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Testi e studi di cultura classica Collana fondata da Giorgio Brugnoli e Guido Paduano Diretta da Guido Paduano, Alessandro Perutelli, Fabio Stok 43

Gasti AgostinoETS

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  • Testi e studi di cultura classica

    Collana fondata daGiorgio Brugnoli e Guido Paduano

    Diretta daGuido Paduano, Alessandro Perutelli, Fabio Stok

    43

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  • Agostino a scuola:letteratura e didatticaAtti della Giornata di studio di Pavia

    (13 novembre 2008)

    a cura diFabio Gasti e Marino Neri

    Edizioni ETS

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  • www.edizioniets.com

    Copyright 2009EDIZIONI ETS

    Piazza Carrara, 16-19, I-56126 [email protected]

    DistribuzionePDE, Via Tevere 54, I-50019 Sesto Fiorentino [Firenze]

    ISBN: 978-884672384-0

    Pubblicato con un finanziamento del Comitato Pavia citt di SantAgostino

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  • * Universit degli studi di Pavia; [email protected] Il sostantivo parturitio attestato tardi nelluso e sembra peculiare della prosa cristiana a partire dalla tra-

    duzione cosiddetta Itala della bibbia. Agostino, che lautore che usa di pi il termine, trova anche una diffe-renza: parturitio tristitiae, partus autem gaudio comparatur (in evang. Ioh. 101,3), intendendo che il secondo ter-mine gioioso mentre il primo implica lidea di sofferenza; cos anche Mario Vittorino: parturire in dolore es-se cum partus effunditur (in Gal. 4,27). Di fatto luso dominante quello metaforico, per indicare appunto do-lore e sofferenza (p. es. Aug. in evang. Ioh. 101,6; in psalm. 47,5; 122,6): significativo il dato che in alcuni casi,laddove la Itala ha parturitio, la Vulgata di Gerolamo esplicita dolor (Ps 17,5: circumvenerunt me parturitionesmortis > dolores mortis; Mt 24,8: ista initia parturitionum sunt > dolorum). Qui luso metaforico appare pi ge-nerico e vicino al nostro modo traslato di usare parto, come Aug. epist. 151,6: dies parturitionis (il giorno del-la decisione, del parto), ma lidea della sofferenza resta sempre una connotazione presente.

    Parturitio novae vitae: raccontare la conversione(Aug. conf. VIII e due lettere)

    Fabio Gasti*

    1. La conversione: esperienza e letteratura

    1.1. Nel presentare Agostino a una classe di liceo, a proposito di qualunque am-bito disciplinare lo si tratti e quale che siano la finalizzazione e la metodologia di-dattica adottate, senzaltro la conversione lepisodio su cui non si pu non insi-stere. Ma, fermo restando che non si trattato evidentemente di una illuminazio-ne o una risoluzione personale improvvisa, opportuno ampliare il discorso e in-serire la conversione di Agostino in un contesto culturale, e non solo letterario,ben documentato.Non si tratta di un fatto istantaneo: la scrittura stessa del nostro autore a illu-

    strarlo con una metafora di grande espressivit a proposito di un giovane dignita-rio di corte, di cui leggiamo la conversione, o perlomeno il culmine di quel pro-cesso. Quella che chiamiamo conversione in realt parturitio novae vitae (conf.8,6,15), il momento finale e liberatorio di unesperienza complessiva che, attra-verso una lunga sofferenza, garantisce un risultato appagante e duraturo e che fi-nalmente mostra quanto a lungo stato portato allinterno1.

    1.2. In fondo lo scrittore stesso a indirizzare il lettore a una pi ampia valu-tazione della sua esperienza sottraendo questultima allepisodico e al contingen-te, da un lato, e allautobiografismo e alla mistica, dallaltro. Nel finale del libroVIII delle Confessioni la scena della conversione nel giardino di Milano, risalenteal luglio del 386, s presentata come approdo di una toccante ricerca personaledi Agostino, come intellettuale e come uomo, che rappresenta una sorta di centro

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  • 2 Con finezza a suo tempo gi P. Courcelle ha raccolto gli elementi di narrazione autobiografica in opereprecedenti le Confessioni (Contra Academicos, De beata vita, De utilitate credendi) per dimostrare come la ten-denza al racconto di s sia effettivamente naturale in Agostino: Les premires Confessions de saint Augustin,REL 21-22, 1943-1944, pp. 155-174.

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    spirituale e ideologico; ma, proprio per questo, lo scrittore la prepara accurata-mente presentando alcuni episodi di conversione attraverso il racconto di testi-moni: Mario Vittorino, Antonio eremita, i dignitari di Treviri sono cio casi (in sstoricamente diversi) di cambiamento radicale del modo di pensare da parte dipersonaggi di primo piano dal punto di vista culturale o politico, che prefiguranolesperienza dello stesso autore, affermato maestro di retorica. Ma anche altri luo-ghi dellopera p. es. quando si racconta la ricerca spirituale della cerchia degliamici di Agostino, e in particolare Alipio sono per noi preziosi per valutare cor-rettamente un fenomeno estremamente interessante nel panorama della storia cul-turale, e non solo religiosa, della tarda latinit.Gli antichi amano raccontare, e in particolare gli scrittori cristiani sentono

    spesso la necessit di aprire al lettore la propria esperienza passata, interpretandoper altro verso tale propensione al racconto della propria vita come unoccasionedi apostolato. Le Confessioni agostiniane, poi, presentandosi come unopera com-plessiva e per cos dire multivocale, non solo dal punto di vista dellesperienza del-lautore, ma anche da quello pi specificamente testuale, trovano nella forma nar-rativa una tipologia di espressione frequente e connotativa. Non infatti un casoche Agostino sia spesso rappresentato nellatto di raccontare a qualcuno episodio parti della propria vita, e ami qualificare il proprio rapporto con determinatepersonalit proprio diremmo oggi per facilitare lanalisi e lautoanalisi: cosracconta ad Ambrogio la propria peregrinatio (5,13,23), a Simpliciano circuitus er-roris (8,2,3) e nel De beata vita si rivolge a Manlio Teodoro come ad id quod desi-dero unum aptissimum (4); poi, quando la presa di coscienza completa, nel-la scena del giardino, con Alipio si reca da Monica: ad matrem ingredimus, indi-camus: gaudet. Narramus quemadmodum gestum sit: exultat et triumphat et bene-dicebat tibi (8,12,30): la sintassi franta altamente mimetica della concitazione li-beratoria e insieme della rapidit delle azioni2.

    1.3. Anche per questo, allora, la lettura di Agostino pu rivelarsi utile ai finidella storia della cultura tardoantica o anche solo del costume di tale complessoperiodo. Soprattutto mi preme sottolineare come allinsegnante consenta di pre-sentare lesperienza dello scrittore allinterno di un panorama appunto culturale,ma anche di farne apprezzare loriginalit dal punto di vista del trattamento lette-rario di quellesperienza stessa.A un secondo livello, poi, possibile integrare la lettura dei testi agostiniani con

    quella di altre opere di autori vicini al nostro, perch hanno vissuto la stessa espe-rienza di ricerca, ritrovamento e approfondimento della fede o perch sono pernoi testimoni di eventi simili capitati ad altri: lobbiettivo di indagare le forme del

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  • 3 Ho iniziato a riflettere alcuni anni fa sullopportunit di includere, ove possibile, gli autori tardoantichinel curriculum scolastico: La didattica della letteratura latina: da una proposta editoriale a una proposta didattica,in Latina didaxis XX. La didattica del latino ventanni dopo. Atti del convegno di Genova-Bogliasco (8-9 aprile2005), Genova 2005, pp. 39-56.

    4 Il termine latino conversio allude alla circostanza di rivolgersi con tutto se stesso altrove rispetto al cam-mino percorso fino ad allora; pi precisa semanticamente laccezione del corrispondente grecometanoia, che im-

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    racconto della conversione pu cos utilmente arricchirsi antologicamente e assi-curare lapproccio a testi, magari marginali e meno conosciuti, rispetto alle Con-fessioni, ma ugualmente significativi per contenuto, forma e tipologia testuale.

    1.4. Il presente intervento come mostrano il tono discorsivo e numerose os-servazioni linguistiche, alcune delle quali forse pleonastiche, ma spero non del tut-to fuori luogo volutamente orientato allazione didattica. Lintenzione quel-la di offrire agli insegnanti suggestioni per creare un percorso didattico di letturadi testi latini tardoantichi, che si affianchino a quelli che continuiamo a chiamarecurricolari, alla scoperta di altri grandi autori, meno grandi dei grandi, ma nonmeno importanti nella storia delle idee.Agostino senzaltro un grande, per come scrive, per quel che scrive e per la cir-

    costanza che forse lunico autore che compare nei programmi dellesame di statoal termine della Scuola superiore quando linsegnante li spinge oltre Apuleio; ma vo-glio avere la presunzione di suggerire almeno a uno dei miei venticinque insegnan-ti lettori il piacere di leggere un autore meno noto, ma ugualmente importante dalpunto di vista storico-letterario, come Paolino di Nola: qui se ne legger qualche te-sto epistolare, ma la suggestione potr autonomamente proseguire in direzione deiben pi letterariamente importanti carmina. In tal modo, il circolo virtuoso di ag-giornamento e didattica pu agire anche in estensione dei contenuti e non soltantonellapprofondimento continuo che di per s rappresenterebbe gi un traguardoeccellente di quelli noti, lasciando alla professionalit e allesperienza dellinse-gnante il piacere della ricerca di nuovi ambiti, e non soltanto la sperimentazione dinuove metodologie didattiche, al costo beninteso di sacrificare funzionalmente con-tenuti in una rimodulazione del curriculum. Per altro verso, agli studenti verrebbein tal modo offerto il contatto con autori postclassici, dalla diversa sensibilit, che,prima di loro, hanno studiato gli auctores a scuola e li trattano gi da classici nel-le loro opere, confrontano la lezione di quelli con la propria esistenza e la loro cul-tura per concludere che, pur in un modo radicalmente diverso, con certezze diver-se e speranze diverse, Cicerone, Virgilio e gli altri parlano ancora la loro lingua3.

    2. Gli exempla del libro VIII delle Confessioni

    2.1. La fine del IV secolo e linizio del V segnano il periodo che decisamente ciinteressa sia per la frequenza delle conversioni4, sia per il livello socio-culturale

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  • plica il cambiamento di modo di pensare e di mentalit; ma gi la radice semitica shub esprime nel Vecchio Te-stamento il rivolgersi a Dio dopo essersene allontanati nel peccato.

    5 La categoria dei ricchi latifondisti, soprattutto in Gallia, possiede caratteristiche particolari e ben defini-te nellassetto socio-culturale dellepoca: sulladesione di essi al cristianesimo e sulle ripercussioni di tale risolu-zione sulla vita anche culturale del tempo vd. il classico J. Fontaine, Valeurs antiques et valeurs chrtiens dans laspiritualit des grands propritaires terriens la fin du IVe sicle occidental, in Epektasis. Mlanges patristiques of-ferts au cardinal Jean Danilou, Paris 1972, pp. 571-595, e, pi recentemente, E. Colombi, Rusticitas e vita in vil-la nella Gallia tardoantica. Tra realt e letteratura, Athenaeum 84 (1996), pp. 405-431.

    6 Come orientamento M.G. Mara, La conversione, le conversioni, linvito alla conversione nellVIIIlibro delle Confessioni, in Le Confessioni di Agostino dIppona. Libri VI-IX, Commento di J.M. Rodriguez,G. Madec, M.G. Mara, P. Siniscalco, Palermo 1985, pp. 71-87. In particolare, per quanto ci riguarda, sulla to-pica della narratio vd. W. Schmidt-Dengler, Der rhetorische Aufbau des achten Buches der Konfessionen des hei-ligen Augustin, REAug 16, 1969, pp. 195-208.

    7 Metodologicamente corretto quanto precisa in merito L.F. Pizzolato in SantAgostino, Confessioni, vol.III (libri VII-IX), a cura di G. Madec, L.F. Pizzolato, M. Simonetti, trad. di G. Chiarini, Milano 1994, p. 231.

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    delle personalit coinvolte. Il fatto che lesperienza della conversione va anzi-tutto vista nella propria complessit di fenomeno ideologico, psicologico, emoti-vo, prima che esclusivamente letterario, che ripeto quanto oggi propriamen-te mi interessa. Abbiamo infatti documentate conversioni alla fede cristiana, con-versioni a una maggiore consapevolezza nella fede, conversioni alla vita ascetica eaddirittura al monachesimo: il punto che tutti gli interessati sono appartenentiagli strati pi alti della societ e della burocrazia imperiale, proprietari terrieri5,persone colte, se non addirittura letterati.Il libro VIII delle Confessioni per noi il libro delle conversioni6: Agostino in-

    dulge alla narrazione e allexemplum e prepara in tal modo, come si diceva, la sce-na finale: possiamo quindi considerare questultima davvero il centro gravitazio-nale del libro e dellopera, ma solo come culmine7 di un percorso insieme conte-nutistico e anche formale, che fa dellintero libro uno snodo consapevole nellar-ticolazione dellintero testo.

    2.2. La prima esperienza narrata quella di Mario Vittorino, unesperienza pa-rallela a quella di Agostino perch anchegli africano e maestro di retorica, perso-nalit di assoluto primo piano nella cultura romana (doctor tot nobilium senato-rum; doctissimus senex), che si converte intorno al 355 e poco dopo deve lasciarelinsegnamento, convertendo altres la propria acribia di commentatore dai testiprofani a quelli paolini.La sua conversione raccontata ad Agostino dal vecchio prete Simpliciano, la-

    nimatore di una sorta di circolo neoplatonico milanese presentato come lautore-vole padre spirituale del vescovo Ambrogio (8,2,3), ut me exhortaretur ad humili-tatem Christi, e cio per escludere la possibilit di raggiungere Dio con le sole for-ze intellettuali, come la filosofia platonica poteva suggerire; ma quanto ci interes-sa soprattutto che lo stesso Agostino a sua volta la racconta dettagliatamente alsuo lettore in lode di Dio. Il racconto, che si distende, variamente inframmezzatodalle consuete invocazioni a Dio, inizia occupando la seconda parte di conf. 8,2,3,un unico, ampio e faticoso periodo sintattico che inizia con il verbo principale e

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  • 8 Aug. conf. 8,2,3: Consente infatti di rendere doverosamente grande lode alla tua grazia il modo in cuiquel vecchio dottissimo ed esperto di tutte le discipline liberali, e che aveva letto e interpretato tante opere di fi-losofia, maestro di tanti nobili senatori, e che per la fama del suo prestigioso magistero sera anche meritato eaveva accettato onore giudicato eccezionale dai cittadini di questo mondo una statua nel foro romano, finoa quellet era stato adoratore di idoli e partecipe di riti sacrileghi, invasata dai quali praticamente tutta la no-bilt romana diffondeva tra il popolo mostri dogni origine divina e Anubi che abbaia, i quali un tempo controNettuno e Venere e contro Minerva avevano impugnato le armi, e che ora Roma supplicava dopo averli vinti eche proprio il vecchio Vittorino per tanti anni aveva continuato a difendere con terrificante eloquio: dunque, co-stui non aveva arrossito di diventare schiavo del tuo Cristo e di rinascere alla tua fonte, dopo aver piegato il col-lo al giogo dellumilt e chinato la fronte alla vergogna della croce. Non certo qui il caso di soffermarsi sullalacuna testuale, variamente segnalata e integrata dagli editori.

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    che procede con una serie di apposizioni riferite al protagonista:

    Habet enim magnam laudem gratiae tuae confitendam tibi, quemadmodum ille doctissi-mus senex et omnium liberalium doctrinarum peritissimus quique philosophorum tam mul-ta legerat et diiudicaverat, doctor tot nobilium senatorum, qui etiam ob insigne praeclari ma-gisterii, quod cives huius mundi eximium putant, statuam Romano foro meruerat et accepe-rat, usque ad illam aetatem venerator idolorum sacrorumque sacrilegorum particeps, quibustunc tota fere Romana nobilitas inflata spirabat popilios iam et omnigenum deum mon-stra et Anubem latratorem, quae aliquando contra Neptunum et Venerem contraque Mi-nervam tela tenuerant et a se victis iam Roma supplicabat, quae iste senex Victorinus tot an-nos ore terricrepo defensitaverat, non erubuerit esse puer Christi tui et infans fontis tui su-biecto collo ad humilitatis iugum et edomita fronte ad crucis opprobrium8.

    Pare intanto evidente, da un lato, che la sintassi diegeticamente innaturale delracconto, che anche ogni traduzione non riesce a rendere se non snaturando ap-punto il periodare, intende riprodurre sul versante della forma la complessit e lafatica di un percorso esistenziale: si tratta di un accorgimento stilistico che Ago-stino, maestro di retorica, utilizza senzaltro a fini espressivi, come sar evidenteanche in altri casi. Daltra parte lo stesso racconto si qualifica come una laus e unaconfessio da parte dellautore, con precisi richiami lessicali alla pagina daperturadellopera e ovviamente al titolo di Confessiones, e si pone pertanto come episo-dio paradigmatico rispetto allesperienza dellautore: la narrazione delle circo-stanze altrui contrappunta quella centrale che riguarda lautore.Una traccia di questa esperienza si trova forse anche a livello compositivo. Ago-

    stino senzaltro uno dei grandi espressionisti della lingua latina e qui possiamoin effetti documentare luso a fini espressivi del testo: quando lo scrittore descri-ve sommariamente i contenuti della religione pagana da cui Vittorino finalmentesi emancipa lo fa in modo icastico utilizzando addirittura le parole di Virgilio, che,nella descrizione di uno dei quadri rappresentati sullo scudo di Enea, rappresen-ta Cleopatra che chiama a s demoni e mostri a combattere contro i numi diRoma (Aen. 8,698-700):

    omnigenumque deum monstra et latrator Anubiscontra Neptunum et Venerem contraque Minervamtela tenent.

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  • 9 Di trapianto metodologico a questo proposito parla efficacemente G. Mazzoli in un contributo dal va-lore generale e introduttivo: S. Agostino e la cultura classica: sconfessioni e Confessiones, in Cultura latina cristia-na fra terzo e quinto secolo. Atti del Convegno (Mantova, 5-7 novembre 1998), Firenze 2001, pp. 263-281. SuVirgilio in particolare vd. C. Bennet, The Conversion of Vergil: the Aeneid in Augistines Confessions, REAug34, 1988, pp. 47-69.

    10 Ps 35,10: apud te fons vitae (e 15: quis est fons vitae nisi Christus?); Sir 51,34: et collum vestrum subicitesub iugo et suscipiat anima vestra disciplinam; Mt 11,29. tollite iugum meum super vos et discite a me quia mitissum et humilis corde; Gal 5,11: et evacuatum est scandalum crucis (anche in civ. 10,28 Agostino preferisce oppro-brium rispetto a scandalum, come del resto anche Ambr. in psalm. 43,54,2 e rappresenta la prima attestazione inlatino del termine). Va osservato che lidea della conversione, e in particolare del battesimo, come di un ritornoallinfanzia allude naturalmente allidea della nuova vita in Cristo: oltre alle risonanze salmiche dobbiamo ap-prezzare la coerenza di un campo semantico che coinvolge anche la successiva pregnante immagine del partodella nuova vita (8,6,15).

    11 Cic. orat. 164: due gli esempi citati, probabilmente tragici: habeo istam ego perterricrepam e versutiloquasmalitias. Laggettivo citato da Cicerone compare anche in Lucr. 6,129 (perterricrepo sonitu) detto del fragore deltuono, e non detto che il teorico delloratoria, che come sappiamo stato leditore del De rerum natura,non voglia qui alludere anche alle asperit linguistiche del poeta epicureo. Gli aggettivi composti da crepo so-no comunque rarissimi: a mia conoscenza, oltre ai citati, sono attestati bellicrepus (Fest. p. 31,22, detto di unasaltatio, cio di un ballo, istituito da Romolo, durante il quale si facevano risuonare le armi) e pilicrepus (Sen. epi-st. 56,1: un giocatore di pila, cio di palla, che gioca in modo rumoroso).

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    Quello che importa sottolineare qui che Agostino interviene sul testo virgilia-no per adattarlo alla struttura sintattica del proprio, cambiando casi, persone ver-bali e inframmezzando glosse sintattiche (solo il v. 699 ricorre verbatim), adottan-do cio il metodo di citazione chiamato compilatio e obbedendo a un orientamen-to molto diffuso fra gli scrittori cristiani che ma vi torneremo pi avanti si ser-vono dei testi degli auctores pagani, assimilati durante la loro institutio scolastica, edel metodo da questi ultimi affinato per leggere e interpretare i testi9. Ma il nostroautore parla la lingua di Virgilio proprio nel momento in cui condanna il mondoche il poeta rappresenta, sostenendo cos il proprio discorso con unulteriore, pisottile, argomentazione allusiva che solo i letterati come lui e come Vittorino possono cogliere. La circostanza ancora pi efficace se si nota che il passo termi-na condensando almeno quattro suggestioni della Sacra Scrittura nel descrivere la-desione di Vittorino al cristianesimo10: cambia il linguaggio e cambia allusivamen-te lauctoritas di riferimento al mutare dellorizzonte del protagonista del racconto.Dal punto di vista lessicale, non deve poi sfuggire laggettivo terricrepus, for-

    mato alla moda dei composti connotanti il linguaggio dellepica tradizionale (unesempio sottomano proprio omnigenum di Virgilio): si tratta di un neologismoagostiniano ripreso soltanto in et medievale da Rodolfo il Glabro in un contestoanalogo e in analoga iunctura (hist. 3,9,40: infernus hos terricrepo consumeret ore)e quindi abbiamo qui un esempio anche di invenzione linguistica del nostro scrit-tore, sempre a fini espressivi. In altri termini, per rappresentare lormai inattualestrenua difesa degli dei pagani da parte di Vittorino, Agostino intende riprodurrela modalit espressiva di quel mondo con una finalit che sconfina nella parodia,tanto pi che senzaltro conosceva lautorevole opinione di Cicerone, determina-to a sconsigliare nellOrator luso dellaggettivo pluricomposto perterricrepus co-me un esempio di asperitas da evitare senzaltro11.

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  • 12 Il lessico coerente allimmagine del servizio militare a servizio di qualcuno, ma viene decisamente pie-gata a indicare ladesione al cristianesimo, e quindi il servizio nella causa della fede, a partire dai racconti dellepassioni dei martiri. La stessa immagine, gi usata a proposito di Ponticiano, ricorre anche, poco dopo, nelle pa-role di uno dei personaggi (cuius rei causa militamus?).

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    2.3. Non tuttavia quello di Simpliciano lunico racconto che Agostino ascol-ta. Pi avanti il lettore delle Confessioni ascolta con lui il racconto di un suo con-terraneo, Ponticiano, connotato (6,14) come praeclare in palatio militans e quindiChristianus quippe et fidelis: queste scarse notizie sono comunque sufficienti perinserire il personaggio nellorizzonte che stiamo delineando, in quanto riguarda-no il ceto dellalta burocrazia (la milizia rappresenta in questo contesto una me-tafora chiarita dal campo semantico di clarus, aggettivo epitetico dei funzionari dipalazzo) e la pratica consapevole del cristianesimo (laggettivo fidelis infatti nelcontesto assume un valore tecnico per indicare chi ha ricevuto il battesimo). Il rac-conto riguarda due storie legate appunto al tema della conversione, vista propriocome esperienza multiforme ma estremamente praticabile.Da una parte c la figura di Antonio, tantus vir. Il padre del monachesimo e

    della vita eremitica, vissuto in Egitto tra 250 e 355, rappresenta una figura esem-plare, in gran parte divulgata dalla biografia scritta da Atanasio in greco e tradot-ta pi volte in latino (la prima da Evagrio di Antiochia prima del 370) proprio perla grande capacit di proselitismo del personaggio e della sua esperienza ascetica.Dallaltra, strettamente legata a questa e per cos dire determinata da essa, c le-sperienza di due amici dello stesso Ponticiano, ex eis quos dicunt agentes in rebus,cio cortigiani come lui a Treviri, che si risolvono di abbandonare la militia sae-cularis e di servire Dio12. Durante un momento di relax, capitati per caso nella ca-panna di alcuni cristiani, sfogliano una versione proprio della Vita di Antonio edecidono di cambiare vita e, abbandonati i loro beni per seguire Dio, restano nel-la capanna stessa in una sorta di monastero dove vengono raggiunti dalle fidanza-te che, a loro volta, consacrano la propria vita.

    2.4. Un primo dato significativo che le figure illustrate in conf. 8,6,14-15 so-no tutte legate fra di loro attorno allesperienza ascetica di Antonio, presentatocon lo statuto di archetipo esistenziale sia per i due giovani funzionari, sia per lostesso Ponticiano, che infatti inizia la sua conversazione con Agostino e Alipioproprio parlandone e sorprendendosi perch non era conosciuto. chiaro che lasituazione prefigura quella dello stesso Agostino, per il quale convertirsi implicas ricevere il battesimo, ma anche accedere alla vita monastica una volta sancita li-nutilit, quando non la nocivit, dei beni terreni, la rinuncia ai quali peraltro altronon che il rispetto letterale dellinvito evangelico. Le corrispondenze fra quantoaccaduto a Ponticiano e ai suoi amici, da un lato, e ad Agostino, dallaltro, sonoallora un filo da seguire perch lo stesso scrittore che inserisce consapevolmen-te il proprio vissuto allinterno di una tradizione. E non certo un caso che, nel-la pagina culminante del racconto della propria conversione la famosa scena del

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  • 13 Non inutile osservare che, se nella conversione del giovane Antonio determinante la lettura meditatadi Mt 19,21, lo stesso passo risulta risolutivo anche per Gerolamo (Hier. epist. 58,2) e per Paolino di Nola (ab-biamo la bella testimonianza di Ambr. epist. 6,27): non quindi fuori luogo ipotizzare anche il costituirsi di unatradizione narrativa in questo senso.

    14 Aug. conf. 8,12,29: Avevo infatti sentito dire, a proposito di Antonio, che era stato ammonito da un pas-so del Vangelo, sul quale leggendo era per caso arrivato, come se fosse rivolto a se stesso ci che stava leggendo:Va, vendi tutto ci che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi; e per tale ora-colo si era subito convertito a te.

    15 Sulla lectio, primo momento dellesegesi tradizionale dei testi (lectio, emendatio, enarratio), e sullimpor-tanza della scuola nella cultura agostiniana, vd. il classico H.-I. Marrou, S. Agostino e la fine della cultura antica,trad. it., Milano 1987, pp. 39; 150-151.

    16 Aug. conf. 8,6,14: Ci sedemmo per conversare. E casualmente not un libro sopra al tavolo da gioco che

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    giardino milanese torna il ricordo dellesperienza di Antonio, quando Agostinoreagisce allinvito Tolle, lege anzitutto proprio col ricordo della parallela espe-rienza del futuro monaco convinto dalla lettura di un passo del vangelo di Matteo(19,21) che riferisce alla propria situazione13:

    Audieram enim de Antonio quod ex evangelica lectione, cui forte supervenerat, admoni-tus fuerit, tamquam sibi diceretur quod legebatur Vade, vende omnia quae habes, da pau-peribus et habebis thesaurum in caelis; et veni, sequere me, et tali oraculo confestim ad teesse conversum14.

    Il passo termina proprio con il termine chiave, il verbo converto, nel significa-to totalizzante definito in particolare dal prefisso cum, e per di pi posto inomeoarcto con lavverbio confestim, a segnalare, ancora una volta con un artificioda retore, la risolutezza della decisione di Antonio. Spicca anche una traccia di lin-guaggio cristiano, il sintagma ex evangelica lectione, contenente il sostantivo lectio,che indica la meditazione commentata dei testi (prima profani e poi sacri)15 in unacostruzione strumentale duso biblico (Ps 80,17; Ioh 4,6 e 12,3); senza contare chepienamente cristianizzato ormai il termine oraculum, usato con lo stesso signifi-cato pagano ma neutralizzato nella sua carica originaria perch rivitalizzato dal-la pratica continua della lettura delle Scritture.

    2.5. A proposito di tradizione non bisogna sottovalutare un ulteriore dato te-stuale ricorrente nel racconti di conversione su cui ci stiamo soffermando, e ciola presenza del libro come oggetto scatenante. Prima di vedere Agostino sfogliareavidamente il libro delle epistole di Paolo al culmine della crisi del giardino, il let-tore trova altri libri al centro di scene di profonda spiritualit e di efficace rap-presentazione.Anzitutto c il codex, sempre paolino, che Ponticiano scorge con grande sor-

    presa sul tavolo da gioco al quale sedevano Agostino e Alipio:

    Et consedimus ut conloqueremur. Et forte super mensam lusoriam, quae ante nos erat, at-tendit codicem: tulit aperuit invenit apostolum Paulum, inopinate sane; putaverat enim ali-quid de libris, quorum confessio me conterebat. [...] Cui ego cum indicassem illis me scrip-turis curam maximam impendere, ortus est sermo16.

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  • ci stava davanti: lo prese, lo apr, trov lapostolo Paolo, e davvero non se lo aspettava: credeva infatti che si trat-tasse di uno dei volumi che mi consumavo a spiegare a scuola. [...] Avendogli io replicato che dedicavo massimoimpegno a quel testo, ne nacque una conversazione.

    17 Aug. conf. 8,6,15: Ma quelli girando senza meta simbatterono in una capanna dove abitavano alcunituoi servi poveri di spirito, dei quali il regno dei cieli, e vi trovarono un libro in cui era scritta la vita di Anto-nio. Uno dei due cominci a leggerla e a stupirsi e a infiammarsi e a progettare, mentre leggeva, di far propriaquella vita e, abbandonato il servizio secolare, mettersi al tuo servizio.

    Parturitio novae vitae: raccontare la conversione 87

    Il libro paolino destinato sia a produrre la rivelazione del proprio cristianesi-mo da parte dello stesso Ponticiano dopo che tulit aperuit invenit apostolum Pau-lum (non si pu non confrontare con questa la stessa incalzante terna verbale in8,12,29, che porta Agostino, a leggere nella scena del giardino: arripui, aperui, le-gi), sia a innescare il racconto dellesperienza di Antonio e quindi dei dignitari diTreviri. Si tratta di un libro volutamente connotato in alternativa alle opere degliauctores pagani sui quali si basava lattivit di maestro di retorica del nostro auto-re (anche qui si noti lomeoarcto espressivo confessio-conterebat, atto a connotarenegativamente lesperienza attuale) e che peraltro aveva cominciato a leggere si-stematicamente dopo lincontro con i Platonici (7,21,27: avidissime arripui).Un altro libro che provoca una riflessione e un successivo cambiamento di vita

    poi quello contenente la vita di Antonio che avvince e convince i due amici diTreviri.

    Sed illos vagabundos inruisse in quandam casam, ubi habitabant quidam servi tui spiritupauperes, qualium est regnum caelorum, et invenisse ibi codicem in quo scripta erat vita An-tonii. Quam legere coepit unus eorum et mirari et accendi et inter legendum meditari arri-pere talem vitam et relicta militia saeculari servire tibi17.

    Rispetto al codex paolino di prima, si tratta di unopera diversa, non di magi-stero ma diremmo oggi esperienziale, nella quale per lesperienza narrata de-tiene ormai il ruolo di exemplum. Dal punto di vista compositivo conviene notarela presenza del riferimento scritturistico a Mt 5,3 (beati pauperes spiritu, quoniamipsorum est regnum caelorum) inserito con naturalezza nel dettato prosaico, sceltatanto pi pertinente in quanto proprio un passo dello stesso evangelista a con-vincere, a suo tempo, Antonio. Quanto alla lingua, oltre a rilevare il campo se-mantico coerente della militia, sul quale ci siamo gi soffermati, conviene non tra-scurare luso icastico di arripere vitam: il verbo sottolinea il desiderio di cam-biare e la forza di volont che lo determina, ma soprattutto Agostino torna a usar-lo nella scena del giardino (8,12,29: arripui, aperui et legi in silentio capitulum)connotandolo quindi come un verbo-chiave in tal senso, che stabilisce un ulterio-re filo di collegamento fra le conversioni precedenti e quella del protagonista.In questo quadro assume rilevanza particolare anche la menzione di un terzo

    libro: lulteriore ricordo della lettura dellHortensius ciceroniano da parte deldiciannovenne Agostino e della nuova, attuale valutazione della ricerca di unasapientia diversa e non quindi pi della filosofia motivata dallopera proprioalla luce dellesperienza di quei giovani:

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  • 18 Aug. conf. 8,7,17: Tanto pi decisamente odiavo me stesso, se mi paragonavo a loro, poich molti mieianni erano fuggiti via con me forse dodici anni da quando, nel diciannovesimo anno di mia vita, dopo averletto lOrtensio di Cicerone, ero stato motivato allo studio della sapienza, e rimandavo il momento di trascurarela felicit terrena per dedicarmi alla ricerca di quellaltra.

    19 Cf. beat. vit. 4; soliloq. 1,10,17; util. cred. 1,1; nel ritiro di Cassiciacum poi Agostino ne consiglia la lettu-ra a Licenzio e Trigezio (c. acad. 1,1,4; 3,4,7; 3,14,31). Sullo studium sapientiae e la riconversione dei contenutipagani nella nuova cultura vd. sempre Marrou, S. Agostino, cit., pp. 149-276.

    20 Anche noi non siamo molto informati sullesistenza di questo monastero: se escludiamo le menzioni diAgostino qui e in mor. eccl. 33,70, in cui lo scrittore dice di averlo visitato, ne parla soltanto lo stesso Ambrogio(epist. 63,7-9; in psalm. 36,49,1-2).

    21 Aug. conf. 8,7,16: Questo raccontava Ponticiano. Ma tu, Signore, mentre lui parlava, mi ritorcevi ver-so me stesso, distogliendo il mio volto dalla schiena, verso cui mero rigirato per non essere rivolto a me, e miponevi dinnanzi alla mia faccia, perch vedessi quantero brutto, deforme e sozzo, macchiato e piagato. E mi

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    Tanto execrabilius me comparatum eis oderam, quoniam multi mei anni mecum effluxe-rant forte duodecim anni ex quo ab undevicensimo anno aetatis meae lecto CiceronisHortensio excitatus eram studio sapientiae, et differebam contempta felicitate terrena ad eaminvestigandam vacare18.

    Anche lHortensius insomma, come tutto il bagaglio delle nozioni dellantichitclassica pagana, viene riconvertito per diventare il protrettico a un sapere di cuisolo con la maturit si comprendono i confini. La lettura del perduto dialogo ci-ceroniano di cui Agostino ci parla a 3,4,7-8 risale agli anni 373-374: evidente-mente segna in profondit lanimo dello scrittore perch la menzione di quella let-tura come nel passo che leggiamo ricorrente ogni volta che racconta la pro-pria conversione19.

    2.6. Dal punto di vista psicologico ed emotivo lametanoia produce una profon-da riflessione sulla propria esistenza, una sorta di vedersi vivere finalizzato acomprendere linautenticit della vita fino a quel momento condotta e a scoprire,per cos dire, una vita parallela a quella vissuta, a portata di mano, decidere divivere la quale configura la scelta fondamentale e davvero appagante. Le immagi-ni salienti, da questo punto di vista, sono due, diverse ma molto eloquenti nellaloro icasticit. Da un lato quella che apre conf. 8,6,15 (Agostino apprende da Pon-ticiano lesistenza di un monasterium a Milano, fuori dalle mura, organizzato daAmbrogio, e ammette: et non noveramus20) e, dallaltro, quella di 8,7,16 (Dio fa sche finalmente Agostino si ponga coraggiosamente di fronte alla propria facies,oggi diremmo di fronte a se stesso e alle proprie contraddizioni, distogliendolo daldorsus che non mostra brutture e deformit):

    Narrabat haec Ponticianus. Tu autem, Domine, inter verba eius retorquebas me ad meipsum, auferens me a dorso meo, ubi me posueram, dum nollem me attendere, et constitue-bas me ante faciem meam, ut viderem quam turpis essem, quam distortus et sordidus, macu-losus et ulcerosus. Et videbam et horrebam, et quo a me fugerem non erat. Et si conabar ame avertere aspectum, narrabat ille quod narrabat, et tu rursus opponebas mihi et impinge-bas me in oculos meos, ut invenirem iniquitatem meam et odissem. Noveram eam, sed dis-simulabam et cohibebam et obliviscebar21.

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  • vedevo e inorridivo, e non cera dove fuggire lontano da me. E sebbene tentassi di distogliere da me lo sguar-do, quello raccontava ancora quello che raccontava, e tu mi rigiravi dalla mia parte e mi mettevi a forza davantiai miei occhi, perch scoprissi la mia iniquit e lodiassi. La conoscevo, ma la nascondevo, la reprimevo, ladimenticavo.

    22 Dobbiamo il raffronto col passo del De ira senecano gi a P. Courcelle, Les Confessions de saint Augustindans la tradition littraire. Antcdents et postrit, Paris 1963, p. 111 n. 3. Sul problema della conoscenza e va-lorizzazione di Seneca da parte di Agostino nella prospettiva che ci interessa vd. A. Traina, Seneca e Agostino (unproblema aperto), in Lo stile drammatico del filosofo Seneca, Bologna 19874, pp. 171-192; 213 ss.; Mazzoli,S. Agostino e la cultura classica, cit., pp. 279-281.

    23 Aug. conf. 8,6,15: Dimmi, ti prego, dove abbiamo lintenzione di arrivare con tutte queste nostre fati-che? che cosa cerchiamo? a che scopo serviamo nellamministrazione? possiamo avere una speranza pi grandea palazzo di quella di diventare amici dellimperatore? e anche in questo, cosa c che non sia fragile e pieno dipericoli? e per quanti pericoli bisogna passare per giungere a un pericolo ancora maggiore? e questo quandoaccadr? Ma amico di Dio, se voglio, ecco lo divento fin dora.

    Parturitio novae vitae: raccontare la conversione 89

    Il processo di conversio trova in questo passo una specie di correlativo-oggetti-vo nellidea di rivolgersi (il corradicale averto) di Agostino e di ritorcere (re-torqueo, che porta in s la violenza e la sofferenza) da parte di Dio; ed ben chia-ro che il processo ha effetti prima sul rapporto con se stessi e quindi con la fedee con Dio. La ricorrenza (ben tre volte) del verbo narro sottolinea peraltro lim-portanza, quasi autoterapeutica, della narrazione degli episodi. sempre interes-sante notare laccostamento, a livello compositivo, delle due auctoritates fonda-mentali per lintellettuale cristiano: da un lato i salmi (49,21: statuam te ante fa-ciem tuam; 49,28: tolle te a tergo tuo, ubi te videre non vis, dissimulans a factis tuis,et constitue te ante te. Ascende tribunal mentis tuae, esto tibi iudex, torqueat te ti-mor, erumpat a te confessio), dallaltro lautore classico, che qui Seneca, lautorepi familiare nel descrivere icasticamente lintrospezione (ira 2,36,2: animusater maculosusque et aestuans et distortus et tumidus)22.La presa di coscienza, invece ben rappresentata dalla reazione dei due giova-

    ni di 8,6,15 che mettono a confronto le concrete speranze di carriera nella buro-crazia imperiale, fino a diventare amici imperatoris, e la nuova aspirazione esi-stenziale a essere amicus Dei, meno remunerativa nel presente, ma anche menoprovvisoria e meno fragile: anche la struttura testuale della breve adlocutio di unodei due allaltro estremamente indicativa perch la serie di interrogative retori-che rende perfettamente lo stato danimo di concitazione che si placa soltanto al-la fine, nella menzione dellamicizia con Dio:

    Dic, quaeso te, omnibus istis laboribus nostris quo ambimus pervenire? quid quaeri-mus? cuius rei causa militamus? maiorne esse poterit spes nostra in palatio, quam ut ami-ci imperatoris simus? et ibi quid non fragile plenumque periculis? et per quot pericula per-venitur ad grandius periculum? et quando istuc erit? Amicus autem Dei, si voluero, eccenunc fio23.

    La contrapposizione dei due modi di pensare corrispondenti a due ambiti, dueesistenze, qui polarizzata come abbiamo gi detto nel termine di consapevo-le amicizia. Le due espressioni sono tuttavia ben altro che cursorie o generiche: laprima corrisponde tecnicamente a un titolo dellalta burocrazia di palazzo, la se-

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  • 24 P. Courcelle, Recherches sur les Confessions de saint Augustin, Paris 19501, 19682, rispettivamente p. 182n. 2 e 266.

    25 Aug. conf. 8,6,15: Quelli raccontarono della decisione presa e del proposito fatto, e in che modo una talvolont era nata e si era consolidata in loro, e li pregarono di non essere insistenti nel caso in cui rifiutassero unir-si a loro. Questi, senza cambiare la loro idea precedente, tuttavia piansero si di s diceva Ponticiano , si con-gratularono affettuosamente con loro e si raccomandarono alle loro preghiere; e poi, riportando il loro cuore sul-la terra, se ne andarono a palazzo, mentre gli altri, fissando il loro cuore in cielo, rimasero nella capanna. Co-me ulteriore elemento di legame fra esperienze, vale solo la pena di notare che lespressione iniziale riecheg-giata nella scena del giardino e riferita ad Alipio, che tali admonitione firmatus est placitoque ac proposito bonoet congruentissimo suis moribus sine ulla turbulenta cunctatione coniunctus est (8,12,30).

    26 La duplice immagine sembra cara ad Agostino e ricorre anche altrove e in contesti anche diversi: cf. Aug.in psalm. 51,6: illi in terrenis rebus levant cor in caelum, isti in caelestibus verbis trahunt cor in terra; similmente 80,21.

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    conda invece una designazione topica del cristiano esemplare, come si trova nel-la letteratura sui martiri e in quella agiografica24.

    2.7. Sempre dal punto di vista formale, e analizzando quindi le modalit espres-sive dei contenuti su cui finora abbiamo ragionato, dobbiamo rilevare la pre-gnante conclusione del racconto di Ponticiano a proposito della conversione deigiovani funzionari di Treviri.

    Illi narrato placito et proposito suo, quoque modo in eis talis voluntas orta esset atque fir-mata, petiverunt ne sibi molesti essent si adiungi recusarent. Isti autem nihilo mutati a pri-stinis fleverunt se tamen, ut dicebat, atque illis pie congratulati sunt et commendaverunt seorationibus eorum et trahentes cor in terra abierunt in palatium, illi autem affigentes cor cae-lo manserunt in casa25.

    Il diverso orientamento assunto alla fine dai quattro, i due convertiti da un la-to e Ponticiano stesso e laltro amico, dallaltro, che se ne tornano a corte certa-mente colpiti, ma nihil mutati a pristinis, viene sintetizzato in unimmagine sem-pre partecipe dellidea del parallelismo delle esperienze: gli uni tornano a palazzoe gli altri si fermano nella casa, gli uni riportano il loro cuore sulla terra, gli altri lofissano in cielo. La doppia frase, quasi uno slogan, strutturata secondo un com-pleto e preciso parallelismo sintattico ma anche lessicale, che oppone a ogni livel-lo tutti i termini di cui si compone. Nessun interprete del testo ha per mai rile-vato a quanto mi consta che con ogni probabilit rivive qui una suggestionedella celebre e icastica definizione del cristiano presente alle origini della tradi-zione letteraria della nuova cultura, quando lanonimo e brillante estensore del-lepistola A Diogneto, polarizza lesistenza del cristiano appunto fra cielo e terra(5,9: dimorano sulla terra ma sono cittadini del cielo), rappresentando con unparadosso la sostanziale divergenza fra chi rivolto a Dio, cio in lingua agosti-niana chi si converte, e chi invece non si risolve forse non si risolve ancora ad abbandonare la terra, la carriera, il palazzo26.Ma losservazione vale soprattutto perch mostrerebbe ancora una volta la cu-

    ra di Agostino nel riferirsi a una tradizione non soltanto di pensiero, ma anche diletteratura; e, in secondo luogo, perch documenterebbe come ormai consolidata

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  • 27 Il battesimo (24 aprile 387), che corona la ricerca con ladesione alla nuova vita, in realt solo menzio-nato in conf. 9,6,14, in una modalit narrativa cursoria e quasi cronachistica (et baptizati sumus, et fugit a nobissollicitudo vitae praeteritae) che dimostra ulteriormente quanto sta davvero a cuore allo scrittore, e cio descri-vere estesamente il lungo percorso di avvicinamento a quel momento, da un lato, e lesistenza che seguir dal-laltro. Sullinterpretazione che legge invece la laconicit agostiniana come espressione della disciplina arcani,cio di un orientamento a non divulgare ai profani contenuti per iniziati, cf. Augustine, Confessions, ed. J.J.ODonnell, Oxford 1992, ad loc. (vol. 3, pp. 106-108).

    28 Conf. 6,10,16: talis tunc ille inhaerebat mihi, mecumque nutabat in consilio, quisnam esset tenendus vitaemodus. Sia lidea dellinhaerere sia quella del nutare sono comunque espresse con immagini tradizionali, conno-tanti tuttavia in Agostino lincertezza di tipo filosofico pi che esistenziale. Sulla presenza di modelli filosoficicorrispondenti a una vulgata gi antica nella descrizione dellesperienza di Alipio (in particolare nel racconto del-la passione per i giochi e della conseguente correzione da parte di Agostino) vd. M. Marin, Alipio e la topica del-la conversione (Conf. VI, 7, 11-12), Augustinianum 43, 2003, pp. 435-452.

    29 senzaltro significativo che, nella descrizione dellindulgenza di Agostino ai piaceri della carne e dellaparallela continenza di Alipio, lo scrittore insista sul lessico dellattaccamento: al par. 21 haereo, deligare, trahe-re catenam, solvi timere, innecto, laqueus, implico (gli ultimi tre nellimmagine simbolica e biblica del serpens), al22 haerere visco, vinculum, servitus, capio; senza contare che la finezza del maestro di retorica sembra giocare an-che sul termine coniugium, etimologicamente appartenente allo stesso campo semantico.

    Parturitio novae vitae: raccontare la conversione 91

    in particolare la tradizione cristiana, di cui il nostro autore mostra piena consape-volezza (p. es. doctr. chr. 2,40,61) e a cui uno scrittore colto come il nostro pu at-tingere con pari effetto rispetto a quello paradigmatico assicurato dalla tradizioneclassica pagana e scolastica.

    3. Sensibilit a confronto: Alipio e Paolino di Nola

    3.1. Il percorso, che finora abbiamo mantenuto allinterno del libro VIII delleConfessioni, si presta a essere esteso ad altre testimonianze agostiniane e a quelledi altri.La diffusione e la complessit del fenomeno della conversione nel periodo che

    ci interessa emergono anzitutto allinterno della cerchia degli amici del nostro au-tore, con interessanti interferenze e legami nella letteratura coeva. Da questo pun-to di vista il personaggio pi significativo Alipio, il compaesano, prima allievo equindi compagno di Agostino in molti momenti importanti della vita di questul-timo, fino a ricevere con lui il battesimo dalle mani di Ambrogio insieme al gio-vane Adeodato27.Le Confessioni, per quanto riguarda il nostro discorso, presentano Alipio al-

    meno in tre nuclei narrativi a effetto: 1) quando lautore lo introduce e ne descri-ve il carattere, la passione per i giochi circensi, il coinvolgimento suo malgrado inun episodio di furto e lattivit di giudice a Roma in una sorta di biografia spiri-tuale (6,7,11-16) che ha anche un epilogo lapidario che apre in realt una nuovae pi ampia prospettiva28; 2) quando rappresenta una discussione sul tema dellacontinentia, secondo Alipio via per praticare lamor sapientiae (6,12,21-22)29; 3)infine quando, nel giardino di Milano, Agostino, dopo essersene allontanato inpreda alla procella ingens e allingens imber lacrimarum, finalmente tranquillo vul-

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  • 30 Sullimportanza della lettura di un testo e dellinterpretazione di esso alla luce della pratica scolastica, ein particolare sulla ricorrenza di testi nellesperienza dei personaggi, gi ci siamo soffermati abbastanza.

    31 Nella successiva epist. 4 ad Agostino, contemporanea a questa, Paolino allude a queste opere chiaman-dole iperbolicamente Pentateuchum tuum (par. 2).

    32 Del battesimo a Bordeaux dalle mani del vescovo Delfino e dellordinazione sacerdotale a Barcellona dal-le mani del vescovo Lampio lo stesso Paolino parla in questa lettera, riconoscendo altres in Ambrogio di Mila-no lattuale padre spirituale (par. 4).

    33 Sappiamo p. es. che Paolino su richiesta di un Endelechio (forse il poeta) compone un panegirico perTeodosio (Paul. Nol. epist. 28,6), che non pubblica ma che invia a Gerolamo (Hier. epist. 58,8), probabilmenterispondente alla necessit di ribadire la politica filocristiana allindomani della morte dellimperatore, come il Deobitu Theodosii di Ambrogio, e quindi in realt rivolto al figlio Onorio. Fornisce un panorama di grande inte-resse e ampia documentazione sullimportanza dellepistolario paoliniano nel senso che abbiamo sottolineato S.Mratschek, Der Briefwechsel des Paulinus von Nola. Kommunikation und soziale Kontakte zwischen christlichenIntellektuellen, Gottingen 2002.

    34 Questa la ricostruzione partendo dai dati presenti nella lettera: Alipio invia in dono a Paolino opus sanc-ti Augustini libris quinque confectum (gi P. Fabre, Essai sur la chronologie de loeuvre de saint Paulin de Nole,Paris 1948, p. 15 n. 3, rileva che Paolino si confuso: non esistendo opere agostiniane in cinque libri di conte-nuto antimanicheo, bisogna pensare a cinque opere differenti di analoga impostazione) e gli chiede una copiadel Chronicon di Eusebio di Cesarea (che Paolino erroneamente chiama venerabilis episcopus Constantinopolita-nus: si confonde con lomonimo ariano Eusebio, vescovo prima di Nicomedia e poi appunto di Costantinopoli);lo invita inoltre, nel caso in cui non lo possedesse nella biblioteca di Nola, a richiederne un esemplare a Dom-nione, parente di Paolino, a Roma; e siccome Alipio aveva in programma di andare a Ippona, Paolino avrebbe

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    tu davanti a lui apre il libro contenente la Lettera ai Romani di Paolo (8,12,28-30):Alipio interpreta il testo, lo riferisce anche a s30, e la loro amicizia viene confer-mata da unulteriore dimensione spirituale, che chiamiamo conversione.

    3.2. Avanziamo ora di qualche anno per porre la nostra attenzione su un docu-mento di diversa, ma per molti versi ugualmente perspicua tipologia sia per con-tenuto che per forma. Nellautunno del 395 lex retore convertito Paolino, il fu-turo vescovo di Nola, antico allievo del grande Ausonio di Bordeaux, scrive di-rettamente ad Alipio, gi eletto vescovo di Tagaste, ringraziandolo del dono di al-cune opere agostiniane contro i Manichei (probabilmente quelle composte fra 388e 390)31 e, a sua volta, assicurando linvio di una copia del Chronicon di Eusebio(epist. 3).La lettera interessante per pi motivi. Intanto per due fattori esterni. Anzi-

    tutto perch scritta da Paolino, che era stato acclamato sacerdote a Barcellonanel Natale del 39332 e che subito dopo la Pasqua del 394 aveva lasciato la Spagnaper ritirarsi a Nola, dove fonda la sua comunit ascetica insieme alla moglie Tera-sia facendo molto parlare della sua scelta di vita nel mondo senatorio e culturaledel tempo; con tale ambito daltra parte il futuro vescovo continua a mantenerecontatti che ne aumentano la fama personale e che pertanto amplificano la sua de-terminazione alla conversione e al ritiro, come testimonia adeguatamente lepisto-lario, documento di una fittissima rete relazionale con personaggi di primo pianonel mondo ecclesiastico ma non solo33. In secondo luogo la lettera riveste un chia-ro valore documentario sulla pratica della ricerca e dello scambio delle opere fraintellettuali, e inoltre sulla diffusione dei testi una volta prodotti34: si tratta di ele-

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  • dovuto spedire lesemplare al vescovo di Cartagine, Aurelio, che a sua volta avrebbe curato la ricopiatura e quin-di la trasmissione del nuovo esemplare allo stesso Alipio.

    35 Paul. Nol. epist. 3,1: Ma ancor pi ci rallegriamo per questo dono del Signore, con cui ci ha collocatinella dimora del tuo cuore e si degnato di farci penetrare cos a tal punto nei tuoi visceri da poter rivendicareper noi una particolare fiducia nella tua carit, cosicch, spinti a gareggiare con te da questi tuoi omaggi e doni,non ci possibile amarti senza fiducia o a con leggerezza.

    36 Paul. Nol. epist. 3,2: Pur vivendo tra i popoli e a capo del tuo popolo, guidando da vigile pastore conattente veglie le pecore del gregge del Signore, tuttavia, avendo rinunciato al mondo e respinto le sollecitazionidella carne e del sangue, tu stesso, separato dai molti ed eletto fra i pochi, ti sei creato intorno un deserto. Danotare, per la carica metaforica che comporta, lespressione desertum facere che appunto, in tale senso traslato, usata solo in questo luogo.

    Parturitio novae vitae: raccontare la conversione 93

    menti di storia della cultura, da un lato, e di storia delleditoria, dallaltro, senzal-tro salienti proprio grazie alle menzioni epistolari, ma che illuminano sempre so-prattutto i giovani a scuola, che se mal abituati tendono a ragionare per capitoli distoria letteraria in s chiusi sul grado di conoscenza reciproca fra autori in mo-do obbiettivo e, appunto, documentato.In realt la lettera di Paolino, per quanto ci riguarda oggi, permette soprattut-

    to di procedere nel nostro discorso ravvisando elementi di continuit rispetto aquanto abbiamo in precedenza osservato sulla descrizione dellesperienza di Ali-pio nelle Confessioni. dunque il caso di leggerla ponendo selettivamente atten-zione agli elementi interessanti da questo punto di vista.

    3.3. Anzitutto Paolino, con un linguaggio che lopera agostiniana ci ha resoestremamente familiare, osserva con soddisfazione che, grazie allaiuto divino, laconoscenza superficiale fra i corrispondenti si approfondita ed maturata:

    Sed magis gratulamur in eo Domini munere, quo nos in pectoris tui habitatione constituitquoque ita visceribus tuis insinuare dignatus est, ut peculiarem nobis caritatis tuae fiduciamvindicemus, his officiis atque muneribus provocati, ut nos diffidenter aut leviter te amare nonliceat35.

    Per esprimere lidea di fondo, e cio quella dellintimit e della compenetra-zione quasi viscerale dei due amici, Paolino utilizza un campo metaforico decisa-mente orientato verso linteriorit per cos dire anatomica: la dimora del cuore ela penetrazione nei visceri rappresentano infatti due immagini di forte espressi-vit, per quanto pienamente rispondenti alla topica espitolare, come indica chia-ramente anche luso dei verbi dignari e amare e dei termini caritas e fiducia.In secondo luogo possiamo rintracciare nella lettera i tratti di santit che il mit-

    tente riconosce ad Alipio, che procedono decisamente in direzione dellascesi:

    Etsi in populis ac super populum agas oves pascuae Domini regens sollicitis vigil pastorexcubiis, tamen abdicatione saeculi et repulsa carnis ac sanguinis desertum tibi ipse fecisti se-cretus a multis, vocatus in paucis36.

    In effetti, accanto allidea gi citata, con le parole dellanonimo A Diogneto, delcristiano che vive sulla terra ma rivolto al cielo, affiora anche qui un orienta-

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  • 37 Paul. Nol. epist. 3,4: E in particolare ti faccio la seguente richiesta: dal momento mi hai colmato di ungrande amore di te senza che io lo meritassi o me laspettassi, in cambio di questa storia universale raccontamitutta la storia della tua vita santa, in modo da illustrarmi da quale stirpe e da quale patria tu sia stato chiama-to da un cos grande Signore e come successo che tu, prescelto fin dal seno di tua madre e dopo aver rinnega-to la discendenza della carne e del sangue, sei passato alla madre dei figli di Dio, la quale gioisce della sua pro-le, e come sei entrato a far parte della stirpe regale e sacerdotale.

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    mento ben documentato nella letteratura dellepoca, incline a ravvisare nella figu-ra del vescovo sia il pastore che si occupa del popolo dei fedeli nel mondo, sia la-sceta che, nel suo deserto metaforico o realistico, prega per la salvezza del popo-lo stesso: la figura esemplare di tale maniera organica di vivere lepiscopato senzaltro Martino, vescovo di Tours, cui Sulpicio Severo, compagno di Paolinoalla scuola di Ausonio, dedica la fortunatissima biografia, alla base poi del tratta-mento parafrastico di un altro Paolino, il vescovo di Prigueux, che peraltro lu-nico esempio in latino di versificazione di un racconto biografico umano e nondella Sacra Scrittura. Non c daltra parte dubbio che il riferimento al desertoporta con s quasi automaticamente, nella sensibilit degli intellettuali cristiani delIV secolo, la figura di Antonio eremita, che gi abbiamo visto produttiva, dal pun-to di vista letterario e ideologico, nel libro VIII delle Confessioni. E la menzionedel rifiuto della carne e del sangue sintetizza ancora le pagine delle Confessioni re-lative proprio alla temperanza di Alipio: in particolare, mi piace pensare che la no-tazione, lungi dallessere cursoria, sottragga il dato alla topica epistolare o a quel-la agiografica per restituire probabilmente un vero tratto dindole.La storia personale di Alipio, insomma, si rivelata paradigmatica nellespe-

    rienza di Paolino, e il retore di Bordeaux, venendo nella sua lettera alle richieste,si permette di affermarlo con alcuni artifici della sua antica arte che si fanno rin-tracciare allinterno di un periodo di intricata struttura sintattica:

    Specialiter autem hoc a te peto, quoniam me inmerentem et inopinantem magno tui amo-re conplesti, ut pro hac historia temporum referas mihi omnem tuae sanctitatis historiam, utqui genus, unde sis domo tanto vocatus a Domino, quibus exordiis segregatus ab utero ma-tris tuae ad matrem filiorum Dei prole laetantem abiurata carnis et sanguinis stirpe transie-ris et in genus regale ac sacerdotale sis translatus edisseras37.

    Conviene fare, a margine di questo passo, due osservazioni, una compositiva euna di lingua:1. Abbiamo gi restituito a Paolino la sua statura di vero intellettuale accennandoalla sua formazione scolastica e al milieu culturale e politico in cui continua difatto ad agire anche dopo la conversione dal suo ritiro, prima ascetico e poi pa-storale, a Nola. Ebbene, il dato storico-culturale pi significativo che gli alun-ni devono poter apprezzare leggendo un tale autore come leggendo Agosti-no, naturalmente la continuit degli effetti dellinstitutio originaria nellaproduzione letteraria: chi si converte porta con s, per cos dire, la lezione del-la scuola pagana, che mostra la propria efficacia leggendo e commentando (interminologia scolastica lectio e enarratio) sia i testi degli auctores pagani sia

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  • 38 Si tratta delle parole di Pallante ai Troiani appena giunti per conoscere la loro identit e le loro intenzio-ni (Aen. 8,113-115): Iuvenes, quae causa subegit / ignotas temptare vias? quo tenditis? inquit / qui genus? un-de domo? pacemque huc fertis an arma?. Linframmezzo della glossa sis allinterno del secondo sintagma non sispiega col passaggio alla forma dellinterrogativa indiretta in cui Paolino concretizza il riuso (il verbo avrebbepotuto essere ritardato) ed effettivamente ha laria di configurare una voluta presa di distanza dalla citazione perrestare a livello di allusione selettiva e di ammiccamento al lettore colto, del tipo cui ci ha abituati gi Agostino.

    39 Cf. p. es. Ex 19,6; Is 61,6. Ma vd. anche Apc 1,6.40 La definizione di Isid. orig. 1,41,1: historia est narratio rei gestae, per quam era quae in praeterito facta sunt

    disnoscuntur. Dicta autem Graece historia apo tou historein, id est a videre vel cognoscere. Apud veteres enim nemoconscribebat historiam, nisi is qui interfuisset et ae quae conscribenda essent vidissent. Fonte di Isidoro quanto al-letimo Serv. Aen. 1,737; ma va detto che Gellio (5,18,1) testimonia un dibattito in merito riferendo lopinionedel gramamtico augusteo Verrio Flacco, secondo cui historia Graece significet rerum cognitionem praesentium.

    41 Ampia documentazione in Gellio: p. es. 1,8 tit.: historia super Laide meretrice et Demosthene; ma an-che Hier. epist. 22,29 (meae infelicitatis historiam); in Ezech. 9,5 p. 415,8 (historia David); per Agostino vd. infra.Quanto a Paolino, vd. epist. 11,11 (tanti sacerdotis et manifestissimi confessoris historiam); 29,14 (Martinumnostrum illi studiosissimae talium historiarum ipse recitavi); 31,3 (historiam reservatae et inventae crucis; e anche31,5); carm. 27,31 (brevis ista videtur / historia) e 589 (sanctasque legenti / historias); 31,396 (liber historiae apo-

    Parturitio novae vitae: raccontare la conversione 95

    quelli sacri. Se pertanto vero che, nel momento di maggiore consapevolezzaculturale, gli intellettuali cristiani sanno utilizzare al meglio i dati dellanticacultura, senza demonizzarla ma dominandola in modo strumentale (il cosid-detto buon uso della cultura pagana), non ci si deve stupire di osservare trac-ce di quella accanto a elementi della nuova cultura cristiana. Troviamo proprioin epist. 3,4 uno degli innumerevoli esempi di questa convivenza strumentale:nel chiedere ad Alipio notizie sulla sua famiglia, Paolino utilizza chiaramentelattacco di un esametro di Virgilio (qui genus? unde domo?)38, ma nello stessotempo ne dissimula levidenza inframmezzando al secondo sintagma il verboanche se non sarebbe necessario; a termine periodo, poi, Paolino torna a cita-re, ma questa volta la Sacra Scrittura, connotando la conversione consapevoledi Alipio, e quindi il suo far parte del popolo di Dio, con parole chiaramenteallusive allapostrofe agli ebrei cristiani della prima Lettera di Pietro (2,9: vosautem genus electum, regale sacerdotium, gens sancta, populus adquisitionis), asua volta piena di echi dellAntico Testamento39. Riconoscere lo statuto esem-plare di auctoritas a due testi cos apparentemente inconciliabili dal punto di vi-sta del magistero appunto leffetto della profonda compenetrazione delledue culture che connota tutta la produzione cristiana.

    2. Sul versante linguistico, poi, dobbiamo soffermarci sulluso del termine histo-ria, che nel nostro passo viene utilizzato dallo scrittore chiaramente a effetto,creando infatti una sorta di calembour: in cambio della storia (di Eusebio)che Paolino invia ad Alipio, questultimo gli deve unaltra storia, la sua, quel-la della sua vita santa, sanctitatis historia per historia temporum (le due espres-sioni sono per di pi poste in chiasmo). Nel nostro passo infatti lo scrittore con-fronta e quasi gioca sulle due accezioni del termine: quella pi ampia e genera-le di narrazione di eventi accaduti che permette la conoscenza del passato40,e quella pi ristretta, affermatasi in et imperiale, di narrazione particolare dieventi privati41. Lespressione adottata scrivendo ad Alipio riproduce allora un

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  • stolicae, cio gli Atti degli Apostoli). Va detto che non mancano sporadici esempi dellaccezione anche in et clas-sica, a partire addirittura da Plaut. Trin. 381 (historiam veterem atque antiquam).

    42 Il carteggio fra i due intellettuali raccolto e commentato compiutamente da T. Piscitelli Carpino: Pao-lino di Nola, Epistole ad Agostino, a cura di T.P.C., Napoli-Roma 1987.

    43 Aug. epist. 27,5: C ancora unaltra ragione perch tu voglia pi bene a questo fratello: egli infatti pa-rente del venerabile e veramente santo vescovo Alipio, che tu ami con tutto il cuore e meritamente; infatti chiun-que d un benevolo giudizio di quelluomo, lo d riguardo alla grande misericordia e ai mirabili doni di Dio. Per-ci, dopo aver letto la tua richiesta con cui hai espresso il desiderio che ti scriva la storia della sua vita, volevafarlo per la benevolenza che nutre nei tuoi confronti e nello stesso tempo non lo voleva per la sua modestia. Evedendo che ondeggiava tra laffetto e il pudore, ho trasferito sulle mie spalle il peso togliendolo a lui: infatti que-sto mi ha invitato a fare anche in una sua lettera. Perci presto, se il Signore mi aiuter, far entrare Alipio tut-to intero nel tuo cuore: infatti ho soprattutto temuto questo, e cio che egli temesse di rivelarti tutto quanto ilSignore ha riversato su di lui, per evitare di dar limpressione a qualcuno meno intelligente (infatti queste cosenon verrebbero lette da te solo) di celebrare non i doni divini concessi agli uomini, ma se stesso e che tu, che saicome debba leggerle, fossi defraudato per riguardo alla infermit altrui delle notizie a te dovute per cono-scere un fratello.

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    elemento di usus linguistico: sembra daltronde procedere in direzione di unsermo cotidianus, effettivamente plausibile nello stile epistolare, e aiuta a foca-lizzare meglio un passaggio della storia di un temine.

    3.4. Come gi accennato, contemporaneamente Paolino scrive anche ad Ago-stino (epist. 4) per ringraziarlo direttamente di aver composto le opere avute daAlipio42. Agostino, allora vescovo coadiutore di Valerio dIppona, gli risponde su-bito, desideroso di conoscerlo, con la sua epist. 27: ma sostanzialmente gli parladellamico, venerabilis et vere beatus episcopus Alypius (par. 5), della nuova vita diquestultimo e dei suoi scrupoli a narrare unesperienza che avrebbe potuto esse-re travisata e considerata motivata da volont di apparire e non invece opportu-namente vista come un esempio dei divina munera concessa hominibus da Dio.Analizziamo dunque il passaggio relativo ad Alipio di questa epistola agosti-

    niana, perch risulta riprendere e completare il ritratto dellamico quale si stacomponendo rispettivamente dalle Confessioni e dalla lettera paoliniana.

    Est etiam aliud quo istum fratrem (sta parlando del latore della lettera, Romaniano) am-plius diligas: nam est cognatus venerabilis et vere beati episcopi Alypii, quem toto pectoreamplecteris, et merito; nam quisquis de illo viro benigne cogitat, de magna Dei misericordiaet de mirabilibus Dei muneribus cogitat. Itaque cum legisset petitionem tuam qua desidera-re te indicasti ut historiam suam tibi scribat, et volebat facere propter benevolentiam tuamet nolebat propter verecundiam suam: quem cum viderem inter amorem pudoremque fluc-tuantem, onus ab illo in humeros meos transtuli; nam hoc mihi etiam per epistolam iussit.Cito ergo, si Dominus adiuverit, totum Alypium inseram praecordiis tuis; nam hoc sum egomaxime veritus, ne ille vereretur aperire omnia quae in eum Dominus contulit, ne alicui mi-nus intellegenti (non enim abs te solo illa legerentur) non divina munera concessa homini-bus sed seipsum praedicare videretur, et tu qui nosti quomodo haec legas, propter aliorum ca-vendam infirmitatem fraternae notitiae debito fraudareris43.

    Anzitutto la lettera di Agostino ci interessa perch per certi versi aggiunge unasorta di ulteriore capitolo al racconto dellesperienza di Alipio scritto dal suo ami-

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  • 44 Il riferimento allo studio ormai classico di A.A.R. Bastiaensen, Le crmonial pistolaire des chrtiens la-tins. Origine et premiers dvloppements, Nijmegen 1964.

    45 Non forse un caso che, delle sole due occorrenze del termine verecundia nelle Confessioni, una riguar-di la professione di fede di Mario Vittorino, che il neoconvertito rifiuta di fare secretius, sicut nonnulli qui vere-cundia trepidaturi videbantur, bens in conspectu sanctae multitudinis (8,2,5): anche in questo caso, cio, la lodedella gloria di Dio manifestatosi fra gli uomini vince il ritegno personale e la virt in questione si risolve nellaconfessio. Laltra occorrenza pare dimostrare invece che, quando la verecundia resta chiusa in s, destinata a es-sere sterilmente circoscritta allambito umano, come quella degli ignoti (le matricole) che, nella scuola di re-torica frequentata da Agostino in giovent, venivano sopraffatti dagli eversores, pi simili a demni che a uomi-ni (3,3,6). Vd. anche mor. eccl. 31,67.

    46 Cic. Att. 12,35: ut hanc cogitatione toto pectore amplectare; Verg. Aen. 9,275-277: te... / ... venerande puer,iam pectore toto / accipio et comitem casus complector in omnis.

    Parturitio novae vitae: raccontare la conversione 97

    co pi caro: unesperienza che evidentemente doveva essere stata paradigmatica,nello spiccare di conversioni eccellenti, se Paolino manifesta non soltanto al-linteressato, ma anche ad Agostino lardente desiderio di conoscerla. Nello spe-cifico, linsistenza su alcuni tratti caratteriali dei personaggi coinvolti, anche se,entro certi limiti, risponde alla topica di affettazione e modestia del cerimonialeepistolare dei cristiani latini44, almeno a riguardo di Alipio perfeziona i lineamen-ti dellindole dellantico amico: la verecundia, virt cristiana fondamentale, agiscenon soltanto nei rapporti personali ma soprattutto in riferimento alla valutazionedella grazia operante nellesistenza dei singoli. Come Agostino rileva nelle Con-fessioni, infatti, la conversione per Alipio ma possiamo ravvisare nellesperienzadi questo elementi topici rappresenta soprattutto un continuo percorso dallu-mano al divino e viceversa45.Infine, anche a proposito di questo testo, puntiamo la nostra attenzione sul ver-

    sante linguistico. Agostino qui pienamente partecipe degli stilemi propri delloscambio epistolare, in particolare di quelli dambito religioso ed episcopale, cheabbiamo visto attivi anche nella lettera di Paolino; tuttavia possiamo rintracciareelementi interessanti dal punto di vista anche della personalit letteraria delloscrittore. Ne citer tre, di respiro e inferenza diversa, sui quali bene insistere nel-la interpretatio scolastica del testo soprattutto perch rispondenti ad approcci di-versamente possibili:1. Lespressione toto pectore amplecteris, detto dellincondizionato amore di Pao-lino nei confronti di Alipio, apparentemente colloquiale e cursoria, ma inrealt meno frequente di quanto si possa immaginare: la ritroviamo tal quale inuna lettera ad Attico di Cicerone (e quindi nellautore esemplare della tradi-zione epistolare) ma non dobbiamo sottovalutare la consonanza con la celebreapostrofe di Ascanio a Eurialo nel libro IX dellEneide, che riproduce il tonopaternalistico coerente con la circostanza della lettera agostiniana46. Vale solola pena di notare che quelle che emergono sono le auctoritates scolastiche pereccellenza, della lettura delle quali bravi studenti come Agostino e Paolino sinutrivano quotidianamente: un altro esempio di quella continua interferenza diculture di cui abbiamo gi parlato.

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  • 47 Ma cf. anche, prima di tutti, gi Lucil. 612 M.: veterem historiam inductus studio scribis.48 Per documentare luso dellaccezione in Agostino vd. almeno quaest hept. 1,173 (Olympi montis histo-

    riam), serm. 122,17 (veterem historiam conscriptam in libro sancto), civ. 18,12 (ista historia: qui in opposizionea fabula = racconto specificamente mitologico, come in c. Secundin. 26) e 22,20 (vetus historiam), c. epist. fund.5 (de vocatione atque apostolatu Pauli vulgatissimam historiam).

    49 Per la definizione cf. Serv. Aen. 7,346: praecordia sunt loca cordi uicina, quibus sensus percipitur, poi ri-preso da Isid. orig. 11,1,119. Va ricordata almeno la celebre affermazione di Lucil. 590 M.: ex praecordiis ecferoversum (stessa immagine anche in Prop. 2,1,41: nec mea conveniunt duro praecordia versu): il termine comunque,al di fuori della referenza anatomica, non pare legato a un particolare registro linguistico, come mostra esemplar-mente il caso di Virgilio (Aen. 2,367; 7,346; 9,595) e dei suoi imitatori det flavia. In ambito cristiano, il termine adottato, sempre in senso traslato, a partire dalle traduzioni della bibbia, dalla Itala alla Vulgata, che per noi indice di unestrema familiarit col termine da parte dei lettori-scrittori a prescindere dalla volont espressiva.

    98 F. Gasti

    2. Agostino ricorda che Paolino e lo abbiamo gi letto direttamente insistepresso Alipio ut historiam suam scribat, utilizzando, rispetto al referre historiamdi Paolino, una iunctura solidamente attestata nella tradizione letteraria classi-ca (Cicerone, Plinio il Giovane, Svetonio)47 e, come tale, presente anche nei cri-stiani pi sensibili alla maniera degli auctores come Gerolamo. Laccezione sempre quella privata di storia personale di cui abbiamo parlato, ma nondobbiamo pensare alla semplice ripresa del termine paoliniano, quanto piutto-sto a uno stilema praticato dallo stesso Agostino, come documenta lespressio-ne molto vicina di civ. 22,8 (omnes suae fraternae maternaeque calamitatis hi-storiam)48. Possiamo forse per apprezzare, sempre dal punto di vista dellacu-tezza retorica, che al calembour di Paolino realizzato con la ripetizione del ter-mine historia in duplice accezione, Agostino risponde con un altro gioco se-mantico, visto che utilizza il sostantivo in accezione ristretta ma in iunctura colverbo scribere, che connota invece, nei grandi classici, laccezione generale.

    3. Lintermediazione di Agostino dovrebbe avere leffetto di rinsaldare lintimitdegli amici, di cui parla anche Paolino, e di far entrare Alipio nei praecordia diquestultimo: anche qui risalta immediatamente lespressivit della scrittura,che rende in effetti lidea topica dellaffettuosa familiarit in modo icastico econnotato dallambito anatomico. Limmagine dei praecordia, che consideriamoanaloga per variationem a quella del visceribus insinuare di Paul. Nol. epist.3,1, un chiaro prestito dalla lingua della fisiologia medica che indica la zonadel pericardio come sede degli affectus e che compare relativamente presto nellatino letterario a evidente scopo espressivo49; ricorre altrove in Agostino perindicare il radicamento profondo, in un quadro lessicale complessivo in cui leattestazioni del termine sono tuttaltro che frequenti: significative per noi quel-le in cui si parla della presenza di Dio e della sua parola nelluomo (conf.1,15,24 e 8,1,1) ma anche della maestitudo ingens alla morte di Monica(9,12,29); quello a proposito di Alipio tuttavia lunico caso in cui si riferiscea una persona. Ladozione selettiva da parte dello scrittore dellimmagine vaquindi interpretata proprio come elemento fortemente espressivo per sottoli-neare la comunione e non quale traccia di usus, come invece avviene per altriautori cristiani come Ambrogio, Gerolamo e, appunto, Paolino di Nola: pro-

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  • 50 Paul. Nol. epist. 1,1-2; 2,1; 4,1; 19,1; 20,1; 23,7; 31,1; 34,1; 38,4; 39,5: non dobbiamo trascurare che le oc-correnze si situano in massima parte nel paragrafo iniziale della lettera, il luogo principe per lespressione deisentimenti di intimit familiare. Quanto alla poesia, lunica attestazione rappresentata da carm. 10,57, che co-munque una delle lettere poetiche ad Ausonio.

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    prio le occorrenze in questultimo autore che si situano tutte, tranne una, nel-lepistolario, e in particolare nellepist. 4, proprio quella cui la nostra lettera ri-sponde50 potrebbero aver indotto ladozione del termine da parte del pi re-stio Agostino, che avrebbe riproposto lidea manifestata dal suo corrisponden-te tramite unimmagine familiare a questultimo.

    4. Conclusione: un racconto letterario

    4.1. Unosservazione finale non va, a questo punto, trascurata, tanto pi im-portante quanto fa riferimento a un nodo critico sostanziale che, partendo dal-lambiente in cui abbiamo mosso la nostra indagine, si presta ad ampliare il di-scorso sempre per servire alla causa della corretta trasmissione ai giovani del mon-do antico.Abbiamo visto e molto parzialmente documentato che il sofferto percorso

    che porta alla scoperta (o riscoperta) di Dio o alladesione a uno stile di vita, asce-tico o religioso, accomuna numerose personalit del tempo di Agostino. E abbia-mo anche constatato che i decenni fra IV e V secolo rappresentano un momentodi particolare intensit del fenomeno, cosicch lesperienza agostiniana si delinea,pur con tratti di indubbia originalit, in un panorama che pu far pensare a un fe-nomeno collettivo. tuttavia proprio grazie allesperienza del nostro scrittore e alla fitta rete di

    rapporti da questo intrecciata con molti altri intellettuali suoi contemporanei chelo studioso oggi riesce ad avere una percezione meno confusa di tale fenomeno elo pu valutare secondo coordinate in linea di massima oggettive. Agostino, in al-tri termini, racconta la propria esperienza facendo luce altres su quella di moltialtri, perch descrive ambienti, emozioni, istanze ed errores di unepoca; e la so-luzione che riesce a partorire, e cio una vita nuova, implica un travaglio che,con sofferenza e tempistica differenti, riguarda anche lesperienza di altri.

    4.2. Un conto, per, sentire la necessit della ricerca di una nuova dimensio-ne esistenziale, perseguirla con passione e con le incertezze relative a quanto si la-scia e quanto non si conosce ancora, raggiungerla e iniziare a vivere una nuovaesperienza esistenziale; un altro conto descriverla o, per noi, leggerla. infatti ladimensione letteraria lelemento per noi connotativo dei racconti di conversionesu cui ci siamo soffermati e di tutti gli altri di cui abbiamo notizia dai testi deglistessi interessati o di altri che ce ne parlano.Lo spagnolo Prudenzio, poeta di indiscutibile efficacia contenutistica e lettera-

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  • 51 M.G. Bianco, Il Commonitorium di Orienzio: un protrettico alla conversione nella Gallia del V secolo,AFLM 20, 1987, pp. 33-68, in partic. 66-67. Per un recente inquadramento critico, vd. il mio Le voci di Orien-zio, in Incontri triestini di filologia classica 7, Trieste 2008, pp. 131-144.

    100 F. Gasti

    ria, al termine della vita, forse nel ritiro di una comunit monastica intorno al 405,diventa editore di se stesso e, nella praefatio e nellepilogus della raccolta delle pro-prie opere parla della propria conversione, affidando quindi il racconto dellespe-rienza fondamentale non solo della vita, ma anche della sua ispirazione poetica, aloci retoricamente e strutturalmente portanti. Paolino affida la composita rifles-sione sugli orizzonti esistenziali, ma soprattutto letterari, assicurati dalla nuova vi-ta a un carteggio poetico di grande cura stilistica con lantico maestro Ausonio(carm. 10 e soprattutto 11), scegliendo quindi un veste letteraria adatta a rivolger-si a un pubblico esigente e attento, rappresentato appunto dallambiente dorigi-ne e di formazione dello stesso intellettuale. Un altro Paolino, nato a Pella in Ma-cedonia nel 376 ma cresciuto a Bordeaux come il precedente fra gli agi dellari-stocrazia, finisce per dedicarsi alla vita religiosa dopo le pesanti perdite a seguitodelle invasioni barbariche e scrive un poemetto di poco pi di seicento esametri diautoconfessione e ringraziamento a Dio (Eucharisticos) in cui il racconto degli er-rori giovanili e la prospettiva di una redenzione nel cambiamento tengono senzal-tro conto, in qualche misura, delle Confessioni agostiniane. E suggestioni in dire-zione sia di Paolino di Pella sia di Agostino sono state notate nel poemetto del con-temporaneo Orienzio, da identificare col vescovo di Auch in Guascogna, in cuilintento prioritario di offrire un protrettico alla vita morale al lettore (si parla in-fatti di commonitorium, che alcuni considerano il titolo dellopera) presuppone larisoluzione di lasciare quanto nella vita provvisorio per convertirsi ai veri va-lori della vita religiosa51.Questi esempi, fra gli altri che potrebbero essere allegati, di respiro diverso e

    anche di livello letterario diverso, sono estremamente indicativi di unimpostazio-ne analoga, e cio documentano la tendenza al trattamento letterario del fenome-no della conversione. Quello che per mi pare doveroso rilevare e che mi sta acuore far rilevare ai pi giovani lettori tramite i loro insegnanti che la risolu-zione da parte di uno scrittore di affidare alla propria opera, o a una individuabi-le sezione di essa, il racconto del percorso di avvicinamento alla consapevole scel-ta di Dio non dettato dalla necessit di difendere la propria scelta come nelletdellapologetica, e nemmeno dalla volont di suscitare ulteriori conversioni. Inunet in cui la letteratura cristiana non solo liberamente circolante, ma ancheautorizzata dalla riflessione cristiana agli occhi dei cristiani stessi, sempre diffi-denti nei confronti del fatto artistico in s, il racconto della conversione rappre-senta un fatto letterario, crea una tradizione trasversale ai generi, si pone come unpunto darrivo e insieme come momento di novit non soltanto dal punto di vistapersonale ma anche esteticamente parlando.

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  • 52 Aug. retract. 2,6,1: I tredici libri delle mie Confessioni lodano Dio giusto e buono per le cose brutte e lecose belle della mia vita, e indirizzano a lui la mente e il cuore degli uomini. Per quanto mi riguarda, questo han-no provocato in me mentre li scrivevo, e lo provocano ora mentre li rileggo. Che cosa ne pensino altri, affarloro; so tuttavia che a molti fratelli sono piaciuti molto e piacciono ancora.

    53 A. Cacciari, Introduzione a SantAgostino, Confessioni, trad e note di G. Sgargi, intr. di A.C., Siena 2007,p. VII.

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    4.3. Agostino il primo a riconoscere il valore letterario, accanto ad altri, del-la propria opera capitale. Leggiamo infatti in quellopera singolarissima di revi-sione e giudizio della propria produzione che sono le Retractationes:

    Confessionum mearum libri XIII et de malis ed de bonis meis Deum laudant iustum etbonum, atque in eum excitant humanum intellectum et affectum. Interim, quod ad me atti-net, hoc in me egerunt cum scriberentur et agunt cum leguntur. Quid de illis alii sentiant,ipsi viderint; multis tamen fratribus eos multum placuisse et placere scio52.

    Il giudizio critico che lo stesso autore d della propria opera circostanza rarain antico identifica le Confessioni come unazione di lode a Dio e, insieme, co-me un protrettico allincontro con Dio stesso rivolto agli altri. Entrambe le di-mensioni, quella verticale e quella orizzontale presuppongo il racconto dei mala edei bona occorsi allo scrittore in vita e finiscono per aggiungere quindi una terzadimensione, che quella narrativa che qui ci interessa. E, oltre a insistere sullaprofonda attualit terapeutica della Scrittura, che cio perdura nei suoi effettianche rileggendola a distanza, Agostino testimonia ricezione dellopera stessa an-che nel pubblico e distingue fratres, di cui conosce il vivo apprezzamento, e alii,del giudizio dei quali sicuramente si disinteressa.Secondo un assodato orientamento della critica, confermato ancora di recente,

    dietro agli alii si possono forse intravedere lettori colti, cui egli senzaltro ante-pone con sensibilit decisamente moderna e tipica dello scrittore militante, nongi del letterato o dellaccademico il gradimento del pubblico, che stato lusin-ghiero53. Quello che chiaro che lautore, a distanza di anni dalla pubblica-zione delle Confessioni, sa che lopera continuava a essere in mano a lettori diver-si, che si attendevano da essa risposte diverse: e se la ricerca della fede consape-vole, la continuit della lode, linsegnamento esistenziale rappresentano indub-biamente i termini delle attese dei fratres, del tutto solidali con lesperienza di con-versione di Agostino, negli alii non fuori luogo ravvisare coloro che non cerca-no tali valori e tali insegnamenti, ma leggono lopera per quanto di letterario vi ,depauperandola nel messaggio da un lato, ma documentandone altres un valorealtrettanto significativo.Non certamente dallangolo visuale rappresentato dalle Retractationes che

    Agostino pu esprimersi sulla letterariet dellopera apparentemente meno moti-vata da istanze letterarie nel corpus delle sue, e per questo si limita a rimuovere ildiscorso (ipsi viderint). Ma altrettanto vero che nella tendenza a dotarne la for-ma di qualificati accorgimenti narrativi perci stesso retorici possiamo trova-

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  • 54 Di tre grandi tipi di sviluppo che appaiono subito alla lettura dellopera: il racconto, leffusione lirica,la meditazione, inseriti allinterno della pratica della mescolanza dei generi che compare tanto pi volentierise lo scrittore ha il gusto e il talento delle analisi sottili e iridate, parla al proposito J. Fontaine, Introduzione ge-nerale, in SantAgostino, Confessioni, vol. 1 (libri I-III), Milano 1992, p. LIII ss.

    102 F. Gasti

    re un elemento di consapevole giudizio in tal senso, che inevitabilmente arricchi-sce anche di questa dimensione un quadro di altissimo livello culturale.Le Confessioni cos, nella loro complessit (dal punto di vista del destinatario,

    della forma testuale e generica, della tradizione letteraria), interpretano anche let-terariamente il periodo culturale che le ha prodotte, dominato dallo scardina-mento dello schema classico dei generi e delle forme della letteratura preceden-te54. E dobbiamo considerare un elemento derivante dalla fortissima personalitdellautore la possibilit di mostrare ancora oggi tale circostanza testuale non so-lo per la sua esperienza, condivisa da altre personalit come lui, ma per come cela comunica in questa e in altre sue opere, conferendo alla propria scrittura tratti questi s per molti versi davvero eccezionali.

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  • Indice

    Premessa [Fabio Gasti] 9

    Saluto del Magnifico Rettore [Angiolino Stella] 15

    Saluto del Presidente del Comitato Pavia citt di SantAgostino[Walter Minella] 17

    Paola Francesca MorettiAgostino e la scuolaLutilitas della formazione scolastica e la prosa delle Confessiones 19

    Domenico DevotiAgostino fondatore di una retorica cristiana 57

    Fabio GastiParturitio novae vitae: raccontare la conversione(Aug. conf. VIII e due lettere) 79

    Sergio AudanoAgostino tra Bruto, Livio e Virgilio (civ. 3,16; 5,18):un possibile tirannicidio cristiano? 103

    Anna TurraLessico dellio e lessico di Dio in Agostino 155

    Sabina DepaoliFilosofia e Latino: un percorso interdisciplinare 165

    Martino MenghiAgostino a scuolaUn confronto tra Agostino e Seneca saepe noster 173

    Gianluca VandonePer una didattica agostiniana 177

    Indice dei passi citati 183

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  • Finito di stampare nel mese di ottobre 2009in Pisa dalleEDIZIONI ETS

    Piazza Carrara, 16-19, I-56126 [email protected]

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