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LA FATTORIA DI MONTECCHIO Il paesaggio di Montecchio da Piero della Francesca a Pietro Leopoldo di Lorena Il significato nascosto nella geometria di un paesaggio toscano Sandra Marraghini

Fra terra e cielo in Valdichiana

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Il paesaggio di Montecchio da Piero della Francesca a Pietro Leopoldo di Lorena.

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LA FATTORIA DI MONTECCHIO

Il paesaggio di Montecchio da Piero della Francesca a Pietro Leopoldo di Lorena

Il significato nascosto nella geometria di un paesaggio toscano

Sandra Marraghini

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Questo lavoro espone la rielabo-

razione e l’approfondimento dei

risultati di una ricerca condotta

in occasione di un progetto di

linee guida per il restauro con-

servativo del paesaggio e delle

case leopoldine della settecen-

tesca Fattoria Granducale di

Montecchio in Valdichiana. Il

materiale iconografico di docu-

mentazione storica riguardante

il paesaggio, la bonifica della

Valdichiana, la progettazione

e la realizzazione della Fattoria

stessa è molto ricco e tale da

risultare da solo di grande interesse, tra cui: alcune opere di Beato An-

gelico e Piero della Francesca, le carte topografiche di Leonardo e i

progetti settecenteschi originali dei beni della fattoria, custoditi presso

l’Archivio di Stato di Firenze, con disegni tecnici delle piante e dei pro-

spetti delle case e relativi computi metrici.

La Soprintendenza ai beni, architettonici, paesaggistici, storici, artistici

ed etnoantropologici di Arezzo ha riconosciuto il valore storico e archi-

tettonico delle case coloniche della fattoria, nate lungo lo stradone di

Montecchio e le ha vincolate nel 2006, l’obiettivo di questa ricerca è

stato di rivolgere lo sguardo, oltre ai manufatti edilizi, anche verso il

paesaggio, per questo è stato portato avanti uno studio approfondito e

di più largo respiro, dal singolo fabbricato al contesto ambientale di cui

ognuno fa integralmente parte.

Una prima parte del lavoro, riguarda quindi, la presentazione del ricco

materiale documentario e iconografico, corredata da una ricostruzione

storica e una cronologia specifica; una seconda parte espone i risultati

di una particolare interpretazione del disegno geometrico del paesaggio

e delle architetture degli edifici.

La comprensione del territorio non è completa senza l’ausilio della

lettura dello spettacolo dall’alto. L’intensità dell’intervento umano si

presenta sotto forma di un’organizzazione geometrica, in antitesi con

la naturalità delle zone incontaminate. Un nuovo disegno impresso sul

territorio è un nuovo ordine, è la manifestazione di operazioni tecniche

ed intellettuali, espressione culturale di un periodo storico e, al pari di

qualsiasi opera umana, architettonica o di produzione artistica, possie-

de un significato intenzionale ed è linguaggio.

Il disegno è considerato come la forza creativa e rigeneratrice che im-

prime il cambiamento e trasforma le cose plasmandole ad un ideale,

come manifestazione di una volontà che traduce una visione in realiz-

zazione concreta.

La ricerca è stata dedicata all’interpretazione del progetto settecente-

sco, nel tentativo di ricondursi al contenuto scientifico, storico e forte-

mente ideologico che ha guidato tutta l’operazione.

La fattoria di Montecchio è strutturata geometricamente attorno ad un

asse centrale che ne collega tutte le sue parti, denominato lo stradone. Il

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lungo rettifilo, un tempo alberato, è risultato orientato secondo gli assi

cardinali in direzione nordest-sudovest e con esso tutte le infrastrutture

esistenti, comprese le maglie dei campi e dei canali di scolo. Anche le

case coloniche, sette tutte eguali lungo lo stradone, sono attentamen-

te orientate e concepite secondo criteri tecnici per la migliore espo-

sizione e la miglior efficienza ai fini della produzione agricola e della

vita della famiglia colonica. Tutto ciò è riconducibile ad una volontà

progettuale che razionalizza anche i minimi particolari di un grande

progetto globale, portato avanti su tutti gli aspetti e gli elementi del pae-

saggio, progetto basato su approfonditi studi scientifici e suggerito dall’i-

deologia razionalizzante illuminista.

Siamo negli ultimi decenni del ‘700 sotto il regno di Pietro Leopoldo II

di Lorena. Il Granduca realizza una serie di importantissime riforme in

campo agrario e sociale, promuove lo sviluppo delle scienze e dell’agro-

nomia fondando l’Accademia dei Georgofili a Firenze. Qui si incontra-

vano i massimi studiosi e scienziati dell’epoca per perfezionare un pro-

getto politico progressista di ammodernamento dell’agricoltura e dello

stato. Questa fattoria è un esempio di azienda agraria progettata come

un sistema territoriale concepito sull’autosufficienza. Ogni podere rap-

presenta un microcosmo economico, produttivo, indipendente e ogni

anno, ad ogni nuovo ciclo stagionale, le risorse naturali e ambientali

utilizzate, grazie alla scientificità della programmazione agronomica,

sono in grado di autorigenerarsi per ricondurre ad un nuovo raccolto.

Particolarmente importante risulta il contenuto

politico che sottintende e che prevede un rinnova-

mento significativo a livello sociale rispetto al passa-

to: l’obiettivo è di creare una nuova classe di piccoli

imprenditori agricoli, riscattando un’umanità non

considerata come tale e tenuta sottomessa in condi-

zioni miserabili.

Questa fattoria rappresenta l’attuazione concreta di

una concezione politica che oggi chiameremmo “

sviluppo sostenibile”, dove il progresso sociale e lo

sviluppo sono affidati ad un’economia agricola ba-

sata sull’autosufficienza e sulla rinnovabilità delle risorse.

Si tratta di un progetto ispirato alla geometria, utilizzata non come puro

esercizio formale, ma come estrema sintesi di ricerche e studi scientifi-

ci, soprattutto di carattere astronomico, mirati a individuare la migliore

esposizione delle strutture edificate rispetto al sole.

La tematica dell’orientamento accompagna la produzione architettoni-

ca da sempre, lo studio dell’astronomia e il rapporto del costruire con

essa sono stati sempre sentiti dall’uomo come esigenze prioritarie: è dal

riproporsi ciclico del moto degli astri che dipende la sopravvivenza sul

pianeta. Fin dall’antichità più remota, templi e insediamenti venivano

predisposti seguendo il corso dei corpi celesti: da Stonehenge, alle pi-

ramidi egizie e americane, dai nuraghi ai templi etruschi, a Castel del

Monte, alle pievi romaniche e alle cattedrali gotiche, per citare solo

alcuni tra gli esempi più famosi. In tutte queste costruzioni la tematica

dell’esposizione e dell’orientamento rispetto al sole e alle stelle veniva

grandemente caricata anche di valori simbolici e religiosi.

All’origine i primi atteggiamenti umani verso la natura erano di timore

e rispetto e ai fenomeni naturali venivano attribuiti poteri magici e nu-

merosi elementi naturali erano ritenuti divini. Questo senso mistico

della natura rappresenta una tradizione che si è mantenuta anche nel

matematicizzante razionalismo illuminista e si manifesta attraverso un

una serie di simbologie.

L’infrastruttura territoriale della fattoria, lo “stradone” rettilineo e le sue

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sette case coloniche tutte uguali, costituiscono un insieme fortemente

connotato geometricamente e altrettanto fortemente carico di simboli

e significati ideali e religiosi.

La sua particolare forma a croce evoca la forma della costellazione del

cigno, una delle costellazione più importanti alla nostra latitudine, per

la sua posizione dominante nel cielo delle notti d’estate e per il valore

che assume per i cristiani. In terra la fattoria è lo specchio del cielo:

come in cielo così in terra, un significato carico di sacralità.

Le case coloniche dello stradone seguono, nei principi compositivi, ri-

gorose proporzioni geometriche e sono orientate nel modo più corretto:

per chi le ha concepite, non si trattava solo di collocarle nella migliore

esposizione rispetto al sole, ma di trovare un’armonia ideale dell’abitare

e del vivere umano nel cosmo, nel suo essere inevitabilmente condizio-

nata dal regolare ciclo degli astri.

La geometria all’epoca ancora coincideva sostanzialmente con l’astro-

nomia, in quanto per secoli, almeno fino all’invenzione del cannoc-

chiale, l’unico modo per indagare lo spazio, oltre la visione del cielo

a occhio nudo, era quello di prefigurare un modello matematico. E’

negli ultimi decenni del settecento che, grazie alla costruzione di nuovi

moderni strumenti per l’osservazione, che l’astronomia ha un grande

sviluppo e che vengono fatte grandi scoperte, tra cui: il pianeta Ura-

no, le nebulose collocate sulla Via Lattea, come la Nord America, così

denominata per la straordinaria somiglianza con la forma della parte

nord del continente americano. Una terra giovane, che contempora-

neamente in quegli stessi anni di conquiste scientifiche, vive i suoi più

alti aneliti di libertà e conquista l’indipendenza dal vecchio mondo. Il

desiderio di esaltare queste nuove importanti scoperte e di celebrare la

costituzione del nuovo stato, sostenuta politicamente da Pietro Leopol-

do di Lorena, potrebbe essere alla base della motivazione del sofisticato

sistema di simbologie geometriche ed astronomiche, sottintese nella

struttura territoriale della fattoria.

Lo studio del paesaggio è stato affrontato anche attraverso la raccolta

sistematica della cartografia storica e la rassegna di opere d’arte in cui

si possano ravvedere rappresentazioni attribuibili alla zona di Montec-

chio. Una significativa novità per la storia della rappresentazione del

paesaggio, è l’aver rintracciato sui dipinti di Piero della Francesca rife-

rimenti che riconducono alcuni scenari alla Valdichiana e al Castello

di Montecchio. Un interesse per il luogo non isolato nel panorama arti-

stico del rinascimento: già Beato Angelico aveva dipinto il castello nella

Deposizione di Cristo nel convento di San Marco a Firenze e succes-

sivamente Leonardo riprodusse la Valdichiana nelle sue famosissime

carte. Ciò apre campi di ricerca del tutto nuovi sia sul significato dei

paesaggi pierfrancescani, che si svelano ipotizzabili rappresentazioni di

luoghi reali, sia sul ruolo e l’importanza storica della località di Mon-

tecchio nel quattrocento.

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