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NUMERO UNICO GENNAO 2014 MENSILE DI FORMAZIONE E CULTURA DIRETTORE responsabile: dott. Franco Adessa Direzione - Redazione - Amministrazione: Operaie di Maria Immacolata e Editrice Civiltà Via G. Galilei, 121 25123 Brescia - Tel. e fax (030) 3700003 www.chiesaviva.com Autor. Trib. Brescia n. 58/1990 - 16-11-1990 Fotocomposizione in proprio - Stampa: Com & Print (BS) contiene I. R. www.chiesaviva.com e-mail: [email protected] «LA VERITÀ VI FARÀ LIBERI» (Jo. 8, 32) Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003(conv. L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Brescia. Abbonamento annuo: ordinario Euro 40, sostenitore Euro 65 una copia Euro 3,5, arretrata Euro 4 (inviare francobolli). Per l’estero Euro 65 + sovrattassa postale Le richieste devono essere inviate a: Operaie di Maria Immacolata e Editrice Civiltà 25123 Brescia, Via G. Galilei, 121 - C.C.P. n. 11193257 I manoscritti, anche se non pubblicati, non vengono restituiti Ogni Autore scrive sotto la sua personale responsabilità Chiesa viva Moneta Moneta del popolo del popolo TASSE TASSE ZERO! ZERO!

GENNAO 2014 - don Curzio Nitoglia · Franco Adessa Estratto dal libro: “La banca la moneta e l’usura” di Sua Ecc.za dott. Bruno Tarquini stampato dalla Casa Editrice “Controcorrente”

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Page 1: GENNAO 2014 - don Curzio Nitoglia · Franco Adessa Estratto dal libro: “La banca la moneta e l’usura” di Sua Ecc.za dott. Bruno Tarquini stampato dalla Casa Editrice “Controcorrente”

NUMERO UNICOGENNAO 2014

MENSILE DI FORMAZIONE E CULTURADIRETTORE responsabile: dott. Franco AdessaDirezione - Redazione - Amministrazione:Operaie di Maria Immacolata e Editrice CiviltàVia G. Galilei, 121 25123 Brescia - Tel. e fax (030) 3700003www.chiesaviva.comAutor. Trib. Brescia n. 58/1990 - 16-11-1990Fotocomposizione in proprio - Stampa: Com & Print (BS)contiene I. R.www.chiesaviva.com e-mail: [email protected]

«LA VERITÀ VI FARÀ LIBERI»(Jo. 8, 32)

Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003(conv. L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Brescia.Abbonamento annuo:ordinario Euro 40, sostenitore Euro 65 una copia Euro 3,5, arretrata Euro 4(inviare francobolli). Per l’estero Euro 65 + sovrattassa postaleLe richieste devono essere inviate a: Operaie di Maria Immacolata e Editrice Civiltà25123 Brescia, Via G. Galilei, 121 - C.C.P. n. 11193257

I manoscritti, anche se non pubblicati, non vengono restituitiOgni Autore scrive sotto la sua personale responsabilità

Chiesa viva

Moneta Moneta del popolodel popolo

TASSE TASSE ZERO!ZERO!

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2 “Chiesa viva” NUMERO UNICO *** Gennaio 2014

Moneta del popoloMoneta del popolo

TTAASSSSEE ZZEERROO!!TTAASSSSEE ZZEERROO!!

LA RINUNCIA DELLO STATO ALLA PROPRIA SOVRANITÀ MONETARIA

La “presentazione” del libro pone inrisalto la questione “giuridica” dellosvuotamento dell’aspetto economico-sociale della Costituzione italiana e laquestione “politica” della rinunciadello Stato alla propria sovranità mo-netaria. Questo libro, sia pure con un linguag-gio molto semplice, ha l’ambizione difar conoscere un aspetto della finan-za e dell’economia che è sempre ri-masto nascosto nei luoghi oscuri delpalazzo, come qualcosa che non con-venisse svelare al popolo. Ed è bene, invece, che il popolo sap-pia, finalmente, che lo Stato ha, datempo, rinunciato alla propria so-vranità monetaria in favore di unente privato, qual è la Banca d’Ita-lia; ha rinunciato, cioè, ad emettere moneta propria, conla conseguenza che, per il perseguimento dei propri fini

istituzionali, è costretto a chiedere, inprestito oneroso, le necessarie risorsefinanziarie, indebitandosi nei con-fronti dell’istituto di emissione. Ed èbene che il popolo sappia anche chequesto inutile indebitamento si tra-sferisce necessariamente ai cittadinimediante la pressione fiscale. Pertanto, il popolo si ritrova debitoredi quella moneta di cui, invece, do-vrebbe essere proprietario, ancheperché essa acquista valore solo per-ché i cittadini l’accettano come stru-mento di scambio e, quindi, solo acausa ed in conseguenza della sua cir-colazione. Con l’avvento dell’Euro si determina,poi, un altro trasferimento della sovra-nità monetaria, questa volta dallaBanca d’Italia (così come dalle altrebanche di emissione) ad un ente pri-vato sovrannazionale, qual è la Ban-ca Centrale Europea (BCE), che

provvederà ad emettere la nuova moneta addebitandolaai popoli europei, secondo la stessa “filosofia” moneta-

a cura del dott. Franco Adessa

Estratto dal libro: “La banca la moneta e l’usura” di Sua Ecc.za dott. Bruno Tarquinistampato dalla Casa Editrice “Controcorrente” di Napoli,

Via Carlo de Cesare 11 - 80132 Napoli - Tel.: 081 421349 - Fax: 081 5520024.

Bruno Tarquini è nato ad Avezzano (L’Aquila) nel 1927. Laureatosi in giurisprudenza nel 1948, presso l’Universitàdi Roma, è entrato giovanissimo in magistratura, percorrendone tutti i gradi. È stato Pretore a Roma e, dal 1955, alTribunale di Teramo, prima come giudice, poi come Presidente; nel 1986, è stato trasferito alla Corte d’Appellodell’Aquila, dove ha svolto le funzioni di Presidente della sezione penale e della Corte d’Assise di secondo grado;infine, nel 1994, è stato nominato Procuratore Generale della Repubblica presso la stessa Corte d’Appello.

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perciò, venendo meno la sua funzione caratteristica, cessadi essere moneta. Questo significa che il “concetto di moneta” ha radicenello spirito dell’uomo e che, perciò, appartiene ad unacategoria spirituale. La moneta fu pensata dall’uomo, on-de poter servire come strumento per lo scambio dei beni,in un tempo in cui, ampliatisi i commerci, il baratto, fino

allora utilizzato, cominciò a denunciarela propria inadeguatezza. All’inizio, la moneta veniva emessa dalsovrano, in pezzi di metallo prezioso(oro, argento, rame, ecc.), apposita-mente “coniati” perché fosse garantitala sua provenienza ed il suo peso, equindi, il suo valore. In una seconda fase, quando sorsero leprime banche, sia il sovrano, sia i citta-dini, preferirono depositarvi il loro ca-pitale monetario, soprattutto per motividi sicurezza, ricevendo in cambio unaricevuta (fede di deposito), esibendo laquale ottenevano la restituzione del re-lativo importo in monete metalliche. Successivamente, commercianti e arti-giani, al fine di rendere rapidi ed agili iloro affari, si resero conto che, invecedi ritirare i loro depositi bancari, pote-vano utilizzare, per i pagamenti, lestesse ricevute dei banchieri, le quali,in tal modo, cominciarono ad adempie-re le stesse funzioni della moneta cherappresentavano (banconote). Poichévenivano accettate dai creditori (rassi-curati dalla garanzia rappresentata daidepositi bancari), quelle ricevute ac-quistarono funzioni e valore di mo-neta vera e propria, nonostante chenon avessero alcun valore intrinseco,essendo di carta.

L’USURA

A questo punto, furono i banchieri a rendersi conto di unsingolare fenomeno, al quale occorre prestare la massimaattenzione, perché costituisce il punto di partenza della“grande usura”. Poiché, dunque, per loro comodità, i cit-tadini preferivano pagare ed essere pagati con le ricevutebancarie (banconote), invece che con le monete metallichedepositate in banca, i banchieri, essendosi perciò accortiche i depositi erano ritirati in una percentuale molto bassa(diciamo il dieci per cento), escogitarono un “trucco”tanto semplice quanto ingegnoso: emisero un numero di“ricevute”, di gran lunga superiore a quello dei deposi-ti, le quali, sebbene prive della copertura delle monetemetalliche, e quindi di ogni garanzia, circolarono con leprime ricevute, funzionando anch’esse da moneta, inquanto accettate dai cittadini. È chiaro che, mentre le prime ricevute rappresentavano il

ria utilizzata, fino ad oggi, dalle Banche centrali nei con-fronti dei rispettivi popoli; ed attuando i princìpi del piùsfrenato liberismo, previsto dal Trattato di Maastricht,che sono nettamente inconciliabili con la vigente Costi-tuzione italiana, e che sono riassunti specialmente negliarticoli 41, 42, e 43.

LA MONETA

Il libro, che è fondamentalmente divisoin due parti: la prima, che tratta dellaBanca d’Italia e del Trattato di Maa-stricht, e la seconda, della moneta delpopolo, si apre con una limpida intro-duzione che, in poche pagine, e con unlinguaggio accessibile a tutti, svela“quell’aspetto della finanza edell’economia che è sempre rimastonascosto, nei luoghi oscuri del palaz-zo, come qualcosa che non convenis-se svelare al popolo”. Non esiste argomento più interessante estimolante della moneta, a condizioneche se ne colga l’esatto significato e,quindi, se ne conosca l’unica funzionea cui essa dovrebbe essere destinata.È moneta ciò che è convenzionalmen-te usato come mezzo di scambio e co-me misura del valore. Quindi, non è importante, perché una“cosa” acquisti dignità di moneta, cheessa sia fatta di una o di un’altra mate-ria: la storia ricorda come i popoli ab-biano conferito valore e funzione dimoneta non solo ai metalli preziosi, maanche ai più disparati beni che fosserodi difficile o faticoso reperimento; èimportante, invece, porre in evidenzacome la nostra moneta debba avere, co-me “causa”, la “convenzione” e, co-me “effetto”, la funzione di “misura-re il valore” dei beni, perciò, lo “strumento per lo scam-bio” di questi beni. Se questo secondo requisito sembra abbastanza compren-sibile, perché l’intermediazione della moneta evita il ricor-so all’antico e non pratico sistema del baratto, il primo re-quisito, quello della “convenzione”, ha bisogno di unabreve riflessione: una moneta può adempiere la propriafunzione in quanto è accettata dai cittadini: sono infatticostoro che, accettandola, le danno valore. Per dimostrare questo assioma, si ricorre all’esempiodell’isola deserta, dove, evidentemente, il possesso di mo-neta da parte dell’unico abitatore equivarrebbe a possessodi nulla, proprio per l’impossibilità che quella moneta pos-sa essere accettata.Quindi, il valore della moneta è la conseguenza di una“convenzione”: se non c’è accettazione, da parte dei cit-tadini, la moneta non acquista valore, oppure lo perde, e

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debitarsi, per ottenere le necessarie risorse finanziarie,con un Ente privato (qual è la Banca d’Italia), al qualeha trasferito la propria sovranità monetaria e, con es-sa, il potere di controllare tutta la politica economico-sociale della Nazione.

LA BANCA D’ITALIA

Nel capitolo I e nei successivi fino all’VIII, viene presen-tata una breve storia della Banca d’Italia, la sua natura giu-ridica, la proprietà della moneta all’atto dell’emissione e ilpotere politico e monetario di questa istituzione e certiaspetti incostituzionali del Trattato di Maastricht. Subito dopo il conseguimento del tormentato processodi unificazione degli Stati italiani, sotto la dinastia deiSavoia, si dovette affrontare lo spinoso problema dellacreazione di una Banca Centrale che estendesse la pro-pria competenza sull’intero territorio del nuovo Stato. Masoltanto con la Legge n° 443 del 10 agosto 1893, avvennela nascita della Banca d’Italia, frutto della fusione dellaBanca Nazionale del Regno con la Banca Nazionale To-scana e con la Banca Toscana di Credito, e dalla liquida-zione della Banca Romana, conseguente al grande scanda-lo sorto dal suo fallimento. Fu personalmente Giovanni Giolitti, Presidente del Con-siglio dell’epoca, a dirigere tutte le operazioni necessarieper la nascita della nuova Banca Centrale, ed a lui, perprimo, si devono tutte quelle norme dirette a garantirela sua autonomia da ogni eventuale pressione del pote-re politico: a tal fine, Giolitti volle mantenere il più possi-bile il modello societario, evitando che fosse il Governoa nominare i vertici della Banca d’Italia. La Banca d’Italia, dunque, fin dall’origine assunse la for-ma societaria anonima.Con il Regio Decreto 28 Aprile 1910, n° 204 fu approvatoil testo unico delle leggi sugli istituti di emissione e sullacircolazione dei biglietti di banca. La facoltà di emissionefu concessa per un periodo di vent’anni alla Banca d’Ita-lia, al Banco di Napoli e al Banco di Sicilia. Tra i decreti-legge, emanati nel periodo 1926-27, assunseimportanza quello n° 812 del 6 Maggio 1926 che, unifi-cando in capo alla Banca d’Italia il servizio di emissione

controvalore di monete metalliche depositate, le altre, in-vece, non rappresentavano nulla. I banchieri così, co-minciarono a creare moneta dal nulla, senza alcun co-sto se non quello meramente tipografico, ma, cionono-stante, pretendevano ed ottenevano i relativi interessi. Ancora oggi succede, mutatis mutandis, la stessa cosa inun duplice ordine di livelli:a) ad un livello più basso, avviene che le banche, confi-dando nel fatto che la massa di moneta depositata da clien-ti non verrà mai ritirata tutta contemporaneamente, presta-no, a chi ha bisogno, denaro per un valore enormemente

superiore al valore dei depositi; prestano, cioè, denaroche non hanno e, dal nulla, percepiscono interessi; b) ancor più grave è quanto succede ad un livello più alto,vale a dire a quello delle Banche Centrali, le quali pre-stano allo Stato (per i suoi bisogni istituzionali) ed al si-stema bancario (e quindi, attraverso questo, al sistemaeconomico nazionale) la moneta che esse stesse creanodal nulla, richiedendo non solo i relativi interessi, maanche un importo pari alla moneta prestata, perchéquesta, al momento della restituzione, acquista valore nelcorso della circolazione; quel valore che, invece, non ave-va al momento della emissione, cioè del prestito (essendol’unica passività di tutta l’operazione rappresentata dal co-sto di fabbricazione della moneta). Ognuno può facilmente rendersi conto che, in entrambi icasi, si fa esercizio di “usura”. Mentre nel primo caso, le vittime sono soltanto quei citta-dini costretti a ricorrere alle banche per ottenere i finanzia-menti necessari alle loro imprese e, qualche volta, alle lorostesse esigenze personali, nel secondo caso, la vittima èl’intera struttura economica dello Stato, costretto a in-

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dei biglietti di banca, stabilì la cessazione della analogafacoltà per il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia. Ilmonopolio dell’emissione e il ruolo di Banca Centrale del-la Banca d’Italia assunse un definitivo assetto con il RegioDecreto del 12 Marzo 1936, convertito nella Legge 7Marzo 1938, n° 441, e col successivo “Statuto”. Queste disposizioni legislative confermarono l’autonomiadella Banca d’Italia, alla quale, per la prima volta, fuesplicitamente riconosciuta la qualifica di “Istituto diDiritto Pubblico”, nonostante che fosse sostanzialmentemantenuta la sua organizzazione interna originaria di unasocietà anonima (oggi detta “società per azioni”).Il potere attribuito al Governato-re era enorme in quanto capacedi incidere in maniera decisivasulla vita della Nazione, tanto piùche la sua nomina non incontra li-miti temporali, a meno di dimissio-ni o di revoca. Per dimostrare come il potere poli-tico abbia continuato, nel tempo,a defilarsi dalla responsabilità dimantenere una competenza ditanta importanza, quale è quellaconcernente il tasso di sconto, laLegge 7 Febbraio 1992, n° 82 (tral’altro promossa dall’allora Mini-stro del Tesoro, Guido Carli, che,guarda caso, era stato Governato-re della Banca d’Italia), ha attri-buito all’Istituto di emissione la fa-coltà di disporre le variazioni deltasso ufficiale di sconto senza do-verla più concordare con il Mini-stro del Tesoro, vale a dire senzadoverla concordare con lo Stato.Ora, nonostante l’esplicita formulaadoperata dalla legge, secondo cuila Banca d’Italia è “Istituto di Di-ritto Pubblico”, nonostante la suaorganizzazione ricalca sostanzial-mente quella di una “società perazioni”, si deve dire che l’approva-zione politica della nomina dellecariche della Banca d’Italia (comepure la loro revoca) appare comeun mero visto di legittimità e, inoltre, la considerazioneche i fini istituzionali dell’ente in esame sono stabiliticon legge non può giustificare la tesi che la Bancad’Italia sia di “Diritto Pubblico”.In conclusione, si deve riconoscere che la Banca centra-le è un ente privato, atteggiato strutturalmente come una“società per azioni”, alla quale è stata affidata, in eser-cizio esclusivo, la funzione statale di emissione di carta-moneta e concesso il pubblico servizio di tesoreria perlo Stato.La Banca d’Italia, dunque, dalla pubblica funzione diemettere moneta, della quale è stata investita dallo Stato,ricava degli utili che vanno a suo beneficio, proprio co-

me una società privata commerciale. Ma la Banca d’Italiapuò ritenere di essere la proprietaria della moneta car-tacea al momento in cui la presta al sistema economiconazionale, per porla in circolazione? La domanda apparedel tutto doverosa, poiché su questo punto la legislazionetace completamente e, di conseguenza, non si può dareuna risposta che sia sostenuta da un preciso riscontro nor-mativo. La risposta appare, dunque, molto difficile, e di ta-le difficoltà si è avuta la prova, in sede parlamentare, indue occasioni recenti:

1) nella seduta della Camera dei Deputati, tenutasi il 17marzo 1995, il deputato Pasettorivolse una interrogazione al Mini-stro del Tesoro, per sapere se nonintendesse promuovere una rifor-ma legislativa diretta a definire lamoneta un bene reale conferitoall’atto dell’emissione, a titolooriginario di proprietà di tutti icittadini appartenenti alla collet-tività nazionale italiana, con con-seguente riforma dell’attuale siste-ma dell’emissione monetaria, chetrasforma la Banca Centrale dasemplice ente gestore ad enteproprietario dei valori monetari. Nel rispondere a tale interrogazio-ne, il Sottosegretario del Tesoro,Carlo Pace affermò “in sostanza,per tutta la durata della circola-zione, la moneta rappresenta undebito, una passività dell’Istitutodi Emissione e come tale è iscrit-ta, nel suo Bilancio, tra le postepassive”.

2) rispettivamente, il 3 novembre1994, e il successivo 1° dicembre,i senatori Natali (AN) e Orlando(PRC) interrogarono il Ministrodel Tesoro per sapere se non rite-nesse necessario l’intervento delMinistero, per la doverosa tuteladei rilevantissimi interessi nazio-nali, nella causa civile, promossa

dinanzi al tribunale di Roma dal Professore Giacinto Au-riti, nei confronti della Banca d’Italia, e diretta ad ottene-re una sentenza di mero accertamento, che dichiarasse lamoneta, all’atto della emissione, di proprietà dei citta-dini italiani ed illegittimo l’attuale sistema dell’emissio-ne monetaria, che trasforma la Banca Centrale da Entegestore ad Ente proprietario dei valori monetari’.

Alle due interrogazioni, fornì risposta scritta il Sottosegre-tario di Stato per il Tesoro, Vegas, il quale (sentita, questavolta nel merito, anche la Banca d’Italia) si adeguò allaprecedente risposta del collega di Governo. Come ulterioreargomentazione, il Sottosegretario Vegas ricordò come,

Simboli della Banca d’Italia.

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nella attuale dottrina economica e nelle opinioni degli Statieuropei, fosse avvertita e radicata l’esigenza “di non con-centrare nelle mani di uno stesso soggetto politico, qua-le potrebbe essere l’autorità di governo, il potere dicreare moneta e quello di spenderla, onde impedire chela moneta diventi strumento di lotta politica”, e ricordòche tale esigenza aveva trovato esplicito riconoscimentogiuridico nel Trattato di Maastricht. Entrambe le risposte sono degne di nota solo per il tasso diambiguità da cui sono permeate. Infatti, in primo luogo, stupisce che tutte e due le rispostesul punto relativo alla proprietà della moneta, al mo-mento della sua emissione, si rifugino in una dichiara-zione negativa, affermando che questa non spetta allaBanca d’Italia: affermazione questa, forse volutamenteelusiva, ma che, tuttavia, nonpuò sfuggire all’accusa dimenzogna per ciò che essa nonpuò non sottintendere.Posto infatti che la moneta (almomento della sua creazione edemissione) non può non avere,come tutti i beni mobili, unproprietario, deve trarsi la con-clusione che, in quel precisomomento la moneta, se non èdella Banca d’Italia, è di pro-prietà dello Stato. Ma ciò con-trasta in modo irrimediabile conquanto riconosciuto dagli stessirappresentanti del Governo, valea dire la percezione di un utilemonetario da parte di un Enteche non è proprietario dellamoneta che crea ed immette incircolazione. Tanto più che, pertutta la durata della circolazione,la moneta rappresenterebbe undebito della Banca d’Italia; unapassività che la abilita ad inse-rirla nel proprio bilancio tra leposte passive.Ne deriva che, caso unico, lamoneta sarebbe fruttifera nel-le mani dell’Istituto di Emis-sione, benché questo non nesia proprietario, ma anzi debi-tore. Mentre, quindi, nei casi normali, il creditore percepisce in-teressi dalla moneta che presta, ed è il debitore che pagaquesti interessi, nel caso in esame, le posizioni appaionostranamente invertite. Con un debitore che, anziché pa-gare, percepisce gli utili.Il fatto è che, nel concreto, la verità risiede proprio nel se-condo corno del dilemma: nel senso che la Banca d’Italiaritiene di essere proprietaria della moneta che crea edemette. Lo sostiene lo stesso Istituto proprio nel giudiziocivile promosso dal professor Auriti; infatti, nella com-parsa di costituzione e risposta, datata 20 settembre 1994,

si legge: «alla stregua della puntuale disciplina della fun-zione di emissione, i biglietti della Banca d’Italia costi-tuiscono una semplice merce di proprietà della BancaCentrale, che ne cura direttamente la stampa e ne assumele relative spese» ... «Essi acquistano la loro funzione e ilvalore di moneta solo nel momento logicamente e cro-nologicamente successivo, in cui la Banca d’Italia li im-mette nel mercato trasferendone la relativa proprietà aipercettori». E ancora: «La Banca d’Italia cede la proprietàdei biglietti, i quali, in tale momento, come circolante,vengono appostati al passivo nelle scritture contabilidell’Istituto di Emissione, acquistando in contropartita, oricevendo in pegno, altri beni o valori mobiliari (titoli,valute, ecc.) che vengono, invece, appostati all’attivo».Ora, poniamo il caso di un falsario che dia in prestito il

risultato della propria illecitaattività, che a lui non costa nul-la se non le spese di fabbrica-zione; nel fare il bilancio finaledell’operazione, vi iscrive forsecome posta passiva la sommafalsificata e prestata, e comeposta attiva la somma restituita-gli oltre agli interessi? Così fa-cendo, altererebbe il bilancio,perché la somma falsificatache dà in prestito non costitui-sce una perdita, così come pe-raltro non rappresenta un gua-dagno; inserendola nel passi-vo, il falsario non farebbe al-tro che occultare fraudolente-mente una parte dell’attivo.Tanto per continuare nell’esem-pio, se il falsario dà in prestitola somma falsificata di un mi-liardo di lire al tasso del quin-dici per cento e, alla scadenzaconvenuta ha, in restituzione, lasomma di lire (autentiche) unmiliardo e centocinquanta mi-lioni, il suo attivo è costituitoda quest’ultima somma perintero, ed il suo passivo dallespese sostenute per la fabbri-cazione della moneta falsa.Mutatis mutandis, lo stesso

concetto vale per la Banca d’Italia: certamente, qui, nonsi tratta di moneta falsificata, ma, come si è detto, di mo-neta che, all’atto dell’emissione, non può avere ancora al-cun valore né di credito né di debito, perché destinata, so-lamente durante e a causa della circolazione, a misurare ilvalore dei beni e ad acquistare il connotato di misura delvalore. Perciò, la Banca d’Italia non è legittimata adiscrivere la moneta, che immette nella sua circolazione,come posta passiva del suo bilancio. A questo punto, cisi potrebbe domandare quale possa essere la reazione deivertici della Banca d’Italia a queste chiare e ineluttabiliconsiderazioni.

Una sede della Banca d’Italia.La Banca d’Italia nacque il 10 agosto 1893 come fusionedella Banca Nazionale del Regno, la Banca Nazionale To-scana e la Banca Toscana di Credito a seguito della liquida-zione della Banca Romana, conseguente allo scandalo sortodal suo fallimento. A questo proposito, non si può ignorareche il fallimento della Banca Romana fu dovuto alla rapacitàdella Massoneria e che Vittorio Emanuele II e il figlio Um-berto I erano affiliati agli Illuminati di Baviera.

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della disciplina della società politicain tutte le sue espressioni, omettequalsiasi accenno, anche solo indi-retto, al problema della moneta edagli enti che ne dovrebbero regolarela politica nell’ambito del sistemaeconomico dello Stato. Quale signi-ficato può, pertanto, darsi al silen-zio dei costituenti italiani sullaBanca Centrale? Può, di fatto, il nostro Istituto diEmissione riempire questo vuoto co-stituzionale, pur essendo legittimatoda una produzione di leggi soltantoordinarie, che però non trovano nel-la Carta Costituzionale alcun titoloche possa giustificare la loro appar-tenenza all’attuale ordinamento giu-ridico nazionale, per quanto riguardasia la posizione di potere assolutodella Banca d’Italia sia il contenu-to stesso di quel potere che, comesi è visto, stravolge il concetto diproprietà con riferimento alla mo-neta? A queste domande è certamente dif-ficile rispondere se non ponendo inevidenza il carattere segreto, miste-rioso, iniziatico di tutto ciò che cir-conda il problema della moneta, eche, riesce a far credere al popolo, intema di moneta, una situazione com-pletamente opposta a quella reale. Tutto ciò è quindi effetto di un veroe proprio disegno, cui presta deter-minante ausilio, per disonestà oignoranza, tutto un mondo di poli-tici, di banchieri e di opinionisti,che ha l’unico scopo di tener na-scosta la verità. Quella verità che, fin dal 1931, ave-va invece denunciato, con accoratovigore, Pio XII con l’enciclica“Quadragesimo anno”, in cui scris-se:«Ciò che ferisce gli occhi è che ainostri tempi non vi è solo concentra-zione della ricchezza, ma anche l’ac-cumularsi di una potenza enorme,di una dispotica padronanza

dell’economia in mani di pochi, e questi sovente neppu-re proprietari, ma solo depositari e amministratori delcapitale, di cui essi dispongono a loro grado e piacimento.Questo potere diviene più che mai dispotico in quelliche, tenendo in pugno il denaro, la fanno da padroni:onde sono in qualche modo i distributori del sangue stessodi cui vive l’organismo economico, ed hanno in pugno, percosì dire, l’anima dell’economia, sicché nessuno, contro laloro volontà, potrebbe respirare».

LA “RELIGIONE”DELLA BANCA D’ITALIA

Su questo argomento, desta vera-mente impressione il contenuto di unarticolo apparso su “La Repubbli-ca” del 1° giugno 1994, dal titolo diper se altamente significativo: “Lareligione di Bankitalia”.Questo articolo, scritto con accentiche sembrano davvero ispirati al piùcieco fanatismo, dopo aver afferma-to che la continuità storica delloStato italiano resta affidata allaBanca d’Italia assai più che alle al-tre istituzioni, rileva che “la religio-ne della moneta” deve rimanereintegra nella sua ortodossia “alservizio di una divinità altamentesimbolica – quel biglietto di bancafirmato dal Governatore, che perso-nifica il potere d’acquisto del cittadi-no – ma altresì una divinità che, sefedelmente servita, è dispensatricedi beni, mentre quando viene tra-dita, si fa implacabilmente vendi-cativa”; e più oltre che “i Governa-tori sono i sacerdoti addetti al suoculto”, i quali “se non fossero pie-namente indipendenti, e soggiaces-sero a poteri esterni, la loro qualitàliturgica verrebbe meno”.Dunque, la dottrina di Montesquieunon è più attuale, perché accanto alpotere legislativo, al potere esecuti-vo ed al potere giudiziario, nei qualifu frantumato il potere assoluto deisovrani dopo la Rivoluzione France-se, ce n’é un “quarto”, il poteremonetario.Ma, mentre il potere esecutivo ed ilpotere giudiziario sono in una posi-zione di ineliminabile subordinazio-ne (almeno concettuale) rispetto alpotere legislativo il potere moneta-rio, invece, non solo dev’essere au-tonomo, ma addirittura aspira adoccupare e mantenere un ruolo ditutore dello Stato in materia di po-litica monetaria, tanto da assume-re, assecondando la mistica dell’articolo de “la Repubbli-ca”, persino la dignità e l’intoccabilità di una religione,con i suoi misteriosi riti ed i suoi onnipotenti sacerdoti.Si può legittimamente dubitare che questo “quarto po-tere” abbia le carte in regola con la Costituzione dellaRepubblica Italiana, o almeno col suo spirito informato-re: la nostra Costituzione non brilla certo per sinteticità,poiché, anzi, dopo aver trattato dettagliatamente nella pri-ma parte della posizione del cittadino e, nella seconda,

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Banconota da 10 dollari con la scritta: United States, fat-ta stampare dal presidente americano Abramo Lincoln.Lincoln, pur rifacendosi alla Costituzione americanache esplicitamente dichara compito del Governo ame-ricano quello di stampare la moneta, pagò con la vitacon la sua decisione di sfidare i banchieri internazionalial cui vertice vi era la famiglia Rothschild.L’esecuzione “rituale” del presidente Lincoln avvennecon un colpo di pistola alla testa, mentre assisteva aduna rappresentazione teatrale.

John Wilkes Booth, massone del 33° grado R.S.A.A. emembro della “Giovane America” di Giuseppe Mazzi-ni, assassinò Abramo Lincoln, il 14 aprile 1865, 5 giornidopo la fine della Guerra di Secessione americana. Boothapparteneva anche alla Loggia dei “Cavalieri del Circo-lo d’Oro” che, nel dicembre 1865, Albert Pike mutò in“Cavalieri del Ku Klux Klan”. Dal 1836 al 1865, il Ca-po Supremo dell’Ordine degli Illuminati di Baviera fuil Primo ministro inglese, Lord Palmerston, sotto ilquale era stato organizzato l’assassinio del presidenteLincoln. Nel 1870, Albert Pike e Giuseppe Mazzini di-vennero i capi del Nuovo Rito Palladico Riformato,l’organizzazione degli Illuminati di Baviera.

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debita al popolo. Siccome questo fatto rappresenta il pun-to focale di tutto il problema monetario, è necessario cheesso sia reso di agevole comprensione anche per il lettore

completamente a digiuno di tale pro-blema nei suoi numerosi profili.Detto in modo molto schematico, ac-cade che lo Stato, per il persegui-mento dei propri fini istituzionali dicarattere generale (difesa, pubblicaistruzione, sanità, giustizia, ecc.) e dicarattere particolare (opere pubbli-che), ha naturalmente bisogno dinotevoli risorse finanziarie. Perprocurarsi tali risorse ricorre o allavendita dei propri beni patrimo-niali (mediante le privatizzazioni) odemaniali (mediante le sdemanializ-zazioni), oppure al prestito che co-stituisce una fonte di finanziamentocostante e generale.Esso si rivolge, detto in modo moltosemplificato, in due direzioni: 1. verso gli stessi cittadini, ai qualivengono offerti titoli di credito sta-tali fruttiferi (buoni del Tesoro, bot,ecc.) in cambio di moneta; 2. verso la Banca d’Italia che, pergarantire allo Stato le necessarie ri-sorse finanziarie, crea la moneta damettere in circolazione.La differenza tra i due tipi di prestitocontratti dallo Stato non è tanto dinatura quantitativa quanto di naturaqualitativa, se così si può dire: infat-ti, mentre la Banca Centrale dà inprestito allo Stato moneta creatadal nulla – moneta cioè priva di quelvalore che solo la circolazione potràconferirle, e della quale essa si arro-ga, senza alcun fondamento giuridi-co, la proprietà – i cittadini, in cam-bio dei titoli di Stato, forniscono in-vece i propri risparmi, costituiti damoneta di cui sono proprietari per-ché, essendo stata da loro accettata atitolo di pagamento, in essa è incor-porato il sudore del loro lavoro.Quindi, mentre il prestito concessodai cittadini è frutto della loro fidu-cia nello Stato e senza dubbio rap-presenta per loro un rischio che po-trebbe vanificare anni di lavoro, in-vece, quello fornito dall’Istituto diEmissione è soltanto segno dellasudditanza dello Stato nei suoiconfronti e del concreto eserciziodi quella sovranità monetaria cuilo Stato ha incredibilmente abdi-cato.

LA BANCA D’ITALIA SI APPROPRIA DI TUTTA LA MONETA DELLA NAZIONEADDEBITANDOLA AL POPOLO

Sebbene nessun testo legislativo di-chiari a chi appartenga la pro-prietà della moneta al momentodella sua emissione, tuttavia laBanca d’Italia agisce come se nefosse il proprietario, dandola inprestito al sistema economico nazio-nale e, quindi, addebitandogliela: in-fatti il mutuo di un bene fungibile,qual è il denaro, dietro corrispettivodi un interesse è facoltà di chi ne ha(o ne vanta) la proprietà.Inoltre, si è fatto notare che, ciò no-nostante, l’Istituto Centrale iscrivearbitrariamente l’importo dellamoneta data in prestito tra le postepassive del suo bilancio, invece chetra quelle attive, alterando, in tal mo-do, a proprio vantaggio il bilanciostesso in misura evidentemente rile-vante: infatti, è norma indiscutibileper una corretta contabilità che ilprestito di denaro debba esserecontabilizzato come credito, da in-serire quindi all’attivo, insiemecon gli interessi pattuiti.Infine, si è anche posto in evidenzacome l’inserimento della moneta,all’atto della sua immissione nellacircolazione, tra le poste passive delbilancio della Banca d’Italia sia laconseguenza capziosa, e perciò in-gannevole, di rappresentare labanconota come una cambiale (va-le a dire come un debito, come unapassività) in virtù della nota formulasopra impressavi (“pagabile a vistaal portatore”) che non ha più alcu-na ragione di esistere, perché, es-sendo forzoso il corso delle banco-note (non più garantite da alcun ti-po di riserva, tanto meno aurea),esse non possono essere convertite(“pagate”) in oro; cosicché, nono-stante quella ormai inutile formula,la banconota non può essere consi-derata come cambiale, rappresen-tativa di un inesistente debito dellaBanca Centrale.Finora si è più volte accennato al fat-to che la Banca Centrale, nel metterein circolazione le proprie banconotemediante operazioni di prestito al Te-soro dello Stato e di anticipazione alsistema bancario, in sostanza le ad-

Due banconote da 5 dollari: la prima, con la scritta: Fe-deral Reserve Note; la seconda, United States Note,quest’ultima voluta da J.F. Kennedy col suo Ordineesecutivo n. 11.110 del 4 giugno 1963.

Federal Reserve Note

United States Note

7 giorni prima di morire, J.F. Kennedy dichiarò: «Vi èun complotto in questo paese per rendere schiavi uo-mini donne e bambini. Prima di lasciare questo alto enobile ufficio, io intendo smascherare questo complot-to». Il complotto era quello degli Illuminati di Bavieradi voler decimare la popolazione mondiale e controllareogni singolo individuo ridotto al livello di schiavo.

Foto dell’autopsia di J.F. Kennedy. Come avvenne per il presidente Abramo Lincoln, Ken-nedy fu assassinato col rituale del colpo alla testa, il 22novembre 1963, il giorno più significativo per la fonda-zione della Riserva Federale americana. Tra gli obiettividi Kennedy, prima della sua morte, vi fu quello di pren-dere il controllo della moneta, togliendola dalle manidelle Banche della Riserva Federale.

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LA BANCA D’ITALIA PADRONA ASSOLUTADELLA POLITICA MONETARIA

Tralasciamo ogni riferimento al pri-mo dei suddetti due tipi di prestito,quello cioè contratto dallo Stato con ipropri cittadini mediante l’emissionedi titoli di credito fruttiferi. In taleoperazione, infatti, non entra diret-tamente in gioco o in discussione lasovranità dello Stato, poiché si trattain definitiva di operazioni di naturacivilistica compiute da parti che, seb-bene su piani diversi, agiscono cia-scuna nell’ambito di una propria au-tonomia e, soprattutto, della propriaopportunità e convenienza economi-ca.Nel rapporto che viene a stabilirsitra lo Stato e la Banca Centrale,con l’emissione della moneta banca-ria (banconota), invece, si coglie intutta la sua drammaticità la rinun-cia da parte dello Stato alla sovra-nità monetaria ed al conseguenteesercizio del potere di “battere mo-neta”; si avverte soprattutto lastranezza di una situazione chepoteva trovare una valida giusti-ficazione in altri tempi, quandola moneta aveva un proprio va-lore intrinseco perché costituitada pezzi coniati in metalli pre-giati, o quando essa, pur rappre-sentata da simboli cartacei, ave-va tuttavia una copertura nelleriserve auree o argentee dellebanche: allora era frequente cheil re o il principe (cioè lo Stato),non avendo a propria disposizio-ne risorse finanziarie (metallopregiato) per sostenere, adesempio, le spese di una guerra,ricorresse ai banchieri per otte-nere i necessari prestiti. Ma nell’attuale momento stori-co, in cui la moneta è costituitasoltanto da un supporto carta-ceo, privo di qualunque copertu-ra aurea o valutaria, non si com-prende la ragione per la qualelo Stato debba richiedere adun apposito istituto bancarioprivato il mutuo, sempre one-roso, di banconote create dalnulla e prive quindi di ogni va-lore intrinseco, trasferendogliin tal modo, con la sovranità

monetaria, non solo il potere di emettere moneta, maanche il governo di tutta la politica monetaria, attraver-so il quale, come si è già esposto, non può non influirsi in

maniera assolutamente determinantesu tutta la politica economico-socialedel Governo, nato dalla volontà po-polare. Per ricorrere ad una esempli-ficazione estrema, ma, comunque sia,idonea a far comprendere l’entità delproblema, non si capisce perchénon possa essere posta in circola-zione moneta statale (biglietto diStato) anziché moneta bancaria(banconota), dal momento che, tan-to, sia l’una sia l’altra non sono ga-rantite da alcuna riserva aurea ovalutaria.

LO STATO PUÒ CONIARE MONETA SENZA INDEBITARSI

È bene sapere che lo Stato, oggi, permezzo dei propri stabilimenti dellaZecca, provvede alla creazione edalla messa in circolazione di tuttala massa di moneta metallica, del

cui ammontare (anche se di mo-destissimo valore rispetto a tuttoil circolante cartaceo di banco-note) esso non è debitore dinessuno, tanto meno dellaBanca d’Italia.Così come, fino a pochi anni fa,provvedeva, nello stesso modo,alla creazione ed alla messa incircolazione di carta moneta di“cinquecento lire” e, prima an-cora, anche di “mille lire” nean-che in relazione delle quali ov-viamente sorgeva in capo alloStato alcuna obbligazione di re-stituzione né di pagamento di in-teressi, poiché di esse lo stessoStato non si indebitava, prov-vedendo direttamente alla lorocreazione ed alla loro immis-sione in circolazione.Questo dimostra, dunque, che loStato avrebbe i mezzi tecniciper esercitare, in concreto, ilpotere di emettere moneta eper riappropriarsi quella sovra-nità monetaria che gli permette-rebbe di svolgere una politicasocio-economica non limitata dainfluenze esterne, ma soprattut-to liberandosi di ogni indebita-mento.

Sopra: Il Baphomet, il “dio” della Massoneria.

Sotto: La Piramide degli Illuminati di Baviera, al cuivertice spicca l’Occhio Onniveggente di Lucifero.Gli Illuminati costituiscono il vertice di tutte le Obbe-dienze massoniche e sono organizzati nel Nuovo RitoPalladico Riformato creato, il 20 settembre 1870, da Al-bert Pike (Supremo Pontefice della Massoneria Univer-sale) e Giuseppe Mazzini (Capo d’Azione politica). Nel-lo stesso periodo (1870-71) Pike e Mazzini pianificaro-no le Tre Guerre Mondiali del 20° secolo che avevanolo scopo di annientare la Chiesa Cattolica e la Civilitàcristiana e “far ricevere a tutti la vera luce attraversola manifestazione universale della pura dottrina diLucifero, rivelata finalmente alla vista del pubblico”.

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L’INDEBITAMENTO SIGNIFICA: TASSE

Ma se si contraggono debiti, la conseguenza è che essidebbano essere pagati; e che il denaro ricevuto in prestitodebba essere restituito, naturalmente con gli interessi.Ma come fa lo Stato ad adempiere tale obbligazione? Inquale modo si procura il denaro necessario per restituirequanto dovuto alla Banca Centrale? Oltre ai soliti modi,dei quali si è fatta già menzione, vale a dire le operazionidi vendita dei beni patrimoniali e di dismissione di quellidemaniali e l’emissione di titoli di credito fruttiferi, quellopiù efficace e sicuro, quello da cui ritrae il maggior get-tito consiste nella imposizione fiscale a carico dei citta-dini: le imposte, dirette e indirette, sono infatti le vie at-traverso le quali lo Stato riesce ad introitare tutto, o quasitutto, il denaro da restituire all’Istituto di Emissione. Que-sto significa allora che il pagamento del debito vienesopportato in massima parte dai cittadini, cioè dal po-polo. Cioè è il popolo che si indebita ed è il popolo che,in definitiva, deve pagare.

Bisogna anche mettere nella dovuta evidenza che la mo-neta che il popolo è obbligato a pagare come imposta,non è la stessa moneta che, a suo tempo, la Banca ave-va prestato allo Stato: beninteso, le due monete sono co-stituite dallo stesso supporto cartaceo, contengono gli stes-

si simboli ed hanno lo stesso valore facciale; nondimenohanno una diversa impronta qualitativa e soprattuttomorale, perché, mentre la moneta prestata dall’Istituto diEmissione allo Stato viene creata dal nulla, la moneta pa-gata dal popolo è l’effetto delle attività lavorative dei citta-dini, costituendone il compenso. Se il costo della prima èquindi rappresentato soltanto dalla carta e dalla stampa, ilcosto della seconda è rappresentato dal lavoro del po-polo: la prima non ha, al momento della sua immissionenella circolazione, alcun valore e puzza solo di inchio-stro; la seconda, al contrario, è moneta vera perché, circo-lando, ha acquistato valore e odora pure della fatica deicittadini.Ma esiste un’altra via, attraverso la quale i cittadini sonosoggetti, quasi sempre inconsapevolmente, a sopportareuna posizione debitoria nei confronti della Banca d’Ita-lia. Per far fronte ad esigenze od emergenze personali, fa-miliari o imprenditoriali, i cittadini sono costretti a ricorre-re a mutui bancari. È naturale che costoro debbano paga-re il prezzo di tali operazioni, sotto forma di un interesse,ma questo interesse contiene in sé anche una quota, la cui

Il Baphomet con la Rosa-Croce sul petto, portato in processione in Loggia.Questo simbolo nasconde il mistero del 18° grado del Cavaliere Rosa-Crocedella Massoneria di Rito Scozzese Antico ed Accettato. Dietro tutto ciò chenoi percepiamo come potere finanziario, potere politico, sistema bancario in-ternazionale e persino dietro lo stesso Governo Mondiale Ebraico, si cela unsegreto più profondo: l’odio di Lucifero contro Dio per essere stato “detro-nizzato” dal suo potere quasi assoluto che aveva sull’uomo, prima dell’av-vento del Sacrificio di Cristo sulla Croce, che ha redento l’umanità.

IL PIANO DEL GOVERNO MONDIALE

«Il miglior risultato può essereraggiunto con l’uso della violen-za e del terrorismo...».

«... la libertà politica è soloun’idea e non un fatto. Per usur-pare il potere politico, tutto ciòche è necessario è di predicare ilLiberalismo».

«Il nostro diritto risiede nellaforza».

(Mayer Amschel Rothschild)

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legittimità non può sufficientemente sostenersi: è laquota di interesse che corrisponde al tasso di sconto(TUS) che la Banca d’Italia, di sua iniziativa, determinaper le anticipazioni fornite alle banche commerciali, chequeste debbono quindi pagare alla stessa Banca Centrale,ma che, a volte anche oltre la soglia dell’usura, grava sulcliente della banca, e cioè sui cittadini.

LA MONETA DEVE ESSERE CREATA DALLO STATO E ACCREDITATA AL POPOLO

La “moneta” è ciò che, per convenzione, viene usato co-me “misura di valore” e conseguentemente come mezzodi scambio e che attualmente, per accettazione comune, ècostituita da “carta-moneta”, cioè il simbolo cartaceo sulquale è impresso un valore facciale, e che è creato dallaBanca Centrale dal nulla e senza essere sostenuta da al-cuna riserva aurea, o argentea, o valutaria.Quindi, la moneta attuale, pur priva di ogni valore intrin-seco, viene tuttavia unanimemente considerata dalla col-lettività nazionale come “misura del valore”, vale a dire

come unità misuratrice del valore delle cose; ogni cosa delmondo sensibile e materiale ha un “valore” che è rapporta-to alla moneta in corso legale, cioè ad una misura che èuguale per tutte. Ne deriva che la “moneta”, essendo per“convenzione” la comune “unità di misura del valore”,funge anche da “strumento” per lo scambio dei beni.Si può obiettare che anche il “metro”, anch’esso privo divalore intrinseco, per “convenzione “misura” la lunghez-za; ma la differenza con la “moneta” è che, pur materializ-zandosi anch’esso in uno strumento di metallo, di legno odi tela, il “metro” misura un’unica dimensione, mentrela moneta misura il valore di tutte le cose esistenti nelmondo fisico (a volte anche in quello morale) e di tutti iservizi, ossia di tutto ciò che viene prodotto per il consu-mo, assolvendo essa anche all’ulteriore funzione di “mez-zo di scambio” e, come punto comune di riferimento perogni operazione, essa circola come “strumento omoge-neo” per gli scambi.La differenza vera e sostanziale, quindi, tra il “metro” e la“moneta” va ricercata nella loro origine e nelle loro vicen-de: il “metro”, una volta creato dal pensiero umano, è ri-masto sempre identico a se stesso e inalterato nel tempoe nello spazio, mentre invece la moneta deve essere sem-pre continuamente creata e destinata a circolare tra icittadini.

Carlo Marx, il cui vero nome era Kiessel Mordecai, fu iniziato alla Loggia“Apollo” di Colonia. Il suo “Manifesto Comunista” del 1848, non è altroche la codificazione del programma politico segreto degli Illuminati di Ba-viera, scritto 70 anni prima: abolizione totale di Governi, proprietà privata,eredità, patriottismo, famiglia; religioni. Al tempo del Manifesto, Marx appar-teneva alla Lega degli Uomini Giusti, un gruppo misterioso, emanazione de-gli Illuminati di Baviera. Nell’Enciclopedia Ebraica si legge che Mazzini eMarx furono incaricati di preparare l’indirizzo e la Costituzione della “PrimaInternazionalle” (comunista). Mazzini era il Capo d’Azione Politica dellaMassoneria Universale, cioè n° 2 dell’Ordine degli Illuminati di Baviera.

Il simbolo dell’Ordine di “Skull & Bones” (= Teschio e Tibbie)

L’Ordine di Skull & Bones (Teschio e Tibbie), creato nel 1832 presso l’Uni-versità di Yale (USA), aveva origini tedesche risalenti all’Ordine degli Illu-minati di Baviera, e aveva il compito di formare i quadri dirigenti degliStati Uniti. Gli uomini di “Skull & Bones” si occuparono di molte oerazionisegrete che seguivano il motto massonico “Ordo ab chao”, cioè il raggiunge-re una predeterminata soluzione, desiderata dal potere occulto, come risultatoemergente da un conflitto sapientemente pianificato. Furono proprio gli uomi-ni di “Skull & Bones”, che nel 1922 intervennero nella Russia di Lenin perriattivare la produzione dei pozzi petroliferi del Caucaso e la produzione dimanganese, che rappresentavano la fonte principale di valuta estera russa.Ma furono ancora gli uomini di “Skull & Bones”, ai vertici delle tre banche:W.A. Harriman, Guranty Trust e Brown Brother Harriman che furono iprincipali responsabili dell’ascesa al potere di Hitler, in Germania.

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Questo non è che il problema della “sovranità moneta-ria”, la quale non dovrebbe entrare in conflitto (o incompetizione) con la “sovranità popolare”, enunciata egarantita dalla nostra Costituzione del 1948. Qualunqueriforma di natura sociale si volesse attuare nel Paese o nonavrebbe alcuna possibilità di successo o avrebbe vita mol-to breve, se non venisse attuata la riforma più importan-te e preliminare a tutte le altre: la riforma della politicamonetaria con il ritorno della relativa sovranità alloStato, e perciò al popolo.Tutti i problemi di assistenza sociale verrebbero meno esarebbe forse definitivamente superata quella lotta di clas-se, o di categorie corporative, che ancora oggi contribuiscead una conflittualità permanente.

Infatti, con la riappropriazione della “sovranità popola-re”, lo Stato non solo riacquisterebbe il potere di emet-tere moneta, ma sarebbe in condizione di attuare unapolitica socio-economica libera da qualunque interfe-renza esterna e nel rispetto più assoluto delle normepreviste, in questo campo, dalla vigente Costituzione.Al di là della forma con la quale questa riappropriazionepossa avvenire, essa potrà realizzarsi efficacemente soltan-to dopo una incisiva educazione della classe politica, dellaclasse imprenditoriale, dei sindacati, dei cittadini, perchéprendano finalmente coscienza che, attraverso il ritornodella “sovranità monetaria” al suo titolare originario, chenegli Stati democratici è il Popolo, la moneta, necessaria

a funzionare come unità di misura del valore e come stru-mento di scambio, deve essere, non addebitata, ma ac-creditata ai cittadini.Se lo Stato, per munirsi delle risorse finanziarie da desti-nare al perseguimento dei propri scopi di istituto, creassedirettamente la moneta occorrente, sotto forma di bigliettidi Stato, e la mettesse in circolazione, perché adempisse lapropria funzione di strumento di scambio dei beni prodottidal sistema produttivo nazionale, non sorgerebbe alcundebito a suo carico e, di conseguenza, a carico dei citta-dini: ciò significa che, in linea di massima, non sarebbepiù necessario il prelievo fiscale! Certamente se lo Stato, per costruire un ospedale, deve ri-correre al prestito della moneta necessaria, e quindi ad undebito, il problema si pone; ma se lo Stato, riprendendosila sovranità monetaria e, con essa, il pieno governo dellapolitica socio-economica, mettesse in circolazione unapropria moneta per la costruzione di un ospedale, per unimporto pari al valore del bene prodotto (valore compren-sivo sia del materiale utilizzato sia del lavoro umano im-piegato), la comunità si vedrebbe arricchita della nuovaopera pubblica senza indebitarsi.

La Banca d’Inghilterra fu fondata nel 1694 con un accordo su tre punti: 1)che figurasse solo il nome del presidente e non i nomi degli altri presenti in-torno al tavolo; 2) che la Banca potesse stampare banconote fino a 10 volteil valore della sua ricchezza; 3) che la Banca avesse il diritto di detenere ilDebito pubblico dell’Inghilterra.

«Nel 1815, dopo aver finanziato la battaglia di Waterloo contro Napoleone,Nathan Rothschild ricavò enormi fortune, alla Borsa di Londra, per aver sa-puto in anticipo i risultati della battaglia che avrebbe potuto segnare per sem-pre i destini economici della sua famiglia. Per gratitudine e per riparazione deidanni di guerra, Nathan Rothschild concesse un prestito di 18 milioni disterline all’Inghilterra e 5 milioni di sterline alla Prussia. Inoltre quando nel1836 morì, Nathan Rothschild aveva completato il suo controllo sulla Bancad’Inghilterra e sul Debito Pubblico inglese che, dopo il salasso del 1815,aveva raggiunto l’astronomica cifra di 885 milioni di sterline».

Nathan Rothschild.

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Con l’attuale sistema (che, come si è già detto, non trovanessun sostegno nella Costituzione repubblicana) il volu-me del nostro mezzo di scambio (che corrisponde ap-prossimativamente al cosiddetto “circolante”) può subireespansioni o contrazioni, ad opera della Banca Centra-le, che governa la politica monetaria in base a criteri“suoi” e che, in ogni caso, non tengono mai contodell’effettivo volume dei beni reali che si possono e sivogliono produrre e distribuire. Cosicché si crea unaartificiosa rarità di moneta, che impedisce al popolo, nelsuo insieme, di avvalersi di questo mezzo di scambio peracquisire i beni prodotti dal sistema economico nazionale.Con la conseguenza che i negozi appaiono ricolmi di mer-ce invenduta.Ed è a questo punto che viene affacciato lo spauracchiodell’inflazione, che dovrebbe intimidire i cittadini, con-vincerli che un maggior volume di circolante provochereb-

be un aumento dei prezzi, e rassicurarli sui benefici di unapolitica monetaria cosi “rigorosa”, che essi, peraltro, rife-riscono al Governo e non alla Banca Centrale.Ma parlare di pericolo di inflazione in una situazione eco-nomica, qual è quella attuale in Italia, significa davvero in-gannare la gente e nasconderle la sete di dominio politi-co che contraddistingue l’autorità monetaria. Infatti,scrive l’economista Santoro «Inflazione significa denarosenza cose, rappresentante senza rappresentato; ma se lecose ci sono e c’è denaro che le rappresenta, dov’è l’infla-zione? Se cresce la popolazione (e, quindi, la spesa), secresce la produzione (e, quindi, la spesa), è chiaro che de-ve crescere anche – a parità di velocità di circolazione – ilvolume di denaro che circola. L’inflazione c’è soltantoquando alla crescita della circolazione – a parità di velo-cità – non corrisponde una crescita proporzionata dellaproduzione».

I principali artefici della Federal Reserve Bank furono: i banchieri di Wall Street J.P. Morgan, Jacob Schiff e Paul Warburg, Teddy Roosevelte il Colonnello Mandel House, che da dietro le quinte, diresse i presidenti W. Wilson e F.D. Roosevelt, e le cui potenti relazioni coi banchieri in-ternazionali si spiegavano col fatto che egli era figlio di Jeroboam Rothschild (alias Mandel House), il capo della Casa parigina dei Rothschild.Il 23 dicembre 1913, nel periodo delle vacanze natalizie, approfittando dell’assenza dei congressisiti contrari, la Legge sulla banca centrale fu ap-provata sotto il nome di “Federal Reserve Act of 1913”, e fu firmata dal presidente W. Wilson. La delusione sulla vera attività e finalità della Fe-deral Reserve è messa in luce dalle statistiche: nel primo quarantennio di attività della Federal Reserve, ben 14.000 banche americane fallirono emilioni e milioni di risparmiatori videro svanire i loro sudati risparmi». Nel descrivere l’operato della Federal Reserve, il congressista Louis T.McFadden, il 10 giugno del 1932, davanti al Congresso disse: «Signor Presidente, noi abbiamo in questo Paese una delle più corrotte istituzioniche il mondo abbia mai conosciuto. Mi riferisco alla “Federal Reserve Board” e alla “Federal Reserve Bank” che hanno sottratto al Governo ealla popolazione degli Stati Uniti somme di denaro sufficienti a ripagare più volte il debito nazionale. Questa malvagia istituzione ha impoveri-to e mandato in rovina il popolo degli Stati Uniti; è andata lei stessa in bancarotta, trascinandovi insieme il Governo». Ma vi era dell’altro ancorpiù grave su questa istituzione: «i controllori della Federal Reserve System, in collaborazione con i banchieri affiliati europei, posero i loro uomini,in America e in Europa, in posizioni dalle quali riuscirono a provocare e dirigere la Prima Guerra Mondiale».

Il palazzo della Federal Reserve in Washington.

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SOVRANITÀ MONETARIA PER IL CONTROLLO DELL’INFLAZIONE

Un perfetto funzionamento del sistema monetario imponeil rispetto assoluto di alcune regole fondamentali.La prima regola è che il volume totale del circolante de-ve essere costantemente in rapporto con il volume deibeni che il sistema economico nazionale ha prodotto edè pronto a distribuire. Attualmente succede, invece, cheil volume della moneta oscilla in un senso o nell’altro sen-za alcuna scientifica relazione con la massa dei beni reali,già prodotti o che si vogliono produrre, oppure si dà vitaall’attuale situazione economica, nella quale domina unaanomala scarsità della moneta ed una stagnazione delcommercio, incapace, peraltro, di determinare una signifi-cativa riduzione dei prezzi, a causa degli alti costi e dellapressione fiscale.

La seconda regola, anch’essa irrinunciabile, è che il rap-porto tra il volume della moneta circolante e quello deibeni prodotti deve essere calcolato, sorvegliato ed even-tualmente corretto da un organismo statale o parasta-tale, formato da scienziati della finanza e dell’econo-mia, eletti a vita dal Parlamento, e per ciò autonomi eindipendenti dal Governo e sottratti ad ogni tipo dicoinvolgimento di natura politica, e che rispondono delloro operato soltanto ai rappresentanti del popolo.

Tale organismo deve avere a disposizione, naturalmente,tutti i dati della produzione dei beni (quelli prodotti e quelliprogrammati, secondo l’indirizzo politico-sociale libera-mente scelto dal Parlamento e dal Governo) e della circola-zione monetaria. In tal modo, mediante rilevazioni statisti-che molto ravvicinate nel tempo, esso dovrebbe essere ingrado di fornire al Governo, in termini scientificamenteesatti, le indicazioni sul volume del circolante sufficiente enecessario perché possa funzionare, a favore dei cittadini,come mezzo di scambio dei beni. Di conseguenza, il Go-verno può immettere nella circolazione la “propria” monetanella quantità scientificamente utile per la collettività, epuò, all’occorrenza, a seconda dell’andamento della produ-zione, aumentare il volume di moneta circolante o ridurlo.Solamente in questo ultimo caso il Governo può proce-dere ad un prelievo fiscale nei limiti della contrazioneprogrammata ed a carico, possibilmente, di quelle fascedi cittadini maggiormente capaci di sopportarlo.Nel calcolo della popolazione si deve tener conto di tutti icittadini: non solo di quelli produttivi, di coloro, cioè, cuiè certamente destinata una quota-parte della moneta circo-lante come corrispettivo della loro attività di lavoro, diqualunque natura sia, ma anche di quelli che, per una ra-gione o l’altra, sono privi di reddito, come possono esserei disoccupati, i malati, gli anziani, i bambini.

L’OPPOSIZIONE ALLA MONETA DEL POPOLO

L’attuazione della Moneta del popolo costituirebbe unarivoluzione epocale, che porrebbe fine a quelle ben radi-cate posizioni di dominio che potentissime centrali fi-

IL DEBITO PUBBLICO

«Finché i prestiti erano interni,gli Stati non facevano che trasfe-rire il denaro dalla tasca dei po-veri a quella dei ricchi; ma daquando riuscimmo, corrompen-do le persone che dovevano com-piere queste operazioni, a fartrasportare i prestiti all’estero,tutte le ricchezze degli Stati pas-sarono nelle nostre casse e tuttigli Stati finirono col cominciare apagarci un tributo di sudditan-za... ».

(I “Protocolli” dei Savi di Sion – cap XX)

“Rothschild” in una vignetta di C. Léandre – Francia 1898.

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nanziarie hanno gradatamente conquistato nel corso delXIX e del XX secolo, realizzando un piano minutamen-te concepito e pervicacemente perseguito. Dominio che,attualmente, si concretizza non solo nei singoli Stati (com-preso naturalmente quello italiano), ma anche su dimen-sione mondiale, attraverso il fenomeno della cosiddettaglobalizzazione, che costituisce “l’obiettivo pratico e de-liberato che uomini concreti, tramite organizzazionecon tanto di nome e sede legale, sistemi informativimassmediali ed editoriali – a servizio di forze oscure edimperscrutabili dell’universo – vogliono raggiungereper il proprio tornaconto personale e di gruppo”.Ed è intuitivo che, conseguendo questo loro obiettivo, iprotagonisti della finanza mondiale estendono il loro do-minio dall’area prettamente economica e monetaria a quel-la politica e culturale, aiutati, in ciò, da una enorme schie-ra di “servitori”.Perciò, è facilmente comprensibile come la restituzioneallo Stato della sua originaria sovranità monetaria nonpossa essere gradita alle onnipotenti centrali finanzia-rie, e come possa essere, perciò, di difficile attuazione.Anche perché si deve tenere nel debito conto, oltre allecomplicità ed alle collusioni esistenti nei settori della so-cietà che contano (compresi quelli della comunicazione),anche la stratificata ignoranza generale e la rassegnata in-differenza, anch’essa colpevole, sulle questioni inerenti al-la moneta. Né devono trascurarsi le certamente non lievidifficoltà rappresentate dalla nuova dimensione europeaassunta dal problema monetario, quale è stato finora deli-neato nei suoi vari profili.Tutto ciò, però, non significa che, anche nell’attuale situa-zione nazionale ed europea, non si possano adottare deiprovvedimenti idonei quanto meno a ridurre, da un la-to, il debito pubblico e, dall’altro, la scarsità monetaria.

IL DEBITO PUBBLICO

Se lo Stato fosse veramente interessato ad intervenire nelsettore monetario, al fine di invertire la tendenza del debi-to pubblico a gonfiarsi e del circolante a restringersi, po-trebbe operare non solo utilizzando gli imponenti “residuipassivi”, oppure orientandosi più proficuamente nel terre-no delle privatizzazioni, ma soprattutto programmando latrasformazione in moneta legale dei titoli del Tesoro (odi una loro quota), posseduti dai risparmiatori privati, almomento della loro scadenza. “In altri termini, quote predeterminate di titoli in sca-denza non saranno più rimborsati nello stesso tipo dimoneta con cui sono stati acquistati, bensì diverrannoessi stessi moneta”, munita dello stesso illimitato potereliberatorio che assiste gli altri tipi di moneta cartacea esi-stenti sul mercato, come le banconote della Banca d’Italia,gli assegni di conto corrente e gli effetti cambiari commer-ciali.Riportando testualmente quanto scritto dall’economistaSantoro: “La trasformazione di titoli in moneta basepermette allo Stato di appropriarsi della potestà monetariacrescendo in prestigio, autorità ed in efficacia di governo.Inoltre, tale provvedimento andrebbe concretamentenella direzione del tanto auspicato e mai seriamenteperseguito obiettivo di far svolgere, ai fini produttivi, ilrisparmio dei cittadini e delle imprese (per la quota di ti-toli del Tesoro acquistati dalle imprese) favorendo, perquanto riguarda queste ultime, il cosiddetto autofinanzia-mento ossia il reinvestimento nella stessa impresa dellaparte non distribuita degli utili”.

Uno dei più importanti Istituti di credito di Wall Street fu la Kuhn-Loeb diAbraham Kuhn e Solomon Loeb, tra loro imparentati. «Jacob Schiff, paga-ta la sua quota con l’oro dei Rothschild, entrò nella Kuhn-Loeb, sposò lafiglia di Solomon Loeb e, dal 1883, iniziò a finanziare il movimento terrori-sta in Russia e continuò a finaziarlo fino alla Rivoluzione Bolscevica del1917». Nel 1894, Jacob Schiff era secondo solo a J.P. Morgan. Alla Kuhn-Loeb si unì anche la famiglia Warburg, anch’essa legata ai Rotschild. Nel1895, Felix Warburg sposò la figlia di Schiff, mentre Paul Warburg sposòla figlia di secondo letto di Solomon Loeb. Paul Warburg divenne poi il pre-sidente della Federal Reserve Bank.

IL PIANO DEL GOVERNO MONDIALE

«... l’uso di alcool, droghe, corru-zione morale e di ogni altra for-ma di vizi, deve essere utilizzato,in modo sistematico...».

«Noi non dobbiamo fermarci da-vanti al ricatto, all’inganno e altradimento, quando questi servo-no per raggiungere i nostri fini».

(Mayer Amschel Rothschild)

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LA TRASFORMAZIONE DEI TITOLI IN MONETA

Raggiungendo il duplice scopo di ridurre sia il debitopubblico sia l’attuale penalizzante rarità monetaria, esenza violare la legislazione o la prassi vigenti, lo Stato,emettendo una propria moneta, sotto forma di “biglietti distato”, che circoli parallelamente alle banconote emessedall’Istituto di Emissione, metterebbe a disposizione dellacollettività un ulteriore volume di “unità di misura di valo-re” da aggiungersi alla massa di moneta già circolante. In questo modo, anche se limitatamente a questa quota dicircolante rappresentata da moneta statale, lo Stato, e peresso il popolo, riacquisterebbe la propria originaria efondamentale sovranità monetaria; e la moneta diver-rebbe veramente proprietà del popolo, realizzando, siapure in misura parziale, il principio della “moneta delpopolo”.

Tutto questo, inoltre, costituirebbe il solo mezzo di di-fesa per il popolo, se dovesse avverarsi la previsione che,prima o poi, potrebbero sopraggiungere tempi di emer-genza, come effetto di quella globalizzazione che rappre-senta un fenomeno dai molteplici aspetti: uno di questi è

l’attuale eccessiva espansione di liquidità che non trovaalcuna corrispondenza reale con la produzione e con iconsumi. Una liquidità, beninteso, del tutto fittizia e vir-tuale, che ha determinato una altrettanto fittizia e virtualemoltiplicazione della moneta. Cosicché, oggi, si assiste ad una evidente contraddizionetra una finanza globalizzata ed incontrollata, che, purbasata sul nulla, è capace di spostare, con la semplicepressione di un tasto, enormi capitali da un puntoall’altro del globo e di provocare disastrose crisi econo-miche, dove e quando la speculazione internazionale vuo-le, ed una economia reale (quella che interessa la gente)stagnante per rarità di moneta, che non consente agliuomini del mondo “occidentale” il consumo di tutti ibeni prodotti, ed a quelli del “terzo mondo” addiritturadi sfamarsi.Questa enorme contraddizione, ingiusta ed immorale, im-pone una urgente riforma dell’attuale sistema monetario ecreditizio, e conforta che l’esigenza di una tale riforma siasostenuta da diverse parti dello stesso mondo finanziario,cui ha fatto eco anche l’economista italiano Paolo Savo-na, il quale, in una intervista sul quotidiano “Il Tempo”del 17 marzo 1997, non ha esitato a lanciare un inquietanteallarme contro la speculazione finanziaria internazionale:«Siamo seduti su una polveriera e fingiamo di non ac-corgerci; o si decide di recuperare la sovranità attra-verso il controllo della creazione monetaria internazio-nale, oppure rischiamo che esploda»; la soluzione «è

La Banca dei Regolamenti Internazionali di Ginevra, fondata nel 1924,servì per attuare i piani finanziari dei banchieri USA: “Piano Dawes” e “Pia-no Young”, nel periodo 1924-193, per aiutare la Germania a pagare le “Ripa-razioni di guerra”, stabilite dagli stessi finanzieri col Trattato di Versaillesma, allo stesso tempo, per prepararla per la Seconda Guerra Mondiale!In quel periodo, la Germania sborsò 36 miliardi di marchi in “riparazioni”,ma prese a prestito dai finanzieri di Wall Street 33 miliardi di marchi!

IL PIANO DEL GOVERNO MONDIALE

«Grazie alla nostra Stampa, noiabbiamo avuto l’oro nelle nostremani nonostante il fatto che noiabbiamo dovuto raccoglierlo daoceani di lacrime e sangue...».

«È nostro DIRITTO prendere leproprietà con ogni mezzo e senzaesitazione».

«Si dovranno fomentare guerrein modo che le nazioni sprofon-dino sempre di più nel loro debi-to...».

(Mayer Amschel Rothschild)

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tecnicamente possibile», ma «occorre la volontà politi-ca».Sulla stessa lunghezza d’onda, sembra porsi addirittura ilGovernatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, ilquale, dando atto che il sistema finanziario e monetariomondiale “ancora non è sotto controllo, nonostante i ripe-tuti e tentati sforzi”, e che necessita “un’àncora conl’economia reale”, perché invece l’universo della finanzamarcia “con una sua autonomia”, auspica che i paesi pove-ri non diventino più poveri e che non si ripetano disastri fi-nanziari come quello che colpì il Messico nel 1995.

Un attacco alla Banca Centrale Europea è stato portatoanche da Franco Modigliani, premio Nobel per l’Econo-mia, quando ha dichiarato: “Non è tollerabile che unabanca Centrale, isolata, che non ha nessuna responsa-bilità né l’obbligo di spiegare quello che fa, possa conti-nuare a creare disoccupazione, mentre i governi stannozitti”; «il vero limite della BCE (Banca Centrale Euro-pea) è quello di non capire qual è il problema dell’Eu-ropa: dovrebbero lasciare andare l’inflazione, che nonc’è e non conta, e concentrarsi, invece, su come dareforza agli investimenti”; ma per fare questo è necessarioche “l’autorità eletta abbia un’influenza decisiva sullapolitica della Banca Centrale».

La Banca Centrale Europea di Francoforte.A cosa servirà questa Banca Centrale, quando sappiamo dalla Madonna di Fa-tima che «Una grande guerra si scatenerà nella seconda metà del XX se-colo»? Non è forse questa guerra quella che i due vertici dell’Ordine degli Il-luminati, Albert Pike e Mazzini, chiamarono “Catastrofe sociale finale?”.

Ed è contro i moderni e ben più pericolosi speculatori del-la finanza internazionale, liberi di agire soltanto per il lorotornaconto, in un mercato globalizzato e connotato dal piùselvaggio liberismo, che lo Stato dovrebbe attuare un in-tervento, per contrastare la speculazione internazionale,con la programmazione di un piano diretto a far fronte atutte le evenienze possibili: sia ad una inflazione, sia aduna ancora più accentuata rarefazione della moneta; eve-nienze, queste, che dipendono solamente da una scelta ar-bitraria, operata dalle centrali finanziarie e non controlla-bili dalle singole autorità nazionali. Contro, quindi, il pericolo che la moneta circolante perdaogni valore (in caso di inflazione) o che non possa esserespesa (in caso di scarsità artificiale), deve essere garanti-to ad ogni cittadino un “potere di acquisto” attraversouno strumento di scambio diverso dalle banconoteemesse dalla Banca Centrale (nazionale o europea), valea dire attraverso una moneta emessa dallo Stato in virtùdi una sovranità cui ha sempre diritto e che, anzi, costi-tuisce il suo connotato essenziale.

IL PIANO DEL GOVERNO MONDIALE

«Con una combinazione di tasseelevate e competizione sleale por-teremo alla rovina economica iGoyim (cristiani) nei loro inte-ressi economici e finanziari e neiloro investimenti. Gli aumentisalariali dei lavoratori non devo-no beneficiarli in alcun modo...».

«Si dovrà provocare la depres-sione industriale e il panico fi-nanziario: la disoccupazione for-zata e la fame, imposta alle mas-se, col potere che noi abbiamo dicreare scarsità di cibo, creerà ildiritto del Capitale di regnare inmodo più sicuro».

(Mayer Amschel Rothschild)

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LA MONETA DEL POPOLO È PREVISTA DALLA COSTITUZIONE

L’articolo 42, secondo comma della vigente Costituzio-ne repubblicana, nel riconoscere e garantire la proprietàprivata, implicitamente, assicura la funzione sociale della“moneta del popolo” e il suo accesso a tutti i cittadini.Ciò che viene riconosciuta e garantita è la proprietà diogni bene, sia immobile che mobile, e quindi non puònon ritenersi inclusa, nella norma costituzionale, anchela proprietà degli strumenti o mezzi di produzione.Inoltre, una interpretazione di quella norma, che voglia es-sere non solo completa, ma soprattutto efficace ed utile,non può prescindere dal prendere in considerazione iprincìpi fondamentali del diritto sociale. Vale a dire diquella parte dell’ordinamento giuridico che ravvisa nella

norma lo scopo di fornire non solo una tutela giuridica maanche, e soprattutto, il contenuto economico del diritto.Fino ad ora, tutte le scuole politiche si sono limitate a pro-porre come contenuto economico del diritto sociale sol-tanto beni reali, dando luogo così non solo ad una divi-sione del corpo sociale tra una destra ed una sinistraeconomica, ma anche, su un piano più concreto, o ad unapianificazione dei consumi, come conseguenza della piani-ficazione della produzione, oppure alla realizzazione di unmalsano clientelismo politico che pretende di spacciare,sotto una parvenza di diritto sociale, quella che è soltantoelemosina di Stato.

Ecco dunque perché, nella previsione della norma costitu-zionale in esame, deve essere ricompresa, tra i beni allacui proprietà è assicurato l’accesso di tutti i cittadini, an-

La Torre di Babele.

Il Governo mondiale, che anche Benedetto XVI e Francesco “Vescovo di Roma” tanto caldeggiano, non è altro che la “Nuova Torre di Babele”voluta dalla Massoneria per realizzare il suo scopo supremo: la riunione di tutte le religioni per ottenere l’annichilimento totale della Chiesa diCristo e della stessa idea cristiana! Ma il fondatore del satanico Ordine degli Illuminati di Baviera, Adam Weishaupt svela questo inganno conle sue parole: «Per distruggere ogni Cristianesimo noi abbiam finto di avere noi soli il vero Cristianesimo e la vera Religione! I mezzi di cuinoi ci siamo serviti per liberarvi, e che noi usiamo per liberare un giorno il genere umano da ogni religione, non sono che una pia frode...».

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che la moneta all’atto della sua emissione, nel senso cheinvece di essere loro “addebitata” (come avviene attual-mente), essa sia loro “accreditata”, cosicché sia possibiledare ad ogni cittadino, invece dei beni reali, il denaro percomprarli a titolo di “reddito di cittadinanza”.

In ciò consiste il principio, sotto il profilo meramente giu-ridico, della “proprietà popolare della moneta”, comeconseguenza di quella geniale intuizione del professoreGiacinto Auriti sulla teoria del “valore indotto”, che hadimostrato come la moneta sia una fattispecie giuridica,perché, come ogni unità di misura, è causata dalla “con-venzione”: la moneta è, sì, “misura del valore” (come ilmetro è misura della lunghezza), ma è anche “valore dellamisura” (come non lo è il metro) che è appunto il “valoreindotto”, cioè il suo “potere d’acquisto”.

Il “valore indotto” è un puro valore giuridico – affermaAuriti – e la moneta, quindi, come “contenitore del valo-re della misura deve considerarsi un bene reale oggettodi scambio”. “Nella moneta – ha scritto il giurista abruz-zese – si verifica un fenomeno analogo a quello dell’indu-zione fisica. Come nella dinamo l’energia meccanica cau-sa energia elettrica, così, nella moneta, la convenzionecausa il valore indotto del simbolo. Pertanto, la monetaè un bene collettivo, in quanto creato dalla convenzionesociale, ma di proprietà privata individuale perché at-tribuita al portatore del simbolo, in virtù dell’induzio-ne giuridica”. Il riconoscimento della “proprietà popolare della mo-neta”, secondo i principi enunciati da Auriti, quindi, costi-tuisce un doveroso adempimento del dettato costituzio-nale.

Nel Terzo Segreto di Fatima, la Madonna disse: «... le acque degli oceani diverranno vapori e la schiuma s’innalzerà sconvolgendo e tutto affondando. Milioni emilioni di uomini periranno di ora in ora, e coloro che resteranno in vita invidieranno i morti». Questa è semplicemente la descrizione della Seconda Coppadell’ira di Dio dell’Apocalisse di San Giovanni. Sarà con questi vapori e schiuma degli oceani, che Dio affronterà, in modo definitivo, il piano di Lucifero di servir-si dei banchieri internazionali per precipitare il mondo nel terrore, per decimarlo e sprofondarlo nel caos più profondo e nella più totale anarchia?

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MONETA DEL POPOLO:L’ESPERIMENTO DI “GUARDIAGRELE”

Della “moneta del popolo” si è fatto un esperimentoscientifico in una cittadina abruzzese, Guardiagrele, adopera dell’infaticabile professor Auriti, il quale, verso lafine del luglio 2000, nella sua qualità di fondatore e segre-tario del SAUS (Sindacato anti-usura), ha messo in circo-lazione i SIMEC (simboli econometrici di valore indotto),di esclusiva proprietà del portatore (come è esplicitamentestampato sui biglietti). Scopo di questo esperimento della teoria del “valore in-dotto” (che Auriti ha propugnato per trentacinque anni) èquello di verificare “in corpore vili” che i cittadini pos-sono, per convenzione, creare il valore della moneta lo-cale senza alcun intervento né dello Stato né del siste-ma bancario; l’obiettivo ultimo è quello di sostituire allasovranità illegittima della Banca d’Italia la proprietàdella moneta, quale prerogativa dello Stato, a favoredei singoli cittadini.Questo, sicuramente, rappresenterebbe già un successoenorme, che apporrebbe un punto fermo in materia mone-taria, l’accertamento sul piano pratico e fattuale del princi-pio che il “valore” è dato alla moneta solo da chi l’ac-cetta sulla base di una “convenzione”, non importa sesolo implicita. E almeno, sotto questo profilo, sembra chela dimostrazione tentata da Auriti stia conseguendo un am-pio successo, se è vero che, come riporta la stampa locale,

“l’operazione economica ha rivitalizzato il commercio,prima sopito, del paese”, “come se avessimo messo delsangue in un corpo dissanguato”, ha affermato Auriti,cui di certo non è ignoto il messaggio cristiano, contenutonella enciclica “Quadragesimo anno”.In realtà, non può dubitarsi che l’iniziativa del giuristaabruzzese costituisce un importante riscontro scientifi-co di sociologia giuridica ed economica senza preceden-ti in Italia, soprattutto perché proviene da un’associazioneprivata (SAUS) e non da un ente dotato di potere pubblico,come potrebbe essere, se non lo Stato, il Comune. Deveanche aggiungersi che l’esperimento di Auriti ha sollecita-to l’attenzione non solo delle forze politiche italiane, oltreche della stampa nazionale, ma anche di numerosi organidi informazione stranieri, a dimostrazione dell’interessedestato dalla nuova rivoluzionaria formula monetaria, chesoddisfa il bisogno di usare la moneta come strumentodi diritto sociale. In ogni caso, non può non destare sorpresa, oltre che, natu-ralmente, soddisfazione, il fatto che l’esperimento mone-tario di Guardiagrele sia riuscito ad imporsi all’attenzio-ne nazionale ed internazionale nonostante che sia stato li-mitato ad una collettività tutto sommato molto ristretta.Questa, peraltro, ha fornito la prova come il popolo ab-bia la forza di creare, per proprio conto, valori conven-zionali di moneta locale, pur senza invadere le compe-tenze della Banca Centrale, e nel rispetto della circola-zione della banconota legale.

Il prof. Giacinto Auriti inventore del “valore indotto” della moneta e artefice dell’esperimento di Guardiagrele, con l’uso della moneta del popolo.

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Per quanto riguarda le modalità con le quali si articoleràl’esperimento di Guardiagrele, lo stesso Auriti ha posto inevidenza come il progetto debba essere realizzato in duefasi:

– la prima, che si può denominare dell’“avviamento”,serve perché il SIMEC possa conseguire “quel valore in-dotto che lo oggettivizza come un bene reale, oggetto diproprietà del portatore”, e che lo distinguerà dalla mo-neta corrente non più soltanto formalmente, ma anche so-stanzialmente;– la seconda fase dovrebbe consentire ai Comuni di “be-neficiare del servizio econometrico predisposto dal SAUS(Sindacato anti-usura), mediante un Assessorato per ilReddito di Cittadinanza, che avrebbe il compito di pro-muovere, anche culturalmente, l’iniziativa, controllarla eattuare la distribuzione dei SIMEC tra i cittadini”.

Unica critica, apparentemente seria, che, in teoria, puòmuoversi contro l’esperimento di Guardiagrele, riguarda ilproblema della “riserva”: potrebbe infatti sostenersi cheil SIMEC può venire accettato dai cittadini, per esserespeso nei negozi convenzionati (cioè aderenti all’iniziati-va), in quanto esso è garantito dalla Lira, vale a dire dallesomme di moneta corrente che il cittadino deposita peravere in cambio la moneta locale; con la conseguenza cheverrebbe a crearsi una ben singolare situazione che vede,da una parte, la banconota della Banca d’Italia, la quale,pur avendo l’apparenza di una cambiale, e cioè di un titolodi credito, non è tuttavia pagabile per difetto di riserva; edall’altra parte, il SIMEC, il quale, pur avendo l’apparen-za di un biglietto di proprietà del portatore, è tuttaviaconvertibile nelle lire che ne costituiscono la “riserva”.

La critica è suggestiva, ma infondata.Se si ponesse, infatti, la dovuta attenzione alla storia dellamoneta, così come si è dipanata nel corso dei secoli, si av-vertirebbe subito che, in definitiva, il SIMEC, così come èstato concepito dal suo ideatore, ha iniziato a percorrerequella storia dalla sua fase iniziale, quando tutte le banco-note erano convertibili in oro, dapprima in misura inte-grale e, poi, in misura percentuale; e che, ad un certomomento, quelle banconote continuarono ad essere accet-tate e, quindi, a circolare nonostante la soppressione del-la convertibilità. Tutto ciò, proprio per effetto di quel“valore indotto”, intuito e scoperto da Auriti, che haconsentito alla moneta legale, sebbene a corso forzoso,di mantenere il proprio potere d’acquisto. Riguardo poi alla rilevata contrapposizione tra la bancono-ta della Banca d’Italia ed il SIMEC, non può minimamen-te dubitarsi che, nel raffronto, è la prima che fa una benmisera figura, perché, proprio a causa della sua appa-renza di falsa cambiale, la Banca Centrale ESERCITALA TIRANNIA DELL’USURA, CHE DÀ INGRESSOANCHE A QUELLA POLITICO-SOCIALE.D’altra parte, della propria attuale riserva il SIMEC po-trebbe fare a meno se, invece che da una Associazioneprivata, fosse posta in circolazione, come “reddito di cit-tadinanza”, da un ente pubblico, come potrebbe essere ilComune o, ancora meglio, lo Stato, in modo che alla si-curezza, offerta da una riserva, si sostituisse quella offertadal potere dell’autorità...

Ma si troverà mai un “cameriere” (cioè l’attuale politico)che si ribelli al suo “Padrone” (cioè al potere tirannicodei banchieri e delle Banche Centrali?).

(fine)

Biglietti delle varie taglie del SIMEC, (simboli econometrici di valore indotto)

la moneta del popolo creata dal Prof. Giacinto Auriti.Su questi biglieti sta scritto: “Proprietà del portatore”.

Questa moneta, cioè, è di proprietà del popoloche, accettandola, le conferisce il suo potere d’acquisto.

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22 “Chiesa viva” NUMERO UNICO *** Gennaio 2014

Adam Weishaupt, scelto da Mayer Amschel Roth-schild come fondatore dell’Ordine degli Illuminatidi Baviera, così insegnava ai suoi Alti Iniziati: «Ricordatevi con quale arte e finto rispetto noiv’abbiamo parlato di Cristo e del suo Vangelo neinostri gradi inferiori, e come di questo Vangelo abbia-mo saputo fare il Vangelo della nostra Ragione edella sua morale, la morale della Natura... e dei di-ritti dell’uomo, dell’eguaglianza e della libertà...Quanti pregiudizi abbiamo dovuto distruggere in voiprima di riuscire a persuadervi che questa pretesaReligione di Cristo altro non era che l’Opera deiPreti, dell’impostura e della tirannia.

IL PIANO DEL GOVERNO MONDIALE

«Nel nostro pianificato “regnodel terrore”, noi dobbiamo appa-rire come i salvatori degli op-pressi e i campioni dei lavorato-ri. Noi, invece, siamo interessatiproprio all’opposto... alla ridu-zione e all’uccisione dei Goyim»!

«Dobbiamo lanciare una corsaagli armamenti in modo tale chei cristiani possano distruggersi avicenda, ma su una scala così co-lossale che, alla fine, non rimar-ranno che masse di proletariatonel mondo, con pochi milionaridevoti alla nostra causa... e forzedi polizia e militari sufficienti aproteggere i nostri interessi».

«Il VERO NOME DI DIO verràcancellato dal lessico della vita!».

(Mayer Amschel Rothschild)

Mammona.

Ecco il nostro segreto: i raggiri e le promesse chevi abbiamo usato e gli elogi che abbiamo rivolto alCristo e alle sue pretese scuole segrete (...) ora, nonvi sorprendono più: per distruggere ogni Cristiane-simo... noi abbiam finto di avere noi soli il veroCristianesimo e la vera Religione! I mezzi di cuinoi ci siamo serviti per liberarvi, e che noi usiamoper liberare un giorno il genere umano da ogni re-ligione, non sono che una pia frode...».Distrutta ogni Religione, e con essa lo Stato ed ogniAutorità, ecco come Weishaupt presenta ai suoi Ma-ghi-Filosofi l’ottavo segreto del suo Regno della li-bertà e dell’eguaglianza:

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“Chiesa viva” NUMERO UNICO *** Gennaio 2014 23

OTTAVO SEGRETODELL’ORDINE DEGLI ILLUMINATI DI BAVIERA

«Abbandonate le vostre città, i vostri villaggi, bruciatele vostre case. Sotto la vita Patriarcale gli uomini era-no eguali e liberi ed essi vivevano egualmente dapper-tutto. La loro Patria era il Mondo. Apprezzate l’egua-glianza e la libertà e voi non temerete di veder brucia-re Roma, Vienna, Parigi, Londra e quei villaggi che voichiamate vostra Patria. Fratello, questo è il grande se-greto che vi abbiamo serbato per questi misteri».

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«Allora, Gesù Cristo,con un atto della Suagrande Misericordiaper i giusti, coman-derà ai Suoi Angeliche tutti i Suoi nemi-

ci siano messi a morte. Di colpo, i persecutori della Chiesadi Gesù Cristo e tutti gli uominidediti al peccatomoriranno e laterra diventeràcome un deserto!»(Madonna de La Salette)