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 Mercati e globalizzazione. Gli incerti cammini del di ritto MARIA ROSARIA FERRARESE 1. Globalizzazione dei mercati ed intelligenza giuridica Quale rapporto tra diritto e mercato? In che termini si può parlare di uno statuto giuridico del mercato ? Questi interrogativi non sono certo nuovi ma oggi trovano nuove ragioni per essere riproposti ed attendono forse nuove risposte in un contesto storico che vede i mercati esposti alla sfi da de ll a gl obalizzazi one . In que sto con testo, ad un osser vat ore fre tt ol oso , la regolazione giuridica dei mercati potrebbe apparire avviata verso un assetto unitario, che cancella le differenze ed omologa i mercati all'interno di modelli e comportamenti comuni. Questa visione, tuttavia, trascura un aspetto importante: se infatti è vero che i processi di globalizzazione tracciano nuove regole e standard comuni che attraversano le differenze, è ve ro altresì che le di ffe renze non ve ngo no pur amente e se mpl ice me nt e cancell at e ma  piuttost o chiamate ad interagi re con tali standards, producendo esiti di diversificazione dei mercati e dei relativi statuti giuridici secondo linee nuove ed inesplorate. D'altra parte, a rendere complicata l'analisi del rapporto tra diritto e mercato contribuisce non poco il fatto che la stessa pluralità dei mercati oggi non coincide più (se mai ha coinciso nel passato) con la mappa dei confini nazionali: essa viene ridisegnata da nuove dinamiche, che si differenziano in maniera duplice rispetto ai confini statali. In primo luogo infatti tali dinamiche possono avere sia carattere istituzionale che carattere non istituzionale. In secondo lu ogo pos son o ave re sia carattere so vra naz ion ale, come mo st ra l'impor ta nte esemp io de ll 'Unio ne eu ro pea , sia car atte re inf ra naz ionale, come avvie ne ad es empio qua ndo  protagoni ste di accordi sono regioni o aree che possono appartener e allo stesso stato o a più stati 1 . Così, qu an do si pa rl a di pl uralità o di di ve rs ità dei me rc at i, ne l contes to dell a globalizzazione, ci si riferisce a realtà diverse, in parte disegnate da processi istituzionali, in  parte disegnat e da processi spontane i ed informali . Anzi i processi informal i marcano differenze non meno significative dei processi formali nel caratterizzare i mercati. Ad esempio, lo stesso me rca to "euro peo ", che pur e è pro dot to da una chiara dinam ica istituz ionale, è segnato da consistenti diversità cultural i che si riproducono in diverse culture giuridiche, cosicché ci si scontra col problema di scegliere o meno un regime giuridico comune che superi il dualismo civil law/common law (cfr. Legrand 1996). Le cosiddette "tigri 1 Come ha osservato Turow 1996, 129, "Il salto da un'economia nazionale all'economia mondiale è un  passo eccessivo da compiere tutto in una volta. Di conseguenza si assist e all'emergere di blocchi commerc iali a livello regionale come trampolino di lancio verso un mercato veramente mondiale. L'esistenza di tali blocchi tuttavia determina alcune tendenze contraddittorie. Ciascun blocco si sforza di liberalizzare il commercio al  proprio interno, ma allo stesso tempo i governi controlla no sempre più gli scambi che intercorrono tra i vari  blocchi. È possibile che il libero scambio mondiale aumenti contempor aneamente al controllo sugli scambi stessi (perché la liberalizzazione degli scambi all'interno dei blocchi compensa l'aumento dei controlli sugli scambi tra blocchi diversi)". 1

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Mercati e globalizzazione. Gli incerti cammini del diritto

MARIA ROSARIA FERRARESE

1. Globalizzazione dei mercati ed intelligenza giuridica

Quale rapporto tra diritto e mercato? In che termini si può parlare di uno statuto giuridico delmercato? Questi interrogativi non sono certo nuovi ma oggi trovano nuove ragioni per essereriproposti ed attendono forse nuove risposte in un contesto storico che vede i mercati espostialla sfida della globalizzazione. In questo contesto, ad un osservatore frettoloso, laregolazione giuridica dei mercati potrebbe apparire avviata verso un assetto unitario, checancella le differenze ed omologa i mercati all'interno di modelli e comportamenti comuni.

Questa visione, tuttavia, trascura un aspetto importante: se infatti è vero che i processi diglobalizzazione tracciano nuove regole e standard comuni che attraversano le differenze, èvero altresì che le differenze non vengono puramente e semplicemente cancellate ma piuttosto chiamate ad interagire con tali standards, producendo esiti di diversificazione deimercati e dei relativi statuti giuridici secondo linee nuove ed inesplorate.

D'altra parte, a rendere complicata l'analisi del rapporto tra diritto e mercato contribuiscenon poco il fatto che la stessa pluralità dei mercati oggi non coincide più (se mai ha coincisonel passato) con la mappa dei confini nazionali: essa viene ridisegnata da nuove dinamiche,che si differenziano in maniera duplice rispetto ai confini statali. In primo luogo infatti talidinamiche possono avere sia carattere istituzionale che carattere non istituzionale. In secondoluogo possono avere sia carattere sovranazionale, come mostra l'importante esempio

dell'Unione europea, sia carattere infranazionale, come avviene ad esempio quando protagoniste di accordi sono regioni o aree che possono appartenere allo stesso stato o a piùstati1.

Così, quando si parla di pluralità o di diversità dei mercati, nel contesto dellaglobalizzazione, ci si riferisce a realtà diverse, in parte disegnate da processi istituzionali, in parte disegnate da processi spontanei ed informali. Anzi i processi informali marcanodifferenze non meno significative dei processi formali nel caratterizzare i mercati. Adesempio, lo stesso mercato "europeo", che pure è prodotto da una chiara dinamicaistituzionale, è segnato da consistenti diversità culturali che si riproducono in diverse culturegiuridiche, cosicché ci si scontra col problema di scegliere o meno un regime giuridicocomune che superi il dualismo civil law/common law (cfr. Legrand 1996). Le cosiddette "tigri

1Come ha osservato Turow 1996, 129, "Il salto da un'economia nazionale all'economia mondiale è un passo eccessivo da compiere tutto in una volta. Di conseguenza si assiste all'emergere di blocchi commercialia livello regionale come trampolino di lancio verso un mercato veramente mondiale. L'esistenza di tali blocchituttavia determina alcune tendenze contraddittorie. Ciascun blocco si sforza di liberalizzare il commercio al

 proprio interno, ma allo stesso tempo i governi controllano sempre più gli scambi che intercorrono tra i vari blocchi. È possibile che il libero scambio mondiale aumenti contemporaneamente al controllo sugli scambistessi (perché la liberalizzazione degli scambi all'interno dei blocchi compensa l'aumento dei controlli sugliscambi tra blocchi diversi)".

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asiatiche", d'altra parte, più che dalla comune area geografica e dalla parziale vicinanzaculturale, sono caratterizzate dalla posizione economica di late-comers e da contesti politici

di incerta democratizzazione: in realtà esse fanno riferimento a modelli politici e statali piuttosto variegati e di certo non dispongono di misure giuridiche unificate.Come si vede, paradossalmente, proprio mentre la globalizzazione potrebbe far pensare ad

una quasi realizzata unificazione dei mercati, si diffonde l'uso di metafore che servono aidentificare diversità delle aree di mercato non tanto in virtù di criteri propriamente giuridici,quanto di geografie territoriali e culturali. Insomma, il mercato "globale" non esiste se noncome dimensione potenziale di scambi a misura del mondo e come crescente capacità deisoggetti economici di intraprendere scambi a dispetto delle distanze geografiche, culturali edanche giuridiche.

I confini degli stati non segnano più i confini dei mercati: si tratta dunque di fare i conticon nuovi modi e nuove fonti di normazione dei mercati, che in gran parte non coincidono

 più con le sovranità nazionali né hanno necessariamente carattere "pubblico".Pensiamo al ruolo svolto da importanti istituzioni economiche internazionali2: soggetticome il World Trade Organization sono difficili da collocare da una parte o dall'altra dellalinea di divisione tra pubblico e privato: esse infatti hanno un'identità composita che registraal contempo impulsi provenienti da stati e comunità internazionali, così come da importantigruppi economici privati. Altrettanto difficile da collocare lungo quella linea è la cosiddettalex mercatoria3 che, se da un lato è il segno più vistoso della capacità che hanno gli stessisoggetti privati del mercato di disegnare istituti e regole per i propri scambi, dall'altra diventauna fonte di normazione che travalica le frontiere tra forme giuridiche "tipiche" e formegiuridiche "atipiche", ridisegnando la sostanza degli scambi di mercato.

Si può insomma parlare di nuove forme di "intelligenza giuridica", prodotte al contempo

da vari soggetti pubblici e privati, che accompagnano la vita dei mercati. Con taleespressione si intende sottolineare che non ci si trova più tanto in presenza di regolegiuridiche che sono un prodotto finito, ma piuttosto di un continuo work in progress, che progetta sempre nuove condizioni organizzative e soluzioni giuridiche per gli scambi (si vedaDezalay 1997). In altri termini, si potrebbe dire che i mercati registrano, accanto alletradizionali misure giuridiche statali, la produzione di nuove forme giuridiche che non hanno più un carattere prestabilito, ma assumono piuttosto modalità adattive, seguendo i mercati neiloro disparati bisogni. Esse non si propongono più tanto il fine di normare e governare lerelazioni economiche, quanto di costruirle, ampliarle, legalizzarle, rispondendo volta a volta afinalità organizzative, di contrattazione, di flessibilità ecc.

A questa complessa impresa di produzione di intelligenza giuridica partecipano soggetti

sempre più numerosi e diversi e sempre meno distinguibili in base alla dicotomia pubblico/privato. Peraltro, questo cambiamento non è senza effetti sia sulla natura delleistituzioni economiche, che assumono una valenza politica (cfr. Strange 1996), che su quelladegli stati, che per converso assumono come proprii moduli di azione economica, comequello della competizione (si vedano Stopford & Strange 1991).

2Come osserva Smelser 1994, 226 si può ritenere "che il futuro della sociologia economica stia principalmente nel campo dell'analisi delle istituzioni economiche internazionali".

3 Per una storia di questo diritto privato si veda Galgano 1993.

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Il diritto dei mercati viene dunque prodotto sia da soggetti pubblici che da soggetti privati. Nel primo caso si può trattare di trattati internazionali o decisioni prodotte da soggetti

sovranazionali o infranazionali; nel secondo caso a produrre diritto possono essere lecosiddette transnational corporations, nonché altri possibili soggetti privati a carattere professionale, o istituzioni economiche sovranazionali o infranazionali, o altrenongovernmental organizations.

Sia che siano prodotte da soggetti pubblici che da soggetti privati, queste forme giuridichesolo in parte continuano a rispondere, weberianamente, alla funzione di assicurare ordine e prevedibilità delle transazioni economiche. Questa tradizionale funzione si trova infatti adessere sfidata su vari terreni. Si pensi allo sviluppo dei mercati speculativi che sono basati proprio sul rischio e sulla specializzazione ad assumerlo da parte di alcuni soggetti (cfr.Knight 1960): essi hanno prodotto misure giuridiche, come i contratti a termine o le opzionisui titoli, che nell'incertezza trovano la propria naturale premessa. Più in generale, come si

dirà più estesamente nelle pagine finali, le funzioni di rassicurazione e "calcolabilità" svoltetradizionalmente dal diritto vengono a patti con una contestuale funzione di partecipare alla produzione di un continuo rinnovamento delle condizioni dello scambio, forzando il quadronormativo esistente.

Ci si trova così a fare i conti con nuove forme di complessità degli statuti giuridici deimercati. La complessità deriva da svariati fattori: in primo luogo dall'accresciuto numero disoggetti produttori di diritto; in secondo luogo dal carattere privato ed invisibile di alcuni ditali soggetti; in terzo luogo dalla tendenza ad una crescente pressione degli interessi sulleregole giuridiche che produce una conseguente variabilità delle stesse; infine da una certaopacità delle regole, che è dovuta all'interazione tra elementi formali ed informali. Il quadrogiuridico assume insomma carattere composito: si compone di numerosi elementi, come un

mosaico; ma, a differenza di un mosaico, non è mai statico e contempla una continuainterazione tra i vari elementi che li compongono. L'interazione riguarda sia soggetti edelementi di natura istituzionale che soggetti ed elementi di natura informale.

Si disegnano così due importanti tendenze giuridiche relative ai mercati. Da un lato unaconsistente tendenza alla privatizzazione dei meccanismi di produzione giuridica relativa aimercati. La crescente privatizzazione si delinea via via che la globalizzazione economica porta con sé uno scivolamento di potere dagli stati alle forze economiche dei mercati, cheassumono così una valenza politica (cfr. Strange 1996). Lungo questo processo, d'altro lato, èinevitabilmente destinato a crescere il peso che fattori di natura informale esercitano sullemisure giuridiche dei mercati.

In altri termini, gli statuti giuridici dei mercati sono soggetti a continue sfide. Via via che

la frontiera pubblico/privato si ridisegna a vantaggio del privato, la barriera che divide ildiritto dagli interessi si fa sempre più debole ed intorno ad essa si istituzionalizza unacomplessa interazione di soggetti diversi per continue ridefinizioni giuridiche che rispondanomeglio a fini di "acquisizione".

E' destinata a crescere altresì, all'interno dei vari stati, la dialettica tra i diversi "formanti"(si veda Sacco 1979), a seconda della loro rispettiva capacità di incontrare le esigenze dellaglobalizzazione. In questa situazione di estrema complessità, appare utile il suggerimento diindagare le differenze tra sistemi giuridici su quattro piani: le prescrizioni di diritto positivo;

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le interpretazioni dei professionisti e degli accademici; le implementazioni da parte di attoriistituzionali; le implementazioni da parte di attori individuali (avvocati, imprese, cittadini):

"alcune culture giuridiche realizzano obiettivi a livello normativo, altre nella fasedell'implementazione, mentre altre le iniziative regolative e la lotta per la giustizia al livellodi attori organizzati o non organizzati. E' perciò completamente fuorviante comparare leculture giuridiche solo ai primi due livelli delle leggi e delle opinioni giuridiche dei professionisti e degli accademici" (Gessner 1995, 89).

Il diritto si ristruttura insomma secondo moduli essenzialmente procedimentali, che permettono un'immissione crescente di elementi e contenuti variabili, in virtù di spinteinformali e privatistiche. Ed il cambiamento è il risultato di rapporti dialettici che siinstaurano tra diversi produttori di diritto (pubblici e privati, statali e sovrastatali oinfrastatali) e tra elementi formali ed elementi informali (ad es. schemi contrattuali e diversimodi di intenderne l'adempimento, a seconda di usi e costumi locali). I risultati di queste

continue e reciproche interazioni raggiungono di volta in volta una relativa strutturazione, manon sono mai stabili e definitivi. Anzi, poiché non esiste un progetto di necessariaarmonizzazione tra diritto prodotto da soggetti istituzionali e diritto prodotto da soggetti privati, si può pensare altresì ad una competizione strisciante tra queste diverse modalità di produzione giuridica.

2. Mercati e comunicazione: verso i dialetti giuridici

La globalizzazione economica pertanto coincide con la messa in moto di processi giuridicisegnati da una grande complessità. La complessità è data dal fatto che sono aumentati i

soggetti protagonisti dei processi giuridici e che tali processi sono, per un verso, sospesi traun carattere pubblico ed un carattere privato e, per un altro verso, tra un carattere formale edun carattere informale.

E' anzi ragionevole prevedere che l'importanza dei fattori informali è destinata a crescere,via via che si accentuano i processi di globalizzazione: questi, infatti, pur implicando latendenziale convergenza ed assimilazione dei mercati, non potranno certo sopprimere lediversità lungamente sedimentate: innanzitutto quelle create dalla storia e dalla tradizione; insecondo luogo quelle create da specifici contesti e bisogni locali. Queste diversità non sonodestinate semplicemente a soccombere, ma piuttosto ad interagire col nuovo, trovando nuovimodi di espressione. Del resto, la storia ha non solo un generico rilievo culturale, ma ancheun preciso peso economico, come si sforza di dimostrare quella nuova direzione di ricerca

storica detta "cliometria"4

e come, attraverso il peso dato alle istituzioni nel costruireefficienza economica, fa lo stesso neo-istituzionalismo5.In altri termini, ci si può ragionevolmente attendere che fenomeni di crescente

 pluralizzazione dei mercati coesistano paradossalmente con la cosiddetta globalizzazione

4Prendendo il nome da Clio, musa della storia, questo indirizzo di ricerca economica sottopone la storiaal vaglio dei modelli economici formali, per valutarne il rendimento in termini di efficienza/inefficienza.

5Si veda North & Thomas 1976, dove si attribuisce lo sviluppo europeo, fin dall'uscita dal Medioevo, allacreazione di efficaci strutture di protezione della proprietà privata.

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dell'economia. Il paradosso si può così riassumere: via via che nuovi paesi, come quelliseguiti al crollo del blocco sovietico (si veda Rhodes & van Apeldoorn 1997) si affacciano ad

una economia di mercato, si trovano sottoposti ad una duplice pressione: da un lato quella difare i conti con la propria storia precedente, sia pure per cambiarla, e dall'altro quella di saper rispondere alla sfida di una globalizzazione che, richiamandosi a leggi "oggettive"dell'economia a cui non ci si può sottrarre e producendo "imperativi" comuni (si veda in proposito Lebaron 1997), sembra richiedere una sorta di neutralizzazione di tale storia6.

Questa tensione, per così dire, tra storia e non-storia, tra condizionamenti locali edimperativi universali non può che produrre forme di diversificazione dei mercati, checorrispondono alle diverse maniere in cui si articolerà in ciascun paese. Così si darannointerazioni creative tra il livello della decisione giuridica statale e quello della decisionegiuridica internazionale o sovranazionale (si pensi al problema dell'attuazione di unadirettiva). Ed interattivo sarà il rapporto tra le forme giuridiche esplicite ed altre forme

giuridiche implicite ma largamente condivise in quanto sedimentate nella tradizione di ungruppo o di una comunità.Del resto, nonostante la crescente egemonia del modello americano, il capitalismo registra

ancora una diversità di modelli (cfr. Albert 1994), che non può scomparire dall'oggi aldomani7. La diversificazione non può non riprodurre le specifiche forme di regolazione che ivari mercati sapranno darsi, facendo interagire le normazioni con i vari contesti informali.Come hanno mostrato alcune ricerche, infatti, occorre considerare adeguatamente il ruolosvolto dai contesti informali che danno un proprio senso ed una specifica applicazione anorme giuridiche astrattamente intese.

Il merito di aver aperto questo interessante filone di indagine spetta a Macaulay (1963),che in una ricerca svolta nel Wisconsin, mostrò che nel mondo degli affari, laddove

insorgano relazioni contrattuali stabili, prevale la tendenza dei  partners ad evitare sia lastesura di contratti troppo dettagliati, sia l'uso delle sanzioni previste in caso di inadempienze.Macaulay non cita Coase nel suo articolo ma le conclusioni a cui giunge sembranoun'illustrazione di ciò che Coase aveva affermato nel suo celebre studio sull'impresa: "Piùlungo è il periodo contrattuale di fornitura della merce o del servizio, meno possibile e inverità meno desiderabile è per l'acquirente specificare cosa ci si aspetta dall'altra partecontrattuale" (Coase 1995, 80). La tendenza del mondo degli affari ad evitare una stretta pianificazione degli scambi corrispondeva alla volontà di evitare complicazioni e "red tape",

6Significativamente Douglas (1995, spec. 5), antropologa di fede durkheimiana, critica la tendenza ad

assumere estensivamente il modello economicistico dell'azione sociale, descrivendo l'homo oeconomicuscome uno "straniero" che "non ha famiglia, parenti o amici. Non ne conosciamo la storia, ha sentimentidiversi dai nostri, non ne comprendiamo la lingua, e tanto meno gli intenti".

7Cfr. Dore 1996 che si chiude con un riferimento all'incognita rappresentata dalla Cina: "da un lato c'è la borsa di Shangai e  joint ventures che agiscono secondo modelli americani. Ma mi dicono che occorre stareattenti a non sottovalutare l'importanza delle vecchie imprese statali, il loro peso nell'economia, la lorocapacità di riformarsi e gli aspetti in cui, soprattutto nella gestione di personale, assomigliano alle corporationgiapponesi. Chi sa? Certo è che il nostro futuro globale potrebbe dipendere proprio dalla direzione di sviluppointrapresa dal capitalimo cinese" (Dore 1996, 1026).

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 preferendo puntare sui meccanismi dell'intesa informale e della fiducia piuttosto che sullesanzioni giuridiche8.

Sarebbe importante verificare empiricamente se i modi di intesa informale conservino unauguale importanza nel mercato globalizzato; ma non è azzardato ipotizzare che, in unasituazione in cui la flessibilità delle relazioni commerciali diventa ancor più importante, datele differenze allargate che intercorrono tra i contraenti, le intese informali assumano un ruolo persino più rilevante: ciò che importa, infatti, si potrebbe dire parafrasando Macaulay, non èsolo ciò che c'è scritto nei contratti, quanto la "cultura del contratto" che è propria dicontraenti che appartengono a diversi contesti culturali9.

D'altra parte, merita di essere considerato, ancor più in un contesto di globalizzazione, unaspetto a cui già Macaulay fa riferimento, per spiegare l'atteggiamento detto degli uominid'affari: l'esistenza di tecniche assicurative per la riduzione o il frazionamento del rischio diinadempimento o di vizi nell'adempimento. L'estensione delle tecniche assicurative, in altri

termini, può essere adatta a controbilanciare i rischi di un mercato più esteso, esonerandoalmeno in parte il diritto da questo problema, per permettergli di elaborare piuttosto formeche potenzino le possibilità di scambio.

Ellickson, a sua volta, pubblica una ricerca in cui sottopone a verifica empirica il celebreteorema di Coase (Ellickson 1991), dopo averlo assunto acriticamente per anni, da studioso dilaw and economics, scopre che quando si verificano casi come quello ipotizzato da Coase, ilconflitto di interesse tra l'allevatore di bestiame e l'agricoltore che ha visto il proprio terrenoinvaso dal bestiame del primo, può non trovare aggiustamento secondo le linee ipotizzate daCoase (1982). La ricerca, svolta a Shasta County, una comunità della California, mostra chesono le norme informali lì vigenti a determinare le soluzioni, peraltro secondo linee dicooperazione, anziché di conflitto10. Coase avrebbe pertanto, nel formulare il proprio teorema,

omesso di considerare "che in alcuni contesti, i diritti iniziali possano sorgere da normegenerate attraverso processi sociali decentrati, piuttosto che dal diritto" (Coase 1982, 139).Scopriamo così che il problema dei diritti informali si presta a molti sviluppi anche da

un'ottica di law and economics: come ha osservato Calabresi (1996, 409), "poiché ilriconoscimento o l'individuazione di diritti comporta un costo, spesso gli individuioriginariamente creano diritti in modo informale, rispettando norme che vengono elaboratesotto il profilo culturale". E conclude: "L'interazione tra diritti culturali e diritti giuridici èun'area di grande importanza e di crescente interesse da parte degli studiosi".

Con la globalizzazione questo settore di studio acquista rilevanza non solo per gli studiosi,ma altresì per gli operatori economici e per i giuristi che li assistono per il raggiungimentodei loro obiettivi pratici. Come osserva Gessner (1993, 70) "ciò che sorprende è

8Spesso, nota Macaulay 1963, 58, gli uomini d'affari preferiscono affidarsi "alla parola", "anche quandola transazione comporta esposizione a seri rischi".

9Gessner 1993, ad esempio, sottolinea la differenza tra culture "inclusive" e culture "esclusive" delcontratto.

10Le norme formali vigenti a Shasta County contemplano la responsabilità dell'allevatore trespassor  incaso di closed range; in caso di open range, al contrario, egli non è mai responsabile. Queste norme formalidivergono sensibilmente dalle norme informali adottate dagli abitanti, che prevedono che il proprietario del

 bestiame sia responsabile degli atti dei suoi animali, indipendentemente dal fatto che vi sia o meno recinzione.

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l'osservazione che la maggior parte degli attori internazionali tenga in grande considerazione,oltre agli aspetti strutturali, gli aspetti culturali dell'arena globale. Sembra che l'attenzione che

tali soggetti pongono sui problemi causati dalle differenze tra le diverse culture politiche,amministrative e giuridiche derivi dalla loro concreta esperienza quotidiana. Essi tematizzanoaltresì frequentemente le differenze socio-culturali che complicano la gestione di pianiindustriali esteri o la vendita di merci all'estero".

Più di tutti, a dare sistemazione all'idea che, al di là delle norme positive, siano decisive"le regole del gioco" con cui esse sono chiamate ad interagire, è stato North (1994; cfr.Ferrarese 1995). Si tornerà più avanti su questa impostazione neo-istituzionalista, per approfondirla meglio. Qui basti dire che essa sottolinea il fatto che ogni aggregato sociale èdotato di propri filtri culturali alla luce dei quali legge ed applica i vari messaggi normativiufficiali: i soggetti sono immessi in reti di "significati impliciti", come li chiama M. Douglas,che servono a facilitare la comunicazione ed a risparmiare sui costi di informazione. Ora, i

diversi sistemi istituzionali vanno al di là delle norme formali e partecipano alla costituzionedi questi nessi di significato, orientando gli attori sociali verso un uso piuttosto che un altrodelle informazioni: in un processo informativo che è costoso ed imperfetto, a differenza diquanto assumono i neo-classici, oltre alle leggi, alle decisioni giudiziarie, al fisco eall'insieme dei vincoli istituzionali espliciti, saranno i problemi di trattamento delleinformazioni a dire l'ultima parola in fatto di efficienza (si veda North 1994, 155ss.).

Queste reti di significato istituzionalizzate assumono un'importanza persino maggiore inun contesto di globalizzazione: i mercati sono infatti chiamati ad accentuare i propri caratteridi "strutture di comunicazione". Spetta ad alcuni indirizzi di ricerca economica il merito diaver segnalato l'importanza di questo tema, attraverso l'analisi dell'imperfezione informativa.Questo settore, oggi sempre più studiato11, com'è stato notato, "riporta l'attenzione sul fatto

che il mercato è principalmente un luogo di comunicazione, dove gli agenti gareggiano nel piegare a fini di guadagno tutti gli strumenti di comunicazione che trovano disponibili nellacultura sociale, e nell'inventarne di nuovi" (Dardi 199?, 55).

Ora, tra gli strumenti di comunicazione di cui dispongono i soggetti del mercato, il piùimportante è sicuramente il diritto. Il diritto, nel processo di giuridificazione ha svolto dasempre una funzione di strumento comunicativo, un medium non dissimile dal denaronell'assolvere a fini di collegamento interpersonale12. Ma nel contesto della globalizzazione, iltema della comunicazione assume nuove valenze e diventa centrale anche per ripensare inuovi percorsi della giuridicità. Ad esempio, le norme giuridiche a dimensione globale, piuttosto che produrre un unico statuto giuridico del mercato, interagendo con diversi contestiistituzionali, creeranno assetti regolativi diversificati in via di fatto. Globalizzazione

dell'economia non implica dunque unificazione dei regimi giuridici dei mercati, ma piuttostocrescente capacità di tali regimi di comunicare per convergere verso un allargamento degliscambi.

11Si deve al neo-istituzionalismo economico questa attenzione al tema dell'incompletezza informativadell'attore economico, collegato al tema dei limiti di razionalità. La teoria dei giochi, peraltro, ha anch'essacontribuito a sottolineare le valenze comunicative del mercato attraverso il dibattito su informazione e

 signaling . Si veda l'applicazione in campo giuridico di Baird, Gertner e Picker 1994, spec. 79ss.12Si veda Habermas (1986, 1022ss.), dove il diritto viene esplicitamente trattato come "medium".

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In una situazione di allargamento dei confini delle relazioni economiche, il diritto è pertanto chiamato a svolgere funzioni in parte nuove. Mentre il diritto di impronta positivista

era chiamato a svolgere la funzione di un linguaggio scritto, con una propria esclusivagrammatica, oggi il diritto globalizzato si avvicina di più a svolgere il ruolo di una lingua parlata in ambito internazionale: una sorta di  passepartout  linguistico, che permette dicomunicare a persone di diverse nazionalità, ma che ognuno parla a modo suo, con le proprieinflessioni e costruzioni lessicali. All'interno di questa generale struttura comunicativa, isingoli mercati elaborano propri dialetti giuridici, piegando a proprio modo, in maniera più omeno significativa, termini ed espressioni del linguaggio comune, registrando impulsiculturali e spinte informali.

La pluralità di statuti giuridici dei mercati che così si crea corrisponde, del resto, ad una parallela tendenza che si produce in economia e di cui si parlerà più avanti: come non hasenso parlare di un mercato ideale che fa naturalmente avanzare la frontiera paretiana, così ha

 poco senso ipotizzare che le norme giuridiche, solo perché esistono, livellano icomportamenti indipendentemente da specifici contesti culturali.Lo strumento giuridico, declinato a livello sovranazionale, del resto, non si rivolge più

tanto a compiti direttamente prescrittivi, quanto piuttosto a predisporre principi operativi efilosofie organizzative di carattere generale, che stanno a monte dei mercati e cheinevitabilmente sortiscono effetti diversi. Si pensi ad esempio ai principii antitrust, cheall'apparenza sono votati alla difesa della concorrenza, in realtà possono servire scopimutevoli e persino opposti13. Specie nel mercato globale possono funzionare come "unostrumento dei paesi industrializzati per difendere i loro mercati e per aggredire e colonizzarequelli dei paesi emergenti" (Amato 1997, 123; cfr. Jordan & Teece 1995).

La globalizzazione economica induce insomma crescente variabilità di contenuti dietro

etichette, formule e principii giuridici generali. In un certo senso, potrebbe essere evocatol'ordine giuridico medievale che, mentre era costruito su misure di diritto "comune", presentava poi elementi fattuali e di radicamento al territorio che compensavano la generalitàdi quelle misure (si veda Grossi 1995). Così, mentre si generano comuni standard di carattereformale (essenzialmente di carattere procedimentale), l'esperienza giuridica si riproduce informe differenziate che poggiano su diversi network comunicativi.

In sostanza, nel processo di globalizzazione economica, il diritto assolve al bisogno diaccentuare le proprie valenze comunicative attraverso due strade: da un lato assumendomoduli espressivi più fluidi e di tipo procedimentale, dall'altro accentuando i propri nessi coni contesti informali. Ne derivano importanti cambiamenti nel significato stesso dellagiuridicità, che assume forme inedite, che si allontanano dai nostri consueti modelli, come si

dirà meglio più avanti. Qui basti sottolineare questi due aspetti del cambiamento: da un lato ilfatto che la giuridicità perde quei connotati hard  che aveva soprattutto nella tradizione positivista europea (nesso esclusivo con la sovranità, verticalità del suo assetto rispetto allasocietà, grammatica di tipo normativista); dall'altro il fatto che questo ritrarsi della giuridicitàdai suoi consueti tratti istituzionali, questa perdita di rigidità, creano il bisogno di nuove

13L'antitrust  non può che essere "un insieme di regole relative, storicamente variabili e mutevoli, cosìcome altrettanto variabili e mutevoli sono i suoi scopi e la sua ratio" (Rossi 1995).

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forme di sostegno non più necessariamente di carattere formale, bensì anche di carattereinformale.

Si produce così una giuridicità destrutturata e multiforme che è sospesa tra un'apparenzauniversalistica ed esiti affidati ad una più accentuata elaborazione sociale. Ma, come si dirà più avanti, i dialetti giuridici sono solo una delle facce giuridiche della globalizzazione.

3. Il diritto dei mercati tra elementi formali ed informali

 Nelle pagine precedenti si è già ripetutamente sottolineata l'accentuata importanza deglielementi di natura informale che, negli spazi allargati della nuova giuridicità, rispondono afinalità comunicative. La giuridicità è così apparsa sospesa tra una dimensione globale ed unadimensione locale, come un lungo millepiedi, che, per toccare gli estremi del globo, ha

 bisogno di appoggiarsi su tante gambe. Lo scopo delle prossime pagine è quello diapprofondire la conoscenza di questi elementi di natura informale, che contribuiscono astrutturare i comportamenti giuridici, partecipando al disegno di nuove forme di giuridicità.

Agli occhi del giurista tradizionale, la normazione dei mercati può apparire identificabilecon i soli dati normativi14; ma questa impostazione di tipo giuspositivistico se poteva trovaremaggiori giustificazioni fino a che gli stati nazionali erano sovrani, oggi rischia davvero diessere fuorviante perché impedisce di cogliere l'importanza degli elementi di bargaining 

nella vita giuridica dei mercati, che cresce via via che i mercati si fanno più estesi eagguerriti. I mercati non sono mai fermi non solo in senso economico ma anche in sensogiuridico: in tal senso il mercato non coincide mai completamente con l'astratto disegno deisuoi istituti giuridici poiché è attraversato da infinite pratiche di bargaining che, come si dirà

meglio più avanti, non risparmiano gli stessi istituti giuridici. L'importanza delle pratiche dibargaining  per i mercati corrisponde ad una ineliminabile fonte di elementi informali cheinteragiscono con i dati normativi ufficiali.

Soprattutto in un mondo che corre verso la globalizzazione, individuare la pluralità dellestrade che danno accesso all'informale nella vita giuridica del mercato non è meno importanteche identificare gli elementi formali. Se lo statuto giuridico del mercato fosse solo unrepertorio di leggi e convenzioni internazionali, il compito di dar conto di esso sarebberelativamente facile. Il problema attuale della regolazione giuridica dei mercati sta invece nelfatto che essa è sempre meno enunciata e visibile: alcune zone di essa restano invisibili, sonoinformali, ma possono essere significative non meno della parte formale e visibile perchè,almeno per una parte, assolvono a funzioni comunicative che diventano tanto più importanti

quanto più si allargano i confini dei mercati.La globalizzazione induce due tendenze che rendono più importante il peso degli elementiinformali. In primo luogo, essa, come si è detto, estendendo il raggio delle relazionigiuridiche, trova nelle reti di comunicazione informale un supporto importante a compensarel'astrattezza delle misure giuridiche, un mezzo per "radicarle" in contesti specifici.

14Irti 1998 ad esempio, ha di recente sostenuto vigorosamente questa tesi, con l'intento ideologico dicontrapporsi a quelle tesi liberiste che identificano frettolosamente la libertà di mercato con l'assenza divincoli giuridici. Cfr. la recensione a tale volume in Ferrarese 1998.

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L'informalità diventa in tal modo riappropriazione sociale di misure giuridiche che nonhanno più uno specifico riferimento ad una data società. Del resto, le misure giuridiche

sembrano confezionate apposta per questo: esse non rispondono più tanto alla tradizionaleessenza normativa, ma fanno spazio piuttosto a modalità regolative soffici e flessibili, prontea recepire elementi informali ed istanze localizzate.

Contestualmente, tuttavia, la globalizzazione tende a rovesciare i tradizionali rapportiesistenti tra diritto e mercato, almeno secondo l'impostazione positivista seguita nell'Europacontinentale. Laddove questa impostazione, incentrando nella sovranità statalel'organizzazione giuridica del mercato, instaurava un nesso di dipendenza dell'economiarispetto al diritto, la globalizzazione, sciogliendo il nesso tra mercati e stati, rende i mercatiregisti, sia pure non esclusivi, dei propri statuti giuridici. Ciò significa che si creano nuovi percorsi, in gran parte invisibili, che eludono le tradizionali strade della giuridicità e passano piuttosto, come si dirà, per gli uffici delle law firm o dei revisori dei conti.

Con esiti paradossali in termini di socialità del diritto. Per un verso, infatti, alcuni caratterisociali del diritto non solo non scompaiono ma acquistano nuova rilevanza nel mercatoglobalizzato, via via che i rapporti giuridici collegano sempre più culture diverse e distanti.Poiché tendono a crescere le istanze di efficacia del diritto, diventa necessario riferire ildiritto a contesti localizzati, per assolvere a finalità di reale convergenza e di correttacomunicazione. Così il diritto sempre più scopertamente appare "costruzione sociale", ossia prodotto dell'interazione di significati che si producono in specifici contesti sociali e culturali.Il diritto si presta dunque sempre più ad essere osservato attraverso gli strumenti dellasociologia del diritto e del diritto comparato: della sociologia, per prestare adeguataattenzione ai fattori informali che condizionano la "vita" del diritto, e che smentiscono "chele istituzioni giuridiche si fondino esclusivamente sulle norme del diritto" (Ehrlich 1976,

72)15

; del diritto comparato, per sviluppare la teoria della "dissociazione tra regole e discorsigiuridici", mostrando che il diritto non è costituito solo da regole, ma è un linguaggio piùampio, che serve "per inquadrare il mondo" (Mattei & Monateri 1997, 23ss.).

Per un altro verso, la vita giuridica del mercato tende a presentare aspetti nascosti,invisibili, che sembrano contraddire questa socialità e sfuggire al circuito dellacomunicazione sociale. L'invisibilità riguarda non solo e non tanto legislatori dal voltosconosciuto che creano norme influenti per il mercato. Riguarda ancor più prassi giuridiche e percorsi di legalizzazione che sono sempre più incontrollabili e opachi.

 Noi ci occuperemo di entrambe queste sfere di rilevanza dei fattori informali, sia di quellache assuma natura sociale, sia di quella che si annida nelle invisibili stanze del potereeconomico e dei suoi svariati tecnici.

Sotto il primo profilo, individueremo vari gradi di interferenza che elementi di naturainformale possono esercitare rispetto alle relazioni giuridiche in ambito economico: lecomponenti di tipo informale possono infatti insediarsi sia al livello dell'azione individuale,sia al livello dell'ambiente sociale, sia a vari stadii intermedi, che riguardano la vita dispecifiche comunità, imprese o altri ambiti specificamente caratterizzati.

15L'autore ricorda che "l'influenza delle norme extra-giuridiche fu riconosciuta per la prima volta, nelmodo più esplicito, a proposito dei contratti di credito: essi distinguono l'investimento di capitale, moralmenteineccepibile, dall'usura, che è sempre condannata dalla morale e, di solito, anche dal diritto" (ibid., 74).

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Sotto il secondo profilo, individueremo alcune tra le più importanti di quelle stanzeinvisibili del potere economico, in cui si producono diritto e circuiti di legalità. Vale la pena

notare che non tutte le segrete stanze sono uguali. Per un verso, infatti, la creazione di norme,istituti giuridici atipici, o altre misure prodotte dalla lex mercatoria somigliano a beni che, se pur se prodotti privatamente, sono facilmente appropriabili anche da soggetti che non hannosostenuto i costi della loro produzione: torna così a delinearsi un profilo sociale di questodiritto, ancorché prodotto per fini privati. Per un altro verso, invece vengono prodotti privatamente altri "beni giuridici" che hanno caratteristiche del tutto diverse: laddove si producano istituti giuridici o circuiti di legalizzazione, che, mentre favoriscono alcunisoggetti o imprese, possono produrre costi sociali anche elevati. Si pensi, ad esempio, allalegittimazione, prodotta per via contabile, di un'impresa che in realtà ha buchi nel bilancio. Inquesto caso, il bene giuridico viene prodotto esportando rischi su soggetti ingannevolmentecatturati in un circuito di fiducia sostenuto da una legittimazione fasulla.

Torneremo più avanti di questi circuiti informali che ricalcano gli interessi delle forze delmercato. I prossimi paragrafi saranno invece dedicati all'analisi dei motivi informali cheinterferiscono con il diritto rispettivamente a livello dell'azione individuale e a livellodell'intera società.

4. Diritto e moventi economici dell'individuo

Prima di inoltrarsi nell'analisi dei vari livelli di interferenza degli elementi informali nellavita giuridica del mercato, occorre spendere qualche parola sul rapporto che esiste tra questivari livelli e soprattutto tra il livello dell'azione individuale ed il livello sociale. Sotto questo

 profilo, com'è stato notato, la teoria sociale ed economica è rimasta spesso divaricata tra dueopposte concezioni relative al rapporto tra comportamento razionale ed ambiente sociale. Daun lato vi è la visione "sottosocializzata" dell'azione razionale, che è propria della tradizioneutilitaristica e che vede il soggetto economico atomizzato e non integrato in rapporti sociali;dall'altro lato vi è la visione "ultrasocializzata" del comportamento economico, che lo vincolastrettamente ai rapporti sociali, fino al punto da non poterlo separare da essi. Rispetto aqueste visioni estremistiche, la tesi del "radicamento", proposta da Granovetter, si pone in posizione intermedia, ponendo l'accento su concrete strutture di rapporti sociali, chedefiniscono specifici contesti di fiducia e di ordine, decisivi per la vita economica (si vedaGranovetter 1992)16. 

Peraltro è possibile ipotizzare che tra il livello dell'azione individuale ed il livello

dell'ambiente sociale si possano individuare delle enclaves sociali, ad esempio specifiche

16E' da notare che in questo saggio l'autore è molto critico nei confronti del neo-istituzionalismo, cheidentifica soprattutto con Williamson, e che vede schiacciato su una visione sottosocializzata, tant'è che

 persino le istituzioni vengono spiegate da un punto di vista neo-classico. E tuttavia, se si pensa all'approccioneo-istituzionalista di North che verrà descritto più avanti, le distanze rispetto all'ipotesi del "radicamento"appaiono assai ridotte: North infatti, pensa alle istituzioni in termini di diverse reti di significato checonducono a diverse grammatiche normative.

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imprese, routines organizzative17 o gruppi di tipo familiare, religioso o etnico, che presentano propri caratteri e specificità che li differenziano sia dal modello puro dell'azione economica

utilitarista, sia dalla più ampia cultura socio-economica in cui sono immessi. Ad esempio,come spiegare la diversità dei risultati economici ottenuti dai diversi gruppi etnici negli StatiUniti? E, più in generale, come spiegare il "ruolo che gruppi sociali particolari hanno giocatonel commercio: si pensi, ad esempio, all'intermediario cinese in Asia; agli ebrei in certi periodi storici; ai quaccheri in altri; e così via. E' chiaro che sono le caratteristiche di questigruppi che contano (si veda Swedberg 1994, 147). Trascurando queste variabili culturali, siricade in una sopravvalutazione di variabili economiche, che invece non bastano a spiegare ledifferenze: sarebbe ad esempio un grave equivoco spiegare con variabili di tipo puramenteindividualistico atteggiamenti economici che sono radicati in una specifica cultura dicarattere collettivo. D'altra parte, sarebbe altrettanto erroneo spiegare la "produttività" deicinesi immigrati in America come un riflesso della cultura della produttività che impera negli

Stati Uniti.Analizzare il ruolo che gli elementi di natura informale svolgono nella vita giuridica delmercato significa dunque fare i conti sia con i caratteri strutturali dell'azione economicaindividuale, sia con culture sociali più o meno generalizzate. La ricerca neo-istituzionalista cifornirà preziose indicazioni per esplorare entrambe queste direzioni di indagine. Nel prossimo paragrafo, soprattutto attraverso la lezione di D. C. North, scopriremo come lacostante interazione tra norme formali e norme informali sia la vera trama per leggere nonsolo i rapporti giuridici in una data società, ma anche le sue conseguenze in terminieconomici18. In questo paragrafo, esamineremo invece la presenza di elementi informali alivello dell'azione individuale, utilizzando specialmente il contributo di Williamson.

Sotto questo profilo, relativo all'azione individuale, rileva dunque la particolare

condizione ambientale del soggetto che compie operazioni giuridiche nel mercato. La sfera diazione dei soggetti è infatti collocata al crocevia tra diritto ed economia: più precisamente, ildiritto è esposto all'interferenza dell'economia e ciò crea un sistematico apporto di motiviinformali che interferiscono col diritto formale. Si può in tal senso parlare di una particolarelocalità dell'agire giuridico nel mercato, poiché il soggetto si trova esposto a due riferimentiche possono anche entrare in contraddizione.

 Non sempre questa particolare località dell'azione sociale che si svolge nei mercati è stataadeguatamente osservata e compresa nelle implicazioni che essa comporta sulla vita giuridica(si veda Ferrarese 1992, 86ss.). I giuristi hanno interpretato l'agire economico secondo le proprie lenti, ignorando i problemi che derivano proprio da questa confluenza di motivazionieconomiche e giuridiche. Così, in ambito giuridico, si è ricaduti in una forma di

sottovalutazione dell'economia a vantaggio del diritto: i vincoli giuridici sono staticonsiderati come capaci di per sé di determinare i comportamenti, secondo presupposti ditipo normativista, trascurando il fatto che il soggetto economico è portato a piegare le normegiuridiche alla propria razionalità e che lo farà tanto più, quanto più la cultura giuridica non èimprontata a parametri normativisti. La sociologia giuridica, d'altra parte, soprattutto nella

17Sul ruolo delle routines organizzative si veda Nelson & Winter 1994 in (Egidi & Turvani 1994).Diffuse informazioni su questo approccio altresì nelle introduzioni dei curatori.

18Cfr. Ferrarese 1995, dove si ripercorre brevemente anche il percorso di questo filone di ricerca.

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versione weberiana che ha dominato in Europa, è rimasta troppo sensibile ai dogmi delgiuspositivismo per percepire la sfida che l'economia poteva costituire per le prescrizioni

giuridiche19

. E laddove, come nei sistemi di common law, e specie in quello nordamericano,lo strumento giuridico era già costruito in modo da rispondere ai bisogni dell'economia20,questa sfida era assai meno visibile per essere colta dall'analisi sociogiuridica.

I contributi in ambito economico, pur ricadendo spesso in una sopravvalutazionedell'economia a scapito del diritto, del tutto simmetrica rispetto a quella compiuta daigiuristi21, offrono tuttavia maggiori occasioni per cogliere questa sistematica interferenza tradiritto ed economia. Così, se il dibattito si è spesso arenato in una sterile contrapposizione trasostenitori e detrattori ad oltranza dello schema dell'azione razionale, schema peraltroconsiderato isolatamente dal contesto delle prescrizioni giuridiche, non sono mancati preziosicontributi capaci di indirizzare l'analisi verso una più adeguata considerazione del rapportotra variabili giuridiche ed economiche.

Approcci come la teoria dei costi di transazione hanno cominciato a ragionare in terminidi naturali collegamenti che esistono tra economia e diritto e che sono stati tradizionalmentetrascurati. Come osserva Coase (199?, 45): "nella teoria economica dominante si ipotizzano per la maggior parte come dati l'impresa e il mercato e non sono fatti essi stesso oggetto diricerca. Risultato di ciò è stato che il ruolo cruciale del diritto nel determinare le attivitàcondotte dalle imprese e nei mercati è stato largamente ignorato" . Coase (1995) scopre i costidi transazione, ossia la costosità delle contrattazioni di mercato e, nel suo famoso studiosull'impresa, ne spiega la nascita in termini di risparmio di quei costi che il mercato tende a produrre in abbondanza. L'idea che le contrattazioni siano costose non ha riflessi solo sulversante economico. I costi di transazione sono sfide che si pongono di continuo neiconfronti di un dato sistema giuridico: non si tratta solo di una perdita in termini di efficienza

economica, ma altresì in termini di efficacia del diritto.E' stata poi soprattutto la ricerca di Williamson a declinare la lezione dei costi ditransazione coasiana in una direzione di ricerca utile per comprendere l'atteggiamentosoggettivo dell'attore economico e i suoi riflessi sulle relazioni giuridiche. E' sugli assunticomportamentali dell'individuo, si potrebbe dire, che Williamson edifica la sua teoriadell'impresa. Laddove "la visione prevalente dell'uomo economico (un massimizzatoremeccanico dedito alla semplice ricerca dell'interesse egoistico) effettivamente rimuove lostudio del contratto dall'agenda della ricerca", nota Williamson. "l'analisi delle transazionirichiede il riconoscimento dei principali attributi comportamentali degli agenti umani"(Williamson 1994b, 221). Centrale nell'analisi di Williamson è infatti la nozione di"opportunismo", termine che indica l'atteggiamento di perseguimento del proprio interesse da

19Rinvio in proposito ai miei scritti Il diritto americano e l'imprenditorialità dei privati, cit., e AnEntrepreneurial Conception of the Law? The American Model trough Italian Eyes, cit.

20Ho sviluppato l'ipotesi che il common law risponda meglio del diritto scritto ai bisogni dei soggettieconomici è sviluppata in Ferrarese (1996).

21L'applicazione più estesa dello schema dell'azione razionale ai comportamenti individuali viene fatta daBecker, che interpreta dal punto di vista della "massimizzazione" anche comportamenti non economici. E'recentissima la pubblicazione in italiano dei suoi principali contributi, specie relativi alla famiglia. Si vedaBecker 1998.

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 parte del soggetto economico, attraverso l'uso di informazioni distorte o ingannevoli, per realizzare i propri fini (si vede Williamson 1975, 7-10). E' l'opportunismo a generare i costi

di transazione e i problemi di "razionalità limitata". Anche laddove l'opportunismo non si presenti nelle forme estreme, che Williamson chiama "manifeste" e "subdole", e assuma lasua forma "naturale", "comporta una forzatura del sistema ai margini" (Williamson 1994b,45). Questa nozione, insomma, conduce a considerare le tensioni che ne derivano nellerelazioni contrattuali ed a ridefinire tali relazioni in funzione dei rischi che presentano, inmodo da permettere ai contraenti di assumere e richiedere "impegni credibili". Ne deriva un programma che conduce a sviluppare ipotesi di associazione tra diversi tipi di transazione ecorrispondenti tipi di strutture di governo adatte a contenerne i rischi transazionali.

Quanto questa direzione di analisi contrasti con la visione tradizionale dei giuristi è facileda vedere: le tradizionali teorie del contratto hanno sempre assunto che le regole giuridichesiano generalmente efficaci e vengano applicate nei tribunali "in maniera documentata,

dettagliata ed a basso costo" (Williamson 1994b, 236). Questo atteggiamento riflette unatradizione di "centralismo legale" che assume che le controversie legali del mercato ricadanosotto il controllo delle agenzie giuridiche, ignorando che la gran parte di esse vengono risoltecon altri mezzi22. Anzi, come tutti sappiamo, la tendenza dei "grandi affari" ad evitare le auledi tribunale è una costante della vita giuridica non solo in casa italiana ma anche altrove.Piuttosto, saranno gli arbitrati, "ordinamenti privati", a intervenire "a sostegno di transazioniche prevedibilmente sperimentano una tensione contrattuale e per le quali la continuità dellacontrattazione viene perseguita" (Williamson 1994b, 237).

Così la ricerca neo-istituzionalista ci fa incontrare una trama comunicativa continuamenteinsidiata dall'opportunismo, dalle mire di guadagno dei soggetti economici23. Gli elementiinformali e privati appaiono sia come minacce agli accordi giuridici formali, sia come

elementi alla luce dei quali programmare le istituzioni giuridiche in modo da ridurre la loroesposizione al rischio. Anche se il programma neo-istiuzionalista di Williamson nonesaurisce il panorama delle possibili interferenze che i motivi informali individuali possonoesercitare rispetto al diritto24, offre certamente una prospettiva feconda per pensare allerelazioni ed alle tensioni tra diritto ed economia.

5. Istituzioni giuridiche ed efficienza dei mercati

22Lo stesso Williamson cita in proposito Galanter 1981. Ma non si può certo evitare di ricordare in proposito lo studio di Macaulay 1963.

23Era dunque inevitabile che questa direzione di ricerca si incrociasse la teoria dei giochi, ossia conquell'indirizzo di ricerca, sorto negli anni quaranta, che analizza i soggetti come attori impegnati in partitestrategiche, ossia orientati a guadagnare ai danni del loro interlocutore. Per un ritratto essenziale si veda Kreps1992.

24Come osserva Elster (1990, 66-7), "ci sono molti aspetti peggiori del self interest :l'invidia, la malizia, ildisprezzo, lo spirito vendicativo, il fanatismo", che spesso lavorano contro l'auto-interesse individuale.Inoltre, le motivazioni costituiscono solo una parte degli input della natura umana: al di là delle motivazionivi sono "le cognizioni", che spesso corrispondono a modelli di pensiero che generano fallacie e distorsioniinterpretative.

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A livello sociale gli elementi informali possono corrispondere a tradizioni, tendenze ed abiticollettivi strutturati, che assumono un potere di conformazione, una capacità di influenzare

gli atteggiamenti individuali, quasi al di là della consapevolezza dei soggetti, investendo alcontempo la rete delle aspettative sociali. Non tutti i mercati sono uguali, dunque, e le varie culture economiche possono essere più

o meno coerenti con le norme giuridiche ufficiali. Ciò equivale a dire che il mercato, nel suoinsieme, è non solo somma di razionalità economiche private ed individuali, ma altresìambiente collettivo, soggetto a un imprimatur culturale ed a proprie forme di "learning by

doing ". Sotto questo profilo il mercato può essere considerato un meccanismo disocializzazione e di controllo sociale. Le regole che si diffondono sul mercato sono pertantosoggette ad essere imitate ed a creare "ordinamenti di fatto", non necessariamente di caratterelegale (cfr. Magatti 1994, 71)25: basti pensare alle cosiddette economie "nere" che sono veri e propri tessuti connettivi di comportamenti illegali.

Come si è detto, è stata la ricerca neo-istituzionalista, soprattutto nella versione di North asottolineare come il sistema istituzionale è composto da due strati - formale ed informale -che possono interagire diversamente, producendo diversi esiti in termini di efficienzaeconomica. Nei paesi occidentali ad economie di mercato è il livello formale ad avere lameglio su quello informale, determinando un contesto di affidabilità per chi intraprendaattività di scambio; viceversa, "nel terzo mondo il sistema istituzionale è privo deimeccanismi formali (e delle garanzie di applicazione) che sottostanno ai mercati efficienti.Tuttavia, in quei paesi si sviluppano spesso settori informali (vere e proprie economienascoste) che operano per favorire l'emergenza di strutture di scambio. Il loro costo è elevato perché la mancanza di tutele giuridiche dei diritti di proprietà riduce l'attività economica a unsistema di scambi personalizzati"26.

In tal senso, l'istituzione mercato appare incline all'autoregolazione giuridica: occorretenere in debita considerazione il fatto che i mercati possono essere considerati ordinamentitendenzialmente "spontanei", come sostiene Hayek, e, come tali, interpretabili in chiaveevoluzionista: ciò significa che essi reagiscono in maniera adattiva ai comandi formali.Questi pertanto saranno tanto più efficaci quanto più potranno combinarsi positivamente coni messaggi e le indicazioni informali che incontreranno nello specifico contesto. Al contrario,quando i messaggi giuridici formali si scontrano con "le regole del gioco" informali, essiandranno incontro all'inefficacia.

Così gli apparati istituzionali, intesi come intreccio di norme formali ed informali,diventano la variabile chiave dello sviluppo economico, perché incidono sulla produzione deicosti di transazione: questi saranno elevati dove la struttura istituzionale non riesce a

 proteggere i diritti di proprietà e gli accordi contrattuali; di conseguenza i soggetti hannoscarsi incentivi ad impegnarsi in attività di mercato. Laddove invece i costi di transazionevengono ridotti da un efficace sistema istituzionale, la strada per lo sviluppo economico èspianata e si può attendere la diffusione di atteggiamenti di tipo imprenditoriale, il

25Si può tuttavia obiettare a Magatti che la diffusione di modelli di comportamento corrisponda ad unareale convenienza dell'attore individuale: si può in altri termini ipotizzare che in molti casi la tendenzaimitativa vinca a dispetto del fatto che l'individuo non veda rispettate le proprie convenienze.

26Cfr. D. C. North, cit., p. 105.

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superamento di atteggiamenti risk-adverse, il radicamento di usanze commerciali condivise. North conclude nel senso che il mercato ipotizzato dai neo-classici, come luogo

dell'efficienza, non esiste: esso è sempre "una miscela di istituzioni diverse; alcune neaumentano l'efficienza, altre la diminuiscono"27.Per la verità, già Coase, Arrow e Williamson avevano espresso una critica nei confronti

del sistema dei prezzi nella versione neo-classica, facendo riferimento ad elementi come lafiducia o l'incertezza a cui solo organizzazioni diverse dal mercato possono dare risposta (sivedano (si vedano Arrow 1986, Williamson 1987)28. Ma North porta a compimento le loroanticipazioni con un modello di riferimento sul rapporto tra elementi formali ed informali checi aiuta enormemente a capire non solo le differenze di efficienza tra i vari mercati, ma altresìle differenze di effettività giuridica. Vi è in tal senso un parallelismo tra i percorsidell'efficienza economica e quelli dell'efficacia giuridica.

Com'è stato osservato, avere un problema economico, non sempre significa risolverlo in

una maniera economica29

. Così, mentre la visione economicistica porterebbe a pensare che ilmercato sia abitato solo dall'homo oeconomicus, noi possiamo constatare molteplici aspetti ecomportamenti che non rispondono ai suoi caratteri. Esaminiamone alcuni.

Il cosiddetto "effetto dotazione", ad esempio, esprime che la tendenza ad evitare le perditespesso prevale rispetto al bisogno di acquisizione: questa "asimmetria degli atteggiamentiverso la perdita e verso il guadagno" esprime una inclinazione allo  status quo, che richiede diessere spiegata (cfr. Douglas 1995 16). Ugualmente va spiegata l'esistenza di altre forme dieconomicità dell'agire, che paradossalmente confliggono con la razionalità economica: adesempio, la  path dependency, pur comportando "attenuazioni di razionalità" nel sensoeconomico, corrisponde ad un diverso progetto di razionalità, consistente nel voler evitare icosti che comporterebbe modificare una situazione consolidata.

Hirschmann e Lindblom, d'altra parte, sottolineano anch'essi la tendenza dell'economia adassestarsi su livelli subottimali, laddove affermano che "le risorse di un'economia non devonomai ritenersi rigidamente fisse dal punto di vista quantitativo (...). L'assunto cruciale, ma plausibile, è che esista un 'ristagno' nell'economia, e che mediante meccanismi di pressionesia possibile spremerle investimenti addizionali, ore di lavoro, produttività e decisioni"(Hirschman & Lindblom 1962).

Una prova di questo ristagno è dato dal fatto che gli imperativi di efficienza vengonodiversamente piegati in funzione non solo della cultura economica prevalente in una datasocietà, ma anche di specifiche appartenenze di gruppo: se, come si è visto precedentemente,i vari gruppi etnici ottengono risultati economici variabili in funzione delle diverse culture diappartenenza, ciò significa che i gruppi che sono non troppo dissimili da quelli più efficienti

costituiscono una potenziale riserva di efficienza.

27 Ivi, p. 108.28Sempre in tema del ruolo svolto dalla fiducia e di fallimento del mercato perfetto, si vedano altresì

Akerlof, 1970 e Shiller 1981.29La ricerca storica di Polanyi è stremamente utile sotto questo profilo, perché tipizza tre possibili modi

di risolvere problemi di natura economica attraverso la politica, i sistemi di reciprocità ed i mercati. Si vedaPolanyi 1974.

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D'altra parte, anche in una situazione di piena efficienza del mercato, questo non ècostantemente impegnato in una ricerca di innovazione e di innalzamento dell'efficienza:

com'è stato notato, "un utile punto di partenza per riconsiderare le questioni della performance e della competitività è la consapevolezza che il successo economico spessoderiva dal saper trovare nicchie di un qualche tipo che forniscano un sollievo temporaneodalla diretta pressione competitiva" (Crouch & Streeck 1997, 13)30.

Ogni mercato ha pertanto carattere composito e mescola "in dosi e forme diverse, burocrazia, consuetudine e concorrenza" (Dardi 199?, 66). Ciò significa che i mercati sononaturalmente sospesi tra razionalità ed irrazionalità, tra efficienza ed inefficienza, tratendenze all'innovazione e tendenze alla conservazione, tra il disordine creativo dellaconcorrenza e la tendenza dell'ordine creato a voler sopravvivere. Essi possono coniugarel'imperativo dell'efficienza in modi assai diversi. Finora abbiamo considerato quei fattori dinatura informale, che a livello istituzionale (come lo intende North) o sociale contribuiscono

a spingere in alto o in basso la frontiera dell'efficienza.Ora, come non ha senso parlare di un mercato ideale che fa naturalmente avanzare lafrontiera paretiana, così non ha senso ipotizzare che le norme giuridiche esistenti suscitinouna naturale osservanza; piuttosto, "la questione dell'efficienza risulta legata non al fatto chenel sistema economico ci sia o no una riserva di miglioramenti paretiani possibili, ma al fattoche il sistema si dia da fare oppure no per produrne" (Dardi 199?, 76). Vi sono insommadiverse dinamiche sociali che interagiscono con le potenzialità di mercato, trasformando il"potenziale inattivo" in "potenziale attivo" (ibid., 77). Il termine mercato insomma puòcoprire realtà economiche assai diverse. D'altra parte è vero che "il mercato può essere più omeno stagnante, ma è nella sua natura di dinamizzatore sociale di non consentire mai checoncorrenza ed innovazione si azzerino del tutto, che una situazione appaia senza vie d'uscita

desiderabili" (ibid., 86).

6. Il mercato, la concorrenza e le deboli frontiere della legalità

L'intento di questo paragrafo è analizzare che rapporto vi sia tra la tendenza del mercatoall'innovazione tramite concorrenza e la sua evoluzione giuridica.

La concorrenza, come insegna Schumpeter, tende naturalmente verso la destrutturazionedi situazioni e rapporti consolidati31. Essa configura un'irresistibile tendenza al cambiamento,che va ben oltre il prezzo e la qualità dei prodotti ed investe qualunque aspetto sia suscettibiledi far muovere il mercato. Vi è in tal senso un'implicita tendenza a distruggere legacci o

"strati protettivi", di qualunque genere, che possano bloccare questa corsa. Peraltro, propriola mancata comprensione della pervasività di questa valenza "distruttrice", che non cessa maidi rivelare nuovi aspetti, ha portato alla tendenza prevalente a studiare "come il capitalismo

30Gli autori riprendono la tesi da Kay 1993.31La concorrenza si può esprimere non solo attraverso il prezzo o la qualità del prodotto, ma attraverso

molteplici altre modalità: "l'impulso che aziona e tiene in moto la macchina capitalistica viene dai nuovi benidi consumo, dai nuovi metodi di produzione e di trasporto, dai nuovi mercati, dalle nuove forme diorganizzazione industriale, che l'intrapresa capitalistica crea". Cfr. Schumpeter 1997, 78.

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amministri le strutture esistenti, laddove il problema essenziale è come le crei e le distrugga"(Schumpeter 1997, 80).

In questo contesto Schumpeter considera il ruolo corrosivo che il capitalismo svolgerispetto allo stesso diritto: gli isituti della proprietà e della contrattazione, ad esempio, sonocostantemente sotto assalto e vengono continuamente svuotati e riempiti di nuovi significati ecaratteri Schumpeter (1997, 136-7) parla di "evaporazione" della proprietà e, del resto, giàBerle e Means (1932) avevano sottolineato che la proprietà, configurandosi in terminimonopolistici, tendeva a rafforzare il potere dei managers. Turow (1996, 305), sessant'annidopo, descrive l'ulteriore "svuotamento" del concetto di proprietà, osservando chel'imprenditore, oggi, "non è più necessariamente il proprietario del capitale, o qualcuno chesvolge il ruolo di radunare diversi capitali. Il suo ruolo è quello di riunire i cervelli giusti".Insomma, laddove il mercato è stato più attivo, come negli Stati Uniti, esso ha configuratonei confronti della proprietà sfide non inferiori rispetto a quelle configurate dallo stato sociale

(si veda Horwitz 1992, 156-7).Forse, proprio per sottolinearne la pracarietà, Schumpeter parlava delle istituzionigiuridiche non come di una solida struttura, ma piuttosto usando termini quali "forme","impalcatura", "intelaiatura". Ed osservava che, in questo continuo processo di distruzione edi rinnovamento istituzionale, si crea un "vuoto" destinato ad essere riempito da "unavegetazione tropicale di nuove strutture giuridiche" (Schumpeter 1997, 136).

Queste straordinarie intuizioni di Schumpeter annunciano tendenze evolutive che portanoassai lontano, ed appaiono particolarmente utili per interpretare aspetti della dinamicagiuridica presente nella globalizzazione.

Se si guarda alle nuove forme di giuridicità disegnate dalla globalizzazione, si vedefacilmente la loro tendenza ad essere contrassegnate dalla presenza di vuoti: la giuridicità non

è una terra compatta, come appariva quando era asserragliata nei confini statali; somiglia piuttosto ad un arcipelago dove, come nelle key West, le varie isole sono collegate da ponti,ma restano separate da un vuoto. Questo processo di decentramento giuridico è inevitabileconseguenza della crescente frammentazione del potere politico che accompagna laglobalizzazione. Non a caso S. Strange, descrivendo il progressivo ritrarsi degli stati dalleloro tradizionali aree di potere e responsabilità ed il passaggio di consegne ai mercati, evocaanch'essa l'idea di un "vuoto": "al centro dell'economia politica internazionale esiste unvuoto, un vuoto non riempito adeguatamente da istituzioni intergovernative o da un potereegemonico che eserciti la leadership nel comune interesse" (Strange 1996, 14).

Questo vuoto di potere corrisponde ad un'accresciuta presenza di informalità nellerelazioni giuridiche: l'immagine schumpeteriana di un diritto che cresce come la "vegetazione

tropicale" occupando il vuoto istituzionale che si crea nel processo capitalistico allude acaratteri di imprevedibilità, di disordine, di casualità e di abbondanza che mal si concilianocon la costruzione giuspositivista di tipo kelseniano o con l'idea di diritto come "sistema", acui siamo abituati nella tradizione giuridica europea-continentale. Almeno due punti dicontrasto sono evidenti. In primo luogo perché l'immagine schumpeteriana fa pensare ad undiritto guidato da un vitalismo organico, che nasce dal basso, piuttosto che da un dio-legislatore che predispone e programma dall'alto. In secondo luogo perché contrasta conl'idea che il diritto garantisca ordine e "calcolabilità", per riprendere l'espressione weberiana:

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fa pensare piuttosto ad un diritto radicato nel mondo dei fatti e guidato dall'instabile agendadegli interessi privati. L'instabilità è proporzionale al numero di soggetti che creano diritto,

spesso in competizione, o che intervengono ai margini dei suoi istituti, per riforgiarli eindirizzarli in maniera compatibile con i propri interessi. Nell'impersonalità dei mercati, nei loro confini incerti, nelle loro dinamiche invisibili,

nella loro perenne mutabilità, si annida un percorso giuridico sempre più incerto eaccidentato, sempre meno formale, sempre meno leggibile nei soli testi di diritto o nei trattatiinternazionali. Il mondo globalizzato è contrassegnato sempre più da "zone grigie"32, da areedi incertezza, da una legalità precaria e artificiale, che si fa spazio tra il pubblico e il privato.Possiamo riconoscere varie zone di produzione di questa giuridicità nuova ed incerta.

La più tradizionale e nota è la zona della cosiddetta lex mercatoria, espressione con cui siintende l'insieme di misure giuridiche commerciali prodotte privatamente dal mondoimprenditoriale, che hanno insieme il carattere della "specialità" e quello della "universalità".

Questo diritto cosmopolita, apparso per la prima volta nel mondo medievale prima dellanascita degli stati, si ripropone oggi con grande vitalità nel mercato globalizzato, come unaforma di comunicazione universale che supera le barriere statali si veda Galgano 1993).L'ordine giuridico creato privatamente dai mercati ha sempre più un carattere composito ecomplesso. Esso corrisponde non solo alla creazione di attività "semi-legislative", ma anchealla redazione di altri strumenti che in vario modo organizzano comportamenti e creanoregole: direttive, codici di comportamento con diverso potere sanzionatorio, moduli estandard per contratti uniformi, condizioni generali per le transazioni (si veda Gessner 1993,67ss.).

Se le forze private del mercato utilizzano modalità e moduli semi-ufficiali per dare regolealle transazioni commerciali, le stesse istituzioni pubbliche inventano nuovi strumenti "quasi-

normativi" per aggirare le difficoltà di un circuito giuridico allargato ma ancora ostacolato daimportanti barriere. L'esempio dell'Unione Europea illustra molto bene questa tendenza: inambito comunitario si è diffuso l'uso di uno strumentario che non ricade nelle classichecategorie giuridiche e sembra indirizzato verso finalità pratiche, specie comunicative:Comunicazioni (della Commissione), linee-guida, direttive-cornice e, più in generale, "regoledi condotta che, in linea di principio, non sono dotate per legge di forza vincolante, ma che,nondimeno, possono produrre effetti pratici" (Snyder 1993a, 19). Questo soft law, com'è statochiamato, è dunque indirizzato innanzi tutto verso un fine pratico, "di efficacia, e poi forse aquello di legalità, e comunque ad entrambi a dispetto della legittimità" (Snyder 1993b).

Si produce così un variegato repertorio di strumenti giuridici che, piuttosto che seguire iclassici percorsi della legalità, asseconda e promuove dinamiche giuridiche compatibili con

l'estensione del raggio d'azione delle relazioni economiche. Questa giuridicità camaleontica,dal carattere spiccatamente adattivo e teleologico è chiamata a servire i mutevoli bisogni delmercato.

Lo strumentario giuridico può essere prodotto da soggetti istituzionali o semi-pubblici(quali le grandi associazioni internazionali) alle prese con la scommessa dellaglobalizzazione: in tal caso l'inventiva giuridica corrisponde alla ricerca di formule e

32Strange usa quest'espressione, riprendendola da Minc 1993.

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strumenti che sappiano mediare tra le tradizionali misure normative e finalità che invece sono piuttosto comunicative, promozionali e di indirizzo. Lo stesso concetto di "sussidiarietà",

tracciato nel trattato di Maastricht, sembra rispondere ad una logica di articolazione flessibiledel rapporto tra pubblico e privato, che si presta a diverse interpretazioni e forzature, infunzione di "considerazioni di efficienza od efficacia" (Antoniolli Deflorian 1996).

Lo strumentario giuridico può altresì essere acquistato dalle imprese sul mercato, grazie aisolleciti servizi delle law firms internazionali: sotto questo profilo, l'acquisto di servizigiuridici non è diverso dall'acquisto di altre forme di competenza tecnica: ai livelli piùelevati, le capacità imprenditoriali sono impegnate prioritariamente nel reperimento enell'organizzazione di formule tecniche vincenti, come osservava Turow. Tende dunque acrescere la rilevanza che hanno le professioni e le competenze tecniche nella vita economica. Non si tratta di un ruolo di mero supporto esterno, che fa da sponda giuridica al potereeconomico delle corporations: si tratta della costruzione di nuovi percorsi di legalità che

sono strettamente intrecciati con la vita e le vicende delle imprese.Dezalay, nell'analisi dei complicati percorsi di ristrutturazione economica e finanziariainternazionale, ci mostra come le grandi law firms di cultura giuridica americana (anche seeuropee), si contendono "il mercato dell'autorità giuridica", senza peraltro rimettere indiscussione integralmente l'ordinamento giuridico o il ruolo degli stati (cfr. Dezalay 1997).

Strange, d'altra parte, ci ricorda che sole sei compagnie di revisione contabile 33 hanno inmano il controllo di oltre il 90% delle grandi imprese a livello mondiale. Queste "big six" nonhanno solo una chiara funzione di revisione contabile e mescolano questa funzione dicontrollo con funzioni di consulenza, assistendo le imprese in operazioni di fusione, cosìcome nell'elusione fiscale: anzi la consulenza "ha quasi finito per eclissare il lato contabiledell'attività"34. Si crea così uno strano connubio di funzioni di controllo e funzioni di

consulenza che qualunque manuale di diritto ispirato ai vecchi pricipii dello stato di dirittodescriverebbe come un monstrum.Le professioni partecipano significativamente a costruire punti di incrocio tra pubblico e

 privato che moltiplicano e disperdono le vie del rischio e della responsabilità nella vitaeconomica o risolvono i conflitti in maniera discreta35. Così, paradossalmente, mentre nellavita politica si vanno riscoprendo un po' ovunque le ragioni del federalismo e dellasussidiarietà, che avvicinano le sfere della decisioni alle società in cui dovranno funzionare,nella vita economica avviene proprio il contrario: proprio quando essa diventa detentricesempre più importante di decisioni di rilievo collettivo, i luoghi in cui queste decisionivengono assunte diventano sempre più chiusi e lontani dalla società in cui esplicheranno esseesplicheranno i propri effetti. Ed è proprio il carattere giuridico di queste decisioni, che

 permette di sottrarle al controllo sociale o politico, immettendole in un altro circuitocomunicativo.

33Cfr. Strange 1996. Per un quadro sui caratteri di queste società nel nostro ordinamento, si vedaBussoletti-Petrucci-Bazzoni 1993, e Cusa 1997.

34  Ivi, p. 203.35Si pensi ai grandi arbitrati nazionali ed internazionali, che tengono i conflitti interni al mondo delle

imprese al riparo dalle ingerenze dei giudici, così come dalla pubblica opinione.

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Si costruisce così una giuridicità multiforme e dinamica, in gran parte affidata ad unsistema incrociato di saperi professionali che conducono alla legittimazione delle scelte delle

imprese, rimpiazzando forme di legalità che si sono dissolte con i confini statali: "gliassicuratori e gli avvocati aumentano i propri profitti, i contabili proseguono ad ampliare la propria attività, e tutti quanti ricevono una fetta della torta dei profitti. Il sistema sembracostituire una sorta di legittimazione liberale, da parte dei contabili, di tutto quanto vengafatto o non fatto dal management, permettendo a quest'ultimo di spostare liberamente iconfini stabiliti come e quando desidera"36.

Se pensiamo ai percorsi della giuridicità in campo economico, via via che i mercati siestendono a dimensione globale, appare evidente il discostamento da alcuni connotati classicidel diritto di marca giuspositivista37. Possiamo contrassegnare due principali aspetti di questinuovo percorsi della giuridicità nell'ambito dei mercati.

In primo luogo la fine di una giuridicità governata o guidata esclusivamente dagli stati. Gli

stati diventano piuttosto soggetti alla pari con altri soggetti pubblici e privati. E, d'altra parte,laddove intervengono, gli stati spesso si limitano paradossalmente ad assecondare privatizzazioni e deregolazioni, ricorrendo a rappresentazioni simboliche che raccolganoconsenso intorno a questi obiettivi ( si veda Crouch- Streeck 1997) e cercando di "mantenerele proprie irrequiete multinazionali a casa ed attirare le imprese straniere fornendo unambiente economico favorevole" (Dore 1997). La giuridicità così finisce per somigliaresempre più ad una terra aperta in cui penetrano e svolgono un ruolo significativo anchesoggetti che non sono classificabili come giuridici. Soprattutto, appare sempre più evidenteche le grandi imprese a carattere transnazionale guidano in buona parte i percorsi di questagiuridicità. Persino i meccanismi di legittimazione e legalizzazione si fanno sempre piùsegreti e privati, sottraendosi all'uso dell'argomentazione pubblica e scegliendo piuttosto i

 percorsi assai più nascosti della negoziazione (si veda Elster 1995).In secondo luogo i percorsi della giuridicità sono costantemente insidiati e resi instabilidalla concorrenza. L'istituzione mercato non solo tende alla variabilità giuridica, ma divieneesso stesso un elaboratore di novità giuridiche. Ciò significa non solo che gli istituti giuridiciesistenti vengono continuamente riforgiati in funzione degli interessi presenti sul mercati, maanche che l'innovazione giuridica si fa essa stessa strumento di concorrenza. Lacontrattazione e la concorrenza intorno agli istituti giuridici diventano in tal sensoimprescindibili elementi di dinamizzazione dei mercati38. Il che porta a forzare continuamentele categorie giuridiche "tipiche" per far posto all'atipico in cui trovano rifugio nuoveintuizioni e invenzioni di scambio. Inventando nuove formule di scambio, le forze del

36  Ivi, p. 206, corsivo mio.37Va tuttavia osservato che all'interno della tradizione giuridica occidentale, il diritto mercantile ha, fin

dalle origini medievali, avuto caratteri e specificità che annunciano linee di evoluzione che si compiono nellaglobalizzazione. Si veda Berman 1998, 311ss., dove il diritto mercantile, che nasce con caratteri dicosmopolitismo e transnazionalismo, viene visto come una delle novità più significative nel panoramagiuridico dominato dal diritto romano.I

38Com'è stato osservato, il bargaining , penetrando ovunque nel mercato, non risparmia le stesse regolegiuridiche. Si veda Dardi 199?, 70.

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mercato riescono a spostare risorse da una parte all'altra, ma altresì a creare di continuo nuovi beni e nuovi rapporti di fruizione39.

Il diritto insomma non fornisce più nicchie sicure in cui ripararsi dalla pressione dellaconcorrenza e viene continamente insidiato da nuovi giochi che ne spostano le lineecoprendole con chiaroscuri, dove le luci si confondono con le ombre.

7. Il diritto americano: metafora del diritto globalizzato?

Le linee evolutive appena tracciate contrastano vistosamente con il modello giuspositivisticoe con le sue ambizioni normative. L'idea di un "vuoto" giuridico prodotto dal processocapitalistico nella sua costante tendenza all'innovazione confligge con la tradizionaleimmagine di sovranità soprattutto dei paesi dell'Eurora continentale, dove gli stati avevano il

monopolio40

della creazione giuridica per via legislativa: qui il diritto era un'"impalcatura" piuttosto invadente e stabile che, pur riconoscendo spazi all'autonomia privata, avevaambizioni di governo dell'economia41.

Il contrasto è assai meno appariscente se invece rivolgiamo il nostro sguardo agli StatiUniti, dove l'idea stessa di un monopolio del legislatore è stata sempre fieramente avversata ei "vuoti" sono stati a lungo parte strutturante della vita giuridica, nel senso che l'intervento dellegislatore era puramente residuale. Il diritto è dunque sempre cresciuto in modo disordinatoe spontaneo, senza darsi troppe preoccupazioni di ordine e coerenza, ed ispirandosi piuttostoad un "paradigma fattuale" (si veda Legrand 1996)42. Possiamo individuare la principaleragioni di questo spontaneismo e "disordine" della vita giuridica del mercato nel fatto chel'evoluzione giuridica negli Stati Uniti è avvenuta prevalentemente sotto l'impulso diretto dei

 privati43

. Sono gli interessi privati a muovere il sistema giuridico attraverso il  judge-madelaw, che viene disegnato nelle corti in risposta agli scontri tra interessi che via via sideterminano nella vita economica. Negli Stati Uniti si parla da sempre di facilitating law per indicare un diritto concepito come strumento per facilitare le trattative private44. Ma non va

39Ad esempio, inventando la formula della multiproprietà, si può spostare in questa direzione una quotadi consumi turistici. Al contempo, l'invenzione giuridica muta sensibilmente le qualità dei beni ed i rapporti difruizione.

40Per la verità, il monopolio giuridico dello stato nei mercati non è mai stato completo neanche nei paesieuropei, se non altro perché la lex mercatoria ha sempre avuto qualche spazio.

41Max Weber può essere considerato il più importante esponente di questa visione giuridica, che vede ildiritto privato basato su "principi giuridici di autorizzazione". Si veda Weber (1980, vol. 3, 86).

42Le osservazioni svolte dall'autore rispetto al diritto di common law inglese, valgono ancor più rispettoal diritto americano.

43Basti pensare alla resistenza sempre dimostrata dagli americani nei confronti della codificazione,nonostante gli auspici di Bentham e dei suoi seguaci. Gli stessi  Restatements o l'Uniform Commercial Code

che gli Stati Uniti si sono dati in campo commerciale, sono una mera ratifica di quanto costruito dalle pratichegiuridiche del mercato, piuttosto che un coerente progetto di unificazione giuridica costruito a tavolino.

44Per un'esposizione generale dell'idea di facilitating law si veda (Summers 1986, 533ss.).

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dimenticata altresì quella concezione "open door" che permea lo stesso diritto legislativo,rendendolo disponibile ad ascolare voci, richieste e bisogni della società45.

Hurst descrive l'evoluzione giuridica americana come un riuscito connubio di drift  edirection, di elementi alla deriva e di tentativi di imprimere loro una direzione (Hurst 1972,28ss.). Ciò è particolarmente rispecchiato nel diritto del mercato. Questo non è mai statonegli Stati Uniti una sorta di infrastruttura predisposta dallo stato per la conduzione delletransazioni o per le risoluzioni dei conflitti. Era piuttosto un prodotto che in gran parte i varioperatori economici si procacciavano sul mercato come acquirenti quando ne avevano bisogno: con ciò non si vuole alludere a pratiche corruttive o ad argomenti simili a quelliutilizzati dagli autori di Public Choice; si pensa piuttosto ad una legalità che, trovando nellecorti il più importante canale di scorrimento, ha fatto sempre ampio ricorso alle competenze professionali private: si pensi al ruolo rilevantissimo svolto dagli avvocati o a da altre figuredi "esperti" nel judge-made law46.

Come si vede, negli Stati Uniti, l'idea che la competizione attraversi il sistema giuridico èstata sempre presente, in primo luogo nella competizione tra diversi attori, pubblici e privati,che possono produrre diritto.

Ma, al di là della competizione tra attori pubblici e privati e tra gli stessi attori pubblici47,si può riconoscere in quel sistema giuridico altresì la competizione tra diversi tipi di diritto e persino tra diversi stati. L'evoluzione giuridica vede infatti affermarsi negli Stati Uniti unostile che potremmo chiamare "inglobante", piuttosto che "escludente": vi è tendenza cioè asommare nel sistema giuridico tipi di diritto eterogenei e persino contrastanti48, mettendoli incompetizione, piuttosto che a cercare un ordine formale, privo di contrasti e di incoerenze.D'altra parte, la competizione tra stati per attrarre risorse e mercati trova una perfettaillustrazione nel corporate law, che consente alle corporations di scegliersi liberamente lo

stato che preferiscono (cfr. Romano 1993).Le tendenze giuridiche che si disegnano nel processo di globalizzazione presentanosignificative affinità con i tratti dell'esperienza giuridica statunitense appena richiamati. Lastoria giuridica americana ci ha insegnato per prima come il mercato possa funzionare dastruttura di comando e di pianificazione, mentre la politica possa recepire quegli elementidella contrattazione e dell'accordo che sono tipici del mercato (cfr. Hurst 1982, 93ss.). Essasembra insomma contenere nel proprio DNA tutti i caratteri che si annunciano come tipicidella globalizzazione. Non ultimo, il carattere ambivalente e composito del diritto delmercato: che da un lato si presenta come un diritto continuamente alimentato e "parlato" daisoggetti sociali e dall'altro consegna una parte della propria elaborazione a soggetti privati potenti ed in gran parte invisibili.

45L'idea di un diritto legislativo "open door" era connessa con l'ideale democratico di incontrare bisogni,istanze e domande sociali diffuse. Si veda Hurst 1982.

46Sul ruolo svolto da avvocati ed esperti nel contesto odieno di law explosion, si veda Olson 1992.47Si pensi alla competizione tra soggetti pubblici statali e soggetti pubblici federali o a quella tra

legislatore e corti, che negli USA è resa possibile dal potere di judicial review.48Ad esempio, common law e statute law, libertà di mercato e regulation, concezione attiva e concezione

 passiva del giudiziario. Su quest'ultimo aspetto, rimando a Ferrarese 1998.

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