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Fondo Questura di Roma - Ebrei (1938-1945) Inventario analitico Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea Magistrale in Archivistica e Biblioteconomia Cattedra di Temi e Problemi di Archivistica Candidata Elisabetta Montanini matricola 1157838 Relatore Correlatore Prof. Giovanni Paoloni Prof.ssa Beatrice Romiti A.A. 2013/2014

Fondo Questura di Roma - Ebrei (1938-1945) Inventario ... · Fondo Questura di Roma - Ebrei (1938-1945) Inventario analitico Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea Magistrale

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  • Fondo Questura di Roma - Ebrei (1938-1945) Inventario analitico

    Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea Magistrale in Archivistica e Biblioteconomia Cattedra di Temi e Problemi di Archivistica

    Candidata Elisabetta Montanini matricola 1157838

    Relatore Correlatore Prof. Giovanni Paoloni Prof.ssa Beatrice Romiti

    A.A. 2013/2014

  • Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:

    egli annuncia la pace

    per il suo popolo, per i suoi fedeli,

    per chi ritorna a lui con tutto il cuore.

    La sua salvezza è vicina a chi lo teme

    e la sua gloria abiterà la nostra terra.

    Misericordia e verità si incontreranno,

    giustizia e pace si baceranno.

    La verità germoglierà dalla terra

    e la giustizia si affaccerà dal cielo.

    dal Salmo 85

  • 2

    Sommario

    1 Premessa ......................................................................................................................... 3

    2 Introduzione storica ........................................................................................................ 5

    2.1 L’antisemitismo: dalle origini all’età contemporanea ........................................................ 5

    2.2 Le leggi razziali .................................................................................................................. 8

    3 Nota archivistica ........................................................................................................... 19

    3.1 Il soggetto produttore ....................................................................................................... 19

    3.2 Il Fondo ............................................................................................................................ 22

    3.2.1 La storia ........................................................................................................................... 22

    3.2.2 La descrizione ................................................................................................................. 24

    3.2.3 Metodologia di indagine e ipotesi di riordinamento. ...................................................... 27

    4 Cappello alla serie ........................................................................................................ 32

    4.1 Commissariati di P.S. - Ebrei ........................................................................................... 32

    4.2 Busta 12 ............................................................................................................................ 44

    5 Conclusioni ................................................................................................................... 47

    6 Schedatura Fondo Questura – Ebrei ............................................................................. 48

    7 Acronimi e abbreviazioni ........................................................................................... 265

    8 Appendici ................................................................................................................... 266

    9 Note bibliografiche ..................................................................................................... 302

    10 Indice dei nomi, istituzioni, luoghi e cose notevoli ................................................ 310

    11 Indice delle persone ................................................................................................ 316

  • 3

    1 Premessa

    La tesi presenta lo studio su un Fondo della Questura di Roma interamente dedicato a

    documentazione inerente l’applicazione delle leggi razziali fasciste.

    Sulla base della corrente metodologia archivistica, l’analisi è stata indirizzata a

    comprendere il rapporto fra la produzione delle carte e l’ente produttore, al fine di

    individuare le competenze degli uffici, ricostruire la loro concreta organizzazione,

    identificare i meccanismi di produzione e di tenuta dei documenti e, infine, evidenziare le

    dinamiche di assunzione delle decisioni1.

    Dal punto di vista storico, la documentazione costituisce una più che valida

    testimonianza sulle persecuzioni antisemite a Roma2; in quest’ottica, un primo motivo di

    interesse per la documentazione del Fondo può essere rappresentato proprio dalla

    contemporaneità delle carte; esse contribuiscono a soddisfare il bisogno di auto-

    interrogarci su vicende drammatiche del recente passato, che hanno lasciato tracce rilevanti

    anche in mezzo a noi: un lavoro utile per confermare il ruolo fondamentale dell’archivista,

    raccoglitore di memorie e, mai come in questo caso, custode della memoria di eventi

    terribili, relativamente ai quali è stata ripetutamente e fermamente invocata la necessità di

    “non dimenticare”.

    Ma in gioco è anche il ruolo dell’archivio come raccoglitore di dati familiari, in

    quanto il Fondo contiene - oltre ai documenti d’ufficio - quelli personali, anagrafici,

    lavorativi, economici, relativi alla storia di intere famiglie.

    Del resto, è indubbia l’importanza dell’archivio, quale luogo deputato alla ricostruzione

    delle discendenze, delle ascendenze, di altri rapporti di parentela e delle più varie notizie

    1GUERCIO MARIA, Lo stato e la qualità delle fonti archivistiche, in La Prefettura di Roma (1871-1946),

    Temi e discussioni, a cura di Marco De Nicolò, Bologna, il Mulino, 1998, pp. 97-114: p. 108. 2Una notevole parte della documentazione si riferisce ad atti d’ufficio, intrapresi in ossequio alla normativa

    persecutoria fin dalla tarda estate del 1938. Non mancano peraltro precisi rinvii al successivo dramma

    dell’Olocausto, quali liste di ricercati ed elenchi di arrestati nei mesi dell’occupazione tedesca a Roma.

  • 4

    familiari. Tornando al caso del Fondo, ci si può rammaricare che la documentazione

    personale proveniente dagli archivi in un passato ancora recente si sia trovata a servire

    ideali deteriori e sia stata malauguratamente utilizzata per identificare persone da

    perseguitare, fino alla loro eliminazione fisica3; sotto questo aspetto non ci si può accostare

    a molti dei documenti citati senza provare un senso di sofferta partecipazione per le

    vicende di tanti.

    3 Rimanendo nel tema delle persecuzioni antisemite culminate nell’Olocausto, cui necessariamente si collega

    la documentazione del Fondo, occorre citare la prescrizione nazista dell’Ahnenpass, una sorta di passaporto

    genealogico, frutto di precise ricerche documentali, atte a garantire l’identità ariana nella Germania

    hitleriana; tanto che nel 1936, al congresso degli archivisti tedeschi, il capo dell’amministrazione

    archivistica bavarese ebbe a dire che “non ci può essere nessuna pratica attuazione della politica razziale

    senza la mobilitazione delle fonti documentarie, che indicano l’origine e lo sviluppo di una razza o di un

    popolo […]. Non ci può essere nessuna politica razziale senza archivi e senza archivisti”, cfr. VITALI

    STEFANO, Memorie, genealogie, identità, in Il potere degli archivi. Usi del passato e difesa dei diritti nella società contemporanea, a cura di Linda Giuva, Stefano Vitali, Isabella Zanni Rosiello, Milano,

    Mondadori, 2007, pp. 94-95.

  • 5

    2 Introduzione storica

    2.1 L’antisemitismo: dalle origini all’età contemporanea

    Il popolo ebraico ha conosciuto fin dall’antichità persecuzioni e deportazioni: la

    Bibbia stessa ci fornisce interessanti informazioni sui due drammatici episodi della

    schiavitù in Egitto e della deportazione a Babilonia4.

    E’ quindi da millenni che gli ebrei, di volta in volta identificati come popolo, razza o

    membri di singole comunità di individui, dediti alla religione dei padri e quindi a

    particolari usi e tradizioni, sono perseguitati.

    E’ interessante notare, in relazione allo sviluppo della presente tesi, che riguarda

    documentazione afferente alle Leggi Razziali in Italia e alla loro applicazione dal 1938 al

    1945, che i provvedimenti persecutori intrapresi nei secoli nei confronti degli ebrei

    mostrano singolari analogie e somiglianze, a dimostrazione del fatto che la persecuzione

    fisica è sempre anticipata e preparata da provvedimenti limitativi sul piano personale, che

    riguardano dapprima la dignità individuale, le occupazioni e gli interessi legittimi, in un

    graduale crescendo, che porta successivamente e inesorabilmente alla privazione della

    libertà e della vita.

    Così, prima ancora che l’Inquisizione mettesse a morte gli ebrei con l’accusa di omicidio

    rituale o di vilipendio delle sacre specie, essi erano stati oggetto, a più riprese, di

    penalizzanti provvedimenti discriminatori: al tempo di Innocenzo III il IV Concilio

    Lateranense (1213-15) sanzionò una serie di disposizioni per cui gli ebrei non potevano

    assumere uffici pubblici e dovevano portare un segno che permettesse di distinguerli a

    prima vista; norme che furono confermate nel 1234 dalle Decretali di Gregorio IX (Libro

    V, titolo VI “De Iudaeis, Saracenis et eorum servis”). Con la bolla “Cum nimis absurdum“,

    nel 1555 Paolo IV prescrisse ai Giudei di Roma e dei suoi Stati di abitare in quartieri

    4Bibbia: Esodo 1, 1-22; 2 Re 24, 25.

  • 6

    separati da quelli cristiani, fece loro divieto di avere domestici non ebrei, di curare, se

    medici, i cristiani, di mantenere proprietà immobiliari5: norme, via via adottate da tutti gli

    Stati cristiani, che costituiscono una suggestiva anticipazione delle imposizioni e dei divieti

    contenuti nelle leggi razziali del Novecento. E se il saccheggio delle sinagoghe di mezza

    Europa ad opera dei nazisti può avere il suo precedente più “illustre” nella distruzione del

    tempio di Gerusalemme da parte dei Romani nel ’70, per il ricorso al lavoro coatto degli

    ebrei - una costante della persecuzione nei secoli - non occorre riportarsi alle tragiche

    esperienze dei Lager, perché persino a Roma, negli anni bui della guerra, gli ebrei validi

    furono utilizzati a più riprese per lo sterramento e il rinforzo degli argini del Tevere o in

    altre pesanti manualità.

    E’ proprio il Novecento a dover assistere alla più feroce delle persecuzioni, che

    giungeva a sterminare i cinque sesti della popolazione ebraica in Europa. Essa ebbe inizio

    con l’avvento al potere in Germania di Adolf Hitler e del suo partito nazionalsocialista, con

    un programma politico di lotta agli Ebrei; questi ultimi erano considerati come

    appartenenti a razza inferiore e deteriore, mentre li si additava come principali responsabili

    della sconfitta degli Imperi Centrali nella prima guerra mondiale.

    Subito dopo l’avvento al potere di Hitler, con una prima serie di leggi, nell’aprile del 1933,

    gli Ebrei furono allontanati dalle scuole, dagli impieghi civili e dalle libere professioni6.

    Nel corso dell’annuale raduno nazista del ’35 (Reichsparteitag der Freiheit - il ‘raduno

    della libertà’, Norimberga 15 Settembre 1935) vennero promulgate le leggi razziali che

    presero il nome di Leggi di Norimberga7. Dal Maggio 1935 gli ebrei, che pure erano stati

    5MERCANTE VINCENZO, Il dolore bimillenario:antigiudaismo e antisemitismo nell’antichità e nel

    medioevo, Feletto Umberto-Tavagnacco (UD), Edizioni Segno, 2005, p. 99; ROSA MARIO, La Santa Sede

    e gli ebrei nel Settecento, in Gli ebrei in Italia. Dall’emancipazione a oggi, Storia d’Italia, a cura di

    Corrado Vivanti, Annali XI, Torino, Einaudi, 1997, vol. II, pp. 1069-1090, p. 1070. 6DI PORTO VALERIO, Le leggi della vergogna: norme contro gli ebrei in Italia e Germania, Firenze, Le

    Monnier, 2000, p. 30. 7Esse rappresentano le norme fondamentali in tema: la 1^ Legge (“Sulla cittadinanza del Reich”) nega agli

    ebrei la cittadinanza germanica; essi non sono più considerati cittadini tedeschi (Reichsburger), ma soggetti

    che appartengono allo Stato (Staatsangehonger) con la perdita di tutti i diritti garantiti ai cittadini, come il

  • 7

    leali combattenti durante la Grande Guerra, furono banditi dalle forze armate e nel corso

    del ’36 da tutte le professioni.

    Una legge del 1 marzo 1938 vietava al governo di stipulare contratti con aziende ebree,

    mentre altre norme imponevano ulteriori personali vessazioni: dal 17 agosto 1938 gli Ebrei

    maschi dovevano aggiungere sui documenti il nome Israel (le donne Sarah) e sui passaporti

    degli Israeliti dal 5 ottobre 1938 doveva essere stampigliata una grossa lettera J (Juden);

    infine dal 15 novembre 1938 i bambini ebrei venivano esclusi dalle scuole pubbliche8.

    La persecuzione nazista, che riuscì quasi ad annientare l’intero popolo ebreo in

    Europa, fu condotta sistematicamente, con metodi scientifici, da un intero popolo in armi,

    su tutti i territori occupati militarmente: gli ebrei, fin dall’inizio identificati e censiti,

    furono dapprima privati dei loro beni e della libertà, costretti a sopravvivere nei ghetti o

    concentrati in appositi campi; a partire dal 1941, dopo che ne era stata decisa la soluzione

    finale9, essi furono gradualmente deportati nei territori dell’Est e assassinati nei campi di

    sterminio.

    diritto di voto; la 2^ Legge (“Per la protezione del sangue e dell’onore tedesco”) proibisce i matrimoni e le

    convivenze tra Ebrei e tedeschi. Proibisce anche il lavoro domestico delle donne tedesche sotto i 45 anni

    presso le famiglie ebree. Cfr. MOSSE LACHMANN GEORGE, s.v. Razzismo, in Enciclopedia del Novecento, vol. V, Roma, 1980, pp. 1052-1063, p. 60.

    8COLOMBO ARTURO, s.v. Razzismo, in Novissimo Digesto Italiano, vol. XIV, Torino, UTET, 1968, pp. 910-918, p. 913.

    9Nel corso della c.d. conferenza di Wannsee (20 gennaio 1942) alti funzionari e gerarchi nazisti fissarono

    segretamente per la prima volta un protocollo in merito. SHIRER WILLIAM LAWRENCE, Storia del Terzo Reich, Torino, Einaudi, 1963, p. 1040.

  • 8

    2.2 Le leggi razziali

    Il fondo trae le sue origini, e si è andato costituendo, a seguito dell’emanazione delle

    leggi razziali in Italia.

    Con il nome di leggi razziali possiamo intendere quell’insieme di provvedimenti

    legislativi, emanati tutti sotto la forma del Regio Decreto, destinati a limitare i diritti dei

    cittadini italiani c.d. non ariani e principalmente rivolti contro gli ebrei.

    Le leggi, emanate a partire dal 5 settembre 1938, furono precedute da una ben

    orchestrata opera di propaganda, attraverso l’azione di tutte le organizzazioni del Regime,

    che ebbe il suo apice nella pubblicazione del “Manifesto sulla purezza della razza italiana”,

    documento redatto da ricercatori e studiosi, che doveva fornire il fondamento scientifico ai

    provvedimenti restrittivi nei confronti degli appartenenti alle c.d. razze inferiori10

    .

    Il 5 Agosto del 1938 usciva il primo numero della rivista quindicinale “La difesa

    della razza”, pubblicazione che doveva sostenere la superiorità su basi genetiche degli

    Italiani, quali appartenenti alla razza ariana11

    .

    Una prima serie di provvedimenti fu presa nei riguardi dell’insegnamento: il regio

    decreto per la difesa della razza nella scuola (R.D. 5 settembre 1938 n. 1390), emanato

    giusto in tempo per intervenire sull’anno scolastico di ormai imminente inizio, allontanava

    docenti e discenti dalle università e dagli istituti scolastici del regno.

    A brevissima distanza seguiva un decreto di cui erano destinatari gli ‘ebrei stranieri’ (R.D.

    7 settembre 1938 n. 1381), cui era vietato prendere dimora ‘nel Regno, in Libia e nei

    possedimenti dell’Egeo’.

    10

    Apparso il 14 luglio 1938. Per quanto riguarda le vicende storiche del tempo e le tappe della campagna

    razziale si vedano: DE FELICE RENZO, Mussolini il duce. Lo stato totalitario (1936-1940), v. II, Torino,

    Einaudi, 1996. CATALANO FRANCO, Dalla crisi del primo dopoguerra alla fondazione della Repubblica (1919-1946), in Storia d’Italia, a cura di Nino Valeri, vol. 5, Torino, UTET, 1965. Per le leggi

    razziali si veda in appendice un elenco dei principali provvedimenti legislativi adottati, tratti da CDEC-

    Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, a cura di Michele Sarfatti, Irene De

    Francesco: Appendice I. 11

    La rivista, fondata e diretta da T. Interlandi, ed edita da Tumminelli, in Roma, uscì con l’ultimo numero

    (117) il 20 giugno 1943.

  • 9

    L’Ufficio demografico centrale presso il Ministero dell’Interno veniva a costituire la

    Direzione Generale per la demografia e la razza (DEMORAZZA), che senza indugi

    procedeva all’effettuazione di un censimento degli ebrei presenti nel Regno12

    : l’iniziativa

    fu gestita con il concorso della Direzione generale della pubblica sicurezza, mediante

    l’organizzazione periferica delle Prefetture, ed era orientata ad individuare con precisione i

    soggetti destinatari della normativa persecutoria, dal momento che le informazioni già in

    possesso del Ministero dell’Interno erano non aggiornate13

    .

    Il censimento fu condotto con sollecitudine e scrupolosa meticolosità: venne

    richiesto a tutti i prefetti l’invio, in duplice copia, degli elenchi degli iscritti alle comunità

    e dei «cancellati», cioè dei dissociati, e i dati vennero spediti a Roma nel giro di qualche

    settimana14

    ; ciò nonostante, essi non ebbero immediata, concreta utilizzazione, mentre

    cominciarono ad essere pubblicate sulla stampa stime imprecise e discordi fra loro.

    12

    La nuova Direzione, istituita con Regio Decreto 5 settembre 1938 - XVI n. 1531, ebbe a capo il prefetto

    Antonio La Pera. Essa rappresentava una delle ripartizioni organiche del Ministero dell’Interno, a cui

    furono devolute attribuzioni relative allo studio e all’attuazione dei provvedimenti in materia demografica e

    attinenti alla razza. Nel 1942 le competenze relative alla politica razziale, cresciute di volume, furono

    ripartite tra due uffici: la Divisione affari generali razza e discriminazioni e la Divisione accertamento

    razza. Dopo il trasferimento nella sede al Nord, avvenuto nel novembre 1943, la Direzione generale fu

    riorganizzata in un ufficio di segreteria e 3 divisioni: demografia e premi, cittadinanza, razza. Con D.M. 16

    aprile 1944, n. 136 l'ufficio fu trasformato in Direzione generale per la demografia con competenze su

    demografia, cittadinanza e matrimoni con stranieri. Per attuare la politica razziale fu invece istituito presso

    la Presidenza del Consiglio un Ispettorato generale per la razza (d. lgt. del duce 18 aprile 1944, n. 17). Il d.

    lgt. 31 maggio 1945, n. 418 sancì la soppressione della direzione generale demografia, già effettuata con

    provvedimento interno del ministero nell'agosto del 1944. Cfr. GAROFALO LUCILLA, La Demorazza: storia di un archivio, in “Italia contemporanea”, 2013, n. 272, pp. 374-401: p. 374.

    13Nonostante l’obbligo giuridico (R.D. n.1561 del 1931), le comunità israelitiche si erano per lo più limitate a

    indicare i capifamiglia, in quanto iscritti a ruolo per il pagamento delle imposte comunitarie, e gli aventi

    diritto al voto nelle adunanze comunitarie. Cfr. SARFATTI MICHELE, Mussolini contro gli ebrei,

    Cronaca dell’elaborazione delle leggi del 1938, Torino, Zamorani, 1994, p. 141; COLLOTTI ENZO, Il fascismo e gli ebrei: le leggi razziali in Italia, Roma - Bari, Editori Laterza, 2003, p. 58. Per un

    inquadramento generale si veda DE FELICE RENZO, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino,

    Einaudi, 1993. 14

    Secondo il censimento, vi erano in Italia 58.412 persone con almeno un genitore ebreo: gli israeliti

    dichiarati erano 46.656, suddivisi fra 37.241 italiani e 9.415 stranieri. Cfr. COLLOTTI ENZO, op. cit., p. 67. Le comunità più numerose risiedevano a Roma, Milano, Trieste e Torino. L’occupazione professionale

    più frequente risultò il settore tessile, pari ad oltre il 20% del totale (produzione e commercio). Secondo De

    Felice solo a Roma e provincia erano presenti circa 12.800 ebrei. La Giuva, sulla base delle schede del

    Censimento conservate presso l’Archivio di Stato di Roma, è del parere che le cifre fornite da De Felice

    siano leggermente sottostimate. Cfr. GIUVA LINDA, Gli anni Trenta e la Guerra, in La Prefettura di Roma (1871-1946), Temi e discussioni, a cura di Marco De Nicolò, Bologna, il Mulino, 1998, pp. 653-692:

    p.690.

  • 10

    A convalidare i provvedimenti - e a indirizzare l’ulteriore evoluzione della campagna

    razziale antisemita - provvedeva di lì a breve la massima autorità del Regime: con la

    “Dichiarazione sulla razza” prendeva campo il Gran Consiglio del Fascismo, che, tra

    l’altro, affermava di aver preso atto con soddisfazione che il Ministro dell’Educazione

    Nazionale “ha istituito cattedre di studi sulla razza nelle principali università del Regno15

    ”;

    d’altra parte il Partito si preoccupava di salvaguardare in qualche modo chi in passato

    avesse avuto comportamento patriottico o avesse contribuito alla causa fascista e, pertanto,

    nella Dichiarazione stessa veniva considerata la possibilità di ottenere una discriminazione

    da alcuni dei provvedimenti restrittivi (con esclusione dell’allontanamento

    dall’insegnamento), presentando apposita istanza16

    .

    Nel novembre ’38 veniva emanato un ulteriore decreto per la difesa della razza nella

    scuola, con funzione di Testo Unico (R.D. 15 novembre 1938 n.1779).

    Il provvedimento legislativo più organico sul piano generale e con maggiore impatto

    sull’intera vicenda è rappresentato dal successivo R.D. 17 novembre 1938 n.1728, dettante

    norme per la difesa della razza italiana17

    : ad esso occorre fare esplicito riferimento, perché

    fonte di disposizioni strettamente collegate con i documenti di cui al Fondo in esame: i

    punti fondamentali del decreto riguardano i criteri per la determinazione degli appartenenti

    alla razza ebraica18

    , le interdizioni e le limitazioni alle varie attività della vita personale ed

    economica19

    , i casi di ammissione alla discriminazione20

    .

    15

    La Dichiarazione fu approvata dal G.C. il 6 ottobre 1938 e pubblicata sul Foglio d’Ordini del P.N.F. il 26

    ottobre 1938. 16

    La discriminazione fu meticolosamente regolamentata nel successivo R.D. 15 novembre 1938 n.1728. 17

    Tra i punti fondamentali indicati dalla Legge, risultano la dichiarazione di appartenenza alla razza ebraica,

    da presentare obbligatoriamente all’ufficiale di stato civile, e le prescrizioni per ottenere la discriminazione,

    in favore di ebrei in possesso di determinati titoli. 18

    Art. 8 - “Agli effetti di legge: a) è di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica,

    anche se appartenga a religione diversa da quella ebraica; b) è considerato di razza ebraica colui che è nato

    da genitori di cui uno di razza ebraica e l’altro di nazionalità straniera; c) è considerato di razza ebraica

    colui che è nato da madre di razza ebraica qualora sia ignoto il padre; d) è considerato di razza ebraica colui

    che, pur essendo nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, appartenga alla

    religione ebraica, ossia, comunque, iscritto ad una comunità israelitica, ovvero abbia fatto, in qualsiasi

    modo, manifestazioni di ebraismo. Non è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di

  • 11

    A seguito della disciplina dettata venne la naturale ed inevitabile conseguenza di

    dover gestire le proprietà eccedenti i limiti indicati; si trattava di acquisire, amministrare e

    vendere i beni che, in ossequio alla normativa, non potevano più restare nella disponibilità

    degli ebrei. Con l’articolo 10 era stato attivato un complesso ingranaggio, ma affinché tutto

    funzionasse era necessario dettare e specificare ulteriormente tutta una serie di norme che

    riuscissero a realizzare in concreto ciò che con questa disposizione si era prefissato come

    obiettivo. Proprio a tal fine, a distanza di pochi mesi venne emanato il Regio Decreto-

    Legge del 9 febbraio 1939 - XVII, n. 126.

    Con R.D. 22 dicembre 1938 n. 2111 veniva disposto l’allontanamento di tutti gli

    ebrei, di qualsiasi ordine e grado, dagli organici delle Forze Armate e il loro immediato

    collocamento in congedo assoluto.

    Con R.D. 9 febbraio 1939 n. 1728 si definivano i limiti di proprietà immobiliare e di

    attività industriale. Infine, per completare a grandi linee la descrizione dei provvedimenti

    limitativi dettati dalla legislazione razzista, devono essere ricordate le norme adottate

    l’anno successivo nei riguardi degli ebrei esercenti attività professionali (R.D. 29 giugno

    nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, che, alla data del 1 ottobre 1938 - XVI, apparteneva a

    religione diversa da quella ebraica”. 19

    Art. 10 - “I cittadini di razza ebraica non possono: a) prestare servizio militare in pace e in guerra; b)

    esercitare l’ufficio di tutore o curatore di minori od incapaci non appartenenti alla razza ebraica; c) essere

    proprietari o gestori, a qualsiasi titolo, di aziende dichiarate interessanti la difesa della Nazione (…) e di

    aziende di qualunque natura che impieghino cento o più persone, né avere di dette aziende la direzione né

    assumervi, comunque, l’ufficio di amministratore o di sindaco; d) essere proprietari di terreni che, in

    complesso, abbiano un estimo superiore a lire cinquemila; e) essere proprietari di fabbricati urbani che, in

    complesso, abbiano un imponibile superiore a lire ventimila. (…)”. 20

    Art. 14 - “ Il Ministro per l’Interno, sulla documentata istanza degli interessati, può, caso per caso,

    dichiarare non applicabili le disposizioni degli articoli 10 e 11, nonché dell’articolo 13, lettera h): a) ai

    componenti le famiglie dei caduti nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola e dei caduti per la causa

    fascista; b) a coloro che si trovino in una delle seguenti condizioni: 1) mutilati, invalidi, feriti, volontari di

    guerra o decorati al valore nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola; 2) combattenti nelle guerre

    libica, mondiale, etiopica, spagnola, che abbiano conseguito almeno la croce al merito di guerra; 3)

    mutilati, invalidi, feriti della causa fascista; 4) iscritti al Partito Nazionale Fascista negli anni 1919-20-21-

    22 e nel secondo semestre del 1924; 5) legionari fiumani; 6) abbiano acquisito eccezionali benemerenze, da

    valutarsi a termini dell’art. 16. Nei casi preveduti alla lettera b), il beneficio può essere esteso ai

    componenti la famiglia delle persone ivi elencate anche se queste siano premorte. Gli interessati possono

    richiedere l’annotazione del provvedimento del Ministro per l’Interno nei registri di stato civile e di

    popolazione. ( …)”.

  • 12

    1939 n. 1054), che dovevano recedere dall’iscrizione al relativo albo e potevano svolgere

    una limitata attività solo in favore dei correligionari.

    Trentacinque sono stati complessivamente i provvedimenti legislativi, interessanti -

    come s’è visto - tutti gli ambiti della vita personale e sociale, destinati nel giro di pochi

    mesi a privare gli ebrei italiani dei loro diritti e, proprio a causa delle tassative prescrizioni

    contenute nella normativa citata, ad obbligarli a umilianti dichiarazioni e istanze, per

    cercare di ovviare ai vessatori provvedimenti loro imposti21

    .

    Per i provvedimenti legislativi in merito l’intera materia risulta principalmente di

    competenza del Ministero dell’Interno e sarà quest’ultimo ad impartire disposizioni in

    periferia, mediante circolari a tutte le prefetture del Regno, e, per il tramite di esse, alle

    regie questure.

    Dalla tarda estate/autunno del ’38 viene a costituirsi, pertanto, un consistente

    carteggio tra la pubblica sicurezza - questure e commissariati - riguardante i cittadini

    israeliti, avente per oggetto proprio l’appartenenza alla razza ebraica e proprio con la

    qualifica di EBREO - accanto al nome e cognome - risultano infatti intestati i

    corrispondenti fascicoli.

    Nel Fondo in esame, che riguarda l’applicazione delle leggi razziali a Roma nel

    periodo 1938-1945, gli enti originatori dei documenti sono rappresentati dai Commissariati

    di zona22

    , con competenza territoriale in vari quartieri della città, oltre che dalla Questura,

    che anche all’epoca aveva la propria sede nello storico palazzo di Via San Vitale.

    21

    Non tutti gli ebrei censiti furono colpiti dalle leggi razziali, perché le norme italiane - a differenza di quelle

    coeve tedesche - non contemplavano i meticci: nel caso di genitori misti si applicava il criterio della

    «superiorità razziale del sangue italiano», se erano presenti coerenti manifestazioni etiche, politiche e

    religiose; in caso contrario veniva dichiarata l’appartenenza alla minoranza. In base ad un’attendibile stima,

    il numero dei perseguitati potrebbe aggirarsi intorno alle 51.100 unità. Cfr. MATARD-BONUCCI

    MARIE-ANNE, L’Italia fascista e la persecuzione degli ebrei, Bologna, il Mulino, 2008, Edizione italiana

    a cura di Roberto Perici, p. 142; SARFATTI MICHELE, Gli Ebrei nell’Italia fascista. Vicende, identità, persecuzione, Torino, Einaudi, 2000, p.154.

    22Per l’elenco dei Commissariati di P.S. attivi a Roma negli anni 1938-1945 si veda in Appendice II.

  • 13

    E’ opportuno pertanto descrivere tali soggetti originatori, cercando di individuare fino a

    che punto essi si spinsero nell’adempimento dei compiti assegnati a seguito della

    campagna razziale.

    Gli uffici periferici della Pubblica Sicurezza lavoravano sulla base di direttive del

    Ministero dell’Interno23

    , che pervenivano loro per il tramite delle Prefetture24

    .

    In epoca fascista la figura del prefetto fu a lungo contrassegnata dal c.d. effetto Giolitti, che

    ha preservato la Pubblica Amministrazione da eccessi e prevaricazioni, in quanto i

    funzionari entrati in carriera durante il precedente periodo giolittiano, si consideravano

    servitori dello Stato, piuttosto che del regime25

    . Per assicurare la presenza di uomini fidati

    a capo delle provincie, da parte fascista si cercò di intervenire utilizzando, da una parte, il

    sistema del collocamento a disposizione per i funzionari non graditi, dall’altra cercando di

    aumentare il numero dei prefetti di diretta nomina governativa, anche se non provenienti

    dalla carriera prefettizia; in tal modo il consolidamento del nuovo regime era assicurato

    dall’apparente continuità rispetto al vecchio stato liberale, mediante un rafforzamento del

    potere esecutivo e l’utilizzo di uomini in grado di controllare a livello locale l’opposizione

    e gli avversari politici.

    Il ventennio fascista fu comunque caratterizzato da un elevato grado di mobilità dei

    prefetti, spesso accentuato dal fatto che, nonostante la considerazione formale del prefetto

    23

    Per quanto riguarda l’organizzazione del Ministero, sono già state citate la Direzione Generale per la

    Pubblica Sicurezza e quella per la Demografia e la Razza; vi erano, inoltre, la Direzione generale

    dell'amministrazione civile, la Direzione generale della sanità pubblica, la Direzione generale affari di

    culto e la Direzione generale del fondo per il culto e del fondo di beneficenza e religione nella città di

    Roma; queste due ultime direzioni generali furono istituite nel 1932, all’atto del trasferimento delle relative

    competenze al Ministero. Cfr. Sistema Guida Generale degli Archivi di Stato Italiani, Ministero dei Beni

    Culturali e Ambientali, Direzione Generale per gli Archivi, alla voce ‘Ministero dell’Interno’. 24

    Per quanto riguarda l’attività di Polizia a Roma “l’estensione dell’area di intervento della Prefettura creò

    maggiori occasioni di collaborazione ma anche di sovrapposizione e di conflitti con la Questura, che

    tendeva a esercitare in maniera espansiva il suo ruolo di tutela dell’ordine pubblico”, cfr. GIUVA LINDA, opera citata, p. 674; per l’evoluzione storica della figura del prefetto si vedano: Sistema Guida Generale

    degli Archivi di Stato Italiani, ‘Prefettura’; inoltre il sito www.interno.gov.it alla voce ‘Prefetto’. 25

    “I Prefetti (…) non erano stati così ben visti dai fascisti come si diceva. Effettivamente, taluni si erano posti

    a completo servizio del regime, ma altri, la maggioranza, avevano adempiuto al proprio dovere, impedendo

    ai gerarchetti locali di compiere quelle prepotenze per le quali viceversa questi avevano una così profonda

    vocazione”; cfr. ROMITA GIUSEPPE, Taccuini politici, 1947-1958, Milano, Mursia, 1980, p. 45.

    http://www.interno.gov.it/

  • 14

    come massima autorità dello Stato a livello provinciale, si vennero spesso a verificare

    contrasti con il Segretario Federale, capo del partito a livello locale, contrasti che, vista la

    possibilità di un facile ricorso al capo del governo da parte dei Federali, perlopiù avevano

    termine con l’allontanamento del prefetto.

    Al collocamento a disposizione, pur considerato un provvedimento di significato

    ‘punitivo’, era spesso collegato il conferimento di un particolare incarico, e la sede che si

    rendeva libera poteva essere affidata a prefetti di nomina politica.

    Altro strumento consueto di rimozione dei prefetti ‘scomodi’ fu il collocamento a riposo

    per ragioni di servizio; come prassi, si cominciò a collocare a riposo tutti i prefetti al

    compimento del 35esimo anno di servizio: il Governo ebbe così la possibilità di

    avvicendare più rapidamente i vecchi funzionari e di creare un corpo di prefetti di fede

    fascista.

    L’avvicendamento sistematico, iniziato nel novembre 1922 e proseguito negli anni

    successivi, ebbe il suo culmine nel 1940, allorchè su un organico di 110 prefetti, ben 67

    non erano di carriera.

    Ecco perché, quando Mussolini nell’estate del 1938 decise di allinearsi alla politica

    razziale del nazismo, il regime ebbe a disposizione in tutto il regno un apparato burocratico

    provinciale in grado di soddisfare alle richieste derivanti dalle leggi razziali e le Prefetture

    poterono dedicarsi, dapprima al censimento degli ebrei e, successivamente, presiedere agli

    adempimenti della normativa persecutoria26

    .

    Può essere ripetuto per le Autorità di Pubblica Sicurezza (Questori e Commissari)

    quanto già riferito sui Prefetti: il Fascismo cercò di impadronirsi completamente della

    26

    Vero è che gli eventi hanno dimostrato come a tanta efficienza formale non abbia quasi mai corrisposto

    un’adesione sostanziale. E ad una efficienza di sostanza dei funzionari italiani evidentemente non

    credevano neppure i tedeschi; valga l’esempio del rastrellamento del Ghetto di Roma del 16 ottobre 1943,

    quando le SS, dovendo preparare meticolosamente l’operazione, non si fidarono del censimento

    dell’Interno, ma, con una improvvisa incursione, si fecero consegnare gli elenchi degli iscritti direttamente

    dai responsabili della Comunità; l’orientamento storiografico più recente assegna, peraltro, alle Prefetture

    un ruolo più incisivo nella persecuzione.

  • 15

    Polizia per farne un adeguato ed efficiente strumento di potere; ma, anche se all’epoca la

    Polizia si guadagnò la fama di pilastro del Governo - al contrario dell’Arma dei Carabinieri

    che restò sostanzialmente fedele al Re - pur tuttavia la Polizia mantenne una discreta

    autonomia funzionale nei riguardi del Regime.

    Negli anni interessati dal Fondo, al vertice della P.S. troviamo principalmente il

    prefetto Arturo Bocchini. Egli fu nominato capo della Polizia nel 1926 e presiedette

    all’emanazione del nuovo Testo Unico sulle Leggi di Pubblica Sicurezza tramite il quale si

    gettarono le basi per un minuzioso controllo della vita italiana del tempo a tutti i livelli27

    .

    Altra creatura di Bocchini fu l’Organismo di Vigilanza per la Repressione

    dell’Antifascismo (OVRA), attraverso il quale, secondo le sue intenzioni, poteva

    esercitarsi la suprema missione della tutela dell’incolumità del Duce.

    Con la conquista dei possedimenti d’oltremare fu creata la Polizia Africa Italiana (P.A.I.),

    un corpo di polizia coloniale, con caratteristiche di modernità e di efficienza, che

    rappresenta l’ulteriore risultato delle non comuni capacità organizzative del Capo della

    Polizia dell’epoca28

    .

    Egli, pur col beneplacito di Mussolini, ebbe modo di mantenere le distanze dal Partito e

    riuscì in gran parte ad evitarne la sudditanza: tra l’altro, fu proprio Bocchini a riportare a

    Mussolini il profondo malcontento popolare per l’emanazione delle leggi razziali, così

    come, in precedenza, per l’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania.

    Del resto, una certa forma di autonomia per gli organi di Pubblica Sicurezza derivava dal

    fatto che, quale forza di polizia propria del regime, era stata creata la Milizia Volontaria

    27

    Dopo l'approvazione del T.U. delle leggi di pubblica sicurezza e della legge istitutiva del Tribunale speciale

    per la difesa dello Stato, con r.d.l. 9 genn. 1927, n. 33 (Riordinamento del personale dell'amministrazione

    della pubblica sicurezza e dei servizi di polizia), la Direzione generale di Pubblica Sicurezza subì una

    profonda riorganizzazione, destinata a migliorarne operatività ed efficienza. 28

    Dopo l'8 settembre 1943, la P.A.I. partecipò alla Difesa di Roma contro i tedeschi. Dopo la resa, il

    comandante del Corpo, Gen. Riccardo Maraffa, che era a capo delle forze di polizia di “Roma Città

    Aperta”, venne arrestato e deportato a Dachau, dove morì nel dicembre successivo. Nel 1945 la P.A.I. fu

    soppressa ed il personale transitò nel Corpo delle Guardie di P.S.

  • 16

    per la Sicurezza Nazionale: peraltro, quest’ultima, pur arricchita di prerogative e compiti,

    non si guadagnò mai grande stima di efficienza.

    Anche il successore di Bocchini, Carmine Senise, che fu nominato capo della Polizia

    alla di lui morte, nel novembre 1940, diresse la Pubblica Sicurezza con l’intento di evitarne

    la fascistizzazione e, a partire dal 1942, preparando il passaggio delle forze alle sue

    dipendenze a quello che egli, lucidamente, vedeva come l’ormai imminente cambio di

    regime; nell’aprile del 1943 fu pertanto rimosso dall’incarico per iniziativa diretta di

    Mussolini29

    .

    Si può concludere che, con siffatti uomini al vertice, abituati a richiamare i loro

    dipendenti all’osservanza delle regole, la polizia dovesse essere parzialmente immune dal

    rischio di eccessi. Anche per quanto riguarda le persecuzioni razziali, tra funzionari e forze

    di polizia si ebbero certamente zelanti esecutori e, dopo l’8 Settembre, collaborazionisti dei

    tedeschi, ma non mancarono gli onesti e gli eroi, che non esitarono a compiere il loro

    dovere e spesso finirono come vittime, accomunati agli ebrei da loro protetti30

    .

    Per quanto riguarda l’attività di polizia a Roma nel periodo considerato, occorre

    aggiungere che si dedicarono alle varie funzioni assegnate, tra cui certamente

    l’applicazione delle leggi razziali, anche gli appartenenti alla Guardia Nazionale

    Repubblicana, istituita, nel territorio della Repubblica Sociale Italiana, utilizzando membri

    della ex milizia, dei disciolti carabinieri e della PAI31

    .

    Dall’esame dei documenti dell’epoca emergono le modalità dell’attività di vigilanza,

    esercitata dalle forze di polizia sulla nuova categoria di soggetti da controllare, gli Ebrei,

    29

    Reintegrato da Badoglio alla caduta del Fascismo, fu una delle poche autorità a non lasciare Roma dopo l’8

    settembre 1943. Arrestato dai tedeschi e deportato in Germania, morirà a Roma il 24 gennaio 1958. 30

    Fra tutti, anche ignoti, è d’obbligo ricordare la nobile figura del commissario Giovanni Palatucci, che, quale

    questore reggente a Fiume nel periodo dopo l’8 settembre, riuscì a salvare numerosi ebrei perseguitati,

    dotandoli di falsi documenti, e, scoperto dai nazisti, pagò il suo altruismo con la deportazione e la morte.

    Cfr. Giovanni Palatucci: il poliziotto che salvò migliaia di ebrei, a cura del Dipartimento di Pubblica

    Sicurezza, Roma, 2002. 31

    Cfr. DEAKIN FREDERICK WILLIAM, Storia della Repubblica di Salò, Torino, Einaudi, 1985; BOCCA

    GIORGIO, Storia dell’Italia partigiana, Bari, Laterza, 1970.

  • 17

    nonché quelle relative alle pratiche connesse all’applicazione delle leggi razziali

    persecutorie; trattasi principalmente di documenti aventi per oggetto la dichiarazione della

    razza, le richieste in tema di discriminazione e le istanze tese a ottenere le più varie

    autorizzazioni.

    Una prima considerazione in merito riguarda l’estrema eterogeneità dei supporti

    cartacei utilizzati: si tratta di moduli prestampati o ciclostilati, ma anche di semplici fogli -

    dal più vario formato - talora rigati o quadrettati; le annotazioni vi risultano dattiloscritte,

    vergate a inchiostro o anche a matita. Spiccano sui documenti le classifiche: A1

    (Informazioni), A4a (Informazioni relative alla tutela dell’ordine pubblico), ma anche A8 e

    A9 (sorvegliati politici), come da Casellario Politico dell’Interno; trattandosi delle nuove

    normative sugli Ebrei, in molti casi risulta la classifica E3.

    A parte lo stile impersonale proprio delle relazioni di Polizia, in tutti i rapporti domina un

    linguaggio freddo, asciutto, distante dai soggetti interessati, talora temperato da modi

    colloquiali nelle annotazioni tra i vari uffici; la parola ‘Ebreo’, che campeggia nei

    documenti, spesso sottolineata con righe nervose, mostra chiaramente quanto potesse

    essere cambiata la posizione degli israeliti nel giro di pochi mesi: da cittadini del Regno

    essi divennero soggetti da controllare, pesantemente limitati nella loro vita personale,

    sociale ed economica.

    Col tempo essi saranno considerati - e lo diventeranno per Legge - persino “nemici” dello

    Stato32

    e saranno soggetti ad una persecuzione anche fisica, tragico epilogo delle Leggi

    Razziali, che si innesta nel capitolo dello sterminio ad opera dei nazisti, fornendo ad esso

    un contributo non certo insignificante33

    .

    32

    Cfr. il punto VII della Carta di Verona, atto costitutivo della RSI, emanato il 14 novembre 1943 nel corso

    del Congresso del nuovo Partito Fascista Repubblicano. 33

    Secondo le cifre considerate più attendibili il numero dei non tornati dai Lager ammonterebbe a 6885, su un

    totale di 7495 deportati; occorre poi aggiungere alcune centinaia di ebrei, vittime di uccisioni in massa o

    anche di singoli atti di violenza in Italia; cfr. R. De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, op.

    cit., pp. 465-6.

  • 18

    Fin dai giorni immediatamente successivi all’8 settembre, i tedeschi, ormai padroni

    nell’Italia da loro occupata, cominciano la caccia agli ebrei, dapprima non organizzata e

    sporadica, come documentato da vari episodi accaduti nello stesso mese34

    . Ben presto le

    operazioni divengono sistematiche, utilizzando metodi già ampiamente collaudati negli

    altri Paesi soggetti al Reich ed avvalendosi di reparti specializzati35

    .

    Da allora e, gradualmente, anche per l’intervento delle forze di polizia repubblichine, che

    forniscono un aiuto non secondario nella fase di arresto e di traduzione, la sorte degli ebrei

    che non si sono nascosti è segnata: dopo l’individuazione, la cattura e l’invio in luoghi di

    raccolta36

    , donde periodicamente interviene la deportazione nei campi di sterminio.

    Nel Fondo si rinvengono crude testimonianze anche di questa fase, documentata da elenchi

    di catturati a Roma, dai giorni del rastrellamento del Ghetto ad opera dei tedeschi

    nell’ottobre ‘43 agli arresti di gennaio - febbraio ‘44 e, successivamente, fino alla

    liberazione della città.

    E’ opportuno ricordare che a guerra terminata, cessate finalmente le disposizioni delle

    leggi razziali, i superstiti ripresero gradualmente le loro attività e cercarono di ottenere il

    reintegro di quanto - lavoro, case, beni - era stato loro tolto: ecco perché in alcuni fascicoli

    vi sono carte “recenti”, relative a pratiche di reintegro, risarcimento o indennizzo, che si

    sono trascinate fino all’anno di versamento del Fondo.

    34

    Il primo episodio di rilievo è rappresentato dalla c.d. strage di Meina (Lago Maggiore), località ove le SS,

    dopo aver individuato fortuitamente un gruppo di ebrei stranieri, che vi si erano rifugiati, provvedevano

    alla cattura e all’immediata loro eliminazione nelle acque del lago. 35

    Ben noto è il rastrellamento del Ghetto di Roma (16 ottobre 1943). Né, sempre a Roma, si possono

    dimenticare altri episodi significativi della persecuzione antisemita, quali l’irruzione nella Basilica di S.

    Paolo (3-4 febbraio 1944), con la cattura di molti ebrei, che vi si erano nascosti, o l’inclusione di ben 75

    ebrei detenuti a Regina Coeli, nel braccio controllato dai tedeschi, nell’elenco dei destinati a morte alle

    Fosse Ardeatine (24 marzo 1944). ROPA ROSSELLA, L’antisemitismo nella Repubblica Sociale Italiana, repertorio delle fonti conservate all’Archivio Centrale dello Stato, Bologna, Pàtron Editore, 2000, p. 46.

    36Tra questi il campo di Fossoli (MO), da cui transitò la maggior parte degli ebrei italiani deportati; altri

    luoghi di raccolta furono allestiti a Borgo S. Dalmazzo (CN) e a Bolzano; nelle città maggiori erano adibite

    a temporanea custodia anche le carceri mandamentali, ove interi reparti erano a disposizione dei tedeschi e

    controllati dalle SS.

  • 19

    3 Nota archivistica

    3.1 Il soggetto produttore

    Dopo la nascita del Regno d'Italia, l'organizzazione della polizia venne

    regolamentata con la legge 20 marzo 1865 n. 2248, che estendeva al nuovo Stato unitario

    la normativa in vigore nel Regno di Sardegna, secondo la quale le questure dipendevano

    dal Ministero dell'Interno che, con proprio decreto, ne stabiliva l'articolazione interna e le

    dotazioni di personale e mezzi37

    .

    A seguito dello spostamento della capitale a Firenze, con R.D. 27 aprile 1865 n. 2283 fu

    riorganizzato il servizio di pubblica sicurezza in Toscana, e, infine, dopo il plebiscito del 2

    ottobre 1870, che sanciva l’annessione di Roma all’Italia, il nuovo ordinamento veniva

    esteso alla città e al suo territorio, finalmente uniti al Regno38

    .

    L'amministrazione della sicurezza pubblica a livello periferico competeva sul piano

    prettamente politico-istituzionale ai prefetti e ai sottoprefetti, che avevano potere,

    rispettivamente, sulle provincie e sui circondari; al questore spettavano più propriamente

    l’organizzazione e la gestione tecnica del servizio di polizia39

    : la duplicità delle

    competenze poteva dar luogo a interferenze nell’attività di prefetti e questori, come

    dimostrato dalla successiva evoluzione della normativa in materia, con cui si cercò di

    delineare sempre meglio i rispettivi compiti.

    Nel 1901 fu semplificato l'assetto organizzativo dell'amministrazione della pubblica

    sicurezza a livello periferico: nelle provincie con sede di Questura, questa era

    37

    Per leggi e decreti del Regno d’Italia si veda in bibliografia ‘Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti’. 38

    All’epoca, e fino ad edificazione ultimata dei nuovi quartieri periferici, i Commissariati distrettuali erano

    dodici: I Campo Marzio, II Trevi, III Castro Pretorio, IV Esquilino, V Monti, VI San Giovanni, VII

    Aventino- Testaccio, VIII Campitelli, IX Trastevere, X Borgo-Prati, XI Ponte-S. Eustacchio, XII Porta Pia-

    S.Lorenzo. Cfr. Sistema Guida Generale degli Archivi di Stato Italiani, ‘Direzione Generale di Pubblica

    Sicurezza’ e il sito della Polizia di Stato www.poliziadistato.it., alla voce ‘Storia’. 39

    Con legge 21 dicembre 1890 n. 7321 in ogni capoluogo di provincia fu istituito un ufficio di pubblica

    sicurezza alle dipendenze del prefetto. In ogni capoluogo di circondario, parallelamente, venne creato un

    ufficio circondariale di pubblica sicurezza alle dipendenze del sottoprefetto. Nelle città capoluogo di

    provincia con più di 100.000 abitanti, all'ufficio provinciale poteva essere preposto un questore, che

    rimaneva comunque uno dei collaboratori del prefetto in materia di pubblica sicurezza.

    http://www.poliziadistato.it/

  • 20

    contemporaneamente ufficio circondariale e provinciale di pubblica sicurezza; nelle altre

    province il prefetto provvedeva direttamente agli affari di pubblica sicurezza40

    .

    Il testo unico del 1907 - emanato essendo Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti -

    ribadì l'appartenenza degli uffici provinciali e circondariali di pubblica sicurezza alla

    prefettura e alla sottoprefettura: gli ufficiali di pubblica sicurezza preposti a dirigere il

    servizio di polizia dovevano farlo sotto la dipendenza dell'autorità politica prefettizia41

    .

    Un’importante innovazione fu introdotta nel 1927 con la riforma dell'ordinamento

    delle autorità di pubblica sicurezza e l’eliminazione di quella circondariale42

    : in base al

    nuovo ordinamento il questore e il suo ufficio acquisirono definitivamente il rango

    provinciale, che fino ad allora costituiva l'eccezione, essendo limitato ai centri di maggiore

    importanza.

    In epoca fascista, dopo la promulgazione del nuovo codice penale43

    , veniva emanato

    un nuovo testo unico, in cui si recepiva il precedente ordinamento di pubblica sicurezza,

    mantenendo nelle mani del questore, alle dipendenze del prefetto, “la direzione tecnica di

    tutti i servizi di polizia e di ordine pubblico nella provincia”44

    ; allo stesso tempo la

    questura, come ufficio provinciale di pubblica sicurezza, rimaneva ancora organicamente

    inserita nella prefettura: il rapporto tra prefetto e questore rimaneva fondato su un criterio

    di ripartizione di competenze, che riservava al prefetto compiti decisionali connessi alla

    sua funzione di rappresentante del governo nella provincia, e al questore compiti

    direzionali più strettamente connessi alle funzioni di polizia sul territorio45

    .

    40

    R.D. 21 agosto 1901 n. 409, Testo Unico sulla pubblica sicurezza. 41

    R.D. 31 agosto 1907 n. 690, Testo Unico delle norme sugli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza. 42

    R.D.L. 14 aprile 1927 n. 593; la soppressione delle sottoprefetture era stata disposta con R.D.L. 2 gennaio

    1927 n. 1. 43

    Codice Rocco, R.D. 19 ottobre 1930 n. 1398. 44

    R.D. 18 giugno 1931 n. 773, Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza. 45

    Per raggiungere una posizione di maggiore autonomia del questore rispetto al prefetto fu necessario

    attendere la legge 1 aprile 1981, n. 121 che, all'art. 14, conferisce al questore la qualifica di autorità

    provinciale di pubblica sicurezza. Mentre l'ordinamento precedente prevedeva questa qualifica, ma la

    attribuiva contestualmente al prefetto e al questore, la nuova legge distingue la posizione del questore da

    quella del prefetto, non prevedendo più una dipendenza gerarchica e attribuendo al questore un ruolo

  • 21

    Dal punto di vista operativo, fino ad epoca recente la questura è stata strutturata in

    divisione prima (ufficio di gabinetto), seconda (polizia giudiziaria), terza (polizia

    amministrativa), ciascuna delle quali con specifiche competenze46

    : la I Divisione ha

    attribuzioni relative ad affari di gabinetto e riservati, ordine pubblico, personale, contabilità

    e disposizioni di massima; la divisione comprende tuttora gli archivi di Gabinetto, DIGOS

    e stranieri.

    La II Divisione (Ufficio anticrimine) ha competenze relative agli affari di polizia

    giudiziaria - compreso il casellario permanente - allo schedario delle carte d'identità e delle

    notifiche degli alloggiati e comprende l'Archivio generale anticrimine.

    La III Divisione (Ufficio amministrativo) ha competenza sugli affari di polizia

    amministrativa e comprende gli archivi amministrativi, della divisione passaporti e delle

    licenze relative alle armi.

    Per quanto riguarda la documentazione ad uso d’ufficio, occorre ricordare che, a

    seguito dell'entrata in vigore del nuovo codice penale e del Testo Unico del ’31, veniva

    approntato un nuovo Titolario47

    , di più facile corrispondenza con le mutate condizioni

    sociali e politiche dell’epoca; diciture e voci vengono integrate dalle necessarie aggiunte,

    mentre vengono considerate fattispecie di nuova introduzione48

    . Anche questo titolario,

    come il precedente, è ripartito nelle tre divisioni: la prima, quella di Gabinetto, rimane per

    lo più invariata, eccetto che per l'introduzione di alcune categorie, quali la A 11

    (disoccupazioni), la A 12 (stranieri) e la A 13 (provvedimenti per lo stato di pericolo

    pubblico e di guerra); per quanto riguarda, invece, la seconda e la terza divisione, esse

    autonomo con specifiche competenze e responsabilità; tra le competenze di quest’ultimo, la più rilevante è

    quella di dirigere e coordinare a livello tecnico-operativo i servizi di ordine e sicurezza pubblica. Al

    prefetto resta la responsabilità generale dell'ordine e della sicurezza pubblica sotto il profilo politico-

    amministrativo. 46

    Dal punto di vista operativo ogni divisione era costituita da più uffici e ogni ufficio era ripartito in squadre. 47

    Cfr.: Istruzioni ministeriali del 1 dicembre 1931 e Circolare n. 10-10083-D del 28 dicembre 1931 della

    Direzione generale della pubblica sicurezza - divisione polizia. 48

    La voce A 5 della I divisione muta il nome “Truppa in servizio di P.S.” in “Truppa e Milizia Volontaria per

    la sicurezza Nazionale in servizio di P.S.”; la categoria 20 della III divisione contempla anche i “Servizi

    relativi alle colonie di confino”.

  • 22

    vengono completamente riorganizzate, pur mantenendo la suddivisione in due categorie

    (atti e casellario) e i contenuti di base.

    Da ultimo si segnala che il titolario è corredato da una serie di norme per la gestione

    e il mantenimento dell'archivio di deposito e da un elenco degli atti che possono essere

    scartati49

    .

    3.2 Il Fondo

    3.2.1 La storia

    Il Fondo Questura Ebrei (1938-1945) è conservato nel deposito dell’Archivio di

    Stato di Roma, presso la sede succursale Galla Placidia, identificato con la denominazione

    del soggetto produttore, ed è costituito da 51 buste, ordinatamente disposte negli scaffali

    della colonna 29A: si tratta di quattro palchetti, ove, dall’alto verso il basso, si rinvengono

    secondo il seguente ordine: 1-13, 14-27, 28-41, 42-5150

    .

    Le buste sono pervenute in Archivio a seguito del versamento operato dalla Questura

    di Roma nel 1962: dagli atti della Direzione dell’Archivio di Stato di Roma in data 3 aprile

    1962 risulta il versamento di 971 fascicoli - con elenchi nominativi divisi in sette gruppi -

    49

    Per le notizie generali relative al ‘Titolario’ cfr. Manuale pratico ad uso del personale degli archivi di

    Pubblica Sicurezza, Raccolta completa delle varie disposizioni vigenti sull’ordinamento degli Uffici e degli

    Archivi di Pubblica Sicurezza, a cura di Benedetto Donato, primo archivista di Pubblica Sicurezza,

    Brindisi, 1950; per quanto d’interesse, è stato riportato in Appendice III un estratto del titolario del ’31. 50

    Il Fondo in esame - pur fondamentale per la ricerca in merito all’oggetto - ha consistenza modesta rispetto

    al materiale complessivamente versato nel tempo dalla Questura di Roma: con questa denominazione, nel

    Sistema informativo degli archivi di Stato, risultano quattro sottolivelli, per un totale di 18620 fra buste,

    registri e fascicoli, aventi come estremi cronologici 1870-1909 e 1938-1945. In particolare risulta un primo

    versamento di 161 buste, degli anni 1870-1909 e 1938-1945 con strumento di ricerca 223-Questura di

    Roma; un secondo versamento per la documentazione degli anni 1920-1965: esso consta di 930 buste e

    registri con atti provenienti dai Commissariati di P.S. Castro Pretorio, Esquilino, Prenestino, S. Giovanni,

    Villa Glori, Viminale e Albano Laziale (anni 1945-1965), fascicoli dei sorvegliati politici (anni 1920-1950)

    e atti classificati come “Commissariati - Ebrei” in corso di schedatura. Infine con i versamenti avvenuti fra

    il 2001 e il 2006 è pervenuta in Archivio documentazione dai Commissariati di P.S. di Roma Borgo,

    Aurelio, Castro Pretorio, Villa Glori, S. Giovanni, Esquilino, Prenestino, Trevi-Campo Marzio, S. Paolo,

    Lido di Roma e dai Commissariati di Civitavecchia, Colleferro, Frascati e Velletri (consistenza di 17415

    buste, di cui 16245 fascicoli, 965 buste e 205 registri, con estremi cronologici non evidenziati).

  • 23

    concernenti cittadini di origine ebraica, già conservati presso la Questura di Roma, che li

    aveva raccolti dai Commissariati di zona; il verbale di versamento risulta firmato dal dott.

    Ferrante, per la Questura di Roma, e dal dott. Marcello Del Piazzo, per l’Archivio di Stato

    di Roma51

    .

    E’ opportuno ricordare, per affinità di contenuto e per gli stretti rapporti tra i due enti

    produttori, che anche la Prefettura di Roma il 6 luglio 1961 aveva versato all’Archivio una

    considerevole mole di documenti relativi alla persecuzione razziale52

    .

    Entrambi i versamenti sono intervenuti in base a disposizioni impartite dal Ministero

    dell'Interno, Direzione generale dell'Amministrazione civile, Ufficio Centrale degli Archivi

    di Stato, aventi come oggetto il versamento dei fascicoli concernenti cittadini di origine

    ebraica.

    Secondo le disposizioni il versamento doveva essere effettuato anche nel caso di

    mancanza di spazio, restandone, peraltro, “… esclusi i fascicoli relativi ai campi di

    concentramento, in cui furono deportati cittadini ebrei, tenuto conto che tale

    documentazione è ancora oggetto di consultazione da parte delle persone interessate, che

    hanno in corso pratiche di risarcimento nei confronti del Governo di Bonn”.

    Con successiva circolare, con pari oggetto, veniva ribadito l’obbligo di versare “…

    non soltanto i fascicoli personali dei cittadini ebrei, ma anche l’intera documentazione

    sulla campagna razzista tuttora esistente presso le Prefetture e le Questure53

    .

    51

    Nella Guida Generale degli Archivi di Stato Italiani (vol. III, N-R, Roma 1986), sotto la voce “Questura”, si

    trova menzione a 21 buste (971 fascicoli) descritte come documentazione non inventariata - relativa agli

    anni 1938-1945 - riguardante cittadini di origine ebraica. 52

    Si tratta di 65 pacchi, 2 rubriche e 16 schedari con elenco degli oggetti: discriminazione degli ebrei (24

    pacchi), domestici ariani al servizio degli ebrei (18 pacchi), matrimonio ebrei (7 pacchi), determinazione

    della razza (7 pacchi), accertamento della razza (4 pacchi), variazione della razza (1 pacco), pratiche varie

    relative a cittadini ebrei negli anni 1939-1944 (1 pacco), censimento ebrei (2 pacchi), ebrei stranieri (1

    pacco), rubriche (2 pacchi) , schedari (16 pacchi). 53

    Circolare UCAS (Ufficio Centrale degli Archivi di Stato) n. 30 del 20 giugno 1961; circolare UCAS n. 32

    del 31 agosto 1961, entrambe a firma Birri, per il ministro Mario Scelba. Il direttore dell'Archivio di Stato è

    il dr. Marcello del Piazzo, che, con foglio del 23 giugno 1961, dà subito piena disponibilità al versamento.

  • 24

    3.2.2 La descrizione

    L’esame della documentazione costituente il Fondo consente utili osservazioni.

    Una prima riguarda l’aspetto dei faldoni: si tratta di buste cartacee di dimensioni cm. 22 x

    30, con titolo esterno in costola moderno.

    Al loro interno si segnalano diverse condizioni: può essere presente la cartella originale - o

    quel che ne resta - munita di titolo, a cui è stata aggiunta - verosimilmente in Archivio di

    Stato, a comprenderla per fini conservativi - una cartella moderna, mentre, in altri casi, la

    cartella originale manca; non sempre risulta sostituita. In questo caso si rinvengono

    direttamente i fascicoli, a volte preceduti solo da cartoncini con sigle, scritte o

    classificazioni varie. I fascicoli sono disposti normalmente in ordine alfabetico, ma

    possono anche essere contenuti in ulteriori copertine, presenti fin dall’origine, che li

    ordinano cronologicamente54

    .

    I titoli delle buste presentano gli estremi cronologici, talora evidentemente approssimativi,

    i nomi dei commissariati di provenienza, o supposti tali, il numero del faldone, le lettere

    corrispondenti alle iniziali dei cognomi delle persone schedate; talvolta risulta segnalato il

    numero dei fascicoli contenuti.

    L’estremo remoto della busta risulta talora superato dalla presenza di documenti

    antecedenti la promulgazione delle Leggi Razziali55

    . Un’osservazione analoga può essere

    formulata anche per gli estremi recenti della documentazione che arriva fino all’inizio

    degli anni ‘6056

    .

    Le cartelle interne originali sono costituite da supporto cartaceo vario, di solito di riutilizzo

    e in materiale piuttosto fragile, scadente, come tutta la documentazione contenuta, in cui

    domina la sfumatura giallastra della carta dell’epoca; spesso si tratta di semplici lacerti, che

    54

    È il caso della busta 16. 55

    Si tratta di ebrei già soggetti a sorveglianza, non per motivi di razza, per le idee politiche o altro. 56

    Trattasi di pratiche finalizzate al reinserimento nelle precedenti attività lavorative o al recupero dei beni

    sequestrati.

  • 25

    conservano almeno la parte centrale, che costituisce una sorta di fascetta intorno al faldone,

    con l’intitolazione.

    Per quanto riguarda le cartelle moderne, si tratta di normali copertine da pratica

    amministrativa, compilate da parte dell’Archivio di Stato in epoca non specificata.

    I titoli sulle copertine interne originali riportano pressoché gli stessi dati presenti

    sulle buste esterne: dai titoli presenti e dal “contenuto” delle buste derivano i titoli esterni

    moderni; può essere interessante esaminare singolarmente e confrontare i titoli riportati

    sulle buste57

    ; una prima considerazione, formulata in base alla combinazione fra i titoli e il

    contenuto dei fascicoli, porta alla conclusione che i documenti del fondo provengano in via

    principale da sette commissariati di Roma58

    .

    Le copertine originali dei fascicoli, di colore arancio, hanno dimensioni di cm. 17,5 x

    25; esse appaiono spesso riutilizzate, e intestate a nuovi soggetti, a volte ai familiari del

    titolare del precedente fascicolo59

    .

    All’interno di ogni fascicolo la documentazione appare seguire l’ordine conseguente alla

    naturale sedimentazione delle carte, con il sovrapporsi di pratiche di origine diversa fra

    loro. I documenti cartacei risultano di scarso pregio dal punto vista materiale, deteriorabili,

    di riciclo: talora recto e verso recano informazioni relative a soggetti diversi, a

    dimostrazione del riutilizzo della carta per usi successivi; anche le copertine dei fascicoli

    appaiono sovente riutilizzate.

    Una preventiva osservazione generale del contenuto delle buste consente di identificare le

    classifiche che sono state assegnate a ciascun fascicolo60

    .

    57

    Per i Titoli si veda in Appendice IV. 58

    Campo Marzio, Castro Pretorio, Piazza d’Armi, Porta Pia, Porta del Popolo, Prati, Salario. 59

    Colore e dimensioni delle camicie risultano dettagliatamente indicate nel Manuale pratico… opera citata,

    p. 8, che inoltre prescrive l’osservanza dell’ordine alfabetico sillabico nella tenuta dei fascicoli e il rispetto

    della cronologia delle carte al loro interno. 60

    Vi risultano: Gabinetto Razza Cat. A4A (buste da 1 a 6), Gabinetto Ebrei E3, a volte con ulteriore A4a

    oppure A1 (buste da 7 a 11), Gabinetto E3 trasferiti (buste 13 e 14), Div. 1 Gab. A4a (buste 15 e 16), Gab.

    Ebrei E3 (buste 17 e 18), Div. 1, Cat. A4a (buste da 19 a 23), ebrei cat. A4a - informazioni/vigilanza (buste

    24 e 25), Div.1, A4a (buste 26 e 27), Gab. E3 (buste 28 e 29), Div. 1 Cat. A4a (buste 30 e 31), Gab. E3

  • 26

    Singolare appare il contenuto della busta 12, in cui non si rinvengono fascicoli

    individuali muniti di copertina, ma solo documenti relativi a pratiche di discriminazione,

    tenuti insieme da un foglio bianco, aggiunto successivamente per tenere distinti gli

    incartamenti; le pratiche riguardano esclusivamente individui il cui cognome inizia con

    lettera P61

    . Si è ipotizzata una ‘serie’ a sé stante e come tale sarà in seguito descritta.

    Nel Fondo in esame i nominativi riportati sono costituiti da cognome, nome e

    patronimico; questi elementi non sono sempre presenti sulla copertina del fascicolo: a volte

    il patronimico risulta solo dall’esame dei documenti interni.

    I nominativi generalmente si riferiscono ad ebrei, ma, a volte, da specifiche in copertina o

    dalla lettura dei documenti interni, si deduce trattarsi di soggetti ariani o misti, collegati per

    vincoli di parentela agli ebrei o che hanno avuto a che fare con loro: ad esempio marito,

    moglie o domestica ariana presso famiglia ebrea.

    A volte i fascicoli presentano intestazione a più persone: è il caso di fratelli, coniugi,

    genitori e figli, amici e anche colleghi di lavoro62

    .

    Nei cognomi composti le preposizioni sono per lo più posposte e collocate tra parentesi,

    comportando un ordine alfabetico in base alla “seconda” parte del cognome; alcune lettere,

    come le i, j e y, sono usate quasi sempre come se fossero intercambiabili tra loro,

    mostrando una disinvoltura, indicativa del modesto livello di preparazione degli scriventi,

    che non giova certo alla precisione dei dati raccolti; del resto, anche i nomi e cognomi di

    chiara ascendenza straniera vengono spesso storpiati o grossolanamente italianizzati, forse

    per facilitarne la pronuncia63

    .

    (buste 32 e 33), Div. 1 A4a (buste 34-38), ebreo A4a (busta 39), ebreo A4a inform/vigilanza (busta 40), Div.

    1 A4a (buste da 41 a 44), Div. 1 Cat A1 o A4a o A8 (busta 45), Div. 1 Cat. A4a (buste da 46 a 51). Talvolta

    le classifiche E3 e cat. A4a compaiono contemporaneamente. 61

    Le pratiche non sono state rinvenute in ordine alfabetico; inoltre, risultano due incartamenti relativi a Pisa

    Romolo. 62

    Si veda il caso delle due insegnanti conviventi di cui alla b. 8, fasc. 14. 63

    Talvolta si è resa necessaria, pertanto, la rettifica del nome rinvenuto, per consentire l’uniformità dei dati.

    In particolare nell’Indice si è sempre utilizzata la sola lettera “i” per tutti i suoni corrispondenti.

  • 27

    Degno di nota è anche il fatto che vi sia più di un fascicolo intestato alla medesima

    persona64

    .

    3.2.3 Metodologia di indagine e ipotesi di riordinamento.

    Nel secondo anno del mio Corso di laurea magistrale mi è stato proposto di svolgere

    il tirocinio presso l’Archivio di Stato di Roma, nella sede distaccata di Via Gallia

    Placidia65

    .

    Dalla prima presentazione del Fondo assegnatomi ne apprendevo la limitata consistenza -

    appena cinquantuno buste - il legame di appartenenza con altra documentazione formatasi

    presso la Questura di Roma e anche, a prima vista, la forma documentale di ‘secondaria

    importanza’, in quanto facente parte di un sistema ben più ampio di carte, relative ad altri

    soggetti produttori. Allo stesso tempo, man mano che procedevo nell’esame della

    documentazione, mi accorgevo di avere tra le mani elementi di pregio per la comprensione

    di aspetti poco conosciuti della nostra storia recente, legati ad una più vasta drammatica

    vicenda, che ha tuttavia coinvolto nell’immane tragedia molti nostri concittadini.

    Mi è stato richiesto di procedere ad un’iniziale schedatura, utilizzando un database di

    natura elettronica. Le carte già presentavano fascicolazione. Non risultavano registri nè

    repertori coevi e tutte le carte, sciolte, erano raggruppate entro camicie, a loro volta inserite

    nelle buste66

    .

    Per quanto riguarda gli interventi precedenti, risultava già eseguita una via di mezzo

    fra la cartolazione e la paginazione, mediante l’apposizione di un timbro a sei cifre in

    inchiostro nero, che ha risparmiato le pagine bianche, ma ha interessato anche il verso dei

    fogli di riciclo, non pertinente: il fatto che sia stata effettuata in maniera indelebile, non

    64

    Cfr. l’apposito Elenco in Appendice V. 65

    Il tirocinio si è svolto nel periodo novembre 2012 - novembre 2013. 66

    L’aspetto delle buste portava facilmente ad identificarle come moderne: in particolare il loro buon stato di

    conservazione e la scrittura a pennarello.

  • 28

    uniformemente nei vari documenti, ma in punti diversi e, soprattutto, ad archivio non

    riordinato, fa pensare che si tratti di operazione ‘moderna’, svolta non da tecnici67

    .

    Un’altra operazione precedente al mio intervento è consistita in una preliminare

    schedatura cartacea, operata riportando su un foglio, per ciascun nominativo, l’indicazione

    delle notizie identificative basilari: cognome, nome e patronimico; siffatte “schede” sono

    state poi raccolte in fascicoletti, numerati come la busta corrispondente. Questo lavoro

    preventivo doveva probabilmente servire di sussidio per il successivo riordinamento.

    In tale fase di intervento, verosimilmente in epoca recente, si è operato anche sulle

    copertine originali: per raccogliere i fascicoli sono state aggiunte cartelline moderne,

    interne al faldone; inoltre i fascicoli le cui copertine si erano deteriorate, mostrando ampi

    tagli lungo la costa, sono stati preservati inserendo le camicie originali in fogli formato A4

    ripiegati.

    Dopo una prima fase di lettura, analisi e ricognizione del materiale, operata cercando

    di entrare nel vivo degli argomenti del Fondo, anche attraverso la consultazione di

    adeguata bibliografia, si è iniziata la schedatura, in base ad alcuni parametri fondamentali

    da inserire su una tabella Excel: oltre al cognome e al nome, il patronimico68

    , gli estremi

    cronologici delle carte69

    , i commissariati di competenza70

    , la categoria di classifica.

    Nel frattempo, man mano che la schedatura procedeva e che il materiale del Fondo si

    rendeva maggiormente noto, si acquisiva coscienza della necessità di ampliare i campi di

    raccolta dei dati, per dedicare maggiori spazi alla rilevanza dell’argomento: risaltavano, in

    particolare, gli elementi utili a facilitare l’identificazione individuale: la data di nascita, la

    67

    Oggi si preferirebbe procedere con una paginazione o cartolazione, usando lapis nero del numero 2B e a

    Fondo già riordinato. 68

    Sono sorte difficoltà non lievi per la comprensione dei nomi stranieri, che, come già detto, nei documenti

    del Fondo vengono spesso riportati con diverse varianti di fantasia, dando luogo a duplicazioni; poiché i

    prefissi dei nomi composti venivano spesso posposti tra parentesi risulta un corrispondente ordine

    alfabetico, che, per fedeltà, è stato rispettato nel riordinamento. 69

    Sono stati indicati in anni. 70

    Sono stati considerati i commissariati di residenza e del luogo di lavoro; si sono rilevati anche quelli relativi

    ai familiari e ad altre persone citate ripetutamente nel fascicolo.

  • 29

    cittadinanza, l’esercizio di professioni maggiormente distinguibili, specifici dati o note,

    riportati sulla copertina, l’oggetto del documento o della pratica, la presenza di allegati, i

    nominativi di familiari o di altre persone, conviventi o comunque aventi a che fare con

    loro; elemento non ultimo, anche il numero delle carte, utile per una immediata verifica

    della consistenza della documentazione e della sua integrità.

    Sulla base di tali premesse è sorto un progetto di inventario analitico dedicato al

    Fondo: scelta spero felice, confortata dalla consapevolezza di non avere compiuto passi

    irreversibili, di aver conservato intatto il materiale e di avere contribuito alla formazione di

    una base strumentale, utile per l’osservazione dei documenti e per la loro piena fruizione.

    Trattandosi di un inventario analitico, per la descrizione di ogni unità archivistica si sono

    riportati71

    :

    numero di corda dell’unità di conservazione-busta rinvenuto

    numero di corda dell’unità archivistica-fascicolo, assegnato all’interno di ciascuna

    busta72

    titolo moderno della busta

    titolo originale dell’unità archivistica (nome, cognome, patronimico)

    altri elementi integrativi del titolo

    estremi cronologici per esteso

    oggetto dell’unità archivistica

    allegati

    descrizione esterna delle unità di conservazione e archivistica

    Per l’ordinamento, un grande aiuto è stato fornito dall’osservazione di fondi di

    71

    Nell’individuazione dei paramentri e per l’organizzazione della scheda ci si è attenuti alle norme dello

    Standard Internazionale ISAD (G) - General International Standard Archival Description, approvate a

    Siviglia nel 2000. 72

    Per i motivi che saranno spiegati in seguito, ai fascicoli non si è dato un unico numero nè per serie nè per

    fondo, ma si è mantenuta la situazione attuale.

  • 30

    questure presenti in altri Archivi di Stato e dalla consultazione del titolario del 193173

    ;

    peraltro, si tratta spesso di fondi già riordinati, che presentano situazioni molto più

    strutturate e organiche rispetto al materiale oggetto del presente studio.

    Per quanto riguarda la documentazione contenuta nei singoli fascicoli, l’ordine dato

    dalla sedimentazione delle carte risulta talvolta fortuitamente alterato, ma è stata comunque

    rispettata la successione esistente, fissata dalla timbratura della cartolazione già effettuata:

    nell’attività di riordinamento svolta, l’intervento materiale sui fascicoli è stato limitato

    esclusivamente ai casi in cui si era perduta la successione alfabetica originaria e solo

    all’interno di ogni busta; si è dunque ipotizzata l’organizzazione del Fondo in serie e

    sottoserie, sulla base della classificazione dei documenti e dell’ente di produzione74

    .

    Pur nella consapevolezza che l’inventario debba avvenire a fondo riordinato e che, per la

    comprensione dell’ente produttore e delle sue funzioni, precipuo compito dell’archivista

    sia quello di riportare le carte all’ordine originario, ci si è astenuti dal ricondizionamento

    dell’intero fondo, avendo, tra l’altro, a che fare con documentazione suscettibile di ulteriori

    acquisizioni: non si sono voluti introdurre elementi di incertezza, né ulteriori interventi,

    potenzialmente preclusivi per l’interpretazione dell’archivio e non determinanti per la

    fruizione futura. Per gli stessi motivi, sui faldoni si è mantenuta la segnatura originale

    assegnata, con il numero di busta progressivo da 1 a 51.

    E’ stata data preminenza all’aspetto conservativo: si è terminato di inserire in fogli le

    copertine danneggiate, si sono tolti spilli e attaches, pericolosa fonte di ruggine per la

    delicata carta della maggior parte dei documenti.

    73

    Il Fondo della Questura di Firenze è preziosa fonte di notizie sulle procedure in uso presso gli uffici di P.S.

    dipendenti; vi compaiono pochi fascicoli dedicati agli ebrei, tutti con classifica A4-A; il Fondo della

    Questura di Modena consente un’utile consultazione del titolario del ’31; si segnala il Fondo della Questura

    di Milano per la presenza di serie dei commissariati di P.S. 74

    Come sostenuto da Valenti “… ogni classe o sottoclasse del titolario potendosi considerare appunto come la

    matrice di una serie”, cfr. VALENTI FILIPPO, Riflessioni sulla natura e struttura degli archivi, in Scritti e Lezioni di archivistica, diplomatica e storia istituzionale, a cura di Valenti Filippo, Grana Daniela, Roma,

    Ministero per i beni e le attività culturali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 2000, pp. 83-113, p. 111.

  • 31

    Del resto il materiale non è di dimensioni ingenti e rimane di facile gestione anche se non

    riordinato materialmente, consentendo agevolmente il rinvenimento del singolo fascicolo,

    che nel caso del Fondo costituisce il motivo di prevalente interesse.

  • 32

    4 Cappello alla serie

    4.1 Commissariati di P.S. - Ebrei

    Occorre premettere che il Fondo in questione potrebbe essere considerato

    appartenere ad un più ampio Fondo Questura di Roma, ancora ideale, perché i singoli fondi

    che lo costituiscono - alcuni versati e già ordinati, altri in fase di riordinamento - sono

    tuttora in attesa di ricomposizione, dopo gli eventuali - e non certo insignificanti - scarti.

    Per omogeneità della documentazione il fondo in esame risulta costituito da un’unica serie,

    che potrebbe essere intitolata Commissariati di Pubblica Sicurezza - Ebrei, avente come

    soggetti produttori alcuni Commissariati di P.S. della Capitale.

    D’altra parte la scelta di tale denominazione della serie risulterebbe in linea con quanto

    presente nell’indice dei Fondi dell’Archivio di Stato di Roma, aggiornato al 2010, dove il

    Fondo stesso - di cui era stata cominciata una preliminare schedatura75

    - è stato indicato

    come Fondo Questura di Roma - Commissariati Ebrei.

    In sede di elaborazione dello studio si è pensato di assegnare alla Serie il nome di

    Commissariati Ebrei, lasciando al Fondo nel suo complesso il nome già attribuitogli.

    Sulla base degli elementi estrinseci ed intrinseci presenti sono stati individuati sette

    commissariati, cui sono state fatte corrispondere sette sottoserie76

    .

    Le norme che hanno regolato la produzione della documentazione consistono nelle

    leggi razziali del 193877

    ; sulle carte figura la classifica conforme al titolario del 193178

    .

    Date le ampie operazioni di scarto che si è consapevoli fossero purtroppo ancora in

    uso all’epoca del versamento e di cui è rimasta traccia negli atti della Direzione

    75

    Cfr. Indice dei Fondi aggiornato al 2010, a cura della dott. ssa Marina Pieretti, Archivio di Stato di Roma,

    sede succursale di via Galla Placidia, p. 12. 76

    Le sottoserie ipotizzate sono state ricostruite confrontando la documentazione, i titoli riportati e le iniziali

    alfabetiche sulle buste: si veda in Appendice VI. 77

    Cfr. l’argomento in Introduzione storica. 78

    Circolare ministeriale del 1 dicembre 1931 N. 10083-D entrata in vigore col 1 gennaio 1932.

  • 33

    dell’Archivio di Stato, si può convenire sulla più che probabile lacunosità del più grande

    Fondo Questura di Roma e nello specifico del Fondo Questura Ebrei e della presente serie.

    L’ipotesi di operazioni di scarto è avvalorata anche dal fatto che la documentazione

    provenga solo da alcuni commissariati di Roma; sembra difficile che gli altri non avessero

    a che fare affatto con gli ebrei, ma potrebbe anche essere che in altri commissariati non

    fossero stati creati schedari a se stanti, o che non fossero residenti ebrei nel territorio di

    loro competenza.

    Particolari considerazioni merita la classificazione dei documenti, che nel caso del

    Fondo sono successivi alle Leggi Razziali, da cui traggono origine, e che comprendono gli

    ebrei nella categoria A4a, classifica che, secondo il titolario del ’31, corrisponde alla tutela

    dell’ordine pubblico.

    E’ evidente che anche prima della legislazione persecutoria vi fossero ebrei per

    qualche motivo soggetti a controlli di polizia o semplicemente oggetto di pratiche presso i

    Commissariati, come ad esempio la raccolta di notizie prima dell’assunzione di incarichi

    pubblici o della concessione di abilitazioni e licenze: gli uffici usavano in tali casi la

    categoria A1 (informazioni), come per qualsiasi altro cittadino. Qualora poi si fosse trattato

    di ebrei stranieri o che avessero manifestato idee contrarie al regime, essi potevano

    rientrare rispettivamente nelle categorie A12 (stranieri) o A8 e A9 (sorvegliati politici del

    luogo o di altre circoscrizioni)79

    .

    Con le leggi razziali del ‘38 gli ebrei diventano - ope legis - soggetti da vigilare e la

    documentazione di polizia a loro intestata viene comunemente contraddistinta dalla

    categoria A4a con l’aggiunta di “ebreo”, declinato al maschile o al femminile, e al plurale

    se il fascicolo risulta intestato a più individui80

    , o “famiglia ebrea” o “misto”/“famiglia

    79

    Dal giovane che in ambito universitario si era pronunciato in maniera anche solo lontanamente contraria al

    Regime all’antifascista dichiarato, all’anarchico, socialista, massone. 80

    In alcuni casi il fascicolo risulta intestato dapprima a una singola persona, e poi man mano che si

    integravano altre pratiche, o che comunque venivano aggiornate, il fascicolo veniva ad acquisire

  • 34

    mista”; l’uso di tale categoria acquista di fatto una propria autonomia rispetto all’A4a

    originale o forse viene progressivamente ad identificarsi e sovrapporsi con essa81

    .

    Presso i commissariati era in uso il protocollo analitico: ogni documento in arrivo o

    in partenza era infatti registrato con un diverso numero, assegnato in base all’ordine di

    ricezione o di spedizione; lo stesso numero dato a un documento in arrivo veniva

    solitamente usato anche per il documento che ne costituiva la risposta; i documenti

    appartenenti a una stessa pratica hanno pertanto numeri di protocollo diversi o, al massimo,

    con lo stesso numero si trova un originale ricevuto e una minuta di lettera spedita,

    direttamente correlati; hanno invece la stessa classificazione, o più precisamente sono

    uguali, la classificazione delle minute dei documenti spediti e quella data ai documenti

    ricevuti; nel fascicolo possono trovarsi anche documenti con classificazione diversa,

    richiamati da altri fascicoli, per lo svolgimento della pratica, allegati vari, documenti di

    carattere interno non c