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frogs 20 FROGSTOCK 2015 VENTIDUESIMA EDIZIONE 26-29 AGOSTO 2015 PARCO FLUVIALE RIOLO TERME

Frogs - Frogstock 2015

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Frogstock 2015 - 22^ edizione. Dal 26 al 29 agosto a Riolo Terme (RA). Motozaway (AVIS Night), Il Pan del Diavolo, Fast Animals and Slow Kids, kuTso, Après la Classe, CAPAREZZA e molti altri! www.fb.com/frogstock.festival

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CAPAREZZA

KUTSO

MOTOZAWAY

APRÈS LA CLASSE

IL PAN DEL DIAVOLO

FAST ANIMALS

AND SLOW KIDS

20

FROGSTOCK

2015VENTIDUESIMA EDIZIONE

26-29 AGOSTO 2015PARCO FLUVIALERIOLO TERME

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MORENO

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anno ventesimo(ventiduesimo di Frogstock)

numero unoa cura di

CLIPS RAG & ROCKCENTRO GIOVANIVia Gramsci, 13

48025 Riolo Terme (RA)www.frogstock.it - [email protected]

redazione e public relationsIacopo BattilaniSamuele Benini

Aris CollinaLuca CavallariMattia Grandi

Beatrice LauritaCristiano MalavoltiClaudio MalvezziMyriam MassicciMichael MengozziAlfonso Nicolardi

Marco PaianoMatteo PasiniParide Ridolfi

Filippo SangiorgiNicola Sangiorgi

Lorenzo SantandreaMartino Savorani

Luca SoldanoFlavio TagliaferriMattia TampieriMelania TigriniMirco Tigrini

Iarvi TimonciniSara VenturiniAurora VisaniMarco Zama

illustrazione in copertina

ANDREA RIVOLA

grafica e impaginazioneParide Ridolfi

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uno

distribuzione gratuita

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THICK AS A BRICKUn soffio fende i muri e i manifesti delle passate edizioni, poi vira e ferisce la porta in cima alle scale, taglia i fili della luce e colpisce una bottiglia di birra vuota. E’ un soffio, un lampo che scuce una tela e la fa volare via nello spazio, lasciando una crepa spessa come un mattone, una ferita che fa entrare freddo e nebbia.

Noi siamo ancora qui, a miliardi di chilometri di distanza e le note che amavi risuonano ancora forti e cristalline. Quel soffio è stato una lama tagliente, ma non ha graffiato la memoria e non ha scalfito l’edificio Frogstock che abbiamo costruito insieme a te, con tenacia e passione.

Frogstock è un pensiero denso che ti annoda stretta addosso la maglietta “Staff”, è una seconda pelle alla quale sei tenacemente legato, ne siamo certi, anche lì, a miliardi di chilometri di distanza.

Malgrado tutto, buon ventesimo compleanno frogs.PARIDE RIDOLFI

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due

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trePROGRAMMA

WWW.FROGSTOCK.IT

OGNI SERATROVERETEStand Gastronomico

“Traditional Fast Food” Grapperia “Kill the Coffee” Cocktails e after show al

Joker Disco BarRed Bull lounge

Area Bimbi by Zerocento Rock Camp GratuitoArtigianato Locale

Alcool test by Ser.T Faenza

WITCHWOOD TEENAGE WASTELANDMOTOZAWAY

MAD SHEPHERDIL PAN DEL DIAVOLOFAST ANIMALS AND SLOW KIDS

FRENCH KISS & ALOHA ALOHA BEACHKUTSOAPRÈS LA CLASSE

JACK GUITAR MANZONI

CAPAREZZA

MERCOLEDI’ 26 AGOSTO

GIOVEDI’ 27 AGOSTO

VENERDI’ 28 AGOSTO

SABATO 29 AGOSTO

APERTURA ORE 19:00 - AFTER SHOW @ JOKER BY DJ BACCO

APERTURA ORE 19:00 - AFTER SHOW @ JOKER BY DJ MASSIMO VOLTI / DJ IACOPO BATTILANI

APERTURA ORE 19:00 - AFTER SHOW @ JOKER BY DJ PICCIO / DJ MALVA

Info e prevendite: www.frogstock.it - www.vidiaclub.comdisponibile su circuito Ticketone e Vivaticket oppure ufficio turistico: Tel. 0546.71044

APERTURA ORE 19:00 - AFTER SHOW @ JOKER BY DJ MASSIMO VOLTI / DJ IACOPO BATTILANI

PARCO FLUVIALERIOLO TERME

CLIPS RAG & ROCKCENTRO GIOVANI

INGRESSO GRATUITO

INGRESSO GRATUITO

INGRESSO GRATUITO

INGRESSO 15 EURO

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quattro SERVIZIO RECAPITOSTAMPE E PACCHIvia Malpighi, 88/11c/o Palazzo “Lo Specchio”Tel. e Fax. 0546 [email protected]

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FATTORINAGGIOAZIENDALE

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cinqueUN DOVEROSO GRAZIESe ringraziare significa esprimere la propria gra-titudine a qualcuno, che sia un amico o una sco-nosciuta o il cielo, oppure attribuire a qualcosa il merito di verificarsi di un evento fortunato, vi ringraziamo tutte e tutti dal profondo del nostro cuore. Grazie davvero! Vi ringraziamo con un sorriso, con un abbraccio, con una dedica qui sulla nostra fanzine. Grazie, grazie alle istituzioni, alle associazioni, ai commercianti riolesi. Grazie

ai volontari, ai ragazzi della CLIPS RAG & ROCK, alla Pro Loco di Riolo Terme, all’Avis, Aido, Arci, Ippoverde. Grazie ai ragazzi dei Winter Bikers, all’Associazione Alpini, alla Protezione Civile. Grazie a tutti coloro che, sentendo il richiamo di Frogstock, ci regalano il loro tempo e impegno per realizzare questo spettacolo: senza di voi tut-to questo non ci sarebbe. GRAZIE!

CARCIOFFI GIUSEPPE sasdi Carcioffi Elisa e C.

INFISSI E SERRAMENTI IN ALLUMINIOVia Curiel, 20/22/24 - 48025 Riolo Terme (Ra)

Tel. 0546.70266 - Fax 0546.71847e-mail: [email protected]

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sei

950 vini, 150 birre, 70 distillati

Via Campolasso, 448025 Riolo Terme (RA)Tel. 0546 74077Cell. 3355704378Fax. 0546 74384

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sette

Gli indios della tribù Potiguara non nominano i defunti. Non pro-nunciano più il nome di una persona morta fino a quando non siano disposti a lasciarla andare per sempre. Vivono nel nord del Brasile, sulla foce del rio Mamanguape, pescando granchi e altri piccoli crostacei, piegati per ore nell’arena umida. Se interroga-ti riguardo al loro credo, rispondono con convinzione di essere cristiani evangelici; vanno a messa, possiedono smartphone e moto, usano facebook, vanno a scuola poi all’università. Ma parallelamente ricevono un’istruzione particolare, imparano a scrivere con il loro alfabeto indios, costituito da segni, quasi ge-roglifici, apprendono rituali, canti e danze tradizionali e come utilizzare piante ed erbe. Ricevono medicinali dallo Stato, ma preferiscono comunque curarsi con erbe e conoscenze antiche e rivendere i medicinali ricevuti. Tutto questo è perfettamente normale per loro, esistere in questa duplice realtà, in questa duplice verità. Non c’è incoerenza nel pregare contemporane-amente Dio e spiriti della natura. C’è un giorno speciale, il 19 Aprile, unanimemente considerata da tutte le popolazioni indi-gene del Brasile, giornata mondiale del Passaggio. Non parlano di morte, né di addii, lo chiamano Ararapè, Passaggio. E’ una giornata di gioia, canti e danze, la tribù si riunisce sulla riva

del fiume e balla in ritmi ora esaltati, ora quasi psichedelici, in un crescendo trascinante; non ci sono lacrime o pianti, non c’è dolore, ma solo un enorme senso di appartenenza e di attesa, un rapporto umano talmente profondo e radicato da essere più forte della morte stessa. C’è talmente tanta vita, e musica, e amicizia, da non esserci spazio per la morte. Al calar del sole la tribù si raccoglie sulla riva. Ed uno ad uno, tutti coloro che sono disposti a lasciar andare qualcuno, pronunciano ad alta voce il nome del defunto e gettano in acqua una ghirlanda di fiori. Non una lacrima, non uno sguardo triste o rassegnato, ma solo attesa che il Passaggio finalmente si compia, e che la ghir-landa venga dolcemente trascinata dal fiume verso il naturale ricongiungimento con la natura. Forse, se non avessimo perduto il nostro rapporto con la natura, la nostra capacità di vivere e gioire insieme agli altria, la nostra percezione della magia e del mistero che ci avvolge, riusciremmo finalmente a comprendere che la vita e la morte sono due facce della stessa medaglia, che il bello è ciò che riusciamo a cogliere mentre sta passando e, nel momento in cui riuscissimo a vedere insieme bellezza e morte, allora potremmo pronunciare ad alta voce quel nome, e lasciarlo andare per sempre.

ARARAPE’

BEATRICE LAURITA

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otto

erbe& manierboristeria, estetica, massaggi, abbronzatura, luce pulsata

di Daniela LiseiVia F.lli Cervi 8/10 - Riolo Terme (RA)

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nove

Amici di Frogstock. E’ d’obbligo dedicarvi quest’acuta riflessione sulla vera natura dei rospi che popolano la vostra esisten-za e fare chiarezza sulla favola autentica dei fratelli Grimm “Il Principe Ranocchio”. Facciamo subito chiarezza sul punto cru-ciale del presunto bacio che rompe l’in-cantesimo: E’ UN FALSO! Quante volte hai provato a trasformare un brutto rospo nel principe dei tuoi sogni? Come procedi per rompere l’incantesimo? Sarebbe saggio consigliarti che, se vuoi un principe, non baciare un rospo perché probabilmente è solo un rospo. Ma sicuramente te ne freghi del consiglio. Allora ascolta bene. Primo: il bacio é un falso, una versione successiva e contraffatta della favola originale. LA PRINCIPESSA NON BACIA MAI E POI MAI QUELLO SCHIFOSISSIMO VISCIDO RANOCCHIO! Secondo: lo lanciò contro un muro! Ti giuro! Rileggiti pure la favola originale. “Allora la principessa andò in collera, lo prese e lo gettò con tut-te le sue forze contro la parete… adesso

starai zitto brutto ranocchio! Ma quando cadde a terra, non era più un ranocchio, era un principe dai begli occhi ridenti”. Se é un principe vedrai che l’incantesimo si romperà (magari anche la sua testa) e avrai un principe. Ma ti chiederai:” E se invece fosse solamente un ranocchio e non si trasformasse?” Ti rispondo: “E che te ne fai di un ranocchio?” Lascia che sia fatta chiarezza correndo il rischio della rottura definitiva. Per quanto ti sforzi con tutta la tua pazienza e buona volontà, come saprai, non si cambia la natura pro-fonda delle persone. Anche se guardando in fondo, bene in fondo ai suoi occhi, hai intravisto la sua potenziale nobiltà. Puoi anche impiegare tutte le tue risorse ma-giche e sottoporre il tuo ben amato anfi-bio viscido e bitorzoluto ad una cascata di frequenze musicali armoniche prodotte dal tuo tenero cuoricino. Mi chiederai:” Ma che garanzia c’è di risvegliarlo ad una presa di coscienza della sua potenzia-le regalità?” Non c’é nessuna garanzia.

Dunque dolce fanciulla fatti attraversare dalla musica, danza nel vento, goditi l’esi-stenza e quando il suo molesto gracidare notturno urta le tue sensibili orecchie...sbattilo contro il muro! Vedrai che sarà l’atto risolutivo per capire di che pasta é fatto (non sto parlando delle rane fritte della Proloco). Poi per un’azione prelimi-nare e preparatoria alla mutazione gene-tica definitiva sottoponi il tuo amato rospo al bombardamento massiccio del campo sonoro musicale di Frogstock.

MORALE DELLA FAVOLA: se non basta la musica del tuo dolce cuore e quella di Frogstock per trasformarlo....quando tor-ni a casa sbattilo contro il muro! Magari di casa tua e non del tuo vicino; assumiti l’eventuale danno della favola. Le vere fa-vole non sono mai innocue.

Dedicato a me stessa e a tutte le princi-pesse che ci si riconoscono.

MUSICA DEL CUORE E BRUTTIROSPI

MYRIAM MASSICCI

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diecifro

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Via Firenze, 81Borgo Rivola

Tel. 0546.71002

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Tel. 0546.70565PANETTERIAPASTICCERIACAFFETTERIA

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Correva l’anno 1977: la rivolta studentesca travolgeva Bologna; Zanardi e Pompeo prendevano vita dalla mano di Andrea Pazien-za. Era l’inizio della fine, era il passaggio da una generazione che dal 1968 si impegnava per cambiare la società e lottava per i propri diritti, ad una generazione che trovava piacere dove il piacere era solo fine a se stesso. Proprio in questo momen-to storico a Londra, capitale dell’avanguardia europea, nasceva un gruppo che fu lo spartiacque tra queste generazioni. Erano punk, suonavano punk e davano voce alla rabbia giovanile... fe-cero arrivare quelle urla a tutti! Durarono 5 anni, 5 album con la formazione originale. Erano i Clash: un’anarchica e geniale alchimia. Credo non si possa incominciare a parlare di loro se non parlando del loro leader, all’anagrafe John Graham Mel-lor, in arte Joe Strummer “lo strimpellatore”. Lui, figlio di un funzionario dell’ambasciata inglese, trascorse la sua infanzia in Turchia, Egitto, Messico, Germania, Londra e proprio in que-sta città iniziò la scuola: da tutto questo si evince subito il suo animo ribelle e anticonformista. Mick Jones, la chitarra. Vissuto nei sobborghi di Londra ebbe un’infanzia complicata ma con un grande sogno: diventare una rockstar. Un talento puro e grez-zo, insomma. Paul Simonon, al basso. Cresciuto a Brixton, un quartiere black londinese, tra gang e guerriglie urbane, era il rude boy. Infine Nicholas Bowen Topper Headon, l’uomo della batteria, affidata solo in seconda battuta al quarto Clash della formazione definitiva. Batterista cresciuto a pane e jazz, voleva vivere un’esperienza rock e decise di unirsi al gruppo. In questo mix di ribellione, contaminazioni jazz, reggae, rock e con il co-smopolitismo proprio dell’imprinting di Joe, i Clash rivoluziona-rono il punk iniziando prima come gruppo spalla nei concerti dei Sex Pistol, poi ribaltando proprio il messaggio nichilista di Sid Vicious. I nostri fantastici 4 esordirono con l’album “The Clash” nel 1977: loro rappresentavano la rabbia costruttiva di chi sta al di là del muro e la inserirono nei loro testi. Al grido di “Lon-don Burning” infiammarono l’Inghilterra: scomposero il rock in maniera elementare e lo riempirono di furore punk. In un’inter-vista chiesero al nostro caro Joe se, con il loro sound, volevano

cambiare il mondo. Lui semplicemente rispose che se non c’era riuscito Karl Marx, come potevano mai riuscirci loro?!?!!! I “The Clash” non promettevano nulla ma sapevano dare consapevo-lezza e aprire gli occhi dei loro fan. Ormai maturi e dopo una permanenza in Jamaica, tornarono a Londra appassionati di cul-tura rasta e sfornando la loro pietra miliare: “London Calling”. In questo album il loro punk divenne più morbido e più completo grazie alla presenza dei fiati. Nella loro continua evoluzione il reggae, per mano del basso di Simonon, entrò nel punk; Joe, in un grande momento di ispirazione, scrisse testi rabbiosi ma anche poetici e, grazie al contributo di Mick, arricchirono il loro modo di cantare: a Joe le parti più urlate, alla voce cristallina di Mick quelle più intimistiche. Erano ormai usciti dall’Inghilterra: parlando dai loro sobborghi si affacciarono al mondo dove tutto è un sobborgo. Infatti nei loro brani, con il giro di basso for-te e viscerale, raccontavano ciò che avevano vissuto nella loro adolescenza con un messaggio a tutte le minoranze: potranno essere anche schiacciate ma mai domate. A mio parere il loro capolavoro fu Sandinista: album globale, profetico. Dettarono le basi per il patchanka, suono cosmopolita e fuori da ogni eti-chetta. Di fatto fu un disco contenitore lunghissimo, contro ogni forma di marketing: era un triplo disco con 36 canzoni. Il titolo Sandinista fu scelto per ricordare il popolo oppresso in Nicara-gua e la lunghezza del disco per fare compagnia ai lavoratori sulle piattaforme petrolifere. Continuarono poi l’esperimento di London calling e, arrivati alla maturità artistica, nei vari brani si passava dal blues al dub al pop jazz. Seguì un altro album ma, come avviene nelle migliori band, i dissidi interni portarono alle fuoriuscite prima del batterista Topper poi di Jones. Era il 1982: si sciolsero definitivamente nel 1984. Joe Strummer par-tecipò ad altri gruppi e il suo ultimo album fu con i Mescaleros dove editò una cover di “Redemption song” in chiave dylaniana, dando ancora più forza al suo inno alla libertà. Purtroppo ci ha lasciato nel 2002, stroncato da un infarto. A volte mi chiedo cosa avrebbe scritto sulle anime che viaggiano nel Sud del mediter-raneo e su quelle che sono rimaste sul fondo. Rock the casbah.

BANNA

undicifro

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dodici

LOTTORICARICHE TELEFONICHE

di Anna Lisa Menichettiil BOTTEGHINO

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Dave suona sempre, di continuo e ovunque. Suona a casa, alla Clips (o per meglio dire “in asso” come dice lui), suona anche a scuola se e quando può. Come avrete intuito Davide Mara-ni, oramai “Dave” per amici e famiglia, è uno dei più assidui frequentatori dei corsi di musica dell’associazione Clips Rag & Rock: abbiamo perciò deciso di intervistarlo. Stranamente lo colgo senza una chitarra per le mani e ne approfitto per fargli qualche domanda. A: Come ti chiami e da quanto sei iscritto alla Scuola di Musica della Clips Rag & Rock? D: Davide Marani e sono iscritto dall’anno 2007/2008 (Mi risponde tutto serio, probabilmente si sente già una rockstar) A:Quanti strumenti sai suonare? D: Ehm allora... Chitarra e basso, mettiamola così..Più o meno, perchè il basso non è il mio strumento visto che il mio strumento principale è la chitarra. Ah! E canto! A:Se non erro suoni in un gruppo, giusto? D: Sì suono in un gruppo, i “Just in Time” A:Dove hai conosciuto i tuoi compagni di musi-ca? D: Allora... io e l’altro chitarrista, Andrea Pulti, suoniamo insieme grazie alla Scuola di Musica già dal 2007; abbiamo fatto lo stesso percorso all’interno dell’associazione e da quest’anno siamo anche nella squadra Service. Il batterista lo abbiamo conosciuto grazie ad amici di Faenza mentre il

bassista viene da Imola e ce lo ha presentato un altro ragazzo dell’asso (come vi dicevo per lui ormai Clips Rag & Rock suona troppo formale). A: Puoi esprimere un tuo parere sui corsi della Scuola di Musica? D: Semplicemente fantastici! -si illumina- Gli insegnanti sono il massimo; io faccio due corsi ma cono-sco anche gli altri e sono tutti molto validi. Avere la Scuola di Musica a Riolo (Terme) è molto bello e spero che i corsi continuino nonostante i problemi che si potranno presentare. Spero inoltre che ci sia un ricambo generazionale così che la Scuola di Musica continui… per tanti altri anni! Lo ringrazio e ci salutiamo. Mentre esco intravedo i suoi fogli delle preiscri-zioni ai corsi di musica 2015/2016 già compilati. Per chi voles-se iscriversi ad uno degli innumerevoli corsi (chitarra, basso, pianoforte, batteria e voce) può presentarsi sabato 19 settem-bre 2015 dalle 14 alle 19 presso la sede del centro giovani, in via Gramsci 13 a Riolo Terme (RA) per la giornata ufficiale delle iscrizioni all’a.s. 2015/2016.

Per info:3466494867 [email protected] (Iacopo Bat-tilani, coordinatore dei corsi)

LA SCUOLA DI MUSICA IN “ASSO”

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Sono arrivata a casa da un po’ a dir la verità: ho sistemato la spesa, aperto le finestre e mi godo un’inaspettata parentesi di relax. Il cellulare non suona da almeno trenta minuti e soltanto ora mi rendo conto di aver speso tutto il mio tempo a guardare una foto. Una foto in mezzo a libri, candele, tappi di bottiglie e bomboniere. Che silenzio intorno a me, che silenzio in casa mia. Sento i bambini correre giù in strada, una ragazzina ridere men-tre chiacchiera, in vivavoce, al telefono. Tutta questa vita così esposta mi mette a disagio, sento forte l’esigenza di isolarmi e rilassarmi. Accendo lo stereo, scelgo una playlist e mi siedo sul divano. Quella foto continua a guardarmi, è magnetica e io non so resistergli. Mi alzo, devo prenderla quando delle note mi catturano e mi dimentico di ciò che stavo per fare. Ripenso ai momenti passati, alle gioie e ai dolori, alle scommesse vinte, agli allori e agli atti incompiuti*. Mi ricordo di una frase, di un film e velocemente cerco l’icona sul mio portatile: Safari, ctrl+L, Youtube, “Ogni maledetta domenica - discorso di Al Pacino”. Lo ascolto più volte, lo ascolto a piccoli sorsi, lo ascolto tutto di un fiato. “Sapete col tempo, con l’età.. tante cose ci vengono tolte ma questo fa.. fa parte della vita. Però tu lo impari solo quando quelle cose le cominci a perdere. E scopri che la vita è un gioco di centimetri e così è il football. Perché in entrambi questi giochi, la vita e il football, il margine di errore è ridottissimo. Capitelo”. E certo che lo so: quante volte ho sbagliato e, come è giusto che sia, non ho potuto spingere il tasto rewind e riprendere da

dove volevo io. “Mezzo passo fatto un po’ in anticipo o in ritardo e voi non ce la fate. Mezzo secondo troppo veloci o troppo lenti e mancate la presa.” Come quando becchi il semaforo rosso sulla via Emilia e devi andare in stazione a prendere il treno: quel “mezzo centimetro” di ritardo ha cambiato il corso della mia giornata e cavolo, quanto l’ho maledetto! “Ma i centimetri che ci servono sono dappertutto, sono intorno a noi. Ce ne sono in ogni break della partita, ad ogni minuto, ad ogni secondo.” Aspetta Al, sei proprio sicuro? Vorresti forse dirmi che un’op-portunità di cambiamento esiste ancora? Vorrei proprio trovarla, ora, in questi tempi bui dove evito di leggere le notizie della cronaca per paura di scoprire qualche dolore in più sulla faccia della Terra. “In questa squadra si combatte per un centimetro. In questa squadra massacriamo di fatica noi stessi e tutti quelli intorno a noi per un centimetro. Ci difendiamo con le unghie e coi denti per un centimetro.” Cavolo Al, che belle parole. La mia bocca abbozza un mezzo sorriso, sono presa da ciò che dici. Sono presa dal mio coach e dal crescendo d’intensità. “Perché sappiamo che quando andremo a sommare tutti quei centimetri, il totale allora farà la differenza tra la vittoria e la sconfitta. La differenza fra vivere e morire.” Sì Al, credo siano quei centimetri i soli a far la differenza. Credo siano le nostre scelte a darci qualche opportunità in più. Credo sia il nostro vivere insieme a far la differenza, il nostro prenderci cura degli altri a farci maci-nare centimetri. “E voglio dirvi una cosa: in ogni scontro è colui

quattordici LA GRANDEDOMANDA

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il quale è disposto a morire che guadagnerà un centimetro. E io so che se potrò avere un’esistenza appagante sarà perché sono disposto ancora a battermi e a morire per quel centime-tro.” Al sono sempre più d’accordo con te, hai capito cosa provo e cosa sento quando, con fatica e determinazione, cerco di agire secondo coscienza, cerco di rispettare l’altro. “La nostra vita è tutta lì, in questo consiste, è in quei dieci centimetri davanti alla faccia. Ma io non posso obbligarvi a lottare.” E chi vuole obbli-garci a lottare Al? Chi? Non vogliono di certo obbligarci a lottare coloro che continuano ad affamare le nostre teste, privandoci di cultura e riempiendoci di stupidi talk show e soubrette. Non vogliono di certo obbligarci a lottare coloro che ci inducono ad essere superficiali, ad essere trend, casual chic o radical: loro no, non vogliono perché se cercassimo di essere autentici non saremmo più quelli che fanno le file di notte per uno smartphone all’ultimo grido o si fanno i selfie cercando di trasudare incolma-bile felicità. “Dovete guardare il compagno che avete accanto, guardarlo negli occhi.” E chi lo fa più Al? Guardati intorno: tutti presi dall’essere perennemente online da dimenticarsi -addirit-tura - di alzare lo sguardo e guardare a sinistra, a destra e a sinistra prima di attraversare. “Io scommetto che ci vedrete un uomo determinato a guadagnare terreno con voi, che ci vedrete un uomo che si sacrificherà volentieri per questa squadra con-sapevole del fatto che, quando sarà il momento, voi farete lo stesso per lui. Questo è essere una squadra signori miei.” Io non

credo Al sia come ci spiegano molte persone, che siamo lontani e distanti, che siamo di serie A o di serie B, che siamo diversi e perciò legittimati ad essere in guerra. Io Al vedo la differenza nell’umanità e la leggo per quella che è: andare oltre la diversità per superare gli stereotipi e i pregiudizi, per guardare con oc-chi nuovi colui o colei che mi sta vicino, per sentirci veramente vicini e simili. Uguali. “Perciò o noi risorgiamo adesso come col-lettivo o saremo annientati individualmente. È il football ragazzi, è tutto qui. Allora, che cosa volete fare?” Ditemi voi cosa volete fare: io ho deciso. Voglio vivere, voglio riempire il silenzio di casa mia con voci, sapori, emozioni, persone. Voglio legare ricordi a posti, colori, profumi, salti e corse a perdifiato. Voglio sentire il calore di un abbraccio e la fatica dileguarsi nell’aver degli amici con cui condividerla e dividerla. Voglio sorridere e incidere nel mio cuore volti, sorrisi, lacrime e, perché no, le piadine di mia nonna. Voglio emozionarmi ancora, voglio regalare ciò che di meglio so fare e voglio continuare a cantare e ascoltare musica. Voglio continuare a leggere e a scrivere, a pensare, a riflettere e amare. Grazie Al, grazie perché ora ho trovato le mie risposte alla grande domanda.

* “Your hand in mine”, Explosions in the Sky

MELANIA TIGRINI

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sedici

Servizio Trasporto Pubblico eNoleggio Pullman Granturismo

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70° ANNIVERSARIO

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diciassettefro

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Mangiare è uno dei quattro scopi della vita… quali siano gli altri tre, nessuno l’ha mai saputo. (Proverbio cinese)

Ecco cosa potrete trovare dalle ore 19.00 allo stand gastronomico di Frogstock:

TORTELLI BURRO E SALVIA E AL RAGÙ GRAMIGNA PANNA E SALSICCIA PIADINA FARCITA TIPICA FICATTOLA FARCITA SALSICCIA E PATATE I NOSTRI FRITTI: RANE, POLLO E PATATINE BIRRE FORST: KRONEN - SIXTUS - WEIHENSTEPHAN HEFE E NON FINISCE QUI !

Nell’area concerti, potrete trovare lo spazio bimbi gestito dalla CooperativaSociale Zerocento e un campeggio gratuito gestito dalla Protezione Civile per chi preferisce fare un riposino prima di guidare. Vivi Frogstock responsabilmente!

FROG’S GOURMET

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Proprio in questa data, il primo giorno di Primavera, simbolo del-la speranza che si rinnova e giorno nel quale la luce prende il sopravvento sulla notte della paura, “Libera. Associazione, nomi e numeri contro le mafie”, celebra ogni anno la “Giornata della memoria e dell’impegno per ricordare le vittime innocenti di tut-te le mafie”. Quest’anno la XX Giornata si è tenuta a Bologna e lì, in una grande marcia per le vie della città, i miei passi si sono uniti a quelli di altre 200mila persone. Era un corteo festoso, un mare di suoni e di colori. C’era la banda, chi cantava “I cento passi”, chi ripeteva a ritmo slogan come “La mafia uccide, il si-lenzio pure”. Ovunque striscioni e bandiere. Bandiere della pace ma soprattutto gialle, arancioni e rosa come i colori del logo di Libera e si vedeva anche tantissimo azzurro, quello delle no-stri uniformi scout. Tanti rumori e colori, per rompere il silenzio e per smacchiare il nero dell’omertà. Erano presenti ragazzi e ragazze, famiglie con passeggini, adulti e anziani: tutti insieme per formare il volto dell’Italia migliore, dell’Italia portatrice della bellezza che salva il mondo. L’Italia che non si rassegna, che non cede all’indifferenza e che esige uno stato più severo verso ma-fie e corruzione. Orgogliosamente presenti anche molti bambini arrivati dalle scuole di tutta Italia. La speranza comincia proprio da lì, dalla scuola. Una frase a cui tengo molto, dello scrittore Gesualdo Bufalino, dice che: “La mafia sarà vinta da un esercito di maestre elementari!”. La scuola allena alla vita, promuove la cultura contro la mentalità mafiosa e insegna il rispetto delle regole (da piccoli a non buttare cartacce per terra, un domani a denunciare situazioni di illegalità). Mi piace pensare che non sia del tutto casuale che il giorno delle elezioni si vada a votare

dentro una scuola, perché è lì che si crea il cittadino. Entrando in Piazza Maggiore, dopo essere partiti dallo stadio Dall’Ara, la lettura dei nomi delle vittime innocenti di mafia era già iniziata. Quanti sono? 900. Cifra che si è alzata a 1035 aggiungendo le vittime delle stragi e del terrorismo per le quali Bologna ha pa-gato un prezzo altissimo. Il 70% dei familiari, a oggi, non ha avu-to giustizia, non conosce le ragioni della scomparsa del proprio caro. Sono morti senza un perché. Questo elenco di nomi, che sembrava non finisse mai, ha scandito i nostri passi per tutta Via Indipendenza e, arrivati in Piazza VIII Agosto, non era ancora ter-minato. Libera torna ogni anno a pronunciarli, lentamente, uno per uno, chiedendo che si faccia verità. I nomi, rilanciati dagli autoparlanti, risuonavano dentro di me. Sono nomi di magistrati, politici, persone semplici, bambini, giornalisti, donne e uomini che si sono ribellati. E io, al posto loro, cosa avrei fatto? Sarebbe troppo facile per la mia coscienza considerarli Santi del Paradiso o Eroi. Erano cittadini onesti, coraggiosi che hanno fatto la cosa giusta ma erano “normali”, come tutti noi. Sono capace di es-sere altrettanto “normale”? Arrivati in Piazza abbiamo ascoltato le schiette e pugnaci parole di Don Ciotti che non ha rispar-miato nessuno: “Anzichè cacciare i migranti dal nostro paese si caccino i mafiosi e i corrotti!” e ci ha ricordato di come, a 70 anni dalla Liberazione dal fascismo, la lotta alla criminalità or-ganizzata e alla corruzione debba essere l’oggetto di una nostra nuova Resistenza. Io non pensavo che quella Piazza VIII Agosto che ogni giorno attraverso, spesso di fretta e in ritardo per an-dare in facoltà, potesse contenere così tante persone, così tanta bella gente che si impegna per vivere quella marcia ogni giorno, nella propria quotidianità. Bologna, capoluogo di una regione non immune alle infiltrazioni mafiose, per quel 21 Marzo è stata capitale di un’ Italia non terra di mafia ma terra dell’ANTImafia. Concludendo non posso non dedicare un ultimissimo pensiero al piccolo Davide, figlio dei miei capi scout e mio cuginetto, che ormai è diventato la mascotte del nostro Clan. Davidino, che a Marzo aveva solo 7 mesi, è già stato alla sua prima marcia di Li-bera. Ha occhi grandissimi e dentro al suo marsupio, in grembo alla sua mamma, guarda il mondo intorno e se la ride di gusto. Quando crescerà gli mostreremo le foto di questa giornata e gli diremo: “Tu c’eri!”. Un giorno vorrò raccontargli di preti come Don Peppe Diana, di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, di don-ne fortissime come Lea Garofalo e di come ho imparato il valore della bellezza dalle parole di Peppino Impastato. Tutto questo nella speranza che, quando lui avrà 20 anni, come sono 20 oggi i miei e 20 quelli di Libera, di queste marce contro la mafia e per la legalità in Italia non ce ne sia più bisogno.

21MARZO

MARIA GIOVANNA MINGOTTI

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ASSOCIAZIONE VOLONTARI ITALIANI SANGUE

provincialeRavenna

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WITCHWOOD

TEENAGE WASTELAND

MOTOZAWAY

MERCOLEDI’ 26 AGOSTO

INGRESSO GRATUITO - APERTURA ORE 19:00 - AFTER SHOW @ JOKER BY DJ BACCO

I TEENAGE WASTELAND sono un band romagnola votata esclusivamente all’esecuzione di brani degli “Who”; é attiva da circa 5 anni e si é esibita in varie zone d’ Italia riscuo-tendo sempre grande successo. I membri che compongono i TEENAGE WASTELAND sono sei: Simone “Gala” Galassi alla voce, Marco Benedettini alle chitarre e voce, Mat-teo Cola alla chitarra elettrica, Marcello Tana al basso, Danilo Beltramini alle tastiere e voce, Walter Traversi alla batteria e la violinista Erika Lasagna.

“We are a Rock n’Roll Band” come ce ne sono tante, ispirati ai momenti più belli della storia del Rock, gli anni ‘70! I Zaway però nella storia non ci entreranno, ma vi regale-ranno comunque emozioni forti. Potete scommetterci! Rock on!!! Non ci sono regole, ci si diverte e basta, si cade dentro l’essenza della musica: l’incontro di 5 musicisti com-pletamente diversi fra loro per età, cultura, stile, carattere ed immaginazione. E’ così che da ormai 3 lustri, ogni concerto dei Zaway è sempre diverso da quello della sera prima. Non si sa da dove si partirà e dove si andrà a finire, ma di sicuro, pochi fronzoli, l’energia sprigionata da questo quintetto farà muovere il piedino anche ai sassi. Tro-verete i Zaway in ogni situazione da Baracca: Motoraduni, Rock Festivals, Feste della Birra, Feste di divorzio, Addii alla verginità e funerali. ma di sicuro no matrimoni..... Non perdete l’occasione per farvi un bagno di buon sano e vecchio Rock n’Roll fatto a mano. See you soon at Frogstock guys!!!

I WITCHWOOD nascono nel 2004, il genere è un hard rock settantiano con forti tinte progressive e southern unito a parti jammate e psichedeliche. I Witchwood pubblicano il loro album d’esordio “Litanies From The Woods” nella primavera 2015. Il disco ottie-ne ottime recensioni da riviste e webzine come Classix Metal, Rock Hard e Metalized.La formazione vede Ricky Dal Pane alla voce, chitarra solista, acustica e mandolino; Andrea Palli alla batteria e alle percussioni; Stefano Olivi a Hammond, piano, moog e synth; Samuele Teodori al flauto e all’arancia, Luca Celotti al basso e mandolino e, solo per la serata di Frogstock, Antonino Stella alla chitarra.

L’Avis provinciale di Ravenna, con la propria sezione giovani, ha deciso di collaborare con Frogstock per ricordare e omaggiare un dona-tore che ha fatto parte, e sempre lo farà, di questo festival. “Coloro che amiamo e che abbiamo perduto non sono più dove erano, ma sono ovunque noi siamo.” (Sant’Agostino)

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ventidue SNC

di Marchi Emanuele & c.

CaffèStazioneCorso Matteotti, 88

Riolo TermeTel. 339.3240155

Pizza da asporto Venerdi, Sabato, Domenicadalle 18 alle 20

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MAD SHEPHERD

IL PAN DEL DIAVOLO

FAST ANIMALS AND SLOW KIDS

GIOVEDI’ 27 AGOSTO

INGRESSO GRATUITO - APERTURA ORE 19:00 - AFTER SHOW @ JOKER BY DJ MASSIMO VOLTI / DJ IACOPO BATTILANI

I Fast Animals And Slow Kids vengono da Perugia e, dal 2011 ad oggi con soli tre Lp, sono diventati un punto di riferimento importante nel panorama alternative rock. I componenti della band si frequentano dal 2007 e dopo una breve fase di scrittura in inglese, registrano il primo Ep “Questo è un cioccolatino” che esce nel 2009. Il disco gli permette di aprire i concerti di band come The Zen Circus, Il Teatro degli Orrori, i Ministri ma soprattutto di affermarsi come miglior band emergente del 2010 all’Italia Wave Love Festival. Nel 2011 esce “Cavalli”: l’al-bum dà alla band la possibilità di girare molto nei circuiti indipendenti. Ma la vera fama arriva l’anno successivo, con la pubblicazione di “Hybris”: il singolo “A cosa ci serve” vince il Trofeo Rockit come migliore canzone italiana sia per la redazione che per i lettori. Il tour di “Hybris” si chiude con un totale di 105 concerti in tutta Italia. Il 3 ottobre 2014 esce “Alaska”: buon ascolto!

I Mad Shepherd sono una band alternative rock di Roma. Dopo due EP e un brano incluso nella compilation “Riot on sunset vol.22” della 272 Records (Los Angeles), nel luglio 2013 producono il loro primo album: MONARCH. L’album è in co-produzione con Walter Babbini (Zucchero, Morricone, Negrita), alla batteria Valter Sacripanti (Nek, Frankie Hi Energy, Massimo Varini) mentre il mastering è stato affidato ad Howie Weinberg (Muse, Metallica, Deftones). La band ha una intensa attività live in giro per l’Italia che li ha portati anche ad esibirsi al fe-stival internazionale Rock In Roma, in apertura agli Editors sul second stage. L’album è uscito ufficialmente il 25 marzo 2015 in tutto il mondo grazie all’etichetta Limited Music (IT) e la distribuzione Suburban Records (NL).

Il Pan del Diavolo è un duo Folk /Rock n Roll formato da Pietro Alessandro Alosi (chitarra,gran-cassa e voce) e Gianluca Bartolo (chitarra e voce). Il gruppo nasce a Palermo nel 2007 e inizia a suonare dal vivo distinguendosi per le sue performance energiche e molto intense. Nel 2008 vince il concorso Italia Wave Sicilia, suona all’Ypsigrock festival e al Pollino festival in apertura ai Gogol Bordello. Nel settembre del 2008 esce il loro primo Ep, ”Il Pan del Diavolo”; due anni dopo esce LP d’esordio “Sono all’osso”: accolto favorevolmente dalla critica diventa finali-sta al premio Tenco nella sezione “migliore opera prima”. Nel 2012 esce il secondo album “Piombo Polvere e Carbone”. Il terzo album “FolkRockaBoom” esce nel 2014, mixato da Craig Schumacher è prodotto in collaborazione con Antonio Gramentieri. Nel tour 2015 si aggiunge la partecipazione di Francesco Motta dei Criminal Jokers a batteria, tastiera, chitarra e cori.

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FRENCH KISS & ALOHA ALOHA BEACH

KUTSO

APRÈS LA CLASSE

VENERDI’ 28 AGOSTO

INGRESSO GRATUITO - APERTURA ORE 19:00 - AFTER SHOW @ JOKER BY DJ PICCIO / DJ MALVA

Giunti da un ipotetico futuro per ritrovarsi, loro malgrado, ad affrontare un assurdo presente. I French Kiss & Aloha Aloha Beach, nati a Bologna in un incontro-scontro tra Skiantos, Nabat e Gianni Morandi, sono un gruppo di trentenni (scocomerati) che si definiscono inventori del genere “catastro-fico”. Temi scomodi come l’apatia, il degrado e la diversità vengono analizzati nelle loro canzoni con irriverente e insolita ironia. Il tutto condito da un rock contaminato da funky, disco e radici di punk che si alternano in modo convulso con un unico filo conduttore: il piacere di crogiolarsi nella decadenza e accettare la fine del mondo con insensata e spensierata gaiezza. Il loro primo disco “Il Giorno dei Mobers”, uscito nel 2011, è già un piccolo cult nel panorama rock italiano.

La band salentina degli Aprés La Classe nasce nel 1996 e subito si afferma nei vari live club pugliesi. Diversi sono gli album pubblicati dalla band: dal 2002 fino al 2010 è stato un crescendo di pubblico e di ricerca musicale, di nuove idee e di collaborazioni eccellenti (vedi Sud Sound System, Caparezza e Negramaro). L’espe-rienza live si mescola con diverse sperimentazioni elettroniche, passando attraverso anche la canzone d’autore e i confini nazionali: diverse le date all’estero, da New York passando per Los Angeles e Montreux fino a Riolo Terme @Frogstock Festival. Buon ascolto!

I KuTso uniscono lo scherzo e la provocazione ad un linguaggio musicale gioio-samente frenetico. La loro musica solare e irriverente è il tappeto sonoro di testi segnati da forti dosi di simpatico disfattismo e smielato sarcasmo. I concerti sono la loro parte forte: un mix esplosivo di nonsense, disperazione, movimenti inconsul-ti, invettive e travestimenti. Insomma, un’atmosfera surreale e sgangherata che li ha portati, solo nel 2015, prima sul palco dell’Ariston come Nuove Proposte poi al concerto del primo maggio a Roma e a Bologna. I kuTso sono impegnati da oltre un anno in un tour senza sosta, denominato appunto “Perpetuo Tour”, con il quale hanno collezionato – solo nel 2014 - più di 110 date in tutta Italia.

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JACK GUITAR MANZONI

CAPAREZZA

SABATO 29 AGOSTO

APERTURA ORE 19:00 - AFTER SHOW @ JOKER BY DJ MASSIMO VOLTI / DJ IACOPO BATTILANI

Caparezza, un nome, una garanzia. All’anagrafe Michele Salvemini, figlio di un operaio e di una maestra, nonno paterno falegname, nonno materno contadino: chi l’avrebbe mai detto che sa-rebbe diventato un cantante?! Lui stesso se ne stupisce ma forse riflettendoci attentamente, es-sendo nato lo stesso giorno di John Lennon, un motivo c’è se ha raggiunto il traguardo di diversi dischi di platino, dischi d’oro, live sold out, premi alla critica e altro ancora. Le sue collaborazioni sono diverse, come anche il suo impegno nel sociale: Caparezza ha molto da dare, da darci e regalarci. Il suo sesto album “Museica”, nelle prime due settimane dall’uscita, ha venduto 25.000 copie: ad oggi che vi scriviamo, Caparezza gira in lungo e in largo lo stivale attirando ai suoi concerti diverse migliaia di persone che seguono con grande affetto questo artista a 360°. Ne ha fatta di strada il giovane Mikimix dal lontano 1996 all’odierno 2015: chissà da qui ad altri 15 anni come e cosa ci regalerà la punta di diamante della musica italiana.Unica serata a pagamento: 15 €. Info e prevendite: www.frogstock.it www.vidiaclub.com disponibile su circuito Ticketone e Vivaticket oppure ufficio turistico: Tel. 0546.71044

Formazione in trio con Nicola Dotti alla chitarra/cori e Luca Donati alle percussioni. Le covers di Bob Marley sono il punto più fermo d’incontro dei tre musicisti lasciando spazio però anche a un repertorio ritmicamente frizzante di pop e di inediti. Buon ascolto!

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La notte è serena, io no. In casa proprio non riesco a stare: qualcosa mi dice che devo uscire, anche se è quasi mezzanot-te e il martedì a quest’ora fuori ci sono solo i gatti in calore. Frega un cazzo. Le scarpe brutte ai piedi, cammino lontano dai lampioni, senza meta. Prendo la via degli orti, costeggio il fiume, mi impolvero nella terra che d’estate diventa sabbia, ascolto le rane e sobbalzo un po’ quan-do canta un uccello notturno.Quasi senza rendermene conto, sono al Rio Ferrato, poi la ciclabile bianca come una riga di cocaina mi porta a Riolo. La mente è aria, ma i miei passi vanno sicuri al parco flu-viale. Vedo una panchina e capisco che è lì che sto andando. Il legno mi accoglie fra le sue braccia magre e nodose, il cielo è un nonno preoccupato che coi suoi mil-le occhi segue a distanza la mia piccola odissea. Eppure sento che c’è troppa aria fuori e dentro me, e non basta esser soli per esser liberi. Si affacciano un paio di pensieri alcolici e già mi vedo con il bic-chiere di grappa in mano a fumare un sigaro nel giardino buio davanti a casa, quando avverto una presenza al mio fian-co. Trattenendo il fiato giro lentamente la testa: qualcuno è seduto sulla mia stes-sa panchina, a mezzo metro da me. Non sembra tanto alto; sotto la giacca di pelle si indovina un corpo minuto. Anche il mio misterioso compagno si volta verso di me: i suoi capelli crespi sono neri e grigi e nascondono parzialmente una fronte am-pia e piatta; il viso è tutto sommato picco-lo, emaciato, solcato da rughe profonde. Nei suoi occhi neri un’antica inquietudine riposa sotto uno strato di calma secolare.“Sapevo che saresti venuto qui” mi dice

Lou Reed. “Sapevi... qui? Come?” balbet-to, ormai più sbigottito che impaurito.”-Siamo uguali io e te.” “Io e te: uguali?” “Non devi temere quel che senti.” “Chi ti dice che lo temo?” “La tua presenza qui, in piena notte, a piedi, solitario come un cowboy.” “Anche tu sei da solo.” “Io non sono mai solo. Un tempo lo sono stato, ora non più.” “Ma tu sei morto.” “Bella scoperta. Il problema è che tu sei vivo.” “Non mi sembra un gran problema...” “Avevo poco meno della tua età quan-do sono diventato la più grande rock-star della storia. O il più grande drogato della storia del rock, vedila come vuoi. A volte, dopo un concerto in qualche buco di locale che odorava di piscio ed eroina, mi svegliavo sul pavimento ap-piccicoso di uno scantinato mai visto, e il bello sai qual era? Che avevo ancora un ago infilato nel braccio.” “Io non mi drogo, non ho mai fumato neanche uno spinello.” “Il problema della vostra ge-nerazione è che pensate che la rispo-sta stia nel non fare quello o non fare quell’altro. Vi hanno ficcato in testa tante di quelle idee del cazzo per far-vi sentire a posto... ‘Cura il tuo corpo!’ ‘Mangia sano!’ ‘Evita i vizi!’ ‘Conduci uno stile di vita regolato!’ Cazzo. Ai miei tempi Chris Martin avrebbe fatto ham-burger a SoHo.” “Io cerco di fare il me-glio che…” “A vent’anni ho scoperto di avere un buco grosso così nel cervello; allora c’ho infilato dentro tutta l’eroina che ho potuto, e anche qualcosa di più. Quando ero troppo fatto per farmi di nuovo, mi attaccavo alla bottiglia, c’era sempre una mano che me ne passava una. E poi sono venuti i grandi anni della

metedrina, ma quel cazzo di buco con-tinuava ad allargarsi. Finché ho capito che non l’avrei riempito mai. Allora ho smesso di provarci. Hai capito la diffe-renza fra voi e me? ” “Non proprio… ma non hai detto che siamo uguali?” “Siamo uguali, perché quel buco ce l’abbiamo entrambi. Ma tu e quelli come te vivete come se non ci fosse. Come se bastasse metter da parte due soldi alla fine del mese, un aperitivo in spiaggia e un cine-ma con una ragazza.” “E tu come hai fat-to?” “Mi sono seduto e li ho aspettati.” “Chi?” “I miei demoni. Il vuoto interiore, il male di vivere, chiamalo come cazzo ti pare. E quando sono arrivati, mi hanno fatto compagnia fino alla fine.” “Non so se ho capito… senti, Lou, io adesso mi andrei a letto, magari ne parliamo un’altra volta.” “Non è la solitudine, l’insoddisfa-zione o la mancanza di qualcosa che ti definiscono: è quello che ami.”Deglu-tisco. Passo un minuto a osservare l’er-ba che danza irregolare sulla spinta del vento, intanto le sue parole mi esplodono dentro come granate. Ne passa un altro. Mi scuoto e gli chiedo: “Ma tu cosa ci fai qui?” “Quello che ci fai tu. Siamo su un terreno che da oltre vent’anni è impre-gnato di rock ‘n’ roll; un posto per gente inquieta, come te e come me.” “Come la mettiamo con il fatto che sei morto da un paio d’anni?” “I giornalisti mi chiamava-no ‘l’angelo nero del rock’. Non sbaglia-vano: lo sono per davvero.”

Martino Savorani è l’autore de “I demo-ni delle campagne – 3 storie dell’orrore” (Epika Edizioni, Bologna 2015)[email protected]

L’ANGELO NERO DEL ROCK

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Ebbene eccoci qua al nostro consueto appuntamento con l’in-tervistone ad uno dei personaggi, che dico, personaggissimi, della Clips. Dopo avervi stupito negli anni con effetti speciali, oggi vogliamo presentarvi un Uomo con la u maiuscola che ha fatto dei suoi occhioni blu un marchio di fabbrica. Per riuscire ad intervistarlo, e a rubargli le dichiarazioni che seguono no-nostante la sua indole molto riservata, l’abbiamo intrattenuto con del buon cibo: per questo vogliamo ringraziare gli amici di Portofranko per il loro buonissimo pollo e la loro ospitalità. Par-tiamo con la prima domanda: “dicci perché in tutti questi anni sei stato chiuso in grapperia, che segreto nascondi?” I: “Sono rimasto incastrato, non nascondo nessun segreto: sempli-cemente ci siamo trovati bene e così non ho mollato!”. (NdA: Iarvi e Sara, la sua dolcissima fidanzata, sono i genitori della no-stra grapperia: diteci la verità voi fans di Frogstock, quanti metri di cicchetti di grappa avete degustato?!). Mentre stiamo per fare la seconda domanda, Iarvi arriccia le sopracciglia: speriamo non voglia fare un allentamento extra di lotta greco romana… “Voci di corridoio ci dicono che la cicatrice che indossi, con gran-de onore, sia il frutto di una lotta molto motorizzata e poco greco-romana: che cosa hai dunque combinato?” I: “Non ri-

cordo bene la dinamica dell’incidente, stavo sorpassando Scudiero in terza piena e ho fatto un salto.. troppo salto!”. (NdA: Iarvi, come suo fratello Daigoro - pluricampione italiano e atleta olimpico - pratica la lotta greco romana e per essere invece precisi sul suo salto.. troppo salto, in tal contesto si ruppe l’omero). Ora ci facciamo più seri per darci uno spessore: “Sei diventato da poco consigliere della Clips Rag & Rock: quale sarà la prima cosa che porterà la tua firma?” Iarvi risponde senza esitare: “La prima non si può sapere, la seconda sì: il Lom a Merz by Clips o Frogstock Ice”. Chiudiamo la nostra intervista con una domanda molto semplice: “Tre parole per ri-assumere il tuo amore per Frogstock.” Iarvi ci risponde anche se ci ricorda che con il “vecchio” caporedattore Mirco -Inge- era più semplice fare le interviste. :) Pausa di riflessione. I: “Fatica. Sputi l’anima ma poi tutto è ripagato dai sorrisi della gente, dalle nostre facce… Insomma hai capito il concetto, su! Chi si fa una birra?”. Grazie Iarvi per le tue parole!

(non in ordine di importanza ma tutti, in un qualche modo, co-scrittori di questa intervista) Melli, Ariele, Filo, Sara, Inge, Chicco, Pirs, Filo F., Nicola, Ale e altri ancora!

I PERSONAGGISSIMI DI CLIPS RAG & ROCK

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LA GROTTA DEL RETIBERIO

La Grotta del Re Tiberio si trova a Riolo Terme – frazione di Bor-go Rivola, all’interno del Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola. Ha uno sviluppo complessivo di oltre 6 chilometri e un dislivello di 223 metri. I torrenti sotterranei, i quali hanno generato un vasto reticolo di gallerie, cunicoli, pozzi e sale, dopo un percorso esterno di alcune centinaia di metri confluiscono nel torrente Senio. La Grotta del Re Tiberio costituisce uno dei contesti archeologici più noti e interessanti della Regione Emi-lia-Romagna: la grotta venne utilizzata a scopi funerari già a partire dall’Età del rame fino al Bronzo Antico (tra il III e gli ini-zi del II millennio a.C.) con deposizioni primarie e attestazione di complessi riti di manipolazione delle ossa. Sulle pareti nei dintorni della grotta vegeta la rara felce Cheilanthes persica e, all’ingresso della grotta, si trovano ancora alcuni esemplari di un’altra felce, Adantum capillus-veneris. Il sistema di grot-te e gallerie dei Gessi di Monte Tondo ospita bene 15 specie di pipistrelli, con importanti colonie riproduttive o invernali di miniottero, vespertilio maggiore, vespertino di Blyth e ferro di

cavallo euriale. La grotta accoglie anche un’interessante fauna invertebrata, con otto specie troglobie e eutroglofile (cioè esclu-sivamente o prevalentemente cavernicole), tra cui il piccolo gamberetto Niphargus gruppo longicaudatus, l’isopode Andro-niscus dentiger, due specie di acari endemiche del Re Tiberio (Medioppia melisi e Ramusella caporiacci) e la bella cavalletta Dolchopoda Laetitiae. INFO: La Grotta del Re Tiberio è visitabile gratuitamente con l’accompagnamento delle guide accreditate del Parco dal 1 Aprile al 15 Novembre; il sabato ore 14:00 - 18:30, la domenica e i festivi ore 09:30 – 13:00 e 14:00 – 18:30. Dato il numero limitato di persone per ogni accompagnamen-to, è vivamente consigliata la prenotazione al numero +39 389 0312110 o via e-mail a [email protected]. Per le visite gui-date a pagamento, negli orari e nelle giornate nelle quali non è prevista la visita gratuita, rivolgersi a: LA NOTTOLA (riferimenti sopra riportati) o alla ROCCA DI RIOLO TERME (Tel. + 39 340 1842194 o e-mail: [email protected]).

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gsUN’ALTRA STAGIONEDA ESORDIENTI

Quando sei un ragazzino, il mondo non è fatto a tua misura. A scuola ti sgridano i prof, e quando arrivi a casa ti sgridano i genitori. I ragazzi più grandi ti prendono in giro e le ragazze, beh, quelle nemmeno ti vedono. Per molti, l’unico posto fatto su misura è un rettangolo di prato, che misura cinquanta metri per cento, con le bandierine agli angoli. Quel rettangolo è uno dei po-chi luoghi che senti davvero tuo, in cui senti di funzionare come si deve, non solo per combinare disastri e prendere sgridate. A Casola Valsenio, in Romagna, i ragazzi quel luogo non ce l’hanno più. Non esiste più. Una frana spaventosa, centinaia di migliaia di metri cubi di roccia e terra, nella notte di un terribile merco-ledì, ha cancellato quei cinquanta metri per cento di meraviglia. Sono crollati in fondo alla riva del fiume, trascinando giù per la scarpata a strapiombo le panchine, il campo di allenamento e i pali dell’illuminazione. E metà del campo da gioco. Qua a Casola Valsenio, come tutti gli italiani, siamo gente abituata a cavarce-la (noi diciamo ‘sgavagnarcela’, perchè da noi il dialetto non è solo un’opinione). In Italia, per quanto i nostri accenti possano essere diversi, e noi abbiamo delle esse e delle zeta davvero imbarazzanti, condividiamo lo stesso destino. I nostri antenati sono sopravvissuti alla miseria più nera e i nostri nonni a un anno di Linea Gotica, nel 1944. Il paese, che aveva settemila abitanti prima della seconda guerra mondiale, si è ritrovato ad averne tremila scarsi due anni dopo. Ma chi è restato, ha costru-ito case nuove dalle macerie e dai campi seminati di bombe e mine ha tirato fuori vigneti e filari di peschi; si sono reinventati l’ universo intero, e Casola Valsenio oggi è un buon posto in cui vivere, è la nostra meraviglia, in mezzo al verde dell’Appennino. Se volete venire a salutarci, ci sono tutti i passatelli in brodo, il sangiovese e la piadina che si possa desiderare. Cerchiamo

amici che abbiano voglia di mettersi insieme a noi a reinventare l’universo, per ricostruire altri 50 metri per 100 di meraviglia, per tutti i ragazzi che hanno e avranno voglia di giocarci. E non solo quelli di Casola Valsenio. Tutti. Cerchiamo soci, abbastanza sognatori da voler diventare proprietari del terreno per il nuovo campo sportivo. Tutti i soci sognatori, a prescindere dalla cifra investita, verranno invitati alla grande festa che si terrà per l’i-naugurazione del campo; ci saranno piadina, squaqquerone e palloni da prendere a calci per tutti. Quel giorno si potrà anche ritirare il premio che abbiamo pensato per ogni nostro donatore. A ogni socio-sognatore verrà consegnato un attestato di co-pro-prietà. Con i soldi raccolti, compreremo un nuovo terreno e lo recinteremo. Così i nostri bambini avranno il loro campo in cui giocare e allenarsi, senza dover continuare a farlo sul tetto della caserma dei Vigili del Fuoco... (giuro, proprio così!) Molti anni fa, qualcuno chiese a una famosa psicologa tedesca come avrebbe spiegato il concetto di felicità a un bambino. “Non glielo spie-gherei” rispose “gli darei una palla con cui giocare”. Un brut-tissimo mercoledì mattina, una frana si è portata via il nostro campo sportivo. La sera prima, i bambini erano li a giocare e ad allenarsi; avrebbe potuto portarsi via anche loro. Ma noi siamo ancora qui. Abbiamo salvato tutte le nostre case, tutti i nostri palloni e, sopratutto, tutti i nostri bambini. Tutti quanti. Ci manca solo il terreno. Con una qualsiasi donazione, potrai diventarne co-proprietario (e vantarti di possedere, in Romagna, 50 metri per 100 di meraviglia). Diventa socio-sognatore, e reinventia-moci dal niente un luogo perfetto in cui poter inseguire una palla ed essere felici. Riprendiamoci un’altra stagione da esordienti. Ah, dimenticavo. Oltre alla piadina, avrai anche la nostra gratitu-dine. E il nostro amore. Hanno lo stesso identico profumo.

CRISTIANO CAVINA

http://buonacausa.org/cause/un-altra-stagione-da-esordienti

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Bum bum cha, bum bum cha..... Mi tormentano i ritornelli nella testa!!! Bum bum cha cico dico bum bum cha..... Mah!!!!!! Anno dopo anno qualche ritmo mi coinvolge, mi prende, mi riempie le pause mentali. Tipo ritornelli come “sei il nostro idolo, sei il nostro idolo basley” di Fibra o l’intro di “My favorite game” dei Cardigans o “perché non prendo posizione é colpa mia mi crolla il mondo addosso se ci penso non me frega niente” del Teatro degli Orrori o ancora “ti porterò nei posti dove c’é del buon vino e festa festa fino a mattina” dei Litfiba .. Appena stacco e non so davvero cosa fare, mi accendo una paglia e tac riparte bum bum cha cico bum bum cha!!! Ogni anno una canzone diversa, ogni anno un brano mi colpisce e io ho bisogno di questo: le canzoni devono colpirmi, devono farmi rimanere

qualcosa dentro! Come nel caso del suo viso, quello della dea, il ferraccio, la superbona per capirci: di lei ti rimane in testa sempre qualcosa di preciso, tipo labbra occhi.... Nella traccia di un cd c’é la frase, il ritmo, la melodia........Sono malato?! .....Può darsi! Ecco.... tutta ‘sta minestra per ricordarvi e ricordarmi che il Frogstock è come le cadenze di una bella canzone: riparte nella pausa giusta, quella in cui il caldo è arrivato quasi tutto, quello in cui le vacanze sono andate e si sta - quasi- ripensando al lavoro... E invece no.... e no...... Il nostro super palco ci regala tutte le estati un ultimo bagno di caldo, di amici e di note!!!! L’ultimo reef, l’ultima onda da surfare!!! Dai Frogstock, dam-mi un altro ritmo da ricordare, da tenere ossessivo nella memoria!

BUM BUM CHA CICO DICO BUM BUM CHABUM BUM CHA CICO DICO BUM BUM CHABUM BUM CHA CICO DICO BUM BUM CHA

INGE

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Cari amici, in questi giorni in cui non mi sono fatto vedere al bar o in qualunque altro dei nostri soliti posti in cui cazzeggi-amo allegramente, mi è successa la più terrificante delle esperienze che mi sia mai capitata. Non sono stato malato come ho fatto intendere a tutti; o meglio, sono stato “malato” in un modo molto, molto “particolare”. Cominciamo dall’inizio: lunedì mattina, di buon’ora, mi sono reca-to all’ospedale civile di Faenza, reparto urologia, per sottopormi alla tanto fa-migerata e mai troppo temuta circoncisi-one. Lo confesso: ero terrorizzato ma neanche nei miei più terribili incubi pote-vo mai immaginare che avrei dovuto sop-portare tante e tali sofferenze per colpa di uno stupidissimo e alquanto inutile pez-zettino di pelle pressoché morta noto a tutti col nome di “prepuzio”. Alle 8.00 di mattina, con la puntualità che mi contrad-distingue, mi sono presentato all’infer-miera del reparto chirurgia-urologia per farmi assegnare il letto che mi avrebbe sostenuto nelle poche ore post-operazi-one (per inciso: era un ricovero in day-hospital). Mai avrei creduto che quel letto per poco non sarebbe diventato il mio capezzale! Il mio compagno di stanza e di sventura, tale Andreolli Alessio laure-ato in geologia, si dimostrò subito un tipo simpatico col quale legai all’istante con la facilità dei camerati uniti dallo stesso destino: anche lui, infatti, di lì a poco sarebbe diventato un putativo ebreo. L’in-fermiera, tale Mariana, ci portò tutta pim-pante i nostri camici, le nostre allegre cuffiette di un celeste vomitevole e i nos-tri gambaletti molto trendy che ci avreb-bero vestito di tutto punto per “l’innocua” operazione. Di lì a poche ore avrei capito

che il camice, la cuffietta e i gambaletti erano in realtà i paramenti sacrificali per noi vittime innocenti! Portarono via per primo Alessio, dopo averlo rasato a zero nella zona pubica con un bel rasoio pluri-usato e senza uno schizzo di schiuma da barba, così… a secco! Tutto questo tra i miei lazzi e le mie risate. Io, furbissimo, mi ero rasato il pube a casa, da solo, nel mio bagno, gettando ciuffi di pelo arric-ciato nel water, nello scarico doccia, nel lavandino. Dovete sapere che non volevo fare troppa pubblicità a questo intervento e in pratica non l’avevo detto a nessuno, neanche in famiglia. Dopo una mezz’oret-ta, da quando il mio nuovo amico Alessio era scomparso inghiottito dal sistema sanitario nazionale, la “simpatica” Mari-ana mi venne ad iniettare in piena chiap-pa sinistra (sempre stata la mia preferita) 4 cc di valium (n.b. ad Andrea non furono somministrati...). Dopo pochi minuti i barellieri mi vennero a raccattare posan-domi senza tanti complimenti su quelle infernali macchine da tortura che tutti noi ci ostiniamo ancora a chiamare “barelle”. Immaginatevi la scena: mezzo nudo (praticamente col culo scoperto per colpa dei camici ospedalieri), con una cuffietta in testa che mi faceva sembrare una vec-chia che si apprestava a fare una doccia, vengo sballottato fino alla sala operatoria, in mezzo a gente vestita normalmente che a malapena trattiene le risate davanti ad un simile spettacolo. Beh, è stato umil-iante! In sala operatoria fui bucato ad un braccio da un infermiere che malaugurat-amente non trovò subito la vena, non la trovò “subito” neanche le altre quattro volte; quindi si rifece tranquillamente sul mio povero polso, zona notoriamente

moooolto più sensibile soprattutto al do-lore. “Beh,” pensai “è una sfiga da poco...” Pensavo bene, quella era una sfiga da poco e nere nubi si stavano ad-densando all’orizzonte... Cominciò l’inter-vento. Io, precedentemente e saggia-mente, avevo convenuto coll’anestesista di  farmi praticare un anestetico locale che mi sarebbe stato iniettato prima dell’operazione alla base del “beneama-to” (per rispetto delle signore lo chiamerò così). Incominciarono ad inocularmi l’anestetico con piccole punture doloro-sissime: 2, 3, 4, 5, 6, 7 volte! “Un male da poco” pensai. Non so se ero più stoico o più incosciente… Comunque il “punto” mi si addormentò e “loro” cominciarono a tagliare chiacchierando allegramente sui risultati di calcio e sulle tette giganti dell’infermiera nuova in ortopedia. Nessu-no mi aveva però avvertito che l’aneste-sia locale non sarebbe riuscita ad addor-mentare tutti i nervi così, quando sobbalzai al primo stimolo doloroso, i “dottori” mi dissero che è molto difficile una copertura anestetica totale (dirlo pri-ma no?) e che avrei dovuto cercare di re-sistere. “Va bene, l’importante è che tutto questo finisca” pensai  (ripensandoci adesso mi viene da dire che mi porto un bel po’ di sfiga!) Sopportai eroicamente per 50 minuti, cioè per tutta la durata del “piccolo” intervento. Vi tralascio la de-scrizione degli epiteti pittoreschi con cui descrivevo nostro Signore e la sua Santa Famiglia durante la  cicatrizzazione, tra-mite bisturi elettrico, delle mie vene sco-perte dall’anestetico. Una  vera goduria! “Intervento perfettamente riuscito!”  es-clamò trionfante il chirurgo-urologo An-gelomario Carli.  Io gli credetti, cieca-

CIRCONCISIONE

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trentanove

mente, convinto dell’infallibilità dei medici: sciocco che ero! Mi riportarono nel mio lettino ed io lo confesso, ero fe-lice. Mi sentivo un coraggioso, avevo sconfitto la mia ancestrale paura del sangue, dei dottori e degli ospedali. Nel pomeriggio salutai Alessio e dopo la visita di controllo da parte di tre urologi, e dico tre, me ne andai da quel luogo di sof-ferenze inaudite col passo deciso dell’uo-mo libero dal peso opprimente di quel pezzettino di pelle inguinale. Lunedì sera, spavaldamente, decisi di andare al cine-ma, per festeggiare con me stesso la mia grande prova di coraggio. Durante il film, nel buio della sala, come un lampo le prime fitte mi assalirono fameliche il bas-so ventre, divorandomi il beneamato o quello che ne era rimasto. “Sarà il risveg-lio postumo dell’anestetico” candida-mente pensai e così non ci badai molto, fino a quando tornai a casa e zoppicando andai in bagno. Oh, orrore! Quando tolsi le medicazioni per rinnovarle, mi si presentò agli occhi uno spettacolo biblicamente tragico. (Qui chiedo ai più deboli  di stomaco di smettere di leggere, grazie). Ciò che prima era stato uno stupendo e sinuoso pene che io ho sempre definito “alla francese”, si era trasformato in un butterato fungo violaceo ricoperto di or-rende escrescenze che lo deturpavano irrimediabilmente in un connubio nefasto di malformazioni degne del reparto più segreto del Cottolengo! Mio Dio, era spav-entoso! Il male era lancinante, il gonfiore inumano, il colore extraterrestre. Soppor-tai eroicamente tutta la notte il dolore e la mattina dopo, come convenuto, mi recai alla visita urologica. Lì incontrai l’altro ragazzo che si era sottoposto al mio stes-so intervento, Alessio. Fino a quel mo-mento avevo sperato che i miei dolori fossero normali sintomi da fase post-op-eratoria. La mia sicurezza vacillò forte-mente e irrimediabilmente quando vidi questo ragazzo che allegramente ballava per i corridoi aspettando di essere visitato

(io sudavo freddo, avevo un porcospino nelle mutande e a malapena trotterellavo pinguinescamente). Allora capii. Ero nella merda. Entrai nell’ambulatorio e appena mostrai le mie vergogne al “caro” Angelo-mario i suoi occhi valsero mille parole. “Emorragia edemica” mi parve di leggere sulle sue colpevoli labbra. Non sono un dottore, ma questo suonava come niente di buono. Incominciò a tastarmi scroto e pene insieme ad una virago di infermiera dal peso elefantesco. Arrivò persino a to-gliermi un punto o due e a farmi drenare il sangue  tramite pressione delle dita come uno stronzissimo brufolo! Tutto questo in mezzo ai miei urli più disumani e alle mie parolacce più pirotecniche, con l’infermiera anti-figa che mi sibilava all’orecchio di dire quello che volevo, di sfogarmi. Non sa che ha corso il serio rischio di prendersi un bel pugno in quella faccia inguardabile e un potente calcio in quella pancia inutilmente vasta! Insom-ma, facciamola breve. Ricoverato d’ur-genza, mi hanno messo sotto ghiaccio la parte lesa per vedere se l’emorragia si ritirava. Col cazzo che si è ritirata, la maledetta! Quando mi sono venuti a to-gliere il ghiaccio e le fasciature un  lago di sangue è fuoriuscito dalle mie ferite così copioso che, anche se io non guardavo, potevo intuirne la portata dal getto caldo che mi inondava le cosce fino alle ginoc-chia! Chi di voi mi conosce bene, si può immaginare come mi sentivo e cosa provavo. Mio sangue dalle mie zone ero-gene! Mi ero sempre preso gioco di ques-ta triste condizione fisica femminile e adesso, sicuramente per colpa di un dio donna vendicativo, stavo provando ma-leficamente lo schifo che ogni donna deve sopportare una volta al mese, moltiplicato però migliaia di volte ( professoressa di italiano consolati: adesso so bene in cosa consiste il tanto famoso contrappasso dantesco)! Mi portarono in sala operatoria d’urgenza e questa volta mi dissero che mi avrebbero iniettato l’anestetico tra-

mite puntura spinale... “Che culo!” pensai ironicamente. Beh, mi piantarono l’ago direttamente nella spina dorsale (un bell’agone grosso e lungo che doveva forare la pelle della schiena notoriamente più dura, scavare nella carne fino a giun-gere al morbido midollo osseo dentro le vertebre e qui iniettare), e credetemi, fui felicissimo di tutto questo perché così il dolore mi abbandonò all’istante! Mi riaprirono (durante questa operazione il fiotto di sangue sotto pressione che partì dal mio idrante accecò uno dei due chiru-rghi e sporcò irrimediabilmente l’immac-olato camice dell’altro, magra vendetta), mi drenarono, mi ricauterizzarono tutte le vene, mi ricucirono con una cura certosi-na. Risultato a dir loro perfetto, ma l’avevano detto anche la prima volta, quindi provai a toccarmi le palle, non si sa mai che la sfiga… ma causa la spinale, non le trovai! Mi riportarono a letto, ma stavolta come compagno di stanza avevo un vecchio operato di fresco di prostata che ululava come un lassie per il dolore, giorno e notte, ininterrottamente... Per la cronaca, l’anestesia spinale lasciò il mio martoriato pube 9 ore dopo l’intervento, facendomi soffrire come un cane perché avevo la vescica gonfia come lo stomaco del mio amico Pogattino, ma per il mio cervello non esisteva nessun canale di fuoriuscita dello zampillo perchè era placidamente addormentato, il bastardo! In conclusione, sono uscito ieri mattina, con un sacchetto di cubetti di ghiaccio sul beneamato, dopo un calvario che neanche Gesù Cristo sull’omonimo monte  ha mai provato. E se adesso l’ho descritto a voi tutti è per sfogarmi e per dire a tutti quel-li che mi avevano decantato la facilità e l’ assenza di dolore di questo “facile” inter-vento queste semplici e pacate parole: andate a cagare voi, gli ospedali, le infer-miere graziose ma stronze, i dottori coi nomi più stupidi, tutti i circoncisi e, per farla molto più semplice, tutto il sistema sanitario nazionale! CALI

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gsFROGGY’SUGLIEST MOVIES

Anche quest’anno torna l’appuntamen-to con l’autopunizione cinematografica, con uno dei film che più ha provato la mia capacità di resistenza alle più atroci amenità mai prodotte su pellicola: Epi-taph - Follia omicida (1987) di Joseph Mehri, sicuramente fra le pellicole più deliranti e sconclusionate che mi sia mai capitato di vedere nella mia vita.  Il film comincia mostrandoci il

trasferimento in una nuova casa di una famiglia americana a prima vista tranquilla composta

da mamma Martha, papà Forrest, figlia Amy e nonna con l’Alzheimer, a cui si aggiunge un immancabile cagnolino (che alla lunga si rivelerà l’attore migliore della pellicola), che in pochi secondi viene considerato abbandonato e battezzato Orso. In questo prologo di pochi minuti ab-biamo subito alcuni indizi che ci dovrebbero spingere a interrompere immediatamente la visione e a tenerci alla larga da questo film, come gli atteggiamenti da psicopatica della madre o il fatto che i personaggi continuino a lamentare la presunta inabitabilità di una casa che allo spettatore appare invece come una splendida villa circondata da un parco grande come tutto il Molise ma, visto che siamo qui per far-ci del male, proseguiamo. Le danze cominciano subito dopo, quando apprendiamo che la moglie è apparentemente interessata a coiti con tutta la popolazione maschile mondiale tranne suo marito e convinta di essere a sua volta l’oggetto del desiderio sessuale di tutti gli uomi-ni; vediamo così la svergognata tentare un abbordaggio degno delle peggiori balere romagnole con un imbianchino che arriva nella villa per alcuni lavori, in un dialogo non semplice da comprendere a causa del sinistro accompagnamento sonoro tenuto a un volume troppo alto, che si conclude con un’uscita del povero artigiano, evidentemente non interessato alla donna, che strappa l’unica ovazione a scena aperta del film: “Ne ho abbastanza di te e di tutte le vecchie bagasce che incontro a causa di questo schifoso lavoro. Allora vuoi o non vuoi che dipinga la stanza?”. Come tutti sappiamo, poche cose sono pericolose come una donna quando viene rifiutata, ma, dopo un inutile stacco sulla nonna intenta a lavorare nell’orto, questo luogo comune viene portato all’e-stremo: la madre colpisce a morte il manichino che dovrebbe essere l’imbianchino con ripetute coltellate. Dopo quelle che ipotizziamo es-sere alcune ore, visto che si passa dal giorno alla notte nell’inquadra-tura successiva, assistiamo alla sepoltura in giardino del cadavere da parte del padre, il quale poi apostrofa duramente la moglie (“Martha, avevi promesso che non sarebbe più successo!” come se la donna avesse rubato delle caramelle) facendoci capire che quanto accaduto non è stato frutto di un raptus, ma di un problema mentale della donna che ha portato il marito a cambiare svariate volte abitazione, invece di

spingerlo a fare internare la madre di sua figlia nel più vicino ospedale psichiatrico. Questo è il preciso momento in cui ogni residua trac-cia della logica e dei rapporti di causa-effetto viene completamente spazzata via dalla mente dello sceneggiatore e regista Joseph Mehri, che, in evidente stato confusionale, si trasforma nel Leonardo da Vin-ci del nonsense, regalandoci un quarto d’ora da antologia del trash. Vediamo nell’ordine il padre che rassicura la figlia sulla madre serial killer dicendole che la farà seguire da una psichiatra (“Fidati, guarirà presto, te lo prometto”), la ragazza che come se niente fosse comincia a flirtare con un compagno di classe, di nuovo il padre  che spiega minuziosamente alla dottoressa il problema della moglie (“Lei è fis-sata con le camicie da notte, lei ama le camicie da notte... e le piace indossarle davanti agli estranei.”), due minuti della nonna che lavora nell’orto, gioca con il cane e dispensa pillole di saggezza alla nipote e infine l’apoteosi dell’assurdo: Amy, arrabbiata perchè la madre non vuole che incontri il ragazzo che ha da poco conosciuto, viene assa-lita nella sua camera da un redivivo imbianchino, che, nonostante sia stato sotto terra per due giorni con diverse ferite da arma da taglio, si dimostra in forma splendida e dotato del potere dell’ubiquità, riu-scendo anche a uccidere papà Forrest che nel frattempo era andato in giardino a verificare la presenza dell’uomo nella buca in cui lo aveva sepolto. A salvare la situazione arriva però mamma Martha, che dopo alcune battute degne del miglior Clint Eastwood (“Sapevo che non eri morto, non ti avevo dato le coltellate giuste, ma pensavo che saresti soffocato nella tomba!”) fredda l’imbianchino zombie con un colpo di fucile ben assestato, ponendo definitivamente fine alle sue sofferenze. Dopo un breve summit, nonna, madre e figlia decidono di continuare a non chiamare le autorità e di seppellire Forrest nello stesso modo dell’imbianchino, così dopo qualche secondo di tristezza e pianti ridi-coli da parte di Martha (“Era anche mio marito, sai? Mi manca molto!) la vita può riprendere normalmente con Amy che torna a scuola e la nonna al suo amato orto. Finita? Macché! Siamo appena a un terzo del film, di cui non vi svelo altro per non rovinarvi l’emozione nella scoper-ta di situazioni sempre più grottesche e paradossali, un’idea da buon film horror (un topo utilizzato in modo molto particolare contro  una persona) che stona quasi con lo squallore del resto della pellicola e un finale tutto da gustare, a metà strada fra la volontà di lasciare aperta la porta per un sequel e il non sapere come ca**o concludere una storia senza capo né coda. Nel momento in cui scrivo, il film è liberamente visionabile su YouTube con il doppiaggio italiano, che probabilmente rende leggermente più gradevoli le prestazioni assolutamente inac-cettabili di tutto il cast, corresponsabile di una delle più grosse boiate mai girate che vi invito quindi a visionare il prima possibile. Veniteci a trovare su http://nuovocinemalebowski.it per altre recensioni di film brutti e non!

MARCO PAIANO

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THE GERMS - the other newest one - [GI]- (1979)Iniziamo questo mixtape con i capostipiti indiscussi dell’Hard-Core Punk Cal-iforniano, i “Germi” in questione, con questo album e con questa canzone in particolare hanno cambiato per sempre il futuro della scena west coast cali-forniana, il ritornello cantato a squarciagola dal leader Darby Crash, etichettato come pazzo, criminale, anarchico, nazista, tossicodipendente, disadattato ed omosessuale, è entrato nella leggenda: “You’re not the first you’re not the last/ Another day another crash”

NIRVANA – molly’s lips – (incesticide -1992-)Cover dei The Vaselines, rivisitata in perfetto stile Nirvana, acquisisce quindi maggiore consistenza e sostanza, oltre ad una certa velocità, rispetto alle versi-one originale, una versione da “pogo, forse l’album più energetico registrato dai pionieri del “Grunge” della scena di Seattle

BUZZCOCKS – what do I get - Another Music in a Different Kitchen – (1978) Primo singolo di successo per la band Britannica, uno dei gruppi fondamentali per lo sviluppo del Punk in Inghilterra, il quartetto proveniente da Manchester, affrontava nei loro testi, tematiche a sfondo sessuale, parlando liberamente di droghe, un approccio totalmente diverso rispetto ai loro rivali (in ambito musi-cale) come i sex Pistols ed i Clash, che preferivano utilizzare testi politicizzati.

KYUSS – supa scoopa and mighty scoop (welcome to sky valley – 1994 -) Splendida summa dell’anima più catchy dei Kyuss: stoner-rock tiratissimo alla “Blues for the Red Sun”, (album precedente della band) cupezza e sporcizia grunge, sezioni ritmiche martellanti, distorsioni indiavolate con assoli chitarris-tici alla Jimi Hendrix, sincopi furibonde, e la voce di Garcia che regala un’ottima prova (dai richiami alla Chris Cornell).

FAITH NO MORE – epic – The real thing – (1989)Con questa favolosa song il cantante Mike Patton, che in parte armonizza divinamente con la sua voce giovine alternandola ad un rappato fresco e nuo-vo, arriva ad un soffio della perfezione, un esordio davvero da brividi. I Faith No More riescono a fondere il funk al Metal in una maniera inedita, con una tastiera che accompagna il brano trovando il suo culmine nelle note finali della canzone.

MINOR THREAT – minor threat (minor threat – 1981)I Minor Threat di Ian MacKaye sono stati tra i grandi protagonisti della stagione hardcore americana. Ma sono stati anche tra i primi a superare le frontiere del genere. E la loro lezione ha influenzato una miriade di band a venire, a comin-ciare dai fondamentali Fugazi. l’Ep Minor Threat: 8 brani, 9 minuti. Questo è il brano relativamente più rilassato, più “college”. Anche se la voce di MacKaye dà sempre il massimo, pur nella brevità dell’esecuzione, e in essa sta tutto il dolore del rimpianto o del rincrescimento doloroso per la caducità e l’inconsis-tenza di ogni cosa.

ALICE IN CHAINS – man in the box – (facelift -1990-)Questo è il classico pezzo da ’90, in tutti sensi, anche per questioni anagrafiche, con quella chitarra a martello pneumatico e il ritornello cantato da un Layne in totale stato di grazia, una canzone dalla forza corrosiva e lacerante, di sicuro uno dei brani Grunge migliore di sempre.

DEVO – Uncontrollable Urge- (Q: Are We Not Men? A: We Are Devo! -1978-) “Uncontrollable Urge” è l’inno definitivo alla masturbazione, uno dei pezzi più vorticosi di un anno prodigo di pezzi vorticosi. Punk puro, e migliore di tanto altro punk, Il suono dei Devo è formidabile, incontrollabile, Signore e Signo-ri i Devo: la devoluzione è cominciata, a suon di chitarre irrefrenabili e voci nevrasteniche.

IGGY POP – nightclubbing – (the idiot – 1977-)Ancora il veccchio Iggy, l’iguana, nei fiore dei suoi anni migliori (o peggiori su certi punti di vista) il ritmo di questa canzone è ripetitivo ed ossessivo, Iggy rimasto orfano dei suo vecchi compagni , i mitici “Stooges, trova conforto nell’amico David Bowie, che nelle fredde notti Berlinesi, estraggono dal cilindro questo blues glaciale e geniale”Nightclubbing we’re nightclubbing/ We’re an ice machine/ We see people brand new people”

FAST ANIMALS AND SLOW KIDS – ( Alaska -2014-)Primo singolo estratto dal loro ultimo album, una bomba di emozioni, accom-pagnato da un video-clip bellissimo e nostalgico, uno di quei video dove ti im-medesimi. Vi è capitato di citare posti della vostra città?, posti che ti ricordano l’infanzia, l’adolescenza, posti che non ci sono più, oppure posti che ci sono ancora, ma belli in maniera diversa, guardati da un altro punto di vista, uno di quei posti è proprio il “Frogstock”, tra 30 anni la gente parlerà ancora del Frogstock, rispolverando ricordi impressi nella propria memoria.

MISFITS – hybrid moments – (static age – 1978-)La voce mistica e malinconica di Glen Dazig che accompagna questa canzone è davvero da pelle d’oca, nemmeno due minuti di durata ed un testo un pochino scarno e ripetitivo, ma questo non c’entra, perché in questi minuti riusciamo a sentire l’essenza e lo spirito di questa leggendaria band, icona di tutti i disadat-tati. I Misfits hanno influenzato moltissimi artisti che renderanno a loro omaggio pur essendo distanti dal loro stile musicale, vedi Metallica, Slayer, Red Hot Chili Peppers, ecc.. La lista è davvero lunghissima, quindi massimo rispetto per la band horror-punk più famosa di sempre.

LYNYRD SKYNYRD –simple man- (pronounced ‘lèh-’nérd ‘skin-’nérd – 1973) Questo inverno un amico se n’è andato per sempre, non tornerà più, una persona semplice, sincera e genuina, una per-sona umana, un ragazzo d’oro, leale, un amico di vecchia data, di quelli con cui hai condiviso tantissime cose, soprattutto la passione per la musica. Dai tempi dell’adolescenza fino a diventare uomini, tra risate e scazzi (a volte inutili), un amico con il quale ti scambiavi le mitiche Mc, i Mixtape, fatti con tanta passione e tanta pazienza. (cazzo quanto ci piaceva fare quelle cassette scritte a mano ed ascoltarle assieme sino a consumarle… ) Ci manchi Simple Man. Ci manchi davvero tanto.

immagini e testi: MALVA

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quarantasetteARIETECon Saturno in Sagittario e Giove in Leone (ma i pianeti a casa propria mai ?) il 2015 sarà senz’altro uno degli anni migliori da qualche tempo a questa parte… Ma, cari anfibietti, tal Plutone vi suggerisce di essere elastici e di-sponibili al cambiamento. Il grande rospo consiglia: non rompete gli zebedei al prossimo.

BILANCIABilancine, per voi vento in poppa e tra le poppe: vi attende un periodo economicamente e sentimentalmente positivo. Bilancioni un filino di cautela in più, non fatevi prendere dagli eccessi e cercate di essere sempre elastici, adattabili e soprattutto cortesi: è una calda, caldissima raccomanda-zione da parte di tutto il firmamento.

SCORPIONELo zodiaco continua a dispensare periodi positivi ai para-kulati dello scorpione. Sarà il DNA da anfibio, ma da tempo il segno più velenoso della galassia ne azzecca una dopo l’altra navigando in acque chete. Tutto bene quindi, ma il grande rospo suggerisce con fermezza di gonfiarvi il meno possibile quando gracidate.

SAGITTARIORiflessione, maturità e impegno vi hanno guidato nella pri-ma parte dell’anno regalandovi soddisfazioni e risultati sul lavoro e nella vita sociale. La seconda parte dell’anno si rivelerà più difficile, ma le vostre qualità vi aiuteranno. Il grande rospo consiglia: valutate accuratamente quando è il caso di trottare e quando di galoppare.

CAPRICORNO“Premiati e felici” recita un recente tormentone pubblicita-rio. Non so cosa abbiate fatto allo zodiaco, ma, capricornu-toni, il firmamento ve le sta regalando proprio tutte in ogni ambito. Lo so che era ora, ma non esagerate nell’ubriacar-vi di vincite facili: i pianeti girano già da soli e non è il caso di far girar loro anche las pelotas.

ACQUARIONuvole di passaggio sulle finanze dell’acquario, ma la novità economica aiuterà a stabilizzare il vostro compor-tamento nei confronti degli eccessi. La ritrovata serenità interiore vi preparerà, dopo una bella doccia, ad un entu-siasmante viaggio verso nuovi traguardi. Il grande rospo consiglia: ombrello e parafulmine.

PESCIPesciolini carissimi, è da giugno che le congiunture astrali vi stanno prendendo di mira: vi conviene innestare marce molto corte per affrontare le salite che vi attendono per fine anno. Avventuratevi nel vostro mare, scendere a terra può rivelarsi pericoloso: quella è una roba da anfibi che solo i rospacci di Frogstock possono affrontare.

TOROTorelli e torelle lasciatevi alle spalle questi primi otto mesi di sfiga allo stato puro e preparatevi a realizzare un picco-lo desiderio. Lo so, avete visto e vorreste vedere ancora tempi veramente migliori, serve ancora un po’ di pazienza: il traffico astrale sta facendo tardare l’arrivo dei pianeti a voi favorevoli.

by Bigtoad’s Wizard

GEMELLIRanocchietti gemelli vi aspetta una seconda parte dell’an-no da gestire con molta prudenza, sopratutto dal punto di vista economico. Comunque non c’è nulla per cui spaven-tarsi troppo: la vostra natura anfibia vi eviterà di affogare. Il grande rospo consiglia: braccino corto ed evitare minchia-te negli acquisti.

CANCROCancro pronto ad accendere la lanterna della fortuna per la seconda metà del duemilaquindici; attenti però all’impulsi-vità e a quando decidete di cambiare qualcosa, spendete un minuto per far girare tutte le rotelle del cranio nel verso giusto. Per le ranocchiette: a meno che non lo cerchiate espressamente, attente al girino dietro l’angolo.

LEONEPer i leoncini, specie quelli con la criniera, un 2015 che più che un anno sembra una collezione di botte di kulo. Via quindi con un filo di gas, ma ogni tanto abbassate lo sguardo: si rischia di inciampare, soprattutto in questi giorni di fine estate. Il grande rospo consiglia: gracidare a voce bassa.

VERGINETempo di giardinaggio per la vergine: un anno impegnativo vi chiede di dare una bella potata a tutti i rami secchi. Ricordatevi di annaffiare i fiori, per quelli già appassiti fa-tevene una ragione e approfittate per piantarne dei nuovi, diverranno belli e rigogliosi in breve tempo. Buttate via quel senso di malinconia che vi affligge da tempo.

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