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FRANCOBOLLI AL MACERO
di Antonello Cerruti (www.italianstamps.it)
Siamo a Philadelphia (Pennsylvania) per incontrare un uomo il cui nome è
sconosciuti a tutti ma che, senza saperlo, a sconvolto la storia delle filatelia
mondiale e soprattutto quella italiana.
Mister Alfredo Henkels - questo è il suo nome che sarà svelato ai collezionisti
solo fra trenta anni da una serie di articoli a firma dal Maestro Emilio Diena su
“Il Corriere Filatelico” - ci riceve con grande eleganza e signorilità nelle belle
sale del suo club.
La prima domanda riguarda naturalmente la sua passione per i francobolli
italiani.
“Le interessano sempre i francobolli dei ducati italiani?”
“Certo, sono tra i più interessanti del mondo e mi danno sempre un’emozione
profonda”.
“Mister Henkels, ci racconta i fatti di quella stupenda storia che legherà per
sempre il suo nome alla filatelia con la “F” maiuscola?”.
“Ancora la storia delle lettere indirizzate alla ditta Viti? Sempre quella, vero?
Beh, è normale la sua curiosità ed io la racconto sempre con molta emozione.
Stavamo consumando un pranzo proprio in questo club, quando un mio buon
amico, il dottor John Driscoll, mi chiese :
“Al, hai sempre la stessa passione? Ti interesserebbe incontrare una persona
che ha un po’ di francobolli italiani?”.
Erano i primi mesi del XX secolo e tutti gli amici di Alfredo Henkels
conoscevano la sua passione per quei pezzetti di carta colorata che dalla metà
circa del secolo precedente venivano usati per affrancare le lettere.
“Gli risposi affermativamente ed allora John si offrì di accompagnarmi … al
macero, subito dopo pranzo.
Nel pomeriggio dello stesso giorno, dopo aver chiacchierato qualche minuto in
carrozza, accompagnati dal rumore degli zoccoli dei cavalli sul selciato,
raggiungemmo insieme il vecchio, buio e sudicio magazzino di mastro Ed, un
negoziante di stracci e carta da macero.”
Sopra il portone di ingresso, una scorticata insegna – certo memoria di lontani
tempi migliori – diceva “da Edward maceriamo di tutto”.
I due gentiluomini entrarono cercando, con molta accortezza, di non
impolverarsi troppo e di non macchiare i loro eleganti vestiti da passeggio.
Vestito con un paio di pantalonacci ed una canottiera che doveva essere stata
in origine bianca, Mastro Ed si fece loro incontro senza neppure provare a
mascherare il proprio miserabile aspetto ma tentando almeno di pulire con uno
straccio umido le mani sporche di tintura e rovinate dal contatto con gli acidi
tipici del suo lavoro.
“Buonasera Signori, entrate e scusate il disordine”.
Due sedie sgangherate e diseguali erano davanti ad un tavolo che ricordava
tempi oramai lontani; sul piano una moltitudine di macchie lasciate da
bicchieri e da sigari testimoniavano le discussioni di decenni di lavoro e di
miseri accordi.
“Mastro Ed, come vi avevo promesso, vi ho portato quel mio amico che si
diverte con i francobolli” – esordì John.
Brevissimi convenevoli e poi mastro Ed tirò fuori da un cassetto un involto
racchiuso in fogli di giornale.
All’interno vi erano un paio di chili di corrispondenza: vecchi fogli di cui si
intravvedevano solo porzioni di pagine manoscritte su cui era applicato
qualche francobollo.
Mister Henkels riprese il suo racconto, mentre gli appunti si allungavano sul
tacquino.
“Il padrone di casa ci disse: “Scusatemi ma oggi non ho tempo e oramai è tardi
e non c’è neppure un po’ di luce per vedere bene. Ho salvato questa roba
prima che finisse anch’essa nel tino. Non so se vi può interessare ma dovete
decidere in fretta perché la giornata è stata lunga, io sto per chiudere il
magazzino e devo ancora pagare gli operai.”
Alfredo Henkels mi era stato descritto come un vero filatelista ma anche un
abile giocatore e, come tale, abituato non solo a rischiare ma che provava
anche un gran gusto a farlo.
In fondo il denaro non era un problema per lui, come non lo è mai stato per chi
ne ha sempre avuto tanto.
Il racconto continuava: “Con aria distratta chiesi a Mastro Ed quanto dovesse
dare ai suoi operai per la giornata. La risposta fu che erano venticinque dollari
in tutto, aggiungendo “sono cari questi maledetti fannulloni.”
“Così mi rispose mastro Ed, i cui occhi tradivano un cervello fine che aveva
velocemente esagerato di una decina di dollari la cifra realmente dovuta.”
“Bene, caro mastro Ed, oggi i vostri operai ve li pago io. Badate, non perché io
pensi che la vostra cartaccia valga quella cifra ma perché spero che, magari in
un futuro non troppo lontano, voi troviate qualche francobollo davvero di mio
interesse e mi facciate chiamare…”.
Poi, mi disse mister Henkels, si salutarono entrambi molto soddisfatti.
Sicuramente mastro Ed corse a festeggiare con una bottiglia quell’incasso
insperato e Alfredo Henkels si affrettò a rientrare a casa col “malloppo” sotto
il braccio.
Non sapeva ancora cosa avesse comprato ma, soprattutto, non sapeva che – da
quel giorno - il suo nome sarebbe passato alla storia della filatelia come quello
dello scopritore dell’archivio “Vito Viti”.
Passò tutta la notte ad esaminare – senza stancarsi, nonostante l’età - le oltre
250 lettere ed i quasi 750 francobolli che le affrancavano: l’alba lo sorprese
ancora chino su quel tesoro, eccitato e sorridente.
Erano tutte lettere dirette all’impresa Viti di Philadelphia; provenivano dal
Ducato di Modena o dal Granducato di Toscana e contenevano notizie inerenti
il commercio di marmo fra l’Italia e gli Stati Uniti.
Dato che avevano dovuto affrontare il lungo viaggio in bastimento per
attraversare l’oceano Atlantico, recavano tutte francobolli poco adoperati e con
alto potere di affrancatura: erano quindi rare e pregiate.
foto 1
Tra l’altro vi erano cento-lettere-cento sulle quali facevano bella mostra di sé
esemplari da 1 lira di Modena, anche in coppia e strisce, nonché quattro coppie
del 60 crazie del Granducato di Toscana, più altri esemplari sciolti dello stesso
francobollo .
La chiacchierata proseguì a lungo ed appresi tanti altri particolari.
foto 2
Alfredo Henkels ben conosceva quei francobolli ma non aveva mai visti tanti e
tutti insieme.
Inoltre questi avevano un fascino davvero particolare: erano tutti suoi.
Con molta calma e centellinando le cessioni, impiegò un paio di anni per
vendere tutto quel ben di Dio.
Cedette a circa un dollaro l’una le lettere di Toscana, a prescindere dalla
affrancatura, ed a ben 10 dollari ciascuna delle lettere affrancate col
francobollo da 1 lira di Modena; moltiplicando così almeno per cinquanta la
somma “elargita” a mastro Ed.
Salutai il fortunato mister Henkels e proseguendo nelle mie ricerche scoprii
che Vito Viti era anche console d’Italia a Philadelphia ed il suo archivio
doveva essere davvero imponente perché altre lettere a lui indirizzate, con
affrancature assai differenti, vennero alla luce diversi anni più tardi.
Questa volta la fortuna si presentò sotto le spoglie di un certo mister
Hemingway che mandò un suo impiegato ad offrire dei francobolli ad un
filatelista di nome Eugenio Klein.
Dalle loro memorie, ho ricostruito questo nuovo incontro ed il loro colloquio.
“C’è il sig. Klein?”.
“No, oggi è fuori ufficio. Cosa voleva fargli vedere?”.
“Il mio padrone mi ha dato questi valori da vendere per suo conto…, ma se
non valgono nulla li butteremo nel cestino”.
E mise sul tavolo delle lettere con francobolli “con degli orsi”.
Quando Klein tornò al lavoro ebbe un colpo al cuore: si trattava dei famosi
“Orsetti” di Saint Louis emessi nel 1845 e già allora molto rari, per non dire
introvabili.
foto 3
“Rintracciate subito questo sig. Hemingway…” urlò e la voce gli si strozzò in
gola.
Non solo lo ritrovò ma seppe da lui che aveva anche dell’altra corrispondenza
diretta ad un altro ufficio, anche questa affrancata con animali, ma diversi:
questa volta non orsi ma “aquile e leoni”.
Insomma, non meglio identificati “italian stamps”.
Questa seconda consegna rappresentava un’ennesima “infornata” di lettere
indirizzate al solito Vito Viti.
Mister Klein comprò tutto quel materiale, sia gli “orsetti” che le “aquile” che i
“leoni”.
foto 4
Fra tali lettere, oltre quelle col Marzocco di Toscana, c’era la famosa lettera
affrancata con una striscia di tre dell’80 centesimi del Governo Provvisorio di
Modena, oltre ad altra corrispondenza anche con l’immancabile lira ducale
modenese.
foto 5
Anche questa parte della storia verrà riportata, nel 1931, dal Maestro Emilio
Diena in una serie di articoli su “Il Corriere Filatelico” che ripercorre una
vicenda che, a distanza di oltre un secolo, rimane incredibile per quanto del
tutto vera.
La vera storia del ritrovamento dell’archivio “Vito Viti” venne svelata per la prima volta già attraverso alcune note apparse nel Mekeel’s Weekly Stamp News di Boston (n. 876 del 12 ottobre 1907).
Foto 1 – Ducato di Modena, 1 lira isolata su lettera. (Catalogo Bolaffi n. 11).
Foto 2 – Granducato di Toscana, 60 crazie + complemento di affrancatura su
lettera. (Catalogo Bolaffi n. 9).
Foto 3 – Francobolli dei Mastri di Posta di Saint-Louis (Missouri, U.S.A.).
(Catalogo Yver&Tellier nn. 1 ecc.).
Foto 4 – Selezione di lettere del Ducato di Modena affrancate con vari
francobolli fra cui quello da 1 lira, anche in striscia. (Catalogo Bolaffi n. 11 +
altri).
Foto 5 – Governo Provvisorio di Modena, l’unica striscia nota dell’80
centesimi su lettera. (Catalogo Bolaffi n. 34).