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Fabio Mugnaini La storia della fiaba e delle altre storie. «Bullettino Senese di Storia Patria», anno CXVI, 2009, pp. 384-408 La storia che vorrei leggere La storia della fiaba è di fatto una storia senza fine e senza inizio: sia perché l'oggetto di cui tratta non ha un punto d'avvio certo e definito, un terminus a quo da cui far decorrere gli elementi di continuità e di lunga durata, né tanto meno un terminus ad quem (come insegnava Cirese), dal momento che la fiaba sembra capace di acclimatarsi e di trovare adeguate condizioni di riproduzione in tanti ambiti culturali ed in tanti differenziati contesti della socialità contemporanea 1 . Se per tante volte si è gridato – o si è sentito gridare- al rischio di scomparsa della fiaba e dei suoi universi immaginari, per altrettante volte si è dovuto prendere atto che scomparso un contesto (la veglia contadina, per esempio) se ne produceva un'alternativa potenziale, magari collocata entro ambiti più istituzionali (pensiamo all'uso della fiaba nell'istituzione scolastica) o si consolidavano le condizioni per un ritorno alla trasmissione intergenerazionale (si pensi ai tanti nonni disponibili per i nipotini/figli unici della famiglia nucleare contemporanea 2 ). Fare la storia della fiaba, quindi, implica accettare un compromesso tra varie modalità di costruire una storia: da un lato quella dei suoi studi, che allinea, allora, i saggi teorici e i contributi di ricerca, le imprese della documentazione e della catalogazione- ed è pertanto storia accademica, degli sforzi di dare consistenza epistemologica ad un oggetto che transita dall'antropologia alla filologia, alla semiologia, alla storia della letteratura agli studi 1 Si veda, a titolo di esempio, la lettura del film di Almodovar, Parla con lei, come riattualizzazione della fiaba della Bella addormentata, di Adriana Novoa, Whose Talk is it? Almod var and the Fairy Tale in ò Talk to her, “Marvels & Tales”, n. 19/2, pp. 224-248, 2005. 2 Cfr. Pier Giorgio Solinas, L'acqua strangia. Il declino della parentela nella società complessa, Milano, Angeli 2004

Fiaba mugnaini

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la fiaba

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  • Fabio Mugnaini

    La storia della fiaba e delle altre storie.

    Bullettino Senese di Storia Patria, anno CXVI, 2009, pp. 384-408

    La storia che vorrei leggere

    La storia della fiaba di fatto una storia senza fine e senza inizio: sia perch l'oggetto di cui

    tratta non ha un punto d'avvio certo e definito, un terminus a quo da cui far decorrere gli

    elementi di continuit e di lunga durata, n tanto meno un terminus ad quem (come insegnava

    Cirese), dal momento che la fiaba sembra capace di acclimatarsi e di trovare adeguate condizioni

    di riproduzione in tanti ambiti culturali ed in tanti differenziati contesti della socialit

    contemporanea1. Se per tante volte si gridato o si sentito gridare- al rischio di scomparsa

    della fiaba e dei suoi universi immaginari, per altrettante volte si dovuto prendere atto che

    scomparso un contesto (la veglia contadina, per esempio) se ne produceva un'alternativa

    potenziale, magari collocata entro ambiti pi istituzionali (pensiamo all'uso della fiaba

    nell'istituzione scolastica) o si consolidavano le condizioni per un ritorno alla trasmissione

    intergenerazionale (si pensi ai tanti nonni disponibili per i nipotini/figli unici della famiglia

    nucleare contemporanea2). Fare la storia della fiaba, quindi, implica accettare un compromesso

    tra varie modalit di costruire una storia: da un lato quella dei suoi studi, che allinea, allora, i

    saggi teorici e i contributi di ricerca, le imprese della documentazione e della catalogazione- ed

    pertanto storia accademica, degli sforzi di dare consistenza epistemologica ad un oggetto che

    transita dall'antropologia alla filologia, alla semiologia, alla storia della letteratura agli studi

    1 Si veda, a titolo di esempio, la lettura del film di Almodovar, Parla con lei, come riattualizzazione della fiaba della Bella addormentata, di Adriana Novoa, Whose Talk is it? Almod var and the Fairy Tale in Talk to her, Marvels & Tales, n. 19/2, pp. 224-248, 2005.

    2 Cfr. Pier Giorgio Solinas, L'acqua strangia. Il declino della parentela nella societ complessa, Milano, Angeli 2004

  • sull'industria culturale e sulla comunicazione di massa; dall'altro una pi ampia storia culturale e

    sociale al tempo stesso, che deve fare i conti con l'avvicendarsi di idee e paradigmi, estetici e

    politici, con il flusso universale delle culture umane cos come con il ruolo assunto da determinate

    entit collettivit, stati, nazioni, regioni linguistiche, patrie culturali, secondo il grado in cui di

    volta in volta, da questi soggetti di storia si fatto ricorso al deposito di immagini, significati,

    metafore costituito dalle fiabe3. Parte di questa storia, peraltro, deve anche essere dedicata al

    processo, consolidato nel tempo e localizzato in vari e precisi spazi socio-politici, che ha portato

    alla centralit della fiaba - genere narrativo tra i tanti- assunto come perno dell'intero

    patrimonio di racconto di tradizione orale, in modo da aprire una prospettiva interna alla

    fiabistica, che spieghi come e perch la fiaba stessa debba essere, a sua volta, assunta come il frutto

    di una costruzione storicamente leggibile.

    La storia delle storie che chiamiamo fiabe -ma che intendiamo debba essere aperta ad altri

    sottogeneri ed alla stessa pratica della narrazione orale- gi configurata da una costellazione di

    lavori che si situano pi vicini ora al primo ora secondo tipo di racconto storiografico, ma ogni

    mutamento nel paradigma metodologico, ogni aggiornamento relativo alle modalit di esistenza e

    di vita sociale della fiaba suggerisce un riorientamento e prospettive inusuali, quando non di volta

    in volta inedite.

    Un racconto semplificato della fiabistica potrebbe cominciare con il solito riferimento alla

    notte dei tempi in cui si perdono le origine delle fiabe, testi di afflato poetico che, pur essendo

    universali, vivono grazie al loro radicamento in luoghi e comunit sociali, accogliendo le nuove

    generazioni e diffondendo indicazioni simboliche e morali utili a farne dei cittadini probi e

    orgogliosi delle loro radici, appunto, e delle loro identit. In tal modo si potr rinviare

    velocemente ai racconti che si fanno nelle giungle sperdute, per poi passare ai testi documentati

    3 Data la sua centralit nelle pratiche scientifiche della maggior parte delle scuole di folklore in Europa, l'impostazione degli studi di fiabistica rispecchiava, quando non orientava, i paradigmi teorici e metodologici vigenti per l'intera disciplina; cfr. a proposito, V. T. Hafstein, Metafore biologiche nelle teorie del folklore. Un saggio di storia delle idee, Lares, LXIX/2, 2003, pp. 391-422

  • dalla tradizione classica, che sarebbero sopravvissuti per secoli, presso i volghi analfabeti,

    all'insaputa dei sapienti e dei dotti, trasformandosi e integrando via via altri temi e altri motivi, fin

    quando, in epoca romantica, i fratelli Grimm ne avrebbero raccolto il fior fiore dalla bocca dei

    contadini tedeschi, dando il via ad una stagione di grandi raccolte, ciascuna rivolta ad un preciso

    territorio coincidente con lo spazio delle nazioni. Viventi nella tradizione orale, rivolte ai bambini

    e pervase di valori della tradizione, le fiabe sarebbero quindi state esposte alla modernit come ad

    un rischio letale, e solamente la sensibilit di alcuni benemeriti studiosi avrebbe avuto il potere di

    salvarle dall'oblio, loro e tutto il mondo fiabesco e immaginifico che celavano come un tesoro. Su

    questi testi, altri studiosi avrebbero sperimentato teorie e metodi di analisi di grande complessit,

    facendone una vera e propria scienza, dei cui frutti oggi possiamo liberamente fare uso didattico,

    sottoponendo agli alunni delle nostre scuole degli educativi esempi di analisi del testo.

    Queste poche righe, che non traggo da nessun'opera edita in particolare, ma da un discorso

    comune largamente diffuso, che si legge e si sente in giro, vagando tra depliants di corsi di

    formazione e quarte di copertina di libri di fiabe illustrate, tra sommari di programmi per

    bambini e abstract di didattiche alternative, vedono condensati molti degli stereotipi contro i

    quali meriterebbe di essere ricostruita, oggi, una storia della fiabistica e degli studi di tradizione

    orale. Il senso comune attorno alla fiaba e ai suoi studi associa verit parziali, omissioni, bugie

    innocenti, che tutte insieme fanno corpo e danno vita ad una concezione della fiaba incoerente e

    astorica quanto plastica e resistente alle considerazioni critiche che si sono sedimentate

    nell'ambito degli studi specialistici, e che, se opportunamente divulgate e diffuse, restituirebbero

    alla pratica del racconto orale ed al patrimonio di narrazioni che amministra e veicola, una

    valenza ben diversa da quella consolatoria e strumentale che ci divenuta cos familiare.

    Una storia integrale e critica, che dovrebbe certamente assommare competenze storiografiche,

    antropologiche, letterarie e filologiche, non mi pare che sia al momento disponibile- almeno

    come racconto unitario e come sintesi sistematica- se non in quel monumento che la

  • Enzyklop die des Marchens , ovvero un vastissimo progetto enciclopedico, strutturato per voci, in

    ordine alfabetico, affidate ad esperti di livello internazionale, ciascuno entro il proprio ambito

    disciplinare4. L'iniziativa, espressione della centralit internazionale della scuola tedesca di

    fiabistica, avviata nel 1977 e ormai in via di completamento, come la torre Eiffel, al momento

    della conclusione, richieder i primi restauri, ovvero integrazioni e revisioni alle prime voci,

    quelle che la collocazione alfabetica ha collocato pi lontane dal dibattito contemporaneo.

    Offerta tuttavia agli studi internazionali in lingua tedesca, la EDM soffre di quella stessa

    difficolt di circolazione che ha congelato per decenni5 i preziosi apporti di Hermann Bausinger,

    di Rudolf Schenda, di Heinz R lleke, rendendo cos sbilanciato e parziale il panorama degli studi,

    largamente transitato dagli apporti in lingua inglese, ma ha il pregio indubbio di aver raccolto nei

    suoi fascicoli (e nella correlata rivista di studi, Fabula, pi accessibile perch multilingue) un

    patrimonio di riflessioni e di informazioni che pu davvero costituire un punto di ripristino della

    storiografia della fiabistica.

    Un (impossibile) riassunto anticipato della storia di cui ho segnalato la mancanza, potrebbe

    essere formulato ripercorrendo la linea del cattivo esempio ideale offerto sopra. La storia della

    fiabistica dovrebbe dichiarare che si occupa di una produzione di carattere estetico, amministrata

    nelle sue realizzazioni ottimali da individui di particolari doti espressive e comunicative, anche se

    universalmente diffusa entro contesti sociali segnati dall'interazione diretta tra persone di diverso

    4 Enzyklopdie des Mrchens: Handwrterbuch zur historischen und vergleichenden Erzhlforschung, a

    cura di Kurt Ranke, insieme a Hermann Bausinger ... [et alii.], Berlino-New York, W. De Gruyter, 1977-

    2008.

    5 In tal senso si esprime Dan Ben Amos, prefatore alla traduzione inglese del libro magistrale di Hermann Bausinger, Volkskunde in der technologische Welt, apparso nel 1967, riedito con integrazioni nel 1971 e tradotto in inglese solamente nel 1990; una sorte persino meno felice toccata ad alcune opere di Rudolf Schenda, quali Volk ohne Buch (1970) e Vom Mund zu Ohr, (1993) che hanno a malapena valicato i confini della comunita di studiosi germanofoni. Per un profilo biobibliografico di Rudolf Schenda, che era anche un affettuoso ricordo, si veda Luisa Rubini, Rudolf Schenda, La Ricerca Folklorica, 2001, m. 43, pp. 103-116.

  • genere, ruolo sociale e anche di diversa generazione. Questa pratica si sarebbe storicamente

    relazionata alla circolazione di idee e di informazioni provenienti dall'universo dei saperi scritti e

    avrebbe via via incorporato i segnali del mutamento storico 6 nella misura in cui questo toccava il

    vissuto dei ceti sociali che tramite la tradizione orale si rappresentavano e si riproiettavano nel

    tempo. La via dell'estetica sarebbe quindi stata una risorsa per dare consistenza a valori ideali,

    forma e risposta simbolica a bisogni e rivendicazioni di varia natura, voce a sentimenti e

    continuit culturale a soggetti collettivi di rilievo identitario. Entro questo patrimonio ampio e

    variegato, molte tradizioni diverse, per area e tempi di provenienza, sarebbero confluite ed a

    questo patrimonio in molti esponenti della letteratura culta, per limitarci al mondo dell'arte della

    parola, avrebbero attinto, riportando all'attenzione dei pubblici pi socialmente autorevoli

    determinati filoni tematici, selezionati per genere, contenuti, stilemi, di volta in volta alla moda.

    Con l'avvento dell'era dei nazionalismi, l'esigenza di costituire un corpus di riferimenti per l'intero

    universo sociale delle erigende nazioni mono-culturali, avrebbe poi fatto rivolgere l'attenzione

    degli studiosi al patrimonio di tradizione narrativa orale, per farne oggetto di un monumento

    politico e culturale al tempo stesso. I fratelli Grimm, i primi a cimentarsi in una tale impresa,

    avrebbero dato vita ad un vero e proprio paradigma, emulati poi per ciascuna nazione della

    nuova Europa che si avviava sulla via delle individualit nazionali, da altri raccoglitori, mossi da

    analoghe velleit e retti dai medesimi precetti: l'esaltazione di un popolo infantile che ai propri

    bambini trasmetteva valori eterni in forme poetiche di incredibile poesia e di stupefacente

    semplicit. La messe di testi raccolti presso i ceti contadini (molto spesso rappresentati se non

    sostituiti da figure di mediazione con la citt e con il mercato del lavoro, quali domestici,

    governanti, commercianti, ecc...) avrebbe poi costituito palestra per approcci comparativi e

    scientifici, dando cos consistenza epistemologica ad un terreno di studio che si concentrava sulla

    natura testuale della tradizione narrativa e sui alcuni dei generi che vi erano stati definiti o

    identificati. Il paradigma centrato sul testo sarebbe entrato in crisi solamente nella seconda met

    6 Si veda quando scrive Hermann Bausinger, in Cultura popolare e mondo tecnologico, Napoli, Guida 2005, pp. 156 e segg.

  • del novecento, quando una rilettura in chiave storico-filologica degli studi di fiabistica, da un lato,

    e una proposta maturata tra la linguistica e l'antropologia, dall'altro, avrebbero aperto nuove e

    divergenti prospettive, dissolvendo la centralit del testo della fiaba nel triangolo che unisce il

    materiale oggetto di racconto e di trasmissione narrativa, il narratore ed i suoi connotati, artistici e

    sociali, il pubblico o i pubblici che alimentano con la domanda e l'attenzione la pratica narrativa7.

    La narrazione orale come pratica artistica socio-culturalmente connotata, apre cos nuove

    possibilit di comprensione dei mondi sociali che si vi riconoscono, porta alla luce un ben pi

    ricco panorama di temi, di valori artistici, di generi, di quanto il paradigma testuale aveva lasciato

    intravedere. Soprattutto, direi, il nuovo modo di avvicinare la pratica della narrazione orale,

    consente di seguirne le evoluzioni nei vissuti contemporanei, e di leggere da vicino il perpetuarsi

    della sua necessit: il bisogno di racconto sopravvive e, se possibile, si rafforza, nell'era dei testi on

    line, della nuova oralit della rete telematica e dei blogs, e l'antropologo che se ne occupa pu

    farvi riferimento come ad una chiava privilegiata di comprensione di mondi altrui, o di rilettura

    straniata- del mondo stesso cui appartiene e di cui narra.

    In questo percorso si dovrebbe cogliere la decadenza del modello di una scienza della cultura

    ricalcata sui confini di identit nazionali che, storicamente, sono poi state riassorbite da altre

    configurazioni di interessi economici e di altre soggettivit politiche (penso agli orizzonti politici

    transnazionali, ed ai flussi culturali globali, di cui parla Appadurai)8; si dovrebbe mettere a fuoco

    il transito dell'oggetto da un ambito di studio storico-letterario, ad una pi accogliente

    ambientazione antropologica e, all'interno di questa, da un modello scientista, oggettivante e

    normativizzante, ad un modus interpretativo che, quando non disgiunto da una accurata

    etnografia delle pratiche pu aprire dei percorsi di comprensione e di documentazione in grado

    di contemperare la necessaria sistematicit del fare disciplinare (e quindi disciplinato) e la

    necessaria duttilit nei riferimenti che la vitalit dell'oggetto richiede a chi lo pratica e lo avvicina.

    7 Cfr. Ruth Finnegan, Oral Tradition and Verbal Art. A Guide to Research Practice, London/Nw York, Routledge, 1992

    8 Arjun Appadurai, Modernit in polvere. Dimensioni culturali della globalizzazione, Roma, Meltemi, 2001

  • Non risulterebbe quindi n arrogante n irrispettoso il ribaltamento delle priorit che si sono

    storicamente consolidate: la pratica del racconto non solo tradizione orale, da quando la

    scrittura e le scritture si sono impadronite dei suoi temi e li hanno rimessi in circolazione in forme

    nuove9; la tradizione narrativa non solamente fiaba, anzi soprattutto molto altro e molto

    diverso da quanto canonizzato come materiale, tono, sostanza e forma del fiabesco; la pratica

    narrativa non rivolta n esclusivamente n prioritariamente ai bambini, ma la sua fortuna di

    oggetto di studio, cresciuta parallelamente alla convinzione della sua destinazione infantile,

    dovrebbe essere letta come il corollario necessario alla costituzione del bambino come soggetto

    culturalmente e politicamente riconosciuto e definito10. A sua volta la pratica narrativa non

    scompare con la tecnologia, n con l'istruzione di massa, n con la dissoluzione delle forme del

    vissuto comunitario delle societ tradizionali (ovvero arretrate e subalterne) ma si adatta ai ritmi

    ed ai modelli dell'interazione sociale contemporanea, variamente formalizzata o istituzionalizzata,

    facendo tesoro di risorse comunicative, immaginative e tecniche.

    La tradizione narrativa, infine, non imperniata sul testo quanto sulla sua resa nella

    performance, come dimostrato dall'evoluzione che ha portato l'affabulazione a prendersi un

    posto di rilievo nella sperimentazione artistica e teatrale contemporanea, non inchiodata al

    rispetto di alcun palinsesto, ma anzi libera di farne uso metaforico e metanarrativo,

    sintetizzando nuovi generi e nuove configurazioni formali, perch il narrare possa continuare ad

    essere quel canale di trasmissione intersoggettiva di critiche, di sogni e di emozioni che ne fa una

    pratica intimamente politica, pi e prima che un debito identitario nei confronti della tradizione.

    9 Cfr. Rudolf Schenda, Folklore e cultura di massa, in Pietro Clemente e Fabio Mugnaini, curatori, Oltre il folklore. Tradizioni popolari e antropologia nella societ contemporanea, Roma, Carocci, 2001, pp. 73-88.

    10 Cfr. Egle Becchi e Dominique Julia, Storia dell'infanzia, Bari, Laterza, 1996, oltre al testo spartiacque di P. Aris, Padri e figli nell'Europa medievale e moderna, Bari, Laterza, 1981 (ed. or. 1960); per un bilancio infine sulle caratteristiche di una specificit culturale qualificata come folklore infantile, per l'ambito statunitense, si veda Brian Sutton-Smith, Jay Mechling, Thomas W. Johnson, curatori, Children's folklore. A Source Book, Logan, Utah, Utah State University Press, 1999.

  • Ecco, messi a confronto, uno dopo l'altro due esempi che faranno inorridire gli storici: il

    primo, sintesi di una congerie di racconti storici e di approcci analitici, improntato ad una presa

    di distanza, il secondo, sintesi di cose fatte e di proiezioni, che mette insieme la rilettura in senso

    critico di un secolo e mezzo di studi ed aperture di credito a novit di approccio pi vicine ad un

    wishful thinking che non ad un severo e posato bilancio storiografico. Ma che la storia della

    fiabistica non era una storia normale, lo avevo premesso, e adesso, a posizionamento avvenuto,

    posso offrirne i punti a mio avviso- essenziali e condivisibili anche da chi si trovasse a non poter

    consentire con me e con il bilancio che propongo: un bilancio parziale- lo premetto- e orientato a

    convergere sul ruolo che nella storia della fiabistica hanno avuto autori e ricerche legate al

    territorio senese. A questa piegatura del racconto, oltre che a elementari motivi di spazio, si

    debbono alcune esclusioni, che non sono censure ma effetti di una visione prospettica molto

    angolata, che comincia con i Grimm e finisce con Ciro Marzocchi e le storie dei montierini.

    Un bilancio parziale delle storie da narrare

    Un panorama imprescindibile degli apporti fondativi allo studio della fiabistica offerto dai

    capitoli che vi dedica Giuseppe Cocchiara, nella sua Storia del Folklore in Europa11 che appare

    ormai pi frequentemente nelle bibliografie degli studi anglo-americani ed europei che non in

    quelle degli studi italiani- in cui varie stagioni e vari approcci vengono presentati e definiti nei

    loro aspetti teorico-metodologici: dall'opzione romantica e nazionalista dei Grimm, mirante a

    includere anche la poesia del popolo nella grande epopea nazionale, alla grande architettura

    congetturale edificata da Max Mller, secondo un approccio qualificato come mitologia

    comparata, per cui le fiabe avrebbero avuto origine dallo sviluppo stesso del linguaggio, come

    effetto del potere quasi divino di quest'ultimo di definire il mondo e gli elementi della natura; alla

    ricerca di legami storici e percorsi di diffusione, che Theodor Benfey ritenne di identificare nei

    racconti delle antiche civilt dell'India; alla costituzione di un paradigma differente, basato sulle

    11 Giuseppe Cocchiara, Storia del Folklore in Europa, Torino, Einaudi, 1952

  • acquisizioni dell'antropologia evoluzionista, che leggeva nelle fiabe (Lang, Mannhardt, Hartland)

    l'eredit di un sostrato rituale e mitico ora identificato nella ritualit agraria e precristiana ora in

    un pi generico stadio selvaggio; fino alle teorie della cultura popolare ( e quindi anche delle

    fiabe) come materia colta decaduta(secondo la traduzione che ne d Cirese)12 o della fiaba come

    materia inerte che il popolo riproduce meccanicamente, ma che l'artista ispirato, sa risvegliare

    alla Poesia, secondo l'impianto idealistico crociano13.

    La storia degli studi di Cocchiara, tuttavia, non essendo focalizzata sulla fiabistica, rende poco

    visibile quella reazione alle ipotesi evoluzionistiche ed alle ricostruzioni congetturali, che matur

    in particolare attorno alla scuola di folklore che era sorta in Finlandia e che aveva sperimentato

    nell'ardua impresa di ricostruzione/ invenire/ inventare il patrimonio epico nazionale (il

    Kalevala), un metodo fondato sullo studio sistematico delle varianti, tenendo insieme la

    dimensione diacronica e la dispersione areale, per questo denominato storico-geografico, dal

    quale emerger il pi potente strumento di classificazione e di ordinamento del patrimonio

    fiabistico di matrice europeo/mediterranea ed -in parte- asiatica, che va sotto il nome di

    Verzeichnis des Marchentypen, ovvero l'Indice di tipi fiabistici, elaborato da Antti Aarne nel

    1910.14

    12 Alberto M. Cirese, Cultura egemonica... cit., p. 20

    13 E' cos che Croce presenta il ruolo di Giovan Battista Basile, il quale avrebbe nobilitato con la sua arte, una materia che il 'popolino' si tramandava senza saperla elevare o riscattare a materia artistica: cfr. Benedetto Croce, Storia dell'et barocca in Italia. Pensiero, poesia e letteratura, vita morale, Bari, Laterza, 1925; su questo tema cfr anche Fabio Mugnaini, Tracce d'autore: Basile e il narratore di tradizione orale, in Michelangelo Picone e Alfred Messerli, curatori, Giovan Battista Basile e l'invenzione della fiaba, Ravenna, Angelo Longo Editore, 2004, pp. 275-304

    14 La classificazione viene a pi riprese rivista e integrata dallo studioso statunitense Stith Thompson, fino all'edizione di pi largo uso, che sar quella a firma di Stith Thompson, The Types of the Folk-Tale; a Classification and a Bibliography. Antti Aarne's Verzeichnis des Marchentypen (FF Communications n. 3), translated and enlarged, Helsinky, Folklore Fellows Communication n. 74, Helsinki, Academia Scientiarum Finnica, 1928. Stith Thompson svilupper ulteriormente la metodologia classificatoria sostituendo al concetto di tipo narrativo, cio una fabula ricorrente e riconoscibile, quello di motivo, ovvero di unit narrativa minima, dando vita al Motif Index of Folk Literature, edito nella stessa serie, FFC, n. 106-109 3 116-117, ad Helsinki, dal 1932 al 1936. Entrambe le opere saranno oggetto di riedizione e di ampliamento, nelle edizioni rispettivamente del 1961 e del 1963. Il repertorio dei motivi, nell'edizione 1955-1958 oggi accessibile on-line alla libera consultazione, http://www.ruthenia.ru/folklore/thompson/index.htm.

  • Il metodo finnico era certamente poco significativo per l'impostazione idealistica del nostro

    storico; non sar cos invece per l'altro autore cui si deve far ricorso per un aggiornamento,

    almeno fino alla prima met del novecento: Stith Thompson, lo studioso che ha fondato negli anni

    quaranta la scuola di folklore presso l'Universit dell'Indiana, a Bloomington, ad oggi, uno dei

    punti di riferimento internazionale per gli studi sulla tradizione orale.

    Stith Thompson costituisce uno dei capisaldi della fiabistica del novecento non solo per la

    sintesi storiografica che ne produrr alla fine degli anni '40, ma per aver costruito un ponte tra la

    scuola finnica e la folkloristica nordamericana, nata con la doppia anima letteraria e

    antropologica, con la potente ispirazione boasiana, e destinata a costituire un punto di riferimento

    internazionale nei decenni successivi.

    Tra una revisione e l'altra dell'indice dei tipi fiabistici e le varie redazioni dell'indice dei motivi

    fiabistici, Thompson pubblicher nel 1946 il saggio che rimane almeno fino agli anni '70, il

    manuale di riferimento, inclusa, ovviamente anche la sintesi storiografica15. La storia degli studi,

    tuttavia, si fa pi convulsa nel secondo dopoguerra, quando a partire dagli anni '60, le differenze

    tra gli impianti metodologici fondati sul testo (e vissuti all'ombra del paradigma letterario e delle

    certezze filologiche) e quelli aperti alla matrice sociale della pratica narrativa, si fanno pi

    evidenti, rendendo difficile una ricostruzione storiografica convergente e armonizzata.

    Un aggiornamento recente, e tuttavia ancorato alla storia degli studi di fiabistica come testo,

    quello proposto al pubblico italiano da Giuseppe Gatto16, che fa il punto sulla stagione

    morfologica, che ha monopolizzato gli anni '70 del novecento. Gatto ha il merito di valorizzare

    alcuni altri autori (Holbeck, per esempio) meno presenti in una scuola italiana abbastanza pigra

    in fatto di traduzioni.

    15 Stith Thompson, La fiaba nella tradizione popolare, Roma, Il saggiatore, 1967, (ed. or. 1946)

    16 Giuseppe Gatto, La fiaba di tradizione orale, Milano, Ed. LED, 2006

  • La storia degli studi, via via che ci si allontana dagli anni '70 si frammenta in vari rivoli. In

    Italia la generazione di studiosi che si sono ritrovati attorno al racconto, ai suoi generi, ai suoi

    problemi interpretativi, ha avuto indubbiamente come esponente di punta Aurora Milillo17, a sua

    volta sintesi e ponte con la scuola tedesca e con le svolte impresse alla fiabistica statunitense da

    Linda Dgh18, orientate ad una vera e propria antropologia della narrazione, nutrita di senso della

    storia e di sensibilit politica verso la dialettica tra egemonia e subalternit. Tuttavia l'oggetto di

    studio torna a sviluppare delle pertinenze con il piano letterario19, attira l'attenzione dei filologi

    del testo20, ci sono autori che ne interrogano i rapporti con l'industria culturale e affrontano

    criticamente la disneyzzazione delle tradizioni narrative (Jack Zipes)21. Rimane operante, con

    alterne fasi di visibilit, un approccio che alcuni studiosi hanno continuato a coltivare e raffinare,

    17 Per i principali contributi di Aurora Milillo si rinvia a Narrativa di tradizione orale. Studi e ricerche, Roma, Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari, 1977, e La vita e il suo racconto. Tra favola e memoria storica, Roma/ Reggio Calabria, Casa del Libro, 1983.

    18 L'amplissima produzione di Lind Dgh comincia con la pubblicazione in inglese della sua ricerca sulle pratiche narrative nella nativa Ungheria, in Folktales and society : story-telling in a Hungarian peasant community, Londra, Indiana University Press, 1969 , e procede aggiornando gli oggetti della ricerca secondo il rapporto che si stabilisce fra tradizione orale e nuovi media, in American Folklore and the Mass-Media, Blomington, Indiana University Press, 1994, fino a tempi recentissimi con l'antologia di saggi sulle leggende, Legend and Beliefs: Dialectics of a Folklore Genre, Bloomington, Indiana University Press, 2001.

    19 Sui debiti della letteratura contemporanea nei confronti dell'immaginario fiabistico la letteratura ampia, si veda per esempio il lavoro di Cristina Bacchilega, Postmodern Fairy Tales: Gender and Narrative Strategies. Philadelphia, University of Pennsylvania Press, 1997; nel curare questo taglio interdisciplinare, alla storica rivista Fabula, si affiancata con autorevolezza dal 1987 Marvels and Tales. Journal of Fairy-Tales studies, rivista edita dalla University of Colorado, Boulder, su iniziativa di Jacquers Barchilon, e attualmente diretta da Donald Haase, Wayne State University. La rivista, a partire dalla constatazione che l 'interesse nei confronti della fiaba trascende confini culturali e frontiere disciplinari, si propone come forum per studiosi di fiabistica in discipline quali studi letterari, folklore, psicologia, studi di genere, letteratura per bambini, storia sociale e stori culturale, antropologia, studi sul cinema, studi sull'etnicit, arte, storia della music e altro ancora (dalla home age della rivista, trad. mia, http://www.langlab.wayne.edu/MarvelsHome/about.html, cons. 15/4/09

    20 Mi limiter a rinviare al lavoro di Cristina Lavinio, sintetizzato in La magia della fiaba tra oralit e scrittura, Firenze, La Nuova Italia, 1993.

    21 Jack Zipes, Spezzare l'incantesimo. Teorie radicali su fiabe e racconti popolari, Milano, Mondadori 2004 (ed. or. 1979), e Chi ha paura dei fratelli Grimm?, Milano, Mondadori., 2006 (ed. or. 1983)

  • perseguendo l'obiettivo di una ricerca di taglio comparativistico e impegnata sul piano dell'analisi

    testuale e tipologica, come lo stesso Alberto Cirese22, o Josiane Bru23, o come Hans J rg Uther 24, che

    ha di recente rivisto, corretto nell'impianto classificatorio e aggiornato lo stesso Indice dei tipi

    fiabistici, aggiungendo la sua iniziale nella sigla alfanumerica che identifica i tipi (da AT -Aarne e

    Thompson- ad ATU -(Aarne- Thompson- Uther).

    Ma che c'entra la Storia?

    Mi piacerebbe, invece, riprendere qui il rapporto tra fiaba e storia, a partire da una

    provocazione che proviene dalla rete telematica, ovvero da quanto pi ci caratterizza come

    contemporanei: se si digita Dorothea Viehmann su un motore di ricerca qualunque, la voce di

    Wikipedia il corrispettivo contemporaneo della saggezza popolare- ce la presenta come una

    delle informatrici pi importanti per i fratelli Grimm, e ce la inquadra della storia della

    minoranza cui apparteneva in francesi ugonotti- almeno per quanto riguarda i suoi antenati.

    Ma nella prima edizione delle fiabe curata dai Grimm, Dorothea Viehmann appariva come una

    contadina da cui costoro dichiaravano di aver raccolto autentiche fiabe dell'Assia. Nella seconda

    22 A. M. Cirese ha contribuito agli studi di folklore con un costante richiamo ai valori dell'approccio sistematico, comparativista, impegnato nella ricerca formalizzata e molto critico nei confronti di alternative pi ingenuamente olistiche e interpretative. Della sua ampia bibliografia, Scritti e altri lavori di Alberto Mario Cirese, a cura di Eugenio Testa, 2006, accessibile via web all'indirizzo http://rmcisadu.let.uniroma1.it/glotto/ archivio/ bibliografie/ biblio_cirese.html, oltre all'opera maggiore di cui daremo conto qualche riga pi avanti, possiamo segnalare la prefazione Qualcosa fiaba: ma cosa? Spezzoni di un discorso, in Giorgio Cusatelli et alii, Tutto fiaba. Atti del Convegno Internazionale di studio sulla Fiaba, Milano, Emme edizioni, 1980, pp. V-XIX; Italo Calvino studioso di fiabistica, in Delia Frigessi, curatrice, Inchiesta sulle fate: Italo Calvino e la fiaba, Bergamo, Pier Luigi Lubrina, 1988, pp. 17-26. Un Repertorio informatico delle fiabe italiane (RidFI) , dal 2004 in fase di realizzazione, con l'ausilio delle risorse informatiche, a ribadire il suo convincimento circa l'insostituibilit di uno studio sistematico della fiabistica, cfr. Alberto M. Cirese, Le Catalogue des catalogues des contes italiens, Cahiers de littrature orale, n. 57-58, 2005, pp. 279-301

    23 Josiane Bru, Centre d'Anthropologie Sociale, LISST dell'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, Tolosa, ha raccolto l'eredit di Charles Delarue e Marie Louise Teneze, ed al momento responsabile del cantiere dedicato al Catalogue du conte populaire franais. Gli atti del convegno del 2003, sono apparsi in J. Bru, A. Anglopoulos, M. Bacou, et N. Belmont, Nommer/Classer les contes populaires, Cahiers de Littrature orale, nn. 57-58

    24 Cfr. Hans-Jrg Uther, The Types of the International Folktales: A Classification and Bibliography. Based on the system of Antti Aarne and Stith Thompson, Folklore Fellows Communication, n. 84, Helsinki, Suomalainen Tiedeakademia, 2004

  • edizione del 1819, il riferimento all'autenticit delle sue fiabe scompare, come nota Heinz R lleke25, ma resta il profilo della Viehmann come una narratrice contadina, di mezz'et, brava e precisa

    al punto di consentire il recupero della tradizione orale di cui era portatrice.

    La storia che bisognerebbe scrivere, quindi, potrebbe cominciare con la revoca dell'editto di

    Nantes, voluto nel 1598 da Enrico IV, quello per cui la tradizione aneddotica vuole che Parigi

    valesse bene una messa, come un sistema di garanzie a favore dei nuclei di popolazione

    protestante in Francia, e revocato da Luigi XIV, suo nipote, nel 1865, nel contesto del

    consolidamento dello stato assoluto: la fuga dagli effetti concreti di tale decisione politica spinger

    fuori dai confini francesi nuclei di popolazione protestante che andr a cercare protezione e

    comprensione entro i confini dei viciniori stati di lingua e cultura tedesca. E' da questo milieu

    transnazionale, diremmo oggi, da questa cultura di transfughi di religione protestante ma di certa

    e consolidata cultura francese, che emerge qualche generazione dopo, Dorothea Pierson, che

    sposata e poi vedova del sarto tedesco Viehmann, frequenta la citt di Kassel, dove vende le

    verdure dei propri terreni. In questo modo Dorothea entrer in contatto con i Grimm, ai quali

    comincia a raccontare ci che sa, e che proviene alla tradizione orale locale ma anche della

    propria famiglia, oltre ch dai libri francesi che la famiglia aveva conservato. Ecco spiegati

    scrive Heinz R lleke, il pi attento e puntuale analista del monumento grimmiano- i legami con

    la tradizione letteraria francese, m soprattutto ecco sciorinato il paradosso che fonda la fiabistica

    moderna: se con la pubblicazione dei KHM che si pu far cominciare la fiabistica moderna, si

    deve anche ricordare che tale nascita ben radicata nel movimento nazionalista che, secondo

    quanto scrive A. M. Thiesse26, caratterizza certamente questo periodo storico. Una relazione

    sociale asimmetrica, una circolazione culturale indotta da motivi politico/religiosi e un progetto

    politico di taglio nazionalistico: ecco le condizioni nelle quali prende le mosse quella tradizione di

    studi che ci consegna la instabile categoria della fiaba, come un genere allo stesso tempo

    25 Heinz Rlleke, Nuova luce sulle fiabe dei Grimm, in Delia Frigessi, a cura di, Indagine sulle fate... cit. pp. 95-102.

    26 A. M. Thiesse, La creazione delle identit nazionali in Europa, Bologna, Il Mulino, 2001

  • nazionalizzabile, universalizzabile ed egemonico rispetto alle altre possibilit creative offerte

    dall'uso artistico della parola.

    La fiaba adattata, purgata e riscritta in chiave romantica nasce dallo sforzo di creativit e di

    metodo dei Grimm rientra nel flusso della circolazione culturale ma esce dall'alveo di una

    trasmissione letteraria, dove aveva goduto di fortune e di successo, portandone anche ai suoi

    raccoglitori o riscrittori, a partire da G. B. Basile27 fino a Perrault e alle dame del Cabinet des Fes

    che alimentarono una parallela e ed elitaria tradizione letteraria del fiabesco destinata a giungere

    fino ad Oscar Wilde per poi perdersi nella libert della ricerca di echi e ambientazioni della

    produzione letteraria contemporanea. L'ampio lavoro di documentazione e di edizione dei due

    fratelli Grimm, in cui si sommano la sistematicit del filologo e l'intuizione dello scrittore, assocer

    il patrimonio narrativo che ormai frutto di questa complessa vicenda di circolazione culturale,

    ad alcuni postulati elementari non verificati circa la sua genesi persa nella profondit della storia,

    affidata al genio collettivo presente presso i ceti popolari e di ceppo tedesco. Attraverso la

    sedimentazione delle sette edizioni che ne saranno prodotte a partire dal 1812 e che lo studioso

    Heinz R lleke, da germanista e filologo, ha attentamente comparato, il monumento costruito alle

    virt creative e poetiche del popolo tedesco costituiva anche il tentativo di modellarne i tratti, di

    darne una rappresentazione idealizzata e finalizzata alla edificazione di una coscienza nazionale:

    ci che del popolo tedesco si offerto alla lettura pubblica, anche ci -e solo ci - che se ne vuol

    sentire; nei ritocchi alle stesure dei testi fiabistici si legge la nobilitazione romantica del popolo,,

    nella composizione stessa dell'antologia cui i Grimm lavorano nei passaggi da un'edizione

    27 Possiamo registrare un deciso ritorno dell'interesse su Basile, la sua opera e la sua stagione, a partire dall'edizione del Cunto de li Cunti, Milano, Garzanti, 1988, a cura di Michele Rak, e aggiungendovi il saggio di Nancy Canepa, From Court to Forest: Giambattista Basile's Lo Cunto De Li Cunti and the Birth of the Literary Fairy Tale, Detroit, Wayne State University Press, 1999, l'edizione storico critica, in lingua tedesca, a cura di Rudolf Schenda, Das Mrchen der Mrchen. Das Pentamerone Nach dem neapolitanischen Text von 1634/36, Monaco, C-H- Beck, 2000, con i contributi di Hanno Helbling, Alfred Messerli, Iohann Pgl, Dieter Richter, Lusisa Rubini, Doris Senn, e infine il volume a cura di Michelangelo Picone e Alfred Messerli, Giovan Battista Basile... cit., che raccoglie gli atti di un convegno sul tema, dedicato alla memoria di Rudolf Schenda. Si veda, inoltre, di Michele Rak, Logica della fiaba: fate, orchi, gioco, corte, fortuna, viaggio, capriccio, metamorfosi, corpo, Milano, Mondadori 2005.

  • all'altra, si fa sempre pi esplicita la funzione morale dei testi selezionati, giustificata con

    l'accentuazione dei riferimenti al pubblico infantile come naturale destinatario.

    I lavori di Heinz R lleke, di cui abbiamo potuto citare solo i lacerti tradotti in italiano,

    maturano in seno ad una scuola tedesca che tra Volkskunde rinnovata in senso critico e tradizione

    filologico-critica, ha portato grandi acquisizioni agli studi di fiabistica del secondo dopoguerra:

    valga da sola la Enzyklopdie des Marchens,, di cui abbiamo gi detto, con la sua natura di

    progetto decennale, che ha raccolto attorno alla fiabistica esperti di ogni angolatura registrando,

    nel suo progredire, anche le innovazioni nelle domande, nei metodi di analisi, nei riferimenti

    teorici che hanno segnato gli studi di questi ultimi decenni.

    Tuttavia, una sintesi autorevole della rilettura critica del fenomeno Grimm, pu essere

    identificata nel lavoro di Rudolf Schenda, che ha dedicato alla fiabistica tra Germania e Italia una

    intera vita di studio e di documentazione. In un saggio28 segnato dal vigore polemico e critico che

    si sommava alla solidit delle procedure del filologo quale era, Schenda presenta la fiaba quella

    che dai Grimm ci ha raggiunti passando per innumerevoli riscritture, riscoperte, adattamenti-

    come il prodotto di una necessit filologica e di una possibilit poetica, ovvero le coordinate

    entro cui si muovono i generi che denominiamo fiaba, poesia, leggenda, storia; la fiaba nasce dal

    portato di fonti molto differenziate tra loro: agiografia, novellistica rinascimentale, prediche

    barocche, dissertazioni illuministiche. Come prodotto storico integralmente decostruibile,

    diremmo oggi- la fiaba si costituita come il genere dominante, che ha messo e mette in ombra le

    altre forme del narrare pur presenti entro la pratica sociale che vive tutt'oggi, sebbene non pi

    nelle forme riconoscibili filologicamente come fiabe.

    28 Cfr. Rudolf Schenda, Raccontare le fiabe- diffondere le fiabe. Cambiamenti nelle forme di comunicazione di un genere popolare, in Folklore e letteratura popolare: Italia- Germania- Francia, Roma, Istituto Enciclopedia Italiana, 1986, pp. 319-339. Il saggio era stato pubblicato anche nel numero de La Ricerca Folklorica dedicato alla fiaba, dal titolo Il viaggio, la prova, il premio. La fiaba e i testi extrafolklorici, a cura di Lidia Beduschi, n. 12, 1985, pp. 77-86.

  • Il narrare doveva essere stato storicamente una pratica libera e creativa, capace di integrare

    via via come scriveva Hermann Bausinger- l'evoluzione sociale, culturale e tecnica delle societ

    occidentali; solamente grazie ad un combinato tra congiuntura politica e dinamiche sociale e

    culturali, quale quello che si produce con l'avvento degli stati nazionali, che la libert di essere

    contemporanea o anche anacronistica, della cultura popolare- e della fiaba in particolare- viene

    ad essere limitata dal valore del passato: i testi raccolti all'inizio dell'ottocento, magari gi espunti

    da termini e figure percepite come troppo moderne, finiscono per assumere una funzione

    normativa, e chi vuol essere riconosciuto come portatore di una cultura popolare autentica e

    importante, deve adeguarsi alla riproduzione di stilemi, lessico, temi, modalit narrative, sempre

    pi rigidi e sempre pi antichi29.

    La conoscenza della fiaba deve, quindi, partire dalla sua rimozione in quanto monumento del

    narrare popolare, e deve assumere una prospettiva risolutamente storica io aggiungerei anche

    antropologica- fino a identificare i valori di cui la fiaba stata portatrice, ispirati a concezioni

    conservatrici, permeati di ideologia cortigiana e certamente non adatti ad una moderna funzione

    pedagogica o didattica. Alle fiabe selezionate e perennemente riproposte dal mercato editoriale,

    occorrerebbe giustapporre le varianti raccolte presso i narratori di matrice popolare, che vi

    integrano altre concezioni del mondo (connotandole, secondo la terminologia gramsciano-

    ciresiana), e alla coazione a ripetere, in maniera edulcorata, che ha contraddistinto la tradizione

    editoriale delle fiabe (all'ombra del monumento eretto dai Grimm), occorre contrapporre la

    vitalit dei generi minori e collaterali (le barzellette, le storie di paura, le leggende, l'aneddotica),

    oltrech rivendicare la legittimit di altri temi dominanti la pratica narrativa effettiva: quelli legati

    alla sfera del vissuto: la povert, il conflitto e la violenza che segnano l'esistenza delle masse

    popolari (da quanto tempo non si usa pi questo termine!) avevano riempito serate e sedute di

    racconti non meno della sessualit, dell'erotismo (quelli che erano finiti nella semiclandestinit

    29 H. Bausinger, Cultura popolare e mondo tecnologico... cit., pp. 156 e segg.

  • della rivista Kryptadia, 1883-1911 e nella serie Anthropophyteia, 1904-11330), della

    trasgressione affidata al comico ed al riso.

    Gli studi sulla fiaba dovevano risvegliarsi dal sogno di un patrimonio autoportante e

    circoscritto al testo che ne era disponibile. L'ultima grande stagione di un approccio testocentrico

    stata certamente quella apertasi con la pubblicazione della Morfologia della fiaba, di Vladimir

    Ja. Propp, edita in russo nel 1928, ma tradotta in inglese e quindi penetrata nella cultura

    occidentale gi interessata dallo strutturalismo da Jakobson a Lvi Strauss- nel 1958, e beneficiata

    dal saggio, seppur critico, di Claude Lvi-Strauss, del 196031. Con le traduzioni di Propp gli studi

    di fiabistica sembrano aver trovato una direzione nuova, certa sul piano scientifico, e definitiva

    quanto alle acquisizioni che se ne potevano sperare. Che il progetto proppiano32 avesse

    identificato la Morfologia della fiaba come il solo momento iniziale di un arco molto pi ampio,

    non appariva chiaro ovunque e a chiunque: faceva ombra una strana incongruenza di tempi di

    divulgazione dei due lavori, per cui il secondo lavoro, dei molti immaginati, quello rivolto alle

    radici storiche (prevalentemente rituali e antropologiche) dei racconti di magia, era in realt

    apparso in Italia molto tempo prima. Ma c'era di pi: mentre l'occidente si abbandonava alle

    letture morfologico strutturali, il suo profeta, in patria ed in russo, stava mettendo a fuoco il terzo

    dei passaggi con cui aveva immaginato la propria scienza della fiaba e propugnava un

    cambiamento di attenzione verso il narrare, verso la pratica sociale di creazione, diffusione,

    consumo di narrazioni, verso i narratori e i loro repertori, verso i contesti del racconto33. Propp

    30 Lo ricorda lo stesso Rudolf Schenda nella sua Prefazione a Fabio Mugnaini, Mazzasprunigliola. Tradizione del racconto nel Chianti senese, Torino, L'Harmattan Italia, 1999, p. 7

    31 Vladimir ja. Propp, Morfologia della fiaba, con un intervento di Claude Lvi-Strauss e una replica dell'autore, a cura di Gian Luigi Bravo, Torino, Einaudi 1966.

    32 Il progetto scientifico di W. Ja. Propp comprende, oltre al saggio sull'analisi morfologica della fiaba, un secondo volume, destinato a leggere diacronicamente l'oggetto di studio, che verr pubblicato nel 1946 e, data la maggiore vicinanza con la prevalente opzione storicistica, verr precocemente tradotto (nel 1949, tradotto da Clara Coisson). Per le vicende della bibliografia proppiana e della sua fortuna, limitatamente agli anni '70, cfr. l'Introduzione di Alberto M. Cirese a Wladimir Ja. Propp, Le radici storiche dei racconti di fate, Milano, Boringhieri, 1972.

    33 Cfr. Vladimir Ja. Propp, Fiaba russa. Lezioni inedite, Torino, Einaudi 1990 (ed. or. 1984).

  • non riuscir a portare a compimento il proprio progetto: la terza fase rimane quindi solamente

    enunciata in una delle lezioni che tiene nella sua patria russa e che saranno oggetto di traduzione

    in italiano quando ormai, a stagione strutturalista tramontata, di Propp circolano pi solo le

    sintesi nelle antologie per le scuole medie.

    La svolta (annunciata) proppiana, andava a convergere, da lontano e per quanto ne so-

    senza contatti, con quanto era maturato nella scuola di folklore nordamericana. Esaurito il

    modello comparativista, testimoniato da Thompson e poi ereditato da Dorson34, una nuova

    generazione di studiosi che attinge alla linguistica (da Dell Hymes, a Gumperz a Austin) pi

    vicina a letture antropologiche che letterarie, mette a fuoco un nuovo paradigma, centrato sul

    concetto di performance35: lo studio della fiabistica non avr pi al centro la fiaba (intendendo

    con ci quei testi classificati entro un preciso spazio della classificazione per tipi fiabistici), n il

    testo indipendentemente dalla fedelt della trascrizione- potr pi essere assunto come perno

    dell'analisi; si far strada il riconoscimento della pratica del racconto come pratica rilevante sul

    piano estetico, e quindi artistica; si far posto alle figure dei narratori, alle loro interazioni con i

    pubblici che ne costituiscono l'audience, polo di ricezione attiva e interattiva, agli eventi che

    ospitano l'atto del racconto che, per la loro natura sociale, comportano una specifica attenzione ai

    dati di contesto e quindi alla reintegrazione del racconto in un pi fitto tessuto di vita sociale. Con

    la svolta in direzione della verbal art as performance lo studio della fiabistica esce dalle pieghe di

    una letteratura in tono minore, e finir per alimentare un vero e proprio nuovo ambito del sapere

    34 R. Dorson sar il successore di Stith Thompson all'Indiana University di Bloomington, il vero santuario del folklore statunitense; pur aprendo a temi nuovi e contemporanei (cfr. R. Dorson, iI folklore in America, Chicago, Chicago University Press, 1964. Dorson costituira il bersaglio ottimale, anche per rappresentativit e autorevolezza, delle critiche mosse dai giovani studiosi che si richiamano al paradigma innovativo della performance.

    35 Il testo di riferimento a cura di A. Paredes e R. Bauman, Toward new perspectives in Folklore, Austin, University of Texas Press; ma la sintesi pi fortunata quella che ne produce, Richard Bauman, Verbal Art as Performance, Rowley, Newbury House, 1977 e anche in Story, performance and event, Cambridge, Cambridge University Press, 1986. Storia ed esiti teorico metodologici di questa svolta sono stati narrati e identificati recentemente da Regina Bendix, In search of Authenticity. The Formation of Folklore Studies, Madison, University of Wisconsin Press, 1997

  • umanistico, quello che trova nei dipartimenti di Performance studies, oggi, la collocazione pi

    esemplare36.

    E lItalia? E Siena?

    Che cosa succede in Italia ce lo facciamo dire da uno dei fondatori dell'American Folklore

    Society, tale Thomas Frederic Crane, che nella sua raccolta di racconti popolari italiani, nel

    188537, giustificava il ritardo delle ricerche in Italia, rispetto a quanto accaduto in Germania e in

    altri paesi europei, con l'ancora acerba unificazione nazionale:

    Un popolo deve prima di tutto avere consapevolezza della propria nazionalit, perch si possa produrre sufficiente interesse riguardo alla propria letteratura popolare, fino al punto di muovere i propri studiosi alla raccolta per il bene della scienza, e non pi o non solo per un fatto di intrattenimento38.

    Ma subito dopo, l'elenco dei primi contributi contiene un impensato omaggio alla sede di

    questa pubblicazione: infatti il senese Temistocle Gradi39, ad essere indicato come l'apripista di

    una tradizione di documentazione che dar vita, a livello nazionale, a un vero e proprio tesoro di

    materiali narrativi.

    Nel 1860, Temistocle Gradi, di Siena, pubblic nella sua Vigilia di Pasqua di Ceppo, otto

    racconti popolari e, nel suo Saggio di Letterature [sic] varie, sempre nel 1865 [sic.], altri quattro,

    tutti raccontati a Siena. Questi racconti furono raccolti senz'altro fine che il piacere

    36 La parabola paradigmatica quella di Barbara Kirshenblatt-Gimblett, che attualmente membro di un Dipartimento di Performance Studies (presso la New York University) da dove ha rilanciato con forza un aggiornamento metodologico e tematico degli studi, in coerenza con quanto aveva sostenuto, in un intenso confronto sul Journal of American Folklore: cfr. Barbara Kirshenblatt-Gimblett, Folklore's crisis, Journal of American Folklore, vol. 111, n. 441, 1998, pp. 281-327.

    37 Lo statunitense Thomas. F. Crane sar uno dei primi stranieri che, presenti per varie ragioni sul territorio italiano, si dedicheranno alla raccolta di testi: cfr. Thomas F. Crane, Italian Popular Tales, Boston and New York, Houghton, Mifflin and Company, The Riverside Press, Cambridge, 1885. Tra le raccolte pi ricche e significative si veda quella di Laura Gonzenbach, Sizilianische Marchen, 1870, pubblicata in Italiano con un'ampia curatela filologica e narratologica di Luisa Rubini, in Fiabe e mercanti in Sicilia. La raccolta di Laura Gonzenbach, la comunit di lingua tedesca a Messina nell'ottocento, Firenze, Olschki, 1998.

    38 Thomas F. Crane, Italian Popular Tales... cit, versione online http://www.gutenberg.org/files/23634/

    39 T. Gradi ha pubblicato La Vigilia di Pasqua di Ceppo, Torino, Vaccarino editore, 1860; Saggio di Letture varie per i Giovani, Torino, 1865, Sebastiano e Figli; Racconti, Firenze, Barbera, 1864

  • (entertainement) ma sono senz'altro attendibili per finalit comparative. Nessun altro sforzo di

    raccolta scientifica di racconti fu prodotto fino al 1869, quanto il professor De Gubernatis

    pubblic le Novelline di Santo Stefano [] divenendo il precursore di numerose raccolte dalle pi

    varie provincie d'Italia...40

    Nel volger di poco tempo la Toscana si riveler una regione tra le pi ricche di testimonianza

    del patrimonio narrativo, e tra le pi documentate: lo riconoscer Italo Calvino, quando negli anni

    '50 sar chiamato a selezionare l'antologia di fiabe italiane che tutti abbiamo conosciuto41.

    La Toscana sar presente nei lavori di Stefano De Gubernatis, Novelline di Santo Stefano, Santo

    Stefano di Calcinaia, 1869), di Vittorio Imbriani (La Novellaja fiorentina, 1871 e seguenti

    riedizioni integrate con la novellaja milanese, a titolo comparativo, 1877), di Nerucci (Sessanta

    novelle popolari montalesi, 1880), dello stesso Giuseppe Pitr, uno dei fabbri degli studi di

    folklore in Italia, che avvalendosi della collaborazione dell'avvocato Giovanni Siciliano, d alle

    stampe la raccolta di Novelle popolari toscane, 1885, per non citare che le raccolte maggiori.

    Entro questo elenco si nascondono, in realt, progetti molto diversi: al precetto del rispetto

    assoluto della parola detta dal narratore, su cui Pitr aveva collocato il discrimine tra la ricerca

    amatoriale e la documentazione scientificamente responsabile (la distinzione che Crane fa tra

    intrattenimento e scienza), si risponde in tante e divergenti modalit. Vittorio Imbriani tester con

    la stenografia il massimo strumento disponibile per catturare la parola detta alla sua stessa

    velocit, e restituir cos dei testi molto vicini alla loro effettiva resa orale, con tutto quel che

    comporta in fatto di difficolt di lettura; Gherardo Nerucci invece intender proporsi come un

    sostituto della voce dei narratori: l'avvocato di Montale pistoiese, forte della sua familiarit con lo

    stile orale, oltre che con la variante vernacola locale, decider di assumersi in proprio l'onere del

    40 Thomas F. Crane, Italian Popular Tales... cit, versione online http://www.gutenberg.org/files/23634/

    41 Cfr. I. Calvino, (a cura di), Fiabe Italiane, Roma, Einaudi 1956, in particolare la sua Introduzione, poi confluita insieme agli altri contributi di Calvino -fiabista, nel volumetto a cura di M. Lavagetto, Sulla fiaba, Torino, Einaudi, 1988

  • ruolo di narratore, narrando per iscritto, in una lingua e in uno stile che emulano l'oralit della

    parlata montalese, i testi che a suo dire circolavano nel territorio e nelle varianti che a lui

    sembravano pi rappresentative. Giuseppe Pitr, invece, accetter di posizionarsi su un livello

    molto pi sobrio: ci che passa nel testo certamente uscito dalla bocca dei narratori, e niente vi

    viene aggiunto: ci forse all'origine del carattere essenziale e persino lacunoso di certi testi

    presenti nella sua raccolta.

    Ma resta da inserire in questa rassegna un'impresa che torna a riguardare da vicino il nostro

    contesto locale: con il 1875, Domenico Comparetti, storico della letteratura, medievista,

    germanista, di grande erudizione e di levatura nazionale, d il via al progetto di pubblicare le

    Novelline popolari italiane, con la stampa del primo di tre volumi che avrebbero dovuto avvalersi

    della collaborazione di tanti esperti raccoglitori dispersi in tutta la penisola, ciascuno operante nel

    proprio territorio, ovvero nella propria patria locale. Per quanto riguarda Siena, il collaboratore

    che si prester a tale impresa sar un giovane intellettuale, di modesta condizione sociale, ma di

    grande passione stando al risultato- che metter nella disponibilit di Comparetti un

    manoscritto ricco di ben centotrenta fiabe, raccolte nel senese. Ciro Marzocchi, questo il nome

    del ricercatore di cui con ben maggiore competenza scriver Florio Carnesecchi, non vedr mai

    pubblicata la propria ricerca, e non solo per via della sua morte prematura, nel 1881, ma per via

    del fallimento del progetto comparettiano che non andr oltre il primo volume. Sospendiamo, per

    brevit, la storia degli studi Italiani su questo ricercatore senese, che in realt ci serve per passare

    direttamente agli '50 del novecento quando sembra farsi viva nuovamente un'istanza di tipo

    nazionale, quasi una riconquista della cultura popolare, a cui il regime fascista aveva riconosciuta

    una vasta, continua e interessata attenzione, alla nuova identit repubblicana e democratica.

    Questo il segno di alcune iniziative sistematiche, quali l'antologia della poesia popolare curata da

    Pier Paolo Pasolini42, e l'antologia delle fiabe italiane affidata al giovane Italo Calvino che riporter

    all'attenzione di generazioni di lettori sempre pi lontani dall'esperienza dell'ascolto di narrazioni,

    42 P.P. Pier Paolo Pasolini, Canzoniere Italiano, Bologna, Guanda, 1955

  • un vero e proprio tesoro che racchiude i destini degli uomini e delle donne su questa terra,

    parafrasando la conclusione dello stesso Calvino43. Gli anni cinquanta inoltre vedono il rilancio di

    iniziative di ordinamento, che per la Toscana portano il nome di Gianfranco D'Aronco, autore di

    un Indice delle fiabe toscane, edito dal fiorentino Olschki l'editore emblematico degli studi di

    folklore in Italia- nel 1953 che, per quanto perfettibile, ha il merito di offrire uno strumento di

    raffronto che accoglie quasi tutto il materiale edito proveniente dalla tradizione narrativa orale,

    non limitato alla fiaba classica. Negli agili ed efficaci regesti che accompagnano una

    classificazione talvolta incerta e contraddittoria, si rendono accessibili motti, facezie, barzellette,

    storielle satiriche, storie di santi, aneddotica sacra e sacrilega: insomma, sebbene con la

    perdurante esclusione del repertorio chiaramente osceno, ci si avvicina a quel mondo composito

    che secondo Schenda44 andava riscattato dall'ombra in cui lo aveva sprofondato il monumento

    costruito alla fiaba di magia. Gli anni sessanta vedono un rafforzamento di questo impegno

    sistematico e con la fine del decennio prende l'avvio la pi importante impresa di documentazione

    del patrimonio narrativo di tradizione orale che il nostro paese abbia conosciuto; la Discoteca di

    Stato affida ad Alberto M. Cirese e ad Oronzo Parlangeli il compito di definire i parametri

    metodologici di una campagna di rilevazione del patrimonio orale e di coordinare un team di

    ricercatori che documentino su tutto il territorio nazionale i vari generi presenti nel racconto di

    tradizione, mettendo capo ad un impressionante mole di materiali sonori- per la prima volta il

    testo viene subordinato al nastro, alla documentazione del narrato- corredata da note di ricerca e

    da diari di campo. L'impresa trov una prima e tempestiva sintesi nella pubblicazione

    dell'inventario/catalogo di tradizioni orali non cantate, curato da Alberto M. Cirese e Liliana

    Serafini45, collabor anche una giovane studiosa lucana, Aurora Milillo che abbiamo gi

    43 I. Calvino, Fiabe italiane, op. cit..

    44 R. Rudolf Schenda, Raccontare le fiabe- diffondere le fiabe e cit., p. 337-39

    45 Alberto M.Cirese e Liliana Serafini, curatori, con la collaborazione di Aurora Milillo, Tradizioni orali non cantate. Primo inventario nazionale per tipi, motivi o argomenti di fiabe, leggende, storie e aneddoti, indovinelli, proverbi, notizie sui modi tradizionali di espressione e di vita ecc., di cui alle registrazioni sul campo promosse dalla Discoteca di Stato in tutte le regioni italiane negli anni 1968-69 e 1972, Roma, Discoteca di Stato, 1975. La provincia senese

  • incontrato poco sopra in quanto portatrice di un approccio innovativo allo studio della fiabistica.

    La stessa Aurora Milillo sar pi tardi, una infaticabile sostenitrice della pubblicazione dei

    racconti di Ciro Marzocchi, e insieme a Gastone Venturelli46, uomo della Garfagnana e docente di

    storia delle tradizioni popolari a Firenze e Roberto Ferretti47, ricercatore e operatore culturale

    nella zona della grossetana, compone quel piccolo ma compatto pantheon di studiosi della

    narrazione ai quali la generazione di chi scrive deve l'incontro e la scoperta con la magia del

    racconto48.

    Si chiude qui, all'incrocio con il saggio di Florio Carnesecchi, un tentativo di sintetizzare una

    storia delle storie che si raccontavano a veglia, che ha inteso coniugare la storia universale della

    fiaba con l'attenzione al dettaglio che portasse sul dato locale, quindi senese come si conviene alla

    presente con due localit di rilevamento: Cetona e la sua frazione de Le Piazze, dove effettu le ricerche Salvatore Barone, e Castelnuovo Berardenga, dove oper Maria Annunziata Gioseffi rispettivamente con 80 e 92 brani. La persistenza del patrimonio narrativo nella zona di Castelnuovo Berardenga stata oggetto di una ricerca etnografica che aspetta ancora la valorizzazione editoriale che merita. Cfr. Cristina Chiantini, Tra ricordo e racconto: studio comparativo sulla tradizione orale nel Chianti senese, a.a. 1997-'8, relatore prof. Pietro Clemente. La valorizzazione dei repertori documentati ne grossetano si deve al lavoro di edizione e trascrizione di Paolo Israel, curatore, Voci della Maremma. Novelle e altri racconti dal Fondo delle tradizioni orali non cantate della Discoteca di Stato. Castell'Azzara, Sorano e Sovana, Talamone, 1969, Grosseto, Biblioteca Chelliana/ Archivio delle Tradizioni Popolari della Maremma Grossetana, 2001.

    46 Di Gastone Venturelli oltre ai Leggende e racconti popolari della Toscana : storie inedite, novelle e magie nella voce scanzonata e ironica del folclore di una terra di millenarie tradizioni, Milano, Newton Compton, 1983, e ai Documenti di narrativa popolare Toscana, Lucca, Centro Tradizioni Popolari/ Amministrazione Provinciale di Lucca, si veda il volume La gallina della nonna Gemma, Vigevano, Diakronia, 1994, dedicato al repertorio della narratrice da lui prediletta, Gemma Frati Rigali.

    47 Il ricco materiale documentario raccolto da Roberto Ferretti, pi che nei suoi lavori, stato reso disponibile dalla trascrizione e dall'edizione critica a cura di Gabriella Pizzetti, Fiabe e storie della Maremma nel fondo narrativo di tradizione orale Roberto FerrettiGrosseto, Archivio delle Tradizioni popolari della Maremma grossetana.

    48 Il quadro della ricerca in Toscana, nell'ultimo ventennio del novecento, si arricchisce di altre raccolte, di taglio ed impegno diverso, ma ricche di evidenze di quanto il patrimonio narrativo fosse variegato, aderente al vissuto, agli stili di vita, ai principi etici e politici dei suoi animatori. Ne sono esempi i lavori Paola Tabet, C'era una volta. Rimosso e immaginario in una comunit dell'Appennino toscano, Firenze-Rimini, Guaraldi, 1978, di Alessandro Falassi, Folklore by the fireside, Austin, Textas University Press, 1980, di Maria Luisa Rossi, L'aneddoto di tradizione orale nel comune di Subbiano. Novelle barzellette, bazzecole, Firenze, Olschki, 1987, il lavoro di chi scrive, Mazzasprunigliola... gi citato, Marta Canestri, A veglia. Aneddoti, barzellette e novelle raccolte in val d'Ambra, Firenze, Arnaud, 1993, A compimento di una lunga, vasta e approfondita indagine, si aggiunto, da poco, il volume di Florio Carnesecchi, Le novelle de' montierini. I racconti sui paesi degli sciocchi: testi e classificazione, Pisa, Pacini, 2009.

  • sede che ospita il contributo; consapevole, quindi, delle lacune e delle omissioni, che una storia

    degli studi come spero di leggere- non osando pensare di poterla scrivere- sapr ben colmare,

    passo il testimone di questa staffetta a Florio Carnesecchi, che ha ricostruito pi dappresso le

    vicende di Ciro Marzocchi, valorizzandone il lavoro, il ricordo e proseguendone l'appassionata

    ricerca sui patrimoni fiabistici, dell'aneddotica locale e del paese degli sciocchi.