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DIPARTIMENTO DI SCIENZE DOCUMENTARIE, LINGUISTICO-FILOLOGICHE E GEOGRAFICHE
DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE LIBRARIE E DOCUMENTARIE XXIV CICLO
COORDINATORE: PROF. ALBERTO PETRUCCIANI
LA BIBLIOTECA CIRCOLANTE DI ANGELO FORTUNATO
FORMIGGINI A ROMA.
UN’ESPERIENZA A CAVALLO TRA BIBLIOTECA E EDITORIA
DOTTORANDO
Dott. Vittorio Ponzani
TUTOR CO-TUTOR
Prof. Marco Santoro Prof. Gianfranco Crupi
ii
iii
Indice
1. Premessa ................................................................................................................ 1
2. Profilo intellettuale di Angelo Fortunato Formiggini ........................................ 4
3 Cultura bibliografica e attività editoriale ............................................................ 22
3.1 L’attività editoriale ..................................................................................... 22
3.2 L’Italia che scrive ....................................................................................... 29
4. Formiggini e le biblioteche ................................................................................... 32
4.1 Biblioteche che acquistano ......................................................................... 32
4.2 Le biblioteche da campo per i soldati ......................................................... 32
4.3 Le biblioteche su «L’Italia che scrive» ....................................................... 37
4.4 Inchiesta sulle biblioteche circolanti .......................................................... 44
4.5 La partecipazione ai congressi dei bibliotecari ........................................... 54
4.6 Amici, clienti e concorrenti: Formiggini e i bibliotecari ............................ 72
4.7 Biblioteche, biblioteconomia e documentazione secondo Formiggini ....... 88
5 Modelli di servizio bibliotecario agli inizi del Novecento ................................... 95
6. La biblioteca circolante ........................................................................................ 112
6.1 Un progetto ambivalente ............................................................................ 114
6.2 L’inaugurazione .......................................................................................... 119
6.3 Le politiche di acquisizione ........................................................................ 124
6.4 L’organizzazione dei servizi ....................................................................... 126
6.5 L’attività di promozione ............................................................................. 130
6.6 La fine di un’esperienza ............................................................................. 132
7. La raccolta libraria e i cataloghi della biblioteca ............................................... 144
7.1 I cataloghi a stampa .................................................................................... 146
7.2 Aggiornamento della raccolta nel catalogo del 1924 ................................. 151
7.3 La raccolta all’apogeo del catalogo del 1933 ............................................. 158
7.4 Un ritrovamento .......................................................................................... 189
iv
8. Le fonti ................................................................................................................... 204
8.1 Gli archivi Formiggini ................................................................................ 204
8.2 «L’Italia che scrive» ................................................................................... 206
9. Conclusione............................................................................................................ 207
10. Bibliografia .......................................................................................................... 209
10.1 Opere di Formiggini ................................................................................. 209
10.2 Opere su Formiggini ................................................................................. 210
10.3 La Biblioteca circolante de l’Italia che scrive .......................................... 213
10.4 Il contesto ................................................................................................. 213
1
1. Premessa
L’originalità della figura di Angelo Fortunato Formiggini, editore attivo per
un trentennio, dal 1908 al 1938, quando si suicidò gettandosi dalla torre della
Ghirlandina a Modena dopo la promulgazione delle leggi razziali, è stata
sottolineata in più occasioni, a partire da un’importante mostra documentaria1 e da
un convegno che si svolsero a Modena all’inizio del 1980, che vide la
partecipazione di un nutrito gruppo di studiosi che approfondì i diversi aspetti
della vita, del percorso culturale e dell’attività editoriale di Formiggini2.
L’esperienza rimasta fino ad oggi più in ombra, nonostante l’interesse che
evidentemente merita, è quella della Biblioteca circolante de «L’Italia che
scrive»3, che Formiggini creò a Roma nel 1922, all’interno dei locali della sua
casa editrice a Palazzo Doria, e che gestì fino al 1936, anno in cui fu costretto a
venderla ad Alfredo Fioroni a causa delle difficoltà economiche in cui versava la
sua casa editrice.
Si tratta di un esperienza importante nella storia delle biblioteche e della
cultura italiana non solo per l’eccezionalità della sua genesi e del suo sviluppo, in
quanto si tratta di uno dei rarissimi casi, se non l’unico, di una biblioteca creata da
un editore che raggiunse dimensioni e una durata così rilevanti, ma anche per
l’originalità del progetto formigginiano che, coerentemente con la politica
editoriale della casa editrice, creò una biblioteca destinata prevalentemente a
quella classe borghese media e colta che, fino a quel momento, aveva avuto poche
possibilità di accedere a raccolte librarie che non fossero molto specializzate,
come quelle delle biblioteche governative e di ricerca, o troppo generiche, come
quelle messe a disposizione dalle biblioteche popolari.
1 A. F. Formiggini editore, 1878-1938: mostra documentaria, Biblioteca Estense, Modena, 7
febbraio-31 marzo 1980, a cura di L. Amorth... [et al.], Modena, STEM Mucchi, 1980. 2 Angelo Fortunato Formiggini, un editore del Novecento, a cura di Luigi Balsamo e Renzo
Cremante, Bologna, Il Mulino, 1981. 3 Chiamata anche, dallo stesso Formiggini, Biblioteca dell’ICS, Biblioteca circolante dell’ICS o
Biblioteca circolante Formiggini.
2
La ricerca ha permesso di ricostruire la storia della Biblioteca circolante e di
analizzare la fisionomia bibliografica della sua collezione libraria, sia in termini
quantitativi che qualitativi, con particolare riferimento alla sua formazione iniziale
e al suo accrescimento.
Dalle indagini compiute nei fondi della Biblioteca Estense di Modena, in
particolare nell’Archivio editoriale e nell’Archivio familiare di Formiggini, e in
altri istituti non risulta conservata, purtroppo, la documentazione amministrativa e
gestionale della Biblioteca, in particolare i cataloghi a schede, gli inventari, i
registri dei prestiti e quelli degli abbonati alla biblioteca, indispensabili per
indagare le abitudini di lettura degli abbonati e il loro utilizzo della biblioteca. La
spiegazione di tale lacuna può essere trovata, verosimilmente, nella volontà
dell’editore di eliminare documenti ritenuti “pericolosi”, in tempi di deriva
repressiva e antisemita del regime fascista4.
L’analisi si è quindi basata sulle diverse edizioni del catalogo a stampa della
Biblioteca, soprattutto l’edizione del 1933, la più completa per quanto riguarda il
periodo in cui la biblioteca fu di proprietà di Formiggini, confrontata peraltro con
l’edizione precedente del 1924 e con quella successiva, del 1936, quando la
biblioteca era già stata ceduta a Fioroni5. Questi cataloghi a stampa, assai preziosi
per comprendere le tendenze culturali e i filoni letterari presenti in biblioteca,
come pure i gusti e gli orientamenti dei lettori in quel dato periodo storico, hanno
però il grosso limite, presumibilmente dovuto agli alti costi di stampa, di offrire
segnalazioni molto sintetiche, limitate essenzialmente ad autore e titolo, prive
quindi di quegli elementi necessari all’identificazione di singole edizioni e delle
eventuali note di esemplare o altri elementi paratestuali.
4 Cfr. Giorgio Fabre, L’elenco: censura fascista, editoria e autori ebrei, Torino, Zamorani, 1998. 5 Cfr. Catalogo della Biblioteca circolante de l’Italia che scrive: Palazzo Doria a Piazza Venezia,
2a ed. coi supplementi, Roma, Formiggini, 1924; Catalogo della biblioteca circolante Formiggini:
Palazzo Doria al Corso (Vicolo Doria 6a), Roma, Formiggini, 1933; Catalogo della Biblioteca
circolante Formiggini [poi] Biblioteca circolante dell’Urbe, 3a edizione 1936 [e] supplemento
1936-37-38 al catalogo generale, [a cura di] A. Fioroni, Roma, Tip. V. Ferri, [1939].
3
Altre rilevanti informazioni sulla Biblioteca sono state desunte dagli articoli
pubblicati sui giornali e sulle riviste dell’epoca, in particolare su «L’Italia che
scrive», rivista di informazione bibliografica fondata e diretta dallo stesso
Formiggini, oltre che dal vasto carteggio che Formiggini ebbe con intellettuali,
scrittori e bibliotecari, conservato presso la Biblioteca Estense.
Nella Biblioteca Estense è stato inoltre individuato un piccolo fondo di libri
appartenuti alla Biblioteca circolante di Formiggini che, oltre ad aver permesso
una più approfondita indagine sugli elementi paratestuali degli esemplari
appartenuti alla Biblioteca, ha anche permesso di identificare il grosso apporto
rappresentato dal fondo di una preesistente biblioteca circolante napoletana.
L’esperienza della Biblioteca circolante è poi stata inquadrata nel contesto
di una fitta rete di collegamenti o relazioni tra l’editore e il mondo delle
biblioteche e dei bibliotecari: biblioteche come clienti dell’editore ma anche come
interlocutori dell’uomo di cultura, destinatarie di doni mirati, alleate in attività
come la distribuzione di libri ai soldati nella Grande guerra e più in generale
nell’aspirazione ad allargare e approfondire la sfera di interesse e di circolazione
del libro e dell’informazione bibliografica, presso i lettori e l’opinione pubblica
più colta e curiosa.
4
2. Profilo intellettuale di Angelo Fortunato Formiggini
Nella storia dell’editoria italiana Angelo Fortunato Formiggini è una figura
assai originale, che ha espresso la sua eclettica personalità, la sua grande cultura e
le sue non comuni qualità umane non solo nell’ambito delle attività della sua casa
editrice, ma anche nelle molteplici iniziative che realizzò a favore della
promozione del libro e della lettura.
L’importanza di Formiggini nel panorama culturale della prima metà del
Novecento e l’originalità della sua figura di intellettuale risiede certamente nella
sua produzione editoriale, che portò avanti con impegno e passione nell’arco di
oltre trent’anni, tra il 1918 e il 19381, pubblicando libri e riviste che ebbero un
significativo impatto nella cultura dell’epoca, ma anche per l’insieme di
caratteristiche, umane e intellettuali, che guidarono le sue scelte di editore ed
esistenziali. Innanzi tutto, Formiggini divenne editore non a seguito di un percorso
di crescita professionale nell’ambito di una tipografia o di una libreria, come
generalmente accadeva a quei tempi e come accadde ad altri editori, quali ad
esempio Barbèra, Treves, Le Monnier e Mondadori, ma la sua scelta di fondare
una casa editrice avvenne in modo quasi casuale. Dopo aver insegnato per qualche
tempo presso un liceo di Bologna, infatti, preferì l’attività di editore: «A
Formiggini per comunicare non bastava la parola orale: egli aveva bisogno della
parola scritta anzi stampata, cioè moltiplicata e trasmessa a un grosso pubblico,
capace anche di accrescerlo questo pubblico»2. Inizialmente tentò di realizzare un
accordo commerciale con Cesare Mucchi per acquisire la proprietà dei locali della
sua libreria a Modena, al fine di avviarvi la “Casa editrice libraria Formiggini”,
ma il progetto non andò a buon fine a causa delle riserve di suo fratello maggiore
1 Cfr. Emilio Mattioli – Alessandro Serra, Annali delle edizioni Formiggini, 1908-1938, Modena,
STEM Mucchi, 1980. 2 Luigi Balsamo, Formiggini, un privato editore dilettante, in: Angelo Fortunato Formiggini, un
editore del Novecento cit., p. 156-157.
5
Giulio, che avrebbe dovuto mettere a disposizione il capitale necessario per
avviare l’attività.
Formiggini trovò allora un’altra opportunità favorevole in occasione della
festa tassoniana alla Fossalta del 19083. La festa, ideata e promossa dallo stesso
Formiggini, celebrava lo scrittore e poeta eroicomico modenese Alessandro
Tassoni (1565-1635), che ne La secchia rapita (1624) racconta le ostilità tardo-
medievali tra bolognesi e modenesi. Questi ultimi, durante la battaglia di
Zappolino nel 1325, trafugarono una secchia di legno posseduta dai cittadini di
Bologna. Il trofeo, che non aveva alcun valore economico, acquistò nel corso dei
secoli un forte significato simbolico, come segno della disfatta dei bolognesi, e
ancora oggi è conservata nella torre della Ghirlandina a Modena (tanto cara a
Formiggini e luogo del tragico epilogo della sua vita), a testimonianza dell’antico
campanilismo e del forte orgoglio cittadino. La riconciliazione tra le due città,
tentata più volte nei decenni precedenti, era sempre fallita a causa dei risentimenti
e della rivalità ancora esistenti tra bolognesi e modenesi.
Nonostante le polemiche, anche aspre, sollevate da alcuni quotidiani
cattolici, in particolare dall’«Avvenire», che avevano accusato l’iniziativa di avere
origini anticattoliche e massoni, Formiggini riuscì invece, con impegno e
caparbietà, nella complessa impresa, coinvolgendo gli ambienti più colti delle due
città: alla “festa mútino-bononiense”, come lui stesso la definì, parteciparono,
oltre alle più importanti autorità, come il ministro della Pubblica istruzione Luigi
Rava, numerosi cittadini e intellettuali, tra i quali i modenesi Venceslao Santi,
segretario della Deputazione di storia patria, il filologo e dantista Tommaso
Casini, e i poeti bolognesi Alfredo Testoni, Giovanni Pascoli e Olindo Guerrini.
Partecipò anche Andrea Costa, uno dei primi e maggiori esponenti del socialismo
italiano e primo deputato socialista.
3 Cfr. La cronaca della festa, 1908-2008: omaggio ad Angelo Fortunato Formiggini un secolo
dopo, [apparato saggistico a cura di Nicola Bonazzi, Margherita Bai, Margherita Marchiori],
Modena, Artestampa, 2008.
6
Per l’occasione, Formiggini decise di stampare La secchia rapita4, con la
prefazione di Olindo Guerrini, e la Miscellanea tassoniana di studi storici e
letterari5, un volume di oltre 500 pagine curato da Tommaso Casini e da
Venceslao Santi, con saggi su Tassoni e una prefazione di Giovanni Pascoli. Fu
quindi questa la prima occasione di una vera e propria collaborazione tra
Formiggini e Pascoli, anche se l’origine del rapporto tra i due risale a qualche
anno prima, nel 1907, quando Formiggini scrisse una lettera a Pascoli, che
all’epoca insegnava letteratura italiana presso l’Università di Bologna,
presentandosi come «uno studentello che postula piagnucolando una tesina»6 e
consegnando un elaborato intitolato Se vi sia contraddizione fra il verso 55 del XX
dell’Inferno e il 113 del XXII del Purgatorio. Successivamente Pascoli collaborò
ancora con Formiggini, nel frattempo diventato editore, ad esempio scrivendo un
giudizio introduttivo al volume di Vittorio Lugli su I trattatisti della famiglia nel
Quattrocento, pubblicato nella collana Biblioteca filologica e letteraria nel 1909,
mentre altre ipotesi di collaborazione rimasero solo come progetti mai portati a
compimento, come ad esempio nel caso di due volumi da pubblicare nella collana
dei Profili7.
Se nella decisione di stampare il volume della Secchia, all’interno del quale
compaiono peraltro le composizioni dei più importanti poeti dialettali padani
dell’epoca (Adone Nosari, Oreste Trebbi, Enrico Stuffler e Angelo Jori e altri),
prevale l’intento giocoso e burlesco, la scelta di realizzare una Miscellanea
tassoniana evidenzia lo spirito erudito e colto di Formiggini, che per realizzarla
4 La secchia: contiene sonetti burleschi inediti del Tassone e molte invenzioni piacevoli e curiose,
vagamente illustrate, edite per la famosa festa mutino-bononiense del 31 maggio 1908, prefazione
di Olindo Guerrini, Bologna; Modena, Formiggini, 1908. 5 Miscellanea tassoniana di studi storici e letterari: pubblicata nella festa della Fossalta, 28
giugno 1908, a cura di Tommaso Casini e di Venceslao Santi, con prefazione di Giovanni Pascoli,
Bologna; Modena, Formiggini, 1908. 6 Archivio Casa Pascoli, Castelvecchio Pascoli, cass. XXXV, pl. 1, Lettera di Angelo Fortunato
Formiggini a G. Pascoli, in data 11 giugno 1907, citata da: Maria Gioia Tavoni – Paolo Tinti,
Pascoli e gli editori: dal mio editore primo a Cesare Zanichelli, Bologna, Pàtron, 2012, p. 101. 7 M. G. Tavoni – P. Tinti, Pascoli e gli editori cit., p. 103-105.
7
chiamò i migliori studiosi dell’epoca, tra cui Giulio Bertoni, Albano Sorbelli,
Giovanni Pascoli, Ludovico Frati e Arrigo Solmi.
L’anima faceta e spiritosa e quella colta di studioso convissero in
Formiggini per tutta la sua vita e in ogni ambito della sua attività, alternandosi e
intrecciandosi in questa singolare figura di editore e intellettuale che intendeva
fare cultura “alta” divertendosi e divertendo, secondo quella “filosofia del ridere”
che fu centrale nella sua visione del mondo; d’altra parte, egli intendeva anche
allargare il pubblico dei lettori, avvicinandolo in modo “piacevole” alla lettura e al
libro attraverso la creazione di collane caratterizzate da uno spirito divulgativo e
da una gradevole e curata impostazione grafica8. In particolare, gli sforzi di
Formiggini nel corso di tutta la sua attività editoriale furono prevalentemente
indirizzati a favore di quella classe media borghese, le cui esigenze di lettura e di
informazione non erano soddisfatte né dalle biblioteche governative e di ricerca,
destinate prevalentemente agli studiosi e agli intellettuali, né dalle biblioteche
popolari promosse dal movimento di educazione popolare di matrice socialista o
cattolica per le classi sociali più deboli.
La grande rete di relazioni che Formiggini creò in occasione della
realizzazione della festa della Fossalta, i contatti con importanti intellettuali,
scrittori e giornalisti dell’epoca (tra gli altri, oltre a Pascoli, parteciparono alla
festa Massimo Bontempelli, Giuseppe Lipparini del Marzocco, l’editore Renzo
Ceschina, Adone Nosari, giornalista de «La tribuna illustrata» e romanziere)
consentirono allo stesso Formiggini di accreditarsi, in quella occasione, come
editore.
Da un giorno all’altro, quindi, complice un momento positivo del mercato
librario, egli cominciò la sua attività di editore9, riuscendo a vincere le resistenze
8 Adalgisa Lugli, Xilografi e illustratori dei “Classici del ridere”, in: Angelo Fortunato
Formiggini, un editore del Novecento cit., p. 265-277. 9 Così scrive Formiggini: «Un bel mattino di maggio, nel 1908, svegliandomi mi accorsi che avevo
le mani come prima, il naso come prima, tutto come prima, pur essendo completamente diverso:
non ero più uno studioso, ero diventato un editore»; citato in: L. Balsamo, Formiggini, un privato
editore dilettante cit., p. 155.
8
familiari alla sua iniziativa: «l’impresa nacque del tutto autonoma, un po’
capricciosa, ma creatura tutta sua senza alcun condizionamento o struttura
preesistente»10. Formiggini stesso, in diverse occasioni, sottolineò l’aspetto di
casualità di questa scelta: prima nel 1926, quando affermò che «l’idea di fare
l’editore, allora, io non l’avevo affatto distinta: fu il successo di quell’esperimento
che mi fece decidere»11; poi, nel 1933: «così, da un bizzarro evento, che io stesso
avevo provocato, nacquero le mie prime edizioni, senza che io avessi allora il
deliberato proposito di darmi all’editoria»12.
Un’altra anomalia della figura di Formiggini fu quella di essere, come lui
stesso si definiva, un “privato editore dilettante”, sottolineando in questo modo
come la decisione di intraprendere quella attività avesse trovato le sue ragioni più
nella passione per i libri e nel desiderio di appagare i suoi interessi intellettuali che
in ragioni di tipo commerciale. Formiggini infatti, nel corso della sua lunga
attività di editore, non ebbe mai come scopo principale il guadagno, se non
strumentalmente allo scopo di garantire la sopravvivenza della sua casa editrice.
Al di là del fatto incontrovertibile che egli si dedicò maggiormente (e con più
competenza) alle scelte editoriali e di politica culturale piuttosto che
all’amministrazione dell’azienda, la sua vita – professionale e non solo – fu
caratterizzata da una grande generosità e da uno straordinario dispendio di
energie, economiche oltre che personali, che lo costrinsero ad attingere
frequentemente al patrimonio familiare per finanziare i propri progetti editoriali,
fino al punto di dissiparlo quasi completamente.
Il fatto che l’idea stessa del profitto, normale per qualsiasi attività produttiva
e commerciale, gli fosse di fatto estranea e quasi fastidiosa, costituì certamente un
limite oggettivo alla sua impresa editoriale, rendendo assai difficile qualsiasi
forma di organizzazione di tipo industriale e di pianificazione delle attività.
10 Ivi, p. 156. 11 Angelo Fortunato Formiggini, La ficozza filosofica del Fascismo e la marcia sulla Leonardo:
libro edificante e sollazzevole, Roma, Formiggini, 1923. 12 Angelo Fortunato Formiggini, Venticinque anni dopo, 31 maggio 1908-31 maggio 1933, 2a ed.
con prefazione di Giulio Bertoni, Roma, Formiggini, 1933.
9
La fisionomia della casa editrice si presentò fin dall’inizio come ben
determinata, orientata dagli interessi culturali di Formiggini verso la filosofia e la
pedagogia. Nel 1908, infatti, pubblicò un Saggio di una bibliografia filosofica
italiana, a cura di Alessandro Levi e Bernardino Varisco13, che venne offerto in
omaggio ai partecipanti al Congresso internazionale di filosofia svoltosi a
Heidelberg quello stesso anno. Il Saggio inaugurava la collana Biblioteca di
filosofia e pedagogia, che tra il 1908 e il 1920 vide la pubblicazione di 27 volumi,
a cui si affiancarono negli stessi anni gli Opuscoli di filosofia e di pedagogia, con
scritti più brevi e di minore impegno, di cui furono editi 30 volumi tra il 1908 e il
1920. A queste collane si aggiunse poi, dal 1909 al 1919, la «Rivista di filosofia»,
organo della Società filosofica italiana.
Nella cura delle collane e delle riviste di argomento filosofico, e più in
generale nell’orientamento culturale e nella gestione complessiva della casa
editrice, fu determinate il contributo, in termini di qualità intellettuale e di lavoro
concreto, di Emilia Formiggini Santamaria14, pedagogista di vaglia, che
Formiggini conobbe a Roma ai corsi di filosofia di Antonio Labriola e che sposò
nel 1906.
L’opera che segnò, per le dimensioni ma soprattutto per la qualità dei
contributi presenti, l’indirizzo filosofico della collana della Biblioteca di filosofia
e pedagogia e per certi versi quello di tutta l’attività formigginiana, furono gli atti
del IV Congresso internazionale di filosofia svoltosi a Bologna nel 191115: si
tratta di tre poderosi volumi che evidenziarono «una tensione profonda, che per un
verso metteva in discussione ogni antica certezza, e tutta un’immagine classica
13 Giovanni Gentile manifestò apprezzamento per questa opera, affermando che essa rappresentava
«qualche cosa di concreto e di utile agli studi di filosofia»; G. G. [Giovanni Gentile], Recensione a
Alessandro Levi – Bernardino Varisco, Saggio di una bibliografia filosofica italiana dal 1°
gennaio 1901 al 30 giugno 1908, compilato sotto gli auspici della Società filosofica italiana,
Roma, Formiggini, 1908, «La critica», 7 (1909), n. 1, p. 69. 14 Cfr. Sabrina Fava, Emilia Formíggini Santamaria: dagli studi storico-pedagogici alla
letteratura per l'infanzia, Brescia, La scuola, 2002. 15 Atti del IV congresso internazionale di filosofia, sotto l’alto patronato di S. M. il Re d’Italia,
Bologna, 1911, Genova, Formiggini, [1912-1913], 3 volumi.
10
della razionalità, e per un altro verso apriva le porte alla riscossa
dell’irrazionalismo e del misticismo, del vitale, del sentimentale, del passionale,
mentre si affacciava conturbante la nuova problematica dell’inconscio»16.
La scelta di avviare la propria attività editoriale in una direzione quasi
esclusivamente filosofica non fu per Formiggini affatto casuale, ma evidenzia una
presa di posizione consapevole che si distingueva, all’interno di una dialettica tra
positivismo e idealismo, sia dalle avanguardie di inizio secolo sia dall’attualismo
degli anni Venti, in relazione al quale La ficozza filosofica del fascismo17
denunciò, oltre alla spregiudicata politica culturale, anche alcune debolezze sul
piano della speculazione filosofica18. Ciò che guidava le scelte di Formiggini fu
invece la passione per la riflessione filosofica più rigorosa, che lo portò a
raccogliere, probabilmente più per sensibilità e intuizione che per un disegno
consapevole19, le tensioni di un momento di svolta nella cultura del primo
decennio del secolo, diviso tra il razionalismo scientista e le tentazioni religiose
sempre più diffuse. Di fronte alla tendenza a «tuffarsi a capofitto in un nuovo
fervore mistico», Formiggini affermò che «tutte le religioni, se hanno un vario
contenuto morale ed un vario apparato esterno, rappresentano ciascuna uno sforzo
parimenti intenso ed equipollente per scrutare e per interpretare il supremo e
indecifrabile mistero dell’Essere»20; se quindi si mostra «poco propenso» nei
confronti delle religioni costituite, egli valuta positivamente il sentimento
religioso in astratto, in grado di «fare l’umanità migliore e più fraterna»21. Frutto
di questa posizione è la collana delle Apologie, una collezione di agili volumetti
pubblicati tra il 1923 e il 1928, che illustrano le fedi e le tendenze filosofiche più
importanti: i saggi sul cattolicesimo, l’ebraismo, l’islamismo affiancano quelli
dedicati all’ateismo, allo spiritualismo, allo scetticismo ecc. A proposito di questa
16 Eugenio Garin, Angelo Fortunato Formiggini, in: A. F. Formiggini, un editore del Novecento
cit., p. 17-18. 17 A. F. Formiggini, La ficozza filosofica del Fascismo cit. 18 Cfr. E. Garin, Angelo Fortunato Formiggini cit., p. 18-19. 19 Ivi, p. 26. 20 A. F. Formiggini, La ficozza filosofica del Fascismo cit., p. 329. 21 Ivi, p. 330.
11
collana Formiggini scrisse che «il concetto agnostico a cui la collezione si ispira
non è più, oggi, apprezzato come nel momento in cui la collana apparve, ma è
perfettamente all’unisono ed è anzi l’esponente di quel senso di armonizzazione
della vita umana che ha sempre animato la mia fervida fatica»22.
L’aspirazione a una umanità più felice e a un mondo più giusto, come pure
la presenza tra i suoi collaboratori di figure di spicco della cultura socialista come
Achille Loria, Alessandro Levi, Felice Momigliano, Corrado Barbagallo e
Rodolfo Mondolfo, se non devono far meccanicamente pensare a un’adesione di
Formiggini al movimento socialista, evidenziano certamente la sua vicinanza alla
cultura positivistica e democratica23, come testimonia la produzione editoriale
della casa editrice e tutte le iniziative realizzate da Formiggini a favore della
promozione del libro e della cultura, anche attraverso attività di divulgazione. La
collana dei Profili, ad esempio, nacque con lo scopo di diffondere la conoscenza
in modo “piacevole”, proponendo volumetti monografici, non rivolti agli
specialisti, dedicati a figure significative delle lettere, della filosofia, delle arti e
della politica. Nonostante l’approccio fortemente divulgativo, ogni volume è
corredato di un’appendice bibliografica, utile per chi voglia approfondire
ulteriormente l’argomento trattato.
Il progetto ideale di Formiggini, contemporaneamente filosofico, culturale
ed esistenziale, che guidò tutta la sua vita come un filo rosso, è fondamentale per
comprendere sia la quotidiana attività di pubblicazione di libri e riviste, sia il suo
impegno per la realizzazione di molteplici iniziative culturali. A permeare la
visione del mondo di Formiggini fu una sorta di fratellanza universale, un’idea
che egli coltivò fin da giovane, quando fece parte dell’associazione studentesca
internazionale Corda Fratres24, fondata a Torino nel 1898, che lo stesso
Formiggini guidò per alcuni anni, che era animata da propositi di solidarietà fra le
22 A. F. Formiggini, Venticinque anni dopo cit., p. 34. 23 Gabriele Turi, Editoria e cultura socialista, in: A. F. Formiggini, un editore del Novecento cit.,
p. 91. 24 Aldo A. Mola, Corda fratres: storia di un’associazione internazionale studentesca nell’età dei
grandi conflitti, 1898-1948, Bologna, CLUEB, 1999.
12
nazioni da realizzarsi innanzi tutto facendo trionfare i valori umani attraverso la
conoscenza e il confronto reciproci, contro le ideologie e le verità assolute.
Questa aspirazione alla fratellanza universale è testimoniata dalla tesi di
laurea in giurisprudenza, che Formiggini discusse nel 1901, dal titolo La donna
della Thorà in raffronto col Manâva-Dharma-Sâstra. Contributo storico-giuridico
ad un ravvicinamento tra la razza ariana e la semita. In questa lavoro Formiggini,
che proveniva da una famiglia di origini ebraiche, poi convertita al
cristianesimo25, confronta le legislazioni arioindiana e semita giungendo alla
conclusione che «ariani e semiti, in un passato molto remoto della preistoria
fossero uno stesso popolo, oppure, se ciò sembri troppo grave, due popoli aventi
virtualità evolutive identiche»26.
Anche la tesi della seconda laurea di Formiggini, questa volta in filosofia
morale, ebbe come oggetto un tema che ha stretti legami con l’idea di fratellanza
universale, cioè quella Filosofia del ridere che sta alla base della riflessione e
dell’opera formigginiana, secondo la quale il riso costituisce il carattere tipico –
ed esclusivo – dell’uomo, ne qualifica il carattere e ne esalta l’intelligenza,
costituendo perciò «il tessuto connettivo più tenace e il più attivo propulsore della
simpatia umana»27; l’umorismo, scrive Formiggini ad Alfredo Panzini in una
lettera dell’11 novembre 1910, è infatti «la massima manifestazione del pensiero
filosofico»28.
25 Sulla storia della famiglia Formiggini si veda l’Archivio di famiglia conservato presso la
Biblioteca Estense di Modena, che raccoglie documenti dal 1629 al 1955; cfr. Ernesto Milano,
Archivio familiare, in: A. F. Formiggini editore, 1878-1938: mostra documentaria, Biblioteca
Estense, Modena, 7 febbraio-31 marzo 1980, a cura di L. Amorth... [et al.], Modena, STEM
Mucchi, 1980. 26 Citato in Ernesto Milano, Angelo Fortunato Formiggini, Rimini, Louisè, 1987, p. 25. 27 Angelo Fortunato Formiggini, Trent’anni dopo: storia della mia casa editrice, Vaciglio, Levi,
1977, p. 17. 28 Citata in Antonio Castronuovo, Angelo Fortunato Formiggini, «Belfagor», 63 (2008), n. 4, p.
420.
13
È solo attraverso il riso, che è «essenzialmente mimica della simpatia»29,
che gli uomini possono trovare la pace e realizzare una civile convivenza.
L’ideale di concordia e di pace fra i popoli, che Formiggini intese perseguire
in ogni sua iniziativa al fine di raggiungere la fratellanza universale, rappresentò il
cardine della sua visione del mondo: Formiggini riteneva infatti indispensabile
che i popoli approfondissero la loro reciproca conoscenza e il confronto fra le
rispettive diverse identità30, al fine di migliorare la convivenza, di impedire un
disastro come quello della prima guerra mondiale, che lo stesso Formiggini aveva
vissuto e sofferto molto31.
La ricostruzione della società e la rifondazione dell’Europa su nuove basi
doveva passare attraverso l’umorismo e il riso, perché proprio il riso è «amore di
vita»32: il ridere, la risata, l’ironia sono strumenti che uniscono gli uomini, li
riconciliano fra loro e li rendono più felici e giocondi. La nuova Europa, afferma
Formiggini, «sorgerà dalle rovine della vecchia Europa [e] dovrà essere civile e
29 Citata da Luigi Guicciardi, Le vicende editoriali dei “Classici del ridere”: dal progetto alla
ricezione, in: Angelo Fortunato Formiggini, un editore del Novecento cit., p. 228. 30 Anche la religione è vista da Formiggini nella medesima prospettiva; lui stesso, pur
dichiarandosi estraneo a qualsiasi confessione, a proposito della sua collana delle Apologie scrisse:
«Farò una collezione di Apologie di tutte le principali religioni per aprire gli occhi all’umanità, che
sta tuffandosi a capofitto in un nuovo fervore mistico, affinché questo fervore valga ad affratellarla
di più, non a separarla in più profonde correnti di odio, perché tutte le religioni, se hanno un vario
contenuto morale e un variato apparato esterno, rappresentano ciascuna uno sforzo egualmente
intenso e equipollente per scrutare e per interpretare il supremo ed imperscrutabile mistero
dell’essere; poiché, se il mio temperamento pagano e realistico mi fa poco propenso verso le
religioni costituite, non m’induce affatto a combattere il sentimento religioso in astratto, come
quello che può fare l’umanità migliore e più fraterna»; A. F. Formiggini, La ficozza filosofica del
Fascismo cit., p. 329. 31 Racconta Formiggini che il 24 maggio 1915, dopo aver visto su un giornale esposto in
un’edicola la notizia che era scoppiata la guerra, lasciò sul tavolo del suo studio presso la casa
editrice uno stringato messaggio: «Parto! Non posso dirvi nulla. Fate quello che potete!». Dopo
essersi presentato al distretto di Genova, partì per Cremona, dove gli vennero affidate le funzioni
di aiutante maggiore del 64° Battaglione in marcia; cfr. E. Milano, Angelo Fortunato Formiggini
cit., p. 56. 32 A. F. Formiggini, Trent’anni dopo cit., p. 29.
14
fraterna. Non vi potrà essere fraternità se non vi sarà comunione di cultura fra i
popoli e converrà soprattutto che i popoli si conoscano nei loro aspetti più
simpatici e umani...»33. Solo attraverso la diffusione della conoscenza, secondo
Formiggini, è possibile avvicinare e far conoscere i popoli, e il libro è lo
strumento fondamentale per questa battaglia culturale e civile.
Uno dei risultati più significativi, dal punto di vista editoriale, di questa
visione del mondo, è la collana dei Classici del ridere, «una raccolta di classici
dell’umorismo e della Giocondità»34 che egli stesso definì «la cosa più seria che
io abbia mai fatto». In questa collana vennero pubblicati «i capolavori
dell’umorismo senza limiti di tempo o di spazio. Scegliendo prima i più
importanti, e quelli più apprezzabili dai palati italiani contemporanei»35.
L’esperienza drammatica della prima guerra mondiale, che seppure per
breve tempo Formiggini visse in prima persona con un forte coinvolgimento
emotivo e con il manifestarsi di sentimenti patriottici e nazionalistici, non fece che
accrescere il suo orrore per la guerra e la sua aspirazione alla fratellanza tra gli
uomini. Tra i primi frutti di questo sentimento di solidarietà umana fu la sua
iniziativa per la creazione di biblioteche per i soldati, realizzata a partire dagli
anni immediatamente precedenti alla guerra durante il suo soggiorno a Genova36.
Per favorire il confronto fra i popoli la cultura assumeva un ruolo
fondamentale e l’industria editoriale doveva essere l’artefice principale di tale
confronto. Per questo Formiggini dedicò tutta la vita alla realizzazione di
iniziative volte allo sviluppo del mercato editoriale e alla diffusione del libro,
33 Cfr. il «Bollettino editoriale», 7 (1914), n. 6, citato in Luigi Balsamo, Formiggini, un privato
editore dilettante cit., p. 163. 34 Così li definì Formiggini in una lettera ad Attilio Momigliano del 17 aprile 1910, citata in Luigi
Guicciardi, Le vicende editoriali dei “Classici del ridere” cit., p. 228. 35 Lettera di Formiggini a Francesco Chiesa, suo amico e direttore della Biblioteca cantonale di
Lugano, in: Francesco Chiesa – Angelo Fortunato Formiggini, Carteggio (1909-1933), a cura di
Giampiero Costa, [S. l.], Edizioni dello Stato del Cantone Ticino, 2010, p. 154. 36 Le motivazioni ideali alla base dell’iniziativa, come si vedrà più avanti, sono evidenti nella sua
Lettera ai combattenti del 1915; cfr. Angelo Fortunato Formiggini, Lettera ai combattenti,
Genova, Formiggini, 1916.
15
facendo tutto il possibile per promuovere, in particolare sulle colonne della rivista
«L’Italia che scrive», un approfondito dibattito sulle scelte di politica editoriale
dello Stato ma anche dei singoli editori.
Formiggini riteneva infatti che l’editoria dovesse essere considerata una
vera e propria attività industriale37 e che occorresse svilupparla e modernizzarla,
soprattutto in una situazione di difficile crisi economica come quella italiana dopo
la prima guerra mondale. L’industria editoriale e libraria italiana, infatti, oltre ad
aver subito pesanti ripercussioni economiche a causa della guerra, era penalizzata
dalla evidente perdita di prestigio del nostro paese di fronte al resto del mondo.
Formiggini riteneva indispensabile che l’Italia tornasse ad avere un ruolo da
protagonista nella scena internazionale e che per fare questo fosse necessario far
conoscere e diffondere la cultura e i valori del popolo italiano attraverso la
valorizzazione del libro e del mercato editoriale italiano.
A questo fine era indispensabile che lo Stato svolgesse un ruolo strategico
nella realizzazione e nella promozione di una innovativa politica editoriale, che
modernizzasse tutta la filiera del libro, sostenendo economicamente non solo gli
editori, ma anche le industrie della carta, le fonderie e le industrie tipografiche.
Era necessario inoltre favorire lo sviluppo di una capillare rete di distribuzione sul
territorio, indispensabile per la diffusione del libro in tutti gli strati della
popolazione italiana, e sostenere le attività di diffusione del libro italiano
all’estero, soprattutto attraverso le fiere internazionali.
Le idee di Formiggini non ottennero molti consensi tra gli altri editori,
soprattutto perché prevaleva in questi ultimi la logica della competizione e della
concorrenza rispetto alla capacità di sviluppare un’azione comune. Al contrario,
sosteneva Formiggini, solo se le aziende si fossero alleate per la elaborazione di
una politica editoriale comune sarebbe stato possibile incrementare la produzione
37 L’impegno di Formiggini per lo sviluppo dell’organizzazione e degli aspetti tecnici legati
all’industria del libro a livello nazionale appare in parziale contraddizione la conduzione della sua
casa editrice, che vide la totale dedizione di Formiggini agli aspetti culturali ma poca attenzione
alla gestione ordinaria dell’azienda, atteggiamento che col passare degli anni gli provocò rilevanti
problemi economici.
16
e aumentarne i profitti, favorendo in questo modo anche lo sviluppo
dell’economia nazionale.
Ma in quegli anni, in Italia, le scelte di politica industriale nazionale non
consideravano l’editoria una forza economica in grado di contribuire alla ripresa
del paese: mancava infatti quella che Formiggini definì una “coscienza libraria
nazionale” e, più in generale, l’interesse per le questioni relative alle attività
culturali, probabilmente anche a causa dell’assenza, in gran parte della
popolazione, dell’abitudine alla lettura, con tutte le relative conseguenze negative
sul mercato editoriale.
Formiggini riteneva che, per incentivare la lettura, fosse fondamentale
innanzi tutto far conoscere puntualmente quanto veniva pubblicato in Italia,
mentre fino a quel momento i canali di informazione libraria erano stati
assolutamente carenti38. A questo scopo Formiggini fondò nel 1918 il periodico di
informazione bibliografica «L’Italia che scrive», che si prefiggeva di far
conoscere la produzione editoriale italiana non solo tra gli addetti ai lavori o il
pubblico colto, ma anche tra un pubblico più ampio di lettori39. Formiggini
intendeva far diventare «L’Italia che scrive» (o ICS, come la chiamava lui stesso)
il principale strumento di diffusione della cultura italiana dentro e fuori i confini
nazionali, dando spazio a tutti i punti di vista e cercando, in questo modo, di
38 La mancanza di una informazione bibliografica puntuale e aggiornata e la consapevolezza dei
problemi che ciò provocava nel mercato editoriale aveva origini lontane, se si pensa alle difficoltà
denunciate nella prima metà dell’Ottocento da Francesco Pastori, Giacomo Stella e Giuseppe
Pomba e ai tentativi di trovare soluzioni adeguate creando nuovi strumenti di informazione
bibliografica: «La preoccupazione nei riguardi di un’informazione carente e parziale non nasce da
istanze astrattamente e puramente “bibliografiche”: Giuseppe Pomba, infatti, sa bene che
“informare” significa accrescere le potenzialità di smercio del prodotto libro, significa
razionalizzare, nei limiti del possibile, la produzione e il mercato, significa tutelare maggiormente
i diritti di coloro che a vario titolo e con compiti diversi sono coinvolti nella produzione, nella
diffusione e nella fruizione del documento stampato»; Marco Santoro, Storia del libro italiano:
libro e società in Italia dal Quattrocento al nuovo millennio, nuova ed. riv. e ampliata, Milano,
Editrice Bibliografica, 2008, p. 374. 39 Cfr. Gianfranco Tortorelli, L’Italia che scrive, 1918-1938: l’editoria nell’esperienza di A. F.
Formiggini, Milano, Angeli, 1996.
17
realizzare forme di conciliazione tra le diverse anime politiche e culturali presenti
nel paese.
Accanto a una funzione più “informativa”, «L’Italia che scrive» divenne
anche uno spazio di intervento e di dibattito tra coloro che erano coinvolti nel
mondo del libro, un luogo dove affrontare i problemi più urgenti della complessa
e difficile situazione dell’editoria italiana di quegli anni, pesantemente segnata
dalle vicende belliche: i costi altissimi per l’acquisto delle materie prime, le nuove
tecniche di stampa, le spese di spedizione e il costo del lavoro, i dazi doganali che
gravavano sulla carta, i cataloghi bibliografici, le fiere del libro e le biblioteche.
Lo stesso Formiggini portò avanti una grande battaglia per la modernizzazione
dell’editoria italiana, che doveva passare attraverso il rinnovamento tecnico delle
strutture aziendali, realizzando un salto di qualità con il passaggio dall’impresa
artigiana all’industria editoriale.
«L’Italia che scrive» raggiunse in pochissimi anni la tiratura di 30.000
copie, diventando la più importante rivista di informazione bibliografica in Italia
per diffusione e qualità, garantita da una rete di collaboratori prestigiosi.
Un’altra delle iniziative più significative dell’editore modenese, nell’ambito
della promozione del libro e della lettura, fu la creazione della Biblioteca
circolante de «L’Italia che scrive», un’esperienza che certamente trovò la sua
origine nella concezione di “biblioteca per tutti” e nello spirito umanitario e
divulgativo caratteristico della cultura socialista di Turati e Fabietti, ma anche nel
paternalismo illuminato dell’ideologia borghese del tempo.
Inaugurata a Roma il 1° aprile 1922, la biblioteca nacque probabilmente
dall’idea di valorizzare i libri ricevuti in omaggio per recensione dalla rivista
«L’Italia che scrive» e di ricavare degli utili attraverso le quote di iscrizione e per
il prestito dei libri.
L’esperienza della Biblioteca circolante formigginiana si colloca in un
contesto bibliotecario che vedeva il prevalere da una parte delle biblioteche
pubbliche governative, destinate agli studiosi e alla ricerca, e dall’altra delle
biblioteche popolari, destinati alle classi sociali più deboli.
Certamente Formiggini ebbe, tra i modelli a cui fare riferimento nella
creazione della sua biblioteca circolante, quello della biblioteca del Gabinetto
18
scientifico letterario G.P. Vieusseux di Firenze, che pure si caratterizzava per un
pubblico più elitario e con maggiori esigenze culturali. Nel corso del tempo, poi,
Formiggini maturò una idea originale e molto moderna di biblioteca, sul modello
della public library anglosassone, intesa come strumento di promozione della
lettura al servizio dell’intera comunità.
L’attenzione di Formiggini per le biblioteche, intese come luogo strategico
per la diffusione della cultura e della conoscenza, la condivisione da parte sua dei
valori da esse incarnati a favore di un maggiore accesso al sapere per tutti e della
libertà di espressione, si manifestò in molti modi, a partire dalla costante presenza
di articoli su «L’Italia che scrive» dedicati al mondo delle biblioteche, alla
bibliografia, alla documentazione e alla storia del libro. Sorprendente inoltre fu
l’interesse dimostrato da un uomo come lui, che di mestiere faceva l’editore, nei
confronti dei più moderni aspetti della professione bibliotecaria, quali il controllo
bibliografico e i sistemi di classificazione decimale, che presupponevano una
conoscenza non superficiale dei principali problemi di bibliografia e
biblioteconomia. Tale interesse è dimostrato ad esempio dal fatto che Formiggini
partecipò a diversi congressi organizzati dalle associazioni dei bibliotecari
(significativa, al riguardo, fu la sua partecipazione al Primo Congresso mondiale
delle biblioteche e di bibliografia del 1929, nel quale tenne anche una relazione)
ed ebbe frequenti contatti con i più importanti bibliotecari italiani, come
testimonia la preziosa e ricca corrispondenza, conservata presso l’Archivio
editoriale Formiggini, tenuta per trent’anni da Formiggini con bibliotecari del
calibro di Guido Biagi, Guido Calcagno, Luigi De Gregori, Ettore Fabietti,
Domenico Fava, Tommaso Gnoli, Albano Sorbelli e molti altri.
Da questi scambi epistolari emerge, in molte circostanze, la capacità di
Formiggini di saper cogliere la centralità di alcuni aspetti del dibattito
biblioteconomico, anche al di là dei tradizionali temi della diffusione e della
circolazione del libro, che Formiggini, da editore, ben conosceva e sui quali aveva
riflettuto in varie occasioni, scrivendo pagine argute. Colpisce, ad esempio, la
conoscenza che egli dimostrò nei confronti della documentazione, una disciplina
che solo da pochi anni stava acquistando una propria autonomia, in particolare da
19
quando, nel 1895, Paul Otlet e Henry La Fontaine fondarono l’Institut
International de Documentation a Bruxelles.
Certamente l’interesse di Formiggini per la documentazione può essere
ricondotto alla centralità della bibliografia, intesa come efficace strumento per
favorire la diffusione dei libri e della conoscenza; tuttavia, il passaggio logico dal
tradizionale strumento di informazione bibliografica più o meno specialistico alla
documentazione come strumento di diffusione universale del sapere, con tutte le
implicazioni relative, ad esempio, alle esigenze di standardizzazione, segnala una
capacità non comune di analisi dei problemi e di approfondimento, oltre che di
originalità e acume di pensiero.
Difficile, e per molti aspetti controverso, fu il rapporto di Formiggini con il
fascismo. Formiggini fu un grande ammiratore di Mussolini, che considerava
l’uomo giusto per portare alla «valorizzazione nel mondo dell’attività intellettuale
italiana»40, mentre fu fortemente critico e violentemente polemico contro
l’apparato burocratico del regime, in particolare contro Giovanni Gentile, ministro
della pubblica istruzione e figura centrale della politica culturale del regime.
L’episodio che mise maggiormente in crisi il rapporto di Formiggini con il
regime fu legato alla costituzione dell’Istituto per la propaganda della cultura
italiana. Nel 1921, infatti, Formiggini si rese conto che perseguire i propri progetti
e i propri obiettivi professionali andava oltre le possibilità di un “privato”, e pensò
quindi di favorire la costituzione di un organismo pubblico, l’Istituto per la
propaganda della cultura italiana (IPCI), del quale egli fu eletto amministratore
dal consiglio direttivo, formato da eminenti uomini di cultura. Nello stesso anno,
il Governo, dopo aver eretto l’IPCI a “ente morale”, lo rinominò poi, su proposta
di Giovanni Gentile, Fondazione Leonardo per la cultura italiana. I contrasti con
Gentile, che fra l’altro pretendeva che “L’Italia che scrive”, pubblicazione
ufficiale della Fondazione, fosse controllata direttamente dal Consiglio direttivo,
furono molto aspri: si arrivò ad accusare Formiggini di irregolarità
amministrative, costringendolo a dare le dimissioni nel febbraio del 1923. Nel
40 A. F. Formiggini, La ficozza filosofica del Fascismo cit.
20
1925, poi, la Fondazione fu assorbita, con tutto il suo patrimonio, dall’Istituto
nazionale fascista di cultura, presieduto dallo stesso Gentile41.
È evidente, in questo caso, la mancanza di analisi e di prospettiva storica di
Formiggini, nel momento in cui egli attribuiva tutta la responsabilità dell’accaduto
a Gentile (è a lui riferito il termine “ficozza”, che in romanesco significa
“bernoccolo”, cioè un’escrescenza spuntata sulla testa del fascismo), mentre si
riferiva a Mussolini con ossequio, come se la filosofia del manganello e della
violenza fosse solo un effetto collaterale, da addebitare alla prepotenza dei
tirapiedi del fascismo, senza che la responsabilità potesse ricadere sul capo del
regime. In realtà, «l’attualismo di Gentile, sanguinosamente irriso, era per un
verso il fratello gemello, e per un altro il figlio, di quelle idee e concezioni del
mondo a cui anche Formiggini aveva qualche volta strizzato l’occhio»42.
Tutto precipitò poi nel 1938, quando fu pubblicato il Manifesto della razza e
introdotte le leggi razziali in Italia. Formiggini considerò questo un vero e proprio
tradimento: a colpirlo non fu tanto la paura della persecuzione o delle misure
ritorsive contro la sua azienda, quanto il violento disinganno nei confronti di
Mussolini e della sua politica. Un atteggiamento da cui emerge drammaticamente,
ancora una volta, l’ingenuità di una visione politica che condannava il fascismo
assolvendone il capo.
La reazione di Formiggini, come testimoniano gli scritti contenuti nelle
Parole in libertà43, fu violenta e drammatica, il suo scoraggiamento assoluto.
Pochi mesi dopo, infatti, il 28 novembre 1938, egli si recò a Modena e, con un
41 Per una ricostruzione dettagliata, anche se inevitabilmente di parte, si veda A. F. Formiggini, La
ficozza filosofica del Fascismo cit. Il libro è una violenta satira contro Gentile, uno sfogo, ironico e
amaro, per il sopruso subito; nonostante l’amarezza, Formiggini ancora una volta manifesta la sua
ammirazione per Mussolini, anche se, a proposito del carattere autoritario del regime, afferma che
«il fascismo è una gran bella cosa visto dall’alto; ma visto standoci sotto fa un effetto tutto
diverso». Cfr. anche Gabriele Turi, Giovanni Gentile: una biografia, Torino, UTET libreria, 2006. 42 E. Garin, Angelo Fortunato Formiggini cit., p. 28. 43 Angelo Fortunato Formiggini, Parole in libertà, Roma, [s.n.], 1945; ripubblicato
successivamente: Parole in libertà, a cura di Margherita Bai, Modena, Artestampa, 2009.
21
gesto a metà tra la disperazione e l’orgogliosa rivendicazione di libertà, si suicidò
gettandosi dalla torre della Ghirlandina al grido di «Italia, Italia, Italia!».
In conclusione, tutta la vita di Angelo Fortunato Formiggini, la sua attività
di editore, le sue iniziative a favore della diffusione del libro furono orientate da
una unica visione del mondo, seppure complessa e articolata, cioè da
«un’aspirazione, un progetto, magari solo un simulacro di sogno nei momenti di
avvilimento, che rimanda a un mondo dove la politica è sconfitta dalla cultura o
comunque, perché fondata su quella, disinnescata nelle sue manifestazioni più
deleterie»44.
L’idea della fratellanza universale, la conciliazione tra gli uomini realizzata
attraverso l’umorismo e il riso fu per Formiggini il fine ultimo da perseguire. A
questo scopo organizzò, appena trentenne, la festa tassoniana alla Fossalta, a
questo scopo realizzò la collana dei Classici del ridere. Tale spirito di fratellanza
doveva passare attraverso la cultura, in particolare attraverso la circolazione del
libro, per realizzare la quale assunse una importanza strategica la diffusione di una
cultura bibliografica in grado di far conoscere a un più ampio pubblico possibile
quanto veniva pubblicato in Italia e non solo. Per questa ragione, nel corso di un
trentennio Formiggini realizzò diverse collane in cui l’approfondimento
bibliografico era l’elemento caratterizzante, come ad esempio i Profili e le Guide
bibliografiche. All’interno di questa prospettiva di allargamento del pubblico dei
lettori e di diffusione del libro si collocarono anche, oltre alla scelta di adottare
una politica dei prezzi “popolare” per le proprie edizioni, la creazione di una
rivista di informazione bibliografica come «L’Italia che scrive», che si
caratterizzò per il carattere non elitario e la grande diffusione, la creazione di una
biblioteca circolante, l’ideazione e la realizzazione dell’Istituto per la propaganda
e la cultura italiana.
44 Nicola Bonazzi, Ebreo dopo: Angelo Fortunato Formiggini tra utopia e disinganno, in: La
cronaca della festa, 1908-2008 cit., p. 16-17.
22
3. Cultura bibliografica e attività editoriale
3.1 L’attività editoriale
Non si intende qui analizzare approfonditamente la corposa produzione
editoriale realizzata da Formiggini nell’arco di un trentennio, ma si vuole invece
evidenziare la coerenza esistente nel complessivo disegno culturale che
Formiggini volle perseguire nell’intero corso della sua vita, comprendendo sia la
sua principale attività di editore, sia le altre iniziative legate alla diffusione del
libro, dalla creazione di una biblioteca circolante alla partecipazione alle iniziative
di promozione della lettura e alle fiere organizzate dagli editori.
Si tratta di una visione del mondo per certi versi molto moderna, che
anticipa un approccio democratico di fronte alla cultura, l’idea cioè che sia
possibile fare cultura solo coinvolgendo e realizzando un dialogo con tutte le
diverse componenti sociali. Per fare questo era però indispensabile, secondo
Formiggini, adottare linguaggi adeguati e strumenti di comunicazione diversi, a
seconda del livello di comprensione di ciascuna componente. A questo scopo, egli
realizzò una complessa e articolata impresa editoriale, in grado da una parte di
produrre cultura alta, destinata agli intellettuali e agli studiosi, con la creazione
delle collane più erudite e le riviste di filosofia; d’altra parte, a favore di una
borghesia colta, che non poteva però essere considerata ceto intellettuale,
Formiggini si impegnò per la diffusione di una cultura bibliografica in grado di far
conoscere quanto veniva pubblicato in Italia.
Tutta l’attività di editore di Formiggini fu per molti versi geniale e
certamente anticipatrice delle tendenze che si realizzeranno solo alcuni decenni
dopo nel mondo dell’editoria italiana1, non solo per quanto riguarda le opere
stampate dalla sua casa editrice, ma anche per la sua intensa attività di pubblicista,
il suo continuo intervento nella politica editoriale italiana per la promozione del
1 Eugenio Garin, Angelo Fortunato Formiggini, in: Angelo Fortunato Formiggini, un editore del
Novecento, a cura di Luigi Balsamo e Renzo Cremante, Bologna, Il Mulino, 1981, p. 28.
23
libro, che realizzò in collaborazione con gli altri editori e con intellettuali
prestigiosi, e infine per tutte quelle iniziative di promozione del libro e della
lettura che realizzò, vestendo di volta in volta i panni dell’editore,
dell’intellettuale, del critico, del bibliotecario, ecc.
Un esempio di questo approccio aperto ad un ampio pubblico di lettori di
media cultura è costituito dalla collana dei Profili, nella quale furono pubblicati
129 volumi tra il 1909 e il 19382. I Profili nacquero come strumento di
divulgazione culturale, intesa «come momento in cui l’attività dello studioso
rompe con la chiusura dell’elitarismo per inserirsi in un moto più ampio della
cultura»3 con lo scopo esplicitamente dichiarato di voler diffondere la conoscenza
in modo “piacevole”. D’altra parte, gli autori delle monografie pubblicate in
questa collana erano tutti esperti e studiosi prestigiosi (solo per citare alcuni nomi:
Roberto Almagià, Massimo Bontempelli, Attilio Momigliano, Diego Valeri,
Adolfo Venturi) e gli stessi volumetti sono tutti corredati di una appendice
bibliografica destinata a chi avesse avuto il desiderio di approfondire l’argomento.
Si tratta infatti non di «aridi riassunti eruditi, ma [di] vivaci, sintetiche e
suggestive rievocazioni di attraenti figure di artisti, letterati, pensatori, di eroi in
genere, senza limiti di tempo e di spazio»4, non rivolte agli specialisti ma a chi
nutre la curiosità di saperne di più. Scrive infatti Formiggini che «i Profili
soddisferanno il più nobilmente possibile all’esigenza, caratteristica del nostro
tempo, di voler apprendere col minimo sforzo, ma, in una sobria appendice
bibliografica, doneranno una guida fresca ed utilissima a chi, con maggiore calma,
vorrà approfondire la conoscenza di una data figura»5.
2 Cfr. Emilio Mattioli – Alessandro Serra, Annali delle edizioni Formiggini, 1908-1938, Modena,
STEM Mucchi, 1980, p. IX-XI. 3 Gianfranco Tortorelli, L’Italia che scrive, 1918-1938: l’editoria nell’esperienza di A. F.
Formiggini, Milano, Angeli, 1996, p. 94. 4 Angelo Fortunato Formiggini, Trent’anni dopo: storia della mia casa editrice, Vaciglio, Levi,
1977, p. 10. 5 Ibidem.
24
La collana ebbe un ottimo successo6, dovuto probabilmente a diverse
ragioni: innanzi tutto l’originalità e la cura del prodotto editoriale, poi il prezzo di
vendita molto basso e le facilitazioni offerte a chi sottoscriveva abbonamenti, e
infine la diffusione che ebbe presso le biblioteche popolari, che tramite un
accordo con l’editore potevano ottenerli a un prezzo inferiore al costo perché,
secondo Formiggini, bisognava «favorire in tutti i modi queste istituzioni che
stanno ora sorgendo e moltiplicandosi e che saranno i focolai donde uscirà la
dignità nuova e la nuova fortuna della patria»7.
I Profili, nati per rispondere a una esigenza dei ceti medi colti, «non può
non indicare, anche per l’intenzione di Formiggini di affidarne la diffusione alle
biblioteche popolari, la volontà di ricollegarsi alla prestigiosa collana inaugurata
nel 1875 da Edoardo Sonzogno, la Biblioteca del popolo, simbolo della cultura
positivistica, democratica e tendenzialmente socialista di fine secolo»8.
I Profili, si legge in una circolare diffusa da Formiggini, avrebbero potuto
fare «davvero un gran bene, non solo diffondendo la conoscenza di figure attraenti
e significative, nel modo più piacevole, ma abituando anche il pubblico al gusto e
quasi al bisogno del libro stampato e curato in tutto con quella austera dignità che
era propria del buon tempo antico»9.
Ciò che caratterizzava maggiormente i Profili fu quindi questa originale
impostazione repertoriale, per cui a un sintetico saggio su di un tema si affiancava
la relativa bibliografia utile per ulteriori eventuali approfondimenti. Questo
approccio testimonia una prospettiva culturale assai moderna, in cui il carattere
repertoriale e di consultazione delle pubblicazioni seriali le rendeva
6 Tra il 1908 e il 1910 la collana dei Profili vide tre ristampe e, nella prima, raggiunse una tiratura
di 2500 copie; cfr. Gabriele Turi, Il fascismo e il consenso degli intellettuali, Bologna, Il Mulino,
1980, p. 173. 7 A. F. Formiggini, Trent’anni dopo cit., p. 11. 8 Gabriele Turi, Editoria e cultura socialista (1890-1910), in: Angelo Fortunato Formiggini, un
editore del Novecento cit., p. 91. 9 Citata da Luigi Balsamo, Formiggini, un privato editore dilettante, in: Angelo Fortunato
Formiggini, un editore del Novecento cit., p. 158.
25
prevalentemente destinate ad una fascia di lettori non specialisti, ma connotati da
una forte curiosità nei confronti dei più diversi argomenti.
Un’altra collana, che ben identifica la produzione formigginiana e che
mostra analoghe caratteristiche repertoriali è quella delle Guide “ICS”, poi Guide
bibliografiche, dell’Istituto per la propaganda della cultura italiana, che presenta
strumenti di informazione e aggiornamento bibliografico, elaborati da studiosi ed
esperti, fra i quali compaiono nomi come quelli di Roberto Almagià, Giuseppe
Fumagalli, Luigi Russo, Arrigo Solmi ecc.. Ne furono pubblicate dodici dal 1918
al 1923, fino alla vicenda della Fondazione Leonardo, mentre le successive ebbero
carattere più divulgativo e di minore rilevo10.
Nella relazione tenuta di fronte alla commissione per la propaganda del libro
italiano all’estero presieduta da Romeo Gallenga Stuart, sottosegretario per la
propaganda all’estero e per la stampa nel governo Orlando (1917-1919)11,
dedicata alle Guide bibliografiche, Formiggini espose i criteri che avrebbero
orientato la pubblicazione della collana che, analogamente a quanto fatto dal
Touring con le sue Guide regionali a favore della cultura turistica, intendeva far
«sapere agli stranieri che c’è una Italia che pensa e che scrive», in modo tale che
«verrà voglia agli stranieri di porsi in grado di leggere direttamente i nostri
libri»12.
Il progetto, che secondo Formiggini poteva apparire a prima vista «un po’
pazzesco e sbalorditivo», intendeva «riuscire in pochi anni a far pervenire a tutte
le biblioteche del mondo, a tutte le scuole, a tutti i circoli di lettura le nostre Guide
bibliografiche tradotte nelle lingue più note nei singoli paesi»13.
Entrando nel dettaglio, Formiggini spiega che «in ogni volumetto, più o
meno esteso a seconda della materia, ma con armonia di proporzione fra materia e
materia, dovrebbe esserci una nota introduttiva, un profilo, una sintesi, insomma,
10 Cfr. L. Balsamo, Formiggini, un privato editore dilettante cit., p. 169. 11 Cfr. Gabriele Turi, Introduzione a A. F. Formiggini, Trent’anni dopo cit., p. XXXIV. 12 Roberto Almagià, La geografia, Roma, Istituto per la propaganda della cultura italiana, 1919, p.
VI-VII. 13 Ivi, p. VII.
26
assai breve [...] in cui si dovrebbe accennare allo sviluppo raggiunto da una data
disciplina negli ultimi decenni, e ai contributi originali portati dai nostri scrittori,
nonché alle più cospicue ricerche e scoperte dovute ai nostri scienziati. A tale
sguardo sintetico seguirebbe la bibliografia in cui, delle opere meno recenti,
sarebbero registrate soltanto le principalissime e di interesse universale e invece
poste in luce, con maggiore abbondanza, le opere degli scrittori d’oggi, i cui nomi
la nota introduttiva avrebbe preventivamente saputo collocare nel giusto settore di
pensiero»14. Non veniva infine sottovalutata anche l’importanza della
segnalazione dei periodici, compresi quelli che avevano cessato la pubblicazione.
Lo scopo di opere di tal genere, quindi, non era quello di «fare della critica
nello stretto senso della parola, ma solo della intelligente sistemazione e selezione
bibliografica, [...] essenziale a far conoscere la parte migliore del nostro
pensiero»15. Formiggini sottolineava infatti la necessità di selezionare, dal punto
di vista qualitativo più che quantitativo, ciò che veniva pubblicato in Italia, al fine
di produrre una utile ed efficace segnalazione: il fatto che venisse esportata
all’estero una gran massa di libri italiani, infatti, se era significativo dal punto di
vista economico, comportava inevitabilmente lo scadimento della qualità e, come
nefasta conseguenza, la marginalizzazione della cultura italiana nel panorama
internazionale. Al contrario, le Guide “ICS” intendevano costituire «un vero e
proprio bilancio del contributo che gli scrittori italiani hanno portato alla civiltà
negli ultimi decenni».
Un’altra iniziativa cara a Formiggini fu il Chi è?: dizionario degli italiani
d’oggi che, riprendendo l’analoga impresa editoriale realizzata da Guido Biagi del
190816, intendeva diventare il corrispettivo italiano del britannico Who’s Who, un
repertorio di personaggi famosi o comunque di rilievo, dei quali venivano fornite,
14 A. F. Formiggini, Trent’anni dopo: storia della mia casa editrice, Vaciglio, Levi, 1977, p. 67. 15 Ivi, p. 68. 16 Chi è?: annuario biografico italiano: con cenni sommari delle persone più note del parlamento,
dell’esercito, dell’armata, della magistratura, del clero, delle pubbliche amministrazioni,
dell’insegnamento, della letteratura, dell’arte, dell’industria e del commercio, compilato a cura di
Guido Biagi, Roma, Casa editrice Romagna, 1908.
27
in forma concisa, le principali informazioni biografiche. Alla prima edizione del
1928 seguì poi un supplemento nel 1929, una seconda edizione nel 1931 e una
terza nel 1936.
Il Chi è? ebbe un buon successo di vendite all’estero, entrando ad esempio
in molte delle principali biblioteche del mondo, accanto alle analoghe
pubblicazioni degli altri paesi, mentre in Italia, nonostante l’apprezzamento degli
studiosi, non fu riscontrato un sufficiente interesse per questo tipo di repertorio17,
anche a causa di alcune debolezze intrinseche della pubblicazione. Oltre ai
problemi di selezione delle voci da inserire, infatti, per cui fu data la priorità agli
scrittori e ai letterati piuttosto che alle figure di spicco di industrie, banche e libere
professioni, lo scarso successo italiano del Chi è? fu certamente da attribuire al
lento aggiornamento del repertorio, dovuto alla complessità organizzativa per
allestire un simile repertorio, particolarmente difficile per una casa editrice di
piccole dimensioni e dalle forze assai limitate.
Alle difficoltà dovute alla debole struttura organizzativa della casa editrice
se ne aggiunsero poi altre di ordine politico, relative a “impedimenti” di varia
natura messi in atto dal regime. Nel 1936, ad esempio, Formiggini scrisse a questo
proposito una lettera a Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon, ministro
dell’Educazione nazionale, sottolineando come «da otto anni mi affatico a dotare
il nostro Paese di un Chi è (dizionario degli Italiani d’oggi) tale da emulare quelli
secolari delle altre grandi nazioni. Per questa impresa non ho mai avuto aiuti di
sorta: pazienza: sono sempre stato abituato a pagare di mia tasca tutti i miei sogni,
fino allo svuotamento completo della tasca stessa. Mi sarebbe bastato che mi
fossero evitati ostacoli». Per questo chiese che il ministro intercedesse presso
Dino Alfieri («che forse mi stima, ma che purtroppo non mi vuol bene») affinché,
al di là delle direttive politiche che lo stesso editore si impegnava a rispettare,
fossero rimossi gli “ostacoli” alla vendita del Chi è?, in particolare per quanto
17 A. F. Formiggini, Trent’anni dopo cit., p. 101. Nonostante l’originalità del progetto e il successo
di vendite, sembra che il Chi è? costituì una voce di forte passivo nel bilancio della casa editrice;
cfr. E. Mattioli – A. Serra, Annali delle edizioni Formiggini cit., p. 294-295.
28
riguardava la quarta edizione che, dopo mesi di preparazione, era pronta per la
pubblicazione.
L’Enciclopedia delle enciclopedie
L’idea di realizzare una grande «enciclopedia nazionale, come l’hanno in
Francia, in Inghilterra, in Germania e perfino in Spagna»18 tentò pure Formiggini,
che il 21 ottobre 1921 annunciò il progetto di creare una Grande enciclopedia
italica al Consiglio direttivo della Fondazione Leonardo, proprio in occasione di
quella che lo stesso Formiggini definì la “marcia sulla Leonardo”, che comportò
la progressiva espropriazione ad opera di Gentile della Fondazione attraverso la
separazione da «L’Italia che scrive»19. In quella occasione, Formiggini sottolineò
come l’enciclopedia intendeva «soddisfare la lunga attesa della Nazione e dar vita
a un’opera che, mercé una larga diffusione in Italia e nei centri culturali stranieri,
giovi gagliardamente al progresso intellettuale del nostro Paese e al buon nome
dell’Italia nel mondo». Sarebbe stata diretta, continua l’editore, non da un filosofo
o da uno scienziato, ma da un «bibliografo e bibliotecario», per renderla
«specchio completo e obiettivo dello stato presente della nostra cultura», «opera
espositiva e di coordinamento delle varie dottrine».
L’idea formigginiana si concretizzò solo successivamente con la
pubblicazione del primo volume della Enciclopedia delle enciclopedie, nel
193020, terminando però dopo solo un anno, con la pubblicazione del secondo
volume dedicato alla pedagogia, curato da Emilia Formiggini Santamaria21, a
18 Ferdinando Martini, Lettere 1860-1928, Milano, Mondadori, 1934, p. 104. 19 Il progetto di enciclopedia diventò successivamente, sotto la direzione di Giovanni Gentile,
l’Enciclopedia Treccani; cfr. Angelo Fortunato Formiggini, La ficozza filosofica del Fascismo e la
marcia sulla Leonardo: libro edificante e sollazzevole, Roma, Formiggini, 1923, p. 179-212 e
Gabriele Turi, Il progetto dell’Enciclopedia italiana: l’organizzazione del consenso fra gli
intellettuali, «Studi storici», 13 (1972), n. 1, p. 102-114. 20 Si tratta di Economia domestica, turismo, sport, giuochi e passatempi, [a cura di] Giuseppe
Fumagalli, Roma, Formiggini, 1930. 21 Pedagogia, [a cura di] Emilia Formiggini Santamaria, Roma, Formiggini, 1931.
29
causa delle difficoltà per trovare le risorse economiche necessarie alla sua
realizzazione, nonostante il positivo giudizio che fu espresse in diverse sedi, tra
cui quello pubblicato su «L’Italia letteraria» (12 giugno 1932), che considerava
l’Enciclopedia una «sagace invenzione di tecnica culturale»22.
Ciò che caratterizzò l’Enciclopedia e che la differenziò da analoghe
iniziative già esistenti fu la scelta di non organizzare le voci secondo il
tradizionale e rigido sistema alfabetico, preferendo invece il principio logico e
organico della distribuzione per materie. Questa scelta non solo rendeva più
semplice e agevole la consultazione, ma permetteva di raccogliere in un unico
volume tutto quanto riguardava uno specifico campo dello scibile, integrando le
caratteristiche di un’opera di consultazione di tipo repertoriale con quelle di un
trattato, da leggere sequenzialmente. Dal punto di vista commerciale, poi, ciò
consentiva l’acquisto di un singolo volume a chi fosse interessato solo a quella
materia e non intendesse invece acquistare l’intera enciclopedia.
Secondo il progetto originario, l’insieme dei volumi della Enciclopedia,
ognuno dei quali avrebbe rappresentato una specifica enciclopedia per materia,
avrebbe avuto a corredo un Dizionario sintetico con la funzione di coordinamento
dell’intera opera, presentando le voci essenziali o quelle comunque escluse dalle
trattazioni per materie23.
3.2 L’Italia che scrive
Fino dalla metà dell’Ottocento il mercato editoriale italiano ha sempre
sofferto per il problema della mancanza di una adeguata informazione
bibliografica, a quell’epoca limitata alle conoscenze e ai rapporti personali, alle
notizie ricavate dalle inserzioni fatte dai tipografi e dai librai sulle gazzette e sui
22 Citato in A. F. Formiggini, Trent’anni dopo cit., p. 113. A proposito poi del volume di
Formiggini Santamaria, l’articolo elogia l’autrice per il suo essere «attuale senza essere anti-
storica, orientata organicamente senza essere partigiana». 23 Ivi, p. 112.
30
fogli di annunci, oppure ai cataloghi di editori e librai, ma si trattava comunque di
informazioni parziali e scarsamente diffuse24. Per rispondere a questa esigenza
nacque, nel 1828, la «Bibliografia italiana: giornale generale di tutto quanto si
stampa in Italia libri carte geografiche, incisioni litografie o novità musicali ecc.»
ad opera di Francesco Pastore, che tuttavia terminò la pubblicazione dopo appena
un anno. Pochi anni dopo, nel 1835, Giacomo Stella fondò la «Bibliografia
italiana», che però fu considerata incompleta da Giuseppe Pomba, a causa della
difficoltà di reperire le informazioni di quanto veniva pubblicato nelle diverse
parti d’Italia, con la conseguenza di non svolgere una efficace funzione di volano
del mercato editoriale. «La preoccupazione nei riguardi di un’informazione
carente e parziale non nasce da istanze astrattamente e puramente
“bibliografiche”: Giuseppe Pomba, infatti, sa bene che “informare” significa
accrescere le potenzialità di smercio del prodotto libro, significa razionalizzare,
nei limiti del possibile, la produzione e il mercato, significa tutelare
maggiormente i diritti di coloro che a vario titolo e con compiti diversi sono
coinvolti nella produzione, nella diffusione e nella fruizione del documento
stampato»25.
In questo contesto, Formiggini accarezzò l’idea di creare una rivista di
informazione bibliografica fin dai primi anni della sua attività di editore finché, il
1° aprile 1918, pubblicò il primo numero della rivista «L’Italia che scrive»26.
Nell’editoriale di apertura, Formiggini dichiarava il proposito di colmare una
lacuna del mercato editoriale, offrendo una rivista che intendeva «mettere sotto gli
occhi di coloro che leggono una bibliografia fresca, sistematica e vivace della
produzione editoriale italiana, [che] contribuirà certo ad una maggiore diffusione
del libro». In questo modo sarebbero state affrontate «le principali questioni
inerenti alla vita del libro italiano in quanto esse sono essenziali alla vita spirituale
24 Cfr. Marco Santoro, Storia del libro italiano: libro e società in Italia dal Quattrocento al nuovo
millennio, nuova ed. riv. e ampliata, Milano, Editrice Bibliografica, 2008, p. 373-375. 25 Ivi, p. 374. 26 Cfr. G. Tortorelli, L’Italia che scrive cit.; Maria Iolanda Palazzolo, “L'Italia che scrive”: un
periodico per il libro, in: Angelo Fortunato Formiggini, un editore del Novecento cit., p. 391-424.
31
della nazione», nonché tutti quei problemi «della coltura in quanto essi hanno una
proiezione sulla vita del libro», del quale sottolinea il ruolo di «potente strumento
di civiltà e progresso»27.
Tuttavia Formiggini non volle creare una rivista paludata, accademica e
difficile da leggere ma, coerentemente con il suo spirito divulgativo, orientò le sue
scelte editoriali in modo da favorire l’ampiamento del pubblico dei lettori, anche
attraverso l’introduzione di rubriche agili e di gradevole lettura28.
27 Angelo Fortunato Formiggini, Esordio, «L’Italia che scrive», 1 (1918), n. 1, p. 3. 28 G. Tortorelli, L’Italia che scrive, 1918-1938 cit., p. 34.
32
4. Formiggini e le biblioteche
4.1 Biblioteche che acquistano
L’interesse di Formiggini per il mondo delle biblioteche ha origini lontane,
fin dagli inizi della sua attività di editore, frutto innanzi tutto della sua curiosità
intellettuale, della sua passione per i libri e del suo desiderio di diffondere la
lettura tra i suoi connazionali. Ma certamente una delle ragioni di interesse più
immediato e concreto nei confronti delle istituzioni bibliotecarie fu legato agli
aspetti commerciali della sua attività editoriale, per la quale le biblioteche erano
dei potenziali acquirenti in grado di acquistare molte copie dei volumi pubblicati
dalla sua casa editrice, costituendo perciò una quota significativa del bilancio
della casa editrice. Nel carteggio presente nell’Archivio editoriale sono presenti
numerosi scambi di lettere tra Formiggini e i direttori di biblioteche italiane a cui
Formiggini proponeva di acquistare le sue pubblicazioni, spesso anche con offerte
di sconti per acquisto in blocco o altre forme di facilitazioni. Da questi scambi
emerge chiaramente la consuetudine di Formiggini con l’ambiente dei bibliotecari
e, soprattutto, la sua capacità di entrare in relazione e di comprendere le reali
funzioni delle biblioteche, come emerge dal fatto che di solito Formiggini non
faceva generiche proposte di acquisto, ma proposte mirate secondo le tipologie e
le caratteristiche di ogni singola biblioteca.
4.2 Le biblioteche da campo per i soldati
Il primo incontro tra Formiggini e le biblioteche fu negli anni precedenti alla
prima guerra mondiale, quando si svilupparono in Italia molte iniziative per la
creazione delle biblioteche dei soldati1.
1 Nel fascicolo n. 3 del 1927 de «L’Italia che scrive», nella Rubrica delle rubriche, (p. 68) si cita il
fascicolo di febbraio della rivista «Italia augusta», dove si afferma che le biblioteche del
33
Negli anni precedenti alla prima guerra mondiale, infatti, fu realizzata una
forte politica di contrasto alla piaga dell’analfabetismo, in cui anche l’esercito
ebbe un ruolo importante, proponendosi, tra l’altro, l’educazione dei soldati
attraverso vere e proprie scuole per analfabeti e attività di insegnamento
professionale, con la prevalenza di corsi di agraria, che corrispondevano alla
occupazione prevalente dei soldati italiani. Furono inoltre realizzate anche
iniziative a favore della lettura, in particolar modo attraverso la costituzione di
biblioteche per i soldati, allo scopo di «contribuire alla elevazione intellettuale e
morale del soldato colla lettura di libri accuratamente scelti»2, ma anche, in
prospettiva futura, per favorire l’innalzamento del livello culturale dei futuri
cittadini italiani. A livello locale, inoltre, la creazione di biblioteche per i soldati
aveva anche lo scopo di istituire quello che poi sarebbe diventato il nucleo
originario di vere e proprie nuove biblioteche circolanti. Fu creata quindi una vera
e propria rete di biblioteche variamente disseminate sul territorio, in collegamento
tra loro3.
Al di là della retorica che spesso caratterizzava la presentazione di queste
strutture4, si sottolineava come fosse importante per i soldati avere a disposizione
combattente sono 650. Il grande incremento fa dire a Formiggini che, se continua così, «in breve
tempo l’Italia intera sarà allagata di biblioteche e di libri». Sulle biblioteche per i soldati cfr.
Virginia Carini Dainotti, Una pagina ignorata di storia della biblioteca per tutti i Italia: le
biblioteche dei soldati: D.Chilovi, G. Goggiola, G. Minozzi, «La parola e il libro», 41 (1958), n. 6,
p. 493-502. 2 Così si legge nell’art. 1 dello Statuto dell’Istituto nazionale per le biblioteche dei soldati,
pubblicato in: Carlo Belli di Carpenea, Istituto nazionale per le biblioteche dei soldati e la sua
fondatrice: con una lettera di S.E. P. Boselli, Torino, Alberto Giani, 1921, p. 7. 3 Cfr. Loretta De Franceschi, Libri per i soldati: una prima rassegna delle principali iniziative
durante la Grande guerra, in: Books seem to me to be pestilent things: studî in onore di Piero
Innocenti per i suoi 65 anni, promossi da Varo A. Vecchiarelli; raccolti, ordinati, curati da Cristina
Cavallaro, Manziana, Vecchiarelli, 2011, p. 575-585. 4 «Ora nei soldati, più potente delle armi è il coraggio, il quale, se non basta sempre a vincere, è
fattore di vittoria meraviglioso e basta del resto a salvar l’onore della Patria, che non è vana
chimera di fantasia antiquata, ma elemento di rispetto nelle relazioni internazionali»; Le
34
una biblioteca fornita di libri scelti, per i momenti di obbligata inattività, che
rischiava di fiaccare il morale e di alimentare “suggestioni malsane”, proteggendo
in questo modo l’esercito da quanto potesse «scuoterne la compagine, svigorirne
la disciplina e introdurre in esso germi funesti di dissoluzione».
Ad esempio S. A. R. il Duca d’Aosta, che nel 1905 comandava la divisione
militare di Torino, scrisse una circolare ai comandanti di corpo, invitandoli a
organizzare presso i reggimenti delle sale di ritrovo per i soldati, confortevoli e
dotate anche di piccole raccolte di libri e giornali, per offrire ai soldati la
possibilità di passare il tempo in modo utile e piacevole:
Io vorrei [...] che ogni reggimento procurasse di avere una sala da ritrovo per
caporali e soldati la quale offrisse ad essi il modo di leggere qualche buon
libro, di scrivere alle case loro, di far qualche giuoco, di vedere carte
geografiche, quadri militari, figure del nostro paese, di trattenersi a
conversare coi compagni... Non penso a delle vere e proprie sale di
convegno, ma ad un locale, per ogni reggimento, pulito, illuminato,
riscaldato, provveduto di qualche giornale, di qualche libro, nucleo di una
piccola biblioteca da formarsi5.
Tale richiesta fu presa in carico e sviluppata dal generale Luigi Majnoni
D’Intignano, allora ministro della guerra, che realizzò delle sale da ritrovo per
soldati e caporali presso tutti i corpi dell’esercito.
I bibliotecari parteciparono attivamente alla creazione di questa rete di
biblioteche per i soldati. Dopo il primo comitato, creato a Venezia nel 1915 ad
opera di Giulio Coggiola6, direttore della Biblioteca nazionale Marciana, ne
furono creati molti altri, a partire dalle regioni limitrofe, con la collaborazione di
biblioteche ed altri enti assistenziali di varia natura. In particolare si segnala il
biblioteche popolari al I Congresso nazionale, Roma, 6-10 dicembre 1908, Milano, Federazione
italiana delle biblioteche popolari, 1909, p. 75. 5 Ivi, p. 80. 6 Cfr. la voce Coggiola, Giulio, in: Giorgio de Gregori – Simonetta Buttò, Per una storia dei
bibliotecari italiani del XX secolo: dizionario bio-bibliografico 1900-1990, Roma: Associazione
italiana biblioteche, 1999, p. 63-64.
35
comitato creato da Domenico Fava, presso la Biblioteca Estense di Modena, che
ebbe fra l’altro grande risonanza presso la stampa modenese dell’epoca7.
Nel periodo in cui la sua casa editrice aveva la sua sede a Genova, tra il
1912 e il 1914, Formiggini ebbe intensi contatti con Olindo Guerrini8 (direttore
della Biblioteca universitaria di Genova), Pietro Nurra9 (bibliotecario presso la
stessa biblioteca) e con lo studioso inglese William MacKenzie, che avevano
realizzato numerose iniziative per la creazione di biblioteche da campo per i
soldati. A tal fine Formiggini decise di mettere i suoi magazzini di Genova e di
Modena a disposizione per la raccolta dei libri per i soldati, facendone dei veri e
propri centri di smistamento del materiale librario da inviare al fronte. Questa
attività a favore dei soldati e le motivazioni ideali che ne sono all’origine sono
testimoniate dalla Lettera ai combattenti10, firmata come “Capitano Formiggini”,
nella quale annunciò ai soldati di avere mandato quattordici casse di libri in dono
alle biblioteche da campo. Nel testo emerge, oltre all’importanza che Formiggini
attribuiva alla lettura, anche come strumento di svago in condizioni difficili come
7 Loretta De Franceschi ricostruisce, a partire dalla relazione della Commissione per la biblioteca
dei soldati di Modena presso la R. Biblioteca Estense, come «Fava raccoglieva presso la biblioteca
– a ciò estremamente disponibile in una fascia oraria estesa continuativamente dalle nove alle
diciannove – “materiale librario in buono stato, libero e mondo di tutto ciò che non rispondesse a
sani criteri di convenienza e di moralità”, nonché riviste che – secondo le indicazioni fornite dalla
commissione – erano state preferibilmente richieste in annate complete. La distribuzione del
materiale così accorpato – come afferma il resoconto – era avvenuta senza particolari problemi
iniziando dai quattro ospedali cittadini, ove erano stati individuati come referenti alcuni medici
interni, oppure dei maestri, per proseguire con le strutture ospedaliere della provincia e anche con
quella situata vicino a Tripoli, in terra straniera di recente conquista italiana»; L. De Franceschi,
Libri per i soldati cit., p. 580. 8 Cfr. la voce Guerrini, Olindo, in: G. De Gregori – S. Buttò, Per una storia dei bibliotecari
italiani del XX secolo cit., p. 106-107. 9 Pietro Nurra (1871-1951) fu nominato nel 1916 direttore della Biblioteca universitaria di Genova
e a partire dal 1933 assunse anche la responsabilità della Soprintendenza bibliografica per la
Liguria e la Lunigiana; cfr. Alberto Petrucciani, Pietro Nurra, in: Dizionario biografico dei
soprintendenti bibliografici, 1919-1972, Bologna: Bononia university press, 2011, p. 433-450. 10 Angelo Fortunato Formiggini, Lettera ai combattenti, Genova, Formiggini, 1916.
36
in guerra11, un’idea molto moderna della circolazione e dell’uso dei libri, che non
devono stare inutilizzati in qualche zaino o sugli scaffali, ma essere letti, a costo
di rovinarsi:
I libri non dovrebbero fermarsi ai centri, ma giungere alle periferie, e non
dovrebbero stare fermi e nascosti nella cassetta d’ordinanza di un Tizio o
negli scaffali di un ufficio, ma circolare sulle plance improvvisate delle
baracche di legno negli zaini e nei tascapani.
Più avanti, nel presentare ai soldati i libri che aveva inviato e che avrebbero
costituito la biblioteca da campo, evidenziava come le preferenze di lettura dei
soldati non potessero che essere orientate verso i libri ricchi di figure, i romanzi di
viaggio e le avventure guerresche. Per questa ragione Formiggini aveva scelto di
inviare ai soldati una raccolta dei Classici del ridere, che certamente avrebbe
soddisfatto i loro gusti e avrebbe garantito loro qualche momento di buon umore:
Anche vi spedisco alcune casse di Classici del ridere dolente che non mi sia
possibile esilarare tutto l’esercito italiano in massa. So bene che questi
sarebbero i volumi più a voi graditi per quel bello e riposante senso pagano
che li ispira. Perché si illude chi vagheggia di costruir biblioteche da campo
con lo scopo di creare degli eruditi o dei filosofi. La vita del campo è poco
adatta alla meditazione. Ed ho visto assalire con vera avidità, anche da
ufficiali coltissimi, fascicoli di giornali umoristici che giungevano alla fronte
entro ai pacchi di donativi, e giacer negletti, assolutamente negletti, volumi
di sociologia, di filosofia e di critica. La lettura de’ miei Classici sarebbe la
sola forma di erudizione (erudizione tutt’altro che trascurabile anch’essa)
bene accetta ai combattenti. È mia convinzione che il ridere sia una cosa da
prendere sul serio, e, se usata con saggezza, buona ed utile […]. Il ridere è la
vita, è amore di vita: un esercito giocondo non può non esser vittorioso. Io
predicavo ai miei soldati non di esser coraggiosi e rassegnati ai disagi,
sarebbe superfluo, ma volevo che fossero allegri, il che è molto di più.
11 Cfr. anche Emilia Formiggini Santamaria, La mia guerra, Roma, Formiggini, 1919. La
Formiggini Santamaria sottolineava come il patriottismo e il nazionalismo debba poggiare
sull’istruzione e vada inserito in un più ampio progetto di educazione.
37
Infine, in risposta alle ipotetiche accuse rivolte talvolta agli editori (e quindi, in
definitiva, anche a lui stesso) di donare libri ai soldati a scopo meramente
pubblicitario, sottolineando l’ingiustizia di tali accuse Formiggini ribadisce:
Eppure vi voglio lealmente confessare che oltre ai buoni sentimenti di
cameratismo che mi hanno indotto a farvi questo dono, sono stato mosso
appunto dal desiderio che anche nell’ambiente militare le mie iniziative di
coltura siano conosciute ed apprezzate per quel poco che pur valgono.
Voglio adunque farmi un po’ di réclame fra voi, ma una réclame intesa non
in un antiestetico senso mercantile, ma in un simpatico significato spirituale
dal quale nessun materiale vantaggio attendo, che non sia, se mai, remoto e
cioè differito al giorno, forse lontano, in cui io non sarò più vostro collega e
ritornerò editore, e voi, adempiuto il supremo dovere, ritornerete a ricercare
nei libri quel senso di umanità dal quale la guerra ci ha bruscamente
allontanati tutti quanti.
Sembra tuttavia che l’accoglienza fatta dai commilitoni ai primi pacchi di libri
inviati da Formiggini sia stata piuttosto fredda12.
4.3 Le biblioteche su «L’Italia che scrive»
Formiggini mostrò sempre molto interesse per le biblioteche e per le
competenze tecniche e professionali dei bibliotecari, avendo ben chiaro il loro
ruolo strategico per la diffusione del libro e la promozione della lettura. Tale
interesse emerge chiaramente sulle pagine de «L’Italia che scrive», sia negli
articoli scritti da lui stesso e dedicati al mondo bibliotecario o ad argomenti
comunque legati alle discipline del libro e alla diffusione della conoscenza, sia nei
contributi scritti da altri collaboratori, dallo stesso Formiggini voluti e sollecitati.
Formiggini infatti chiamò spesso a collaborare con «L’Italia che scrive»
bibliotecari, bibliografi o comunque esperti di discipline del libro di chiara fama
12 Luigi Balsamo, Formiggini, un privato editore dilettante, in: Angelo Fortunato Formiggini, un
editore del Novecento, a cura di Luigi Balsamo e Renzo Cremante, Bologna, Il Mulino, 1981, p.
173.
38
(solo per citarne alcuni: Domenico Fava, Giuseppe Fumagalli, Ettore Fabietti,
Giannetto Avanzi, Olindo Guerrini ecc.), che descrissero nei loro contributi il
mondo delle biblioteche e lo stato dell’arte delle diverse discipline del libro nel
contesto italiano e internazionale.
Gli articoli dedicati alle biblioteche pubblicati sulla rivista sono databili
soprattutto all’inizio degli anni Trenta, in concomitanza con il Primo Congresso
mondiale delle biblioteche e di bibliografia del 1929 e con la costituzione della
Associazione dei bibliotecari italiani nel 1930.
Le biblioteche popolari
Significativa fu l’attenzione dedicata, fin dall’inizio della pubblicazione de
«L’Italia che scrive», al mondo delle biblioteche popolari e al loro ruolo nella
educazione e nella formazione dei ceti più deboli13.
Significativo fu in questo senso il rapporto di Formiggini con Ettore
Fabietti, fondatore della Federazione delle biblioteche popolari, il quale nel 1918
intervenne su «L’Italia che scrive» con un articolo in cui sottolineava come fosse
fondamentale il ruolo di coordinamento della Federazione, soprattutto a seguito
della promulgazione del decreto legge luogotenenziale 2 settembre 1917, n.
152114, che intendeva favorire lo sviluppo della cultura popolare attraverso la
diffusione e l’incremento delle biblioteche, con lo scopo dichiarato di far nascere
13 Cfr. Anna Rosa Venturi, Formiggini e le biblioteche popolari, in: Angelo Fortunato Formiggini,
un editore del Novecento cit., p. 425-436. Sulla nascita e lo sviluppo delle biblioteche popolari in
Italia, cfr. fra gli altri Enzo Bottasso, Storia della biblioteca in Italia, Milano, Editrice
Bibliografica, 1984; Maria Luisa Betri, Leggere, obbedire, combattere: le biblioteche popolari
durante il fascismo, Milano, Angeli, 1991; Paolo Traniello, La biblioteca pubblica: storia di un
istituto nell’Europa contemporanea, Bologna, Il Mulino, 1997; Paolo Traniello, Storia delle
biblioteche in Italia: dall’Unità a oggi, con scritti di Giovanna Granata, Claudio Leombroni,
Graziano Ruffini, Bologna, Il Mulino, 2002. 14 Italia, Decreto-legge luogotenenziale 2 settembre 1917, n. 1521, concernente l’istituzione delle
biblioteche nelle scuole elementari del Regno, «Gazzetta ufficiale del Regno d’Italia», n. 232 (2
ottobre 1917).
39
migliaia di biblioteche in tutti i comuni, anche nei più piccoli («ogni classe
elementare, esclusa la prima, avrà una biblioteca scolastica per uso degli alunni»),
ma anche di creare le biblioteche popolari «per uso degli ex-alunni e in generale
degli adulti»15.
Le soprintendenze bibliografiche
L’interesse di Formiggini si estese anche agli aspetti istituzionali del mondo
delle biblioteche, ad esempio in occasione dell’iniziativa del ministro Baccelli,
che costituì con il decreto legge n. 2074 del 2 ottobre 1919 dodici soprintendenze
regionali bibliografiche16, con sede presso le biblioteche nazionali o universitarie
dei capoluoghi di regione. Giovanni Tramellini, sulle colonne de «L’Italia che
scrive» ne illustrò le finalità e le funzioni: «Alle soprintendenze spetta – sotto le
dipendenze del Ministro della P. I. – la direzione del movimento librario delle
biblioteche, la tutela dei codici, manoscritti antichi, incisioni rare e di pregio, la
conservazione degli incunaboli più preziosi, ecc. L’Istituto avrà – più
precisamente – l’incarico di vigilare sulle raccolte in consegna a comuni e enti
morali per devoluzione di beni di corporazioni religiose soppresse; presiedere alla
consegna di quelli che devono essere depositati nelle biblioteche nazionali, curare
la notificazione dei proprietari di libri preziosi, sorvegliare le permute e vendite
delle raccolte possedute dai privati e enti morali»17.
15 Ettore Fabietti, Le biblioteche popolari e la loro federazione, «L’Italia che scrive», 1 (1918), n.
4, p. 58. 16 Per una storia delle soprintendenze bibliografiche cfr. Giovanni Solimine, La politica
dell’Amministrazione centrale per le biblioteche pubbliche: le soprintendenze bibliografiche e la
presenza sul territorio, in: Tra passato e futuro: le biblioteche pubbliche statali dall’Unità d’Italia
al 2000, a cura di Francesco Sicilia, Roma, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, 2004, p. 155-
172; Flavia Cristiano, Dal centro alla periferia: le soprintendenze bibliografiche, in: Archivi di
biblioteche: per la storia delle biblioteche pubbliche statali, Roma: Edizioni di storia e letteratura,
2002, p. XCV-CXLVII. 17 Giovanni Tramellini, Le soprintendenze bibliografiche, «L’Italia che scrive», 3 (1920), n. 5, p.
70-71.
40
Le biblioteche pubbliche governative
Sulla situazione delle biblioteche governative poi, che venivano
generalmente chiamate “pubbliche”, scrisse un articolo Antonio Bruers18,
denunciando la mancanza di finanziamento di queste strutture, che non erano
quindi in grado di realizzare una adeguata e coerente politica degli acquisti di
materiale bibliografico, né le necessarie ristrutturazioni degli edifici o i
miglioramenti dei servizi al pubblico.
Qualche anno dopo anche Edoardo Scardamaglia, direttore generale delle
accademie e delle biblioteche, affrontò su «L’Italia che scrive» il tema delle
difficoltà delle biblioteche italiane, soprattutto per evidenziare le iniziative
promosse dal regime al fine di contrastare le difficoltà e per risolvere i problemi
relativi alla carenza di personale e ai pochi fondi per acquistare i libri. Al termine
dell’articolo, Scardamaglia evidenziò come la città di Roma non fosse ancora
dotata di una biblioteca moderna, adatta alle esigenze del nuovo clima culturale
creato dal fascismo, che fosse quindi necessario la creazione di una istituzione
«degna della capitale dell’Italia di Mussolini»19. Si vedrà successivamente come,
negli stessi anni, Formiggini si adoperò per cedere la sua biblioteca circolante al
Governatorato di Roma, proprio evidenziando la mancanza di una importante
biblioteca di pubblica lettura nella Capitale e auspicando che proprio la sua
biblioteca circolante potesse colmare tale lacuna, ma i suoi sforzi non ottennero
alcun risultato.
18 Antonio Bruers, Le dotazioni delle biblioteche pubbliche, «L’Italia che scrive», 9 (1926), n. 2, p.
18. 19 Edoardo Scardamaglia, Problemi delle biblioteche italiane, «L’Italia che scrive», 17 (1934), n.
6, p. 158, 160.
41
Le discipline bibliografiche
L’interesse di Formiggini abbracciò anche gli aspetti più teorici delle
discipline bibliografiche, come i problemi relativi alle classificazioni o alla
bibliografia, intesa come disciplina che riguarda sia lo studio e la compilazione
dei repertori bibliografici, che la concreta necessità di allestire repertori in grado
di registrare e segnalare al pubblico la produzione di libri in Italia.
In particolare, una buona parte dell’attività editoriale di Formiggini fu
dedicata a realizzare moderni strumenti di informazione bibliografica, fino a quel
momento insufficienti e lacunosi, che avrebbero finalmente permesso agli studiosi
di conoscere quali nuovi libri fossero stati pubblicati dalle case editrici italiane.
Un aspetto sempre presente nella riflessione di Formiggini a proposito di
questi temi fu la necessità della standardizzazione, in particolare per quanto
riguarda i formati delle schede bibliografiche. La bibliografia, secondo
Formiggini, andava considerata, come scrisse in un articolo pubblicato nel 1924
su «L’Italia che scrive» e intitolato Reato di lesa standardizzazione, «l’anagrafe
del libro e deve essere soggetta a norme costanti e precise perché gli studiosi, in
qualunque biblioteca entrino, sappiano a priori dove mettere le mani e come
eseguire le ricerche»20.
Formiggini sottolineava infatti l’importanza di normalizzare i formati delle
schede bibliografiche, facendo in particolare riferimento alle esperienze di
Antonio Panizzi21 e alle regole catalografiche elaborate da Guido Biagi nel
192222.
20 Angelo Fortunato Formiggini, Reato di lesa standardizzazione, «L’Italia che scrive», 7 (1924),
n. 1, p. 2-3. 21 Antonio Panizzi (1797-1879), bibliotecario e bibliografo, fu direttore (“principal librarian”)
della biblioteca del British Museum, del quale progettò la famosa Reading Room. Elaborò, tra
l’altro, le celebri “91 regole” di catalogazione, che segnarono il momento iniziale della grande
tradizione catalografica anglo-americana; cfr. Atti del convegno di studi su Antonio Panizzi (Roma
21-22 aprile 1980), a cura di Enzo Esposito, Galatina, Salentina, 1982. 22 Italia, Ministero della pubblica istruzione, Regole per la compilazione del catalogo alfabetico,
Roma: Nardecchia, 1922.
42
Formiggini evidenziò inoltre il ruolo fondamentale che Benedetto Croce
ebbe nell’opera di normalizzazione dei repertori quando, in qualità di ministro
della Pubblica istruzione, pubblicò nel 1922 le norme per la compilazione dei
cataloghi delle biblioteche italiane23.
Nella relazione che introduce le nuove regole di catalogazione, la
Commissione, composta oltre che dallo stesso Biagi, anche da Giuliano Bonazzi,
Guido Calcagno, Pietro Fedele e Ignazio Giorgi, riconosce che fino a quel
momento nelle biblioteche italiane, tranne poche lodevoli eccezioni, «la
catalogazione procedeva con sistemi arbitrari, e senza legge, rendendo per tal
modo impossibile qualunque lavoro collettivo; e spesso frustrando le ricerche
degli studiosi». «Cotesta ferrea necessità d’una catalogazione uniforme – continua
la relazione – fu riconosciuta come un caposaldo della bibliografia da quanti si
volsero a questi ardui problemi dell’ordinamento delle biblioteche e della
catalogazione dei libri. È davvero singolare il disdegno che gli stessi studiosi del
libro hanno per tali lavori, per questa dottrina che pur mira ad agevolare le loro
indagini, ad avvicinare ad essi il libro, a renderne più facile l’uso a tutti».
Si denuncia inoltre quasi una sorta di gelosia, che colpisce gli italiani, per la
propria cultura e per i propri libri, come se «fra loro e il libro non vogliono
intermediari; il libro è cosa loro, e guai a chi glielo tocca»24, mentre nei paesi
anglosassoni, dove domina l’autentico amore per il libro e dove si garantisce in
ogni modo l’accesso ai libri e alle biblioteche, prosperano maggiormente gli studi
sulla catalogazione e la classificazione:
E la ragione c’è, perché in questi paesi le grandi raccolte pubbliche o private,
non son considerate musei accessibili agli studiosi soltanto, ma son da tutte
riguardate come una proprietà a tutti comune, per la quale, pure usandone
largamente, si ha grande rispetto. Colà il libro non è tenuto come un oggetto
di lusso, sibbene come un amico, un caro compagno che si desidera
ricercare, avere vicino. Il volume più pregiato è quello che più circola nelle
mani d’ognuno, e le biblioteche e i loro scaffali sono aperti e accessibili a
tutti, uomini, donne e ragazzi. Di qui la necessità di ricavar dal libro il
23 Ibidem. 24 Ivi, p. VIII.
43
maggiore profitto, di classificarlo secondo il suo contenuto, di renderlo tale
da rispondere a ogni domanda. Perciò cataloghi alla portata di tutti, compilati
con gran precisione e chiarezza, e metodo nel compilarli, affinché il libro
non sfugga, anzi si presenti agevole e comodo ad ogni richiesta25.
A proposito della mancanza, in Italia, di una moderna cultura bibliografica e di
adeguati strumenti repertoriali si sviluppò, sulla pagine de «L’Italia che scrive»,
un intenso dibattito tra gli studiosi. Nel 1918 apparve ad esempio un breve
articolo di Francesco Baldasseroni e Roberto Palmarocchi che proponevano di
istituire un Istituto bibliografico italiano26, che avrebbe avuto come scopo quello
di fornire «giudiziose e ben meditate bibliografie su determinati soggetti», ma
anche di favorire gli scambi di libri tra collezionisti e studiosi, rendendo
disponibili anche le pubblicazioni rare o fuori commercio.
Nel 1924 poi Antonio Bruers lamentava la mancanza in Italia di una
bibliografia generale della produzione letteraria, principalmente a causa del fatto
che lo Stato «è avaro, stitico nell’elargire fondi alla cultura e tanto meno alla
bibliografia»27, ma anche per la mancanza di figure professionali e competenti in
ambito bibliografico.
Analoga posizione fu espressa da Giuseppe Stratta che, sottolineando
l’importanza di una bibliografia nazionale aggiornata, propose che gli editori
compilassero una scheda bibliografica di ogni loro libro pubblicato, favorendo in
questo modo la creazione di una bibliografia nazionale28.
25 Guido Biagi – Giuliano Bonazzi – Guido Calcagno – Pietro Fedele – Ignazio Giorgi, Relazione
della Commissione incaricata di proporre un nuovo codice di regole per la compilazione del
catalogo alfabetico nelle biblioteche governative italiane, in: Ivi, p. VIII-IX. 26 Francesco Baldasseroni – Roberto Palmarocchi, Per un Istituto bibliografico italiano, «L’Italia
che scrive», 1 (1918), n. 9, p. 136. 27 Antonio Bruers, Per una bibliografia generale della letteratura italiana, «L’Italia che scrive», 7
(1924), n. 12, p. 219. 28 Giuseppe Stratta, La scheda bibliografica, «L’Italia che scrive», 12 (1929), n. 5, p. 25.
44
Nel corso degli anni Trenta il dibattito sulla bibliografia vide il contributo di
Luigi Ferrari29, all’epoca direttore della Biblioteca nazionale Marciana di
Venezia, che denunciò l’eccessivo decentramento del patrimonio librario italiano
e la difficoltà degli studiosi a fare le ricerche bibliografiche. A questa situazione
non poneva rimedio – secondo Ferrari – il «Bollettino delle pubblicazioni
italiane» della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, a causa della sua non
agevole consultazione, l’irregolarità di pubblicazione e la non completezza dei
dati contenuti.
Ancora sul tema dell’importanza di una informazione bibliografica in grado
di far conoscere tempestivamente quello che veniva pubblicato, nel 1933 «L’Italia
che scrive» segnalò, attraverso la sua traduzione italiana, un articolo pubblicato su
«Minerva Zeitschrift» nello stesso anno e dedicato alla Scheda cumulativa
italiana30, un periodico trimestrale diretto da T.W. Huntington e pubblicato ad
Anacapri sul modello dell’americano Cumulative Book Index. Si trattava di un
indice bibliografico di tutta la produzione italiana, in ordine alfabetico, che
segnalava, oltre al nome dell’autore e al titolo, anche i soggetti che ne
individuavano la materia trattata.
4.4 Inchiesta sulle biblioteche circolanti
Formiggini, nonostante non fosse un bibliotecario, ebbe sempre ben chiaro
il ruolo strategico delle biblioteche per una efficace diffusione del libro e si
29 Luigi Ferrari, Bibliografia e biblioteche governative italiane, «L’Italia che scrive», 14 (1931), n.
12, p. 331-332. L. Ferrari (1878-1949) fu bibliotecario dal 1904 alla Biblioteca del Senato a Roma,
dal 1905 come vicebibliotecario; dal 1920 al 1946 fu direttore della Biblioteca nazionale Marciana
di Venezia e, dal 1921, soprintendente alle biblioteche delle province del Veneto; cfr. la voce
Ferrari, Luigi, in: Giorgio de Gregori – Simonetta Buttò, Per una storia dei bibliotecari italiani
del XX secolo cit., p. 84-86; Stefano Trovato, Luigi Ferrari, in: Dizionario biografico dei
soprintendenti bibliografici cit., p. 277-297. 30 Da Minerva Zeitschrift: la scheda cumulativa italiana, «L’Italia che scrive», 16 (1933), n. 12, p.
8.
45
adoperò sempre a favore della più ampia diffusione della conoscenza di queste
istituzioni anche tra i non addetti ai lavori. Particolare interesse poi dimostrò per
le biblioteche circolanti e la loro capacità di diffondere il piacere di leggere, tanto
che lui stesso giunse a crearne una sua propria, che peraltro assunse nel tempo
dimensioni tali da essere la più grande biblioteche circolante nell’Italia dei primi
decenni del Novecento.
Ma l’interesse di Formiggini per le biblioteche emerge anche
precedentemente, ad esempio quando, tra la fine del 1924 e i primi mesi del 1925,
pubblicò su «L’Italia che scrive» i risultati di una importante inchiesta, a livello
nazionale, dedicata al ruolo, alle funzioni e alle prospettive delle biblioteche
circolanti, anticipata qualche tempo prima da una breve nota:
Un nostro egregio lettore, ci comunica un suo sogno: bandire una
sottoscrizione nazionale per istituire tante biblioteche circolanti nei piccoli
centri dell’Italia meridionale. Propone una quota fissa di L. 1 al mese per
tutti i sottoscrittori, oppure quote perpetue di benemerenza costituite da un
titolo di rendita. Sarebbe, egli dice, un mezzo economico per passare ai
posteri… E non ha torto. «L’Italia che scrive» crede l’iniziativa molto
buona. Solo occorre trovare le persone che le diano una forma e una
concretezza giuridica da ispirare fiducia alla Nazione. Intanto consigliamo
l’egregio proponente a scriverne al Fabietti che ha benemerenze
impareggiabili in questo campo31.
L’Inchiesta sulle biblioteche circolanti32, già apparsa sulla rivista «Il mondo»,
intendeva accertare se le biblioteche circolanti fossero utili o costituissero invece
un danno per il commercio del libro, nell’ipotesi in cui, offrendo i libri in prestito
a titolo gratuito, avrebbero impedito o limitato l’acquisto dei libri stessi da parte
dei lettori. A questo scopo furono inviate una serie di domande a editori, scrittori,
bibliotecari e librai, per conoscere la loro opinione a proposito di una questione
che fin da allora era all’origine di molti dibattiti – a volte veri e propri scontri – tra
31 Biblioteche circolanti nel Sud Italia, «L’Italia che scrive», 1 (1918), n. 3, p. 48. 32 Inchiesta sulle biblioteche circolanti, «L’Italia che scrive», 7 (1924), n. 11, p. 198-199.
46
editori e bibliotecari33, anche se, proprio dall’inchiesta formigginiana, emersero
opinioni molto ragionevoli e prevalentemente orientate a favore delle biblioteche
circolanti.
Formiggini, con una straordinaria lucidità, ma anche con una visione
moderna e democratica, esprime in apertura il suo punto di vista di editore,
affermando che le biblioteche sono certamente importanti dal punto di vista
culturale e della conservazione della memoria scritta, ma lo sono anche dal punto
di vista economico, sia in quanto acquirenti di una quota rilevante di quanto viene
pubblicato dagli editori, sia come istituzioni che promuovono la lettura
stimolando gli interessi e la curiosità dei lettori e che, di conseguenza, svolgono il
ruolo di volano positivo per la diffusione del libro e l’aumento delle vendite dei
libri stessi.
La questione non è quindi se le biblioteche circolanti siano utili o meno alla
diffusione della cultura (per Formiggini la risposta affermativa è scontata), ma se
possano essere dannose al commercio del libro, nel caso in cui la libera
disponibilità dei libri in biblioteca potrebbe influire negativamente sulle vendite.
L’opinione di Formiggini, molto chiara e netta a favore delle biblioteche,
evidenzia la consapevolezza e la buona conoscenza che egli possiede a proposito
delle funzioni della biblioteca e delle dinamiche del mercato editoriale, all’interno
del quale la biblioteca svolge il ruolo di volano per la promozione – e quindi la
vendita – dei libri:
Le biblioteche circolanti – affermò Formiggini – abbondano e prosperano
soltanto dove il pubblico ha l’abitudine di leggere, cioè nei centri più
progrediti dove il libro ha maggiore smercio. Può darsi che ciò dipenda dal
fatto che dove sono più numerosi coloro che vogliono “tenersi al corrente” è
naturale che meglio fioriscano le istituzioni che a tale bisogno soddisfano,
ma io ritengo altresì vero che col rendere accessibile a moltissimi la
33 Questa contrapposizione e il relativo dibattito sul tema dell’impatto economico delle biblioteche
e il loro ruolo nel mercato editoriale continua fino ai nostri giorni; solo a titolo di esempio, cfr.
Giovanni Solimine, L’Italia che legge, Roma; Bari, Laterza, 2010, p. 131-135; Chiara Bernardi, Le
biblioteche e il mercato del libro: analisi di settore e prospettive di sviluppo, Bologna, Il Mulino,
2009, p. 131-151.
47
soddisfazione di tale bisogno, tale bisogno si crei, si accentui e si moltiplichi.
Le biblioteche circolanti non sono insomma soltanto un esponente
dell’amore del pubblico per la lettura, ma un fattore ed una causa efficiente
di tale amore34.
Lo sviluppo e la moltiplicazione delle biblioteche (di tutte le biblioteche: “regie,
comunali, scolastiche, popolari, reggimentali”) avrebbe aumentato il numero delle
persone che leggono: «Non è che la gente “legga di più”, tutt’altro; ma è però vero
che la gente che legge “è sempre più numerosa”». Di conseguenza, l’aumento del
numero delle biblioteche avrebbe un immediato vantaggio per gli autori e gli
editori, che «potrebbero fare assegnamento sulla vendita di dieci mila copie circa
di ogni libro il giorno stesso della pubblicazione e ciò senza pregiudizio della
normale vendita al pubblico consueto». Prosegue Formiggini:
Se diventerò Ministro della P.I. farò una legge con questo articolo unico:
Ogni cittadino colto ha l’obbligo di destinare almeno il 5% delle proprie
rendite all’acquisto di libri. I contravventori saranno proclamati analfabeti.
Se diventerò Presidente della Associazione della stampa imporrò ai giornali
di pubblicare tale articolo in prima pagina tutti i giorni. Se diventerò
direttore dell’Azienda tramviaria municipale, farò fare tanti cartelli di
celluloide (come quelli dell’è vietato sputare) e li attaccherò in tutte le
vetture35.
Nei mesi successivi furono pubblicati i risultati del questionario36, dai quali
emerse una sostanziale univocità delle posizioni degli editori, scrittori e librai
intervistati, nell’affermare l’importanza del ruolo delle biblioteche per la
promozione della lettura. In particolare, gli scrittori interpellati si sono mostrati
tutti d’accordo nell’affermare che le biblioteche non nuocciono al commercio del
libro ma lo favoriscono, anche se in qualche caso viene paventato il rischio che
esse possano portare il lettore a prendere il libro in prestito, evitandone così
34 Inchiesta sulle biblioteche circolanti cit., p. 199. 35 Ibidem. 36 Esito dell’inchiesta sulle biblioteche circolanti, «L’Italia che scrive», 8 (1925), n. 2, p. 21-23.
48
l’acquisto. «Ma è possibile – si domanda Pietro Rèbora – che vi sia ancora della
gente che discute su queste cose?».
Di posizione diversa sono alcuni scrittori, che probabilmente per ragioni
economiche legate ai diritti d’autore ritengono che il “lettore serio” (così lo
definisce Alfredo Testoni), più che frequentare le biblioteche, debba aspirare a
possedere una copia personale del libro che legge: «io sono di parere che [..] le
biblioteche circolanti non possano avere le simpatie del lettore serio, il quale
brama che i libri preferiti siano veramente suoi per potersi ad essi affezionare, per
rileggerli quando crede, per averli sempre sott’occhio nella sua modesta
biblioteca».
Anche Roberto Bracco ritiene che «il primissimo risultato delle biblioteche
circolanti sia dannoso al commercio dei libri. A me pare evidente che le
biblioteche circolanti determinino una immediata diminuzione del numero dei
compratori. Il risultato lontano può essere, viceversa, vantaggioso, perché le
biblioteche circolanti diffondono il bisogno della lettura e quindi preparano un più
largo mercato».
Altri scrittori hanno posizioni più sfumate, ritenendo che il danno alle tasche
degli scrittori eventualmente procurato dalle biblioteche sia un giusto prezzo da
pagare alla crescita culturale complessiva della popolazione. Marino Moretti, ad
esempio, così risponde: «Non saprei dirti ora se le biblioteche circolanti siano
materialmente dannose agli autori: forse sì. Ma so che giovano alla cultura e
sarebbe stolto combatterle». Secondo Angiolo Silvio Novaro, inoltre, è necessario
cercare i mezzi «che del libro allarghino la conoscenza, che spargano e
moltiplichino il gusto e desiderio di lettura, che infondano quest’amore
nell’abitudini e come nel sangue dei molti, che facciano insomma del piacere di
questi molti la loro quotidiana necessità».
Altri scrittori, al contrario, comprendono come le biblioteche possano
costituire un efficace strumento per avvicinare la popolazione al libro,
favorendone quindi la diffusione e, di conseguenza, l’aumento delle vendite in
libreria. Ad esempio Luigi Tonelli affermò: «La biblioteca circolante non nuoce al
commercio del libro, anzi gli giova. Non gli nuoce, perché chi ama il libro buono
e bello, se lo compra, per tenerselo in casa, a portata d’occhio e di mano; e chi non
49
l’ama e non se ne interessa, non lo acquista in nessun caso. Gli giova, perché,
facilitando la conoscenza del libro, vince la naturale resistenza degl’ignoranti, dei
prevenuti, dei diffidenti, dei meno agiati, e li induce, o può indurli, a comprare: il
che non avverrebbe assolutamente senza quella preventiva conoscenza».
Talvolta l’apprezzamento della funzione di promozione del libro svolta dalle
biblioteche è il presupposto di proposte indirizzate più all’isolamento culturale
che alla diffusione della conoscenza, come nel caso di Salvator Gotta che, proprio
perché considerava fondamentale il ruolo delle biblioteche nella promozione della
lettura, propose che esse escludessero dalle loro collezioni i libri stranieri,
favorendo in questo modo la vendita dei libri italiani: «Sono d’avviso che esse
siano utilissime al commercio dei nostri libri. In un Paese dove fino a pochi anni
or sono non si sapeva e non si voleva leggere il libro italiano, penso che gli autori
debbano favorire le biblioteche circolanti considerandole come vere e proprie
“avanguardie” del commercio librario, “uffici réclame”, “saggiatrici del
pubblico”. [...] Appunto perché ho molta fiducia nell’opera efficace delle
biblioteche circolanti, vorrei che da esse fosse escluso, o quasi, il libro straniero.
Se così fosse, la funzione delle biblioteche circolanti verrebbe anche ad essere
benemerita verso la letteratura nazionale».
Le risposte di alcuni scrittori mostrano una buona conoscenza delle
dinamiche insite nella circolazione libraria e del ruolo delle biblioteche. Ad
esempio, Paolo Buzzi rispose: «Come autore editorialmente disgraziatissimo, [...]
non ho che da ripromettermi del bene da queste forme di nobile volgarizzazione
della letteratura».
Luigi Rava: «Credo che diffondere le biblioteche circolanti sia cosa utile
anche all’amore ed alla vendita del libro, prima di tutto perché... comprerebbero
copie del libro nuovo; poi perché invoglierebbero a leggere. È noto che molti
acquistano volentieri un libro, dopo che l’hanno esaminato, e dopo che, alla
lettura, è loro parso piacevole od utile o pratico. Nelle grandi città questo si può
fare dal libraio; nelle piccole non è possibile perché il libraio manca, o non è
provvisto delle novità letterarie o scientifiche. [...] A Roma la Fondazione “Marco
Besso” ha istituito belle biblioteche circolanti nelle scuole elementari [...]».
50
Pietro Rèbora, come si diceva, confronta la situazione italiana con quella
anglosassone: «Credo di capir male la portata della tua inchiesta sulle biblioteche
circolanti. Ma è possibile che vi sia ancora della gente che discute su queste cose?
È pressapoco come discutere se i treni sono necessari o no. Ogni paese civile ha
oramai una vasta rete di biblioteche circolanti che portano il libro in ogni più
isolato villaggio. In Gran Bretagna non esiste borgo o gruppo di casolari che non
abbia una bibliotechina. Nelle campagne queste sono per lo più annesse all’ufficio
postale od alla cartoleria. Ma dalla London Library che possiede 400 mila volumi,
all’ultimo villaggio della Scozia, è tutta una folla enorme di bibliotechine
circolanti che sono considerate oramai un genere di prima necessità, come il
farmacista, il barbiere, il salumiere ecc. Nelle grandi città ogni quartiere ne ha
una, ben fornita, con vasti locali anche per la lettura di riviste ecc., oltre a varie
altre minori. Gli editori inglesi sanno già che certi loro libri verranno quasi
interamente assorbiti dalle circulating libraries. Così, mi si dice, quasi tutte le
edizioni dei romanzi, a 7 scellini e mezzo, sono assorbiti in tal modo; mentre il
pubblico preferisce comprare l’edizione a buon mercato a 2/6. Sono i provinciali
italiani che occorre scozzonare. [...] Io conosco molto bene le case dei proprietari
terrieri della bassa Lombardia, ed è con terrore che devo constatare che nelle loro
case il libro è ignoto! Bisogna obbligare questo mondo provinciale, che spreca le
ore di libertà al caffè e nelle ciarle politiche, a leggere. Gli editori italiani
conducano una crociata in tal senso e, oltre che il bene della cultura, faranno
anche ottimi affari. Vedo che tu stai tentando un’impresa del genere; ed a te vada
il mio più fervente augurio e la mia fraterna benedizione. E considera umile milite
nella tua crociata anche Pietro Rèbora».
Guglielmo Ferrero: «La famiglia del libro si compone di tre ordini di
persone: quelle che comprano i libri e non li leggono, quelle che li comprano e li
leggono; quelli che li leggono e non li comprano. Tutti tre questi ordini di persone
sono necessari, affinché il libro prosperi. Le biblioteche circolanti, che servono
alla terza disciplina della famiglia, più che utili, sono necessarie».
51
Antonino Anile: «L’Italia è il paese dove tutto circola tranne il libro. Vi
hanno zone del nostro Mezzogiorno precluse a questa circolazione in maniera
assoluta. Bisogna penetrarle di libri»37.
Anche gli editori, dal canto loro, considerano positivo il lavoro svolto dalle
biblioteche e anzi esprimono l’auspicio che queste fossero svecchiate, ampliate e
maggiormente conosciute ai cittadini. Solo così potrebbero favorire in maniera
efficace la circolazione del libro.
Così hanno risposto gli editori interpellati: Giovanni Beltrami (Treves): «Le
biblioteche circolanti in Italia son così poche, e credo, così poco prosperose, da
esser indotto a pensare non facciano né caldo né freddo alla vendita del libro.
Siamo purtroppo lontani, non solo geograficamente, ma anche spiritualmente, da
quei paesi dove gli editori possono fare delle speciali edizioni per le biblioteche
circolanti! Ma non bisogna mai disperare».
Giulio Calabi (Messaggerie italiane): «esse sono un bene per questa
diffusione, poiché esistono ancora, pur troppo, in Italia varie categorie di persone
non abituate a leggere, e che è più facile abituare ad avviare alla lettura ed
all’amore del libro dando loro modo di procurarsi questa lettura facilmente e sopra
tutto con economia».
Enrico Bemporad dichiara «di essere sempre stato profondamente convinto
che le biblioteche circolanti aiutano la diffusione del libro e quindi l’editore».
Ettore Cozzani (editore letterato): «Credo all’efficacia delle biblioteche
circolanti, perché tutto ciò che dà il gusto e l’abitudine del leggere aiuta il crearsi
d’un bisogno senza cui il libro non può vivere. L’efficacia è però diminuita da
questi fatti: a) molte delle biblioteche circolanti sono vecchie, antiquate, o
rinnovate soltanto nella parte più varia e futile delle letture amene; b) esse servono
qualche volta a interessi, sia pure spirituali, di gruppi, i quali le rendono troppo
esclusiviste e ristrette, creando monopolii che si fanno anche più serii per
l’aggiunta di pubblicazioni che scelgono e consigliano libri con criteri troppo
particolari; c) sono ignote e quindi dimenticate dalle nuove forze editoriali.
L’opera loro sarà utile davvero quando saranno molte, libere e giovani; e quando
37 Ivi, p. 21.
52
l’A.E.L.I. [Associazione editoriale libraria italiana] avrà dato agli editori e agli
scrittori quell’attesissimo elenco delle biblioteche tutte d’Italia, che si attende
come una liberazione. Allora potranno unirsi in uno sforzo concorde, l’unico in
cui sarebbe utile che si fondessero, biblioteche editori e scrittori: ottenere che la
stampa quotidiana tutta batta tutti i santi giorni questo santissimo tasto
dell’obbligo di ciascun italiano che si rispetti di leggere, di far leggere, di
comprare, di non prestare, d’avere in casa una piccola o grande libreria. Ma
dovrebbe essere una campagna come al tempo dei prestiti nazionali».
G. L. Pomba (UTET): «Io sono del tuo parere: penso cioè che le biblioteche
circolanti siano utili al commercio dei libri; e sottoscrivo alle tue sottili
considerazioni, dettate, come sempre, in forma amenissima. Tu dici però: non
parliamo della loro utilità per la diffusione della pubblica cultura, perché nessuno
pensa a negarla. Parliamone invece, poiché, ammesso tale assioma, l’utilità delle
biblioteche al commercio dei libri ne deriva come logica conseguenza: in quanto
esse diffondono il gusto di leggere e creano sempre nuovi lettori, fra i quali
sorgono poi sicuramente, sia pure in modesta percentuale, anche nuovi acquisitori
di libri che senza le biblioteche non si sarebbero forse formati. Epperò anche
come editore, sono amico delle biblioteche circolanti e non. Non fino al punto
però di approvare la questua che talune si permettono di fare: io ho sempre
condannato e combattuto il malvezzo dell’accattonaggio del libro in tutte le sue
forme».
Viene infine presentato il punto di vista di uno dei più importanti librai di
Roma, Oreste Funari, che sul «Giornale della libreria» ha scritto che le biblioteche
circolanti non danneggiano affatto il lavoro delle librerie, «cosa di cui io stesso –
chiosa Formiggini – non ero del tutto sicuro».
Non furono invece sentiti i bibliotecari, probabilmente considerati troppo di
parte; si segnala però che qualche anno dopo «L’Italia che scrive» pubblicò, nella
Rubrica delle rubriche, la posizione in proposito di Ettore Fabietti che, obiettando
contro coloro che ritenevano le biblioteche pubbliche e circolanti dannose al
commercio del libro, sosteneva che «Tutte le statistiche della produzione libraria
mondiale concordano su questo punto: il numero dei libri che si vendono nei
53
diversi paesi è direttamente proporzionato al numero delle biblioteche pubbliche
circolanti in essi esistenti»38.
Nel tirare le conclusioni dell’indagine, Formiggini espresse la sua
soddisfazione per i risultati, apprezzando l’apertura nei confronti delle biblioteche
dimostrata soprattutto da autori e editori. Si dichiarò infine d’accordo con quanto
affermato da Pomba, denunciando cioè il malcostume (che definisce una vera e
propria “piaga”) di coloro i quali pensano di istituire una biblioteca di qualsiasi
genere rivolgendosi alle case editrici per avere i libri in dono. «Le biblioteche
circolanti – prosegue Formiggini – si debbo fare in grande numero ma i libri
debbono essere comprati e non ottenuti “a sbafo” ed è strano che un giovane ed
intelligente libraio mi abbia scritto che per fare tante biblioteche circolanti
occorrerebbero altrettante riviste su cui pubblicare recensioni per avere i libri
gratis. Il giovanissimo collega non ha evidentemente mai fatto il conto di quanto
costi una rivista e non sa che il materiale che giunge alle riviste per recensioni è
completamente assorbito dai recensori. L’utile che posson dare al commercio del
libro i periodici che con autorità ed equità li recensiscono è enorme e senza
dubbio più largo, più diretto e più efficace che non quello che può venire dalle
stesse biblioteche circolanti; ma qui è soltanto di queste che si doveva parlare e
non d’altro».
A questo proposito va tuttavia ricordato che lo stesso Formiggini aveva
l’abitudine di chiedere agli editori copie omaggio dei nuovi libri pubblicati per
recensione su «L’Italia che scrive», spesso in due copie di cui una esplicitamente
destinata alla biblioteca circolante; è certamente vero, d’altra parte, che la maggior
38 Così proseguiva: «Negli Stati Uniti, la mecca delle biblioteche pubbliche, la produzione annua è
salita nel 1924 a oltre 135.000 libri, mentre in Italia eravamo ancora a 6300 e l’anno successivo, si
scendeva a 5800; né si tien conto del numero degli esemplari, né dei quantitativi rimasti invenduti,
che certamente accrescerebbero la distanza. Si moltiplichi pure per tre la cifra relativa all’Italia,
per ragguagliarla alla diversa popolazione dei due Paesi, e si avrà che la proporzione rimane pur
sempre 1 a 7.Questo rapporto risulta più che raddoppiato a nostro danno se si prendono in esame le
statistiche del consumo di carta che si fa da noi (7 chilogrammi in media per abitante e per anno) e
negli Stati Uniti (110 chilogrammi)»; cfr. «L’Italia che scrive», 10 (1927), n. 7, p. 164.
54
parte della raccolta di quella biblioteca fu costituita attraverso l’acquisto di libri da
parte dello stesso Formiggini.
Il ruolo positivo e virtuoso delle biblioteche circolanti in favore della
diffusione della cultura era già stato oggetto di un intervento dell’editore Pietro
Barbèra che, nel numero unico di «Cultura del popolo: bullettino della Società
italiana cattolica di cultura» pubblicato nel 1900 afferma: «La circolazione della
cultura in un paese, a mezzo del libro, equivale alla circolazione del sangue nel
corpo umano. Come in esso il sistema venoso, così una fitta rete di biblioteche
circolanti distribuisce il sangue spirituale vivificatore in ogni angolo del paese, in
ogni classe della sua popolazione. Bisogna moltiplicare tali biblioteche,
dotandone anche i più piccoli centri, e metterle in comunicazione tra loro»39.
4.5 La partecipazione ai congressi dei bibliotecari
Al di là delle competenze teoriche ricavate dalla lettura di articoli e saggi
pubblicati sulle riviste specializzate o nei rari volumi di argomento
biblioteconomico pubblicati in Italia tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del
Novecento40, la conoscenza che Formiggini ebbe del mondo delle biblioteche
passò in gran parte attraverso i contatti diretti, spesso veri rapporti di amicizia, che
egli ebbe con i più importanti e competenti bibliotecari italiani dell’epoca e la
frequentazione dei congressi bibliotecari, nazionali e internazionali, in cui si
dibattevano i temi di maggiore interesse ed attualità.
39 Minerva libraria, «L’Italia che scrive», 1 (1918), n. 4, p. 67. 40 Cfr. Bibliotheca bibliographica italica: catalogo degli scritti di bibliologia, bibliografia e
biblioteconomia pubblicati in Italia e di quelli risguardanti l'Italia pubblicati all'estero, compilato
da G. Ottino e G. Fumagalli... Graz, Akademische Druck- u Verlagsanstalt, 1957.
55
I congressi dell’Associazione dei bibliotecari italiani
Dalla consultazione dell’Archivio storico dell’Associazione italiana
biblioteche risulta che Formiggini fu iscritto all’Associazione dei bibliotecari
italiani dal 1931 (quindi non fu proprio tra i primissimi ad aderire), fino al 1938,
anno della sua morte.
Il suo nome, che compare come “Formiggini prof. F. A., Editore, Roma”
(sic F.A.) è indicato nel Terzo elenco dei soci41 (p. 487) e, nell’elenco
dattiloscritto42, compare con la quota di Lire 25, quella che pagano i non iscritti
all’Associazione fascista del pubblico impiego. Compare poi regolarmente anche
negli elenchi dei soci dell’Associazione nel 193443 e nel 193744.
Formiggini partecipò in varie occasioni ai congressi dell’AIB; la sua
presenza, non occasionale né sporadica, ma al contrario costante nel tempo,
costituisce segno indubitabile dell’interesse reale e non superficiale dell’editore
per il mondo delle biblioteche.
Formiggini fu infatti presente al primo congresso dell’Associazione dei
bibliotecari italiani45, che si svolse a Roma dal 19 al 22 ottobre 1931, anche se
non risulta che abbia preso parte alla discussione.
Proprio in conclusione del congresso, il deputato modenese Bianchi propose
che fosse Modena, insieme a Firenze, la sede del successivo congresso
dell’Associazione, anche in relazione alle solenni onoranze tributate dalla città a
41 Cfr. L’Associazione dei bibliotecari italiani: atti e comunicati ufficiali, «Accademie e
biblioteche d’Italia», 5 (1931/32), n. 5, p. 452 (IV Elenco degli iscritti). 42 Cfr. Elenco degli iscritti all’Associazione dei bibliotecari italiani, Archivio storico AIB A.II.3,
dattiloscritto, redatto probabilmente in preparazione del secondo Congresso (Modena-Firenze, 12-
15 giugno 1932). 43 Cfr. Elenco degli iscritti, in: Associazione italiana per le biblioteche, Statuto, Regolamento,
Elenco dei soci, Roma, Tipografia Cuggiani, 1934, p. 17-34. 44 Cfr. Elenco dei soci dell'A.B.I., Archivio storico AIB A.II.3, ciclostilato, redatto probabilmente
in preparazione del quarto Congresso (Macerata-Recanati, 26-28 giugno 1937). 45 Cfr. Associazione italiana biblioteche, Il primo Congresso dell’Associazione dei bibliotecari
italiani (Roma, 19-22 ottobre 1931-IX), Roma, [s.n.], 1932 (Roma, Tip. della Libreria del
Littorio), p. 11.
56
Girolamo Tiraboschi, grande erudito e bibliotecario, in occasione del secondo
centenario della sua nascita. Tale ipotesi fu appoggiata anche da Domenico Fava,
direttore della Biblioteca Estense di Modena e soprintendente bibliografico per
l’Emilia, che riportò anche il parere positivo di Giuseppe Fumagalli, già direttore
della stessa Biblioteca Estense e della Biblioteca universitaria di Bologna, e di
Francesco Alberto Salvagnini, Direttore generale delle accademie e biblioteche,
oltre che vicepresidente dell’Associazione.
In occasione del secondo Congresso dell’Associazione dei bibliotecari
italiani46, che infatti si svolse come previsto a Firenze e Modena dal 12 al 15
giugno 1932, Formiggini ebbe un ruolo significativo nell’organizzazione, visto
che il pomeriggio del secondo giorno, lunedì 13 giugno, si svolse, come da
programma, un ricevimento offerto dall’editore proprio nel giardino della sua
abitazione, che fu molto apprezzato e definito, negli atti pubblicati, «un sontuoso
rinfresco»47.
46 Cfr. Associazione italiana biblioteche, Il secondo Congresso dell’Associazione dei bibliotecari
italiani: Modena-Firenze, 12-15 giugno 1932, Roma, Biblioteca d’arte, [1933]. 47 Ivi, p. 71.
57
Fig. 1-2. Ricevimento a Villa Formiggini nel 1932
58
Molto caldo e accogliente fu il discorso di benvenuto ai bibliotecari
intervenuti al ricevimento a Villa Formiggini, in cui l’editore fece tra l’altro
esplicito riferimento alla sua biblioteca circolante:
Illustri ospiti e consoci,
voi avete molti titoli alla mia riconoscenza: e per primo quello di avermi
accolto come collega nella “Associazione dei bibliotecari italiani”, forse per
avere io fondato in Roma una delle più cospicue biblioteche italiane private
aperte al pubblico.
È una biblioteca speciale che si vanta di avere per abbonati anche alcuni
bibliotecari illustri: e il Pintòr48, fra questi, soleva esprimermi la sua benigna
meraviglia nel vedere come un privato possa fare ciò che una biblioteca
pubblica non potrebbe mai fare: per esempio, compilare un catalogo di circa
40.000 volumi, succinto, pratico e... tascabile. (Ne ho in preparazione uno,
rifatto “ab imis”, che forse meriterà anche la vostra approvazione).
Ma soprattutto vi son grato per avermi fatto l’onore di accettare il mio
deferente invito.
In realtà questa non è una festa: è una cerimonia, inopinatamente solenne, di
chiusura di una modesta e vecchia casa di brava e buona gente, cerimonia
che sarebbe per me tristissima se non prevalesse nell’animo mio il grande
compiacimento per l’alto onore che la vostra presenza fa ai miei cari che
questa casa abitarono.
Non ho avuto il conforto che qualcuno di essi fosse ancora presente: voi
forse gli avreste testimoniato che non sono stati del tutto inutili i miei “ludi
cartacei”.
48 Fortunato Pintor (1877-1960) dopo aver lavorato dal 1898 alla Biblioteca nazionale centrale di
Firenze, passò poi nel 1903 alla Biblioteca del Senato del Regno, di cui fu nominato direttore nel
1905. Dal 1929 al 1959 lavorò all’Istituto dell’Enciclopedia italiana. Fece parte del Comitato
promotore dell’Associazione italiana biblioteche, nel 1930, di cui fu socio fino agli anni
Cinquanta. Cfr. la voce Pintor, Fortunato, in: G. De Gregori – S. Buttò, Per una storia dei
bibliotecari italiani del XX secolo cit., p. 146-147.
59
Desidero mostrarvi i miei magazzini modenesi, fiducioso che vi possano un
poco interessare, e desidero mostrarvi gli ultimi saggi della mia fatica a voi
nota: li ho raccolti nel piccolo studiolo dove nella primavera del 1908 iniziai
la mia attività editoriale.
So bene di non aver fatto che poche e piccole cose, ma è certo che quando da
questo studio presi fervidamente le mosse, con quell’eroicomico furore che
non s’è ancora spento, non pensavo che avrei potuto fare il poco che ho
fatto, né avrei potuto ripromettermi la soddisfazione di chiamare Maestri
così illustri a constatarlo.
La mia produzione, quale che sia, si è mantenuta nel volgere degli anni
fedele a se stessa e alle tradizioni del più puro stile italiano: questO dicono i
competenti, questo io credo che sia vero e parmi lecito, e anche un poco
doveroso, vantarmene.
E mi pare anche lecito porre la mia lunga fatica sotto la vostra egida, Maestri
e Colleghi, e raccomandarvela con tutto il cuore.
Formiggini non prese parte invece al congresso del 1934, che si svolse a Bari dal
20 al 23 ottobre. La ragione della mancata partecipazione, come egli stesso spiegò
in una lettera inviata a Luigi De Gregori il 5 novembre 1934 e conservata
nell’Archivio storico dell’AIB, sarebbe stato l’obbligo per i bibliotecari, prescritto
dal regime per la prima volta, di indossare la camicia nera durante la cerimonia
pubblica. Ricostruisce l’episodio Alberto Petrucciani:
L’editore Formiggini scrisse a De Gregori una delle sue letterine gustose, in
cui raccontava di essere andato da lui, senza trovarlo, per iscriversi al
Congresso, a cui partecipava regolarmente: «Stavo per tornare – continuava
– quando ricevetti da Bari un certo stampato dove era detto che per il
congresso occorreva la camicia nera. Pensai perciò di essere stato radiato dai
soci. Io sono disciplinatissimo ma senza camicia nera. L’esercizio
professionale ha perfino compromesso la camicia bianca e uno di questi
giorni mi vedrete nudo». Aveva quindi rinunciato al Congresso, ma ricevuto
qualche mese dopo l’invito a rinnovare la quota d’iscrizione
all’Associazione mandava le sue 25 lire. «Ma credo – concludeva – che me
60
le vedrò respinte per l’affare della camicia. Con la quale (ma bianca) la
saluto cordialmente»49.
Non è chiaro quanto di vero ci sia nel racconto di Formiggini, oppure se la
decisione di non partecipare al convegno sia stata dovuta ad altre ragioni e poi
raccontata con spirito goliardico e con la consueta ironia. Resta il fatto che al
congresso di Bari egli non partecipò, ma pubblicò in ogni caso il resoconto su
«L’Italia che scrive», scritto da Edoardo Scardamaglia, all'epoca direttore
generale delle accademie e delle biblioteche50.
Fig. 3 Biglietto di Luigi de Gregori indirizzato a Formiggini
Formiggini non partecipò neanche al convegno di Genova del 1936, che
però è da considerarsi un evento minore, generalmente non considerato nella serie
dei congressi veri e propri dell’Associazione.
Come risulta dall’elenco dei partecipanti, Formiggini intervenne invece
qualche anno più tardi al quarto Convegno dei bibliotecari, che si tenne a
49 Alberto Petrucciani, Libri e libertà: biblioteche e bibliotecari nell’Italia contemporanea,
Manziana, Vecchiarelli, 2012, p. 158. 50 Edoardo Scardamaglia, Bibliotecari a congresso, «L’Italia che scrive», 17 (1934), n. 11, p. 291-
292.
61
Macerata e Recanati dal 26 al 28 giugno 1937. Nel corso del convegno, dopo
l’intervento di Alfonso Gallo dedicato a La crisi del libro italiano, tema da
sempre particolarmente caro a Formiggini, l’editore prese la parola, intervenendo
«come ex bibliotecario51 e non come editore». Dopo essersi compiaciuto per
l’intervento di Gallo, egli sottolineò come per gli editori italiani fosse
fondamentale il sostegno delle alte gerarchie, per trasformare la “crisi” del libro
nella “rinascita” del libro stesso52.
Riassumendo successivamente sulle colonne de «L’Italia che scrive» i temi
più significativi dibattuti nel corso del convegno, Formiggini evidenziò la
posizione espressa da Luigi De Gregori, il quale aveva affermato che all’estero le
biblioteche «sono aperte a tutti e sono così sentite dalla coscienza pubblica che
fruiscono di contributi ingentissimi per parte di mecenati». Anche in Italia,
proseguì De Gregori, sarebbe stato necessario sensibilizzare l’opinione pubblica a
favore del libro e della lettura attraverso uno sforzo, anche economico, dello Stato
e dei mecenati, al fine di creare in ogni comune e in ogni rione biblioteche
rispondenti alle necessità di ciascuno.
Continuando nel resoconto del convegno, Formiggini riporta quanto
affermato nella sua relazione da Bottai, secondo il quale «in Italia la questione
delle biblioteche e del libro in genere [...] non dipende da ragioni economiche, ma
soltanto da ragioni morali. Se fosse soltanto un problema economico sarebbe assai
facile al Governo Fascista risolverlo prontamente; occorre invece che la questione
del libro investa e penetri il paese e le stesse gerarchie, bisogna che sorga nella
nazione un senso di fiducia verso il libro, verso chi lo scrive e verso chi lo vende.
Bisogna che il libro diventi uno strumento moderno sempre più efficiente di
educazione e di elevazione civile»53.
Nel commento conclusivo di Formiggini si può cogliere l’orgoglio di aver
partecipato a un convegno di bibliotecari in qualità di bibliotecario (o di ex
51 Infatti Formiggini aveva già ceduto la biblioteca circolante nel 1936. 52 Cfr. Associazione italiana biblioteche, Il convegno dei bibliotecari a Macerata e Recanati,
Roma, Biblioteca d’arte, 1937, p. 24. 53 Il convegno dell’A.I.B., «L’Italia che scrive», 20 (1937), n. 8, p. 208.
62
bibliotecario): «Abbiamo partecipato a questa bella adunata di Bibliotecari, come
fondatori di una biblioteca, come ideatori di un catalogo a stampa per autori, per
materia e per lingua che fu riconosciuto un ingegnoso modello e come
bibliografi». Il suo orgoglio era anche dovuto al fatto che la rivista «L’Italia che
scrive» avesse avuto tra i primi redattori il bibliotecario Domenico Fava, al quale
si aggiunsero molti altri bibliotecari e bibliografi, che fecero di quella rivista un
punto di riferimento per chiunque si fosse interessato di questi argomenti.
Pochi mesi prima della drammatica conclusione della sua vita, infine,
Formiggini partecipò al convegno nazionale organizzato a Bolzano e a Trento dal
14 al 16 maggio 193854, senza tenera alcuna relazione. Si segnala però che, al
termine della terza sessione, nel pomeriggio del 15 maggio, dopo la relazione in
cui Giovanni Maria Simonato55 aveva sottolineato l’importanza di avere a
disposizione strumenti di informazione bibliografica di qualità, proponendo di
ricorrere a un referendum tra i professori universitari e i rappresentanti della
cultura per individuare i migliori repertori e le principali riviste nei diversi ambiti
disciplinari, allo scopo di compilare una “guida sistematica di cultura”,
Formiggini fu chiamato in causa dal Presidente Leicht, il quale ricordò che
proprio Formiggini aveva fatto, con la collana delle Guide bibliografiche, un
efficace tentativo in tale direzione alcuni anni prima.
In effetti, chiarì Formiggini, il progetto editoriale da lui realizzato fu quello
di pubblicare una serie di repertori bibliografici a carattere nazionale ma, dopo un
primo periodo di grande diffusione, esso naufragò, «ed egli non sa dire se ciò fu
un bene o un male». A proposito della proposta di Simonato, poi, Formiggini
osservò che tutto ciò che riguarda la diffusione del libro debba essere preso in
54 Cfr. Associazione italiana per le biblioteche, Il Convegno nazionale dei bibliotecari italiani:
Bolzano-Trento, 14-16 maggio 1938, Roma, Biblioteca d’arte, 1938, p. 2. 55 Su Simonato, all’epoca direttore della Biblioteca Isontina di Gorizia, cfr. Alberto Petrucciani,
Simonato, Giovanni Maria, in: Dizionario bio-bibliografico dei bibliotecari italiani del XX secolo,
a cura di Simonetta Buttò, «AIB-WEB», <http://www.aib.it/aib/editoria/dbbi20/simonato.htm>.
63
considerazione, domandandosi però se non fosse più opportuno, invece di fare una
guida per gli studenti, pensare a una guida per i bibliotecari56.
In occasione del congresso di Bolzano, Formiggini scrive, con il suo stile
ironico e scherzoso, una sorta di presentazione dell’associazione professionale dei
bibliotecari, delle sue funzioni e dei suoi protagonisti, ironizzando sulle loro virtù
e sui loro vizi:
C’è chi invece di dire L’AIB pronuncia LAIT facendo una madornale
contaminazione fra la sigla dell’Associazione nazionale per le biblioteche e
il nome del senatore Leicht che fino dal suo nascere la presiede con
signorilità e sollecitudine. Il Leicht e il Salvagnino che ne furono i primi
organizzatori avrebber voluto farne una Associazione cui partecipassero tutti
gli amici delle Biblioteche e per estensione tutti gli amici del Libro: invece la
associazione si è praticamente [sic] a raccogliere sotto le sue insegne solo
noi specialisti, cioè noi bibliotecarii e noi bibliografi.
È una specie di DOPOLAVORO dei Bibliotecari che si raduna una volta
all’anno per alcuni giorni per darsi alla più pazza e pantagruelica orgia di
ludi cartacei e pergamenacei: in queste riunioni si parla con grande calore di
codici di schede di cataloghi e di tutto ciò che concerne la vita delle
biblioteche.
Tutta gente che sarebbe disposta a stare tre o quattro giorni senza mangiare
pur di non perdere il filo delle proprie discussioni e che anche quando non
riesce a sottrarsi al costume universale di prendere i pasti continua le sue
discussioni a tutto pasto e le continua sui torpedoni quando si rechi a fare
una escursione al così detto lago di Carezza o a rendere onore alla tomba del
Poeta nella ua fantasiosa dimora del Vittoriale.
Quando ci è possibile noi seguiamo col massimo interesse questi convegni di
questi nostri colleghi maggiori e minori: maggiori perché di biblioteconomia
o di bibliotecnica come l’on. Lunelli vorrebbe che si dicesse ed essi ci
accolgono sempre con ilare cordialità perché noi sappiamo non far pesare la
nostra superiorità rispetto a loro che sono dottissimi di bibliografia, tanto che
seguendo i loro lavori a noi sembra di seguire un corso di perfezionamento.
Ma la loro dottrina non è poi un gran merito perché essa è il risultato di
lunghi anni di studi che noi non abbiamo mai fatto, mentre nessuno di loro
56 AIB, Il Convegno nazionale dei bibliotecari italiani cit., p. 103-104.
64
ha saputo fare quello che noi abbiamo pur saputo fare nel nostro tempo
migliore, ed hanno avuto la grande cortesia di riconoscerlo, cioè abbiamo
saputo far circolare per l’Italia e fuori d’Italia i nostri repertori bibliografici
come adesso vi circolano i libri gialli.
E poi i Degregori, i Fava, i Boselli, la Mondolfo, la Vichi, la Hortiz, la Lodi,
lo Jahier, fino alla giovanissima Dainotti [...] per limitarmi a citare a caso
alcuni dei Capi delle biblioteche dello Stato senza scendere a citare qualcuno
dei Sorbelli, dei Madaro, degli Squassi che dirigono le biblioteche maggiori
non appartenenti allo Stato, sono tutti bravissima gente, ma che, in fondo,
non ha saputo fare altro che riordinare e dirigere, sia pure con grande amore
e dottrina biblioteche che aveva trovato belle e fatte, mentre noi (porcaloca)
una nostra biblioteca la avevamo creata dal nulla, una biblioteca che, se il
Governatore di Roma Principe Boncompagni non fosse stato male
consigliato avrebbe oggi una sua assai singolare funzione nella Metropoli
come sarà più chiaramente dimostrato in quel tale volume autobiografico che
noi non mancammo di preannunciare al Principe Boncompagni e che stiamo
preparando col titolo TRENT’ANNI DOPO.
È bene dunque che il concetto di non escludere i profani sia praticamente
abbandonato: la bibliotechistica o la libristica che sia (vedrai Lunelli che ci
metteremo d’accordo anche sul nome e ti do del tu pure avendo avuto
l’onore di vederti una sola volta perché tu possa fare su te stesso l’esperienza
di essere tutuaié dal primo che capita come tu vorresti) queste discipline
insomma relative alla biblioteca sono una scienza vera e propria e come nei
congressi [di] medicina ci vanno solo i medici e a quelli di matematica i soli
matematici ci vadan è logico che ai convegni della società per le biblioteche
partecipino solo i bibliotecari e i bibliografi. […]
L’AIB quest’anno ha concretato in un disegno simbolico la sua funzione.
Pare che il simbolo voglia esprimere che il bibliotecario lavora sui libri dal
canto del gallo fino alla più tarda notte al lume della lampada. Altri hanno
interpretato il simbolo nel senso che esso rappresenta il bibliotecario che
studia dalla sera alla mattina e poi se ne va tranquillo a dormire fino alla
mattina seguente: ma questa interpretazione ci pare arbitraria ed
incongruente57.
57 Biblioteca Estense universitaria, Archivio editoriale Formiggini (d’ora in poi BEU, AEF),
Autografi e dattiloscritti, dattiloscritto senza data.
65
Il Primo Congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia del
1929
Una delle manifestazioni più importanti in ambito bibliotecario a livello
internazionale fu il Primo Congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia,
che si tenne tra Roma e Venezia dal 15 al 30 giugno 192958 e che si concluse con
la costituzione della Federazione internazionale delle associazioni bibliotecarie
(IFLA)59 e poi, l’anno successivo, con la fondazione dell’Associazione dei
bibliotecari italiani, presieduta dal senatore Pier Silverio Leicht.
Il convegno rappresentò un evento di grande importanza non solo per l’alto
contributo scientifico apportato dalle relazioni presentate, ma per le dimensioni
organizzative, il numero di partecipanti provenienti da ogni parte del mondo,
l’importanza dei bibliotecari convenuti e la risonanza internazionale dell’evento.
Il Congresso, infatti, durò 16 giorni e fu distribuito, oltre che nelle due città
principali di Roma e Venezia, anche in altre sette (Bologna, Firenze, Milano,
Modena, Montecassino, Napoli e Trieste), dove furono organizzate esposizioni e
visite alle biblioteche, con la partecipazione di oltre 1300 bibliotecari provenienti
da quasi quaranta paesi.
Dalla lettura degli atti emerge però, con grande chiarezza, un altro aspetto
importante e cioè che in un periodo in cui la politica culturale del regime fascista
stava imponendo forti condizionamenti sulle varie componenti sociali, la politica
bibliotecaria fosse realizzata prevalentemente, al di là di qualche
strumentalizzazione finalizzata a perseguire gli obiettivi del regime, dai vertici
amministrativi e dal personale tecnico bibliotecario, che dimostrarono, in quella
occasione così come successivamente, una grande competenza professionale e una
58 Cfr. Primo Congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia, Roma, Venezia, 15-30
giugno 1929, a. VII.: atti, pubblicati a cura del Ministero della educazione nazionale (Direzione
generale delle accademie e biblioteche), Roma, Libreria dello Stato, 1931-1933, 6 vol. 59 La costituzione dell’IFLA era stata già deliberata nel corso del congresso della Library
Association tenutosi a Edinburgo nel 1927.
66
buona capacità di realizzare i propri obiettivi di modernizzazione del sistema
bibliotecario, al di là degli aspetti ideologici e senza entrare in conflitto con la
burocrazia del regime60.
Formiggini fu coinvolto nel Congresso mondiale su due fronti: da una parte
fu invitato a tenere una relazione nella sessione dedicata a Industria del libro e
bibliofilia, dall’altra fu incaricato dal Comitato esecutivo del Congresso, nella
persona del Segretario generale del Congresso Vincenzo Fago61, della stampa e
della divulgazione dei comunicati ufficiali del Congresso stesso62, che Formiggini
pubblicò regolarmente su «L’Italia che scrive»63.
Tuttavia Formiggini, per questa sua attività editoriale, non venne pagato, se
non dopo molte richieste e per una cifra molto inferiore a quella concordata.
Questo gli provocò una grande amarezza, non solo per il mancato introito, che per
lui era particolarmente grave visto la dissestata situazione economica in cui
versava la sua casa editrice, ma anche per la delusione provocata dal mancato
riconoscimento di un’attività che, come la solito, Formiggini portò avanti più per
60 Cfr. P. Traniello, Storia delle biblioteche in Italia: dall’Unità a oggi cit., p. 167-168; Alberto
Petrucciani, Libri e libertà: biblioteche e bibliotecari nell’Italia contemporanea, Manziana,
Vecchiarelli, 2012, p. 155. 61 Vincenzo Fago (1875-1940), «singolare figura di bibliotecario giramondo», dirigeva all’epoca
l’Ufficio Scambi internazionali del Ministero degli esteri e, oltre a parlare correttamente inglese e
francese, poteva vantare grandi capacità di comunicazione e di relazione (cfr. A. Petrucciani, Libri
e libertà cit., p. 98; Cfr. anche la voce Fago, Vincenzo, in: G. De Gregori – S. Buttò, Per una
storia dei bibliotecari italiani del XX secolo cit., p. 78. 62 Si vedano la lettera di Formiggini del 22 febbraio 1929 a Vincenzo Fago e quella del 28 febbraio
1929 ad Antonio Cippico, uomo politico e scrittore (1877-1935), conservate nell’Archivio
editoriale Formiggini presso la Biblioteca Estense di Modena. Nella citazione delle lettere il testo è
trascritto fedelmente, limitandosi dove necessario a interventi sulla punteggiatura e sulle eventuali
sviste o errori di battitura. 63 Per i resoconti del Congresso su «L’Italia che scrive» cfr. Congresso mondiale delle biblioteche
e di bibliografia, «L’Italia che scrive», 12 (1929), n. 3, p. 61-68; I° Congresso mondiale delle
biblioteche e di bibliografia, «L’Italia che scrive», 12 (1929), n. 4, p. 101-106; I° Congresso
mondiale delle biblioteche e di bibliografia, «L’Italia che scrive», 12 (1929), n. 5, p. 137-142;
Saluto ai congressisti, «L’Italia che scrive», 12 (1929), n. 6, p. 173.
67
l’entusiasmo nei confronti di un progetto di promozione del libro e della lettura
che per la esclusiva ricerca di profitto64.
In una lettera a Fago del 15 maggio 192965, Formiggini, lamentando di non
essere stato pagato, ricordava che quando aveva richiesto che fossero messi nero
su bianco i termini dell’accordo Fago gli aveva risposto: «Fra galantuomini non
occorre un impegno scritto, basta la parola». Ma evidentemente la parola non
bastò se, a proposito di un incontro con Cippico, Formiggini scrive: «Ma quando
l’ho pregato di volere disporre per il saldo delle fatture da me presentate secondo
le istruzioni da te datemi e le minute di tuo pugno stillate, che conservo, egli mi ha
detto che l’alto onore avuto doveva essere mia sufficiente mercede, che lui non
aveva dato nessuna autorizzazione, non sapeva nulla, non ha nulla». Più avanti,
Formiggini ammette però l’intenzione di Cippico di trovare una soluzione
positiva:
Il Sen. Cippico, riconfermandomi tutta la cordialità, tutta la stima di cui mi
ha sempre onorato, sembra disposto a farmi assegnare dal Ministro una
generosa somma; per incoraggiare la mia dura fatica che si protrae da ventun
anni e nella quale ho profuso tutte le mie private sostanze e per
riconoscimento delle mie benemerenze come propagandista del libro
italiano. Se così sarà per accadere, e se questo vagheggiato premio che so
bene di meritare non sarà tale da costituire un puro rimborso di spese, io
dovrò rassegnarmi a considerare che sia stata una amichevole celia quella
che tu mi hai ordito, ma poiché potrebbe non essere che all’amico Cippico
riuscisse di farmi assegnare un premio proporzionato alle mie benemerenze,
ai sacrifici volontari e involontari da me sostenuti e a quanto è stato fatto
senza titoli speciali per molti altri miei colleghi, e poiché il Sen. Cippico ha
dichiarato che tutto questo sarà indipendente dagli obblighi da te assunti
verso di me, mi prendo premura di farti consapevole che trovandomi nella
impossibilità fisica di sacrificare una somma egregia nelle mie presenti
ristrettezze, io farò te personalmente responsabile di quanto in presenza di
64 In una lettera a Fago del 24 aprile 1929, conservata nell’Archivio editoriale, Formiggini si
auspica che Fago e Cippico siano «ben persuasi che il contributo richiestovi non è che un puro
rimborso di spese e vorrai riconoscere che da quando mi sono messo a servirvi tutta la mia
organizzazione è polarizzata verso questo scopo». 65 BEU, AEF, Lettera di Formiggini a Vincenzo Fago, 15 mag. 1929.
68
buoni testimoni ordinatomi. Mando intanto copia raccomandata di questa
lettera al Sen. Cippico, e se non avrò legittima soddisfazione ne manderò
copia a S.E. il Ministro della Pubblica Istruzione, a S.E. il sottosegretario di
Stato On. Leicht, che mi onora della sua benevolenza, e al Comm.
Salvagnini tuo superiore diretto.
Ai momenti di vera e propria rabbia Formiggini alternava atteggiamenti più
rassegnati e concilianti: «Mi sono purtroppo accorto che la lusinga del premio
fattami da te e dall’amico Mancini aveva solo lo scopo di immobilizzarmi. Se
riuscissi a farmi avere diecimila lire sulle diciassette dovutemi, mi rassegnerò con
minore amarezza».
Il “tira e molla” proseguì, portando Formiggini ad accontentarsi di compensi
sempre minori, probabilmente in attesa di successivi conguagli. In una lettera del
3 giugno 1929 scrive:
Sono stato pregato dall’Egregio Segretario Generale di accettare 5.000 lire a
saldo delle 17.000 dovutemi, con la promessa che l’Ill. Direttore Generale
Comm. Salvagnini mi avrebbe assicurato di farmi avere uno dei famosi
premi sul così detto “Fondo del milione”, e che anche l’on. Ciarlantini mi
avrebbe consigliato di accettare e date assicurazioni per il premio.
Il Comm. Salvagnini, invece, mi ha dichiarato che per il premio non può
prendere impegni di sorta, e un funzionario competente mi ha detto che i
fondi per il premio sono già esauriti e che in un successivo esercizio
l’assegnazione non spetterà più al Ministero ma alla Accademia d’Italia.
L’On. Ciarlantini mi ha poi detto di avere infatti promesso di pregarmi ad
acconsentire che la somma dovutami di 17.000 lire fosse un poco ridotta, ma
che non voleva affatto illudermi circa il premio, perché se si negava quanto
dovutomi, a fortiori mi si sarebbe negato ciò che non mi era a stretto rigore
dovuto.
Mi spiegò che il contegno a mio riguardo dell’On. Cippico che non riuscivo
a comprendere, era dovuto soltanto ad un minaccioso quanto inopportuno
intervento di alcune persone estranee a codesto Comitato.
69
Stando così le cose, faccio appello ai sensi di rettitudine e di equità di
codesto Comitato, perché non mi si voglia indebitamente depauperare di ben
dodicimila lire effettivamente spese, e prego di farmi versare almeno 10.000
lire invece di 5.00066.
Al di là dell’attività di pubblicizzazione, di divulgazione e di informazione
relativa al Congresso dalle colonne de «L’Italia che scrive», Formiggini partecipò
in prima persona alla sua elaborazione scientifica con una relazione presentata
nella sezione dedicata a Industria del libro e bibliofilia, che intitolò Coscienza
libraria e propaganda del libro. La coscienza libraria, che spesso ritorna nella
riflessione di Formiggini, consiste nella consapevolezza dell’importanza del libro
per la diffusione della cultura e la crescita morale di un popolo. In questo
contesto, Formiggini esalta il ruolo dell’editore che, se non si limita a svolgere la
sua attività per scopi di mero profitto economico, è mosso da mosso da un
sentimento di autentica passione, quasi una vocazione. Da momento che questa
attività solo raramente riesce a produrre adeguati profitti, Formiggini chiede che
lo Stato, in ragione dell’importante ruolo culturale e sociale dell’attività editoriale,
garantisca il sostegno economico alle aziende editoriali. Così recita la relazione di
Formiggini al Congresso mondiale del 1929, intitolata Coscienza libraria e
propaganda del libro:
Coscienza libraria è coscienza civile.
Coscienza libraria è la consapevolezza della importanza che il libro ha nel
destino di un popolo. La pubblica istruzione in generale, la biblioteconomia,
la bibliografia in particolare, non sono che aspetti della coscienza libraria.
Ma più direttamente rivelano la coscienza libraria di un popolo tutte le
provvidenze specifiche che sono atte a rendere agevole la vita del libro, ad
elevare il culto del libro, a perfezionarne la produzione, a facilitarne la
diffusione.
Questo vastissimo quadro degli aspetti della coscienza libraria, e i problemi
che ne promanano, sono così limpidi e chiari nel cuore di coloro che
66 BEU, AEF, Lettera di Formiggini a Vincenzo Fago, 3 giu. 1929.
70
partecipano al Primo Congresso Mondiale delle Biblioteche che è superfluo
illustrarli uno per uno.
Intendo solo di accennare all’aspetto più trascurato, spesso non inteso o,
peggio, frainteso, e cioè alla consapevolezza della nobiltà, della utilità
sociale e della difficoltà che sono proprie dell’attività editoriale. M’è
sembrato giusto che ad un congresso mondiale dei libri non mancasse, per
quanto umilmente espressa, la voce degli editori.
I quali, se molto stampano o fanno stampare, hanno in tutto il mondo una
pessima stampa, specie là dove la coscienza libraria è meno progredita ed
affermata.
L’attività editoriale, è vero, può prestarsi anche alle meno pulite avventure,
può essere un mezzo qualunque per arraffare quattrini, ma è anche, molto
spesso, la espressione di una austera passione, di una vocazione profonda e
nella editoria di tutto il mondo sono assai più numerosi martiri che i
gaudenti.
In ogni modo nessuna altra attività industriale è così difficile ed aleatoria e
così avara nel consentire vantaggi adeguati agli imprenditori.
Se l’attività editoriale, intesa nelle sue più nobili manifestazioni, è così
difficile, onerosa, aleatoria e di scarse risorse, occorre che sia protetta con
pubbliche provvidenze, con speciali tariffe per i trasporti e con speciali
mezzi logistici, e con quanto altro ogni paese giudicherà opportuno allo
scopo, ma, prima di tutto e da per tutto, l’attività editoriale dovrà essere
onorata in sé e per sé, per i sacrifici che costa e per il bene sociale che può
produrre.
Quando questi sentimenti siano ben penetrati In un paese, (e beati quei paesi
dove tali sentimenti hanno già radici ben profonde) tutto verrà da sé: le
pubbliche provvidenze di ogni genere e quel benigno consenso della stampa
che tanto può contribuire alla fortuna editoriale di un paese.
La storia dell’umanità può essere fatta per secoli o per paesi o per materie. Si
fa la storia del tal secolo, la storia del tale stato o della tale nazione, la storia
di questa o di quella disciplina: ma la storia della civiltà potrebbe anche
essere polarizzata sui nomi delle Case editrici che costituiscono il recapito
dei libri e delle idee in essi espresse.
Perché una casa editrice ha, o dovrebbe avere, una sua speciale
significazione, tale da darle un volto suo proprio e tale da contribuire a
71
formare il volto editoriale di una nazione; e quanto più le nazioni sono
progredite, tanto più tengono a questa loro particolare fisonomia che le
distingue da tutto il resto del mondo.
Il problema della dignità della funzione editoriale si connette con quello
della propaganda del libro.
Una decina di anni fa concepii un piano di propaganda libraria per il mio
Paese, cioè una collana di Guide bibliografiche per le singole materie in cui
fosse raccolto l’essenziale, e solo l’essenziale, della nostra produzione,
illustrato da una introduzione che servisse da orientamento generale,
introduzione che avrebbe dovuto essere tradotta nelle lingue principali.
Se quel felice mio concepimento non fosse stato poi reso irriconoscibile,
oggi avrei potuto presentare a ciascuno di voi, in una lingua per ciascuno di
voi famigliare, il quadro della produzione libraria italiana per tutte le
discipline e questa sarebbe stata la mia vera giornata.
Ma la conoscenza della bibliografia di una nazione potrebbe essere fatta,
anziché per materie come io avevo pensato, anche per case editrici. Nelle
pubbliche esposizioni di libri, al concetto della distribuzione per materie,
prevale quasi sempre quello per editori: il conoscere nella loro compiuta
espressione le più significative Case editrici di un paese, vuol dire appunto
conoscere le caratteristiche più emergenti dell’attività libraria di quel paese.
L’attività editoriale è la più individualistica delle attività; per chi sappia
trovare una sua via, la meno assillata dalla concorrenza. Ciò non toglie che
ciascuna impresa editoriale non debba sforzarsi con ogni mezzo per
richiamare su di sé l’attenzione del pubblico: la notorietà è elemento
essenziale di successo.
Quello che avviene di un editore in confronto cogli altri editori dello stesso
Paese, avviene delle nazioni in confronto colle altre nazioni: ciascuna tende,
legittimamente, alla propria affermazione libraria, e cerca di emulare e di
superare l’altra, ma, come gli editori di un paese possono e debbono
cordialmente allearsi per affermarsi collettivamente in patria e all’estero,
così la propaganda culturale che ogni popolo civile intende di esercitare nel
mondo, deve essere animata da un senso di simpatia e di solidarietà verso la
civiltà dei paesi nei quali si vorrebbe penetrare.
Le mie modeste esperienze di propagandista del libro italiano mi hanno ben
persuaso di questo: che cioè la simpatia è un’arma spesso più efficace della
72
sopraffazione. I risultati conseguiti li debbo sopratutto a questo mio metodo
e a questi miei genuini sentimenti.
In una riunione universale di amici del libro, tutti animati appunto da
vicendevole simpatia per la comunità degli intenti e delle aspirazioni, mi
sembrava giusto che fosse affermato questo principio generale, perché
ognuno di noi, ritornando al proprio posto di combattimento, non dimentichi
di usare, come arma, quella che ho sperimentato come la più civile e la più
efficace di tutte67.
A congresso finito, Formiggini pubblicò su «L’Italia che scrive» un sintetico
bilancio, in cui elogiò la ricchezza del patrimonio bibliografico messo in mostra
nelle diverse esposizioni, criticando invece l’organizzazione del congresso vero e
proprio, certamente ricco di 140 relazioni ma talvolta, forse proprio per questo,
“poco disciplinato”, con il rischio di far venire meno una visione complessiva
dell’evento. Lamentava inoltre che, nonostante «L’Italia che scrive» fosse stata la
prima rivista a parlare del Congresso già alcuni mesi prima, essa fosse stata in
qualche modo messa ai margini su indicazioni di “Cuorcolpelo”, pseudonimo
dietro il quale si nasconderebbe presumibilmente Giovanni Gentile. In
conclusione, secondo Formiggini, il congresso e tutti gli eventi correlati avevano
rappresentato solo l’inizio: «Il congresso, si può dire, dovrebbe cominciare ora: si
dovrebbe cioè ora digerire, coordinare, riassumere sistematicamente e
convenientemente produrre ciò che è stato fatto»68.
4.6 Amici, clienti e concorrenti: Formiggini e i bibliotecari
Fin dai primi tempi della attività di editore di Formiggini, molti bibliotecari
manifestarono attenzione e apprezzamento per il suo lavoro, per quanto
riguardava la qualità e l’originalità dei volumi pubblicati, ma anche per la cura
67 A. F. Formiggini, Coscienza libraria e propaganda del libro, in: Primo Congresso mondiale
delle biblioteche e di bibliografia cit., p. 35-37. 68 Angelo Fortunato Formiggini, A congresso finito, «L’Italia che scrive», 12 (1929), n. 7, p. 208.
73
grafica che li caratterizzava. In occasione della nascita della rivista «L’Italia che
scrive», poi, essa fu salutata da molti giudizi lusinghieri di autorevoli intellettuali
e scrittori, ma anche di bibliotecari, che Formiggini pubblicò con malcelato
orgoglio sulle colonne de «L’Italia che scrive»69. Ad esempio, Domenico Fava,
direttore della Biblioteca Estense di Modena, affermò che «l’idea è ottima e se
non è ancora tradotta in atto compiutamente la colpa non è sua ma un po’ dei
tempi che attraversiamo e un po’ della natura di queste imprese che non nascono
mai perfette ma tali riescono con l’esperienza. Ad ogni modo anche da questo
primo numero, messo insieme in fretta, si capisce che farà cosa utilissima e
vitale». Incoraggianti furono anche i giudizi di Luigi Ferrari, vicebibliotecario
presso la Biblioteca del Senato: «Ben ardua impresa! Ma ella saprà uscirne
vittorioso». Albano Sorbelli, all’epoca direttore della Biblioteca comunale di
Bologna: «Promette molto bene». Giuseppe Fumagalli: «[…] simpatica anche
nella sua veste austera»70.
Più in generale, nel corso di tutta la sua vita di editore e nella realizzazione
delle sue molteplici attività di promozione del libro, per il suo essere uomo di
cultura, curioso di tutto ciò che lo circondava, Formiggini entrò in relazione con
molti dei più importanti bibliotecari dell’epoca, talvolta solo per ragioni di lavoro,
magari per convincerli ad acquistare le sue pubblicazioni, ma più spesso
instaurando dei rapporti umani duraturi, nei quali spesso il confronto culturale si
affiancò all’istaurarsi di vere e proprie amicizie, favoriti certamente dal carattere
allegro e gioviale dell’editore.
69 Nel breve Fervorino, in apertura dell’articolo, così scrive Formiggini: «Coraggioso è attributo
offensivo per un editore. Si dice infatti coraggiosa un’iniziativa sballata. Questa non è una impresa
coraggiosa, è semplicemente un atto di fede nella bontà, diremmo quasi nella santità di una grande
causa». 70 Angelo Fortunato Formiggini, L’ICS, «L’Italia che scrive», 1 (1918), n. 2, p. 20-21.
74
Molto affetto e calore, ad esempio, esprime l’appena ventisettenne Virginia
Carini Dainotti71, da poco direttrice della Biblioteca statale di Cremona, che il 1°
maggio 1938, pochi mesi prima della scomparsa di Formiggini, gli scrive:
«Non so di cosa ringraziarla prima: se d’essersi ricordato di me (e mi ha
fatto così piacere), se delle fotografie o dell’opuscolo.
Nella sua “concione” l’arguzia non è poi così spensierata e genuina, sicché a
un punto si ride e a un punto ci si sente lo sforzo di volgere in ridere una
cosa che le fa male.
Ella è certo la persona meno noiosa del mondo ma Ella è sopra tutto una cara
persona e mi preoccupa molto che forse io non Le abbia mostrato quanto è
grande e viva la mia simpatia.
Cerchi di non dimenticarmi e se può mi voglia bene.
Dalla consultazione dell’Archivio editoriale Formiggini emergono molti carteggi
con bibliotecari, di dimensioni e rilevanza diversi, giustificati a volte da ragioni di
interesse professionale, come ad esempio la richiesta di acquistare le
pubblicazioni edite da Formiggini, oppure da ragioni personali e di amicizia.
Si segnalano di seguito, solo a titolo di esempio, alcuni di questi carteggi,
particolarmente interessanti per la notorietà dei destinatari e il loro ruolo nel
mondo delle biblioteche, ma in quanto evidenziano il rapporto e la familiarità che
Formiggini ebbe con alcuni importanti bibliotecari.
Luigi De Gregori
Certamente grande è l’influenza di uno dei più importanti bibliotecari di
quell’epoca, Luigi de Gregori72, sul mondo bibliotecario della prima metà del
71 Virginia Carini Dainotti (1911-2003) diresse la Biblioteca statale di Cremona dal 1936 al 1942;
cfr. Virginia Carini Dainotti e la politica bibliotecaria del secondo dopoguerra: atti del convegno,
Udine, 8-9 novembre 1999, a cura di Angela Nuovo. Roma: Associazione italiana biblioteche,
2002.
75
Novecento, come pure su quegli uomini di cultura che si interessavano del mondo
del libro e delle biblioteche, come nel caso di Formiggini. In un articolo sul
«Corriere della sera» del 16 giugno 1927 intitolato Cultura e biblioteche, De
Gregori, introducendo l’innovativo concetto di public library, sottolineava come
«bisogna che la necessità delle biblioteche pubbliche entri nella coscienza
nazionale [...]»73, che devono essere considerate un “servizio pubblico” alla
stregua dell’illuminazione, della scuola e dei servizi sanitari.
Quella della “coscienza libraria”, come si è visto, è una parola d’ordine che
risuona spesso anche negli scritti di Formiggini, declinata in forme diverse ma
sempre a significare l’importanza del ruolo del libro per favorire la circolazione
delle idee e la diffusione della cultura.
Il tema dell’importanza della diffusione della cultura in tutte le fasce sociali,
sempre al centro della riflessione formigginiana ma soprattutto delle sue attività di
editore e promotore culturale, entra in forte consonanza con quanto scrive De
Gregori: «Perché la cultura superiore di pochi, e sia pure di molti, non può bastare
al reale progresso di una Nazione. È l’educazione media collettiva che fa da indice
e che dà frutti di miglioramento anche nella vita materiale. Per questa educazione
collettiva, quale altro strumento esiste diverso dal libro?»74.
72 Fondamentale fu la figura di Luigi De Gregori (1874-1947) sul mondo delle biblioteche italiane
a partire dagli anni Venti e numerosi e straordinariamente moderni i suoi scritti, per i quali si
segnala almeno Luigi De Gregori, La mia campagna per le biblioteche (1925-1957), Roma:
Associazione italiana biblioteche, 1980; per la bibliografia degli scritti si rimanda a Giorgio de
Gregori, Opere di Luigi de Gregori, in: Studi di bibliografia e di argomento romano in memoria di
Luigi De Gregori, Roma: Palombi, 1949, p. 32-39, oltre che alla bibliografia alla fine della voce
biografica di Andrea Paoli, Luigi de Gregori, in: Dizionario biografico dei soprintendenti
bibliografici cit., p. 227-241. Per quanto riguarda invece gli scritti dedicati a De Gregori, si
segnala Giorgio De Gregori, Vita di un bibliotecario romano: Luigi De Gregori: con i suoi diari,
documenti inediti, note e figure, con la collaborazione di Andrea Paoli, Roma: Associazione
italiana biblioteche, 1999; si rinvia inoltre alla bibliografia presente alla voce biografica curata da
Paoli già citata. 73 L. De Gregori, La mia campagna per le biblioteche cit., p. 63. 74 Ivi, p. 64
76
De Gregori, che per lavoro viaggiò molto, ebbe certamente un ruolo
importante nel diffondere le idee più moderne provenienti soprattutto dal mondo
anglosassone a proposito del ruolo della biblioteca nella società, portando come
esempi le più significative ed avanzate esperienze straniere. Nelle relazioni ai
convegni a cui partecipò e nei suoi scritti, De Gregori sottolineò che la biblioteca
è un diritto di tutti e che è necessario aprire le istituzioni della pubblica lettura non
solo agli adulti ma anche ai ragazzi. In Italia mancavano invece, a fianco delle
biblioteche di alta cultura e di ricerca, strutture analoghe alle public library inglesi
e statunitensi75.
Tra le ragioni che stavano all’origine del limitati sviluppo delle biblioteche
italiane rispetto alle biblioteche anglosassoni, De Gregori sottolineava che,
paradossalmente, proprio la ricchezza delle biblioteche italiane, ricche di libri
antichi e preziosi, spesso anche nel caso di piccole biblioteche comunali, aveva
ritardato e a volte impedito lo sviluppo delle biblioteche pubbliche, affermava
paradossalmente – ma non troppo – che dovevano essere considerate «felici le
biblioteche che non hanno storia»76. La storia e la tradizione bibliotecaria italiana
rende quindi difficile lo sviluppo di una moderna biblioteca pubblica. Prosegue
più avanti De Gregori: «In fatto di biblioteche, le nostre tradizioni furono sempre
statiche. E il tipo venerando di biblioteca che i secoli ci tramandarono c’impedisce
ancora di concepire la biblioteca come un’esigenza spicciola della vita civile. La
biblioteca nostra e la library americana non sono sinonimi: quella è per
consuetudine, come lo è per definizione, la conservatrice; questa è la dispensatrice
del libro. Quella è tanto più biblioteca quanto più chiude le sue porte, questa è
75 Sulla introduzione in Italia del modello americano della public library si veda almeno Giovanni
Solimine, Il mito americano e la nascita della public library, in: Id., La biblioteca e il suo tempo:
scritti di storia della biblioteca, Manziana, Vecchiarelli, 2004, p. 165-187. 76 L. De Gregori, La mia campagna per le biblioteche cit., p. 57. Si tratta di un problema che pesa
ancora oggi sul nostro paese, contrassegnando il mancato sviluppo di un moderno sistema
bibliotecario, che per questa ragione viene spesso definito un “non sistema”; cfr. Alberto
Petrucciani, Il sistema bibliotecario che non c’è, in: Le biblioteche provinciali: funzione pubblica
e ruolo istituzionale: convegno nazionale, Pescara, 25-26 settembre 1997, a cura di Dario
D’Alessandro, Roma, Associazione italiana biblioteche, 1998, p. 36-43.
77
tanto più library quanto più le apre. Quella è stata paragonata a un serbatoio,
questa a una fontana; quella a una cantina, questa a uno spaccio»77.
Domenico Fava
Tra i rapporti più lunghi e continuativi con un bibliotecario e la sua
istituzione è da annoverare certamente quello che per tutta la vita legò Formiggini
a Domenico Fava78 e alla “sua” Biblioteca Estense, alla quale in più occasioni
Formiggini donò una copia delle sue pubblicazioni, fino a dare il suo intero
Archivio editoriale alla vigilia del suo suicidio.
Fava fu a lungo collaboratore de «L’Italia che scrive», curando tra l’altro la
rubrica Recentissime, dove venivano segnalati i libri e i principali articoli delle
maggiori riviste e degli atti accademici, dall’inizio del 1918 all’inizio del 1920,
quando poi fu redatta a cura dell’Istituto bibliografico italiano.
I rapporti di Formiggini con i bibliotecari nascevano spesso dalla richiesta
da parte di questi ultimi di copie in omaggio di libri pubblicati dalla casa editrice
modenese, oppure, al contrario, dalla richiesta di Formiggini ai responsabili delle
biblioteche affinché queste acquistassero volumi o intere collane da lui pubblicate.
Nel caso di Domenico Fava fu lui stesso a chiedere che Formiggini gli inviasse, a
titoli gratuito, i volumi della collana dei Profili che mancavano per completare la
collezione della Estense, un gesto – scrisse Fava – che sarebbe andato «tutto a
favore della Sua colta Modena e – perché non dirlo? – della di lei fama»79. Pochi
giorni dopo, nel ringraziarlo per i Profili ricevuti, il direttore della Estense scrive:
«Le esprimo la speranza (augurio più vero e maggiore!) di poter scolpire, prima di
andarmene di qui, sulla lapide che fra poco farò murare nell’atrio, il suo nome fra
77 L. De Gregori, La mia campagna per le biblioteche cit., p. 61. 78 Domenico Fava (1873-1956) fu direttore della Biblioteca Estense di Modena dal 1913 al 1933.
Dal dicembre 1920 fu anche soprintendente bibliografico per l'Emilia; dal 1925 con la qualifica di
ispettore superiore; cfr. la voce Fava, Domenico, in: G. De Gregori – S. Buttò, Per una storia dei
bibliotecari italiani del XX secolo cit., p. 81-83; Luca Bellingeri, Domenico Fava, in: Dizionario
biografico dei soprintendenti bibliografici cit., p. 266-272. 79 BEU, AEF, Lettera di Domenico Fava, 16 dic. 1920.
78
quelli de’ più insigni benefattori (tassa minima per questa immortalità 6000 lire di
libri)».
Formiggini, che conosceva e apprezzava l’attività della Estense per la
promozione della cultura e che intendeva quindi stringere ulteriormente il legame
con questa istituzione, donò alla biblioteca, nel corso del tempo, alcune collane
pubblicate dalla sua casa editrice, una parte dei libri della Biblioteca dell’ICS e
alcune collezioni “speciali”, come la raccolta della Casa del ridere o i “numeri
primi” di periodici. Quest’ultima era costituita da una interessante collezione di
pubblicazioni occasionali o primi fascicoli di riviste che erano stati inviati a
Formiggini affinché venissero segnalate, in un’apposita rubrica, su «L’Italia che
scrive».
Formiggini, che non era un bibliofilo né un collezionista di rarità e pezzi
unici, raccolse e collezionò questo materiale nel corso degli anni80, ben
consapevole dell’importanza di un tipo di pubblicazioni troppo spesso negletto,
che invece gli sembrava «che non sia senza significato, per giudicare degli spiriti
e degli affetti di un dato momento storico, aver sott’occhio sinteticamente e
panoramicamente la raccolta delle pubblicazioni periodiche che in quel
determinato momento videro la luce»81.
Domenico Fava, nell’esprimere a Formiggini la sua gratitudine per il dono
ricevuto, così gli scrisse:
Il lavoro paziente e dispendioso del bibliofilo giova, più di quanto
comunemente si creda, alla coltura e agli studi, sia perché salva dalla
dispersione documenti e testimonianze di alto valore per gli storici futuri del
pensiero contemporaneo, sia perché riunisce e integra raccolte, che altrimenti
80 Così scrive Formiggini: «E poiché non posso recensire gli opuscoli e nemmeno annunciarli
quando essi siano estratti da pubblicazioni periodiche o comunque fuori commercio per non far
impazzire il mondo dei librai che della bibliografia del mio periodico si serve come suo strumento
di propaganda commerciale, mi è sembrato, in coscienza, di dover provvedere aduna utile
destinazione e ad un sicuro collocamento di tanto materiale così facile ad andare disperso»;
Angelo Fortunato Formiggini, I “primi numeri” dei periodici e degli opuscoli vari inviati all’ICS
saranno conservati nella R. Biblioteca Estense, «L’Italia che scrive», 9 (1926), n. 10, p. 210. 81 Ibidem.
79
passerebbero ai nostri nipoti monche e lacunose. Ella pertanto si è reso
benemerito della coltura, quando si è deciso a conservare e ordinare i primi
numeri dei giornali e delle riviste, usciti entro il periodo di quasi un
decennio, che è poi quello della guerra e dell’immediato dopoguerra; periodo
veramente pieno di fatti, e che darà perciò argomento e materia a frequenti
indagini di storici e sociologi nell’avvenire. [...]
Altrettanto provvido è stato il pensiero di raccogliere e destinare all’Estense
gli opuscoli, che in numero ingente Le pervengono per recensione. È questo
un materiale che più d’ogni altro è soggetto a dispersione, sia per la scarsa
importanza che si attribuisce comunemente agli argomenti trattati in poche
pagine, sia per la limitata diffusione che si suole dare alle pubblicazioni
occasionali, delle quali gli autori stessi sembrano talvolta disinteressarsi e
dimenticarsi. Se Lei sapesse quanti fastidi procura alle biblioteche e agli
studiosi tale dimenticanza! Non passa giorno infatti che non occorra
deplorare la mancanza di taluna di queste brevi pubblicazioni, che col tempo
è venuta acquistando un valore eccezionale.
Da quanto Le ho esposto, Ella potrà trarre la convinzione che le Sue fatiche
avranno in epoca non lontana il dovuto apprezzamento e costituiranno una
benemerenza non piccola verso gli studi.
Prosegue poi Fava, ipotizzando l’allestimento di una sala in Estense interamente
dedicata a Formiggini, alle sue pubblicazioni e alle collezioni da lui raccolte:
Ed io prevedo già la bellezza e l’importanza della sezione dedicata al Suo
nome. Da uno scaffale sorrideranno i garruli Classici del ridere; da un altro
occhieggeranno in lunghissima fila i leggiadri Profili e le graziose Medaglie;
mentre da un angolo gravi e austeri guarderanno i grossi volumi della
collezione filosofica. Tutto un lato della stanza poi dovrà essere occupato da
un grande armadio chiuso (le precauzioni non sono mai troppe, quando si
tratta di certe ghiottonerie bibliografiche), nel quale verrà ordinata la
“Biblioteca del ridere”, una delle Sue maggiori e benemerite fatiche di
bibliofilo, mentre nella parete di fronte in una lunga serie di buste,
alfabeticamente ordinati, si troveranno i carteggi ch’Ella ha tenuto coi più
chiari letterati e scienziati italiani, durante la Sua attività di editore82.
82 BEU, AEF, Lettera di Domenico Fava, 7 ago. 1926.
80
Formiggini, come al solito ironico e scanzonato, gli rispose sulle colonne de
«L’Italia che scrive» che, «mentre gli esprimiamo il nostro animo grato per il suo
lusinghiero interessamento, dobbiamo dichiarargli che non abbiamo per ora
nessuna intenzione di convertire noi stessi in una specie di ente morale
ambulante»83.
Lo stretto rapporto che legò Formiggini a Fava emerge dalla risposta di
quest’ultimo a una richiesta di aiuto di Formiggini in relazione alla difficile
situazione economica in cui versava negli ultimi anni della sua vita. Il 30 maggio
1938, a pochi mesi dal suicidio dell’editore, così scrive Fava:
Chiedere consiglio a un Bibliotecario in cose contabili e finanziarie è come
chiedere al tempo se domani piove o fa sole. I Bibliotecari sono noti soltanto
per quella qualità: di essere cioè rapaci al massimo grado e di farsi perdonare
tale vizio unicamente in grazia del proprio disinteresse. Cercano di portar via
alle persone quanto possono per fare ricche le biblioteche loro affidate.
Non si meravigli perciò se le confesso un progetto già fatto molti anni fa,
quando avevo la fortuna e l’onore di essere a capo della nobile Estense. Coi
libri dati da Lei in due occasioni e con la raccolta del ridere avevo in animo
di creare una sezione della Biblioteca, in una sala indipendente, intitolata a
suo nome, che avrebbe dovuto comprendere anche tutti i libri da lei stampati
nella sua lunga vita editoriale. […]
Fra 1000 anni A. F. Formiggini sarebbe stato in tal modo celebre quanto
oggi, forse di più. Ma lei mi dice che vede buio nell’avvenire perché il fisco
le porterà via 90 mila lire. [...] Ora come vuole che faccia il ministero a
prendere dalla sua azienda tanti libri per una somma così cospicua? E dove li
metterebbe? Le biblioteche ne sono già in gran parte fornite e quelle
scolastiche sono già collegate con l’Ente, che le rifornisce. Insomma, è
questione di quantità e quando potesse decidere il Ministro a spendere 8 o 10
mila lire, sarebbe già un risultato sorprendente.
Lei avrebbe anche concepito la strana idea di disperdere la raccolta del
ridere. Se questo potesse recare alla sua azienda un benefizio rilevante,
putacaso un mezzo milione, pochi e quasi solo i più affezionati amici
criticherebbero un simile gesto; ma con i prezzi odierni dei libri, credo che il
83 A. F. Formiggini, I “primi numeri” dei periodici cit., p. 211.
81
ricavo sarà molto lontano dalla cifra suddetta e quindi tutti direbbero che
Formiggini si è mangiato il patrimonio ed è in bolletta cruda. E Lei sarebbe
doppiamente afflitto: della calunnia messa in giro a suo carico e della fine
della sua affezionata creazione.
Se poi Lei cercasse di venderla allo Stato, sono certo che il suo amico B. Le
offrirebbe anche meno, se anche non ci fosse fra i suoi consiglieri chi lo
dissuadesse dal comprarla.
La conclusione? È malinconica. Chi lavora onestamente rischia alla fine di
trovarsi anche senza camicia. Con tutto ciò io La consiglio a continuare
fiduciosamente la sua attività. Dopo il buio può venire la luce e il sole. È
quello che ho fatto io quando ho trovato sul mio cammino un altezzoso
prepotente, che ha distrutto sogni e speranze...
L’oltraggio non è valso a nulla, perché la coscienza era illuminata dalla luce
di un ideale indistruttibile.
Ci vedremo presto a Roma e riprenderemo il discorso. Intanto Le stringo
cordialmente la mano e mi confermo suo aff.mo D. Fava»84.
Anche pochi mesi dopo, solo pochi giorni prima del suicidio di Formiggini, i due
si confrontarono a proposito delle modalità del lascito dei libri e dei documenti
alla Estense. Scrisse Fava:
«Il memoriale al Ministro mi sembra ben congegnato; non so però quali
benefici risultati ti potrà recare in questo momento. Cerca ad ogni modo di essere
molto preciso nelle condizioni che vorrai imporre alla Biblioteca Estense. È bene
infatti che la raccolta resti per sempre indipendente dall’altra suppellettile e che
sia precisato il genere dei libri che la debbono arricchire nell’avvenire»85.
84 BEU, AEF, Lettera di Domenico Fava, 30 mag. 1938. 85 BEU, AEF, Lettera di Domenico Fava, 21 nov. 1938.
82
Ettore Fabietti
Anche con Ettore Fabietti86, animatore e protagonista del movimento delle
biblioteche popolari, Formiggini ebbe una saltuaria corrispondenza (nell’Archivio
editoriale Formiggini sono conservate una trentina tra lettere e caroline), che ebbe
come oggetto prevalente la proposta di una generica collaborazione tra «L’Italia
che scrive» e le riviste di Fabietti, in particolare il «Bollettino delle biblioteche
popolari» e «La parola e il libro». Tale collaborazione si concretizzò ad esempio
nell’informare i lettori delle riviste delle biblioteche popolari della nascita de
«L’Italia che scrive» e delle sue iniziative, con la raccomandazione alle
biblioteche popolari di abbonarsi alla rivista; d’altra parte, su «L’Italia che scrive»
furono pubblicati articoli informativi sulle biblioteche popolari, e sul loro
impegno per l’acculturazione delle classi sociali più deboli.
Dal carteggio emerge come il rapporto tra Formiggini e Fabietti sia stato
altalenante, spesso condizionato per un verso dalle pressanti richieste dell’editore
modenese affinché le biblioteche popolari acquistassero le sue pubblicazioni,
dall’altro dalla ritrosia di Fabietti di fronte a tali richieste, anche a causa delle
difficili condizioni economiche in cui versavano le biblioteche popolari, che
avevano quindi una limitatissima possibilità di acquisto:
Le biblioteche popolari vere e proprie sono ora in un periodo difficile per gli
aiuti che sono loro venuti a mancare e per la deficienza del personale addetto
che era quasi tutto volontario ed è stato razziato dai richiami alle armi.
Vivono la maggior parte con mezzi e personale di ripiego. Bisogna aspettare
la fine della guerra perché un lavoro di diffusione dell’ICS possa dare
risultati proficui.
Dovresti piuttosto tentare per le biblioteche di scuole medie. Ormai ogni
scuola media ha la propria biblioteca. [...] Se ti decidi a mandare una
86 Fabietti, Ettore (1876-1962) fu il protagonista del riformismo lombardo per l’elevamento
culturale delle classi subalterne, e divenne direttore del Consorzio milanese delle biblioteche
popolari, fondato nel 1903 nell’ambito della Società filantropica umanitaria; cfr. Rossano Pisano,
Fabietti, Ettore, in: Dizionario biografico degli italiani, vol. 43, Roma, Istituto della Enciclopedia
italiana, 1993, p. 720-723.
83
circolarina speciale o un numero di saggio, avertimi e darò un rincalzo sul
“Bollettino”, che è molto diffuso fra biblioteche di scuole medie87.
Quasi a giustificarsi del mancato acquisto, Fabietti evidenziava inoltre come
alcune collane formigginiane avessero una impostazione troppo “alta”
per i frequentatori delle biblioteche popolari. In particolare, «le biblioteche
popolari non possono non essere che mediocrissime consumatrici delle tue belle
guide bibliografiche. Se tu sapessi che cosa sono le Biblioteche popolari, non ti
verrebbe neppure in mente che esse, o meglio i loro lettori, possano servirsi
utilmente di repertori bibliografici ampi e particolareggiati quali sono le tue guide,
per la scelta dei libri da leggere. Le tue guide sono pubblicazioni per studiosi, che
non vanno alle biblioteche popolari»88.
Il rapporto tra i due subì in alcune occasioni qualche irrigidimento, a causa
delle reciproche accuse di scarsa attenzione nei confronti delle attività dell’altro.
Nel 1922, ad esempio, Formiggini, dopo aver accennato alla separazione dalla
Leonardo, scrive a Fabietti:
Per ciò che riguarda l’Italia che scrive quando l’avrò affrancata dalla
LEONARDO e per ciò che riguarda la mia personale azienda sarà facile
intenderci con le tue biblioteche popolari, sebbene esse, lo vorrai
onestamente riconoscere, in quindici anni compiuti della mia fatica non mi
abbiano mai in nessuna forma, in nessun modo, in nessuna misura,
dimostrato la ben più minuscola briciola di benevolenza e di interessamento.
Tu sai che io ho una collezione di profili che è ancora onore non discusso
della produzione italiana e che sembra fatta a posta per essere in tutte le
biblioteche popolari; io mi sono sfogato varie volte con pezzi grossi del tuo
ambiente e tutti mi hanno detto che la cosa dipende personalmente da te e
che tu devi avere trascurato i profili solo perché su altre pubblicazioni di altri
editori hai sconti iperbolici. [...] Col tempo e con la paglia maturano le
nespole e spero che anche tu ti vorrai a poco a poco maturare89.
87 BEU, AEF, Lettera di Ettore Fabietti, 27 giu. 1908. 88 BEU, AEF, Lettera di Ettore Fabietti, 30 dic. 1920. 89 BEU, AEF, Lettera di Formiggini a Ettore Fabietti, 24 lugl. 1922.
84
D’altra parte, in una lettera del 1929, Fabietti, a proposito della segnalazione su
«La parola e il libro» del Censimento, scrive: «Ma credi di meritarla? Tu non parli
mai né della Federazione, né di Parola e il libro né in genere delle nostre
molteplici e varie attività e non dai mai a noi neppure un po’ della molta
pubblicità che dai ad altri giornali e riviste»90.
Nel complesso, tuttavia, i due mantennero rapporti cordiali, sanando di volta
in volta eventuali incomprensioni e ribadendo la stima e l’affetto reciproco. Nel
febbraio del 1931, Fabietti ribadisce di aver fatto il possibile per aiutare l’amico e
spiega a Formiggini le ragioni del mancato acquisto dei suoi volumi da parte delle
biblioteche popolari:
Alla Federazione io no potevo fare per le tue edizioni più di quanto feci. Una
volta o due acquistai per diverse migliaia di lire di Profili, te ne ricordi? Ora,
devi sapere che la Federazione acquistava soltanto i libri che le venivano
chiesti dalle biblioteche [...]. L’unica eccezione fu fatta per i Profili [...].
Togliti dalla testa e dal cuore, ti prego, una volta per sempre, l’idea che io
avrei potuto fare di più e non lo feci: se mai, feci per le tue ediz. quel che
non feci per altre. Tu sei un uomo la cui amicizia non solo può convincer
chiunque, ma a cui bisogna voler bene per forza, ed io te ne ho sempre
voluto, non ostante la tua per le cose mie91.
In una lettera a Fabietti, Formiggini, dopo aver mostrato apprezzamento per le
pubblicazioni della Federazione delle biblioteche popolari, chiede che queste
siano regolarmente inviate alla redazione de «L’Italia che scrive» e alla Biblioteca
dell’ICS; in questo modo esse saranno valorizzate attraverso l’informazione
diffusa al pubblico con la rivista, ma anche con il loro inserimento nella
collezione della Biblioteca circolante e nel suo catalogo a stampa: «Le copie per
la redazione dell’ICS serviranno per gli annunci e per le recensioni dell’ICS
stesso. Gli invii alla Biblioteca avranno un altro e non meno valido richiamo,
tanto nell’ICS quanto in appositi cataloghi ad inesauribile tiratura»92.
90 BEU, AEF, Lettera di Ettore Fabietti, 11 lugl. 1929. 91 BEU, AEF, Lettera di Ettore Fabietti, 18 feb. 1931. 92 BEU, AEF, Lettera di Formiggini a Ettore Fabietti, senza data.
85
Giannetto Avanzi
I rapporti di Formiggini con il bibliografo Giannetto Avanzi93 furono
essenzialmente legati alla sua collaborazione con «L’Italia che scrive», per la
quale, in una lettera del 1935, Avanzi si propose per le recensioni di bibliografia,
che però, chiosava, «mi pare sia un tuo feudo particolare». Propose inoltre la
creazione della rubrica Curiosità della bibliografia, ovvero una bibliografia delle
curiosità bibliografiche, che in effetti vide la luce qualche tempo dopo con il titolo
di Bibliografia curiosa.
Nel corso del tempo Avanzi scrisse ancora a Formiggini, soprattutto
aggiornandolo sulla sua attività di bibliografo: «Amerei esporti qualche minima
confidenza in merito a lavoroni e lavorucci bibliografici che sto faticosamente
compilando per poi [...] vararli a suo tempo se...». In particlare, nel 1935 Avanzi
aggiorna dettagliatamente Formiggini sullo stato di avanzamento dei suoi lavori,
in particolare la preparazione di una Bibliotheca bibliographica internationalis
per la Enciclopedia del libro mondadoriana, mentre dichiara quasi ultimata «una
specie di “guida” della bibliografia italiana», quasi una continuazione della
Bibliografia di Fumagalli, e un profilo storico dei tipografi Giunti (a Venezia,
Firenze e Lione). Tra i progetti futuri, Avanzi si propone di scrivere una rassegna
bibliografica e critica sulle pubblicazioni incunabolistiche apparse in Italia o
riguardanti l’Italia apparse all’estero nel decennio 1925-35, come pure «una
Bibliografia biblioteconomica italiana che darà conto di tutto ciò che si è
pubblicato, anche in giornali, sulle biblioteche a partire dal 1926, anno della
famosa inchiesta condotta da E. Possenti nel «Corriere della sera». È un decennio
di “bibliografia biblioteconomica” che dimostrerà quale enorme passo abbiano
93 Giannetto Avanzi (1892-1956) fu bibliografo, redattore e bibliotecario dell'Enciclopedia italiana
dal 1929 al 1936; collaborò inoltre a «La bibliofilia», compilando la rubrica delle Notizie, e curò la
mostra di bibliografia per il primo Giannetto Congresso mondiale delle biblioteche e di
bibliografia del 1929; cfr. la voce Avanzi, Giannetto, in: G. de Gregori – S. Buttò, Per una storia
dei bibliotecari italiani del XX secolo: dizionario bio-bibliografico 1900-1990 cit., p. 22-23.
86
fatto le biblioteche in Italia in un sì breve periodo e l’attività particolare, quasi
sempre ignorata, di molti dotti nostri bibliotecari in fatto di studi e contributi ai
complessi problemi della biblioteconomia». Infine, segnala il suo desiderio di
continuare l’imponente Bibliotheca bibliographica italica di Ottino Fumagalli,
ferma al 1900:
Ricercare, raccogliere e poi esaminare fino ai limiti estremi del possibile –
per trarne descrizioni impeccabili sia in un senso bibliografico, sia per
additarne criticamente il contenuto – quanto è stato pubblicato in Italia (e
all’Estero riguardante l’Italia) in fatto di “bibliologia”, “bibliografia”,
“biblioteconomia”, “bibliofilia” è un’impresa di grande fatica e
responsabilità, alla quale non so se potranno bastare le sole mie forze. Ma
poiché i materiali da me raccolti sommano già a qualche migliaio, ritengo un
dovere proseguire nell’impresa a cui mi spronano calorosamente alcuni
amici bibliotecari, ottimo fra tutti il prof. Albano Sorbelli. Ove mi riuscisse
di portare a termine il lavoro, dispostissimo ad associarmi qualche capace e
volenteroso collaboratore, l’Italia avrebbe per prima il suo “corpus” integrale
e aggiornato della operosità bibliografica, problema alla cui soluzione vanno
interessandosi gli organismi competenti di ogni Paese, ma finora con risultati
scarsi o nulli. Per arrivare però allo scopo, in un tempo relativamente breve,
l’opera disinteressata e sudata di un privato studioso non è sufficiente e
bisognerebbe far comprendere a Enti e Istituzioni che vi hanno interesse
l’imprescindibile necessità di appoggi premurosi di qualche tangibile
riconoscimento94.
Olindo Guerrini
Nell’Archivio editoriale sono conservate alcune lettere di Formiggini a
Olindo Guerrini95, scritte in occasione del trasferimento di quest’ultimo a Genova,
94 BEU, AEF, Lettera di Giannetto Avanzi, senza data. 95 Olindo Guerrini (1845-1916), giornalista e scrittore in versi e prosa con lo pseudonimo di
Lorenzo Stecchetti, studioso di letteratura e filologo, fu nominato direttore della Biblioteca
universitaria di Bologna nel 1885 e poi, nell’ottobre del 1914, della Biblioteca universitaria di
Genova, fino ai primi mesi del 1915; cfr. la voce Guerrini, Olindo, in: G. de Gregori – S. Buttò,
87
chiamato a dirigere la Biblioteca universitaria, dalle quali emerge una formale ma
premurosa familiarità (una lettera del 13 novembre 1914 inizia con un affettuoso
«Caro Professorone...»). Qualche giorno prima, l’11 di ottobre, Formiggini scrive
a Guerrini e, dopo avergli espresso tutta la soddisfazione per il nuovo incarico
direttivo, gli fornisce informazioni su affitti, traslochi e costi, ma anche accurati
dettagli sulla presenza di lenzuola e “coperte pesanti” nella casa prescelta. A
proposito della città poi scrive:
A Genova, forse lo saprà, c’è il mare. Ma per vederlo bisogna andare in
Genova alta. Non prenda una casa da cui non si veda il mare. Genova è
uggiosa, buia, antipatica. Le case di Genova sono antiche, e per ciò
scarafaggiose... Per solito bisogna tenere la luce elettrica accesa tutto il
giorno.
Genova alta è tutta nuova. Le case sono perciò pulite e sane e la vista è
incantevole.
Poi descrive la casa, a suo parere molto bella, da cui «si vede tutto il mare fino al
promontorio di Portofino, e si vedono le montagne». Non poteva mancare infine
un accenno al clima: «Il clima di Genova è magnifico quando è magnifico, per
dirla manzonianamente, ma variabile in modo unico» e «nei giorni di tramontana
fa più freddo qui che in Siberia».
In questa occasione Formiggini dimostra, nei confronti di Guerrini, una
grande disponibilità e ospitalità, mettendosi a disposizione per ogni esigenza e
organizzando per lui un’accoglienza per inaugurare nel migliore dei modi il suo
soggiorno genovese: «La verrò a prendere alla stazione e mi metterò ai suoi
ordini. [...] E disponga pure di me senza nessun limite: ella sa che le sono
sinceramente devoto e che io la considero come il mio papà editoriale (la mamma
era il povero Pascoli) e che ho per lei molta gratitudine “en tzumò!».
Organizzò quindi per lui diverse occasioni di benvenuto, da parte di «un
manipoletto di persone espressive», in particolare quella di un gruppo dii giovani
Per una storia dei bibliotecari italiani del XX secolo: dizionario bio-bibliografico 1900-1990 cit.,
p. 106-107.
88
studenti di un’associazione universitaria, che vogliono accoglierlo quando scende
dal treno. A questi ultimi, Formiggini fa presente che Guerrini avrà le valige
(“forse molte valige”) «ma essi hanno detto che [il] saluto non sarà affatto
ingombrante: quando la vedranno le diranno solo benvenuto, ella risponderà solo
grazie. Ma la cosa non cesserà di avere un significato simpaticissimo. Sarà quella
che darà il colorito morale ed affettivo [a] tutta la sua sosta in Genova».
Ma, conclude Formiggini, «stia perfettamente tranquillo circa la intonazione
che avrà il piccolo saluto: niente manifestazione politica solo un omaggio
simpatico al Poeta».
4.7 Biblioteche, biblioteconomia e documentazione secondo
Formiggini
L’interesse di Formiggini per le biblioteche non si limitò alla conoscenza
delle concrete esperienze di istituzioni operanti sul territorio né alle relazioni
stabilite con esse magari per scopi commerciali, ma si interessò anche alle
tematiche più teoriche della biblioteconomia, che stavano alla base della sua
riflessione sulla diffusione del libro e della conoscenza.
La documentazione
Tra i vari aspetti della disciplina biblioteconomia che suscitarono
particolarmente l’interesse di Formiggini ci furono senz’altro quelli relativi alla
documentazione e alle classificazioni, per la possibilità che essi offrivano di
organizzare efficacemente la conoscenza in modo da renderla maggiormente
fruibile da parte di tutti i cittadini.
Gli ultimi decenni dell’Ottocento furono infatti caratterizzati da un grande
fervore intellettuale, in cui il dibattito scientifico assunse un ruolo fondamentale
per lo sviluppo della cultura, e divenne perciò indispensabile descrivere e
organizzare le nuove forme di comunicazione della conoscenza.
La documentazione, intesa come disciplina, ebbe le sue origini a partire dal
1895, quando Paul Otlet, avvocato internazionalista, e Henry La Fontaine,
89
giurista, senatore e premio Nobel per la Pace nel 1913, diedero vita a Bruxelles
all’Institut International de la Bibliographie (IIB), che diventerà nel 1931 Institut
International de Documentation e infine, nel 1938, Féderation Internationale de
Documentation.
L’istituto, che si prefiggeva lo scopo di offrire un servizio informativo ai
ricercatori attraverso la raccolta di descrizioni bibliografiche sintetiche e
normalizzate provenienti dallo spoglio di libri e periodici di carattere letterario,
storico e tecnico-scientifico.
Formiggini dedicò alla documentazione e ai fondatori di questa disciplina
un interessante articolo96 in occasione dell’inaugurazione dell’Università
mondiale, una istituzione che aveva come scopo quello di «preparare l’umanità
nuova, i cittadini del mondo», voluta da Otlet e La Fontaine («più immaginoso
l’Otlet, più sobrio e più pratico il La Fontaine»), che presiedettero l’incontro.
«Il signor La Fontaine – continua Formiggini nel suo articolo – non è
soltanto un profeta della bibliografia decimale e un monopolista dell’infinito, non
è soltanto un professore di diritto internazionale di alta fama e un avvocato di
grido, ma è anche vice presidente del Senato belga»97, insieme a Paul Otlet
promuovono la Classificazione universale che, nonostante sia da essi promossa da
venticinque anni, ha avuto accesi avversari teorici. Formiggini riporta allora un
aneddoto:
“Voi, Signore, che rappresentate l’Italia, mi assalì un giorno in piena
assemblea il Professore Otlet, sappiate che un vostro connazionale ha detto
che questa nostra è una cattiva utopia”. Ecco: utopia sì, ma cattiva no. Se
tutte le biblioteche, se tutte le riviste e specialmente se tutti gli editori
adottassero questo sistema di classificazione universale, il lavoro di
schedatura nelle biblioteche sarebbe facilitato in modo enorme. Ho cercato
di far capire a Bruxelles che troppo sono stati trascurati gli editori per questa
campagna, mentre sarebbe proprio là dove i libri vengono alla luce che
dovrebbero avere il loro atto di nascita sotto forma di scheda ufficiale che
96 Angelo Fortunato Formiggini, Il monopolio dell’infinito (a proposito della quindicina
internazionale di Bruxelles). «L’Italia che scrive», 3 (1920), n. 11, p. 165-167. 97 Ivi, p. 165.
90
andrebbe automaticamente a collocarsi nel posto giusto dei vari casellari
sistematici per materie sparsi per il mondo. Gli editori sono quelli che
avrebbero un interesse pratico a far sì che i loro libri figurassero al posto
giusto nei singoli repertori e l’Istituto di Bruxelles potrebbe cantare vittoria
se riuscisse a convincere le singole associazioni nazionali degli editori a fare
sì che ogni libro apparisse con la sua scheda secondo il modello
standardizzato universale. Se dovunque esistono schedari bibliografici, così
nelle grandi biblioteche, come nelle private e specialissime e in tutte le
librerie essi fossero fatti nello stesso modo e con lo stesso criterio, è evidente
che la reciprocità delle consultazioni sarebbe agevolata in modo
superlativo98.
Alla domanda di Formiggini su quante biblioteche nel mondo avevano adottato
fino a quel momento la classificazione, per sapere se fosse opportuno farsi
propugnatore di questo metodo anche in Italia, Otlet gli rispose:
«Sono cose che bisogna assecondare per amore del progresso, per dare un
esempio, non per calcolo. Mio padre fu fra i primissimi che si abbonarono al
telefono in Bruxelles. Allora gli abbonati erano pochissimi e il telefono non
serviva ad altro che a scambiare parole ingenuamente inutili con persone non
conosciute. Mio padre si abbonò per dare l’esempio: oggi i telefoni sono
quello che sono. Bisogna fare altrettanto per la bibliografia internazionale
che è destinata a un grande avvenire».
Formiggini sottolineò poi che sarebbe stato necessario ristampare l’Indice, perché
le voci erano in continuo aumento, con gravissimi costi, anche perché alla
edizione francese andrebbero affiancate le traduzioni nelle altre lingue affinché il
metodo potesse divenire di dominio universale. La Fontaine rispose che la
risoluzione pratica sarebbe stata quella di fare un’edizione unica nella lingua
universale dell’Esperanto.
Ma a parte l’utilità teorica, che non viene messa in discussione, Formiggini
si interroga sull’utilità pratica:
L’Istituto di Bruxelles ammette come principio base che per il bibliografo
nulla è da trascurare e vorrebbe quindi schedare tutte quante le pubblicazioni
98 Ivi, p. 166.
91
del mondo; libri, opuscoli, articoli di riviste, articoli di giornali. Si è
festeggiata, in occasione del venticinquesimo anno di attività dell’Istituto, la
collocazione della dodicimilionesima scheda, cifra cospicua davvero, ma che
è nulla in confronto di quella che si raggiungerebbe in pochi anni se lo
sconfinato proposito dei signori Otlet e La Fontaine fosse portato alle
conseguenze estreme. Non solo si riempirebbero di schede tutte le cento sale
dell’attuale palazzo mondiale, ma credo che bisognerebbe costruire una città
apposita con un apposito servizio di trams per andare dall’A alla Zeta e che
si arriverebbe presto a dover fare una complessa rete di diramazioni per i
diversi settori della classificazione: “Signori, in vettura, si parte per F.
Stazione M. per il reparto della chimica si cambia. Stazione Z. Tout le mond
descend!...”. [...] Ma, per ritornare alle schede, quando queste fossero
talmente numerose da occupare se poste, come si vorrebbe, in un unico
luogo o cento sale o cento palazzi, la utilità che ne verrebbe agli studiosi
sarebbe proporzionata al dispendio fantastico di energie, di carta, di mobili,
di locali, di personale che il mastodontico organismo richiederebbe? E gli
studiosi trovandosi di fronte ad una colluvie di schede sopra un dato
argomento come potrebbero capire quali delle infinite schede meriterebbero
di essere prese in considerazione? Dovrebbero correre tutte le biblioteche e
tutte le librerie del mondo per trovare tutte le pubblicazioni indicate con la
speranza (che sarebbe quasi sempre delusa) di scovare tra le tante indicazioni
assolutamente inutili quell’una che meritasse di essere utilizzata? E non
sarebbe perciò più pratico l’accettare il principio della classificazione
decimale il quale, esso solo, consente una collaborazione universale
bibliografica, ma ritornare all’antico in quanto è divisione del lavoro e far sì
che ogni nazione, che ogni città, che ogni ordine di idee e di studi
provvedesse alla propria bibliografia? E se questa bibliografia fosse fatta con
un criterio selettivo accadrebbe, sì, che molte cose che ora ci sembrano
caduche ma che in avvenire potrebbero avere importanza sarebbero escluse
dai repertori, e perciò forse perdute per sempre, ma questa sarebbe una
percentuale minima di casi e si risparmierebbe invece ai ricercatori una
perdita di tempo incalcolabile.
Formiggini evidenzia le analogie esistenti tra l’idea che sta alla base dell’Istituto
di Bruxelles e quella che guida l’Istituto per la propaganda della cultura italiana
da lui stesso fondato, anche se l’orizzonte di azione di quest’ultimo è limitato
all’Italia e alla sua produzione editoriale, mentre Otlet e La Fontaine intendono
raccogliere “tutta” la produzione editoriale mondiale, intendendo in questo modo
«abbracciare l’universo». Infatti, sostiene Formiggini, Otlet e La Fontaine sono
92
«due illustri uomini che da venticinque anni hanno il monopolio dell’infinito e
considerano l’infinito come un loro feudo privato».
Le classificazioni
Il tema delle classificazioni, cioè della possibilità di organizzare e
categorizzare la conoscenza è un tema centrale nella riflessione biblioteconomica,
suscita l’interesse di Formiggini, che talvolta lo affronta con il suo solito tono
ironico. Nel 1921, nella Rubrica delle rubriche de «L’Italia che scrive» racconta
di come un medico si fosse divertito ad organizzare la sua biblioteca personale:
sopra lo scaffale ove teneva libri di amena lettura aveva messo un cartello
con la scritta: “Digestivi”. Sopra un altro, dov’erano quei libri che in tutte le
biblioteche sogliono essere rinchiusi in apposito riparto (denominato nella
Biblioteca nazionale di Parigi “l’enfer”), libri, insomma, assai... pepati,
aveva posto un cartello “Eccitanti”. I libri moderni di letteratura parnassiana,
simbolista, decadente, futurista li definì: “Flogistici”. I romanzi veristi dello
Zola e della sua scuola, “Emetici”; i libri ascetici e di morale: “Purgativi”;
quelli di scienze storiche: “Diuretici”; quelli di metafisica, di psicologia e in
generale di filosofia, “Sonniferi”; e così via99.
In altre circostanze Formiggni affrontò il tema assai più seriamente, offrendo anzi
un significativo contributo all’introduzione, nella cultura italiana e soprattutto nel
mondo dell’editoria, delle classificazioni bibliografiche, al fine di organizzare il
materiale librario per argomenti, suddividendo in forma gerarchica il loro
contenuto intellettuale.
Protagonista del dibattito sulle classificazioni bibliografiche fu, a partire
dagli ultimi decenni dell’Ottocento, il bibliotecario statunitense Melvil Dewey
(1851-1931), che ideò ed elaborò uno schema di classificazione, che prese il nome
di Classificazione decimale Dewey (DDC, acronimo di Dewey Decimal
99 Una classificazione bizzarra dei libri, «L’Italia che scrive», 4 (1921), n. 4, p. 78.
93
Classification)100, attraverso il quale era possibile organizzare una struttura
gerarchica strutturata utilizzando i numeri decimali da 0 a 9.
La Classificazione decimale Dewey fu adottata, fra l’altro, dall’Ufficio e
dall’Istituto internazionale di bibliografia di Bruxelles101, ma anche dall’editore
Pietro Barbèra, che fu il primo a introdurla in Italia. Proprio Barbèra, nel corso
della Conferenza di Bibliografia che si svolse a Bruxelles in occasione della
“quindicina internazionale” (dal 5 al 20 settembre 1920), intesa a costituire una
Unione internazionale per la bibliografia e la documentazione, esaminò la
questione relativa agli eventuali vantaggi o difficoltà che avrebbe comportato
l’adozione della CDD:
Non sappiamo se l’inventore, il sig. Melvil Dewey (pr. Diue), sia vivo o
morto, sappiamo che è vivo e verde il dott. Paul Otlet, che introdusse la
classificazione decimale in Europa e l’adottò per l’Institut International de
Bibliographie, sedente a Bruxelles, da lui diretto, e che la feroce invasione
tedesca ha rispettato. In Italia l’Otlet non trovò che tre aderenti: il
competentissimo Desiderio Chilovi, direttore della Biblioteca nazionale
centrale di Firenze, il non meno competente prof. O. Targioni Tozzetti, che
dimostrò la grande convenienza della classificazione decimale per la
produzione scientifica, e l’assai meno competente sottoscritto, che fece
adottare la classificazione decimale alla sua casa editrice, e pubblicare da
essa un manuale per la sua applicazione102. [...] Le pubblicazioni
bibliografiche, per quanto eseguite con cura e da persone espertissime,
100 Dewey elaborò la classificazione che porta il suo nome e iniziò ad applicarla dal 1873
all’Amherst College, nel Massachusetts, dove lavorava come assistant librarian, poi la sviluppò
nella biblioteca del Wellesley College e del Columbia College di New York, dove lavorò negli
anni successivi; cfr. Biblioteconomia: guida classificata, diretta da Mauro Guerrini; condirettore
Gianfranco Crupi; a cura di Stefano Gambari, Milano: Bibliografica, 2007, p. 595-613. 101 Cfr. Melvil Dewey, Classificazione decimale di Melvil Dewey: tavole generali ridotte adottate
dall’Istituto internazionale di bibliografia di Bruxelles, traduzione italiana di Vittorio Benedetti
della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, Firenze, Barbera, 1897, p. 5. 102 Nel 1897 l’editore Barbera pubblicò il suo Catalogo perenne classificato secondo la
classificazione Dewey; cfr. Gaspero Barbèra editore, Catalogo perenne delle edizioni e delle opere
in deposito per ordine cronologico e con la classificazione decimale secondo il sistema Melvil
Dewey, Firenze, Barbera, 1897.
94
mancano di una uniformità di classificazione, che è il punto cardinale, per
così dire, della scienza bibliografica. A togliere tale inconveniente, l’Institut
International de Bibliographie propose, circa 25 anni fa, l’adozione della
Classificazione decimale inventata da Melvil Dewey e che già era adottata
da più di mille biblioteche d’America. Il sistema appariva semplicissimo
[...]. Questo sistema delle cifre ha il vantaggio di rappresentare un linguaggio
compreso da ogni nazione: è molto semplice, pratico [...]. In Italia l’idea non
attecchì. Gli editori non videro in essa nessuna utilità pratica, immediata,
nessun tornaconto commerciale, benché una certa utilità pratica e un certo
tornaconto commerciale, forse non immediato, ci poteva essere. I bibliografi
fiutarono il sistema americano, ma arricciarono il naso: il suo maggior torto
era di esser troppo semplice, troppo facile. Qualunque ammasso di libri, di
qualunque lingua, poteva esser classificato e messo a posto anche da un
analfabeta che conoscesse i numeri103.
103 Pietro Barbèra, Classificazione decimale: per la prossima Conferenza di bibliografia di
Bruxelles, «L’Italia che scrive», 3 (1920), n. 9, p. 134-135.
95
5. Modelli di servizio bibliotecario agli inizi del Novecento
Prima di passare all’analisi della biblioteca circolante è opportuno fare un
quadro, sia pure in forma necessariamente sintetica, del contesto bibliotecario
italiano con il quale Formiggini entrò in relazione nel momento in cui decise di
creare una biblioteca, confrontandosi con i modelli di biblioteca e le istituzioni a
lui contemporanee. Al di là delle biblioteche popolari e di quelle governative, che
non rappresentarono un modello per la biblioteca circolante formigginiana, le
biblioteche costituite per iniziativa privata esistenti tra la fine dell’Ottocento e i
primi decenni del Novecento ebbero spesso caratteristiche molto diverse tra loro
ed ebbero pubblici anche molto diversi. Non è quindi sempre possibile fare un
reale confronto tra queste realtà e la biblioteca di Formiggini, anche se
nell’insieme esse possono rappresentare un modello, anche se non sempre ben
definito, e un utile termine di confronto.
Il contesto bibliotecario italiano in cui la biblioteca circolante di Formiggini
nacque e si sviluppò era complesso, ma prevalentemente caratterizzato dalla
polarizzazione di due tipologie di istituti bibliotecari, diversi per provenienza
amministrativa, funzioni esercitate e tipologia di utenti alla quale erano destinati.
Il cosiddetto “dualismo bibliotecario” che si realizzò in età giolittiana1
prevedeva, secondo quanto proposto da Desiderio Chilovi in un saggio del 1904
pubblicato sulla «Nuova antologia» 2, l’articolazione del sistema bibliotecario
italiano in due livelli: il primo a supporto della didattica universitaria e della
ricerca, dotato quindi di grandi spazi ed efficaci strumenti bibliografici, il secondo
per rispondere alle esigenze di lettura di tutta la popolazione.
Da un lato, quindi, le biblioteche pubbliche governative erano regolate, nel
periodo in cui Formiggini si avvicinò al mondo bibliotecario, dal r. d. n. 733 del
24 ottobre 1907, che sanciva un forte ruolo dell’amministrazione centrale nel
controllo sulle 35 biblioteche governative, stabilendo inoltre l’obbligo della stessa
1 Cfr. Paolo Traniello, Storia delle biblioteche in Italia: dall’Unità a oggi, Bologna, Il Mulino,
2002, p. 121-166. 2 Desiderio Chilovi, Per la Biblioteca di Torino, «Nuova Antologia», 16 apr. 1904, p. 15.
96
amministrazione di esercitare la sorveglianza anche sulle biblioteche non
governative e sul loro patrimonio bibliografico. Questa esigenza fu all’origine del
successivo d. l. 2 ottobre 1919, n. 2074, che istituiva 12 Soprintendenze
bibliografiche sul territorio nazionale con scopi di sorveglianza e tutela del
patrimonio librario, conservato presso biblioteche dei comuni, degli enti
ecclesiastici e dei privati.
L’altro “corno” del dualismo bibliotecario era costituito dalle biblioteche
popolari, la cui funzione era quella di promuovere la lettura, intesa come attività
educativa indispensabile a entrare in rapporto con la comunicazione scritta, allo
scopo di perseguire un progresso non solo intellettuale, ma anche morale e
spirituale dei lettori3.
Lo stesso Chilovi, già direttore della Biblioteca nazionale centrale di
Firenze, nel saggio già citato sottolineava l’importanza di una efficace
circolazione libraria, per favorire la quale
bisognerebbe provvedere facendo della Biblioteca comunale il centro dal
quale irradiasse per tutta la città il prestito, da compartirsi gratuitamente ai
cittadini, dei libri più atti a diffondere una maggiore cultura, a fomentare
l’istruzione secondaria, a propagare tutte le cognizioni più vantaggiose al
progresso intellettuale, morale ed economico dei cittadini; fine questo della
massima importanza morale, politica e sociale4.
Questa concezione della lettura fu perseguita sia dalle istituzioni di carattere laico,
umanitario e socialista, come nel caso del consorzio milanese delle biblioteche
popolari, istituito nel 1903, dal quale poi trarrà origine la Federazione delle
biblioteche popolari, sia da quelle di ispirazione cattolica, come ad esempio
dimostra l’esperienza della biblioteca creata da Antonio Bruni a Prato nel 1861.
Oltre alle tipologie bibliotecarie prevalenti, costituite dalle pubbliche
governative e dalle popolari, esisteva anche, tra la seconda metà dell’Ottocento e i
primi decenni del Novecento, una galassia di biblioteche private, di dimensione e
3 Cfr. P. Traniello, Storia delle biblioteche in Italia cit., p. 144-145. 4 D. Chilovi, Per la Biblioteca di Torino cit., p. 15.
97
con caratteristiche anche molto diverse. Si tratta di realtà che sono state finora
poco studiate, anche a causa del fatto che spesso erano costituite da piccole o
piccolissime strutture poi scomparse, spesso senza lasciare alcuna traccia o
documentazione.
Tra queste biblioteche private vanno certamente ricordati, tra la seconda
metà del XVIII e gli inizi del XX secolo, i gabinetti di lettura5, luoghi di socialità
e di diffusione della lettura nel solco dei quali si collocò, con caratteristiche
peculiari, la Biblioteca circolante di Formiggini. Si trattava di biblioteche che
mettevano a disposizione una collezione libraria e di giornali destinata alla
consultazione in sede, offrendo in alcuni casi la possibilità di prenderli in prestito
dietro il pagamento di una tariffa.
I gabinetti di lettura, oltre ad offrire in lettura le loro collezioni di libri e le
sale dove consultarli, organizzavano talvolta eventi culturali, come presentazioni
di libri o incontri a tema. Queste attività di promozione della lettura furono
fondamentali, ad esempio, nell’esperienza del Gabinetto scientifico-letterario G.
P. Vieussex, mentre non c’è traccia che analoghe iniziative siano state realizzate
da Formiggini. Ciò appare tanto più strano se si pensa al grande slancio di
animatore culturale che animò sempre l’editore modenese.
Formiggini certamente conosceva queste istituzioni, probabilmente alcune
per esperienza diretta, essendo lui un uomo colto e uno studioso, mentre di altre,
attive in epoca anteriore alla sua nascita, potrebbe aver avuto notizie attraverso la
lettura dei loro cataloghi o di altre pubblicazioni, oppure avendone notizia dai
bibliotecari con i quali era in contatto.
Quando Formiggini decise di creare una biblioteca circolante e di
organizzarne la struttura e i servizi, dovette necessariamente cercare qualche
modello con il quale confrontarsi. Le biblioteche circolanti e i gabinetti di lettura,
5 Cfr. Chiara De Vecchis, Per una mappa dei gabinetti di lettura in Italia, in: Una mente colorata:
studî in onore di Attilio Mauro Caproni per i suoi 65 anni, promossi, raccolti, ordinati da Piero
Innocenti; curati da Cristina Cavallaro, Manziana (Roma), Vecchiarelli; Roma, Il libro e le
letterature, 2007, p. 175-197.
98
ma anche le biblioteche delle società di lettura6 e dei circoli filologici, se anche
costituivano un modello diverso da quello immaginato Formiggini, per la
tipologia delle collezioni presenti e per l’utenza a cui erano destinate, erano però
accomunate al progetto formigginiano dall’essere “altro” rispetto alle tradizionali
biblioteche governative di alta cultura da una parte e alle biblioteche popolari
dall’altra.
Non è possibile stabilire con certezza quali esperienze di gabinetti di lettura
e biblioteche circolanti Formiggini conoscesse. È però assai probabile che egli,
uomo colto e curioso, fosse riuscito ad avere informazioni sulle esperienze
bibliotecarie più significative, anche attraverso la rete di relazioni stabilita nel
corso della sua attività editoriale con intellettuali e uomini di cultura.
Biblioteche a Modena e provincia
Certamente Formiggini ben conosceva la storia e la realtà bibliotecaria di
Modena, dove era nato e cresciuto e dove aveva cominciato a svolgere la sua
attività di editore, in relazione alla quale aveva stabilito ampi rapporti
professionali e personali con i bibliotecari di quel territorio. Tra questi ebbe un
ruolo fondamentale nella vita di Formiggini Domenico Fava, direttore della
Biblioteca Estense dal 1913 al 1933, con il quale ebbe un costante rapporto
epistolare e a cui consegnò, negli ultimi anni della sua vita, l’archivio editoriale e
l’archivio personale che rappresentano la più importante fonte per conoscere
l’attività di Formiggini e la rete di relazioni che riuscì ad intessere con il mondo
culturale italiani di della prima metà del Novecento.
Formiggini conosceva quindi molto bene e apprezzava la Biblioteca
Estense, che certamente non rappresentò un modello per la sua biblioteca
circolante, vista la sua funzione di biblioteca di conservazione e di ricerca, ma
della quale apprezzava certamente l’apertura a un pubblico non limitato ai soli
studiosi e intellettuali. Negli anni in cui l’Estense fu diretta da Luigi Carbonieri,
6 Anche le “società di lettura” sono da considerarsi casi particolari del complesso fenomeno delle
biblioteche circolanti; cfr. Ivi, p. 187-188.
99
infatti, tra il 1867 e il 1882, la biblioteca si aprì ad un pubblico più ampio, formato
anche da studenti e, più in generale, da “gente comune” che frequentava e
animava le sale della biblioteca7.
Lo stesso Fava, pur essendo ben consapevole del ruolo istituzionale della
Estense come istituzione di conservazione, favorì sempre le iniziative a favore del
“pubblico comune”. Nella relazione annuale del 1930-1931 scrisse, forse con
qualche compiacimento, che «nonostante l’esistenza a Modena di altre pubbliche
o semipubbliche biblioteche, […] è l’Estense che attrae nelle sue sale la generalità
dei lettori e degli studiosi modenesi»8.
Oltre alla Estense, Formiggini conosceva certamente anche la rete di
biblioteche popolari nate a Modena e in provincia nella seconda metà
dell’Ottocento, sotto la spinta umanitaria e filantropica, che intendeva migliorare
le condizioni intellettuali e morali della classe operaia e che subirono una ulteriore
spinta propulsiva nel decennio precedente alla prima guerra mondiale,
avvicinando al libro e alla lettura le fasce economicamente e culturalmente più
deboli9.
In particolare, nella seconda metà dell’Ottocento a Modena sono presenti,
oltre alla Biblioteca comunale Poletti, la biblioteca della Società operaia, attiva tra
il 1869 e il 1883 e che arrivò, nel 1872, a possedere 4158 volumi, e la biblioteca
Scolastica, nata per sostenere l’attività dei maestri delle scuole elementari e per
aiutare i i ragazzi nel processo di alfabetizzazione, educazione e formazione
professionale10.
Anche nella provincia di Modena esistevano diverse biblioteche popolari, ad
esempio quelle di Nonantola, Castelvetro, Finale Emilia, Pavullo, Marano, Carpi,
7 Cfr. Luca Bellingeri, Leggere in Estense: dotti, studiosi e altri lettori incerti o svagati in un
secolo di servizio pubblico, in: Biblioteche e lettura a Modena e provincia dall'Unità d'Italia ad
oggi, a cura di Giorgio Montecchi e Raffaella Manelli, Bologna, Compositori, 2012, p. 106. 8 Citato in Ivi, p. 110. 9 Una interessante panoramica della realtà bibliotecaria di Modena e provincia è rappresentata dal
recente volume Biblioteche e lettura a Modena e provincia dall’Unità d'Italia ad oggi cit. 10 Cfr. Antonio Bruni, Annuario delle biblioteche popolari d’Italia nel 1870 e 1871 con un cenno
sulle biblioteche circolanti di Berlino, Firenze, Tofani, 1872, p. 37.
100
Bomporto e Sassuolo, ma si trattò di realtà piccole o piccolissime, spesso dotate di
poche centinaia di volumi, che scomparvero senza lasciar traccia o assorbite dalle
biblioteche comunali11.
Biblioteche filosofiche e circoli filologici
Nell’Italia dell’Ottocento e della prima metà del Novecento nacquero e si
andarono sviluppando una serie di istituzioni private che, attraverso l’allestimenti
di importanti collezioni di libri e riviste a disposizione nelle loro biblioteche e
l’organizzazione di cicli di incontri e conferenze intesero contribuirono al dibattito
e alla circolazione delle idee nel paese.
Particolarmente significative furono le esperienze della Biblioteca filosofica
di Firenze, della Biblioteca filosofica di Palermo e della Biblioteca filosofica di
Torino.
La Biblioteca filosofica di Firenze fu creata nel 1905, poi formalmente
costituita come ente morale nel 1908, vide la presenza tra l’altro di Guido Biagi,
all’epoca direttore della Biblioteca Laurenziana, come membro del primo
consiglio direttivo. La biblioteca nacque con lo scopo di costituire un luogo di
incontro e di confronto delle idee, giungendo a «concretare in un istituto [...]
quelle posizioni culturali, idealistiche, spiritualistiche, modernistiche, che in
qualche modo polemizzavano con la tradizione universitaria ufficiale»12.
La Biblioteca filosofica di Palermo, fondata da Giuseppe Amato Pojero
negli ultimi anno dell’Ottocento, contava 8000 volumi e costituì un importante
centro intellettuale della città siciliana, raccogliendo intellettuali, filosofi e
scienziati prestigiosi nel tentativo di favorire il ravvicinamento tra scienza e
filosofia13.
11 Cfr. Giorgio Montecchi, Leggere a Modena e in provincia dopo l’Unità d’Italia cit., p. 21-45. 12 Eugenio Garin, La Biblioteca filosofica di Firenze, in: Le biblioteche filosofiche italiane:
Firenze, Palermo, Torino, Torino, Edizioni di “Filosofia”, 1962, p. 1. 13 Cfr. Eugenio Di Carlo, Sulla Biblioteca filosofica di Palermo e il suo fondatore, in: Le
biblioteche filosofiche italiane cit., p. 12-22.
101
La Biblioteca filosofica di Torino, infine, a differenza delle già citate
biblioteche di Firenze e Palermo, non possedeva un proprio patrimonio librario
ma garantiva agli iscritti l’accesso e la consultazione (solo eccezionalmente il
prestito) ai libri e alle riviste posseduti dai vari istituti filosofici delle facoltà
universitarie torinesi14.
Molto importante per la crescita culturale di Milano fu la Biblioteca del
Circolo filologico milanese, istituita nel 1875 da Eugenio Torelli Viollier,
fondatore e primo direttore del Corriere della Sera, con lo scopo sostenere il
Circolo nella sua attività di promozione e diffusione della cultura, con particolare
attenzione alle lingue straniere15. La biblioteca, che al momento
dell’inaugurazione contava solo 386 opere, si arricchì nel corso del tempo di
importanti raccolte librarie. Il periodo di massimo sviluppo si ebbe tra il 1909 e il
1920, sotto la direzione di Alessandro Casati, che la incrementò e la potenziò fino
a raggiungere dimensioni rilevanti, con oltre 40.000 volumi. In una relazione del
1914 Casati affermò con orgoglio che «È certo che dei libri, che bisogna leggere
per dirsi uomini di cultura o semplicemente uomini colti, niuno – osiamo
affermare – è qui mancante».
Numerose furono inoltre le iniziative culturali organizzate dal Circolo
filologico, come le conferenze e le lezioni dedicate ai più svariati argomenti,
letterari, storici, artistici e scientifici, che videro la partecipazione di un con
pubblico numeroso e qualificato, facendo diventare la biblioteca un efficace
strumento di diffusione della cultura a Milano.
Il Circolo filologico di Napoli fu creato da Francesco De Sanctis per
favorire la creazione di una società intellettuale napoletana in grado di affrontare
14 Cfr. Augusto Guzzo, La Biblioteca filosofica di Torino, in: Le biblioteche filosofiche italiane
cit., p. 23-40. 15 Cfr. Alberto Vandelli – Roberto Bianchi – Gino Cappelletti, Un modello di lungimiranza: il
Circolo Filologico Milanese, in: L’alchimia del lavoro: i generosi che primi in Milano
fecondarono le arti e le scienze, a cura di Amilcare Bovo... [et al.], Milano, Raccolto, 2008, p. 54-
69.
102
le battaglie civili necessarie alla modernizzazione della città16, in particolare di
«una società dove sia rappresentata tutta la cultura e l’intelligenza napoletana, [...]
in parentela intellettuale con l’Europa». «Siamo atomi – continua De Sanctis –
che dobbiamo uscire dal nostro isolamento, e divenire una forza collettiva. Così
solo vi sarà una cultura e una intelligenza napolitana, e si potrà far valere»17.
Col passare del tempo il circolo assunse un carattere sempre più
“salottiero”, nonostante gli sforzi di De Sanctis, ripresi e rilanciati poi da
Benedetto Croce, che fece parte del Consiglio direttivo del Filologico, e che alla
fine vide fallire di fatto l’ideale desanctisiano di una cultura intesa come
diffusione e condivisione del sapere.
Biblioteche circolanti a Venezia
Sul territorio veneziano erano presenti, nei primi decenni del Novecento,
numerose biblioteche circolanti, diverse per caratteristiche e finalità18, fra le quali
vanno segnalate la biblioteca circolante dell’Ateneo veneto, inaugurata nel 1922,
che possedeva volumi di letteratura amena, romanzi e teatro, oltre a libri di
divulgazione scientifica e attualità, e soprattutto la biblioteca del Circolo
filologico di Venezia, fondato nel 1901 da Maria Pezzè Pascolato, aperta ai soci
del Circolo ai quali offriva la possibilità di prendere i libri in prestito, oltre a
organizzare varie conferenze tenute da autorevole relatori19.
16 Cfr. Toni Iermano, Il giovane Croce e il Circolo filologico di Napoli: materiali per una storia,
«Giornale storico della letteratura italiana», 1990, p. 217-253. 17 Francesco De Sanctis, L’arte, la scienza e la vita: nuovi saggi critici, conferenze e scritti vari, a
cura di Maria Teresa Lanza, Torino, Einaudi, 1972, p. 4. 18 Cfr. Beatrice Lucchese, Le biblioteche circolanti: il caso di Venezia, «La fabbrica del libro», 15
(2009), n. 1, p. 23-27. 19 Cfr. Circolo filologico, Statuto, Venezia, [s. d.].
103
Il Gabinetto di lettura Vieusseux
Fondato nel 1819 da Giovan Pietro Vieusseux, il Gabinetto di lettura
Vieusseux rappresentò, nell’Italia dei primi decenni del Novecento, una delle
esperienze più significative e culturalmente vivaci di biblioteca circolante e ha
certamente costituito un modello con il quale Formiggini si è confrontato nella
costituzione della propria biblioteca.
Il Gabinetto Vieusseux offriva, in cambio del costo di abbonamento, una
raccolta di libri destinati anche al prestito a domicilio, ma anche periodici, giornali
e gazzette, che al contrario non risultano essere disponibili nella biblioteca di
Formiggini.
In comune le due biblioteche avevano certamente lo spirito dei rispettivi
fondatori, che volevano istituire una biblioteca con finalità di “biblioteca
pubblica”, in grado di offrire agli utenti libri di qualità e un piacevole ambiente
dove leggere e, magari, socializzare.
Analoghe erano pure alcune modalità di organizzazione dell’accesso ai
servizi della biblioteca, come pure la presenza di una “biblioteca consultativa”,
cioè una raccolta di opere di consultazione, escluse dal prestito, formata da
enciclopedie, repertori bibliografici, cronologie, dizionari, atlanti ecc.20.
Il Gabinetto comprendeva una Sala lettura con i principali giornali e riviste,
italiani e stranieri e la biblioteca circolante che, all’altezza del 1914, era aperta
tutti i giorni tranne la domenica, dalle 9 alle 17. Essa possedeva «400.000 volumi
italiani, tedeschi, inglesi, francesi, alcuni russi e spagnoli» e comprendeva «i
principali rami di letteratura, storia, scienza, viaggi […] e libri di amena lettura»21.
Intorno alla metà degli anni Venti le vicende del Gabinetto di lettura
Vieusseux si incrociarono con quelle della Biblioteca circolante di Formiggini.
Nel maggio del 1926, infatti, la Commissione amministratrice del Vieusseux
decise, su proposta del direttore Bonaventura Tecchi, di modificare le procedure
20 Il Vieusseux: storia di un gabinetto di lettura, 1819-2000: cronologia, saggi, testimonianze, a
cura di Laura Desideri, Firenze, Polistampa, 2001, p. 16. 21 Ivi, p. 86.
104
di prestito della biblioteca. Si trattò di una decisione che Tecchi prese dopo essersi
confrontato con Formiggini su questo argomento dopo aver deciso di prendere
come modello le procedure messe in atto dalla biblioteca circolante romana.
Fu quindi abolito il “libro dei prestiti”, dove sotto il titolo di ciascun volume
veniva apposta la firma dei lettori, sostituito da una scheda intitolata al ogni
singolo abbonato, con il numero di collocazione del libro, la data del prestito e
quella di restituzione:
il 3 maggio 1926 il direttore Tecchi dà notizia di un nuovo sistema
(esemplato su quello della biblioteca circolante Formiggini di Roma) per la
registrazione dei prestiti librari, che d’ora in avanti avverrà su schede mobili
intestate ai singoli abbonati, anziché nella voluminosa serie dei registri di
prestito, da non più allestire: è l’avvio di un sistema gestionale più moderno
[...]22.
Questa procedura offriva il vantaggio di poter verificare con immediatezza la
situazione di ogni abbonato, il numero delle opere che questi aveva avuto in
prestito e la scadenza del suo abbonamento.
Nella corso dell’adunanza della Commissione amministratrice del 3 maggio
1926, Tecchi chiarì nel dettaglio le novità introdotte, riprese dalla Biblioteca
circolante di Formiggini e adattate alla realtà, per alcuni versi differente, del
Gabinetto Vieusseux:
il direttore dottor Tecchi dà conto di diversi progetti da lui studiati per un
nuovo metodo di distribuzione, registrazione dei libri, e ricerche di quelli
non restituiti regolarmente, insomma delle diverse branche del
funzionamento di una biblioteca circolante. […] Il dottor Tecchi espone […]
un altro sistema di organizzazione, di cui egli, in un recente viaggio a Roma,
ebbe modo di prendere conoscenza, e cioè presso la biblioteca circolante
Formiggini. Il sistema praticato fino ad oggi consiste in un triplice lavoro di
annotazione dei libri distribuiti: Prima annotazione in foglietti volanti,
22 Chiara De Vecchis, Gli strumenti del bibliotecario: note circa un taccuino manoscritto di
Bonaventura Tecchi al Gabinetto Vieusseux di Firenze, in: Le fusa del gatto: libri, librai e molto
altro, [Sinalunga, Tipografia Rossi], 2013, p. 145-146. Cfr. anche Il Vieusseux: storia di un
gabinetto di lettura cit. p. 94.
105
soggetti ad esser facilmente dispersi, seconda annotazione da questi foglietti
sui vecchi grandi registri Vieusseux e, in fine, sul registro nominativo degli
abbonati. Il nuovo sistema consiste principalmente nel sostituire, a tale
triplice lavoro di annotazione, un’unica scheda intitolata a ciascuno degli
abbonati, nella quale, oltre le indicazioni (che nel vecchio sistema
mancavano) sulla durata e scadenza dell’abbonamento siano notati i libri
presi dall’abbonato in tre diverse colonne, una per il numero dell’opera, la
seconda con la data del prestito e la terza con la data della resa. Una
modificazione però s’impone […] data la maggiore complessità e
importanza della biblioteca Vieusseux e consiste nel dover fare ogni 15
giorni lo spoglio di tali schede e di registrare in un apposito unico registro
solamente i libri [non] restituiti in tempo debito. Il vantaggio sul vecchio
sistema è rappresentato dal fatto che mentre in quello dovevano essere
registrati due volte tutti i libri, qui solo una parte assai piccola di essi23.
Un altro “provvedimento” strettamente correlato con le procedure di prestito,
approvato dalla stessa Commissione amministratrice, riguardò la collocazione del
materiale librario, che da allora fu collocato «non più per divisione di lingue»,
come avveniva al Gabinetto Vieusseux fin dalla sua fondazione, bensì
«progressivamente per ordine di numero». Questa nuova modalità di collocazione
non solo fu ritenuta «indispensabile e utile» anche per facilitare l’individuazione
dei volumi, anche di quelli smarriti, ma rendeva più rapido il lavoro, rendendo
perciò possibile la diminuzione degli impiegati.
Biblioteche private e gabinetti di lettura a Roma
Formiggini conosceva probabilmente piuttosto bene il contesto delle
biblioteche romane, non solo perché Roma era la capitale e la città con la realtà
bibliotecaria più consistente, ma anche perché lui stesso viveva a Roma già alcuni
23 Adunanza della Commissione amministratrice del dì 3 maggio 1926 (ASGV, XX, 3A.3, p. 127),
, citata da Chiara De Vecchis, Le raccolte della Biblioteca del Gabinetto Vieusseux di Firenze
negli anni della direzione di Bonaventura Tecchi, Eugenio Montale, Rodolfo Ciullini, Alessandro
Bonsanti (1925-1945), tesi di dottorato in Scienze bibliografiche presso l’Università di Udine nel
2005, relatori Attilio Mauro Caproni e Neil Harris.
106
anni prima di inaugurare la Biblioteca circolante, visto che vi si era trasferito nel
1916.
A Roma esisteva certamente un tessuto di biblioteche circolanti, anche di
diverse tipologie (associative, commerciali o filantropiche), che nella maggior
parte dei casi ebbero vita breve ma in qualche caso durarono più a lungo, anche se
le conoscenze di questo fenomeno sono limitate e mancano studi approfonditi al
riguardo.
Più massiccia invece era la presenza delle biblioteche pubbliche governative
che però, per la loro struttura amministrativa e le funzioni esercitate, erano troppo
diverse dalla biblioteca formigginiana per poter costituire un modello da seguire.
Un quadro generale delle biblioteche esistenti a Roma, delle loro dimensioni
e degli orari di apertura è offerto, con qualche lacuna, dalla Guida scientifica
artistica commerciale di Roma24, che nel 1872 segnalava le seguenti biblioteche
considerate pubbliche, cioè aperte al pubblico:
- la Biblioteca universitaria Alessandrina, con un patrimonio di 90.000
volumi, che era aperta tutti i giorni;
- la Biblioteca Angelica dei Padri agostiniani, con 80.000 volumi, aperta
tutti i giorni di mattina, tranne il giovedì;
- la Biblioteca Aracoelitana, del Convento dell’Aracoeli, con 18.000 volumi,
aperta tutti i giorni di mattina;
- la Biblioteca Barberiniana, presso palazzo Barberini-Quattro Fontane, con
40.000 volumi, aperta solo il giovedì mattina;
- la Biblioteca Casanatense, presso il Convento di S. Maria sopra Minerva
dei padri predicatori-Domenicani, con 130.000 volumi, aperta tutti i giorni, tranne
il giovedì;
- la Biblioteca Chigiana, con sede a Palazzo Chigi al Corso, con 40.000
volumi, aperta solo il giovedì, previo permesso;
- la Biblioteca Corsiniana, con sede a Palazzo Corsini alla Lungara, con
60.000 volumi, aperta di pomeriggio tranne il mercoledì;
24 Cfr. Guida scientifica, artistica e commerciale della città di Roma, Roma, s. n., 1872.
107
- la Biblioteca Lancisiana, presso l’Ospedale di S. Spirito in Sassia, con
18.000 volumi, aperta tutti i giorni di mattina;
- la Biblioteca Vallicelliana, presso il Convento dei Filippini alla Chiesa
Nuova, con 36.000 volumi, aperta 3 giorni a settimana, di mattina;
- la Biblioteca Vaticana, con 160.000 volumi e 25.000 manoscritti, aperta
tutti i giorni di mattina;
- la Biblioteca circolante di Roma, in via di Panico 71, inaugurata il 28
febbraio 1871, aperta tutti i giorni dalle 11 alle 14, con la possibilità di usufruire
del servizio di lettura gratuita a domicilio.
Va segnalata inoltre la presenza della Biblioteca circolante Frankliniana, così
denominata in memoria «del filantropo e scienziato Beniamino Franklin, ardente
propugnatore di quel mezzo di cultura popolare costituito dalla diffusione gratuita
del libro per le più umili classi sociali»25. Si tratta probabilmente della più antica
biblioteca circolante di Roma, essendo stata fondata nel 1871, ma anche una delle
più importanti, visto che alla fine del 1929 contava «ventimila volumi di ogni
genere, comprendenti opere di notevole pregio e di un certo interesse
bibliografico, oltre che di una ricca sezione di letteratura amena»26. Il primo
bibliotecario che vi lavorò, fin dal giorno dell’inaugurazione, fu Luigi Ceselli,
seguito nel 1892 dal prof. Romano Guerra; ma fu a partire dal 1893, con Enrico
Celani27, che la biblioteca ebbe un grande sviluppo, diventando «assai gradita al
pubblico e […] frequentatissima» e garantendo una distribuzione che «avveniva
due volte la settimana con orario ininterrotto dalle nove alle quattro pomeridiane,
e la domenica e il giovedì dalle dieci all’una»28.
Lo statuto della biblioteca, dopo aver affermato che l’attività della biblioteca
stessa era guidato dal «principio della libertà di pensiero [che] lascia neutrale il
25 Mario Lizzani, La Frankliniana: prima biblioteca popolare di Roma, «Capitolium», 29 (1954),
n. 1, p. 12. 26 Ibidem. 27 Cfr. Celani, Enrico, in: Dizionario bio-bibliografico dei bibliotecari italiani del XX secolo, a
cura di Simonetta Buttò, «AIB-WEB», <http://www.aib.it/aib/editoria/dbbi20/celani.htm>. 28 M. Lizzani, La Frankliniana cit., p. 12.
108
terreno a qualunque opinione Religiosa, Politica, Filosofica» (art. 2), garantiva
l’accesso a «qualunque persona d’ambo i sessi» (art. 3). La raccolta della
biblioteca era costituita dai libri donati dai soci o da chiunque altro e da quelli
acquistati con le quote mensili dei soci o altre donazioni in denaro (art. 5); la
biblioteca otteneva inoltre i contributi per il suo funzionamento dal Municipio e
dal Ministero della pubblica istruzione29.
Per quanto riguarda le altre biblioteche diffuse sul territorio, si segnala la
presenza delle biblioteche nelle strutture del Partito fascista. A questo proposito,
la Soprintendenza bibliografica del Lazio condusse nel marzo 1936 un’indagine
relativamente alla situazione di Roma dove, su 31 Gruppi rionali del PNF, sette
non risultavano avere libri e negli altri, pur variando il numero dei libri posseduti
da poche decine a oltre mille, mancava di solito qualsiasi ordinamento (o lo si
definiva, pudicamente, “in corso”) e il materiale era spesso indicato come
vecchio, superato o di scarso interesse. Una biblioteca raggiungeva i 2000 volumi
(ma era in corso di ordinamento) e una addirittura i 16.000, ma solo in due o tre
casi si era in presenza di una certa organizzazione; non si fornisce alcun dato sui
servizi erogati. Nei casi in cui si indica il tipo di materiale desiderato dai membri
dei Gruppi, accanto ovviamente a qualche menzione di libri di politica e storia
recente, si chiedevano “letture piacevoli”, “letture divertenti”, “letteratura
romanzata”30.
Biblioteche circolanti create da editori o librai
Alcune biblioteche circolanti di tipo commerciale sembrano essere più
adatte ad essere prese come modello da Formiggini: si tratta di quei gabinetti di
lettura legati ai mestieri del libro, che nascevano cioè come attività collaterali, a
29 Cfr. Biblioteca circolante Frankliniana, Statuto della Biblioteca circolante Frankliniana di
Roma, Roma,Tipografia Cuggiani, Santini e C.o, [1873]. 30 Archivio centrale dello Stato, Direzione generale Accademie e biblioteche 1950-1980,
Versamento 1959, b. 240.
109
scopo di lucro, di librai, tipografi o editori31. Si tratta di un modello che ha le sue
origini nella Francia e nell’Inghilterra del Settecento, dove esistevano botteghe
che offrivano a pagamento la lettura di opuscoli e fogli volanti e, in qualche caso,
anche il prestito a domicilio, e che si svilupparono fino alla fine dell’Ottocento
anche in Italia.
La natura privata e il carattere commerciale di queste biblioteche può
spiegare «il carattere spesso effimero – tale da condizionarne anche la
sopravvivenza stessa – degli strumenti legati all’attività di mediazione tra
collezioni e lettori: cataloghi a stampa; [...] bollettini di recenti accessioni; [...]
registri dei soci o abbonati; registri di prestito [...]»32, come avvenne anche nel
caso della biblioteca di Formiggini, per il quale però non si può tuttavia escludere
che la sparizione della documentazione amministrativa sia dovuta anche a ragioni
di opportunità e prudenza, visto il progressivo inasprimento della politica
antiebraica da parte del regime fascista.
Per quanto riguarda le biblioteche circolanti realizzate da editori, che
possono quindi aver costituito un concreto modello di riferimento per Formiggini,
non si può non menzionare Giuseppe Pomba, tipografo e editore torinese, che
promosse la fondazione nel 1855 della Biblioteca civica di Torino, che con i suoi
20.000 volumi ebbe un ruolo importante nella vita culturale della città33.
31 Cfr. C. De Vecchis, Per una mappa dei gabinetti di lettura in Italia cit., p. 188-190. 32 Ivi, p. 178-179. 33 Sul progetto di Giuseppe Pomba e la Biblioteca civica di Torino cfr. Paolo Traniello, Tre strade
nel Nord: la genesi della biblioteca comunale a Torino, Mantova e Milano, in: La professione
bibliotecaria in Italia e altri studi, Roma, Biblioteca nazionale centrale, 2002, p. 71-90; Alberto
Geisser, Deve Torino avere una biblioteca pubblica circolante? esempii altrui e aspirazioni
nostre, Torino, Collegio degli artigianelli, 1893; Giuseppe Pomba, Proposta fatta al Consiglio
comunale di Torino dal consigliere G. Pomba per l’utilizzazione di una Biblioteca Comunale
pubblica ad uso dei Cittadini il 28 maggio 1855, Torino, Stamperia dell’Unione tipografico-
editrice torinese, 1855; Giuseppe Pomba, Intorno alla biblioteca pubblica comunale da erigersi a
cura ed a spese del Municipio torinese, giusta la proposta fattane nel 1855 dal consigliere
Giuseppe Pomba: cenni e ragguagli storici, Torino, Stamperia dell’Unione tipografico-editrice,
1865; Giuseppe Pomba, Nell’occasione in cui aprivasi al pubblico la biblioteca della Città di
Torino la sera del 22 febbraio 1869: parole dette dal cav. Giuseppe Pomba bibliotecario onorario
110
Le esperienze di Formiggini e Pomba presentano non poche analogie, a
partire dal fatto che entrambi predilessero, nel corso della loro attività di editori, la
pubblicazione di collane e di opere enciclopediche destinate a un pubblico
borghese e non elitario, al fine di favorirne la crescita culturale. Per quanto
riguarda invece il progetto per la creazione della biblioteca circolante, essi
condivisero la convinzione, molto moderna, a proposito del ruolo fondamentale
che doveva avere la promozione della lettura e la circolazione del libro per la
diffusione della cultura, mettendo al centro delle loro rispettive iniziative la
«ricerca dei modi di un ampliamento dell’ambito di fruizione della comunicazione
scritta»34.
Un’altra significativa analogia riguarda la comune sensibilità nei confronti
di un’idea di biblioteca intesa come public library, cioè una biblioteca che, sul
modello anglosassone, non fosse destinata solo a studiosi ed eruditi, né dedicata
esclusivamente alla conservazione dei libri pregiati, ma fosse invece una
istituzione aperta a tutti al fine di soddisfare le esigenze di lettura, di informazione
e di conoscenza di tutti i cittadini. In particolare, Pomba sosteneva che Torino,
città dotata di una bella biblioteca universitaria, ricca di materiale antico e di
pregio, avesse bisogno di un’altra biblioteca specificamente rivolta alle esigenze
di base: «farebbe quindi cosa santissima il Municipio fondando una biblioteca sua
propria e ad uso non solo di questi allievi delle pubbliche Scuole serali, ma di tutti
i cittadini, fornendola non tanto di quelle opere che servono d’ornamento alle sale,
ma precisamente di quelle di vero uso pratico e di vera utilità agli studiosi delle
scienze fisiche e chimiche applicate alle arti, della meccanica e delle altre scienze
positive»35.
Ma la vera novità proposta da Pomba, che rappresentò un elemento di
rottura con le scelte di politica bibliotecaria del passato, era costituita dal fatto che
egli ritenesse necessario che il finanziamento di una tale istituzione fosse posto a
della medesima, Torino, eredi Botta, [s.d.]; Daniele Sassi, La Biblioteca Civica di Torino:
relazione della direzione, Torino, per gli eredi Botta, 1875. 34 P. Traniello, Tre strade nel Nord cit., p. 72. 35 G. Pomba, Intorno alla biblioteca pubblica comunale cit., p. 15.
111
carico della finanza pubblica locale. Si richiedeva, in questo modo, una forte
assunzione di responsabilità da parte dell’amministrazione cittadina, che peraltro
assomigliava molto a quella fatta da Formiggini, alcuni decenni dopo, quando
trasformò la biblioteca circolante in una “biblioteca circolante metropolitana”,
proponendo al Governatorato di Roma di farsene carico economicamente,
proposta che non ottenne mai risposta.
Tra le altre esperienze di biblioteche circolanti legate ai mestieri del libro si
segnalano quella della libreria della Ditta Luigi Giannelli di Pisa che, nel 1887,
allestì un “gabinetto di lettura circolante” in cui affittava libri italiani, francesi,
inglesi e tedeschi per un periodo che va da un giorno a tre mesi36 e quella
dell’editore Renzo Streglio, poi assorbita dalla Società di cultura di Torino, citata
in un volume di Alba Andreini sulla cultura torinese di inizio secolo: «Poco più
avanti, via Roma incrocia via Cesare Battisti: al numero 2 ebbe sede dal 1905 la
Società di Cultura, che, fondata nel 1899 da Gustavo Balsamo Crivelli, Zino Zini,
Giovanni Cena e Francesco Pastonchi, acquisì gli oltre diecimila volumi della
Grande biblioteca romantica circolante dell’editore Renzo Streglio»37.
Della “Biblioteca romantica circolante” di Streglio ci sono solo poche e
frammentarie notizie, ma si segnala che un libro francese del 1884, con il timbro
di questa biblioteca, fu trovato poi preso la Biblioteca dell’Università popolare di
Firenze38.
36 Catalogo della Ditta Luigi Giannelli, gabinetto di lettura circolante, citato da C. De Vecchis,
Per una mappa dei gabinetti di lettura in Italia cit., p. 188. 37 Una mole di parole: passeggiate nella Torino degli scrittori, a cura di Alba Andreini,
introduzione di Carlo Fruttero, con uno scritto di Ernesto Fruttero, Torino, CELID, 2006, p. 28. 38 Il volume è così segnalato: «Pichot, Amédée, Un enlèvement. Nouv. éd. Paris, Calmann Lévy,
1884. iv, 316 p.; 19 cm. Timbro: Biblioteca romantica circolante-Roma»; cfr. la scheda n. 10496
del volume Biblioteca Palagio di Parte guelfa, Catalogo della biblioteca dell’Università popolare
di Firenze, a cura di Nicola Labanca; prefazione di Marino Berengo; interventi di Luigi Crocetti e
Stefano Mecatti; con il contributo di Lisa Baligioni e Marco Pinzani, Firenze, Olschki, 1998, p.
556.
112
6. La biblioteca circolante
La Biblioteca circolante de «L’Italia che scrive» aveva sede a Roma presso
Palazzo Doria, in vicolo Doria 6A, sede della casa editrice Formiggini.
Dal punto di vista biblioteconomico, la Biblioteca circolante manifestò fin
da subito alcuni elementi di intrinseca debolezza: da una parte il nucleo originario
della collezione risulta, per le modalità di costituzione (prevalentemente per
recensione o dono), disorganico ed eterogeneo; dall’altra, l’idea
dell’accrescimento attraverso i doni di privati o degli editori evidenzia la
concezione ottocentesca della biblioteca come istituto di beneficienza, piuttosto
che come centro di promozione culturale e civile. Ma d’altra parte emerge in
Formiggini anche un’idea della biblioteca assai moderna, per la quale essa non
andava intesa in una prospettiva “museale” e di deposito inutilizzato di libri, ma al
contrario egli promosse un modello di biblioteca come servizio pubblico e come
strumento per favorire la circolazione dei libri e la promozione della lettura.
Poco si sa della struttura interna della biblioteca, delle sue sale e dei suoi
arrendamenti, se non quello che racconta Formiggini in una intervista
immaginaria a se stesso, ambientata proprio nei locali della Biblioteca ICS. La
biblioteca, collocata nella «enorme cucina dei principi Doria», viene così
descritta: «l’ingresso ha le volte vagamente dipinte in istile arcaico; sulle rosse
pareti molti frammenti di antiche sculture, frammisti a molte lapidi di dubbia
antichità glorificanti i Profili, i Classici del ridere, le Medaglie, le Lettere
d’amore, le Polemiche, e tutte le altre genialissime iniziative formigginiane; sul
soffitto il glorioso motto “mihi confricor”; in un angolo una bella anfora che porta
scritto in caratteri rossi “Essenza di tutte le letterature”. Superata la saletta
d’ingresso si entra in quella dove sono esposti al pubblico gli schedari sistematici
per autori, per materie e per lingue della Biblioteca circolante de l’Italia che
113
scrive, che è un vero modello per la ricchezza dei rifornimenti, per la grazia delle
rilegature, per la prontezza ingegnosa dei servizi»1.
Fig. 4-5 Bozzetti per le scaffalature della Biblioteca dell’ICS
1 Angelo Fortunato Formiggini, Il congressone: nostra intervista con un celebre editore, «L’Italia
che scrive», 9 (1926), n. 12, p. 253.
114
6.1 Un progetto ambivalente
L’ipotesi di partenza di questa ricerca è stata quella per cui la Biblioteca
dell’ICS fosse il risultato di un’operazione intelligente, dal punto di vista
commerciale e imprenditoriale, sostanzialmente colta, in quanto luogo di
diffusione del libro e di promozione della lettura, ma anche generosa, per lo
sforzo economico e personale di Formiggini, che in essa investì grandi risorse.
Con passare del tempo è emerso però anche una certa ambivalenza di questo
progetto in quanto, nonostante le espressioni spesso entusiastiche utilizzate da
Formiggini in più occasioni su «L’Italia che scrive» e le rilevanti dimensioni
assunte nel corso del tempo dalla biblioteca2, questa si configurò in realtà come
una operazione certamente coerente con la visione culturale di Formiggini e le sue
strategie complessive di promozione del libro e della lettura, ma secondaria
nell’economia complessiva della casa editrice e soprattutto incapace di incidere e
di attrarre significativamente quella borghesia colta a cui erano prevalentemente
indirizzati la collezione e i servizi della biblioteca. Non esiste ad esempio alcuna
testimonianza che, nella sede della biblioteca, si siano mai svolte attività culturali,
letture pubbliche, presentazioni di libri, convegni o incontri, come invece spesso
avveniva presso altri gabinetti di lettura dell’epoca3.
Ma forse proprio in questa ambivalenza si può identificare il momento più
alto (e, paradossalmente, più coerente) del disegno culturale di Formiggini, che
egli perseguì con grande lucidità, secondo il quale era indispensabile, per una
complessiva crescita culturale della società, coinvolgerne tutte le diverse
componenti, adottando di volta in volta i linguaggi di comunicazione necessari, a
seconda del livello di comprensione di ciascuna componente. Per questo realizzò,
2 Inaugurata nel 1922, la biblioteca arrivò a possedere nel 1933 oltre 40.000 volumi,
rappresentando così la più grande biblioteca “pubblica” a Roma, senza considerare le biblioteche
pubbliche governative. 3 Si pensi, solo a titolo di esempio, all’intensa attività di promozione culturale del Gabinetto
Vieusseux.
115
nel corso della sua ricca attività editoriale, pubblicazioni di alta cultura, destinata
agli intellettuali e agli studiosi, con collane erudite e riviste di filosofia, ma anche
libri e collane destinate a una borghesia di buona cultura, che poteva trarre piacere
e giovamento da pubblicazioni in cui l’approfondimento bibliografico era
l’elemento caratterizzante, come ad esempio i Profili e le Guide bibliografiche.
Infine, per le classi meno agiate, che fino a quel momento avevano avuto ben
poche possibilità di accedere a qualsiasi forma di acculturamento o di formazione
di qualità, oltre ad aver adottato una politica dei prezzi “popolare” per le proprie
edizioni, Formiggini creò una biblioteca circolante in grado di offrire non solo un
ampio settore con la manualistica per l’autoformazione, con una ricca presenza di
manuali Hoepli, ma anche e soprattutto una ricca raccolta di opere di narrativa,
anche popolare (consistente la letteratura gialla e rosa), in grado di divertire ma
anche di favorire la riflessione e la crescita culturale e sociale.
Molto interessante, e come al solito caratterizzata da un tono scanzonato e
serissimo al contempo, fu la riflessione di Formiggini sulla funzione della
letteratura popolare, che lui definisce “letteratura pitigrilleggiante”, a favore della
diffusione della cultura: lungi dal considerarla un genere letterario minore da
bandire dalla raccolta della biblioteca, Formiggini lo riteneva invece uno
strumento efficace per avvicinare un non lettore alla lettura e alla biblioteca:
È certo però che come ginnastica mentale, piuttosto che non leggere nulla, è
meglio leggere un romanzo qualsiasi; e se mi càpita di vedere una “sartina
d’Italia” con un romanzo del Terzo Guido fra le mani, io dico: È una sartina
spirituale, e penso che dopo aver letto Guido le verrà forse voglia di leggere
qualcuno degli autori che hanno più sobrie tirature ma i cui libri sono nutriti
di qualche cosa di più sostanziale. E ciò avverrà tanto più facilmente se la
sartina d’Italia sarà abbonata ad una biblioteca circolante dove possa avere a
portata di mano, e si può dire gratis, tutta la letteratura che può desiderare.
Dirò di più: io serbo molta gratitudine al Terzo Guido & C. perché la
letteratura pitigrilleggiante esercita nella mia biblioteca di palazzo Doria al
Corso un’azione prossenetica addirittura preziosa. C’è un larghissimo
pubblico (il pubblico più largo) che non si abbonerebbe alla mia biblioteca
se non vi trovasse abbondantissimo questo cibo facile e ghiotto. Ma succede
sempre che questa specie di abbonati, avendo sotto gli occhi e a portata di
mano migliaia di altri romanzi, di commedie, di libri di viaggi, di storia, di
economia, di filosofia, finiscono per leggerne parecchi anche di questi: ed è
116
dunque solo per merito dei succitati prosseneti se quelli che vengono da me
solo per sollazzarsi lo spirito finiscono per andar via in pochi mesi imbottiti
di varia, vasta, seria ed utile dottrina. Molti dei miei lettori non sarebbero
mai giunti alle vertigini dell’Atto Puro se non avessero prima “superata” La
cintura di castità...4.
Non sempre però è facilmente riconoscibile quali siano gli specifici destinatari di
una iniziativa o di una collana formigginiana, perché si assiste spesso al
mescolamento di istanze colte e popolari, sia per quanto attiene ai contenuti che al
linguaggio utilizzato. «L’Italia che scrive», ad esempio, è una rivista che
senz’altro affronta, attraverso interventi o recensioni, temi di cultura “alta”, con il
contributo di intellettuali prestigiosi, ma d’altra parte essa è programmaticamente
destinata a un pubblico il più ampio possibile, e per questo affianca alla riflessione
colta uno stile ironico e diretto; un altro esempio è costituito dalla biblioteca
circolante, che contiene una quantità notevole di romanzi popolari e di consumo,
ai quali si affiancano però, solo per fare un esempio, tutte le opere di Dante
Alighieri, comprese diverse edizioni della Divina commedia, una delle quali con il
commento in tedesco di L. Olschki, oppure quasi tutte le opere di Benedetto
Croce. Anche un tema come quello dell’umorismo, che permea tutta l’esistenza e
l’attività editoriale di Formiggini, viene talvolta declinato dall’editore modenese
in una prospettiva filosofica5, ma in generale costituisce l’elemento fondamentale
della sua visione della vita e del mondo, una visione allegra e scanzonata che vede
nel ridere lo strumento indispensabile per realizzare la fratellanza tra gli uomini e
tra i popoli.
Non risultano significative testimonianze di scrittori o intellettuali a
proposito della Biblioteca circolante, che pure fu molto frequentata, e non solo al
4 Angelo Fortunato Formiggini, Inchiesta sulle biblioteche circolanti, «L’Italia che scrive», 7
(1924), n. 11, p. 198-199. 5 Nel 1907 Formiggini prese la sua seconda laurea, in filosofia morale, con una tesi proprio sulla
Filosofia del ridere, cfr. Filosofia del ridere: note ed appunti, a cura di Luigi Guicciardi, Bologna,
CLUEB, 1989.
117
momento dell’inaugurazione, anche da personaggi famosi del mondo della
cultura.
Si segnalano qui una paio di testimonianze interessanti, dalle quali emerge
non solo la qualità dell’organizzazione della biblioteca, ma soprattutto il legame,
spesso affettuoso, che Formiggini riusciva ad instaurare con le persone che lo
conoscevano. Innanzi tutto nel 1927, sul notiziario informativo «Il Formiggini»,
venne pubblicato un breve articolo di Enrico Alberti che evidenziava come si
fosse consolidato il ruolo della Biblioteca circolante nel corso degli anni, per
quanto riguarda la maggiore notorietà e il radicamento nella vita sociale e
culturale della Capitale:
Ecco, per sommi capi, le cose che A. F. Formiggini mi ha detto sulle più
importanti sue imprese. Ma i romani debbono essergli grati soprattutto per
avere organizzato nel cuore della città, profondendovi un vero patrimonio,
una Biblioteca circolante al corrente con la produzione italiana e francese e
con un ricchissimo assortimento di libri inglesi e tedeschi (basti dire che vi si
trova quasi al completo la celebre collezione Tauchnitz). Insomma una vera
“cuccagna” del libro, dove, con pochi soldi di abbonamento un buon lettore
trova da divorare migliaia di volumi freschi, rilegati con signorile semplicità
in modo caratteristico ed attraente, pulitissimi, perché sottoposti a continue
cure e disinfezioni.
A Roma un’iniziativa simile, attuata con tanta liberalità e sapienza, era
veramente desiderata e se i romani profitteranno della “cuccagna”,
l’iniziativa che ora si regge solo per l’esasperato puntiglio di un cittadino
volenteroso, potrà diventare sempre più e sempre meglio una istituzione
degna della capitale della nuova Italia e col tempo non solo trovare in se
stessa le ragioni della sua vita, ma anche raggiungere sviluppi ingenti e
sommamente benefici.
Io, che mi ero recato ad intervistare “A. F. Formiggini editore in Roma” più
per curiosità che per altro e col proposito di cavarmela con un trafiletto di
poche righe, sono stato preso come dal fascino di una attività così varia
118
eppur sempre coerente ed ho sentito il dovere di richiamare su di essa
l’attenzione del pubblico6.
Altrettanto significativo è il bel ricordo7, anche se breve, che ne dà Mario Simone
(1901-1975), avvocato e pubblicista, che fu una figura di intellettuale forse poco
conosciuta ma con un ruolo importante a livello locale come editore e
organizzatore di manifestazioni culturali, non solo nella provincia di Foggia ma
nell’intera regione della Puglia. In uno scritto del 1973, Simone rievoca il suo
primo incontro con Formiggini, che definisce «maestro editore e papà della
bibliofilia e bibliografia», che risaliva al 1925 a Roma:
Ad Angelo Fortunato Formìggini debbo le più gioiose emozioni della mia
carriera di lettore. A Napoli, dove il 1918 preparavo la licenza liceale,
conquistata poi al “Genovesi”, ricevetti in libreria un saggio de «L’Italia che
scrive»: ritornato a casa ottenni che mio padre pagasse l’abbonamento alla
gaietta rivista. Fui conquistato dallo stile magico di quel periodico, in cui lo
spirito vivace dell’editore sceglieva e amalgamava le varie collaborazioni, in
modo da comporre una unità culturale e tipografica8.
Più avanti Simone ricorda le sue visite a Formiggini presso la biblioteca
circolante:
6 Enrico Alberti, La cuccagna dei romani, «Il Formiggini» 20 (1927), n. 1. 7 Mario Simone, Ricordi e frammenti, «La Capitanata», 13 (1975), n. 1/6, p. 13-59, disponibile
anche all’URL <http://www.bibliotecaprovinciale.foggia.it/capitanata/1975/1975_parte1.htm>;
vedi anche, nello stesso fascicolo, Angelo Celuzza, Mario Simone: una vita per la cultura, p. 1-12. 8 M. Simone, Ricordi e frammenti cit., p. 16. Così continua, più avanti, il racconto di Simone: «Era
lì la sua “casa del ridere”, editrice versata in cose, da cui presiedeva la più fine condizione
irrinunciabile di una vita interamente dedicata al godimento del genere umano, se sapere è felicità
e suo combattere è il leggere. Amare gli Italiani a questa funzione! Non v’eran mezzi che
bastassero, di quelli usuali, forse sperimentati e certamente falliti. Sorse quindi una voce affidata
ad una rivista, «L’Italia che scrive» in sigla I.C.S., gaietta e robusta, che penetrata subito tra
editore e librai sboccò subito tra i lettori più refrattari e molti ne raggiunse lontano, eccitandoli non
soltanto a seguire da vicino nelle sue colonne il moto degli astri guidati dagli stampatori nazionali
e forestieri ma anche innamorando a quella scienza nuova da essa rappresentata e svolta, quale era
la bibliografia» (p. 32).
119
Trasferitomi a Roma, sapevo trovare le occasioni e le scuse, per farmi
ricevere un attimo nello sgabuzzino di lavoro di quel gigante di vicolo Doria,
dove uno scantinato ospitava la casa editrice e la Biblioteca circolante, unica
istituzione di quel genere nell’Urbe9.
E conclude ricordando, amaramente, i contrasti con il regime e la tragica
conclusione dell’attività e della vita di Formiggini:
Sembrava un idillio, l’attività di AFF a Roma, con le gerarchie fasciste; fino
a quando queste non decisero di stroncare... l’uomo, lasciato ancora libero e
fu l’assalto alla “Leonardo”, cui seppe rispondere con La picozza [sic!]
filosofica del fascismo. Stretto ai pochi amici, ne condivisi la pena, e mi
esasperai alle prime misure razziali, e non mi rassegnai facilmente dopo lo
storico sacrificio dalla Torre di Modena. Rivedere il suo sorriso m’è tuttora
di conforto e di incoraggiamento, tra le contraddizioni della vita10.
6.2 L’inaugurazione
Un prima presentazione della nuova biblioteca circolante che Formiggini
avrebbe inaugurato di lì a poco fu pubblicata su «L’Italia che scrive» alla fine del
1920, dove si legge che con un minimo dispendio era possibile accedere a una
«larga messe di volumi novissimi ed elegantemente rilegati con materiale
appositamente costrutto, sì da poter essere accolti anche nei salotti signorili». Si
tratta di una collezione di libri italiani e stranieri che «per il loro carattere ameno e
piacevole sogliono essere esclusi dalle biblioteche dello Stato o comunque non
essere dati a prestito». Sebbene le difficoltà per allestire una biblioteca fossero
enormi, per l’altissimo prezzo dei libri e per la scarsità dei locali disponibili,
Formiggini affermò di aver «pensato che col notevole affluire di libri d’ogni
specie che giungono quotidianamente alla nostra redazione [dell’«L’Italia che
scrive»] per recensioni e per annunci, avrei potuto, aggiungendo i nuovi volumi a
9 Ivi, , p. 16. 10 Ibidem.
120
quelli della mia privata biblioteca e provvedendo a larghi acquisti retrospettivi,
mettere insieme ben presto un fondo insolitamente notevole di libri». Le
aspirazioni di Formiggini sono “grandiose”, come dimostra l’auspicio che i locali
trovati, «in posizione superlativamente centrale ed agevole, [...] risultino presto
insufficienti allo scopo perché potranno contenere non più di tre chilometri di
scaffali e non più di cento mila volumi».
Formiggini era convinto che la sua biblioteca avrebbe avuto un grande
successo di pubblico, che gli avrebbe consentito nel corso del tempo di ampliare i
servizi e di allargare ulteriormente il bacino di utenza al quale la biblioteca si
sarebbe rivolta: «Questo nuovo “pubblico servizio” farà più largamente nota in
Italia la maggiore iniziativa dell’Istituto per la propaganda della cultura italiana
che unanimi consensi ha raccolto soprattutto all’estero». E più avanti: «Mentre io
non dispero che la Biblioteca dell’ICS possa in un prossimo avvenire rivolgersi a
tutti gli italiani, intendo, in un primo momento, di circoscriverne l’azione al
pubblico della Capitale»11.
Qualche mese più tardi, nell’aprile del 1921, venne segnalato, in una breve
nota, che erano iniziati i lavori di ristrutturazione di Palazzo Doria e che erano
stati fatti ingenti acquisti di libri, che andavano ad aggiungersi ai molti volumi
ricevuti in dono12.
La “solenne” inaugurazione della Biblioteca circolante («un modo faceto di
inaugurare una cosa seria»), nonostante questa funzionasse già da alcuni mesi,
avvenne il 1° aprile 1922, giorno tradizionalmente dedicato agli scherzi. Ciò non
sfuggì a Formiggini che, con il solito tono scanzonato, preparò un invito per la
cena piuttosto originale:
«Il giorno Primo Aprile 1922, alle ore 20 arciprecise, al ristorante della
ROSETTA sarà tenuta una solenne riunione in pompa MAGNA.
È ufficialmente assicurato l’intervento del Governo in forma privatissima.
11 Angelo Fortunato Formiggini, Biblioteca dell’“ICS”, «L’Italia che scrive», 3 (1920), n. 12, p.
181. 12 La Biblioteca dell’ICS. «L’Italia che scrive», 4 (1921), n. 1, p. 7.
121
Il Sig. ... è avvertito che questo invito, a lui PERSONALMENTE diretto,
non è “girabile” come una cambiale.
Sono tassativamente prescritti l’abito da mattina e il cappello floscio: le
bombe a mano sono proibite. Tutti gli invitati dovranno aprire bocca, ma
nessuno potrà prendere la parola.
ATTENTI AL PESCE! Uomo avvisato non è affatto salvato»13.
Nei giorni precedenti molte furono le telefonate ricevute presso la sede della
Biblioteca e al ristorante Rosetta da parte di chi aveva ricevuto l’invito, per capire
se per caso si fosse trattato di uno scherzo.
Formiggini allegò inoltre all’invito un libretto di poche pagine nella cui
antiporta, alternando il carattere sobrio e formale dell’invito ufficiale e uno
sgargiante corsivo rosso, si legge: «Il Prof. A. F. Formiggini direttore de “L’Italia
che scrive” invita la S.V. a vedere come egli abbia sistemati per lingue, per
materie e per autori gli schedari della sua Biblioteca»; segue poi l’indirizzo
completo della Biblioteca: «Roma, Palazzo Doria, (Piazza Venezia - Corso vic.
Doria, 6-A) telef. 78-47». All’interno poi era stampata la poesia Il pesce, scritta
dallo stesso Formiggini:
O voi, che siete ne la stampa fissi,
dite che questa sera ho inaugurata
la Biblioteca di quella CH’IO SCRISSI
ma che... ITALIA CHE SCRIVE s’è chiamata.
Dite che vi son libri d’ogni tipo,
adatti per qualunque sia lettore,
13 La Biblioteca circolante dell’ICS “solennemente” inaugurata alla “Rosetta”, «L’Italia che
scrive», 5 (1922), n. 5, p. 90-91. Vengono segnalati, tra l’altro, i quotidiani che all’epoca
pubblicarono la notizia: «Il Paese» e «Il Tempo» del 2 aprile; «L’Avanti», «Il corriere d’Italia»,
«L’Epoca», «Il giornale d’Italia», «L’idea nazionale», «Il Mondo», «Il Piccolo» del 4 aprile e «Il
Serenissimo» del 9 aprile.
122
tutti schedati in elegante stipo
per lingua, per materia e per autore.
Vi son prose d’amore e versi a iosa,
commedie, viaggi, libri per fanciulli,
per Signorine dalle guancie rosa
e per vecchi ormai schivi dei trastulli.
Dite che gli schedari son visibili,
ad ogni ora, nel Palazzo Doria
e (perché siano meglio reperibili),
aggiungete: “6-a Vicolo Doria”.
Dite che i libri sono rilegati
in modo original, signorilmente,
che 20.000 ormai n’ho comperati
e ne acquisto ogni dì, continuamente.
Se voi direte questo, avrete preso,
o Voi che fissi nella stampa siete,
l’onesto pesciolino che vi ho teso!...
ed io lo prenderò se no’l direte!...
Alla inaugurazione presenziarono importanti personalità del mondo della cultura
(Gentile, Bontempelli, Papini, Pavolini) e della politica (Bandini, prosindaco di
Roma), molti collaboratori de «L’Italia che scrive» (Almagià, Bilancioni, Panzini
“rasato di fresco”, Tilgher) e giornalisti in rappresentanza di diverse testate
(«Giornale d’Italia», «Mondo», «Tempo», «Messaggero», «Corriere d’Italia»,
«Avanti» ecc.).
123
Nel corso della cena fu pronunciata da Formiggini una orazione inaugurale,
in cui sottolineò, tra l’altro, l’importanza della Biblioteca de «L’Italia che scrive»,
che avrebbe contribuito «efficacemente ad accelerare il peso intellettuale di Roma
[...] che, come non ha mai avuto una tradizione editoriale, non ha nemmeno mai
avuto una popolazione dedita alla lettura».
L’affermazione di una cultura bibliografica di tipo divulgativo, in grado di
avvicinare alla lettura anche chi prima leggeva poco o niente, passava, secondo
Formiggini, attraverso la creazione di biblioteche efficienti e la diffusione di una
rivista come «L’Italia che scrive» che, se «è arrivata a quelle tirature iperboliche
che sarebbe stato follia sperare per una pubblicazione bibliografica, ritengo che
molto vi abbia contribuito quella disinvoltura tutta nuova nel mondo della
bibliografia che tanto urta i bibliografi di professione ma che pure è valsa a
rendere la bibliografia cibo digeribile per le moltitudini»14.
Nel corso dei primi mesi di vita della Biblioteca furono periodicamente
pubblicati su «L’Italia che scrive» i resoconti dell’andamento dei lavori di
ristrutturazione dell’edificio e dell’attività di inventariazione dei libri e di
schedatura per autori e per materie: «Il lavoro di schedatura è complesso e
gravoso; quando saremo a posto inviteremo i principali scrittori a mandare copia
delle loro opere più importanti».
Vennero inoltre segnalati i libri ricevuti in dono15, segnalandone
sinteticamente solo il nome dell’autore e i titolo, e poi menzionando di volta in
volta se provenivano da scrittori più o meno noti (ad esempio Moretti, Aleramo,
Bontempelli, Marinetti), da editori (Bemporad, Lattes, Modernissima, Taddei,
14 La Biblioteca circolante dell’ICS “solennemente” inaugurata alla “Rosetta” cit., p. 91. 15 Cfr. Doni alla Biblioteca dell’ICS, «L’Italia che scrive», 4 (1921), n. 2, p. 34; Doni alla
Biblioteca dell’ICS, «L’Italia che scrive», 4 (1921), n. 3, p. 56; Doni alla Biblioteca dell’ICS,
«L’Italia che scrive», 4 (1921), n. 4, p. 79; Doni alla Biblioteca dell’ICS, «L’Italia che scrive», 4
(1921), n. 5, p. 105-106. In quest’ultimo aggiornamento si segnala che è stato collocato in
biblioteca il primo nucleo di 15.000 volumi, ma solo poco più di 5000 sono inventariati e 2000
schedati per autore e per materia.
124
Casa ed. Rassegna internazionale, Ollendorff, Pagnini, Paravia, Zanichelli, ecc.),
oppure da istituzioni terze (Legazione Ceco-Slovacca di Roma)16.
Nel precisare che «si annunciano qui [su «L’Italia che scrive»] solo i libri
meritevoli di essere accolti nella biblioteca», Formiggini richiedeva che i libri in
dono fossero inviati in doppio esemplare, uno per la redazione ICS e uno per la
biblioteca.
6.3 Le politiche di acquisizione
A proposito della ipotesi che il nucleo originario della biblioteca circolante
fosse costituito dai libri ricevuti per recensione o segnalazione per la rivista
«L’Italia che scrive», una indagine a campione svolta sui titoli presenti nel
catalogo (edizione del 1933), messi in relazione con le segnalazioni pubblicate su
«L’Italia che scrive»17 ha permesso invece di chiarire e in parte di ridefinire
l’assunto di partenza, evidenziando come tale relazione sia meno scontata di
quanto si potesse immaginare: in particolare, emerge che la maggior parte dei libri
segnalati su «L’Italia che scrive» è assente dal catalogo della Biblioteca dell’ICS,
con una sovrapposizione solo marginale (circa il 10%).
Si è quindi posta l’ipotesi che Formiggini, una volta messa in piedi una
biblioteca circolante, abbia voluto dotarla di una collezione libraria in grado di
16 Vengono inoltre segnalati casi particolari, come ad esempio quello di Giuseppe Mormino, tra i
fondatori della Unione editoriale internazionale, che «ha voluto offrirci come testimonianza della
sua simpatia un buon manipoletto di volumi inglesi riccamente rilegati che appartenevano alla sua
biblioteca privata»; Doni alla Biblioteca dell’ICS, «L’Italia che scrive», 4 (1921), n. 5, p. 105. 17 Per realizzare questa indagine è stato preso in considerazione, per quanto riguarda le
segnalazioni bibliografiche presenti su ICS, un campione, ritenuto significativo, comprendente il
10% del numero complessivo delle segnalazioni, selezionate in anni alterni nell’arco cronologico
che va dalla creazione della Biblioteca circolante (1922) alla pubblicazione dell’ultimo catalogo
cumulativo a stampa da parte di Formiggini (1933). Per l’analisi quantitativa del catalogo della
Biblioteca è stata utilizzata l’edizione del 1933, compulsandone un campione del 10%.
125
renderla funzionale come strumento di promozione della lettura ma, soprattutto,
“competitiva” dal punto di vista imprenditoriale.
Si tratta di un problema di difficile soluzione, in assenza di documenti o
registri attestanti acquisti o richieste di volumi agli editori, documenti andati
smarriti, forse distrutti dallo stesso Formiggini quando, di fronte a una situazione
politica sempre più oppressiva, ritenne indispensabile eliminare la
documentazione “sensibile”, che poteva in qualche modo danneggiare se stesso o
altri; oppure, e questa sembra l’ipotesi più probabile, tutta la documentazione
amministrativa relativa alla biblioteca circolante fu ceduta ad Alfredo Fioroni,
all’atto della vendita della biblioteca stessa, e poi andata perduta.
Il fatto che una percentuale così alta di libri segnalati su «L’Italia che
scrive» non siano presenti in biblioteca lascia pensare che almeno una parte delle
segnalazioni siano state fatte “senza libri”, cioè a partire da fonti secondarie, ad
esempio i cataloghi editoriali inviati dagli stessi editori alla rivista a scopi
informativi e promozionali. Tale ipotesi appare plausibile, perché il livello di
descrizione bibliografica corrisponde ai dati generalmente presenti nei cataloghi
editoriali, mentre l’alto livello di normalizzazione con cui i dati sono presentati
sarebbe dovuta alla costante attenzione posta da Formiggini agli aspetti formali,
oltre che sostanziali, della bibliografia.
Altri due elementi dimostrerebbero inoltre l’esistenza di un’attività di
segnalazione a partire dai cataloghi editoriali, senza i libri in mano: innanzi tutto
la presenza massiccia, nelle diverse puntate della rubrica di segnalazioni e in
periodi diversi, di alcuni editori; poi la presenza di errori nella indicazione delle
pagine, possibile indizio che il dato sia stato preso da una fonte come il catalogo
editoriale in cui l’editore, spesso ancora prima che il libro fosse stampato,
indicava il numero delle pagine basandosi sul numero sui sedicesimi utilizzati
piuttosto che sulla effettiva estensione del testo18.
18 Ad esempio V. Pera, L’anima nella poesia di Giovanni Pascoli, Potenza, Marchesiello, 1922: la
scheda bibliografica segnala 140 p., mentre sono 132; R.H. Benson, Con quale autorità?, Torino,
Soc. ed. internazionale, 1923 (408 p., ma 405); A. Lugan, La grande legge sociale degli uomini,
Torino, Soc. ed. internazionale, 1923 (228 p., ma 225).
126
Diverse sono le ipotesi che potrebbero giustificare l’assenza dalla biblioteca
di libri segnalati su «L’Italia che scrive»: innanzi tutto quella per cui alcune
recensioni siano state fatte su volumi di proprietà del recensore, quindi mai
arrivati a Formiggini e alla biblioteca; appare inoltre assai probabile, alla luce di
un’analisi complessiva dei libri presenti nel catalogo della biblioteca, che nel
corso del tempo Formiggini abbia operato una selezione, al fine di eliminare quei
libri di carattere troppo specialistico, oppure politicamente “inopportuni”, o
comunque poco congrui rispetto alle aspettative e alle esigenze dei lettori della
Biblioteca dell’ICS.
Infine, esiste la possibilità che Formiggini abbia intrattenuto rapporti con
librai e distributori, con i quali abbia scambiato libri ricevuti dalla rivista ma
ritenuti “non adatti” alla sua biblioteca, in cambio di libri di narrativa o comunque
più popolari. Ma si tratta solo di un’ipotesi, in quanto non è stata reperita alcuna
documentazione che lo comprovi, né presso l’archivio editoriale né presso altre
fonti.
Per quanto riguarda ulteriori eventuali modalità di acquisizione dei libri per
la Biblioteca dell’ICS, oltre all’ipotesi che Formiggini abbia attinto alla propria
biblioteca di famiglia, almeno nella fase iniziale, è possibile che egli abbia
acquistato una o più biblioteche private o, più probabilmente, biblioteche
circolanti. Lo dimostrerebbe tra l’altro la presenza di libri anteriori al 1918, quindi
non considerabili tra gli invii per recensione, prevalentemente di letteratura o di
teatro.
6.4 L’organizzazione dei servizi
Il regolamento pubblicato sul Catalogo della biblioteca circolante
Formiggini, nell’edizione del 193319 rappresenta uno strumento, sintetico ma
19 Cfr. Catalogo della biblioteca circolante Formiggini: Palazzo Doria al Corso (Vicolo Doria
6a), Roma, Formiggini, 1933, p. IX-XI.
127
importante, per ricostruire le reali condizioni di utilizzo della biblioteca, in
mancanza dei registri di accesso alla biblioteca o di quelli relativi al prestito.
La presenza di un regolamento ufficialmente pubblicato segnala inoltre che
ci si trova di fronte ad un servizio organizzato e non casuale, all’interno di una
biblioteca allestita per erogare servizi magari limitati, ma realmente efficaci (si
veda, più avanti, l’atteggiamento rigoroso, quasi severo, di fronte al ritardo nella
restituzione dei libri).
Per utilizzare il servizio di prestito della Biblioteca circolante era necessario
iscriversi alla biblioteca. L’iscrizione durava un anno e consentiva di prendere un
libro alla volta; con un minimo supplemento della tassa di iscrizione, inoltre,
aumentava il numero dei libri che era possibile prendere in prestito.
La Biblioteca circolante era aperta tutti i giorni non festivi, dalle 8,30 alle 13
e dalle 15 alle 19,30. Non c’è nessun accenno alla possibilità di consultare i testi
in sede, quindi sembrerebbe che il servizio principale fosse quello di prestito dei
volumi.
Le quote associative erano diverse a seconda della durata di abbonamento e
al numero di libri che si intendevano prendere in prestito, e quelle della Biblioteca
dell’ICS non erano particolarmente economiche, risultando più care di altre
analoghe iniziative commerciali. Nel Catalogo del 1924 (all’epoca la biblioteca
contava circa 30.000 volumi) si legge: «l’abbonamento è di L. 5 mensili (o di L.
50 anticipate all’anno)» per il prestito di un libro per volta; a questa tariffa era
possibile aggiungere L. 25 all’anno per ogni libro in più, fino a L. 150 per avere 6
volumi alla volta. Si tratta di tariffe più care, ad esempio, di quelle della
Biblioteca della Società di letture e conversazioni scientifiche di Genova, che,
dotata di 15.000 volumi e oltre 300 giornali e riviste, stabiliva nel catalogo del
1911 che «i Soci concorrono nelle spese occorrenti, mediante un annuo contributo
di L. 30 [...] più un diritto di buon ingresso di L. 10»20. Un costo più alto è invece
quello previsto dal Gabinetto Vieusseux che, con un patrimonio di oltre 45.000
20 Società di letture e conversazioni scientifiche, Catalogo della biblioteca, Genova, 1911, p. 160.
128
volumi, offriva nel 1930 l’abbonamento mensile di L. 8,40 e quello annuale di L.
63, grazie al quale «potete leggere 300 libri»21.
Fig. 6 Tabella riassuntiva delle quote associative alla Biblioteca dell’ICS
I libri non potevano essere trattenuti più di quindici giorni, ma il cambio
poteva essere fatto anche tutti i giorni.
Anche per ragioni di concorrenza rispetto ad altre iniziative analoghe, Formiggini
cercò di curare molto il rapporto con il propri utenti e clienti, offrendo loro servizi
aggiuntivi che potessero essere apprezzati e che quindi favorissero il rapporto di
fedeltà dei lettori con la Biblioteca circolante. Ad esempio era possibile chiedeere,
con un supplemento mensile minimo, il servizio di cambio dei libri a domicilio. I
libri venivano portati a casa dei lettori «entro speciali custodie di legno», da parte
21 Il Vieusseux: storia di un gabinetto di lettura, 1819-2000: cronologia, saggi, testimonianze, a
cura di Laura Desideri, Firenze, Polistampa, 2001, p. 99.
129
della “Agenzia Espressi” dell’Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra,
«la quale dispone di trecento fattorini».
Un’ulteriore offerta vantaggiosa era fatta per gli abbonati residenti fuori
Roma, che potevano prendere un numero doppio di volumi, alle stesse condizioni.
Il regolamento era abbastanza severo per le ipotesi di smarrimento o
deterioramento dei volumi presi in prestito, oppure nel caso in cui questi fossero
segnati o annotati dal lettore, il quale avrebbe dovuto in ogni caso risarcirli
integralmente.
Il controllo sulla puntualità della restituzione, inoltre, doveva essere
particolarmente rigoroso, come dimostra una circolare di sollecito per la
restituzione in ritardo dei prestiti:
Da molto tempo Ella deve restituire le seguenti opere che le sono state più
volte richieste: ...
Se anche questa nuova mia legittima protesta non avesse effetto, dovrei, per
la vita stessa della mia onerosa iniziativa, farla citare per riavere i miei libri.
Qualora, con mio vivo rincrescimento, Ella mi costringesse a ciò, la
prevengo che reclamerei anche il pagamento di tutte le mensilità arretrate
poiché, a norma del regolamento che Ella, con la sua riverita firma, ha
dichiarato di accettare, gli abbonamenti si considerano chiusi solo quando
siano stati restituiti tutti i volumi avuti in prestito.
Per quanto riguarda l’organizzazione del servizio di prestito, nell’Archivio
editoriale Formiggini è conservata una bozza di una scheda di prestito, scritta a
mano. Organizzata secondo il modello che fu poi ripreso da Bonaventura Tecchi
per il Gabinetto Vieusseux, la scheda, ordinata secondo il nome dell’autore,
prevedeva che fossero indicati, nell’ordine, l’inventario, la classificazione e la
collocazione; seguivano poi i riferimenti bibliografici (titolo, editore, città di
pubblicazione, anno) mentre di seguito, in colonna, era prevista l’indicazione del
nome di colui che aveva effettuato il prestito e la data.
130
Fig. 7-8 Bozzetti per schede di prestito
6.5 L’attività di promozione
Formiggini si dedicò con impegno a una intensa attività di promozione, al
fine di aumentare il numero degli abbonati della sua biblioteca circolante. Per fare
questo, cercò da una parte di convincere amici e conoscenti ad utilizzare e a far
conoscere la Biblioteca, dall’altra di contattare, attraverso l’invio di circolari, tutte
quelle persone che, per il loro ruolo, potessero fare qualcosa a favore della
biblioteca. Esemplare, a questo proposito, è una circolare inviata il 26 settembre
1925 ai direttori dei maggiori quotidiani:
Caro amico e Direttore,
dunque: ti sarei molto grato se prendessi sotto la tua alta protezione come il
tuo buon predecessore aveva promesso di fare, la mia Biblioteca circolante e,
possibilmente, anche la mia Italia che scrive. [...]
131
Nessuno ha osato mai impiantare in Roma una biblioteca circolante coi
criteri signorili e moderni con cui io ho dato vita a questa mia Biblioteca
circolante. Il pubblico se n’è accorto ma se n’è accorto ancora in misura
troppo scarsa anche perché la stampa cittadina non mi ha aiutato che assai
poco, forse perché considera che un generoso appoggio dato ad una
iniziativa come questa nella quale ho già ruzzolato parecchie e svariate
centinaia di migliaia di lire, sia il dare appoggio ad una impresa mercantile
qualsiasi.
Sono persuaso che la diffidenza della stampa verso l’attività editoriale sia la
maggior ragione della squallida miseria in cui oggi si svolge la vita del libro
italiano.
L’abbonamento alla mia Biblioteca che è fornita di tutta la letteratura
contemporanea italiana, al completo, ed in parecchi esemplari tutti
freschissimi e ben rilegati, che si tiene al corrente della produzione francese
e che abbonda di libri inglesi, tedeschi e d’altre lingue, è di sole L. 5 al mese.
Io credo che se tu annunciassi che gli abbonati al tuo potentissimo giornale
possono essere abbonati alla mia Biblioteca, poniamo, con sole 45 lire
all’anno, presentando come solo documento di identificazione la fascetta con
cui ricevono il Giornale d’Italia, tu faresti ai tuoi abbonati un bel regalo
senza spesa e faresti a me un grande beneficio perché avresti legittimo
pretesto per strombazzare insistentemente la mia laboriosa iniziativa.
Formiggini tentò inoltre di stabilire accordi con le maggiori organizzazioni
pubbliche, affinché esse spingessero i loro dipendenti a sottoscrivere abbonamenti
alla biblioteca circolante.
Nel 1932, ad esempio, propose alla Direzione Opera nazionale dopolavoro
un accordo per istituire speciali abbonamenti per i dopolavoristi romani. Nello
stesso anno, Formiggini ebbe contatti con De Simone, del Dopolavoro INA, al
quale inviò il catalogo e il supplemento mensile della Biblioteca de «L’Italia che
scrive», «che ha […] un valore, sia pur modesto, di quotidiana praticità». Mentre
mostrò di apprezzare l’attività e il catalogo della biblioteca del Dopolavoro,
Formiggini propose un’idea in grado di valorizzarla maggiormente, mettendo a
disposizione della biblioteca del Dopolavoro e dei suoi utenti, con la minima
spesa dell’abbonamento alla Biblioteca circolante de «L’Italia che scrive», «tutte
quelle opere che non figurano nel Suo Catalogo e non sarebbe conveniente
132
acquistare ex novo». In questo modo si sarebbe dato un ulteriore impulso alle
attività della biblioteca del Dopolavoro, con grande vantaggio per gli utenti di
quella che doveva essere considerata «una organizzazione quanto mai utile per
tutta la massa dopolavoristica dell’Urbe, che nella maggior parte dei casi non può
disporre di una Biblioteca così attrezzata come la loro»22.
Un’altra categoria, cara a Formiggini, che non poteva mancare di sollecitare,
fu quella degli insegnanti, ai quali sottolineò il ruolo di una biblioteca ben fornita
nei processi di formazione degli studenti:
Illustre Professore,
Le rivolgo rispettosa preghiera di voler cortesemente comunicare al Corpo
insegnante l’unito invito e di raccomandare che della iniziativa siano resi
consapevoli gli allievi.
La Biblioteca dell’ICS potrà essere una biblioteca scolastica sussidiaria di
prim’ordine e risparmiare alle scuole molto lavoro e molto dispendio e dare
ai giovani la possibilità di scegliere in un catalogo ben più vasto che non
possa essere quello di una scuola.
Le lacune che per ora si riscontrano nei miei cataloghi sono giustificate dal
fatto che la Biblioteca è da poco tempo costituita e le lacune stesse saranno
via via colmate.
6.6 La fine di un’esperienza
Le difficoltà economiche che a partire dalla fine degli anni Venti stavano
duramente colpendo l’impresa editoriale di Formiggini e il contemporaneo
ostracismo da parte del regime, che frenava in modo silenzioso ma significativo le
vendite di Formiggini da parte delle istituzioni pubbliche, creò una situazione
sempre più insostenibile, sia dal punto di vista finanziario che psicologico, fino al
punto che Formiggini decise di liberarsi della biblioteca circolante, alla quale
22 Lettera a De Simone, 12 febbraio 1932.
133
teneva moltissimo ma che nel corso degli anni era stata più una fonte di spese che
di guadagni.
Già nel novembre 1929 si trova una traccia dei primi tentativi di vendere la
biblioteca circolante, in una lettera scritta a Formiggini da Tomaso Bencivenga23,
che gli prospettava l’interessamento da parte di Roberto Maltini, segretario
nazionale dei Gruppi universitari fascisti (all’epoca segretario nazionale del PNF
era Augusto Turati), che chiedeva chiarimento sulla consistenza della biblioteca.
Così risponse Formiggini:
Nella mia Biblioteca circolante ci sono oltre 30.000 libri tutti freschi e tutti
ben rilegati. L’abbonamento alla lettura è di L. 6 mensili. Le spese
d’impianto sono state quasi mezzo milione.
Computando i frutti del capitale impiegato e il deperimento del materiale che
è enorme, l’esercizio è passivo di 40/50.000 lire. Se qualche Ente fosse in
grado di apprezzare che questa mia è la biblioteca circolante meglio
organizzata d’Europa, e che piuttosto che buttar via somme enormi
converrebbe o prelevare questa o assumere un migliaio o due di abbonamenti
per una data categoria di persone, poniamo 50 lire l’anno ciascuno, io mi
solleverei di un peso molto grave e se tu mi aiutassi in ciò avrei ragione di
essertene molto grato.
Il prezzo di cessione di tutti i volumi già catalogati, scaffalati, schedati,
classificati ecc. potrebbe essere sulle 300/350.000 lire.
Dato che si facessero accordi per mille o duemila abbonamenti, potrei
aggiungere alla già vasta suppellettile libraria quanto altro fosse di interesse
dell’Ente che facesse la combinazione.
Se queste cose che ti ho scritto in forma privata è opportuno che le trascriva
in forma ufficiale, dimmelo24.
Non riuscendo in alcun modo a vendere la biblioteca o a trovare altre soluzioni in
grado di alleviare le perdite economiche, nel 1931 Formiggini trasformò la
gestione della sua azienda, costituendo una nuova società per azioni, denominata
23 BEU, AEF, Lettera di Tomaso Bencivenga, 26 nov. 1929. 24 BEU, AEF, Lettera di Formiggini a Tomaso Bencivenga, 29 novembre 1929.
134
Anonima Formiggini, che divenne quindi la proprietaria della casa editrice.
Formiggini, tuttavia, per garantirsi la possibilità di mantenere una coerente linea
culturale, continuò a detenere la maggioranza delle quote azionarie.
In una circolare “Confidenziale – riservata” del 1° gennaio 1931, intitolata
Progetto per la costituzione della Società anonima “A. F. Formiggini editore in
Roma”, Formiggini, prima di illustrare i dettagli della costituzione della nuova
società, ne evidenziò il valore, sia in termini di impegno da lui profuso che a
proposito dei risultati ottenuti dalla sua casa editrice, che era, «pur nella sua
limitatezza, la più caratteristica tra tutte quelle che si sforzano nobilmente a
servire in Italia la cultura nazionale». Formiggini sottolineò infatti che la nuova
società avrebbe potuto contare innanzi tutto su «il quarto di secolo di lavoro
fervidissimamente compiuto senza la più piccola mercede», poi sulla «vitalità
indistruttibile di questa collezione [i Classici del ridere] che vale essa sola più di
quanto ho valutato l’intera Azienda».
Tra le attività che maggiormente contribuivano a dare valore alla sua
azienda editoriale Formiggini vantò, in un «quadro della mia attività [che] è
piuttosto ampio ma logicamente coordinato», anche la Biblioteca circolante:
La BIBLIOTECA CIRCOLANTE in Palazzo Doria per la quale ho speso
altre mezzo milione di lire, e che ho quasi del tutto ammortizzata [sic!] nei
miei inventari, avrà probabilmente assai presto quei larghi sviluppi che non
ho ancora avuto perché ho chi mi stat studiando un nuovo sistema di
distribuzione dei libri a domicilio, molto ingegnosamente pensato e che potrà
dare risultati magnifici: e questa è la impresa più intonata ai durissimi tempi
che attraversiamo [sic!], poiché quanto è maggiore la miseria generale e
quanto più si acuisce la impossibilità di comprar libri, tanto più sarà certo lo
sviluppo di una biblioteca circolante come la mia che è già un modello di
organizzazione e che ha un patrimonio di libri ormai ingente, né è da temere
che altri sia così gonzo dal tentare una concorrenza [sic!] che importerebbe
oggi un impianto disastrosamente costoso.
Dopo 12 anni di grande impegno, Formiggini si rendeva conto che per avere i
grandi sviluppi desiderati era necessario che la biblioteca fosse affidata alla città
di Roma e messa sotto l’egida della intera cittadinanza. Per questo, anche in
relazione con l’ulteriore aggravarsi della sua situazione economica, Formiggini
135
scrisse una lettera al Consiglio di amministrazione della Società anonima A. F.
Formiggini editore in Roma, in cui denunciava la drammatica crisi economica in
cui versava la sua azienda, lamentando che sul versante economico «le cose si
sono inabissate perché si è completamente fermata la vendita dei libri. D’altra
parte il fisco imperversa supponendo che la nostra azienda debba dare utili ingenti
e ritiene le nostre ingenue denunce non corrispondenti al vero». Formiggini
prospettal’ipotesi di risolvere la situazione «alienando la parte più attiva e più
suscettibile di immediati sviluppi della mia azienda, cioè la Biblioteca circolante
proponendo per prima agli azionisti di trasferire il loro apporto in questa meno
rischiosa impresa»25.
A questo punto Formiggini si vide costretto a scrivere agli azionisti,
comunicando loro di voler «staccare la parte più viva del nostro patrimonio
sociale, cioè la Biblioteca circolante, che risponde ad un reale bisogno del
pubblico, e che perciò è suscettibile di immediata prosperità, per farne un Ente
autonomo», la Biblioteca circolante metropolitana.
In una lettera circolare Formiggini offre la possibilità di diventare azionisti della
Biblioteca circolante:
«Illustre Signore,
la BIBLIOTECA CIRCOLANTE di Palazzo Doria [...] che mi è costata oltre
mezzo milione di lire e oltre dodici anni di fervide cure è ben diversa da tutte
le Biblioteche esistenti nella Capitale ed è nel suo genere, riconosciuta come
modello.
Mentre le biblioteche pubbliche sono destinate all’alta cultura e le popolari
sono precipuamente dedicate all’educazione del popolo, la mia risponde,
invece, prima di tutto, al bisogno particolarmente sentito nei grandi centri
civili di avere modo di seguire, con dispendio minimo, tutto il movimento
letterario contemporaneo italiano e internazionale.
25 BEU, AEF, Lettera di Formiggini al Consiglio di amministrazione della Società anonima A. F.
Formiggini editore in Roma, 24 novembre 1933.
136
Tanto è diversa e specifica la funzione di questa mia Biblioteca, che essa ha
avuto l’insperato onore di avere tra i suoi abbonati anche taluni illustri
bibliotecari della Capitale.
Le presenti contingenze dell’economia generale rendono più acuto il bisogno
di sviluppare adeguatamente questa mia volonterosa iniziativa, per
trasformarla in una grande BIBLIOTECA CIRCOLANTE
METROPOLITANA, con la partecipazione di Enti pubblici e privati e di
singoli cittadini.
La CIRCOLANTE METROPOLITANA diventerà un Ente autonomo che
avrà forma di una Società Anonima con capitale di L. 500.000 diviso in
mille azioni.
Il nuovo Ente rileverà il fondo e la organizzazione attuale della mia
Biblioteca a circa la metà del prezzo di costo, cioè per L. 300.000 e il plus
sarà destinato agli ulteriori sviluppi dell’impresa.
Gli Azionisti parteciperanno agli utili della gestione, ma per dar modo di
aderire anche agli Enti che non possono proporsi fine di lucro, sarà concessa
la facoltà agli azionisti di rinunciare ai dividendi per avere invece una scheda
d’abbonamento perpetuo per ogni azione versata da intestarsi ai nominativi
che vorranno indicare.
L’elenco degli Azionisti costituirà l’Albo dei fondatori della Biblioteca e
sarà inserito in tutti i cataloghi.
Le spese di esercizio saranno coperte con le quote degli abbonamenti annuali
(L. 50.=) e mensili (L. 6.=)
Sicuro di proporre cosa degna ed opportuna per lo sviluppo spirituale di
questa nostra meravigliosa Metropoli e fiducioso di vedere prosperare vi vita
propria una iniziativa cui ho dato tanta parte di me sollecito l’ambito ausilio
della S.V. e La prego di significarmi se, e in quale forma, intende
assecondarmi26.
In risposta alla proposta di Formiggini, il Provveditore generale dello Stato, in una
lettera del 9 dicembre 1933, dichiarò di apprezzare l’idea dell’editore costituire
26 BEU, AEF, Circolare, 14 dicembre 1933.
137
una Biblioteca circolante metropolitana, idea peraltro ben accolta anche dal
Governatore di Roma, ma escluse la possibilità che il Provveditorato potesse
erogare fondi a questo scopo, né che potesse cedere gratuitamente un locale da
destinare alla costituenda Biblioteca27.
Ma Formiggini, come al solito, non si arrese e scrisse direttamente al
Governatore di Roma Francesco Boncompagni Ludovisi:
Riconoscente per l’accoglienza benigna, molto mi rammarico che gli Uffici
siano stati contrari al Suo generoso intendimento.
Se l’E.V. volesse concedermi man forte la BIBLIOTECA CIRCOLANTE
METROPOLITANA potrebbe egualmente sorgere e prosperare senza
aggravio notevole per parte del Governatorato.
Basterebbe che l’E.V., oltre l’accordare il promesso patrocinio,
sottoscrivesse una quota del capitale occorrente e convocasse presso di sé
rappresentanze di Enti e cittadini che potrebbero partecipare alla impresa.
La quale risponde così esattamente alle esigenze spirituali d’oggi e
soddisferebbe così provvidenzialmente al bisogno sempre più largo nella
popolazione della capitale di poter seguire il movimento letterario
internazionale con dispendio minimo, che non potrebbe mancarle un pieno
successo, anche dal punto di vista amministrativo28.
Ma la riposta negativa di Boncompagni non tardò ad arrivare:
Non ho mancato di prendere in attento esame la questione stessa ma,
nonostante le migliori intenzioni di venire incontro in qualche modo alla Sua
proposta, spiacemi comunicarle che essa non ha possibilità di accoglimento,
neanche in misura ridotta.
E ciò perché i fondi a disposizione dell’esercizio 1933-1934 sono già
completamente impegnati29.
27 BEU, AEF, Lettera del Provveditore generale dello Stato, 9 dic. 1933. 28 BEU, AEF, Lettera di Formiggini a Francesco Boncompagni Ludovisi, 11 dic. 1933. 29 BEU, AEF, Lettera di Francesco Boncompagni Ludovisi, 12 dic. 1933.
138
Nonostante il rifiuto del Governatore di rilevare la Biblioteca circolante,
Formiggini non si arrese, proponendo in alternativa «soluzioni diverse e più
pratiche»:
Premesso che il Ministero dell’educazione nazionale attende che il
Governatorato crei una Biblioteca centrale, a cui il Ministero sarebbe
disposto a dare un contributo annuo, e premesso che anche il Provveditorato
dello Stato sarebbe propenso a concedere un suo contributo, propongo che il
Governatorato rilevi, come prima base della istituenda biblioteca, l’impianto
di Palazzo Doria per quel prezzo che dai competenti sarà giudicato equo. [...]
Se un’intesa con il Governatorato non fosse possibile, dovrei rassegnarmi a
mandare fuori Roma la Biblioteca e vedere distrutto così cospicuo e lungo
sforzo di organizzazione30.
Dopo un ulteriore rifiuto del Governatorato in una lettera del 19 gennaio 1934,
Formiggini cercò l’appoggio di A. Solmi, sottosegretario del Ministero
dell’educazione nazionale, il quale in effetti scrisse a Boncompagni caldeggiando
il sostegno al progetto formigginiano:
Non si deve, infatti, dimenticare che, mentre Roma ha grandissime
Biblioteche per gli studiosi, specialmente ricche di fondi antichi; per la
cultura media, veramente moderna, invece, non offre che mezzi limitati,
poiché le piccole biblioteche popolari sono ancora nascenti, e lo stralcio
della Biblioteca Vittorio Emanuele, per la lettura corrente, se ha risposto per
un momento alle esigenze, non è in grado di soddisfare sempre in tutto ad un
ideale di cultura moderna.
È per questa ragione che il Ministero vedrebbe con favore la costituzione di
una Biblioteca Centrale del Governatorato, e che, per essa, sarebbe disposto
a elargire, almeno per i primi anni, un contributo non inferiore a 20-30 mila
lire annue, per aiutarne la creazione31.
Nonostante l’intervento favorevole di A. Solmi, l’acquisto della Biblioteca
circolante da parte del Governatorato di Roma non andò mai in porto, né ci fu mai
30 BEU, AEF, Lettera di Formiggini a Francesco Boncompagni Ludovisi, 17 gen. 1934. 31 BEU, AEF, Lettera di Arrigo Solmi a Francesco Boncompagni Ludovisi, 24 gen. 1934.
139
una risposta da parte di quest’ultimo che spiegasse le ragioni di questo rifiuto, che
sembrò quindi più dovuto a un ostracismo politico e antisemita contro Formiggini
che a scelte di natura più generale dell’amministrazione capitolina.
Il 16 luglio 1932 Formiggini chiese l’interessamento di Giuseppe Bottai
affinché questi intercedesse presso il Segretario federale dell’Urbe per «dotare la
capitale di una istituzione veramente imperiale»:
Lo scorso anno ti proposi di far acquistare per il Dopolavoro la mia
Biblioteca circolante che è un modello di organizzazione e che mi è costata
verso le 600.000 lire.
Tutti i miei volumi sono freschissimi, rilegati in modo speciale e v’è tutta la
letteratura amena italiana, l’essenziale di quella francese, una buona scorta di
letteratura tedesca e quasi tutta la Tauchniz inglese.
Tu mi promettesti allora di interessarti della cosa ma non hai più avuto
occasione di pensarci né io ho voluto darti noia.
Credo che se tu mi raccomandassi al Segretario federale dell’Urbe, questi
potrebbe, spendendo la metà di quello che io ho speso e prelevando gratis
tutto il lavoro di organizzazione, di schedatura, di classificazioni per lingue,
per materie e per autori, dotare la capitale di una istituzione veramente
imperiale e che con poche aggiunte diventerebbe perfetta32.
Alla prima richiesta ne fece seguito, pochi mesi dopo, un’altra:
Carissimo Bottai,
se ti dicono che io sono un disperato ti autorizzo a smentire recisamente.
Il mio patrimonio consiste:
nella più bella casa di Modena (allegato A)
nella più bella casa di Roma (allegato B)
nella più bella casa editrice del mondo, che non ha bisogni d’allegati.
32 BEU, AEF, Lettera di Formiggini a Bottai, 16 lug. 1932.
140
Su nessuna di queste proprietà ci sono debiti di sorta ma il guaio è che io
debiti non ne so fare e non ne voglio fare.
Di qui la necessità di vendere qualche cosa. [...]
Così ti ripresento un progetto di cessione della mia Biblioteca circolante al
Dopolavoro della Federazione dell’Urbe. [...]
Come vedi io non sono un postulante comune ma una mitragliatrice di
postula e se fra tanti ne azzecca uno solo per me sarà sufficiente l’arduo
lunario33.
Lo stesso giorno, Formiggini scrisse una lettera alla Federazione dell’Urbe nella
quale, dopo la consueta introduzione in cui lodava le qualità della Biblioteca
circolante e ne evidenziava le funzioni di promozione della lettura, chiese che il
Comune di Roma acquistasse la biblioteca:
La mia Biblioteca ha circa un migliaio di abbonati ma dovendo io pagare un
forte canone di affitto e numeroso personale l’esercizio della Biblioteca
costituisce per me una passività che le mie presenti condizioni economiche
non mi consentono più.
Domandando alla Federazione dell’Urbe se non credesse opportuno di
approfittare dello stato di fatto in cui io mi trovo e di far sua la mia
Biblioteca a prezzo molto inferiore al costo reale e in tal caso la Biblioteca
potrebbe essere agevolmente arricchita di quanto fosse creduto più
necessario per i fini che la Federazione dell’Urbe si propone o se non si
crede di sollevarmi dal peso di tale gestione chiedo se non sarebbe possibile
che la Federazione dell’Urbe assumesse per suo conto un migliaio di
abbonamenti a favore dei dopolavoristi per dar modo a me di continuare
nella mia volenterosa fatica senza nuovi sacrifici che purtroppo non sono più
in condizioni di fare34.
La proposta di Formiggini non ottenne mai risposta, mentre aumentarono gli
ostacoli che il regime pose alle attività editoriali di Formiggini, seppure senza
troppo clamore. A una delle ennesime richieste dell’editore alle biblioteche
33 BEU, AEF, Lettera di Formiggini a Bottai, 18 feb. 1933. 34 BEU, AEF, Lettera di Formiggini alla Federazione dell’Urbe, 18 feb. 1933.
141
popolari di Roma di acquistare i suoi volumi o di rinnovare gli abbonamenti a
«L’Italia che scrive», la risposta del Governatore fu esplicita: ribadito il fatto che
tutte le opere pubblicate da Formiggini e giudicate dalla Commissione di
vigilanza sulle biblioteche popolari adatte per i frequentatori delle biblioteche
stesse erano già state acquistate, per mancanza di fondi era impossibile rinnovare
gli abbonamenti a «L’Italia che scrive», sia per le biblioteche popolari sia per
quelle delle scuole dipendenti dal Governatorato35.
A questo punto, non riuscendo in alcun modo a convincere il Governatore
Boncompagni a prendersi carico della Biblioteca circolante per farla diventare la
biblioteca pubblica di Roma, Formiggini decise di venderla a un privato:
ANNUNCIO ECONOMICO.
A. F. Formiggini editore in Roma cerca in Roma od altrove persona od ente
disposto a rilevare a condizione appena ammissibili la sua Biblioteca
circolante modello di Palazzo Doria che gli è costata 500.000 lire e dodici
anni di continue cure. La biblioteca aggiornatissima possiede circa 30.000
opere scelte, in ottimo stato e ben rilegate, schedari per lingue, per autori e
per materie e un catalogo a stampa la cui composizione tipografica è pronta
per future ristampe aggiornate. Eventualmente si cederebbe la pura gestione.
Fare proposte.
35 BEU, AEF, Lettera di Francesco Boncompagni Ludovisi, 28 mag. 1935.
142
Fig. 9 Annuncio per la vendita della Biblioteca circolante
La proposta arrivò da parte di Alfredo Fioroni, che acquistò quindi la
Biblioteca circolante. Di Fioroni non si sa molto, se non che, come recita un suo
biglietto da visita rinvenuto presso la Biblioteca nazionale centrale di Roma, fu
«direttore della Casa editrice dr. Francesco Vallardi sede di Roma / piazza
Montecitorio 127»36.
Formiggini conosceva Fioroni da diverso tempo, come testimonia almeno
una breve lettera dello stesso Fioroni, conservata presso l’Archivio editoriale, che
accompagna la sottoscrizione di due quote, da 500 lire ciascuna, per la
costituzione della Società anonima Formiggini37. Un altro documento, conservato
presso la Biblioteca nazionale centrale di Roma, è una lettera di Fioroni a Giulio
Natali, al quale cui chiede aiuto per la stesura di un discorso che deve tenere in
onore dell’editore Vallardi38. Questa lettera, che poco ci dice della figura di
Fioroni, testimonia almeno la sua appartenenza al mondo dell’editoria italiana.
36 Così risulta da un biglietto da visita conservato alla Biblioteca nazionale centrale di Roma
(ARC.7.XCII.63), datato 24 [?] marzo 1929. 37 BEU, AEF, Lettera di Alfredo Fioroni, 22 set. 1931. 38 Nella lettera, datata 30 marzo 1931, Fioroni comunicò a Natali di avergli inviato una bozza con
«le parti più salienti delle parole che vorrei dire al Comm. Vallardi all’atto della consegna della
143
La notizia della vendita della Biblioteca circolante fu comunicato da
Formiggini ai lettori de «L’Italia che scrive» con un laconico trafiletto, nella
Rubrica delle rubriche:
Rendiamo pubbliche grazie all’amico Alfredo Fioroni che ha preso in
consegna la Biblioteca circolante di Palazzo Doria da noi fondata ed
inaugurata nell’aprile del 1921. Il Fioroni ha promesso di conservare le
signorili tradizioni e di curare gli sviluppi di questa iniziativa che ci è cara.
Egli è uomo da mantenere tutte le promesse ed ha una esperienza di vita
libraria semisecolare. Il pubblico gli sia benigno e grato; i fornitori possono
dormire su infiniti e morbidi guanciali39.
targa e della pergamena; consegna che avverrà sulla fine della settimana dopo la Pasqua»; gli
chiese inoltre di svilupparle «nella forma che Ella sa dare, specie in quelle parti che richiedono
ricchezza di termini ed elevatezza di pensiero» (Biblioteca nazionale centrale di Roma
ARC.7.XCII.70). Il 3 aprile Fioroni scrisse nuovamente, dopo aver ricevuto evidentemente la
risposta di Natali, dichiarandosi «immensamente grato» per il lavoro svolto e offrendo un
compenso per l’opera svolta (Biblioteca nazionale centrale di Roma ARC.7.XCII.71). 39 Cambio della guardia, «L’Italia che scrive», 19 (1936), n. 12, p. 315.
144
7. La raccolta libraria e i cataloghi della biblioteca
Le dimensioni della collezione libraria della Biblioteca circolante e
l’elemento di casualità che caratterizzò la politica di acquisizione rendono
problematico delineare in maniera compiuta la fisionomia della raccolta, ma è
possibile comunque identificare alcune linee culturali presenti, tanto più in
ragione delle dimensioni complessive della biblioteca e quindi della capacità di
raccogliere effettivamente quanto di più significativo veniva pubblicato a
quell’epoca dalla editoria italiana. La biblioteca circolante può essere quindi lo
specchio, magari a tratti deformato, attraverso il quale è possibile individuare le
tendenze della lettura in Italia, identificando in particolare quali opere erano più
facilmente accessibili per i lettori italiani.
Sono andati purtroppo dispersi, come ogni altra documentazione relativa
alla Biblioteca circolante, il registro degli abbonati o quello dei prestiti, che
sarebbero stati una fonte preziosissima per ricostruire il milieu culturale e sociale
dei frequentatori della biblioteca, come pure per indagare l’eventuale presenza di
donne lettrici, tanto più probabile in un periodo di «progressiva femminilizzazione
della lettura»1.
L’analisi del catalogo dimostra, al di là di una tendenza all’«accrescimento
casuale, quindi disordinato, che vede mescolate opere di carattere tecnico-
scientifico a romanzi, poesie, libri di religione o di filosofia»2, che la selezione dei
libri fosse orientata verso la narrativa italiana e straniera, con una consistente
presenza di romanzi francesi e inglesi, mentre per quanto riguarda la saggistica
prevale la manualistica e, più in generale, libri di interesse generale, in grado di
interessare un pubblico il più ampio possibile, per ragioni sia culturali che di tipo
1 Cfr. Lucia Cusmano, Lettrici del Novecento: la lettura delle donne attraverso gli abbonamenti al
Gabinetto Vieusseux (1900-1909), «Antologia Vieusseux», 2000, n. 16/17, p. 45. 2 Anna Rosa Venturi, Formiggini e le biblioteche popolari, in: Angelo Fortunato Formiggini, un
editore del Novecento, a cura di Luigi Balsamo e Renzo Cremante, Bologna, Il Mulino, 1981, p.
430.
145
imprenditoriale, per aumentare cioè la richiesta, la circolazione e il prestito a
pagamento dei libri.
I volumi presenti nella Biblioteca sono prevalentemente di tipo non
specialistico: la narrativa contemporanea è affiancata dai classici latini e greci, ma
anche da testi legati all’attualità. Significativa è la presenza di opere di filosofia e
politica, anche invisi al regime fascista (ad esempio Totem e tabù di Freud, le
opere del filosofo Santino Caramella, quasi tutte le opere di Croce), oltre a libri
giudicati dal regime “disfattisti e amorali”, come ad esempio Gli indifferenti di
Moravia.
Questa apertura alla circolazione delle idee collocò la Biblioteca circolante
al di fuori della politica culturale del regime e la rese isolata rispetto a qualsiasi
appoggio esterno. Per questa ragione, insieme alle complesse vicende che videro
la contrapposizione di Formiggini a Gentile in relazione alle vicende della
Fondazione Leonardo, la situazione economica dell’editore divenne nel tempo
assai critica, e anche la gestione della biblioteca diventò sempre più insostenibile:
Formiggini tentò inutilmente di cederla a terzi, prima scrivendo al governatore di
Roma Boncompagni e proponendogli di farne una biblioteca “ufficiale” della città
(offerta che non ricevette mai alcuna risposta), poi cercando di trasformarla in
ente autonomo che avesse la forma di società anonima, e infine rassegnandosi ad
cederla a un privato, cioè ad Alfredo Fioroni3, che curò l’ultima edizione del
catalogo della biblioteca4, pubblicato nel 1939, dopo la morte di Formiggini.
3 Cfr. Sabrina Fava, Percorsi critici di letteratura per l’infanzia tra le due guerre, Milano: V&P
strumenti, 2004: «Le difficoltà finanziarie degli anni Trenta indussero l’editore a vendere la
biblioteca che nel 1936 fu rilevata da Alfredo Fioroni. Cfr. A. F. Formiggini, Rubrica delle
rubriche, «L’Italia che scrive», 19 (1936), n. 12, dicembre, p. 315». 4 Catalogo della Biblioteca circolante Formiggini [poi] Biblioteca circolante dell’Urbe, 3a
edizione 1936 [e] supplemento 1936-37-38 al catalogo generale [a cura di] A. Fioroni. Roma: Tip.
V. Ferri, [1939]. 2 voll.
146
7.1 I cataloghi a stampa
La collezione libraria della Biblioteca circolante è quasi completamente
andata dispersa, né rimane traccia della fonte di informazioni fondamentale per
ricostruirne il profilo, cioè il suo «catalogo a schede per autori, per materie e per
lingue, a disposizione degli utenti»5.
Il catalogo a schede sarebbe certamente un insostituibile strumento di
indagine per quanto riguarda l’analisi della raccolta libraria, perché con ogni
probabilità presentava tutti gli elementi necessari all’identificazione di singole
edizioni, oltre che le eventuali note di esemplare o altri elementi paratestuali.
L’ipotesi circa la presumibile ricchezza di dati presenti sul catalogo a schede è
suffragata non solo dall’attenzione che Formiggini rivolse sempre agli elementi
bibliografici, ma che si concretizzò anche in una iniziativa commerciale che però
ben rappresentò l’idea stessa che Formiggini aveva della cura e della precisione
necessaria nella descrizione bibliografica. Si tratta de Le schede dell’ICS, di cui fu
pubblicata una copia in fac-simile in una pubblicità de «L’Italia che scrive»:
Per rendere sempre più popolare l’amore per la buona conservazione de libri
e per agevolare la istituzione di ordinati schedari nelle Biblioteche delle
scuole, dei circoli di lettura e dei privati studiosi, l’Italia che scrive ha preso
l’iniziativa, anche per aderire al cortese suggerimento di taluni suoi fedeli
lettori ed amici, di far stampare su ottimo cartoncino bianco, speciali schede
di cui qui sotto diamo il fac-simile. Misurano cm. 9x14 [...]6.
Le schede riportano l’indicazione di: Autore, Titolo, Edito a [luogo], da [editore],
anno, Voll. [indicazione del numero dei volumi], di pagg., Formato.
5 Cfr. la lettera introduttiva al Catalogo della biblioteca circolante Formiggini: Palazzo Doria al
Corso (Vicolo Doria 6a), Roma, Formiggini, 1933, p. V. 6 Si veda l’immagine pubblicitaria presente sulla terza di copertina de «L’Italia che scrive», 7
(1924), n. 1, p. III. I costi sono: 100 schede ICS: L. 9; 250 schede ICS: L. 22; 500 schede ICS: L.
42; 1000 schede ICS: L. 80.
147
Fig. 10 Esempio di scheda bibliografica pubblicata su «L’Italia che scrive»
Fortunatamente, il catalogo della Biblioteca circolante fu anche pubblicato a
stampa dallo stesso Formiggini, in diverse edizioni, che cumulavano le
precedenti7.
Nel catalogo del 1933, l’elenco dei libri è in ordine alfabetico per autore.
Esiste una sommaria “classificazione per materie”, realizzata attraverso sigle
poste tra parentesi a fianco dei titoli, che individuano le materie (ad esempio Arte
e storia dell’arte; Critica e storia letteraria; Diritto, legislazione, finanza,
sociologia; Educazione, pedagogia; Filosofia; Politica, questioni di attualità ecc.)
e il genere letterario a cui ricondurre l’opera (ad esempio Libri per la gioventù;
Romanzi; Novelle; Poesie e prose liriche; Antologie ecc.).
7 Cfr. Catalogo della Biblioteca circolante de L’Italia che scrive: Palazzo Doria a Piazza Venezia
(vicolo Doria, 6a), 2a ed. coi supplementi, Roma, Formiggini, 1924. VIII, 44 p.; Catalogo della
biblioteca circolante Formiggini: Palazzo Doria al Corso (Vicolo Doria 6a) (1933) cit.; Catalogo
della Biblioteca circolante Formiggini [poi] Biblioteca circolante dell’Urbe (1939) cit.
148
A proposito della scelta del modello di classificazione da utilizzare per la
Biblioteca circolante è interessante uno scambio di lettere che Formiggini ebbe
con E. D. Colonna. Quest’ultimo, nel 1920, scrisse a Formiggini una lettera in cui,
dopo aver espresso il suo apprezzamento per il suo articolo su Otlet, Il monopolio
dell’infinito8, gli propose la pubblicazione di un suo “lavoretto”
sull’applicazione del sistema di class. decimale bibliografica (ma molto
ridotto) all’ordinamento delle piccole e medie biblioteche private.
Chissà quanto soci dell’IBI, per es., sarebbero contenti d’aver una guida per
ordinare la propria biblioteca. I manuali soliti trattano per lo più di
bibliotecnica teorica adatta alle sole grandi raccolte pubbliche. Ho perciò
creduto non inutile mettere su carta quanto da anni pratico con efficacia di
risultati.
Badi! Io glielo mando soltanto in esame [...]. Vedrò poi, dopo quanto ella me
ne dirà, se sarà il caso di offrirlo a un editore. E se le sue occupazioni non le
consentissero d’esaudirmi vorrei pregarla d’essere così gentile di farlo
esaminare da un bibliofilo competente. Io desidero un giudizio sereno e
spassionato niente altro9.
La risposta non tardò ad arrivare. Dopo avergli illustrato le sue intenzioni di dar
vita ad una biblioteca circolante, Formiggini dimostrò il suo interesse per la
classificazione proposta da Colonna, dal momento che era proprio nelle sue
intenzioni suddividere e organizzare i libri della biblioteca secondo categorie
funzionali al loro reperimento:
Siccome la Biblioteca sarà probabilmente si letteratura amena, io avevo
pensato ad una classificazione pseudo decimale sui generis in cui classificare
soprattutto le varie categorie di romanzi: (avventure, storici, tradotti dal
francese, tedesco ecc.). Il suo manoscritto che non ho ancora potuto studiare
con calme perché molto affaticato, mi fa pensare se non sarebbe del caso di
valersi per la Biblioteca della classificazione che Ella propone.
8 Angelo Fortunato Formiggini, Il monopolio dell’infinito (a proposito della quindicina
internazionale di Bruxelles). «L’Italia che scrive», 3 (1920), n. 11, p. 165-167. 9 BEU, AEF, Lettera di E. D. Colonna, 17 nov. (?) 1920.
149
La sua classificazione è la stessa che adottano i nostri amici del Belgio e
differisce da essa solo in quanto presenta minori suddivisioni? In altri
termini, se classificassi i miei libri con i suoi numeri venendo uno qui
abituato alla classificazione di Brusselles troverebbe gli stessi (per quelli che
ci sono s’intende) o si tratta di una numerazione originale e diversa [?]
Ella si è occupato da molto tempo di bibliografica [sic!] è forse un
bibliotecario? Mi perdoni a mia ignoranza io so di Lei soltanto che Ella è un
uomo di valore e niente più.
Se la classificazione sua porta gli stessi numeri di quella di Brusselles, visto
che debbo annunciare nell’ICS tutte le nuove pubblicazioni italiane potrei
per ciascuna indurre gli editori nel compilarmi la schedina relativa, a
indicare la materia con un numero.
Quelli di Brusselles hanno portato la suddivisione al parossismo: ma come si
farà a classificare con un numero ciò che non fosse compreso nel suo
repertorietto [?]
Avrei pensato per il funzionamento della Biblioteca di fare delle schede di
formato circa simile agli acclusi abbozzi in cui segnare la data di uscita e di
entrata di ogni opera e avrei pensato per risparmiare di lavoro di schedatura
o di stampa di fare almeno in principio soltanto uno schedario alfabetico, sia
pure classificato decimalmente insomma uno leggendo il mio catalogo vi
troverebbe soltanto Dante, Divina commedia, seguito da un numero che gli
farebbe capire che si tratta di un poema italiano10.
Nella sua risposta, Colonna chiarisce che la sua proposta riguardava una
classificazione da utilizzare per una biblioteca privata, senza alcuna pretesa
definitoria e teorica ma, al contrario, concretamente basata sulla “reale produzione
libraria”:
La mia classificazione dec. è d’uso privato, non pubblico. Essa potrebbe
anche partire dal ceppo originario del Dewey, se si volesse; ma i suoi numeri
anche in questo caso non corrisponderebbero che in minima parte con quelli
del Belgio perché i criteri classificatori sono ridotti ai minimi termini e per di
più non sulle astrazioni si basano, bensì sulla reale produzione libraria, per
10 BEU, AEF, Lettera di Formiggini a E. D. Colonna, 1 dic. 1920.
150
uso interno; e, naturalmente, se per le sue voci si adottassero i numeri di
Brusselles emergerebbero lacune incomprensibili ai profani.
Altro è classificare lo scibile universale, altro una modesta raccolta di libri. E
per volere il più e il meglio non si avrà mai un metodo – decimale – pratico e
alla mano, che è quanto dai più si vuole. C’è qualche editore in Italia, per es
il Barbèra, che persegue l’idea di far adottare la Class. decimale del Dewey.
Ma è una chimera. Nove decimi degli editori non saprebbero neppure
applicarla. Si fa presto a stillare [sic!] un prospetto di classificazione con
relativo repertorio. Ma è quando si devono assegnare singole pubblicazioni a
un dato numero della Classificazione dec. universale che le difficoltà
sorgono, che casca l’asino. Provi. Provi ad attuare la sua idea di chiedere agli
editori che nelle schede delle novità mettano il numero della classificazione
decimale. Due o tre accetteranno, gli altri no, di sicuro. Manca loro
l’attitudine bibliografica necessaria. In Italia non fu, non può essere, non è,
non sarà mai adottata la Classific. dec. di Brusselles dagli editori.
Se vuole Le scrivo per l’ICS un articolo per dimostrarlo. E sarebbe un
articolo che terrebbe allegri i suoi lettori.
Io, che non vivo di fisime, ho voluto soltanto dare ai bibliofili possessori o
conservatori di modeste biblioteche un metodo eminentemente pratico per
classificare i libri con un criterio razionale, d’utilità immediata.
Buona la Sua idea di una Biblioteca circolante. Per essa il mio sistema
sarebbe appropriatissimo. Ma da quanto vedo Lei abbisogna per ora di una
classificazione amministrativa. E allora quella del Bollettino bibliografico di
Firenze è sufficiente.
Le schede pei libri sarebbero come il tipo A unito [?] (diverse per categorie,
gruppi, classi ecc.) e gli autori per ordine alfabetico. Quelle degli abbonati
per ordine alfabetico nominativo come nel tipo B. Badi però che per le
prime, per tal uso assai meglio le tornerebbero utili gli schedari fissi, a
rubrica, dello Staderini, più maneggevoli. Ad ogni modo schede robuste di
cartoncino forte.
Non mi conosce ancora? Ma se già trattammo quando Lei era a Modena.
Non si ricorderà più. Legga sull’Enciclopedia popolare Sonzogno la mia
151
biografia. C’è anche il ritratto. Non sono, grazie a Dio, un bibliotecario.
Sono scrittore11.
Formiggini denunciò quindi di aver fatto una lettura troppo rapida del manoscritto
di Colonna, dal quale si evince in maniera chiara che «la sua ingegnosa
bibliografia non è quella internazionale. [...] Per la Biblioteca dell’ICS, ero già
venuto spontaneamente alla decisione di adottare la classificazione per materie del
Bollettino di Firenze, che tutti possono comprendere senza essere iniziati. La
ringrazio dei modelli che mi ha tracciato; probabilmente farò delle schede molto
più grandi per non dovere rinnovarle troppo spesso. Se fossero piccole si
riempirebbero subito bisognerebbe intestarne di nuove. Farò delle schede per
abbonati tali da consentire circa 100 registrazioni il che vuol dire in media le
registrazioni sufficienti per un anno. In ogni modo le schede dei Soci saranno
rinnovate ogni anno, e per i libri farò schede anche se grandi per lo stesso
motivo»12.
Tornando al catalogo a stampa della Biblioteca circolante, per ciascun
autore, dopo i titoli in italiano vengono segnalati, separatamente, quelli in altra
lingua (prevalentemente francese, inglese, ma anche spagnolo e tedesco). Infine, a
differenza della precedente edizione del 1924, che non lo prevedeva, in fondo alla
scheda di ogni autore sono segnalati, se presenti, i rinvii ad altri autori che a
quello si riferiscono.
7.2 Aggiornamento della raccolta nel catalogo del 1924
Dato che la prima edizione del catalogo a stampa risulta irreperibile13, la
prima edizione disponibile è la seconda edizione del Catalogo della Biblioteca
11 BEU, AEF, Lettera di E. D. Colonna, 4 dic. 1920. 12 BEU, AEF, Lettera di Formiggini a E. D. Colonna, 7 dic. 1920. 13 La prima edizione del catalogo è infatti irreperibile sia in SBN che in altri cataloghi ed è
presumibilmente databile al momento della creazione della biblioteca, nel 1922.
152
circolante de L’Italia che scrive, pubblicata da Formiggini nel 192414. Si tratta di
un volume pubblicato allo scopo di diffondere la conoscenza della raccolta della
biblioteca non più solo attraverso il catalogo a schede presente in biblioteca, ma
anche attraverso la sua versione in volume che, seppure in una forma molto
sintetica resa necessaria dai costi di stampa, risultava comunque sufficiente a
consentire al lettore di orientarsi tra i libri a disposizione per poterli consultare o
chiederli in prestito.
Nella introduzione al catalogo, infatti, Formiggini evidenziò il vantaggio
pratico della lettura del catalogo a stampa, che «potrà dimostrare a colpo d’occhio,
assai meglio dei cataloghi sistematici per lingue, per materie e per autori che si
trovano nella prima saletta della Biblioteca, che in poco tempo abbiamo saputo
mettere insieme una notevole raccolta di libri importanti ed interessanti»15.
Nella prospettiva bibliografica, inoltre, il catalogo a stampa offre uno
sguardo d’insieme della raccolta, permettendo così a chi gestisce la biblioteca di
avere «una più diretta e immediata sensazione delle lacune più deplorevoli»16,
favorendo in questo modo la possibilità di colmare tali lacune.
La lettura delle pagine introduttive del catalogo è preziosa anche per
conoscere interessanti dettagli sulla struttura, l’organizzazione e i servizi della
biblioteca. Innanzi tutto Formiggini dichiarò l’esistenza di diversi cataloghi a
schede, per autori, per soggetti e per lingue, sempre aggiornati, che purtroppo
sono andati dispersi e ci sui non esiste alcuna traccia se non questo riferimento.
Per quanto riguarda le dimensioni della raccolta, il primo nucleo di libri,
presente al momento dell’inaugurazione della biblioteca, contava circa 16.000
volumi «non del tutto schedati e sistematicamente collocati»17, mentre poi nel
1924, al momento della pubblicazione della seconda edizione del catalogo, il
patrimonio bibliografico risulta essere raddoppiato e completamente catalogato,
14 Catalogo della Biblioteca circolante de l’Italia che scrive (1924) cit. 15 Ivi, p. V. 16 Ibidem. 17 Ibidem.
153
«sì che quanto la Biblioteca possiede può essere con prontezza trovato e messo a
disposizione degli abbonati»18.
Pur ammettendo la condizione “in divenire” della biblioteca e sottolineando
il suo desiderio di incrementarne ulteriormente le raccolte, Formiggini ne
evidenziava i pregi, quali ad esempio «lo stato di perfetta conservazione dei libri
stessi, la sobria eleganza delle rilegature, la prontezza del servizio di consegna, la
estrema modicità della quota di abbonamento in confronto colle ingenti spese»19.
Per quanto riguarda la fisionomia generale della raccolta, Formiggini
dichiarò senza tentennamenti che il suo intendimento era quello di costituire una
biblioteca di libri ameni e di cultura generale, che escludesse quindi i libri
specializzati in qualsiasi ambito («o, se qualcosa c’è, c’è per caso e non per la
nostra espressa volontà»20. Questo non significava però che la biblioteca non
avesse o non volesse avere una peculiare identità e un suo carattere, ma
semplicemente che «l’idea di mettere insieme una Biblioteca circolante con
carattere universale sarebbe un assurdo»21.
La biblioteca possedeva inoltre una cospicua raccolta di libri per bambini e
ragazzi, un “vero tesoro” che ne faceva una delle biblioteche meglio fornite di
questo tipo di libri. «Nulla può essere più utile – affermava l’editore (in questa
circostanza nella veste di bibliotecario) – allo sviluppo intellettuale dei giovanetti
che l’abitudine a bene scelte letture, abitudine che non può essere contratta se non
avendo a disposizione una grande dovizia di libri interessanti e divertenti»22.
Per quanto riguarda il funzionamento e l’organizzazione della biblioteca,
Formiggini sottolineò come fosse indispensabile, per la stessa sopravvivenza della
biblioteca stessa, l’esistenza di un gran numero di abbonati, cosa che si sarebbe
potuto verificare solo con l’aiuto dei lettori che, soddisfatti del servizio, avrebbero
contribuito a diffondere la voce di una biblioteca che, «per le intenzioni di chi l’ha
18 Ivi, p. VI. 19 Ibidem. 20 Ibidem. 21 Ibidem. 22 Ivi, p. VII.
154
creata, per le proporzioni e le forme, non ha precedenti a Roma, né potrà avere
imitatori»23.
A questa attività di promozione egli si applicò instancabilmente e con
passione per tutti gli anni in cui si occupò della biblioteca, prima di cederla ad
altri.
Chiude l’introduzione una affermazione che conferma, se mai ce ne fosse
bisogno, la consapevolezza del Formiggini “bibliotecario” a proposito
dell’importanza del libro e della lettura per la crescita culturale e sociale di una
popolazione, ma anche del fondamentale ruolo di volano che le biblioteche
potevano assumere per la diffusione del libro e di conseguenza per l’incremento
della produzione libraria24:
Ritengo che il creare l’abitudine di leggere in una città dove tale abitudine
non esiste affatto sia un potente mezzo per educare il pubblico anche ad
acquistare i libri o almeno quei libri che ad un esame fatto, per così dire, “in
anima vili”, cioè sfogliandoli nella Biblioteca circolante, gli sieno apparsi di
piena soddisfazione.
È innegabile che le città dove si vendono più libri sono quelle dove ci sono
in maggior numero Biblioteche Circolanti, e che a Roma, dove di
Biblioteche circolanti su larga base non ve ne sono mai state, l’esito della
produzione libraria fu sempre meschinissimo.
Anche questa impresa dunque mira, come il nostro vittorioso periodico a cui
è intitolata, ad essere un mezzo efficace per contribuire all’incremento della
cultura e della attività libraria nazionale25.
Prima della introduzione è pubblicata, con il significativo titolo “Chiarimenti al
catalogo”, la tabella delle abbreviazioni, che riporta le faccette relative al
contenuto dei libri e le relative abbreviazioni:
23 Ibidem. 24 Anticipando in questo modo le conclusioni della inchiesta sulle biblioteche circolanti, pubblicata
su «L’Italia che scrive» tra la fine del 1924 e i primi mesi del 1925; cfr. Inchiesta sulle biblioteche
circolanti, «L’Italia che scrive», 7 (1924), n. 11, p. 198-199. 25 Catalogo della Biblioteca circolante de l’Italia che scrive (1924) cit., p. VII-VIII.
155
An – Antologie
Ar – Arte e storia dell’arte; musica
B – Biografie, autobiografie, memorie
C – Critica e storia letteraria
D – Diritto, legislazione, finanza, sociologia
E – Educazione, pedagogia
F – Filosofia
Ge – Geografia, viaggi, folklore, guide
Gi – Libri per la gioventù
L – Lingue, filologia, vocabolari, grammatiche
N – Novelle
Pl – Politica; questioni di attualità
Po – Poesie e prose liriche
R – Romanzi
Re – Religioni, teosofia, occultismo
Sc – Scienze fisiche, matematiche, naturali, mediche; tecnologia
St – Storia, archeologia
T – Teatro e critica teatrale
V – Varie
Il Regolamento della Biblioteca è pubblicato in appendice al volume26 e la prima
cosa che colpisce è l’orario di apertura, non abituale a quei tempi, visto che la
biblioteca era aperta tutti i giorni feriali dalle 8,30 alle 19,30 senza interruzione. È
26 Ivi, p. 41-42 del Primo supplemento 29 febbraio 1924.
156
evidentemente il segno di una particolare attenzione al servizio, non scontata da
parte di un editore, anche se un elemento che certamente può aver giocato a
favore può essere stato il fatto che la biblioteca fosse situata nella stessa sede della
casa editrice.
Per quanto riguarda il servizio di prestito, viene indicata la durata prevista di
15 giorni, le modalità di ritiro e restituzione dei volumi e l’eventuale le
conseguenze in caso di smarrimento o deterioramento dei volumi presi in prestito.
Seguono alcuni dettagli relativi alla durata del prestito, previsto di 15 giorni,
delle modalità di ritiro e restituzione dei volumi, dell’eventuale smarrimento dei
volumi presi in prestito. In particolare, le tariffe di abbonamento e per il prestito
dei libri sono così indicate:
L’abbonamento è di L. 5 mensili (o di L. 50 anticipate all’anno) e dà diritto
ad avere in lettura un sol libro per volta. Chi desidera poter avere in lettura
più libri alla volta dovrà versare un supplemento di L. 2,50 mensili in più
(anno L. 25) per ogni volume. Con L. 15 mensili (anno L. 150) si potranno
avere 6 volumi alla volta. Il deposito cauzionale è di L. 10 per ciascun
volume27.
Dopo il numero di catalogo è presente una sigla che indica la materia, ma solo
«per quelle opere, il cui titolo non è sufficiente a farne comprendere la qualità e il
contenuto»28.
Questo determina una difficoltà nell’analisi qualitativa della collezione e nel
capire esattamente quali materie fossero maggiormente presenti anche se, come si
vedrà più avanti, è possibile, attraverso un’analisi statistica, individuare la
presenza degli argomenti prevalenti e delle linee culturali maggiormente
rappresentate.
Nella indicazione di materia vengono segnalati, senza distinzione, sia
l’argomento trattato (ad esempio Arte, Diritto, Filosofia, Geografia, Storia ecc.)
27 Catalogo della Biblioteca circolante de l’Italia che scrive (1924) cit., p. 41. 28 Ivi, p. 3.
157
che i generi letterari (Antologie, Biografie, Libri per la gioventù, Romanzi,
Novelle, Poesie e Teatro).
Analoga difficoltà riguarda l’identificazione della lingua dell’opera, dal
momento in cui viene segnalata solo quando «il titolo [...] è costituito unicamente
da un nome proprio di persona o di luogo»29, rendendo così necessaria l’aggiunta
di una sigla per identificare la lingua.
Diversa è la soluzione adottata nel catalogo del 1933, dove le opere di
ciascun autore sono suddivise per lingua.
Nella presentazione iniziale, Formiggini vuole sottolineare l’importanza del
catalogo a stampa: «esso vi potrà dimostrare a colpo d’occhio, assai meglio dei
cataloghi sistematici per lingue, per materie e per autori che si trovano nella prima
saletta della Biblioteca, che in poco tempo abbiamo saputo mettere insieme una
notevole raccolta di libri importanti ed interessanti»30.
Si dichiara inoltre la presenza di quasi tutta la “letteratura amena”
contemporanea italiana, mentre si ammette la mancanza di molte opere straniere.
Mentre al momento dell’inaugurazione della biblioteca, nel 1922, erano
presenti 16.000 volumi, «non tutti schedati e sistematicamente collocati», due
anni dopo il numero dei libri è raddoppiato, e tutto catalogato è a disposizione dei
lettori.
Pur ammettendo l’esistenza di qualche difficoltà nel primo periodo di vita
della biblioteca e la difficoltà di «rispondere alle più stravaganti esigenze dei più
stravaganti lettori», Formiggini chiedeva che gli abbonati «apprezzino lo stato di
perfetta conservazione dei libri stessi, la sobria eleganza delle rilegature, la
prontezza del servizio di consegna, la estrema modicità della quota di
abbonamento in confronto colle ingenti spese»31.
29 Ibidem. 30 Ivi, p. V. 31 Ivi, p. VI.
158
7.3 La raccolta all’apogeo del catalogo del 1933
L’edizione del catalogo a stampa pubblicata nel 1933 rappresenta il
momento di massimo sviluppo della biblioteca, prima della involuzione che
porterà Formiggini a donarla pochi anni più tardi. Le notevoli dimensioni della
collezione libraria è evidente anche dalle dimensioni del volume, che conta quasi
850 pagine, rispetto alle quasi 350 pagine della precedente edizione del 1924.
Il catalogo del 1933 presenta oltre 17.000 titoli di circa 8000 autori, cifra
che sembra corrispondere ai 40.000 volumi dichiarati da Formiggini in diverse
occasioni, se si tiene conto delle opere in più volumi e dei quelle, magari
maggiormente richieste, conservate in più esemplari.
Rispetto al regolamento pubblicato nel 1924, la nuova edizione prevede
l’istituzione del nuovo servizio di prestito a domicilio, «organizzato dalla
“Agenzia Espressi” dell’Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra», che
prevede la consegna dei libri a casa e anche la possibilità di richiedere il cambio
dei libri a domicilio, al costo di «una lira per ogni cambio, qualunque sia il
numero dei volumi»32.
Questa nuova edizione del catalogo risulta più leggibile della precedente,
grazie a una diversa impostazione grafica che permette una più facile
individuazione dei titoli e delle edizioni in lingue diverse delle opere di ciascun
autore. Per ogni autore, infatti, vengono segnalati prima i titoli in italiano, poi
quelli in altre lingue.
32 Catalogo della biblioteca circolante Formiggini (1933) cit., p. X.
159
Catalogo della Biblioteca circolante, ed. 1924
Catalogo della Biblioteca circolante, ed. 1933
160
Dal catalogo risulta che i volumi in italiano siano circa il 60% del totale, ma
sono presenti anche libri in francese (21,8%), inglese (13,2%) e tedesco (6,6%),
pochi in spagnolo (0,4%) e qualcuno in altre lingue (ad esempio in ungherese,
polacco e danese).
Per quanto riguarda i contenuti, si registra la prevalenza di narrativa (44,6%
di romanzi e 8,5% di novelle) e di opere teatrali (7%), oltre alla saggistica (9%),
biografie e memorie (3,7%), libri per ragazzi (2,3%) e una certo numero di opere
classificate da Formiggini come “Varie” o non classificate.
Un’analisi della fisionomia generale della raccolta non può non tenere conto
di alcuni aspetti critici: innanzi tutto, la mancanza del catalogo a schede, che
presumibilmente presentava tutti i dati bibliografici relativi a ogni singolo
esemplare, mentre il catalogo a stampa, limitandosi a presentare il nome
dell’autore e il titolo dell’opera, non permette una dettagliata analisi delle edizioni
presenti. Non si può inoltre prescindere dalle peculiari e diversificate modalità di
acquisizione del materiale librario, che hanno indiscutibilmente condizionato la
costruzione della raccolta. Innanzi tutto il nucleo originario della raccolta libraria
è costituito dalle pubblicazioni della casa editrice (anche se non presenti nella loro
totalità), soprattutto da quelle collane che esprimevano compiutamente lo stesso
spirito divulgativo e allo stesso tempo colto che ha improntato la creazione della
biblioteca. Inoltre, una parte significativa della collezione era costituita dai volumi
ricevuti per recensione da «L’Italia che scrive», con il conseguente inevitabile
condizionamento relativo all’orientamento della produzione editoriale nazionale,
ma rispecchiando in questo modo l’indirizzo culturale che orientò Formiggini e il
folto gruppo di intellettuali, letterati e studiosi che lo stesso editore aveva
chiamato a collaborare con la casa editrice e con la rivista per un trentennio.
Infine, un’altra cospicua quantità di volumi, probabilmente la maggior parte,
è costituita da intere raccolte (spesso di biblioteche circolanti non più esistenti)
acquistate in blocco da Formiggini, rispetto alle quali, a parte una qualche forma
di selezione iniziale operata dallo stesso Formiggini del materiale ritenuto per
qualche ragione inadatto, potrebbe non esprimere una coerente politica di
acquisizione e un disegno strategico di costruzione della raccolta.
161
Ci si limita quindi, in questa sede, a segnalare la presenza di volumi o autori
che possano in qualche modo indicare le tendenze culturali presenti nella raccolta
libraria della biblioteca circolante, sia per quanto riguarda la saggistica che la
letteratura.
Il quadro per letterature e per generi che ne emerge comporta, in presenza di
confini tra generi letterari e editoriali non facilmente definibili, necessarie
sovrapposizione e ripetizioni, ma si è ritenuto utile al fine di un’analisi della
raccolta.
La saggistica
Coerentemente con l’idea di Formiggini di creare una biblioteca che non
fosse popolare, ma destinata invece a una classe borghese mediamente colta,
espressione di una ceto urbano desideroso di interloquire con la migliore e più
moderna cultura europea, la raccolta della Biblioteca circolante presenta una
ampia raccolta di saggistica, orientata da una parte a soddisfare le esigenze di
approfondimento e a presentare le novità più significative del dibattito culturale,
di cui Formiggini era certamente al corrente anche grazie all’attività e ai rapporti
che stringeva per il suo lavoro di direttore della rivista «L’Italia che scrive»,
dall’altra a mettere a disposizione una saggistica divulgativa in grado di arricchire
piacevolmente i lettori e di fornire loro degli strumenti bibliografici per un
eventuale approfondimento.
All’interno della raccolta, una discreta copertura è data alla filosofia, sia con
la presenza di classici come Platone, di cui sono presenti 9 opere, comprese La
repubblica e i Dialoghi, questi ultimi sia nella edizione di Antonino Cassarà che
in quella “volgarizzata” di Francesco Acri, o come Aristotele (Elenchi sofistici, Il
primo libro della metafisica) e Tommaso d’Aquino (L’unità dell’intelletto),
ripercorrendo poi i capisaldi del pensiero filosofico come Kant, di cui è presente
la Critica della ragion pratica (mentre curiosamente mancano la Critica della
ragion pura e la Critica del giudizio), i Prolegomeni a ogni futura metafisica che
voglia presentarsi come scienza e La metafisica dei costumi, Blaise Pascal (con i
Pensieri e, solo in francese, le Lettres à un provincial) e John Locke, (La guida
162
dell’intelligenza nella ricerca della verità e i Pensieri sull’educazione),
giungendo fino alla filosofia del XIX secolo con Friedrich Nietzsche (di cui sono
presenti 15 volumi tra cui Umano, troppo umano, Così parlò Zarathustra, Al di là
del bene e del male) e Karl Marx, con Il capitale.
Per quanto riguarda poi la filosofia novecentesca, Benedetto Croce è
presente nella raccolta della biblioteca con 27 opere di filosofia (tra i quali
Filosofia della pratica: economica ed etica, Estetica come scienza
dell’espressione e linguistica generale), scritti di critica letteraria e saggi di storia
(ad esempio Storia della storiografia italiana nel secolo XIX, Storia dell’età
barocca in Italia, Storia d’Italia dal 1871 al 1915).
Le opere di Giovanni Gentile, al contrario, sono scarsamente rappresentate,
probabilmente non per caso, visto gli aspri contrasti che lo contrapposero a
Formiggini. In particolare, sono presenti solo poche opere di carattere filosofico (i
due volumi del Sistema di logica come teoria del conoscere) o storiografico (Gino
Capponi e la cultura toscana nel secolo XIX), oltre ai volumi dedicati alla scuola
e ai problemi pedagogici (Il problema scolastico del dopoguerra e Il fascismo al
governo della scuola).
Si segnala infine la presenza di una decina di volumi di Giuseppe Rensi, tra
cui La filosofia dell’autorità, La scepsi estetica e le Polemiche antidogmatiche,
oltre a tre volumi pubblicati dallo stesso Formiggini nella collana delle Apologie,
cioè l’Apologia dell’ateismo e l’Apologia dello scetticismo, e la biografia di
Spinoza nei Profili; i contributi di Adriano Tilgher, uno dei firmatari nel 1925 del
Manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce (Filosofi
antichi, Homo faber, Relativisti contemporanei, quest’ultimo anche in edizione
spagnola) e Il capitale di Marx di Antonio Labriola.
Non è possibile, analizzando il catalogo della Biblioteca circolante,
affrontare il tema della circolazione delle idee socialiste o della ideologia di
partito33, perché Formiggini non fu un editore vicino al movimento socialista, ma
anche perché le caratteristiche di acquisizione dei libri, spesso caratterizzate da
33 Cfr. Gabriele Turi, Editoria e cultura socialista (1890-1910), in: Angelo Fortunato Formiggini,
un editore del Novecento cit., p. 93.
163
elementi di casualità, impediscono di identificare eventuali scelte e specifiche
prese di posizione dell’editore sull’acquisto o meno di libri di politica.
Ancora per quanto riguarda la politica si registra la presenza di 13 volumi
scritti da Mussolini, comprese due traduzioni in inglese e ungherese, in particolare
raccolte di scritti giornalistici e discorsi, compresi i tre volumi de La nuova
politica dell’Italia; ci sono inoltre alcuni volumi di scritti di Giuseppe Mazzini, i
Pensieri di Cavour, i Discorsi parlamentari di Crispi e 5 volumi di saggi di
Salvemini, compreso Il ministro della mala vita, in cui l’autore criticò aspramente
il governo Giolitti, denunciandone il malcostume e le gravi responsabilità
politiche.
Non si può dimenticare, infine, il pamphlet contro Gentile scritto dallo
stesso Formiggini, La ficozza filosofica del Fascismo e la marcia sulla Leonardo:
libro edificante e sollazzevole.
Numerosi sono i libri di memorialistica, come le Memorie autobiografiche
di Garibaldi, i libri di Prezzolini dove è rievocata la sua esperienza di combattente
volontario nella guerra 1915-18 (Dopo Caporetto e Vittorio Veneto), il Diario
1922 di Italo Balbo, che contiene importanti spunti autobiografici, le lettere e i
diari di Beethoven.
Analogamente è molto presente anche il genere della biografia, innanzi tutto
grazie alla presenza di quasi tutti i volumi pubblicati da Formiggini nella collana
dei Profili, tra i quali, solo a titolo di esempio, i volumi di Attilio Momigliano su
Carlo Porta, di Piero Rebora su Ionathan Swift, di Angelo F. Pavolini su Giulio
Verne e di Giulio Bertoni su Dante, Ludovico Ariosto, L. A. Muratori (più rari
quelli pubblicati nelle Medaglie, di cui sono presenti in biblioteca almeno i
volumi di Prezzolini su Benito Mussolini e di Antonio Bruers su Gabriele
D’Annunzio).
Altre biografie presenti nella collezione, ad esempio, sono Rudyard Kipling
di Emilio Cecchi, Carducci di Franco Ciarlantini, l’Autobiografia di Benjamin
Franklin, Francesco d’Assisi e Camillo Benso conte di Cavour scritte da Ruggero
Bonghi, del quale è presente anche la Vita di Gesù, e infine una Vita di Giolitti
(probabilmente nell’edizione pubblicata da Ghelfi nel 1929) firmata da un non
meglio identificato “ex deputato”.
164
Anche i saggi di divulgazione storica sono presenti in biblioteca, come ad
esempio quelli pubblicati nella collana dei Libri verdi di Mondadori, fra i quali, ad
esempio, Varennes: la fuga di Luigi XVI di Cesare Giardini e L’eccidio di
Belgrado di Elio Zorzi34.
La critica letteraria è presente in biblioteca con diversi saggi, fra i quali si
segnala, a titolo di esempio, la Storia della letteratura italiana e altri volumi di
saggi critici di Francesco De Sanctis, Le lettere e alcuni scritti critici di Renato
Serra, tra cui l’Esame di coscienza di un letterato, gli scritti di critica letteraria di
Croce (i saggi su Ariosto, Shakespeare e Corneille, La letteratura della nuova
Italia) e quelli di Mario Praz (La fortuna di Byron in Inghilterra e Penisola
pentagonale).
La letteratura esotica e di viaggi
Per quanto riguarda la geografia, sono presenti opere di carattere
topografico e descrittivo come ad esempio quelle di Antonio Stoppani, uno dei
maggiori geologi italiani, di cui la biblioteca possiede Il Bel Paese e Da Milano a
Damasco, ma anche libri di viaggi, sia di carattere letterario che documentario e
storico-geografico, pubblicati da scrittori o giornalisti. Si segnalano ad esempio,
oltre a Il viaggio in Italia di François-René de Chateaubriand, presente in edizione
francese e italiana, alcuni libri di viaggio di Edmondo De Amicis come Olanda
(anche in francese) e Spagna, Le tre capitali, Costantinopoli, Alle porte d’Italia,
dedicato alla città di Pinerolo, Ricordi di Londra, Ricordi di Parigi e Ricordi di un
viaggio in Sicilia.
Il gusto per l’esotismo e per la suggestione nei confronti dei paesi più
lontani, che ebbe il suo culmine nel XIX secolo, è testimoniato dalla presenza di
resoconti di viaggi e romanzi avventurosi ambientati in paesi esotici, primi fra
34 Cfr. Oreste del Buono, La letteratura popolare: i “Libri verdi” i “Libri azzurri”, i “Romanzi
della palma”, i “Libri gialli”, in: Editoria e cultura a Milano tra le due guerre (1920-1940),
Milano 19-20-21 febbraio 1981: atti del convegno, Milano, Fondazione Arnoldo e Alberto
Mondadori, 1983, p. 94.
165
tutti naturalmente quelli di Jules Verne, frutto della passione dello scrittore per i
viaggi e di uno scrupoloso lavoro di ricerca, come ad esempio Cinque settimane in
pallone, ispirato alle imprese pionieristiche in pallone aerostatico dell’amico
fotografo Nadar, La Jangada, che racconta di un lungo viaggio sul Rio delle
Amazzoni, Ventimila leghe sotto i mari, L’isola misteriosa e Il giro del mondo in
80 giorni, tutti presenti nella biblioteca circolante. Non mancano inoltre Il milione
di Marco Polo o i romanzi di Emilio Salgari, con i vari cicli avventurosi di pirati e
corsari, Robert Louis Stevenson (L’isola del tesoro, Le nuove mille e una notte),
Daniel De Foe (Robinson Crusoe in edizione italiana che francese), Rudyard
Kipling (Kim, Il libro della giungla) o Joseph Conrad.
Di ispirazione esotica è anche l’opera di Maurice Dekobra, pseudonimo di
Ernest-Maurice Tissier, scrittore francese autore di bestseller tra gli anni Venti e
gli anni Quaranta, presente in biblioteca con una quarantina di romanzi (circa la
metà in francese e uno in danese), fra cui La gondola delle chimere, La sfinge ha
parlato, Tigri profumate, La Madonnina degli Sleepings, tutti presenti sia in
edizione italiana che francese.
Più legata a un’utilità pratica è invece la presenza di guide turistiche
Baedecker nelle edizioni in tedesco, francese e inglese. Si tratta di pubblicazioni
che in quel periodo erano molto apprezzate perché, oltre ad illustrare i principali
monumenti di una città o di un’area geografica, fornivano anche una ricca serie di
informazioni utili, consigli pratici e suggerimenti per il viaggiatore.
La divulgazione scientifica
Sempre nell’ambito della saggistica si segnala una significativa presenza di
libri di divulgazione scientifica. Tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi
decenni del Novecento, infatti, l’editoria specializzata nella comunicazione della
scienza ai non addetti ai lavori aveva avuto uno straordinario sviluppo, con la
nascita di numerose riviste e un aumento delle proprie pubblicazioni. Al clima
positivistico e fiducioso nel progresso che si andava affermando in quegli anni
corrispondeva la necessità degli scienziati di farsi capire e di aprire un dialogo
anche con il grande pubblico, per diffondere la conoscenza scientifica non solo tra
166
le classi colte ed erudite, ma anche tra quelle più popolari, che si dimostrano
spesso interessate in particolare agli sviluppi della scienza pratica, che
consideravano utile per migliorare la loro vita quotidiana.
Tra gli esempi di scienziati che si dedicarono alla divulgazione scientifica si
possono ricordare il medico e antropologo Paolo Mantegazza, che pubblicò il
libro Il bene e il male: libro per tutti, presente nella biblioteca circolante insieme a
una ventina di altri volumi tra cui Fisiologia dell’odio, Fisiologia dell’amore e
Fisiologia del piacere, e il già citato Antonio Stoppani, autore di Da Milano a
Damasco ma soprattutto de Il Bel Paese, che presenta una serie di conversazioni,
caratterizzate dal tono discorsivo, sulle scienze naturali e le bellezze naturalistiche
delle diverse regioni italiane.
Sono presenti in biblioteca anche testi di protagonisti della scienza
contemporanea, da Charles Darwin (Sulla origine della specie per elezione
naturale) ad Albert Einstein (Prospettive relativistiche dell’etere e della
geometria).
Lo stesso Formiggini, nel corso della sua attività di editore, mostrò interesse
nei confronti della divulgazione scientifica, pubblicando, nella collana dei Profili,
le biografie di Carlo Darwin curata da Alberto Alberti, di Galileo Galilei e
Archimede da Antonio Favaro e di Newton da Gino Loria, tutte presenti in
biblioteca, mentre manca quella di Mario Pantaleo su Albert Einstein, nella
collana delle Medaglie, probabilmente per le ridotte dimensioni del volume (cm
11 x 6,5) che non lo rendevano adatto a essere inserito in una collezione come
quella della Biblioteca circolante. Sempre dedicate alla scienza sono alcune Guide
“ICS”, poi Guide bibliografiche, presenti in biblioteca, ad esempio la prima guida
pubblicata, dedicata a La geografia di Roberto Almagià, poi quelle di Augusto
Beguinot (La botanica) e di Gugliemo Bilancioni (La storia della medicina).
La presenza di saggi di pedagogia è certamente spiegabile con il grande
interesse di Emilia Formìggini Santamaria, moglie di Formiggini e importante
pedagogista e storica della pedagogia, che collaborò a «L’Italia che scrive»
occupandosi proprio della sezione di pedagogia e filosofia. Lei stessa fu inoltre
autrice di numerosi saggi su questo argomento, alcuni dei quali conservati in
biblioteca, fra i quali L’istruzione pubblica nel Ducato Estense (1772-1860),
167
Lezioni di didattica, La pedagogia italiana nella seconda metà del secolo XIX,
Ciò che è vivo e ciò che è morto della pedagogia di Federico Fröbel. La
biblioteca possiede inoltre il Manuale pratico dei giardini d’infanzia dello stesso
Fröbel, alcuni volumi di Giovanni Vidari, fra cui Problemi di educazione e Il
pensiero pedagogico italiano nel suo sviluppo storico e il volumetto di Papini,
Chiudiamo le scuole.
Significativa è presenza nella biblioteca circolante dei Manuali Hoepli, una
collana, pubblicata a partire da 1875, dedicata prevalentemente a pubblicazioni di
carattere tecnico nate con lo scopo di educare e formare in fretta una manodopera
specializzata. A questo genere di manualistica si aggiunse poi anche quella
divulgativa di tipo pedagogico-popolare, avente come oggetto ogni campo del
sapere: solo per fare un esempio, nella biblioteca circolante di Formiggini sono
presenti i manuali di L. De Mauri su L’amatore di miniature su avorio, di Felice
Ramorino sulla Letteratura romana e di Otto Lange sulla Letteratura tedesca, la
Grammatica ed esercizi pratici della lingua portoghese-brasiliana di Gaetano
Frisoni e i due volumi di Ferruccio Quintavalle con la Cronistoria della guerra
mondiale, oltre a manuali eminentemente pratici come quello di Angiolo Pucci su
Come coltivare l’orto e il giardino?
I Manuali Hoepli non potevano non piacere a Formiggini, per la loro grafica
accattivante e la cura editoriale con la quale erano pubblicati; infatti, come
recitava uno slogan pubblicitario dell’epoca, essi «sono solidamente ed
elegantemente legati; non sono quindi votati allo sfasciamento come i soliti libri
brochure, ma costituiscono una biblioteca duratura e di gradevole aspetto»35. Una
descrizione che sembra molto appropriata anche per i volumi della biblioteca
circolante di Formiggini...
Ma la significativa presenza dei Manuali nella raccolta della biblioteca è
dovuta anche al tipo di pubblico a cui essi erano destinati, un pubblico in parte
sovrapponibile agli utenti “ideali” della biblioteca formigginiana, cioè quella
media borghesia con un grado relativamente alto di istruzione, a cui servivano gli
35 Citato in Alessandro Assirelli, Un secolo di manuali Hoepli: 1875-1971, Milano, Hoepli, 1992,
p. 1.
168
strumenti di informazione tecnica e bibliografica per tenersi costantemente
aggiornata nel campo professionale e, più in generale, per quanto riguarda la
cultura contemporanea.
La biblioteconomia
Mancano invece quasi del tutto i libri dedicati alla storia del libro, alle
biblioteche o alla biblioteconomia, se non con pochissime eccezioni (Domenico
Fava, La Biblioteca Estense nel suo sviluppo storico; Giulio Bertoni, La
biblioteca estense e la coltura ferrarese ai tempi del duca Ercole I 1471-1505;
Guido Mazzoni, In biblioteca). Mancano le opere di Leopoldo Della Santa,
Tomaso Gar, Charles Coffin Jewett, Marino Parenti, Julius Petzholdt e altri
“classici” della biblioteconomia, mentre di alcuni bibliotecari e bibliofili sono
presenti libri non dedicati a temi biblioteconomici, come ad esempio nel caso di
Ettore Fabietti, presente con il libro di divulgazione I fratelli Bandiera rievocati
per la gioventù, oppure di Giuseppe Fumagalli, presente con Alcune idee
pedagogiche di Dante e del Petrarca, mentre manca invece il celebre volume
dedicato a La bibliografia pubblicata dallo stesso Formiggini nelle Guide
bibliografiche.
Anche di altri bibliotecari sono presenti opere di carattere letterario o
saggistico, come ad esempio nel caso di Francesco Chiesa, amico di Formiggini e
direttore della Biblioteca cantonale di Lugano, presente con 14 libri fra poesia e
narrativa, o infine di Olindo Guerrini, poeta e scrittore italiano, ma anche
bibliotecario (diresse Biblioteca universitaria di Bologna dal 1885 al 1912) e
bibliofilo, presente con i Ricordi autobiografici e L’arte di utilizzare gli avanzi
della mensa, mentre è assente la Bibliografia per ridere, pubblicata da
Sommaruga nel 1883, che per l’argomento trattato non poteva non piacere né
sarebbe potuta sfuggire a Formiggini.
Questa lacuna appare strana, visto il grande interesse sempre manifestato da
Formiggini per questi temi, ed è quindi assai probabile che libri di questo genere
fossero conservati nella collezione personale dell’editore, che forse aveva
giudicato di scarso interesse per il pubblico più ampio della biblioteca.
169
La letteratura classica
La letteratura è certamente il genere maggiormente presente in biblioteca,
sia che si tratti di letteratura classica, contemporanea, popolare o di genere.
Per quanto riguarda la letteratura classica è presente una significativa
raccolta di tragedie greche (Aristofane, Euripide, Eschilo e Sofocle) e di classici
latini, come gli Annali di Tacito, il Satyricon di Petronio, nelle due edizioni
tradotte da Limentani e da Lancetti, le Commedie di Plauto, Iliade di Omero, nelle
traduzioni italiane di Vincenzo Monti ed E. Romagnoli, nella traduzione inglese
di W. C. Bryant e in quella tedesca di J. H. Voss, e l’Odissea, nelle traduzioni di
M. Faggella, E. Romagnoli, M. De Szombathely.
Sono inoltre presenti tutte le opere di Dante Alighieri, comprese diverse
edizioni della Divina commedia, tra cui quelle con il commento di Casini e di
Steiner e una con il commento in tedesco di L. Olschki, le Rime e una selezione
del Canzoniere di Petrarca, il Decamerone di Boccaccio in varie edizioni, anche
in inglese e tedesco, compresa quella pubblicata nei Classici del ridere, varie
edizione de Le mille e una notte, La Gerusalemme liberata di Tasso (anche in
inglese), L’Orlando furioso di Ariosto, le Opere complete di Machiavelli,
compreso le singole edizioni de Il principe e di Erotica, poi Il giorno e le Odi di
Giuseppe Parini e Il teatro di Vittorio Alfieri, I canti di Giacomo Leopardi (di cui
peraltro è presente la biografia scritta da Federico De Roberto), oltre alle prose e a
una selezione di lettere, i Promessi sposi, le tragedie e le poesie di Manzoni.
La letteratura e la poesia italiana contemporanea
In una biblioteca destinata a un pubblico di buona cultura e di buone letture
non poteva mancare una cospicua collezione di letteratura contemporanea,
costituita da romanzi, racconti e raccolte di poesie dei più noti autori italiani e
stranieri.
È presente Pirandello, innanzi tutto, con 60 titoli tra romanzi e testi teatrali,
compreso il saggio su L’umorismo che certamente non poteva mancare nella
170
biblioteca ideale di Formiggini, i 13 volumi delle Novelle per un anno e una
traduzione in polacco (Pierwsza noc).
Ci sono poi Grazia Deledda, con 39 romanzi, e Matilde Serao, con una
trentina, compreso Il paese della cuccagna e La conquista di Roma, entrambi
presenti sia in edizione italiana che inglese, e “Sterminator Vesevo”: diario
dell’eruzione 1906, ricostruzione della terribile eruzione del Vesuvio, già
pubblicata su «Il giorno».
Di Corrado Alvaro sono presenti i primi romanzi, almeno fino all’epoca
della pubblicazione dei racconti di Gente in Aspromonte e de La signora
dell’isola, entrambi del 1930. Analogamente di Riccardo Bacchelli sono presenti i
primi romanzi, compreso Il diavolo al Pontelungo, fino all’epoca di Oggi domani
e mai (1932).
Anton Giulio Barrili, del quale Benedetto Croce apprezzava lo «stile
limpido e scorrevole, senza stento, senza disuguaglianze e insieme accurato e
corretto»36, è presente con 40 romanzi.
D’Annunzio è presente con 57 titoli, che comprendono non solo
praticamente tutti i romanzi, le opere teatrali e le raccolte poetiche, ma anche
diversi saggi di politica (Italia o morte, Per l’Italia degli Italiani, Il sudore del
sangue).
Alla condizione femminile è dedicata la narrativa di Neera, pseudonimo di
Anna Zuccari, presente in biblioteca con 17 romanzi (compresi Crevalcore, Il
castigo, Il marito dell’amica, Una passione), mentre Sibilla Aleramo è presente
con 7 romanzi e un libro di poesie (Momenti).
Massimo Bontempelli è presente con 25 titoli, prevalentemente di narrativa
ma anche con un libro per ragazzi (La scacchiera davanti allo specchio) e la
biografia di San Bernardino da Siena (pubblicata nei Profili in due edizioni, nel
1914 e nel 1927); di Giovanni Papini sono presenti 25 titoli, tra cui La storia di
Cristo, sia in italiano che in francese, scritta a seguito della sua conversione alla
fede cattolica, l’autobiografia Un uomo finito e diversi altri saggi critici come
36 Benedetto Croce, La letteratura della nuova Italia: saggi critici, 6. ed., Bari: Laterza, 1956, p.
54.
171
Stroncature e Testimonianze, segno del suo impegno critico militante e di un’idea
di letteratura intesa come “azione”.
Sono presenti infine Luigi Capuana, con 31 libri di narrativa, compreso
Giacinta, alcuni libri destinati ai ragazzi e un paio di studi sulla letteratura
contemporanea, e Pitigrilli, di cui si parlerà più avanti.
Anche i poeti sono ben rappresentati, a cominciare da Giovanni Pascoli, che
Formiggini conosceva e con il quale collaborò fin dall’epoca della Miscellanea
tassoniana, di cui proprio Pascoli scrisse la prefazione: Pascoli è presente, infatti,
con una significativa rappresentanza delle sue principali raccolte poetiche
(Myricae, Poemi conviviali, i Canti di Castelvecchio, le Odi e inni) e delle di
prose (Pensieri e discorsi, Patria e umanità), oltre alle Traduzioni e riduzioni e
agli scritti di critica dantesca (La mirabile visione e Conferenze e studi danteschi).
La biblioteca possiede anche alcuni volumi critici dedicati a Pascoli, come
quello di Emilio Cecchi su La poesia di Giovanni Pascoli (Napoli, Ricciardi,
1912) e due volumi pubblicati dallo stesso Formiggini, cioè il saggio di Alfredo
Galletti, La poesia e l’arte di Giovanni Pascoli, e la sintetica monografia del
filologo veneziano Enrico Turolla (Giovanni Pascoli) pubblicata nella collana dei
Profili, che peraltro quando uscì fu giudicata discutibile, in quanto «il discorso,
eccessivamente apologetico, manca di senso critico», arrivando a definire Pascoli
«poeta cosmico, come Omero, Dante e Leopardi»37.
Di Giosuè Carducci ci sono 26 titoli, con una prevalenza degli studi di
critica letteraria (oltre 15) sulle raccolte di poesia (6), mentre della poetessa e
scrittrice Ada Negri sono presenti 13 titoli tra narrativa e poesia (una in edizione
in spagnolo), comprese le raccolte poetiche Fatalità, che ebbe un grande successo,
Maternità e Dal profondo, e il romanzo autobiografico Stella mattutina.
Sono presenti infine Giuseppe Ungaretti, con la raccolta Allegria di
naufraghi [ma naufragi], e Trilussa, pseudonimo di Carlo Alberto Salustri, poeta
noto per le sue composizioni in dialetto romanesco, di cui sono presenti 14
37 Emilio Mattioli – Alessandro Serra, Annali delle edizioni Formiggini, 1908-1938, Modena,
STEM Mucchi, 1980, p. 271.
172
raccolte (ad esempio Le cose, Le favole, Giove e le bestie, Lupi e agnelli,
Picchiabbò, ossia La moje der ciambellano).
Come è ovvio per una biblioteca circolante a carattere commerciale, che
aveva l’urgenza di offrire una raccolta “accattivante” ai lettori, la narrativa di
genere e i romanzi d’appendice sono presenti in gran quantità. Utilizzando una
suddivisione di comodo per questo tipo di letteratura, è possibile classificarla
secondi diversi sottogeneri: il “romantico”, il “daveroniano”, l’“eroico-fascista” e
il “realistico-borghese”38, verificandone la presenza nella raccolta della biblioteca
circolante.
Il genere “romantico”, che si caratterizza per la struttura elementare della
narrazione, la presenza di storie d’amore contrastate, della lotta tra il bene e il
male con l’inevitabile trionfo del primo sul secondo, in una cornice di valori
condivisi e indiscutibili39, ha una significativa consistenza, con la presenza 25
titoli di Virgilio Brocchi e altrettanti di Salvator Gotta, ma anche di 16 titoli di
Antonio Fogazzaro e la massiccia presenza di Carolina Invernizio con 87 volumi,
di cui 2 traduzioni in spagnolo.
Il genere “daveroniano” poi, che prende il nome dallo scrittore di romanzi
d’appendice Guido da Verona (definito da Adriano Tilgher il «D'Annunzio delle
dattilografe e delle manicure»40), presenta un’ambientazione raffinata e un certo
disprezzo per la gente normale e il loro modo di vivere, è anch’esso ben
rappresentato nelle raccolte della Biblioteca dell’ICS, con 22 volumi dello stesso
Da Verona, compresi Colei che non si deve amare, Mimì Bluette, fiore del mio
giardino, che all’epoca vendette oltre 300.000 copie41 e Sciogli la treccia, Maria
Maddalena.
38 Cfr. Michele Giocondi, Lettori in camicia nera: narrativa di successo nell’Italia fascista,
Messina; Firenze, D’Anna, 1978. 39 Cfr. Marino Livolsi, Lettura e altri consumi culturali negli anni ’20-’40, in: Editoria e cultura a
Milano tra le due guerre cit., p. 70. 40 Citato in Il Novecento letterario in Italia. Vol. 1: L' età giolittiana, a cura di Giuseppe Petronio e
Luciana Martinelli, Palermo, Palumbo, 1974, p. 353. 41 Cfr. Giorgio Luti, Il novecento, Piccin, Padova, 1993, vol. 2, p. 1014.
173
Il genere “eroico-fascista”, in cui dominano le categorie come patria,
coraggio, eroismo e in cui la lotta del bene contro il male assume connotati
politici di adesione al regime fascista, è presente, oltre che con le biografie sul
duce, con le narrazioni delle grandiose imprese del regime, come ad esempio
Guido Milanesi, con 26 romanzi fra i quali L'ancora d'oro, Eva marina e Figlia di
re. A proposito delle biografie si segnala quella di Mussolini scritta da Margherita
Sarfatti, Dux, che dopo essere stata pubblicata da Mondadori nel 1926 diventò un
best seller fino a quando, nel 1938, fu censurata, continuando tuttavia a circolare
all’estero42.
Il romanzo “realistico-borghese”, nel quale è forte l’identificazione dei
protagonisti con il lettore comune attraverso la rappresentazione di personaggi che
appartengono alla classe borghese e che conducono una vita piuttosto normale, è
rappresentato da Lucio D’Ambra, presente in biblioteca con 23 titoli (fra cui Il re,
le torri, gli alfieri, Il mestiere di marito, La professione di moglie), Orio Vergani,
con 6 titoli (Soste del capogiro, Io, povero negro), Leonida Rèpaci con 4 titoli (La
carne inquieta e All'insegna del gabbamondo) e Ugo Ojetti, con 18 volumi, tra cui
i romanzi Il gioco dell’amore, Mio figlio ferroviere e Senza Dio, oltre ai primi
cinque volumi delle Cose viste, che raccolgono gli articoli scritti da Ojetti per il
«Corriere della sera».
La letteratura straniera
La casa editrice Formiggini non può essere considerata tra quelle che
diedero un contributo fondamentale alla sprovincializzazione della cultura italiana
attraverso una incisiva attività di traduzione di opere di letteratura straniera43,
tuttavia è significativa l’interesse dimostrato dall’editore nei confronti di altre
42 Cfr. Gigliola De Donato, Il regime e il libro di massa, in: I best seller del ventennio: il regime e
il libro di massa, a cura di Gigliola De Donato e Vanna Gazzola Stacchini, Roma, Editori riuniti,
1991, p. LI, nota 14. 43 Cfr. Gianfranco Tortorelli, L’Italia che scrive, 1918-1938: l’editoria nell’esperienza di A. F.
Formiggini, Milano, Angeli, 1996, p. 83.
174
letterature, nonostante il clima di autarchia culturale imposta dal regime.
Formiggini pubblicò infatti, nella collana dei Classici del ridere, numerosi
romanzi di autori stranieri, come I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift, Mio zio
Beniamino (nella traduzione di Massimo Bontempelli) e Bella pianta (tradotto da
Dino Provenzal) di Claude Tillier, Il fantasma di Canterville e il delitto di Lord
Savile di Oscar Wilde, La disgrazia di essere intelligente di Griboedov, tradotto
da Leone Pacini Savoj, Marienbad di Scialom Alechem e Vita del pitocco di
Francisco de Quevedo, nella traduzione di Alfredo Giannini.
Un contributo significativo alla conoscenza di autori stranieri fu dato invece
attraverso la pubblicazione, nella collana dei Profili, di volumetti monografici
dedicati a personalità di rilievo del mondo della cultura e della letteratura, fra gli
altri, di Felice Momigliano su Tolstoj, di Spaventa Filippi su Dickens, di Giovanni
Vittorio Amoretti su Goethe, di Belloni Filippi su Tagore, di Muoni su Flaubert,
di Rebora su Swift, di Franzinetti su Keats, di Formichi su Shakespeare, di
Brunelli su Ibsen ecc., oppure nelle Medaglie su Gor’ki, Anatole France, Blasco
Ibáñez ecc., anche se solo alcuni di essi sono presenti nel catalogo della
biblioteca.
Oltre ai volumi pubblicati dalla propria casa editrice, la biblioteca
costituisce in qualche modo uno specchio dei tempi, rappresentando i filoni
letterari e culturali maggiormente apprezzati dai lettori nei primi decenni del
Novecento.
A partire dagli anni Trenta, infatti, si registra l’inizio del distacco del
pubblico dei lettori dai modelli proposti dalla politica culturale del regime, anche
grazie alla pubblicazione, in collane che diventeranno celebri, di opere di
narrativa straniera44. Attraverso la lettura dei romanzi pubblicati da Mondadori,
Bompiani, Frassinelli, Rizzoli ecc. i lettori italiani ebbero la possibilità di
44 Giovanni Raboni sottolinea, a questo proposito, che «l’immagine di una provinciale, autarchica
ignoranza o indifferenza o disattenzione o chiusura della cultura e dell’editoria italiane nei
confronti dell’Europa e del mondo mi sembra del tutto insostenibile per quel che riguarda la
produzione narrativa, il romanzo»; Giovanni Raboni, La narrativa straniera negli anni ’24-’40, in:
Editoria e cultura a Milano tra le due guerre cit., p. 56.
175
conoscere altre letterature che, attraverso nuovi linguaggi e una cultura più
moderna, mettevano in discussione le certezze piccolo borghesi imposte dal
pensiero dominante e il complesso della retorica eroica del regime45.
La consistente presenza nella biblioteca di Formiggini di narrativa straniera
in traduzione italiana corrisponde ad una contemporanea evoluzione della editoria
italiana che, nonostante la chiusura alle influenze straniere e la tendenza
all’autarchia culturale, si orientò in quegli anni verso una massiccia attività di
traduzione di opere straniere, spesso attraverso la creazione di nuove collane
specificamente dedicate a diffondere la letteratura proveniente da altri paesi, come
ad esempio quelle promosse da case editrici come Corbaccio, Frassinelli, Slavia,
Sperling & Kupfer, Bompiani e Mondadori.
Un esempio importante, per la qualità e l’impegno culturale, fu la collana
degli Scrittori di tutto il mondo, diretta da Gian Dàuli per Modernissima, che
pubblicò celebri romanzi di autori stranieri che innovarono certamente il
panorama culturale italiano, tra i quali, ad esempio, La signorina Elsa di Arthur
Schnitzler, Sotto il sole di Satana di Georges Bernanos, Il ponte di San Luis Rey
di Thornton Wilder, Süss l’ebreo di Lion Feuchtwanger, La montagna incantata
di Thomas Mann e Berlin Alexanderplatz di Alfred Döblin46, tutti romanzi
presenti nella biblioteca di Formiggini, anche se, al solito, non è possibile
rilevarne con certezza l’edizione.
D’altra parte, la presenza in biblioteca di un’altrettanta cospicua quantità di
opere nell’edizione in lingua originale evidenzia la scelta di Formiggini di
rivolgersi a una classe di buona cultura, in grado di capire senza sforzo le lingue
45 Il romanzo americano, ad esempio – ma un analogo discorso può essere fatto anche per buona
parte della letteratura europea – favorì «la presa di coscienza di ciò che era stata detta “la crisi di
realtà” […]. Il rapporto con la realtà, per gli scrittori giovani, per dirlo in estrema sintesi, non è più
ora un dato, ma un problema. Volgersi al racconto, tornare alla narrativa, significò avviare un
discorso serio, tormentato, drammatico, sull’ambiguità del reale, al di là tanto dalle certezze del
maître-après-Dieu in cui si riconosceva lo scrittore dell’antico Naturalismo, quanto dai piccoli
cabotaggi della “prosa d’arte”»; Geno Pampaloni, La narrativa italiana tra le due guerre, in:
Editoria e cultura a Milano tra le due guerre cit., p. 48. 46 Cfr. G. Raboni, La narrativa straniera negli anni ’24-’40 cit., p. 53.
176
straniere, soprattutto il francese e l’inglese, ma anche il tedesco, che potesse
quindi leggere in edizione originale i libri più importanti, in modo da collegarsi e
mettersi in relazione con la migliore e più moderna cultura europea.
La letteratura francese
Nel catalogo del 1933 i volumi in lingua francese occupano quasi il 22% del
totale, ma la percentuale è assai più alta se si prendono in considerazione solo gli
autori francesi. In particolare, la maggior parte degli autori francesi più importanti
presenta un numero di edizioni in lingua originale di almeno la metà del totale, se
non di più: Anatole France, ad esempio, è presente con 45 titoli di cui 31 in
francese, Victor Hugo con 34 romanzi di cui 18 in francese, 14 in italiano e 1 in
inglese e in tedesco, Guy de Maupassant con 28 titoli, quasi tutti romanzi, di cui
14 in francese, Molière 8 titoli, di cui 5 in francese, Paul Bourget con 60 titoli,
prevalentemente romanzi, di cui 34 in francese.
Si segnala inoltre la presenza di Georges Ohnet con 52 romanzi, di cui 27 in
francese e uno in tedesco, fra i quali Il padrone delle ferriere (presente sia in
edizione italiana che francese), e Joseph Delteil con 3 romanzi, tra cui Giovanna
d’Arco, presente sia nella edizione italiana, pubblicata da Morreale nel 1926, sia
in quella francese, da cui fu tratto nel 1928 il film muto La passion de Jeanne
d’Arc, diretto da Carl Theodor Dreyer.
Infine, sono presenti oltre 50 romanzi di Paul Bourget, scrittore e saggista
francese, in italiano e in francese, compresi i più celebri I nostri atti ci seguono
(presente sia in italiano che in francese) e Il senso della morte, poi 10 titoli di
Baudelaire, compresi I fiori del male, sia in italiano che in francese e tutta la
Recherche di Marcel Proust solo in edizione francese.
La letteratura inglese
L’interesse dei lettori italiani per la letteratura inglese, penetrata nella
cultura e nella editoria italiana soprattutto grazie agli studi di Emilio Cecchi
(presente in biblioteca con la biografia di Rudyard Kipling) e di Mario Praz (La
177
fortuna di Byron in Inghilterra), è dimostrato dalle recensioni e segnalazioni
pubblicate su «L’Italia che scrive» da Benedetto Migliore, Enrico Caprile,
Corrado Pavolini, Adriano Tilgher e Giuseppe Prezzolini47.
Per la letteratura inglese si può fare un discorso analogo a quello fatto per la
letteratura francese riguardo alla presenza di opere in edizione originale: si pensi a
William Harrison Ainsworth con 18 romanzi, tutti in inglese tranne uno in
francese, e a Charles Dickens (42 romanzi, di cui 20 in inglese, 13 in italiano e 9
in francese) con il grottesco Circolo Pickwick (presente in italiano, inglese e
francese), Davide Copperfield, Grandi speranze e l’edizione tedesca di Oliver
Twist.
Si segnala inoltre la presenza di James Joyce, con l’Ulysse solo in francese e
i Dubliners in inglese, e di Virginia Woolf (To the lighthouse, solo in inglese),
mentre mancano altri romanzi scritti negli stessi anni come Mrs Dalloway (1925)
e Orlando (1928).
In parziale controtendenza, infine, l’opera di Shakespeare, che presenta 23
titoli di cui solo 6 lavori teatrali in edizione inglese, oltre a 7 tomi di opere
complete.
La letteratura russa
Significativa è inoltre la presenza di autori russi, segno di un crescente
interesse da parte dell’editoria del tempo (in particolare gli editori Corbaccio,
Bietti e Slavia) per le traduzioni integrali di opere di letteratura russa direttamente
dalla lingua originale e non, come all’epoca accadeva frequentemente, da altre
lingue, in genere il francese48.
La presenza di numerose opere di letteratura russa nella biblioteca circolante
di Formiggini è certamente dovuta all’influenza di Ettore Lo Gatto, editore,
47 Cfr. G. Tortorelli, L’Italia che scrive, 1918-1938 cit., p. 107. 48 Cfr. Sergia Adamo, La casa editrice Slavia, in: Editori e lettori: la produzione libraria in Italia
nella prima metà del Novecento, a cura di Luisa Finocchi e Ada Gigli Marchetti, Milano, Angeli,
2000, p. 53-98.
178
traduttore e collaboratore de «L’Italia che scrive»49, che fra l’altro pubblicò per
Formiggini, nella collana delle Medaglie, la biografia di Massimo Gorkij, presente
in biblioteca insieme ad altri saggi dello stesso Lo Gatto, un libro di politica
dedicato all’URSS 1931 e un paio di studi sulla letteratura russa (Poesia russa
della rivoluzione, probabilmente edito da A. Stock nel 1923, e I problemi della
letteratura russa, edito da Ricciardi nel 1921).
Un altro collaboratore di Formiggini sul terreno della letteratura russa fu
Alfredo Polledro, traduttore dal russo e fondatore di Slavia, con cui l’editore ebbe
una costante, anche se non frequentissima, corrispondenza, dalla quale emerge un
interessante scambio di opinioni e idee50.
La biblioteca circolante metteva quindi a disposizione dei lettori i classici
più importanti e le novità più significative della letteratura contemporanea russa:
non mancano i classici come Dostoevskij (25 titoli, di cui 6 in edizione francese),
in particolare Delitto e castigo e I fratelli Karamazov presenti sia in italiano che in
francese, Tolstoj (39 titoli, di cui 10 in francese), in particolare Anna Karenina e
Guerra e pace, anch’essi sia in italiano che in francese. Ma sono presenti anche
Gorki (21 titoli di cui 2 in francese e 1 in tedesco), Cecov (10 titoli), Turgenev (14
titoli, di cui 5 in francese), Gogol (6 titoli, di cui 2 in francese e uno in tedesco),
Gončarov (3 romanzi di cui uno in francese), Puškin (5 titoli, di cui uno in
tedesco.
Letteratura tedesca
I primi decenni del secolo videro una grande diffusione della letteratura
contemporanea tedesca in Italia, con un grande sforzo di traduzione realizzato da
importanti case editrici e l’impegno di intellettuali, critici letterari, traduttori e
consulenti editoriali nell’attività di intermediazione tra la cultura italiana e quella
tedesca. Grande fu l’impegno di studiosi e intellettuali di prestigio, come Alberto
Spaini, Ervino Pocar, Roberto Bazlen, Lavinia Mazzucchetti nell’attività di
49 Cfr. G. Tortorelli, L’Italia che scrive, 1918-1938 cit., p. 84-104. 50 Ivi, p. 101, n. 54.
179
traduzione ma anche di creazione di collane specificamente dedicate alla
letteratura tedesca51.
Anche la biblioteca circolante riflette questa tendenza, presentando nella sua
raccolta non solo gli autori più classici, come Goethe (con 19 opere in italiano,
francese, tedesco e inglese, compresa la traduzione del Faust in francese) e E.T.A.
Hoffmann, ma anche di scrittori contemporanei come Thomas Mann (10 titoli, di
cui una traduzione francese di Tonio Kröger e 6 opere in tedesco, tra cui i
Buddenbrook), Arthur Schnitzler, Alfred Döblin (Berlin Alexanderplatz) e gli
austriaci Franz Werfel, Stefan Zweig e Rainer Maria Rilke, di cui sono presenti le
Liriche e i Quaderni di Malte Laurid Brigge.
La letteratura spagnola
Minore è invece la presenza di autori spagnoli, se si escludono i classici
Lazarillo de Tormes, romanzo del XIV secolo che racconta le sconclusionate
vicende del vagabondo Lazarillo, antieroe per eccellenza (presente in biblioteca
sia in edizione italiana chee spagnola) e il Don Chisciotte de la Mancia di
Cervantes, oppure le tre diverse edizioni de La vita è un sogno di Calderon de la
Barca, due in italiano e una in spagnolo, e pochi romanzi di Miguel de Unamuno e
Juan Valera.
I romanzi popolari, d’appendice e di consumo
Il romanzo popolare e il romanzo d’appendice, considerati per molto tempo
esclusivamente uno strumento per educare il popolo e non un’opera letteraria52,
solo recentemente sono stati rivalutati, non come sviluppo del romanzo
51 Cfr. Lucia Giusti, Aspetti della ricezione della letteratura tedesca moderna in Italia negli anni
Venti-Trenta, in: Editori e lettori cit., p. 226-259. 52 Gramsci afferma che «solo dai lettori della letteratura d’appendice si può selezionare il pubblico
sufficiente e necessario per creare la base culturale della nuova cultura»; Antonio Gramsci,
Letteratura e vita nazionale, Torino, Einaudi, 1966, p. 14.
180
tradizionale ma come significativo riflesso della storia delle idee e dei costumi di
un epoca53.
Il romanzo d’appendice, che si sviluppò soprattutto tra la seconda metà
dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, raccolse una narrativa di genere e di
valore letterario molto diversi, ma che avevano in comune lo scopo di raggiungere
una diffusione di massa.
I drammi storici e passionali che erano al centro di questi romanzi
conquistarono i favori di un vastissimo pubblico borghese e popolare, e non
poteva mancare nella raccolta della biblioteca formigginiana. Tra i romanzi
appartenenti a questo genere – alcuni dei quali già ricordati nella rassegna delle
singole letterature – ci sono innanzi tutto I miserabili di Victor Hugo mentre di
Eugène Sue la biblioteca possiede L’ebreo errante e I misteri di Parigi, un
feuilleton a carattere sociale già pubblicato a puntate, a metà dell’Ottocento, sul
«Journal des Débats».
Sono inoltre presenti nella raccolta altri capisaldi dei romanzi d’appendice:
oltre al già citato Alexandre Dumas padre, si trova Théophile Gautier con 17
titoli, più della metà dei quali in francese, fra cui Il capitan Fracassa, sia in
italiano che in edizione originale francese, e Honoré de Balzac con 77 volumi di
romanzi e racconti che intendevano rappresentare in stile realista La Commedia
umana (in biblioteca sono presenti, in edizione italiana e francese, Papà Goriot,
Eugenia Grandet, Illusioni perdute)
Molti altri sono gli autori di romanzi d’appendice presenti nella raccolta
della biblioteca, a cominciare da Sibylle Gabrielle Riqueti de Mirabeau, autrice di
romanzi e racconti mondani e satirici nota con lo pseudonimo Gyp, di cui la
biblioteca possiede 53 romanzi, quasi tutti in edizione francese; popi c’è Pierre
Alexis Ponson du Terrail, presente con 53 romanzi fra i quali, stranamente solo in
italiano e non in lingua originale, i romanzi del ciclo di Rocambole, personaggio
di ladro gentiluomo che lo rese celebre: L’eredità misteriosa, Il Club dei fanti di
cuori, I cavalieri del chiaro di luna, Le rivincite di Rocambole.
53 Cfr. Angela Bianchini, Il romanzo d’appendice, Torino, ERI, 1969, p. 9.
181
Xavier de Montépin, scrittore francese autore di drammi popolari e romanzi
d’appendice, è presente in biblioteca con 70 romanzi, di cui 56 in francese. In
particolare, si segnala la presenza solo dell’edizione francese de La porteuse de
pain, uno dei best seller più popolari dell’Ottocento, e Les Chevaliers du
lansquenet, mentre di Il fiacre n. 13, c’è sia l’edizione italiana che quella francese.
Anche Georges Ohnet ebbe un grande successo di pubblico con i suoi
romanzi (la biblioteca ne raccoglie 52), in cui è spesso centrale il conflitto fra
l’aristocrazia in declino e le nuove forze borghesi in ascesa, come ad esempio il
celebre Il padrone delle ferriere, del 1882, presente in biblioteca sia in italiano
che in francese.
Ma una delle scrittrici del genere di maggiore successo fu senz’altro Colette,
autrice anticonformista che sfidò le convenzioni dell’epoca, ad esempio con la
serie di romanzi dedicati alla sensuale Claudine, in realtà non presente in
biblioteca, dove invece sono conservati solo alcuni romanzi in francese, tra cui
L’ingénue libertine e La paix chez les bêtes.
Per quanto riguarda gli autori italiani di romanzi d’appendice, spicca
naturalmente Pitigrilli, pseudonimo dello scrittore e giornalista Dino Segre, autore
di romanzi e racconti di successo nel primo dopoguerra, nonostante la sua
cospicua produzione letteraria è presente in biblioteca solo con 7 romanzi,
nonostante l’ironico riferimento fatto da Formiggini a proposito della funzione
educativa della “letteratura pitigrilleggiante”54, tra cui alcuni caratterizzati da un
umorismo a sfondo erotico, come La cintura di castità, Mammiferi di lusso,
Oltraggio al pudore, I vegetariani dell'amore.
Carolina Invernizio, che fu tra le più popolari autrici di romanzi
d’appendice, con una ricca produzione narrativa dalle trame intricate con
improbabili storie di amore e odio, è presente con 87 romanzi, come ad esempio
Rina o L’angelo delle Alpi e La fidanzata del bersagliere, oppure quelli
caratterizzati dal gusto per il mistero e l’orrore come Il bacio di una morta,
L’albergo del delitto, Il cadavere accusatore.
54 Cfr. Angelo Fortunato Formiggini, Inchiesta sulle biblioteche circolanti, «L’Italia che scrive», 7
(1924), n. 11, p. 198-199.
182
Un altro rappresentante del romanzo popolare è Guido da Verona, presente
con 22 romanzi pieni di descrizioni delle fantasie erotiche della borghesia del suo
tempo, tra cui Colei che non si deve amare, uno dei capostipite del romanzo
d’appendice italiano, e Mimì Bluette, fiore del mio giardino, oltre a una raccolta di
poesie (Con tutte le vele).
Si segnala inoltre la presenza in biblioteca di Francesco Mastriani con 8
romanzi, fra cui la sua opera più famosa, La cieca di Sorrento, esempio di
romanzo borghese con una spiccata sensibilità per le tematiche sociali, e Il mio
cadavere, che è considerato il primo romanzo giallo scritto in Italia.
Sono inoltre presenti Emilio De Marchi con 9 romanzi, compreso il celebre
Demetrio Pianelli, Francesco Domenico Guerrazzi con 8 romanzi, compresi La
battaglia di Benevento e L’assedio di Firenze, oltre che i già citati Matilde Serao,
Carolina Invernizio, Guido da Verona e Pitigrilli.
I romanzi storici
Tra i maggiori rappresentanti del romanzo storico c’è senz’altro Walter
Scott, presente in biblioteca con 47 romanzi prevalentemente ispirati alle gesta dei
cavalieri medievali, fra cui Ivanhoe (presente nelle edizioni italiana, inglese e
francese).
Al genere del romanzo storico appartiene anche Alexandre Dumas (padre),
che fu tra l’altro grande ammiratore di Scott, del quale sono presenti in biblioteca
104 titoli, prevalentemente romanzi storici o testi teatrali, tra cui il teatro completo
in edizione francese e i suoi capolavori, come Il conte di Montecristo e la trilogia
dei moschettieri (I tre moschettieri, Venti anni dopo, Il visconte di Bragelonne),
tutti presenti sia in edizione italiana che francese.
Anche Victor Hugo si avvicinò al genere storico con Nostra Signora di
Parigi, romanzo gotico e medievale, presente sia in italiano che in francese, come
pure Henryk Sienkiewicz, scrittore polacco autore di numerosi romanzi (la
biblioteca ne conserva 18, di cui due in francese, due in inglese e uno in tedesco),
fra cui il celebre Quo vadis?, che gli fece vincere il premio Nobel per la letteratura
nel 1905.
183
Per quanto riguarda invece gli autori italiani, oltre agli immancabili
Promessi sposi di Manzoni, sono presenti Giuseppe Garibaldi con il romanzo
Clelia, Massimo d’Azeglio con Niccolò de’ Lapi e il celebre Ettore Fieramosca,
Tommaso Grossi con Marco Visconti,
Luigi Capranica con Re Manfredi, Giuseppe Rovani con Manfredo
Pallavicino e La giovinezza di Giulio Cesare, Ippolito Nievo, con il suo
capolavoro Le confessioni di un ottuagenario, primo titolo con cui furono
pubblicate le Confessioni d’un italiano, Matilde Serao Il ventre di Napoli e,
infine, Federico De Roberto con I Viceré.
I romanzi di avventura
Il genere avventuroso è ovviamente molto presente, in una biblioteca in cui
il piacere e il diletto della lettura ha un ruolo fondamentale. Sono presenti lo
scrittore statunitense Jack London con 37 romanzi, di cui 9 in inglese, in
particolare i romanzi più famosi come Il tallone di ferro, Martin Eden, Zanna
bianca, Il richiamo della foresta e la raccolta di racconti autobiografici La strada,
in cui London descrive i suoi anni giovanili in un continuo misurarsi con le
proprie forze e le proprie capacità. Zane Grey, anch’egli statunitense, noto per le
sue popolari avventure nei romanzi e racconti ambientati nel Far West, è presente
con 10 titoli, di cui 3 in inglese.
Tra gli scrittori britannici si segnalano Joseph Conrad con 22 romanzi, fra
cui Cuore di tenebra e Lord Jim, e Herbert George Wells, autore di romanzi di
fantascienza; la biblioteca ne possiede 37, tra cui La macchina del tempo, mentre
stranamente solo in inglese i celebri The invisible man, The war of the worlds e
The island of Dr. Moreau.
I romanzi gialli
Due forme di romanzo popolare che ebbe grande successo a partire dalla
metà del XIX e poi nel XX secolo sono certamente quelle del giallo e del
fantastico, di cui il primo importante esempio è rappresentato da E. A. Poe, di cui
184
la biblioteca conserva, oltre al romanzo Dalle avventure di Gordon Pym, diverse
raccolte di racconti in italiano, inglese e francese.
L’altro fondatore del genere giallo è certamente Arthur Conan Doyle,
presente nella raccolta della biblioteca con 41 romanzi di cui 8 in italiano, 5 in
francese, 28 in inglese. In particolare, sono presenti i romanzi del ciclo
dell’investigatore Sherlock Holmes (Le nuovissime avventure di Sherlock Holmes,
Le ultime avventure di Sherlock Holmes, oltre al celeberrimo The hound of
Baskervilles, presente solo in inglese), oltre a quelli di carattere storico-
avventuroso (Lo zio Bernac, presente in italiano e in inglese, Caccia ai milioni) e i
romanzi di avventura e del mistero (Il segreto del milionario).
I romanzi polizieschi pubblicati a puntate, spesso ambientati a Parigi,
trovano un esempio tipico nel ciclo di romanzi che avevano come protagonista
Arsenio Lupin, il ladro gentiluomo, ideato da Maurice Leblanc, di cui la
biblioteca conserva una trentina di romanzi, tra cui Il tappo di cristallo, La
scheggia d’obice, Il triangolo d’oro, L’isola delle trenta bare, tutti presenti sia in
edizione italiana che in quella francese.
Di pochi anni successivi è la serie di Fantômas, inventato dai francesi
Marcel Allain e Pierre Souvestre, il cui protagonista è un criminale intelligente e
spietato, dotato di intelligenza diabolica e abilissimo nei travestimenti. L’intera
serie di dei 32 romanzi, popolarissima in Francia ma molto conosciuta e
apprezzata anche in Italia, è presente in biblioteca sia in edizione italiana che in
quella francese.
Letteratura umoristica
Una biblioteca che volesse essere attraente per il ceto borghese non poteva
tralasciare i più importanti romanzi umoristici, tanto meno poteva farlo la
biblioteca di Formiggini, che all’umorismo e alla raccolta di “classici del ridere”
aveva dedicato buona parte della sua esistenza. E infatti proprio la collana del
Classici del ridere, che propone i classici di ogni letteratura che abbiano una
qualche attinenza con il ridere e con l’umorismo, è presente praticamente al
completo. A titolo di esempio, oltre ai 10 volumi del Decamerone di Boccaccio, e
185
ai 5 volumi del Gargantua e Pantagruele di Rabelais, sono presenti La vita e le
opinioni di Tristano Shandy (anche in edizione inglese) di Sterne, Le rime e la
Catrina di Berni, La mandragola di Machiavelli, La pulcella d’Orleans di
Voltaire, La rete di Vulcano di Batacchi.
Per quanto riguarda i romanzi umoristici italiani si segnala la presenza dei
primi 6 romanzi di Achille Campanile, fino a Agosto, moglie mia non ti conosco,
e le novelle 1, 2, 3 fino a 13 di Anton Germano Rossi, scrittore dotato di un
umorismo colto e paradossale simile a quello di Campanile che fu tra l’altro
collaboratore del giornale satirico «Marc’Aurelio». Infine sono presenti 2 volumi
di Ettore Petrolini, scrittore e sceneggiatore specializzato nel teatro di varietà, la
rivista e l’avanspettacolo, cioè Ti à piaciato?!! e Abbasso Petrolini.
Per quanto riguarda gli autori stranieri sono presenti in biblioteca ad
esempio gli scritti di Charles Lamb (1775-1834) scrittore e drammaturgo inglese,
che nei suoi articoli pubblicati con il titolo The essays of Elia and Eliana, presenti
in biblioteca in edizione inglese, rappresentarono un modo originale di affrontare
il genere del saggio autobiografico, in cui la combinazione di argomenti seri e
senso dell’umorismo suscitarono grande consenso nel pubblico dell’Inghilterra
vittoriana.
Sono presenti anche i famosissimi e molto apprezzati Jerome Klapka
Jerome, uno dei maggiori scrittori umoristici inglesi, autore Tre uomini in barca
(per tacer del cane) e di Tre uomini a zonzo, entrambi presenti tra i 24 titoli, di cui
13 in inglese e uno in ungherese. C’è anche P. G. Wodehouse, di cui sono presenti
26 romanzi, tutti in traduzione italiana, molti dei quali appartenenti alla serie
avente come protagonista Jeeves, ingegnoso maggiordomo che riesce sempre a
risolvere, con la sua arguzia, le sfortunate situazioni in cui si viene a trovare il suo
padrone, come ad esempio Avanti, Jeeves!, Benissimo, Jeeves!, L’inimitabile
Jeeves.
186
La letteratura per ragazzi
Significativa anche la presenza di libri per ragazzi, soprattutto con una
consistente raccolta di romanzi di avventura come quelli di Emilio Salgari e Jules
Verne, nel catalogo italianizzato in G. [Giulio] Verne.
Si tratta di un genere dai confini non ben definiti, dal momento che nel
corso del tempo ha subito significative evoluzioni, portando ad esempio a
considerare autori come Jonathan Swift e Walter Scott, che in origine erano
romanzi per adulti, a entrare, in edizione integrale o in apposite riduzioni, nel
circuito dell’editoria per ragazzi. Si è tuttavia ritenuto di adottare questa
suddivisione per comodità ai fini dell’analisi, anche considerato il fatto che lo
stesso Formiggini aveva adottato questa “etichetta” nei suoi cataloghi.
Tra i più famosi e prolifici autori italiani di letteratura per ragazzi c’è
senz’altro Emilio Salgari, i cui romanzi non sono peraltro classificati in catalogo
come libri per ragazzi, che è presente in biblioteca con quasi 80 romanzi,
suddivisi in vari cicli avventurosi caratterizzati dalla invenzione di personaggi di
grande successo come Sandokan, Yanez e il Corsaro Nero: innanzi tutto il ciclo
dei pirati della Malesia (tra cui Le tigri di Mompracem, I misteri della jungla
nera, I pirati della Malesia, Sandokan alla riscossa), poi il ciclo dei corsari delle
Antille (Il Corsaro Nero, La regina dei Caraibi, Iolanda, la figlia del Corsaro
Nero), il ciclo dei corsari delle Bermude (I corsari delle Bermude, La crociera
della Tuonante) e il ciclo del Far West (Sulle frontiere del Far-West, La
scotennatrice). A questi si aggiungono altri romanzi non inseriti in cicli
predefiniti, come ad esempio Il re dell’aria, Capitan Tempesta, Il capitano della
Djumna, La montagna di luce, Attraverso l’Atlantico in pallone, La capitana del
Yucatan.
Jules Verne, poi, autore di racconti d’avventura e di romanzi scientifici e
considerato uno dei padri della fantascienza moderna, è presente con 43 romanzi,
prevalentemente in italiano, fra cui Viaggio al centro della Terra, Dalla Terra
alla Luna, L’isola misteriosa, Ventimila leghe sotto i mari, Viaggio al centro della
terra e Il giro del mondo in ottanta giorni.
La letteratura per ragazzi italiana è presente anche attraverso alcuni dei libri
più popolari dell’epoca, come il romanzo Cuore di Edmondo De Amicis, presente
187
in biblioteca con altri 25 titoli dello stesso autore compresi alcuni libri di viaggio
già citati in precedenza, e Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi,
pseudonimo di Carlo Lorenzini, presente anche con altri romanzi tra cui
Giannettino, Minuzzolo, La lanterna magica di Giannettino e Il viaggio per
l’Italia di Giannettino.
Si segnala la presenza del romanzo Testa di Paolo Mantegazza, ideale
continuazione di Cuore deamicisiano e i libri per ragazzi scritti da Luigi Capuana,
tra cui Le nozze di Primpellino e altre favole, C’era una volta, La fiaba lunga
lunga… e Re Bracalone.
Sono inoltre presenti gli scritti Vamba, pseudonimo di Luigi Bertelli,
scrittore e giornalista italiano, fondatore nel 1906 della rivista per ragazzi
«Giornalino della domenica», a cui collaborarono i più famosi scrittori del tempo
(Giovanni Pascoli, Gabriele d’Annunzio, Grazia Deledda, Edmondo De Amicis) e
i migliori illustratori (Antonio Rubino, Filiberto Scarpelli e lo stesso Sergio
Tofano) e sulle cui pagine pubblicò a puntate, tra il 1907 e il 1908, Il giornalino di
Gian Burrasca, poi edito in volume dall’editore Bemporad nel 1911 e presente in
biblioteca insieme a Ciondolino e alcuni altri romanzi per ragazzi. Destinati ai
bambini anche i libri di Yambo, pseudonimo di Enrico Novelli, scrittore e autore
di fumetti italiano, di cui la biblioteca possiede Burchiello l’amico di Ciuffettino,
Capitan Fanfara e Manoscritto trovato in una bottiglia, e di Sto, pseudonimo di
Sergio Tofano, presente con Il teatro di Bonaventura, personaggio nato nel 1917
sulle pagine del «Corriere dei piccoli», poi ripubblicato in volume (probabilmente
nell’edizione Alpes, 1930).
Per quanto riguarda la letteratura per ragazzi straniera si segnala la presenza,
oltre che delle Fiabe di H. C. Andersen, queste ultime in edizioni italiana, inglese
e tedesca, dei romanzi degli statunitensi Mark Twain (26, di cui 18 in inglese), in
particolare Le avventure di Huckleberry Finn, Le avventure di Tom Sawyer e
Principe e mendico (oggi più noto come Il principe e il povero) e Louisa May
Alcott (7, di cui 3 in inglese), con Piccole donne e Piccole donne crescono,
dell’ungherese Ferenc Molnár con I ragazzi della via Pál, del francese Hector
Malot, con Senza famiglia, dei britannici Jonathan Swift con I viaggi di Gulliver,
in italiano e francese, e L’arte di derubare i padroni, Rudyard Kipling con 45
188
opere tra cui Il libro della giungla (in italiano e in inglese), Kim (in italiano,
francese e tedesco) e Capitani coraggiosi (in italiano e in inglese) e infine dello
scozzese Robert Louis Stevenson, (24, di cui 13 in inglese, tra cui La freccia nera
e La strana avventura del dottor Jekyll, mentre solo in edizione inglese è Treasure
island).
Si segnala infine la presenza di alcuni saggi divulgativi destinati ai ragazzi,
come il volume di Ettore Fabietti su I fratelli Bandiera rievocati per la gioventù e
un commento alla Divina commedia dantesca destinato ai bambini, Il Dante dei
piccoli di Dino Provenzal.
La letteratura per le donne
Per quanto riguarda i gusti di lettura delle donne, i risultati della inchiesta
promossa nel 1905 dalla Società bibliografica italiana sui libri più letti dal popolo,
al fine di costituire una biblioteca popolare ideale, segnalano che le donne, in
genere, «leggono più degli uomini», anche se «è raro il caso che leggano con lo
scopo di vera coltura»55.
Tuttavia, tenendo presente i risultati dell’inchiesta, sembra che le donne
avrebbero potuto trovare, nella biblioteca formigginiana, di che soddisfare le
proprie esigenze di lettura, sia che si trattasse delle donne borghesi, che
prediligevano gli “autori alla moda” come Fogazzaro (16 opere, di cui una in
inglese e una in tedesco), Matilde Serao (33 opere, di cui una in inglese e una in
tedesco), la Marchesa Colombi (con due libri di novelle e un romanzo), Anna
Vertua Gentile (25 tra romanzi e novelle, con qualche libro per la gioventù), sia
che si trattasse di donne appartenenti alla piccola borghesia, per le quali il piacere
di leggere coincideva con il la presenza di un intreccio emozionante e
avventuroso. Queste, in particolare, amavano Elisabeth Bürstenbinder, scrittrice
tedesca nota col nome d’arte di E. Werner (28, di cui 3 in tedesco), E. Marlitt (18,
di cui 8 in francese), Georges Ohnet (52 romanzi, di cui 27 in francese e uno in
55 I libri più letti dal popolo italiano: primi resultati della inchiesta promossa dalla Società
bibliografica italiana, Milano, Società bibliografica italiana, 1906, p. 11.
189
tedesco), Octave Feuillet (26 tra romanzi e testi teatrali, di cui 11 in francese),
Claude Adhémar André Theuriet (36 romanzi, di cui 30 in francese). In
particolare, secondo l’inchiesta, i romanzi di Xavier Aymon de Montépin (70
romanzi, di cui 56 in francese) e della Invernizio (87 romanzi, di cui 2 in
spagnolo) erano prediletti dalle «giovanette operaie: modiste, lavoratrici di
lingeria e sartine».
7.4 Un ritrovamento
Le ultime informazioni conosciute sulla sorte della Biblioteca dell’ICS sono
quelle relative alla sua vendita ad Alfredo Fioroni alla fine del 193656; poi non se
ne sa più nulla, anche se è presumibile che sia andata dispersa, come
dimostrerebbe il ritrovamento di diversi volumi appartenuti alla biblioteca presso
bancarelle o librerie antiquarie romane (e non solo). Tuttavia, nel corso delle mie
ricerche presso la Biblioteca Estense, ho ritrovato oltre 500 volumi appartenenti
alla Biblioteca dell’ICS. Nel corso della mia ricerca, infatti, la presenza,
all’interno di un libro appartenente al Fondo Formiggini, che raccoglie la
collezione personale dell’editore, di un piccolo timbro già visto su alcuni volumi
della Biblioteca circolante precedentemente consultati, seppure poco leggibile e in
assenza di qualsiasi altro elemento paratestuale di esemplare che potesse far
supporre l’appartenenza del volume alla Biblioteca dell’ICS, mi ha spinto a
chiedere di visitare i magazzini della Estense, per vedere se fosse possibile
rinvenire a vista, sugli scaffali, qualcuno dei volumi appartenenti alla Biblioteca
dell’ICS, in genere facilmente riconoscibili a causa della rilegatura in carta
Varese, di cui si parlerà più avanti. E in effetti, collocati all’interno della raccolta
dei libri personali di Formiggini e mescolati tra questi, sono stati rinvenuti 546
volumi della Biblioteca dell’ICS. Una successiva verifica ha confermato che si
tratta di volumi regolarmente inventariati, catalogati e collocati, ma non
56 [Angelo Fortunato Formiggini], Cambio della guardia, «L’Italia che scrive», 19 (1936), n. 12, p.
315.
190
riconosciuti finora come appartenenti alla Biblioteca dell’ICS. Si tratta della
porzione più grande mai ritrovata dei 40.000 volumi complessivi, preziosa non
solo per poter finalmente analizzare un numero significativo di esemplari di quella
collezione, ma anche per cercare risposte ad alcuni interrogativi, finora irrisolti,
sulla organizzazione e il funzionamento della biblioteca formigginiana.
I volumi della Biblioteca dell’ICS sono, come si diceva, mescolati ai
complessivi circa 1.000 volumi personali dell’editore, costituendone quindi circa
la metà, e hanno la collocazione “Formiggini”, seguito da un numero progressivo.
Ciò che aveva finora impedito di individuarli come parte della Biblioteca
circolante è il fatto che sono stati considerati ‒ come di fatto effettivamente erano
‒ libri donati da Formiggini, mentre non è stata posta attenzione agli elementi
paratestuali (rilegature, timbri ecc.) che segnalavano l’appartenenza di una parte
di essi alla Biblioteca dell’ICS. In particolare, poi, le etichette dell’attuale
collocazione della Estense, poste sul dorso dei volumi, coprono, quando questa è
presente, la precedente etichetta della Biblioteca dell’ICS, impedendone
l’immediata identificazione.
Tutti i volumi del fondo Formiggini sono identificati da un ex libris,
stampato in rosso su carta bianca e raffigurante una coppia di putti tra serti
vegetali, sopra i quali è presente un tondo con le iniziali e il motto dell’editore
(«Amor et labor vitast»); alla base, poi, compare la scritta «A. F. Formiggini /
Editore in Roma / Dono alla “Estense”».
191
Fig. 11 Ex libris di Formiggini
Il primo problema da affrontare è stato quello di verificare la data di
ingresso dei volumi alla Estense e, se possibile, identificare chi sia stato a donarli.
Infatti, varie erano le ipotesi in campo: Formiggini poteva aver dato in dono una
parte dei libri alla Estense prima di vendere l’intera Biblioteca a Fioroni (ma
perché? e perché solo una parte e non tutti? e, soprattutto, con quale criterio aveva
selezionato i volumi?), oppure i libri erano stati ceduti dallo stesso Fioroni (e
anche in questo caso ci si domandava perché e secondo quali criteri), oppure,
infine, i libri potevano essere stati ceduti dalla moglie di Formiggini, quella
Emilia Formiggini Santamaria che, dopo essersi occupata con amore e
competenza di molte delle attività editoriali del marito, ne curò anche le
disposizioni testamentarie e gestì la casa editrice dopo la morte del marito57.
La consultazione dei registri di inventario, tenuti con grande precisione dai
bibliotecari della Estense anche per il periodo che ci interessa, ha permesso di
57 Cfr. Sabrina Fava, Emilia Formiggini Santamaria: dagli studi storico-pedagogici alla
letteratura per l’infanzia, Brescia: La scuola, 2002.
192
ricostruire le vicende legate alla donazione di libri da parte di Formiggini alla
Biblioteca, che si realizzò in momenti diversi. La prima donazione risale a molti
anni prima della creazione della Biblioteca dell’ICS: nel 1911, infatti, in
occasione del trasferimento della sua casa editrice da Modena a Genova, avvenuto
nell’ottobre dello stesso anno, Formiggini donò una serie di volumi e opuscoli
della sua biblioteca familiare. Nel registro di inventario della Estense emerge che
tale donazione fu registrata in due giorni successivi: il 19 ottobre 1911 risultano
essere stati donati dall’editore «16 opuscoli e 199 opere in 291 volumi» (numeri
di inventario da 31.461 a 31.675), mentre il giorno successivo sono stati
inventariati «95 opuscoli e 5 opere offerte da Formiggini» (numeri di inventario
da 31.676 a 31.776)58.
Solo parecchi anni dopo entrarono nelle collezioni della Biblioteca Estense,
in due momenti diversi, un altro migliaio di volumi della biblioteca familiare, tra i
quali quelli già appartenenti alla Biblioteca dell’ICS. Il primo gruppo di volumi,
più cospicuo per numero e costituito prevalentemente dal volumi della Biblioteca
circolante, arrivò alla Estense con ogni probabilità nella seconda metà del 1934:
quello che si sa per certo è che furono inventariati tra il novembre 1934 (a partire
dal numero di inventario 76.000, attribuito al volume con la collocazione
Formiggini 1) e il dicembre 1934 (con l’ultimo numero di inventario, il 76.737,
attribuito al volume con la collocazione Formiggini 738)59. Questa donazione
potrebbe essere stata fatta in vista della vendita della biblioteca a Fioroni, poi
realizzatasi alla fine del 1936, dopo il fallimentare tentativo di donarla alla città di
Roma, come dimostra lo scambio di lettere con il Governatore Francesco
Boncompagni Ludovisi.
Nel 1935 (nel periodo gennaio-ottobre) gli inventari della Estense registrano
altro materiale donato da Formiggini, ma si tratta di materiale miscellaneo e
comunque non di volumi appartenenti alla Biblioteca dell’ICS (numeri di
inventario da 76.738 a 78.327, per un totale di 1590 opuscoli).
58 Registro cronologico d’entrata n. 9 (non ha collocazione). 59 Registro cronologico d’entrata n. 21, Inventari 14.1.
193
In epoca successiva, infine, si segnala l’arrivo di altri libri della Biblioteca
dell’ICS, che però subirono una inventariazione “anomala”: furono infatti
inventariati in un fascicolo a parte, aggiunto solo successivamente “per
continuità” nello stesso registro di inventario, ma privi di data. Si tratta dei volumi
che oggi hanno come collocazione da Formiggini 739 a Formiggini 993 (numeri
di inventario da 90.193 a 90.347), tra i quali sono presenti anche alcuni libri della
Biblioteca dell’ICS60.
Per scoprire la data di ingresso di questa seconda serie, si è quindi cercato
sui registri di inventario altri libri ingressati con numeri di inventario vicini,
immaginando che a tale vicinanza potesse corrispondere anche una vicinanza
cronologica. In effetti, si è potuto accertare che, dopo una serie di numeri liberi,
probabilmente lasciati appositamente per poter registrare tutti volumi della
precedente donazione di Formiggini, a partire dal numero di inventario 90.693
ricomincia la registrazione ordinaria, che a questo punto presenta anche la
datazione, corrispondente al dicembre 1938. E infatti proprio tra marzo e aprile
1939 la moglie Emilia Formiggini Santamaria, eseguendo le ultime volontà del
marito contenute nel testamento olografo61 scritto il 28 novembre 1938, un giorno
prima del suicidio, «faceva pervenire alla Estense, sistemato in casse, tutto ciò che
ora, insieme a quanto donato via via dall’editore fin dal 1908, costituisce il Fondo
Formiggini»62. La non esatta corrispondenza tra date e numeri di inventario si
spiegherebbe con la necessità di lasciare numeri liberi per l’inventariazione del
fondo, unita ai rischi connessi ad una eventuale registrazione “regolare” sui
registri di inventario.
Il pesantissimo clima politico (si ricordi che i funerali di Formiggini furono
fatti praticamente “di nascosto”, all’alba del 30 novembre 1938) potrebbe spiegare
da una parte l’urgenza della donazione, a poche settimane dalla scomparsa
dell’editore, dall’altra il fatto che la registrazione sia stata fatta non sul registro di
60 Registro cronologico d’entrata n. 9, Inventari 14.1. 61 Archivio familiare Formiggini, cass. 22, n. 252. 62 Ernesto Milano, Vicende e consistenza del fondo Formiggini all’Estense, in: Angelo Fortunato
Formiggini, un editore del Novecento cit., p. 437.
194
inventario ordinario ma in un fascicolo separato (che solo successivamente fu
rilegato insieme al volume principale), senza alcuna data e con l’indicazione del
donatore come “Formiggini”, in assenza di alcuna specificazione riguardo al
nome di battesimo.
Il ritrovamento di un consistente numero di volumi già appartenuti alla
Biblioteca dell’ICS è molto importante, innanzi tutto perché permette di
analizzarne, anche se solo parzialmente, la tipologia63, ma è soprattutto utile per
tentare di ricostruire, attraverso un’analisi degli esemplari, la fisionomia, le
caratteristiche e, se possibile, il funzionamento della biblioteca.
Alcuni elementi paratestuali di esemplare (timbri, rilegature, etichette),
presenti a volte tutti insieme, a volte solo alcuni di essi, identificano
inequivocabilmente l’appartenenza alla Biblioteca dell’ICS. Due sono timbri che
possono contrassegnare il volume (anche in questo caso a volte in compresenza,
altre volte uno solo di essi), posti generalmente sul frontespizio e sulle pagine
preliminari, mentre solo in qualche caso compaiono sulle tavole ripiegate
eventualmente presenti nel volume. Si tratta di un timbro più grande (7 x 4,5 cm),
raffigurante un libro in verticale, di cui si vede il dorso e la copertina, in testa alla
quale c’è la scritta «Biblioteca dell’ICS», mentre in basso si legge «A. F.
Formiggini / editore in Roma». Il secondo timbro presenta la medesima
immagine, ma più piccola (3,5 x 2,5 cm)64.
In alcuni casi (esattamente 83, cioè il 15,2% del totale), all’interno del
timbro grande, in particolare sul dorso del volume raffigurato, è stata scritta a
matita l’indicazione di una collocazione, costituita da quattro elementi
alfanumerici. Non è chiaro a cosa tali elementi facciano riferimento, anche se è
probabile che costituiscano una collocazione fissa. La presenza solo occasionale
63 Più utili, a questo proposito, sono i già citati cataloghi a stampa pubblicati. 64 L’ex libris della Biblioteca dell’ICS, disegnato da Formiggini, «è stato tradotto in gomma a mo’
di timbro e sarà impresso nel risguardo interno dei singoli volumi. Sui quattro tasselli del dorso
sarà scritto a mano il numero dello scaffale, la lettera della fila, il numero individuale del libro e il
numero dell’inventario generale della Biblioteca»; Ex libris, «L’Italia che scrive», 4 (1921), n. 2,
p. 24.
195
di tale indicazione, tuttavia, fa pensare piuttosto che i libri fossero organizzati e
collocati secondo il numero di catena, presente in tutti gli esemplari e utilmente
indicato nel catalogo a stampa; la collocazione a quattro elementi, invece,
suggerirebbe la presenza di una sorta di selezionata “biblioteca consultativa”, cioè
a una scelta di volumi che, in ragione di alcune caratteristiche, venivano tolti dal
tradizionale ordinamento e collocati separatamente, disponibili per la
consultazione ma esclusi dal prestito.
Fig. 12 Timbro della Biblioteca circolante con indicata la collocazione del volume
Talvolta sui libri è presente, oltre a quello che segnala il dono alla Estense,
un altro ex libris, in cui è raffigurata la stessa immagine del timbro più grande e
196
che svolge analoghe funzioni (di volta in volta con o senza l’indicazione della
collocazione).
Un altro elemento di identificazione dei libri appartenenti alla Biblioteca
circolante è la carta con cui sono ricoperti o rilegati: quasi tutti, infatti, venivano
ricoperti o rilegati probabilmente per preservarli, visto che il loro scopo principale
era la circolazione per il prestito. La carta utilizzata per ricoprirli è piuttosto
resistente, tipo Varese, decorata con il monogramma della casa editrice ripetuto e
alternato a decorazioni di tipo floreale, quasi sempre su fondo verde (si è
rinvenuto un solo caso in cui la carta, con uguale decorazione, è di colore
marrone); in altri casi, i libri venivano rilegati con i piatti in cartone e il dorso di
stoffa (raramente in pelle).
Negli esemplari presi in esame, due sono le tipologie di decorazioni
utilizzate per le rilegature: prevalentemente viene utilizzata la medesima carta tipo
Varese, in altri i piatti sono in cartone marmorizzato e il dorso in pelle. Su
quest’ultimo possono essere incisi il nome dell’autore e il titolo, più spesso solo il
numero di catena.
Sul piatto del volume, talvolta, è incollata una etichetta illustrata che segnala
l’appartenenza del volume alla Biblioteca dell’ICS. Se ne sono trovate due
tipologie: sulla prima, di colore verde o azzurro, è raffigurato una femmina di
cane cavalcata da una coppia di fanciulli, uno dei quali impugna, come fosse una
lancia, una penna d’oca, evidente allusione alla scrittura e all’attività editoriale di
Formiggini). Alla sommità, a caratteri gialli, l’intestazione relativa alla Biblioteca
circolante e, talvolta, l’indicazione dei costi («Mese Lire 5 / Anno Lire 50»); in
basso, poi, compare in evidenza l’indirizzo della biblioteca, vicino all’intestazione
della casa editrice, sotto la quale sono segnalati, a scopo promozionale, i titoli de
«L’Italia che scrive» e delle collane più conosciute della casa editrice («Classici
del ridere, Profili, Medaglie, Apologie, Lettere d’amore, Polemiche, Varie»).
197
Fig. 13-14 Etichette illustrate sulla copertina di esemplari della Biblioteca dell’ICS
L’altra etichetta, invece, su carta azzurra, presenta una cornice litografica
ornata in stile settecentesco, con alla base le iniziali e il motto dell’editore («Amor
et labor vitast»). All’interno della cornice sono presenti le medesime informazioni
presenti nell’altra targhetta.
198
Molti dei volumi della Biblioteca presentano, sulla parte inferiore del dorso,
una etichetta su carta azzurra raffigurante la marca editoriale sopra la scritta
«Biblioteca dell’ICS», seguita dall’indirizzo. Nella maggior parte dei casi, come
si è detto, queste etichette sono nascoste, in tutto o in parte, dall’etichetta con la
collocazione attribuita loro al momento dell’ingresso nella Biblioteca Estense.
Per quanto riguarda invece la ricostruzione della fisionomia della Biblioteca
dell’ICS e l’individuazione dei generi e dei contenuti prevalenti, l’analisi degli
esemplari conservati presso la Biblioteca Estense ha un’utilità limitata, mentre la
fonte più utile continua a rimanere la lettura dei cataloghi a stampa. Se infatti, in
analogia a quanto emerge da tali cataloghi, la collezione posseduta dalla Estense
conferma il carattere generalista della Biblioteca dell’ICS (non tanto per quanto
riguarda i singoli volumi, spesso molto specialistici, ma come collezione libraria
nel suo complesso, che comprende opere dedicate ai più vari argomenti), è invece
possibile identificare, proprio nell’insieme dei volumi conservati alla Estense,
alcuni generi e temi che potrebbero giustificare la loro esclusione dalla Biblioteca
dell’ICS in vista della vendita di quest’ultima a Fioroni. Innanzi tutto sono
presenti numerose raccolte poetiche di poeti minori o sconosciuti, spesso di
bassissima qualità (molte le pubblicazioni a spese dell’autore)65, probabilmente
poco interessanti per l’ampio pubblico di una biblioteca circolante (occorre
sempre ricordare che, al di là delle motivazioni culturali, che soprattutto in
Formiggini hanno avuto un ruolo significativo, le biblioteche circolanti nascevano
per ragioni imprenditoriali). Per analoghe ragioni economiche, poteva essere
65 In qualche caso si segnalano commenti a matita, tra l’ironico e il sarcastico, presumibilmente
dello stesso Formiggini. Nel volume di Livia Salza, Nostalgia: il sentimento della nostalgia nella
vita e nell’arte (Novara: Cattaneo, 1920), sul frontespizio, sotto il titolo, si legge, impietosamente,
«per la 1a elementare», mentre più avanti, a pag. 18, a proposito di un brano eccessivamente
enfatico, l’anonimo chiosatore scrive «quanti punti esclamativi!!!!!!!!!!!». A proposito, invece,
della raccolta di Ennio, Io voglio cantare: liriche (Firenze: Bemporad), sempre a matita, così è
scritto sotto il titolo: «Ma quando canti così non ti far sentire». In assenza di qualsiasi perizia
calligrafica, sembra comunque che la scrittura di queste annotazioni sia da attribuire a Formiggini,
e d’altra parte il tono ironico confermerebbe la paternità dei commenti.
199
giustificabile lo scarto (e quindi la presenza tra i libri conservati in Estense) di
libri di diritto molto tecnici (dedicati ad esempio agli enti economici
amministrativi, all’arbitrato, alle leggi elettorali, al divorzio, oppure un manuale di
economia politica e i codici penali), ma anche titoli apparentemente più
accattivanti come I doveri delle spose e delle madri, oppure La giurisprudenza del
duello.
Meno comprensibile, in quanto libri più popolari e che potevano suscitare
l’interesse dei lettori, è la presenza (e quindi il non scarto) di alcune opere di
manualistica, come una guida su come si fa il commerciante, un trattato di
stenografia, due manuali Hoepli sull’Agronomia e su Come investire e
amministrare i miei capitali, un Manuale per l’avviamento agli esami e all’ufficio
di segretario comunale pubblicato da Vallardi, fino a una guida pratica su Come si
produce il pane: norme tecnologiche di panificazione moderna, pubblicata da
Battiato.
Altre due tipologie di libri, presenti nei libri ritrovati alla Estense,
lascerebbero pensare ad una esclusione consapevole dalla raccolta principale da
parte dello stesso Formiggini, probabilmente perché si tratta di libri considerati
particolarmente “dannosi” e pericolosi per sé, per Fioroni e per la sopravvivenza
della stessa Biblioteca dell’ICS: innanzi tutti i libri di autori di origine ebraica o su
argomento ebraico (tra gli altri Renzo Levi Naim, oppure Italo Pizzi, con i suoi
Elementa grammaticae hebraicae); poi, in numero maggiore, i libri di argomento
politico. Sono infatti presenti oltre una trentina di titoli, la maggior parte dei quali
pubblicati nella collana Biblioteca internazionale comunista della Libreria editrice
del Partito comunista d’Italia. Si segnalano in particolare due libri di Filippo
Turati (pubblicati da Treves e Zanichelli), più uno con la sua prefazione, uno di
Antonio Labriola (pubblicato da Sandron) e due di Luigi Sturzo (pubblicati da
Gobetti). Una ulteriore e più approfondita analisi dei volumi ritrovati presso la
Biblioteca Estense è in corso.
Un altro elemento molto importante riguarda la necessità, a cui si accennava
in precedenza, di trovare una risposta, in assenza di qualsiasi documento
amministrativo o contabile, all’interrogativo se Formiggini abbia acquistato o
meno una qualche biblioteca privata, a integrazione della raccolta originaria.
200
Analizzando i volumi presenti alla Estense emerge con chiarezza che Formiggini
acquistò effettivamente tutta o una parte della Biblioteca circolante internazionale
“Eppur si muove”, che aveva sede a Napoli66. Infatti, un centinaio di volumi (circa
un quinto del totale) conservati alla Estense sono stati identificati come già
appartenuti alla biblioteca napoletana attraverso il timbro di appartenenza67 sul
frontespizio, oppure dalla rilegatura di colore rosso scuro, sul piatto della quale
spesso compare la scritta incisa in oro “EPPUR SI MUOVE”. In alcuni casi,
questa scritta è stata nascosta da una fascetta cartacea della casa editrice
Formiggini incollata sulla parte superiore del piatto e solo ricalcando su un foglio
bianco, con una matita, è emerso la sottostante incisione, confermando quindi
l’appartenenza del volume alla biblioteca circolante napoletana.
66 Non ci sono riferimenti alla Biblioteca circolante “Eppur si muove” né nel saggio di Chiara De
Vecchis sui gabinetti di lettura in Italia, né nella rassegna di analoghe esperienze in area
napoletana fatta da Vincenzo Trombetta in un suo recente volume; cfr. Chiara De Vecchis, Per
una mappa dei gabinetti di lettura in Italia, in: Una mente colorata: studî in onore di Attilio
Mauro Caproni per i suoi 65 anni, promossi, raccolti, ordinati da Piero Innocenti; curati da
Cristina Cavallaro, Manziana (Roma): Vecchiarelli; Roma: Il libro e le letterature, 2007, p. 175-
197; Vincenzo Trombetta, L’editoria napoletana dell’Ottocento: produzione, circolazione,
consumo, Milano: Angeli, 2008, p. 98-102. 67 Questo il testo presente nel timbro: «Eppur si muove / biblioteca circolante / internazionale /
direzione / 33, Via G. Sanfelice».
201
Fig. 15 Esemplari provenienti dalla Biblioteca circolante “Eppur si muove”
Nulla si sa di questa biblioteca circolante napoletana, mai citata nei più
recenti e importanti saggi dedicati alle biblioteche private a Napoli tra la seconda
metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento. Un genericissimo riferimento
(appare improbabile l’ipotesi di una omonimia) è fatto da Francesco Barberi che,
a proposito di alcune raccolte di libri per il popolo formatesi nel Mezzogiorno
dopo l’Unità d’Italia ad opera di scuole e di circoli culturali, con «lo scopo non
tanto di redimere le plebi meridionali [...] quanto di strappare i ceti abbienti dalla
dissipazione di una vita corrotta, semifeudale», afferma che «si fregiavano talvolta
le promettenti istituzioni di titoli commemorativi o ingenuamente simbolici: “Re
galantuomo”, “Eppur si muove”, “Bontà e sapere”, “Mente e cuore”, “Parva
favilla”»68.
Da un foglio volante pubblicitario della “Eppur si muove”, reperito
fortunosamente, è possibile recuperare alcune informazioni69. In esso, la
68 Francesco Barberi, Biblioteca e bibliotecario, Bologna, Cappelli, 1967, p. 62. 69 Si ringrazia il prof. Vincenzo Trombetta per la disponibilità a fornirmi una copia digitalizzata
del volantino.
202
biblioteca si presenta con la formula altisonante «Biblioteca Circolante
Internazionale = Bibliothèque Circulante Internationale = International
Circulating Library = Internationale Tausch-Bibliothek “Eppur si muove”, Napoli,
Direzione 33, Via G. Sanfelice, 33» e un sottotitolo recita: «Lettura di libri e
pubblicità economica e gratuita».
Per quanto riguarda l’organizzazione del servizio di prestito, si prevede che
«Chi compra con 5 lire un libro dell’Eppur si muove ha diritto a leggere uno dopo
l’altro tutti i 100.000 volumi messi a disposizione del pubblico».
Viene inoltre offerta la possibilità di inserire delle pubblicità nei libri della
biblioteca: «Ogni inserzione sui libri dell’Eppur si muove costa cinque centesimi
a volume. Non si fanno contratti inferiore a 1000 volumi».
A favore dei lettori, che devono prendere in prestito e restituire i libri,
vengono segnalate le numerose «stazioni di vendi e cambio», in cui
presumibilmente era possibile prendere in prestito e restituire i volumi della
“Eppur si muove”, e fra queste c’erano anche le maggiori librerie e i maggiori
editori italiani.
Su un totale di quasi 40 sedi, solo a Napoli se ne contavano 17, poi 4 a
Milano, 3 a Roma, 2 a Bologna e Torino, 1 a Firenze, Parma e Catania. Oltre alla
libreria dei Fratelli Treves a Napoli, la Mey a Livorno, la Nicola Zanichelli a
Bologna, e gli editori G.B. Paravia (Napoli), R. Bempord & F. (Firenze e Pisa),
Renzo Streglio (Torino), si segnalano il caso più particolare della Società
Funiculari Vomero, Stazione di Chiaia-Vomero.
203
Fig. 16-17 Volantino pubblicitario della Biblioteca circolante “Eppur si muove”
204
8. Le fonti
8.1 Gli archivi Formiggini
L’Archivio editoriale e l’Archivio familiare Formiggini, conservati presso la
Biblioteca universitaria Estense di Modena in base alla espressa richiesta fatta
dallo stesso editore nelle sue disposizione testamentarie, sono stati tra le fonti
principali di questa ricerca1.
L’Archivio editoriale Formiggini è costituito dalla corrispondenza che
l’editore tenne nell’arco di trent’anni (1908-1938) nel corso della sua attività, ed è
composto da 30.061 pezzi, dei quali 26.674 relativi alla corrispondenza con
singoli individui, 3.387 relativi alla corrispondenza con enti vari. Oltre alle lettere
indirizzate a Formiggini, nei casi più importanti l’editore conservò anche
copialettera di quelle inviate. L’archivio è organizzato, all’interno di uno
schedario, per autori (con i nomi dei corrispondenti e degli enti) e per soggetti.
Tra i corrispondenti sono presenti, oltre a molti intellettuali e scrittori
dell’epoca, anche numerosi bibliotecari, con cui Formiggini stabilì proficui
rapporti non solo commerciali, ma anche di amicizia.
L’Archivio editoriale «inevitabilmente non è soltanto espressione
dell’azienda, ma riflette anche la personalità del suo creatore e ci offre il
panorama dei suoi corrispondenti, ci presenta un complesso di documenti
collegati tra loro, consentendoci di apprezzare un quadro ampio e dettagliato della
cultura italiana del trentennio 1908-1938»2.
1 Cfr. Emilio Mattioli, L’Archivio editoriale “Formiggini”, in: A. F. Formiggini editore, 1878-
1938: mostra documentaria, Biblioteca Estense, Modena, 7 febbraio-31 marzo 1980, a cura di L.
Amorth... [et al.], Modena, STEM Mucchi, 1980, p. 19-21; Ernesto Milano, Archivio familiare, in:
A. F. Formiggini editore, 1878-1938 cit., p. 23-31. 2 Paola Di Pietro, Gli archivi di Angelo Fortunato Formiggini, in: Gli archivi Formiggini,
giornata di studi, Biblioteca Estense Universitaria di Modena, mercoledì 13 aprile 2011,
«Quaderni estensi», 3 (2011),
<http://www.archivi.beniculturali.it/archivi_old/asmo/QE_3/index.html>, p. 107.
205
L’altro archivio importante per lo studio della figura intellettuale
dell’editore modenese è l’archivio familiare, che è suddiviso in 23 “cassette” nelle
quali sono raccolti i documenti della famiglia Formiggini dal 1629 al 1955. La
documentazione conservata non è particolarmente rilevante per la ricerca sulla
Biblioteca circolante e sul rapporto di Formiggini con il mondo delle biblioteche,
ad eccezione del documento 247 (cassetta n. 20), relativo al Ricevimento dei
bibliotecari nella casa di Modena, 1932. È tuttavia possibile reperire
nell’Archivio familiare anche altri documenti utili a ricostruire il contesto nel
quale Formiggini visse e intraprese la sua attività editoriale, le relazioni che
influenzarono la sua prospettiva culturale e le dinamiche che caratterizzarono il
suo difficile e contraddittorio rapporto con il regime fascista.
Negli ultimi anni si è realizzata una importante attività di valorizzazione
degli archivi di Formiggini, grazie ad alcune iniziative che hanno visto la
collaborazione di istituzioni diverse. A partire dal 2008, infatti, è iniziata l’attività
di inventariazione analitica dell’archivio editoriale nell’ambito del progetto
ArchiviaMo, promosso e finanziato dalla Cassa di risparmio di Modena, sulla
base di un protocollo di intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali e
Regione Emilia-Romagna per la valorizzazione degli archivi storici del territorio
modenese del XIX e XX secolo3.
Poco tempo dopo, la Soprintendenza archivistica per l’Emilia-Romagna ha
avviato un ulteriore progetto relativo alla salvaguardia del patrimonio archivistico
di interesse ebraico, all’interno del quale viene realizzato il riordino e
l’inventariazione dell’Archivio familiare.
Al termine dei lavori sono stati elaborati gli inventari analitici, in versione
cartacea e online, destinati ad essere consultati attraverso il Sistema informativo
unificato per le soprintendenze archivistiche (SIUSA) e il IBC Archivi, il Sistema
informativo partecipato degli archivi storici in Emilia-Romagna4.
3 Cfr. Luca Bellingeri, Quando la cooperazione è una realtà, in: Gli archivi Formiggini cit., p. 94. 4 Sul riordino e l’inventariazione degli archivi di Formiggini cfr. Federica Collorafi, Gli archivi
Formiggini: criteri e metodologie d’intervento, in: Gli archivi Formiggini cit., p. 113-124; Lorena
206
8.2 «L’Italia che scrive»
La ricognizione su tutti i fascicoli della rivista «L’Italia che scrive» (1918-
1938) ha consentito l’individuazione degli editoriali e degli articoli scritti da
Formiggini o dai suoi collaboratori che abbiano come argomento la biblioteca
circolante, con particolare riferimento alle motivazioni etiche e culturali che ne
sono il presupposto, e più in generale il mondo delle biblioteche e dei bibliotecari.
La rivista è stata inoltre una fonte particolarmente utile per trovare notizie
ed approfondire il contesto in cui si trovò a operare Formiggini, in particolare le
relazioni che l’editore modenese ebbe con quelle biblioteche che possano aver
costituito un modello di riferimento per l’esperienza della Biblioteca circolante.
Cerasi, Il riordino e l’inventariazione dell’archivio familiare e dell’archivio editoriale Formiggini,
in: Gli archivi Formiggini cit., p. 127-131.
207
9. Conclusione
Dalla ricostruzione storica delle vicende relative alla Biblioteca circolante di
Formiggini emerge come essa sia stata il risultato di un’operazione intelligente e
soprattutto generosa, per lo sforzo economico e personale di Formiggini, che in
essa investì grandi risorse, senza poi riuscire a darle un futuro.
La visione del mondo dell’editore modenese, secondo la quale era
necessario favorire lo sviluppo della cultura innanzi tutto della classe borghese,
per poi allargare l’azione alle altre componenti sociali, anticipò sui tempi un’idea
moderna di una cultura democratica di tipo europeo, per la quale era
indispensabile predisporre e diffondere, accanto a un’articolata offerta editoriale,
efficaci strumenti per l’accesso ai libri e alla conoscenza. Gli strumenti
repertoriali da una parte e le biblioteche dall’altra sono, in quest’ottica, funzionali
alla diffusione di una cultura bibliografica in grado di favorire la crescita culturale
di una comunità di lettori non specialisti, ma connotati da una forte curiosità nei
confronti dei più diversi argomenti.
Formiggini ebbe ben chiaro tutto ciò e, oltre a pubblicare una serie di
collane di carattere repertoriale e di consultazione, creò e gestì per quasi un
quindicennio una biblioteca circolante che diventò, per dimensioni e notorietà, la
più importante istituzione del genere in Italia.
Purtroppo, una certa estraneità di Formiggini alle regole dell’impresa
commerciale, unita all’azione più o meno esplicita di un regime fascista che,
anche prima della promulgazione delle leggi razziali, lo osteggiò dal punto di
vista economico e delle relazioni commerciali, impedendo che le biblioteche
pubbliche acquistassero le sue pubblicazioni e facendo venir meno, in questo
modo, la parte più cospicua degli introiti della casa editrice.
Tutto questo comportò per l’azienda di Formiggini una crisi economica
sempre più grave fino a quando egli non fu costretto prima a vendere la biblioteca
circolante, e poi a togliersi la vita.
Si conclude così, con un drammatico volo dalla Torre della Ghirlandina di
Modena, la vicenda umana di una delle figure di editore più originali e
significative della prima metà del Novecento, che ha certamente contribuito a
208
modernizzare la cultura italiana, introducendo quegli strumenti di cultura
bibliografica che solo nei decenni successivi si sarebbero affermati come
fondamentali per il progresso culturale della nazione.
209
10. Bibliografia
10.1 Opere di Formiggini
Carteggio (1909-1933), a cura di Giampiero Costa, [S. l.], Edizioni dello Stato del
Cantone Ticino, 2010 [con Francesco CHIESA].
Il congressone: nostra intervista con un celebre editore, «L’Italia che scrive», 9
(1926), n. 12, p. 253-254.
Coscienza libraria e propaganda del libro, in: Primo Congresso mondiale delle
biblioteche e di bibliografia, Roma, Venezia, 15-30 giugno 1929, a. VII: atti,
pubblicati a cura del Ministero della educazione nazionale (Direzione generale
delle accademie e biblioteche), Roma, Libreria dello Stato, 1932, vol. IV, p. 35-
37.
Discorso non pronunciato in occasione della visita dei bibliotecari italiani a villa
Formiggini in Modena lunedi 13 giugno 1932, Roma, Formiggini, 1932.
Esito dell’inchiesta sulle biblioteche circolanti, «L’Italia che scrive», 8 (1925), n.
2, p. 21-23.
La ficozza filosofica del Fascismo e la marcia sulla Leonardo: libro edificante e
sollazzevole, Roma, Formiggini, 1923.
Filosofia del ridere: note ed appunti, a cura di Luigi Guicciardi, Bologna,
CLUEB, 1989.
Inchiesta sulle biblioteche circolanti, «L’Italia che scrive», 7 (1924), n. 11, p.
198-199.
Il monopolio dell’infinito (a proposito della quindicina internazionale di
Bruxelles), «L’Italia che scrive», 3 (1920), n. 11, p. 165-167.
Parole in libertà, Roma, [s.n.], 1945.
210
Parole in libertà, a cura di Margherita Bai, Modena, Artestampa, 2009.
Reato di lesa standardizzazione, «L’Italia che scrive», 7 (1924), n. 1, p. 2-3.
Trent’anni dopo: storia della mia casa editrice, Vaciglio, Levi, 1977.
Venticinque anni dopo, 31 maggio 1908-31 maggio 1933. 2a ed. con prefazione di
Giulio Bertoni, Roma, Formiggini, 1933.
10.2 Opere su Formiggini
A. F. Formiggini editore, 1878-1938: mostra documentaria, Biblioteca Estense,
Modena, 7 febbraio-31 marzo 1980, a cura di L. Amorth... [et al.], Modena,
STEM Mucchi, 1980.
Angelo Fortunato Formiggini, un editore del Novecento, a cura di Luigi Balsamo
e Renzo Cremante, Bologna, Il Mulino, 1981. Contiene:
Eugenio GARIN, Angelo Fortunato Formiggini, p. 13-30.
Appendice: Lettere inedite di Emilia Santamaria e di A. F. Formiggini, p.
31-44.
Lazzaro PADOA, La famiglia Formiggini a Modena, p. 45-54.
Piero TREVES, Formiggini e il problema dell’ebreo in Italia, p. 55-72.
Aurelio RONCAGLIA, La cultura a Modena negli anni di Formiggini, p. 73-
89.
Gabriele TURI, Editoria e cultura socialista (1890-1910), p. 91-151.
Luigi BALSAMO, Formiggini, un privato editore dilettante, p. 153-178.
Giorgio MONTECCHI, L’“azienda” Formiggini, p. 179-205.
211
Ezio RAIMONDI, I “Classici del ridere”, p. 207-225.
Luigi GUICCIARDI, Le vicende editoriali dei “Classici del ridere”: dal
progetto alla ricezione, p. 227-263.
Adalgisa LUGLI, Xilografi e illustratori dei “Classici del ridere”, p. 265-
277.
Renzo CREMANTE, Letteratura e critica nell'esperienza editoriale di
Formiggini, p. 279-321.
Antonio SANTUCCI, La cultura filosofica nelle edizioni Formiggini, p. 323-
362.
Maurizio TORRINI, Religione e religiosità nei primi anni del ’900, p. 363-
389.
Maria Iolanda PALAZZOLO, “L'Italia che scrive”: un periodico per il libro,
p. 391-424.
Anna Rosa VENTURI, Formiggini e le biblioteche popolari, p. 425-436.
Ernesto MILANO, Vicende e consistenza del fondo Formiggini all'Estense,
p. 437-463
Gli archivi Formiggini, giornata di studi, Biblioteca Estense Universitaria di
Modena, mercoledì 13 aprile 2011, «Quaderni estensi», 3 (2011),
<http://www.archivi.beniculturali.it/archivi_old/asmo/QE_3/index.html>.
Contiene:
Luca BELLINGERI, Quando la cooperazione è una realtà, p. 90-96.
Paola DI PIETRO, Gli archivi di Angelo Fortunato Formiggini, p. 99-110.
Federica COLLORAFI, Gli archivi Formiggini: criteri e metodologie
d’intervento, p. 113-124.
Lorena CERASI, Il riordino e l’inventariazione dell’archivio familiare e
dell’archivio editoriale Formiggini, p. 127-131.
212
Antonio CASTRONUOVO, Angelo Fortunato Formiggini, «Belfagor», 63
(2008), n. 4, p. 415-430.
La cronaca della festa, 1908-2008: omaggio ad Angelo Fortunato Formiggini un
secolo dopo, [apparato saggistico a cura di Nicola Bonazzi, Margherita Bai,
Margherita Marchiori], Modena, Artestampa, 2008.
Sabrina FAVA, Emilia Formíggini Santamaria: dagli studi storico-pedagogici
alla letteratura per l'infanzia, Brescia, La scuola, 2002.
Eugenio GARIN, Angelo Fortunato Formiggini editore. «Accademie e
biblioteche d’Italia», 48 (1980) n. 3, p. 191-202.
Emilio MATTIOLI – Alessandro SERRA, Annali delle edizioni Formiggini,
1908-1938, Modena, STEM Mucchi, 1980.
Ernesto MILANO, Angelo Fortunato Formiggini, Rimini, Louisè, 1987.
Ernesto MILANO, Angelo Fortunato Formiggini editore, «Rassegna di storia
dell’Istituto storico della Resistenza e di storia contemporanea in Modena e
provincia», 9 (1989), p. 97-111.
Nunzia MANICARDI, Formiggini: l’editore ebreo che si suicidò per restare
italiano, Modena, Guaraldi, 2001.
Giorgio MONTECCHI, Angelo Fortunato Formiggini, in: Dizionario biografico
degli italiani, Roma, Istituto della enciclopedia italiana, 1997.
Rino PENSATO, Coscienza libraria e coscienza civile: A. F. Formiggini e le
biblioteche, «Bollettino d’informazioni / AIB», 20 (1980), n. 4, p. 271-275.
Gianfranco TORTORELLI, L’Italia che scrive, 1918-1938: l’editoria
nell’esperienza di A. F. Formiggini, Milano, Angeli, 1996.
213
10.3 La Biblioteca circolante de l’Italia che scrive
Catalogo della Biblioteca circolante de l’Italia che scrive: Palazzo Doria a
Piazza Venezia, 2a ed. coi supplementi, Roma, Formiggini, 1924.
Catalogo della biblioteca circolante Formiggini: Palazzo Doria al Corso (Vicolo
Doria 6a), Roma, Formiggini, 1933.
Catalogo della Biblioteca circolante Formiggini [poi] Biblioteca circolante
dell’Urbe, 3a edizione 1936, [a cura di A. Fioroni], Roma, Tip. V. Ferri, [1939]. 2
voll.
Angelo Fortunato FORMIGGINI, Biblioteca dell’“ICS”, «L’Italia che scrive», 3
(1920), n. 12, p. 181.
La Biblioteca dell’ICS, «L’Italia che scrive», 4 (1921), n. 1, p. 7.
La Biblioteca circolante dell’ICS “solennemente” inaugurata alla “Rosetta”,
«L’Italia che scrive», 5 (1922), n. 5, p. 90-91.
10.4 Il contesto
Francesco BALDASSERONI – Roberto PALMAROCCHI, Per un Istituto
bibliografico italiano, «L’Italia che scrive», 1 (1918), n. 9, p. 136.
Pietro BARBÈRA, Classificazione decimale: per la prossima Conferenza di
bibliografia di Bruxelles, «L’Italia che scrive», 3 (1920), n. 9, p. 134-135.
Laura BARILE, Élite e divulgazione nell’editoria italiana dall’Unità al fascismo,
Bologna, CLUEB, 1991.
Giulia BARONE – Armando PETRUCCI, Primo: non leggere: biblioteche e
pubblica lettura in Italia dal 1861 ai nostri giorni, Milano, Mazzotta, 1976.
214
Maria Luisa BETRI, Leggere, obbedire, combattere: le biblioteche popolari
durante il fascismo, Milano, Angeli, 1991.
Guido BIAGI, Le biblioteche nel passato e nell’avvenire, «Rivista delle
biblioteche e degli archivi», 16 (1905), n. 1/2, p. 1-11.
Guido BIAGI, L’educazione del libro, «Nuova antologia», n. 1000 (16 ago.
1913), p. 529-545.
Biblioteche e lettura a Modena e provincia dall’Unità d’Italia ad oggi, a cura di
Giorgio Montecchi e Raffaella Manelli; con la collaborazione di Metella
Montanari, Bologna, Compositori, 2012. Contiene:
Giogio MONTECCHI, Leggere a Modena e in provincia dopo l’Unità
d’Italia: la prima fioritura delle biblioteche popolari, p. 21-45.
Metella MONTANARI, Libri e popolo a Modena nel primo Novecento:
l’Istituto Lodovico Ferrarini, p. 61-85.
Paola ROMAGNOLI, Fonti per lo studio delle biblioteche del territorio
modenese tra Otto e Novecento: le carte dell’Archivio della Provincia di
Modena, p. 87-101.
Maria Pia SABIA, La Biblioteca popolare circolante di Nonantola, p. 175-
180.
Daniela LAMBORGHINI, La Biblioteca rurale circolante in Levizzano di
Castelvetro, p. 181-186.
Elisabetta BOVERO, La Biblioteca circolante Carnevali da Modena a
Pavullo, p. 211-222.
Le biblioteche filosofiche italiane: Firenze, Palermo, Torino, Torino, Edizioni di
“Filosofia”, 1962.
Enzo BOTTASSO, Storia della biblioteca in Italia, Milano, Editrice
Bibliografica, 1984.
215
Antonio BRUERS, Le dotazioni delle biblioteche pubbliche, «L’Italia che scrive»,
9 (1926), n. 2, p. 18.
Philip V. CANNISTRARO, La fabbrica del consenso: fascismo e mass media,
prefazione di Renzo De Felice, Roma; Bari, Laterza, 1975.
Chiara DE VECCHIS, Per una mappa dei gabinetti di lettura in Italia, in: Una
mente colorata: studî in onore di Attilio Mauro Caproni per i suoi 65 anni,
promossi, raccolti, ordinati da Piero Innocenti; curati da Cristina Cavallaro,
Manziana, Vecchiarelli; Roma, Il libro e le letterature, 2007, p. 175-197.
Giovanni DI DOMENICO, “Scrupoli metodici”: bibliografia e biblioteche nelle
Lettere e nei Quaderni di Antonio Gramsci, in: Nel mondo dei libri: intellettuali,
editoria e biblioteche nel Novecento italiano, a cura di Giovanni Di Domenico e
Marco Santoro, Manziana, Vecchiarelli, 2010, p. 57-82.
Editoria e cultura in Emilia e Romagna dal 1900 al 1945, a cura di Gianfranco
Tortorelli, Bologna, Compositori, 2007.
Editoria libraria in Italia dal Settecento a oggi: bibliografia 1980-1998, a cura di
Luca Clerici, Bruno Falcetto, Gianfranco Tortorelli, Milano, Il Saggiatore,
Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 2000.
Ettore FABIETTI, La Biblioteca popolare moderna: manuale per le biblioteche
pubbliche, popolari, scolastiche, per fanciulli, ambulanti, autobiblioteche, ecc., 4a
ed. interamente rifatta con illustrazioni e schemi, Milano, Vallardi, 1933.
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