTITUTO PER I BENI ARTISTICI CULTURALI E NATURALI DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA

dell’Emilia-Romagna distribuzione, monitoraggio e conservazione

elciFausto BonafedeMichele VignodelliDino MarchettiAlessandro Alessandrini

AutoriFausto Bonafede, Michele Vignodelli, Dino Marchetti, Alessandro Alessandrini

Area comunicazioneValeria Cicala, Carlo Tovoli, Vittorio Ferorelli

EditoriaIsabella Fabbri

Progetto e realizzazione graficaBeatrice Orsini

RingraziamentiQuesto lavoro non sarebbe stato possibile senza il contributo appassionato e competente di molte persone; in particolare ringraziamo coloro che hanno fornito una grande quantità di dati nuovi e controllato le stazioni per il monitoraggio:

Enrico Romani (Piacenza)Michele Adorni (Parma)Villiam Morelli (Reggio Emilia)Renato Todeschini (Bologna)Alfredo Vigarani (Bologna)Sergio Montanari (Ravenna)Vincenzo Gonnelli (Forli-Cesena)

Hanno fornito informazioni o singole segnalazioni floristiche importanti:

Nevio Agostini (FC), Stefano Bassi (RA), S. Bertinelli (FC), Giacomo Bracchi (PC), Luciano Delfini (MO), Alessandro Fanti (BO), Filiberto Fiandri (Modena), Umberto Fusini (BO), Luigi

Ghillani (PR), Milandri Massimo (FC), Daniele Saiani (RA), L. Salsi (MO), Claudio Santini (MO), Guido Sardella (PR), B. Sella (PR), Maurizio Sirotti (RA), Anna Letizia Zanotti (BO), C. Zanni (PR), Antonio Zoccola (FC).

Rémy Prelli ha messo a disposizione numerose immagini fotografiche, oltre a consigli, opinioni originali e di grande utilità.

Maria Luisa Garberi del Servizio Statistica e Informazione Geografica della Regione Emilia-Romagna ha progettato e realizzato le carte di distribuzione.

Senza l’aiuto concreto di tutte queste persone il volume non avrebbe visto la luce; a tutti va il nostro sincero ringraziamento.

Referenze fotografiche; le immagini sono degli autori, ad eccezione delle seguenti:

Michele Adorni: Diphasiastrum alpinum, Marsilea quadrifolia, Ophioglossum vulgatum, Paragymnopteris marantae

Innocenzo Bona: Athyrium distentifolium

Federico Mangili: Botrychium multifidum

Rémy Prelli: Asplenium cuneifolium, A. fontanum, A. trichomanes, Azolla filiculoides, Blechnum spicant, Botrichium matricariifolium, Cystopteris dickieana, C. montana, Diphasiastrum tristachyum, Dryopteris borreri, D. carthusiana, D. expansa, Equisetum sylvaticum, Gymnocarpium robertianum, Lycopodium clavatum, Matteuccia struthiopteris, Woodsia alpina

1. Introduzione 62. Generalità sulle Pteridofite 9 2.1 Organizzazione e morfologia 11 2.2 Sistematica 13 2.3 Ciclo biologico 18 2.4 L’origine ibrida di alcuni taxa 20 2.5 Il fenomeno dell’apogamia nelle Pteridofite 23 2.6 Alcuni usi delle Pteridofite 243. Le schede 31 Note sui risultati del monitoraggio 166 Note di sistematica 1694. Alcune Sintesi 170 4.1 Distribuzione generale dei dati raccolti 170 4.2 La distribuzione delle Pteridofite nelle diverse province 174 4.3 Le aree (quadranti) dove si concentrano le specie più rare 176 4.4 Risultati del monitoraggio 180 4.5 Il monitoraggio nei centri urbani e nelle stazioni antropogene 180 4.6 Le novità per la Flora pteridologica dell’Emilia-Romagna 183 4.7 Altri rinvenimenti notevoli 184 4.8 Le specie da proteggere 185Appendice 1 Le aree più ricche di Pteridofite nei territori provinciali 187Appendice 2 Le specie particolarmente rare 196Bibliografia 203

Sommario

Dalle Felci al Territorio

Studiare il patrimonio naturale dell’Emilia-Romagna è uno dei compiti che l’Istituto Beni Culturali svolge e che si concretizza con attive esplorazioni, collaborazioni con altri centri di ricerca e rendendo pubblici i risultati delle indagini.Le Felci sono oggetto di studio sia per i loro aspetti biologici e sistematici che nella loro distribuzione geografica; sono inoltre un gruppo molto antico e anche per questo esercitano un fascino particolare; in molti casi si tratta di piante di aspetto molto gradevole e apprezzato.Grazie a una ricerca durata diversi anni è stato realizzato un archivio dedicato a questo gruppo, base per la realizzazione del lavoro qui presentato, che consiste non solo nel catalogo aggiornato delle entità presenti in Emilia-Romagna, ma anche nella rappresentazione della loro distribuzione geografica.Va sottolineato che la produzione di carte di distribuzione richiede un’esplorazione sistematica e analitica del territorio; questo lavoro è stato svolto oltre che dagli autori anche da diversi collaboratori qualificati che hanno curato approfondimenti nella diverse aree provinciali o subregionali. Grazie a questo metodo è possibile inoltre individuare livelli di rarità e aree di particolare importanza per il patrimonio naturale.Ma in più, grazie al confronto con lavori precedenti, è stato possibile anche misurare i cambiamenti della presenza nel tempo e quindi valutare lo stato di salute di questa parte del patrimonio naturale regionale. Sono state individuate diverse specie in rarefazione, altre in espansione, insieme a un gruppo di specie la cui presenza è sostanzialmente stabile.Le Felci quindi, pur essendo un gruppo quantitativamente limitato, sono in grado di rappresentare dinamiche generali del patrimonio naturale e in particolare della flora. Non di rado i cambiamenti sono conseguenza diretta o indiretta di attività dell’uomo. Ad esempio, le specie di ambienti umidi e acquatici sono in forte rarefazione a causa della degradazione di questi habitat; un fattore di forte impatto è la presenza di specie animali esotiche che hanno danneggiato severamente il patrimonio vegetale e animale nativo; è stata registrata una sensibile rarefazione anche specie di climi freddi, da mettere in relazione con il riscaldamento globale.Ritengo che con il lavoro qui presentato l’Istituto Beni Culturali abbia reso un servizio utile alla comunità regionale, per accrescere la consapevolezza che il patrimonio naturale è un bene di tutti e come tale va conosciuto, rispettato e difeso.

Angelo VarniPresidente dell’Istituto Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna

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1. IntroduzioneLe “Felci”, sono piante molto antiche prive di fiori e di semi, rimaste fedeli (uniche tra le piante vascolari) alla spora quale meccanismo di dispersione della specie attraverso il vento.Il loro aspetto è in genere poco vistoso e i luoghi di crescita sono spesso umidi, ombrosi e in ogni caso lontani dalla luce e dai colori dei prati fioriti. Forse per questo le Pteridofite sono state relativamente trascurate sia dal botanico professionista sia da quello dilettante, anche se di recente si nota un sensibile aumento di interesse.Eppure questo complesso gruppo di organismi esercita un fascino particolare tutto concentrato nella forma e nella struttura della fronda, un capolavoro di adattamento alla vita nel sottobosco più folto, negli anfratti rocciosi, sulle ceppaie degli alberi, sulla superficie dell’acqua. Andare in cerca di Pteridofite significa quindi frequentare luoghi poco luminosi, nascosti, appartati; dove il verde profondo e la quiete rendono straordinario il momento della scoperta di una specie rara.Il desiderio di far conoscere e di proteggere queste piante particolari è uno dei motivi per cui è stato a suo tempo realizzato l’Atlante regionale (Bonafede & al., 2001) e ora questo lavoro di aggiornamento e monitoraggio.

Col termine di “Pteridofite” si intendono le piante vascolari1 che non producono semi. Nella classificazione tradizionale costituivano un rango sistematico autonomo (Divisione Pteridophyta); oggi è accertato, come verrà spiegato meglio di seguito, che si tratta di un raggruppamento “parafiletico”, in quanto non riflette i veri rapporti di parentela tra i diversi gruppi sistematici che lo costituiscono; da un punto di vista macroscopico e utilizzando categorie di diverso rango sistematico sono distinguibili, con riferimento alla flora dell’Emilia-Romagna:

• le Felci comunemente intese; • gli Equiseti, noti anche come “code di cavallo”; • i Licopodi; • le Selaginelle.

Per avere un quadro sinottico dei rapporti filogenetici secondo le evidenze ed ipotesi attuali, è opportuno riferirsi a http://www2.biologie.fu-berlin.de/sysbot/poster/TPP-E.pdf.Comunque le si intenda, si tratta comunque di piante apparse in epoche remote: i fossili più antichi risalgono infatti al Siluriano (oltre 400 milioni di anni fa), periodo in cui si differenziarono presumibilmente da alcuni gruppi di Briofite (note comunemente come muschi ed epatiche); la loro peculiarità consiste nella differenziazione di tessuti di sostegno e di conduzione della linfa; grazie a questa vera e propria rivoluzione, riuscirono a ergersi sul terreno anche per decine di metri, dando avvio alla conquista delle terre emerse. Già nel Devoniano (395-345 milioni di anni fa), a testimonianza del loro successo evolutivo, le Pteridofite si diversificarono in moltissime forme, alcune tra le quali risultano assai simili a quelle attuali. Gli attuali Licopodi e Selaginelle sono considerati affini ai giganteschi Lepidodendri e Sigillarie, mentre gli attuali Equiseti sono affini alle Calamitacee; tutte queste forme, oggi del tutto estinte, costituirono elementi forestali assai diffusi durante il Carbonifero (345-290 milioni di anni fa circa) con forme arboree di oltre 25 metri 1 Cioè con vasi per il trasporto di soluzioni acquose.

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di altezza. I depositi di carbon fossile sono in gran parte originati da foreste a Pteridofite di questo tipo. Felci arborescenti sono ancora presenti con alcune forme nelle foreste equatoriali e in Nuova Zelanda.Attualmente nel mondo esistono circa 10.000 specie di Pteridofite, in Europa meno di 200 e di queste circa 120 (circa 130 con le sottospecie) vivono in Italia.Il numero relativamente modesto delle entità specifiche europee ed italiane è in relazione con la storia climatica che ha interessato quest’area geografica. Le glaciazioni che si sono succedute negli ultimi due milioni di anni hanno inciso profondamente sulla flora in generale e sulla pteridoflora europea in particolare determinando l’estinzione di interi gruppi sistematici, soprattutto nelle regioni del Nord.Inoltre la grande maggioranza delle Pteridofite necessita di un clima con piovosità elevata senza prolungati periodi siccitosi, dell’assenza di grandi variazioni di temperatura nel corso dell’anno, di notevole umidità atmosferica, di bassa ventosità. Queste condizioni sono raramente riscontrabili in Europa con l’eccezione di alcune aree geografiche della parte occidentale del continente caratterizzata da un clima fortemente influenzato dall’Atlantico.In Emilia-Romagna è stata rilevata la presenza, grazie anche al lavoro qui presentato, di almeno 70 entità, includendo in questo numero anche le entità sottospecifiche e le due specie che sono note solo sotto forma di campioni d’erbario; in Emilia-Romagna è quindi rappresentato oltre il 50% della pteridoflora italiana.Questi dati evidenziano l’interesse della flora pteridologica di questa Regione che, pur presentando clima, morfologia e substrati generalmente poco favorevoli a queste piante, annovera un numero rilevante di taxa, con una specie esclusiva per l’Italia (Allosorus persicus) e alcune altre che, nella catena appenninica, hanno in Emilia-Romagna le uniche stazioni di crescita.La lista delle entità vegetali protette all’art. 4 della Legge regionale 2 del 1977 annovera il solo Genere Phyllitis (oggi compreso in Asplenium); questo Genere è rappresentato da due specie, di cui una tuttora presente e piuttosto diffusa (A. scolopendrium) e una scomparsa (A. sagittatum).Tuttavia la situazione sul territorio renderebbe utile un aggiornamento della lista delle entità tutelate; questo studio può costituire un’utile base per le modifiche, in quanto fornisce precise indicazioni sullo status di presenza e sui problemi di conservazione per ognuna delle specie rilevate. Come accennato, una specie (Asplenium sagittatum), un tempo nota e documentata per una sola località della “Vena del Gesso” romagnola, è scomparsa dal territorio regionale; molte altre si sono rivelate rare e – in base al confronto con le conoscenze precedenti – ulteriormente in contrazione per la distruzione degli ambienti di crescita e probabilmente anche per il cambiamento di alcuni parametri fisico-chimici e climatici cui queste piante sono sensibili. La cartografia floristica delle Pteridofite in Emilia-Romagna e il suo aggiornamento sono ampiamente motivati da diversi ordini di ragioni. In primo luogo ragioni di natura scientifica; sono piuttosto numerosi i casi, infatti, nei quali risultava necessaria la revisione dei dati noti a causa della non sempre certa identificazione in entità difficili come ad es. il genere Polypodium, i gruppi di Dryopteris carthusiana e Asplenium adiantum-nigrum, diversi Equisetum; sono poi evidenti anche le ragioni di natura conservazionistica; molte specie infatti risultano estremamente rare, relegate in ambienti relittuali e fragili, con stazioni fortemente disgiunte dall’areale principale o al limite,

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soprattutto meridionale, d’areale; alcune specie sono di notevole bellezza e vistosità, quali ad esempio Osmunda regalis, Matteuccia struthiopteris, Blechnum spicant, Asplenium scolopendrium; infine, le Pteridofite possiedono un elevato valore di indicatori ambientali.I risultati di questo lavoro di ricerca, durato oltre 5 anni e basato su materiale d’erbario, fonti bibliografiche e, soprattutto, su indagini sistematiche di campagna in tutto il territorio della regione, costituiscono una buona base per ulteriori ricerche con specifiche finalità e un utile strumento di pianificazione ambientale.La conoscenza e la tutela degli habitat che ancora ospitano una Pteridoflora interessante sono di fondamentale importanza per la conservazione di questi taxa in Emilia-Romagna. Naturalmente l’utilizzo reale di questo tipo di informazioni per la gestione del territorio diventa una questione di scelta politica ed è quindi del tutto al di fuori delle possibilità di questo lavoro.

2. Generalità sulle Pteridofite 2.1 Organizzazione e morfologia

Nella gran parte delle “Felci” dell’ordine Polypodiales, cui appartiene la maggioranza delle Pteridofite considerate, la struttura base della pianta risulta relativamente semplice. Sono sempre presenti le radici, il fusto (rappresentato talvolta da un rizoma) e le fronde, come tipicamente accade nelle altre piante vascolari caratterizzate dalla presenza di veri vasi di conduzione, all’interno del fusto, per il trasposti efficiente della linfa dalle radici alle foglie e viceversa.Le radici hanno la funzione di assorbire l’acqua e le altre sostanze minerali nonché di fissare la pianta al terreno; in alcuni casi le radici entrano in simbiosi con funghi del terreno (micorriza) che facilitano le funzioni di assorbimento da parte della radici.Il fusto, nella maggior parte delle Felci, è sotterraneo e talora si sviluppa parallelamente alla superficie del terreno (rizoma) come accade, ad esempio, nei generi Gymnocarpium, Polypodium, Pteridium, Phegopteris; in questi casi le fronde tendono a presentarsi singolarmente e il rizoma consente alla pianta di espandersi facilmente per via vegetativa. Nella Felce aquilina (Pteridium aquilinum) il rizoma corre su più livelli e ciò rende la pianta resistente anche al passaggio del fuoco; in Amazzonia proprio la Felce aquilina è tra le prime piante a colonizzare le superfici disboscate e incendiate.In altri casi il fusto è breve e verticale; allora la pianta assume un aspetto cespitoso (generi Asplenium, Dryopteris, Athyrium, ecc.).Le Pteridofite qui considerate sono per massima parte perenni; il fusto è anche organo di accumulo delle riserve energetiche necessarie allo sviluppo di nuove fronde a primavera. Fanno eccezione Anogramma leptophylla, Salvinia natans e Azolla filiculoides che sono annuali. Le fronde sono costituite da una lamina con funzione fotosintetica e da un picciolo, denominato stipite, che collega la lamina al fusto. Lo stipite può presentare squame chiamate palee, addensate generalmente verso la base

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(Fig. 1). Figura 1: le diverse parti di una fronda di felce (Dryopteris expansa). La lamina, che presenta un asse centrale detto rachide, può essere intera (es. Asplenium scolopendrium) oppure, frequentemente, più o meno incisa, potendosi avere fronde 1, 2, 3, 4 volte divise. Talvolta si usano anche i termini “fronda 1, 2, 3, 4-pennatosetta”, perfettamente corrispondenti a quelli sopra riportati.

Le giovani fronde, appena spuntate dal terreno (o dalle fessure delle rocce), sono arrotolate in modo caratteristico e assomigliano a un pastorale (bastone del vescovo).Durante l’inverno alcune specie perdono completamente le fronde (es. Athyrium filix-femina, Pteridium aquilinum), mentre altre hanno fronde persistenti e superano l’inverno indenni rimanendo anche per mesi sotto la neve (es. Polystichum aculeatum).Nella Felce maschio (Dryopteris filix-mas) le fronde sono semipersistenti: a seconda del luogo e dell’andamento stagionale quelle dell’anno precedente possono seccare e andare perse durante l’inverno oppure possono persistere in buono stato sino all’emissione delle nuove fronde primaverili. Nel caso della Cedracca (Asplenium ceterach), le fronde si arrotolano su se stesse nei periodi più caldi e più secchi dell’anno, in modo da offrire all’esterno la minima superficie possibile.In questo modo la pianta riduce la traspirazione che è limitata anche da un denso tomento di palee rossicce squamiformi presenti sulla pagina inferiore della lamina. In queste condizioni, d’estate, le piantine paiono del tutto secche, ma è sufficiente un temporale perché la Cedracca, in poche ore, si distenda e torni a vegetare.In Polypodium cambricum, presente solo nelle “isole” calde della

regione, troviamo un perfetto adattamento al clima mediterraneo: le fronde si seccano completamente o quasi durante l’estate, ma all’arrivo delle prime consistenti piogge, in settembre-ottobre, la pianta riprende a vegetare emettendo i caratteristici germogli a pastorale e dispiegando le fronde sino all’inizio dell’estate successiva.Nella pagina inferiore delle fronde si trovano gli organi riproduttori costituiti dagli sporangi, più o meno addensati in strutture ben visibili ad occhio nudo, chiamate sori, generalmente localizzate lungo le nervature fogliari. Gli sporangi, come si vedrà, producono le spore, che hanno la funzione di disseminare la specie per mezzo del vento.I sori sono spesso ricoperti da una membrana protettiva denominata indusio. Pochi gruppi ne sono completamente privi; tra questi ricordiamo i generi Polypodium e Gymnocarpium. Spesso l’indusio ricopre solo parzialmente il soro

Figura 1. Fronda di una felce (Dryopteris expansa) e sue parti.

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(esempio: genere Asplenium). In alcuni casi, come ad esempio in Athyrium distentifolium, l’indusio è precocemente caduco e rudimentale.In Adiantum e Allososus la funzione dell’indusio è assunta dal margine fogliare, ripiegato a doccia sui sori addensati alla periferia della lamina (in questi casi si parla di pseudoindusio).L’indusio può essere circolare e fissato alla lamina con la parte centrale che si infossa a forma di imbuto (genere Polystichum) oppure può essere “a ferro di cavallo” e fissato lungo la curvatura interna come, ad esempio, nel genere Dryopteris. In Athyrium filix-femina l’indusio è allungato con forma arcuata (“a banana”), sfrangiato e fissato lungo il margine esterno. Nel genere Cystopteris ha la forma di un cappuccio ed è fissato con l’apice dello

stesso.Generalmente non vi sono differenze morfologiche tra le fronde fertili (con presenza di sori e le fronde sterili (che ne sono prive); fanno eccezione alcuni generi come, ad esempio, Blechnum e Cryptogramma nei quali si osserva un netto dimorfismo fogliare con le fronde fertili costituite da stretti segmenti ripiegati a doccia che ricoprono i sori.La conformazione dei sori e dell’indusio è di grande importanza per la classificazione delle Pteridofite e in particolare per la determinazione dei generi.Sinora è stata descritta l’organizzazione delle Pteridofite dell’ordine Polypodiales, cui appartiene la grande maggioranza delle Pteridofite dell’Emilia-Romagna. In altri ordini (Equisetales, Lycopodiales, Selaginellales, Ophioglossales, Osmundales, Salviniales), che comprendono poche o pochissime specie, si trova un’organizzazione che differisce più o meno da quella sopra descritta e che verrà presa in esame quando si tratteranno i singoli taxa.

2.2 Sistematica

La classificazione delle felci e piante affini è stata per molto tempo incerta, in particolare a livello di famiglie e generi. Negli ultimi duecento anni sono state proposte tante diverse classificazioni e schemi evolutivi, che rispecchiavano le diverse interpretazioni dei dati disponibili. La collocazione di molti generi è rimasta incerta fino all’arrivo della sistematica molecolare, che ha rapidamente affinato la comprensione delle relazioni filogenetiche.Si è scoperto così, senza grande sorpresa, che le “Pteridofite”, come categoria collettiva, sono un gruppo parafiletico e quindi il termine stesso dovrebbe essere abbandonato o ridefinito in senso restrittivo. Lycopodiaceae, Selaginellaceae e Isoetaceae formano un ramo distinto da tutte le altre piante vascolari, mentre le Psilotaceae, spesso incluse nei licopodi o associate alle prime piante vascolari, sono collegate alle Ophioglossaceae e quindi appartengono al ramo delle felci. Anche le Equisetaceae sono membri di questo gruppo ma, nel suo ambito, la loro collocazione è tuttora incerta. Le felci propriamente dette sono inquadrate meglio, anche se le loro ripartizioni principali non sono ancora ben chiare. A livello di famiglie e generi si sta invece consolidando un quadro definito, in cui famiglie come Aspleniaceae e Polypodiaceae risultano più ampie rispetto alle classificazioni precedenti.

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Tabella 1schema Tassonomico delle PTeridofiTe dell’emilia-romagna, PrinciPalmenTe in accordo con chrisTenhusz & chase (2014)

Classe Lycopodiopsida

• Ordine Lycopodiales • Famiglia Lycopodiaceae

• Diphasiastrum • D. tristachyum • D. alpinum

• Huperzia • H. selago subsp. selago

• Lycopodium • L. annotinum subsp. annotinum• L. clavatum

Classe Isoetopsida

• Ordine Selaginellales • Famiglia Selaginellaceae

• Selaginella • S. selaginoides• S. kraussiana

Lycopodiophytes

Classe Psilotopsida Euphyllophytes

• Ordine Ophioglossales (Pteridophyta + Spermatophyta) • Famiglia Ophioglossaceae

• Botrychium • B. lunaria• B. matricariifolium• B. multifidum

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• Ophioglossum • O. vulgatum

Classe Equisetopsida

• Ordine Equisetales • Famiglia Equisetaceae

• Equisetum • E. hyemale• E. ramosissimum• E. fluviatile• E. palustre• E. sylvaticum• E. arvense• E. telmateia

Classe Polypodiopsida

• Ordine Osmundales • Famiglia Osmundaceae

• Osmunda • O. regalis

• Ordine Salviniales • Famiglia Marsileaceae

• Marsilea • M. quadrifolia

• Famiglia Salviniaceae (incl. Azollaceae)• Azolla

• A. filiculoides• Salvinia

• S. natans• Ordine Polypodiales

• Famiglia Dennstaedtiaceae • Pteridium

• P. aquilinum subsp. aquilinum

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• Famiglia Pteridaceae (incl. Adiantaceae, Cheilanthaceae, Cryptogrammaceae)• Adiantum

• A. capillus-veneris• Allosorus

• A. persicus (Cheilanthes persica) • Anogramma

• A. leptophylla• Cryptogramma

• C. crispa• Paragymnopteris

• P. marantae (=Notholaena m.)• Famiglia Aspleniaceae sensu lato (in precedenza eupolypods II, Blechnales, Athyriales,

Aspleniales, o Thelypteridales) • Sottofamiglia Asplenioideae, in precedenza Aspleniaceae sensu stricto

• Asplenium• A. trichomanes

• A. t. subsp. trichomanes• A. t. subsp. quadrivalens• A. t. subsp. hastatum

• A. adulterinum Milde subsp. adulterinum• A. viride• A. fontanum

• A. onopteris• A. adiantum-nigrum subsp. adiantum-nigrum• A. cuneifolium subsp. cuneifolium• A. septentrionale subsp septentrionale• A. ruta-muraria subsp. ruta-muraria• A. ceterach

• A. c. subsp. ceterach• A. c. subsp. bivalens

• A. scolopendrium subsp. scolopendrium (= Phyllitis sc.)

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• A. sagittatum (= Phyllitis sag.)

• Sottofamiglia Thelypteridoideae, in precedenza Thelypteridaceae• Phegopteris

• Ph. connectilis• Thelypteris

• Th. palustris• Th. limbosperma

• Sottofamiglia Woodsioideae, in precedenza Woodsiaceae• Woodsia

• W. alpina• Sottofamiglia Blechnoideae, in precedenza Blechnaceae (incl. Onocleaceae)

• Blechnum • B. spicant

• Matteuccia • M. struthiopteris

• Sottofamiglia Athyrioideae, in precedenza Athyriaceae• Athyrium

• A. filix-femina• A. distentifolium

• Cystopteris • C. fragilis• C. dickieana• C. montana

• C. alpina• Gymnocarpium

• G. dryopteris• G. robertianum

• Famiglia Polypodiaceae sensu lato (in precedenza eupolypods I) • Sottofamiglia Dryopteridoideae, in precedenza Dryopteridaceae

• Cyrtomium

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• C. falcatum• Dryopteris

• D. filix-mas• D. borreri• D. cambrensis• D. oreades• D. expansa• D. dilatata• D. carthusiana

• Polystichum • P. lonchitis• P. aculeatum• P. setiferum

• Sottofamiglia Polypodioideae sensu stricto, in precedenza Polypodiaceae sensu stricto

• Polypodium • P. cambricum• P. interjectum• P. vulgare

La successione di famiglie, generi, specie e sottospecie tiene conto delle affinità (reali o presunte) oppure delle differenze. Si dà priorità agli elementi di base, ossia alla morfologia delle spore e secondariamente al modello strutturale delle piante.Sono riportate tutte le entità accertate per l’Emilia-Romagna (sino al rango subspecifico) insieme a quelle citate in letteratura, con esclusione dei taxa indicati per errore (Dryopteris villarii, Azolla caroliniana) e degli ibridi.Diverse specie sono i soli rappresentanti di un intero ordine o famiglia (ad esempio Osmunda regalis, Selaginella selaginoides, Marsilea quadrifolia) e ciò riveste una notevole importanza per la conservazione della diversità biologica presente nel territorio.

2.3 Ciclo biologicoIl ciclo biologico delle Pteridofite (Fig. 2) presenta una tipica alternanza di generazioni con due forme (sporofito e gametofito) nettamente distinte per significato biologico, dimensioni, morfologia ed esigenze ecologiche.

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Per comodità il processo può essere descritto partendo dagli sporangi presenti nella fase sporofitica (1), durante la quale la pianta produce le spore destinate a diffondere la specie attraverso il vento.Le spore sono unicellulari, non hanno clorofilla (con l’eccezione di Osmunda regalis) e presentano forme e dimensioni che possono risultare di grande utilità per la determinazione di taxa critici (si veda in proposito anche Ferrarini et al., 1986).Gli sporangi, all’interno dei sori, producono le spore (2) con un processo di meiosi che parte da una cellula chiamata archeospora situata all’interno dello sporangio. Il processo meiotico porta al dimezzamento del numero iniziale dei cromosomi presenti nell’archeospora, dalla quale originano tutte le spore.La cellula che fa meiosi presenta un corredo cromosomico detto diploide ed indicato come 2n (con n numero intero), quindi con numero sempre pari di cromosomi. Ogni cromosoma presenta sempre, nelle cellule diploidi, un cromosoma “gemello” che ha la sua stessa conformazione; pertanto in ogni cellula diploide sono presenti un

numero n di coppie di cromosomi e gli elementi di ogni coppia sono detti cromosomi omologhi e presentano morfologia simile.I cromosomi contengono, sotto forma di geni, i caratteri ereditari, vale a dire le “informazioni” necessarie per originare un nuovo individuo con le caratteristiche proprie della specie.Tutte le cellule della pianta che produce le spore (per questo indicata come sporofito) possiedono lo stesso corredo cromosomico (2n) dell’archeospora.Il processo di meiosi cui va incontro l’archeospora si svolge schematicamente nelle seguenti tappe: 1. duplicazione di tutti i cromosomi (che si svolge prima della vera divisione meiotica); 2. appaiamento dei cromosomi omologhi: 3. doppia divisione cellulare con formazione di 4 cellule che diventeranno poi 4 spore, ciascuna con corredo cromosomico dimezzato rispetto a quello presente nell’archeospora.In realtà prima della meiosi l’archeospora si divide con 4 serie di mitosi successive sino a produrre 16 cellule (geneticamente uguali), da ognuna delle quali originano 4 spore con il processo di meiosi sopra descritto.Il risultato è la produzione di 64 (16 ☓ 4) spore Figura. 2. Ciclo biologico di una felce.

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contenute in ogni sporangio e ciò avviene nella maggioranza delle Pteridofite della flora regionale.Il meccanismo di produzione delle spore appena descritto, essendo presente anche in taxa relativamente distanti sul piano delle affinità, deve essere comparso molto presto nella storia evolutiva delle Pteridofite.Da notare che la meiosi si può svolgere regolarmente soltanto se ogni cromosoma può appaiarsi con il suo omologo che presenta la sua stessa morfologia. Ciò ha notevole importanza per comprendere l’origine ibrida e poliploide di alcuni taxa che successivamente prenderemo in esame. Le spore, come già ricordato, presentano un corredo cromosomico dimezzato denominato aploide ed indicato come n.La spora, quando matura, esce dallo sporangio (che si apre con varie modalità), viene trasportata dal vento ed arriva sul terreno dove, se le condizioni chimico-fisiche (pH, temperatura, umidità ecc.) sono favorevoli, germina e per mitosi (divisione cellulare “conservativa” in quanto mantiene il numero iniziale di cromosomi presente nella spora) e differenziamento cellulare viene originato un organismo pluricellulare assai piccolo (lungo meno di un centimetro) denominato protallo. Il protallo ha il significato biologico di gametofito (3) in quanto destinato a produrre i gameti (maschili e femminili) che uniranno i loro cromosomi al momento della fecondazione, nel corso della quale verrà ricostituito il corredo diploide.Il protallo, privo di un’epidermide protettiva differenziata, presenta una forma a cuore e può vivere soltanto in precise condizioni ecologiche caratterizzate da elevata umidità atmosferica, presenza di un velo liquido sul terreno e assenza di sbalzi termici. E’ probabile che molte Pteridofite siano particolarmente sensibili a fenomeni di inquinamento dell’acqua o del substrato o a variazioni di alcuni parametri chimico-fisici (ad esempio umidità e pH) proprio in questa fase cruciale del loro ciclo biologico.La fase gametofitica, maggiormente legata all’acqua, ricorda alcune Briofite (muschi ed epatiche), da cui le Pteridofite si sono probabilmente originate.La fissazione al suolo del protallo avviene attraverso strutture chiamate rizoidi presenti sulla faccia inferiore; nella stessa pagina inferiore sono presenti gli anteridi, strutture riproduttive maschili destinate a produrre gli anterozoidi (unicellulari con corredo cromosomico n) con significato di gameti maschili e mobili nell’acqua attraverso flagelli e gli archegoni, strutture riproduttive femminili contenenti l’oospora (unicellulare anch’essa con corredo cromosomico n), con significato di gamete femminile statico all’interno dell’archegonio (4).Gli anterozoidi dello stesso protallo oppure, più frequentemente, di un altro protallo presente nelle vicinanze, nuotano in un velo di acqua sino a raggiungere l’interno dell’archegonio e fecondano l’oospora. L’ oospora fecondata diviene uno zigote (unicellulare, ma con corredo cromosomico 2n) e questo per mitosi e differenziamento cellulare origina una nuova pianta detta sporofito.In questo volume noi ci occuperemo degli sporofiti, molto più facilmente visibili e studiabili.

2.4 L’origine ibrida di alcuni taxaGli ibridi, tra le Pteridofite, sono abbastanza frequenti soprattutto nei generi Equisetum, Polypodium, Asplenium e Polystichum e vengono originati in seguito alla fecondazione di un anterozoide con una oospora provenienti da protalli di specie diverse.

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Per questo i genitori si trovano spesso in prossimità dell’entità ibrida, anche se questa non è una regola assoluta. A volte l’ibrido è cosi “invadente” da scacciare uno o entrambi i genitori, soprattutto dove la stazione di crescita è poco estesa e la competizione risulta particolarmente forte (esempio: affioramenti rocciosi di limitata estensione).L’entità ibrida si presenta con una morfologia intermedia tra quella dei genitori ed è sterile in quanto i cromosomi non possono appaiarsi regolarmente al momento della meiosi: infatti ad ogni cromosoma non corrisponde il suo “omologo”, in quanto provengono da materiale genetico di specie diverse.Inoltre l’esame delle spore rivela la presenza di materiale abortivo con spore malformate, a contorno irregolare e di dimensioni molto diverse.La Figura 3 mostra un esempio di materiale sporiale abortivo confrontato con materiale normale. Per l’osservazione, in prima battuta, può bastare un microscopio binoculare ad ingrandimento anche modesto.

Tuttavia soltanto il cariogramma (esame dell’assetto cromosomico) potrà confermare, al di là di ogni dubbio, l’origine ibrida del reperto: infatti può accadere che anche individui appartenenti a ‘’specie buone” presentino materiale sporiale tutto o quasi tutto abortivo per fenomeni di sporificazione difettosa.

Tali fenomeni di sporificazione difettosa sono possibili in occasione di particolari condizioni ambientali come, ad esempio, forti e prolungate calure estive. Questi “colpi di calore” possono risultare frequenti nel gruppo di Asplenium adiantum-nigrum.Pur non essendo stati svolti approfondimenti sulle entità ibride né studi di tipo cariologico, in base all’attento esame della morfologia, del materiale sporiale dei campioni e delle stazioni di crescita, sono state osservate in Emilia-Romagna diverse entità ibride.Asplenium ☓ centovallense D.E. Mey. nothosubsp. centovallense (A. adiantum-nigrum subsp. adiantum-nigrum ☓ A. cuneifolium subsp. cuneifolium), Pietra Parcellara, Travo, PC;

Figura 3 Immagine al microscopio di spore normali (a destra) e abortive (a sinistra).

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Asplenium ☓ticinense D.E. Mey. (A. onopteris ☓A. adiantum-nigrum subsp. adiantum-nigrum) nella Valle del Savena (Monzuno, BO), a M. Sole (Marzabotto, BO), a Cà di Landino (Castiglione de’ Pepoli, BO). Ulteriori dati distributivi per questa entità sono riportati in Marchetti (1994).Cystopteris alpina (Lam.) Desv. ☓ C. fragilis (L.) Bernh., presso Le Malghe, lungo il Dardagna (Lizzano in Belvedere, BO);Equisetum ☓font-queri (Rothm.) Rothm. (E. palustre ☓ E. telmateia) Santa Caterina in Valle, presso Concordia sulla Secchia (MO); presso Pontecchio (Sasso Marconi, BO);Equisetum ☓moorei Newman (E. ramosissimum ☓ E. hyemale) nella valle del Savena (Pianoro, BO) e ai Boschi di Monzone (Pavullo nel Frignano, MO);Polypodium ☓shivasiae Rothm. (P. cambricum ☓ P. interjectum) nei gessi messiniani del Bolognese (San Lazzaro di Savena, BO);Polypodium ☓mantoniae Rothm. (P. vulgare ☓ P. interjectum) nei gessi messiniani del Bolognese (San Lazzaro di Savena, BO);Polystichum ☓bicknellii (Christ) Hahne (P. aculeatum ☓ P. setiferum) al M. Spicchione (Castel D’Aiano, BO) e sotto Campigna (S. Sofia, FC);Per altri interessanti ibridi recentemente rinvenuti sulle serpentine dell’Emilia-Romagna si può fare riferimento a Marchetti (1999).In alcuni casi l’entità ibrida può dare origine, grazie a un meccanismo che ora verrà descritto, a una nuova specie normalmente fertile. Con ogni probabilità, la sequenza ha origine da un’irregolarità (più o meno rara a seconda del tipo di ibrido e delle condizioni ambientali) nelle prime divisioni per mitosi dell’archeospora con il conseguente raddoppiamento dei cromosomi esistenti (ogni cromosoma viene in un certo senso “fotocopiato”). Il “nuovo” genoma si trova allora costituito da cromosomi a due a due omologhi ed una meiosi normale diviene allora possibile perché nella sua fase iniziale c’è l’appaiamento dei cromosomi.Il risultato finale è dunque la produzione di spore diploidi e di un protallo diploide, che produrrà gameti anch’essi diploidi (2n) che, in seguito alla fecondazione, origineranno uno sporofito con quattro serie di cromosomi (2n + 2n) e per questo indicato come tetraploide.Si utilizza il temine allotetraploide se l’individuo origina da due diverse specie e il termine autotetraploide se origina da una sola specie che ha raddoppiato numero cromosomico con il meccanismo descritto.Il nuovo individuo presenta alcune caratteristiche dei genitori e altre caratteristiche morfologiche ed ecologiche completamente nuove; se riuscirà a superare la selezione imposta dalle condizioni ambientali e si diffonderà nell’ambiente sarà nata una nuova specie.Diversi sono i casi di specie allotetraploidi della nostra pteridoflora.A titolo di esempio si può prendere in esame l’origine di Polystichum aculeatum (allotetraploide), che può essere ipotizzata come segue.Inizialmente si è formato un ibrido tra Polystichum lonchitis (diploide con un genoma che possiamo indicare come “LoLo” e 2n = 82) e Polystichum setiferum (diploide con un genoma che possiamo indicare come “SeSe” e 2n = 82): Polystichumxlonchitiforme (Halácsy) Bech.

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L’ibrido avrà genoma “LoSe” con 82 cromosomi e sarà ovviamente sterile.In caso di raddoppiamento cromosomico si avrà un individuo fertile che potrà dare origine a una nuova specie con genoma “LoLoSeSe” e 164 cromosomi. Questa nuova specie, corrispondente a Polystichum aculeatum, verrà indicata come allotetraploide.Bisogna precisare che il fenomeno sopra descritto non si osserva soltanto nelle specie allotetraploidi, ma è più generale e riguarda incroci e discendenti originati da entità che hanno diverso grado di ploidia.Per quanto concerne l’autopoliploidia (vedasi, ad esempio, il complesso di Asplenium trichomanes), questa va considerata fondamentalmente un’allopoliploidia tra forme (o varietà) della stessa pianta che presentano già un genoma più o meno differenziato.

Quasi sempre la taglia delle spore è correlata al grado di ploidia: specie allotetraploidi hanno generalmente spore più grandi delle specie diploidi e ciò può essere di grandissima utilità nella determinazione di taxa critici.Asplenium adiantum-nigrum subsp. adiantum-nigrum, tetraploide, ha spore più grandi di oltre il 20% rispetto ad Asplenium onopteris entità diploide (Ferrarini et al., 1986; Reichstein et al., 1994).Spesso la specie allotetraploide (o, più in generale, poliploide) presenta una maggiore amplitudine ecologica e una più ampia diffusione rispetto ai genitori; questo è vero anche per il caso sopra riportato (Polystichum aculeatum) per il territorio dell’Emilia-Romagna, per quanto riguarda sia la distribuzione attitudinale sia quella generale.

2.5 Il fenomeno dell’apogamia nelle PteridofiteIn alcune specie (Dryopteris gr. affinis, Phegopteris connectilis, Cyrtomium falcatum) si ha un’alterazione del ciclo rispetto al modello che abbiamo descritto nel paragrafo 2.3.In esse rimane rispettata l’alternanza tra sporofito (produttore di spore) e gametofito (produttore di gameti), tuttavia manca qualunque fenomeno di

Figura 4 Asplenium trichomanes (Falso capelvenere), dal “Dioscoride” di Mattioli (1573).

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gamia (cioè di unione tra gameti) e si parla di riproduzione per apogamia.In questi casi lo sporofito si sviluppa direttamente da cellule vegetative del protallo senza che in esso compaiano gli archegoni, gli anteridi sono invece generalmente presenti, producono anterozoidi e consentono a queste specie di intervenire eventualmente nella formazione di ibridi.Il protallo presenta cellule con lo stesso numero cromosomico dello sporofito e ciò è dovuto ad un particolare fenomeno che avviene all’interno di alcuni sporangi durante la formazione delle spore nello sporofito: la cellula che va incontro a meiosi raddoppia precedentemente il numero cromosomico e ciò annulla gli effetti normali della meiosi (che invece porta a ridurre a metà il numero dei cromosomi).Il risultato è la formazione e la diffusione di spore diploidi che, germinando, origineranno un protallo necessariamente diploide; da questo si formerà, senza fenomeni di fecondazione, direttamente lo sporofito anch’esso diploide.Da notare che in una parte degli sporangi la meiosi avviene in modo irregolare con la formazione di materiale sporiale in parte abortivo. In Dryopteris borreri (= D. affinis subsp. borreri) la percentuale di spore abortive varia dal 10 ai 30%; in Dryopteris cambrensis (= D. affinis subsp. cambrensis) la percentuale varia dal 30 al 40% (Boudrie, 1991). Questa situazione porta a pensare ad un’origine ibrida più o meno antica delle Pteridofite apogamiche (Prelli, 1990).

2.6 Alcuni usi delle PteridofiteGià nell’antichità si riconoscevano notevoli proprietà medicinali a varie specie di Pteridofite.Nel I secolo, il medico greco Dioscoride ne trattò ampiamente nella sua opera principale “Della materia medica”, che mantenne nel tempo una grande autorevolezza sino ad essere tradotta e commentata dal senese Mattioli, nella seconda metà del XVI sec., nel suo celebre “Dioscoride”, edito in numerose e sempre più ricche versioni anche in francese, in tedesco e in boemo e rimasto a lungo, a sua volta, testo fondamentale in materia.Nella maggior parte dei casi il valore officinale delle Pteridofite non è stato ritenuto tale da far trovare loro una collocazione nella medicina moderna, anche se poche indagini sono in definitiva state fatte per capire quanto di concreto vi fosse nelle molteplici virtù vantate per molte di queste piante nel passato.L’estratto etereo del voluminoso rizoma di Dryopteris filix-mas (Filicis rhizoma nella Farmacopea italiana) è stato nel passato l’antielmintico più efficace contro i cestodi, agendo come paralizzante della muscolatura radiale delle ventose di Taenia saginata, Taenia solium e Diphyllobothrium latum, che si staccavano così dalle pareti del tubo digerente dell’ospite e venivano eliminati grazie all’ausilio dei purganti assunti contemporaneamente al farmaco. L’effetto medicamentoso dell’estratto di felce maschio era tuttavia accompagnato da una certa tossicità e l’uso del farmaco è stato perciò abbandonato quando sono risultati disponibili prodotti ugualmente efficaci, ma con effetti collaterali più lievi.Un’azione simile a quella di D. filix-mas (anche se più blanda) è stata riconosciuta alle specie del genere Polystichum (in alcuni casi probabilmente confuse con la felce maschio) e ad Athyrium filix-femina (il cui rizoma non è invece confondibile in quanto assai più sottile, più scuro e meno fittamente ricoperto da palee rispetto a quello della felce

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maschio); sono altresì state usate come antieltmintiche parti di Thelypteris palustris, di Polypodium vulgare e, in aree geografiche più localizzate, di Pteridium aquilinum (tribù indiane dell’America settentrionale) e di Osmunda regalis (alcuni Paesi settentrionali).Dai rizomi del genere esotico Helmintostachys (dell’ordine Ophioglossales) si estrae invece un principio antimalarico.I licopodi (specialmente Lycopodium clavatum, ma anche L. annotinum, Diphasiastrum complanatum e Huperzia selago) sono stati impiegati contro malattie renali, vescicali, epatiche ed artritiche sotto forma di infusi a freddo in quantità limitata: già il Mattioli riferiva che, “cotti nel vino, rompono le pietre dei reni e fanno orinare” e “giovano a chi patisce le gotte calde”.Le loro spore (facilmente acquisibili dalle spighe dei licopodi, più difficilmente dagli sporangi delle ascelle fogliari di Huperzia) costituiscono inoltre una fittissima polvere di colore giallo pallido (denominata volgarmente “zolfo vegetale” o “farina delle streghe” e registrata nella nostra Farmacopea con il nome di Lycopodii sporae) che è stata usata in farmacia nella preparazione di pillole (che ne venivano ricoperte e non si attaccavano così le une alle altre) ed anche come polvere aspersoria protettiva perché, essendo idrofuga, è in grado di curare certe forme di eritema cutaneo causate da irritazione ed umidità; per la sua facile incendiabilità è stata altresì impiegata nell’industria pirotecnica.Benché in qualche luogo delle Alpi L. clavatum sia relativamente abbondante (in Carnia i pastori delle casere lo usavano per filtrare il latte), non è comunque mai stato sufficiente al fabbisogno farmacologico italiano; le principali raccolte sono state fatte nei Paesi dell’Europa centrale e dell’ex Unione Sovietica, dove i licopodi in genere ed H. selago in particolare sono assai più abbondanti e dai quali il prodotto veniva esportato anche in Italia.La polvere di licopodio è stata nel passato talmente ricercata da risultare oggetto di sofisticazioni, in particolare con il polline giallo di piante che ne producono in grande quantità (ad esempio pino, nocciolo o Typha) o con sostanze minerali (talco e gesso colorati, zolfo, ecc.). Di conseguenza si sono anche sviluppate varie metodiche empiriche che, sfruttando le proprietà della polvere, permettevano il riconoscimento delle falsificazioni: mettendola ad esempio nell’acqua, se ne poteva accertare l’autenticità se essa continuava a galleggiare dopo qualche scuotimento, mentre le parti che andavano a fondo erano senz’altro costituite da sostanze minerali o da pollini. La certezza dell’autenticità del prodotto si può comunque avere con un accurato esame microscopico.Ancora oggi sono più o meno utilizzati in erboristeria i fusti sterili di Equisetum arvense (con proprietà astringenti, rimineralizzanti, diuretiche ed emostatiche), le fronde e i rizomi di Asplenium ceterach (diuretici e antilitiasi - soprattutto per le persone affette da elevate concentrazioni urinarie di acido ossalico - tossifughi, astringenti, antinfiammatori ed emollienti: nella medicina popolare molto usati nell’Italia meridionale), le fronde di Asplenium trichomanes (cosiddetto “falso capelvenere”) [Fig. 4] e soprattutto quelle del vero capelvenere, Adiantum capillus-veneris (le ultime due specie sono entrambe tossifughe, espettoranti, disintossicanti ed antiforforacee. Delle quattro specie citate (due delle quali - E. arvense e A. capillus-veneris - iscritte nella Farmacopea svizzera) A. capillus-veneris (da usarsi preferibilmente allo stato fresco perché seccandosi perde moltissime delle sue proprietà terapeutiche) è forse quella che è stata più usata nel tempo e nei vari Paesi, risultando presente in circa 15 specialità medicinali francesi; ne è stato altresì preparato uno sciroppo dal gusto gradevole che nel XVII secolo,

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mescolato con il te e con il latte caldi, costituiva una bevanda assai apprezzata chiamata “bavarese”.Per Paragymnopteris marantae sono state supposte proprietà officinali simili a quelle di A. ceterach.Le foglie di Asplenium scolopendrium, che Dioscoride consigliava di bere nel vino per trarne un “giovamento ai flussi del corpo e alla dissenteria”, secondo gli attuali fitoterapisti sono da infondere, fresche od essiccate, in acqua o, ancor meglio, nel latte; già ritenute utili per curare le malattie della milza per la forma vagamente rassomigliante a quella di tale organo, hanno invece proprietà espettoranti, astringenti, diuretiche e vulnerarie (ed insieme con altre 16 piante vulnerarie entrate perciò nella composizione della tisana denominata “tè svizzero”), che hanno favorito l’iscrizione di A. scolopendrium nella Farmacopea francese.Asplenium septentrionale è usato come diuretico e depurativo e contro certe affezioni della pelle in Alto Adige e nel Tirolo; Asplenium ruta-muraria, molto usato nel passato contro la caduta dei capelli, in alcune regioni europee viene ancora oggi dato da mangiare agli animali per guarirli da determinate malattie.Il rizoma di Osmunda regalis è astringente, purgativo, diuretico e vulnerario; le foglie fresche hanno invece proprietà toniche ed antireumatiche ed in alcune regioni ove la pianta è più abbondante è perciò invalsa la consuetudine di imbottirne i materassi per curare i bambini rachitici e gli affetti da reumatismi (allo stesso fine sono state usate anche le fronde essiccate di D. filix-mas).Dioscoride, Plinio e altri autori greci e romani attribuivano a Botrychium lunaria virtù terapeutiche quasi miracolose e più recentemente, anche secondo le indicazioni del Mattioli, sarebbe stato utilizzato il succo fresco delle sue foglie per trattare ferite e piaghe dei tessuti: è difficile capire quanto ci sia di vero in queste vecchie credenze e d’altronde la sostanziale rarità della specie, unitamente alle piccole dimensioni della pianta, difficilmente potrebbe permettere, almeno nel nostro Paese, un approfondimento del problema. Le foglie dell’esotico Botrychium ternatum vengono invece comunemente mangiate in alcune regioni del Giappone e della Cina, dove sarebbero anzi particolarmente apprezzate per la morbidezza e per il sapore.Varie altre Pteridofite sono o sono state oggetto di consumo alimentare in aree geografiche più o meno localizzate. Tra esse si annoverano i getti giovanili di Pteridium aquilinum (soprattutto nel Giappone e in Brasile) e di Matteuccia struthiopteris, nonché i rizomi di P. aquilinum (presso alcune tribù amerindie del Nord-Ovest, i Guanci delle Canarie e i Maori della Nuova Zelanda) e di Osmunda regalis (per preparare surrogati del pane).Le foglie di Blechnum spicant sono usate in California come succedaneo del tè.I rizomi di Polypodium (noto come “felce dolce” o “liquirizia falsa” o “liquirizia dei boschi”), dotati di attività colagoga e leggermente lassativa oltreché, come già ricordato, vermifuga, possono essere impiegati come dolce o come condimento per il loro gradevole sapore, grossomodo simile, appunto, a quello della liquirizia. Da raccogliersi preferibilmente nel periodo primaverile o estivo, devono essere privati delle abbondanti squame e successivamente consumati freschi od essiccati; in quest’ultimo caso diventano però meno dolci ed anzi, masticandoli a lungo, amarognoli. Sono stati inoltre usati, previa polverizzazione, come aromatizzanti del tabacco.Un certo numero di specie del genere Equisetum sono entrate nell’alimentazione di diverse popolazioni: ad esempio alcune tribù indiane del Messico mangiano le parti basali di E. arvense e alcune tribù indiane del Minnesota le parti sotterranee tuberose di E. pratense.I fusti fertili di E. arvense vengono ancora oggi consumati anche nel nostro Paese (e possono certo esserlo

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tranquillamente, considerata la diffusione e l’abbondanza di questa pianta) previa asportazione della spiga terminale e delle guaine: possono essere preparati lessati, fritti o saltati al burro.Negli animali erbivori (e particolarmente nei bovini) i fusti sterili di vari equiseti (E. hyemale in particolare, ma anche E. sylvaticum ed E. arvense) possono invece determinare, per il loro elevato contenuto in silice, lesioni intestinali e potenziali infezioni secondarie; in altri casi (E. palustre, E. arvense) possono essere causa, data la presenza di alcaloidi velenosi denominati equisetina e palustrina, di intossicazioni che rallentano lo sviluppo dei vitelli e riducono la produzione del latte delle vaccine. Presso gli allevamenti di bestiame la crescita degli equiseti viene pertanto ostacolata con una buona rullatura primaverile e una successiva abbondante concimazione, favorente lo sviluppo delle altre erbe; può riuscire utile anche far precedere il pascolo delle oche (che li ricercano e li consumano senza inconvenienti) a quello dei bovini.In campo domestico ed industriale la stessa presenza di alte percentuali di silice ha permesso di utilizzare molti equiseti per pulire gli articoli da bagno e i pavimenti in legno e per lucidare oggetti in metallo, legno, avorio e alabastro.Una rilevante tossicità per gli erbivori è anche propria di Pteridium aquilinum: essa si manifesta con sintomi da carenza di tiamina (soprattutto nei suini e negli equini) o da diminuzione dell’attività linfocitopoietica e piastrinopoietica del midollo osseo (nei bovini).Alcune evidenze suggeriscono inoltre che P. aquilinum potrebbe essere una causa di alcuni tipi di leucemie e di tumori dello stomaco e dell’esofago anche nell’uomo: i vari usi pratici anche nostrani di P. aquilinum (per involgervi frutta, funghi, ricotta e formaggi, come lettiera per gli animali, come fertilizzante e come combustibile) dovrebbero pertanto essere limitati e mantenuti solo con le necessarie cautele e quando effettivamente necessari. La tossina cancerogena (ptaquiloside) è molto solubile in acqua e dove la pianta forma grandi popolamenti è in grado di contaminare la falda acquifera oltre che il latte delle vacche al pascolo; si tratta di un problema serio in Gran Bretagna, Svezia e Danimarca. E’ per contro singolare osservare come dall’esotico Polypodium leucotomas siano invece estraibili particolari sostanze con presunte attività antitumorali.Altri usi che attualmente possono apparire curiosi sono quelli che sono stati fatti dei rizomi di Pteridium aquilinum e di Osmunda regalis, rispettivamente per lavare la biancheria e per inamidarla (nel primo caso previa riduzione in farina e grazie alla ricchezza in potassa, nei secondo caso, in qualche regione della Germania, mediante utilizzazione dell’acqua di bollitura); da O. regalis i giapponesi ricavano altresì una fibra utilizzata soprattutto nella preparazione di impermeabili. Le Pteridofite destano grande interesse anche come piante ornamentali.In tal senso possono suddividersi in due gruppi, l’uno costituito da piante rustiche provenienti dai Paesi freddi, indicate soprattutto per i luoghi freschi e ombrosi dei giardini; l’altro comprendente le piante dei Paesi tropicali, da coltivarsi in serra temperata o calda, molto umida e poco luminosa. Nel primo gruppo rientrano o sono rientrate anche specie nostrane dei generi Osmunda, Adiantum, Polypodium, Pteridium, Asplenium, Athyrium, Cystopteris, Gymnocarpium, Matteuccia, Dryopteris, Polystichum, Blechnum.Il fogliame reciso di A. capillus-veneris, di Polypodium, di P. aquilinum e di Dryopteris è stato altresì impiegato per composizioni floreali e per l’imbottitura di corone.

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I rizomi di Polypodium venivano legati attorno ad armature per costituire le cosiddette “scimmiette portafortuna”, che erano vendute a Bologna per le feste di fine anno; successivamente i rizomi vegetavano e le scimmiette si ricoprivano di foglie. Marsilea quadrifolia, Salvinia natans ed Azolla filiculoides vengono coltivate per la decorazione di acquari e di specchi d’acqua all’aperto; la crescita di A. filiculoides viene in taluni posti favorita sino alla copertura di tutta la superficie dell’acqua degli stagni, in quanto risulterebbe così di ostacolo per la respirazione delle larve delle zanzare limitando la proliferazione di questi fastidiosi insetti.Le radici di Osmunda regalis e di Polypodium sp. costituiscono infine ottime “terre di felce” per particolari coltivazioni quali quelle di orchidee epifite tropicali e di Anthurium.

3. Le schedeLe schede che seguono trattano ognuna un’entità di livello specifico o sottospecifico.

L’intestazione è costituita dal nome dell’entità, dalla famiglia di appartenenza secondo il quadro sistematico di riferimento, dal nome italiano. Nel volume in formato digitale, il nome è messo in collegamento con il corrispondente nel repertorio Euro+Med Plantbase (http://ww2.bgbm.org/EuroPlusMed/).

In alcuni casi vengono fornite altre denominazioni (sinonimi) meno aggiornate ma che possono risultare più familiari, ad esempio perché sono quelle utilizzati nella Flora d’Italia di Pignatti (1982).

E’ opportuno premettere alcune note sulle modalità di realizzazione delle carte di distribuzione, realizzate secondo il metodo messo a punto dal progetto Cartografia floristica dell’Europa centrale (Ehrendorfer & Hamann, 1965).Le carte di distribuzione sono state redatte secondo metodologie ampiamente utilizzate in Europa e anche in sede regionale negli Atlanti di distribuzione delle piante protette (Alessandrini & Bonafede, 1996) e delle Felci e piante affini (Bonafede & al., 2001). In base a questo metodo, il territorio viene diviso in moduli geografici basati sul taglio delle cartografie nazionali uniformate al sistema di riferimento ED50, coordinate planimetriche UTM fuso 32. Base di questo taglio è la carta in scala 1:50000 i cui fogli, a partire da Greenwich (base della longitudine) e dall’Equatore (origine della latitudine), coprono una ampiezza geografica di 20’ di latitudine ✕ 12’ di longitudine. I sottomultipli si ottengono per successivi dimezzamenti dei lati; si hanno così i tagli al 25000, ciascuno corrispondente a 10’ lat ✕ 6’ long e al 10000, di 5’ lat ✕ 3’ long. In termini di cartografia floristica, ciascun modulo al 25000 corrisponde a una “area di base” e quello al 10000 costituisce il “quadrante”. Il territorio risulta diviso in una matrice, in cui ciascuna riga e colonna vengono individuate da un numero, crescente da est verso ovest e da nord verso sud. Ogni modulo (area di base) viene quindi indicato dalla coppia di cifre corrispondenti al numero della riga e della colonna; nel caso dell’Emilia-Romagna le righe vanno, partendo

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da Nord, da 08 a 222 e le colonne, partendo da Ovest, da 21 a 42; quindi l’area di base più a NW è individuata con “0821”, quella più a SE con 2242” a queste segue una ulteriore cifra, da 1 a 4, che indica il quadrante, contato a partire da NW (quadrante 1) fino a SE (quadrante 4).Il territorio regionale è diviso in 710 quadranti, interi o parziali (talvolta per porzioni territoriali limitatissime). Ciascun quadrante corrisponde a un elemento in scala 1:10000 della Carta Tecnica Regionale della Regione Emilia-Romagna ed è la base per il rilevamento del territorio. In altri termini, il territorio viene esplorato tenendo come base i quadranti; per ciascuno di questi viene via via registrato l’elenco delle specie rilevate. In questo modo è possibile, per ogni specie, redigere una “carta della distribuzione”, consistente nell’insieme dei quadranti in cui la specie è stata rilevata; la presenza viene indicata con un segno grafico convenzionale, che può rappresentare diverse modalità di presenza. Poiché questo progetto ha per obiettivo quello di confrontare le conoscenze registrate nell’Atlante pubblicato nel 2001 (Bonafede & al., cit.), verificando la presenza delle specie e mettendo in evidenza le conferme, le mancate conferme e i casi di scomparsa, nei diversi quadranti compaiono segni convenzionali che rappresentano queste quattro condizioni:

presenza antica, nota solo come campione d’erbario o dato bibliografico, non confermata dagli autori o da altri

presenza rilevata dagli autori (principalmente in Bonafede & al., 2001) o da altre fonti originali e recenti

presenza nota da fonti d’erbario o bibliografiche e confermata dagli autori

scomparsa: non più rinvenuta nelle località note in precedenza

Grazie a questa modalità di rappresentazione è possibile percepire a colpo d’occhio: • la tipologia di presenza della specie (es. solo in alta montagna, in pianura, solo nella parte orientale o in

quella occidentale)• la frequenza o la rarità (da specie molto diffuse fino a quelle presenti in un solo quadrante)• la frammentazione della presenza

2 In realtà i numeri completi sarebbero rispettivamente “108” e “122”, ma per brevità la prima cifra viene omessa.

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Nelle carte di distribuzione italiana per regioni la legenda dei colori è la seguente:

I dati sono stati archiviati in un database dal quale posso essere estratti per specie qualora si desideri rappresentare la distribuzione di una determinata specie. I dati possono essere aggregati anche per gruppi omogenei, ad esempio specie che condividono la stessa corologia. La rappresentazione della distribuzione è stata realizzata da Maria Luisa Garberi del Servizio Statistica e Informazione geografica della Regione Emilia-Romagna, utilizzando il software “ArcGis”. Possono poi essere rappresentate classi di numerosità, in modo da rendere evidenti ad es. i quadranti più ricchi sia per numero di specie che per gruppi omogenei di specie, ad es. quelle ad areale mediterraneo. Per meglio percepire la collocazione della presenza in Emilia-Romagna rispetto all’Italia, in ogni scheda viene fornita anche la carta della distribuzione nell’area italiana. La provenienza dei dati è quella dei repertori nazionali, così come sintetizzati in Marchetti (2004) e nel forum Actaplantarum.org. Aggiornamenti derivano da Anzalone & al. (2010) per il Lazio, Bovio (2014) per la Val d’Aosta e da Bernardo & al. (2011) per la Calabria. I dati per la Corsica sono stati desunti da Jeanmonod & Gamisans (2007) e da Tyson & de Foucault (2014), mentre la presenza di Azolla filiculoides in Corsica risulta nel sito del Conservatoire Botanique de Corse in http://cbnc.oec.fr/.

Adiantum capillus-venerisAllosorus persicusAnogramma leptophyllaAsplenium adiantum-nigrumAsplenium adulterinumAsplenium ceterachAsplenium cuneifoliumAsplenium fontanumAsplenium onopterisAsplenium ruta-murariaAsplenium sagittatumAsplenium scolopendriumAsplenium septentrionaleAsplenium trichomanesAsplenium virideAthyrium distentifoliumAthyrium filix-feminaAzolla filiculoidesBlechnum spicantBotrychium lunariaBotrychium matricariifoliumBotrychium multifidumCryptogramma crispaCyrtomium falcatumCystopteris alpinaCystopteris dickieanaCystopteris fragilisCystopteris montanaDiphasiastrum alpinumDiphasiastrum tristachyumDryopteris borreriDryopteris cambrensisDryopteris carthusianaDryopteris dilatata

Dryopteris expansaDryopteris filix-masDryopteris oreadesEquisetum arvenseEquisetum fluviatileEquisetum hyemaleEquisetum palustreEquisetum ramosissimumEquisetum sylvaticumEquisetum telmateiaGymnocarpium dryopterisGymnocarpium robertianumHuperzia selagoLycopodium annotinumLycopodium clavatumMarsilea quadrifoliaMatteuccia struthiopterisOphioglossum vulgatumOsmunda regalisParagymnopteris marantaePhegopteris connectilisPolypodium cambricumPolypodium interjectumPolypodium vulgarePolystichum aculeatumPolystichum lonchitisPolystichum setiferumPteridium aquilinumSalvinia natansSelaginella selaginoidesThelypteris limbospermaThelypteris palustrisWoodsia alpina

schede delle felci PresenTi in emilia-romagna

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Adiantum capillus-veneris L. (Pteridaceae) – Capelvenere

Corologia: Pantropicale

Distribuzione in regione: frequente in Romagna diventa più rara e sporadica a ovest della valle del Reno

Habitat: l’habitat primario è costituito da rocce stillicidiose prefe ribilmente calcaree; specie caratteristica degli Adiantetea, formazioni vegetali annoverate tra gli habitat di interesse comunitario (cod. 8231); la Formazione marnoso-arenacea in Romagna e il Con trafforte Pliocenico nel Bolognese sem brano offrire le morfologie più favorevoli alla specie; si può trovare all’imboccatura di caverne e in ghiottitoi se umidi per la maggior parte dell’anno; colonizza anche fontane e pozzi che costituiscono habitat seconda rio di grande importanza. La pianta è presente dal livello del mare sino a 750 m.

Conservazione: nella pianura regionale, la specie è fortemente minacciata dalla chiusura dei pozzi che rappresentano l’unico habitat di crescita a Nord della Via Emilia. Le stazioni scomparse sono elencate alla fine del capitolo.

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Allosorus persicus (Bory) Cristenh. (Pteridaceae) – Felcetta persiana (= Cheilanthes persica (Bory) Kuhn) Corologia: Mediterraneo-Turaniana.

Distribuzione in regione: Vena del Gesso romagnola, tra M. Mauro e M. della Volpe. Si tratta delle sole località accertate per l’Italia. Recentemente è stata realizzata una carta di dettaglio della distribuzione della pianta.

Habitat: rupi e, più raramente, muri in gesso, preferibilmente nelle esposizioni settentrionali. Nelle esposizioni calde si trova in corrispondenza di trasudazioni d’acqua; tra 158 e 481 m.

Conservazione: è specie di grande importanza conservazionistica e biogeografica in quanto la popolazione romagnola è l’unica in Italia. L’espansione del bosco potrebbe essere un potenziale fattore di minaccia in alcuni casi. Di qui l’importanza di un attento monitoraggio e la necessità di valutare la creazione e il mantenimento di piccole discontinuità nella copertura forestale in corrispondenza degli affioramenti gessosi in cui si trova la pianta. I risultati del monitoraggio sono riassunti alla fine del capitolo.

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Corologia: Cosmopolita-Subtropicale

Distribuzione in regione: attualmente nota soltanto per una località in Provincia di Bologna nel quadrante 1733-2. Habitat: nell’unica stazione nota la pianta cresce su Arenarie di Loiano, formazione geologica che dà origine a suoli acidi o molto acidi; si trova a 390 m, su una costa rocciosa-erbosa piuttosto umida e ombreggiata dove sono presenti numerose altre Pteridofite (frequente Asplenium trichomanes s.l.) e piante di suoli acidi e caldi come per esempio Erica arborea L. Conservazione: la stazione si trova in Val di Setta (Monzuno, BO) in un’area privata, vicino a un’abitazione il cui proprietario è molto sensibile alla conservazione della natura e, al momento, la pianta non corre pericoli di danneggiamenti né diretti, né dell’habitat di crescita. Nota: la specie, nuova per l’Emilia-Romagna, è stata segnalata da A. Fanti e cresce sul terreno di sua proprietà da 6 anni; compare in primavera (Aprile-Maggio) con pochi esemplari (3-4) di ridotte dimensioni (pochi centimetri), spesso fertili. La zona è soggetta a battute al cinghiale e i cacciatori provengono spesso dalla vicina Toscana dove la pianta è relativamente frequente; è possibile che A. leptophylla sia pervenuta di recente proprio dalla Toscana con queste modalità favorita dall’aumento delle temperature medie anche nel periodo primaverile, cruciale per lo sviluppo di questa specie termofila. Il rinvenimento, per quanto di notevole interesse per la flora regionale, non sorprende in quanto la presenza di questa piccola felce era già nota in Italia anche più a Nord.

Anogramma leptophylla (L.) Link (Pteridaceae) – Felcetta annuale

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Asplenium adiantum-nigrum L. (Aspleniaceae) - Adianto nero

Corologia: Subcosmopolita

Distribuzione in regione: frequente nella fascia collinare e montana di tutta la parte emiliana; più raro in Romagna; sporadico in pianura in pozzi e muri umidi.

Habitat: rocce, boschi (su ceppaie e anche sul terreno), muri, dal livello del mare sino a 1600 m.

Conservazione: la specie, in pianura, è minacciata dalla chiusura dei pozzi, come altre pteridofite dell’ordine Polypodiales. L’elenco delle stazioni scomparse si trova alla fine del capitolo.

Note: in Italia è accertata solo la sottospecie nominale. Sulla forma speciale delle serpentine di A. adiantum-nigrum si rimanda a quanto esposto in Marchetti (2004).

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Asplenium adulterinum Milde subsp. adulterinum (Aspleniaceae) – Tricomane ibrido

Corologia: Artico-Alpina (Euro-Americana)

Distribuzione in regione: rarissima, accertata di recente in due soli quadranti, nelle province di Parma e di Piacenza al confine con la provincia di Parma.

Habitat: detriti consolidati e fessure di rupi ultrabasiche, da 1300 m a 1700 m.

Conservazione: la specie, anche se rarissima, non sembra al momento minacciata se non, potenzialmente, dalla raccolta di campioni per collezionismo botanico.

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Asplenium ceterach L. (Aspleniaceae) – Cedracca comune (= Ceterach officinarum Willd.)

Corologia: Euro-Asiatica Temperata Distribuzione in regione: relativamente frequente nella fascia collinare di tutte le province e molto rara solo in pianura. Nel Ferrarese è stata rinvenuta solo di recente. Habitat: rocce e muri su ogni tipo di substrato, compresi quelli ultrabasici. Nella fascia collinare preferisce le esposizioni fresche; oltre i 1000 m si trova solo nei quadranti meridionali. Si concentra nella fascia tra il livello del mare e 900 m. Pochissime stazioni sono situate a quote superiori, fino a 1300 m. Conservazione: al momento la specie è minacciata solo in pianura dalla distruzione diretta delle stazioni (pulizia dei muri, chiusura dei pozzi ecc.). Le località di cui è stata accertata la scomparsa si trovano alla fine del capitolo. Nota: in Italia e in Regione sono presenti due sottospecie: subsp. ceterach, tetraploide, cui si riferisce la cartina di distribuzione e che rappresenta certamente il taxon più diffuso, e subsp. bivalens (D.E. Mey.) Greuter & Burdet, diploide, che sembra assai più rara. La distinzione fra le sottospecie si basa sulla taglia delle spore, che nel tetraploide sono di circa il 20% più grandi. Sulla presenza della subsp. bivalens, vedi in “Note di sistematica”.

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Asplenium cuneifolium Viv. (Aspleniaceae) – Asplenio del serpentino

Corologia: Orofila Centro- e Sudeuropea

Distribuzione in regione: relativamente frequente nel settore occidentale della regione (Piacentino, Parmense). Una sola stazione isolata nel Modenese accertata alla fine degli anni ’90 (Sasso del Corvo, nel quadrante 1729-3). Completamente assente nelle province orientali.

Habitat: fessure rupestri, detriti, muretti a secco, su rocce ultrabasiche.

Conservazione: in generale non minacciata, se non localmente dall’attività estrattiva.

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Asplenium fontanum (L.) Bernh. (Aspleniaceae) – Felce delle fonti

Corologia: Eurimediterraneo-Montana

Distribuzione in regione: rarissima; accertata di recente solo in Val Boreca (PC).

Habitat: rocce, preferibilmente calcaree, più o meno umide, talora stillicidiose, da 500 a 800 m.

Conservazione: potrebbe essere minacciata dalla scomparsa di sorgenti e stillicidi per l’inaridimento del clima. La stazione di M. Groppo (RE), nel quadrante 1627-2, non esiste più almeno dal 1996.

Note: è una delle pteridofite più interessanti e rare del territorio regionale e perciò meritevole di tutela specifica.

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Asplenium onopteris L. (Aspleniaceae) – Asplenio maggiore

Corologia: Stenomediterraneo-Macaronesica

Distribuzione in regione: abbastanza rara e più frequente a est della valle del Reno (BO). Negli ultimi 10 anni sono state scoperte numerose nuove stazioni nel Parmense (v. anche Adorni, 2009), dove non era nota.

Habitat: boschi termofili, muri, rocce, dal livello del mare fino a 900 m.

Conservazione: la specie è probabilmente minacciata dall’inaridimento del clima. I risultati dei monitoraggi sono analizzati alla fine del capitolo.

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Asplenium ruta-muraria L. (Aspleniaceae) – Ruta di muro

Corologia: Circumboreale-Temperata

Distribuzione in regione: relativamente frequente nella fascia collinare e montana del settore emiliano e rara in Romagna, dove risulta presente quasi esclusivamente in prossimità del crinale appenninico. Molto rara in pianura.

Habitat: rocce, preferibilmente calcaree, muri, pozzi. In pianura si rinviene esclusivamente in pozzi e su muri umidi di cimiteri. La pianta è presente dal livello del mare fino a 2000 m.

Conservazione: sembra soffrire l’inaridimento del clima, soprattutto nelle stazioni di pianura e di bassa collina. I risultati dei monitoraggi sono alla fine del capitolo.

Nota: in Emilia-Romagna è stata accertata solo la sottospecie nominale, ma non si può escludere la presenza della subsp. dolomiticum Lovis & Reichst.

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Asplenium sagittatum (DC.) Bange (Aspleniaceae) – Scolopendrio meridionale (= Phyllitis sagittata (DC.) Guinea & Heywood)

Corologia: StenomediterraneaDistribuzione in regione: la pianta cresceva nella “Grotta di Re Tiberio” (Borgo Rivola, RA).I dati della località sono i seguenti: 44° 14.355’ Lat. Nord; 11° 39.956 Long. Est; quota 158 m. Habitat: imboccatura di grotta, su rupi gessose e umide.

Conservazione: la specie è estinta in Emilia-Romagna. Le cause della scomparsa nell’unica stazione di crescita (Grotta di Re Tiberio, Casola Valsenio, RA, quadrante 1736-1) sono: raccolta sconsiderata di campioni per collezionismo botanico e profonda alterazione del luogo di crescita a causa dell’attività estrattiva. Con la collaborazione del Parco Regionale della Vena del Gesso romagnola, delle Università di Pavia e della Tuscia e del WWF è stato reintrodotto in alcune località non lontane dalla Grotta di Re Tiberio. Note: in Regione le documentazioni più recenti sono quelle di Pietro Zangheri (1959) per la grotta sopra citata, situata nel versante occidentale di M. della Volpe, profondamente alterato dall’attività estrattiva. L’antica presenza della pianta è certa, come attestano numerosi campioni d’erbario. L’immagine riproduce il campione conservato nell’Erbario dell’Orto botanico dell’Università di Bologna, raccolto da Tassinari alla “Tana di Re Tiberio” nel 1842 e pubblicato in Bertoloni (1858).

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Asplenium scolopendrium L. (Aspleniaceae) – Lingua cervina (= Phyllitis scolopendrium (L.) Newman) Corologia: Circumboreale temperata

Distribuzione in regione: anche se localizzata, è abbastanza diffusa in tutta la parte orientale della regione, mentre nel Piacentino e Parmense è piuttosto rara. Le popolazioni più abbondanti e vitali si trovano nella parte romagnola del Parco nazionale delle Foreste casentinesi (FC). Attualmente risulta presente in 100 quadranti (81 nel 2000). Le stazioni sono distribuite in pianura, in collina e nella bassa montagna. Habitat: terreno con abbondante humus, in boschi umidi ed ombrosi (castagneti, faggete, boschi misti), soprattutto sul fondo di forre e più raramente su rocce e muretti a secco. In pianura è presente in pozzi e chiuse idrauliche; tra il livello del mare e 1300 m. Conservazione: sull’Appennino la specie non sembra minacciata se non potenzialmente dai cambiamenti climatici. In pianura, la specie è minacciata dal tombamento dei pozzi o dalla chiusura dell’imboccatura e dalla distruzione o pulizia di muri umidi. Nelle stazioni di bassa quota, la minaccia è costituita dall’inaridimento del clima. Le stazioni scomparse sono analiticamente indicate alla fine del capitolo.

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Asplenium septentrionale (L.) Hoffm. (Aspleniaceae) – Felcetta sassatile

Corologia: Circumboreale

Distribuzione in regione: relativamente frequente nella fascia montana e soprattutto suprasilvatica del crinale appenninico, dal Corno alle Scale (BO) al M. Nero (PR-PC). Manca completamente a est della Valle del Reno. Nella fascia collinare è limitato quasi esclusivamente agli affioramenti ofiolitici.

Habitat: rocce arenacee e ofiolitiche, in condizioni luminose, ma in contesto freddo; da 300 a 2000 m.

Conservazione: la specie non sembra minacciata se non potenzialmente dai cambiamenti climatici.

Nota: in Italia è presente solo la sottospecie nominale.

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Asplenium trichomanes L. (Aspleniaceae) – Tricomane, Falso capelvenere Corologia: Cosmopolita

Distribuzione in Emilia-Romagna: diffusissima dalla base delle colline fino alle quote più elevate. Più rara in pianura.

Habitat: rocce, detriti consolidati, pendii terrosi compatti, base di ceppaie, muri a secco e cementati.

Fattori di minaccia: grazie al monitoraggio piuttosto ampio, soprattutto per la Provincia di Bologna, è risultato che 20 stazioni urbane o comunque di pianura in 11 quadranti sono scomparse o per alterazione della stazione di crescita (chiusura dei pozzi, pulizia dei muri, riparazione di grondaie) oppure, più di frequente, per motivi non evidenti e presumibilmente legati all’inaridimento del clima. L’elenco delle stazioni scomparse è alla fine del capitolo.

Nota: sono state descritte diverse sottospecie distribuite su tre livelli di ploidia (diploide, tetraploide ed esaploide). Lo stato delle conoscenze è riassunto nel paragrafo “Note di sistematica”.

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Asplenium viride Huds. (Aspleniaceae) – Tricomane verde

Corologia: Circumboreale

Distribuzione in regione: nel complesso rara e localizzata soprattutto in prossimità del settore più freddo del crinale appenninico. Recentemente rinvenute 4 nuove e interessanti stazioni nell’alto Forlivese.

Habitat: fessure rocciose con esposizione prevalentemente nord e nord-est; tra 1400 e 2000 m, con maggiore frequenza oltre i 1650 m. Molto raramente nella fascia della faggeta.

Conservazione: al momento la specie non sembra minacciata; non sono note stazioni scomparse.

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Athyrium distentifolium Tausch ex Opiz (Aspleniaceae) – Felce alpestre Corologia: Circumboreale

Distribuzione in regione: la presenza è limitata al settore del crinale appenninico che va dal Bolognese al Lago Santo Parmense; 3 stazioni disgiunte si trovano nel Piacentino: sopra Ferriere nel quadrante 1322-2, sul M. Megna (1323-3) e presso Lagazzo di Cassimoreno (1323-4).

Habitat: campi di pietre a clasti medio-grossi stabilizzati (circhi glaciali), interessati da innevamento prolungato. Più raramente in faggeta. La grande maggioranza delle stazioni si trova tra 1500 e 2000 m. Rarissimamente scende al di sotto della fascia della faggeta.

Conservazione: al Corno alle Scale è stata notata una riduzione nel numero di individui delle popolazioni e una sofferenza notevole delle piante nel periodo estivo. I cambiamenti climatici in atto potrebbero essere un fattore di minaccia nel prossimo futuro. Al momento non è stata rilevata alcuna scomparsa di stazioni di crescita.

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Athyrium filix-femina (L.) Roth (Aspleniaceae) – Felce femmina

Corologia: Subcosmopolita Distribuzione in regione: molto frequente nella fascia montana e oltre il limite degli alberi. Più sporadica nella fascia collinare dove si localizza in corrispondenza di boschi molto freschi, soprattutto nelle forre e lungo i ruscelli. Habitat: cresce sul terreno (soprattutto faggete e loro margini), in ogni tipo di substrato, nei campi di pietre (macereti) a clasti medio-grandi stabilizzati, soprattutto oltre il limite degli alberi. Si trova su rocce e muri umidi nelle pochissime stazioni di pianura, purtroppo in via di scomparsa. Dal livello del mare fino a 1900 m. Conservazione: le due stazioni individuate a Modena (F. Bonafede, aprile 1996) nel quadrante 1331-2 (Muro umido ai giardini pubblici e lungo la ferrovia, 500 m a SE della stazione di Modena) sono state fortemente alterate o distrutte e la specie è scomparsa. Al momento non sono note presenze a nord della Via Emilia.

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Azolla filiculoides Lam. (Salviniaceae) – Azolla maggiore

Corologia: Neotropicale. Distribuzione in regione: originaria dell’America tropicale e temperata, è stata introdotta in Europa nel XIX secolo. È presente solo nella fascia di pianura in tutte le province, tranne che nel Parmense e nel Forlivese. Habitat: idrofita eliofila, si trova in fossi e canali con acque a lento corso o ferme, con contenuto di nutrienti molto variabile. Conservazione: la specie ha ridotto la sua diffusione in regione. Molte stazioni infatti non sono state confermate negli ultimi 10 anni; non è tuttavia possibile indicarle con precisione in quanto la presenza della pianta può essere discontinua, scomparendo per anni da un sito per poi ricomparire con popolazioni irregolari e instabili. Di certo è in fase critica come tutte le pleustofite. La causa di questo generale e macroscopico declino sembra sia soprattutto la presenza di animali alloctoni come la nutria e il gambero rosso della Louisiana, che se ne cibano in grande quantità e che con le loro attività e movimenti modificano le condizioni degli ambienti acquatici. Anche il generale peggioramento della qualità delle acque di pianura è causa di questo grave impoverimento.

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Blechnum spicant (L.) Roth (Aspleniaceae) – Lonchite minore

Corologia: Euroamericana - Anfiatlantica

Distribuzione in regione: in Regione è presente nella fascia montana e suprasilvatica di tutte le province, con esclusione di Piacenza, Ravenna e Rimini, mentre è rarissima nella fascia collinare. Molto interessante la presenza ai Boschi di Carrega nella pianura alta parmense, 1227-3, dove è stata scoperta (Adorni, 2008) solo di recente.

Habitat: nemorale; tipicamente in boschi di faggio, spesso in conche riparate dal vento e con elevata umidità atmosferica; di rado in vaccinieti e presso ruscelli in alta quota; tra 1100 e 1800 m. In pochissime stazioni, nel Parmense e nel Modenese, nella fascia collinare.

Conservazione: potrebbe essere minacciata dai cambiamenti climatici e in particolare dalla diminuzione delle piogge e dall’irregolarità delle stesse. Al Passo dei Fangacci, nell’Appennino forlivese (quadrante 2136-1), era presente con certezza sino al 1994. In seguito è scomparsa (sopralluoghi di F. Bonafede nel 1997 e 1998), tuttavia in località e quadranti vicini la pianta è ancora presente.

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Botrychium lunaria (L.) Sw. (Ophioglossaceae) – Botrichio lunaria

Corologia: Orofita Subcosmopolita

Distribuzione in regione: abbastanza raro e poco visibile, anche perché ha un periodo vegetativo piuttosto breve. Presente nei settori più elevati e freddi del crinale appenninico. Nell’alto Appennino forlivese sono state accertate di recente molte nuove stazioni.

Habitat: praterie d’altitudine (primarie e secondarie). Raramente in vaccinieti e radure delle faggete. Tra 1200 e 1900 m.

Conservazione: la specie potrebbe essere minacciata dai cambiamenti climatici e in particolare dalla riduzione del periodo di innevamento. Al Corno alle Scale, il 18 giugno 2013, è stata ritrovata sotto il M. Cupolino, a quota 1700 m, molti anni dopo che vi era stata rilevata. Lo stesso si è verificato anche in altre zone dell’Appennino (Modenese, Reggiano). Da notare che il 2013, quasi un’eccezione negli ultimi dieci anni, è stato un anno estremamente nevoso, con accumuli di neve di oltre 3 m nel cuore dell’inverno.

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Botrychium matricariifolium (A. Braun ex Döll) W.D.J. Koch (Ophioglossaceae) – Botrichio ramoso

Corologia: Artico-Alpino

Distribuzione in regione: rarissima. Nota in una sola località ubicata nell’Appennino Modenese (quadrante 1830-4). È stata trovata per la prima volta da F. Fiandri nel 1995 e confermata negli anni successivi.

Habitat: radura in ceduo di faggio.

Conservazione: si tratta di una specie di grande interesse conservazionistico, inclusa nella Convenzione di Berna. Al momento non sono stati rilevati fattori di minaccia se non, potenzialmente, la raccolta per collezionismo botanico. La pianta può comparire ad anni alterni: per esempio, nel 1998 non risultava visibile, mentre lo era nel 1999. Del resto questo è un comportamento proprio di altre geofite rizomatose nemorali.

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Botrychium multifidum (S.G. Gmel.) Rupr. (Ophioglossaceae) – Botrichio multifido

Corologia: Circumboreale

Distribuzione in regione: nota una sola stazione di crescita, nel Modenese (quadrante 1830-1), scoperta da L. Salsi nel 2002, nello stesso quadrante cui si riferisce un’antica segnalazione bibliografica per il M. Maiore (Ferrarini et al., 1986).

Habitat: praterie d’altitudine. La località sopra indicata si trova a 1650 m.

Conservazione: la specie, rarissima e di grande importanza conservazionistica e biogeografia, è citata nella convenzione di Berna. Non sono noti, per ora, specifici fattori di minaccia. La popolazione del Modenese è stata confermata recentemente.

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Cryptogramma crispa (L.) R. Br. ex Hook. (Pteridaceae) – Felcetta crespa

Corologia: Artico-Alpina (Eurasiatica)

Distribuzione in regione: presente esclusivamente nella parte più elevata e fredda del crinale appenninico, dal Piacentino al Bolognese. Quasi tutte le stazioni citate in bibliografia, anche quelle molto datate, sono state confermate.

Habitat: è caratteristica della vegetazione dei macereti (campi di pietre) a clasti medi e grandi, stabilizzati, in genere oltre il limite degli alberi, in zone a innevamento prolungato. Si rinviene tipicamente su arenaria tendenzialmente acida, più di rado su rocce ofiolitiche ultrabasiche, da 1400 a 2000 m.

Conservazione: per ciò che è stato possibile osservare, i cambiamenti climatici in atto non hanno messo in crisi, al momento, questa specie. Periodi di prolungato calore e mancanza di pioggia, anche se ovviamente indeboliscono la pianta, non causano danni irreparabili anche grazie al particolare ambiente di crescita che permette alle piante di rimanere in parte protetta dall’irraggiamento solare diretto; il suolo che si forma tra i massi inoltre rimane umido a lungo.

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Cyrtomium falcatum (L. fil.) C. Presl (Polypodiaceae) – Felce falcata

Corologia: Asia orientale (Giappone, Cina, Vietnam)

Distribuzione in regione: accertata solo in tempi relativamente recenti (Bonafede et al., 1993); sono poi state individuate altre stazioni di crescita; al momento è nota in poche località delle province di Bologna (presente anche a poca distanza dal confine con la provincia di Modena), Ferrara e Forlì (al confine con la provincia di Ravenna). Molto recentemente è stata scoperta una nuova stazione a Bologna lungo il canale Navile in Via della Beverara 123 (quadrante 1434-3).

Habitat: muri umidi, tombini e pozzi, rive di corsi d’acqua.

Conservazione: la specie, essendo alloctona, non ha grande interesse conservazionistico e nel complesso sembra in lenta e locale espansione; peraltro non mostra comportamento invasivo in competizione con altri organismi. Come altre Polypodiales, è potenzialmente minacciata dall’alterazione o distruzione delle stazioni (muri e soprattutto pozzi che vengono ovunque chiusi o coperti, impedendo l’ingresso della luce). È stata accertata la scomparsa nel centro di Bologna (pozzo presso la Chiesa di S. Francesco, nel quadrante 1534-1), tuttavia rimane la presenza in alcune stazioni vicine, situate nello stesso quadrante.

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Cystopteris alpina (Lam.) Desv. (Aspleniaceae) – Felcetta regia

Corologia: Artico-Alpina (Europea) Distribuzione in regione: rarissima, è stata un tempo accertata nella zona del Corno alle Scale (BO), al Lago Scaffaiolo (MO) e, molto recentemente, nell’Appennino Piacentino. Nel 2013 è stata rinvenuta nel versante settentrionale del Corno alle Scale (BO), nello stesso quadrante in cui era già nota (1830-4). Habitat: fascia suprasilvatica, alla base di blocchi rocciosi umidi e ombrosi, soprattutto in corrispondenza di canaloni e anfratti rocciosi esposti a nord, dove si accumula e permane a lungo la neve. Anche in macereti stabilizzati, sempre in condizioni umide e fredde; tra i 1600 e 1750 m.

Conservazione: nel settembre del 2013 le colonie visitate nella zona del Corno alle Scale erano vitali e più o meno nelle stesse condizioni di una decina di anni fa. Trattandosi di specie microterma e rarissima, potrebbe essere minacciata dai cambiamenti climatici. È necessario effettuare monitoraggi nelle stazioni di presenza. Nota: non sono stati riportati i dati bibliografici antichi in quanto questa entità è stata spesso confusa con Cystopteris fragilis. Diversi exsiccata conservati nell’Erbario dell’Orto Botanico di Bologna, e indicati sotto questo binomio, sono risultati riferibili alla ben più diffusa C. fragilis. Tra i dati bibliografici sono stati cartografati soltanto quelli che si riferiscono a stazioni di cui Fiori (1943) ha visto direttamente i campioni.

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Cystopteris dickieana R. Sim (Aspleniaceae) – Felcetta di Dickie

Corologia: Subcosmopolita.

Distribuzione in regione: la presenza non è certa; esiste infatti una segnalazione per l’Alpe di San Pellegrino, nell’Appennino Lucchese-Modenese (quadrante 1828-2, in Nardi, 1974), ma non è chiaro se essa riguardi il versante emiliano o quello toscano. In base alle immagini delle spore, la determinazione è corretta; tuttavia è sorprendente che, malgrado i ripetuti sopralluoghi nella località, non sia stato possibile confermarne la presenza.

Habitat: fessure di massi, pareti e muri in luoghi umidi e ombrosi. Mai stata osservata nel territorio regionale.

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Cystopteris fragilis (L.) Bernh. (Aspleniaceae) – Felcetta fragile

Corologia: Cosmopolita.

Distribuzione in regione: abbastanza diffusa in Emilia, soprattutto nella fascia montana. Molto più rara in Romagna, dove si localizza in prossimità del crinale appenninico, soprattutto nell’alto Appennino forlivese. Per il Ravennate era segnalata in letteratura, ma non c’è conferma della presenza attuale. In pianura è rarissima. Habitat: boschi freschi e umidi, sul terreno, sul muschio e su ceppaie; rocce, in ogni tipo di substrato; più raramente muri umidi, da 100 a 2000 m. Conservazione: la stazioni di bassa quota (al disotto di 800 m) sono potenzialmente minacciate dall’inaridimento del clima soprattutto nel periodo estivo. Le piante in queste situazioni disseccano completamente la parte aerea nel periodo estivo, per poi tornare a vegetare parzialmente all’arrivo delle piogge. Tuttavia, negli anni, è stata osservata anche una riduzione di queste popolazioni e uno stato di sofferenza più o meno accentuato. Le stazioni di pianura sono minacciate anche dall’alterazione o distruzione di habitat secondari (muri, pozzi).

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Cystopteris montana (Lam. ) Desv. (Aspleniaceae) – Felce cicutaria

Corologia: Circumboreale Distribuzione in regione: pianta nota per il “Vertice del Corno alle Scale”, in base a segnalazioni di fine ottocento (Fiori, 1943), e per il Poggio delle Ignude (Gibelli e Pirotta, 1882). Le stazioni non erano più state confermate negli ultimi 50 anni; tuttavia, nell’agosto del 1998, R. Todeschini ha ritrovato la pianta in un ripido canalone nella parete settentrionale del Corno alle Scale (quadrante 1830-4). Le stazioni emiliane rivestono notevolissima importanza conservazionistica e biogeografica, essendo tra le più meridionali in Italia. Habitat: rocce di arenaria compatta (“macigno”) a quote elevate, in canaloni con esposizione a nord e soggetti a innevamento particolarmente prolungato. La pianta è stata individuata a una quota prossima ai 1880 m. Conservazione: minacciata quasi certamente dai cambiamenti climatici avvenuti in particolare negli ultimi 10 anni, quando si sono succedute estati eccezionalmente calde e aride (2003, 2007, 2012), anche in alta quota, nonché inverni con innevamento scarso o comunque fortemente irregolare. Nel 2012 e nel 2013 sono stati effettuati diversi sopralluoghi per confermare il rinvenimento del 1998, anche in zone vicine con caratteristiche adatte. Purtroppo la specie non è stata più ritrovata e va considerata localmente estinta.

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Diphasiastrum alpinum (L.) Holub (Lycopodiaceae) – Licopodio alpino (= Diphasium alpinum (L.) Rothm.)

Corologia: Circumboreale

Distribuzione in regione: molto rara; la presenza è limitata a un ristretto settore del crinale appenninico tra Bolognese e Reggiano. La segnalazione per il M. Cella (Alessandrini e Branchetti, 1997) non è stata confermata negli ultimi 10 anni.

Habitat: brughiere a mirtillo, su suolo acido o acidificato, quasi sempre oltre il limite degli alberi, da 1600 a 1900 m.

Conservazione: D. alpinum è una specie che ha nell’Appennino Tosco-Emiliano il limite meridionale di distribuzione in Italia. Alcune stazioni di cresctia non sono state confermate. È molto probabile che il cambiamento delle condizioni climatiche sia la causa della situazione osservata. Aggiornamenti derivanti da monitoraggi sono forniti alla fine del capitolo.

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Diphasiastrum tristachyum (Pursh) Holub (Lycopodiaceae) – Licopodio cipressino (= Diphasium tristachyum (Pursh) Rothm.)

Corologia: Circumboreale

Distribuzione in regione: molto raro, localizzato in pochissime stazioni nel Parmense e Modenese.

Habitat: boschi radi di castagno, betulla e pioppo tremulo, con sottobosco a mirtillo e brugo, su suolo povero e molto acido, preferibilmente sabbioso.

Conservazione: specie molto interessante che trova probabilmente sull’Appennino Tosco-Emiliano il limite meridionale di distribuzione in Italia, essendo molto dubbie le citazioni per l’Abruzzo. La specie, rarissima e al limite di areale, potrebbe essere minacciata dal cambiamento delle condizioni climatiche; al momento non sono stati svolti monitoraggi specifici su singole stazioni.

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Dryopteris borreri (Newman) Newman ex Oberh. & Tavel (Polypodiaceae) – Felce di Borrer

Corologia: Eurimediterraneo-Subatlantica.

Distribuzione in regione: ben descritta solo in tempi relativamente recenti. Attualmente nota in 28 quadranti (erano 19 nel 2000); si trova nelle fasce collinare e montana in tutte le province, con esclusione di Ravenna e Rimini.

Habitat: boschi, soprattutto in ambienti riparati e con elevata umidità atmosferica, su terreni preferibilmente acidi (esempio: arenarie di Loiano, dove la pianta sembra trovare condizioni ideali).

Conservazione: nella Valle del Savena (BO, quadranti 1633-4 e 1733-2), dove erano presenti popolazioni particolarmente consistenti, è stata rilevata una sensibile diminuzione nel numero di individui sebbene la stazione non sia stata distrutta; la località è oggetto di attività estrattiva che costituisce una seria minaccia per l’intero habitat e quindi per la specie, avendo causato la distruzione di boschi e vallecole umide. Al momento tuttavia non sono state rilevate scomparse dai quadranti di presenza.

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Dryopteris cambrensis (Fraser-Jenk.) Beitel et W.R. Buck subsp. insubrica (Oberh. et Tavel ex Fraser-Jenk.) Fraser-Jenk. (Polypodiaceae) – Felce dell’Insubria Corologia: Europea Distribuzione in regione: taxon ben descritto e circoscritto solo in tempi relativamente recenti. Rispetto al 2000, sono state scoperte alcune nuove stazioni nel Parmense. Presente generalmente nella fascia montana e suprasilvatica, in tutte le province, con esclusione di Ravenna e Rimini. Molto localizzata nella fascia collinare. In pianura era stata accertata una sola stazione nel Modenese. Habitat: macereti a clasti medi stabilizzati nella fascia suprasilvatica, preferibilmente in substrati acidi. Meno di frequente in brughiere a mirtillo e boschi freschi (es. castagneti e faggete). A quote inferiori, è localizzata lungo corsi d’acqua, in vallecole umide esposte a nord. Tra 1000 e 1900 m; meno del 20% delle segnalazioni si riferisce a località situate al disotto dei 1000 m. Conservazione: nelle stazioni situate al di fuori delle condizioni ottimali, la pianta potrebbe essere minacciata dai cambiamenti climatici in atto. In pianura è scomparsa; era stata rinvenuta nel 1996 a Modena nel complesso delle ex-fonderie, oggi demolite.

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Dryopteris carthusiana (Vill.) H.P. Fuchs (Polypodiaceae) – Felce certosina

Corologia: Circumboreale

Distribuzione in regione: accertata solo in tempi recenti, dapprima nel Modenese (1997) nei comuni di Sestola e Fanano (quadranti 1730-4 e 1830-1), poi nel Reggiano (1999) in una zona umida presso M. Venere (quadrante 1428-4) e infine nel Parmense ai Boschi di Carrega (Adorni, 2009: quadrante 1227-3). Al momento risulta rarissima.

Habitat: boschi umidi e ombrosi, soprattutto alla base di ceppaie e rimboschimenti maturi di conifere.

Conservazione: non sono noti fattori di minaccia, né stazioni scomparse negli ultimi 10 anni.

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Dryopteris dilatata (Hoffm.) A. Gray (Polypodiaceae) – Felce dilatata Corologia: Europeo-Caucasica

Distribuzione in regione: accertata nelle fasce montana e suprasilvatica di tutte le province con esclusione di Ravenna e Rimini; localizzata e con popolamenti esigui al di sotto degli 800 m. Risulta presente in 69 quadranti (57 nel 2000).

Habitat: boschi freschi montani (faggete, castagneti e anche alneti a ontano nero e ontano bianco); raramente in macereti oltre il limite degli alberi. Osservata anche in radure di boschi di aghifoglie, soprattutto alla base di ceppaie. Presente da 400 a 1700 m.

Conservazione: non risultano fattori di minaccia, né sono stati svolti monitoraggi sulle stazioni note prima del 2000.

Nota: non sono state riportate citazioni bibliografiche precedenti il 2000, in quanto spesso errate o poco attendibili; questa specie è infatti stata confusa con entità affini e in particolare con D. expansa.

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Dryopteris expansa (C. Presl) Fraser-Jenk. et Jermy (Polypodiaceae) – Felce espansa

Corologia: Circumboreale

Distribuzione in regione: presente quasi esclusivamente nelle immediate vicinanze del crinale appenninico di tutte le province. Attualmente risulta presente in 37 quadranti (32 nel 2000).

Habitat: boschi di faggio ad alto fusto e allo scoperto, generalmente oltre il limite degli alberi, dove colonizza macereti a clasti medio-grossi stabilizzati. Tra i 1300 e 1900 m.

Conservazione: non risultano fattori di minaccia evidenti, ma non sono stati svolti monitoraggi specifici sulle stazioni note prima del 2000.

Note: talvolta, su semplice base morfologica, non è facile la distinzione con D. dilatata.

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Dryopteris filix-mas (L.) Schott (Polypodiaceae) – Felce maschio

Corologia:Subcosmopolita

Distribuzione in regione: molto diffusa, con esclusione della pianura, dove risulta molto localizzata in stazioni antropiche puntiformi. Piuttosto rara solo nel Ravennate. Accertata in 236 quadranti (218 nel 2000). Habitat: è specie di grande ampiezza ecologica: boschi di diverse tipologie, rocce, macereti, muri, pozzi; dal livello del mare a 2000 m. Anche coltivata in giardini.

Conservazione: pur essendo molto diffusa, risulta evidente una situazione critica nelle stazioni di pianura e, in alcuni casi, anche di collina, dove spesso si presenta sofferente alla fine dell’estate. In seguito a monitoraggi specifici, è possibile affermare che la specie è scomparsa almeno in 13 stazioni controllate. L’elenco della località scomparse si trova alla fine del capitolo.Va rimarcato che la distruzione diretta delle stazioni di pianura (muri, pozzi) è un fattore di minaccia notevolissimo; per evitarne la scomparsa, sarebbe sufficiente mettere una grata ai pozzi invece di tombarli con coperture del tutto chiuse. I pozzi costituiscono infatti attualmente uno dei pochi se non l’unico habitat di crescita di questa pianta nella fascia planiziale.

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Dryopteris oreades Fomin (Polypodiaceae) – Felce maschio minore

Corologia:Eurimediterraneo-Subatlantica

Distribuzione in regione: presente a ridosso del crinale appenninico dal Corno alle Scale (BO) al Monte Losanna (PR), quasi sempre oltre il limite degli alberi. Le ricerche degli ultimi 10 anni hanno consentito di trovare diverse popolazioni non note; è stata rinvenuta in 11 quadranti (erano 4 nel 2000). Notevoli le nuove stazioni scoperte nel Bolognese (Corno alle Scale, M. Gennaio), che ampliano verso sud-est l’areale della specie in regione; M. Gennaio (quadrante 1831-3) costituisce il limite orientale di distribuzione in Regione. Habitat: generalmente oltre il limite degli alberi o in radure all’estremità superiore della faggeta, dove colonizza conoidi alla base di pareti rocciose a clasti medio-grossi stabilizzati; meno di frequente nelle brughiere a mirtillo; tra 1600 e 1900 m. Conservazione: non risultano fattori di minaccia, né sono stati svolti monitoraggi specifici. Il particolare interesse conservazionistico e biogeografico della specie giustificherebbe comunque il monitoraggio almeno di alcuni siti.

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Equisetum arvense L. (Equisetaceae) – Equiseto dei campi

Corologia: Circumboreale.

Distribuzione in regione: comunissimo; presente in tutte le province e in tutte le fasce altitudinali. Rinvenuto in 371 quadranti.

Habitat: colonizza ambienti diversissimi, sia antropogeni sia a più o meno elevata naturalità. In pianura è diffusissimo lungo canali e fossi, ma anche nei campi coltivati soggetti a ristagno di umidità, dove si avvantaggia nella competizione con altre piante, poiché è meno sensibile al diserbo chimico. Si trova anche in zone umide in buono stato di conservazione come paludi, torbiere e sorgenti. Dal livello del mare a 1700 m.

Conservazione: specie non minacciata; anzi attualmente in espansione.

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Equisetum fluviatile L. (Equisetaceae) – Equiseto acquatico

Corologia: Circumboreale.

Distribuzione in regione: raro, con 16 quadranti di presenza (9 nel 2000). Si trova solo nelle province occidentali (dal Modenese verso ovest).

Habitat: nettamente igrofilo, sopporta oltre mezzo metro di sommersione per la maggior parte dell’anno. Si rinviene in zone umide (laghi e paludi) in discreto stato di conservazione, situate tra i 1000 e 1400 m.

Conservazione: l’alterazione delle zone umide (eutrofizzazione, tombamento, drenaggio) costituisce un serio fattore di minaccia. Non sono stati svolti monitoraggi specifici sulle stazioni note prima del 2000, ma è stata notata speditivamente la diminuzione di una popolazione (Modenese).

Nota: molto probabilmente errate le antiche segnalazioni bibliografiche per la bassa collina forlivese e per la pianura reggiana e quindi non sono state cartografate. È stato accertato che nell’Erbario di Bologna sotto questo binomio erano registrati diversi campioni appartenenti, invece, ad Equisetum telmateia ed E. ramosissimum.

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Equisetum hyemale L. (Equisetaceae) – Equiseto invernale

Corologia: Circumboreale.

Distribuzione in regione: molto raro e localizzato, generalmente in prossimità del crinale, è accertato in 9 quadranti; manca nelle province di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini.

Habitat: pratelli umidi, al margine di corsi d’acqua in condizioni di mezzombra in faggeta, tra 1300 e 1400 m; raramente a quote di poco inferiori.

Conservazione: non risultano fattori di minaccia, se non la distruzione delle stazioni di crescita. Non sono stati svolti monitoraggi specifici.

Nota: nel corso dell’esame del materiale conservato negli erbari è stato rilevato che non di rado campioni attribuiti a Equisetum hyemale sono invece da riferire a E. ×moorei Newman o E. ramosissimum. Dati bibliografici antecedenti il 2000 non sono stati riportati in quanto inattendibili e difficilmente cartografabili con sufficiente precisione; in ogni caso si riferiscono quasi tutti ad aree di pianura (Ferrarese) o costiere (Ravennate), nelle quali la presenza di questa specie, anche nel passato, era molto improbabile.

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Equisetum palustre L. (Equisetaceae) – Equiseto palustre

Corologia: Circumboreale.

Distribuzione in regione: rilevato in 82 quadranti (nel 2000 erano 63), distribuiti in gran parte delle province. Confermata solo di recente nel Ravennate; rarissima nel Forlivese; manca nel Ferrarese. Decisamente raro in tutta la pianura, dove numerose segnalazioni bibliografiche non sono confermate, soprattutto in Romagna (Ravenna, Forlì).

Habitat: prati umidi e risorgive, in situazioni luminose. Presente in tutte le fasce altitudinali e in ogni tipo di substrato. A differenza di altri equiseti molto diffusi in regione (E. telmateia, E. arvense ed E. ramosissimum), Equisetum palustre sembra legato maggiormente ad ambienti naturali con acque di buona qualità. Osservata dal livello del mare sino a 1800 m.

Conservazione: non risultano fattori di minaccia, se non l’alterazione di zone umide. Non sono state rilevate scomparse di stazioni rilevate direttamente in passato.

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Equisetum ramosissimum Desf. (Equisetaceae) – Equiseto ramoso

Corologia: Paleotemperata

Distribuzione in regione: diffusissimo, presente in tutte le province e in tutte le fasce altitudinali. Rilevato in 384 quadranti (nel 2000 erano 354).

Habitat: specie con grande ampiezza ecologica. Colonizza greti fluviali, zone umide, dune sabbiose (tollera anche un debole grado di salinità), margini stradali, massicciate ferroviarie (qui è frequentissima), giardini, campi coltivati, fossi, marciapiedi, cave di sabbia. La stragrande maggioranza delle stazioni si trova dal livello del mare sino a 900-1000 m; solo eccezionalmente più in alto.

Conservazione: non minacciata, anzi, in espansione (vedi le considerazioni per Equisetum telmateia).

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Equisetum sylvaticum L. (Equisetaceae) – Equiseto dei boschi

Corologia: Circumboreale

Distribuzione in regione: rarissima; un solo quadrante di presenza noto, nel Modenese (1830-2); una segnalazione per il Piacentino (Corti & al., 2009) è risultata errata.

Habitat: prati umidi, anche semi-sommersa, sia in pieno sole che in mezzombra, intorno ai 1400 m.

Conservazione: riveste un notevole interesse conservazionistico e biogeografico, in quanto in regione raggiunge il limite meridionale (fortemente disgiunto) di distribuzione in Italia. Al momento non risultano fattori di minaccia; fino al 2002 la pianta, anche se sostanzialmente stabile, era presente con popolazioni lievemente variabili di anno in anno. Le microstazioni di crescita meriterebbero un monitoraggio attento e regolare.

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Equisetum telmateia Ehrh. (Equisetaceae) – Equiseto maggiore Corologia:Eurimediterraneo-Macaronesica

Distribuzione in regione: è la pteridofita più comune nella nostra regione, con 487 quadranti di presenza! La pianta si trova preferibilmente nella fascia di pianura (dove è concentrata la maggior parte delle osservazioni) e di collina; più sporadica nella fascia montana inferiore. Presente in tutte le province, con popolazioni spesso abbondanti. Habitat: si trova sia nei boschi (soprattutto nelle schiarite) sia allo scoperto. Colonizza zone umide, anche temporanee, bordi di fossi e canali, margini stradali, scarpate, giardini, campi coltivati soggetti a ristagno di umidità. Presente da livello del mare (dove è più frequente) sino a 1000 m di altitudine. Conservazione: non minacciata, anzi, probabilmente in espansione. Possiede rizomi profondi, che corrono paralleli al terreno, in grado di cercare l’umidità in profondità e di provvedere ad un’efficace e rapida riproduzione vegetativa, quando le condizioni ambientali sono anche temporaneamente favorevoli. L’epidermide ricca di silice la difende efficacemente dalla radiazione solare intensa. La riproduzione gamica, con l’emissione dei fusti fertili, avviene all’inizio della primavera, evitando in questo modo il periodo più caldo e arido dell’estate. Adattamenti simili li troviamo anche in Equisetum arvense e, parzialmente, anche in Equisetum ramosissimum, specie molto diffuse e spesso in espansione.

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Gymnocarpium dryopteris (L.) Newman (Aspleniaceae) – Felce delle querce

Corologia: Circumboreale

Distribuzione in regione: quasi esclusivamente nei pressi del crinale appenninico di tutte le province. Attualmente risulta presente in 42 quadranti (34 nel 2000). Nel Parmense sono state individuate diverse nuove stazioni.

Habitat: boschi di faggio ad alto fusto ma anche allo scoperto, dove colonizza macereti a clasti medio-grossi, stabilizzati, oltre il limite degli alberi; esige substrati acidi (arenaria). Le stazioni note si collocano tra 1300 e 1900 m.

Conservazione: al momento non è nota la scomparsa di stazioni. La specie ha fronde delicate, sottili, senza rivestimenti cerosi e coriacei, che la rendono particolarmente sensibile all’irraggiamento solare soprattutto se unito ad aridità del suolo e dell’aria, condizioni che sembrano verificarsi con frequenza crescente anche in alta quota.

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Gymnocarpium robertianum (Hoffm.) Newman (Aspleniaceae) – Felce del calcare

Corologia: Circumboreale

Distribuzione in regione: decisamente rara e localizzata, presente in soli 13 quadranti; i dati di presenza sono aumentati negli ultimi 10 anni (nel 2000 risultava in soli 7 quadranti). Presente in quasi tutte le province, con distribuzione assai frammentata.

Habitat: rocce preferibilmente calcaree e, molto più raramente, muri cementati, sia in ambiente forestale sia allo scoperto, in macereti a clasti medi stabilizzati, a quote comprese tra 500 e 1700 m. Eccezionalmente è stata osservata quasi a livello del mare.

Conservazione: non minacciata nelle stazioni collinari e montane, lo è invece per possibile distruzione diretta delle stazioni insediate su manufatti (ristrutturazione, pulizia o abbattimento di muri). In particolare risulta non più presente in pianura; l’elenco delle località scomparse si trova alla fine del capitolo.

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Huperzia selago (L.) Bernh. ex Schrank et Mart. (Lycopodiaceae) – Licopodio abietino Corologia: Circumboreale Distribuzione in regione: presente quasi esclusivamente nelle immediate vicinanze del crinale appenninico di tutte le province; manca nel Ravennate e Riminese. È presente in 32 quadranti (27 nel 2000). Molto interessanti le nuove stazioni scoperte recentemente in Romagna (Appennino forlivese). Habitat: generalmente oltre il limite degli alberi, su rocce ombrose, spesso umide e a prolungato innevamento, soprattutto su cenge rocciose e canaloni. Più raramente al margine dei vaccinieti (scarpate lungo i sentieri) e in boschi di faggio (alla base dei fusti, tra il muschio). Tra 1200 e 2100 m. Conservazione: le Lycopodiaceae sono complessivamente in contrazione in tutta Europa, anche se il grado di minaccia è diverso a seconda della specie e dell’area geografica. La situazione di H. selago non è al momento preoccupante in regione dove la pianta non è rarissima, anche se con popolazioni spesso di scarsa o scarsissima entità. La stazione disgiunta rinvenuta nel quadrante 1833-2 (Alpe di Monghidoro, BO, 1250 m) probabilmente non esiste più; era costituita da un paio di individui che crescevano alla base di un grosso faggio, ma nonostante ripetuti sopralluoghi non è stato possibile confermare la presenza. Nota: in Italia è presente solo la sottospecie nominale.

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Lycopodium annotinum L. (Lycopodiaceae) – Licopodio gineprino

Corologia: Circumboreale

Distribuzione in regione: rarissimo, con soli 7 quadranti di presenza in regione; la presenza è limitata soprattutto a un ristretto settore del crinale appenninico, dal Bolognese al Parmense, dove è stato confermato di recente; rinvenuto negli ultimi anni anche nell’alto Appennino forlivese.

Habitat: vaccinieti, a volte sul bordo di grossi massi; raramente in radure di faggeta, preferibilmente su suolo acido o acidificato, tra 1400 e 1800 m.

Conservazione: la specie è probabilmente minacciata dai cambiamenti climatici. Negli ultimi 10-12 anni, sono state registrate solo pochissime segnalazioni. La situazione al Corno alle Scale, dove sono state svolte ricerche specifiche nei vaccinieti, non è cambiata rispetto a quella rilevata 20 anni fa.

Nota: in Italia è presente solo la sottospecie nominale.

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Lycopodium clavatum L. (Lycopodiaceae) – Licopodio clavato

Corologia: Subcosmopolita.

Distribuzione in regione: presente in 15 quadranti localizzati in prossimità del crinale appenninico, dal Parmense al Bolognese. Rarissima, in una stazione puntiforme, nell’alto Appennino forlivese.

Habitat: vaccinieti e nardeti oltre il limite degli alberi, preferibilmente su substrati acidi. Raramente in schiarite dei boschi di faggio. Le stazioni di crescita sono situate, nel 90% dei casi, tra 1500 e 1800 m.

Conservazione: ben 12 stazioni, registrate in letteratura e riferentisi per lo più alla fine dell’‘800 o all’inizio del ‘900, non sono confermate. Con esclusione del Parmense e di una sola località nel Bolognese (Corno alle Scale), non sono stati rilevati dati di campagna posteriori al 2002. Nella zona del Corno alle Scale (BO), (novembre 2013) è stato confermato, ma in colonia ridotta, mentre era stato osservato come abbondante all’inizio degli anni ‘90 (quadrante 1831-3). La specie, soprattutto in alta quota, è minacciata probabilmente a causa del cambiamento delle condizioni climatiche.

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Marsilea quadrifolia L. (Marsileaceae) – Quadrifoglio d’acqua

Corologia: Eurasiatica Distribuzione in regione: negli ultimi 15-20 anni è stata osservata in pianura nelle province di Ferrara, Modena, Reggio Emilia e Parma, in un totale di 16 quadranti. Mai confermata per il Piacentino. Habitat: idrofita radicante, legata ad acque a lento corso (fossi, canali). Un tempo comunissima nelle risaie, dove creava addirittura problemi per il diserbo. Non sembra particolarmente esigente per la qualità delle acque, che possono anche essere moderatamente eutrofiche. Conservazione: in seguito a ripetuti e approfonditi controlli, soprattutto sulle stazioni scoperte negli anni passati (fino al 2000), la situazione attuale si presenta come segue: Piacentino, non confermata; Reggiano, Modenese e Bolognese, scomparsa in tempi recentissimi (da 5-15 anni); Parmense, ancora presente nei quadranti 1027-2 (San Nazzaro di Sissa), 1027-4 (Oasi di Torrile), 1028-4 (Parma Morta) e 1127-2 (Canale di Lorno). In alcune di queste località è stata reintrodotta nell’ambito di un progetto LIFE (2007 e anni seguenti). Marsilea rischia la totale scomparsa dal territorio regionale a causa soprattutto della recente diffusione di animali alloctoni (nutria e gambero rosso della Louisiana), che se ne alimentano e che modificano le condizioni degli ambienti acquatici.

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Matteuccia struthiopteris (L.) Tod. (Aspleniaceae) – Felce penna di struzzo

Corologia: Circumboreale.

Distribuzione in regione: rarissima, dove è stata rinvenuta in due stazioni adiacenti presso un torrente nella Foresta della Lama (Appennino forlivese).

Habitat: suolo ricco di sostanza organica, pianeggiante e spesso intriso d’acqua, in foresta, intorno agli 800 m.

Conservazione: al momento non sono noti particolari fattori di minaccia.

Nota: specie molto interessante e di grande bellezza. La sua presenza nell’alto Appennino forlivese potrebbe essere interpretata o come relitto o da colonizzazione in tempi recenti, pervenuta con materiale forestale per rimboschimenti.

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Ophioglossum vulgatum L. (Ophioglossaceae) – Lingua di serpe

Corologia: Circumboreale-Temperata

Distribuzione in regione: fascia collinare e montana di tutte le province, escluse quelle di Piacenza, Ravenna e Rimini. Attualmente accertata in 18 quadranti (8 nel 2000), con notevole aumento dei dati. Particolarmente interessanti le nuove stazioni scoperte nell’alto Appennino forlivese e nel Parmense.

Habitat: prati umidi allo scoperto o anche in radure, nelle schiarite dei boschi. È stata osservata anche nel fitto di popolazioni di Pteridium aquilinum soggette a temporaneo scorrimento d’acqua superficiale. Le stazioni osservate sono collocate tra 700 e 1300 m.

Conservazione: un tempo accertata anche in pianura e nella parte bassa della fascia collinare, ma da qui scomparsa. Alcune stazioni del Bolognese rinvenute negli anni ’90 non sono state confermate. Nonostante le scoperte recenti di diverse nuove località, O. vulgatum è da ritenere minacciato. Sarebbero opportune ricerche specifiche sulla biologia della pianta, anche effettuando il monitoraggio di alcune stazioni per raccogliere informazioni utili per la conservazione della specie.

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Osmunda regalis L. (Osmundaceae) – Felce regale, Felce florida Corologia: Subcosmopolita Distribuzione in regione: specie rarissima, con un solo quadrante di presenza in regione (1733-2) nella fascia collinare della provincia di Bologna. Anticamente segnalata anche in bassure umide delle pinete lungo la costa ravennate. Habitat: impluvi soggetti a scorrimento d’acqua in castagneti su suolo sabbioso e molto acido (Arenarie di Loiano); tra 377 e 655 m. Conservazione: in base a un accurato monitoraggio (i cui risultati sono forniti alla fine del capitolo) è possibile valutare che la pianta non corre pericoli immediati, anche se il ridotto numero di individui e l’isolamento delle due piccole stazioni rendono incerta la sopravvivenza a lungo termine. Note: la scoperta della stazione in sinistra idrografica del Savena (Monzuno, BO) è avvenuta nel 1986; nel 1997 nell’Erbario dell’Orto botanico di Bologna è stato esaminato un campione raccolto nel 1872 proveniente dai “Sabbioni di Loiano” nell’Appennino bolognese. Nel 2011, su indicazione di U. Fusini, la specie venne confermata nei pressi della stessa località; si tratta quasi certamente dello stesso luogo nel quale era stata raccolta 139 anni prima.

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Paragymnopteris marantae (L.) K.H. Shing (Pteridaceae) – Felce lanosa (= Cheilanthes m. (L.) Domin; Notholaena m. (L.) Desv. ) Corologia: Paleosubtropicale Distribuzione in regione: presente e abbastanza diffusa nelle province di Piacenza e Parma, dove recentemente sono state scoperte diverse nuove stazioni. Molto rara in provincia di Modena (in soli due quadranti: 1530-2 e 1530-3); rinvenuta di recente nel Reggiano (2004, in Branchetti & al., 2006) nel quadrante 1628-2. Mai confermata un’antica indicazione per il M. Granaglione (BO) nel quadrante 1831-4, nonostante i ripetuti sopralluoghi. Habitat: in Emilia-Romagna è stata rinvenuta quasi esclusivamente su substrati ultrabasici (serpentino), dove cresce tra le fenditure della roccia e su ghiaioni a clasti piccoli anche mobili, generalmente in situazioni piuttosto aride. Altrove la pianta è nota anche per altre ofioliti (gabbro, basalto) e per rocce acide (granito, diaspro, arenaria). Le stazioni di crescita sono situate tra 400 e 1100 m, eccezionalmente a quote di poco superiori. Conservazione: non minacciata, se non potenzialmente dall’attività estrattiva. È considerata relitto della flora terziaria e meriterebbe di essere tutelata a livello regionale.

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Phegopteris connectilis (Michx.) Watt (Aspleniaceae) – Felce dei faggi(= Thelypteris phegopteris (L.) Sloss.; Ph. polypodioides Fée)

Corologia: Circumboreale

Distribuzione in regione: presente quasi esclusivamente presso il crinale appenninico di tutte le province; rarissima nel Piacentino, dove risulta localizzata in stazioni prossime alla provincia di Parma. Attualmente è nota in 35 quadranti (31 nel 2000).

Habitat: boschi di faggio d’alto fusto, soprattutto vicino a rocce e scorrimenti d’acqua e, oltre il limite degli alberi, in macereti a clasti medio-grossi stabilizzati. Le stazioni si trovano, nella quasi totalità dei casi, tra 1300 e 1900 m.

Conservazione: non risultano fattori di minaccia né, al momento, è stata rilevata la scomparsa di stazioni note.

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Polypodium cambricum L. (Polypodiaceae) – Polipodio meridionale (= P. australe Fée) Corologia: Eurimediterranea

Distribuzione in regione: complessivamente rara in regione e tende a rarefarsi da est verso ovest; è assente nel Piacentino. Attualmente risulta presente in 33 quadranti (30 nel 2000). Alcune nuove stazioni sono state individuate nel Parmense e nel Riminese (S. Agata Feltria, comune di Pennabilli, 2139-4), in un territorio che solo recentemente è stato trasferito alla Regione Emilia-Romagna.

Habitat: rocce ombrose (preferibilmente calcaree o con cemento calcareo) ma in condizioni di clima non freddo soprattutto nei mesi invernali. Più raramente vive su vecchie ceppaie di castagno e muri umidi. È localizzato tra 200 e 800 m.

Conservazione: non risultano fattori di minaccia, né sono note stazioni scomparse.

Note: in Italia presente con la sola subsp. nominale.

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Polypodium interjectum Shivas (Polypodiaceae) – Polipodio sottile

Corologia: Mediterraneo-Atlantica Distribuzione in regione: ben distribuito nella fascia collinare di tutte le province, ad esclusione del Piacentino, dove risulta raro. Rilevato in 171 quadranti (150 nel 2000). Habitat: l’ambiente di crescita più frequente è costituito dai castagneti, dove si trova alla base di grossi tronchi o ceppaie. Talvolta cresce anche a 1-2 m da terra, comportandosi come epifita. Può vegetare anche direttamente sul terreno o, meglio ancora, su rocce o muri. Le stazioni osservate sono collocate soprattutto fra 300 e 900 m. Meno del 5% si trovano più in basso o appena più in alto. In passato la specie era stata osservata anche in una stazione di pianura (Modena città, quadrante 1331-2). Conservazione: l’abbandono dei castagneti da frutto potrebbe costituire un fattore negativo per la diffusione della specie; va tuttavia rilevato che in alcune zone (ad esempio nel Bolognese) la coltura del castagno è stata ripresa, con nuovi impianti e ripristino di quelli vecchi abbandonati. È stata registrata la scomparsa della pianta nell’unica località nota per la pianura (muro umido lungo i binari, 1.5 Km a Sud-Est della stazione ferroviaria di Modena, quadrante 1331-2). La stazione, che ospitava anche altre pteridofite, è stata completamente distrutta. Note: è stato in passato confuso con P. vulgare e perciò non sono stati riportati diversi dati bibliografici dei quali è impossibile valutare l’attendibilità.

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Polypodium vulgare L. (Polypodiaceae) – Polipodio comune

Corologia: Paleotemperata (Subcosmopolita?) Distribuzione in regione: sulla base dei dati di campagna, la pianta è ben distribuita nella fascia collinare, in quella montana e anche oltre il limite degli alberi, in quasi tutte le province (è sporadica nel Ravennate). In pianura era presente solo una stazione a Modena città (1331-2). Attualmente occupa 182 quadranti (164 nel 2000).

Habitat: generalmente in boschi freschi di tutte le tipologie (castagneti, cerrete, faggete e boschi misti). Spesso su rocce o alla base di ceppaie; più raramente sul terreno o su muri. Le stazioni rilevate si collocano tra 400 e 1900 m. Molto raramente (meno del 5% delle stazioni) è stato osservato al disotto dei 400 m. Conservazione: non risultano fattori di minaccia. Potrebbe risentire dell’inaridimento del clima nelle stazioni al disotto degli 800-900 m di quota.

Note: non sempre agevole la distinzione tra P. vulgare e P. interjectum. I caratteri micromorfologici, come la conformazione degli sporangi, possono dare un aiuto importante.

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Polystichum aculeatum (L.) Roth (Polypodiaceae) – Felce aculeata

Corologia: Eurasiatica

Distribuzione in regione: relativamente diffusa nella fascia collinare e montana delle province di Bologna, Modena, Reggio Emilia e Parma. Molto più localizzata nel Forlivese (dove si trova solo presso il crinale appenninico) e nel Piacentino. Rarissima nel Ravennate (Gessi Faentini). Attualmente occupa 144 quadranti (125 nel 2000).

Habitat: boschi di faggio, soprattutto ad alto fusto, sia su terreno sia su rocce a debole inclinazione; di rado su muri a secco. Nella fascia collinare: forre umide e ombrose. Oltre il limite degli alberi: nei pressi di grossi massi. Le stazioni sono comprese, nel 90 % dei casi, tra 600 e 1700 m. Solo eccezionalmente è stata rinvenuta a quote inferiori o superiori.

Conservazione: non risultano fattori di minaccia, almeno al di sopra degli 800 m, e non sono state rilevate scomparse di stazioni di crescita.

Note: ulteriori informazioni vengono fornite alla fine del capitolo.

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Polystichum lonchitis (L.) Roth (Polypodiaceae) – Lonchite

Corologia: Circumboreale

Distribuzione in regione: presente nella fascia suprasilvatica del crinale appenninico dal Bolognese al Piacentino. La massima diffusione si registra nel Reggiano. Molto rara in Romagna, con pochissime stazioni scoperte di recente nell’alto Appennino forlivese; molto localizzata in provincia di Ravenna (Gessi faentini). Attualmente nota per 35 quadranti (33 nel 2000).

Habitat: specie nettamente microterma, vive oltre il limite degli alberi, in macereti a clasti medio-grandi. Spesso la si trova sul fondo di doline o avvallamenti dove permane a lungo la neve. Più raramente in faggete fredde con massi sparsi; si concentra soprattutto tra i 1600 e i 1900 m. Presenze a quote inferiori sono state rilevate, ad esempio, nella parte romagnola del Parco nazionale delle Foreste casentinesi e nelle stazioni troglofile del Ravennate.

Conservazione: la pianta potrebbe essere minacciata dai cambiamenti climatici nelle stazioni di bassa quota.

Note: ulteriori informazioni sulla situazione nella Vena del Gesso sono fornite alla fine del capitolo.

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Polystichum setiferum (Forssk.) Woyn. (Polypodiaceae) – Felce setifera Corologia: Eurimediterraneo-Subatlantica

Distribuzione in regione: prevalentemente nella fascia collinare e basso-montana, in tutte le province. Nettamente più frequente ad est della Valle del Reno (Bolognese) e piuttosto localizzato nella parte emiliana della regione. Recentemente tuttavia sono state scoperte molte stazioni nuove nel Parmense. Attualmente occupa 66 quadranti (48 nel 2000), con notevole aumento delle conoscenze sulla sua distribuzione.

Habitat: boschi di latifoglie, preferibilmente ad alto fusto, e in corrispondenza di impluvi in contesto caldo-umido, in terreno profondo e ben umificato. Le stazioni di presenza sono distribuite, nel 90% dei casi, tra 200 e 1100 m. Raramente a quote superiori.

Conservazione: non risultano fattori di minaccia, né è stata registrato la scomparsa di stazioni note prima del 2000.

Note: non sempre è facile la distinzione con Polystichum aculeatum (L.) Roth.

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Pteridium aquilinum (L.) Kuhn (Dennstaedtiaceae) – Felce aquilina Corologia: Cosmopolita.

Distribuzione in regione: la pianta è ampiamente distribuita in tutta la fascia collinare e montana inferiore di tutte le province. In pianura è rara. Piuttosto frequente nel delta del Po e localizzata sulla costa ravennate. Attualmente la pianta risulta presente in 308 quadranti (296 nel 2000).

Habitat: boschi radi di latifoglie e anche aghifoglie, siepi, prati abbandonati, sponde stradali, su suoli diversi, con preferenza per quelli acidi; evita solo i terreni troppo acclivi e quelli argillosi. Le stazioni si trovano tra il livello del mare e 1200 m di quota.

Conservazione: non minacciata; anzi, in alcune zone sembra in moderata espansione, soprattutto dove si sono verificati incendi boschivi. Anche le stazioni di pianura che sono state controllate, a distanza di 10-12 anni, continuano ad ospitare la pianta.

Nota: in Italia è presente solo la sottospecie nominale.

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Salvinia natans (L.) All. (Salviniaceae) – Erba pesce

Corologia: Eurasiatica temperata Distribuzione in regione: sulla base dei nostri dati di campagna, raccolti quasi interamente prima del 2000, la pianta risulta presente solo in pianura. Le province di Reggio Emilia, Modena e Ferrara sono quelle di maggior diffusione. I quadranti di presenza sono 51 (49 nel 2000). Habitat: idrofita natante che colonizza acque a lento corso o stagnanti non eccessivamente eutrofiche e preferibilmente limpide, soggette a forte riscaldamento estivo.

Conservazione: dal confronto con i dati di 10-15 anni or sono, si ricava l’impressione che questa idrofita sia in netta diminuzione, anche se non è stato possibile indicare le stazioni non più esistenti; la pianta può infatti scomparire da un sito per poi ripresentarsi pochi anni dopo in un punto vicino.

La presenza nelle diverse località è irregolare e instabile, ma tende a diminuire, come per tutte le pleustofite e, più in generale, le piante legate all’acqua (elofite, idrofite radicanti). La causa di questo declino recente è da mettere in relazione con la presenza di animali alloctoni come la nutria e il gambero rosso della Louisiana, che se ne alimentano e con la loro attività modificano le condizioni degli ambienti acquatici. La situazione era già compromessa in precedenza ma la recente diffusione di animali a forte impatto ha peggiorato lo stato di conservazione di molte piante un tempo comuni.

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Selaginella selaginoides (L.) P. Beauv. ex Schrank et Mart. (Selaginellaceae) – Selaginella alpina

Corologia: Circumboreale.

Distribuzione in regione: nota soltanto per il Cusna nel Reggiano (quadrante 1728-1), sulla base di un campione d’erbario.

Habitat: torbiere, vallette nivali, pascoli umidi, rocce umide e a prolungato innevamento.

Conservazione: non conosciamo il luogo esatto della raccolta, quindi non possiamo valutare le minacce per la specie; il fatto che sia comunque rarissima e abbia caratteristiche microterme, farebbe pensare che sia potenzialmente minacciata da cambiamenti climatici, cosi come abbiamo osservato per altre piante con ecologia simile. Non è escluso che la popolazione, verosimilmente assai esigua, sia del tutto scomparsa.Note: D. Marchetti ha accertato la presenza di un campione di questa specie conservato all’erbario di Siena in una raccolta di G. Sarfatti del 6.8.1963, sul M. Cusna (RE), a quota 2000 m. Diversi sopralluoghi non hanno però mai potuto confermarne la presenza.

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Thelypteris limbosperma (Bellardi ex All.) H.P. Fuchs (Aspleniaceae) – Felce limonina (= Oreopteris limbosperma (All.) Holub)

Corologia: Eurasiatica-temperata

Distribuzione in regione: la specie è molto rara in regione, dove è presente nelle immediate vicinanze del crinale appenninico dal Modenese al Parmense. Nel Bolognese era presente in un solo quadrante (1832-4). Attualmente nota per 7 quadranti (4 nel 2000).

Habitat: fascia montana (faggete) e oltre il limite degli alberi (vaccinieti) soprattutto in corrispondenza di impluvi e attorno a grossi massi.

Conservazione: scomparsa nell’Appennino Bolognese dove era nota solo per la seguente località: castagneto presso il Rifugio Ranuzzi-Segni, Castiglione dei Pepoli (1832-4); qui la presenza è documentata fino al 2006; la causa della scomparsa va probabilmente ricercata nella manomissione del sottobosco.

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Thelypteris palustris Schott (Aspleniaceae) – Felce palustre

Corologia: Subcosmopolita

Distribuzione in regione: la pianta è presente sporadicamente nella fascia montana, collinare e di pianura in tutte le province, con esclusione di quelle di Forli-Cesena e Rimini. È presente anche nella zona costiera.Al momento attuale delle conoscenze, è presente in 12 quadranti.

Habitat: zone umide in buono stato di conservazione: torbiere, prati umidi, canneti, schiarite di boschi allagati, margini di corsi d’acqua con suolo costantemente umido. Le stazioni sono distribuite dal livello del mare sino a 1400 m di quota e per l’80% si trovano in pianura oppure nella zona costiera.

Conservazione: la specie è sicuramente minacciata dall’alterazione delle zone umide. Inoltre le stazioni distribuite sul territorio regionale sono pochissime e isolate sia geograficamente che geneticamente.Note: ulteriori informazioni a fine capitolo.

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Woodsia alpina (Bolton) Gray (Aspleniaceae) – Felcetta alpina

Corologia: Circumboreale

Distribuzione in regione: sulla base dei dati di campagna, raccolti per lo più negli anni ’90, la pianta è rarissima e localizzata in stazioni puntiformi del crinale modenese, reggiano e parmense. Nel Piacentino, la pianta è stata osservata nella zona di Rocca Marsa (1422-2) e al M. Nero (1423-1). La specie è nota in totale per 10 quadranti.

Habitat: fessure di rupi arenacee e basaltiche, anche relativamente asciutte. A volte si rinviene in ripari sottoroccia, dove non arriva la luce diretta del sole. Le stazioni che avevamo individuato a suo tempo si trovano tra 1500 e 1900 m, con maggior frequenza per le quote superiori.

Conservazione: sono note pochissime segnalazioni nei 10 anni più recenti; può essere considerata in diminuzione e minacciata. È auspicabile che vengano svolte ricerche mirate, per migliorare le conoscenze sulla fenologia e per monitorarne le 10 stazioni accertate 15-20 anni fa e di cui ora si hanno poche conferme. Note: ulteriori informazioni vengono fornite a fine capitolo.

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Note sui risultati del monitoraggio

Sono qui riassunti i risultati analitici dei monitoraggi svolti nel corso di diversi anni per controllare lo stato di diverse stazioni di crescita.Adiantum capillus-veneris L. (Pteridaceae) – Capelvenere È stata documentata la scomparsa: in Via Cappellana 8, Castel d’Argile BO (1333-2); nella Fontana antistante la stazione ferroviaria di Parma (1127-4). A Bologna, Via Irnerio 42 dal 2009 nel muro esterno dell’Orto Botanico (1534-1); tuttavia qui la pianta compare o meno a seconda degli anni e degli andamenti stagionali.Allosorus persicus (Bory) Cristenh. (Pteridaceae) – Felcetta persianaNell’aprile del 2013 è stato dato avvio a un monitoraggio sulle 15 microstazioni di crescita nella zona di M. Mauro-M. Incisa e M. della Volpe. Al momento non è stata ritrovata soltanto in 2 microstazioni. Nel complesso, la consistenza della popolazione è simile a quella riscontrata 15-20 anni fa e la situazione può essere definita stabile. Asplenium adiantum-nigrum L. (Aspleniaceae) - Adianto nero È stata rilevata la scomparsa nelle seguenti stazioni: Risorgente del Rio Acqua Fredda, S. Lazzaro di Savena (BO) (1534-1); Muro inclinato del Palazzo Comunale in Bologna (1534-1); Via Savena Vecchia 116, Baricella (BO) (1335-3); Via Larga, Castello e Pozzo di Minerbio (BO) 1334-4; Castello di Dozza Imolese (BO) 1635-2.Asplenium ceterach L. (Aspleniaceae) – Cedracca comuneÈ stata accertata la scomparsa della pianta nelle seguenti località in Bologna: Basilica di S. Petronio e su1 muro di Palazzo d’Accursio nel quadrante 1534-1; Via Irma Bandiera 6, 1533-2. Asplenium onopteris L. (Aspleniaceae) – Asplenio maggioreRisulta scomparsa in 3 località di pianura: Via Massumatico, presso un rudere di casa colonica, S. Pietro in Casale, BO (1234-3); Via delle Volte, Ferrara (1135-4); in un muro umido ai giardini pubblici di Modena (1331-2).Asplenium ruta-muraria L. (Aspleniaceae) – Ruta di muroNel centro storico di Bologna, dove è stato svolto un monitoraggio puntuale, risulta scomparsa in quattro località, tutte situate nel quadrante 1534-1: Basilica di S. Petronio, lato ovest; Via Dè Pignattari; Corte Galluzzi, nei pressi di P.za Galvani, su blocchi di gesso; sul vertice della Torre degli Asinelli. Quindi, al momento, la specie è assente nel centro storico di Bologna. A Modena è scomparsa in Corso Vittorio Emanuele (Accademia di Modena, nel quadrante 1331-4), dove era stata rinvenuta nel 1999. L’antica stazione sulla cupola del Mausoleo di Teodorico (RA) era stata confermata (Bonafede et al., 2001) nell’estate del 1990, quando erano stati rinvenuti due piccoli cespi sul lato settentrionale del monumento. In seguito la pianta è scomparsa, come risulta da un controllo del 2000. Da notare che al Mausoleo di Teodorico la pianta era stata già segnalata nel corso del XIX sec. e pubblicata in Bertoloni (1858). La presenza è stata anche documentata da Del Testa (pubblicato nel 1903) e il campione è

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conservato presso l’Erbario “Brilli-Cattarini” di Pesaro. Asplenium scolopendrium L. (Aspleniaceae) – Lingua cervinaÈ stata registrata la scomparsa nei seguenti quadranti e corrispondenti stazioni: 1331-2: 500 m a sud-est della stazione ferroviaria di Modena (MO); 1333-2: Podere Roverbella, Castel D’Argile, BO; 1534-1: Muretto in Via Garibaldi, presso il tribunale di Bologna; 1234-3: Via Cantone 240, S. Pietro in Casale, BO; V. Massumatico 3197, S. Pietro in Casale, BO; Chiusa Riolo Massumatico, S. Pietro in Casale, BO; V. Massumatico, casa abbandonata, S. Pietro in Casale, BO; Via Bassa Pieve di Cento, BO; V. Roverbella, Castel D’Argile, BO. Asplenium trichomanes L. (Aspleniaceae) – Tricomane, Falso capelvenereÈ stata accertata la scomparsa della pianta nei seguenti quadranti: 0924-1, centro storico di Piacenza in Via S. Giuliano, in un tombino; 1331-2, muro umido nel piazzale della stazione FS di Modena e lungo la ferrovia, 500 m a sud est della stazione FS di Modena; 1331-4, Corso Emanuele, balcone accademia di Modena; 1233-2, Via Riga 98, Crevalcore BO; 1234-1, V. Barchetta 58, Galliera BO; 1234-3, Via Massumatico (rudere di Casa colonica) e Via Ridolfina 1440, San Pietro in Casale BO; 1234-2, Via Scorsuro 2, Chiesanuova di Poggio Renatico FE; 1335-3, Via Savena Vecchia 116, Baricella BO; 1533-2, Ponte FS di Casalecchio di Reno BO, presso la Certosa di Bologna e in Via Orsoni, Bologna centro (BO); 1534-1, Via Irnerio 45 e presso la Montagnola BO, muretto presso il Tribunale in Via Garibaldi BO, muro di un rudere in Viale Lenin BO; 1534-3, tetto nel cortile della ex Maternità in Via D’Azeglio BO; 1334-4, Castello di Bentivoglio BO. Athyrium filix-femina (L.) Roth (Aspleniaceae) La stazione nel quadrante 1331-2 è scomparsa. Si trovava a Modena, 0,5 Km a Sud-Est della Stazione ferroviaria, lungo la ferrovia.Diphasiastrum alpinum (L.) Holub (Lycopodiaceae) – Licopodio alpinoIn seguito a ripetuti sopralluoghi, si può affermare con certezza che la pianta non era più presente nel 2011, 2012 e 2013 nella stazione corrispondente al “Corno alle Scale nel Vallone dello Strofinatoio, a quota 1620 m, nel quadrante 1830-4” dove uno di noi (F. Bonafede) l’aveva osservata per la prima volta nel 2003 e poi fino al 2005; tuttavia la pianta è stata ritrovata in ridottissima colonia da R. Todeschini (1/11/ 2013) su una pista da sci sopra Capanna Tassone (MO) nello stesso quadrante (1830-4), ma in località del tutto diversa. E’ recentissimo il rinvenimento sotto al Corno alle Scale (un solo individuo).Dryopteris filix-mas (L.) Schott (Polypodiaceae) – Felce maschioIn seguito a monitoraggi specifici, è stata rilevata la scomparsa nei seguenti quadranti (tra parentesi le stazioni comprese nel quadrante): 1539-1 (Pineta di S. Vitale, RA) e 1539-4 (Pineta di Porto, RA); 1331-2 (presso la stazione ferroviaria di Modena, MO, e in un muro umido ai giardini della città, dove era stata osservata sino alla fine degli anni ’90); 1331-4 (Chiesa di S. Giovanni Battista, a Modena); 1533-2 (V. Orsoni, centro storico di Bologna);1534-1 (Base della Torre degli Asinelli, a 4 m da terra, Bologna. Qui la pianta era presente sino al 1995, BO), (Basilica di S. Petronio, BO), (Via Irnerio, presso la Montagnola, BO), (presso la risorgente del Rio Acquafredda, Parco Regionale dei Gessi Bolognesi, BO); 1233-1 (Via Provanone 2863, Crevalcore, BO); 1335-3 (V. Savena Vecchia 116, Baricella, BO); 1335-1 (V. Savena Vecchia 120, Baricella, BO); 1234-3 (V. Ridolfina 1440, S. Pietro in Casale, BO)

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Gymnocarpium robertianum (Hoffm.) Newman (Aspleniaceae) – Felce del calcare La stazione nel quadrante 1632-4 (Terrazzo umido presso Vedegheto, Savigno, BO) è scomparsa per ristrutturazione del terrazzo dove cresceva. Era l’unica accertata per il Bolognese. Scomparsa anche quella presso Modena (500 m a sud-est della stazione ferroviaria di Modena, lungo i binari), nel quadrante 1331-2, per distruzione completa dell’area. Si trattava della sola stazione di pianura accertata in regione. Osmunda regalis L. (Osmundaceae) – Felce regale, Felce floridaUn monitoraggio puntuale è stato svolto nel 2009 da R. Todeschini su tutte le microstazioni di crescita sotto la frazione “Tre Fasci” (Monzuno, BO), in sinistra idrografica del T. Savena, contando 39 piante. Nel 2011 le osservazioni sono state ripetute riscontrando una situazione stabile, ancora con 39 piante, di cui 14 sporificate (6 di grandi dimensioni) e 25 sterili.La situazione appare stabile (osservazioni nel 2011, 2012 e 2013) anche nell’altra stazione scoperta nel 2011 in destra idrografica del Savena presso Sabbioni; qui sono stati rilevati circa 30 individui, di cui una decina sporificanti. Polystichum aculeatum (L.) Roth (Polypodiaceae) – Felce aculeataAlcune località dovrebbero essere ricontrollate, come in particolare una stazione di pianura, nel quadrante 1334-1 (muro umido esposto a nord alla base di un vecchio hangar americano con tetto a botte, Argelato, BO), dove tra il 1992 e il 1993 erano state osservate anche altre 5 pteridofite. Polystichum lonchitis (L.) Roth (Polypodiaceae) – LonchiteNell’area dei Gessi romagnoli, l’ultimo individuo noto presso l’abisso Casella (1736-4) sembra completamente disseccato (settembre 2014). Alcuni sopralluoghi alla Risorgente del Rio Cavinale (1736-3) non ne hanno confermato la presenza; la specie va quindi considerata localmente scomparsa. L’insediamento nell’area dei Gessi romagnoli, oggi ridotto a poche stazioni di rifugio accantonate in profonde doline e risorgenti ombrose e fredde, risale probabilmente all’ultima glaciazione wurmiana. Il fatto che la pianta tenda a ridurre le popolazioni fino a scomparire, là dove era stata osservata alla fine degli anni ’90, potrebbe significare che le recenti condizioni climatiche hanno un carattere eccezionale su scala plurimillenaria.Thelypteris palustris Schott (Aspleniaceae) – Felce palustreÈ scomparsa ai Fontanili di Corte Valle Re (Campegine, RE, quadrante 1229-1) per cause ignote. Al contrario, la situazione al Lago Pratignano (Appennino modenese, quadrante 1830-2) e alla palude della Chioggiola (nel modenese, quadrante 1631-1) è simile a quella di 15-20 anni fa, cosi come è stato verificato con sopralluoghi recenti. Nell’unica stazione bolognese (Lago di Ecchia, quadrante 1632-4) è ancora presente ma in diminuzione.Non è stato possibile per il momento procedere a una verifica di tutte le stazioni osservate in passato. Un monitoraggio sistematico sarebbe indispensabile per raccogliere le informazioni necessarie per la tutela della specie e dei siti che ne consentono la sopravvivenza. Woodsia alpina (Bolton) Gray (Aspleniaceae) – Felcetta alpinaRicerche ripetute non hanno confermato la presenza al M. Orsaro (PR, quadrante 1525-4).Nell’Appennino reggiano la pianta non è stata più vista da almeno 10 anni. Essendo di piccole dimensioni (alta 4-5 cm e, al massimo, arriva a 13 cm !) e vivendo in stazioni di difficile accesso, è difficile valutare se sia scomparsa.

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In ogni caso le stazioni regionali sono poche, puntiformi e la presenza è frammentata.L’insieme delle osservazioni e dei dati raccolti portano a ritenere che W. alpina sia minacciata sul territorio regionale. Anche in questo caso è possibile che i cambiamenti delle condizioni climatiche negli ultimi 10-15 anni abbiano avuto un ruolo importante.

Note di sistematicaAsplenium ceterach L. (Aspleniaceae) – Cedracca comuneAl momento la subsp. bivalens è stata accertata solo in Romagna, nelle seguenti località: Rupe di Verucchio, Verucchio (RN), 2040-2; Capanne, Verghereto (FC), 2138-4; Monte Incisa, Riolo Terme (RA), 1736-3; Monte Mauro, Riolo Terme (RA) 1736-3; Pineta di San Vitale, muretto, Ravenna (RA), 1539-1; Località “Pasna”, presso Bastia, Ravenna (RA), 1738-2; Pennabilli, muro calcareo, Pennabilli (RN), 2139-4.Asplenium trichomanes L. (Aspleniaceae) – Tricomane, Falso capelvenereTra le subsp. note, in regione è frequentissima la subsp. quadrivalens D.E. Mey., tetraploide con spore grandi e presente su ogni tipo di substrato, la cui distribuzione coincide con quella della specie in senso ampio. Simile per morfologia, ma generalmente più piccola e snella, è la subsp. trichomanes, diploide con spore piccole, propria di substrati silicei e più di rado serpentinosi. È assai microterma e probabilmente in regione non è rara in diversi tratti della dorsale principale. Sulla base di controlli occasionali, ne è stata accertata la presenza nei quadranti 1522-4, 1525-2, 1526-3, 1626-1 e 3, 1727-1, 1728-1, 1829-2. Asplenium trichomanes subsp. hastatum (Christ) S. Jess. è tetraploide e calcicola, provvista di pinne dalle inferiori fino alle medie biauricolato-astate e parte apicale della lamina in forma di largo segmento; appare come un taxon di incerto significato. Forme con questo aspetto, più o meno marcato e sfumante verso le normali morfologie della subsp. quadrivalens, si rinvengono in individui isolati o mescolate con quest’ultima, anche su substrati silicei. Le spore sono grandi e l’ecologia non ha niente di insolito. Una piccola popolazione con le caratteristiche della subsp. hastatum è presente a Boio (1325-4, Solignano, PR).

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4. Alcune Sintesi4.1 Distribuzione generale dei dati raccoltiLe carte di distribuzione dei dati si basano su:9650 dati di campagnacirca 1800 dati di fonte bibliograficacirca 250 dati d’ erbarioIn Figura 5a è riportata la distribuzione di tutti i dati che abbiamo raccolto nell’archivio (dati di campagna, bibliografici e d’erbario) sino alla fine del 2014; ogni quadrante riporta il numero totale di specie rilevate nell’area.

Figura 5a: distribuzione delle Pteridofite sul territorio della Regione Emilia-Romagna (tutte le fonti dei dati). Numeri assoluti

In figura 5b gli stessi dati rappresentati con l’opzione “Grigi” del programma MAPSDF; in ogni unità cartografica è riportato un rettangolo di superficie proporzionale al n° di specie rilevato sulla base di classi di frequenza.

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Figura 5b: distribuzione delle Pteridofite sul territorio della Regione Emilia-Romagna (tutte le fonti dei dati); rappresentazione con rettangoli di dimensioni proporzionate

Dall’esame delle carte di sintesi è possibile trarre le seguenti considerazioni:• la distribuzione dei dati è molto disomogenea; ciò dipende prevalentemente dalla differente distribuzione

di habitat idonei a questo gruppo sistematico (le Pteridofite) sul territorio indagato; secondariamente può essere invocata la differente intensità delle ricerche sul territorio sia da parte nostra che da parte degli autori del passato (dati bibliografici e d’erbario);

• le Pteridofite si concentrano prevalentemente in prossimità del crinale appenninico; notoriamente la diversità vegetale (e non solo) è in stretta relazione con la quota e la differenza di quota esistente nell’area indagata;

• straordinariamente ricchi di Pteridofite risultano le aree del Modenese (M. Cimone, Libro Aperto, M. Giovo, M. Rondinaio, Lago Santo Modenese) e del Bolognese (M. Corno alle Scale, M. La Nuda) con un numero di specie/quadrante che supera abbondantemente le 30 specie;

• in corrispondenza di affioramenti rocciosi, soprattutto nel caso di ofioliti, le Pteridofite tendono fortemente a concentrarsi anche in zone a quote modeste e distanti dal crinale appenninico (esempio: nel quadrante 1324-

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1 che comprende M. Menegosa e M. Lama nel Piacentino) oppure nell’area di base 1736 che comprende la vena del Gesso romagnola in provincia di Ravenna;

• la fascia collinare delle argille (soprattutto le plioceniche ma anche le “scagliose”) presenta un numero di specie generalmente basso in quanto i substrati argillosi sono del tutto inadatti alla presenza di Pteridofite;

Una situazione radicalmente diversa è quella della pianura e della costa. In questa zona, che costituisce circa metà del territorio regionale, sono presenti poche specie; alcune sono in comune con il resto del territorio e si trovano in habitat forestali o su manufatti (pozzi, muri); altre sono invece esclusive della pianura, soprattutto nella sua parte più bassa, e sono igrofite ed idrofite; quest’ultimo gruppo si trova in situazione fortemente minacciata.

Per la pianura, che è in generale l’area con livelli più bassi di diversità e naturalità, è possibile osservare che: alcune specie sono diminuite in tempi recenti e sono ancora in diminuzione a causa della chiusura dei pozzi che costituiscono un ambiente secondario fondamentale per la conservazione di un intero ordine (Filicales); a Nord della Via Emilia e lungo la fascia costiera la presenza delle Pteridofite, mediamente, si limita a 3-4 specie per quadrante in tutto il territorio regionale; solo eccezionalmente si arriva a 9-10 specie; in un caso (quadrante 1331-2 in prossimità di Modena) si arriva addirittura a 16 specie (tra dati di campagna, d’erbario e bibliografici); il basso numero di presenze è dovuto alla scarsa presenza di ambienti adatti. Le poche specie presenti nella parte più bassa della pianura sono legate ad ambienti acquatici tutte in situazione critica; l’ambiente urbano, specialmente centri storici e cimiteri, è favorevole all’insediamento di Pteridofite e svolge un ruolo significativo soprattutto in aree a bassa naturalità e diversità ecologica.In Figura 6a e 6b è rappresentata la distribuzione dei soli dati di campagna raccolti prevalentemente negli ultimi 20 anni (alcuni pubblicati). Confrontando i dati di campagna presentati in Figura 6a e 6b con quelli presentati a pagina 157 dell’Atlante delle Pteridofite pubblicato nel 2001 (Bonafede et al. 2001) risulta abbastanza evidente l’aumento delle conoscenze soprattutto per alcune aree geografiche come il Parmense [esempio: quadrante 1227-3, corrispondente ai Boschi di Carrega, che passa da 2 specie (2001) a 18 (2014)] oppure per il Forlivese (Foresta di Campigna) dove il quadrante 2137-3 passa da 18 specie (2001) a 29 (2014); ciò in seguito alla notevole intensità delle ricerche svolte negli ultimi 10-15 anni. Interessante anche il confronto tra la Figura 6b e la Figura di analogo contenuto, ma relativa alla flora protetta, presentata nell’Atlante della Flora Protetta della Regione Emilia-Romagna (Alessandrini & Bonafede 1996: 328); non può sfuggire la grande analogia della distribuzione generale dei dati raccolti anche se relativi a due liste floristiche molto diverse: le Pteridofite (nella presente ricerca) e le specie protette (1996). Questo fatto è spiegabile con l’ipotesi che i fattori ambientali presenti sul territorio (geomorfologia, clima, impatto umano, ecc.) condizionano nello stesso modo, almeno a livello generale, sia il sottoinsieme costituito dalle Pteridofite sia quello costituito dalle specie protette. Questo è importante poiché si può ipotizzare che la distribuzione generale di un gruppo significativo e sufficientemente numeroso di specie abbia carattere “predittivo” sulla distribuzione generale della biodiversità vegetale sul territorio; anche per questo le ricerche di

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Figura 6a: distribuzione delle Pteridofite sul territorio della Regione Emilia-Romagna (solo la fonte: dati di campagna). Numeri assoluti

Figura 6b: distribuzione delle Pteridofite sul territorio della Regione Emilia-Romagna (solo la fonte: dati di campagna). Rettangoli di dimensioni proporzionate al numero di entità note.

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cartografia floristica sono di fondamentale importanza per la gestione del territorio.

4.2 La distribuzione delle Pteridofite nelle diverse provinceLa cartografia floristica consente di individuare le aree con maggior concentrazione di Pteridofite nel territorio indagato; ciò ha grande importanza ai fini della conservazione della biodiversità e della gestione del territorio basata sulle conoscenze. Considerazioni utili (vedi Figura 7) possono essere tratte anche dal numero di specie rilevato in ogni provincia e dal confronto tra quanto noto al 2001 (anno di pubblicazione della prima edizione dell’Atlante delle Pteridofite nella Regione Emilia-Romagna) e al 2015.

Figura 7: numero di specie di Pteridofite noto in ogni provincia nei periodi: fino al 2001 (colonna a sinistra) e fino al 2014 (colonna a destra)Dall’esame della figura 7 è possibile desumere le seguenti considerazioni.In quasi tutte le province si nota un aumento del numero di specie nel 2014 rispetto a 13 anni prima; fanno

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eccezione soltanto le province di Ferrara e Rimini che presentano valori molto bassi e sostanzialmente identici. I risultati ottenuti sono in relazione con l’intensità delle ricerche svolte negli ultimi 15 anni soprattutto nelle zone insufficientemente indagate.Modena si conferma la provincia più ricca di Pteridofite con 57 specie note nel 2014; seguono Bologna (54 specie), Reggio Emilia e Parma (51 specie); il crinale appenninico che va dalla Cisa nel Parmense sino al Corno alle Scale nel Bolognese presenta le massime concentrazioni di Pteridofite (mediamente 25 specie/quadrante con punte di 36 specie/quadrante) dell’intero territorio regionale; nel Piacentino, pur non essendovi quadranti con numeri particolarmente elevati, la presenza delle Pteridofite è diffusa e importante, legata prevalentemente agli estesi affioramenti ofiolitici. La provincia di Bologna è quella che presenta l’incremento maggiore rispetto al recente passato (54 specie sino al 2014; 20% in più rispetto al 2001, anno in cui erano note 45 specie).Forli-Cesena si conferma la provincia più “ricca” della Romagna con 38 specie, un numero relativamente elevato considerando le quote modeste esistenti in questa provincia (massima elevazione: M. Falco, 1658 m) rispetto a quelle presenti nelle province più occidentali dove il crinale appenninico, nelle province di Modena e Reggio, supera i 2000 m; la stragrande maggioranza delle specie della provincia di Forlì-Cesena si concentra nelle foreste di Campigna, ambiente vasto e di straordinaria importanza per la conservazione di questo gruppo sistematico che richiede, nel complesso, condizioni mesofile con buona disponibilità idrica per gran parte dell’anno.In provincia di Parma e di Piacenza il numero elevato di specie (paragonabile a quello di Reggio Emilia con quote di crinale molto più elevate) è probabilmente in relazione con frequenti e vasti affioramenti ofiolitici, ma anche calcarei, che diversificano l’ambiente e lo rendono più conservativo anche per le Pteridofite riducendo la competizione interspecifica. Ravenna, Rimini e Ferrara sono province poco ricche; nel Ravennate (23 specie) le Pteridofite si concentrano soprattutto nel Faentino in corrispondenza della Vena del Gesso dove vi sono presenze straordinarie e di enorme importanza conservazionistica (in particolare Allosorus persicus, che ha qui l’unica stazione italiana); a Rimini le Pteridofite sono presenti in pochissimi luoghi di limitata estensione ma fondamentali per la conservazione di questo gruppo (esempio: Gole di Onferno). A Ferrara il territorio comprende solo la pianura e la costa e le Pteridofite sono localizzate in corrispondenza di manufatti (esempio: pozzi) oppure nelle zone umide dove possono essere presenti alcune specie di grande importanza conservazionistica (esempi: Salvinia natans, Thelypteris palustris). Nell’Appendice sono indicati i quadranti che risultano di maggiore importanza nei diversi territori provinciali e nelle diverse fasce altitudinali.L’esame dei dati provinciali consente facilmente, per ogni provincia, di individuare le aree più ricche di Pteridofite sulla base del quadrante in cui ricadono le segnalazioni cartografate; i toponimi delle stazioni e i comuni associati consentono di individuare le entità amministrative competenti sul territorio. Le aree dove si concentrano le Pteridofite coincidono, in larga parte, con le aree dove esistono emergenze naturalistiche eccezionali, per gran parte ricadenti nei due Parchi Nazionali presenti nel territorio regionale, dell’Alto Appennino Tosco-Emiliano e di Campigna, Monte Falterona e Foreste Casentinesi; le Pteridofite si

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confermano pertanto un gruppo sistematico valido per la “lettura” generale del territorio e soprattutto per le sue parti di maggior valore per naturalità e diversità; solo in alcune situazioni questo gruppo sistematico è inadatto per individuare aree interessanti sul piano naturalistico come, per esempio, nel caso degli ambienti costieri (Parco del Delta del Po, nel nostro caso in provincia di Ravenna e Ferrara) dove la presenza delle Pteridofite è del tutto episodica e poco collegata all’enorme valore ambientale di queste aree. Le Pteridofite richiedono, con pochissime eccezioni, condizioni ambientali mesofile con buona disponibilità idrica per gran parte dell’anno; notoriamente sono proprio queste le condizioni che favoriscono un’elevata biodiversità (Rosenzweig, 1995). Le Pteridofite inoltre si diffondono con le spore che viaggiano rapidamente e con straordinaria efficienza potendo arrivare quasi ovunque; la mancanza di Pteridofite in un territorio deriva dal fatto che le condizioni ambientali non sono adatte sia per le Pteridofite che per moltissime altre piante. Per questo le Felci e “le piante affini” sono dei buoni indicatori ambientali almeno a livello generale.

4.3 Le aree (quadranti) dove si concentrano le specie più rareCome noto le specie più rare descrivono, meglio di altre, le caratteristiche di un territorio, la sua storia e il suo valore naturalistico. Una corretta strategia volta alla Conservazione della Natura deve prestare particolare attenzione alle specie più rare che, proprio per la loro condizione di scarsa frequenza sul territorio, possono essere particolarmente minacciate di scomparsa. Va detto che la rarità non è affatto l’unico fattore di potenziale minaccia per una specie; anche la distribuzione frammentata, che comporta difficili scambi genetici tra le popolazioni, deve essere un elemento da tenere in attenta considerazione; un esempio, a questo proposito, può essere quello di Thelypteris palustris, che al di là della sua rarità sul territorio regionale (solo 13 quadranti di presenza), presenta una distribuzione fortemente frammentata con stazioni molto distanti tra loro e a volte completamente isolate da zone urbanizzate (esempio: palude della Chioggiola a Pavullo nel Modenese). Anche i risultati di monitoraggi specifici nella fascia di pianura vanno tenuti in grande considerazione anche perché specie un tempo comuni sono divenute rare in tempi molto recenti (esempio: Salvinia natans).Nelle figure 8a e 8b è rappresentata la distribuzione dei taxa esaminati nell’Appendice 2, rispettivamente in numeri assoluti e con rettangoli di grandezza proporzionale.

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Figura 8a: distribuzione delle Pteridofite più rare (meno di 20 quadranti di presenza) nel territorio della Regione Emilia-Romagna (solo dati di campagna), numeri assoluti.

Figura 8b: come sopra, ma distribuzioni rappresentate con rettangoli di estensione proporzionale

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Dall’esame delle figure 8a e 8b è possibile individuare i quadranti nei quali le Pteridofite particolarmente rare tendono a concentrarsi; i quadranti più ricchi di specie rare coincidono in larga parte anche se non sempre, con quelli con numero di specie maggiore (Figure 5a e 5b); considerando i quadranti con un numero di specie maggiore o uguale a 5 è possibile elencare e descrivere quelli di speciale importanza da questo punto di vista (Tabella 2).

Tabella 2: i quadranTi con un numero di sPecie rare maggiore o uguale a 5

Quadr. Specie rare

Province e Comuni Specie rare presenti

1830-4 12 Bo: Lizzano in Belvedere Mo: Fanano

Blechnum spicant, Botrychium lunaria, B. matricarifolium, Cystopteris alpina, C. montana, Diphasiastrum alpinum, Dryopteris oreades, Equisetum fluviatile, E. hyemale, Gymnocarpium robertianum, Lycopodium annotinum, L. clavatum

1830-1 10 Mo: Fanano, Fiumalbo; Blechnum spicant, Botrychium lunaria, B. multifidum, Diphasiastrum alpinum, Dryopteris carthusiana, D. oreades, Equisetum fluviatile, Gymnocarpium robertianum, Lycopodium clavatum, Thelypteris limbosperma

1829-4 9 Mo: Fiumalbo, Pievepelago; Blechnum spicant, Botrychium lunaria, Diphasiastrum alpinum, Diphasiastrum tristachyum, Dryopteris oreades, Gymnocarpium robertianum, Lycopodium clavatum, Thelypteris limbosperma, Woodsia alpina

1829-3 7 Mo: Pievepelago Blechnum spicant, Diphasiastrum alpinum, D. tristachyum, Dryopteris oreades, Lycopodium annotinum, L. clavatum, Woodsia alpina

1626-2 6 Pr: Monchio delle CortiRe: Ramiseto

Blechnum spicant, Dryopteris oreades, Equisetum fluviatile, Lycopodium annotinum, L. clavatum, Thelypteris limbosperma

1627-3 6 Re: Collagna, Ramiseto Blechnum spicant, Botrychium lunaria, Dryopteris oreades, Equisetum fluviatile, E. hyemale, Woodsia alpina

2136-2 6 Fc: S. Sofia Blechnum spicant, Botrychium lunaria, Gymnocarpium robertianum, Lycopodium annotinum, L. clavatum, Ophioglossum vulgatum

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1423-1 5 Pc: Ferriere; Pr: Bedonia Asplenium adulterinum, Botrychium lunaria, Cystopteris alpina, Equisetum hyemale, Woodsia alpina

1524-3 5 Pr: Albareto Blechnum spicant, Diphasiastrum tristachyum, Equisetum fluviatile, Lycopodium clavatum, Thelypteris palustris

1831-3 5 Bo: Lizzano in Belvedere, Porretta Terme

Blechnum spicant, Botrychium lunaria, Dryopteris oreades, Lycopodium annotinum, Lycopodium clavatum

I quadranti a cavallo tra l’alto Appennino bolognese e modenese (1830-4 e 1830-1) sono i più ricchi di felci rare, rispettivamente con 12 e 10 presenze. I quadranti 1626-2 e 1627-3, tra il Passo del Cerreto e l’alta Val Cedra rappresentano le maggiori concentrazioni per l’Emilia centrale, con 6 specie rare ciascuno. Il quadrante 2136-2 è il più qualificato da questo punto di vista dell’Appennino romagnolo. Il quadrante 1423-1, M. Nero e dintorni tra il Parmense e il Piacentino ai confini con la Liguria, è più importante per l’Emilia occidentale, con 5 specie rare. Le Figure 8a e 8b e la Tabella 3 (Appendice 2) tracciano un quadro dettagliato della distribuzione e concentrazione delle specie più rare fornendo elementi importanti per la gestione del territorio; in particolare forniscono informazioni utili per le priorità da dare ai fini della conservazione di entità minacciate.In pianura come risulta dal quadro distributivo generale (Figure 5a e 5b) la presenza delle specie rare è molto scarsa; da notare tuttavia piccoli “addensamenti” con 3 specie/quadrante cosi localizzati:

• 0925-1, comuni di Caorso e Monticelli d’Ongina (PC);• 1130-1, comune di Novellara (RE); • 1130-2, comuni di Fabbrico, Novellara e Reggiolo (RE);• 1131-1, comuni di Carpi e Novi di Modena (MO);• 1131-3, comuni di Carpi e Modena (MO);• 1033-3, comune di Mirandola (MO);• 1231-2, comuni di Carpi e Soliera (MO);• 1439-3, comune di Ravenna (RA).

Queste aree sono importanti perché vi si concentrano idrofite rare e minacciate (da citare in particolare Marsilea quadrifolia e Salvinia natans) che prioritariamente potrebbero essere oggetto di indagini finalizzate al ripristino delle condizioni ecologiche ed ambientali delle acque che, nel recente passato, ne rendevano possibile la presenza.

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4.4 Risultati del monitoraggioIl monitoraggio è di fondamentale importanza per la conservazione di specie rare e minacciate; la rivisitazione di stazioni note consente di avere informazioni importanti non solo sulle singole specie ma anche sulle condizioni dell’ambiente, soprattutto quando i dati vengono analizzati nel loro complesso.Inoltre soltanto con il monitoraggio delle stazioni di crescita è possibile valutare in modo oggettivo le azioni volte alla conservazione di singole specie oppure individuare i fattori che possono averne determinato il declino. Sarebbe importante che il monitoraggio delle stazioni di crescita fosse regolare nel tempo e poter valutare, almeno in alcuni casi, la consistenza dei popolamenti; ciò, purtroppo, non sempre è stato possibile; in ogni caso ritornare negli stessi luoghi 20-30 anni dopo e annotare con cura la presenza/assenza della pianta fornisce una base conoscitiva valida visto che le stazioni rivisitate sono oltre 200. In generale non sono state prese in considerazione le fonti bibliografiche nelle analisi quantitative per eliminare importanti cause di incertezza nella valutazione del risultato del monitoraggio. In alcuni casi elementi di incertezza sono inevitabili, per esempio quando la stazione di crescita non è facilmente individuabile e quindi il mancato ritrovamento non indica necessariamente la scomparsa della pianta; in questi casi ciò è precisato e la stazione è stata indicata come “non valutabile”. In qualche caso (molto pochi) il mancato ritrovamento della pianta, anche nel corso di diversi anni in successione, non significa necessariamente che la pianta sia scomparsa: per esempio una stazione di crescita di Asplenium adiantum-nigrum a Bologna (Via Irnerio di fronte all’ingresso dell’Orto Botanico, individuata per la prima volta nell’ottobre del 1994) non era stata osservata negli ultimi 3-4 anni poi, in modo inaspettato (novembre 2014), è stata rilevata qualche piccola fronda dopo un anno eccezionalmente piovoso, anche in estate.In diversi centri urbani (in particolare Bologna) si è effettuata una rivisitazione pressoché completa delle stazioni di crescita di Pteridofite individuate nel passato (una quindicina di anni fa in generale).Al Corno alle Scale (BO) è stato fatto un lavoro particolarmente accurato su un numero selezionato di specie (7) localizzate in precise stazioni di crescita individuate per lo più tra gli anni ’80 e ’90.

4.5 Il monitoraggio nei centri urbani e nelle stazioni antropogene Nella città di Bologna e nei comuni della provincia sono state rivisitate la maggior parte delle stazioni di crescita (70) di Pteridofite (con esclusione delle Equisetaceae) direttamente note e individuate 10-30 anni fa; 3 stazioni riguardano la città di Piacenza, 1 la città di Ferrara, 1 la provincia di Ferrara (al confine con Bologna), per un totale di 75 stazioni di crescita di Pteridofite in ambito urbano o peri-urbano. I monitoraggi sono stati svolti da F. Bonafede, E. Romani, R. Todeschini e A. Vigarani nel 2011 e solo in pochi casi i controlli sono stati effettuati nel 2012 e 2014. I risultati generali del monitoraggio sono riassunti in Figura 9.

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Non confermate (distruzione della

stazione):18%

Confermate:39%Non confermate

(scomparse per cause non evidenti): 43%

Figura 9. Risultati del monitoraggio effettuato nel 2011 su 74 stazioni di cui 70 in provincia di Bologna, 3 in provincia di Piacenza, e 2 in provincia di Ferrara

La figura 9 rende evidente il declino delle Pteridofite in ambito urbano; il 61% delle stazioni osservate nel passato non esistono più; le stazioni non confermate per distruzione della stazione (18%) corrispondono a luoghi dove è stato chiuso o eliminato il pozzo oppure dove è stato abbattuto o restaurato il muro dove crescevano le piante. Le stazioni non confermate “per cause non evidenti” (43%) corrispondono a luoghi dove la pianta è scomparsa nonostante il luogo di crescita non abbia subito alterazioni rilevabili; in questi casi è lecito pensare che la causa della scomparsa sia il cambiamento del clima caratterizzato da estati lunghe, caldissime e in genere aride (tranne il 2014), condizioni che danneggiano fortemente sia la fase vegetativa che riproduttiva della maggioranza dei taxa presi in considerazione in questo studio. In rari casi (circa il 5% delle stazioni ri-visitate) sono state osservate nuove colonizzazioni da parte di Adiantum capillus-veneris, Asplenium adiantum-nigrum, A. scolopendrium, A. trichomanes e Cyrtomium falcatum; ciò conferma la straordinaria capacità di diffusione che hanno queste piante in grado di arrivare quasi ovunque, potendo

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colonizzare luoghi dove anche solo temporaneamente ci possono essere condizioni ecologiche adatte. L’esame complessivo dei dati raccolti induce a pensare che il declino quantitativo e generale osservato per le Polypodiales in ambito urbano sia da attribuire al mutamento delle condizioni ambientali e in particolare delle condizioni climatiche.Nella Figura 10 viene analizzata la situazione dettagliata per ogni specie distinguendo le stazioni confermate (dove la pianta era presente anche con un solo individuo), le stazioni non confermate per distruzione della stazione e le stazioni non confermate per cause non evidenti sul luogo visitato.Sarebbe stato interessante valutare anche i popolamenti di ogni specie presente attraverso il conteggio dei “cespi” oppure attraverso immagini fotografiche ma purtroppo questo non è stato possibile, soprattutto perché non era stato fatto nel passato e quindi il confronto non era possibile. Ciò detto il dato presenza/assenza della pianta è già molto significativo.

Figura 10: analisi per specie dei risultati del monitoraggio urbano relativo a 75 stazioni di cui 70 nel Bolognese, 3 nel Piacentino e 2 nel Ferrarese; i numeri sulle barre rappresentano il numero di stazioni (confermate; non confermate per distruzione della stazione; non confermate per cause non note).

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L’esame della Figura 10 consente le seguenti valutazioni:• Asplenium onopteris e Gymnocarpium robertianum sono scomparse nelle stazioni controllate; la stazione di

Gymnocarpium robertianum si riferisce ad una stazione distrutta (restauro del balcone);• Asplenium ruta-muraria è una specie che ha subito una perdita imponente delle stazioni di crescita in

percentuale (83%) e in n. assoluto (5) rispetto al recente passato; A. ruta-muraria è sempre stata rara in Pianura a sud del Po ed è specie a carattere tendenzialmente microtermo; le stazioni perse appartengono tutte alla categoria “cause non note”, presumibilmente a causa del cambiamento del clima;

• Notevole anche la perdita di stazioni (80%) di Asplenium ceterach (= Ceterach officinarum), specie diffusissima in collina ma molto rara in pianura, anche nel passato.

• Asplenium trichomanes e Dryopteris filix-mas sono le specie che, per numero assoluto di stazioni (10 e 7 rispettivamente) perdono il maggior numero di siti di presenza; molto significativa è anche la perdita percentuale di stazioni per cause non note (55% per Asplenium trichomanes e 58% per Dryopteris filix-mas).

• Le specie che sembrano aver sofferto meno sono Adiantum capillus-veneris e Cyrtomium falcatum (rispettivamente 88% e 75% delle stazioni confermate); molto interessante notare che entrambe le specie sono macroterme: A. capillus-veneris è specie a distribuzione Pantropicale e C. falcatum è alloctona, spontaneizzata e attualmente in lenta espansione; originariamente la pianta era distribuita nelle zone temperato-calde dell’Asia orientale. A. capillus-veneris sfrutta situazioni localizzate dove permane a lungo (anche in estate) umidità per stillicidio o trasudazione, giovandosi degli inverni decisamente più miti degli ultimi 20-30 anni.

• Il caso di Polypodium vulgare (1 sola stazione nota e confermata) è poco significativo e si riferisce ad una stazione a Bentivoglio (muro umido per apporto di acqua da un tetto) in cui la pianta “accartoccia” le foglie nel periodo a lei più ostile (fine estate) per poi tornare a vegetare all’arrivo delle piogge autunnali.

4.6 Le novità per la Flora pteridologica dell’Emilia-RomagnaAnogramma leptophylla (L.) Link – Felcetta annuale La pianta era segnalata genericamente per il Bolognese (Corbetta & Marconi 2013); su segnalazione di Alessandro Fanti, uno di noi (F. Bonafede) il 29 Maggio del 2014 ha accertato la presenza della pianta nella seguente località: 2,2 km a nord-ovest di Monzuno, in Val di Setta, loc. S. Nicolò della Gugliara (Monzuno, Bo), 390 mslm, su arenarie di Loiano; CFEC: 1733-2. In questa località la pianta è presente da almeno 6 anni e vi compare in primavera (Aprile-Maggio) con pochi esemplari (3-4) di ridotte dimensioni spesso sporificati. La zona è soggetta a battute al cinghiale e i cacciatori provengono spesso dalla vicina Toscana dove la pianta è relativamente frequente; è possibile che A. leptophylla sia arrivata recentemente proprio dalla Toscana con queste modalità favorita dall’aumento delle temperature medie anche nel periodo primaverile, cruciale per lo sviluppo di questa specie termofila. Entità Cosmopolita-Subtropicale a ciclo biologico annuale (terofita), nota in precedenza per le seguenti regioni italiane: V. d’Aosta; Piemonte, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Liguria, Toscana, Lazio, Campania, Molise, Calabria, Basilicata, Puglia, Sicilia, Sardegna. Pteris multifida Poir. – Pteride multifida

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La specie non era nota per l’Emilia-Romagna; su segnalazione di Letizia Zanotti, uno di noi (F. Bonafede) il 7 Novembre 2013 ha accertato la presenza della pianta nel centro storico di Bologna in Via Saragozza nel cortile interno della chiesa di S. Caterina ad una quota di 74 m (1534-1); cresce localmente abbondante sul fondo di un ex pozzo attualmente profondo non più di 130 cm con fondo cementato e costantemente umido per la perdita delle tubature che prendono acqua dal basso; la pianta è localizzata in questo punto e non mostra tendenza, per il momento, a diffondersi altrove. Il sacrestano ha riferito di non aver mai visto questo tipo di pianta coltivata nei dintorni. La determinazione è stata confermata anche da D. Marchetti. P. multifida è specie avventizia macroterma originaria delle zone calde della Cina; in precedenza era nota per le seguenti regioni italiane: Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia-Giulia.

Selaginella kraussiana (Kuntze) A. Braun-Selaginella di KraussLa specie era stata segnalata recentemente in Acta Plantarum; rinvenuta da Giovanni Fontanesi il 16 marzo 2012 presso la “Casa della Carità di San Girolamo” in via S. Girolamo 24, Reggio Emilia a 58 m slm, in giardino ombroso; CFEC: 1329-2. E’ stata poi rinvenuta anche a Ferrara al Parco Pareschi e segnalata in Piccoli & al. (2014). S. kraussiana è specie avventizia macroterma, originaria dell’Africa orientale, nota per le seguenti regioni italiane: Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna (solo per la località indicata in Acta Plantarum) e Sicilia.

4.7 Altri rinvenimenti notevoli Rispetto alla versione dell’Atlante delle Pteridofite del 2001 sono da segnalare diverse novità importanti; tra queste sono da citare: Asplenium onopteris: specie stenomediterranea, nuova per il Parmense; rinvenuta in diverse località nei comuni di Salsomaggiore Terme, Terenzo, Montechiarugolo, Berceto, Medesano, Baganza; Botrichyum multifidum: entità rarissima e di grande interesse conservazionistico; molto interessante la conferma della presenza in Regione; é stato rinvenuto in 3 località dell’alto Appennino modenese nel 2002 e nel 2010 nel comune di Fanano e nello stesso quadrante;

Diphasiastrum tristachyum: specie rarissima, confermata la presenza in Regione; rinvenuto nel Modenese in 2 località nei comuni di Pievepelago e Pavullo nel Frignano e nel Parmense, dove non era noto in precedenza, in una località nel comune di Albareto;

Dryopteris carthusiana: entità molto rara in Regione è stata rinvenuta nel Parmense (Boschi di Carrega, in comune di Sala Baganza) dove non era stata mai segnalata;

Equisetum palustre: la specie da molto tempo non era stata confermata nel Ravennate dove si riteneva fosse scomparsa; di recente (2014 e 2015) è stata invece confermata in una serie di località in comune e provincia di Ravenna: S. Romualdo, poco a monte di Santalberto (sotto all’argine destro di Reno), presso la penisola di Boscoforte in prossimità dell’argine sinistro del Reno, Punte Alberete; è stato rinvenuto anche in comune di

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Bagnacavallo “lungo il Canale Naviglio (per chilometri!) e anche tra le case di Bagnacavallo fino a Villa Prati”;

Gymnocarpium robertianum: entità molto rara (soltanto 13 quadranti di presenza in Regione), legata prevalentemente a substrati calcarei, è stata rinvenuta nelle Foreste Casentinesi (Sasso Fratino, Pian Tombesi, Canale del Pentolino, Poggio Rovino, Fosso del Satanasso) in comune di Santa Sofia (FC) dove non era mai stata segnalata;

Huperzia selago: specie microterma distribuita quasi esclusivamente in prossimità del crinale appenninico generalmente a quote elevate; molto interessante la conferma della presenza attuale in comune di Santa Sofia alle Foreste Casentinesi (qui era stata scoperta per la prima volta nel 1996) dove sono state individuate diverse altre stazioni quasi tutte in corrispondenza o nelle vicinanze di affioramenti rocciosi;

Lycopodium annotinum: entità microterma molto rara (soltanto 7 quadranti di presenza in Regione) confermata in diverse località; particolarmente interessante la conferma in comune di Santa Sofia nelle Foreste Casentinesi;

Osmunda regalis: specie rarissima (soltanto 1 quadrante di presenza in Regione) legata a zone umide (substrati acidi); recentemente ne è stata scoperta un’altra stazione (ubicata nello stesso quadrante in cui era presente la stazione storica), in Val Savena (comune di Loiano, BO), una vallata a forte rischio di alterazione ambientale a causa dell’attività estrattiva, in continua e pericolosa espansione.

4.8 Le specie da proteggere I provvedimenti di tutela per singole specie sono importanti come lo sono la protezione e la corretta gestione degli habitat che ne consentono la sopravvivenza. Riferendosi alla Regione Emilia-Romagna, la normativa di riferimento per la tutela di singole specie è ancora la legge 2 del 24 gennaio 1977 dove, all’articolo 4, viene riportato l’elenco delle entità vegetali protette; l’elenco può essere aggiornato e rivisto periodicamente sulla base delle nuove conoscenze come previsto nello stesso articolo. Questa previsione è stata utilizzata una sola volta, per includere il genere Limonium (Decreto n° 664 del Presidente della Giunta Regionale del 25 Settembre 1989). Alcune Pteridofite, attualmente non protette, andrebbero sicuramente incluse nell’elenco che al momento comprende soltanto Asplenium (Phyllitis) sagittatum (DC.) Bange e A. (Phyll.) scolopendrium L.; il primo è estinto nel territorio regionale ed è in atto un progetto di reintroduzione. La pianta è stata già traslocata in 12 micostazioni della Vena del Gesso nel marzo 2015.Criteri per includere una specie nell’elenco possono essere i seguenti:

• la specie (o il gruppo di specie) deve essere vistosa e ben identificabile anche da non specialisti; • la specie deve presentare caratteri di rarità valutata sul territorio regionale in modo oggettivo; un criterio

potrebbe essere quello di includere l’entità floristica nella categoria “specie rara” quando la sua presenza risulta in meno del 5% del totale dei quadranti regionali; poiché il numero dei quadranti regionali è di 700, la specie deve essere considerata “rara” quando la sua presenza è inferiore a 35 quadranti sulla base dei dati di campagna.

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Altri criteri importanti da tenere in considerazione riguardano specie che presentano popolazioni formate da numero di individui non elevato;• hanno un habitat limitato per frequenza ed estensione (es.: piante di substrati rocciosi serpentinosi o di rocce

stillicidiose); • hanno un habitat minacciato (esempio: zone umide);• presentano una distribuzione frammentata (esempio: Thelypteris palustris);• sono al limite di areale in Italia (esempio: Equisetum sylvaticum);• hanno registrato una diminuzione delle popolazioni e/o delle stazioni di crescita (cfr. il capitolo sul

Monitoraggio);

Sulla base dei criteri elencati e dei risultati dell’indagine si propone di integrare la lista delle entità vegetali protette dalla Legge regionale 2 del 24 gennaio 1977; a ciascuna specie sono associate eventuali indicazioni per la conservazione delle popolazioni presenti nel territorio regionale.

Allosorus persicus (Bory) Mett. ex Kuhn - Abbastanza vistosa; non difficile da identificare; 2 quadranti di presenza nei Gessi romagnoli (sole località in Italia); popolazioni anche abbondanti; le stazioni di presenza sono tutte nel Parco regionale “Vena del Gesso romagnola”; la percezione dell’importanza conservazionistica di questa specie è molto diffusa anche a livello locale. Si ritiene che i livelli di protezione siano adeguati.

Asplenium fontanum (L.) Bernh. - Abbastanza vistosa, non difficile da identificare, è presente in soli 3 quadranti nel Piacentino, mentre una popolazione nel Reggiano è scomparsa; le popolazioni non sono particolarmente ricche. Habitat: rupi stillicidiose. Azione proposta: monitoraggio.

Blechnum spicant (L.) Roth - Vistosa, molto facile da identificare; presente in 23 quadranti, con popolazioni scarse; viene usato anche nei giardini (in Inghilterra molto di frequente); habitat: vallecole riparate, generalmente in prossimità di zone umide. La distribuzione è princiaplmente montana; alcune località si trovano nella fascia collinare (Parmense, Modenese). Azione proposta: monitoraggio.

Equisetum sylvaticum L. – Specie abbastanza vistosa e non difficile da identificare; presenza regionale limitata a 1 quadrante (montagna modenese) e limite meridionale di distribuzione italiana, molto disgiunta dall’areale principale. Habitat: radure e prati umidi montani. Azioni proposte: valutazione di specifiche minacce, monitoraggio annuale; eventuale protezione del sito.

Marsilea quadrifolia L. - Vistosa; facile da identificare. E’ la specie per la quale si è registrato un vero crollo della presenza in Regione (da 16 quadranti rilevati nel recente passato a soli 3 attualmente), tanto che è difficile valutarne la consistenza attuale. Vive in zone umide di pianura, dove subisce la minaccia sia della qualità delle acque che di specie animali esotiche come la Nutria e il Gambero della Louisiana. E’ la specie la cui conservazione suscita le maggiori preoccupazioni. Azioni proposte: monitoraggio, conservazione ex-situ in orti botanici.

Matteuccia struthiopteris (L.) Tod. – Pianta molto vistosa e di facile identificazione. La presenza è accertata nel

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Parco Nazionale delle “Foreste Casentinesi” e la sua importanza è ben nota. I livelli di protezione sono adeguati.

Osmunda regalis L. - Molto vistosa; facile da identificare. E’ rarissima, nota per 2 stazioni situate in 1 solo quadrante, con popolazioni scarse, consistenti in un totale di poche decine di individui. Vive in zone umide in ambiente forestale su suoli acidi; habitat non frequente. Dal monitoraggio effettuato le popolazioni sono stabili. Non si trova in area protetta. Azione proposta: monitoraggio con cadenza annuale o biennale.

Thelypteris palustris Schott - Abbastanza vistosa; non difficile da identificare; è presente in 13 quadranri; le popolazioni mostrano elevate oscillazioni di anno in anno. Vive in zone umide in buono stato di conservazione; habitat non frequente. La distribuzione è frammentata. Alcune stazioni sono scomparse (es.: Fontanili di Corte valle Re, nel Reggiano); specie sicuramente minacciata. Popolazioni ricche si trovano nella Riserva naturale statale del Bosco della Mesola. Azione proposta: monitoraggio delle stazioni meno ricche con cadenza annuale o biennale.

Appendice 1

Le aree più ricche di Pteridofite nei territori provincialiPer ogni territorio provinciale sono elencati i quadranti più ricchi di Pteridofite suddivisi secondo le fasce altitudinali, così definite:Pianura: 0-100 m (pianura padana); la “pianura alta”, che è frammentaria e collocata alla base delle colline, è costituita dalle paleoconoidi post-wurmiane; viene evidenziata solo nel caso dei Boschi di Carrega nel ParmenseCollina e bassa Montagna: 100-1000 mMontagna (ed eventuale fascia suprasilvatica): altitudini oltre 1000 mPer ogni fascia altitudinale nel territorio provinciale sono stati individuati 2-4 quadranti scelti tra quelli più ricchi di Pteridofite sulla base dei dati rilevati direttamente nel corso delle indagini; tra i quadranti con lo stesso numero di specie (o poco diverso) sono stati scelti quelli che comprendevano stazioni di specie rare sul territorio regionale e/o a livello della provincia interessata dall’analisi.

Territorio della Provincia di PiacenzaFascia di pianuraQuadrante: 0924-1, area urbana di Piacenza; Numero di specie: 6; Comune: PiacenzaPresenze notevoli (in riferimento al contesto urbano): Asplenium scolopendrium, A. trichomanes, Dryopteris filix-masQuadrante: 0925-1; Numero di specie: 6; Comuni: Caorso e Monticelli d’OnginaPresenze notevoli: Azolla filiculoides, Salvinia natans, Thelypteris palustris

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Quadrante: 1025-4; Numero di specie: 4; Comune: AlsenoPresenze notevoli: Equisetum palustre, Pteridium aquilinum (rara per la pianura)

Fascia di collinaQuadrante: 1122-4; Numero di specie: 13; Comuni: Bobbio e Travo Presenze notevoli: Asplenium cuneifolium, A. septentrionale, Paragymnopteris marantaeQuadrante: 1122-3; Numero di specie: 11; Comuni: Bobbio e Pecorara Presenze notevoli: Asplenium cuneifolium, A. ruta-muraria, A. septentrionale, Paragymnopteris marantaeQuadrante: 1124-3; Numero di specie: 11; Comune: GropparelloPresenze notevoli: Asplenium cuneifolium, Paragymnopteris marantaeQuadrante: 1125-3; Numero di specie: 10; Comune: Vernasca Presenze notevoli: Dryopteris cambrensisNota: il quadrante comprende in piccola parte anche territorio parmense (M. Pietra Nera, in comune di Salsomaggiore Terme)

Fascia di montagna e suprasilvaticaQuadrante: 1422-2; Numero di specie: 27; Comune: Ferriere Presenze notevoli: Asplenium viride, Botrychium lunaria, Cryptogramma crispa, Dryopteris cambrensis, Huperzia selago, Phegopteris connectilis, Polystichum lonchitis, Woodsia alpinaNota: il quadrante comprende in piccola parte anche territorio parmense (M. Maggiorasca, in Comune di Bedonia)Quadrante: 1423-1; Numero di specie: 26; Comune: Ferriere Presenze notevoli: Asplenium adulterinum, A. viride, Cryptogramma crispa, Dryopteris cambrensis, D. expansa, Equisetum hyemale, Huperzia selago, Phegopteris connectilis, Polystichum lonchitis, Woodsia alpinaNota: il quadrante comprende in parte anche territorio parmense (M. Nero e M. Ragola versante est, in comune di Bedonia)Quadrante: 1324-1; Numero di specie: 23; Comune: Morfasso Presenze notevoli: Asplenium viride, Botrychium lunaria, Huperzia selago, Polystichum setiferumNota: il quadrante comprende in piccola parte anche territorio parmense (Groppo di Goro, in Comune di Bardi)Quadrante: 1323-3; Numero di specie: 22; Comune: Ferriere Presenze notevoli: Asplenium scolopendrium. Athyrium distentifolium, Equisetum fluviatile, Dryopteris cambrensis, Woodsia alpina

Territorio della Provincia di ParmaFascia di pianuraQuadrante: 1027-4; Numero di specie: 6; Comune: Torrile Presenze notevoli: Asplenium trichomanes, Dryopteris filix-mas, Marsilea quadrifolia (introdotta con il progetto Life07 NAT/IT/000499 “Pianura Parmense”).

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Quadrante: 1028-4; Numero di specie: 5; Comune: Mezzani Presenze notevoli: Marsilea quadrifolia (introdotta, vedi sopra), Salvinia natans. Quadrante: 0926-3; Numero di specie: 5; Comune: Polesine Parmense Presenze notevoli: Salvinia natansNota: il quadrante comprende anche territorio piacentino dove sono segnalate: Asplenium trichomanes e Dryopteris filix-mas, entrambe notevoli per la pianura (S. Agata, Parco di Villa Verdi, Comune di Villanova d’Arda)

Fascia di pianura altaQuadrante: 1227-3; Numero di specie: 18Comune: Sala Baganza e Collecchio (Boschi di Carrega) Presenze notevoli: tra le specie rare o rarissime, in questo ambito, sono da citare: Asplenium onopteris, Blechnum spicant, Dryopteris borreri, D. cambrensis, D. carthusiana, D. dilatata, Polystichum aculeatum, Polystichum setiferum Nota: i Boschi di Carrega costituiscono una stazione di straordinaria ricchezza floristica; la sua corretta gestione è fondamentale per la conservazione delle Pteridofite nelle prime colline della Regione Emilia-Romagna; il luogo sarebbe meritevole di un piano di gestione che tiene conto di questa situazione, unica nella Regione in questo contesto a bassa quotaFascia collinareQuadrante: 1324-4; Numero di specie: 18; Comuni: Bardi e Varsi Presenze notevoli: Asplenium cuneifolium, A. septentrionale, Dryopteris cambrensis, D. dilatata, Paragymnopteris marantae, Polystichum setiferumQuadrante: 1425-3; Numero di specie: 17; Comune: Borgo Val di Taro Presenze notevoli: Asplenium cuneifolium, A. septentrionale, Equisetum palustre, Paragymnopteris marantaeQuadrante: 1325-1; Numero di specie: 15; Comune: Varsi Presenze notevoli: Asplenium onopteris, A. scolopendrium, Cystopteris fragilis, Polystichum aculeatum, P. setiferumFascia montana e suprasilvaticaQuadrante: 1626-2; Numero di specie: 29; Comune: Monchio delle CortiPresenze notevoli: Asplenium viride, Athyrium distentifolium, Blechnum spicant, Cryptogramma crispa, Dryopteris borreri, D. cambrensis, Equisetum fluviatile, Lycopodium annotinum, Lycopodium clavatum, Polystichum lonchitis, Thelypteris limbospermaNota: il quadrante comprende una piccola parte di territorio reggiano dov’è segnalato Lycopodium clavatum (Tra Passo Lagastrello e Miscoso, comune di Ramiseto)Quadrante: 1523-1; Numero di specie: 28; Comuni: Bedonia e TornoloPresenze notevoli: Asplenium onopteris, A. viride, A. scolopendrium, Botrychium lunaria, Cryptogramma crispa, Dryopteris cambrensis, Polystichum lonchitis, Polystichum setiferum, Woodsia alpinaQuadrante: 1526-3; Numero di specie: 26; Comune: Corniglio

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Presenze notevoli: Asplenium viride, Athyrium distentifolium, Cryptogramma crispa, Dryopteris cambrensis, Equisetum hyemale, Lycopodium clavatum, Polystichum lonchitisQuadrante: 1626-1; Numero di specie: 26; Comuni: Corniglio e Monchio delle CortiPresenze notevoli: Asplenium viride, Athyrium distentifolium, Blechnum spicant, Cryptogramma crispa, Dryopteris cambrensis, D. oreades, Lycopodium clavatum, Polystichum lonchitis

Territorio della Provincia di Reggio EmiliaFascia di pianura Quadrante: 1329-2 (area urbana di Reggio Emilia); Numero di specie: 12; Comune: Reggio EmiliaPresenze notevoli: Adiantum capillus-veneris, Asplenium adiantum-nigrum, A. Ceterach, A. ruta-muraria, A. scolopendrium, Athyrium filix-femina, Dryopteris filix-mas, Selaginella kraussianaNota: l’area urbana di Reggio Emilia è una delle più interessanti della Regione per le Pteridofite; Selaginella kraussiana è un’esotica di rinvenimento recenteQuadrante: 1130-2; Numero di specie: 7; Comuni: Reggiolo, Fabbrico, Novellara e Campagnola Emilia Presenze notevoli: Asplenium trichomanes, Azolla filiculoides, Marsilea quadrifolia, Salvinia natans Nota: Marsilea quadrifolia non è stata ritrovata dopo il 2001Quadrante: 1130-1; Numero di specie: 6; Comune: NovellaraPresenze notevoli: Azolla filiculoides, Marsilea quadrifolia, Salvinia natansNota: Marsilea quadrifolia è stata non ritrovata dopo il 2001Quadrante: 1229-1; Numero di specie: 6; Comune: CampeginePresenze notevoli: Equisetum palustre, Salvinia natans, Thelypteris palustris Note: Thelypteris palustris non è confermata; da ritenere scomparsaFascia collinareQuadrante: 1428-2; Numero di specie: 17; Comune: CanossaPresenze notevoli: Asplenium onopteris, A. scolopendrium, A. septentrionale, Polypodium cambricumQuadrante: 1428-4; Numero di specie: 16; Comune: CasinaPresenze notevoli: Adiantum capillus-veneris, Asplenium scolopendrium, Dryopteris carthusiana, D. dilatataQuadrante: 1628-1; Numero di specie: 14; Comuni: Villa Minozzo e BusanaPresenze notevoli: Asplenium scolopendrium, Dryopteris dilatataQuadrante: 1628-2; Numero di specie: 14; Comuni: Villa Minozzo e Castelnovo ne’ MontiPresenze notevoli: Asplenium scolopendrium, Equisetum palustre, Paragymnopteris marantaeFascia di montagna e suprasilvaticaQuadrante: 1627-3; Numero di specie: 30; Comuni: Collagna e Ramiseto Presenze notevoli: Athyrium distentifolium, Blechnum spicant, Botrychium lunaria, Dryopteris borreri, D. cambrensis, D. oreades, Equisetum fluviatile, E. hyemale, Woodsia alpinaQuadrante: 1627-2; Numero di specie: 28; Comuni: Busana, Collagna, Ramiseto e LigonchioPresenze notevoli: Athyrium distentifolium, Botrychium lunaria, Dryopteris borreri, D. cambrensis, D. dilatata,

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Gymnocarpium robertianum, Ophioglossum vulgatumQuadrante: 1728-1; Numero di specie: 26; Comuni: Ligonchio e Villa Minozzo Presenze notevoli: Athyrium distentifolium, Botrychium lunaria, Dryopteris borreri, D. cambrensis, D. dilatata, D. oreades, Thelypteris limbosperma

Territorio della Provincia di ModenaFascia di pianura Quadrante: 1331-2; Numero di specie: 16; Comune: Modena (area urbana)Presenze notevoli: Asplenium adiantum-nigrum, Asplenium Ceterach, A. ruta-muraria, A. scolopendrium, A. trichomanes, Athyrium filix-femina, Cystopteris fragilis, Dryopteris cambrensis, D. filix-mas, Equisetum palustre, Gymnocarpium robertianum, Polypodium interjectumNota: è il quadrante più ricco di Pteridofite nell’area di Pianura di tutta la Regione; purtroppo le stazioni più importanti (ex fonderie di Modena e i ruderi lungo la ferrovia) sono state completamente distrutte; dopo il 2009 quasi tutte le specie rilevate in loco non sono più esistenti; in qualche caso le piante sono state trasferite in zona protetta. L’elenco delle specie rinvenute è straordinario per un territorio di pianura anche al di fuori della Regione Emilia-Romagna; viene confermata l’importanza dei vecchi manufatti per la conservazione delle Pteridofite in contesto urbanoQuadrante: 1031-4; Numero di specie: 10; Comuni: Concordia sulla Secchia e Novi di ModenaPresenze notevoli: Adiantum capillus-veneris, Asplenium scolopendrium, A. trichomanes, Dryopteris filix-mas, Salvinia natansQuadrante: 1231-2; Numero di specie: 6; Comuni: Carpi e SolieraPresenze notevoli: Azolla filiculoides, Dryopteris filix-mas, Marsilea quadrifolia, Salvinia natansNote: Marsilea quadrifolia è probabilmente scomparsa negli ultimi anniFascia collinareQuadrante: 1631-2; Numero di specie: 20; Comuni: Guiglia e ZoccaPresenze notevoli: Asplenium scolopendrium, A. onopteris, Blechnum spicant, Dryopteris cambrensis, D. dilatata, Polypodium cambricumNote: La popolazione di Asplenium scolopendrium del Rio delle Vallecchie e zone limitrofe è tra le più ricche della RegioneQuadrante: 1530-2; Numero di specie: 15; Comune: SerramazzoniPresenze notevoli: Adiantum capillus veneris, Gymnocarpium robertianum, Paragymnopteris marantae, Polypodium cambricum, Polystichum setiferumQuadrante: 1629-4; Numero di specie: 15; Comuni: Palagano e MontefiorinoPresenze notevoli: Asplenium onopteris, A. septentrionale, Gymnocarpium robertianumQuadrante: 1630-4; Numero di specie: 15; Comuni: Pavullo nel Frignano e Lama MocognoPresenze notevoli: Diphasiastrum tristachyum, Dryopteris dilatata, Equisetum palustre

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Fasce montana e suprasilvaticaQuadrante: 1830-1; Numero di specie: 36; Comuni: Fanano, Fiumalbo e SestolaPresenze notevoli: Athyrium distentifolium, Blechnum spicant, Botrychium lunaria, Botrychium multifidum, Cryptogramma crispa, Diphasiastrum alpinum, Dryopteris borreri, D. cambrensis, D. carthusiana, D. oreades, Equisetum fluviatile, Gymnocarpium robertianum, Lycopodium clavatum, Thelipteris limbospermaNota: è il quadrante più ricco di specie di tutta la Regione Emilia-RomagnaQuadrante: 1829-4; Numero di specie: 30; Comuni: Fiumalbo e PievepelagoPresenze notevoli: Athyrium distentifolium, Blechnum spicant, Botrychium lunaria, Cryptogramma crispa, Diphasiastrum alpinum, Dryopteris borreri, D. cambrensis, D. oreades, Gymnocarpium robertianum, Lycopodium clavatum, Thelypteris limbospermaQuadrante: 1830-2; Numero di specie: 27; Comune: Fanano Presenze notevoli: Asplenium scolopendrium, Blechnum spicant, Dryopteris borreri, D. cambrensis, D. dilatata, Equisetum sylvaticum, Lycopodium clavatum, Polystichum setiferum, Thelypteris palustris

Territorio della Provincia di BolognaFascia di pianura Quadrante: 1234-1; Numero di specie: 9; Comuni: Galliera e San Pietro in CasalePresenze notevoli: Adiantum capillus-veneris, Asplenium ruta-muraria, A. scolopendrium, A. trichomanes, Cyrtomium falcatum, , Dryopteris filix-mas, Salvinia natansNota: il quadrante comprende una piccola parte di territorio Ferrarese (comuni di Sant’Agostino e Poggio Renatico)Quadrante: 1334-1; Numero di specie: 6; Comuni: Argelato e Castello d’ArgilePresenze notevoli: Asplenium Ceterach, A. scolopendrium, A. trichomanes, Ceterach officinarum, Cystopteris fragilis, Dryopteris filix-mas, Polystichum aculeatumQuadrante: 1233-1; Numero di specie: 6; Comune: CrevalcorePresenze notevoli: Asplenium adiantum-nigrum, A. trichomanes, Dryopteris filix-masFascia collinareQuadrante: 1733-2; Numero di specie: 19; Comuni: Loiano e Monzuno Presenze notevoli: Anogramma leptophylla, Dryopteris borreri, D. dilatata, Equisetum palustre, Osmunda regalisNota: si tratta dell’unico quadrante in Regione in cui sono presenti Anogramma leptophylla e Osmunda regalisQuadrante: 1633-4; Numero di specie: 18; Comuni: Monzuno, Sasso Marconi, Loiano e PianoroPresenze notevoli: Asplenium onopteris, A. scolopendrium, Dryopteris borreri, D. cambrensis, D. dilatataQuadrante: 1732-1; Numero di specie: 18; Comune: Castel d’AianoPresenze notevoli: Asplenium ruta-muraria, A. scolopendrium, Dryopteris borreri, Polypodium cambricumQuadrante: 1734-1; Numero di specie: 17; Comuni: Loiano e Monterenzio

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Presenze notevoli: Asplenium onopteris, A. scolopendrium, Polypodium cambricum

Fasce montana e suprasilvaticaQuadrante: 1830-4; Numero di specie: 33; Comune: Lizzano in BelvederePresenze notevoli: Asplenium septentrionale, Athyrium distentifolium, Blechnum spicant, Botrychium lunaria, Cryptogramma crispa, Cystopteris alpina, Diphasiastrum alpinum, Dryopteris cambrensis, D. oreades, Lycopodium clavatumNota: il quadrante è tra i più ricchi dell’intera Regione; comprende una parte di territorio Modenese (Fanano) dove sono state osservate le seguenti entità rare e interessanti: Asplenium septentrionale, Botrychium multifidum, Diphasiastrum alpinum Blechnum spicant,Cystopteris alpina, Gymnocarpium robertianum, Lycopodium clavatumQuadrante: 1830-3; Numero di specie: 33; Comuni: Granaglione, Lizzano in Belvedere e Porretta TermePresenze notevoli: Asplenium septentrionale, Athyrium distentifolium, Blechnum spicant, Botrychium lunaria, Cryptogramma crispa, Cystopteris alpina, Diphasiastrum alpinum, Dryopteris cambrensis, D. oreades, Lycopodium clavatumQuadrante: 1831-4; Numero di specie: 24; Comuni: Granaglione e Porretta TermePresenze notevoli: Asplenium scolopendrium, A. ruta-muraria, A. septentrionale, Dryopteris borreri, D. cambrensis, D. dilatataQuadrante: 1832-4; Numero di specie: 21; Comuni: Camugnano e Castiglione dei PepoliPresenze notevoli: Asplenium scolopendrium, Dryopteris cambrensis, D. dilatata, Ophioglossum vulgatum, Thelypteris limbosperma

Territorio della Provincia di FerraraFascia di pianura e Zona costiera Quadrante: 1135-4 (area urbana); Numero di specie: 7; Comune: Ferrara (area urbana)Presenze notevoli: Asplenium Ceterach, A. ruta-muraria, A. scolopendrium, A. trichomanes, Ceterach officinarum Dryopteris filix-mas, Pteridium aquilinum, Selaginella kraussianaNota: Selaginella kraussiana è specie esotica, rinvenuta di recenteQuadrante: 1135-4; Numero di specie: 7; Comune: MirabelloPresenze notevoli: Asplenium scolopendrium, A. trichomanes, Dryopteris filix-mas, Salvinia natansQuadranti: 1139-1 e 1139-2; Numero di specie: 5 Comune: MesolaPresenze notevoli: Asplenium ruta-muraria, A. trichomanes, Pteridium aquilinum, Thelypteris palustrisQuadrante: 1037-1; Numero di specie: 5; Comuni: Copparo e BerraPresenze notevoli: Azolla filiculoides, Salvinia natans

Territorio della Provincia di Ravenna

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Fascia di pianura e Zona costieraQuadrante: 1438-1; Numero di specie: 5; Comune: AlfonsinePresenze notevoli: Asplenium scolopendrium, A. trichomanesQuadrante: 1439-3; Numero di specie: 4; Comune: RavennaPresenze notevoli: Azolla filiculoides, Pteridium aquilinum, Salvinia natans, Thelypteris palustrisNota: Asplenium ceterach subsp. bivalens è stata rinvenuta di recente nella Pineta di San Vitale Quadrante: 1538-4; Numero di specie: 4; Comune: Ravenna Presenze notevoli: Asplenium adiantum-nigrum, A. scolopendrium

Fascia di collinaQuadrante: 1736-3; Numero di specie: 14; Comuni: Brisighella e Casola Valsenio Presenze notevoli: Allosorus persicus, Asplenium ceterach subsp. bivalens, A. ruta-muraria, A. scolopendrium, Polypodium cambricum, Polystichum lonchitisNote: recentemente alla base di M. Mauro è stato rinvenuto anche Asplenium onopterisQuadrante: 1736-4; Numero di specie: 13; Comune: Brisighella Presenze notevoli: Asplenium onopteris, A. scolopendrium, Polypodium cambricum, Polystichum aculeatum, Polystichum lonchitisQuadrante: 1736-1; Numero di specie: 10; Comuni: Casola Valsenio e Riolo TermePresenze notevoli: Allosorus persicus, Asplenium scolopendrium, Polystichum setiferum

Territorio della Provincia di Forlì-CesenaFascia di collinaQuadrante: 2138-1; Numero di specie: 11; Comune: Bagno di RomagnaPresenze notevoli: Asplenium adiantum-nigrum, Polypodium cambricum Quadrante: 2039-4; Numero di specie: 11; Comune: Mercato SaracenoPresenze notevoli: Asplenium ruta-muraria, A. scolopendrium, Polypodium cambricum, Polystichum aculeatum, Polystichum setiferumQuadrante: 2138-4; Numero di specie: 10; Comune: VergheretoPresenze notevoli: Asplenium ceterach subsp. bivalens, Polystichum aculeatum, Polystichum setiferum

Fascia di montagna Quadrante: 2137-3; Numero di specie: 29; Comune: Bagno di Romagna Presenze notevoli: Asplenium adiantum-nigrum, A. onopteris, A. ruta-muraria, A. scolopendrium, A. viride, Blechnum spicant, Botrychium lunaria, Dryopteris borreri , D. cambrensis, D. dilatata, Equisetum palustre, Gymnocarpium dryopteris, Huperzia selago, Matteuccia struthiopteris, Phegopteris connectilis

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Note: il numero delle specie rilevate nel quadrante è notevole e paragonabile ai quadranti dell’alto Appennino emiliano situati a quote molto superiori; moltissime le specie rare incluse nell’elenco. L’intera area del Parco Nazionale è di grande importanza pteridologica, anche negli altri quadranti non esaminati in questa lista.Quadrante: 2136-2; Numero di specie: 24; Comune: Santa Sofia Presenze notevoli: Asplenium adiantum-nigrum, A. scolopendrium, A. viride, Blechnum spicant, Botrychium lunaria, Dryopteris borreri, D. dilatata, Gymnocarpium robertianum, Lycopodium annotinum, L. clavatum, Ophioglossum vulgatum, Phegopteris connectilisQuadrante: 2137-4; Numero di specie: 19; Comune: Bagno di Romagna Presenze notevoli: Asplenium ruta-muraria, A. scolopendrium, A. viride, Dryopteris dilatata, Gymnocarpium robertianum, Huperzia selagoQuadrante: 2238-1; Numero di specie: 18; Comune: Verghereto Presenze notevoli: Asplenium scolopendrium, A. viride, Dryopteris cambrensis, D. dilatata, D. expansa, Gymnocarpium robertianum, Huperzia selago, Phegopteris connectilis, Polystichum lonchitis

Territorio della Provincia di RiminiFascia di collinaQuadrante: 2040-2; Numero di specie: 5; Comune: VerucchioPresenze notevoli: Asplenium trichomanes, A. ceterach subsp. bivalens, Polypodium cambricumQuadrante: 2139-4; Numero di specie: 5; Comuni: Pennabilli e Sant’Agata FeltriaPresenze notevoli: Asplenium ceterach subsp. bivalens, A. ceterach subsp. ceterach, A. scolopendrium, A. trichomanes, Polypodium cambricumQuadrante: 2141-1; Numero di specie: 3; Comune: Gemmano Presenze notevoli: Asplenium scolopendrium, Polypodium cambricum

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Appendice 2Le specie particolarmente rareVengono analizzate le entità presenti in meno di 20 quadranti nella Regione Emilia-Romagna. Sono trattate in una tabella a parte (Tabella 4) anche 3 specie con un numero di presenze superiore, ma che richiedono un ragionamento particolare; si tratta di: Salvinia natans (specie fortemente minacciata nel territorio di Pianura per l’alterazione profonda del territorio);Botrychium lunaria (specie propria delle Praterie e dei Vaccinieti d’alta quota e qui minacciata probabilmente dai cambiamenti climatici);Blechnum spicant (diverse stazioni disgiunte, popolamenti spesso ridotti, a volte costituiti da 1-2 individui). Sono invece state escluse dall’analisi Asplenium ceterach subsp. bivalens in quanto la sua distribuzione è insufficientemente conosciuta, Cyrtomium falcatum e Selaginella kraussiana in quanto alloctone e di scarso interesse naturalistico.

Le entità trattate sono elencate per numero crescente di quadranti.

Tab. 3. sPecie ParTicolarmenTe rare, PresenTi in meno di 20 quadranTi

Entità N. di quadranti

Province e Comuni di presenza Note

Botrychium matricariifolium

1 MODENA: Fanano Rarissima.

Botrychium multifidum 1 MODENA: Fanano Rarissima

Cystopteris montana 1 BOLOGNA: Lizzano in Belvedere Rarissima; con ogni probabilità è scomparsa nell’unica stazione di crescita al Corno alle Scale

Equisetum sylvaticum 1 MODENA: Fanano; Rarissima, piuttosto vistosa, presente in una sola località in provincia di Modena; meritevole di essere protetta a livello regionale

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Matteuccia struthiopteris

1 FORLI-CESENA: Bagno di Romagna

Rarissima, presente in poche stazioni localizzate nello stesso quadrante (Foreste Casentinesi); l’origine della presenza è incerta.

Osmunda regalis 1 BOLOGNA: Loiano; Monzuno Rarissima, di particolare vistosità e bellezza, facilmente identificabile, meritevole di essere protetta nella Regione; le due stazioni di crescita si trovano nello stesso quadrante in Val Savena.

Asplenium adulterinum 2 PARMA: Bedonia, Corniglio. PIACENZA: Ferriere

Rarissima; rinvenuta in Regione soltanto in tempi recenti.

Cheilanthes persica 2 RAVENNA: Brisighella, Casola Valsenio;

Rarissima, le stazioni nella mostra Regione sono le uniche in Italia

Asplenium fontanum 3 PIACENZA: Ottone Rarissima; non più ritrovata nel Reggiano

Diphasiastrum alpinum 4 MODENA: Fanano, Fiumalbo, Pievepelago; BOLOGNA: Lizzano in Belvedere;

Molto rara, presente in Regione con popolamenti ridotti e attualmente localizzati in una ristretta area dell’Alto Appennino tra Modenese e Bolognese

Diphasiastrum tristachyum

4 PARMA: Albareto; MODENA: Pavullo nel Frignano, Pievepelago

Molto rara, presente in Regione con popolamenti ridotti e localizzati in stazioni disgiunte dell’ Appennino Parmense e Modenese.

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Dryopteris carthusiana 4 PARMA: Sala Baganza; REGGIO EMILIA: Castelnovo né Monti; MODENA: Fanano, Sestola

Molto rara, presente in Regione con popolamenti ridotti e localizzati in stazioni disgiunte dell’ Appennino Parmense, Reggiano e Modenese.

Cystopteris alpina 5 PIACENZA: Ferriere; MODENA: Fanano; BOLOGNA: Lizzano in Belvedere;

Molto rara, accertata in Regione solo di recente, prima nel Bolognese e Modenese poi nel Piacentino.

Lycopodium annotinum 7 PARMA: Monchio delle Corti; REGGIO EMILIA: Ligonchio, Ramiseto; MODENA: Pievepelago; BOLOGNA: Lizzano in belvedere, Porretta Terme; FORLI-CESENA: S. Sofia;

Rara e con stazioni disgiunte, legata ai Vaccinieti e alle praterie d’Altitudine; molto recentemente sono stati individuati popolamenti di grande consistenza al Corno alle Scale (BO).

Thelypteris limbosperma 7 PARMA: Albareto, Monchio delle Corti; REGGIO EMILIA: Ligonchio, Villa Minozzo; MODENA: Fanano, Fiumalbo, Pievepelago; BOLOGNA: Castiglione de’ Pepoli

Rara con stazioni disgiunte lungo il crinale appenninico; alcune stazioni non sono state confermate.

Equisetum hyemale 9 PIACENZA: Ferriere, Morfasso; PARMA: Berceto, Corniglio; REGGIO EMILIA: Collagna; MODENA: Fanano, Zocca; BOLOGNA: Lizzano in Belvedere

Rara, legata a prati umidi; alcune stazioni (Modenese, Piacentino) sono fortemente disgiunte. L a stazione in provincia di Bologna è vicinissima al comune di Fanano (MO)

Tab. 3. sPecie ParTicolarmenTe rare, PresenTi in meno di 20 quadranTi (segue)

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Woodsia alpina 10 PIACENZA: Ferriere; PARMA: Bedonia; REGGIO EMILIA: Collagna, Ramiseto; Villa Minozzo; MODENA: Pievepelago

Microterma molto rara e forse in ulteriore contrazione;

Dryopteris oreades 11 PARMA: Monchio delle Corti; REGGIO EMILIA: Ligonchio; MODENA: Fanano, Fiumalbo, Sestola, Pievepelago; BOLOGNA: Lizzano in Belvedere

Specie rara, di particolare interesse biogeografico; localizzata nel settore più elevato dell’Appenino Parmense, Reggiano, Modenese e Bolognese.

Gymnocarpium robertianum

13 PIACENZA: Bobbio, Ottone; REGGIO EMILIA: Ramiseto; MODENA: Fanano, Modena, Palagano, Pievepelago, Serramazzoni; BOLOGNA: Savigno; FORLI-CESENA: Bagno di Romagna, S. Sofia;

Specie rara, preferisce nettamente i substrati calcarei; le stazioni di crescita sono fortemente disgiunte; la pianta risulta non più presente in alcune località dove cresceva su manufatti (Bologna, Modena).

Thelypteris palustris 13 PIACENZA: Monticelli D’Ongina; PARMA: Albareto; REGGIO EMILIA: Campegine; MODENA: Fanano, Palagano, Pavullo nel Frignano, Pievepelago; BOLOGNA: Vergato; FERRARA: Mesola;

Rara, legata a zone umide, con poche stazioni fortemente disgiunte, distribuite in un territorio vastissimo che comprende la fascia costiera, la Pianura,la Collina e la Fascia Montana. Alcune stazioni di crescita sono scomparse.

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Lycopodium clavatum 15 PARMA: Albareto, Corniglio, Monchio delle Corti; REGGIO EMILIA: Collagna, Ligonchio, Ramiseto; MODENA: Fanano, Fiumalbo, Pievepelago; BOLOGNA: Lizzano in Belvedere, Porretta Terme; FORLI-CESENA: S. Sofia.

Specie rara, legata ai Vaccinieti e alle praterie d’Altitudine; diverse stazioni non sono state confermate in tempi recenti; molto recentemente è stata individuata una stazione con un popolamento consistente al Corno alle Scale (BO).

Equisetum fluviatile 16 PIACENZA: Coli, Farini d’Olmo, Ferriere; PARMA: Albareto, Corniglio, Monchio delle Corti, Tizzano Val Parma; REGGIO EMILIA: Collagna, Villa Minozzo; MODENA: Fanano, Palagano, Riolunato

Specie rara, legata a zone umide montane o alto montane in buono stato di conservazione.

Marsilea quadrifolia 16 BOLOGNA: Malalbergo; MODENA: Carpi, Mirandola, Novi di Modena; PARMA: Mezzani, Parma, Sissa, Torrile; REGGIO EMILIA: Fabbrico, Guastalla, Novellara, Roviglio

Legata a zone umide in buono stato di conservazione; fortemente minacciata di scomparsa. Quasi tutte le stazioni a suo tempo individuate 10-15 anni fa non sono state confermate in tempi recenti.

Azolla filiculoides 17 RAVENNA: Ravenna; PIACENZA: Caorso; REGGIO EMILIA: Novellara, Reggiolo; MODENA: Mirandola, Modena, Novi di Modena, Carpi; FERRARA: Argenta, Ferrara, Ro, Berra, Copparo; BOLOGNA: Bentivoglio;

Legata ad acque stagnanti o lente; l’origine è incerta (esotica?); la sua presenza è irregolare anche nella stessa stazione; minacciata come tutte le Idrofite.

Tab. 3. sPecie ParTicolarmenTe rare, PresenTi in meno di 20 quadranTi (segue)

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Ophioglossum vulgatum 18 PARMA: Corniglio, Monchio delle Corti; Palanzano, Tornolo; REGGIO EMILIA: Collagna, Villa Minozzo; MODENA: Frassinoro, Lama Mocogno, Palagano, Pievepelago; BOLOGNA: Camugnano, S. Benedetto Val di Sambro; FORLI-CESENA: Bagno di Romagna, Portico di Romagna, Premilcuore, S. Sofia, Verghereto

Rara con distribuzione frammentata, presente soprattutto nella parte emiliana della Regione; alcune stazioni non sono state confermate.

Tab. 4. sPecie con numero Più elevaTo di quadranTi, ma minacciaTe e da soTToPorre a moniToraggio

Entità N. di quadranti

Province e Comuni di presenza Note

Blechnum spicant 23 PARMA: Albareto, Borgo Val di Taro, Corniglio, Monchio delle Corti, Sala Baganza; REGGIO EMILIA: Collagna, Ligonchio, Ramiseto; MODENA: Fanano, Fiumalbo, Frassinoro, Sestola, Zocca, Pievepelago; BOLOGNA: Lizzano in Belvedere, Porretta Terme; FORLI-CESENA: Bagno di Romagna, S. Sofia.

Specie abbastanza rara, vistosa e di facile identificazione; meritevole di essere protetta a livello regionale.

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Botrychium lunaria 31 PIACENZA: Coli, Farini d’Olmo, Ferriere, Morfasso, Zerba; PARMA: Bedonia; REGGIO EMILIA: Ligonchio, Ramiseto, Villa Minozzo; MODENA: Fanano, Frassinoro, Pievepelago, Riolunato; BOLOGNA: Lizzano in Belvedere, Porretta Terme; FORLI-CESENA: Bagno di Romagna, Portico di Romagna, S. Sofia, Verghereto;

I popolamenti sono spesso ridotti o ridottissimi; negli ultimi 15-20 anni è specie poco osservata e probabilmente in diminuzione.Per questi motivi, nonostante sia discreto il numero di quadranti di presenza, va considerata entità probabilmente minacciata e da tenere in attenta osservazione.

Salvinia natans 51 RAVENNA: Ravenna; PIACENZA: Caorso, Monticelli D’Ongina, Piacenza; PARMA: Mezzani, Polesine Parmense; REGGIO-EMILIA: Campegine, Novellara, Guastalla, Novellara, Reggiolo; MODENA: Carpi, Concordia sulla Secchia, Mirandola, Novi di Modena, Soliera; FERRARA: Argenta, Berra, Bondeno, Cento, Codigoro, Copparo, Ferrara, Mesola, Mirabello, S. Agostino, Vigarano Mainarda, Voghiera; BOLOGNA: Budrio, Galliera, Molinella;

La specie, legata ad acque stagnanti oppure a lento movimento, era relativamente diffusa nella pianura emiliana a metà degli anni ‘90; le cose sono cambiate drasticamente negli ultimi 5-10 anni quando la specie non è stata confermata in moltissime stazioni; entità in forte crisi come tutte le Idrofite (cfr. la scheda della pianta).

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Finito di stampare in maggio 2016Centro stampa della Regione Emilia-Romagna