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IL TIROCINIO Vers. 01/2013 FORMAZIONE CAPI NAZIONALE

FO.CA. "Il tirocinio"

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Il tirocinio è il momento iniziale del cammino di formazione del socio adulto. Tale periodo, indicativamente della durata di 12 mesi, si avvia nel momento in cui l’adulto, inserito in una Comunità Capi, comincia il suo servizio in unità. Il tirocinante vive attivamente il suo servizio in Associazione come membro della Comunità Capi, partecipa al Campo di Formazione per tirocinanti, al Campo di Formazione Metodologica e a specifici incontri organizzati dalla Zona e/o dalla Regione. ../..intervengono in sostegno dei tirocinanti: lo Staff di Unità che coinvolge il tirocinante verso una piena responsabilità nella realizzazione educativa e gli permette di sperimentarsi nell’uso del metodo e nel rapporto con i ragazzi; la Comunità Capi, che formula e realizza un itinerario di accoglienza, di accompagnamento e di verifica, i cui elementi chiave sono: chiarezza delle responsabilità, del mandato di un Capo e della proposta di percorso../..

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  • IL TIROCINIOVers. 01/2013

    FORMAZIONE CAPI NAZIONALE

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    INDICE

    1. IL TIROCINIO - PREMESSA ..................................................................... 22. REGOLAMENTO AGESCI: ARTT. 50 E 51 .................................................. 43. PERCORSO DI TIROCINIO........................................................................... 64. IL PATTO ASSOCIATIVO ........................................................................... 135. ALLEGATI ................................................................................................... 15

    5.1 CAPACIT DI DIALOGO (di F. Montuschi) ........................................... 165.2 CHIAMATA E VOCAZIONE (di p. L.Dima)............................................. 185.3 SPIRITUALIT SCOUT (di Alessandro Salucci, OP).............................. 215.4 LAVORARE PER PROGETTI E PROGETTARSI (di p. D.Brasca) ............. 235.5 LE STRUTTURE ASSOCIATIVE (di Stefano Pescatore)....................... 255.6 GES UOMO PER GLI ALTRI (di Enzo Bianchi, priore di Bose)......... 275.7 UN GIOCO VECCHIO, MA NON TROPPO (di Federico Lunardi) ............ 305.8 CITTADINANZA: O ATTIVA O INESISTENTE (di Maurizio Millo) .......... 32

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    1. IL TIROCINIO - PREMESSA

    Nel CG 2008 stato approvato il Percorso formativo del Capo; stato un momentofondante per una Formazione Capi non pi vissuta attraverso una serie di eventi,quanto piuttosto da intendersi e da viversi con un percorso personale in cui il capo protagonista felice.Tale percorso stato suddiviso in due fasi.Dalla lettura del Regolamento Agesci si estrapola che:La prima fase ha come finalit lacquisizione delle conoscenze e la comprensionedegli elementi fondanti del servizio di capo sia motivazionali che pedagogico-metodologici. Tale cammino volto a garantire il livello di formazione ritenutoindispensabile (necessario) per attribuire al socio adulto lautorizzazione ad assumerela responsabilit della conduzione di una Unit.La seconda fase ha come finalit lacquisizione di competenze associative e dellapiena consapevolezza del servizio educativo in AGESCI. Il cammino del socio adultoin questa fase prevede come conclusione la nomina a Capo ed il Wood badge.

    Nella riflessione sul percorso formativo del Capo, sono emerse riflessioni esollecitazioni che hanno animato il dibattito associativo e che hanno portato allaformulazione e approvazione della Mozione 43/2008, che qui si riporta.

    MOZIONE 43/2008Approfondimento del Tirocinio

    Il Consiglio generale riunito a Bracciano in sessione ordinaria 2008PRESO ATTO

    del dibattito esistente allinterno della Formazione Capi sultirocinio e delle sollecitazioni pervenute alla Commissioneistruttoria Iter di Formazione Capi da diverse Regioni,

    CONSIDERATOche appare opportuno procedere nellapprofondimento ed

    eventualmente giungere ad una proposta di modifica di articolato,D MANDATO

    al Comitato nazionale tramite gli Incaricati nazionalialla Formazione Capi di approfondire la tematica mettendola

    tempestivamente a conoscenza dei vari livelliassociativi e di proporre eventualmente un nuovo testodi art. 11 del Regolamento di Formazione Capi per la

    sessione ordinaria 2010 del Consiglio generale.

    La Commissione di Consiglio generale Regolamento di F.C.,attuazione e verifica, stato transitorio e wood-badge

    Sulla base di detto mandato la Formazione Capi (II.NN., Pattuglia Nazionale Fo.CA. eII.RR.) ha lavorato a partire dallautunno 2008 cercando di affrontare in manieraorganica e sistematica il tema del Tirocinio, ripensando alla sua ideazione originaria

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    e cercando di capirne il valore e limportanza anche alla luce dellinserimento,allinterno del percorso formativo del Capo, del Campo di Formazione Tirocinanti(CFT).

    Nel novembre 2009 gli Incaricati regionale di Formazione Capi divisi in due gruppi dilavoro hanno fatto il punto sia sul tirocinio sia sul CFT, legando in modo indissolubilele due proposte, anzi riaffermando con forza che il campo per tirocinanti parte diun cammino molto pi articolato che rappresentato appunto dal tirocinio.Successivamente stato costituito un gruppo di lavoro coordinato da un membrodella Pattuglia Nazionale di Fo.Ca. e formato dagli Incaricati alla Formazione Capidelle seguenti regioni: Trentino Alto Adige, Friuli V.G., Veneto, Emilia Romagna,Toscana, Marche e Campania. Il gruppo di lavoro si incontrato in due occasioni(gennaio 2010 e aprile 2010) durante le quali, sulla base delle indicazioni emerse dailavori di gruppo degli Incaricati regionali, sono state riordinate le varie esperienze chehanno caratterizzato il tirocinio in questi ultimi anni.Dal lavoro svolto uscita una raccolta di esperienze che ha lo scopo, da un lato, disostenere tutti i protagonisti di questo cammino formativo (Tirocinanti, Capi Unit,Capi Gruppo, quadri di Zona e regionali nonch gli staff dei CFT) dallaltro di attivareun circuito di scambio di informazioni destinato ad arricchire la raccolta stessa ed ilbagaglio di conoscenze della formazione capi.

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    2. REGOLAMENTO AGESCI: ARTT. 50 E 51Art. 50 - Il TirocinioIl tirocinio il momento iniziale del cammino di formazione del socio adulto.Tale periodo, indicativamente della durata di 12 mesi, si avvia nel momento in cuiladulto, inserito in una Comunit Capi, comincia il suo servizio in unit.Il tirocinante vive attivamente il suo servizio in Associazione come membro dellaComunit Capi, partecipa al Campo di Formazione per tirocinanti, al Campo diFormazione Metodologica e a specifici incontri organizzati dalla Zona e/o dallaRegione.

    Gli scopi del periodo del tirocinio sono: favorire il consolidamento, nella Comunit Capi, delle proprie scelte e del processo

    di maturazione del Progetto del Capo, nella quotidianit dellimpegno e nelrealismo della propria organizzazione personale;

    rendere consapevoli che il servizio va vissuto con intenzionalit educativa; favorire lacquisizione di una mentalit progettuale; favorire lacquisizione della competenza metodologica con laiuto dello staff

    attraverso lesperienza quotidiana; vivere esperienze di responsabilit atte a favorire una risposta personale al

    mandato ricevuto dalla Comunit Capi; Scoprire il senso della partecipazione associativa.

    Intervengono in sostegno dei tirocinanti: lo Staff di Unit che coinvolge il tirocinante verso una piena responsabilit nella

    realizzazione educativa e gli permette di sperimentarsi nelluso del metodo e nelrapporto con i ragazzi;

    la Comunit Capi, che formula e realizza un itinerario di accoglienza, diaccompagnamento e di verifica, i cui elementi chiave sono: chiarezza delleresponsabilit, del mandato di un Capo e della proposta di percorso;

    la Zona che offre esperienze di scoperta dellappartenenza associativa e dipartecipazione alle scelte e introduce la modalit del confronto pi ampio comeoccasione di formazione;

    la Regione che, attraverso la Formazione Capi regionale, cura la propostaformativa di CFT, anche in accordo con le Zone, e dei CFM, favorendo il confrontotra i vari staffe tra gli staff e le Branche in modo da garantire l attenzione per gliobbiettivi specifici del Tirocinio allinterno do questi eventi formativi.

    Art. 51 - Il Campo di Formazione Tirocinanti (CFT)Il CFT unoccasione formativa che si colloca allinterno del tirocinio da viverepreferibilmente nel momento iniziale di inserimento in Comunit Capi ed necessarioper poter partecipare al Campo di Formazione Metodologica.Gli obiettivi formativi del CFT sono: vivere un momento di confronto sulle scelte fatte; lanciare il percorso formativo offerto dallAssociazione e la cultura della formazione

    come presupposto indispensabile per un buon servizio; rileggere la propria storia personale per prender coscienza in modo pi

    approfondito delle tre scelte del Patto Associativo;

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    confrontarsi e riflettere sulla scelta del servizio educativo e sul valore dellatestimonianza personale con altri adulti;

    razionalizzare la conoscenza degli elementi fondamentali del metodo; scoprire la dimensione associativa come risorsa per il proprio servizio, per la

    propria formazione personale e come supporto allazione educativa.

    Il CFT viene realizzato a livello locale con il coordinamento della Regionerelativamente alle modalit attuative secondo un modello unitario nazionale, relativoai contenuti, predisposto dalla Formazione Capi.Ai partecipanti e alle Comunit Capi viene inviato entro 30 giorni un attestato dipartecipazione segnalando eventuali situazioni particolarmente significative.

    Per un approfondimento del CFT si rinvia allo specifico quaderno dellaFormazione Capi Il CFT.

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    3. PERCORSO DI TIROCINIOIl tirocinio la parte iniziale del percorso formativo delladulto in servizio educativo, esi concretizza in esperienze articolate e vissute con lo spirito di chi va a bottega perimparare lArte del Capo, con umilt, pazienza e curiosit.Il Tirocinio momento privilegiato per comprendere, accompagnati dalla propriaComunit Capi e inseriti nella comunit ecclesiale, se divenire Capo Scout risponde inmodo responsabile alla chiamata al Servizio educativo.Complesso e delicato come ogni inizio di percorso, il tempo in cui ci si giocanomolte scelte sul proprio progetto di vita e di servizio ed in cui pi forte limpattodelle esperienze positive e negative. Ladulto in formazione quindi ha lesigenza e ildiritto di essere aiutato con attenzioni ed esperienze finalizzate alla sua crescita dicapo scout.Per approfondire il tema del tirocinio, prioritario comprendere in quali luoghi ilprocesso di formazione dei Capi tirocinanti si concretizza: Staff e Unit, Co.Ca., Zona,Regione.Lesperienza del servizio in Unit, lapplicazione del metodo e la concretizzazione diprogetti educativi insieme allo Staff di Unit, il confronto in Comunit Capi e lapartecipazione alla vita associativa in Zona sono le esperienze che ladulto in servizioeducativo scopre e vive durante il suo tirocinio e che concorrono al processo diformazione, sia che tale processo sia consapevole sia che avvenga senza avernepiena coscienza.Individuare con chiarezza e lucidit gli aspetti che in ogni ambito vengono vissuti,permette di accompagnare il tirocinante con maggiore attenzione ed intenzione daparte di coloro che gestiscono il livello in questione, per permettere al tirocinante didivenire cosciente della propria formazione e poterla gestire e dirigere con unacrescente progettualit. necessario che tra i diversi livelli dellassociazione ci sia corresponsabilitformativa e sussidiariet tra di loro.Di tutti questi ambiti, il principale rappresentato dalla Co.Ca. che ha cura dipromuovere con armonia e attenzione i diversi ambiti formativi: i Capi Gruppo elAssistente Ecclesiastico rappresentato per il tirocinante le figure di riferimento che loaccompagnano nel suo percorso.Rimane strategico e delicato il ruolo del Consiglio di Zona come luogo privilegiato perleggere le situazioni e i bisogni dei Gruppi e della Zona stessa e supportare i Gruppinella formazione dei Capi tirocinanti.

    Di seguito si riporta la tabella elaborata in cui sono sviluppati, per ogni luogo dellaFormazione le esperienze, le dimensioni e gli ideali associativi specifici.

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    Luoghi Esperienze Dimensioni della formazioneStaff Nella vita di Staff il

    Tirocinante fa esperienzadi:

    costruzione di relazionicon i ragazzi, con i Capidello Staff e con igenitori;

    elaborazione delprogramma di Unit:costruzione,realizzazione, verifica

    utilizzo degli strumenti delmetodo: conoscenza,intenzionalit educativa,condivisione eapplicazione nelleattivit pratiche.

    RelazioneIl Tirocinante apprende la curanecessaria per la gestione dei momentidi Unit, di Staff e con i genitori.

    CompetenzaSperimentando la vita di Staff di Unitcome gioco dello scautismo vissuto conadulti per i ragazzi, i Tirocinantipossono fare proprio luso intenzionaledegli strumenti del metodo con lospirito dellandare a bottega da chi hamaggiore esperienza e competenza: nel rispetto dei bisogni e delle

    aspettative dei ragazzi; nel rispetto delle persone Capi dello

    Staff; nel rispetto del programma.

    ResponsabilitIl Tirocinante sperimenta lassunzionedi ruoli precisi nello Staff, attraverso ilgraduale coinvolgimento in ognimomento della vita di unit.

    ProgettualitIl Tirocinante acquisisce laconsapevolezza del processo diintenzionalit educativa.

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    Co.Ca. Nella vita di Co.Ca. ilTirocinante fa esperienzadi:

    accoglienza e relazionetra adulti;

    Progetto del Capo(costruzione,realizzazione, verifica);

    Progetto Educativo(costruzione,realizzazione, verifica)

    Motivazione al ServizioLa Co.Ca. pone attenzione e cura nelmotivare e sostenere le scelteeducative fatte dai Capi ed, inparticolare, dal Tirocinante: promuovendo percorsi di spiritualit

    (personale e di Co.Ca.) (Allegato 2e 3: fede, chiamata e vocazione)

    stimolando la rilettura sul ruolo delCapo (verifiche).

    facendo cogliere la bellezza e laricchezza di un percorso diformazione permanente che possaandare al di l degli eventiistituzionali.

    RelazioneLo stile, il clima e la gestione deimomenti di Co.Ca. devono permetterea tutti i Capi e, in particolare, alTirocinante di rileggere la propriaazione educativa in chiave formativacon uno spirito di reale correzionefraterna insieme alla Comunit Capi.La presenza del tirocinante deve essereconsiderata una risorsa per la Co.Ca. eunoccasione preziosa per mettersi indiscussione.

    ResponsabilitAnche attraverso il progressivocoinvolgimento in attivit di animazionedella Co.Ca. e nel Gruppo, il Tirocinantedeve acquisire la consapevolezza dellacorresponsabilit educativa conparticolare attenzione alla progressionepersonale unitaria.

    Progettualitla capacit di lavorare per progetti siaffina nella partecipazione alla stesurae attuazione del Progetto Educativo edel Progetto del Capo e alle lorosuccessive verifiche.

    Spirito associativoLa Co.Ca. stimola la partecipazione agliincontri di Zona e nel territorio diappartenenza.

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    Zona Nella vita di Zona ilTirocinante faesperienza di: confronto

    metodologico (inbranca);

    partecipazioneassociativa(Assemblea di Zonae vita di Branca inZona).

    Inoltre, laddove esistauno specifico percorsoper tirocinanti, faesperienza di: confronto tra pari appartenenza

    associativa.

    Spirito associativoil Tirocinante prende confidenza con leStrutture associative venendo in contattoe conoscendo quella parte delle strutturestesse che sono pi vicine al Gruppo.Particolare attenzione dovr essere postanella presentazione dellAssociazione,delle sue componenti e dei meccanismidella democrazia associativa affinch itirocinanti colgano la ricchezza dellessereparte di un movimento pi ampio.

    RelazioneLincontro e confronto con i capi dellabranca in cui si presta servizio stimolanolacquisizione di nuove competenzemetodologiche e la riflessione sullutilizzointenzionale degli strumenti educativi.

    Motivazione al servizioI tirocinanti si confrontano tra di loro econ i formatori, ai quali spetta il compitoin uno o pi incontri di: presentare il percorso formativo

    proposto dallAssociazione; offrire occasioni per:

    riflettere sulla propria motivazionead esser Capo;

    valutare il proprio percorsocondividendolo anche con CapiGruppo o Capi Unit;

    arricchire il proprio Progetto delCapo;

    stimolare la partecipazione ad eventiformativi diversi dagli eventiistituzionali.

    La Zona favorisce la condivisione di azionidirette ai Tirocinanti che hanno comeluogo la Co.Ca., lo Staff e le Branche.Inoltre stimola ed accompagna i CapiGruppo a gestire e verificare il camminodi tirocinio secondo la seguente mappa diriferimento: rispetto al metodo: partecipazione del

    Tirocinante allattivit di branca,partecipazione alla programmazionedellanno, partecipazione alle attivit diUnit, partecipazione ad attivitsignificative di branca;

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    rispetto allassociazione: partecipazioneal CFT, alle Assemblee di Zona e aglialtri eventi di Zona e regionali;

    rispetto alla dimensione vocazionale:partecipazione attiva alla ComunitCapi, attenzione e cura della propriaformazione permanente.

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    Regione Nei modi e neitempi stabiliti dalregolamento diFormazione Capi,il Tirocinantepartecipa a:

    CFT e CFM; incontri

    organizzatidallaRegione.

    Le dimensioni Associativa,Metodologica e di Motivazioneal Servizio devono esserepresenti in ogni evento diformazione, con sfumaturediverse come messo in lucedai modelli unitari.

    Dimensione VocazionaleIl CFT occasione perrileggere e fare il punto sullapropria storia personale dalpunto di vista del buoncittadino e del cristianomaturo, al fine di prenderecoscienza in modo piapprofondito del valore delle 3scelte del P.A. che hannoportato a scegliere il servizioeducativo nello scautismo,condividendo con altri Capi unProgetto Educativo comeservizio ad/in un territorio (lascelta di fare servizio e dientrare in una Co.Ca.). occasione per confrontarsi eriflettere sulla scelta delservizio educativo con altriadulti, e deve essereoccasione per lanciare lacultura della formazione comepresupposto indispensabileper un buon servizio. occasione per confrontarsisulle specificit del servizioeducativo, sulla necessit diuna continua formazione e delvalore della testimonianzapersonale. (dal ModelloUnitario del CFT - CG 2008)

    Dimensione AssociativaIl CFT deve essere unaoccasione per scoprire ladimensione associativa,sperimentando il confronto, lacondivisione e la vitaassociativa come risorsa per ilproprio servizio, per la propriaformazione personale e comesupporto allazione educativa.Il CFT deve aiutare ad

    Vocazione/motivazione: la maturazione di unservizio capace dievolvere dalladimensione del fare aquella dellessere:deve diventare unproprio modo di farparte della comunit edella societ.Il Capo non fa servizio(solo) per motivi dinecessit (bisognoeducativo dei ragazzi),di relazioni interne eamicizie in Co.Ca., digratificazione personale,curiosit o riconoscenzaper quanto ricevutodallo scoutismo, ma percamminare verso laFelicit.

    Competenza: lacquisizione delsapere necessario alproprio servizio.Il Capo competente unCapo che conosce larealt in cui lavora(personale e ambientaledei ragazzi), la propostaeducativa delloscautismo (i 4 punti diBP) e la metodologiaspecifica della Branca incui opera, identificandorisposte educativeefficaci e in linea con ilmandato educativoricevutodallAssociazioneattraverso la Co.Ca.

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    acquisire il senso e ladimensione partecipativa,intesa come normale modalitdi vivere lAssociazione. (dalModello Unitario del CFT - CG2008)

    Dimensione MetodologicaIl CFM deve:- Offrire una conoscenza del

    Metodo scout nei suoivalori essenziali, presentiin tutte le branche(Elementi del metodo),inquadrati in una visioneunitaria, dalla Promessaalla Partenza;

    - Approfondire gli strumentispecifici della Branca a cuiil Campo dedicatocomprendendone lavalenza pedagogica;

    - Sottolineare laspettointenzionale nellutilizzodegli strumenti delmetodo, finalizzato acontribuire a risponderealle attese/bisogni dibambini, ragazzi, giovani,legandoli (con lo stileprogettuale) ai contenutidella proposta educativa (i4 punti di B.P. e Fede,Amore e coeducazione,Cittadinanza, Mondialit epace) (dal ModelloUnitario del CFM - CG2008)

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    4. IL PATTO ASSOCIATIVO

    C un documento fondamentale in Associazione, che tutti coloro che scelgono di fareservizio come educatori, come capi sono chiamati a conoscere e a condividere: ilPatto Associativo.Il suo significato sta proprio nel nome: un patto non un accordo, n un contratto,nemmeno una convenzione, che avrebbero tuttaltro tipo di significato, di richieste emodalit di adesione- ovvero un impegno reciproco che stabiliamo con tutti gli altricapi come noi, che ci mette tutti in relazione, e che fa appello a quel senso dellonoreche lo scout ben conosce e che viene richiamato dalla Legge: ogni adulto chiamatoad aderire a ci che il Patto Associativo esprime in maniera sempre pi significativae adulta, maturando progressivamente le motivazioni che sostengono le sue scelte e,proprio grazie alla consapevolezza del perch faccio queste scelte, fa propri i valoridi riferimento che il patto propone.E proprio ladesione sempre rinnovata e sempre pi consapevole da parte di ognieducatore della Comunit Capi che la tiene insieme e le d significato: Unadebolezza per la comunit sarebbe quella di accontentarsi dellamicizia, delcameratismo, dellaffetto. La fortuna della comunit sta nellincontrare persone chesono decise ad amarsi insieme fino in fondo, senza cedere ad inutili indulgenze degliuni verso gli altri. Affinch il regno di Dio venga, necessario che vi sia unit: unacomunit viva una piccola parte del Regno di Dio e non pu quindi esservi veroconflitto tra missione e comunit. Il gruppo rischia la consuetudine, linvecchiamento,se si riduce a rapporti di gentilezza Madeleine Delbrel - Comunit secondo ilvangeloUn confronto vero, profondo, ripetuto nel tempo e nella vita della Co.Ca dunque unelemento importante per mantenerla viva, consapevole del suo significato e di cosala tiene in s; non dobbiamo temere se il confronto diventa appassionato e talvoltaaspro, preoccupiamoci se va sempre tutto bene, se tutto scontato e niente creamai domande o dubbi! Siamo consapevoli che la presenza di capi di et edesperienza diverse, che hanno consapevolezza e sensibilit differenti nelladesione alPatto Associativo una ricchezza da valorizzare per accompagnare ognuno nelproprio percorso personale e per far crescere la comunit.

    composto da quattro parti, che nel complesso definiscono ed esprimono lidentit,limpegno e le speranze che tutti condividono. Ci impegniamo a rispettarlo perchriconosciamo nei suoi contenuti il fondamento del nostro servizio educativo e unostimolo per il cammino di formazione personale.La prima parte definisce lAssociazione, le sue caratteristiche ed il suo fine, edesprime alcune scelte fondamentali che ci caratterizzano, quali la diarchia, il valore

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    della dimensione comunitaria come fondamentale luogo per realizzare e vivere unarelazione educativa, la scelta di essere inseriti nel territorio e nella vita ecclesiale.Seguono poi le tre scelte: scout, cristiana, politica. Insieme esprimono i riferimentiche ogni capo invitato a fare propri, in tutte le sue parti. Non possibileunadesione parziale, proprio perch un patto va accettato cos com!

    Certamente il Patto Associativo va letto allentrata in Comunit Capi, conosciuto emeditato nellanno di tirocinio , riletto ancora e ancora in tutta la propria vita dacapo, approfondito insieme agli altri, perch motivo di confronto per poter dire: s,ci sto, mi interessa, mi piace, sento che per me questi riferimenti sono importanti!Va presentato a chiunque - parroci, insegnanti, amministratori, associazioni - vogliasapere cosa costituisce e caratterizza la proposta scout, come fosse un semplicebiglietto da visita.Allora possiamo dire che questo testo semplice, corto, chiaro esprime IDENTIT:definisce chi siamo e quali sono i valori e le scelte di riferimento del capo scout. uno specchio che ci rimanda la nostra immagine, chi siamo chiamati ad essere e qual lo stile che ci caratterizza. E sappiamo che nello scoutismo lo stile non solo formaesteriore appiccicata per fare bella figura, ma sostanza.Esprime anche UTILIT perch definisce cosa facciamo, ovvero le caratteristicheimprescindibili e le scelte fondamentali che ci fanno dire che la nostra propostaeducativa fatta secondo il metodo scout, e non a propria immagine o secondo lapropria idea! In questo senso un confronto attento con il Patto Associativo pu daretranquillit proprio per verificare la qualit delle proposte che facciamo ai nostriragazzi.

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    5. ALLEGATI

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    5.1 CAPACIT DI DIALOGO (di F. Montuschi)(Allegato 1)

    Un requisito essenziale di ogni relazione educativa la capacit da partedell'educatore di costruire un dialogo autentico.In merito all'importanza della capacit di dialogo BP scrive:Quando siete incerti circa il modo migliore per trattare col ragazzo ai fini della suaformazione,risparmierete tempo, preoccupazioni, pensieri e vista se, invece di studiare trattati dipsicologia,consulterete la migliore autorit sullargomento, ossia il ragazzo stesso.

    Ugualmente, quando il capo al buio per quanto riguarda le tendenze o il caratteredei suoi ragazzi, lascolto per lui risorsa assai importante. Ascoltando, si far unaconoscenza profonda della personalit di ciascun ragazzo e si render conto delmodo migliore per conquistarne linteresse. Questo vale anche per le discussioni inconsiglio dei capi pattuglia e per le chiacchierate al fuoco di bivacco; facendodellascolto e dellosservazione la vostra principale occupazione otterrete dai vostriragazzi una quantit di informazioni assai maggiore di quella che potreste dare lorocoi vostri discorsi

    Con i termine fratello maggiore intendo una persona che si sappia mettere su unpiano dicameratismo con i suoi ragazzi, entrando egli stesso nei loro giochi e nelle loro risate,conquistandosi con ci la loro confidenza e mettendosi in quella posizione che essenziale perinsegnare, cio conducendoli, con il proprio esempio nella giusta direzione.

    La relazione educativa si concretizza nel simultaneo riconoscimento dell'esistenza dis e dell'altro indipendentemente da ci che pu accadere, dai comportamenti che sipossono adottare, dalle opinioni che si possono esprimere, dagli errori che si possonocommettere da parte di ciascuno degli interlocutori.Per essere capaci di capire che cosa sta avvenendo in una relazione occorreguardarla come un fenomeno da scoprirefocalizzare lattenzione sull'altro, per scoprirne i bisogni reali e le risorseposizionarsi in modo tale da essere, contemporaneamente, coinvolti e osservatoriseparatiimparare a sospendere il giudizio; quando guidano i giudizi la possibilit dicomprendere laltro si assottiglia.Diventare competenti dal punto di vista relazionale significa coltivare due abilitfondamentali:da un lato la capacit di osservare i fenomeni della relazione al fine di comprendereche cosa sta avvenendodallaltro la capacit di assumere comportamenti funzionali alla costruzione di buonerelazioni. Le buone relazioni sono quelle che vivono nel presente, quelle nelle qualitu ed io dialoghiamo scambiandoci pensieri ed emozioni in sintonia con quello che tued io siamo nel momento della nostra relazione.Il dialogo che si svolge fra persone che si accettano, si stimano e si incoraggianoreciprocamente, rimanendo autonome e consapevoli dei propri sentimenti, pensieri e

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    comportamenti un dialogo ricco ed educativo, un dialogo che permette disviluppare pienamente le risorse che ognuno ha e ad esprimere cos la propria unicite originalit, scoprendo il valore e la ricchezza di ogni persona rispetto a ciascunaltra. Nel dialogo autentico, infatti, la diversit non fa paura, ma diventa, anzi, la veraricchezza da condividere.Altra capacit essenziale nel dialogo la capacit di ascolto, per capire laltro; sentirsicapiti una delle condizioni migliori per stare bene insieme agli altri e per portare ildialogo in profondit. Un rischio che si corre quando si avvia un dialogo nellarelazione educativa quello di avere la nascosta e inconsapevole intenzione dicambiare il proprio interlocutore; questa intenzione nascosta minaccia la natura el'andamento del dialogo perch l'interlocutore (che sia un ragazzo o un adulto) sisente criticato, non accettato, e pu cominciare a difendersi interrompendo di fatto lacomunicazione. Paradossalmente il vero cambiamento si ha quando la persona sisente accettata e, invece che usare l'energia per difendersi, la utilizza per attivare leproprie risorse e per sperimentare nuovi comportamenti e risposte alle situazionivissute. E' cos che l'incontro autentico con l'altro pu portare la persona a cambiaree a crescere, non per far piacere o rabbia a qualcuno, ma perch essa stessaidentifica le proprie risorse e qualit positive ed impara ad usarle.Il dialogo il luogo dove il silenzio si rivela pi prezioso, una garanzia e una granderisorsa per quanti vogliono vivere in pienezza e autenticit questa esperienza. Senzail silenzio si pu continuare a parlare ma il dialogo non nasce e non cresce. Il silenzioinfatti serve non solo per lasciar parlare ma anche e soprattutto per poter capire. Ilsilenzio fisico per le parole non dette viene accompagnato dal silenzio interioreriservato e dedicato alle parole ascoltate che richiedono di essere ascoltate, capite,interpretate, affettivamente sentite mettendosi sulla lunghezza d'onda del propriointerlocutore. Il dialogo come utile incontro e reale confronto si ottiene quando gliinterlocutori condividono il piacere dell'ascolto, il dono dell'accoglienza che non sireggono tanto sulla comunanza delle idee e dei punti di vista espressi quantopiuttosto sull'accoglienza del proprio interlocutore a cui viene offerto un legittimospazio interiore con il riconoscimento non solo del diritto di esserci, ma anche con lavalorizzazione della sua ricchezza diversa.

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    5.2 CHIAMATA E VOCAZIONE (di p. L.Dima)(Allegato 2)

    Lettera di san Francesco ad un capo

    1 A te fratello ... capo. Il Signore ti benedica.2 Io ti dico, come posso, per quello che riguarda il tuo desiderio, che quelle cose che tiimpediscono di essere un buon capo, ed ogni persona che ti sar di ostacolo, sianoragazzi o altri capi, anche se ti percuotessero, tutto questo devi ritenere come unagrazia.3 E cos tu devi volere e non diversamente. 4 E questo tieni per te in conto di veroservizio, perch io so con certezza che questa vero servizio. 5 E ama coloro che tifanno queste cose. E non aspettarti da loro altro se non ci che il Signore ti dar. 7 E inquesto amali e non pretendere che siano ragazzi migliori.3 E questo sia per te pi che essere un capo brevettato.9 E in questo voglio conoscere se tu ami il Signore ed ami me servo suo e tuo, se faraiquesto, e cio: che non ci sia mai alcun ragazzo al mondo che abbia sbagliato quantopoteva sbagliare, il quale, dopo aver visto i tuoi occhi, se ne torni via senza il tuoperdono misericordioso, se egli lo chiede; 10 e se non chiedesse misericordia, chiedi tu alui se vuole misericordia. 11 E se, in seguito, mille volte sbagliasse davanti ai tuoi occhi,amalo pi di me per questo: che tu possa attirarlo al Signore; ed abbi sempremisericordia di tali ragazzi.12 E notifica agli altri capi, quando potrai, che da parte tua sei deciso a fare cos.

    Ovviamente questa lettera non nella versione originale, ma stata scoutisticamentemodificata, cio tradotta in scoutese. Loriginale si chiama Lettera ad un ministro, ilministro un superiore dei frati, cio un capo ed il resto delle modifiche in neretto.Quello che ci interessa che ci che dice ad un ministro pu valere anche per un caposcout e proviamo a sintetizzarlo in tre domande Preferisco essere un buon capo sacrificando qualche ragazzo? Allinizio del mio percorso formativo mi devo chiedere se il mio obiettivo sia quello

    di essere riconosciuto come capo o se sia il bene del ragazzo. I ragazzi difficilisono un rischio per la mia credibilit di capo, un rischio che sono chiamato adaffrontare.

    Riesco ad amare di pi i ragazzi che sbagliano di pi? Il ragazzo difficile una chiamata ad amare di pi. Lostacolo una sfida a

    superare me stesso, ma bene non cadere nel rischio opposto, cio andare allosbaraglio. Se voglio intraprendere una scalata difficile bene prepararsi. A voltepu essere necessario ammettere la propria incapacit. Lessere formato lapremessa alle sfide pi grandi.

    Un capo deve educare o perdonare? Leducare comporta far notare gli sbagli, a volte sanzionarli (tappe non assegnate,

    voti bassi al campo, proposte bocciate). Il perdonare comporta andare oltre glisbagli. Ma in realt educare e perdonare non sono in contrapposizione. Una guidaalpina ti fa vedere i punti difficili, ma se cadi ti lancia una corda. Se mille voltecadi, mille volte te la lancia. A volte chi caduto non ha la forza di afferrare lacorda e allora si cala lui.

    San Francesco comunque non stato un buon educatore sotto tutti i punti di vista.

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    Certamente lo stato dal punto di vista della fede, ma la sua modalit difficilmentecompatibile con il metodo proprio scoutistico. Questo per una sua precisa volont. Gliordini pi antichi del suo (monastici e canonici) avevano una struttura verticale: unabate (cio pap) o un vescovo a vita e gli altri erano figli o collaboratori.Francesco, di estrazione mercantile (noi diremmo borghese) propende per unastruttura pi democratica. Tutte le cariche erano temporanee e quindi nel complessola struttura era pi orizzontale.Leducatore si pone in una struttura verticale: capo-ragazzo. Sarebbe meglio direobliqua, anzi, nel corso delle fasi educative (da cucciolo a partente) la sua figuratende a diventare sempre pi orizzontale. Fatto sta che nel momento in cui il ragazzoti diventa pari (almeno in teoria) la funzione educativa viene meno. Francesco quindinon vuole porsi come capo nei confronti degli altri frati, anche se di fatto lo , equesto impedisce una chiara, coerente e cosciente funzione educativa, cos come lariscontriamo in san Giovanni Bosco o in B. P.Ci pu essere per daiuto il suo percorso vocazionale perch molto articolato e cid un grande esempio della pedagogia divina, cio del modo di educare di Dio allapropria realizzazione che la felicit alla quale aspiriamo. Abbiamo molte narrazionidelle varie fasi vocazionali di Francesco, ma forse pi interessante vedere dal suoTestamento come lui stesso descrive la sua vocazione ad essere fondatore e capo.

    1 Il Signore dette a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza cos: quandoero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi 2 e il Signore stesso micondusse tra loro e usai con essi misericordia. 3 E allontanandomi da loro, ci che misembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo. E in seguito, stetti unpoco e uscii dal secolo.

    Il Signore chiama Francesco attraverso quella che noi definiremmo unesperienza diservizio. Francesco non ha fondato nessun ordine od ospedale per i lebbrosi coscome hanno fatto tanti santi o cristiani impegnati (entr in contrasto con uno deiprimi compagni a questo proposito), ma la sua esperienza di servizio ai lebbrosi stata fondamentale per la sua partenza: uscii dal secolo. Anzi voleva che i novizidel suo ordine facessero la medesima esperienza.

    4 E il Signore mi dette tale fede nelle chiese, che io cos semplicemente pregavo edicevo: 5 Ti adoriamo, Signore Ges Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono nelmondo intero e ti benediciamo, perch con la tua santa croce hai redento il mondo.6 Poi il Signore mi dette e mi d una cos grande fede nei sacerdoti che vivono secondola forma della santa Chiesa Romana, a motivo del loro ordine, che se mi facesseropersecuzione, voglio ricorrere proprio a loro. 7 E se io avessi tanta sapienza, quanta neebbe Salomone, e trovassi dei sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie incui dimorano, non voglio predicare contro la loro volont.La fede nelle chiese, nella Chiesa e addirittura nei sacerdoti miseri (materialmente espiritualmente) certamente un dono di Dio. Compito di un buon capo quello dieducarsi ed educare alla ricerca di questo dono. Il servizio di Francesco al mondo stato fatto in un contesto ecclesiale e questo ne ha permesso la diffusione e la durataa differenza delle altre iniziative analoghe. Ci aiuta a comprendere che il nostroservizio ha pi efficacia in un contesto comunitario non solo locale, ma associativonei vari gradi e ecclesiale in senso ultimo, anche se a volte questo contesto sembracomplicare le cose.

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    14 E dopo che il Signore mi dette dei fratelli, nessuno mi mostrava che cosa dovessifare, ma lo stesso Altissimo mi rivel che dovevo vivere secondo la forma del santoVangelo. 15 Ed io la feci scrivere con poche parole e con semplicit, e il signor Papa mela conferm.

    Il percorso vocazionale di Francesco sembra concludersi nel momento in cui incontradei fratelli. Arriva dunque a prendere consapevolezza che la sua vocazione, il suo ideale,non pu che realizzarsi in un contesto comunitario. Un comunit per loro fondatasullosservanza anche formale del Vangelo, per noi capi su un Patto Associativo che puessere il nostro modo di osservare il Vangelo. Nonostante la rivelazione gli vengadallAltissimo, sente il bisogno di una conferma umana qualificata. Ci aiuta dunque adiffidare delle ispirazioni divine, delle comunit di illuminati, ma a sapersi rimetteread un giudizio umano esterno qualificato.

    16 E quelli che venivano per intraprendere questa vita, distribuivano ai poveri tuttoquello che potevano avere (Tb 1,3), ed erano contenti di una sola tonaca, rappezzatadentro e fuori, del cingolo e delle brache. 17 E non volevamo avere di pi.

    Francesco era un esteta, aveva dunque unattenzione particolare anche allabito. Nonscordiamoci che di professione vendeva stoffe e viene narrato che si confezionassedei vestiti ricercati. Nel suo cammino arriva certamente ad unesteticadellessenzialit, ma questo non significa che desse meno valore (noi diremmoeducativo) allabito. Luniformit non comporta necessariamente un appiattimento.Lordine dei frati minori ha avuto nei secoli una grande variet (a volte eccessiva) dipersonalit pur portando lo stesso abito, tanto che alcuni lo definisconoscherzosamente il Dis-ordine dei Frati Minori. I ragazzi spesso cercano in modosmanioso la loro individualit cadendo comunque in una delle mode, a volte moltocostose. Leducare allessenzialit, anche attraverso ununiforme, non uno sforzoascetico mirato a farci capire quanto siamo bravi, ma a comprendere che nondobbiamo essere schiavi delle cose, ma siamo chiamati alla libert dalle cose e perquesto bene educare a questa libert educando prima di tutto s stessi anche al difuori delle attivit.

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    5.3 SPIRITUALIT SCOUT (di Alessandro Salucci, OP)(ALLEGATO 3)

    Il termine spiritualit rimanda ad un modo tutto proprio di concepire l'essere umano e siconcretizza identificandosi in un particolare stile di vita. Stile fondato sul principio che lapersona umana non limitata alla sola dimensione fisica e corporale, ma aperta ad unavita nello spirito. In questo senso spiritualit ci che presiede alle scelte concretedella persona, ci che spinge a fare propri certi valori anzich altri, ci che formadall'interno e rende significativi. In genere c' una spiritualit laica e una spiritualitreligiosa. Per lo scoutismo invece si soliti distinguere tra uno spirito scout e unaspiritualit scout. Lo spirito scout si impone come un vero e proprio stile di vita, come unmodo di essere uomini e donne che hanno fatto del Metodo Scout e dei valori a cui essorimanda un loro modo di essere. La spiritualit scout suggerisce e rimanda a un modoeducativo per imparare a essere cristiani, e in particolare cristiani significativi.Lo scoutismo attraverso lo spirito scout esercita una propria proposta educativa, permezzo della quale raggiunge con successo i fini che si assegnato. Per questo propone eimpegna quei valori universali che fanno progredire l'essere umano in direzione di unapropria dignit e in autentica sintonia con gli insegnamenti del divino Creatore. Il finemetodologico dello Scoutismo non altro che quello di insegnare a giocarsi la vita inpienezza, e raggiungere una felicit che non va confusa o scambiata col mero piacere, masemmai identificata con il senso pi intenso della gioia. La buona azione quotidiana,l'abitudine di vivere all'aria aperta, il pensare la vita come un dono da giocare con lealte impegno, l'essere animati da un sano ottimismo, il farsi testimoni della gratuit di Dio, illasciarsi coinvolgere nell'avventura del vivere, il non rifiutarsi al servizio generoso verso glialtri, il costruire il bene comune piuttosto che quello proprio, questo lo spirito scout. Loscoutismo sa che l'educazione non il risultato della somma di una serie di tecniche,perch la tecnica produce solo cose. Sa anche che l'educazione non neanche unammaestramento, perch formare una persona non come domare un animale. Loscoutismo sa piuttosto che l'educazione un'arte, che come ogni arte presuppone un'ispirazione, ovvero richiede uno spirito. Lo spirito dello scoutismo perci quell'arte dieducare a crescere in sintonia con quanto proposto in termini di valori dalla Legge scout.Una Legge che ciascuno ha fiduciosamente scelto di far propria nella recita della suaPromessa e che si impegna a realizzare nel Motto che proprio di ogni Branca.La gamma di questi valori offre all'educatore la possibilit di dar vita ad una spiritualitche gi in s supera e completa lo spirito scout. Ed in effetti, se lo spirito scout concentrala sua attenzione su ci che proprio di un essere morale, la spiritualit scout si apre a ciche proprio del credente in Dio. Separa per poi distinguere, il fare in nome degli uomini dalfare in nome di Dio. Questa tipica spiritualit, vero motore del rapporto capo-ragazzo,dovr essere immancabilmente proposta come linea di azione e di condotta durante tuttoil percorso educativo che dalla Promessa conduce alla conclusione naturale del sentieroscout. Baden-Powell era infatti convinto che: nessun uomo pu essere veramente buono,se non crede in Dio e non obbedisce alle sue leggi, per questo tutti gli scout debbonoavere una religione (Taccuino).1 A suo giudizio non pu esistere nessuno movimentoeducativo che si rifaccia allo scoutismo, se in esso non prevista l'educazione religiosa.Col termine spiritualit scout si vuole dunque precisare che lo Scoutismo non soltantouna scuola di salute e forza fisica, e nemmeno un mezzo intelligente per imparare a

    1 BADEN-POWELL, Taccuino, Ancora, Milano, 1978, p. 155.

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    sopravvivere o a progettarsi verso determinati fine, ma piuttosto un modo di concepire lavita secondo quegli ideali che sono stati trasmessi da Baden-Powell e che successivamenteil Movimento Scout ha poi fatto propri. Capito questo non desta meraviglia la consonanzadei valori propri dell'antropologia scout con le linee portanti dell'antropologia biblica. Ed ineffetti Baden-Powell nell'elaborare la sua originale proposta educativa ha sempre tenutopresente, almeno come sfondo, la prospettiva biblica. Egli amava sintetizzare la sua idea dispiritualit nella ben nota frase: Gioca nella squadra di Dio (La strada verso ilsuccesso).2

    Lo scoutismo di ispirazione cattolica, come quello dell'AGESCI, ha a sua volta dato vitaad una propria spiritualit, che il prodotto della congiunzione della Legge scout con laLegge delle Beatitudini. Il Dio nella cui squadra si chiamati a giocare il Dio di GesCristo per come viene trasmesso dalla Chiesa universale. La spiritualit scout si si dilatacos in una proposta di catechesi e si allarga fino a includere l'educazione alla fede in GesCristo. Programmaticamente l' AGESCI non si accontentata di educare ad una genericareligiosit o ad un generico altruismo filantropico, ma ha scelto di fondare la sua idea dispiritualit in quello Spirito di cui parla l'evangelista Giovanni (Gv 16,13). Come bensintetizza il Progetto Unitario di Catechesi, la spiritualit scout richiama una coerenza divita che nasce dalla fede cristiana e che si incarna nella quotidianit della vita scout, conle sue realt metodologiche e psicologiche, da cui nasce una vita cristiana caratterizzatasia dalle esigenze evangeliche sia dagli elementi specifici dello scoutismo.3

    La fraternit scout anticiper allora la comunione dei santi, la fiducia nel prossimo sitrasmuter in fede in Dio e la buona azione in carit cristiana, il sorridere e cantare anchenelle difficolt sar riferimento alla gioia dei beati, l'essere puri di pensieri, parole e azioniavr in Ges il suo modello. La certezza di essere in Lui salvati rende significativol'ottimismo che lo Scoutismo ha verso l'uomo e fa del cittadino del mondo il fedele egioioso costruttore del Regno di Dio. Per questo l'AGESCI tramite la coloritura che hascelto di dare alla sua spiritualit scout si sforza con ogni sua energia di realizzare quelleBeatitudini annunciate da Cristo come nuova Legge per l'umanit.Bisogna tuttavia ricordare che la spiritualit propria degli scout cattolici non unaspiritualit chiusa in se stessa ma [che essa] trova il proprio luogo naturale di confronto everifica nella vita della Chiesa (Sentiero fede, il Progetto, gli Strumenti, le Schede).4 neisacramenti e nel deposito della Parola affidato alla Chiesa per volont dello stesso Cristo,che si resta profeticamente aperti al soffio dello Spirito santo, il solo che rende capaci direalizzare in pienezza i fini a cui chiamato il proprio vivere. La spiritualit scout tinta dispiritualit cristiana diventa vita piena in Dio e in Lui comunione presente e futura conl'intera umanit. Da cittadini del mondo a cittadini del Regno. Una spiritualit cos vissutaprende l'aspetto di una route che ha per destinazione il Golgota. Ci fa pellegrini verso ilmistero assoluto dell'amore che Dio ha mostrato di avere verso l'uomo: Ges, sapendoche orma tutto era compiuto, affinch si compisse la Scrittura, disse: Ho sete. Vi era lun vaso pieno di aceto; posero perci una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una cannae gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l'aceto, Ges disse: compiuto!. E,chinato il capo, consegn lo spirito (Gv 19,28-30). E non c' gioia pi grande nelloSpirito.

    2 BADEN-POWELL, la strada verso il successo, Ancora, Milano, p. 216.3 AGESCI, dalla Promessa alla Partenza. Progetto Unitario di Catechesi, Ancora, Milano, 1983, p. 92.4 AGESCI, Sentiero fede, il Progetto, gli Strumenti, le Schede, .Edizioni Fiordaliso, Roma, 2010, p. 68.

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    5.4 LAVORARE PER PROGETTI E PROGETTARSI (di p. D.Brasca)(ALLEGATO 4)

    Del progettare ci si invaghiti come di una modalit del vivere e del fare che potesseevitare lo smarrimento, la confusione, il fallimento e introdurci nel regno del 'successoassicurato'. Abbiamo, poi, scoperto che le cose nella vita come quelle dell'educazione nonfunzionano proprio cos. Qualche nostalgico del mito del progettare per rimasto.... anchein Agesci. Col tempo se ne far una ragione.Noi prendiamo atto che finalmente oggi possiamo parlare del 'progetto' con pi serenit erealismo.

    Il concetto e l'immagine del 'progettare' non l'unico modo di descrivere l'esistenza:Grazia, dono, legame, accadimento, imprevedibilit, sogno, promessa, obbedienza,abbandono, fiducia,... sono modi di approcciare la vita e il fare di non meno valore delprogettare. migliore chi progetta o chi interrompe il suo progetto per fermarsi fraGerusalemme e Gerico? O chi obbediente al progetto di un altro il Padre -? Quello chesi deve ritenere con serenit e realismo che nella vita presente una dimensione diprogettazione che senza pretendere l'assolutezza rivendica una sua dignit.Il valore antropologico e pedagogico principale del progettare risiede in un appello allacoscienza a non farsi trascinare dagli eventi, anzi a sforzarsi di dare una scansionerigorosa - ancorch sempre approssimativa alle dimensioni del vivere: sogni-obiettivi-mete, strumenti-tempi-contesto, risorse positive e avversari da battere.In campo educativo ormai sappiamo che non si pu progettare la crescita delle persone,ma che oggetto proprio delle progettazione sono le 'attivit', cio le cose concrete chesono proposte ai minori nella segreta speranza che esse mettano in modo un processointeriore. Ma se questo movimento interiore sia avvenuto o quando esso avvenga non nelle disponibilit delle tecniche della progettazione sapere. Ci che certamente sappiamo invece se ci che dovevamo fare stato fatto come avevamo progettato fosse fatto.Ancora sul piano pedagogico: il progettare un trucco per aumentare l'intenzionaliteducativa delle esperienze e dei rapporti. Sotto questo profilo strumento che serve assaidi pi all'educatore per 'tenersi sveglio' che all'educando per crescere.Sul piano formativo (cio a livello di capi adulti) il progettare un invito, un appello: c'una direzione alla tua vita? C' una corrispondenza fra il detto e il fatto? C'consapevolezza del tempo personale e storico che stai vivendo? Su questo livello ilprogetto molto simile alla regola di vita, cio a un darsi regole secondo cui vivere.Sul piano teologico sappiamo alcune cose: a Dio piace disfare i progetti degli uomini ecostringerli a fidarsi di lui che rivela i suoi progetti in modo un po' oscuro (vi far pescatoridi uomini) e parziale (vai ne paese dove io ti indicher). Nessuna vita fallimentare enessun progetto di vita fallito scoraggia Dio da trovare il modo di riportare a casa tutti(figliol prodigo e molti altri). In Dio nulla del bene che fatto dagli uomini va perduto.

    Conclusione: dai frutti li riconoscerete! Un educatore e un uomo valutato dalla vita sullasua capacit di vivere (e progettare il vivere) non per gli schemi astratti usati nelle sueverifica (leggi progetto del capo), n da che cosa ha scritto sul suo quadernetto, n da checosa ha condiviso con gli altri, n dai crediti da esibire a qualche burocrate, ma solo daifrutti: servizio, gioia, tenacia, fedelt, fiducia, speranza.Uno degli argomenti pi ostici che si affrontano con i giovani capi riguarda il rapporto conle strutture associative, cui si guarda, prevalentemente, come sovrastrutture, con tuttalaccezione negativa che a tale termine comunemente si riconosce. Tale atteggiamento,

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    spesso avvalorato anche dal comportamento di Capi pi esperti, che ammantano didisincanto il loro disimpegno, alla fine si ripercuote profondamente sulla nostra democraziaassociativa, minandola alle radici, ovvero nei luoghi nei quali maggiormente dovrebbeeducarsi e formare alla partecipazione, ovvero le Comunit capi. Cosa possiamo fare perinvertire questa tendenza? E necessario procedere per gradi. Come primo passo, necessario comprendere cosa interessi realmente un giovane capo, che probabilmente nonsar molto attratto dai meccanismi di voto del Consiglio generale e dalla tecnica diredazione delle mozioni E necessario puntare pertanto su ci che pi sta a cuore, ovverosul concetto di identit, per fa s che ogni Capo, dal pi esperto al neofita, si riconoscanellAssociazione. Il processo di formazione dell'identit costituisce per noi una sorta diimprinting associativo e se manca, nella prima fase di vita associativa del giovane capo,ne deriva grave pregiudizio, con la conseguenza inevitabile che tra le identit multiple cheognuno di noi assume, a seconda dei vari contesti sociali nei quali agisce, lidentitassociativa sar la pi fragile e la prima a soccombere. Si tratta, ovviamente, di unprocesso formativo che non n semplice n breve, e che necessita di continue scosse diassestamento, rilevabili quando la vita, quella di tutti i giorni, ci mette alle strette e cicostringe a confrontarci con i valori in cui crediamo ed ai quali educhiamo e formiamo. Unsano senso di identit ci pone tutti nella condizione di appartenenza, e lAssociazione nonviene pi vista o sentita come un corpo estraneo, ma diviene parte di un noi: ci siriconosce e si riconosciuti membri dello scoutismo perch consapevoli della propriaidentit, dei propri valori, dei valori condivisi con il gruppo. Lappartenenza pu esseredeclinata con un solo verbo: to care, inteso come mi interessa, mi sta a cuore, epertanto, conseguenza logica del senso di appartenenza la partecipazione alla vita dellestrutture, sulle quali si fonda il nostro sistema democrazia associativa. Spesso si tende adattribuire a tale locuzione significati pi ampi di quelli che la democrazia associativa reca ins e ci si dimentica che il nostro Metodo educativo, avendo come suo scopo ultimoleducazione di futuri, buoni, cittadini attivi per sua natura orientato alleducare allapartecipazione, sin dallet di Branco Cerchio.Per un giovane capo, prendere parte alla vita delle strutture, e quindi vivere la democraziaassociativa, implica la duplice consapevolezza del dare e dellavere, del chiedere e delrispondere. Si partecipa alla vita delle strutture, a partire dalla Comunit capi, per dare ilproprio contributo in termini di pensiero, e per ottenere il contributo di altri. Si partecipaalla vita della Zona e della Regione per rappresentare i propri bisogni e per pretendere chechi deputato a farlo traduca in progetto la risposta a tali bisogni. I giovani capi spesso sisentono estranei ai momenti di elaborazione dei progetti, ritenendo di non essere in gradodi dare il proprio contributo; e non si rendono conto che proprio in tali consessi che leloro domande dovranno trovare risposte adeguate. La democrazia associativa non sololelezione dei nostri rappresentanti, alla quale spesso si riduce, o lesercizio di sintesi perarrivare ad una decisione condivisa, ma soprattutto lavoro, quotidiano, nelledificazionedi un pensiero che sia espressione del nostro senso identitario. Se riusciremo acapovolgere la prospettiva, ed a far comprendere ai nostri giovani capi questa differentemodalit di lettura, che parte dal basso, avremo capi pi presenti in Co.ca., nelleassemblee e nei convegni, e forse anche maggiormente predisposti a vivere il servizio daquadro.

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    5.5 LE STRUTTURE ASSOCIATIVE (di Stefano Pescatore)(ALLEGATO 5)

    Uno degli argomenti pi ostici che si affrontano con i giovani capi riguarda il rapporto conle strutture associative, cui si guarda, prevalentemente, come sovrastrutture, con tuttalaccezione negativa che a tale termine comunemente si riconosce. Tale atteggiamento,spesso avvalorato anche dal comportamento di Capi pi esperti, che ammantano didisincanto il loro disimpegno, alla fine si ripercuote profondamente sulla nostra democraziaassociativa, minandola alle radici, ovvero nei luoghi nei quali maggiormente dovrebbeeducarsi e formare alla partecipazione, ovvero le Comunit capi. Cosa possiamo fare perinvertire questa tendenza ? E necessario procedere per gradi. Come primo passo, necessario comprendere cosa interessi realmente un giovane capo, che probabilmente nonsar molto attratto dai meccanismi di voto del Consiglio generale e dalla tecnica diredazione delle mozioniE necessario puntare pertanto su ci che pi sta a cuore, ovverosul concetto di identit, per fa s che ogni Capo, dal pi esperto al neofita, si riconoscanellAssociazione. Il processo di formazione dell'identit costituisce per noi una sorta diimprinting associativo e se manca, nella prima fase di vita associativa del giovane capo,ne deriva grave pregiudizio, con la conseguenza inevitabile che tra le identit multiple cheognuno di noi assume, a seconda dei vari contesti sociali nei quali agisce, lidentitassociativa sar la pi fragile e la prima a soccombere. Si tratta, ovviamente, di unprocesso formativo che non n semplice n breve, e che necessita di continue scosse diassestamento, rilevabili quando la vita, quella di tutti i giorni, ci mette alle strette e cicostringe a confrontarci con i valori in cui crediamo ed ai quali educhiamo e formiamo. Unsano senso di identit ci pone tutti nella condizione di appartenenza, e lAssociazione nonviene pi vista o sentita come un corpo estraneo, ma diviene parte di un noi: ci siriconosce e si riconosciuti membri dello scoutismo perch consapevoli della propriaidentit, dei propri valori, dei valori condivisi con il gruppo. Lappartenenza pu esseredeclinata con un solo verbo: to care, inteso come mi interessa, mi sta a cuore, epertanto, conseguenza logica del senso di appartenenza la partecipazione alla vita dellestrutture, sulle quali si fonda il nostro sistema democrazia associativa. Spesso si tendead attribuire a tale locuzione significati pi ampi di quelli che la democrazia associativareca in s e ci si dimentica che il nostro Metodo educativo, avendo come suo scopo ultimoleducazione di futuri, buoni, cittadini attivi per sua natura orientato alleducare allapartecipazione, sin dallet di Branco Cerchio.Per un giovane capo, prendere parte alla vita delle strutture, e quindi vivere lademocrazia associativa, implica la duplice consapevolezza del dare e dellavere, delchiedere e del rispondere. Si partecipa alla vita delle strutture, a partire dallaComunit capi, per dare il proprio contributo in termini di pensiero, e per ottenere ilcontributo di altri. Si partecipa alla vita della Zona e della Regione per rappresentarei propri bisogni e per pretendere che chi deputato a farlo traduca in progetto larisposta a tali bisogni. I giovani capi spesso si sentono estranei ai momenti dielaborazione dei progetti, ritenendo di non essere in grado di dare il propriocontributo; e non si rendono conto che proprio in tali consessi che le lorodomande dovranno trovare risposte adeguate. La democrazia associativa non sololelezione dei nostri rappresentanti, alla quale spesso si riduce, o lesercizio di sintesiper arrivare ad una decisione condivisa, ma soprattutto lavoro, quotidiano,nelledificazione di un pensiero che sia espressione del nostro senso identitario. Seriusciremo a capovolgere la prospettiva, ed a far comprendere ai nostri giovani capi

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    questa differente modalit di lettura, che parte dal basso, avremo capi pi presentiin Co.ca., nelle assemblee e nei convegni, e forse anche maggiormente predisposti avivere il servizio da quadro.

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    5.6 GES UOMO PER GLI ALTRI (di Enzo Bianchi, priore di Bose)(ALLEGATO 6)

    E importante comprendere la portata dellaffermazione che sigilla il prologo delquarto vangelo, a me da sempre molto cara: Dio nessuno lha mai visto e,secondo tutta la Scrittura, nessuno di noi lo vedr se non nellabbraccio della morte ma il Figlio unigenito, che rivolto verso il seno del Padre, ce ne ha fatto lesegesi(exeghsato) (Gv 1,18), ce ne ha dato il racconto, la narrazione, la spiegazione.Risulta dunque estremamente chiaro perch Pilato lo presenti con le parole: Eccehomo (Gv 19,5), ecco luomo per eccellenza! Stando alla testimonianza dei vangeli,Ges ha vissuto come uomo fino allestremo (cf. Gv 13,1), uomo fino alla fine, finoalla morte violenta e ingiusta. Ma non si dimentichi che quella morte Ges lha vissutanella libert e per amore, e ha espresso anche in essa la forma della sua esistenzaumana. Unesistenza in cui:- le sue parole erano carne e sangue;

    - il suo comportamento era la negazione dellautosufficienza e della pretesa di vivereper se stesso, senza gli altri;

    - le sue scelte erano un rifiuto della violenza e una vicinanza ai deboli, ai poveri, agliultimi, ai peccatori, alle vittime della storia;

    - la sua difesa e la sua resistenza erano un restare fino alla fine un uomo dicomunione, un uomo sempre capace di amare.

    Purtroppo noi cristiani rischiamo di dimenticarlo: Ges non si mai imposto come unDio venuto con potenza tra noi uomini. Che cosa avvenuto infatti sulla terra, nellastoria umana, con la venuta di Ges? accaduto che alcuni uomini, i dodici, e alcunedonne, in totale una ventina di individui coinvolti nella sua vita e diventati suoidiscepoli, hanno saputo vedere nella sua esistenza, nella sua umanit, delle tracce diDio, e per questo durante la vita lhanno chiamato profeta, maestro; ma solamentealla luce della fede pasquale che essi sono pervenuti a riconoscerlo e chiamarloKrios, Signore.E qui vorrei dire una cosa con molta franchezza, sperando di non essere frainteso:guai a quei cristiani che deificano Ges e lo chiamano Dio senza aver primaconosciuto la sua umanit, la forma della sua esistenza umana spesa e donata aglialtri! Se non si compie tale percorso, si continua purtroppo a non essere allaltezzadi ci che il cristianesimo ci chiede. Non dobbiamo deificare Ges e poi, in unsecondo momento, leggere la sua vita umana, ma dobbiamo percorrere esattamenteil cammino inverso: guardando alla sua umanit, tenendo gli occhi fissi su di luicome uomo (cf. Eb 12,2) che capiamo perch lui era Figlio di Dio. Perch propriola sua forma di vita che evangelo, buona notizia; se invece si acclama Ges qualeDio senza conoscerne lumanit, si fa unoperazione che finisce per snaturare GesCristo.Del resto, altamente significativo ed eloquente che, dopo la sua morte ignominiosa incroce avvenuta il 7 aprile dellanno 30 a Gerusalemme, i discepoli di Ges lo abbianoriconosciuto vivente non nei tratti di un corpo glorioso. Dopo la sua resurrezione, infatti,egli non appare sfolgorante di luce, ma appare nella forma con cui nella sua pro-esistenza,lesistenza per gli altri, aveva narrato la possibilit dellamore: si manifesta presso la tomba

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    vuota come colui che chiama per nome Maria, suscitandone in risposta lesclamazioneRabbun, mio maestro (Gv 20,16); si manifesta presso il lago di Tiberiade nella formacon cui offriva pane e pesce da mangiare (cf. Gv 21,1-14); si manifesta a Emmaus nellaforma con cui spezzava le Scritture e offriva ai discepoli il pane spezzato (cf. Lc 24,13-35).Insomma, le sole vere e autentiche reliquie di Ges e, di conseguenza, le sole autentichereliquie cristiane, sono quello che Ges ha donato nella comunicazione con gli uomini! Nonci ha lasciato nientaltro: non ci ha lasciato nessun segno del suo corpo, niente di quelloche lui ha toccato, ma tutto ci che lui ha fatto per entrare in comunione con gli uomini,ecco, quello diventa il luogo visibile del suo riconoscimento dopo la resurrezione. E coloroche lo avevano visto vivere e morire hanno dovuto credere alla forza dellamore pi fortedella morte, a un uomo che con la sua vita aveva davvero raccontato Dio. Quellesistenzadi Ges di Nazaret, vissuta nella libert e per amore, parsa a quegli uomini e aquelle donne che vivevano con lui la vita stessa di Dio. Proprio quella vita lepifania,la manifestazione di Dio per gli uomini; ma nello stesso tempo lepifania delluomoper tutta lumanit.Si legge nel quarto vangelo: In lui era la vita e quella vita era luce per gli uomini (Gv1,4), cio Ges stato un vero vivente e come tale ha potuto insegnarci a vivere. Questo avvenuto per chi gli stato vicino, ma avviene ancora oggi per quanti conoscono Gesattraverso il vangelo, perch vedono con pi luce nella propria vita la possibilit di essereconformi alla vita di Ges. Del resto, proprio quello che ci dice la seconda lettura dellamessa della notte di Natale: in essa lapostolo Paolo spiega a Tito che nella nascita di Ges avvenuta lepifania della grazia di Dio, per insegnarci a vivere in questo mondo (cf. Tt2,11-12). Non si dimentichi tale affermazione! Ges venuto certamente a salvarci, venuto certamente a far s che noi diventiamo Dio; ma venuto soprattutto per insegnarcia vivere in questo mondo, per mostrarci la vera vita umana, vissuta come opera darte,come capolavoro!

    Ges ha vissuto una vita felice perch la sua vita possedeva un senso, anzi il senso delsenso. E si faccia attenzione: solo chi conosce una ragione per cui vale la pena di dare lavita, di perdere la vita, conosce anche una ragione per cui vale la pena di vivere. Gesquesta ragione la possedeva: pi volte infatti ha affermato di vivere al servizio degli altri,quotidianamente e con semplicit, gratuitamente e liberamente. Egli ha vissuto comeuomo per gli altri (Dietrich Bonhoeffer), e ha saputo leggere la violenza che si scaricavasu di lui, fino alla morte violenta, come una necessit per chi vive per la verit, la giustiziae la comunione tra gli uomini. Egli ha conosciuto la beatitudine del povero, dellaffamato digiustizia, del mite e umile di cuore, del facitore di pace (cf. Mt 5,1-9; 11,29), perch hatrovato senso in queste condizioni umane, le ha riempite di senso.

    S, Ges sapeva rispondere alla domanda: cosa posso sperare? E rispondeva con lacertezza che lamore pi forte della morte, dellodio, dellinferno! Non Pilato stato unuomo felice, non Erode, pur con tutto il loro potere e la loro voracit. Ges invece, purandando verso una morte ignominiosa, e proprio perch vi andava nella libert e peramore dellaltro, conosceva la vera felicit di chi conduce unesistenza che unarte divivere segnata da bont, bellezza, beatitudine. Cos dovrebbe essere la vita cristiana: vitaliberata dagli idoli alienanti, vita che porta il segno della speranza e della bellezza.

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    Con tutta la sua vita Ges ci ha insegnato che, attraverso lamore, possibile sperare chela morte non abbia lultima parola. Ecco perch il Padre lo ha richiamato dai morti e lo hafatto risorgere: per mostrare una volta per tutte che, dove c una vita spesa nellamore,questo amore vince anche la morte; per indicare la vita eterna che attende tutti gli uomininel Regno, in Ges Cristo, luomo per gli altri, il primogenito di coloro che risuscitano daimorti (Col 1,18).

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    5.7 UN GIOCO VECCHIO, MA NON TROPPO (di Federico Lunardi)(ALLEGATO 7)

    Spesso ci si chiede perch lo Scautismo - quello del lupetto che corre verso la preda,quello dellesploratore con unaccetta in mano, quello del rover che serve sorridendo siaancora cos attuale, giovanile, fresco.

    E una domanda che in realt nasconde un ossimoro: perch lo Scautismo non invecchiaquando rimane fedele a s stesso? Perch lo Scautismo continua a essere nuovo quandoriecheggia le urla di gioco, il sudore dellimpegno e le canzoni di fronte al fuoco di diciottoadolescenti su unisoletta inglese pi di un secolo fa?

    Lo Scautismo prima che un metodo educativo uno stile di vita, anzi una biografia.Tutto ci che noi chiamiamo strumento e metodo, infatti, nasce dallosservazione che B.P.ha esercitato nei confronti dei ragazzi affidatagli dallEsercito di Sua Maest prima e dallefamiglie britanniche poi. Quel che ancora pi importante che la dimensione spiritualeche informa e aleggia tra le tende nel campo scout non nasce da una sperimentazionesociologica o antropologica ma scaturisce dalle convinzioni, tanto salde quanto semplici, diun uomo che ha saputo vivere sorridendo fino allet di 84 anni in una vita passata suterreni di addestramento, campi di battaglia, cambiamenti epocali, due conflitti mondiali.

    Per certi aspetti B.P. non stato sicuramente il figlio che ogni genitore vorrebbe avere: ilsuo rendimento scolastico non era tra i migliori e passava la maggior parte delle propriegiornate in mezzo ai campi e alla natura; temo che pi volte la madre sar stata inangoscia per questo figliolo che rincasava tardi e sporco di fango dalla testa ai piedi!

    Penso che non sia stato neppure lufficiale subordinato che ogni generale vorrebbe aipropri ordini: un comandante che parla con ogni singolo uomo, che organizzaintrattenimenti serali e che, addirittura, si traveste da donna e recita commedie la seraattorno al fuoco.

    Estoria (e non pi mia supposizione) che B.P. proclamato eroe e nominato generale ebbeuna breve permanenza allinterno dellEsercito britannico dopo il rientro dallesperienza diMafeking.

    Quello che affascina di questuomo stata la sua capacit di vivere da protagonista ognigiorno della propria vita. Aveva fatto propri gli ideali e i valori che poi espresse nellapromessa, considerava il proprio fisico come un dono ricevuto da Dio (meritevole di unacostante attenzione non alla ricerca di una bellezza effimera ma nella salvaguardia delproprio vigore), assumeva quotidianamente una medicina chiamata buon umore.

    Lessenza dello Scautismo sta tutto qui: lespressione di una vita vissuta e non pensata.Semplicit che non devessere degradata a banalit, anzi. Semplicit che sesprime inpoche e chiare regole; semplicit che trova la propria ragion dessere nella perfettacoincidenza tra parole e fatti.

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    Vivere in modo semplice ancor oggi la strategia che un capo utilizza nei confronti deiragazzi che gli sono affidati. In semplicit si insegna a giocare, in semplicit si insegna acrescere, in semplicit si insegna ad amare. Il grande libro della natura espressione ditutto questo e in ogni pagina si pu leggere - con gli occhi di un bambino cos come conquelli di un adolescente oppure con quelli di un adulto il significato di ci che ci circonda:materiale o immateriale che sia.

    La bussola della semplicit ha un azimut costante, certo, assoluto: la bellezza.

    La bellezza della vita, la bellezza che deriva dal sapere che anche nel ragazzo pi malvagioalberga un 5% di bont, la bellezza della natura che si lascia amare, la bellezza di unprogetto di vita che nella realizzazione di un Mondo migliore rende felice ognuno di noi.

    Amore, bellezza, impegno, onore, lealt sono i pilastri sui quali si fonda il nostro agire e ilnostro vivere. I nostri capi ce li hanno insegnati e trasmessi con lesempio e sempre conun sorriso sulle labbra. Dieci parole sentite al momento delle braci, mentre eravamo seduticon le gambe incrociate sul terreno, hanno inciso sulla nostra mente di fanciulli e diadolescenti pi di mille frasi sentite comodamente seduti su sedie e poltrone. Ci tornano inmente ora che scriviamo queste note cos come ne sentiamo leco ogni volta che la vita cipresenta una sfida.

    Parole che non invecchiano se noi sappiamo tenerle giovani con il nostro agire e sorriso.Obbedienza, servizio, impegno, fatica sono i nostri compagni di viaggio che ci fannocostantemente scoprire limportanza di chi ci aiuta a portare i fardelli e di chi condivide connoi le gioie della strada e che, per questo, chiamiamo fratello e sorella.

    Lattualit dello Scautismo quella di accogliere coloro che se ne accostano chiedendoloro, quando se ne sentiranno pronti, di dire a chi ne fa gi parte che hanno capito qualisono le regole del vecchio gioco e che ne vogliono prendere parte. Il tutto avviene in unmomento semplice e solenne al contempo; un momento che gi nel nome impegna e facrescere: Promessa.

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    5.8 CITTADINANZA: O ATTIVA O INESISTENTE (di Maurizio Millo)(ALLEGATO 8)

    bene fare subito una riflessione, prima ancora di parlare della Costituzione e dellalegalit. Fa infatti riflettere che molti vivono e si comportano come se essere cittadini diuno Stato moderno fosse una posizione di rendita nella quale sufficiente esserci peravere garantiti diritti e servizi da parte della societ e pensano che lo Stato, per essereavanzato e moderno deve garantire ogni tutela ai propri cittadini senza necessit diimpegno da parte loro.Sbagliano per almeno tre motivi e credo proprio che gli scout si debbano preoccupare dispiegarlo, a se stessi ed agli altri.Primo motivo: non sufficiente un atteggiamento passivo, perch solo se ciascuno siimpegna ed attivo nelladempiere i propri doveri si pu sperare che i diritti di ciascunovengano soddisfatti. Infatti solo pochi diritti possono realizzarsi con un sempliceatteggiamento passivo da parte degli altri (per esempio sufficiente che nessuno miaggredisca perch sia realizzato il mio diritto allintegrit fisica oppure basta che nessunoentri nella mia propriet affinch io possa goderla senza disturbi), ma la maggioranza deidiritti richiedono invece per essere realizzati un comportamento attivo da parte degli altri(ed anche una collaborazione attiva da parte mia). Ad esempio per realizzare il mio dirittoa non essere emarginato ed anzi ad essere valorizzato a cui tengo molto di pi delle miepropriet necessario che gli altri mi accolgano positivamente e che io mi impegni nellerelazioni con loro. Oppure, per soddisfare il mio diritto a crescere e sviluppare la miapersona (gi da ragazzo, ma anche da adulto ed anziano) necessario che vi siano altripersonalmente impegnati nelleducazione (lAGESCI pu insegnarlo!) o nel sostegno di chiha limiti fisici o problemi collegati allet avanzata e non basta per questo il lavoroprofessionale di insegnanti, infermieri, dottori, assistenti sociali, che possono fare molto,ma non possono realizzare alcuni degli aspetti pi importanti dello sviluppo dellapersonalit, che sono legati alle relazioni umane (per leducazione evidente, ma facilecapirlo anche per tutte le necessit di assistenza collegate a limiti fisici o malattie) e daltraparte limpegno di tutti gli altri risulta certamente inutile senza un mio personale impegnonella mia autoeducazione.Secondo motivo: molti dei diritti fondamentali della persona si possono realizzare solo se lapersona interessata si fa carico dei doveri corrispondenti e si impegna nelle sueresponsabilit e pi attivo questo impegno, pi si realizza il diritto, mentre se scarsolimpegno dellinteressato il diritto si atrofizza e le aspettative appassiscono. Come esempiosi pu pensare al diritto a formare una famiglia ed essere genitore. Normalmente tuttitengono moltissimo alla loro realizzazione personale attraverso le relazioni affettive e adun certo momento della vita quasi tutti vogliono crescere come persone diventandogenitori (basta vedere ci che si disposti a fare per avere un figlio con la fecondazioneassistita o con ladozione, ecc), ma basta poco per comprendere che questi diritti nonpossono realizzarsi neppure un po se non impegnandosi moltissimo nei corrispondentidoveri. Ad esempio una madre o un padre, pur stanchi per aver gi lavorato durante tuttala giornata, sapranno alzarsi durante la notte per occuparsi del figlio che chiama perchmalato e realizzeranno il loro diritto ad essere genitori e sentiranno di crescere come

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    persone solo se ce la faranno ad alzarsi davvero. E saranno alla fine sempre pisoddisfatti, quanto pi riusciranno a sacrificare, almeno in parte, altri loro diritti comequello di riposarsi, o quello di fare vacanze interessanti per loro come adulti, o renderecompatibili le loro carriere professionali con le esigenze dei figli per assolvere i lorodoveri di genitori. Tutto quanto appena detto pu essere applicato a tanti aspetti dellanostra vita che sentiamo molto importanti e che consideriamo un diritto poter realizzare almeglio, ma non possiamo riuscire a farlo se non percorrendo la strada che passaattraverso lassunzione dei corrispondenti doveri e responsabilit. Per convincersene si pupensare anche alla realizzazione personale attraverso la professione che ci piace scegliere,ma che pu dare soddisfazioni solo se ci si impegna molto sul lavoro. Ma anche le attivitpi creative, come suonare uno strumento musicale o darsi alla pittura, daranno frutti erealizzazione personale solo se praticate con grande impegno e fatica.Proprio la stessa dinamica alla base della cittadinanza: la nostra cittadinanza ci aiuter arealizzarci e dar frutti buoni per noi e per tutti quelli che vivono intorno a noi solo se ciimpegneremo molto nellessere cittadini attivi. invece impossibile sentirsi contentisemplicemente rimanendo in attesa che lorganizzazione sociale faccia qualcosa per noi.Ci anche perch latteggiamento passivo dei cittadini finirebbe per rendere vuoto ilserbatoio delle risorse sociali cui tutti sperano invece di poter attingere per ricavarequalcosa, ma non solo. Prima di tutto perch le nostre attese di realizzazione e felicitcome persone e come componenti di una societ umana si realizzano proprio mentrerispondiamo ai nostri doveri di partecipazione e attraverso lassunzione delle responsabilitverso gli altri.In questi casi diritti e doveri e perci da una parte attese di realizzazione e di riceveredagli altri, dallaltra impegno nel dare agli altri possono svilupparsi solocontemporaneamente perch non sono separabili.Terzo motivo: per sentirmi realizzato come persona devo riuscire ad aderire ad unaqualche proposta di valori che dia senso e contenuto alla mia vita. Ci comporta unatteggiamento attivo nei confronti delle scelte di identit e appartenenza che ho fatto edun impegno di coerenza per la realizzazione dei valori cui ho scelto di aderire. Questo valeper tutte le scelte di fondo della vita e perci anche per la scelta di appartenenza allasociet e di cittadinanza allinterno di questa. In questa prospettiva, un atteggiamentopassivo non ha senso ed anzi certamente controproducente e finisce per allontanaredallobbiettivo.Ho detto prima che ci sono almeno tre motivi per i quali un errore immaginare che siapossibile un comportamento di cittadinanza da passivo usufruitore di diritti e servizi,mentre necessario al contrario un costante impegno di partecipazione. Si possono percitrovare altri motivi e pu essere un interessante lavoro di gruppo cercarli insieme. Peresempio si pu riflettere su unaffermazione fatta a suo tempo da Erich Fromm, uno deipadri della psicanalisi moderna, il quale sottolineava come nella vita non si pu maiscegliere di rimanere fermi e si pu in concreto scegliere soltanto tra continuare sullastrada del miglioramento o imboccare quella del peggioramento.

    Avviata la riflessione su cosa pu comunque identificare un vero cittadino moderno,possiamo continuare pensando in concreto alla nostra vita di cittadini italiani.

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    La nostra (bellissima) Costituzione stata fatta da persone diventate sagge perchavevano attraversato un lungo periodo di sofferenze ed umiliazioni personali e collettive.Avevano perci lungamente riflettuto per cercare di comprendere come era potutosuccedere che Hitler che, oltre ad avere provocato milioni di morti in tante nazioni delmondo, aveva anche calpestato i diritti degli stessi cittadini tedeschi aveva raggiunto ilpotere con mezzi legali e con regolari elezioni e laveva mantenuto con lappoggio di costanti tedeschi e come era stato possibile che anche Mussolini che pure aveva poiinstaurato una dittatura che aveva cancellato le libert dei cittadini italiani e non solo aveva raccolto la maggioranza relativa dei voti ed aveva goduto molto a lungo delconsenso di tanti italiani (cosa successa pi tardi anche in vari degli Stati dellest europeodove i regimi comunisti progressivamente altrettanto minacciosi per i diritti dei cittadini edelle nazioni vicine erano stati inizialmente avviati da regolari elezioni e poi sostenuti damolti dei loro cittadini).Tutto ci aveva fatto comprendere che la democrazia, comunque da considerare il migliorsistema di governo di una nazione, se si vogliono garantire e realizzare i diritti dei cittadininon pu dirsi che sia veramente sicura e garantista per i diritti solo perch il governo vieneeletto e sostenuto dai cittadini. Servono anche altri strumenti.I nostri costituenti hanno cercato di evitare ai loro figli e posteri (cio a noi) i lutti, lesofferenze e le tragedie che loro hanno dovuto attraversare ed hanno perci pensato dauna parte di utilizzare due principali strumenti di ingegneria costituzionale, dallaltra diutilizzare anche la strada costituita da una proposta educativa ai cittadini.Gli strumenti costituzionali sono rappresentati prima di tutto dallapposizione di un limiteallesercizio diretto del potere del popolo, che pure nelle democrazie il sovrano. Perquesto si dice, non a caso proprio nellart. 1 della Costituzione, che la sovranit appartieneal popolo, ma questo la deve esercitare nelle forme e nei limiti della Costituzione. Si volevaevitare che futuri capi-popolo, utilizzando gli strumenti della demagogia (proprio comehanno fatto Hitler e Mussolini) potessero approfittare del consenso popolare per confiscarei diritti dei cittadini. Oggi, per comprendere quali rischi si corrano, basta pensare allapossibilit che qualcuno voglia governare attraverso (ad esempio) il televoto o i sondaggi oil sostegno di social-network o altri strumenti ancora, magari affascinanti per la loroimmediata vicinanza al cittadino, ma dominati dallemotivit del momento e privi diqualsiasi garanzia circa la correttezza e completezza delle informazioni date a chi chiamato a votare (nella migliore delle ipotesi, perch si possono fare ipotesi ben peggioricollegate alle manipolazioni e strumentalizzazioni di strumenti del genere).In collegamento con questo principio, altri fondamentali strumenti per una verademocrazia sono rappresentati dalle istituzioni di garanzia. Essenzialmente il Presidentedella Repubblica, la Corte Costituzionale e la magistratura. In questi casi la legittimazionenon viene dallelezione diretta, ma dai meccanismi di selezione e scelta istituzionale e ciproprio per evitare che chi viene eletto dal popolo non si limiti a governare(legittimamente), ma sia tentato di superare i limiti e le garanzie poste dalla legalitcostituzionale a difesa dei diritti dei cittadini. Per comprenderne limportanza bastariflettere sul fatto che una maggioranza parlamentare potrebbe, con meccanismi del tuttolegali (e magari con lapprovazione della popolazione) approvare di nuovo, ad esempio,leggi di persecuzione razziale (in questo i rom non sono diversi dagli ebrei) o comunquediscriminatorie rispetto al diritto di eguaglianza. Potrebbe farlo persino superando un rinvio

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    della legge alle Camere fatto dal Presidente della Repubblica (primo stadio della garanziain questo caso, ma superabile con una seconda votazione). Dovrebbe allora un magistrato la cui legittimazione proprio per questo motivo non viene direttamente dal popolo, madal meccanismo istituzionale sollevare eccezione di legittimit costituzionale prima diapplicare quella legge e spetterebbe poi alla Corte Costituzionale verificarne la legittimitcostituzionale e casomai cancellare quella legge.Per questo non affatto tranquillizzante che in questo periodo troppi uomini pubblicilancino forse per ignoranza, forse per convenienza, forse per servilismo vere e proprieaggressioni contro le istituzioni di garanzia. Non tranquillizzante n quando lo fannouomini vicini alle maggioranze, ma neppure se lo fanno personaggi di opposizione (successo ad esempio quando la Corte Costituzionale ha bloccato delle proposte direferendum delle opposizioni). Criticare e discutere le decisioni sempre possibile elegittimo, ma lo stile con cui lo si fa ed i ragionamenti che si usano risultano fondamentaliper comprendere se si vuole aiutare la crescita di una democrazia reale e genuina o se sicerca invece di dare una spallata alla democrazia sostanziale usando la demagogia contro imeccanismi di garanzia studiati a difesa dei nostri diritti di cittadini comuni.Laltro pilastro ideato dai costituenti per dare speranza di vera democrazia e progredire stato quello di lanciare un appello ai cittadini perch aderiscano ai valori della Costituzione.Non affatto vero che la Costituzione sia neutrale di fronte ai valori e che le istituzioni poich viviamo in uno Stato pluralista debbano rimanere neutrali ed indifferenti rispettoalle scelte di valori. Al contrario, basta leggerla, la Costituzione, per vedere emergere laproposta fatta ai cittadini. Lo si capisce gi nellart. 2 dove, nello stesso periodo, senzaalcuno stacco linguistico, si collegano immediatamente i diritti inviolabili garantiti ed idoveri inderogabili di solidariet di cui richiesto ladempimento (e inderogabili significada adempiere in ogni situazione e senza eccezioni). Ancora nellart. 4 dove subito dopo ilriconoscimento del diritto al lavoro si richiede ai cittadini di impegnarsi comunque inunattivit (magari di volontariato, se si pu vivere di rendita) che concorra al progresso,materiale o spirituale, della societ.Si potrebbero fare molti altri esempi, ma pu essere pi interessante e pi costruttivoscoprirli da soli.Si pu senzaltro rileggere in questottica lart. 32, dove si presenta la tutela della salutenon solo come diritto del singolo, ma anche come interesse della collettivit; o lart. 34dove si parla di diritto, ma anche di obbligo di istruzione; o lart. 41, comma 2 quando siparla dei limiti alliniziativa economica privata perch rimanga un bene per linteressepubblico; o lart. 42, comma 2, dove si parla di funzione sociale della propriet privata. Ecos via percorrendo le numerose norme che indirizzano il cittadino verso limpegno socialee la partecipazione (spesso sembra quasi di sentir parlare B.P. quando presenta la suafigura di scout, buon cittadino).Le istituzioni e chi le rappresenta hanno perci non solo il diritto, ma prima di tutto ildovere di proporre e sostenere questi e gli altri valori costituzionali, tra i quali certamenteil pluralismo, ma questo diventa cos non un limite ed un impedimento al fare la proposta,ma semplicemente un importante contenuto di questa, da proporre insieme a tutti gli altri.Purtroppo la confusione grande riguardo a questi temi ed agli atteggiamenti che icittadini per primi quelli che rappresentano le istituzioni devono assumere a questoriguardo. Perci diventa davvero essenziale ed anche urgente che gli scout si approprino di

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    questi temi e comprendano cosa significa essere buoni cittadini qui ed ora in Italia, primache sia troppo tardi.Tra laltro si pu e si deve riflettere su unerrata concezione del pluralismo che porta moltia pensare che per essere accoglienti si debba procedere per sottrazione nel parlare divalori e di simboli (esempio la vicenda del crocifisso nelle aule), rendendo asettica, freddae senza valori espressi ed emozionanti la proposta educativa pubblica da fare ai giovani.Finendo per in questo modo per portarla ad un sicuro insuccesso, perch una propostaeducativa che non scalda il cuore non sar mai ascoltata seriamente e seguita. Al contrariosi pu invece pensare eventualmente ad una proposta per sommatoria, nella quale ivalori si possano aggiungere, ricordandosi sempre per di riuscire a distinguere conattenzione quelli che siano eventualmente incompatibili tra loro, nel qual caso le istituzionidevono ovviamente privilegiare quelli costituzionali, senza fare pericolose confusioni.Anche in questa direzione pu essere molto stimolante riflettere su eventuali aggiunte divalori che rispettino quelli costituzionali e non entrino in conflitto con loro e quali inveceimpongano delle scelte.

    I discorsi fatti finora portano ad una riflessione ulteriore sulla democrazia e ad un parallelotra la legge scout ed i pilastri del nostro sistema di legalit.Per garantire un effettivo clima democratico bisogna ricordare che ci sono scelte alle qualisi pu aderire o no, ma non consentono comunque di discutere e di modificare gli aspettifondamentali della scelta. Quando si decide di diventare scout, ad esempio, lo si fa deltutto liberamente, ma non si pu chiedere di modificare la Promessa o la Legge scout. Sipu invece democraticamente provvedere a modificare gli aspetti e le decisioni attraversocui si cerca di realizzare in concreto i principi della Legge e della Promessa. Analogamentequando si decide coscientemente di sentirsi cittadini italiani non si pu immaginare dimodificare i fondamenti della Costituzione, mentre si pu del tutto legittimamente lavorareper modificare parti dellingegneria costituzionale che non incidano sui principifondamentali. Tanto per chiarire questa problematica, non si potrebbe con coerenza edonest intellettuale impegnarsi per modificare il principio di uguaglianza in modo che unaqualche religione (o razza o cultura, ecc.) sia meno uguale delle altre. E bisogna ricordareche i principi fondamentali non sono solo quelli indicati nella prima parte dellaCostituzione, perch ad esempio, per i motivi gi accennati, non si potrebbero modificarele regole che riguardano le istituzioni di garanzia in modo da snaturane il funzionamento elindipendenza senza sconvolgere uno dei fondamenti della Costituzione.La garanzia di una vera democrazia, rispetto ai principi fondamentali della Costituzione nonpu essere data dalla possibilit di modificarli, ma anzi al contrario dalla garanzia che nonsiano modificati e che perci chi viene scelto per governare e per ricoprire gli incarichi digaranzia sia un convinto sostenitore e difensore dei principi fondamentali stessi.Pericolosissimo il contrario: come affidare armi potenti a chi non si impegnato adifendere la comunit e non ne sia convinto e capace di coerenza.Anche a questo riguardo sembra urgente una responsabilizzazione degli scout.A questo punto vale la pena di sottolineare che i valori contenuti nella Legge Scout sonosostanzialmente gli stessi che i nostri costituenti hanno voluto proporre a tutti i cittadiniper costruire una democrazia efficace ed effettiva.

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    Si tratta esattamente dei valori dellimpegno per migliorare noi stessi e lambiente cheabbiamo intorno (umano e naturale); dellaffidabilit; della formazione del carattere; dellacrescita spirituale ed interiore; della capacit e preparazione per affrontare le situazionidifficili senza scoraggiarsi; della solidariet; della capacit di lavoro di squadra; della curade