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FORMAZIONE NAZIONALE ANIMATORI DI COMUNITA’ Roma – 28 novembre / 1 dicembre 2007 LAVORARE IN RETE GIUSSANI ALESSANDRO

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FORMAZIONE NAZIONALE ANIMATORI DI COMUNITA’

Roma – 28 novembre / 1 dicembre 2007

LAVORARE IN RETE

GIUSSANI ALESSANDRO

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1. UNA ICONA DI RIFERIMENTO:

IL PESCATORE ANDREA E SUO FRATELLO

“Maestro, abbiamo lavorato tutta la notte e non abbiamo preso niente: tuttavia, sulla tua parola,

getterò le reti” E, avendole gettate, presero una grande quantità di pesci…

(…) Allora Gesù disse a Simone: “Non temere, d’ora in poi sarai pescatore di uomini!”.

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2. LE CHIAVI DI LETTURA DELLO SVILUPPO LOCALE (M.Livia)

• FAVORIRE la cooperazione territoriale di tipo sociale• COGLIERE le opportunità con la lente dei Cristiani• VALORIZZARE i giacimenti locali• COSTRUIRE un ambiente favorevole (comunitario non “politico”)• CREARE le condizioni interne• COSTRUIRE RETI NUOVE DI SVILUPPO LOCALE • ESSERE INNOVATIVI IN TERRITORI “INGABBIATI”

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2. APOSTOLICAM ACTUOSITATEM (don G. Perego)

Nella BISACCIA DEL PELLEGRINO gli elementi per “stare”nel cammino della Chiesa:

• LA SCELTA

• LA PROFEZIA

• LE VIRTU’ TEOLOGALI

• LA DOMENICA

• I SEGNI

• LA RELAZIONE CON GLI ULTIMI

• LA MUTUALITA’ E LA COOPERAZIONE

• LA MEDIAZIONE E LA NON-VIOLENZA

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3. AGIRE PER LO SVILUPPO LOCALE

Alcune parole-chiave…tra le altre

• Legame sociale

• Sussidiarietà

• Capitale sociale

• Appartenenza

• Mutualismo

• Imprese di comunità

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3. AGIRE PER LO SVILUPPO LOCALE

LEGAME SOCIALE

“Scoprire la dimensione sociale, rappresentare questo noi, questa gruppalità, significa avere accesso al problema della creazione sociale dei significati e avere accesso alla dimensione normativa della società”

Significa impegnarsi ad esplicare una funzione pubblica – istituzionale

E’ possibile partendo dalla dimensione antorpologica della FRAGILITA’ che si narra l’una all’altra e non dalla fantasia di essere “figli di se stessi” sani e belli.

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3. AGIRE PER LO SVILUPPO LOCALE

SUSSIDIARIETA’richiama funzione del “privato” (proprietà privata, talenti privati, patrimoni privati, impegni privati, organizzazioni economiche e sociali private) che, è quella di concorrere alla produzione di beni comuni, di partecipazione, di interdipendenza anche come antidoto ad una privatezza indipendente dalle altre persone e dal “valore-persona”.

una sussidiarietà che supera il concetto ottocentesco di sussidio (di assistenza, di beneficienza o anche di mutualità corporativa) per assumere quello di costruzione di relazioni “non indipendentemente” dal valore della persona: la persona che sta vicino, le persone che fanno famiglia che insieme diventano associazioni, che costruiscono la città.

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3. AGIRE PER LO SVILUPPO LOCALE

CAPITALE SOCIALE1. Come dotazione individuale (di relazioni sociali significative; di

cui posso disporre-scambiare per ottenere aiuti o risorse)

2. Come qualità delle relazioni sociali (il valore di una relazione sociale che ne configura la forma e che agisce soprattutto attraverso scambi di reciprocità)

3. Come asset di una geo-comunità più o meno ampia (tradizioni culturali collettive, culture civiche)

4. E quindi come bene competitivo di un territorio che rende vantaggioso starci, che stimola l’investimento dei cittadini, che attrae investimenti

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3. AGIRE PER LO SVILUPPO LOCALE

APPARTENENZATermine chiave di ogni relazione, consiste in un sentimento di

identificazione.

Come il territorio viene abitato ?

• far parte di… (esperienza diffusa ?)

• essere proprietà di… (paura diffusa ?)

Ma da sempre il contesto ci porta anche a pensarci come

• parte attiva del territorio…traguardando i segni/servizi concreti

Intorno ai temi dell’agio/disagio costruiamo: condizioni economiche, sociali e politiche

Nella crisi del rapporto cittadino-istituzioni ritroviamo la motivazione ad essere istituzione che promuove la comunità educante.

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3. AGIRE PER LO SVILUPPO LOCALE

L’appartenenza è una logica di cui si parla spesso, parlando di sud Italia ed è un fondamento dell’agire sociale senza il quale si determina il caos e l’ingestibilità sociale [Fantozzi, 1995]

Occorre dare una mentalità e oggetti nuovi a questa “appartenenza”:

- dalla prevalenza della motivazione “espressiva” (stare con gli altri – membership) alla prevalenza di una motivazione “strumentale” (fare qualcosa con e per gli altri – groupship/gruppo di lavoro) per una alternativa, per un progetto di cambiamento

- da una appartenenza familistica, ascrittiva (pur necessaria per vivere e riprodursi) degenerata nel clientelismo e nelle pratiche criminali...ad una appartenenza associativa, scelta, ecclesiale (ekklesìa/assemblea)

- una appartenenza a beni/luoghi/tempi comuni “koinonìa”– cooperativa –vigilanza - samaritano piuttosto che a luoghi/tempi specialistici... collegati tra loro da “strade a veloce scorrimento”

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3. AGIRE PER LO SVILUPPO LOCALE

MUTUALISMO

Mutualizzare i bisogni e responsabilizzare i desideri

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3. AGIRE PER LO SVILUPPO LOCALE

IMPRESE DI COMUNITA’ – SOSTARE IN “TERRE DI MEZZO”A servizio di una “società di mezzo” tra le relazioni (luogo del capitale sociale):

tra impresa e sociale, tra dono e scambio, tra privato e pubblico, tra distribuzione e patrimonializzazione, tra progettazione di nuove risposte a nuovi bisogni e attenzione alla sostenibilità, tra bisogni da accogliere e responsabilità di auto-organizzazione da attivare, tra persona e mercato, tra locale e globale, tra generazioni diverse, tra culture e responsabilità diverse intorno al welfare comune.

impegnata storicamente e quotidianamente a far cogliere gli uni agli altri le diverse ragioni, fino a “portarsi dentro” e gestirsi, laddove è riuscita a sperimentare una base sociale multistakeholder, le competizioni e i conflitti tra le diverse ragioni ed i diversi interessi.

Tra la mia organizzazione e la rete

Tra passato carico di storia e con significati condivisi e futuro orientato da prefigurazioni e nuovi significati da costruire

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3. AGIRE PER LO SVILUPPO LOCALE

3.1. NESSUNA COMUNITA’ E’ UN “DESERTO”

Avere un atteggiamento di ascolto e di ricerca rispetto alla cultura di una comunità, nella convinzione che ogni comunità ha qualcosa da dire, da insegnare e da mettere in campo in merito ai problemi che la attraversano.

Occorre lasciarsi mettere in discussione dalle culture di prevenzione, integrazione, solidarietà, sicurezza sociale ecc. ecc ... che ogni comunità ha elaborato e che ne permettono la sopravvivenza come comunità... anche se non ci piacciono.

Occorre contaminare e lasciarsi contaminare

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3. AGIRE PER LO SVILUPPO LOCALE

3.2. FAVORIRE LA PARTECIPAZIONE A PARTIRE DAL COINVOLGIMENTO

Così come non possiamo approcciare una comunità ritenendola un “deserto” non dobbiamo neanche illuderci che essa rappresenti un “soggetto collettivo competente” da subito.

Da...«facciamo qualcosa per attirare le persone in modo che si sensibilizzino e partecipino» a ...« a quali condizioni quelle persone, quei gruppi, quei negozianti...possono e vogliono partecipare ?»

Coinvolgere e lasciarsi coinvolgere.Nella convinzione che il potere di convolgimento non può che essere un potere diffuso

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3. AGIRE PER LO SVILUPPO LOCALE

3.3. FAR SPERIMENTARE I “VANTAGGI” – COGLIERE LE OPPORTUNITA’ - AGIRE IN UN’OTTICA DI “SCAMBIO”

Ogni processo di sensibilizzazione e di coinvolgimento, perchè non sia fondato su pietismo o puro assistenzialismo (rendendo molto precarie e temporanee le poche azioni di solidarietà) deve prevedere uno “scambio”.

Il coinvolgimento deve avere ben individuato e reso chiaro il “valore aggiunto” che si genera anche per chi si rende disponibile al coinvolgimento.

Far sperimentare a tutti i soggetti conivolti il “successo”, il “vantaggio” del cooperare, del collaborare

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3. AGIRE PER LO SVILUPPO LOCALE

3.4. NON SOLO I POVERI.... NON SOLO I “MIEI” POVERI...

Se aumento le “relazioni fiduciarie” in una comunità aumento la densità della rete, la rendo più solida, capace

Recupero qualche risorsa ma impoverisco e frammento la comunità

“Raschiare il barile”

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3. AGIRE PER LO SVILUPPO LOCALE

3.5. ANDANDO “OLTRE” I SEGNI E I SERVIZI...UN NUOVO RUOLO SOCIALE, POLITICO, ECONOMICO DEL TERZO SETTORE.

Sviluppatori di comunità

Mediatori sociali

Soggetti Istituzionali

Soggetti politici

Soggetti della economia civile

Soggetti di reciprocità

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3. AGIRE PER LO SVILUPPO LOCALE

“tenere insieme, seppure a fatica, i diversi cocci della composizione sociale e le diverse anime del welfare” (Bonomi)

questa mediazione richiede l’assunzione di una operativa responsabilità di rifornire di senso questi avvicinamenti, questi incollamenti, questi coordinamenti: “non si possono non approfondire, qualificare, attualizzare e quindi comunicare e riflettere (su altri e con altri) temi come la giustizia, la libertà, la verità, il bene …. cosa ci insegnano le nostre esperienze di prossimità, le vite che incontriamo ? cosa cerchiamo insieme ? con quale etica approcciamo altre culture ed altri popoli ? offire proposte prima ancora che risposte…” (Dotti J.)

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3. AGIRE PER LO SVILUPPO LOCALE

“Tangram, in particolare per gli operatori di sviluppo ma anche per la cooperazione sociale, ha messo e tuttora mette in prova tre attitudini per niente “naturali”: la prima è l’attitudine verso il dono, verso, nel senso che non è un rapporto ragionieristico di scambio ma bensì una relazione, un movimento (appunto verso), che tende a non rendere chiaro chi ci guadagna di più nella relazione; la seconda attitudine è la riconoscenza che non corrisponde alla quantità del dono ricevuto da un terzo, spesso amico, che non si misura sulla base del ricevuto, ma stupisce perché sa dialogare con il tempo e con gli uomini in libertà (più che riconoscere azioni/aiuti, riconosce persone e le riconosce, nel rispetto della loro originalità, come “altro da se’”). La terza attitudine è appunto la libertà che nell’esercizio dei rapporti di reciprocità e scambio significa aspettarsi molto dagli altri senza pregiudicare la loro libertà. E’ una libertà che “slega” dal potere e lo mette su un piano armonico anche se costa molto arrivarci.” (Flavio Valli – op. sviluppo INECOOP)

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3. AGIRE PER LO SVILUPPO LOCALE

3.6. PRODURRE CAPITALE SOCIALE: COSTRUIRE RELAZIONI FIDUCIARIE – COSTRUIRE NUOVE APPARTENENZE

Da una logica di scambio ad una logica di dono e fiducia

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4. LA COSTRUZIONE DI UNA RETE

• ALCUNE PREMESSE

• GLI SCOPI DELLA RETE

• AMBIGUITA’ E RESISTENZE

• ELEMENTI COSTITUTIVI

• PROPRIETA’ E ATTENZIONI OPERATIVE

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4.1. ALCUNE PREMESSE

Il TERRITORIO può essere letto come un CORPO SOCIALE in grado di guarirsi con le proprie risorse.

La sfida è andare a cercare queste risorse.Concetto di AUTOPOIESI analogo alla metafora del corpo umano che sa attivare i propri anticorpi per guarire da sé scompensi derivanti da agenti esterni.

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4.1. ALCUNE PREMESSE

Con la crisi dello stato sociale degli anni 60 , che aveva promesso il superamento del disagio attraverso una più capillare presenza degli specialisti , ci si è resi conto che il lavoro va fatto su tutto e con tutto il territorio e non solo nei confronti di chi esprime disagio. Lo star bene della persona è legato alla socialità , alla capacità di sviluppare e mantenere relazioni e legami sociali.

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4.1. ALCUNE PREMESSE

Differenti concezioni della relazione di aiuto.

Relazione di aiuto

approccio approccio deterministico relazionale

utente

esperto

utente(esperto)

esperto(utente)

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4.1. ALCUNE PREMESSE

E’ proprio con gli anni 70 che si comincia a parlare del Lavoro Di Rete. Nasce così la Comunity Care, ovvero la comunità che si prende cura: si sviluppano i primi gruppi di auto-aiuto e di incontro. Vedi le esperienze sorte intorno al problema dell’alcool-dipendenza, tossicodipendenza , malattie diffuse. In tempi più recenti sono nati i gruppi di genitori affidatari, adottivi, le reti genitoriali o gruppi di genitori che lavorano intorno al tema della genitorialità diffusa .

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4.1. ALCUNE PREMESSE

Il rischio è quello di credere esaustivi queste tipologie d’intervento. Lo sviluppo di questo modello sta oggi comportando alcuni problemi , per mancanza di risorse , quali il rischio di una crescente soppressione di servizi che svolgono un ruolo fondamentale ed integrativo nei compiti di cura. Il lavoro sociale di rete enfatizza il ruolo della solidarietà naturale della comunità ed un migliore utilizzo delle competenze presenti ( principio della sussidiarietà e non della delega/sostituzione…nella logica della gratuità…)

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4.1. ALCUNE PREMESSE - DEFINIZIONI

IL LAVORO DI RETE è un processo finalizzato , tendente a legare tra loro 2 o 3 persone o agenzie, tramite connessioni significative di relazioni interpersonali , attraverso modalità di collaborazione e coordinamento per una realizzazione comune.

L’organizzazione a rete è un modello stabile di transazioni cooperative tra attori individuali o collettivi che costituisce un nuovo attore collettivo(Pichierri, 1999)

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4.1. ALCUNE PREMESSE - DEFINIZIONI

Insieme di relazioni relativamente stabili, di natura non gerarchica e interdipendente, fra una serie di attori collettivi, ovvero di organizzazioni di carattere pubblico e privato che hanno in comune interessi e/o norme rispetto ad una politica e che si impegnano in processi di scambio per perseguire tali interessi comuni riconoscendo che la cooperazione costituisce il miglior modo per realizzare i loro obiettivi (Boerzel, 1998)

NELL’AMBITO DEL LAVORO SOCIALE LA RETE indica una pluralità di soggetti che concorrono in maniera integrata a realizzare obiettivi condivisi, all’interno di ambiti e problemi riconosciuti in quanto comuni e reciprocamente coinvolgenti.

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4.1. ALCUNE PREMESSE – DEFINIZIONI – IN SINTESI

E’ UNA MODALITA’ (processo, modello, insieme)

DI UNA PLURALITA’ DI SOGGETTI (individuali-collettivi; pubblici-privati)

IN RELAZIONE STABILE

CON LEGAMI NON GERARCHICI MA SIGNIFICATIVI (ma...interpersonali, coordinati, cooperanti)

ACCUMUNATI DA FATTORI DI SENSO (interessi, norme, obiettivi, ambiti, problemi riconosciuti comuni, condivisi, reciprocamente coinvolgenti)

CHE ACCETTANO DI ESSERE INTEGRATI-INTERDIPENDENTI (costituisce un nuovo attore collettivo)

PER CONSEGUIRE RISULTATI IMPORTANTI E NON CONSEGUIBILI DA SOLI

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4.2. GLI SCOPI DELLA RETE

LA RETE si attiva in genere per UN BISOGNO

A) un problema da individuare meglio e risolvere (efficacia) B) prendere coscienza dei bisogni/risorse per risolvere meglio o con minori conflitti problemi già conosciuti (efficienza)

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4.2. GLI SCOPI DELLA RETE

Il lavoro di rete deve essere una esperienza

di EFFICACIA (rispetto al problema)di EFFICIENZA (rispetto alle energie richieste)di SUCCESSO (rispetto alla promozione umana e di

comunità)

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4.2. GLI SCOPI DELLA RETE

Il lavoro di rete ha per lo più lo scopo di:

- individuare/affrontare/risolvere un problema nuovo e comune (coinvolgendo le risorse dei vari punti-rete verso progetti di risoluzione comune e quindi di dimensione sovra-individuale, non specialistica)

- aumentare la consapevolezza nei membri di una rete delle potenzialità/risorse e dei problemi/ bisogni

- rinforzare i singoli punti rete (sviluppo di fiducia, sostegno di identità)

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4.2. GLI SCOPI DELLA RETE

Il lavoro di rete ha per lo più lo scopo di:

- collegare i singoli punti rete (coordinamento, consolidamento, informazioni, servizi comuni, diffusione di conoscenze e riflessioni,...)

- passaggio dall’ etero-aiuto (dipendenza) a promuovere processi di auto-aiuto

- da disagio conclamato/devianza a comunità ricca di “normalità” - “attrarre” bisogni (il disagio “sussurrato”) e risorse (l’apparente disinteresse)

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4.3. AMBIGUITA’ E RESISTENZE

Rete telefonica – rete telematica : comunicazione, condivisione

Rete di sicurezza : sostegno, protezione

Rete per catturare: inganno, intralcio (restare impigliati nella rete)

La rete è ingannevole……mettersi in rete significa esporsi, al rischio di

essere manipolati, invasi, derubati, catturati…

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4.3. AMBIGUITA’ E RESISTENZE

PROBLEMI DI APPARTENENZA

ENTE DI ORIGINE NUOVO SOGGETTO A RETE

Storia, relazioni affettive e di dipendenza, legami

Incognita, obbligo, ipotesi

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4.3. AMBIGUITA’ E RESISTENZE

PROBLEMI DI IDENTITA’

IMPAZIENZA – INUTILITA’

ANSIEDEPRESSIVE

ANSIEPERSECUTORIE

non essere riconosciuto, apprezzato, valutato

essere invaso, manipolato,

strumentalizzato

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4.3. AMBIGUITA’ E RESISTENZE – alcuni antidoti

registrare e documentare sistematicamente (attraverso verbali, relazioni, diari..) il lavoro svolto dal Gruppo

seguire con attenzione l’evolversi del “ciclo vitale” di un Gruppo siffatto

l’identità forte (personale e di gruppo)

Il tempo: non si costruisce una vera rete se non ci si dà tempo

chiarezza del contratto e chiarezza dei ruoli

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LA RETE E’ UNA COSTRUZIONE ASSOLUTAMENTE “ARTIFICIALE”

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4.4. ELEMENTI COSTITUTIVI: IL PATTO

IL PRIMO E PIU’ CRITICO ELEMENTO COSTITUTIVO: IL PATTO che disegna i CONFINI della rete.

I CONFINI: come vincoli di senso

Il PATTO: come vincoli di ingaggio e di azione

- le finalità di questo accordo- chi ne fa parte (gli attori)- gli impegni reciproci (compiti della rete e ruoli di ciascun attore)- i contenuti (le azioni previste)- la durata dell’accordo ….

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4.4. ELEMENTI COSTITUTIVI/ORGANIZZATIVI

I della rete

Le della rete

La creata da reti e conness.

Le

NODI

CONNESSIONI

STRUTTURA

PROPRIETA’ OPERATIVE

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4.4. ELEMENTI COSTITUTIVI/ORGANIZZATIVI

I della rete

I nodi o sistemi sono le parti costitutive di una rete organizzativa: sono entità grandi o piccole orientate ai risultati, relativamente autoregolate, capaci di cooperare con gli altri e di “interpretare” gli eventi esterni.

(F. Butera)

NODI

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4.4. ELEMENTI COSTITUTIVI/ORGANIZZATIVI

Le della rete Tali connessioni sono diverse, di varia natura, sono coesistenti, e in molti casi sinergiche più che opposte.

Esempi di connessioni sono:• Le connessioni burocratiche• Le regole e le pratiche della cooperazione lavorativa• Le transazioni economiche• Le informazioni formalizzate• Le comunicazioni scritte, verbali e non verbali (F. Butera)

CONNESSIONI

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4.4. ELEMENTI COSTITUTIVI/ORGANIZZATIVI

Le della rete

La configurazione dei nodi e delle connessioni dà luogo a strutture tipiche. Nella rete convivono strutture diverse ed eterogenee. La rete è un “pacco” di strutture dissimili ma compatibili.

È caratteristica della rete la convivenza di strutture “dure” e strutture “morbide”

(F. Butera)

STRUTTURE

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4.4. ELEMENTI COSTITUTIVI/ORGANIZZATIVI

Esempi di strutture conviventi nel sistema sono:

• una struttura gerarchica

•Una struttura operativa

•Una struttura informativa

•Un mercato

•Un sistema politico

(F. Butera)

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4.4. ELEMENTI COSTITUTIVI/ORGANIZZATIVI

Le

Una rete per funzionare ha bisogno di cultura e di sistemi operativi e di sistemi di gestione ossia “REGOLE”.

(F. Butera)

PROPRIETA’ OPERATYIVE

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4.4. ELEMENTI COSTITUTIVI/ORGANIZZATIVI

Esempi di proprietà operative sono:

•Il linguaggio•I valori•Le procedure di progettazione pianificazione e controllo•Collocazione e ruolo/responsabilità dei vari attori•Modalità di incontro e strumenti di comunicazione•Procedure per decidere e per eseguire•La creazione e manutenzione dei servizi(F. Butera)

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4.5. ATTENZIONI OPERATIVE

Il lavoro di rete funziona meglio se...:

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4.5. ATTENZIONI OPERATIVE

- è definita per confini e per prodotto/interessi in gioco - i nodi sono “sistemi vitali autoregolati” - si accettano fatiche e dubbi (è in gioco, tra l’altro, il rapporto tra IDENTITA’ ed INTERDIPENDENZA) - ha una sua riconosciuta (sia da parte dei suoi “nodi” che partecipano con rappresentati adeguatamente delegati, che da parte dell’ambiente “rilevante” che ne riconosce l’identità) legittimità come sistema

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4.5. ATTENZIONI OPERATIVE

- il potere è diffuso e paritetico

- ha potere di rappresentanza su oggetti definiti (si collabora meglio laddove c’è un progetto definito e comune) - esiste una funzione di controllo (es. controllo dell’accesso alla rete: chi sta dentro e chi fuori) - vi è cura, simmetria e trasparenza nelle comunicazioni e vi è una proprietà diffusa della conoscenza - vi sono significati condivisi

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4.5. ATTENZIONI OPERATIVE

- tutti vi scorgono una utilità (se su un primo e magari urgente bisogno si sperimentano situazioni di successo è probabile che questo “confermi” la rete a sperimentarsi su progetti contenenti valori più alti o bisogni più globali della comunità) - opera per piccoli passi successivi (un interessante ciclo potrebbe essere: 1° vivere buone relazioni; 2° sviluppare motivazioni; 3° esplicitare/condividere interessi; 4° agire con volontà;....) - rispetta i vincoli di ognuno - valorizza le potenzialità di ogni nodo ... ma i nodi più “ricchi” devono investire (spesso “a perdere”) nell’avviamento