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Facolt`a di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea Triennale in Fisica e Astrofisica A.A. 2009/2010 Fondamenti di Astrofisica Prof. Alessandro Marconi Dipartimento di Astronomia e Scienza dello Spazio Il quintetto di Stefan (Credits: NASA/HST) Dispense e presentazioni disponibili all’indirizzo http://www.arcetri.astro.it/ marconi Ultimo aggiornamento: 26 ottobre 2009

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Facolta di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Corso di Laurea Triennale in Fisica e Astrofisica

A.A. 2009/2010

Fondamenti di AstrofisicaProf. Alessandro Marconi

Dipartimento di Astronomia e Scienza dello Spazio

Il quintetto di Stefan (Credits: NASA/HST)

Dispense e presentazioni disponibili all’indirizzohttp://www.arcetri.astro.it/ marconi

Ultimo aggiornamento: 26 ottobre 2009

1 Introduzione

Il Corso di “Fondamenti di Astrofisica” si propone di fornire un’introduzione all’astrofi-sica, attraverso una panoramica dei sistemi studiati, delle metodologie d’indagine e deiprocessi fisici rilevanti. Durante il corso sara dato particolare rilievo ai problemi aperti,attualmente oggetto degli sforzi della comunita internazionale ma anche stimolo per lacostruzione dei grandi osservatori del futuro.

Uno studio approfondito dell’astrofisica richiede familiarita con il calcolo e le equazionidi!erenziali, con la meccanica classica e quantistica, con la relativita speciale e genera-le, con l’elettromagnetismo, la (magneto)idrodinamica, la termodinamica e la meccanicastatistica, cosa che quindi e possibile solo alla fine del primo triennio di studi. Data lacollocazione temporale e la durata del corso (primo semestre del secondo anno, 3 credi-ti) dovremo necessariamente limitarci ad una trattazione semplificata dei vari argomentitrattati. In generale, a parte alcuni casi piu semplici, eviteremo lunghe derivazioni ma-tematiche piu adeguate ai corsi della laurea magistrale e ci limiteremo a stime di ordinedi grandezza, all’utilizzo di semplici relazioni di scala e, dove necessario, utilizzeremo ilrisultato della derivazione matematicamente completa e accurata. Solitamente gli stu-denti non sono abituati a questo tipo di approccio che riveste una notevole importanzain Fisica.

Calcoli rigorosi e completi sono ovviamente fondamentali per ottenere il risultato fi-nale sia in Astrofisica come negli altri rami della Fisica. Ad esempio, tralasciare unfattore 2! in un calcolo puo non essere importante per capire la fisica di un determinatofenomeno, ma certamente non puo esser fatto al momento di confrontare le predizionidi un modello con i risultati sperimentali. Tuttavia la maggioranza dei fisici, dovendoa!rontare un problema nuovo, non inizieranno con un modello rigoroso che includa tut-ti i fenomeni possibili, ma partiranno da una analisi semplificata (back-of-the-envelope)che porti a capire quali siano i processi fisici piu importanti. Ad esempio, supponiamodi dover costruire un modello che fornisca il valore di una certa grandezza fisica X daconfrontare con il risultato di un determinato esperimento. Supponiamo anche di sapereche il risultato finale dipenda dai processi fisici, A, B,C, D, E ma che sia molto complessocostruire un modello autoconsistente che tenga conto di tutti quei processi. Quasi sicura-mente il modello deve essere integrato numericamente e talvolta non esistono computerin grado di completare i calcoli. Per poter andare avanti si esegue un’analisi per ordinidi grandezza durate la quale, ad esempio, si nota che il processo A puo contribuire perun valore ! 100 u, alla grandezza X (u sono ovviamente opportune unita di misura),mentre i altri processi B,C, D ed E possono contribuire rispettivamente per 10u, 0.1 u,1 u, 0.001 u. Il risultato di questa analisi semplificata suggerisce che, nell costruzione diun modello rigoroso, il processo A e fondamentale, che devo considerare il processo B,ma che posso trascurare i processi C, D e E se un’accuratezza di qualche % e su"ciente.

In conclusione, l’approccio semplificato che utilizzeremo per la maggior parte degliargomenti trattati e in realta molto importante per una piu profonda comprensione deiprocessi fisici e costituisce uno strumento fondamentale per ogni fisico che lo studentedeve sforzarsi di assimilare.

I libri a cui mi sono ampiamente riferito per preparare questi appunti e che forniscononumerosi approfondimenti al materiale qui presentato sono

• Astrophysics in a Nutshell, di Dan Maoz (Princeton University Press). E un librodi introduzione all’Astrofisica che presenta in modo molto compatto tutti gli argo-

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menti dalle stelle alla cosmologia. Il livello e in parte adeguato a questo corso matalvolta vengono date per scontate conoscenze non ancora acquisite a questo livello[AstroNutshell].

• Universe (Eight Edition), di Roger A. Freedman e William J. Kaufmann III (W. H.Freeman and Company). E un libro che ricopre tutti i campi dell’astrofisica moder-na, ad un livello molto semplificato e descrittivo con una veste grafica accattivantee numerose risorse on-line [Universe].

• ....

1.1 Notazione, convenzioni e unita di misura

Gli astronomi utilizzano strane unita di misura, spesso solo per tradizione. In generalesi utilizzano unita del sistema cgs ma molte altre come Angstrom, km, parsec, anni luce,masse e luminosita solari, sono comunemente utilizzate negli articoli scientifici. Unitadel sistema cgs e le loro conversioni in unita MKS sono riassunte in Appendice dove simostra anche come variano le formule principali nei due sistemi.

Riguardo alla notazione, saranno utilizzate le convenzioni seguenti:

= il simbolo “=” verra utilizzato per relazioni matematiche esatte o piu accuratidel 10%; talvolta per i risultati numerici con accuratezze superiori al % si potrautilizzare anche il simbolo ";

# il simbolo “#” verra utilizzato per una relazione matematica approssimata o perrisultati numerici meno accurati del 10%;

$ il simbolo “$” si riferisce ad una relazione di proporzionalita stretta;

! il simbolo “!” si riferisce ad una dipendenza funzionale approssimata nel caso diuna relazione matematica (ad esempio y = ax2.2 puo essere scritta come y ! x2).Nel caso di una relazione numerica, indica un’accuratezza come ordine di grandezza.

Durate il corso le costanti fisiche e numeriche saranno utilizzati con due cifre significative(a meno di casi particolari), come indicato in tabella 1.1. Molte di queste costanti sonodi uso estremamente comune in Astronomia ed e auspicabile che, almeno le piu usate diqueste, possano essere memorizzate a seguito del loro uso continuato.

Infine una nota sul’utilizzo dei termini “Astronomia” e “Astrofisica”. Durante il corsoutilizzeremo questi termini indi!erentemente dal momento che, al giorno d’oggi, hannoperso una loro di!erenziazione. Prova ne e il fatto che i quattro giornali piu importantidove vengono pubblicati i risultati delle ricerche si chiamano The Astrophysical Journal(ApJ), Astronomy and Astrophysics (A&A), Monthly Notices of the Royal AstronomycalSociety (MNRAS), The Astronomical Journal (AJ) ma il loro contenuto e perfettamenteequivalente.

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Tabella 1: Costanti e Unita di misura con 2 cifre significative (Credits: AstroNutshell)

Costante gravitazionale G = 6.7% 10!8 erg cm g!2

Velocita della luce c = 3.0% 1010 cm s!1

Costante di Planck h = 6.6% 10!27 erg s

h = h/2! = 1.1% 10!27 erg s!1

Costante di Boltzmann k = 1.4% 10!16 erg K!1

= 8.6% 10!5 eV K!1

Costante di Stefan-Boltzmann " = 5.7% 10!5 erg cm!2 s!1 K!4

Costante di radiazione a = 4"/c = 7.6% 10!15 erg cm!3 K!4

Massa del protone mp = 1.7% 10!24 g

Massa dell’elettrone me = 9.1% 10!28 g

Carica dell’elettrone e = 4.8% 10!10 esu

Elettron-Volt 1 eV = 1.6% 10!12 erg

Sezione d’urto Thomson "T = 6.7% 10!25 cm!2

Legge di Wien #max = 2900 A (T/104 K)!1

h$max = 2.4 eV (T/104 K)

Angstrom 1 A = 10!8 cm

Massa solare M" = 2.0% 1033 g

Luminosita solare L" = 3.8% 1033 erg s!1

Raggio solare R" = 7.0% 1010 cm

Distanza Terra-Sole d" = 1 AU = 1.5% 1013 cm

Massa di Giove M! = 1.9% 1030 g

Raggio di Giove R! = 7.1% 109 cm

Distanza Giove-Sole d! = 5.2 AU = 7.8% 1013 cm

Massa della Terra M# = 6.0% 1027 g

Raggio della Terra R# = 6.4% 108 cm

Massa della Luna M" = 7.4% 1025 g

Raggio della Luna R" = 1.7% 108 cm

Distanza Terra-Luna d" = 3.8% 1010 cm

Unita astronomica 1 AU = 1.5% 1013 cm

Parsec 1 pc = 3.1% 1018 cm = 3.3 ly

Anno 1 yr = 3.15% 107 s

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2 L’Astrofisica

L’Astrofisica e quel ramo della Fisica che studia fenomeni in sistemi fisici estesi su grandescala come il Sole, i pianeti, le stelle, le galassie o l’universo nella sua interezza. Tuttaviaquesta definizione e chiaramente incompleta perche l’Astrofisica si occupa anche di feno-meni a livello atomico o molecolare. Si potrebbe definire l’Astrofisica come quella scienzache utilizza la Fisica per studiare gli oggetti distanti e l’Universo nel suo insieme, ma lostudio l’Astrofisica include anche lo studio della formazione della Terra e dell’e!etto cheeventi astronomici hanno avuto sulla formazione e l’evoluzione della vita sulla Terra. Ladi"colta nel trovare una definizione precisa e indicazione della enorme varieta di fenome-ni che si incontrano nello studio dell’Astrofisica. In pratica tutti gli argomenti di fisicastudiati nel corso della lauree triennale e magistrale (meccanica classica, fluidodinamica,termodinamica, elettromagnetismo, meccanica statistica, meccanica quantistica, relati-vita e chimica tanto per nominarne alcuni) hanno un ruolo importante nello studio deifenomeni astrofisici. E importante rilevare che l’astrofisica permette di studiare diretta-mente fenomeni che non possono essere ricreati in laboratorio ma che sono predetti davarie teorie fisiche (come la Relativita Generale); per esempio, fenomeni che avvengonoin condizioni estreme come l’emissione di righe proibite nelle nebulose (bassissime densitaambientali, vari ordini di grandezza al disotto del miglior vuoto ottenibile in laboratorio)o i processi che avvengono in prossimita di un buco nero.

Come gli altri rami della Fisica, l’Astrofisica e una scienza sperimentale che richiedeuna stretta interazione tra teoria e sperimentazione, come ben noto gia dai tempi di Ga-lileo. L’Astrofisica teorica segue gli stessi metodi ed utilizza gli stessi strumenti utilizzatidai teorici degli altri rami della Fisica. Le di!erenze con la Fisica sono principalmente alivello sperimentale e sono soprattutto intrinseche alla natura dei sistemi studiati:

• L’Astrofisica e una scienza osservativa: per ovvi motivi gli astronomi non posso-no eseguire esperimenti controllati in laboratorio in cui selezionare o mettere inevidenza l’e!etto fisico di interesse.

• L’informazione dai sistemi astrofisici giunge a noi prevalentemente sotto forma dionde elettromagnetiche che viaggiano alla velocita finita di c = 3%105 km s!1 (velo-cita della luce). Altra informazione puo essere ricavata da neutrini, raggi cosmici oonde gravitazionali. I sistemi astrofisici vengono spesso chiamati “sorgenti” proprioperche sono sorgenti delle suddette onde o particelle.

• I tempi evolutivi dei sistemi astrofisici sono in genere estremamente lunghi rispettoalla vita umana. Per esempio, i tempi scala evolutivi delle stelle piu massiccesono dell’ordine di 105 & 106 yr, mentre quelli delle stelle tipo Sole sono dell’ordinedi 1 & 10 Gyr. Pertanto non e possibile studiare l’evoluzione del singolo sistemafisico ma si puo solo e!ettuare uno studio statistico analizzando campioni con moltioggetti in fasi evolutive diverse, con tutti i problemi legati alla selezione dei campionistessi ed alla possibilita di generalizzare i risultati ottenuti.

• Data la distanza delle sorgenti astronomiche e la velocita finita di propagazione delleradiazioni elettromagnetiche, e possibile osservare le sorgenti astronomiche indietronel tempo (si parla infatti di look-back time). Se una sorgente si trova alla distanzaD, il tempo che la radiazione e.m. impiega a giungere a noi e #t = D/c. Datoche la velocita della luce nel vuoto e una costante della Fisica, spesso si utilizza

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il tempo che la radiazione impiega a giungere a noi come misura della distanza diun oggetto. Per esempio, se una stella si trova alla distanza di 10 anni luce (lightyears, ly) significa che la luce ha impiegato #t = 10 yr (years) a giungere fino anoi dal momento della sua emissione; la distanza in unita di lunghezza e pertantoD = c #t = 9.5% 1017 cm. Riguardo al “guardare indietro nel tempo” e chiaro che10 anni corrispondono ad un istante nella vita di una stella ma, per esempio, sonoosservate galassie a distanze fino oltre 10 miliardi di anni luce: in tal caso gli e!ettievolutivi sono molto significativi e dal confronto con le galassie locali e possibilecercare di capire come sia avvenuta l’evoluzione delle galassie stesse.

• L’Astrofisica studia sistemi molto complessi in condizioni fisiche estreme, spessonon ricreabili in laboratorio: questo fatto, combinato con le caratteristiche di cuisopra fa si che gli errori che si ottengano sulla stima delle grandezze fisiche diinteresse possano essere molto grandi. Spesso una misura “accurata” puo avereerrori dell’ordine del 10-20% mentre alcune grandezze si possono stimare solo comeordine di grandezza.

2.1 Le sorgenti astrofisiche

In questa parte faremo una panoramica dei sistemi astrofisici che si trovano nell’universo,cominciando a familiarizzarci con dimensioni, masse e luminosita tipiche.

• La Terra ha un raggio medio R# = 6378 km (dimensione tipica) ed una massaM# = 5.976%1024 kg. La densita media della Terra e quindi %# = M#/(4/3!R#)3 =5.5 g cm!3. La Terra ruota attorno all’asse passante per i Poli Nord e Sud in circa24 ore (tempo scala tipico).

• La Luna e l’unico satellite della Terra. Ha un raggio di R" = 1738 km = 0.27 R#ed una massa di M" = 7.35 % 1022 kg = 0.01 M# che corrispondono ad una den-sita %" = 3.3 g cm!3 " 0.6 %#. La distanza media Terra-Luna e pari a D#" =384, 400 km ovvero a 1.28 secondi luce. Il periodo dell’orbita lunare e T" = 27.3giorni, pertanto la velocita orbitale media della Luna attorno alla Terra e V" =2!D#"/T" = 1.02 km s!1.

• Il Sole e la stella piu vicina alla Terra. Ha un raggio R" = 6.96%105 km = 109 R#ed una massa M" = 1.99 % 1030 kg = 3.33 % 105 M# pertanto la sua densita e%" = 1.41 g cm!3 = 0.26 %#. La distanza media Terra-Sole e D#" = 1.496% 108 kmcorrispondenti a 8.3 minuti luce; pertanto l’immagine del Sole che vediamo in cieloe una fotografia vecchia di 8.3 minuti. Il periodo dell’orbita terrestre e pari a1.0 anni (365.25 giorni) pertanto la velocita media della Terra nella sua orbitaattorno al Sole e V# = 29.8 km s!1. Un’altra grandezza caratteristica del Sole e laLuminosita, ovvero l’energia irraggiata per unita di tempo. La luminosita solare epari a L" = 3.826% 1033 erg s!1.

Massa ( M"), raggio ( R") e luminosita ( L") solari sono comunemente utilizzatecome unita di misura per masse, lunghezze e luminosita caratteristiche di sorgentiastronomiche. Anche la distanza Terra-Sole e comunemente utilizzata come unita dimisura delle distanze e prende il nome di Unita Astronomica (Astronomical Unit):1 AU = 1.496%1013 cm.

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Figura 1: Orbite dei pianeti del Sistema Solare (Credits: Universe)

• Il Sistema Solare e costituito da 8 pianeti che in ordine di distanza dal Solesono: Mercurio, Venere, Terra e Marte (rocciosi), Giove, Saturno, Urano e Nettuno(gassosi). Plutone e stato recentemente ri-classificato come pianeta nano a seguitodella scoperta di altri corpi del sistema solare con le sue stesse caratteristiche. Ilpianeta piu grande del sistema solare e Giove con massa M! = 317 M# = 9.6 %10!4 M" e raggio R! = 11.1 R# = 0.10 R" che corrispondono ad una densita media%! = 1.35 g cm!3 ! %". Il periodo orbitale di Giove e pari a 11.9 anni. Si ricordiche per i Pianeti vale la III legge di Keplero

a3

P 2=

G M"

4!2(1)

dove a e il semiasse maggiore dell’orbita e P e il periodo. Utilizzando le unitascalate sulla Terra si ottiene molto semplicemente

!a

1 AU

"3

=

#P

1 yr

$2

(2)

da cui si puo ad esempio ricavare che il semiasse maggiore dell’orbita di Giove e adesempio a = (11.9)2/3 = 5.2 AU = 7.8 % 1013 cm, come riportato in tabella 1.1. Ilpianeta piu esterno del Sistema Solare e Nettuno che si trova ad una distanza di30 AU (ed ha corrispondentemente un periodo di rotazione pari a 165 anni). Sinoti come il tempo impiegato dalla luce del Sole a raggiungere Nettuno sia pari a4.16 ore e lo si confronti con quello necessario per raggiungere la Terra (8.3 minuti).

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Figura 2: Ricostruzione della Via Lattea con la posizione del Sole rispetto al centro dellaGalassia (Credits: Universe)

Oltre Nettuno esistono altri corpi piu piccoli detti oggetti Trans-Nettuniani come iPianeti Nani di cui fa parte Plutone (massa 0.002M# e raggio 0.19R# ovvero benpiu piccolo e “leggero” rispetto alla Luna). Il Sistema Solare propriamente detto eimmerso nella Nube di Oort, probabile residuo della nube di gas primordiale da cuisi formato il Sole, e luogo di origine delle comete a lungo periodo (p.e. la cometadi Halley). Si stima che la Nube di Oort possa estendersi fino a ! 100, 000 AU dalSole che corrispondono a 1.6 anni luce.

• Stelle. Oltre la Nube di Oort si trova solo del gas a bassissima densita (il mezzointerstellare) fino a giungere alla stella piu vicina Proxima Centauri situata a 4.2anni luce di distanza dal Sole. Si ricorda che un anno luce corrisponde alla distanzapercorsa dalla luce del vuoto in 1 anno ovvero 1 anno luce ( ly) = 9.5%1017 cm=6.3%104 AU. In e!etti le distanze tra le stelle sono molto grandi e si stima che neidintorni del Sole la distanza media tra le stelle sia pari a ! 3 ly (vedremo tra pococome giungere a questa stima).

Il Sole e una stella abbastanza tipica ma in generale le stelle variano molto nelleloro proprieta fisiche caratterizzabili in prima approssimazione da Eta (valori tipiciosservati 106 ' 1010 yr), Massa (0.1 ' 60 M"), Luminosita (10!2 ' 106 L"),Raggio (0.001 ' 1000 R") e Temperatura superficiale (3000 ' 50000 K) che, comevedremo piu avanti, e legata al colore della luce della stella.

• Via Lattea. Il Sole e solo uno dei circa 200 miliardi di stelle che formano la galassiadella Via Lattea (Milky Way) visibile come una banda luminosa che attraversa tutto

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il cielo notturno (ovviamente senza nubi e lontano dalle luci della citta). Circa 400anni fa, Galileo fu il primo a rendersi conto che la Via Lattea era costituita da unamiriade di stelle non risolvibili singolarmente dall’occhio umano.

La Via Lattea e una galassia a disco con diametro pari a circa ! 1.6 % 105 ly espessore di ! 3.3 % 103 ly. La sua massa totale e ! 6 % 1011 M" di cui possiamo“vedere” solo il ! 20% sotto forma di gas e stelle (materia “visibile”). Il disco dellaVia Lattea e caratterizzato dalla presenza di bracci a spirale; il Sole si trova in unodi questi bracci alla distanza di circa 2.6%104 ly dal centro. La luminosita totaledella Via Lattea e pari a circa 2% 1011 L".

Possiamo adesso cercare di stimare la distanza media tra le stelle della Via Lattea.Supponiamo che si osservino N stelle in un volume V . Ciascuna stella occupera inmedia un volume pari a V/N . Siccome ad un volume V corrisponde una dimensionelineare L ! V 1/3, la distanza media tra due stelle vicine sara pari a

L =!

V

N

"1/3

=

#!/4% (1.6% 105 ly)2 % 3.3% 103 ly

2% 1011

$1/3

" 6.9 ly (3)

dove il volume V e stato calcolato come quello di un cilindro con diametro ed altezzapari a diametro e spessore del disco della Via Lattea. Il valore ottenuto e piu grandedi quello medio in prossimita del Sole per il fatto che in realta gran parte delle stellesono concentrate a distanze minori del diametro totale. Inoltre la densita di stelle eovviamente una funzione della distanza dal centro della Via Lattea. Questo metodoper stimare la distanza media tra “particelle” distribuite all’interno di un volumedato e ovviamente di utilizzo generale, e non limitato alle sole stelle.

Nella Via Lattea esistono sotto-sistemi di stelle (ammassi) tra cui, ad esempio,si possono menzionare gli Ammassi Globulari. In un ammasso globulare sonocontenute circa 105-106 stelle, tenute insieme dal campo gravitazionale generatodall’ammasso stesso. Un ammasso ha una forma sferoidale con un raggio tipicodi ! 30 ly; la distanza media tra le stelle e pertanto dell’ordine di d = 0.5 & 1 ly.Si noti che questa distanza puo essere molto piu alta nelle regioni esterne e moltopiu bassa in quelle centrali. I circa 200 ammassi globulari della Via Lattea sonocostituiti da stelle molto vecchie, probabilmente la prima generazione di stelle chesi e formata nella galassia.

Lo spazio tra le stelle non e vuoto ma e costituito dal Mezzo Interstellare (Inter-Stellar Medium, ISM), un misto di gas e polvere con densita media nISM ! 1 cm!3;in genere nISM si riferisce al gas e con quel numero si intende una particella inun volume di 1 cm3. Siccome l’elemento piu abbondante e l’idrogeno, H, quelladensita corrisponde a 1.7%10!24 g cm!3. Per confronto la densita dell’aria a 25 $Ced 1 atmosfera di pressione e 1.18%10!3 g cm!3. In laboratorio si possono otte-nere vuoti con densita ! 10!15 di quella atmosferica, comunque circa ! 106 voltepiu alte di quelle dell’ISM. La Via Lattea contiene circa ! 8 % 109 M" di gas. Ilgas si trova generalmente stati fisici diversi con temperature che vanno da 10 a106 K. Si ricorda che la Temperatura assoluta e misurata in gradi Kelvin (K) e cheT (K) = T ($C)& 273.15.

Nel mezzo interstellare esistono anche le nubi molecolari giganti, nubi relativamentedense di gas molecolare e polvere con masse tipiche > 105 M" e diametro ! 150 ly

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Figura 3: Il Gruppo Locale (Credits: Universe)

(questo corrisponderebbe a densita medie di ! 10 cm!3, ma nelle condensazioni piuinterne si puo arrivare oltre 109 cm!3) che sono i luoghi in cui si formano le stelle.

• La Via Lattea e parte di un piccolo ammasso di galassie detto Gruppo Locale. IlGruppo Locale, che ha un diametro di circa 5%106 ly e costituito da due galassie aspirale giganti (Via Lattea e M31, la Galassia di Andromeda), una spirale “media”M33 ed oltre 30 galassie nane. La Galassia di Andromeda (Messier 31 o M31) esituata ad una distanza di 2.5%106 ly, ha un diametro del disco di ! 2.5% 105 ly,una massa totale di ! 3% 1011 M" ed una luminosita di ! 3.5% 1011 L".

• Ovviamente, la maggior parte delle galassie si trova oltre il Gruppo Locale. Esistonotre tipi di galassie: Spirali (a disco), Ellittiche e Irregolari. Le proprieta fisichedelle galassie sono molto variabili in termini di dimensioni (3% 102 ' 1 % 106 ly),masse (107 ' 1014 M"), luminosita (106 ' 1013 L") ed eta media delle stelle che lecostituiscono (da < 1 Gyr fino a poco meno dell’eta dell’universo, ! 14 Gyr).

Circa il 10% di tutte le galassie e caratterizzata dall’avere un Nucleo Attivo(Active Galactic Nucleus, AGN) ovvero un nucleo dove i meccanismi di produzionedi energia non sono riconducibili a processi stellari. I nuclei attivi hanno luminosita! 108 & 1014 L" prodotte in regioni di dimensioni inferiori a < 1 ly. Nei casi piuestremi il nucleo attivo puo arrivare ad emettere piu di ! 100 volte il totale dellagalassia in un volume ! 10!10 volte piu piccolo.

• La maggior parte delle galassie non e isolata ma vive in Ammassi di Galassie, rag-gruppamenti di galassie legati gravitazionalmente. Il Gruppo Locale e un esempiodi ammasso “povero”. Ammassi “ricchi” contengono > 1000 galassie. Un esempiotipico e l’Ammasso della Vergine che contiene ! 2500 galassie, ha un diametro di! 107 ly e si trova ad una distanza di ! 5.5% 107 ly da noi.

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Figura 4: Galassia Ellittica M87 (sinistra), Spirale M83 (centro) e Irregolare Grande Nube diMagellano (destra) (Credits: Astronomical Picture Of the Day (APOD))

Figura 5: Struttura a grande scale dell’Universo (simulazione) (Credits: Millennium Run)

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Tabella 2: Dimensioni e distanze tipiche dei sistemi astrofisici

! 1.5 m 1.5%102 cm Dimensione tipica dell’uomo

6.4%103 km 6.4%108 cm Diametro della Terra

1.4%106 km 1.4%1011 cm Diametro del Sole

1 AU 1.5%1013 cm Distanza Terra-Sole

60 AU 9.0%1014 cm Diametro dell’orbita di Nettuno

2.7%105 AU 4.0%1018 cm Distanza di Proxima Centauri dal Sole

2.8%104 ly 2.6%1022 cm Distanza del Sole dal centro della Via Lattea

! 105 ly 1.9%1023 cm Diametro della Via Lattea

! 2.5106 ly 2.4%1024 cm Distanza della Galassia di Andromeda

! 107 ly 9.5%1024 cm Diametro dell’Ammasso della Vergine

! 5.5% 107 ly 5.2%1025 cm Distanza dell’Ammasso della Vergine

! 6% 108 ly 5.7%1026 cm Diametro tipico di un Superammasso

! 1.3% 1010 ly 1.2%1028 cm Oggetto piu distante noto al 2009 (Quasar)

Gli ammassi di galassie sono a loro volta raggruppati in Super Ammassi, strutturelegate gravitazionalmente con diametri dell’ordine di ! 6% 108 ly. I superammassiformano “filamenti” e “muri” attorno a regioni piu vuote dell’universo. Questifilamenti, con dimensioni tipiche di oltre ! 6% 108 ly, sono le strutture piu grandinote.

Come ordine di grandezza, l’universo “visibile” contiene dell’ordine di 1011 galassie.Ad esempio nell’Hubble Ultra-Deep Field, una parte di cielo apparentemente vuotacon diametro pari a dim 1/10 di quello della luna piena sono state rivelate ! 10000galassie con una esposizione del Telescopio Hubble pari a ! 400 ore. Vedremo trapoco come estrapolare da questo la stima del numero di galassie a noi visibili. Glioggetti piu distanti a noi noti sono dei nuclei attivi estremamente luminosi detti“Quasar”. Quello piu distante si trova a ! 13 miliardi di anni luce ed adesso stiamoricevendo la sua luce partita quando l’universo aveva il 5% dell’eta attuale.

Per sorgenti “visibili” si intendono ovviamente quelle su"cientemente brillanti dapoter essere rivelate dalla strumentazione a nostra disposizione, ma anche quellesorgenti su"cientemente vicine tali che la luce abbia avuto un tempo su"ciente agiungere fino a noi. Infatti si stima che l’eta dell’universo sia dell’ordine ! 13.5 Gyr.Pertanto il fatto che la luce abbia una velocita finita c ha come conseguenza chenon possiamo vedere le sorgenti piu distanti di 13.5% 109 ly, in quanto la luce nonha ancora fatto in tempo a raggiungerci.

Come abbiamo visto, esiste una vera e propria gerarchia di strutture, dalle piu piccolecome i pianeti alle piu grandi come i superammassi o i filamenti. Un riassunto delledimensioni tipiche delle sorgenti astronomiche indicativo di questa gerarchia e riportatoin tabella 2.1 dove si puo notare come ci siano quasi 20 ordini di grandezza nel passaredalla dimensione della Terra alla distanza dell’oggetto piu lontano noto.

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3 La Sfera Celeste

Il primo passo verso lo studio delle sorgenti astronomiche e la loro localizzazione spaziale,fondamentale per sapere dove “puntare” gli strumenti di osservazione come i telescopi.Consideriamo un sistema di riferimento xyz centrato sull’osservatore; utilizzando coordi-nate sferiche la posizione di una sorgente celeste (supposta puntiforme) e individuata datre coordinate r, &,' ovvero una distanza dall’osservatore (r) e due angoli (&, '; figura6a). I due angoli &, ' individuano la direzione della retta passante per l’osservatore e lasorgente stessa, detta anche “linea di vista” (line of sight), e sono le uniche grandezzanecessarie per puntare il telescopio verso la sorgente. Mentre e molto facile determinare &e ( (o le analoghe coordinate angolari utilizzate nel sistema di riferimento scelto), e benpiu complesso determinare r che, a parte alcune eccezioni, e sempre molto maggiore delraggio terrestre.

Si assume che tutte le sorgenti astronomiche siano collocate sulla superficie di unasfera, detta Sfera Celeste, di raggio “infinito” e centrata sulla posizione dell’osservatore(coincidente a seconda dei casi con il centro della Terra o del Sole, supposti puntiformi). Inpratica si sceglie una sfera di raggio molto maggiore di quello terrestre e si proiettano su diessa le sorgenti astronomiche, la cui posizione apparente e pertanto data dall’intersezionetra la linea di vista e la sfera stessa (figura 6b). Pertanto posizioni, dimensioni e distanzerelative tra le sorgenti astronomiche sono riconducibili ad angoli e si possono utilizzarele relazioni della trigonometria sferica. Tutte le misure e!ettuate in questo modo diriferiscono a dimensioni angolari (apparenti) in cielo; per poter passare alle dimensionireali e necessario conoscere le distanze delle sorgenti.

Posizioni, distanze relative e dimensioni apparenti delle sorgenti sulla sfera celestecorrispondono ad angoli mentre porzioni (aree) della sfera celeste sono individuate daangoli solidi. Gli angoli solitamente vengono misurati in gradi, minuti d’arco e secondid’arco per cui

1$ = 60 arcmin = 60% =!

180rad = 0.0175 rad

1% = 60 arcsec = 60%% = 0.000291 rad

1%% =1

3600deg =

1

206265rad

mentre per un angolo solido di 1 sterad = 1 rad2 = (180/!)2 deg2.Poiche le dimensioni apparenti delle sorgenti astronomiche sono sempre molto piccole

e possibile operare delle semplificazioni quando si devono stimare le dimensioni realidelle sorgenti stesse. Consideriamo una stella posta alla d dall’osservatore (figura 7). Sel’angolo ) rappresenta il suo diametro apparente, il suo diametro reale e pari a

D = 2d tan!

)

2

"= 2d

#)

2+

1

3

!)

2

"3

+ O

%!)

2

"5&$

" d ) +1

12d )3 (4)

ovvero se ) ( 1 e possibile confondere la corda con l’arco ottenendo D = d ) con unerrore dell’ordine di #D = 1/12 d )3. In genere le dimensioni angolari delle sorgentiastronomiche sono molto piccole, spesso dell’ordine di qualche arcsec e comunque infe-riori a ! 1 arcmin. Dato che 1% = 2.91 % 10!4 rad l’approssimazione ) ( 1 e sempreottimamente verificata e l’errore relativo che si commette nel confondere corda con arco

12

Figura 6: Sistema di riferimento sferico centrato sull’osservatore (O) e Sfera Celeste. I simbolivuoti che rappresentano le stelle indicano le proiezioni delle stelle stesse sulla Sfera Celeste.

Figura 7: Relazione tra dimensioni apparenti (angolari) e dimensioni reali di una sorgenteastronomica(Credits: Universe)

13

ovvero nel trascurare la curvatura della sfera celeste e quindi molto piccolo

#D

D" 1

12)2 = 7.1% 10!9

!)

1 arcmin

"= 2.0% 10!12

!)

1 arcsec

"(5)

Consideriamo ad esempio il Sole: un raggio R" = 7.0 % 1010 cm visto alla distanzad" = 1.5% 1013 cm corrisponde ad una dimensione apparente sul cielo di

)" =R"

d"= 4.7% 10!3 rad = 0.27$ = 16% (6)

come ben noto, le dimensioni apparenti del Sole in cielo non sono a!atto trascurabili maanche in questo caso l’errore che si commetterebbe calcolando le dimensioni reali come)" d" e dell’ordine di #D/D " 7.2% 10!6 cioe quasi 1 parte su 100,000. Se poi il Sole sitrovasse alla distanza di 4.2 ly, la distanza di Proxima Centauri ovvero la stella piu vicina,le sue dimensioni apparenti (raggio) sarebbero )" = 1.8% 10!8 rad = 3.6% 10!3 arcsec =3.6 mas, dove mas significa milli & secondi d%arco. Come vedremo piu avanti questoangolo e cosı piccolo da non essere misurabile con le tecniche tradizionali di osservazione.Per le dimensioni apparenti delle stelle in genere si puo ricordare questa utile relazionedi scala:

) = 0.015 arcsec

#R

R"

$ #d

1 ly

$!1

(7)

In generale, quando una sorgente ha una dimensione apparente cosı piccola da non esseremisurabile, questa sorgente viene detta puntiforme. In conclusione si puo a!ermare che,per tutte le sorgenti astrofisiche, gli angoli corrispondono direttamente alla grandezzelineari a patto di conoscere la distanza della sorgente. E poi ovvio notare come duesorgenti possano avere le stesse dimensioni apparenti ma dimensioni reali diverse se postea distanze diverse (figura 7).

Siamo ora in grado di cominciare a capire cosa rappresenta una immagine astronomicacome quella riportata in figura 8 che rappresenta il cosiddetto Hubble Ultra Deep Field(HUDF) una delle immagini piu profonde mai fatte, corrispondente ad una esposizione dioltre 400 ore da parte della Advances Camera for Surveys (ACS) montata sul TelescopioSpaziale Hubble (Hubble Space Telescope, HST). L’immagine in esame, come ogni altraimmagine astronomica, rappresenta una porzione di sfera celeste sottesa da un dato angolosolido. Ogni dimensione lineare misurata sull’immagine corrisponde ad un angolo e, peresempio, le dimensioni delle sorgenti sono soltanto apparenti. Nel caso dell’immagine infigura, le sue dimensioni sono di 200%% % 200%% che corrispondono ad un campo di vista(Field of View) di 4% 104 arcsec2 = 11.1 arcmin2.

La galassia indicata in figura ha una dimensione angolare di " 10%%. Se la sua distanzafosse, per esempio, d = 109 ly, la sua dimensione reale sarebbe

D =D(%%)% d

206265 %% rad!1 =10%% % 109 ly

206265 %% rad!1 = 4.8% 104 ly (8)

Un altro semplice esempio consiste nella stima del numero di galassie esistenti nell’univer-so e che sarei in grado di vedere se facessi una mappatura del cielo con esposizioni comequella dell’ HUDF. L’immagine HUDF contiene circa ! 104 galassie (le stelle presentinel campo sono ! 10). Se il suo campo di vista e 4 % 104 arcsec2 la densita di galassieosservate sulla sfera celeste (supposta costante) e

(gal =104 gal

4% 104 arcsec2= 0.25 gal arcsec!2 (9)

14

Figura 8: Hubble Ultra Deep Field: esposizione profonda (400 ore) ottenuta con la AdvancedCamera for Surveys sull’Hubble Space Telescope. Le immagini astronomiche rappresentanoporzioni della Sfera Celeste. (Credits: NASA/HST)

15

ovvero una galassia in media ogni 2%% % 2%%. Tutto il cielo corrisponde ad un angolo solidodi 4! steradianti e, dato che 1 sterad = 1 rad2 si ottiene

$sky = 4! sterad = 4! rad2 = 4!

#180 deg

!

$2

= 41253 deg2 = 5.35% 1011 arcsec2 (10)

ovvero in tutto il cielo si osserverebbero

Ngal = $sky (gal ! 1.34% 1011 gal (11)

pari a circa 134 miliardi di galassie. + sono ovviamente solo quelle a noi visibili conesposizioni oltre 400 ore da parte di HST e la cui distanza e inferiore all’eta dell’universo(vedi sezione precedente). Da notare che occorrerebbero circa 5.35 % 1011 arcsec2/4 %104 arcsec2 = 1.34% 107 esposizioni tipo HUDF, cosa ovviamente non realizzabile con latecnologia attuale.

16

4 La radiazione elettromagnetica

4.1 Onde elettromagnetiche e Fotoni

Gran parte dell’informazione proveniente dalle sorgenti astrofisiche e ricavata dalle ondeelettromagnetiche che esse emettono e che giungono fino a noi. Non entreremo in dettagliosulle onde elettromagnetiche, argomento che verra a!rontato e ampiamente coperto nelcorso di Fisica II nel secondo semestre di quest’anno ma ci limiteremo ad alcuni concettiche saranno utili per il prosieguo del corso.

Durante il corso di Fisica I e stato visto come la massa generi un campo gravita-zionale; in modo analogo le cariche sono sorgenti del campo elettrico *E e le cariche inmoto generano il campo magnetico *B. Si trova che campo elettrico e magnetico sonointimamente legati ed il loro comportamento e regolato dalle Equazioni di Maxwell, lecui soluzioni sono rappresentate da onde elettromagnetiche che si propagano nello spaziocon velocita finita; nel seguito considereremo soltanto la propagazione delle onde e.m. nelvuoto, dove la velocita di propagazione e la velocita della luce c = 3% 1010 cm s!1.

Piu in dettaglio si puo mostrare come una generica soluzione delle equazioni diMaxwell e rappresentabile dalla sovrapposizione di funzioni del tipo

*E(*r, t) = *E0 cos(2!$t& *k · *r) (12)

con *E0 perpendicolare a *k ed il campo magnetico dato da

*B(*r, t) = k % *E(*r, t) (13)

dove k = *k/k e il versore della direzione di propagazione. Questa relazione tra *E e *B etutte quelle riportate di seguito valgono nel sistema cgs.

L’equazione 12 descrive un campo elettrico *E che, in un dato punto dello spazio*r, esegue una oscillazione periodica con periodo T = 1/$; analogamente, per t fissato ilcampo elettrico ha un andamento oscillatorio nello spazio lungo la direzione *k con periodo(spaziale) L = 2!/k, dove k e il modulo del vettore *k, detto vettore d’onda. Si definisce lalunghezza d’onda, # = 2!/k, che quindi rappresenta il periodo spaziale delle oscillazioni.

Le oscillazioni del campo elettrico (e quindi del campo magnetico) si propagano nellospazio con velocita c = # $ (nel vuoto). Infatti, consideriamo per semplicita un sistemadi riferimento con la coordinata z lungo la direzione definita da *k; il campo elettrico eesprimibile come

*E(z, t) = *E0 cos[2!(t& z/c)] (14)

da cui si vede facilmente che

*E(z + c #t, t + #t) = *E(z, t) (15)

ovvero l’oscillazione del campo elettrico si e propagata nello spazio lungo la direzione di*k con velocita c. Il luogo dei punti nello spazio che si trovano nelle stesse condizioni dioscillazione e detto fronte d’onda e, nel semplice caso in esame, e definito dalla condizione*k ·*r = cost che rappresenta l’equazione di un piano nello spazio. Dato che un’oscillazione(periodica o meno) che si propaga nello spazio e un’onda e che i fronti d’onda sono pianil’equazione 12 rappresenta una onda piana.

17

Figura 9: Propagazione di un’onda elettromagnetica piana.

Al campo elettrico e magnetico e associata un’energia per unita di volume

E =1

8!(E2 + B2) (16)

pertanto la propagazione nello spazio del campo elettrico e magnetico corrisponde aduna propagazione di energia. Durante il corso di Fisica II sara mostrato come l’energiatrasportata dal campo e.m. e esprimibile col vettore di Poynting *S = c/4! ( *E % *B) ilcui modulo e il flusso di energia (vedi piu avanti) e la cui direzione e la direzione dipropagazione (ovvero, nel caso di un’onda piana, quella di *k).

Il comportamento ondulatorio della radiazione e.m. e ampiamente verificato dal fattoche esse danno luogo a fenomeni di interferenza e di!razione, caratteristici dei fenomeniondulatori. Tuttavia, la fine dell’800 e l’inizio del ’900, Max Planck e Albert Einsteinscoprirono che la radiazione e.m. mostra anche un comportamento corpuscolare (questoargomento sara a!rontato in dettaglio durante il corso di Meccanica Quantistica, IIIanno). L’energia trasportata dalla radiazione e.m. non ha una distribuzione continuama in pacchetti (quanti) detti fotoni; ciascun fotone si comporta come una particella dimassa nulla con energia

E = h$ =h c

#(17)

e momento (quantita di moto)

*p =E

ck =

h$

ck (18)

dove k rappresenta il versore della direzione di propagazione. h e detta costante di Plancke vale h = 6.6261% 10!27 erg s (ha quindi le dimensioni di una azione).

Nell’ambito del trattamento della radiazione e.m. con i fotoni, il fronte d’onda puoessere interpretato come il luogo dello spazio definito da tutti quei fotoni che sono statiemessi dalla sorgente nello stesso istante. Consideriamo ad esempio una sorgente pun-tiforme che emetta radiazione e.m. in modo isotropo (cioe indipendente dalla direzionenello spazio). I fotoni partiti all’istante 0, si troveranno all’istante t alla distanza r = c tdalla sorgente per cui il fronte d’onda da loro definito e una superficie sferica. Il caso diuna sorgente puntiforme che emette radiazione e piu generale di quanto sembri, infattise la distanza d tra un punto dello spazio e la sorgente di emissione e molto maggioredella dimensione D della sorgente stessa, d ) D, si puo considerare la sorgente comepuntiforme rispetto al punto in cui si riceve la radiazione. Inoltre, se l’area investita

18

Figura 10: Fronti d’onda sferici e piani da sorgenti astrofisiche.

dalla radiazione sottende un angolo solido d$ ( 4! come visto dalla sorgente, si puoconsiderare il fronte d’onda piano sostituendo la superficie sferica con il piano tangente.Ricordando le dimensioni apparenti del Sole e quelle che avrebbe se fosse alla distanzadella stella piu vicina (vedi la sezione precedente), e facile comprendere come per unosservatore a Terra, le sorgenti astronomiche si possono considerare come sorgenti punti-formi (che emettono quindi onde sferiche), poste ad una distanza infinita ovvero tale chela radiazione che giunge a Terra e approssimabile con onde piane (figura 10).

4.2 Lo spettro della radiazione em e la trasmissione atmosferica

In generale un’onda elettromagnetica sara data dalla sovrapposizione di onde con frequen-ze (o lunghezze d’onda) diverse. A seconda del processo di emissione della radiazione,variera l’energia associata a ciascuna frequenza, definendo lo spettro della radiazione; sedE rappresenta l’energia associata alle onde e.m. con frequenze nell’intervallo $, $ + d$,

dE = E! d$ (19)

con E! che rappresenta lo spettro della radiazione e.m., ovvero l’energia trasportata perunita di banda (frequenza). In base a quanto detto nella sezione precedente, si puocalcolare il numero di fotoni nell’intervallo $, $ + d$ che vale

dN = N! d$ =E!

h$d$ (20)

Benche la natura fisica delle onde em sia la stessa qualsiasi sia la frequenza e quindil’energia dei fotoni in gioco, e tradizione dare nomi diversi alla radiazione nei vari intervallidi frequenza considerati. La radiazione (luce) visibile e definita dall’intervallo di lunghezzad’onda a cui il nostro occhio e sensibile, circa 4000&7000A, corrispondenti a 4.3%1014&7.5 % 1014 Hz. Come mostrato in figura 11 i colori della luce corrispondono a diverselunghezze d’onda/frequenze/energie dei fotoni, con il violetto ed il rosso per i fotoni

19

Figura 11: Spettro della radiazione elettromagnetica. (Credits: Universe)

20

Figura 12: Trasparenza atmosferica. (Credits: NASA)

rispettivamente piu e meno energetici. L’energia tipica di un fotone nel visibile, calcolataper esempio a 5500 A e pari a

Evis =h c

#vis=

6.6% 10!27 erg s% 3% 1010 cm s!1

5500% 10!8 cm= 3.6% 10!12 erg = 2.2 eV (21)

dove l’elettron-Volt (1 eV = 1.602 % 10!12 erg) e un’unita di misura comunemente usataper esprimere le energie dei processi atomici. Per confronto le energie tipiche dei raggi&Xsono dell’ordine di 0.5 & 200 keV mentre quelle dei raggi&+ sono ! 1 MeV ed oltre. Laradiazione infrarossa ed a # piu lunga ha ovviamente fotoni con energia minore.

In generale a parita di energia, il numero di fotoni trasportati dalla radiazione emvaria con la frequenza. Per esempio, supponiamo di ricevere da una sorgente astronomicaun’energia di 10!8 erg (con una determinata combinazione di telescopio, rivelatore edun dato tempo di esposizione, come vedremo piu avanti). Se osservassimo nei raggi&Xad 1 keV, il nostro rivelatore riceverebbe ! 62 fotoni, ciascuno con l’energia di 1 keV.Viceversa se osservassimo nel radio con # = 1 m (E = 1.2% 10!6 eV) , il nostro rivelatorericeverebbe ben ! 5.0%109 fotoni. E chiaro che nel primo caso gli e!etti di quantizzazionedella radiazione em, ovvero dell’esistenza dei fotoni, sarebbero ben piu facilmente rivelabiliche nell’ultimo caso dove il numero di fotoni e cosı elevato che la natura corpuscolare dellaradiazione em e di"cilmente percepibile.

Un fatto particolarmente rilevante per quanto riguarda le osservazioni della radiazioneem emessa dalle sorgenti astronomiche riguarda la trasmissione atmosferica ovvero il fattoche l’atmosfera assorbe in parte o del tutto la radiazione em (figura 12). In figura 12

21

per Atmospheric Opacity si intende la frazione della radiazione che arriva dalle sorgentiassorbita dall’atmosfera. Per esempio, un’opacita atmosferica del 100% nei raggi&+, X,nell’UV , in parte di IR, microonde e radio, significa che l’atmosfera assorbe il 100% dellaradiazione di quel tipo incidente, ovvero a terra non arriva nessun fotone a quelle #. Ilvisibile e una finestra molto stretta in cui l’opacita atmosferica e molto bassa (< 10%).Non a caso corrisponde all’intervallo di lunghezze d’onda a cui il nostro occhio e sensibile.

Alle lunghezze d’onda con bassa trasparenza atmosferica, le osservazioni possonoessere condotte solo dallo spazio.

22

4.3 Luminosita, flusso ed intensita della radiazione em

In questa parte caratterizzeremo il trasporto dell’energia e!ettuato tramite la radiazioneelettromagnetica.

In generale, si dovrebbero risolvere le equazioni di Maxwell con le opportune condizionial contorno, tuttavia nel caso in cui le lunghezze scala del sistema siano molto piu grandidella lunghezza d’onda della radiazione (approssimazione iconale) e ampiezza e direzionedell’onda siano costanti su distanze > # (limite dell’ottica geometrica) si puo e!ettuareuna notevole semplificazione: in tali limiti si puo assumere che la radiazione, e quindil’energia, viaggi lungo dei raggi; questi sono curve le cui tangenti, punto per punto,corrispondono alla direzione di propagazione dell’onda (*k). Nel caso di onde piane, iraggi sono delle rette parallele tra loro, mentre nel caso delle onde sferiche sono delle rettepassanti per il centro di emissione. Queste condizioni sono ben verificate nelle sorgentiastrofisiche le cui dimensioni sono certamente molto maggiori delle lunghezze d’ondadella radiazione em ma, ovviamente, non sono valide se si vuol considerare l’interazionetra materia e radiazione a livello atomico e/o molecolare.

Consideriamo una sorgente astrofisica che emette una quantita di energia dE neltempo dt; posso allora definire la Luminosita

L =dE

dt(22)

ovvero la quantita di energia irraggiata nell’unita di tempo. Unita di misura della lumi-nosita sono ad esempio [L] = erg s!1, oppure L". Per le sorgenti astrofisiche la quantitacaratterizzante non e di solito l’energia ma la luminosita, spesso mantenuta costante sutempi scala molto lunghi. Ad esempio, il Sole ha una luminosita costante da circa 5miliardi di anni. Infine, molti processi non dipendono direttamente dall’energia ma dallaluminosita della radiazione incidente.

Consideriamo adesso un elemento di superficie infinitesimo dA, attraversato da deiraggi; la quantita piu semplice che posso considerare relativamente al trasporto dellaradiazione e il Flusso, ovvero la quantita di energia dE che attraversa la superficie dAnel tempo dT ,

F =dE

dA dt(23)

l’unita di misura di F e di solito [F ] = erg cm!2 s!1.Per vedere come si possono collegare Flusso e Luminosita, consideriamo una sorgente

puntiforme che emette radiazione in modo isotropo ed e quindi una sorgente di ondesferiche (per esempio una stella). Se questa sorgente ha luminosita L, l’energia irraggiatanel tempo #t e #E = L#t. Questa energia viaggia lungo direzioni radiali, formando deifronti d’onda sferici per cui, ad una data distanza r dalla stella, il flusso dovuto all’energia#E che attraversa la superficie sferica S corrispondente e

F (r) =#E

4!r2#t(24)

per definizione di Flusso come energia per unita di superficie e di tempo. Analogamente seconsidero una sfera S % di raggio r%, F (r%) = #E/(4!r%2#t). Poiche l’energia che attraversala superficie S deve essere la stessa che attraversa la superficie S %

#E = L#t = F (r)4!r2#t = F (r%)4!r%2#t (25)

23

si ottiene,

F (r) =L

4!r2(26)

per qualsiasi r. Questa e la cosiddetta legge dell’inverso del quadrato che mette inrelazione la luminosita al flusso di radiazione per una sorgente puntiforme che emette inmodo isotropo.

L e F si riferiscono a tutto lo spettro delle onde em sono ovvero quantita integrate sututto lo spettro em. Molte volte e pero piu utile considerare le quantita specifiche ovverol’energia trasportata ad una determina frequenza. Si parla allora di luminosita e flussospecifico tali che

L! =dE

dt d$(27)

ovvero dE e la quantita di energia emessa dalla sorgente nel tempo dt con frequenzanell’intervallo $, $ + d$. Analogamente

F! =dE

dA dt d$(28)

ovvero dE e la quantita di energia che attraversa la superficie dA nel tempo dt confrequenza nell’intervallo $, $ + d$. Evidentemente

L =' +&

0L!d$ (29)

F =' +&

0F!d$ (30)

ed anche la legge dell’inverso del quadrato assume la forma

F!(r) =L!

4!r2(31)

Analogamente alle quantita per unita di banda di frequenza si possono definire le quantitaper unita di banda di lunghezza d’onda ovvero

L" =dE

dt d#(32)

F" =dE

dA dt d#(33)

Le relazioni con F! e L! si possono facilmente ritrovare imponendo la conservazionedell’energia. La banda #, # + d# corrispondera a $, $ + d$ dato che # = c/$; imponendoche l’energia sia la stessa in entrambe le formulazioni si ottiene semplicemente

F"d# = F!d$ (34)

L"d# = L!d$ (35)

Ovvero, considerando ad esempio il flusso, si puo scrivere

F" = F!

(((((d$

d#

((((( = F!(c/#)c

#2(36)

24

Figura 13: Geometria per la definizione dell’intensita specifica o brillanza nel caso in cuila superficia dA sia perpendicolare (sinistra) o meno (destra) alla direzione di propagazioneconsiderata.

Si noti come #F" e $F! siano dimensionalmente dei flussi integrati e come risulti

#F" = $F! (37)

ovvero posso calcolare indi!erentemente il membro di destra o di sinistra.

Il flusso F e una misura dell’energia trasportata da tutti i raggi che attraversano lasuperficie dA indipendentemente dalla direzione da cui provengono. Per una descrizionepiu accurata della radiazione e necessario sapere la quantita di energia trasportata lungociascun raggio, ovvero lungo una determinata direzione.

Il singolo raggio trasporta una quantita infinitesima di energia, per cui e necessarioconsiderare la quantita di energia trasportata da un insieme di raggi la cui direzionedi propagazione di!erisce in modo infinitesimo da quella in esame. Consideriamo lasuperficie dA la cui normale e rappresentata dal versore n e consideriamo tutti i raggi cheattraversano la superficie dA e la cui direzione di propagazione e contenuta all’internodell’angolo solido d$ attorno alla normale n (figura 13).

Si definisce l’intensita specifica o brillanza la quantita I! tale che, data la superficiedA perpendicolare alla direzione di propagazione del raggio, si possa scrivere

dE = I! dA dt d$ d$ (38)

ovvero la brillanza e un’energia per unita di tempo, superficie, angolo solido e banda difrequenza. Le sue unita di misura sono tipicamente [I! ] = erg cm!2 s!1 Hz!1 sterad!1,con sterad che puo essere sostituito, per esempio, da arcsec2.

Si ricorda che 38 vale solo se dA e perpendicolare alla direzione di propagazione.In generale, se dA non e perpendicolare alla direzione di propagazione l’energia che laattraversa e data da

dE = I! cos & dA dt d$ d$ (39)

25

dove & e l’angolo tra la normale e la direzione di propagazione (figura 13). Il termine cos &si spiega facilmente col fatto che la superficie che viene “vista” dalla radiazione durante lapropagazione lungo una direzione e proprio la componente della superficie perpendicolarealla direzione di propagazione stessa. Si noti che nel caso in cui & = !/2, la quantita dienergia che attraversa la superficie vista di “taglio” dalla radiazione e nulla.

Vogliamo adesso trovare il legame esistente tra intensita specifica e flusso. Come dettoin precedenza, il flusso rappresenta tutta l’energia che attraversa la superficie dA indi-pendentemente dalla direzione di propagazione. Se consideriamo una qualsiasi direzionedi propagazione, e chiamiamo come dF! il flusso dovuto alla sola direzione consideratadeve valere per definizione di flusso ed intensita specifica

dE = I! cos & dA dt d$ d$ = dF! dA dt d$ (40)

ovverodF! = I! cos & d$ (41)

Il flusso di energia complessivo che attraversa la superficie dA si ottiene integrando sututte le direzioni possibili, ovvero su tutto l’angolo solido:

F! ='

4#I!($) cos & d$ (42)

F! rappresenta il flusso netto attraverso la superficie dA. Si e scritto I! = I!($) perevidenziare che l’intensita specifica dipende dalla direzione considerata. Se il campo diradiazione e isotropo, ovvero I!($) = cost. allora F! = 0 in quanto

F! = I!

'

!cos & d$ =

' 2#

0d(

' #

0d& cos & sin & = 0 (43)

ricordando che in un sistema di coordinate sferiche (figura ) d$ = sin & d& d(. Se I!($) =cost. ma la radiazione proviene da un solo lato della superficie dA allora

F! = I!

'

!cos & d$ =

' 2#

0d(

' #/2

0d& cos & sin & = !I! (44)

dove stavolta & e limitato all’intervallo [0, !/2]. Questo caso si applica, per esempio,alla superficie di una stella dove ovviamente la radiazione proviene solo dall’interno dellastella stessa.

Una proprieta notevole della brillanza e la sua conservazione lungo i raggi se nonavvengono processi di emissione o assorbimento della radiazione. Consideriamo la pro-pagazione lungo un raggio come in figura 14. L’energia che si propaga lungo la direzionein esame e che attraversa la superficie dA1 e

dE1 = I!1 dA1 dt d$1 d$ (45)

mentre quella che attraversa la superficie dA2 e

dE2 = I!2 dA2 dt d$2 d$ (46)

evidentemente l’energia trasportata lungo il raggio si deve conservare se non intervengonoprocessi di emissione ed assorbimento tra 1 e 2 per cui dE1 = dE2. Inoltre, i raggi che

26

Figura 14: Geometria per dimostrare la conservazione della brillanza lungo i raggi, in assenzadi fenomeni di assorbimento o emissione.

attraversano la superficie dA1 attraverseranno dA2 solo se d$1 e l’angolo solido sottocui vedo la superficie dA2 da dA1 ovvero d$1 = dA2/R2. Analogamente, i raggi cheattraversano la superficie dA2 provengono da dA1 solo se d$2 e l’angolo solido sottocui vedo la superficie dA1 da 2 ovvero d$2 = dA1/R2. Imponendo la conservazionedell’energia e sostituendo le espressione trovate per gli angoli solidi si ottiene

I!1 = I!2 (47)

ovvero la conservazione della brillanza. Sia s una coordinata lungo la direzione dipropagazione (figura 14). La conservazione della brillanza si puo esprimere come

dI!

ds= 0 (48)

questa e la forma piu semplice della cosiddetta equazione del trasporto radiativo. Vedremopiu avanti come questa si complica tenedo conto dei processi di emissione ed assorbimentolungo la direzione di propagazione.

Un’ultima quantita di interesse e la densita di energia specifica u! , definita come ladensita di energia elettromagnetica per unita di volume e banda di frequenza tale che

dE = u! d$ dV (49)

Per capire il suo legame con I! , consideriamo la densita di energia per unita di angolosolido u!($), ovvero la densita di energia associata alla radiazione trasportata lungo undeterminato raggio

dE = u!($) d$ d$ dV (50)

Consideriamo il cilindro di figura 15 il cui asse e posto lungo la direzione di propagazione,con superficie di base dA e altezza ds = c dt. L’energia contenuta e pertanto

dE = u!($) d$ d$ c dAdt (51)

con dV = c dAdt. Siccome la radiazione si muove alla velocita c, nel tempo dt tutta laradiazione attraversera la superficie dA, pertanto e possibile scrivere

dE = I! dA d$ d$ dt (52)

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Figura 15: Geometria per dimostrare la conservazione della brillanza lungo i raggi, in assenzadi fenomeni di assorbimento o emissione.

ovverou!($) = I!/c (53)

Integrando sull’angolo solido, si giunge infine alla relazione tra I! e u! , cioe tra intensitae densita di energia:

u! =1

c

'

4#I! d$ (54)

Si noti come u! non e direttamente legata a F! , infatti

F! ='

4#I! cos & d$ (55)

Chiudiamo questa parte mostrando il legame tra la l’energia trasportata nel caso dellatrattazione ondulatoria e quella trattata con l’equazione del trasporto radiativo. Se *S+ ela media temporale (su tempi ) 1/$) del modulo del vettore di Poynting, in particolaricondizioni valide per i sistemi astrofisici risulta

*S+ =' +&

0I! d$ = I (56)

ed inoltre ' +&

0u! d$ = *E+ =

1

c*S+ (57)

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Figura 16: Lente convergente con sorgenti vicine (sinistra) e all’infinito (sinistra)

5 L’osservazione delle sorgenti astronomiche

In ultima analisi le quantita che ci interessano di una sorgente astrofisica sono L! maanche I! , in quanto la brillanza si conserva lungo i raggi. Vediamo adesso in modo moltosemplice come si possono stimare misurare o dedurre queste quantita dalle immaginiastronomiche.

Un sistema ottico costituito da un telescopio e da uno strumento ad esso associato(camera per immagini o spettrografo) puo essere descritto in prima approssimazione conuna lente convergente avente:

• lunghezza focale f , pari alla lunghezza focale del sistema telescopio+strumento;

• diametro D, pari al diametro della pupilla d’ingresso (supposta circolare) che ingenere corrisponde allo specchio primario del telescopio, ovvero la superficie cheraccoglie e!ettivamente la radiazione.

Ricordando i concetti di ottica geometrica applicati alle lenti, detta f la distanzafocale della lente, o la posizione dell’oggetto e i la posizione dell’immagine, si ha

1

i+

1

o=

1

f(58)

dove f > 0 per una lente convergente, ed i, o sono positivi se la loro posizione rispettoalla lente e come in figura 16. Se la sorgente (O) si trova all’infinito, come nel caso diun sistema astrofisico, i raggi sono paralleli e formano un’immagine puntiforme sul pianofocale. Consideriamo ad esempio due sorgenti all’infinito O e O2, la prima allineata conl’asse ottico, la seconda che forma un angolo & con l’asse ottico; l’immagine di O si formerasul piano focale nel punto F , mentre l’immagine di O2 si formera nel punto F2 posto adistanza l = &%f da F . E chiaro quindi che, conoscendo la distanza focale del sistema f , epossibile convertire le distanze misurate sul piano focale, ovvero sull’immagine, in angolisecondo la relazione & = l/f . In conclusione, sorgenti all’infinito (stelle) formerannosul piano focale immagini puntiformi. Le dimensioni angolari delle sorgenti estese ole distanze apparenti sulle immagini possono essere facilmente misurate conoscendo ladistanza focale del sistema.

In figura 17 si mostra come l’occhio sia equivalente al sistema ottico appena descritto:il cristallino e la lente che forma le immagini delle sorgenti sulla retina posta sul piano

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Figura 17: Configurazione schematica dell’occhio (sinistra) e di un telescopio rifrattore (destra)ovvero che utilizza la rifrazione della luce tramite lenti per formare immagini.

Figura 18: Semplici configurazioni per un telescopio riflettore ovvero che utilizza la riflessio-ne della luce per formare immagini. La figura di sinistra indica la configurazione con FuocoPrimario, mentre quella di destra indica la configurazione con Fuoco Cassegrain.

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focale. Il cristallino ha la capacita di variare la sua lunghezza focale in modo da riuscirea formare sempre le immagini sulla retina al variare della distanza delle sorgenti. L’iri-de e un diaframma che regola le dimensioni dell’apertura di raccolta della luce (pupilladi ingresso). Il telescopio rifrattore, utilizzato da Galileo nella sua forma piu sempliceschematizzata in figura, serve principalmente ad aumentare la superficie di raccolta dellaradiazione ed e costituito da una lente obiettivo e da un oculare con il fuoco in comu-ne. Le dimensioni della lente obiettivo determinano l’area di raccolta della radiazione,mentre la lunghezza focale della lente oculare determina l’ingrandimento dell’immaginefinale. Si noti che la presenza della lente oculare e richiesta soltanto nel caso in cui sivoglia osservare con l’occhio al telescopio altrimenti si puo direttamente registrare l’im-magine formata sul piano focale della lente obiettivo. In figura 18 sono schematizzate duesemplici configurazioni per un telescopio riflettore. Nel primo caso, uno specchio conca-vo (es. un paraboloide), forma l’immagine di una sorgente all’infinito nel fuoco, dove eposto direttamente il rivelatore. Nel secondo caso allo specchio primario e associato unspecchio secondario convesso (es. un iperboloide) avente il fuoco in comune. In tal casol’immagine di una sorgente puntiforme viene formata nel secondo fuoco dell’iperboloide.Questa configurazione, comunemente utilizzata per i telescopi riflettori, prende il nomedi Cassegrain. Vi sono notevoli vantaggi nell’utilizzo dei telescopi riflettori rispetto airifrattori (alta e"cienza di riflessione, possibilita di costruire specchi di oltre 10m di dia-metro, strutture compatte e piu economiche, ecc.) per cui i grandi telescopi utilizzati algiorno d’oggi per la ricerca sono tutti riflettori.

Le dimensioni finite dei telescopi rispetto ai fronti d’onda causano un fenomeno didi!razione per cui una sorgente all’infinito generera una immagine non puntiforme macon dimensione apparente pari a circa

&lim "#

D= 0.013%%

##

5000 A

$ !D

8 m

"!1

(59)

&lim, costituisce il cosiddetto limite di di!razione per un telescopio. La minima dimensioneangolare misurabile in un’immagine prende anche il nome di risoluzione spaziale.

In realta, con osservazioni da Terra, non si osservano mai dimensioni apparenti cosıpiccole per le sorgenti puntiformi. A causa della rifrazione e della turbolenza atmosfericale immagini delle sorgenti puntiformi hanno dimensioni ben piu grandi. La dimensione diuna sorgente puntiforme a seguito della turbolenza atmosferica e detta seeing. Un valoretipico per il seeing e ! 1%%; nei momenti peggiori o nei siti non idonei si puo arrivare aseeing ben oltre 5%% ed in tal caso si interrompono le osservazioni; nelle condizioni migliorisi possono avere anche valori piu bassi dell’ordine di &seeing " 0.3 & 0.4%%. In ogni casola risoluzione spaziale ottenibile e oltre un fattore 20 superiore al limite di di!razione.Il seeing dipende dalla lunghezza d’onda a cui si e!ettuano le osservazioni secondo larelazione &seeing ! #!1/5. Per esempio, se il seeing e 1%% a 5000 A, nel vicino infrarosso a20000 A = 2 µm sara pari a 1%%(20000 A/5000 A)!1/5 " 0.8%%.

Per rivelare i fotoni sul piano focale e registrare l’immagine si utilizzano di solito deirivelatori costituiti da matrici di n%m elementi fotosensibili, ciascuno dei quali conta ifotoni che cadono sulla sua superficie di raccolta (in genere rettangolare o quadrata). Inpratica per ottenere un’immagine astronomica divido il piano focale in tanti elementi disuperficie detti picture elements (pixels) ed associo a ciascuno di essi il numero di fotoniincidenti (figura 19). Un’immagine e pertanto una matrice di numeri n%m, ciascuno deiquali e direttamente proporzionale il numero di fotoni caduto sul dato pixel i, j. E chiaro

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Figura 19: Immagine astronomica come matrice di pixels.

Figura 20: Immagini dello stesso campo di vista campionate con un numero diverso di pixels.

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che se le dimensioni dei pixel sono grandi rispetto alla dimensioni del campo di vista oalle dimensioni minime che il nostro sistema ottico puo rivelare, l’immagine ci appariragrossolana e sara ben evidente la divisione in pixels (figura 20). Un criterio di massimaper aver un’immagine ben campionata e che l’immagine di una sorgente puntiforme cadasu almeno 4 pixels.

I rivelatori utilizzati per la radiazione visibile sono di solito i Charge-Coupled devices(CCD), utilizzati ormai anche nelle comuni macchine fotografiche, le cui caratteristicheimportanti sono il numero di pixel (una macchina con 12 Mpixels puo corrispondere adun CCD di n %m = 4000 % 3000, e produrra fotografie con lo stesso numero di pixels)ma anche l’e"cienza con cui vengono rivelati i fotoni.

Consideriamo adesso l’immagine di una stella (sorgente puntiforme), ottenuta con untelescopio di diametro D, esponendo per un tempo #t ed utilizzando un filtro che lasciapassare i fotoni di frequenza in una banda di larghezza #$ centrata attorno a $. Se ilsistema ha e"cienza , (ovvero per n fotoni incidenti, ne vengono rivelati , n), il numerodi fotoni che corrispondono all’immagine della stella e che sono stati registrati su varipixels e:

#N = , % F!

h$%#$ % ! D2 %#t (60)

dove F! e il flusso specifico della stella osservato a Terra (per ricordarsi una relazione diquesto tipo basta pensare alle dimensioni del flusso specifico e pensare che si deve ottenereun numero puro). Quindi, il numero totale di conteggi sull’immagine che corrispondonoad una stella data, ci permette di determinare il flusso osservato a Terra dalla stella come

F! =h$ %#N

, %#$ %#t% !D2(61)

dove #N e la grandezza misurata e le altre sono grandezze note che caratterizzano ilnostro sistema di riferimento. In pratica, si considera una sorgente di riferimento di cuisia noto a priori il flusso specifico F!,0; detto #N0 il numero di fotoni rivelati per questasorgente di riferimento nel tempo # t0, si ottiene

F! = F!,0

!#N

# t

" !#N0

#t0

"!1

(62)

Se la stella si trova poi ad una distanza nota d, si puo ricavare la sua luminosita specificacome

L! = 4! d2 F! (63)

Supponiamo adesso di considerare una sorgente estesa, tale cioe che le sue dimensionisiano maggiori delle dimensioni minime rivelabili dal sistema (per esempio una galassia).Se un dato pixel dell’immagine corrisponde ad un angolo solido #$ sul cielo e su di essocadono #N % fotoni allora vale la relazione

#N % = , % I! %#$

h$%#$ % ! D2 %#t (64)

dove I! e l’intensita specifica media della regione corrispondente al pixel in esame (comenel caso precedente si ricordino le dimensioni di I!). I! e pertanto data da

I! =h$ %#N

, %#$%#$ %#t% !D2(65)

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Si noti come nella relazione tra flusso e intensita non si e tenuto conto del fattore cos &in quanto tutte le immagini vengono di solito ottenute in prossimita dell’asse ottico delsistema, ovvero la superficie di raccolta della radiazione e perpendicolare alla direzionedi propagazione della stessa.

Consideriamo nuovamente il numero di fotoni registrati corrispondenti all’immaginedi una data stella:

#N = , % L!

4! d2 h$%#$ % ! D2 %#t (66)

supponiamo che la stella con L! sia su"cientemente distante che il numero di fotoni #Ne cosı piccolo da non essere rivelabile con il mio apparato di osservazione. Per poterrivelare la stella, posso rendere piu e"ciente il mio sistema aumentando

• ,, ma , , 1 per cui ho poco margine di miglioramento a meno di non partire daun sistema molto ine"ciente;

• #$, ma perdo informazione fisica;

• #t, ma sono limitato sia dalla stabilita del sistema, sia dal tempo ragionevole cheposso dedicare ad una singola immagine; in genere e di"cile andare oltre #t # 10 h;

• D, il diametro del telescopio.

Quest’ultimo e il fattore che permette di ottenere il guadagno piu grande in termini disensibilita delle osservazioni, ovvero del flusso della sorgente piu debole osservabile. In-fatti, le osservazioni con un dato telescopio possono essere ottimizzate in tutti i parametridi cui sopra, tranne che nel diametro del telescopio stesso. Per diminuire il flusso limitedelle sorgenti osservabili e percio necessario costruire telescopi sempre piu grandi. Peresempio, fissato il numero minimo di fotoni rivelabili, l’e"cienza, la banda passante ed iltempo di integrazione, F!,lim %D2 = cost. ovvero, variando D di un fattore a, si riduceil flusso limite osservabile di un fattore a2.

L’occhio puo essere assimilato ad un telescopio di diametro 0.5 cm con una camera (laretina) caratterizzata da #t = 0.1 s; supponiamo che Feye sia il flusso limite raggiungibilead occhio nudo. Se osservassi accostando l’occhio ad un piccolo telescopio di soli 5 cm,potrei vedere sorgenti con flussi 100 volte piu deboli, ovvero 10!2 Feye. Se poi utilizzas-si una macchina fotografica attaccata al telescopio e registrassi immagini con tempi diesposizione piu lunghi di quelli consentiti dall’occhio, per esempio 10 s, potrei andare arivelare sorgenti ben 100 % 100 = 104 volte piu deboli di quelle visibili ad occhio nudo,ovvero 10!4 Feye.

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