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Quaderni del Centro di Geobiologia Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo5/2008 GEOBIOLOGIA di Centro S T V D I O R V N I V E R S I T A S P V B L I C A V R B I N A T E N Geologia e Salute Geologia Medica: un’opportunità per il futuro a cura di Rodolfo Coccioni e Fabio Tateo Geology and Health Medical Geology: an opportunity for the future Atti della Sessione “Geologia e Salute” Proceedings of Session “Geology and Health” Geoitalia 2007 Sesto Forum Italiano di Scienze della Terra Rimini 12-14 settembre 2007

Geologia e Salute Geology and Health

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Quaderni del Centro di GeobiologiaUniversità degli Studi di Urbino “Carlo Bo”

5/2008GEOBIOLOGIA

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Geologia e SaluteGeologia Medica: un’opportunità per il futuro

a cura di Rodolfo Coccioni e Fabio Tateo

Geology and HealthMedical Geology: an opportunity for the future

Atti della Sessione “Geologia e Salute”

Proceedings of Session “Geology and Health”

Geoitalia 2007Sesto Forum Italiano di Scienze della Terra

Rimini 12-14 settembre 2007

Quaderni del Centro di GeobiologiaUniversità degli Studi di Urbino “Carlo Bo”

5/2008

Quaderni del Centro di Geobiologia dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”

1. Rodolfo Coccioni (a cura di), 2003. Verso la gestione integrata della costa del Monte SanBartolo: risultati di un progetto pilota, 163 pp.

2. Erika Roccato, 2004. I Parchi Regionali delle Marche tra sostenibilità ambientale e valo-rizzazione paesistica, 110 pp.

3. Rodolfo Coccioni (a cura di), 2005. La dinamica evolutiva della fascia costiera tra le focidei fiumi Foglia e Metauro: verso la gestione integrata di una costa di elevato pregio am-bientale, 95 pp.

4. Rodolfo Coccioni e Fabio Tateo (a cura di), 2006. Geologia & Salute: fattori geologico-ambientali e salute negli esseri viventi. Atti del 1° Seminario Nazionale di Studio, Pesaro, 7maggio 2005, 97 pp.

Atti della Sessione “Geologia e Salute”Geoitalia 2007

Sesto Forum Italiano di Scienze della TerraRimini 12-14 settembre 2007

Geologia e SaluteGeologia Medica: un’opportunità per il futuro

Geology and HealthMedical Geology: an opportunity for the future

a cura di Rodolfo Coccioni e Fabio Tateo

I Quaderni del Centro sono editi a cura diRodolfo CoccioniIstituto di Geologia e Centro di GeobiologiaUniversità degli Studi di Urbino “Carlo Bo”Campus ScientificoLocalità Crocicchia61029 Urbino

Grafica e impaginazione testiAndrea MarsiliIstituto di Geologia e Centro di GeobiologiaUniversità degli Studi di Urbino “Carlo Bo”

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INDICE

GEOLOGIA E SALUTE

GEOLOGIA MEDICA: UN’OPPORTUNITÀ PER IL FUTURO

GEOLOGY AND HEALTH

MEDICAL GEOLOGY: AN OPPORTUNITY FOR THE FUTURE

9. R. Coccioni e F. Tateo

GEOCHIMICA E SALUTE: INQUINAMENTO DA METALLI PESANTI E EPIDEMIOLOGIA NELLA RE-

GIONE CAMPANIA

TOXIC METALS DISTRIBUTION NATURAL RADIOACTIVITY AND EPIDEMIOLOGY IN THE CAM-

PANIA REGION (ITALY)

13. S. Albanese, M.L. De Luca, B. De Vivo, A. Lima, G. Grezzi

RECENTI SVILUPPI SUL RISCHIO OCCUPAZIONALE DA SILICE: LA SITUAZIONE ITALIANA

RECENT DEVELOPMENTS ON OCCUPATIONAL QUARTZ HAZARD: THE ITALIAN SITUATION

23. R. Bevilacqua, M. Cocchioni

SIMULAZIONE DEL TRASPORTO IN FALDA DI METALLI PESANTI E SOLFATI NELL’AREA DEL

DEPOSITO DI CENERI DELLA CENTRALE TERMO-ELETTRICA “NIKOLA TESLA B” (OBRENO-

VAC, SERBIA)

SIMULATION OF HEAVY METAL AND SULPHATE TRANSPORT IN GROUNDWATER FROM THE

FLY-ASH DEPOSIT IN THE AREA OF THE “NIKOLA TESLA B” THERMO-POWERPLANT, (OBRE-

NOVAC, SERBIA)

33. G. Ciotoli, M. Moroni, Z.S. Žunić, I. Čeliković, S. Lombardi

APPLICAZIONI DELL’INDAGINE MORFOCHIMICA IN MICROSCOPIA ELETTRONICA A PROBLE-

MATICHE DI IGIENE INDUSTRIALE

MORPHOCHEMICAL CHARACTERIZATION OF FINE PARTICULATE MATTER USING ELECTRON

MICROSCOPY TECHNIQUES: SOME INDUSTRIAL HYGIENE APPLICATIONS

49. E. Della Penda, B. Moroni

STUDIO EPIDEMIOLOGICO SULLA CALCOLOSI IN BASILICATA (ITALIA): INFLUENZA DEI FAT-

TORI AMBIENTALI

BASILICATA (ITALY) EPIDEMIOLOGICAL UROLITHIASIS PROJECT: CORRELATION TO ENVI-

RONMENTAL RISKS FACTORS

59. M.L. Giannossi, G. Mongelli, V. Summa, F. Tateo

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TERRITORIO, RADIOATTIVITÀ NATURALE E SALUTE IN ALCUNE AREE DELLA SARDEGNA.

PRIME OSSERVAZIONI ED AFFINAMENTO DELLE TECNICHE

TERRITORY, NATURAL RADIOACTIVITY AND HEALTH IN SOME PLACES OF SARDINIA

67. A. Lumbau, D. Carboni, S. Ginesu, L. Schinocca, S. Sias, G. Chessa

FONTI NATURALI E ANTROPICHE DI INQUINANTI PARTICELLARI NEI CONTESTI URBANI DI PE-

RUGIA E TERNI (UMBRIA)

GEOLOGICAL VS ANTHROPOGENIC INPUTS OF PARTICULATE POLLUTANTS IN DIFFERENT

URBAN CONTEXTS IN UMBRIA

81. B. Moroni, L. Barcherini, F. Scardazza, D. Cappelletti, F. Vecchiocattivi

CORRELAZIONE TRA METALLI PESANTI E SALUTE UMANA IN SARDEGNA: STUDIO PRELIMI-

NARE

RELATIONSHIP BETWEEN HEAVY METALS AND HEALTH IN SARDINIA: A PRELIMINARY STUDY

91. E. Muntoni, P. Valera, A. Deiana, Se. Muntoni, Sa. Muntoni

IL SILICIO NEL CORPO UMANO E LA PRESENZA DI MICROCRISTALLI DI SILICE IN LIQUIDI SI-

NOVIALI PATOLOGICI

SILICON IN THE HUMAN BODY AND THE ODD OCCURRENCE OF SILICA MICROCRYSTALS IN

PATHOLOGICAL SYNOVIAL FLUIDS

101. L. Peruzzo, F. Oliviero, P. Frallonardo, L. Tauro, P. Sfriso, A. Scanu, R. Ramonda, L. Punzi

CONDENSAZIONE PREFERENZIALE E CAMBIAMENTO CONFORMAZIONALE SPONTANEO DEL

DNA SU SUPERFICI DI FILLOSILICATI

DNA CONDENSATION, ORDERING AND SPONTANEOUS CONFORMATIONAL CHANGES ONTO

LAYER SILICATES

111. G. Valdrè

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AbstractThe new discipline “Medical Geology” is ra-pidly developing. The variety of the topicspresented within the thematic Session in Ri-mini clearly shows the extent of the involvedissues. Here is presented a framework of na-tional and international editorial activities in-cluding the digital information widely emplo-yed in this context.

Geologia Medica: una disciplina emergenteLe relazioni tra “Geologia” e “Salute” sono in-numerevoli e molti esempi sono noti e docu-mentati da tempo. Ciononostante, una disci-plina scientifica autonoma, mirata esplicita-mente agli aspetti geologici, si è sviluppatasolo di recente. E’ possibile considerare co-me riferimento l'introduzione del termine"Medical Geology" in occasione dell'insedia-mento nel 1998 del “Working Group on Me-dical Geology” nell'ambito della Commissio-ne IUGS "COGEOENVIRONMENT" (Geolo-gical Sciences for Environmental Planning). In precedenza, le stesse tematiche eranocomprese nella "Geomedicina", un terminecon significato più ampio e origini più anti-che, introdotto da Zeiss nel 1931 (Låg, 1990)e legato alla distribuzione geografica dellepatologie e delle loro cause. La "Geomedicina", caratterizzata da un ap-proccio multidisciplinare e da uno stretto le-game con le scienze geografiche, si svilup-pava necessariamente da basi mediche (rile-vazione delle patologie), mentre "MedicalGeology" intende considerare l’impatto dei

materiali e dei processi geologici sulla salu-te. Si tratta quindi di un approccio orientatodecisamente verso le cause geologiche chedeterminano lo stato di salute (buono-catti-vo) ed alle quali si può pervenire attraversodiversi strumenti, incluso quello geografico-cartografico. Gli aspetti terminologici sono sempre sco-modi da trattare, sia per le difficoltà intrinse-che che per il generale disaccordo tra gli in-teressati. Senza aprire quindi una discussio-ne in questo senso, non si può non sottoli-neare che "Geologia” e “Salute" sono terminipiuttosto ambigui. Il termine "Geologia" è comunemente riferitoa sistemi non antropici; tuttavia, se si consi-derano le sue relazioni con la salute, le atti-vità antropiche, alla stregua di un fattoregeologico, possono sviluppare effetti con in-tensità simile a quella naturale. Anche il ter-mine "Salute" può essere osservato da di-versi punti di vista: alcuni ricercatori conside-rano esclusivamente la salute umana, altriincludono anche quella degli animali (in que-sto caso la medicina veterinaria avrebbe unruolo importantissimo), altri infine valutanol'ecosistema nella sua interezza con ricerchefocalizzate su uomini, animali e piante.Nonostante il debutto di "Geologia e Salute"sia piuttosto recente, si registrano già nume-rose iniziative in diverse parti del mondo. Iprimi anni del secolo (o del millennio, saràforse questo un buon auspicio?) sono statisegnati dalla comparsa nel panorama scien-tifico internazionale di diverse pubblicazioni

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GEOLOGIA E SALUTEGEOLOGIA MEDICA: UN’OPPORTUNITÀ PER IL FUTURO

GEOLOGY AND HEALTHMEDICAL GEOLOGY: AN OPPORTUNITY FOR THE FUTURE

Rodolfo Coccioni1, Fabio Tateo2

1Istituto di Geologia e Centro di Geobiologia dell’Università degli Studi “Carlo Bo”, CampusScientifico, Località Crocicchia, 61029 Urbino. E-mail: [email protected] di Geoscienze e Georisorse, CNR, c/o Dipartimento di Geoscienze, Università degliStudi di Padova, Via Giotto 1, 35137 Padova. E-mail: [email protected]

e soprattutto di tre volumi: quello edito daSkinner & Berger (2003) raccoglie i contribu-ti presentati da vari specialisti nell’ambito delconvegno del “Working Group on MedicalGeology” tenutosi ad Uppsala nel 2001; il li-bro di Komatina (2004) presenta un’ampiadisamina delle problematiche geologico-sa-nitarie, in parte solo introduttive, ma anchecon sezioni molto specifiche; il volume editoda Selinus et al. (2005), infine, rappresentaun significativo punto di riferimento poiché ri-unisce vari tipi di contributi, spesso moltospecialistici. Oltre a queste opere di caratte-re monografico, sono state pubblicate nume-rose note introduttive, come quelle raccoltesul sito http://www.medicalgeology.org(/shortpapers.htm;/compilation_papers.html)e quelle di Brunnell (2004), Dissanayake(2005) e Skinner (2007). In aggiunta a queste importanti iniziative edi-toriali, sono da segnalare anche le attivitàdella British Geological Society che nel 2001ha dedicato un fascicolo di Earthwise a"Geology and health" e della MineralogicalSociety of America che ha pubblicato "Medi-cal Mineralogy and Geochemistry" nella se-rie "Review in Mineralogy & Geochemistry"(Sahai & Schoonen, 2006) ed anche riserva-to l’ultimo fascicolo del 2007 di Elements a"Medical Mineralogy and Geochemistry"(http://www.elementsmagazine.org).La maggior parte delle pubblicazioni fin quicitate riguarda gli aspetti geochimici delle in-terazioni tra geologia e salute. In passatoquesti contributi confluivano sotto l'ombrelladelle tematiche ambientali, ma non per que-sto hanno meno impatto sullo stato di salutedegli esseri viventi.Anche nel campo delle argille e dei mineraliargillosi si sono sviluppate diverse specificheattività editoriali, probabilmente in considera-zione della notevole influenza che i materialia grana molto fine (molto reattivi e dotati diproprietà catalitiche) possono esercitare sul-la salute ed anche delle numerosissime ap-plicazioni dei minerali argillosi in campo tera-peutico, sia di tipo tradizionale (per esempiola fangoterapia), che di tipo avanzato (peresempio il rilascio controllato di farmaci o le

interazioni con acidi nucleici). Le più recenti pubblicazioni rivolte specifica-mente alla salute comprendono un volumespeciale di “Applied Clay Science” ("Claysand Health - Clays in Pharmacy, Cosmetics,Pelotherapy, and Environment Protection")edito da Carretero & Lagaly (2007), alcunicapitoli del volume “Handbook of Clay Scien-ce” (Carretero et al., 2006; Droy-Lefaix & Ta-teo, 2006) e un volume nel quale vengonotrattati prevalentemente gli aspetti storici(Reinbacker, 2003). Alcuni siti internet rappresentano altri inte-ressanti punti di riferimento:http://health.usgs.gov, sito della sezione "Hu-man Health" dell’”United States GeologicalSurvey” dal quale è possibile consultare an-che la newsletter (Geohealth);http://www.medicalgeology.org, il sito del-l’”International Medical Geology Association”(IMGA), nata dall'attività del “Working Groupon Medical Geology”, contiene numerose in-formazioni;http://serc.carleton.edu/NAGTWorkshops/health/index.html, sito dedicato a "Geology andHuman Health"; ha finalità didattiche ed ègestito dal Carleton College (Minnesota) nel-l’ambito del progetto “On the Cutting Edge”.In Italia, il primo passo verso "Geologia e Sa-lute" si è realizzato con la pubblicazione diuna una specifica nota in forma digitale (Cor-tecci, 2004):http://www.igg.cnr.it/Geologia_e/GeologiaeSaluteText.htm). Nel 2005 si è tenuto a Pesaro il 1° Semina-rio Nazionale di Studio “Geologia & Salute –fattori geologico-ambientali e salute negli es-seri viventi”, con la successiva pubblicazio-ne degli atti (Coccioni e Tateo, 2006). Nel2006, ancora a Pesaro, si è svolto il 1° Con-gresso Nazionale “Geologia e Salute” e nel2007, a Rimini, una specifica sessione tema-tica di Geoitalia 2007-VI Forum Italiano diScienze della Terra è stata dedicata a “Geo-logia e Salute”.Nell’ambito dei diversi appuntamenti nazio-nali ed internazionali sono stati trattati nume-rosi argomenti, anche se deve essere sotto-lineato che la maggior parte dei contributi

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presentati ha riguardato aspetti geochimici emineralogici già ben sviluppati, come la geo-chimica ambientale e il particolato aereodi-sperso. Un ampio contributo proviene anchedalle ricerche sui minerali argillosi che hannospesso carattere trasversale a diverse disci-pline. Non mancano anche studi di carattereoriginale, sempre molto apprezzati e stimo-lanti. Tra questi si possono segnalare a titolodi esempio: la messa in evidenza di proces-si di decalcificazione delle ossa attraversol’analisi isotopica delle urine; infatti il Ca èfrazionato durante la biomineralizzazione an-che a seguito di episodi brevi (giorni), con-trariamente agli indicatori biochimici che ma-nifestano solo processi di durata superiore(Skulan et al., 1997, 2007); ii) l'aumento deicasi di coccidioidomicosi o "febbre della val-le”, alcuni con esiti fatali, nella zona di LosAngeles (USA), a seguito delle frane che sisono sviluppate per un forte terremoto (ma-gnitudo 6-7) e che hanno disperso nell’aria ilsuolo contenente le spore fungine, causadella malattia (Bowmann et al., 2003); iii) l’u-tilizzazione dei foraminiferi bentonici comebioindicatori in ambiente marino dell’inquina-mento antropico da metalli pesanti sulla ba-se dello sviluppo di malformazioni del guscio(Coccioni, 2006); iv) le relazioni tra superficidei minerali argillosi e aggregazione sponta-nea + concentrazione + preservazione + dis-persione di nucleotidi e polinucleotidi (Gallo-ri et al., 2006).Al di là degli aspetti disciplinari, gli studi di“Geologia e Salute” procedono generalmen-te seguendo due percorsi: il primo verso l’in-dividuazione delle relazioni di causa-effettotra salute e materiali o condizioni geologichee il secondo verso l’applicazione delle meto-dologie geologiche alle problematiche sani-tarie. In considerazione del rilevante numerodi argomenti geologici che hanno relazionicon la salute, non sorprende che diverse te-matiche siano ancora poco sviluppate (adesempio sono rarissimi i contributi della geo-fisica circa i campi elettromagnetici naturali ele loro variazioni). Tuttavia, quello che sem-bra veramente mancare in modo sistematicoè la significativa "discesa in campo" delle

scienze mediche. I dati epidemiologici, alme-no in Italia, sono spesso inaccessibili e rac-colti su basi amministrative (Comuni, Provin-ce, ASL) senza un’esatta localizzazione sulterritorio. Allo stato attuale, le principali diffi-coltà sembrano essere rappresentate pro-prio dalle barriere multidisciplinari (soprattut-to rispetto ai medici, mentre biologi e farma-cologi si dimostrano più disponibili) e la scar-sa attenzione da parte delle amministrazionipubbliche nei confronti dell’importante ruoloche la geologia può svolgere in ambito sani-tario.I numerosi ed interessanti contributi presen-tati a Rimini nella sessione tematica “Geolo-gia e Salute”, e in parte raccolti in questo vo-lume, dimostrano che il ruolo dell’ambientenaturale, e in particolare quello della geolo-gia, non può e non deve essere ignorato.Questo volume testimonia che “GeologiaMedica” è una straordinaria opportunità perricomporre un corretto rapporto tra ambien-te, società ed economia.

ReferenzeBowman, C.A., Bobrowsky, P.T., Selinus O.,2003. Medical geology: new relevance in theearth sciences. Episodes, 26, 270-278. Brunnell, J.E., 2004. Medical Geology:Emergin Discipline on the Ecosystem-Hu-man Health Interface. EcoHealth, 1, 15-18.Carretero, M.I., Gomes, C.S.F., Tateo, F.,2006. Clays and human health. In: Bergaya,F., Theng, B.K.G. and Lagaly, G. (eds), Hand-book of Clay Science. Developments in ClayScience, Vol. 1, Chapter 11.5, 717-741, El-sevier.Carretero, M.I., Lagaly, G., 2007. Clays andHealth - Clays in Pharmacy, Cosmetics, Pe-lotherapy, and Environment Protection. Ap-plied Clay Science, 36, 1-3, 220 pp., Else-vier.Coccioni, R. 2006. Anomalie e deformazionimorfologiche negli organismi prodotte da in-quinamento da elementi in traccia e stressambientale. In: Coccioni, R., Tateo, F. (eds),Geologia & Salute-Atti del 1° Seminario Na-zionale di Studio, 7 maggio 2005, Pesaro.Quaderni del Centro di Geobiologia, Univer-

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sità degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, 4, 35-41,Aracne Editrice, Roma.Coccioni, R., Tateo, F. (eds) 2006. Atti del 1°Seminario Nazionale di Studio "Geologia &Salute, fattori geologico-ambientali e salutenegli esseri viventi", Pesaro 7 maggio 2005,Quaderni del Centro di Geobiologia, Univer-sità degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, 4, 97 pp.Cortecci, G., 2004. GEOLOGIA E... SALU-TE. http://www.igg.cnr.it/Geologia_e/ Geolo-giaeSaluteText.htm.Dissanayake, C., 2005. Of Stones andHealth: Medical Geology in Sri Lanka. Scien-ce, 308, 883-885.Droy-Lefaix, M.T., Tateo, F., 2006. Clays andclay minerals as drugs. In: Bergaya, F.,Theng, B.K.G. and Lagaly, G. (eds), Hand-book of Clay Science. Developments in ClayScience, Vol. 1, Chapter 11.5, 743-752, El-sevier.Gallori, E., Biondi, E., Branciamore, S.,2006. Looking for the Primordial Genetic Ho-neycomb. Origins of Life and Evolution of theBiosphere, 36, 493-499.Komatina, M.M., 2004. Medical Geology: Ef-fects of Geological Environments on HumanHealth. Elsevier, 488 pp.Låg, J., 1990. Geomedicine. CRC Press,288 pp., Bocca Raton, USA.Reinbacher, W.R., 2003. Healing Earths: TheThird Leg of Medicine. A History of Mineralsin Medicine. 1st Books Library, 244 pp.,Bloomington, USA.Sahai, N., Schoonen, M.A.A. (eds), 2006.Medical Mineralogy and Geochemistry. Re-views in Mineralogy & Geochemistry, 64, pp.332Selinus, O., Alloway, B., Centeno, J.A., Fin-kelman, R.B., Fuge, R., Lindh, U., Smedley,P. (eds), 2005. Essentials of Medical Geo-logy: Impacts of the Natural Environment onPublic Health, 832 pp., Elsevier/Academic.Skinner, H.C.W., 2007. The Earth, Source ofHealth and Hazards: An Introduction to Me-dical Geology. Annual Review of Earth andPlanetary Sciences, doi: 10.1146/annu-rev.earth.34.031405.125005.Skinner, H.C.W., Berger, A.R. (eds), 2003.Geology and Health: Closing the Gap. Ox-

ford Univ. Press, 192 pp., New York.Skulan, J., Bullen, T., Anbar, A.D., Puzas,J.E., Shackelford, L., LeBlanc, A., Smith,S.M., 2007. Natural Calcium Isotopic Com-position of Urine as a Marker of Bone Mine-ral Balance. Clinical Chemistry, 53(6), 1155-1158.Skulan, J., DePaolo, D.J., Owens, T.L., 1997.Biological control of calcium isotopic abun-dances in the global calcium cycle. Geochi-mica et Cosmochimica Acta, 61, 2205–2210.Zeiss, H., 1931. Geomedizin (geographischeMedizin) oder medizinische Geographie?Munchener med. Wockenschr., n.5, 98.

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AbstractWe report geochemical and epidemiologicaldata as maps representing the patterns of to-xic metal concentrations and some, poten-tially, related pathologies in the Campania re-gion of Italy. The comparison of a particularelement distribution with specific patholo-gies, at regional scale, has been carried outtaking into account previous epidemiologicalworks, that demonstrated the existence ofrelationships between anomalous concentra-tions of some metals and incidence of somepathologies. This study shows that sometypes of cancer are found in Campania, inareas characterized by relative high concen-tration of heavy metals, though, in epidemio-logy, correlation does imply authomaticallycausation. For instance, Zn-Cd-rich areasoverlap with areas of high prostate-cancermortality; bladder and pancreatic cancer arecorrelated with Pb-Sb-rich areas, whereas,bronchial-tracheal-lung cancer is correlatedwith As, Cd and Pb-rich areas.

PremessaDi seguito vengono riportati i dati geochimicied epidemiologici sotto forma mappe rappre-sentanti i patterns di distribuzione di metallitossici potenzialmente relazionabili a patolo-gie tumorali nella regione Campania.Il confronto tra la distribuzione spaziale deglielementi chimici considerati con determinatepatologie, a scala regionale, è stato realizza-to prendendo in considerazione studi epide-miologici preesistenti che già hanno dimo-

strano l’esistenza di una relazione potenzia-le di tipo causa-effetto tra concentrazionianomale di alcuni metalli nell’ambiente e l’in-cidenza di alcune patologie tumorali. Questo studio mostra che esiste in Campa-nia una relazione spaziale tra l’incidenza lo-cale di alcune tipologie di neoplasmi ed alteconcentrazioni di metalli pesanti anche se, inepidemiologia, una correlazione non implicanecessariamente una causalità. Si è osser-vato, infatti, che in aree ricche in Zn e Cd viè un’alta mortalità per cancro al pancreas;così come in aree caratterizzate da alti teno-ri di Pb e Sb, l’incidenza di tumori alla vesci-ca e alla prostata risulta aumentata rispettoai trend regionali; inoltre, tumori a bronchi,trachea e polmone sono spesso spazialmen-te correlati con la presenza di alte concen-trazioni di As, Cd e Pb nei suoli e nei sedi-menti.

IntroduzioneUn elemento di ricerca fondamentale chepermette la correlazione tra dati epidemiolo-gici e la presenza di metalli potenzialmentetossici in ambiente superficiale è, senza dub-bio, la disponibilità di mappe riportanti la dis-tribuzione spaziale sia di metalli e compostiorganici sia di patologie tumorali.La cartografia diventa uno strumento fonda-mentale per favorire l’individuazione di even-tuali interrelazioni esistenti tra la distribuzio-ne degli elementi nelle rocce, nei suoli e nel-l’acqua e le condizioni di salute degli essereumani e di altri organismi viventi che vivono

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GEOCHIMICA E SALUTE: INQUINAMENTO DA METALLI PESANTI EEPIDEMIOLOGIA NELLA REGIONE CAMPANIA

TOXIC METALS DISTRIBUTION NATURAL RADIOACTIVITY ANDEPIDEMIOLOGY IN THE CAMPANIA REGION (ITALY)

Stefano Albanese, Maria Luisa De Luca, Benedetto De Vivo,Annamaria Lima, Giuseppe Grezzi

Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Via Mezzo-cannone 8, 80134 Napoli. E-mail: [email protected]

in un dato contesto ambientale (Berger,2003).La storia e l’evoluzione delle malattie riflettespesso la storia delle modificazioni che sonooccorse nell’ambiente circostante l’uomo egli organismi viventi in genere. L’inquina-mento ambientale ha subìto un forte incre-mento in seguito al moderno sviluppo tecno-logico e, come conseguenza, anche l’inci-denza di malattie legate alla contaminazioneambientale ha sofferto di un aumento; spes-so, tuttavia, risulta non agevole dimostrareuna relazione di tipo causa-effetto tra i duefenomeni.Generalmente la presenza di una correlazio-

ne spaziale tra altre concentrazioni di alcunielementi tossici (ad esempio: As, Pb, Cd) neisuoli e nei sedimenti e la particolare inciden-za di alcune malattie non implica apriori chegli elementi chimici in eccesso abbiano avu-to un ruolo nel processo di sviluppo di un’in-fermità o che vi sia un’aumentata probabilitàche uno specifico metallo tossico sia causadell’insorgenza di un tumore.Da qualche anno la geo-medicina, che puòessere considerata come una branca acces-soria della medicina ambientale (Möller2000) e che è nata dalla sinergia tra medici-na e geologia (Bolviken 1998), studia l’in-fluenza dei fattori ambientali sulla distribuzio-

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Figura 1. Carta geologica semplificata della regione Campania.

ne geografica di patologie umane e animali.Gli elementi in traccia presenti in natura, me-talli e non metalli, sono fondamentali nei pro-cessi di nutrizione degli esseri umani anchese gli stessi elementi possono avere effettinegativi sulla salute umana se ingeriti inquantitatà anomale (sia in eccesso che in di-fetto).L’obiettivo di questo lavoro, in particolare, èdi valutare le possibili interazioni esistenti trala presenza di concentrazioni anomale dimetalli tossici e l’incidenza di determinatepatologie nel territorio della regione Campa-nia. Allo stato attuale la Campania è, con la Sar-degna (De Vivo et al., 1997, 2001, 2006), l’u-nica regione italiana ad essere dotata di unacartografia geochimica su scala regionalebasata su un campionamento sistematico disuoli e sedimenti fluviali

Geologia, dati geochimici e dati sulla mor-talità per cancro nella regione CampaniaDal punto di vista litologico la regione Cam-pania può essere raggruppata in 3 dominiprincipali:1) il settore montuoso rappresentato dall’ Ap-pennino Campano, costituito principalmenteda Calcari e classificato come un edificio diFalda Neogenica;2) il settore di piana costituito da una struttu-ra a graben, che forma la Piana Campana edaltre strutture secondarie con evidenze diprocessi di sedimentazione di tipo pre- sin- epost-orogenici (principalmente coaratterizza-ti dalla deposizione di sedimenti a grana fi-ne);3) il settore vulcanico formato dai vulcani del-la Provincia Potassica Napoletana (Somma-Vesuvio, Campi Flegrei, Ischia e Roccamon-fina).I dati geochimici utilizzati per la realizzazionedi questo studio provengono dalle analisi chi-miche di campioni di suoli e sedimenti fluvia-li prelevati omogeneamente su l’intero terri-torio della regione Campania (Albanese etal., 2007; De Vivo et al., 2006a, b).L’Atlante Geochimico della Regione Campa-nia (De Vivo et al. 2006) e l’Atlante Geochi-

mico dell’Area Urbana e Provinciale di Napo-li (De Vivo et al. 2006) presentano la carto-grafia geochimica ottenuta dall’elaborazionedei dati chimici relativi a 2389 campioni di se-dimenti fluviali e 982 campioni di suolo. Icampioni sono stati analizzati con la finalitàdi determinarne i tenori di concentrazioneper 37 elementi chimici: Ag, Al, As, Au, B, Ba,Bi, Ca, Cd, Co, Cr, Cu, Fe, Ga, Hg, K, La,Mg, Mn, Mo, Na, Ni, P, Pb, S, Sb, Sc, Se, Sr,Te, Th, Ti, Tl, U, V, W e Zn . Le analisi realiz-zate per mezzo di ICP-MS e ICP-ES (Indu-ced Coupled Plasma Mass Spectrometryand Emission Spectrometry) sono state pro-dotte dai Laboratori Analitici ACME di Van-couver (Canada). Nello specifico, per ogni campione sottopo-sto ad analisi, 15 grammi di polpa sono statidisciolti in 45 ml di Aqua Regia (parti ugualidi HCl, HNO3 e acqua distillata) ad una tem-peratura di 90° C per un’ora. Successiva-mente la soluzione portata ad un volume fi-nale di 300ml con una concentrazione di HClal 5% in volume è stata aspirata in uno Spet-trometro ICP-ES Jarrel Ash Atomcomp 975o, alternativamente, in uno SpettrometroICP-MS Perkin Elmer Elan 6000.La precisione delle analisi è stata calcolatautilizzando tre replicati della stessa ACME edue duplicati nascosti sottomessi dagli stes-si autori. L’accuratezza è stata determinatautilizzando lo standard di riferimento DS2fornito dalla stessa ACME (HMTRI, 1997)(Tabella 1).In ogni sito di campionamento è stata misu-rata la radioattività naturale mediante unoscintillometro portatile Scintrex GRS500 (Li-ma et al. 2005). I dati geochimici e radiometrici, organizzati inun database, sono stati rielaborati al fine diottenere diversi tipi di cartografia geochimi-ca:

• Carte della distribuzione puntuale• Carte ddei tenori di fondo attuali (baseline)• Carte delle associazioni fattoriali• Carte di rischio• Carte della radioattività totale e parziale.

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Tabella 1. Limiti di rilevabilità strumentale, Accuratezza e Precisione. RPD = Differenza Relativa Percentuale.

I dati di mortalità per quattro tipi di cancro,ragguppati per ASL (Aziende Sanitarie Loca-li) sono stati utilizzati per la realizzazione diquesto studio e sono stati estratti dall’Atlantedella Mortalità per Cancro nella regioneCampania nel periodo 1989-1992 (Montellaet al., 1996). Siccome l’area di influenza diciascuna ASL è stabilita sulla base della den-sità di popolazione, il territorio della regioneCampania risulta suddiviso in 14 ASL, 5 del-le quali appartenenti alla provincia di Napoli.Per ciascuna ASL, i dati della mortalità sonostati espressi come Rapporto di MortalitàStandardizzato Regionale (SMR-REG). Ilrapporto SMR-REG, espresso come percen-tuale, rappresenta il rapporto tra il numero dimorti osservate per una specifica causa dimortalità in ciascuna ASL considerata ed ilnumero di morti attese (Exp. Death REG)calcolato sulla base della popolazione suddi-visa in classi di età per ciascuna ASL ed i va-lori di mortalità età-specifici regionali (Tabel-

la 2). Per calcolare il numero di morti atteseper ciascuna ASL è stata applicata la formu-la seguente:

Exp. Deaths REG = Σi Tri * pi

dove:Tri = Valore di mortalità regionale età-speci-

fico calcolato per 100000 unità di popolazio-ne per la classe di età i-esima, riferito ai cin-que anni di riferimento considerati (1998-2001)Pi = Popolazione dell’ASL nella iesima clas-

se di etàAl fine di considerare l’incertezza dei dati dimortalità, un intervallo di confidenza al 95%(CI) è stato calcolato per ciascun SMR-REGper mezzo della formula seguente:

CI= SMR±1.96 SEdove:SE = Errore Standard del SMR=Radice qua-drata di [SMR*(1-SMR)]/P

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Tabella 2. Per ciascuna ASL e ciascuna tipologia tumorale considerata, suddivisi per sesso, il numero di morti os-servate (MO), di morti attese (MA), il Rapporto Standardizzato di Mortalità Regionale (SMR REG ) ed il valore del-l’Errore Standard di SMR REG (SE).

P = Popolazione totale dell’ ASL I valori di SMR inclusi all’interno del limite in-feriore e superiore del CI sono stati conside-rati uguali.In conseguenza di ciò, se il valore 100 è in-cluso nel CI, non vi è una differenza signifi-cativa tra il numero di morti osservate e il nu-mero di morti attese in una determinata ASL.Se, invece, il limite inferiore o superiore delCI sono rispettivamente al disotto o al diso-pra di 100, vi è una probabilità del 95% cheil numero delle morti osservate sia significa-tivamente minore o maggiore del numero dimorte attese.

MetodiAl fine di confrontare i dati epidemiologicicon la distribusione dei metalli tossici nell’a-rea di studio, i dati geochimici per 13 ele-menti tossici (As, Cd, Co, Cr, Cu, Hg, Ni, Pb,Se, Sb, Tl, V e Zn), estratti dal database geo-chimico di De Vivo et al. (2006 a and b), so-

no stati raggruppati e sono stati calcolati ivalori di concentrazione media per il territoriodi ciascuna ASL della Campania.I valori di concentrazione media degli ele-menti chimici considerati e di SMR-REG perdiversi tipologie di cancro sono stati carto-grafati mediante mappe vettoriali, elaboratecon software GIS, rappresentando l’esten-sione areale di ciascuna ASL per mezzo dipoligoni.Basicamente, per ciascun elemento, la rela-tiva cartografia geochimica è stata prodottariclassificando i poligoni delle ASL sulla basedei rispettivi valori medi di concentrazionementre, per ciascuna tipologia di cancro, lemappe della mortalità sono state realizzateclassificando i poligoni sulla base dei rispet-tivi SMR-REG. In aggiunta, mediante glistessi criteri di elaborazione, sono statecompilate carte della radioattività parziale(K40, Th232, U238) e totale.Siccome per le 5 ASL del territorio provincia-

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Figura 2. Mappe della distribuzione delle concentrazioni medie nei territori delle varie ASL campane per As (A), Cd(B), Pb (C), Sb (D), Zn (E) and della Radioattività Totale (MeV>0.08) (E).

le di Napoli, le concentrazioni medie deglielementi considerati sono state calcolateesclusivamente su campioni di suolo mentrei sedimenti fluviali sono serviti a determinarei valori di concentrazione media del rimanen-te territorio regionale, durante le fasi dell’a-nalisi statistica le due tipologie di dati sonostate trattate separatamente.

Discussione dei risultatiTumore della trachea, bronchi e polmoneIn Campania, i tumori della trachea, dei bron-chi e del polmone provocano numerosi de-cessi sia negli uomini che nelle donne. Essirappresentano la prima causa di mortalitàmaschile e la terza causa di mortalità femmi-nile dopo il tumore al seno. La carta riportante i valori di SMR-REG pergli uomini (Fig. 3A) mostra che la mortalitàper questo tipo di tumore e significativamen-te più alta rispetto alla media regionale in 4ASL della provincia di Napoli mentre nelleASL delle province di Avellino, Benevento,Salerno e Caserta si riscontra un numero didecessi uguale o minore di quello statistica-mente atteso.Le mappe di SMR-REG per le donne (Fig.3B) mostrano un incremento di mortalità perla sola ASL NA1 (corripondente al territoriourbano della città di Napoli) e valori di SMR-

REG significantemente più bassi della mediaregionale nelle ASL AV1, BN and SA3.Gli elementi tossici distribuiti nell’ambienteche sono in relazione con questo tipo di tu-more sono As, Cd, Cr, Ni e Pb (Watterson1998).Le carte delle concentrazioni medie di As eCd (Figs. 2A, 2B) mostrano i valori più elevatidi questi elementi nelle ASL dei territori pro-vinciali di Napoli e Caserta, mentre ciò non siverifica per Cr e Ni. Il Pb presenta valori ele-vati solo nella provincia di Napoli, special-mente in corrispondenza dell’ASL NA1 dovesi registrano anche i valori più alti di SMR-REG per tumori della trachea , dei bronchi edel polmone.Il Pb presente nell’area urbana del capoluo-go campano è stato messo ampiamente inrelazione con l’inquinamento provocato daltraffico veicolare (Cicchella et al. 2005; DeVivo et al. 2006 b).La corrispondenza tra elevati valori di SMR-REG ed elevati valori anomali di As, Cd e Pbprincipalmente nel territorio provinciale diNapoli rappresenta la probabilità che una re-lazione causa-effetto tra l’insorgenza di neo-plasmi alla trachea, ai bronchi ed al polmonie l’ inquinamento ambientale da parte di Cde Pb possa esistere (Goyer 1993; Boyd et al.1970).Questa ipotesi dovrebbe essere testata bio-monitorando campioni di sangue ed urinaprovenienti da cittadini residenti in tutta la re-

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Figura 3. Mappe della distribuzione del SMR-REG(Rapporto Standardizzato di Mortalità Regionale) perciascuna ASL della regione Campania riferite al tumoredella trachea, dei bronchi e del polmone negli uomini(A) nelle donne (B). I prefissi NA, AV, BN, CE e SA nel-le etichette sulle mappe indicano la pertinenza delleASL ai diversi territori provinciali. (NA = Napoli, AV =Avellino, BN = Benevento ,CE = Caserta, SA = Saler-no).

Figura 4. Mappe della distribuzione del SMR-REG(Rapporto Standardizzato di Mortalità Regionale) perciascuna ASL della regione Campania riferite al tumoredella vescica negli uomini (A) nelle donne (B). Per l’in-terpretazione delle etichette sulle mappe si veda Fig. 3.

gione Campania. Inoltre, in Campania, èpossibile individuare un’approssimativa cor-rispondenza spaziale tra i valori elevati delSMR-REG per il tumore ai polmoni (nelleprovince di Napoli e Caserta) ed elevati livel-li di radiazioni gamma prodotti dai depositi edalle rocce vulcaniche alcaline della Provin-cia Magmatica Napoletana (Fig. 2F).Una delle cose più interessanti per la tuteladella salute nella Regione Campania, è il ri-schio potenziale rappresentato da Rn.Siccome il gas Rn, ampiamente riconosciutocome una delle cause di insorgenza del tu-more al polmone (Field et al. 2000) è un pro-dotto diretto del processo di decadimentodell’U238, nelle province di Napoli e Caserta,la radioattività naturale puo essere conside-rata una causa potenziale dell’incremento dimortalità per questo tumore.

Tumore alla prostataLa prostata è una ghiandola presente solonegli uomini, che produce il liquido prostati-co. I fattori che influenzano l’emergere diquesto tumore sono l’età, gli ormoni, l’attivitàsessuale, virus, fattori genetici ed esposizio-ne cronica a Zn e Cd (Dinse 1999; Plant &Davis 2003; Smith 1999).I valori più elevati del SMR-REG sono statitrovati nella Provincia di Napoli (ASL NA1),nella Provincia di Caserta (ASL CE1) ed inquella di Benevento (ASL BN1) (Fig. 5A).

Lo Zn è un elemento fortemente correlatocon le funzioni della prostata perché è natu-ralmente presente nella ghiandola prostaticaal fine di mantenerne l’equilibrio funzionale;lo Zn può determinare un indebolimento delsistema immunitario ed un antagonismo conSe e Cu, aumentando il rischio di tumore(Bertholf 1981). La carta di concentrazionedello Zn (Fig. 2E) mostra i valori di concen-trazione più elevati per l’elemento in corri-spondenza dell’area urbana di Napoli, dovesi riscontrano pure i valori più elevati di SMR-REG per il tumore alla prostata.La mappa di concentrazione del Cd (Fig.2B), come lo Zn, presenta i valori più elevatiin corrispondenza del territorio provinciale diNapoli (specialmente nei territori di pertinen-za dell’ASL NA5 e NA1) e solo subordinata-mente nella provincia di Caserta (ASL CE1).

Tumore della Vescica e del PancreasLa vescica è un organo che accumula le uri-ne provenienti dai reni. Per il tumore dellavescica esistono diversi fattori di rischio, co-me il fumo, l’esposizione per motivi profes-sionali ad agenti tossici, l’assunzione di par-ticolari medicine ed infezioni batteriche.Il pancreas è una ghiandola che produce in-sulina e altri enzimi necessari alla digestio-ne. Fattori di rischio sono il fumo, l’esposi-zione per motivi professionali a solventi indu-striali e agricoli e l’esposizione a derivati delpetrolio. Entrambi questi tumori possono es-sere connessi a concentrazioni anomale diPb e Sb. Valori elevati di SMR-REG per en-trambi i tumori (Figs. 4A, 4B, 5B), sono loca-lizzati principalmente sul territorio urbano(ASL NA1) e provinciale di Napoli.Il tumore al pancreas mostra valori elevati dimortalità anche in corrispondenza della pro-vincia di Benevento (ASL BN1).I maggiori valori di origine antropica di Pb eSb (Fig. 2C, 2D) sono specialmente concen-trati nel territorio urbano della città di Napoli(ASL NA1).

ConclusioniLe carte dei dati geochimici ed epidemiologi-ci della Regione Campania indicano la pre-

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Figura 5. Mappe della distribuzione del SMR-REG(Rapporto Standardizzato di Mortalità Regionale) perciascuna ASL della regione Campania riferite al tumoredella prostata (A) e al tumore del pancreas nelle donne(B). Per l’interpretazione delle etichette sulle mappe siveda Fig. 3.

senza corrispondenze spaziali tra le concen-trazioni di alcuni metalli tossici e specifichepatologie i cui SMR-REG sono superiore aivalori standard regionali.Le corrispondenze più evidenti si riscontranonell’area urbana e provinciale di Napoli doveè stato registrato il maggior numero di de-cessi per tutte le patologie e dove è anchepresente un elevato inquinamento da metallitossici di origine antropica. Quest’ultimo fattore è confermato dal fattoche specifiche patologie sono localizzateprincipalmente nelle aree a maggior urbaniz-zazione di Napoli (tumori alla trachea, bron-chi e polmoni). Nelle aree meno urbanizzate,il numero di decessi è uguale o di molto infe-riore alla media regionale. Per la regione Campania è possibile affer-mare che, in alcune aree, una buona corri-spondenza spaziale esiste tra valori elevatidi mortalità ed alcune tipologie di cancro.Nella fattispecie è stato possibile evidenzia-re una discreta correlazione tra tumori abronchi, trachea e polmone e concentrazionianomale di As, Cd e Pb; tra tumore alla pro-stata e concentrazioni anomale di Zn e Cd; etra tumori alla vescica e al pancreas e con-centrazioni anomale di Pb e Sb.Questo studio preliminare, con tutte le limita-zioni dell’approccio epidemiologico, seppurnon in grado di stabilire e dimostrare una re-lazione diretta di causa-effetto tra l’inquina-mento ambientale e l’insorgenza di patologietumorali, pone in evidenza che un ambientecompromesso come quello delle aree urba-ne e provinciali di Napoli ha un effetto forte-mente deleterio sulla salute umana.I risultati riportati in questo studio potrebberoessere presi in debito conto dalle autoritàambientali e sanitarie locali e nazionali, al fi-ne di migliorare la qualità ambientale princi-palmente nelle aree fortemente urbanizzatedella regione Campania.

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AbstractSilica is widely diffused in nature, both amor-phous and crystalline: its airborne dusts of-ten occur in workplaces, where are genera-ted and dispersed in air during operations li-ke the cracking, grinding of rocks, sand, etc..Free crystalline silica (not combined withother chemical elements), like quartz andcrystobalite, breathed through inhalation ofairborne dust, is the causal agent of silico-sis, a preventable fibrogenic lung disease,for which no effective treatment is available.In 1997 IARC (International Agency for Re-search on Cancer), evaluated as sufficientlyevident the carcinogenicity for respirablecrystalline silica (quartz and crystobalite).Both toxicity and cellular response dependon the character, origin and state of the par-ticulate silica minerals and their surface pro-perties and on the contamination with othersubstances that may activate the cancer pro-cess. Dust concentrations today, when mea-sured, still show high levels during many in-dustrial activities and expose workers to therisk of silicosis, which is considered only aninitial stage of the disease that may evolveinto lung cancer and autoimmune patholo-gies. To eliminate silicosis, the main focushas to be on prevention, that has a long hi-story in the ILO (International Labour Organi-zation) and WHO (World Health Organiza-tion): their aim is to promote the advance-ment of National programs for the Elimina-tion of Silicosis to reduce its incidence by2015, and have it as a public health problemeliminated by 2030. The only way to preventthe negative health effects of silica is to limit

air diffusion of dust and its inhalation, redu-cing air concentration of respirable dust. In2006 the American Conference of Govern-mental Industrial Hygienists (ACGIH) fixed0,025 mg/m3 of quartz in respirable dust asthe TLV – TWA for crystalline silica, while theEuropean Union still recommends 0,05mg/m3. In countries like the US and in Euro-pe, where appropriate measures have beentaken, the incidence of silicosis has decrea-sed dramatically, nevertheless in many deve-loping countries silicosis is widely spread.Data from the Italian Workers’ CompensationAuthority show a decline in silicosis occur-rence since the early 1970s. In the last fiveyears, almost 500 hundred new cases of sili-cosis have been compensated. The resultsof analytical surveys on occupational expo-sure to airborne respirable silica dust both inthe Marche region and throughout Italy, con-ducted among workmen in factories using airsampling instruments, show a great varietyof occupational exposure levels; high con-centrations of airborne silica dust and a highoccurrence and incidence of silicosis wereobserved in some provinces in central andnorthern Italy, specialized in industrial pro-ductions such as mining, quarrying, stonedressing and cutting, foundries, the ceramicand pottery production and jeweller’s art.

IntroduzioneL’inquinamento da polveri costituisce un pro-blema sia ambientale, sia occupazionale. Al-cune particelle aerodisperse, se inalate, ri-escono a penetrare negli alveoli polmonari erappresentano uno dei maggiori pericoli per

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RECENTI SVILUPPI SUL RISCHIO OCCUPAZIONALE DA SILICE: LA SITUAZIONE ITALIANA

RECENT DEVELOPMENTS ON OCCUPATIONAL QUARTZ HAZARD:THE ITALIAN SITUATION

Rosanna Bevilacqua, Mario Cocchioni

Dipartimento di Medicina Sperimentale e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Camerino,Via Madonna delle Carceri, 62032 Camerino (MC).

la salute negli ambienti di lavoro. La naturachimico-mineralogica delle particelle influen-za gli effetti dannosi sull’organismo. Di parti-colare rilievo sono le patologie causate dall’i-nalazione di polveri contenenti silice liberacristallina (d’ora in avanti SLC), che compor-ta l’insorgenza di varie patologie, polmonaried extrapolmonari. Il rilevamento e la valu-tazione del rischio di esposizione alle polverirespirabili di SLC rappresenta un tema attua-le e di grande interesse scientifico e socialea livello mondiale, dato che si tratta di unagente patogeno presente in una grande va-rietà di prodotti naturali ed artificiali impiega-ti in molte lavorazioni, con importanti riper-cussioni sulla salute di milioni di lavoratoriesposti per gli effetti potenzialmente invali-danti, nonché per i suoi possibili effetti can-cerogeni: nella letteratura scientifica vannocrescendo le evidenze relative all’associa-zione tra esposizione a silice, silicosi e tu-more polmonare. Vari gruppi e commissioni tecniche italianeed estere sono oggi impegnati a vario titolonell’individuare metodi standard condivisi perle analisi e per il risk assessment della SLCaerodispersa da fonti occupazionali.

Recenti sviluppi nella valutazione del ri-schio di esposizione a silice libera cristal-linaIl termine silice libera è riferito alle fasi cri-stalline e amorfe del biossido di silicio (SiO2),non combinato con altri elementi per formarecomposti, ed è proprio dell’igiene industrialeper distinguere l’agente patogeno della sili-cosi dalla silice, risultato del dosaggio anali-tico del silicio totale inteso come ossido.La silice è largamente diffusa in natura (circail 12 % in volume di tutta la crosta terrestre)e polimorfa, presentandosi sia in formaamorfa (opale e vetro vulcanico), sia cristalli-na, nelle fasi del minerale quarzo (α e β) edella sua varietà microcristallina calcedonio,della tridimite e della cristobalite (fasi di altatemperatura), della coesite e della stishovite(fasi di alta pressione), della moganite e del-la melanoflogite. Il quarzo in particolare èconsiderato sinonimo di SLC, perché ne è la

forma più comune e diffusa, presente in tuttigli ambienti litogenetici. Sia per le varietà cri-stalline, sia per quelle amorfe, sono stati sta-biliti dalla ACGIH (American Conference ofGovernmental Industrial Hygienists) dei valo-ri limite di esposizione, poiché esiste un ri-schio nell’impiego di questa sostanze. L’im-portanza del prelievo della frazione respira-bile delle polveri nei monitoraggi ambientali èdeterminata dalle evidenze scientifiche, chesuggeriscono una serie di effetti sanitari ne-gativi da parte delle particelle con dimensio-ni aerodinamiche al di sotto di 10 micrometri(WHO, 2000). Le ridotte dimensioni delleparticelle fanno sì che atomi e ioni si trovinocon legami spezzati in alcune direzioni e pre-sentino quindi delle insaturazioni a livelloelettrostatico che possono renderli partico-larmente reattivi. La tossicità del quarzo a li-vello cellulare può essere infatti causata odall’interazione fra il legame idrogeno deigruppi silanolici (Si-OH), che si trovano sullasuperficie della SLC in presenza di acqua,con alcuni componenti cellulari, o attraversola formazione di radicali liberi dell’ossigeno(ROS) sulla stessa superficie. Eliminandol’acqua con il riscaldamento, i radicali reattivipossono essere eliminati. La presenza dicontaminanti può modificare le reazioni acontatto con l’organismo. Gli ioni dei metallidi transizione possono essere molto attivi nelgenerare radicali liberi una volta a contattocon i fluidi biologici (Tomatis et al., 2002;Martra et al., 2003). Siti radicalici possonoinoltre essere presenti sulla superficie di par-ticelle di SLC macinate di fresco, in seguitoalla rottura dei legami covalenti tra Si e Oconseguente alla macinazione (Fubini eHubbard, 2003), rendendo le polveri con su-perfici di rottura fresche più patogene rispet-to a quelle con superfici generate da commi-nuzione naturale. Le superfici a frattura fre-sca sono in grado di catalizzare la formazio-ne di radicali liberi, sia a causa dei radicali disuperficie, sia per la contaminazione con io-ni di transizione, quali il ferro, che può avve-nire nelle fasi di lavorazione della silice comela macinazione, nella quale il quarzo provo-ca un’abrasione del materiale metallico del

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molino. La SLC contaminata con ferro è mol-to reattiva, mentre è poco reattiva se conta-minata con alluminio o se le particelle sonoricoperte di argilla. L’attività biologica dellaSLC, inalata in particelle respirabili, è re-sponsabile della silicosi, una nota patologiaincurabile del polmone ed una delle primemalattie professionali riconosciute, dalle gra-vi conseguenze invalidanti; il rischio di con-trarre la fibrosi polmonare cresce con l’au-mentare della quantità di polveri inalate. Laprevenzione della silicosi ha una lunga storiapresso l’Organizzazione Internazionale delLavoro (ILO) e l’Organizzazione Mondialedella Sanità (WHO), ma a dispetto di tutti glisforzi per prevenirla, persiste ancora a livellomondiale, interessando decine di milioni dilavoratori. Dove la prevenzione ha avutosuccesso, il tasso di incidenza è diminuito edil trend negativo è evidente in molti Paesi in-dustrializzati; alcuni studi mostrano però chefino al 30 - 50 % dei lavoratori in industrianei Paesi in via di sviluppo potrebbero esse-re affetti da silicosi e per loro esiste un ri-schio maggiore di ammalarsi di tubercolosi.La silicosi polmonare è considerata ormaiuna malattia sistemica generalizzata che,originatasi nel polmone, spesso interessa al-tri organi e apparati, alterando la risposta im-munitaria e aumentando la suscettibilità alleinfezioni polmonari, in particolare alla tuber-colosi: la silicotubercolosi è un problema co-mune in molti Paesi in via di sviluppo. Se-condo le indicazioni dell’ILO, l’obiettivo dellaeradicazione della silicosi deve essere postocon forza anche in tali Paesi, perché ivi, co-me conseguenza della globalizzazione, ten-dono a concentrarsi oggi le situazioni a mag-gior rischio per l’esposizione a SLC. Nel1995, il WHO e l’ILO hanno quindi avviatouna campagna per eliminare la silicosi a li-vello mondiale: lo scopo del programma è dipromuovere l’avanzamento di ProgrammiNazionali per ridurne drasticamente l’inci-denza entro il 2015 ed eliminare tale proble-ma di salute pubblica entro il 2030. L’esposi-zione a polveri di SLC respirabile può deter-minare anche cancro al polmone e malattieautoimmuni: nel 1997 la International

Agency for Research on Cancer (IARC) ad-diviene alla decisione di valutare la SLC, ina-lata sottoforma di quarzo o cristobalite dafonti occupazionali, come cancerogeno certoper l’uomo (gruppo 1 degli agenti canceroge-ni). Da allora è iniziato un periodo di rinnova-to interesse scientifico e di attenzione allaprevenzione nei riguardi della SLC: malgra-do una vasta mole di ricerche, il meccanismomolecolare di azione è ancora parzialmenteoscuro ed è stata riscontrata una grande va-riabilità nel suo potenziale patogeno, che va-ria non solo da un polimorfo cristallino all’al-tro, ma anche tra polveri del medesimo poli-morfo, cioè da una sorgente all’altra di pol-vere di silice (Fubini et al., 2006). La IARCnel 1997 aveva sottolineato che la cancero-genicità della SLC non era stata rilevata intutte le realtà industriali esaminate (minieredi minerali metalliferi, cave e lavorazioni delgranito ed altri lapidei, produzione di cerami-ca, sanitari, terraglia e mattoni refrattari, fon-derie) e che ciò poteva essere dovuto allecaratteristiche specifiche della silice impie-gata nei processi produttivi o da fattori ester-ni in grado di modificare l’attività biologica ola distribuzione dei suoi polimorfi. Una que-stione che rimane aperta è se l’eccesso di ri-schio di neoplasie polmonari sia presentesolo tra i silicotici o se invece coinvolga tutti ilavoratori esposti a SLC (Checkoway, 2000),cioè se sia la SLC stessa ad esercitare un’a-zione cancerogena diretta o se la cancero-genesi sia necessariamente mediata dalla si-licosi. L’associazione tra SLC e tumore pol-monare è in genere più forte tra i silicoticiche tra i non silicotici (Smith, 1995; Steen-land, 1997; Kurihara, 2004), non è chiaro pe-rò se ciò sia causato dalla patologia silicoticao se sia dovuto al fatto che i livelli di esposi-zione a SLC nei silicotici sono in genere piùalti di quelli degli altri lavoratori. Nel com-plesso, gli studi epidemiologici prodotti dal1997 ad oggi rafforzano l’evidenza che laSLC abbia proprietà cancerogene, mentrel’associazione silicosi - tumore polmonare èsupportata da evidenze ancora maggiori. Se-condo Saffiotti (2006), l’induzione del cancropolmonare da parte della SLC è chiaramen-

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te provata sia con epidemiologia umana checon saggi a lunga durata su animali e contrasformazione neoplastica di cellule in cultu-ra, tuttavia non vi sono dati che consentanodi stabilire una soglia al di sotto della qualecessi il suo effetto cancerogeno. Le evidenze osservate non permettono diidentificare le tipologie professionali ed i set-tori industriali ove si verificherebbero condi-zioni di esposizione a SLC che non rappre-sentano un rischio cancerogeno per i lavora-tori, a causa delle caratteristiche specifichedella silice impiegata nei processi produttivio da fattori esterni in grado di modificare l’at-tività biologica o la distribuzione dei suoi po-limorfi. L’Organizzazione Mondiale della Sa-nità nel 2000 ha specificato che non si puòassumere che vi sia una soglia di effetto, ov-vero una concentrazione tollerabile alla SLC,alla quale l’esposizione non comporti l’insor-genza di silicosi e/o di tumori polmonari, per-tanto l’esposizione deve essere ridotta al mi-nimo possibile. Appare quindi necessaria lacompleta eradicazione del rischio silicotige-no, tramite un maggior controllo delle espo-sizioni lavorative, per ottenere le più bassetecnicamente possibili. Il primo passo nel ri-durre il rischio cancerogeno deve esserequindi la prevenzione: diminuendo il più pos-sibile i livelli di esposizione, così da preveni-re l’insorgenza della pneumoconiosi, si pro-teggono i lavoratori anche dal possibile svi-luppo di neoplasie polmonari. L’unico modoper prevenire gli effetti sulla salute della SLCè individuare le attività lavorative che produ-cono i particolati nocivi, eliminando o limitan-do la dispersione delle polveri e la loro inala-zione e ciò può essere attuato attraverso in-dagini ambientali che comportino la determi-nazione della concentrazione della frazionerespirabile di SLC nelle polveri aerodisperse.Nel tempo sono stati messi a punto campio-natori e sistemi di monitoraggio della con-centrazione di polveri di SLC nei luoghi di la-voro, mediante cattura su filtri della frazionerespirabile tramite selettori; i metodi più ac-creditati prevedono l’utilizzo di campionatoripersonali con successiva analisi gravimetri-ca e caratterizzazione quali-quantitativa del-

le polveri raccolte (mediante DRX o FTIR). Icampioni prelevati nella zona respiratoriacon dispositivi personali, cioè applicati al cor-po dei lavoratori, permettono di ottenere mi-sure rappresentative dell’esposizione, che èinfluenzata da vari fattori: tipo di lavorazione,durata, frequenza, materie prime impiegate,sistemi di controllo/abbattimento degli agentiinquinanti. Occorre pertanto acquisire pre-ventivamente dati sui processi produttivi damonitorare, al fine di avere una conoscenzapreliminare delle materie prime impiegate edelle tecnologie utilizzate. I livelli di esposi-zione rilevati possono essere confrontati coni valori limite di esposizione, per la valutazio-ne dell’esistenza di condizioni di rischio sili-cotigeno. In Italia attualmente non è in vigo-re un limite di legge per l’esposizione a pol-veri di SLC, pertanto occorre riferirsi ai valo-ri raccomandati dalla comunità scientifica in-ternazionale, che negli ultimi quarant’annisono diminuiti numerose volte. Nel 2006l’ACGIH, i cui valori limite di esposizione co-stituiscono attualmente i riferimenti più ac-creditati, ha ulteriormente ridotto il limite diesposizione per la polvere respirabile diquarzo e cristobalite, fissandolo a 0,025mg/mc; si tratta di un “TLV-TWA”, cioè un va-lore medio ponderato nel tempo per unagiornata lavorativa di otto ore e per quarantaore settimanali alla quale quasi tutti i lavora-tori possono essere esposti, giorno dopogiorno, senza effetti negativi. Tale riduzionedel valore limite di soglia ha reso necessariomigliorare gli interventi di prevenzione, maanche le prestazioni dei metodi di analisi, perottenere misure dell’inquinamento da polveridi SLC che siano affette da un’incertezza ac-cettabile. La Commissione Europea, basandosi anchesull’autorevole parere dell’europeo SCOEL(Scientific Committee on Occupational Expo-sure Limits), non ha ritenuto di procedere aclassificare la SLC come cancerogeno perl’uomo e attualmente non esiste un limite diesposizione a livello europeo, anche se loSCOEL raccomanda un Occupational Expo-sure Limit (OEL) di 0,05 mg/mc per le polve-ri respirabili di quarzo e cristobalite. La ridu-

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zione nel tempo dei livelli di concentrazioneammissibile nei luoghi di lavoro ha prodottorisultati molto positivi negli ultimi decenni,con riduzione della polverosità totale e conuna evidente riduzione dei casi di silicosi, tut-tavia ciò non deve comportare una riduzionedel livello di attenzione allo specifico rischioprofessionale, in quanto lo stesso è ancoraampiamente presente.La necessità di eradicare anche le forme piùlievi di silicosi sollecita l’avvio di un processotendente a migliorare ulteriormente, anchenei Paesi di vecchia industrializzazione, glistandard igienici per la protezione dei lavora-tori: tale strategia potrebbe risultare efficaceanche per il controllo degli effetti canceroge-ni descritti, in particolare, tra i lavoratori af-fetti da silicosi. La tendenza attuale è di pre-venirli non solo mediante il rispetto dei valorilimite di esposizione, ma anche attraversol’integrazione del monitoraggio dell’esposi-zione con l’adozione di buone pratiche dicomportamento sul lavoro e con la sorve-glianza sanitaria. Questi sono infatti i punticardine del primo Accordo multi settore sullaprotezione della salute dei lavoratori firmatoa livello europeo da tutti i partner sociali, sot-to l’egida della Commissione Europea, di cuila silice cristallina è stata protagonista nel2006 e che vedrà impegnato il NEPSI (Net-work Europeo per la Silice) nei prossimi cin-que anni.

Il rischio silicotigeno in ItaliaDall’analisi della letteratura tecnico-scientifi-ca (in gran parte di fonte INAIL) riguardante irisultati di monitoraggi ambientali effettuatinell’ultimo decennio nelle realtà produttiveitaliane, relativi ai livelli di esposizione dei la-voratori a polveri aerodisperse di SLC, risul-ta che in Italia il rischio silicotigeno è presen-te più che altro nelle regioni centro-setten-trionali: è segnalato con varia intensità, peralcune mansioni, nelle fonderie, nella produ-zione ceramica, nella produzione di laterizi,nell’estrazione e lavorazione di lapidei, nellevetrerie e in oreficeria (comparto della micro-fusione a cera persa), nello scavo di galleriee nelle costruzioni. Anche nelle Marche, aseguito di indagini ambientali, sono emersesituazioni di rischio silicotigeno di varia enti-tà per alcune mansioni nelle fonderie di me-talli ferrosi, nella sabbiatura di tessuti consabbia silicea, nella produzione ceramica, dilaterizi, di cemento e calcestruzzo, nella la-vorazione di lapidei, di inerti, nell’esecuzionedi gallerie stradali. L’analisi di dati epidemio-logici mostra che la silicosi in Italia è una pa-tologia prevalentemente maschile, legata al-le attività industriali, la cui incidenza si è an-data riducendo dagli anni ’70, grazie all’ado-zione di interventi di prevenzione, ma ancheper la progressiva deindustrializzazione delPaese, che ha visto raddoppiato il numero dioccupati nel settore terziario, a scapito dei

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Figura 1. Serie storica dei casi riconosciuti di silicosi polmonare in Italia nella seconda metà del Novecento (da INAIL,2000).

settori agricolo ed industriale. Il maggior nu-mero di riconoscimenti per la silicosi da par-te dell’INAIL si ebbe nel decennio 1965-1974, con 45.194 casi in dieci anni; ci fu poiuna marcata flessione sino alla drastica ridu-zione nel periodo 1995-99, con un totale di712 casi. L’incidenza della silicosi rispetto alcomplesso delle tecnopatie, quindi, è scesada circa il 60 %, rilevato nel decennio fino al1974, a poco più del 4 % dell’ultimo quin-quennio del XX secolo. L’andamento è statocaratterizzato da un trend negativo a partiredalla metà degli anni ’60. Agli inizi degli anni’70 si ammalava di silicosi ogni anno in me-dia 1 italiano ogni 12.500 abitanti, mentreoggi è 1 italiano su 600.000 a contrarre ognianno la patologia silicotica. La figura 2 mo-stra i casi di silicosi riconosciuti in Italia nelperiodo 2001-2006: è stata elaborata sullabase dei dati ricavati dalla Banca Dati INAILnel settembre 2007 (aggiornati ai casi defini-ti al 30 aprile 2007). E’ ancora evidente iltrend negativo dei casi riconosciuti, con dimi-nuzione progressiva degli stessi e dei casimortali: in totale sono stati riconosciuti 597casi in sei anni (2001-2006) di cui 551 relati-vi a soggetti di sesso maschile e 27 mortali(26 maschi). Si tratta quindi di una tecnopa-tia prevalentemente maschile (92 % dei ca-si), la cui incidenza negli ultimi anni si va at-

testando intorno a 1,2 % delle tecnopatiecomplessivamente riconosciute in Italia, inte-ressando in media meno di un lavoratore su200.000 ogni anno. I casi si sono verificatiesclusivamente nella gestione Industria eservizi, che raggruppa il settore dell’indu-stria, dei servizi e l’artigianato, ma risulta chele aziende nelle quali è stata contratta la tec-nopatia sono a carattere artigianale solo nel13 % dei casi. Di seguito sono riportati i ri-sultati di elaborazioni basate su dati tratti dal-le Banche Dati INAIL e ISPESL disponibilisul web, aggiornati al settembre 2007, riferitialla base territoriale. Sono stati ricavati dueindicatori statistici: il numero assoluto dieventi osservati (casi di silicosi riconosciutidall’Istituto Assicuratore) nel quinquennio2002-2006 e il tasso grezzo di incidenza del-la silicosi sul totale dei lavoratori addetti al-l’Industria e servizi nell’anno 2004, medianodel periodo in esame. La regione col maggiornumero di eventi in assoluto è la Lombardia,seguita dal Piemonte e dalla Toscana (oltre60 casi riconosciuti nel periodo 2002-2006).In una fascia intermedia si collocano nell’or-dine Liguria, Sardegna e Lazio con oltre 40casi. In Piemonte ed in Lombardia, nel perio-do 2002-2006, si è avuto il maggior numerodi morti per silicosi, con la Sardegna che sicolloca al terzo posto (figura 3).

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Figura 2. Andamento dei casi di silicosi riconosciuti in Italia nel periodo 2001-2006.

Se si considera l’incidenza della silicosi sultotale degli occupati in industria, si nota chela Sardegna è la regione con la massima in-cidenza, seguita dalla Liguria. Entrambe leregioni presentano un tasso molto superiorealla media nazionale.La silicosi oggi è una tecnopatia che interes-sa soprattutto il centro e il nord d’Italia es-sendo legata alle attività industriali, maggior-mente sviluppate in tali aree. In particolare insette regioni su venti (nell’ordine Lombardia,Piemonte, Toscana, Liguria, Sardegna, Lazioe Veneto), nel quinquennio 2002-2006 sonostati registrati nuovi casi di silicosi in numerosuperiore alla media nazionale (pari a 23),essendo stati riconosciuti 314 casi su un to-tale di 469. Ciò significa che nel 35 % delleregioni italiane si concentra il 67 % dei casidi silicosi e ben il 76 % dei casi mortali nel-l’ultimo quinquennio. Nelle regioni prima det-te, e cioè proprio in quelle centro-settentrio-nali del versante occidentale, si evidenzianoanche le province in cui si concentrano inprevalenza gli eventi morbosi osservati ed icasi mortali riconosciuti.In definitiva, nel quinquennio in esame, inItalia hanno contratto la silicosi in media po-co meno di tre lavoratori su 100.000 addettiall’Industria e servizi. Sardegna, Liguria, Pie-monte e Toscana sono le regioni in cui sono

stati registrati sia un numero elevato di even-ti morbosi, sia un’elevata incidenza della sili-cosi fra gli addetti all’industria. Considerando il numero assoluto di eventiosservati, si nota che in 16 province italiane(cioè nel 15 % del totale), si concentra oltre il64 % dei casi di silicosi riconosciuti in Italianell’ultimo quinquennio ed il 67 % dei casimortali riconosciuti (fig. 4).Per quanto riguarda l’incidenza della patolo-gia fra gli addetti all’Industria (fig. 5), in 21province su 103 tale indicatore statistico è ol-tre il doppio della media nazionale.Confrontando i risultati fra i due indicatori, sinota che nove province in particolare hannoregistrato, nel quinquennio in esame, sia ungran numero di eventi osservati (pari o supe-riore a 10) sia un’elevata incidenza fra gli oc-cupati in industria (pari o superiore a 10): Vi-terbo, Sondrio, Arezzo, Verbania, Sassari,Cagliari, Savona, Genova e Pisa, che risulta-no, in base a tali indicatori, le prime 9 pro-vince italiane per il rischio silicotigeno. L’analisi spaziale della distribuzione dei casidi silicosi riconosciuti dall’INAIL nel quin-quennio 2002-2006, evidenzia pertanto deglieccessi statisticamente significativi dei dueindicatori statistici calcolati (numero assoluto

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Figura 3. Casi mortali di silicosi nelle province italiane.

Figura 4. Casi di silicosi dal 2002 al 2006 nelle provin-ce.

di eventi osservati e tasso grezzo di inciden-za della silicosi sul totale degli addetti all’in-dustria e servizi) in alcuni precisi clusters ter-ritoriali. Viterbo è la provincia italiana in cuisono stati registrati sia il maggior numero dieventi osservati sia la maggiore incidenza dicasi di silicosi fra gli addetti all’industria eservizi. In tale provincia, infatti, nel quin-quennio 2002-2006, hanno contratto la sili-cosi quasi 66 lavoratori ogni 100.000 addettiall’industria, con un’incidenza della tecnopa-tia che è quasi 25 volte la media nazionale eche si distacca enormemente da quella ditutte le altre province italiane. Un quadro dimassima che emerge dal confronto dei datiepidemiologici con i dati relativi alle misure diesposizione professionale a SLC respirabile,reperibili in letteratura, è sintetizzato nella fi-gura 6, in cui sono riportati i settori produttiviprevalenti (presumibilmente) per il rischio si-licotigeno nelle nove province prima dette.

ConclusioniLa silicosi, forse la più antica malattia pro-fessionale, continua ad essere anche oggiuna delle più frequenti e gravi tecnopatie a li-vello mondiale, soprattutto nei Paesi in via disviluppo. Anche in Italia i lavoratori corronoun serio rischio di contrarre la tecnopatia che

erroneamente molti considerano “in via d’e-stinzione”: sono infatti le misure di preven-zione adottate per l’abbattimento delle polve-ri ad influenzare in modo determinante lecondizioni di inquinamento nell’ambiente dilavoro. Lo studio effettuato intende fornireuna base per la definizione di priorità e infor-mazioni per una pianificazione e program-mazione sanitaria, con la concertazione e lacollaborazione tra istituzioni ed imprese.Una riduzione dei casi di silicosi nelle provin-ce ove è massima l’occorrenza e l’incidenzadella tecnopatia, grazie ad adeguate misuredi prevenzione e campagne mirate di vigilan-za e sensibilizzazione volte alla riduzione delrischio silicotigeno nei comparti produttivi in-teressati, potrebbe comportare una significa-tiva riduzione dei casi di silicosi che si regi-strano complessivamente in Italia e dei costiumani e socio-economici per il Paese. Unpiano nazionale strategico di prevenzionebasato sull’applicazione di buone pratiche,sul monitoraggio delle esposizioni e sullasorveglianza sanitaria nei comparti produttiviche presentano situazioni di rischio, potreb-be condurre ad una significativa riduzionedell'incidenza della pneumoconiosi in Italia,in accordo col programma ILO/WHO che mi-ra alla sua drastica riduzione entro il 2015 edall’eradicazione della tecnopatia a livellomondiale entro il 2030.

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Figura 6. Gravità del rischio e specializzazione produtti-va.

Figura 5. Incidenza della silicosi su addetti Industria eservizi (x 100.000).

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AbstractThe seepage of solutes from industrial wastedisposals is of important environmental con-cern; examples include seepage from fly-ashdeposits derived from coal burning powerplants. The dominant mechanisms understudy in these sites are the physical move-ment of solutes and their chemical behaviorin groundwater. The investigation of trans-port mechanisms provides useful informationfor both groundwater protection and reme-diation. In particular, dispersion, diffusion, re-charge to the aquifer, interaction with surfacewater bodies and chemical reactions as wellas radioactive decay, should be taken intoaccount to obtain reliable prediction on trans-port of radionuclides and of inorganic pollu-tants. During coal combustion, the organic compo-nent becomes oxidized, while inorganic com-ponents mostly remain in the ashes. Themultiplicity of inorganic constituents that mayform is influenced by biological, hydrologicaland geochemical factors and their associa-tion forms govern their behavior and their im-pact. Of particular concern is the presence ofmetals in groundwater and soils which posesa significant threat to the health of humanand ecological systems. The environmentalimpact of ashes is due to the leaching of mi-

croelements (including heavy metals such asPb, Cr, Cd, Co, Cu, Zn, As, V), but also tomajor cations (Ca) and anions (SO4) by at-mospheric and surface waters. The chemicalform assumed by the metal contaminant willinfluence its solubility, mobility, and toxicity inground-water systems. This work presents 3D reactive and non-reactive transport models of contaminants ingroundwaters with MODFLOW and MT3Dcodes. Simulations have employed literatureand field data collected in the area of the “Ni-kola Tesla B” thermo-power plant (TENT B)(Obrenovac, Serbia) in the framework of IN-TAILRISK CE project framework. The flowmodel solves the 3D partial differential flowequation by using a finite differences methodwhile the transport model was built by sol-ving the 3D Advection-Dispersion Equation.The TENT B area is located on the bank ofthe Sava river, near the Obrenovac village,about 40 km upstream from Belgrade (Ser-bia & Montenegro). This plant is producingabout 4.5x109 kg of coal-ash per year. Ash istransported to the dump after being suspen-ded in water taken from the Sava river (ap-proximate ratio 1:10). The dump of the powerplant “Nikola Tesla B” has an area of about 6km2. The primary environmental concern associa-

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SIMULAZIONE DEL TRASPORTO IN FALDA DI METALLI PESANTI ESOLFATI NELL’AREA DEL DEPOSITO DI CENERI DELLA CENTRALE

TERMO-ELETTRICA “NIKOLA TESLA B” (OBRENOVAC, SERBIA)

SIMULATION OF HEAVY METAL AND SULPHATE TRANSPORT INGROUNDWATER FROM THE FLY-ASH DEPOSIT IN THE AREA OF THE“NIKOLA TESLA B” THERMO-POWERPLANT, (OBRENOVAC, SERBIA)

Giancarlo Ciotoli1, Monica Moroni2, Zora S. Žunić3, Igor Čeliković3,Salvatore Lombardi1

1Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, P.le A.Moro 5, 00185 Roma. E-mail: [email protected] di Idraulica, Trasporti e Strade, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”,Via Eudossiana 18, 00184 Roma3VINČA Institute of Nuclear Sciences, Belgrade

ted with this disposal site is the potentialgroundwater contamination. Hydrochemicaldata of groundwater from field surveys high-lights high mineralization (i.e. 1200 mg/l) anda high content of SO4

2- (up to 450 mg/l) andCl- (up to 70 mg/l) contributing to the hypo-thesis of a potential pollution from the fly ashdeposit. In order to build the model, geological,hydrogeological and hydrochemical datafrom wells located both in the source area(fly ash deposit) and in the surrounding agri-cultural land were employed, as well as mi-neral springs located at the boundary of a flu-vial terrace about 2 km south. In particular,the transport model was implemented byusing reactive, soluble sulphates, as well asheavy metals as contaminants. The maingoals of the study were: (i) to model ground-water flow in the TENT B area; (ii) to build aconceptual model describing transport ofheavy metals within the groundwater assu-ming precipitation and adsorption reactions;(iii) to understand the impact of soluble com-pounds (sulphates) derived from fly ashes onthe quality of groundwater assuming retarda-tion due to the interaction with the soil.

IntroduzioneLa presenza di inquinanti nelle acque sotter-ranee può essere originata da sorgenti dicontaminazione regionali, come ad esempiosuoli agricoli, oppure da sorgenti locali comele discariche. All’interno degli acquiferi la mi-grazione dei contaminanti è influenzata dadiversi meccanismi di trasporto, quali l’avve-zione, la dispersione meccanica, la diffusio-ne molecolare e, nel caso di inquinanti reat-tivi, da reazioni fisico-chimiche che possonocausare variazioni tra le diverse fasi (solida eliquida) o trasformazioni chimiche da unaspecie all’altra. In particolare, la variazione diconcentrazione dei contaminanti inorganici ècausata principalmente dai meccanismi diadsorbimento, precipitazione, ossidazione eriduzione. Sulla base di questi presupposti,la simulazione del comportamento delle so-stanze contaminanti nelle acque del sotto-suolo dipende dalla corretta modellazione

degli effetti causati da ognuno di questomeccanismi. L’efficacia della modellazione ditali processi rappresenta quindi una misuradella conoscenza dell’intero sistema. La pri-ma fase del processo di modellazione ha l’o-biettivo di produrre il modello concettuale delsito di studio, mentre la fase successiva pre-vede la messa a punto del modello matema-tico che implementato in appropriati softwa-re, consente di risolvere, in tutti i punti deldominio di interesse, le equazioni che gover-nano il moto e il trasporto all’interno degli ac-quiferi.Le problematiche associate allo stoccaggiodelle ceneri di combustione ed alle sue con-seguenze sono abbastanza conosciute nellaletteratura internazionale. I depositi di cenerisono abbastanza comuni per la relativa faci-lità di smaltimento di tali materiali originatidagli impianti termoelettrici a carbone. Nelprocesso di combustione la componente or-ganica del carbone viene ossidata, mentre icomposti inorganici sopravvivono nelle cene-ri subendo l’influenza di fattori biologici, idro-logici e geochimici; inoltre, le diverse formedi associazione di tali composti governanosia il loro comportamento che il loro impattotecnologico ed ambientale. Il sito di stoccag-gio è, inoltre, soggetto agli agenti atmosferi-ci che possono causare la migrazione di ionidal suolo alle acque del sottosuolo. L’impat-to ambientale delle ceneri di combustione èprincipalmente originato dal rilascio ad operadegli agenti atmosferici e delle acque super-ficiali di microelementi (tra i quali i metalli pe-santi come Pb, Cr, Cd, Co, Cu, Zn, As, V),ma anche alcuni cationi (Ca) e anioni (SO4),e la speciazione influenza la loro solubilità,mobilità e tossicità. La presenza di inquinan-ti metallici nel suolo nelle acque del sotto-suolo costituisce un grande rischio per la sa-lute umana e per quella dei sistemi ecologicigrazie all’estrema immobilità di questi ele-menti, quale risultato di reazioni di precipita-zione e adsorbimento. I principali meccanismi che agiscono nei sitidi stoccaggio di ceneri di combustione sonoil movimento del soluto ed il suo comporta-mento chimico nelle acque del sottosuolo. Lo

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studio del trasporto nelle acque del sottosuo-lo di tali elementi e/o composti può fornire in-formazioni molto importante sia per la prote-zione degli acquiferi e sia per il risanamentodei siti di stoccaggio delle ceneri. In partico-lare, al fine di ottenere un modello attendibi-le sulla previsione del trasporto dei contami-nanti inorganici è necessario considerare ladispersione, la diffusione, la ricarica dell’ac-quifero e le reazioni chimiche, nonché il de-cadimento radioattivo.Questo lavoro presenta i risultati relativi allamodellazione del trasporto in un acquiferosuperficiale di contaminanti reattivi e nonreattivi attraverso l’utilizzo dei codici di calco-lo MODFLOW e MT3D. Le simulazioni sonostate effettuate considerando sia dati di lette-ratura che osservazioni dirette raccolte nel-l’area dove è situata la centrale termoelettri-ca “Nikola Tesla B” (TENT B) (Obrenovac,Serbia); il lavoro è stato svolto nell’ambitodel progetto CE INTAILRISK. L’area della centrale TENT B è situata sullasponda destra del fiume Sava nei pressi del-la cittadina di Obrenovac a circa 40 km daBelgrado (Serbia & Montenegro). La centra-le produce circa 4.5x109 kg di cenere all’an-no. Le ceneri sono miscelate con acqua inrapporto circa 1:10 e, attraverso una condot-ta di grande diametro, raggiungono un depo-sito a cielo aperto di circa 6 km2 situato a cir-ca 3-4 km dalla centrale.L’impatto principale sull’ambiente riguardaprincipalmente la contaminazione delle ac-que superficiali e del sottosuolo a causa delrilascio di microelementi (tra cui metalli pe-santi altamente pericolosi come Cr e Ni), maanche cationi ed anioni maggiori (Polic et al.,1998; 1999). Per quanto riguarda le associa-zioni tra elementi in traccia, Ni e Cr sono par-ticolarmente associati agli allumo-silicati ma-gnesiaci, laddove Cu, As e Pb sono legatiagli allumino-silicati sia di calcio che di ma-gnesio (Popovic et al. 1998). Gli ossidi di Fee Mn sembrano essere dominanti in presen-za di un substrato arricchito in Cr e Ni (Policet al. 1999, Popovic et al., 2000; 2001).I dati idrochimici relativi ai campioni di acquaprelevati sia dai pozzi di controllo intorno al

deposito sia da pozzi per uso agricolo indi-cano un’acqua molto mineralizzata (i.e. 1200mg/l) con un elevato contenuto in SO4

2- (finoa 450 mg/l) e Cl- (fino a 70 mg/l), tali valoricontribuiscono a confermare l’ipotesi di in-quinamento dell’acquifero superficiale daparte di acque di infiltrazione che hanno ori-gine dal deposito di smaltimento delle cene-ri. Al fine di costruire un modello preliminarecoerente, la conoscenza delle condizioni alcontorno è stata completata con la raccoltadi informazioni geologiche, idrogeologiche eidrochimiche ottenute mediante due campa-gne di ricerca condotte nel 2005 e nel 2006.In particolare, il modello di trasporto è statoimplementato considerando la presenza dicomponenti reattive e solubili come i solfati,e alcuni metalli pesanti. L’obiettivo principaleè: (i) la modellazione del flusso idrico sotter-raneo superficiale nell’area della centraleTENT B; (ii) l’elaborazione di un modelloconcettuale che descriva il trasporto in faldadi metalli pesanti assumendo reazioni di pre-cipitazione e adsorbimento; (iii) lo studio del-l’impatto di un composto solubile (solfati) de-rivato dalle ceneri di combustione sulla qua-lità delle acque assumendo un coefficiente diritardo causato dall’interazione con il suolo.

Inquadramento geologico e idrogeologi-co dell’areaLa centrale termo-elettrica “Nikola Tesla B” èstata costruita a circa 15 km dalla cittadina diObrenovac sui sedimenti quaternari argillo-so-sabbiosi del terrazzo fluviale recente delfiume Sava che ricoprono una serie sedi-mentaria costituita da argille a matrice car-bonatica e sabbie del Pliocene Inferiore(Pontiano) (Fig. 1). La serie sedimentaria èconcordante e non presenta elementi tettoni-ci riconoscibili in situ. L’unica struttura tetto-nica (con direzione E-NE) presente è stata ri-conosciuta mediante l’analisi di foto aeree eda satellite, ed è localizzata a sud della cen-trale tra i villaggi di Dren e Grabovac in cor-rispondenza della rottura di pendio originatadalla presenza di un terrazzo fluviale di ordi-ne superiore. Il profilo geologico e idrogeologico dell’area

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di Obrenovac mostra la presenza di un ac-quifero principale ghiaioso-sabbioso situatotra due formazioni impermeabili, quella su-perficiale costituita da sedimenti alluvionaliargillosi, e quella più profonda costituita damarne argillose del Miocene (Fig. 2). Le in-formazioni ottenute dallo studio della strati-grafia di alcuni pozzi (fino a circa 30 m) per-forati nell’area del villaggio di Dren (settoresud-occidentale dell’area investigata) indica-no che i sedimenti argillosi sono dominanti fi-no ad una profondità di circa 23 m, mentre aldi sotto sono presenti sedimenti sabbiosi amatrice quarzosa sede dell’acquifero super-ficiale con uno spessore che varia tra i 5-6m. La superficie piezometrica mostra una ten-denza del flusso idrico sotterraneo in direzio-ne NW verso il fiume Sava e nella piana al-luvionale, nei pressi dei villaggi di Usce, Ske-

la, Grabovac, Ratari, la falda è molto più vi-cina alla superficie (0-4 m) rispetto all’areadel terrazzo superiore (settore meridionale).La falda mostra caratteristiche di un acquife-ro confinato per la presenza di uno strato ar-gilloso superficiale di 3-4 m di spessore, chetuttavia localmente può essere assente e da-re quindi carattere di un acquifero freatico.La presenza dello strato argilloso nell’areadel terrazzo fluviale inferiore produce unoscorrimento delle acque superficiali moltocomplesso con la formazione di numerosezone con pozze di acqua stagnante. Al con-trario, nei periodi estivi, l’argilla superficialepresenta numerose fratture di disseccamen-to permettendo l’infiltrazione di una certaquantità d’acqua all’inizio del periodo più pio-voso. Nei pressi dell’alveo del fiume Sava, ilregime idrico sotterraneo è strettamente le-gato al regime del fiume stesso che causaoscillazioni del livello di falda maggiori chenel settore meridionale dell’area investigata. La composizione chimica delle acque sotter-ranee nei pressi dei villaggi di Usce, Skela,Grabovac e Ratari è tipica di acque molto mi-neralizzate (1.14 g/l) con un elevato conte-nuto in SO4

2- (fino a 450 mg/l), mentre la mi-neralizzazione delle acque sotterranee neipressi del fiume Sava scende a 0.72-0.83 g/lrendendo plausibile l’ipotesi di un apportosalino proveniente dal deposito di ceneri del-la centrale.

L’elaborazione del modello di flussoLo studio delle acque sotterranee prevede ilcontrollo dei diversi aspetti legati al flussoidrico nel sottosuolo e alla distribuzione deisoluti, tali informazioni sono necessarie siaper la buona conoscenza del sito sia per glieventuali aspetti decisionali (Fetter, 2001). Il campo di moto ed il trasporto di un inqui-nante passivo all’interno di una falda posso-no essere determinati mediante la costruzio-ne di un modello, concettuale prima e mate-matico poi, capace di schematizzare il pro-blema ai suoi soli tratti essenziali, senza perquesto perdere le caratteristiche di rappre-sentatività e verosimiglianza con la realtà. Ilmodello può essere utilizzato come comple-

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Figura 1. Schema geologico semplificato dell’area dellacentrale TENT B area. Nel settore meridionale dell’areainvestigate, lungo la scarpata del terrazzo fluviale supe-riore, tra i villaggi di Dren e Grabovac si osservano al-cune sorgenti mineralizzate alcune delle quali con risa-lita di gas. Legenda: 1. Sedimenti argilloso-siltosi delterrazzo fluviale inferiore; 2. Sedimenti sabbioso-ghiaio-si del terrazzo fluviali superiore.).

mento alle indagini di monitoraggio per la va-lutazione e la previsione del movimento del-le acque sotterranee e del trasporto di solutinegli acquiferi. Mediante l’adozione di unmodello matematico è possibile, con l’ausiliodi strumenti numerici sviluppati in appropria-ti software, risolvere, in tutti i punti del domi-nio di interesse, le equazioni che governanoil moto e il trasporto all’interno degli acquife-ri. Naturalmente le caratteristiche geologichedel sottosuolo per le quali non può esistereuna legge matematica che le rappresenti,quali ad esempio la stratigrafia, andranno ri-costruite per interpolazione in tutto il dominioa partire da sondaggi puntuali. Il processo di costruzione di un modello nu-merico prevede le seguenti fasi:1. Raccolta ed interpretazione i datiLa qualità dei risultati forniti dal modello di-pende soprattutto dalla validità del modellofisico e dalla natura dei dati di input; minoreinfluenza hanno invece il codice numerico, ladiscretizzazione e il tempo scelto per la si-mulazione. Generalmente, i dati sperimenta-li non forniscono direttamente i parametri ri-chiesti (i.e. la trasmissività o la ricarica) equeste grandezze devono essere estrapola-te a partire dai dati di ingresso.2. Comprensione del sistema naturaleIl sito analizzato deve essere correttamentecaratterizzato dal punto di vista della geolo-gia, dell’idrogeologia e delle condizioni alcontorno. Si ha la necessità di conosceresondaggi verticali che consentano la rico-struzione della stratigrafia in sezioni apparte-nenti all’area oggetto di studio. All’aumenta-re del numero di sondaggi e della profonditàdegli stessi aumenta il grado di conoscenza

della stratigrafia del sistema naturale. Di no-tevole importanza è anche l’ubicazione deisondaggi dovendo gli stessi essere rappre-sentativi dell’intera zona esaminata.3. Costruzione del modello concettualeQuesta fase consiste nel definire i confini deldominio di studio e la loro geometria, nell’in-dividuare il regime di flusso e le formazionigeologiche con le stesse caratteristiche idro-geologiche e nel rappresentare tutti gli ele-menti naturali o antropici che si comportanocome ricariche o perdite di portata nei con-fronti della falda. 4. Scelta del modello numericoI metodi numerici applicabili sono diversi; traquesti si ricordano i metodi agli elementi fini-ti, in cui il dominio viene diviso in un numerofinito di elementi di forma regolare, solita-mente rettangoli o triangoli, oppure i metodialle differenze finite, che si basano sulla so-vrapposizione di un reticolo al dominio ana-lizzato e sul considerare l’equazione da risol-vere scritta su ogni nodo del reticolo stesso.Le derivate parziali che compaiono nell’e-quazione vengono approssimate con formu-le di derivazione numerica.In ogni modello la scelta dello spazio e deltempo di discretizzazione controlla l’accura-tezza dei risultati.5. Calibrazione e validazione del modelloLa fase di calibrazione e validazione del mo-dello è necessaria per superare la mancan-za di dati, ma anche per verificare le ipotesialla base della semplificazione del sistemanaturale. Durante la calibrazione i valori si-mulati dal modello, come la superficie piezo-metrica o le concentrazioni, vengono con-frontati con valori misurati all’interno del do-

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Figura 2. Profilo geologico-idrogeologico dell’area di Obrenovac. La freccia indica la direzione del flusso idrico sot-terraneo verso il fiume Sava (Fig.1).

minio dello stesso. I parametri di ingresso delmodello sono sottoposti a variazioni fino aquando i valori simulati ed osservati coinci-dono nel rispetto di una tolleranza prestabili-ta. La variazione può avvenire sia manual-mente che automaticamente.Nella validazione si confronta generalmenteil modello con dati non utilizzati nella fase dicalibrazione. Questa procedura è adottataquando le condizioni simulate differiscono si-gnificativamente da quelle usate nella cali-brazione. Se il modello calibrato non riprodu-ce accuratamente i dati di validazione, lostesso deve essere nuovamente calibratoservendosi di entrambe le serie di dati.6. Applicazione del modelloL’applicazione del modello è la fase principa-le della modellazione di un sistema di acquesotterranee perché consiste nell’esecuzionedel modello stesso che porta al consegui-mento della soluzione cercata. La Figura 3mostra il diagramma di flusso caratteristicodella modellazione.7. Presentazione dei risultatiI risultati restituiti dai modelli numerici sononumeri, come per esempio altezze idraulichein punti discreti del dominio in un dato tem-po. Questi risultati vengono generalmenteresi più facilmente e velocemente compren-sibili anche a chi non conosce perfettamenteil software utilizzato tramite presentazionegrafica degli stessi in due o tre dimensioni.Nel caso in esame, il modello è stato costrui-to utilizzando il software MODFLOW insiemeal codice MT3D. MODFLOW risolve l’equa-zione 3D del campo di moto alle derivateparziali utilizzando il metodo delle differenzefinite:

dove:Ss: coefficiente di immagazzinamento speci-ficoh: altezza piezometricaKij: conducibilità idraulicaQ: pozzi e sorgenti esternei,j: direzioni principali 1, 2, 3

Il modello numerico implementato in VisualMODFLOW prevede: • la discretizzazione orizzontale del dominioutilizzando griglie quadrate o rettangolari; lasoluzione viene assegnata al nodo posto alcentro di ciascuna cella;• la scelta del numero di strato;• la scelta del tipo di simulazione (in regimestazionario o transitorio) e delle condizioniiniziali;• l’assegnazione dei parametri idrogeologiciper ciascuna cella: conducibilità idraulica,porosità, coefficiente di immagazzinamento;• l’assegnazione delle condizioni al contorno(i.e. altezza assegnata: h= cost; portata as-segnata: q= cost da utilizzare per i pozzi dipompaggio, ricarica, celle inattive per le qua-li si ha assenza di campo di moto; flusso va-riabile: flusso dipendente dall’altezza piezo-metrica nella cella). • la calibrazione del modello attraverso laprocedura di stima dei parametri (PEST)(Fig. 4)Il software MT3D risolve l’equazione 3D ditrasporto e dispersione:

dove:c è la concentrazione al tempo tc0 è la concentrazione al tempo 0 (concen-trazione iniziale o alla sorgente)λ è la costante di reazione che caratterizza ildecadimentoρs è la densità della matrice solidan è la porosità totaleca è la concentrazione dell’inquinante adsor-bitovi è la componente della velocità nella dire-zione iDij è la componente ij del tensore del coeffi-ciente di dispersionecin è la concentrazione del pozzo o sorgenteesternaI vari termini nell’equazione indicano:1. adsorbimento2. trasporto

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3. dispersione4. decadimento5. ricarica o estrazioniMT3D utilizza i risultati di Modflow per il cal-colo dei termini di trasporto e dispersione. Iparametri di input richiesti sono: i coefficientidi dispersione in direzione orizzontale e ver-ticale, la distribuzione iniziale della concen-trazione e le condizioni al contorno (presen-za di sorgenti a concentrazione nota o di cel-le inattive).

Il modello concettualeI risultati ottenuti dalle analisi chimiche deicampioni d’acqua e dalle misure di piezome-tria effettuate in alcuni pozzi di controllo in-torno al deposito e in altri pozzi ad uso agri-colo presenti nell’area di studio sono stati uti-lizzati per definire le condizioni iniziali delmodello. Inoltre, i parametri relativi all’adsor-bimento e allo scambio ionico per le speciechimiche considerate (metalli pesanti e ioniprincipali) sono stati derivati sia da dati di let-teratura che da informazioni specifiche in si-tu. Per poter valutare l’esistenza di un feno-meno di inquinamento originato dalla pre-senza del deposito di ceneri di combustione,il modello di trasporto è stato costruito utiliz-zando le seguenti informazioni:

• la concentrazione dei solfati disciolti neicampioni d’acqua prelevati (laddove questaè superiore al limite USEPA per le acque po-tabili pari a 250 mg/L), considerati come indi-catori sensibili di contaminazione e comecontaminanti reattivi con differenti coefficien-ti di ritardo, kd, (compreso kd=0, caratteristicodi un contaminante passivo)• la concentrazione di metalli pesanti per iquali sono stati considerate differenti coeffi-cienti di ritardo (kd) e il coefficiente di ossido-riduzione (k).Il modello concettuale dell’acquifero è statocostruito considerando un acquifero mono-strato confinato tra due formazioni argilloseche fungono da “aquiclude”. Il dominio è sta-

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Tabella 1. Parametri del modello.

Figura 3. Diagramma di flusso dell’approccio seguito per la costruzione del modello idrogeologico.

to discretizzato mediante una griglia di 100 x100 m (122 righe e 93 colonne) ed al model-lo sono state assegnate le seguenti condi-zioni al contorno: • altezza piezometrica assegnata in corri-spondenza del fiume Sava e della scarpatache separa i due terrazzi fluviali;• due zone di flusso “nullo” localizzate lungoi bordi orientale e occidentale dell’area distudio, l’acquifero non è ricaricato da un flus-

so proveniente da queste zone.La conducibilità idraulica orizzontale (Kh) èstata posta uguale a 86.4 m/d = 0.1 cm/s,mentre quella verticale (Kv) è un ordine digrandezza inferiore. La porosità efficace èdel 15%. La tabella 1 riassume i principaliparametri del modello.La maggior parte dei pozzi da cui sono statetratte le informazioni di piezometria e chimi-smo sono localizzati nell’area del deposito enei villaggi in vicinanza della centrale (Fig.5). Tutti i pozzi campionati intercettano l’ac-quifero superficiale e sono stati utilizzati percalibrare il modello idrogeologico. La figura 5mostra, inoltre, la mappa ad isolinee del li-vello piezometrico della falda superficialenell’area della centrale. Come si può notare,ed in accordo con le informazioni idrogeolo-giche di letteratura, la falda mostra un anda-mento del flusso in direzione NNW verso ilfiume Sava. Il grafico relativo alla calibrazio-ne del modello idrogeologico mostra una dis-creta corrispondenza tra le altezze idraulicheosservate e quelle calcolate dal modello(Fig. 6).

Modello di trasporto Considerando l’estensione del deposito dismaltimento delle ceneri (6 km2), l’interazio-

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Figura 4. Diagramma di flusso relative alla calibrazionedel modello.

Figura 5. Superficie piezometrica calcolata utilizzandole misure del livello di falda misurate in alcuni pozzi pre-senti nell’area di studio; le misure sono state effettuatein pozzi con simile profondità dedl foro onde evitare l’in-tercettazione di altri acquiferi.

Figure 6. Il grafico tra le altezze piezometriche osserva-te vs le altezze piezometriche calcolate mostra una dis-crete calibrazione del modello di flusso utilizzato.

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Figura 7. Simulazione del trasporto di solfati nell’acquifero superficiale considerati come contaminanti passivi Kd = 0ml/g. Mappe ad isolinee di concentrazione per simulazioni a: a) 1 anno, b) 2 anni, c) 3 anni e d) 4 anni.

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Figura 8. Simulazione del trasporto di solfati nell’acquifero superficiale considerati come contaminanti reattivi Kd1 =0.2 ml/g. Mappe ad isolinee di concentrazione per simulazioni a: a) 2 anni, b) 6 anni, c) 12 anni e d) 20 anni.

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Figura 9. Simulazione del trasporto di solfati nell’acquifero superficiale considerati come contaminanti reattivi Kd2 =1.0 ml/g. Mappe ad isolinee di concentrazione per simulazioni a: a) 2 anni, b) 6 anni, c) 12 anni e d) 20 anni.

ne con la falda può considerarsi come il mec-canismo più probabile di contaminazionedell’acquifero. La concentrazione di diversicomposti (come i solfati e i metalli pesanti)misurata nei pozzi di controllo intorno al de-posito è stata scelta come concentrazioneiniziale alla sorgente. Le acque prelevate datali pozzi sono arricchite in SO4

2− (da 300 a500 mg/L) e alcuni metalli pesanti (Cd fino a70 μg/l, Cu 60 μg/l, Cr 90 μg/l, Ni 80 μg/l eCo 50 μg/l). Per la modellazione del traspor-to dei metalli pesanti sono stati utilizzati uncoefficiente di dispersione di 3 m (Spitz andMoreno, 1996) e un coefficiente di diffusionemolecolare uguale a 0. All’area dl deposito èstata, inoltre, assegnata quale condizione alcontorno una concentrazione costante.I solfati con una concentrazione alla sorgen-te pari a 450 mg/l = 0.45 kg/m3 sono staticonsiderati come contaminanti reattivi (cioè,composti solubili con differenti coefficienti diritardo) con un coefficiente di ritardo pari aR=1+ρb / n* Kd, dove ρb è la densità, n è la

porosità e Kd il coefficiente di ripartizione.Poiché nella letteratura nazionale ed interna-zionale non sono stati trovati valori attendibi-li di Kd, la simulazione è stata condotta utiliz-zando diversi valori del Kd, 0 ml/g (contami-nante passivo), 0.2 ml/g (Kd1) e 1 ml/g (Kd2),con una densità ρb = 2000 kg/m3. Le mappe riportate nelle figure 7, 8 e 9 mo-strano i risultati della simulazione relative aisolfati considerando i tre casi corrispondentiad un contaminante passivo Kd = 0 ml/g e aun contaminante reattivo con coefficienti diritardo pari a Kd1 e Kd2; la simulazione è sta-ta condotta per tempi pari a 4 e 20 anni.Le curve di “breakthrough” calcolate utiliz-zando un pozzo di osservazione mostranocome le concentrazioni nel “plume” di inqui-nante variano lungo la direzione della piezo-metrica dall’area della sorgente come evi-denziato nelle mappe ad isolinee (Fig. 10). La simulazione del trasporto di alcuni metallipesanti è stata effettuata utilizzando diversiKd, per il Cd Kd= 0.17 ml/g, per il Cr Kd convalore molto basso e per il Cu Kd = 0, e uncoefficiente di ossido-riduzione k = 3.2 10-5

1/ora. Il cromo è stato simulato come conta-minate passivo assegnando a Kd un valoremolto basso, in questo modo è stato consi-derato lo scenario peggiore. La concentra-zione alla sorgente è stata posta pari a 0.09ppm = 0.09 mg/l. Il trasporto per il cadmio èstato simulato utilizzando un valore di con-centrazione alla sorgente pari a 0.07 ppm =0.07 mg/l, mentre per il rame un valore pari a0.06 ppm = 0.06 mg/l. Le mappe ad isolineedi concentrazione riportate nelle figure 11 e12 mostrano i risultati della simulazione.

ConclusioniL’elaborazione del modello idrogeologico edel trasporto nell’area della centrale termo-elettrica “Nikola Tesla B” è congruente con leipotesi fatte sulla base dei risultati ottenuti daun campionamento dei gas del suolo e delleacque del sottosuolo. In particolare, i risulta-ti della simulazione sono compatibili con:1. la presenza di elevate concentrazioni disolfati provenienti dalla lisciviazione delle ce-

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Figura 10. Curve di “breakthrough” relative alla simula-zione per i solfati. Le curve sono state calcolate utiliz-zando due pozzi di controllo localizzati nella mappa di fi-gura 5.

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Figura 11. Mappe di simulazione relative al trasporto del Cr considerando un Kd molto basso e un coefficiente di os-sido-riduzione, k = 3.2 10-5 1/ora. Con questi parametri è stato considerato lo scenario peggiore.

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Figura 12. Mappe di simulazione relative al trasporto del Cr considerando un Kd= 0.17 ml/g e un coefficiente di os-sido-riduzione, k = 3.2 10-5 1/ora.

neri del deposito;2. la presenza di concentrazioni significativedi alcuni metalli pesanti che si arricchiscononelle ceneri dopo il processo di combustione.L’applicazione del modello idrogeologico diflusso e di trasporto nel caso di un contami-nante reattivo ha prodotto risultati compatibi-li con una possibile origine del contaminantedal deposito di ceneri. In particolare, consi-derando il pozzo di osservazione 2 (Fig. 10b)con Kd intermedio, la simulazione del tra-sporto per i solfati per un periodo di 20 anniriproduce concentrazioni confrontabili conquelle misurate e congruenti con il periodo diattività della centrale 1987-2006 all’epocadel campionamento. Inoltre, l’applicazionedel modello e la simulazione del trasporto dimetalli pesanti associati alle ceneri di com-bustione indica una dispersione nell’acquife-ro, ma una contaminazione limitata alle zonelimitrofe il deposito.

RingraziamentiGli autori ringraziano la Sig.ra Anna Baccani(Tecnico del Laboratorio di Chimica dei Flui-di del Dipartimento di Scienze della Terradella Sapienza Università di Roma) per ilprezioso supporto e la sua esperienza sianelle indagini di campagna che per le analisidi laboratorio; ringraziamenti vanno anche airicercatori del Dipartimento di Scienze dellaTerra della Sapienza Università di Roma:Dott. Aldo Annunziatellis, Dott.ssa. MoniaColtella, Dott.ssa. Eveline Ricca e Dott.ssa.Flavia Pesciarelli per l’aiuto fornito durante leindagini di campagna in Serbia, e ai ricerca-tori del VINČA Institute of Nuclear Sciences,di Belgrado: Dott. Pedrag Ujic, Dott. Alexan-dar Demajo, per il supporto scientifico e logi-stico durante la permanenza in Serbia. Unringraziamento speciale per l’ospitalità e lagentilezza del Direttore Generale della cen-trale “Nikola TESLA B”, Dott. Zoran Stojano-vić, e dei suoi collaboratori il Dott. Pavle Pe-trović (Mech. Eng.) e la Dott.ssa MirjanaAleksic (Mech. Eng.). Un grazie speciale vaal Ministro delle Scienze e Protezione Am-bientale della Repubblica Serba, Dott. Ale-xandar Popovic, che ha sostenuto questa la-

voro. La ricerca è stata svolta nell’ambito delprogetto INTAILRISK Assessment of Envi-ronmental Risk for Use of Radioactively Con-taminated Industrial Tailings (N. FP6-509214) finanziato dalla Comunità Europea.

ReferenzeSpitz, K., Moreno, J., 1996. A practical guideto Groundwater and Solute Transport Mode-ling. John Wiley & Sons.Fetter, C.W., 2001. Applied Hydrogeology,Prenctice Hall.Igarashi, T., Mahara, Y., Shiozaki, I., 2000."Introduction of Fundamental Approach forGroundwater Modeling" 4. Geochemical Mo-deling 4. 1 Groundwater chemistry, environ-mental isotopes, and tracers. Journal ofGroundwater Hydrology, 42/3, 243-262.Polic, P.S., Grzetic, I.A., Popovic, A.R.,Djordjevic, D.S., Kisic, D.M., Zbogar, Z.M.,1998. Microelements from coal ash: exchan-geable fractions. Hem. Ind. 52, 12-18.Polic, P.S., Grzetic, I., Djordjevic, D., Popo-vic, A., Markovic, D., 1999. Association formsof heavy metals in fly ash from power plants.In: Borrell PM, Borrell P (eds) EUROTRAC-2, WIT Press, Southampton, volume 2,296–300.Popovic, A., Djordjevic, D., Grzetic, I., Polic,P., 1998. Calcium and magnesium leachingand associated microelement pollution fromcoal ash. In: Proceedings of 16th River andEstuarine Pollution, Fossil Fuel and Environ-mental Quality Conference, Derby, UnitedKingdomPopovic, A., Djordjevic, D., Polic, P., 2000.Leaching of trace and major elements in co-al ash dumps. Toxic Environ. Chem., 75,141-150.Popovic, A., Djordjevic, D., Polic, P., 2001.Trace and major element pollution origina-ting from coal ash suspension and transportprocesses. Environ. Int., 26, 251-255.

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AbstractInvestigation of the morphochemical charac-teristics of fine particulate matter involves alarge number of industrial activities wherethe production and/or the manipulation of dif-ferent, sometimes not well identified mate-rials expose workers to the risk of occupatio-nal diseases. The mode of interaction andthe degree of toxicity of the particles mostlydepend on the chemistry and the surfacereactivity which, on turn, are the result of thestructure and texture of materials.Electron microscopy techniques offer a widerange of applications to micro and nano-structural investigations of particulate matter.SEM and TEM imaging coupled with imageanalysis supply a wide range of morphologi-cal parameters on a statistical population ofparticles. SEM-EDS elemental mapping is asimple tool to distinguish chemical phaseswithin a complex matrix, whereas SEM-EDSspot microanalysis allow detailed investiga-tion of single phases at different analyticalresolution.In this paper some applications of SEM andTEM techniques to the study of a variety ofindustrial materials including welding fumes,crystalline silica dust and refractory ceramicfibers are reported and discussed.

IntroduzioneL’esigenza di prevenire i rischi per la saluteimputabili al materiale particellare prodotto in

specifici ambienti di lavoro ha motivato l’inte-resse verso studi e ricerche volti alla caratte-rizzazione chimico-fisica delle particelle e al-la valutazione degli effetti di tossicità. In ba-se agli studi degli ultimi trent’anni, le modali-tà di azione delle particelle dipenderebberodalla natura, dalla concentrazione e dalle di-mensioni delle particelle. Recenti linee di ri-cerca hanno inoltre indicato nelle proprietàmorfochimiche e strutturali la causa della va-riabilità degli effetti sanitari del particolatoprodotto in particolari cicli tecnologici (e.g.Voitkevich, 1995; Donaldson & Borm, 1998;Fubini, 1998; Ottaviani et al., 2000).Un progetto di ricerca avviato da INAILCon.T.A.R.P. Umbria in collaborazione con ilDipartimento di Scienze della Terra dell’Uni-versità di Perugia ha come obiettivo l’analisidelle caratteristiche morfochimiche e struttu-rali del particolato industriale in relazione al-le proprietà di superficie delle particelle. Letipologie di particolato oggetto dell’analisi,scelte per la loro rilevanza nel campo dell’i-giene del lavoro, sono fumi di saldatura, sili-ce libera cristallina e fibre ceramiche refrat-tarie. In questo lavoro, dopo aver esaminato leprincipali connotazioni igienistiche di ciascu-na tipologia di particelle, vengono illustratealcune applicazioni della microscopia elettro-nica a scansione e in trasmissione alla ca-ratterizzazione di diversi materiali particella-ri. I risultati vengono presentati nell’ottica di

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APPLICAZIONI DELL’INDAGINE MORFOCHIMICA IN MICROSCOPIAELETTRONICA A PROBLEMATICHE DI IGIENE INDUSTRIALE

MORPHOCHEMICAL CHARACTERIZATION OF FINE PARTICULATEMATTER USING ELECTRON MICROSCOPY TECHNIQUES:

SOME INDUSTRIAL HYGIENE APPLICATIONS

Emma Della Penda1, Beatrice Moroni2

1INAIL - Direzione Regionale Umbria - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Preven-zione, Via G. Battista Pontani 12, 06128 Perugia2Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Perugia, Piazza Università,06123 Perugia. E-mail: [email protected]

fornire un contributo integrativo alle cono-scenze ottenibili mediante le tecniche con-venzionalmente utilizzate in ambito igienisti-co e sanitario con le informazioni ricavabilidall’impiego di tecniche di microscopia elet-tronica, che per le loro caratteristiche di ele-vata risoluzione spaziale ed analitica risulta-no particolarmente indicate nello studio mor-fochimico e strutturale di micro e nanofasi.

Aspetti igienistici e sanitariFumi di saldatura (WF)Durante le attività di saldatura, le particolaricondizioni termiche prodotte in prossimitàdella sorgente ad arco provocano lo sviluppodi una quantità significativa di fumi, compostida gas e vapori sviluppati o utilizzati durantela saldatura e da particelle metalliche, unaparte delle quali può avere dimensioni tali daraggiungere le vie respiratorie del personaleaddetto. Il fenomeno della fumosità in salda-tura è stato analizzato sia sperimentalmenteche teoricamente. I parametri più studiati inquanto ritenuti fondamentali nell’influenzarelo sviluppo del fumo sono: natura e composi-zione dei gas, dinamica dell’arco e trasferi-mento metallico (e.g. Voitkevich, 1995). Inparticolare è stato rilevato come in alcuneapplicazioni della saldatura a filo continuosotto protezione di gas la formazione del par-ticolato sia legata a fenomeni di evaporazio-ne-condensazione e allo sviluppo di particel-le, alcune delle quali tendono ad agglome-rarsi formando aggregati multifase di variamorfologia (Zimmer & Biswas, 2001). Laquantità e la composizione dei fumi e delleparticelle dipendono dalla lega lavorata e dalprocesso di saldatura. La struttura delle par-ticelle risulta invece fortemente condizionatadai fenomeni di ossidazione che si possonoverificare nella zona dell'arco, quindi anchedal tipo di atmosfera in cui questo si sviluppa(Jenkins, 2003). Dal punto di vista degli ef-fetti sull'organismo, sono stati registrati siaeffetti acuti (febbre da fumi metallici, irritazio-ne delle via respiratorie, etc.), sia effetti alungo termine (bronchite cronica, cancro pol-monare, etc.; Antonini et al., 2003). Unaspetto di particolare rilevanza in ambito

igienistico è la cancerogenicità dei fumi disaldatura. L'attenzione è posta principalmen-te agli ossidi di nichel ed ai composti di cro-mo (VI). Questi composti possono esserepresenti nei fumi quando acciai inossidabilivengono saldati ad arco. A questo riguardo laIARC (International Agency of Research onCancer) classifica i fumi di saldatura comepossibili cancerogeni per l’uomo (Gruppo2B), inserendo però i composti del nichel e ilcromo (VI) nel Gruppo 1 (evidenze certe dicancerogenicità nell’uomo), il nichel metalli-co nel Gruppo 2B, il cromo metallico e i com-posti del cromo (III) nel Gruppo 3 (non clas-sificabile cancerogeno per l’uomo; IARC,1997). In base alle raccomandazione del-l’ACGIH (American Conference of Govern-mental Industrial Hygienists), è necessarioanalizzare i composti presenti nei fumi, di-versi in funzione della tecnica e del sistemadi saldatura, e verificare se sono rispettati glispecifici livelli di soglia fissati per i vari ele-menti (Threshold Limit Value – Time Wei-gheted Average; TLV-TWA; ACGIH, 2007).Oltre alla composizione e allo stato di ossi-dazione delle specie chimiche presenti, altrecaratteristiche delle particelle costituenti i fu-mi sembrerebbero giocare un ruolo impor-tante per quanto riguarda gli effetti sulla sa-lute dei lavoratori esposti. Tali caratteristiche,da rilevare soprattutto nelle particelle ultrafi-ni, sono il numero, la morfologia, l’area su-perficiale e la reattività.

Silice libera cristallina (SLC)La silice libera cristallina (SLC), termine pro-prio dell’igiene del lavoro riferito alle fasi cri-stalline del biossido di silicio non combinatocon altri elementi, è un composto estrema-mente diffuso in natura e presente in moltis-sime attività lavorative, in particolare nell’edi-lizia, nell’industria estrattiva, nell’industria si-derurgica, nella manifattura dei prodotti cera-mici. Gli effetti dell’esposizione lavorativa aSLC per via inalatoria sono provati da tempo,la silicosi polmonare è infatti una delle piùnote malattie professionali. In base alle at-tuali conoscenze i rischi per la salute posso-no essere ricondotti anche ad altre due tipo-

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logie di malattie: il cancro polmonare e lemalattie autoimmuni (Finkelstein, 2000; Parket al., 1999). La SLC, nella forma di quarzo ecristobalite, è stata classificata dalla IARCnel Gruppo 1 (cancerogeno per l’uomo;IARC, 1997). L’ACGIH raccomanda, per lafrazione respirabile delle polveri di SLC, unvalore limite di soglia, come TLV-TWA, paria 0,025 mg/m3 (ACGIH, 2007).Il potenziale di tossicità della SLC è influen-zato dalla concentrazione e dalle dimensionidelle particelle aerodisperse, la combinazio-ne statistica di questi due fattori condizionainfatti la possibilità delle particelle di raggiun-gere gli alveoli polmonari. Nell’ultimo decen-nio, grazie alle evidenze epidemiologiche eai risultati di studi sperimentali (Fubini et al.,2004), si sta facendo strada l’ipotesi che al-tre caratteristiche possano influenzare la pa-togenicità delle particelle di SLC poiché èstato osservato che la correlazione tra espo-sizione a particelle di silice e cancro polmo-nare non è così netta e non risultano chiarineanche i meccanismi di azione per quantoriguarda la silicosi. Non a caso in numerosistudi si parla di variabilità del rischio da silice(Donaldson & Borm, 1998; Fubini, 1998), ri-conducendone la causa alle proprietà chimi-co-fisiche di superficie delle polveri a lorovolta condizionate dai trattamenti (termici,meccanici, in presenza/assenza di umidità) acui viene sottoposto il materiale sorgente nelcorso dei processi produttivi.

Fibre ceramiche refrattarie (FCR)In base alla classificazione proposta dallaWHO (World Health Organization, 1988), lefibre ceramiche refrattarie sono una tipologiadi fibre artificiali vetrose (MMVF, Man MadeVitreous Fibers), materiali inorganici fibrosicon struttura molecolare amorfa che si diffe-renziano in base alla composizione, al meto-do di produzione e al diametro delle fibre.Nell’ambito delle MMVF le FCR sono larga-mente utilizzate nel campo dell’isolamentotermo-acustico, come materiali di rinforzo neiprodotti plastici e nell’industria tessile, e perla coibentazione degli impianti nei compartiin cui si svolgono cicli produttivi “a caldo”.

Specialmente in questi comparti, sono stateconsiderate come una valida alternativa al-l’amianto grazie alle loro proprietà di resi-stenza termica e di resistenza chimica, e perla minore tossicità a carico della salute.Nel corso di studi sperimentali in vivo è sta-ta, tuttavia, riscontrata l’insorgenza di effettineoplastici a livello polmonare su animali dalaboratorio sottoposti ad inalazione forzata difibre artificiali. La pericolosità delle FCR siesplica particolarmente per via inalatoria edè correlata alle caratteristiche dimensionali ealla composizione chimica delle fibre. Laconformazione dimensionale discrimina lafrazione respirabile delle fibre e condizionala durata della loro permanenza nei polmoni,mentre la composizione chimica influenza labiopersistenza delle fibre nei liquidi biologici(NIOSH, 2006). Un ulteriore interessanteaspetto dal punto di vista igienistico riguar-dante in particolare le FCR è rappresentatodai possibili processi di devetrificazione a ca-rico di questi materiali durante l’esercizio atemperature generalmente superiori ai 1000-1200 °C. Tali processi possono portare allaformazione, tra gli altri, di cristobalite (SiO2)un minerale di cui, come si è detto, è notol’effetto cancerogeno. I meccanismi di cristal-lizzazione risultano condizionati dalla tempe-ratura, dal periodo di esercizio e dalla com-posizione chimica della miscela (Khoramy etal., 1987; Dyason et al., 1997). La IARC haclassificato le FCR nel Gruppo 2B (possibilecancerogeno per l’uomo), mentre per tutte lealtre tipologie di MMVF ha espresso un giu-dizio più rassicurante (Gruppo 3 - non classi-ficabile cancerogeno per l’uomo; IARC,2002). Con la Direttiva della CommissioneEuropea 97/69/CE del 5 dicembre 1997, leMMVF sono state inserite fra le sostanze pe-ricolose sottoposte ad obbligo di etichettatu-ra e classificate in base alla composizionechimica ed alle caratteristiche dimensionalidelle fibre. In Italia, il D.M. del 01/09/1998 harecepito tale direttiva e con circolare n. 4 del15/03/2000 il Ministero della Sanità ha sanci-to che il valore limite di esposizione occupa-zionale alle fibre aerodisperse (intesi comeTLV-TWA), è pari 0.2 fibre/cm3 per le FCR.

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Materiali e metodiCampionamentoIl campionamento ha riguardato, tra gli altri,polveri aerodisperse provenienti da distintiambienti di lavoro nell’ambito dei diversi set-tori produttivi. Per la silice libera cristallina èstato adottato un sistema di campionamentomediante pompe aspiranti e cicloni preselet-tori che, in accordo con i criteri dettati dallanormativa (Norma UNI 481, 1994; DecretoL.vo 25/2002), consentisse di prelevare lafrazione granulometrica delle polveri aerodi-sperse con un taglio aerodinamico medianodi 4 μm (cosiddetta frazione respirabile). Peri fumi di saldatura sono state utilizzate pom-pe aspiranti e campionatori a faccia apertacon modalità operative conformi ai requisitidella normativa tecnica (Metodo UNI 9751,1991). In entrambi i casi la raccolta di parti-colato è stata effettuata utilizzando filtri in po-licarbonato. ll campionamento delle fibre ae-rodisperse è stato condotto con le modalità ei parametri fissati dal Decreto L.vo 277/91 edal D.M. 6/9/1994, che prevedono l’impiegodi pompe aspiranti, di campionatori a facciaaperta e di filtri in esteri di cellulosa.I campioni di fumi provengono da attività disaldatura ad arco elettrico del tipo TIG(Tungsten Inert Gas) e MIG (Metal -arc InertGas), riguardanti manufatti costituiti da ac-ciaio inox e acciaio al carbonio con tenori dicromo e nichel pari rispettivamente al 18% eal 9% in peso, e manufatti in lega specialecon tenori di cromo e nichel pari al 20% e al50% in peso.I campioni contenenti SLC esaminati in que-sto lavoro provengono da diverse aree ope-rative nell’ambito di opifici dediti alla produ-zione di laterizi. Nel corso del ciclo produtti-vo, documentato dai campioni di materialeaerodisperso, i laterizi vengono prodotti apartire da argille contenenti, per natura o ag-giunta, sabbia quarzifera, carbonato di cal-cio, ossido di ferro, etc. La specifica tecnolo-gia richiede impasti argillosi contenenti quar-zo nel tenore minimo del 15–20 % in peso. I campioni di FCR provengono dal compar-to siderurgico dove il materiale si trova im-piegato presso le aree di fusione e di tratta-

mento termico dell’acciaio. I prelievi hannoriguardato sia le polveri aerodisperse chemateriale massivo usurato proveniente dallosmantellamento dei rivestimenti coibentantidei coperchi di siviera.

Metodologie analitichePer l’osservazione al SEM dei campioni dipolvere aerodispersa un frammento del filtrodi campionamento è stato montato sull’appo-sito supporto in alluminio senza subire alcuntrattamento preliminare. Per l’osservazioneal TEM le particelle sono state estratte dal fil-tro di campionamento mediante bagno inetanolo con aggiunta, nel caso dei fumi, diuna opportuna quantità di acido laurico qua-le mezzo disperdente (Jenkins, 2003), e suc-cessivamente depositate su apposita grigliain rame da TEM. Le osservazioni e le analisi in microscopiaelettronica sono state eseguite presso ilCentro Universitario di Microscopia Elettroni-ca di Perugia utilizzando un microscopioelettronico a scansione (SEM) Philips XL30(Philips Electron Optics) in linea con sistemaEDAX DX-4I di microanalisi e software di ac-quisizione ed elaborazione dati GENESIS(EDAX), e un microscopio elettronico in tra-smissione (TEM) Philips Mod. 208. Il proce-dimento di lavoro è stato articolato in due fa-si distinte, la prima di osservazione e raccol-ta delle immagini al SEM e al TEM, la se-conda di microanalisi e di mappatura dellacomposizione delle singole particelle alSEM. I parametri operativi adottati sono statidiversi nei due casi (tensione di accelerazio-ne di 15 kV e di 20 kV; spot size di 4 e di 5).I tempi di conteggio per ogni punto analisivariano da 20 a 40 secondi in funzione delledimensioni dei granuli da analizzare. In en-trambi i casi la distanza di lavoro è stata fis-sata a 10 mm.Le immagini raccolte (ingrandimento 5000x,risoluzione 4096x3200 pixel) sono state sot-toposte ad un procedimento standardizzatodi elaborazione mediante operazioni di fil-traggio per migliorare la qualità dell’immagi-ne (contrast enhancement, remove noise),seguito dall’applicazione di algoritmi puntua-

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li di soglia (threshold) per ottenere la binariz-zazione dell’immagine. Tale fase preliminaredi elaborazione è stata eseguita mediante ilprogramma Corel Photo-Paint 11. Le imma-gini binarie così ottenute sono state analiz-zate mediante il programma di analisi di im-magine Image Tool 3.0 (http://ddsdx.uthscsa.edu/dig/itdesc.html) ottenendo una serie diparametri morfometrici degli oggetti (Fig. 1).Al termine di questo procedimento tutte leparticelle identificate in una immagine risulta-no caratterizzate mediante un corredo di da-ti quantitativi che le descrive dal punto di vi-sta sia morfologico che morfometrico. Laprecisione analitica del metodo è intorno al5%. I dati morfometrici ricavati dall’analisi diimmagine possono essere elaborati median-te metodi statistici di analisi multivariata[SIMCA; Bisani et al., 1982a, b] per l’indivi-duazione di cluster morfologici e/o di correla-zioni tra variabili. Le mappe di distribuzionedegli elementi possono essere trattate conuna procedura di analisi statistica disponibilenel software GENESIS di elaborazione deglispettri EDS per la ricerca automatica e la sti-ma quantitativa dell’abbondanza delle variefasi nel campo visivo esaminato.

Applicazioni alle problematiche di igieneindustrialeFumi di saldatura (WF)Le immagini raccolte al SEM e al TEM (Fig.2) evidenziano particelle di dimensioni estre-

mamente variabili frequentemente costituiteda un guscio esterno e da un cuore metalli-co interno. La superficie è liscia ma, nelleparticelle più grossolane, può divenire irre-golare fino a risultare suddivisa in zolle. Ledimensioni delle particelle, quali individuatedal compendio delle due tecniche microsco-piche, si collocano in due classi ben distintecon massimi di frequenza per diametri infe-riori al μm e al decimo di μm (Fig. 2). In let-teratura queste due classi vengono tradizio-nalmente attribuite, rispettivamente, a regimidi accumulazione e di nucleazione di parti-celle, e pertanto interpretate quali indicatoridella composizione dei vapori di saldatura adifferenza delle particelle grossolane che,invece, riflettono più direttamente la compo-sizione dell’elettrodo di fusione (Jenkins,2003). Per questa ragione, e in considera-zione della sostanziale omogeneità delle le-ghe lavorate, non sono state riscontrate rela-zioni significative tra dimensioni e composi-zione delle particelle nel range di dimensioniinvestigato al SEM-EDS, vale a dire che leparticelle hanno composioni analoghe indi-pendentemente dalle dimensioni. Ciò che siosserva è, in ogni caso, una correlazione ne-gativa Fe-Mn e, a parte qualche eccezione,una analoga correlazione positiva del Fe conil Cr e il Ni. Allo scopo di ricavare informazioni sulla na-tura chimico-mineralogica delle particelle idati composizionali in ossidi ricavati all’anali-

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Figura 1. Schema della procedura analitica adottata. I parametri morfometrici di interesse sono i seguenti: area (A);perimetro (P); lunghezza degli assi (L, l); elongazione (L/l); arrotondamento (4π/P); diametro di Feret ((4A/π)1/2);compattezza ((4πA/L)1/2); fattore di forma (P2/4πA).

si SEM-EDS sono stati sottoposti ad un pro-cedimento di ricalcolo su base stechiometri-ca per ricavare la formula dei minerali corri-spondenti. Nel procedimento di ricalcolo si èassunto che le particelle avessero la struttu-ra e la composizione degli spinelli, ossidi ca-ratterizzati dalla formula A2BO4, dove A è unelemento bivalente in coordinazione tetrae-drica e B un elemento trivalente in coordina-zione ottaedrica (spinello normale), oppuredalla formula AB2O4 dove A e B presentanovalenza invertita (spinello inverso). I risultatidel procedimento di ricalcolo, confermati daopportuna indagine diffrattometrica, hannoevidenziato una buona correlazione del datocon la formula ad indicare la corretta attribu-zione a spinelli. Dal punto di vista della com-posizione è stata evidenziata la presenzaprevalente di fasi appartenenti alle serie disoluzione solida magnetite-cromite e magne-tite-jacobsite.

Silice libera cristallina (SLC)Il procedimento di separazione adottato haportato all’identificazione di una certa quanti-tà di granuli silicei all’interno della matrice ar-gillosa dei campioni massivi. Tali granuli mo-strano dimensioni comprese tra 10 e 100 μme morfologie da regolari ad estremamente ir-regolari e convolute. Per l’esame delle polveri aerodisperse su fil-tro provenienti da diverse postazioni di lavo-

ro (caricamento, prelavorazione, mattonie-ra), scelte tra le più polverose nell’ambito diun ciclo produttivo, decisivo si è rivelato ilcontributo della mappatura elementare. Inpratica, utilizzando un procedimento sottrat-tivo di elaborazione degli spettri è stato pos-sibile individuare, tra tutti i granuli presenti,quelli di silice.I dati preliminari ottenuti evidenziano unasensibile modificazione dei parametri morfo-logici caratterizzanti i granuli di silice pas-sando dalle operazioni di estrazione a quelledi prelavorazione e formatura. In particolareè stata riscontrata una sostanziale diminu-zione delle dimensioni dei granuli, efficace-mente rappresentata dal diametro di Feret,contestualmente ad una sensibile diminuzio-ne del fattore di forma (Fig. 3). Ciò significache il processo di lavorazione riduce sensi-bilmente le dimensioni dei granuli di siliceportandole da valori di qualche decina di μma valori di 0.5-2 μm riducendo nel contempoil grado di complessità e di asimmetria deigranuli stessi.

Fibre ceramiche refrattarie (FCR)Le indagini preliminari al SEM hanno eviden-ziato la presenza di due diversi raggruppa-menti di fibre (Fig. 4). Il primo è caratterizza-to da una lunghezza delle fibre inferiore a 50μm, da un rapporto di elongazione compreso

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Figura 2. Curva della distribuzione delle dimensioni del-le particelle in un campione di fumi di saldatura e relati-ve immagini al SEM (a) e al TEM (b).

Figura 3. Grafico diametro di Feret – fattore di forma.Viene illustrata la sensibile modificazione dei parametrimorfologici caratterizzanti i granuli di silice nella polvereaerodispersa passando dalle operazioni di estrazione(a) a quelle di prelavorazione e formatura (b).

tra 10 e 30 e da un rapporto FeO/SiO2 com-preso tra 0.05 e 0.6. Il secondo è invece ca-ratterizzato da una lunghezza delle fibrecompresa tra 25 e 120 μm, da un rapporto dielongazione compreso tra 25 e 65 e da unrapporto FeO/SiO2 minore di 0.3. In tutti i ca-si i dati morfologici denotano il carattere diinalabilità delle fibre. Nel materiale usurato lasuperficie delle fibre è spesso interessatadalla presenza di neoformazioni crostose dicomposizione diversa rispetto alla porzionesottostante delle fibre (Fig. 5).

ConclusioniIl quadro delle informazioni fin qui raccoltenei diversi settori di indagine apre la strada aulteriori, necessari approfondimenti che ri-chiederanno, ancora una volta, il contributodecisivo delle tecniche di microscopia elet-tronica. L’obiettivo è da un lato quello di rac-cogliere una maggiore quantità di dati morfo-strutturali sulle polveri aerodisperse median-te mappatura/analisi chimica elementare emorfometria al SEM, dall’altro quello di ap-profondire lo studio strutturale al TEM.Le potenzialità delle metodologie da TEM incampo mineralogico sono state ampiamentedimostrate in letteratura (Buseck, 1992). Inparticolare, operando in diffrazione elettroni-ca (elastic scattering) è possibile ottenere in-formazioni sia in merito ai parametri reticola-ri dei granuli a diversa scala di indagine pas-sando dalla modalità SAED (selected areaelectron diffraction) alla modalità CBED(convergent beam electron diffraction), chein merito alle difettive reticolari e ad eventua-li discontinuità presenti nel campione (moda-lità operative in contrasto di ampiezza e incontrasto di fase); sfruttando il segnale risul-tante dall’interazione con il campione (inela-stic scattering) è inoltre possibile eseguireanalisi chimiche ad alta risoluzione di ridot-tissimi volumi di materiale (TEM-EDS) ed,eventualmente, ricavare informazioni sullostato di ossidazione e sulla coordinazione di

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Figura 4. Raggruppamenti morfochimici (a, b) delle fibre nell’ambito dei campioni di FCR esaminati.

Figura 5. Neoformazioni crostose stratificate al di sopradi una fibra e relativa composizione chimica.

ciascun elemento. Nel caso della silice, un ulteriore obiettivo èquello di approfondire l’esame del materialemassivo mediante catodoluminescenza damicroscopia elettronica a scansione. Osser-vazioni preliminari in microscopia ottica sullesabbie silicee utilizzate in fonderia nella fasedi formatura hanno infatti evidenziato la pre-senza di particelle di quarzo caratterizzateda diversi segnali di catodoluminescenza e,come tali, riferibili a diversi ambienti geologi-ci (Götze et al., 2001). Poiché la storia geo-logica delle particelle può riflettersi nelle ca-ratteristiche strutturali delle particelle stesseinducendo difettive e dislocazioni evidenzia-te nel quarzo proprio dal segnale di catodo-luminescenza, l’idea è quella di esaminare icampioni di quarzo utilizzando un SEM dota-to di strumentazione di raccolta e di analisidegli spettri di catodoluminescenza. Ciò alloscopo di corredare le informazioni morfologi-che in alta risoluzione con quelle morfochi-miche e strutturali ottenibili con l’indagine incatodoluminescenza.Tutte queste informazioni potranno integrarsicon quelle di natura più squisitamente chimi-ca che, riferite al campione in massa, sonogià disponibili per alcuni materiali (e.g. Otta-viani et al., 2000; Fubini et al., 2004). In ognicaso appare chiaro come lo sviluppo di tec-niche analitiche, come quelle da microscopiaelettronica, capaci di fornire informazioni diestremo dettaglio sulla struttura e l’intornochimico delle particelle comporti l’esigenzacrescente di una applicazione sempre piùestesa (e magari standardizzata) allo studiodelle problematiche di igiene industriale.

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AbstractEpidemiological data on the occurrence ofurolithiasis appears to be gradually increa-sing but it remains poorly defined. There areno population based data on the incidence orprevalence of kidney stones in Italy and inparticular in Basilicata (southern Italy). Themain purpose of our study is to acquire use-ful information on urolithiasis in Basilicataand to examine regional variation in the inci-dence rate of kidney stones and to determi-ne epidemiological and environmental riskfactors for stone formation. Study has beencarried out in collaboration with doctors ofNephrology Department of “San Carlo” Po-tenza (Italy) Hospital, for multidisciplinarycharacter of the research. The epidemiologi-cal analysis was based on data from regionalinstitution of the Basilicata resident popula-tion that was hospitalized for urolithiasis inregional and external hospital structures. Ad-ditional data have been obtained from inter-views of patients. Questionnaires includepersonal details and socio-economic data,medical history data, and eating habits.Dietary habits, life-style, climate and socio-economic status, and also water chemistry,soil geochemistry and mineralogy, are pecu-liar epidemiological characteristics of renalstone formers, and represent critical factorsto explain the geographic distribution of uro-lithiasis. An high prevalence of the diseaseplus than 12 of 1,000 inhabitants has beenobserved in some regional area; most pa-

tients are men and the peak age for the de-velopment of stones is between 40 and 60years. The prevalence rate is significantlygreater in the northern Apennine Basilicatazone and tend to decrease in the southernBasilicata Bradanic Foredeep. A number ofenvironmental factors are under discussionas possible implicated in the aetiology of uro-lithiasis. On the basis of our own results, riskpatterns for kidney stones in Basilicata werestrongly associated (as statistical analysisshow) with: low temperature, high altitude re-lated to a diet high in protein and water hard-ness consuming. In view of the correlationbetween composition of patients stones andenvironmental factors, careful morphologicand constitutional analysis of stone shouldnot be neglected.

IntroduzioneLa calcolosi urinaria è una delle malattie piùdiffuse nei paesi occidentali ben sviluppati.La sua grande diffusione non coincide peròcon una completa comprensione dei proces-si di formazione dei calcoli. Questo proces-so, noto come biomineralizzazione, vienecontrollato non solo dalle condizioni micro-ambientali del sito di mineralizzazione inter-no all’organismo, ma anche da tutta una se-rie di fattori geo-ambientali esterni (Daudonet al., 2004; Hesse et al., 2003; Ramello etal., 2000; Serio et al., 1999), alcuni dei qualisono riconosciuti da diversi autori (familiari-tà, genere, età, peso corporeo, alimentazio-

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STUDIO EPIDEMIOLOGICO SULLA CALCOLOSI IN BASILICATA (ITALIA):INFLUENZA DEI FATTORI AMBIENTALI

BASILICATA (ITALY) EPIDEMIOLOGICAL UROLITHIASIS PROJECT:CORRELATION TO ENVIRONMENTAL RISKS FACTORS

Maria Luigia Giannossi1, Giovanni Mongelli2,Vito Summa1, Fabio Tateo3

1Istituto di Metodologie per l’Analisi Ambientale, CNR, 85050 Tito Scalo, Potenza. E-mail:[email protected] di Scienze Geologiche, Università della Basilicata, 85100 Potenza3Istituto di Geoscienze e Georisorse, CNR, c/o Dipartimento di Geoscienze, Università degliStudi di Padova, Via Giotto 1, 35137 Padova

ne ricca in proteine animali, quantità di Canell'acqua, quantità di liquidi assunti). Lo stu-dio di questi molteplici fattori di rischio risultaessere un bisogno irrinunciabile che prevedeuna ricerca multidisciplinare che comprendesettori quali la medicina, la biologia, la geo-logia, la fisica e la chimica. Il presente studio, intende colmare le caren-ze attualmente esistenti in merito alla in-fluenza che i fattori ambientali presenti in Ba-silicata, hanno sulla distribuzione geograficadella prevalenza di calcolosi urinaria (in se-guito indicata semplicemente come calcolo-si).

I calcoli urinari ed i fattori di rischio asso-ciatiI calcoli sono rappresentati prevalentementeda cristalli poligenici che si aggregano a for-mare depositi in varie parti del corpo umano.I componenti più frequenti dei calcoli sonocristalli di ossalato di calcio (70-80%). La piùusuale è la forma bi-idrata, la weddellite. Laforma mono-idrata, invece, è la whewellite. Iltipico componente di calcoli dovuti ad infe-zioni urinarie, è la struvite (10-15%), un fo-sfato di ammonio e magnesio esaidrato. Altricomponenti come acido urico, urato di am-monio e cistina hanno una frequenza piùbassa (<15%). In generale, comunque, lamaggioranza dei calcoli è costituita da duecomponenti, sono ristretti a pochi casi quellipuri (Ramello et al., 2000). Il maggior gradodi benessere ha cambiato la tipologia fisico-chimica dei calcoli (Ramello et al., 2000).Mentre un tempo i più frequenti erano quellilegati alle infezioni urinarie (struvite), con ilmiglioramento delle condizioni socio-econo-miche è aumentata la prevalenza di quellicomposti da ossalato di calcio; tutto questosuggerisce che si siano modificati i fattoripredisponenti o scatenanti che ne stanno al-la base.Qualunque ne sia la natura, il meccanismo fi-nale della formazione del calcolo è caratte-rizzato dalla sovrassaturazione urinaria per ilsoluto (cioè il costituente urinario disciolto);in pratica il soluto è diluito nelle urine e incondizioni normali non forma calcoli, aiutato

anche dalla presenza di sostanze "inibenti lacristallizzazione". Risulta invece molto comu-ne nelle persone sane, la formazione di pic-coli cristalli isolati che vengono espulsi con leurine. Quando il soluto aumenta oltre unacerta concentrazione (dipendente dall'am-biente chimico e dal tipo di soluto), questitende ad aggregarsi spontaneamente e for-mare calcoli (Elliot, 2002; Kavanagh, 1992).Il processo di biomineralizzazione dei calcolinel corpo umano è complicato dalla coesi-stenza di molti fattori determinanti e/o in-fluenzanti la malattia. La letteratura scientifi-ca ne ha analizzato molti fornendo importan-ti indicazioni sui più diffusi.È’ ben noto che la frequenza della calcolosi,oltre a variare sensibilmente a seconda dellanazione, si presenta in maniera difforme nel-l’ambito dei distretti regionali al variare dellecondizioni ambientali e per il modificarsi del-le condizioni di familiarità, dell’alimentazionee così via. Tutto ciò da un lato porta a diffi-coltà negli interventi di prevenzione, dall’altrorende necessario calare nel contesto locale-regionale le ricerca epidemiologiche e la va-lutazione dei vari fattori di rischio, sia quelliriconosciuti a livello globale, che altri, tipici oaddirittura unici, della zona considerata. Lamalattia è più diffusa tra gli uomini che tra ledonne (Robertson et al., 1983; Serio et al.,1999) ed entro una fascia di età compresatra i 30 ed i 60 anni (Johnson et al., 1979).L’ereditarietà della patologia è anche uno de-gli importanti fattori di predisposizione gene-tica alla calcolosi (Curhan et al., 1997a; Was-serstein et al., 1987). Tutti i fattori citati sono definiti fattori di ri-schio demografico e rappresentano solo unodei gruppi di determinanti la calcolosi. Neltempo hanno assunto una grande importan-za i fattori definiti ambientali e comportamen-tali (Schwille et al., 1992).La prevalenza di calcolosi urinaria mostraconsiderevoli differenze in relazione alla po-sizione geografica (Hesse et al., 2003; Ko-matina, 2004). Da dati del 1993-1994, in Ita-lia risulta un tasso di prevalenza più elevatonel meridione e nelle isole, nella media per laparte centrale e valori molto più bassi per il

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settentrione (circa la metà del tasso corri-spondente al meridione) (Serio et al., 1999).Una più alta temperatura media registratanelle regioni meridionali porta ad una sensi-bile diminuzione del volume delle urine. Inpiù una maggiore esposizione ai raggi solariporta ad una maggiore produzione di vitami-na D con il risultato di avere un incrementodell’assorbimento di calcio nel tratto ga-strointestinale ed un aumento nelle urine(Curhan et al., 1994; Parry et al., 1975). Tra i fattori di rischio comportamentali rien-trano le abitudine alimentari (Goldfarb et al.,2005). Il ruolo del calcio nella formazione deicalcoli è stato da sempre oggetto di numero-si studi e ricerche. In passato era particolar-mente diffusa la convinzione che una dietapriva o estremamente povera di latte e deri-vati fosse una valida arma nei confronti dellerecidive (Bellizzi et al., 1999); oggi si è giun-ti alla conclusione che una dieta ricca di cal-cio non solo non predispone alla calcolosidelle vie urinarie ma la previene riducendol'assorbimento di ossalato di calcio (Curhanet al., 1993, 1997a). Un eccesso di ossalato si è invece dimostra-to particolarmente dannoso in quanto fattorepredisponente alla formazione di calcoli(specie se accompagnato ad un ridotto con-sumo di liquidi). L'ossalato è ubiquitario, maalcuni alimenti ne sono particolarmente ric-chi: cioccolata, nocciole, bevande gassate,piselli, asparagi, spinaci etc. (Brinkley et al.,1990). Gli ossalati sono acidi grassi che si le-gano ai sali minerali, soprattutto al calcio, im-pedendone l'assorbimento e formando com-posti insolubili (gli ossalati di calcio, appunto)che tendono ad accumularsi (Borsatti, 1991;Curhan et al., 1993).Tutta la letteratura scientifica è concorde nelritenere che è importante valutare la quantitàdi acqua, e più in generale di liquidi, assunticon la dieta. Oltre che la quantità complessi-va di liquidi è importante scegliere la qualitàgiusta. Per ciò che concerne la tipologia diacqua, nonostante alcuni studi recenti abbia-no dimostrato che anche le acque mineraliricche di calcio possono costituire un fattoreprotettivo (Ackermann et al., 1988; Rodgers,

1997), in presenza di calcolosi si consiglial'utilizzo di acque minimamente mineralizza-te che, in quanto povere di sali minerali, fa-voriscono la diuresi e facilitano l'espulsionedi piccoli calcoli renali (Curhan et al., 1993,1997a, 1997b). Il dibattito è ancora aperto(Strauss et al., 1982; Borghi et al., 1996;Candarella et al., 1998; Shuster et al., 1985)e richiede ulteriori investimenti di risorse siaumane che economiche. Non bisogna tra-scurare che alcuni degli elementi chimici in-fluenzanti la calcolosi, derivano dall’ambien-te (suoli, rocce ed acque) e possono essereingeriti attraverso la catena alimentare (Feli-ci, 2005). Quella che viene definita anomaliageochimica può essere pertanto considerataanche un rischio o un vantaggio per lo svi-luppo di calcoli.

La raccolta e l’elaborazione dei datiL’epidemiologia ha un ruolo importante nel ri-conoscimento dei danni per la salute deri-vanti da esposizioni ambientali, nella valuta-zione del loro impatto sanitario, e nella verifi-ca della efficacia dei programmi di bonificaambientale. In Italia vi è una lunga tradizione di studi e ri-cerche nel campo della epidemiologia am-bientale su temi diversi, ma purtroppo nelcampo della calcolosi esistono solo pochi se-lezionati lavori (Baggio, 1999; Bellizzi et al.,1999; Borghi et al., 2006; Ramello et al.,2000; Serio et al., 1999).Il primo passo nello studio della patologiadella calcolosi è quello di avviare uno studioepidemiologico di tipo descrittivo. Questo ti-po di studi utilizza prevalentemente dati già adisposizione che provengono da archivi,banche dati regionali e/o ospedaliere. Per questo studio è stato definito come “ca-so” un soggetto residente in qualsiasi comu-ne della Basilicata, di qualsiasi genere edetà, che nel periodo di osservazione presta-bilito (2003-2005) è stato ricoverato pressouna qualsiasi struttura ospedaliera nazionaleper le diagnosi “Calcolosi urinaria con com-plicazioni e/o litotrissia mediante ultrasuoni”e “Calcolosi urinaria senza complicazioni”.La popolazione di controllo è stata indicata

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come la restante popolazione residente inBasilicata non affetta da questa patologia. Per ogni persona ricoverata è stato possibilereperire dalle banche dati regionale ed ospe-daliere: il genere, l’età ed il comune di resi-denza. Per integrare questi dati, sono staticreati dei questionari informativi che sonostati distribuiti ai pazienti. Il questionariocomprende una serie di domande riguardan-ti i dati personali (età, stato civile, indirizzocompleto e livello scolastico), socio-econo-mici (tipo di lavoro, attività sportiva), la storiamedica (peso, altezza, anamnesi personalee familiare ed informazioni sulle abitudini ali-mentari (cibo e bevande consumate). I dati provenienti dalle banche dati regionalied ospedaliere, sono stati sottoposti ad unaprima elaborazione per separare i casi di cal-colosi per anno e per comune. Per ogni co-mune, i casi sono stati stratificati per generee per età al fine di creare delle tabelle in cuii dati fossero facilmente accessibili per leelaborazioni successive.Uno degli scopi di uno studio epidemiologi-co, è quello di stabilire l'esistenza di un'asso-ciazione statistica tra un presunto determi-nante (o un'esposizione ad un certo fattore)ed una malattia. L'accertamento dell'asso-ciazione è, però, soltanto il primo passo, cherichiede poi l'interpretazione del significatodell'associazione. L’iter da seguire per la sti-ma di una associazione tra determinate emalattia prevede la compilazione di tabelle didati e l’esecuzione di una serie di calcoli. Le misure che si ottengono hanno lo scopodi illustrare la frequenza della malattia in unadata area geografica e di determinarne leeventuali associazioni con fattori di rischio. Ilparametro statistico di valutazione di una as-sociazione è l’”Odds ratio” (termine che nonha un corrispondente in italiano; può esserereso con "probabilità a favore"). L'Odds, inpratica, corrisponde al rapporto fra il numerodi volte in cui l'evento si verifica (o si è verifi-cato) ed il numero di volte in cui l'evento nonsi verifica (o non si è verificato). Nel nostrocaso l’evento corrisponde al verificarsi di uncaso in presenza di un determinato fattore dirischio.

L’Odds ratio può assumere valori teoricicompresi fra 0 e +infinito. È intuitivo che unvalore =1 indica assenza di associazione tramalattia ed esposizione.Un valore <1 indica una associazione nega-tiva (cioè il fattore può proteggere dalla ma-lattia) mentre un rapporto >1 indica l'esisten-za di una associazione positiva (il fattore puòcausare la malattia). A monte del calcolo del-l’Odds ratio, viene valutata la significativitàstatistica dei dati che si utilizzano, attraversol’applicazione di opportuni test statistici (es.test del “chi quadro”).

La prevalenza di calcolosi in BasilicataL’incidenza della calcolosi in Basilicata è sta-ta ricostruita retrospetticamente utilizzando idati regionali di ricoveri per calcolosi. Il nu-mero di calcolotici in Basilicata, diminuiscedal 2003 al 2005. Il numero dei malati di ge-nere maschile è sempre maggiore di quellodelle femmine. I casi di calcolosi del periodo 2003-2005 so-no stati, poi, stratificati per fasce di età. La fa-scia più colpita è quella tra i 40-59 anni, conun incremento repentino nell’anno 2005 deimalati di età maggiore di 70 anni. Gli adole-scenti ed i neonati sono relativamente pococolpiti da questa malattia. I casi di calcolosisono stati rapportati, poi, alla popolazione re-gionale media annua per calcolare il tasso diprevalenza media annua su 1000 abitanti. Inbase ad una popolazione regionale mediaannua pari a circa 597000 residenti in regio-ne (da stime intercensuali ISTAT), si regi-strano circa 10 malati di calcolosi all’anno su1000 residenti in Basilicata.Il tasso di prevalenza a livello regionale è su-perato da quello delle aree di competenza dialcune ASL (Azienda Sanitaria Locale) dellaregione. I tassi calcolati sono stati cartogra-fati a creare delle mappe di prevalenza (fig.1) per facilitare l'identificazione di concentra-menti di casi in determinate aree. I tassi diprevalenza maggiori si registrano per le ASLdi dominio appenninico (N-NW della regio-ne).Questa osservazione è verificata anche semappiamo i tassi di prevalenza media an-

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nuale per i singoli comuni della regione (fig.2). Una prevalenza media maggiore di 12‰abitanti si rileva in comuni della zona N-NWdella regione, ad eccezione di qualche casoisolato nella parte meridionale.I tassi sono standardizzati rispetto ad unapopolazione media comunale di riferimento(per genere e per fasce di età), per rendereconfrontabili i tassi di comuni con dimensioninettamente diverse. La presente indagine diepidemiologia geografica ha consentito di fo-tografare la distribuzione spaziale della pre-valenza per questa patologia su tutto il terri-torio regionale e di evidenziare i comuni o learee particolarmente significative in terminidi rischio per la popolazione, dove concen-trare ulteriormente l’attenzione per identifica-re i possibili fattori eziologici relativi a tale pa-tologia.

I fattori di rischio per la calcolosi in Basi-licataL’approccio allo studio della calcolosi in Ba-silicata si basa sulla verifica di quali tra imaggiori fattori di rischio accreditati dalla let-teratura scientifica sono maggiormente in-fluenzanti la prevalenza dei casi di calcolosinei comuni lucani. Allo stesso modo sonostati considerati altri fattori che potenzial-mente possono essere candidati a diventare

di rischio nel contesto di studio.Non è stata eseguita una semplice compara-zione visiva fra le mappe di distribuzione delfattore di rischio e la mappa di distribuzionedella prevalenza di calcolosi, ma una valuta-zione statistica della probabilità di presenzadi una associazione attraverso il su citatoOdds ratio. Il primo fattore di rischio valutato è stato il ge-nere, onde verificare se l’appartenenza algenere maschile è da considerarsi un rischioper lo sviluppo di calcoli anche in Basilicata.In base al valore dell’Odds ratio possiamostabilire la presenza o meno di una associa-zione. In questo caso OR=1.2 (p<0.01, cheindica qual è la probabilità che l’associazioneconsiderata sia dovuta al caso) esiste unaassociazione, anche se debole. Un altro fattore di rischio è l’età del soggetto.La verifica di una associazione tra questodeterminante e la malattia è stata fatta condiversi intervalli di età: maggiore di 40 anni,30-59 anni e 40-59 anni. I due determinantigenere ed età sono stati poi combinati. Dal calcolo dell’Odds ratio, risulta che esisteuna associazione positiva tra determinante emalattia (OR> 1 p<0.01), che diventa più cheforte (OR=1.98 p<0.01) per la fascia di età

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Figura 1. Tassi di prevalenza medi per gli anni2003/2004/2005 delle 5 ASL regionali.

Figura 2. Tassi di prevalenza specifici per singolo co-mune per il periodo 2003-2005.

40-59 anni riferita a pazienti di genere ma-schile. Tra i fattori di rischio ambientali, il primo adessere stato valutato è il clima inteso comele temperature medie annue a cui sono sot-toposti i residenti dei vari comuni lucani. Nel-lo studio sono stati utilizzati dati di tempera-tura media (Stelluti et al., 2004). Sulla basedella distribuzione delle temperature medieannue, sono riconoscibili aree caratterizzatedai più bassi valori termici, soprattutto inprossimità dei rilievi più alti (temperatura me-dia annua di circa 9-11 °C), zone più calde,al livello del mare (temperatura media annuadi circa 15.5-15.8°C) e zone con temperatu-re intermedie (temperatura media annua dicirca 14.0-15.0 °C). E’ stato considerato co-me fattore di rischio un’esposizione a tempe-rature medie-alte, corrispondente a valori aldi sopra di 13°C. Ancora una volta, oltre adessere valutato il singolo fattore di rischio,sono stati combinati i determinati individuatifino ad ora.In tutti i casi è emersa la presenza di una as-sociazione non casuale, ma di tipo inverso(OR<1 p<0.01). Questo sta a significare chel’alta temperatura non è un fattore di rischio,anzi ha un effetto che potremmo definire“protettivo” nei confronti della malattia.Dall’esame dei dati di temperatura si evinceche le temperature massime, medie e, in mi-sura minore, le minime, sono altamente epositivamente correlate con la quota sul li-vello del mare del territorio lucano. L’altitudi-ne influenza anche lo stile di vita dei residenticon un maggior apporto di proteine animalinella dieta, che è considerato un fattore di ri-schio. Sulla base di questa assunzione è sta-ta valutata l’associazione tra altitudine deicomuni lucani e la prevalenza di calcolosi.Un’altitudine maggiore di 600 metri s.l.m. èstata considerata a rischio. I valori dell’Oddsratio > 1.4 (p<0.01), confermano tale ipotesi.Tra i fattori di rischio legati alle abitudine ali-mentari, rientra l’assunzione dei liquidi e inparticolare dell’acqua. Dai dati di letteraturaè emersa la controversia tra chi suggeriscel’utilizzo di acqua ricca in calcio e chi la scon-siglia. Premesso comunque, che il consumo

di acque poco dure favorisce la prevenzionedallo sviluppo di calcoli, è stato valutato qua-le fattore di rischio la maggiore durezza del-le acque (concentrazione totale di calcio emagnesio, espressa con il grado francese °f,che corrisponde a 10 milligrammi/litro di Ca-CO3). Sulla base dei dati messi a disposizio-ne dell’Acquedotto Lucano per l’anno 2006,ad ogni comune è stato assegnato un valoremedio di durezza delle acque. Per il calcoloa livello regionale è stato assunto un rischioa partire da una durezza maggiore di circa30°f, corrispondente ad acque dure, sulla ba-se della più diffusa classificazione della du-rezza delle acque.In Basilicata, alla luce della valutazione del-l’associazione tra determinate e malattia,sembra che un consumo di acque ricche incalcio aggrava lo sviluppo di calcolosi (OR >1.2 p<0.01). Combinando a questo fattore dirischio, gli altri individuati in precedenza, ivalori dell’OR si mantengono al di sopra del-l’unità.

ConclusioniSulla base dei primi risultati ottenuti è possi-bile trarre delle conclusioni, ma bisogna in-nanzitutto ricordare che anche quando lastatistica afferma che “l’associazione non ècasuale”, resta ancora da dimostrare che idue fattori siano legati da un rapporto causa-effetto. In altre parole, “associazione” non èsinonimo di “causalità”.Le associazioni riscontrate devono essere,quindi, avvalorate da ulteriori analisi, pertan-to è in atto una campagna di raccolta di cal-coli e di urine di pazienti calcolotici residentiin Basilicata, volta alla identificazione morfo-composizionale dei biominerali per meglioselezionare i maggiori determinanti la malat-tia.In conclusione si può affermare che:• I fattori che possono contribuire alla distri-buzione di un maggiore tasso di prevalenzadi calcolosi nelle aree di dominio appennini-co in Basilicata sono: il genere maschile,un’età compresa tra i 40-59 anni, le bassetemperature, l’alta altitudine per una dietaricca in proteine animali e la durezza delle

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acque. La combinazione di questi e di altrifattori può spiegare perché vivere in alcunearee della Basilicata aumenterebbe il rischiodi formazione di calcoli renali.• Lo sviluppo della calcolosi deve avere unapproccio multidisciplinare per la varietà difattori che entrano in gioco nella formazionedei calcoli;• L’approccio metodologico utilizzato perquesto studio è estensibile ad aree geografi-che diverse ma non sono facilmente estensi-bili i risultati ottenuti perché vincolati alle con-dizioni ambientali del caso di studio.

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AbstractThe radioactive pollution in Sardinia, hasbeen in the recent years matter of a conside-rable debat in the scientific literature. At thepresent time however, the complex problemof possible interaction between environmen-tal and human activity in a long suitable pe-riod is still awaiting a adequate interpreta-tion. At the end of 70 years, the Italian Nu-clear AGIP survey has been carried out de-tailed researches on U ore deposits linked tothe fast sedimentation processes in lacustri-ne environments associated to the post-colli-sional events during the paenipleining pro-cess of Sardinia chain. Particularly, resear-ches focused on siltites and sandstones le-vels belonging to the post-collisional coversreferred to the Permian-Carboniferous timespan outcropping in several areas of Sardi-nia island. Collected data indicate importantradioactive anomalies localized in Ogliastraand Sarcidano regions in the central andsouthern Sardinia. These areas are charac-terized by a high natural background ra-dioactive values; suitable knowledge ele-ments are offered by the comparison bet-ween data collected in the present work inthe Escalaplano and Perdasdefogu areaswith those of Nuclear AGIP during the 70¹years. Further relationships between human

activity and environment will be indicated bydata collected on dental apparates becausethey record the interaction of the organismwith pollutant substances. As a consequen-ce, it is expected the possibility to recon-struct history and length of interaction pro-cesses with pollutant substances, becauseduring the formation of dental germs the va-scularisation favoured the mobility of chemi-cal elements which successively are fixed inthe mineral fraction of teeths. The scenariohas reconstructed on account of a preciseevaluation of human pollution and linked tothe recent complex socio-economical historyof investigated areas. Moreover, will be stu-died the human impact on environment toand the possible radioactive anomalies in theinvestigated areas.

PremessaIn questi ultimi anni in Sardegna è aumenta-ta, in modo esponenziale, l’attenzione al pro-blema delle servitù militari che occupano va-ste aree dell’isola, producendo un volanoeconomico per molte zone interne e, limitan-do, talvolta, l’accesso ai territori occupatispesso teatro di esercitazioni militari, talvoltasperimentali. Il dibattito si è particolarmenteacceso verso il caso dell’uranio impoverito esono state avanzate alcune ipotesi nell’uso

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TERRITORIO, RADIOATTIVITÀ NATURALE E SALUTE IN ALCUNE AREEDELLA SARDEGNA. PRIME OSSERVAZIONI ED AFFINAMENTO DELLE

TECNICHE

TERRITORY, NATURAL RADIOACTIVITY AND HEALTH IN SOME PLACESOF SARDINIA

Aurea Lumbau1, Donatella Carboni2, Sergio Ginesu3, Laura Schinocca1,Stefania Sias3, Giacomo Chessa1

1Dipartimento Strutture Specialità Microchirurgiche, Sezione Odontostomatologia, Universitàdegli Studi di Sassari, Viale San Pietro, 43/C, 07100 Sassari. E-mail: [email protected] Teorie e Ricerche dei Sistemi Culturali, Università degli Studi di Sassari, Piaz-za Conte di Morgana 8, 07100 Sassari. E-mail: [email protected] di Scienze Geologico Mineralogiche. Università degli Studi di Sassari, Corso Angjoi10, 07100 Sassari. E-mail: [email protected]

di tali metodi in esercitazioni effettuate nelpoligono missilistico di Perdasdefogu, nell’O-gliastra interna. Come conseguenza di que-sto interesse, il Ministero della Difesa ha da-to incarico alle Università di Siena e di Ca-gliari di effettuare uno studio all’interno delpoligono militare al fine di osservare even-tuali tracce di elementi radioattivi o comun-que dannosi per l’ambiente e per l’individuo(Ministero Difesa et al., 2004). Più o menonello stesso periodo, è stata nominata unacommissione parlamentare al fine di investi-gare sullo stesso problema. Entrambe le ini-ziative non hanno evidenziato dati di partico-lare rischio: l’indagine di tipo geochimico, ef-fettuata dalle due sedi universitarie, ha por-tato all’identificazione di alcuni elementi peri-colosi nel suolo, legati comunque all’attivitàestrattiva delle miniere argentifere di BaccuLocci e del Sarcidano, site in prossimità delpoligono e dismesse da decenni. La Com-missione Parlamentare d’inchiesta del Sena-to della Repubblica, in missione in Sardegnacon il compito di indagare sui casi di morte egravi malattie che hanno colpito il personalemilitare italiano impiegato nelle missioni in-ternazionali di pace, è giunta alla conclusio-ne che non vi sono elementi per provare lapresenza di prodotti “radioattivi” utilizzati nel-le esercitazioni delle basi (Regione Autono-ma Sardegna et al., 2005). Tuttavia, alcunesegnalazioni atte a dimostrare un possibile“inquinamento” radioattivo riguardano casi dibambini ed animali nati con gravi malforma-zioni nella zona di Escalaplano e nell’area li-mitrofa di Perdasdefogu; altre, tra cui quelladi un geologo, riportano condizioni criticheper sorgenti e falde nel territorio di Escala-plano. A seguito di tali iniziative, ed al fine diprodurre nuovi dati per la conoscenza delproblema, si è ritenuto opportuno avviareuna ricerca sulla base di informazioni in no-stro possesso (Ginesu, 1976-1977) relativeproprio all’area di Escalaplano e Perdasde-fogu supportandole con nuove indagini voltead individuare un possibile rapporto tra il ter-ritorio, le anomalie radiometriche naturali (ri-scontrate in quei territori circa 30 anni fa) e lasalute dell’uomo.

L’assetto del territorioI due comuni oggetto d’indagine, Perdasde-fogu ed Escalaplano sono parte integrante didue sub-regioni sarde, l’Ogliastra e il Sarci-dano, difficilmente accessibili, nonostante larelativa vicinanza, in linea d’aria, a Nuoro e aCagliari. L’isolamento, dovuto sia ai caratterifisici che alle difficoltà dei collegamenti, hapreservato questi ambienti e le loro tradizio-ni, consegnandoli sostanzialmente intatti. In-fatti, la particolare configurazione orograficaha reso episodica non solo la comunicazionecon l’esterno, ma anche le relazioni tra gliabitati. Ciò ha consentito a ciascun paese dimantenere forti le proprie peculiarità sia intermini demografici, che economici e cultura-li. Un’altra conseguenza positiva, secondariaalla difficoltà di accesso a questa terra è cheil suo importante patrimonio ambientale è ri-masto sostanzialmente intatto nel tempo.Nelle due sub-regioni convivono oggi, però,due realtà molto diverse quanto ad articola-zione e specializzazione delle attività. Laparte montana ha un’economia prevalente-mente agro-pastorale, con una buona pre-senza della silvicoltura e di lavorazioni arti-gianali nell’agroalimentare e nella meccani-ca; la fascia costiera, un tempo poco abitatae prevalentemente dedita all’agricoltura, haconosciuto negli ultimi decenni un forte svi-luppo, iniziato negli anni Sessanta con l’af-fermazione dell’industria turistica e, margi-nalmente, quella industriale. Una condizionealquanto diversa caratterizza la parte meri-dionale interna di quest’area che subisceuna crescente marginalizzazione in linea conquanto accade in buona parte del Sarcidano.L’economia del Sarcidano è imperniata, in-fatti, soprattutto sull’attività agricola, sull’edi-lizia e sul piccolo commercio, ed è quella cherisente di più del difetto di diversificazionedella struttura produttiva (Saba, 2003; Re-gione Autonoma della Sardegna, 2005).I due mondi descritti solo in parte si parlanosul piano economico, costituendo in buonamisura delle enclaves separate che, comeaffermato in precedenza, si guardano anco-ra troppo da lontano. Le due realtà potreb-bero invece notevolmente beneficiare della

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messa in comune delle diverse e comple-mentari specificità. Così come l’economianelle due sub-regioni cresce in un numerocontenuto di centri, a macchia di leopardo, lacrescita demografica interessa esclusiva-mente alcuni comuni costieri e pochissimicentri dell’interno e il deflusso migratorio net-to, specie di giovani, non si verifica soltantodalle località minori dell’interno, ma riguardaanche comuni più grandi (www.istat.it). Al fine di conoscere la specializzazione pro-duttiva dei territori dei due comuni con mag-gior dettaglio, ci si è avvalsi dei Censimentidella Popolazione, dell’Agricoltura, dell’Indu-stria e dei Servizi, delle fonti storiografiche,nonché delle indicazioni fornite da un certonumero di operatori locali pubblici e privati. L’analisi dei dati consente di affermare che lapopolazione dei due comuni ha subito un in-cremento sino agli anni Sessanta per Esca-laplano e fino agli anni Settanta per Perda-sdefogu e poi ha invertito il proprio anda-mento demografico; tale trend è ancora oggiin atto (Tab. 1). Lo spopolamento dei due co-muni è dovuto, per Perdasdefogu soprattuttoalla mancanza di lavoro, causa comune atutti i paesi delle zone interne della Sarde-gna, nonché alla riduzione della presenzamilitare nella base; invece, per Escalaplanoè stato causato dal fatto che numerosi abi-tanti hanno trovato lavoro come minatori nel-le miniera di fluorite di Silius, o per la forteemigrazione. Una svolta decisiva per il pae-se di Perdasdefogu si ebbe a partire dal1956, anno d’insediamento del poligono in-terforze del Salto di Quirra. Questo eventoportò grandi cambiamenti con l’assunzionedi molti civili del paese, o militari sia di Per-dasdefogu, sia dei paesi limitrofi o di altrearee. Cambiò anche l’aspetto dell’abitato conla costruzione di numerose case, utilizzateanche come abitazione di residenza dai mili-tari, che portarono all’espansione urbana delpaese. I dati del censimento 2001 evidenziano co-me il tasso di attività fosse per Perdasdefogupari a 42,70% e ad Escalaplano pari a37,49% rispettivamente, quasi in media aidati regionali o decisamente inferiore

(47,29%), mentre si conferma una generaliz-zata preoccupazione per l’elevato tasso didisoccupazione soprattutto per Escalaplanoche esprime valori pari a 25,33% decisa-mente inferiore a Perdasdefogu 13,11% (me-dia regionale 21,66%). Approfondendo l’ana-lisi, possiamo notare che il tasso di disoccu-pazione giovanile è notevolmente superiore,denunciando una situazione particolarmentescoraggiante per i giovani in entrambe le lo-calità (www.istat.it). Il sistema agropastorale gioca ancora unruolo relativamente importante nel sistemaeconomico soprattutto di Escalaplano (9%),così le attività produttive industriali (45%)che si riferiscono per lo più a piccole attività,ma la peculiarità del comune risiede nella ri-levanza del fenomeno artigiano. Perdasdefo-gu, invece, conta ben il 78% della popolazio-ne attiva dedita al settore terziario contro il46% di Escalaplano (Tab. 2).

Il quadro geologico e gli studi precedentiLe prime indagini per la ricerca di minerali ra-dioattivi effettuate in Sardegna risalgono allametà degli anni Cinquanta quando laSO.MI.R.E.N., del gruppo ENI, effettuò un’in-dagine conoscitiva nell’ambito di una ricercasistematica di minerali d’uranio, in alcunearee dell’isola in cui le condizioni geologichesi mostravano favorevoli alla scoperta dinuovi giacimenti (Pietracaprina, 1963). Per-tanto, nell’aprile del 1956 la società intrapre-se una campagna di prospezione per indivi-duare eventuali mineralizzazioni dell’ele-mento. L’indagine riguardò vaste zone della Sarde-gna, in particolare alcune sub-regioni come ilSulcis, l’Arburese, il Sarrabus, il Gerrei, l’O-gliastra, la Barbagia, la Gallura e la Nurra(circa il 70% dell’isola; Fig. 1).In quegli anni i temi della ricerca uranifera siconcentravano prevalentemente sulle roccedi tipo magmatico intrusivo e sulle rocce me-tamorfiche; questa linea d’indagine derivavadalla considerazione che nelle rocce eruttivee metamorfiche le percentuali di uranio e diminerali radioattivi sono in stretta connessio-ne con gli stadi di differenziazione magmati-

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ca, con possibile diffusione e concentrazioneutile del minerale; furono totalmente trascu-rate le rocce di natura sedimentaria, ove ilprocesso di dispersione del minerale finivaper interessare aree particolarmente estese,rendendo, in tal modo, insignificante la pre-senza del minerale. La prospezione iniziale confortò queste indi-cazioni e permise di ottenere “valori di fondo”per le singole litologie che il successivo rilie-vo sul terreno andrà a confermare (Tab. 3).La ricerca effettuata condusse ad alcune in-teressanti osservazioni sul rapporto esisten-te tra minerali radioattivi e substrato ercinicoe pre-ercinico, confermando le intuizioniespresse in quegli anni (Zuffardi, 1956). L’in-dagine individuò molti siti di nessun interes-se industriale e svelò un’anomalia radiome-

trica di particolare significato indagata a fon-do con lavori in galleria (nel sottosuolo). L’a-nomalia venne ubicata nell’area del BassoSulcis, il territorio di Arcu Su Linnarbu–SanLeone presso il centro abitato di Capoterra.In quell’area è presente la miniera di ferro diSan Leone la quale permise un’indagine piùapprofondita anche all’interno delle gallerieesistenti e nelle discariche già abbandonatee dismesse; vennero individuati molti mine-rali d’uranio diffusi nella zona, con concen-trazioni puntiformi e focalizzate in alcunearee, sempre lontane dai centri abitati ed insituazioni di elevata naturalità. Dopo circa 20 anni la rinnovata società di ri-cerche di minerali d’uranio dell’ENI, divenutaAGIP Nucleare, tra i temi di interesse, nellaricerca sui minerali d’uranio, promosse una

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Tabella 1.

nuova indagine in Sardegna, uno studio in-terno, al fine di definire metodi procedurali(Prato, Mariani, 1976). Pertanto, nel corsodel gennaio 1976 venne condotto uno studioal fine di definire i temi di ricerca sull’esplo-razione uranifera in Sardegna; tale ricercaportò all’individuazione di alcune formazionigeologiche che avrebbero potuto rappresen-tare aree di possibile interesse minerario sul-la base dei nuovi temi di prospezione che inquegli anni si conducevano in tutto il mondo. Il principio di tali ricerche era da individuarsinei depositi continentali e/o di transizione,generatisi per l’erosione e il disfacimento del

basamento e delle coperture effusive del Pa-leozoico; pertanto, inizialmente, gli obiettividella ricerca furono individuati nelle litologieseguenti:• Facies di transizione nelle Arenarie di SanVito;• Facies clastiche costiere dei complessi vul-cano clastici;• Arenarie trasgressive nel “Postgotlandia-no”;• Depositi fluvio lacustri permiani (e livelli tra-sgressivi mesozoici).Le aree soggette alla nuova indagine venne-ro individuate nell’ambito dei bacini del tardo

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Tabella 2.

Paleozoico (Fig. 2). Sulla base di tali temi esull’estensione areale delle zone da indaga-re venne suggerito il rilievo spettrometricovia aerea, con lo strumento sistemato su unelicottero, così come effettuato nella prece-dente indagine degli anni Cinquanta, ma peri bacini permiani ed i depositi trasgressivi delPermo-Trias si ritenne più opportuno il rilievoa terra.Le indagini preliminari permisero di indirizza-re i rilievi con maggior precisione secondouno schema indicato da una tabella di po-tenzialità (Tab. 3) che mise in luce l’ampiacasistica presente in Sardegna ed i valorimedi rilevati con una rapida campagna spe-ditiva. Dall’analisi della tabella si evinse chele formazioni del Silurico-Devonico del Sar-rabus presentavano i valori maggiori del fon-do radiometrico.Nell’agosto del 1976 iniziò la campagna diprospezione aerea e sul terreno, secondo loschema suggerito dal rapporto AGIP (Prato,Mariani, 1976), ma ben presto le indaginicondotte per via aerea dimostrarono scarsirisultati mentre le prospezioni a terra condot-te da due squadre, su tutti i bacini permianidella Sardegna, condussero alla scoperta didue località di particolare interesse. La primaè localizzata pochi chilometri a nord dell’abi-tato di Perdasdefogu, in prossimità del Nura-ghe Crabas, sul versante sinistro del rio Bac-cu e’Sortai, dove l’affioramento delle siltitipermiane ha espresso valori “anomali” ri-spetto alla media, riscontrata in tutto il terri-torio e negli stessi sedimenti del Permiano.Ulteriori valori anomali furono riscontrati amacchia di leopardo negli affioramenti di sil-titi permiane, in particolare presso le aree mi-nerarie dismesse del giacimento antracitiferodel rio Su Luda. Questi valori, sebbene ano-mali, non hanno costituito un elemento diparticolare interesse nella ricerca uraniferama tuttavia rappresentarono il primo segnaled’attenzione per la presenza di elementi ra-diometrici all’interno dei depositi paleozoicidetritici post orogenici di quest’area del Sar-cidano-Ogliastra (Fig. 3). La seconda località, situata nell’immediataperiferia del centro abitato di Escalaplano,

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Tabella 3. Valori radiometrici di fondo nelle rocce dellaSardegna (Pietracaprina, 1963; rielaborato).

lungo la strada di collegamento verso il sud,in prossimità delle vecchie gallerie minerariedi riu is Ceas e Masoni Pitzudu. In localitàTrivitteri affiorano i sedimenti detritici del Per-miano che si mostrano di notevole interesseradiometrico; in quest’area i valori registratiuscirono fuori scala e gli scintillometri in do-tazione non furono in grado di registrarne ivalori (superiori ai 15.000 c.p.s.). Nell’area diTrivitteri e in alcune zone limitrofe (rio Pira-lombus e San Salvatore) i valori aumentava-no con la profondità nel suolo in modo pro-porzionale alle dimensioni dello scavo.I lineamenti geologici e geomorfologici delle

aree che hanno mostrato delle anomalie ra-diometriche di un certo interesse sono tipi-che delle condizioni paleomorfologiche delpaesaggio posto orogenico della Sardegna.Infatti, entrambe le aree, quella di Perdasde-fogu e l’area di Escalaplano, sono il risultatodel colmamento di antiche depressioni daparte dei sedimenti detritici provenienti dal-l’erosione delle coperture sia pre-permianeche permiane inferiori. Queste successionisedimentarie sono costituite, in prevalenza,da depositi di tipo alluvionale e lacustre, ta-lora determinate da piccole depressioni tet-toniche. La stasi tettonica giunta alla fine del

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Figura 1. Localizzazione delle aree interessate dalla ri-cerca d’uranio negli anni Cinquanta. 1. Nurra-Argentie-ra; 2. Gallura; 3. Barbagia; 4. Baronie-Ogliastra; 5. Ar-burese; 6. Sarrabus-Gerrei; 7. Sulcis.

Figura 2. Localizzazione delle aree interessate dalla ri-cerca d’uranio negli anni Settanta. 1. Nurra; 2. Bortigia-das; 3. Seui-Seulo; 4. Ulassai-Gairo; 5. Escalaplano-Perdasdefogu; 6. Gonnesa.

Paleozoico ha consentito un lento ma pro-gressivo smantellamento dei rilievi ercinici edelle vulcaniti acide post orogeniche chehanno interessato anche il Permiano. Talivulcaniti si ritrovano associate ai sedimentifluvio lacustri e sono caratterizzate da termi-ni calcalcalini, nella parte basale, con ande-siti, daciti e ignimbriti (Pecorini, G.,1962;1974; Ginesu, 1976; 1976a; 1976b;Cassinis et al., 1996; 2003). Associati a que-

ste formazioni si ritrovano intercalati vari li-velli di siltiti carboniose e talvolta orizzonti diantracite che, nel bacino di Seui, sono stateoggetto di coltivazione mineraria nella primametà del 1900. Si deve soprattutto agli epi-sodi effusivi finali se i depositi continentalidel Permiano si sono conservati nonostantei lunghi processi erosivi e l’imponente ringio-vanimento del paesaggio successivo al Me-sozoico. Proprio i sedimenti fini lacustri sono

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Figura 3. Carta geologica e radiometrica del bacino del rio Luda di Perdasdefogu (Ginesu – Sias).

risultati essere la sede delle anomalie ri-scontrate nei siti di Perdasdefogu ed Escala-plano, sebbene le condizioni geomorfologi-che siano profondamente differenti. Nella zo-na di Escalaplano il paesaggio è dominatodal basamento metamorfico che verso l’inci-sione del fiume Flumendosa subisce una ra-pida trasformazione con il sollevamento de-gli altopiani basaltici e cartonatici del Sarci-dano e dell’Ogliastra; invece, la zona di Per-dasdefogu, lungo il corso del rio Su Luda, èdominata da deformazioni gravitative profon-de di versante (D.G.P.V.), che hanno coinvol-to sul fianco destro gli altopiani carbonaticidel Giurassico (Tacchixeddu) e, sull’oppostoversante, la potente successione vulcanicadel Permiano costituita dalle lave riolitiche(“Porfidi quarziferi” Auct).

I metodi analitici e di confrontoI denti sono degli indicatori biologici impor-tanti perché possono fornire informazioni susviluppo, nutrizione e/o stress psicologico,esposizione alle malattie ed inquinamentodell'organismo (Sharon, 1988). Cationi biva-lenti, come piombo, zinco, cadmio e stronzio,interagiscono e sostituiscono il calcio esava-lente nei siti dell’idrossi-apatite (maggiorecostituente dell’elemento dentale)[Ca10(PO4)6(OH)2] nella matrice dello smaltodentale, con conseguente loro inclusionepermanente, indice questo di pregressaesposizione ai metalli pesanti (Sharon, 1988;Fergusson et al., 1987; Mathew, Takagi,2001).In aggiunta, gli anioni del carbonato (CO3

2-)e del fluoruro (F-) possono sostituire i sitianionici del fosfato (PO4

3-) e gruppi dell'i-drossile (OH-) nella matrice della bioapatite,rispettivamente (Mathew, Takagi, 2001). Co-me dichiarato da Losee ed altri, nel 1974, unminimo di 41 elementi sono compresi neltessuto dello smalto dei denti in crescita e,frequentemente sotto il numero atomico 60(Nd) (Curzon, Cutress, 1983). Il raggio ato-mico e la densità della carica sono fattori cheinfluenzano la sostituzione degli elementinello smalto durante il suo sviluppo e questemodifiche sono riflesse nei denti che a loro

volta ci danno indicazioni circa i cambiamen-ti chimici ambientali, nutrizionali ed i cambia-menti fisiologici che sono avvenuti nel corsodella vita di un individuo (Sharon, 1988;Goodman, Rose, 1990; Goodman et al.,2003; Kang et al., 2004).Il tessuto dentale mineralizzato, include losmalto, la dentina, la cavità interna della pol-pa ed il cemento nella zona della radice(Avery, 1987). Lo smalto è un tessuto inor-ganico e mineralizzato che ricopre la coronadel dente. La sua matrice inorganica si com-pone di hydroxyapatite. La quantità di calcionello smalto varia da 34 a 39 (%w/w); il con-tenuto organico è circa 1% del peso con unadensità media di 3.0 il g cm-3 (Curzon, Fea-therstone, 1983; Tack, 1999). La dentina èbiologicamente più attiva dello smalto ed ècomposta da un più piccolo cristallo di apati-te e tende ad essere meno densa rispetto al-lo smalto. E’ più ricca di matrice organica(22% w/w) e contiene acqua per il 10%. Il ce-mento è uno strato sottile di tessuto, simileall'osso sia nella calcificazione che nelle pro-prietà, ed è presente nella radice del dente.Il tessuto della cavità della polpa è tra tuttiquello più biologicamente attivo, contenendovasi e nervi, che facilitano la comunicazionefra il tessuto dentale ed il resto del corpo ene traggono le sostanze nutrienti (Fergussonet al., 1987; Avery, 1987). Lo smalto ha unaspetto stratificato così come gli anelli di unalbero: circa 4-6 νm ogni giorno. Lo sviluppodello smalto comincia dalla cuspide del den-te con strati successivi esterni in direzioneradicolare. Lo smalto dentario inizia la suamineralizzazione durante lo sviluppo fetale(4 mesi nell'utero) conservando dunque me-moria degli insulti esterni avvenuti durante lasua formazione (visibile con i difetti presentisulla sua superficie al momento dell’eruzio-ne). L’intervallo di tempo tra l’eruzione deiprimi (incisivi) e degli ultimi (terzi molari) den-ti offre un range temporale molto ampio tan-to renderli un eccellente tessuto per gli studiambientali di nutrizione e di inquinamento(Sharon, 1988; Avery, 1987). Dunque, i denti come lo scheletro, accumu-lano contaminanti come metalli stabili e ra-

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dioattivi, che entrano nel corpo. Studi con ra-dioisotopi (radio-226) (Tack, 1999) ed altrimetalli hanno stabilito che i loro livelli neidenti sono collegati con il contenuto schele-trico (Pujadas Bigi et al., 2003). Ne conse-gue che l'analisi dei denti fornisce un'alterna-tiva possibile all'analisi dei campioni di ossaper lo studio sulle variazioni geografiche nel-la contaminazione da radionucleidi. Ossa edenti, infatti, sono noti per essere sistemiaperti per l’uranio. Ossa attuali e denti hannoconcentrazioni molto basse di U (< 1-50ppb), mentre campioni archeologici conten-gono centinaia di ppm U assunto dall'am-biente circostante (Pujadas Bigi et al., 2003).L'uranio è un elemento naturale che compo-ne circa 2-4 ppm della crosta terrestre e sipresenta come componente di molti minera-li, quali carnotite, uranite e pitchblenda, manon si trova allo stato metallico, fa parte de-gli attinidi ed ha la più alta massa atomica ditutti gli elementi naturali. Nel suo stato puri-ficato, esso è un metallo pesante argenteo-bianco, malleabile, duttile, leggermenteparamagnetico e molto denso, secondo soloal tungsteno (Sharon, 1988; Fergusson etal., 1987). Gli effetti sulla salute: i metalli pe-santi presentano una notevole affinità chimi-ca per le molecole biologiche contenentigruppi fosfati (come ad esempio, fosfolipidi eacidi nucleici) o sulfidrilici (come la cisteina, ilglutatione, gli ossianioni e molte proteine).Per questo motivo, i metalli pesanti non sitrovano negli organismi allo stato di ione li-bero, ma sempre legati alle biomolecole. Nelcaso dell’uranio, i composti più importanti so-no gli ossianioni carbonati; il 47% dell’uranioinfatti si trova nella forma di [UO2(CO3)2]2,nel sangue ed è stabile a pH neutro. Invecea pH acido, si decompone rapidamente, percui nelle urine si ritrova lo ione uranile. I ri-schi associati a questo elemento dipendonosia dalla forma fisica, sia da quella chimica edal suo livello di arricchimento. La forma chi-mica ne determina la solubilità, e quindi lasua trasportabilità nei fluidi corporei così co-me la sua ritenzione nel corpo e negli orga-ni. La tossicità dell’uranio è legata alla suaforma chimica che ne condiziona il legame

con le biomolecole, comportandosi come unmetallo pesante. L’inalazione delle compo-nenti insolubili dell’uranio arricchito (90%) hauna patogenicità di tipo radioattivo legata alfatto che questi sali pemangono a lungo nelsistema respiratorio e nei vasi linfatici corri-spondenti. Gli effetti sulla salute associaticon una esposizione orale o cutanea all’ura-nio naturale e/o impoverito sembra esseresolamente di natura chimica e non radioatti-va, mentre quelle da inalazione possono an-che includere una componente radioattivaleggera, particolarmente se l'esposizione èprolungata. La grande quantità di uranio cheentra nel corpo (>95%) non è assorbito ed èeliminato dal corpo attraverso le feci. Unavolta nel sangue, l’uranio è distribuito agli or-gani del corpo. L’uranio nei fluidi biologici ge-neralmente esiste come ione uranile(UO2)2+, e forma complessi con anioni talicome citrati e bicarbonato. L’escrezione del-l’uranio assorbito avviene principalmente at-traverso i reni. Il potenziale effetto radioattivonon-cancerogeno dell’uranio dipende da pa-recchi fattori, compresi la forma e la solubili-tà fisico-chimica, modalità di entrata, distri-buzione nei vari organi del corpo, il tempobiologico di rimanenza nei vari tessuti e l'e-nergia e l'intensità della radiazione. Le proprietà non-radioattive e chimiche del-l’uranio naturale e impoverito sono identiche;quindi, gli effetti sulla salute si pensa possa-no essere gli stessi. L'azione chimica di tuttigli isotopi e miscele isotopiche di uranio èidentica, senza riguardo all'attività specifica(arricchimento), perché l'azione chimica di-pende soltanto dalle proprietà chimiche.Quindi, la tossicità chimica di data quantità opeso di uranio naturale, impoverito ed arric-chito è identica. La tossicità dell’uranio variasecondo la relativa forma chimica e l’esposi-zione. In base alla tossicità dei composti dif-ferenti di uranio negli animali, è stato conclu-so che i composti relativamente più solubili inacqua (nitrato di uranile esaidrato, esafluoru-ro di uranio, fluoruro di uranile, tetracloruro diuranio, pentacloruro di uranio) sono i piùtossici per i reni. I residui meno solubili in ac-qua (diuranato di sodio, diuranato di ammo-

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nio) sono di moderato o basso livello di tos-sicità per il rene, e i composti insolubili (te-trafluoruro di uranio, triossido di uranio, dios-sido di uranio, perossido di uranio, octaossi-do di triuranio) sono meno importanti nel de-terminare tossicità renale, ma potrebberocausare la tossicità polmonare quando ven-gono inalati. Al fine di giungere alla determinazione dellecomponenti inquinanti sull’elemento dentalesi è proceduto a personalizzare le tecnichestandard per ottimizzare il risultato. Il metodosi basa sulla chelazione di ioni metallici conADPC (Ammonio pirrolidinditiocarbammato),successiva estrazione del complesso conMIBK e riestrazione dalla fase organica conacido nitrico. La complessazione e l’estrazio-ne sono possibili in un ampio intervallo di pH;ma si preferisce operare tra pH 3-5 per ave-re una procedura utile contemporaneamenteper più analiti ed una maggiore stabilità deicomplessi. L’estrazione della fase organicain ambiente acido permette di ottenere unasoluzione acida stabile e conservabile primadell’analisi strumentale che può essere con-dotta in spettrometria di assorbimento atomi-co con fornetto di grafite (GFAA) (Donnell etal. 1997). Il metodo è applicabile a matrici di-verse e permette la determinazione di bassilivelli di concentrazione di Ag, Cd, Co, Cr(VI), Cu, Pb, Tl, Zn, Ni,ed altri metalli. L’ICP-MS (Inductively Coupled Plasma-Mass Spectrometry) (Eggins, Grün, McCul-loch, 2005) è una tecnica che interfaccia unasorgente al plasma accoppiato induttivamen-te con uno spettrometro di massa. In questostrumento gli ioni, prodotti in una torcia ICPconvenzionale, sono introdotti in uno spettro-metro di massa a quadru-polo che li separain virtù del diverso rapporto massa/carica.Gli ioni di ogni specifico rapporto mas-sa/carica sono quindi rivelati e quantificati daun detector. Gli spettri così generati sono co-stituiti da una serie di picchi isotopici chepossono essere impiegati sia per misurequalitative, sia per misure quantitative. Lasensibilità di questa tecnica permette di rag-giungere limiti di detezione inferiori a quelliottenuti con altre tecniche (i.e., ICP-OES,

AAS, etc ), quanto meno equiparabili o mi-gliori di quelli tipici della GFAA (Graphite Fur-nace Atomic Absorption) che è comunqueuna tecnica maggiormente votata all’analisimonoelementare. Inoltre l’ICP-MS consentela determinazione dei rapporti isotopici e l’a-nalisi di diluizione isotopica.Per la ricerca dell’uranio nei denti, e degli al-tri metalli pesanti, viene utilizzato lo spettro-metro di massa con sorgente di plasma adaccoppiamento induttivo (Perkin ElmerSCIEX Elan DRC-e).

Considerazioni conclusiveLa prima analisi sul territorio ha consentito diintraprendere una indagine analitica sui luo-ghi che hanno evidenziato la presenza dicondizioni anomale nella radioattività di fon-do, nel substrato geologico prima dello svi-luppo dell’attività della base missilistica diPerdasdefogu. Dai primi dati raccolti è emer-so che queste zone non sono state interes-sate da importanti trasformazioni antropiche,perchè rimaste a lungo isolate sia nel movi-mento delle popolazioni che nell’impatto conl’ambiente che ancora oggi si mantiene abasso impatto antropico. Il forte isolamento el’identità di queste genti può, comunque, es-sere un elemento determinante nel valutarevariazioni quantitative e qualitative di inqui-nanti radioattivi e non, che potrebbero modi-ficare lo stato di salute delle popolazioni, de-gli animali e dei vegetali alterando la catenaalimentare. I metodi utilizzati potrebberomettere in luce, con l’analisi degli elementidentali, che, come precedentemente asseri-to, risultano essere eccellenti indicatori biolo-gici, quanto le attività umane abbiano in-fluenzato lo stato di benessere salute del ter-ritorio.

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AbstractThis work is focussed on the characterizationof atmospheric particulate matter from diffe-rent sites in Umbria with final aim to evalua-te the impact of natural and anthropogenicsources on the composition of the fine aero-sol. PM10 and PM2.5 samples on PTFE filterswere collected in Perugia and Terni by lowvolume air sampler coupled with PM10 andPM2.5 selective-inlet head impactors. Nearly200 samples were collected, spanning a timeperiod from May 2006 to April 2007 andanalyzed using different analytical techni-ques. Bulk chemical analyses were perfor-med by means of ICP-AOS whereas singleparticle morphological and chemical analy-ses were achieved by SEM-EDS coupledwith image analysis techniques. Morphologi-cal and chemical data were elaborated in or-der to find out possible correlations betweensize and composition of the particles. Bulkand single particle chemical compositionswere compared in order to establish bran-ching ratios of chemical elements in the dif-ferent classes of particles. Considerablemorphological and compositional differencesamong the samples from Perugia and Terniwere evidenced. These differences delineatetwo different emissive contexts in Perugiaand Terni, the former being significantly in-fluenced by motor traffic and the latter resul-ting from a mixing of natural, roadside and in-dustrial inputs. In addition, potential sources

and modes of distribution of fine aerosol inthe environment were outlined. These resultsgave a significant contribution to the evalua-tion of the effectiveness of local abatementstrategies of particulate pollutant emissions.

IntroduzioneL’inquinamento atmosferico da polveri sottiliè un problema di rilevanza ormai globale e,come tale, pone l’accento sulla necessità el’urgenza di mettere a punto strategie in gra-do di tutelare l’ambiente e la salute pubblica(e.g. Hidy, 1984; Dockery & Pope, 1994). Ledirettive europee attualmente in vigore (diret-tiva quadro 96/62/CE e direttive “figlie”99/30/CE e 00/69/CE), recepite attraverso ilDM 2 Aprile 2002 n. 60, stabiliscono ancheper l’Italia nel quinquennio 2005-2010 un pe-riodo transitorio di progressivo adeguamentodei livelli di PM10 ai valori limite fissati. Esseprevedono inoltre l’introduzione di uno stan-dard per il PM2.5 a livello europeo e, infine, ri-chiedono l’effettuazione di studi preliminari dicaratterizzazione del PM2.5 nell’ambito deipaesi membri. In tale contesto lo sforzo con-giunto degli Enti preposti alla vigilanza e alcontrollo della situazione ambientale (ARPA,APAT, Regioni) e della comunità scientificaimpegnata nello studio delle caratteristiche edelle modalità di interazione degli inquinantiatmosferici con l’uomo e con l’ambiente puòconcretamente contribuire alla definizione diadeguate politiche ambientali.

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FONTI NATURALI E ANTROPICHE DI INQUINANTI PARTICELLARI NEICONTESTI URBANI DI PERUGIA E TERNI (UMBRIA)

GEOLOGICAL VS ANTHROPOGENIC INPUTS OF PARTICULATEPOLLUTANTS IN DIFFERENT URBAN CONTEXTS IN UMBRIA

Beatrice Moroni1, Luca Barcherini2, Francesco Scardazza2,David Cappelletti2, Franco Vecchiocattivi2

1Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Perugia, Piazza Università,06123 Perugia. E-mail: [email protected] di Ingegneria Civile ed Ambientale, Università degli Studi di Perugia, Via G. Du-ranti 93, 06125 Perugia

Anche l’Umbria, malgrado la propria voca-zione culturale di regione a misura d’uomo,deve fare i conti con gli effetti globali dellaantropizzazione e dello sfruttamento econo-mico del territorio. Ne sono la prova i datiambientali dell’anno appena trascorso daiquali risulta come i valori di soglia del PM10

attualmente in vigore siano stati ampiamentee regolarmente superati tanto a Perugiaquanto a Terni (ARPA, 2007). Partendo daqueste constatazioni e dall’esigenza di con-correre al raggiungimento degli obiettivi diqualità dell’aria fissati dalle direttive europee,nel 2006 è stato avviato in Umbria un pro-getto di monitoraggio e di analisi ad ampiospettro del particolato atmosferico. Tale pro-getto vede coinvolti ARPA Umbria quale sog-getto promotore e organo di coordinamentosul territorio e l’Università di Perugia qualeente di ricerca.In questa fase del progetto, da considerarenecessariamente preliminare ed esplorativa,l’obiettivo primario è stato la messa a puntodi una procedura analitica integrata volta aduna completa caratterizzazione del particola-to atmosferico mediante tecniche di analisichimica del campione totale e mediante tec-niche di analisi morfometrica e composizio-nale delle singole particelle. Ciò allo scopo diassociare alle diverse classi morfometrichela relativa composizione chimica in modo dacaratterizzare le fonti emissive e le modalitàdi distribuzione degli inquinanti sul territorio.Il procedimento di analisi è stato applicato acampioni di PM10 e PM2.5 provenienti da Pe-rugia e Terni quali principali contesti urbanidella regione. I risultati ottenuti hanno con-sentito di delineare plausibili scenari di inqui-namento e di caratterizzare, anche se in viapreliminare, la componente naturale e antro-pica delle polveri sottili in Umbria.

Materiali e metodiCampionamento La campagna di campionamento ha riguar-dato due postazioni urbane della rete di mo-nitoraggio gestita da ARPA Umbria. La primasi trova a Terni, in una zona residenziale del-la città, ed è ubicata in Via F. Cesi su un ter-

razzo al quarto piano dell'edificio sede dellalocale ARPA. La seconda si trova a Perugiaed è ubicata in Piazza del Bacio, vicino allastazione ferroviaria di Fontivegge, ad una di-stanza di circa 10 m da una strada caratte-rizzata da traffico medio-alto, ma quasi sem-pre scorrevole. La prima postazione rappre-senta un sito urbano di fondo, mentre la se-conda è rappresentativa di un sito orientatoal traffico.I prelievi sono stati effettuati da Maggio 2006ad Aprile 2007, ma mentre a Terni la disponi-bilità di una strumentazione dedicata ha per-messo un campionamento sistematico nel-l’intero arco temporale, a Perugia la man-canza di una strumentazione stabilmentecollocata nella centralina di misura ha fatto sìche il campionamento risultasse discontinuo.Sia la stazione di raccolta di Terni che quelladi Perugia hanno fornito filtri con classi di-mensionali distinte (PM2.5 e PM10), campio-nati in parallelo tramite una coppia di impat-tatori inerziali a singolo stadio. Per esigenzeanalitiche e di servizio di ARPA Umbria sonostati utilizzati filtri di campionamento in teflon(PTFE).

Metodologie analitichePer avere la massima rappresentatività tem-porale dei campioni, ed evitare false correla-zioni dovute a periodi e condizioni di cam-pionamento analoghe, sono stati selezionatiper le analisi un numero di filtri inferiore al to-tale di quelli campionati, preferendo i casicon concentrazioni vicine alla media del pe-riodo, di giorni della settimana diversi e, pos-sibilmente, anche di giorni con diverse con-dizioni meteoclimatiche. I filtri selezionati so-no stati poi suddivisi in quattro parti da desti-nare a diverse determinazioni analitiche:spettroscopia dei raggi X di fluorescenza(XRF), spettrofotometria UV-VIS, spettrosco-pia ad emissione atomica con plasma ad ac-coppiamento induttivo (ICP-AES) e micro-scopia elettronica a scansione con microa-nalisi EDS (SEM-EDS). In questo lavoro sifarà riferimento esclusivamente alle analisi inICP-AES e al SEM-EDS.Per l’analisi chimica in ICP-AES i frammenti

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dei filtri sono stati preliminarmente immersi inacqua ultrapura (18 MΩ) e quindi sottopostia sonicazione per un ora. Una aliquota dellasoluzione, insieme al filtro, è stata quindi trat-tata con H2O2 (30%, 1mL, Suprapur Merck)ed HNO3 (70%, 5mL, Suprapur Merck) equindi digerita in forno a microonde, modelloMARS (CEM), adottando una procedura diriscaldamento secondo rampe di temperatu-ra della durata complessiva di 1 ora, fino aduna temperatura massima di 170°C ed unapressione massima di 300psi. L’efficacia ditale metodica è stata validata con test di re-cupero su un campione di terreno standard(cat.n. 140-025-111, CP-1, AGROMAT, SCPScience). La soluzione ottenuta è stata quin-di analizzata mediante ICP-AES, utilizzandouno spettrometro modello ULTIMA 2000 (Jo-bin-Yvon) con nebulizzatore pneumatico ditipo Meinhard. La potenza del plasma utiliz-zata è stata di 1200 W. Gli elementi corren-temente determinati sono stati Na, K, Ca,Mg, Cr, Mn, Fe, Ni, Zn, Al, Pb. Per le curve dicalibrazione sono state utilizzate opportunesoluzioni standard multielementari(1.11355.0100 e 1.09495.0100, CertiPUR,Merck). Ogni 10 campioni analizzati la rispo-sta dello strumento è stata verificata con unasoluzione certificata (cat.n.140-025-032, EP-H-1, EnviroMAT).Per l’osservazione e l’analisi in microscopiaelettronica a scansione il particolato è statoestratto da un frammento dei filtri di campio-namento in teflon e depositato su filtri in po-licarbonato (diametro dei pori 0.4 μm). Il pro-cedimento di estrazione è reso necessariodalla impossibilità a trattare le singole parti-celle direttamente sul filtro in teflon. Ciò amotivo della struttura fibrosa tridimensionaledel filtro e dell’eccessivo addensamento delparticolato su di esso a seguito dei tempi diraccolta. La scelta del filtro in policarbonatoquale supporto per l’osservazione e l’analisiin microscopia elettronica è legata al fattoche, a differenza del teflon, il policarbonatomostra una superficie liscia e uniforme sullaquale le particelle risaltano in maniera eccel-lente. Per essere rappresentativo il fram-mento deve avere area sufficiente a garanti-

re una buona raccolta del campione stessoevitando nel contempo un eccessivo adden-samento delle particelle sul nuovo supportoda utilizzare. Il procedimento di estrazione èstato eseguito sul frammento immerso in eta-nolo sottoponendolo prima ad agitazione perun’ora e poi ad estrazione mediante ultra-suoni per due ore. L’efficacia del trattamentodi estrazione è stata verificata sottoponendoil filtro in teflon ad analisi diffrattometrica epoi all’osservazione al SEM per evidenziarel’eventuale presenza di particolato residuo.Dopo la fase di estrazione il particolato è sta-to recuperato mediante lavaggio in etanolo efiltrazione sulla membrana in policarbonato.Una volta asciutto il nuovo supporto è statosuddiviso in alcuni frammenti a loro volta in-collati su portacampioni in alluminio per es-sere destinati, previa metallizzazione me-diante carbone, all’osservazione e all’analisiin microscopia elettronica a scansione(SEM-EDS). Le osservazioni e le analisi alSEM-EDS sono state eseguite presso il Cen-tro Universitario di Microscopia Elettronica diPerugia utilizzando un microscopio elettroni-co Philips XL30 (Philips Electron Optics) in li-nea con sistema EDAX DX-4I di microanalisie software di acquisizione ed elaborazionedati GENESIS (EDAX). Il procedimento di la-voro è stato articolato in due fasi distinte, laprima di osservazione e raccolta delle imma-gini, la seconda di microanalisi della compo-sizione delle singole particelle. La tensionedi accelerazione applicata è di 15 kV per unospot size pari a 4. I tempi di conteggio perogni punto analisi variano da 20 a 40 secon-di in funzione delle dimensioni dei granuli daanalizzare. In entrambi i casi la distanza dilavoro è stata fissata a 10 mm.Per l’esame morfometrico le immagini rac-colte (ingrandimento 5000x, risoluzione4096x3200 pixel) sono state sottoposte adun procedimento standardizzato di elabora-zione mediante operazioni di filtraggio permigliorare la qualità dell’immagine (contrastenhancement, remove noise) seguito dal-l’applicazione di algoritmi puntuali di soglia(threshold) per ottenere la binarizzazionedell’immagine. Tale fase preliminare di ela-

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borazione è stata eseguita mediante il pro-gramma Corel Photo-Paint 11. Le immaginibinarie così ottenute sono state analizzatemediante il programma di analisi di immagi-ne Image Tool 3.0(http://ddsdx.uthscsa.edu/dig/itdesc.html). Ilprogramma consente di misurare una seriedi parametri morfometrici degli oggetti tra cuiarea (A), perimetro (P), lunghezza (L, l) e an-golo di inclinazione degli assi, elongazione(E, pari al rapporto L/l), arrotondamento (R,definito dal rapporto 4πA/P2), compattezza(C, pari alla quantità √4πA/L, e diametro diFeret (d, pari a √4A/π. Al termine di questoprocedimento tutte le particelle individuate inuna immagine risultano identificate da uncorredo di dati quantitativi che le descrive dalpunto di vista sia morfologico che morfome-trico. La precisione analitica stimata è pari al5% (Moroni et al., 2006).Le indagini in microscopia elettronica hannoriguardato una selezione di 20 campioni pro-venienti dalla stazione di Via F. Cesi e daquella di Fontivegge-Piazza del Bacio, relati-vi al periodo giugno 2006-febbraio 2007. Ditali campioni 18 provengono da Terni, mentresolo 2 campioni provengono da Perugia. Ta-le sproporzione è dovuta in primo luogo alnumero effettivamente diverso di campionidisponibili nei due siti, e inoltre alla assenzaper i due siti di campioni relativi allo stessoidentico intervallo di campionamento. Occor-re comunque rilevare che per la postazionedi Fontivegge sono già disponibili dati morfo-metrici e composizionali ottenuti nel corso dicampagne di misura effettuate in passato(Moroni et al., 2006; Moroni, 2007).

Risultati e discussioneLe concentrazioni medie annue degli ele-menti analizzati nei due siti di interesse sonoriportate in Tabella 1 e rappresentate in for-ma grafica in Figura 1. Per favorire il con-fronto e l’integrazione con i dati morfochimicidelle fasi nella figura i dati sono stati ricalco-lati separando la frazione fine (PM2.5) daquella grossolana (PM10-2.5). Gli alcali mostrano un comportamento diffe-renziato nell’ambito della frazione fine e di

quella grossolana. Infatti mentre il K mostra,pur con diversi margini di variabilità, tenoriequivalenti nei due siti tanto nella frazione fi-ne quanto in quella grossolana, diversamen-te il Ca mostra valori simili nella frazionegrossolana mentre risulta arricchito nella fra-zione fine del sito perugino. Il Na segue il Canel suo arricchimento nella frazione fine diPerugia mentre si associa ad Al nel rimar-chevole arricchimento nella frazione grosso-lana del sito ternano. Il Mg, infine, risulta inun caso (PM2.5) più abbondante a Terni enell’altro (PM10-2.5) più abbondante a Peru-gia. Queste osservazioni pongono l’accentosulla possibilità che tali elementi vadano acostituire fasi distinte a loro volta diversa-mente rappresentate in termini quantitativinelle due frazioni granulometriche investiga-te. Nell’ambito dei metalli pesanti, Cr e Zn ri-sultano in tutti i casi molto più abbondanti aTerni che a Perugia, Fe e Mn lo sono esclu-sivamente nella frazione fine mentre Ni risul-ta effettivamente arricchito solo in quellagrossolana. Occorre inoltre rilevare che leconcentrazioni medie di Fe sono di un ordinedi grandezza maggiori rispetto a quelle deglialtri metalli analizzati, e che il Fe è distribui-to in misura preponderante nella frazionegrossolana. Queste osservazioni suggeri-scono l’ipotesi che il Fe e gli altri metalli co-

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Tabella 1. Concentrazioni medie annue (ng/mc) e relati-ve deviazioni standard degli elementi chimici nella fra-zione fine (PM2.5) e grossolana (PM10) nei siti di Perugiae Terni.

stituiscano fasi diverse nei due siti. Il Pb mostra valori medi di circa un ordine digrandezza inferiori rispetto al valore guidaproposto dalla comunità internazionale(WHO, 2000). Questo elemento, che risultaprevalere nella frazione fine del particolato,mostra comunque valori sostanzialmente si-mili, nei limiti dell’errore, nei due siti di rileva-mento.I risultati dell’analisi chimica semiquantitativaal SEM-EDS hanno evidenziato la presenzadelle seguenti categorie di fasi (Fig. 2):1. silicati: quarzo, feldspati, smectiti (Fig. 2a);2. carbonati: calcite, dolomite e witherite;3. solfati: gesso (Fig. 2c), solfati alcalini (diNa e K) e barite (Fig. 2d);4. particolato metallico: ossidi di Fe, Ti, Cr,Ni, Mn, Zn, Cu (Fig. 2e);5. particolato carbonioso: particelle costituitequasi esclusivamente da C con tracce di sol-fati e di metalli (Fig. 2f).6. altre fasi: fibre artificiali vetrose (Fig. 2b),cloruri, ossido di bario.Il quarzo, i silicati e la calcite sono tipica-mente di origine naturale cioè derivano daldisfacimento dei suoli e/o di materiali di ori-gine naturale in opera negli edifici (pietra, la-terizi, intonaci e leganti), mentre il particolatocarbonioso, gli ossidi metallici, i solfati alcali-ni e i solfati metallici sono di origine antropi-ca e derivano dalle emissioni industriali e/odalle emissioni dei gas di scarico degli auto-veicoli (Moreno et al., 2003). Il bario è un

metallo pesante la cui presenza in atmosferaè legata tradizionalmente a processi indu-striali legati all’estrazione, al raffinamento ealla produzione di bario e di prodotti chimicia base di bario (Francis & Forsyth, 1997). Lapresenza di bario sotto forma di carbonati(witherite) e solfati (barite) testimonia pertan-to l’esistenza di attività industriali in cui solfa-ti e carbonati rappresentano i prodotti di re-cupero e/o di abbattimento delle emissioniindustriali. Le fibre artificiali vetrose vengonoprodotte in ambito industriale e trovano mol-teplici utilizzi nel campo dell’isolamento ter-mo-acustico e come materiali di rinforzo neiprodotti plastici e nell’industria tessile(NIOSH, 2006).L’abbondanza relativa delle varie fasi nelparticolato urbano è significativamente diver-sa nei due siti (Fig. 3). Infatti i carbonati ri-sultano assai più abbondanti a Perugia men-tre le particelle metalliche sono molto piùpresenti a Terni. Alcune fasi quali feldspati,dolomite, witherite, barite, fibre artificiali ve-trose, cloruri e ossido di bario sono state in-dividuate solo a Terni dove, quindi, la com-posizione del particolato risulta molto più va-ria. Inoltre mentre a Terni si ha una presenzaassai significativa di fasi metalliche a Fe, Cr,Mn, Ni e Zn, a Perugia si trovano fasi metal-liche esclusivamente a Fe, Cu o Zn. Infine,nel sito perugino i solfati alcalini risultano de-cisamente più abbondanti che nel sito terna-no. Il confronto tra i dati morfometrici dei

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Figura 1. Diagrammi di correlazione fra le concentrazioni medie in atmosfera degli elementi nella frazione fine (PM2.5)e grossolana (PM10-2.5) nei siti di Perugia e Terni.

campioni di Terni e di Perugia (Tab. 2) evi-denzia dimensioni mediamente superiori edun maggior grado di complessità morfologicanei primi (Fig. 4). Questa caratteristica è daporre in relazione con la maggiore presenzadi aggregati particellari a Terni piuttosto chea Perugia.Un elemento che accomuna i campioni diTerni a quelli di Perugia è la mancanza diprecise correlazioni tra dimensioni e compo-sizione delle fasi, vale a dire che le fasi indi-viduate non mostrano particolari affinità neiriguardi delle classi morfometriche esamina-te. Tuttavia è stato rilevato che le smectiti e isolfati si collocano nell’intervallo granulome-

trico 0.5-2.5 μm, e che i solfati possono darluogo (soprattutto a Terni) ad aggregati di di-mensioni decisamente superiori (Fig. 2c). Iminerali di Ba hanno, in genere, dimensionipiuttosto grandi: i granuli di barite hanno di-mensioni comprese tra 2 e 5 μm, il BaO hadimensioni comprese tra 5 e 10 μm, e solo lawitherite ha dimensioni di 1-2 μm.Le particelle metalliche hanno a Perugia di-mensioni mediamente inferiori che a Terni(0.29±0.10 μm contro 0.85±0.70 μm). Que-sto fatto, unitamente alla composizione so-stanzialmente diversa, depone a favore diuna diversa origine del materiale particellarenei due siti. In particolare, a Perugia la com-

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Figura 2. Caratteri morfologici e spettri di composizione di alcune fasi significative nell’ambito del PM10: (a) smecti-te (la barra misura 5 μm); (b) fibra artificiale vetrosa (la barra misura 5 μm); (c) gesso (la barra misura 5 μm); (d) ba-rite (la barra misura 5 μm); (e) particella metallica (la barra misura 1 μm); (f) aggregato di particelle carboniose (labarra misura 10 μm).

posizione del particolato metallico risultacompatibile con quella dei prodotti di combu-stione e di usura dagli autoveicoli, mentre aTerni la composizione del particolato richia-ma quella di ossidi metallici derivanti da pro-cessi industriali ad alta temperatura tipici delcomparto siderurgico (spinelli; formulaAB2O4; Yang et al., 2005; Sammut et al.,2006). Le fibre artificiali vetrose sono carat-terizzate da un diametro minore di 3 μm(0.6±0.3 μm ) e da un rapporto di elongazio-ne superiore a 3 (13.1±4.9). Tali caratteristi-che ne individuano il carattere di inalabilità e,quindi, di potenziale pericolosità per la salu-te umana (Warheit, 1993). Occorre comun-

que rilevare che la quantità di fibre rinvenu-te, peraltro sporadicamente, sui filtri è di granlunga inferiore ai valori limite stabiliti dalle vi-genti normative di igiene industriale (WHO,1985). Dal punto di vista chimico le particellemostrano alti tenori di silice, sono totalmenteprive di Fe e contengono tenori apprezzabilidi Ba e Zn (Fig. 2b). Il tenore in ossidi di me-talli alcalini e alcalino-terrosi è, mediamentee anche se di poco, superiore al 18% in pe-so. Sulla base di tutte queste caratteristichele particelle vengono pertanto classificate co-me fibre per scopi speciali (IARC, 2002).Tutte queste osservazioni confermano e inparte spiegano i dati di composizione delcampione in massa ricavati dall’analisi chimi-ca. In particolare le anomalie positive di Ca eNa riscontrate nel PM2.5 a Perugia trovanogiustificazione nella maggiore abbondanzadi calcite e solfati alcalini effettivamente evi-denziata all’analisi al SEM-EDS. Trova inol-tre spiegazione nella presenza di feldspatialcalini l’anomalia positiva di Na e Al indivi-duata nella frazione grossolana del sito ter-nano. Per quanto riguarda la componentemetallica, il diverso grado di affinità dei varielementi nei confronti della frazione fine e diquella grossolana a Terni e a Perugia evi-denzia che questi elementi prendono partealla composizione di fasi diverse per dimen-sioni e/o per composizione. Così Cr e Zn de-vono alla loro presenza nelle particelle me-talliche e in quelle di natura fibrosa il proprioarricchimento tanto nella frazione fine quan-to in quella grossolana del particolato terna-

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Figura 3. Abbondanza relativa (frazione %) delle diver-se fasi nella frazione grossolana (PM10) dei siti di Peru-gia (a) e Terni (b). Dati ottenuti su un totale di 142 parti-celle a Perugia, e di 171 particelle a Terni. Per ragioni diordine pratico legate alle modalità di allestimento deicampioni le particelle carboniose sono state escluse dalcomputo e, quindi, dal grafico.

Tabella 2. Valori medi (X; μm) e deviazioni standard (σ;μm) dei parametri morfometrici del particolato atmosfe-rico (PM10) nei siti di Perugia e Terni.

no. Sempre a Terni, i tenori superiori di Fe eMn nella frazione fine trovano giustificazionenella presenza delle particelle metalliche,mentre l’arricchimento in Ni della frazionegrossolana può dipendere da una maggiorepresenza di questo elemento negli aggregatidi particelle metalliche.

ConclusioniLe differenze di carattere morfochimico ri-scontrate tra Perugia e Terni delineano duediversi contesti emissivi nelle due realtà ur-bane, e precisamente un quadro influenzatoin egual misura dalle sorgenti naturali e daquelle antropiche (traffico e riscaldamentodomestico) nel caso di Perugia, e un quadrosegnato in ugual misura da sorgenti tipica-mente urbane e dalle emissioni industriali le-gate all’attività siderurgica nel caso di Terni.Il contributo delle fonti di origine naturale ri-sulta, pertanto, a Terni meno marcato che aPerugia a tutto vantaggio di quello dovuto al-l’attività industriale.La presenza piuttosto significativa nell’atmo-sfera urbana di Terni di particelle di naturametallica e di particelle a carattere fibrosodesta particolare interesse per questioni diigiene ambientale che richiederanno ulterioristudi di dettaglio per essere chiarite. Questeosservazioni preliminari, supportate dai risul-tati delle analisi chimiche sul campione tota-le e suffragate dall’esame di nuovi campioni

da prelevare in prossimità delle principalifonti emissive di origine antropica, permette-ranno di individuare le fonti e prevedere ladiffusione degli aerosol nel territorio. Inoltre,dalla conoscenza della composizione delparticolato atmosferico su scala temporalepotrà derivare la possibilità di utilizzare que-ste misurazioni per valutare l’efficacia dieventuali strategie di abbattimento delleemissioni.

RingraziamentiGli autori ringraziano sentitamente ARPAUmbria per aver finanziato e sostenuto la ri-cerca in corso.

ReferenzeARPA Umbria, 2007. Annuario dei dati am-bientali dell’Umbria. CRACE, Perugia.Dockery, W., Pope, C.A., 1994. Annual Re-view of Public Health, 15, 107-132.Francis, A.A., Forsyth, C.S., 1997. Toxicitysummary for barium. U.S. Dept. of Energy,Contr. DE-AC05-84OR21400, Oak Ridge,Tennessee.Hidy, G.M., 1984. Aerosols: an industrial andenvironmental Science. Academic Press,New York.IARC, 2002. Man-Made Vitreous Fibres. In:IARC Monographs on the evaluation of car-cinogenic risks to humans. IARC Press,Lyon, 181-240.Moreno, T., Gibbons, W., Jones, T., Ri-chards, R., 2003. The geology of ambientaerosols: characterising urban and ru-ral/coastal silicate PM10-2.5 and PM2.5using high volume cascade collection andscanning electron microscopy. AtmosphericEnvironment, 37, 4265-4276.Moroni, B., 2007. Caratteri morfochimici dipolveri sottili in alcune realtà umbre: i conte-sti urbani di Perugia e Terni. Atti VII Con-gresso Nazionale CIRIAF, Perugia, 349-352.Moroni, B., Pitzurra, L., Areni, M., Barbagian-ni, N., Peirone, E., Pompei, M., Marchetti, G.,Poli, G., 2006. Caratterizzazione chimico-fisi-ca del particolato fine nell’atmosfera urbanadi Perugia: risultati preliminari e prospettivedi ricerca. Atti VI Congresso Nazionale CI-

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Figura 4. Diagramma di correlazione perimetro-diame-tro di Feret per i campioni di particolato atmosferico diPerugia (simboli vuoti) e Terni (simboli pieni).

RIAF, Perugia, 379-384.NIOSH, 2006. Criteria for a recommendedstandard occupational exposure to refractoryceramic fibers. Publ. No. 2006-123, Cincin-nati, Ohio.Sammut, M.L., Noack, Y., Rose, J., 2006.Zinc speciation in steel plant atmosphericemissions: a multi-technical approach. Jour-nal of Chemical Exloration, 88, 239-242.Warheit, D.H., 1993. Fiber toxicology. Acade-mic Press, New York.WHO, 1985. Reference methods for measu-ring airborne Man-Made Mineral Fibres. En-vironmental Health Report No. 4, Copenha-gen.WHO, 2000. Air quality guidelines for Euro-pe. WHO Regional Publications, EuropeanSeries n. 91, Copenhagen.Yang, Z., Xia, G., Stevenson, J.W., 2005.Mn1.5Co1.5O4 spinel protection layers onferritic stainless steels for SOFC intercon-nect applications. Electrochemistry & SolidState Letters, 8, A168-A170.

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AbstractIn 1948, the World Health Organization(WHO) defined “health” as “a condition ofcomplete mental, social physical well-being,not only determined from the absence of dis-eases”. Genetic and environmental factors(mainly economic and social) contribute tothis condition. Thus, a multidisciplinary ap-proach to study human health is suggested.Such an approach, requires the involvementof various disciplines and experties, in orderto investigate human health and quality of li-fe interactions. The “Geomedicine”, definedas the relationship between the geologicalenvironment, and human health, is acquiringimportant meanings in the development ofmedical and epidemiological information.The Department of Geoengineering and En-vironmental Technologies (DIGITA), of theFaculty of Engineering - Cagliari University -since several years, is involved in samplingof several environmental matrix supports(rocks, soils, stream sediments) and theirgeochemical analysis.Up to now, the sampling and analytic surve-ying is accomplished, and a new geochemi-cal mapping is starting up, at 1:100.000 sca-le of all Sardinia, which is based on thestream sediment database.In a preliminary analysis of this database wefound high values of well known dangerous

elements, such as Cd, As, Pb, Hg. Theseunexpected findings suggest us to set up astudy on possible correlations between geo-chemical data and some chronic diseasesexisting in Sardinia, through spatial distribu-tion of chemical elements, their migrationmechanisms, geochemical background inthe lithologies and biodisponibility of heavymetals. The study involves a team of environmentalengineers, GIS (Geographic InformationSystem) experts, geologists from the Engi-neering Faculty - Department of Geoengi-neering and Environmental Technologies,and medical researchers from the MedicineFaculty – Department of Toxicology, bothfrom Cagliari University.This study, is being carried out through thefollowing steps:- choice of pilot area;- collection and digitalizing regional healthdata connected with heavy metals exposure;- study of a methodology for health data geo-referring;- a detailed geochemical prospection andgeostatistical study of the pilot area;- investigate the presence of the heavy me-tals in other matrices, like soil, vegetablesand insects;- speciation and biodisponibility analysis ofsome elements;

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CORRELAZIONE TRA METALLI PESANTI E SALUTE UMANAIN SARDEGNA: STUDIO PRELIMINARE

RELATIONSHIP BETWEEN HEAVY METALS AND HEALTH IN SARDINIA:A PRELIMINARY STUDY

Elisabetta Muntoni1, Paolo Valera1, Andrea Deiana1, Sergio Muntoni2,Sandro Muntoni3

1DIGITA, Dipartimento di Geoingegneria e Tecnologie Ambientali, Università degli Studi di Ca-gliari, Piazza d’Armi, 09123 Cagliari. E-mail: [email protected] per le Malattie Dismetaboliche e l'Arteriosclerosi, Associazione ME.DI.CO. – Onlus,Viale Merello 23 e 18/a, 09123 Cagliari3Dipartimento di Tossicologia, Sezione Oncologia e Patologia Molecolare, Università degliStudi di Cagliari, Via Porcell 4, 09124 Cagliari

- GIS development, expectably open source,where all data will be analysed (medical,geochemical, lithological, ecc);- data overlaying, processing and analysis;- statistical analysis of correlations betweenmorbility /mortality and geochemical data, inorder to identify reliable coefficients and toobtain a Risk Index for the human health.In conclusion, this model can be considerednot only an important source of informationregarding gene-environment interactions inSardinia, but also a validated method for fur-ther geochemical/medical analysis and terri-torial planning worldwide.

IntroduzioneIl Dipartimento di Geoingegneria e Tecnolo-gie Ambientali (DIGITA) della Facoltà di In-gegneria dell’Università Studi di Cagliari, nelfebbraio 2007 ha attivato uno studio, in partesvolto nell’ambito di un dottorato di ricerca, incollaborazione con il Dipartimento di Tossi-cologia dell’Università di Cagliari della Facol-tà di Medicina, per l’individuazione delle cor-relazioni esistenti tra fluttuazioni nel tenore dimetalli pesanti (Cd, As, Pb, Hg etc) in Sarde-gna e l’incidenza di particolari malattie croni-che ad essi correlati. Tale studio nasce come“costola” delle ricerche nel campo della geo-chimica ambientale, attività in cui il DIGITA èimpegnato già da alcuni anni, sia con la ste-sura di una prima serie di cartografia geochi-mica dell’intera regione, attualmente in fasedi revisione ed aggiornamento, sia con attivi-tà di caratterizzazione geochimica per diver-se strutture pubbliche e private. Da tali studiè emerso che in differenti ed estese zonedella Regione Sardegna, non solo in quellearee ben note in cui è stato intensissimo losfruttamento geominerario, le concentrazionidi metalli pesanti sono spesso sensibilmentepiù elevate, a volte di alcuni ordini di gran-dezza, da quelle indicate dal D.Lgs152/2006.Questo ha suggerito lo sviluppo di studi piùapprofonditi e analisi critiche più complesse.I dati geochimici utilizzati per la ricerca pro-vengono dall’Archivio Geochimico StreamSediment del DIGITA (AGSD), attualmente

composto da oltre 33.000 campioni, per unnumero variabile di elementi chimici e che faparte integrante del ben più ampio Archiviosulle Georisorse Mondiali custodito ed imple-mentato periodicamente dai ricercatori delDIGITA.

Metodologia d’approccio È apparso fin dal principio che lo studio di unmodello di correlazione tra concentrazioni,anche naturali, di metalli pesanti e salute del-l'uomo, necessita di un approccio multidisci-plinare, vista la complessità dell'argomentoche comprende, sostanzialmente, tutto l'eco-sistema.Le metodologie d’indagine seguiranno lestrade definite dalle diverse discipline coin-volte per poi convergere nella sovrapposizio-ne e quindi nell’elaborazione dei dati finali. Ècomunque in atto, fin dalle prime fasi, unacontinua interazione tra i ricercatori coinvolti,in modo da caratterizzare le aree studiatecon l’ausilio delle migliori informazioni otteni-bili.

Cadenza e stralci operativi del progettoQui di seguito sono esposti i punti focali delprogetto ed il loro stato di avanzamento.

Scelta dell’area pilotaLa scelta dell’area pilota su cui concentrarela nostra attenzione, onde poter effettuareprove e verifiche replicabili anche in altreparti del territorio, è il Foglio 549 – Muravera,situato nella Sardegna sud orientale (Fig. 1).Tale area è stata scelta principalmente per iseguenti motivi:- è un’area in cui è presente l’Ospedale SanMarcellino (per il reperimento dei dati dellamorbilità della popolazione) e in cui si ritieneche i dati sanitari siano abbondati e facil-mente reperibili;- è un’area in cui gli studi geochimici finorasvolti hanno evidenziato tenori naturali di Ar-senico, Cadmio, Piombo, Zinco etc sensibil-mente superiori a quelli massimi consentitidal D.Lgs n.° 152/2006 per i siti contaminati;- è un’area in cui sono presenti oltre una ses-santina tra miniere abbandonate e indizi di

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mineralizzazioni, alcune di potenziale impat-to per la salute umana (Baccu Locci). I datigeominerari di queste manifestazioni e tuttele notizie d’archivio delle miniere sono statiorganizzati in appositi database e costitui-scono uno strato informativo di notevole im-portanza.Si tratta complessivamente di una superficiedi circa 587 km2, in cui sono presenti circa2400 campioni stream sediments dell’AGSD,con una densità altamente variabile.Si stanno valutando alcune altre aree pilotasu cui estendere lo studio, in cui l’AGSD nonsegnali tenori particolarmente elevati e dove,

di conseguenza, le mineralizzazioni presentisiano esigue, sia in numero sia in estensio-ne, rispetto ai territori comunali di apparte-nenza. In questo modo si potrà effettuare unconfronto tra le due (o più) aree, per indivi-duare quei parametri utili alla ricerca ed enu-cleati dalle caratteristiche peculiari dei diver-si siti indagati.

Acquisizione e informatizzazione dei datisanitariPoiché l’ultima pubblicazione ufficiale del-l’Osservatorio Epidemiologico Regionale,come riportato in seguito più in dettaglio, ri-porta dati di mortalità nel periodo compresodal 1981 al 1988, per l’analisi complessivadei dati sanitari dei sei comuni compresi nel“Foglio Muravera” (Armungia, Ballao, Mura-vera, San Vito, Villaputzu e Villasalto), do-vranno essere raccolti anche i dati comunalidi mortalità dal 1989 ad oggi.Qui di seguito sono riportati l’attuale stato diavanzamento di informatizzazione dei dati,in cui vengono inseriti anche le criticità in-contrate, secondo l’ordine cronologico di ac-quisizionea. Dati di mortalità degli anni 1981-1988Sono stati informatizzati i dati epidemiologicidell’ultima pubblicazione ufficiale disponibilee pubblicati dall’Osservatorio Epidemiologicodella Regione Sardegna, in cui vengono ri-portate le cause di morte rilevate in Sarde-gna, per le principali patologie, tra gli anni1981 e 1988. Questo lavoro ha permesso lacreazione di un database georeferenziatocontenente le cause di morte di ogni comu-ne, suddivise per sesso e per patologia, nelperiodo preso in considerazione dalla pubbli-cazione. Il numero di casi osservati è la somma deicasi di mortalità per l’ottennio in ogni comu-ne: non è quindi possibile studiare la varia-zione dei casi di malattia per ogni singolo an-no.In ogni caso, i dati finora raccolti possono es-sere utilizzati in prima analisi per un raffron-to numerico con le cause di morte del qua-driennio 1998 –2001. Alla conclusione dellafase di raccolta e informatizzazione dei dati,

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Figura 1.

sarà possibile effettuare un confronto dei da-ti fino al 2007.Vi è comunque da fare una precisazione: ab-biamo ipotizzato che i dati dei comuni di Mu-ravera, San Vito e Villaputzu siano stati ac-corpati per l’ottennio in questione. Infatti, nel-la pubblicazione originale, compare solo ilcomune di Muravera, ma non vi è riportatanessuna indicazione del perché manchinocompletamente i dati relativi a San Vito e Vil-laputzu, nonostante questi comuni esistes-sero da ben prima del 1981. Osservando pe-rò l’elevato numero di casi osservati riportatiper il Comune di Muravera, è ipotizzabile chesia stato riportato un valore unico per i tre co-muni, peraltro confinanti e distanti non più di1 Km l’uno dall’altro, per cui è possibile cheal momento della raccolta delle informazioniper la pubblicazione dell’atlante, i dati si tro-vassero nella stessa struttura, verosimilmen-te a Muravera. Questa ipotesi sarà verificatanon appena avremo a disposizione i dati ori-ginali. Nell’atlante, inoltre, non sono stati in-seriti i dati di alcune malattie quali il tumoreal fegato, al rene, le patologie tiroidee, lasclerosi multipla etc, che invece sarebberoutilissime per lo studio in oggetto e non solo.Per questi ed altri motivi, che verranno illu-strati più avanti, stiamo cercando di risalirealle schede originarie in modo da poter otte-nere, se possibile, anche queste importantiinformazioni.Infine, non sono esplicitati i criteri di classifi-cazione delle malattie, soprattutto per le ma-lattie cardiovascolari, né sono riportati i crite-ri per il calcolo dei diversi indici statistici otte-nuti. Ovviare a questi problemi non sarà uncompito facile, visto che attualmente i dati dimortalità negli anni precedenti al 1997 dei 6comuni non sono disponibili presso il REN-CAM della ASL 8 e non è ancora chiaro do-ve sia possibile reperirli.I dati dell’Atlante Epidemiologico costituisco-no, allo stato attuale, l’unica base di parten-za per un raffronto critico con i dati attuali.

b. Dati di mortalità degli ultimi decenni (REN-CAM, ASL)I dati sono custoditi presso l’archivio REN-

CAM (Registro Nominativo delle Cause diMorte) che raccoglie i dati di mortalità dellaASL Territorialmente Competente (ASL 8 diCagliari).Il reperimento dei dati sanitari non è unaoperazione esente da difficoltà. Le criticità,che stanno attualmente emergendo, si pos-sono così riassumere:1. Non risulta esistere attualmente un archi-vio regionale informatizzato che consentaun’elaborazione agevole dei dati. Nel servi-zio RENCAM, infatti, i dati sono archiviati inregistri cartacei e faldoni con schede carta-cee, compilate manualmente dal medico cheaccerta la morte del paziente. 2. Le informazioni non sono spesso indicatein maniera dettagliata, per cui in molti casinon si riesce a capire l’effettiva causa di mor-te o le patologie da cui era affetto il paziente.3. Le schede di morte, in formato standard,riportano numerose voci che potrebbero es-sere utilissime nelle analisi epidemiologichein generale e per il nostro studio in particola-re, ma, purtroppo, si è riscontrato un genera-le disinteresse da parte dei compilatori nellatrascrizione completa dei dati previste nellevarie voci. Ad esempio, sono totalmente la-cunose le informazioni riguardanti il luogo edil lavoro svolto in vita dal deceduto, così co-me mancano le informazioni relative alle abi-tudini e allo stile di vita della persona.4. Lacune nei dati di mortalità dei 6 comuniper gli anni fino al 1997: fino a quella data i 6comuni facevano parte di altre ASL territo-rialmente competenti, poi riunitesi nell’attua-le ASL 8. In definitiva, presso l’ufficio REN-CAM della ASL 8 di Cagliari, sono custoditisolo i dati dal 1998 in poi. Allo stato attuale sista cercando di capire in quale ufficio di qua-le comune o altra struttura si possano recu-perare le schede per gli anni mancanti.5. Nella compilazione delle cause di mortegioca un ruolo importante anche la soggetti-vità di chi compila la scheda. La schedastandard, riporta 4 caselle:- Causa di morte 1: causa iniziale che ha de-terminato il decesso.- Causa di morte 2: complicazioni morboseconseguenza della patologia 1.

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- Causa di morte 3: causa terminale dellamorte.- Causa 4: altri stati morbosi rilevanti.I dati relativi agli altri stati morbosi rilevanti(causa 4) non vengono purtroppo quasi maicompilati, così come si possono riscontrareschede con i dati incompleti, come ad esem-pio i dati sul diabete di tipo 1 o di tipo 2, chenon vengono quasi mai esplicitati.6. Le schede standard riportano, inoltre, unavoce ove inserire l’indicazione del tempo apartire dal quale la patologia è insorta o èstata diagnosticata, ma tale dato non è maistato inserito in nessuna delle schede analiz-zate.Da quanto sopra riportato consegue che lecause di morte prese in considerazione nelpresente studio, fanno esclusivo riferimentoalla causa di morte primaria e i dati di morta-lità che si stanno raccogliendo ed informatiz-zando, quindi, sono quelli dal 1998 al 2006,che comunque costituiscono una base suffi-ciente per confrontarli con quelli riportati nel-l’Atlante della mortalità in Sardegna pubbli-cati per gli anni 1981 – 1988 dall’Osservato-rio Epidemiologico Regionale. c. Dati di morbilitàRecentemente è stata inoltrata una richiestaall’Osservatorio Epidemiologico Regionaleper ottenere l’autorizzazione all’acquisizionedei dati di morbilità nel rispetto del D.Lgs196/2003 – Codice della privacy. È comun-que vivo l’interesse che questo studio sta su-scitando presso le strutture sanitarie, tantoda aver fin qui incontrato uno spiccato atteg-giamento collaborativo. Si confida che que-sta tendenza continui, in modo da poter af-frontare serenamente le varie problematicheche via via si stanno presentando.

Prospezione geochimica di dettaglio del-l’area pilota e relativo studio geostatisticoAttualmente è in corso un campionamento didettaglio dell’area, i cui dati saranno aggiun-ti e confrontati con quelli già a nostra dispo-sizione, presenti nell’AGSD. Sono in corso di attuazione le prime simula-zioni dell’area del Foglio Muravera, utilizzan-do, adattandole, tecniche proprie della pro-

spezione geomineraria. Tali tecniche, trasfe-rite al campo ambientale, permettono di indi-viduare e delimitare, con notevole precisio-ne, aree in cui si hanno tenori anomali deglielementi ricercati, attraverso l’identificazio-ne, per ogni formazione litologica, del valoredi fondo (background) di un dato elemento inuna data area, anche quando sensibilmenteobliterato dai fenomeni di antropizzazione.

Studio di una metodologia per dare un si-gnificato geografico ai dati sanitariIn questo momento sono allo studio diversemetodologie che saranno valutate in corsod’opera per poter individuare la più idonea arisolvere il problema. Per fornire la base sucui testare le metodologie (o protocolli) digeoreferenziazione dei dati sanitari, sono at-tualmente in fase allestimento diversi stratiinformativi che saranno sovrapposti ai datisanitari, quali i dati geochimici, elaborazionidi immagini satellitari, indagini sul campo el’analisi del fenomeno antropico in generale.In via preliminare, i dati sanitari sono statigeoriferiti utilizzando come unità-base i limitiamministrativi comunali. Tale scelta si basasulla necessità di dare un primo ordine geo-grafico a dati originariamente raccolti per esi-genze diverse, le cui priorità rendevano tra-scurabile l’importanza del loro legame con ilterritorio di provenienza, così come intesonelle scienze naturali.

Correlazioni di verifica tra differenti matriciSi possono riassumere in:- suoli – sedimenti da corrente: nonostante illavoro sia ancora in fase di elaborazione, al-cuni studi di carattere preliminare (MarcelloA. et al., 2005) forniscono dati incoraggianticirca la possibile esistenza di coefficienti dicorrelazione che legano i dati dei tenori incampioni stream ai dati dei campioni di suoli.- api e loro prodotti; insetti;- vegetali: analisi di laboratorio direttamentesulle specie vegetali e copertura vegetazio-nale;- altro (latte, carni, ecc);- uomo.

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Speciazione e bio-disponibilitàAl momento, questa fase del progetto non èancora stata attivata, ma si intende procede-re quanto prima ad eseguire un’analisi dispeciazione (tramite spettroscopia UV – visi-bile, potenziometria, assorbimento su resineetc) per identificare e quantificare le diversespecie, forme o fasi in cui un dato elementoè presente nel campione.Questa analisi è ritenuta fondamentale per-ché le diverse forme chimico fisiche di unelemento hanno differenti impatti ambientalie tossicità. Infatti, la sola concentrazione to-tale di un elemento non fornisce sufficienti in-formazioni circa la sua biodisponibilità e lasua interazione con suolo e sedimenti.

Sviluppo GISÈ allo studio un sistema di rappresentazionegrafica che fornisca un’idea dello stato geo-chimico dell’area in esame il più vicino pos-sibile allo stato reale. Tale sistema è impo-stato sulle esperienze fatte durante la stesu-ra della prima serie della cartografia geochi-mica regionale (Marcello et al., 2003) e con-serva la stessa filosofia di base, ovvero latrasformazione dei dati analitici puntuali indati areali. Tra le diverse metodologie, la piùinteressante e suscettibile di sviluppi apparequella basata sui bacini idrografici sottesi nelpunto di campionamento stream, associan-do, ad ogni bacino, un cromatismo corri-spondente ad un intervallo di valori, nel qua-le rientra il valore analitico del campione dichiusura del bacino (Manca M.G., et al.,2003; Marcello A. et al., 2005.; Valera P.,2005; Marcello et al., 2007).Tutti i dati dell’area di Muravera finora acqui-siti, oltre a quelli presenti nell’AGSD ed in al-tri database geografici in forma numerica(bacini, analisi, DEM, litologia, ecc..) o alfa-numerica (key), sono stati trasformati in for-mato shapefile per le prime osservazioni suGIS. I prototipi dei tematismi cartografici, infase avanzata di realizzazione, servirannoper il controllo e la verifica dell’efficienza edella precisione delle applicazioni GIS cheverranno sviluppate per la visualizzazionedei dati in automatico.

Analisi preliminare dei dati acquisitia. I dati disponibiliAlla data attuale (gennaio 2008), la ricercadei dati sanitari che si sta conducendo pres-so l’archivio RENCAM è stata completatacon la raccolta delle cause di morte per i 6comuni soltanto per gli anni dal 1998 al2001. Nei prossimi mesi verrà terminata la ri-cognizione delle cause di morte fino al 2006o al 2007, se disponibile.I primi risultati a cui si farà riferimento nelpresente studio, sono pertanto relativi esclu-sivamente al raffronto tra il numero di deces-si per malattie nell’ottennio 1981-1988 e nelquadriennio 1998-2001.Nei prossimi mesi infatti, oltre al completa-mento della raccolta dati di mortalità, è inprogramma un incontro con i sindaci dei 6comuni per agevolare la raccolta dei dati dimorbilità presso i medici di famiglia operantinei comuni. I dati delle diagnosi di malattia siconfigurano infatti particolarmente importantiper lo studio di correlazioni esistenti tra As ediabete mellito di tipo 2, particolarmente inte-ressante per la Sardegna e per l’area in esa-me. Contemporaneamente all’acquisizionedei dati sanitari, si stanno completando icampionamenti di stream sediments nellearee prive di informazioni dettagliate, cam-pioni che poi verranno sottoposti ad analisiper la determinazione dei tenori di metalli pe-santi. In questa fase dello studio è stato deciso,inoltre, di effettuare uno studio sulle fluttua-zioni demografiche dei 6 comuni, da poterraffrontare con i dati sanitari finora acquisiti.In prima analisi, sono stati ottenuti dal sitodell’ISTAT i dati comunali della popolazioneresidente negli anni dal 1982 al 2001. Dall’a-nalisi dei dati demografici è stato osservatoche tutti i comuni, ad eccezione di Muravera,hanno registrato una flessione con il passaredegli anni.b. Confronto tra i dati sanitari e primi risultatiConfrontando il numero di decessi per tumo-ri nell’aera dal 1981 al 1988, si ottengono deiprimi risultati interessanti:1) il numero di malattie cardiovascolari sem-bra essere notevolmente diminuito nel qua-

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driennio 1998-2001 rispetto all’ottennio 1981– 1988;2) il numero totale dei tumori nel quadriennio1998-2001 sembra essere drasticamenteaumentato rispetto all’ottennio 1981-1988(tabella 1).Questi due risultati devono essere poi valu-tati tenendo conto che la popolazione resi-dente, dal 1981 a oggi, è diminuita più o me-no costantemente, eccezion fatta per il Co-mune di Muravera.Questo primo raffronto suggerisce una com-ponente ambientale nell’aumento dei casi dimortalità per tumore, da approfondire con laricerca in atto.Allo stato attuale della ricerca, non è statoancora possibile elaborare compiutamente idati sanitari.Devono ancora essere calcolati gli indici sta-tistici di confronto con la media nazionale eregionale, quali, ad esempio, il tasso di inci-denza di ogni diversa patologia.I dati non sono ancora stati confrontati perclassi standard di età, per sesso e per tipolo-gia di malattia. Queste operazioni verrannocompiute una volta terminata l’acquisizionedelle cause di morte dei Comuni fino al2006/2007 e dopo l’acquisizione dei datimorbilità.Una volta terminati i campionamenti e leanalisi degli stream sediments dell’area inesame, verranno studiate le possibili correla-zioni tra tenori di metalli pesanti e patologiecroniche ad essi correlabili.Al momento opportuno saranno verificati idati acquisiti, sia attraverso la sovrapposizio-ne dei vari strati informativi, sia attraversol’incrocio dei dati (vedi sopra, punto 5) peruna caratterizzazione più affidabile dell’areaattraverso i migliori dati ottenibili.

Studio delle correlazioni statistiche egeostatistiche Alcune tipologie di malattia e cause di mortepotranno essere auspicabilmente correlatestatisticamente con la presenza nel territoriodi concentrazioni anomale degli elementiconsiderati: le correlazioni biostatistiche po-tranno essere svolte in collaborazione con i

Dipartimenti della Facoltà di Medicina, perl’individuazione delle procedure di calcolostatistico più idonee al caso in esame (anali-si multivariata, correlazioni lineari etc).

ConclusioniLo studio proposto, di spiccata natura inter-disciplinare, impone un grosso sforzo da par-te di tutti i partecipanti alla ricerca, per via deidiversi campi scientifici che vengono sovrap-posti. Tuttavia, l’estremo interesse che que-sta particolare tematica suscita in tutti i ricer-

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Tabella 1. Confronto mortalità per tumore.

Tabella 2. Confronto tra il tasso di incidenza annuo cal-colato per gli intervalli 1998 – 2001 e 1981 – 1988.

catori coinvolti, la comprensione del “peso”che possono avere certi dati in rapporto adaltri, a seconda del ramo scientifico implica-to nell’analisi, il confronto continuo e traspa-rente, che permette di individuare soluzionisorprendenti a problemi che appaiono in pri-ma analisi quasi insormontabili e la curiosità,naturale in chi fa ricerca, che tracima neglialtri campi scientifici, tutti questi fattori per-mettono di avere una visione estremamentechiara delle possibilità a cui tale ricerca puòcondurre. I risultati, seppure parziali, presen-tati in questo lavoro, forniscono lo spunto perla formulazione di alcune ipotesi. Innanzitut-to, l’aumento sensibile del numero di casi dialcune patologie, quali ad esempio alcuni ti-pi di tumori, suggeriscono l’esistenza di fat-tori ambientali, quali la presenza di sostanzetossiche che dall’ambiente potrebbero esser-si diffuse nelle colture, nei vegetali e neglianimali per poi arrivare fino all’uomo. L’origi-ne e la natura di queste sostanze è ancorada appurare con precisione e le metodicheanalitiche adottate varieranno a seconda del-l’evoluzione della ricerca. L’obiettivo di questo studio è la definizione diuna “mappa del rischio” delle aree obiettivo,che descriva il rischio da esposizione am-bientale di un dato parametro, sia esso unelemento chimico o un’associazione di ele-menti, nell’area in esame ed abbia una sche-matizzazione grafica tale da rappresentareefficacemente le aree a differente pericolosi-tà. Questa operazione può essere svolta stu-diando un apposito Indice di Rischio, ottenu-to sulla base anche di studi e procedure in-ternazionali già assodati, attribuendo dei pe-si alle variabili che concorrono alla definizio-ne del rischio e che risulteranno significativedall’analisi statistica condotta. Lo studio in oggetto si propone pertanto diaccertare l’esistenza di una metodologia ca-pace di individuare eventuali correlazioni traconcentrazioni di metalli e patologie cronicheal fine di fornire uno strumento di supportoalle decisioni per le Amministrazioni Pubbli-che. Il modello implementato potrebbe costi-tuire infine un modello per lo studio di tema-tiche similari in altre aree geografiche, non-

ché uno strumento di valido aiuto per la pia-nificazione ottimale dell’utilizzo del territorioe delle risorse destinate al consumo umano.

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AbstractMany crystal species are common in thesynovial fluid of patients affected by rheuma-tic disorders. Some crystals, like monoso-dium urate and calcium pyrophosphate, arecertainly related to specific diseases, hencetheir detection and correct identification re-present an important step in patient manage-ment. Nevertheless, analysis of synovial fluidbased on optical microscopy frequentlyleads to the finding of other particles thatcannot be correctly classified often becauseof their small size. Scanning electron micro-scopy is used in this research to better cha-racterize all the types of crystals and look fortheir possible clinical significance in therheumatic disorders. In the course of our stu-dies, unexpected SiO2 particles, consistingof sharp-edged micron size grains, havebeen detected in several samples. X-raypowder diffraction displayed unequivocallythe spectrum of a crystalline phase corre-sponding to quartz. Understanding whereand how these particles originated became anew target of our research. Not yet comple-tely excluded the hypothesis of a samplecontamination or of an external origin, thepossibility that the SiO2 formed within the ar-ticular capsule is currently explored. It’sknown that silicon is in the human bodyespecially associated with connective tis-sues such as bones and cartilage, so that a

pilot study was started on a femoral head. Asurprisingly high concentration of Si was lo-cally found within a 15μm layer at the surfa-ce of the cortical bone. Further detailed inve-stigations are now planned to establish if andhow SiO2 crystals form in the synovial envi-ronment and whether they may have long-term consequences with respect to diseaseprogression.

IntroduzioneLa presenza di cristalli e di particolato nel li-quido sinoviale è un carattere frequentemen-te riscontrabile in pazienti affetti da osteoar-trosi (OA) ed altre malattie reumatiche (Fig.1). La comune prassi di laboratorio prevedela ricerca mediante microscopio ottico di cri-stalli come urato monosodico (monosodiumurate, MSU) e pirofosfato di calcio diidrato(calcium pyrophosphate dihydrate, CPPD),ma possono essere riconosciuti altri cristalliquali il fosfato basico di calcio (basic calciumphosphate, BCP), il colesterolo, gli ossalati, icorticosteroidi, i lipidi, assieme a differenti ti-pi di particolati intrinseci, (emoglobina, ema-toidina, fibrina, collagene, frammenti di carti-lagine) ed estrinseci (fibre, amido dei guanti,polvere, ecc..). Cristalli di urato monosodicoe di pirofosfato di calcio sono certamentecorrelati a specifiche patologie (rispettiva-mente gotta e pseudogotta), mentre non èancora chiaro l’esatto significato della pre-

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IL SILICIO NEL CORPO UMANO E LA PRESENZA DI MICROCRISTALLIDI SILICE IN LIQUIDI SINOVIALI PATOLOGICI

SILICON IN THE HUMAN BODY AND THE ODD OCCURRENCE OFSILICA MICROCRYSTALS IN PATHOLOGICAL SYNOVIAL FLUIDS

Luca Peruzzo1, Francesca Oliviero2, Paola Frallonardo2, Leonardo Tauro3,Paolo Sfriso2, Anna Scanu2, Roberta Ramonda2, Leonardo Punzi2

1Istituto di Geoscienze e Georisorse, CNR, Università degli Studi di Padova, Via Giotto 1,35137 Padova2Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Cattedra e UOC di Reumatologia, Univer-sità degli Studi di Padova, Via Giustiniani 2, 35128 Padova3Dipartimento di Geoscienze, Università degli Studi di Padova, Via Giotto 1, 35137 Padova

senza di cristalli di fosfato basico di calcio. Èstato invece osservato che, nell’OA, la pre-senza di questi cristalli è correlata alla gravi-tà della patologia e al grado radiologico. I cri-stalli di pirofosfato di calcio vengono spessorinvenuti in presenza di OA e definisconoprecisi subset clinici di pazienti con livelli piùelevati di infiammazione (Rosenthal, 2007).La loro identificazione è ampiamente consi-derata il più attendibile criterio per la diagno-si di patologie da deposizione di cristalli(Chen and Schumacher, 2006). Anche i cri-stalli di fosfato basico di calcio sono estre-mamente comuni nell’OA. Essi concorronoattivamente al danneggiamento dei tessuti evengono proposti come diagnostici per le for-me più gravi di OA. Appare dunque evidentequanto l’identificazione dei cristalli nel liquidosinoviale possa essere d’importanza fonda-

mentale per il trattamento del paziente. Nel-la comune pratica ambulatoriale l’identifica-zione dei cristalli presenti nel liquido sinovia-le si basa sulla microscopia ottica in luce tra-smessa polarizzata, in quanto questa rap-presenta una procedura semplice e non trop-po onerosa (Dieppe and Swan, 1999).La morfologia e le dimensioni possono esse-re facilmente valutate sui cristalli di maggioridimensioni, che normalmente raggiungonoalcune decine di micron, anche se le parti-celle più piccole (dell’ordine di pochi micron)possono sfuggire all’osservazione o risultarenon classificabili (Fig. 2).Lo studio della birifrangenza e del segno diallungamento consente di distinguere alcunespecie, anche con l’aiuto di compensatori etecniche di colorazione. Uno dei maggiorisvantaggi di questa tecnica è la mancanza di

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Figura 1. Immagini al microscopio elettronico a scansione, rappresentative di differenti tipologie di cristalli di fosfatodi calcio concentrati da liquidi sinoviali di pazienti affetti da osteoartrosi.

specificità che è in parte attribuibile al possi-bile errore di interpretazione da parte dell’os-servatore (Lumbreras et al., 2005). D’altraparte, il liquido sinoviale può contenerequantità di cristalli e di altre particelle impos-sibili da identificare con certezza al micro-scopio ottico, spesso a causa delle dimen-sioni troppo ridotte. Il microscopio elettronicoa scansione (SEM) è stato utilizzato in que-sta ricerca proprio per caratterizzare in ma-niera più puntuale tutti i tipi di cristalli e com-prendere il loro possibile significato cliniconell’ambito delle malattie reumatiche ed inparticolare dell’osteoartrosi. Oltre all’identifi-cazione e caratterizzazione di diversi tipi dicristalli di fosfato di calcio (Fig. 1), in alcunicampioni sono state inaspettatamente rileva-te anche particelle di SiO2 di dimensioni del-l’ordine del micron dalla morfologia irregola-re e angolosa (Fig. 3c). L’analisi diffrattome-trica (XRD) ha sorprendentemente ma ine-quivocabilmente identificato la fase comequarzo (Oliviero et al., 2008) (Fig. 3d). Unnuovo obiettivo della ricerca è quindi diven-tato capire dove e come queste particelle sifossero formate. Le ipotesi di una contami-nazione accidentale dei campioni o di unaprovenienza esterna sono state consideratefin dall’inizio e non ancora del tutto escluse,ma l’eventualità che SiO2 si possa formare

all’interno dell’organismo, e in particolaredella capsula articolare, viene attualmentevalutata come ipotesi verosimile. È noto cheil silicio è presente nel corpo umano ed è as-sociato soprattutto ai tessuti connettivi comeossa e cartilagine. Purtroppo, la tanto comu-ne quanto ingannevole associazione di ideesilicio=silice=silicosi ha trasmesso al siliciouna pessima fama di elemento causa di ter-ribili patologie polmonari. In verità è altret-tanto comune l’impiego di termini simili erro-neamente utilizzati come sinonimi (soprattut-to silicio, silice, silicone), che generano con-fusione anche nella terminologia anglosas-sone (rispettivamente silicon, silica, silicone)e nella loro traduzione. Senza entrare tropponel dettaglio, la distinzione fra i tre termini èpresto fatta dal momento che per silicio si in-tende inequivocabilmente l’elemento chimico(Si), mentre il silicone è un particolare poli-mero inorganico contenente silicio.La silice è invece un composto del silicio lacui formula chimica è SiO2, ma la sua appa-rente semplicità nasconde una notevole diffi-coltà nel classificare le varie forme in cui sipresenta in natura, differenziabili in funzionedel grado di ordine della struttura. Si va quin-di dalle fasi strettamente cristalline, nel cuidiagramma di fase vengono identificati i poli-morfi quarzo-α, quarzo-β, tridimite, cristoba-lite, coesite e stishovite, al cosiddetto “quar-zo microcristallino” o “silice microcristallina”per cui le dimensioni granulometriche (<1µm) consentono di identificare diverse spe-cie “fibrose” (calcedonio, agata) e “non-fibro-se” (selce, diaspro, onice), per finire con la“silice amorfa” che differisce dalle fasi cristal-line per l’assoluta mancanza di ordine e chesi può formare in natura nei più disparati con-testi (opale, diatomite, vetro, tectite, ossidia-na, lechatelierite, fulgurite, ecc.).Il silicio, soprattutto come ossido (nelle suevarie forme), come si sa è stato ed è moltostudiato in relazione, quasi esclusivamente,alla silicosi e patologie simili, legate quindiall’inalazione di particelle dall’ambienteesterno. Sempre in questo contesto, è statoinoltre correlato a malattie autoimmuni (scle-rodermia) e patologie renali, oltre ad essere

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Figura 2. Immagine al microscopio ottico di un aggre-gato di piccole particelle non classificabili presenti in uncampione di liquido sinoviale. Il campione poi analizza-to al SEM è risultato contenere cristalli di SiO2.

ritenuto un probabile carcinogeno nell’uomo.Tuttavia, dal momento che il silicio è certa-mente presente nel corpo umano come ab-bondante elemento in traccia ed è associatosoprattutto ai tessuti connettivi come ossa ecartilagine, ulteriori analisi di dettaglio, tra cuiuno studio pilota su una testa femorale, sonoattualmente in corso per stabilire se e comecristalli di SiO2 si possano formare nell’am-biente sinoviale e in quale relazione essipossano essere con la patologia reumatica.

Materiali e metodiPazienti e campioniMediante artrocentesi sono stati raccolti i li-quidi sinoviali dal ginocchio di 25 pazienti af-

fetti da OA (8 M, 17 F, età media 67.4 ± 9.4).I pazienti selezionati non avevano ricevutoiniezioni intraarticolari di steroidi da almenotre mesi; nessuno era sottoposto a tratta-mento intraarticolare con acido ialuronico.La descrizione e l’analisi dei parametri clinicidei pazienti sono trattate estesamente in Oli-viero et al. (2008).

Analisi del liquido sinoviale mediante mi-croscopia otticaI campioni di liquido sinoviale sono stati ana-lizzati al microscopio ottico subito dopo l’ar-trocentesi. Previa centrifuga sono stati iden-tificati cristalli di pirofosfato di calcio diidratoin luce trasmessa polarizzata tramite l’uso di

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Figura 3. (a): immagine al SEM del concentrato solido di un campione di liquido sinoviale contenente cristalli, de-positato sul supporto al carbonio (b): ingrandimento dell’immagine precedente in cui si riconoscono concentrazionidi cristalli di piccole dimensioni. (c): ad elevati ingrandimenti è possibile osservare la morfologia dei cristalli di SiO2

ed apprezzarne le piccole dimensioni, che raramente raggiungono i 5 micron. (d): lo spettro di diffrazione RX otte-nuto da questo campione dimostra la natura cristallina dell’SiO2 identificato come quarzo.

compensatori, in accordo con il loro segno egrado di birifrangenza e la loro morfologia.La colorazione mediante rosso di alizarina èstata utilizzata per identificare i cristalli di fo-sfato basico di calcio che reagiscono for-mando complessi rossi e birifrangenti (Paulet al., 1983).Le fasi di prelievo, preparazione e analisi deiliquidi sinoviali mediante microscopia otticasi sono svolte presso i laboratori del Diparti-mento di Medicina Clinica e Sperimentaledell’Università di Padova.

Analisi del liquido sinoviale mediante mi-croscopia elettronica a scansione e dif-frattometria a raggi XTutti i campioni sono stati accuratamentepreparati per l’analisi al SEM utilizzando lamedesima procedura. I campioni sono statimanipolati osservando la massima attenzio-ne nell’evitare ogni contaminazione esterna,utilizzando materiale usa e getta (guanti, si-ringhe, micropipette e provette), in totale as-senza di vetro. Per escludere ogni eventuali-tà, campioni di acqua deionizzata sono statipreparati ed analizzati parallelamente aicampioni di liquido sinoviale.Per ciascun liquido, un volume di circa 5cc èstato utilizzato per separare i cristalli dal li-quido. I campioni sono stati centrifugati aduna velocità di 3000 giri/min per 5 minuti, trevolte; dopo ogni centrifuga il liquido superio-re è stato estratto e sostituito con acquadeionizzata. Il concentrato solido presentesul fondo della provetta è stato infine estrat-to con una micropipetta e depositato su undischetto adesivo al carbonio e asciugato inforno a 30°C per 24 ore. I campioni sono sta-ti successivamente metallizzati a grafite peressere analizzati al SEM utilizzando le nor-mali condizioni analitiche per osservazionitramite elettroni secondari e retrodiffusi, as-sociate a microanalisi qualitativa EDS (20kV, 150μA, 30mm). Dopo le osservazioni alSEM alcuni campioni sono stati selezionatiper estrarre nuovamente i cristalli da sotto-porre ad analisi diffrattometrica. Il concentra-to solido dei campioni, ottenuto tramite cen-trifuga secondo la tecnica prima descritta, è

stato depositato e lasciato asciugare diretta-mente su uno zerobackground di quarzo,preventivamente testato senza campioneper verificare l'assenza di picchi estranei alcampione stesso. Le analisi sono state effet-tuate con diffrattometro delle polveri Philips,con anodo in rame (condizioni di misura:40kV, 40mA, 15s per step di 0,02° di 2theta).La preparazione e le analisi dei campioni so-no state eseguite presso i laboratori del Di-partimento di Geoscienze dell’Università diPadova e dell’Istituto di Geoscienze e Geori-sorse del CNR (sede di Padova).

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Tabella 1. Presenza, in ciascuno dei campioni studiati,di CPPD, BCP ed altri cristalli identificati mediante mi-croscopia ottica (OM) ed elettronica a scansione (SEM).

Tabella 2. Tabella riassuntiva sulla presenza di CPPD,BCP ed altri cristalli identificati mediante microscopia ot-tica (OM) ed elettronica a scansione (SEM). (k = coeffi-ciente di concordanza).

RisultatiCome specificato in tabella 1 e riassunto intabella 2, le analisi effettuate al microscopioottico hanno rivelato la presenza di pirofosfa-to di calcio diidrato nel 16% dei liquidi sino-viali, mentre cristalli di fosfato basico di cal-cio sono presunti nel 60% dei casi data lapresenza di complessi birifrangenti coloratidall’alizarina. Nel 40% dei campioni sonostati inoltre osservati cristalli debolmente biri-frangenti e di forma irregolare. Le osserva-zioni eseguite al SEM mediante elettroni se-condari e retrodiffusi, associate alla microa-nalisi EDS, hanno permesso l’identificazionedi diverse tipologie di cristalli patogenici. So-no stati rilevati cristalli di pirofosfato di calciodiidrato nel 32% dei campioni e fosfato basi-co di calcio nel 24% di essi. Entrambi i tipisono stati identificati assieme nel 12% deicasi. Il grado di concordanza tra microscopiaottica e SEM è risultato di 0.83 per il pirofo-sfato di calcio (CPPD) e 0.64 per il fosfatobasico di calcio (BCP). Oltre ai fosfati di cal-cio, in 8 dei 10 pazienti (32%) per i quali lamicroscopia ottica aveva individuato cristalliirregolari (Fig. 2), le analisi al SEM hannoevidenziato la presenza di cristalli di ossidodi silicio, verosimilmente SiO2 (Fig. 3). Unosolo di questi campioni presentava anchecristalli di pirofosfato di calcio. L’analisi SEM-EDS ha consentito di rilevare con certezza lapresenza di silicio e ossigeno, ma non è ingrado di specificare se la sostanza corri-sponda ad una fase cristallina (come quarzo,tridimite, cristobalite, ecc.) o a silice amorfa(vetro, opale, ecc.). Sulla base delle osser-vazioni compiute al SEM sono stati quindiselezionati alcuni campioni particolarmentericchi di questo particolato solido da cuiestrarre una sufficiente quantità di materialeda sottoporre all’analisi diffrattometrica. Glispettri di raggi X risultanti dall’analisi hannorivelato inequivocabilmente i picchi ben defi-niti di una fase cristallina corrispondente alquarzo (Fig. 3d).

DiscussioneIn questo studio è stato utilizzato il SEM percaratterizzare i cristalli presenti nei liquidi si-

noviali di pazienti affetti da OA. Sono stati ri-levati cristalli di pirofosfato di calcio diidratonel 32% e di fosfato basico di calcio nel 24%dei campioni dei campioni analizzati. Il datopiù rilevante è che il SEM ha consentito, ol-tre alla caratterizzazione di questi cristalli, diidentificare cristalli di SiO2 nel 32% dei liqui-di analizzati. Tuttavia, i cristalli di SiO2, chenon possono essere distinti al microscopioottico in base alle loro caratteristiche otticheo morfologiche, non sembrerebbero tali daindurre ad errate classificazioni né sembre-rebbero correlabili con l’attività clinica di ma-lattia. La possibile origine di questi microcri-stalli di silice all’interno della cavità articolareè tuttora fonte di dibattito. La prima volta chequesti cristalli furono identificati come SiO2 ilnostro primo sospetto fu rivolto ad una pos-sibile contaminazione di alcuni campioni.Particelle composte da silicio sono state pre-cedentemente descritte in liquidi sinoviali einterpretate come artefatti generati durantele procedure tecniche di analisi (Bardin et al.,1984; Faure et al., 1985).Il nostro tentativo è stato dunque quello diverificare l’attendibilità di questa ipotesi ripe-tendo immediatamente le analisi al SEM evi-tando ogni tipo di materiale contenente ve-tro. Inoltre, dall’analisi di campioni di con-fronto preparati con acqua deionizzata non siè rilevata alcuna traccia di SiO2. Infine, peraccertare che il silicio non fosse rilasciato inalcun modo dalle provette, sei di queste, nonancora utilizzate per depositare il campionedi liquido sinoviale, sono state riempite diacido fluoridrico (in grado di dissolvere ilquarzo); dopo cinque giorni l’acido contenu-to nelle provette è stato analizzato medianteICP-OES dando esito negativo per il silicio.A questo punto, stabilito che queste particel-le possono ragionevolmente essere definitemicrocristalli di silice, la domanda è: da doveprovengono?Se l’ipotesi della contaminazione dei cam-pioni è prossima ad essere scartata, non èancora del tutto esclusa la possibilità di un’o-rigine esterna, per esempio a seguito di ina-lazione (polveri), ingestione (farmaci, cibo) oaltre forme di introduzione dall’esterno (far-

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maci, protesi). Tuttavia, è certamente più av-vincente esplorare la possibilità alternativache i cristalli si formino all’interno dell’organi-smo umano, più probabilmente all’internodella capsula articolare (liquido sinoviale,tessuto sinoviale, cartilagine o osso).È noto che il silicio è uno dei più abbondantielementi in traccia presenti nel corpo umanoed è associato in special modo ai tessuticonnettivi, come ossa, tendini, cartilagine,pelle e vasi sanguigni. È certo inoltre che es-so gioca un ruolo fondamentale nella cresci-ta ossea e nella formazione della cartilagineè può agire come agente cross-linkante nel-la formazione dei tessuti connettivi. Concen-trazioni crescenti di silicio sono state misura-te in corrispondenza del callo osseo durantela rigenerazione dei tessuti in seguito a frat-ture (Belous and Skoblin, 1963). Facilitandol’interazione fra mucopolisaccaridi e protei-ne, il silicio contribuisce anche all’architettu-ra e all’elasticità della cartilagine (Carlisle,1970; Schwarz, 1973). Diversi esperimenti invitro, ex vivo e in vivo riportano gli effetti be-nefici della somministrazione di silicio sullosviluppo di ossa e cartilagine, anche se imeccanismi non sono ancora completamen-te chiari (Lassus, 1997; Reffitt et al., 2003).In un contesto certamente diverso, anchel’organismo umano si è visto in grado si pro-durre calcoli urinari silicei (Kim et al., 1983),

fatto assai comune per molti altri animali(Stewart et al., 1990).D’altra parte è ben noto che nel mondo bio-logico molti organismi (spugne, diatomee,radiolari, piante e molluschi) sono in grado diprodurre strutture silicee anche da soluzionisottosature, pH circa neutro e a temperaturee pressioni ambientali (Dove et al., 2003). Inquesto ambito è decisamente rilevante sotto-lineare la capacità di alcune piante di pro-durre silice cristallina (Lanning et al., 1958;Sterling, 1967; McManus et al., 1979; Harperet al., 1982; Lanning and Eleuterius, 1985).A sostegno dell’ipotesi che quarzo microcri-stallino si possa formare nella capsula arti-colare è interessante considerare che alcuniricercatori hanno prodotto silice con tessituracristallina a partire da una soluzione acquo-sa, a pH 7, a pressione e temperatura am-biente, in presenza di biomolecole (Perryand Keeling-Tucker, 1998). Anche a seguito di queste osservazioni econsiderazioni è stato recentemente iniziatouno studio pilota su una testa di femore. Leprime analisi al SEM hanno rivelato una con-centrazione sorprendentemente elevata disilicio in alcuni punti localizzati in un sottile li-vello di circa 15μm sulla superficie dell’ossocorticale (Fig. 4). Questa unica misurazionenon è assolutamente sufficiente per afferma-re che cristalli di SiO2 si possano formare in

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Figura 4. Immagini al SEM di una sezione trasversale della testa di femore analizzata. Nell’immagine a sinistra so-no evidenti le differenti strutture dell’osso trabecolare (porzione inferiore) e dell’osso corticale (porzione superficia-le). Nell’immagine di destra (il dettaglio dell’immagine precedente), si osserva il sottile strato superficiale (contorna-to in bianco) in cui, mediante analisi puntuali SEM-EDS, sono state misurate elevate concentrazioni di silicio.

quel contesto ed evidentemente sono neces-sarie ulteriori analisi di approfondimento.In conclusione, le implicazioni relative ai cri-stalli di SiO2 da noi rinvenuti nei liquidi sino-viali sono ancora da chiarire, ma la loro pre-senza non sembra consistente con l’ipotesidi un’origine esterna. Assieme a ciò, nume-rosi studi convergono a rendere verosimilel’ipotesi che cristalli di SiO2 si possano for-mare anche nel corpo umano.Il primo obiettivo delle ricerche attualmentein corso è pertanto stabilire in maniera defi-nitiva se e come i cristalli di SiO2 si forminonella cavità articolare e quali possano esse-re le relazioni tra questi e la patologia reu-matica in atto.Poiché l’analisi dei cristalli presenti in liquidisinoviali patologici è indispensabile per unadiagnosi precoce e corretta della malattia, unloro studio più approfondito potrebbe rivelar-si fondamentale per migliorare la compren-sione di patologie le cui cause e meccanismisono ancora parzialmente sconosciuti e perle quali non esistono ancora terapie comple-tamente efficaci.

RingraziamentiSi ringraziano il Dr A. Giaretta per le analisiICP-OES e il Dr F. Zorzi per le analisi XRD ele utili discussioni sulla silice.

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AbstractThe main purpose of this paper aims at thecharacterisation of the surface potential ofvarious layered minerals for the control ofDNA, nucleotides and cells adsorption. A cri-tical factor in the imaging of biomoleculesand biomolecular processes is the nature ofthe substrate on which the biomolecule is ad-sorbed. In the past, the underlying assump-tion, derived from current models of biomole-cules’ adsorption, is that the substrate surfa-ce plays a “passive” role in the process andfunctionalization is required before or duringthe deposition. Several techniques havebeen developed to tailor the adsorption ofbiomolecules according to different experi-mental requirements. These include thefunctionalization of the surface with self-as-sembled monolayers, the use of ligand-re-ceptor complexes and the regulation of thebuffer conditions. Our experiments showedclearly that the above assumption is notcompletely correct for layer silicates becausevery similar atomic flat crystals, as in the ca-se of muscovite and biotite, presented verydifferent affinity to DNA adsorption. Further-more, it was found that chlorites have theability to nanoconfine the deposition of DNAmolecules on particular areas (brucite-like) ofthe surface. This effect became even moreinteresting when it was noted that some DNAstrands could be stretched between two bru-cite areas. The stretching was shown to beproduced by the anisotropy of the surfacepotential and therefore can be considered an

active process induced by the surface. Themolecules were also shown to be “suspen-ded” between the two brucite areas with verysmall interactions with the underlying surfa-ce. The possibility to manipulate DNA mole-cules on a flat surface, as in the case of chlo-rite, has great potential, in biological, medicaland health sciences, for example to exploitits use (and that of similar layer silicates) tostudy DNA-enzyme complexes, cellular be-haviour and biochemical assays.

IntroduzioneUn parametro critico relativo all’osservazionee allo studio a singola molecola di processibiologici è la natura del substrato su cui farassorbire e “fissare” la biomolecola stessa.L’ipotesi fondamentale da cui sono derivati imodelli recenti di bioassorbimento molecola-re, risiede nel fatto che i substrati giocano unruolo “passivo” nel processo e quindi si ren-de necessaria una funzionalizzazione dellasuperficie per rendere efficace la deposizio-ne. Diverse metodologie sono state quindisviluppate per consentire le specifiche depo-sizioni. Queste includono i metodi di funzio-nalizzazione mirati all’autoassemblaggio mo-lecolare di monostrati, l’uso di complessi li-gando-recettore e il controllo delle caratteri-stiche chimico-fisiche del buffer contenentele biomolecole (pH, contenuto ionico, tipo evalenza dello ione elettrolita, ecc.). I risultatidi nostri esperimenti recenti hanno però evi-denziato che queste ipotesi non sempre so-no necessarie per i fillosilcati, poichè super-

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CONDENSAZIONE PREFERENZIALE E CAMBIAMENTOCONFORMAZIONALE SPONTANEO DEL DNA SU SUPERFICI DI

FILLOSILICATI

DNA CONDENSATION, ORDERING AND SPONTANEOUSCONFORMATIONAL CHANGES ONTO LAYER SILICATES

Giovanni Valdrè

Dipartimento di Scienze della Terra e Geologico-Ambientali, Università degli Studi di Bologna,Piazza di Porta San Donato 1, 40126 Bologna. E-mail:[email protected]

fici, atomicamente piane e molto simili, qualiquelle delle muscoviti e delle biotiti hanno in-vece mostrato un’affinità e una condensazio-ne molto differente per il DNA (Valdrè et al.,2004). Inoltre, si è scoperto che superfici diclorite presentano la capacità di “nanoconfi-nare” la deposizione di molecole di DNA inaree superficiali particolari, quelle di tipo-bru-cite (Valdrè et al., 2004; Valdrè, 2005; Valdrè,2006a). Questo effetto è diventato ancor piùinteressante quando si è visto che singoli fi-lamenti di DNA possono essere posti in ten-sione meccanica tra due substrati bruciticiadiacenti ottenuti per sfaldatura (Antognozziet al., 2006). Si è dimostrato che lo stira-mento (stretching) del singolo filamento diDNA è causato dall’anisotropia del potenzia-le elettrico alla superficie della clorite e quin-di può essere considerato un processo attivoindotto dalla particolare superfice (Valdrè,2007a). Si è visto che le molecole di DNA intensione sono sospese “a ponte” tra stratiadiacenti di brucite con un’interazione elet-trostatica debole tra la superficie sottostantee quella parte di DNA sospeso. La misurasperimentale dell’elongazione e anche la si-

mulazione teorica hanno evidenziato unapossibile transizione conformazionale dellamolecola stessa del DNA indotta dal poten-ziale nanoconfinato presente sulla superficiedella clorite.

Risultati e discussioneE’ stata adottata la formulazione strutturisticaatomico-molecolare, che mostra come gliatomi e le molecole sono distribuiti alla su-perficie, che è l’interfaccia fra l’interno (bulk)di un solido con l’ambiente esterno, e comequeste possono interagire con biomolecolesemplici o complesse di interesse per la bio-medicina, le biotecnologie e per l’origine del-la vita. Questi studi non soltanto ci consento-no di ottenere delle informazioni su qualipossano essere gli habitat di questi “oggetti”ma, quale ulteriore risultato, possono portareanche ad individuare materiali di utilità per lebiotecnologie o per la ricerca biomedica.L’approccio di ricerca è di tipo “bottom-up”: siparte dalle molecole del substrato, dai po-tenziali di superficie, per cercare di capirecosa può succedere quando un “oggetto” or-ganico semplice o complesso, quindi già or-

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Figura 1. Immagine AFM della deposizione di DNA, nelle stesse condizioni sperimentali, su superfici atomicamentepiane di Muscovite e Biotite.

ganizzato, tipo una cellula, interagisce conuna superficie minerale.La figura 1 riporta immagini di microscopia aforza atomica (AFM) della deposizione delDNA, condotta nelle stesse condizioni speri-mentali, su due superfici di minerali estrema-mente diffusi in natura quali la muscovite e labiotite appartenenti al gruppo delle miche.Prima della deposizione le superfici dei dueminerali erano state sfaldate per garantire laplanarità a livello atomico. Depositando sulledue superfici concentrazioni omogenee diDNA nelle stesse condizioni termodinami-che, il risultato è il seguente: nel caso dellamuscovite, le molecole di DNA sono disper-se e si riescono a distinguere circa una deci-na di singoli filamenti con le tipiche confor-mazioni rilassate del DNA; nel caso dellabiotite si nota una condensazione del DNA dicirca 50-100 volte più elevata, tant’è che ildeposito si presenta come un film continuo.Dalle due immagini si deduce che la superfi-cie di un minerale, nonostante la planaritàatomica e l’appartenenza allo stesso gruppomineralogico, può interagire con la sostanzaorganica in modi completamente differenti acausa del differente potenziale atomico disuperficie (Valdrè, 2007a).Occorre tener presente che gli atomi che co-stituiscono la superficie di un cristallo non sitrovano in una condizione energetica identi-ca a quella degli atomi che sono all’internodel cristallo che hanno la quasi totalità dei le-gami soddisfatti, ma sono in una condizioneparticolare. Quando in natura un mineraleviene sfaldato si creano delle superfici libere;queste superfici interagiscono con l’ambien-te circostante e tendono ad una condizionedi equilibrio. Ad esempio in figura 2 si vedo-no i piani di sfaldatura basale della clorite,minerale diffuso in molti suoli argillosi. I sin-goli piani presenti in figura 2 differiscono inaltezza di solo mezzo nanometro e corri-spondono quindi ai piani di tipo brucite e tiposilossano. Considerati singolarmente, i duepiani presentano delle caratteristiche chimi-che e di potenziale elettrico superficiale com-pletamente differenti. La figura 3 riporta unaserie di immagini di microscopia a forza elet-

trica (EFM) che ci permette di osservare co-me varia il potenziale alla superficie dellaclorite a mano a mano che ci allontaniamodalla superficie stessa. La prima immagine èstata presa alla distanza di 10 nanometri dal-la superficie, la seconda a 15, la terza a 30,poi a 50 e a 70nm. Con le osservazioni EFMpossiamo misurare e vedere la distribuzionespaziale di un potenziale efficace di superfi-cie variabile da qualche unità a centinaia dimV; esso si azzera a circa 100-200 nanome-tri a seconda delle condizioni ambientali.Queste osservazioni sperimentali sono stateintegrate da simulazioni bidimensionali del-l’andamento del potenziale utilizzando le leg-gi dell’elettrostatica (Valdrè, 2006b; Valdrè,2006c; Valdrè and Moro, 2006; Valdrè et al.,2006; Valdrè, 2007a; Valdrè and Moro,

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Figura 2. In alto: Immagine AFM della superficie di sfal-datura di un monocristallo di clorite. In basso: analisiquantitativa del profilo di un gradino brucitico lungo la li-nea indicata nella figura in alto.

2007). In figura 4 viene riportato l’andamen-to del potenziale calcolato: esso è elevato inprossimità della superficie, poi tende a cala-re e raggiunge zero a 200 nanometri circa inaccordo con i dati sperimentali. Per capirecome si genera questo comportamento, ov-viamente, l’approccio deve essere quellodella strutturistica.

La clorite è un fillosilicato costituito da tantistrati TOT di spessore nanometrico e chemediamente sono negativi, inframmezzati dastrati positivi di tipo brucite di circa mezzonanometro di spessore. Segue nuovamenteuno strato TOT, poi ancora la brucite e cosìvia. Possiamo considerare la struttura comecomposta da impilamenti (stacking) alternati,

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Figura 3. Immagini EFM dell’andamento del potenziale di superficie della clorite in funzione della distanza.

Figura 4. Simulazione teorica dell’andamento del potenziale di superficie della clorite. Sono stati simulati sia gli stra-ti positivi tipo brucite (rosso) e sia gli strati negativi tipo silossano (blu).

regolari, di questi strati positivi e negativi. Al-la superficie di sfaldatura questi strati nonappaiono continui, ma presentano particolarimorfologie a seconda della tipologia di frattu-ra. La figura 5 mostra un’immagine AFM diuna superficie naturale sfaldata di clorite do-po l’interazione con una soluzione a pH 7.5contenente DNA. Si osserva che la fascia la-terale sinistra del minerale è completamentericoperta da filamenti di DNA, che è distribui-to sulla superficie quasi senza soluzione dicontinuità, mentre la fascia laterale destra ècompletamente esente da DNA. La superfi-cie del lato di sinistra è costituita da uno stra-to positivo di tipo brucitico e poichè il DNA inqueste condizioni sperimentali si trova es-senzialmente in uno stato di carica negativa,viene conseguentemente attirato e deposita-to. Il lato destro, invece, che corrisponde al-la superficie tipo silossanica negativa, ovvia-mente non accetta il DNA.

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Figura 6. Immagine AFM 3D della deposizione selettiva del DNA su clorite.

Figura 5. Deposizione di DNA su superfici di clorite chepresentano strati brucitici (positivi) con DNA e strati si-lossanici senza DNA.

In figura 6 si può osservare un’immagine 3Ddella deposizione del DNA sulla clorite, nellaquale è ben visibile il gradino di discontinuitàdella superficie: nella parte in alto a sinistrasono presenti tanti filamenti visti in 3D, nellaparte in basso a destra non c’è DNA, ma so-lo alcuni sali precipitati dalla soluzione cheappaiono sotto forma di piccoli agglomerati.La figura 7 mostra come la simmetria del cri-stallo possa giocare un ruolo fondamentalein questi fenomeni di interazione. La figura ri-porta l’immagine AFM delle due facce anti-speculari sfaldate: in una faccia il DNA si èdepositato soltanto nella parte centrale; nel-l’altra faccia, invece, che è antisimmetrica eche per sfaldatura porta l’opposto delle cari-che, il DNA si è depositato nelle due zone inalto e in basso, e non in quella centrale.Sono state anche studiate le superfici di al-tri fillosiliocati e minerali a strati estrema-mente diffusi. Per esempio nel caso della flo-gopite si osserva che anche questo fillosili-cato presenta un’altissima densità di deposi-zione del DNA. Sono state confrontate le su-perfici di quattro minerali in interazione con ilDNA: il talco, la pirofillite, la brucite e la ver-miculite. Ognuna di esse presenta un proprioschema (pattern) di interazione con la mole-cola del DNA producendo una caratteristicadistribuzione superficiale (Valdrè et al., 2004;

Antognozzi et al., 2006; Bruno et al., 2006).È interessante notare come sulla superficiedella vermiculite i singoli filamenti del DNA sisiano disposti in modo tale da creare unamaglia continua a disegno pseudoesagonalesulla superficie (Valdrè et al., 2004). Osser-vazioni condotte su un elevato numero dicampioni (>100) hanno permesso di affer-mare che statisticamente, fra i fillosilicati,quelli triottaedrici a bassa carica media su-perficiale hanno una elevata affinità a con-densare il DNA (figura 8). Abbiamo osserva-to che la superficie del fillosilicato non sol-tanto può condensare il DNA, ma può indur-re dei cambiamenti conformazionali sponta-

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Figura 7. Immagine AFM di due facce antispeculari sfaldate di Clorite: in una faccia il DNA si è depositato soltantonella parte centrale; nell’altra faccia, invece, che è antisimmetrica e che per sfaldatura porta l’opposto delle cariche,il DNA si è depositato nelle due zone in alto e in basso, evitando quella centrale.

Figura 8. Ricopertura superficiale % in funzione dellacarica media di strato per fillosilicati di- e tri-ottaedrici.

nei della molecola e si può controllare questoeffetto (Valdrè, 2007a; Valdrè, 2007b). La figura 9 riporta un’immagine AFM dellasuperficie della clorite che presenta delle zo-

ne positive a condensazione elevata di DNA,mentre in altre zone (indicate da frecce) ilDNA appare sotto forma di piccoli filamentisingoli in una conformazione di tipo allunga-ta (stretched). In queste aree, infatti, il DNAviene portato in tensione da una forza elet-trostatica generata da un gradiente di campoche si stabilisce ai bordi degli strati bruciticisopra lo strato silossanico, così che la mole-cola non è più in una condizione rilassatabensì tesa cambiando conformazione mole-colare. Sperimentalmente questo stiramentoè misurabile in circa 1.5 volte la lunghezzadella molecola “rilassata” in equilibrio. Abbia-mo valutato tramite simulazioni la forza in-dotta sulla molecola da un gradiente di po-tenziale di circa 100 mV (figura 10) che è ri-sultata di circa 60 pN. Considerando il dia-gramma conformazionale del DNA pubblica-to da Bustamante et al. (2003) possiamo no-tare che a questa forza corrisponde unaelongazione molecolare di circa 1.6 in ottimoaccordo con i dati sperimentali. La superficie della clorite può quindi indurreuna trasformazione del DNA da una confor-

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Figura 9. Immagine AFM di singoli filamenti di DNA (in-dicati da frecce) in una conformazione allungata (stret-ched) indotta dalla particolare distribuzione del poten-ziale di superficie della clorite.

Figura10. Simulazioni della forza indotta sulla singola molecola di DNA da un gradiente di potenziale di circa 100 mVsulla superficie della Clorite. La forza è risultata di circa 60 pN e considerando il diagramma conformazionale delDNA pubblicato da Bustamante et al. (2003), riportato a destra, si può notare che a questa forza corrisponde unaelongazione molecolare di circa 1.6 in ottimo accordo con i dati sperimentali.

mazione iniziale ad una superiore senza l’a-zione di alcun agente esterno e/o enzima,soltanto per la presenza di un campo elettri-co superficiale naturale distribuito spazial-mente su aree nanometriche.E’ stata studiata anche l’interazione di super-ficie della clorite con “oggetti” molecolari benpiù piccoli del filamento di DNA, importantiper le biotecnologie, l’origine della vita o perlo studio dell’habitat della vita. Considerando

l’elemento più piccolo che distingue il DNA, ilnucleotide, una delle unità di base, abbiamoosservato cosa succede quando singoli nu-cleotidi, quindi non più filamenti già polime-rizzati, interagiscono con una superficie diclorite sfaldata a zone brucitiche e silossani-che (Figura 11a). Dopo la deposizione ancheil nucleotide, come il DNA, segue le “piste”naturali, ovverosia ciò che la natura ha crea-to sulla superficie di questi oggetti. Immaginiprese a più alto ingrandimento ci consentonodi notare delle zone a fortissima condensa-zione di nucleotidi e, in corrispondenza delbordo, dove il gradiente di potenziale è piùelevato, il materiale è capace di creare degliallineamenti naturali di singoli nucleotidi(fig.11b). Inoltre, se si studiano i profili e glispessori di questi depositi, si osserva chequesti risultano essere molto simili a quellidel DNA e che il potenziale naturale è capa-ce di condensare e allineare le molecolesemplici della vita. In figura 12 è riportatouno schema di deposizione dei nucleotidisulla clorite. Un recente risultato d’interesseper le nano-biotecnologie, è stato quello del-la possibilità di eseguire nanolitografia dellepiste brucitiche della clorite (Valdrè, 2007c;Valdrè, 2007d). La figura 13 mostra delle pi-ste artificiali create “scavando” parti di singo-li monolayer brucitici. In questo modo si aprela possibilità di creare patterns ad-hoc perspecifiche applicazioni biotecnologiche.Le superfici minerali sono in grado di intera-gire in modo specifico anche con elementibiologici più complessi e organizzati quali lecellule. La figura 14 mostra un esempio dideposizione di globuli rossi su alcuni dei mi-

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Figura 11. Immagini AFM dell’interazione di singoli nu-cleotidi con la superficie della clorite. (a) Deposizione astrati come per il DNA; (b) allineamenti e filamenti di sin-goli nucleotidi ai bordi degli strati brucitici.

Figura 12. Schema di deposizione dei nucleotidi sulla clorite.

nerali che abbiamo osservato in precedenzae di cui abbiamo già una notevole banca da-ti. I globuli rossi sono stati fatti interagire, tut-ti quanti preparati nelle stesse condizioni,con superfici di fillosilicati, poi, utilizzando unmicroscopio AFM, si è tentato di sollecitare lecellule con la nanopunta del microscopio in-ducendo una componente di “shear” (scorri-mento) alla cellula (Valdrè and Fabbrizioli,2006).La figura 14a, relativa alla muscovite ci mo-stra un’immagine del globulo rosso non ade-so alla superficie, bensì si notano i movi-menti indotti dalla nano-sollecitazione mec-canica. In questo caso l’interazione con lasuperficie è bassa. Sulla biotite (fig 14b), in-vece, a parità di sollecitazione laterale, i glo-buli rossi sono ben fermi, ancorati, così co-me avviene sulla clorite e vermiculite(fig.14c). In quest’ultimo caso, nell’immagine14d è possibile osservare un singolo canalemolecolare alla superficie della membrana

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Figura 13. Dimostrazione della possibilità di eseguire“Nanolitografia” su clorite. La figura AFM riporta delle pi-ste artificiali A e B create “scavando” parti di singoli mo-nolayer brucitici usando una punta AFM.

Figura 14. Immagini AFM dell’interazione di globuli rossi con alcune superfici fillosilicatiche: (a) Muscovite; (b) Bioti-te; (c) Vermiculite; (d) Osservazione AFM e misura morfometrica del profilo di un canale molecolare di membrana diun globulo rosso depositato su Vermiculite.

della parete del globulo. Queste superficipresentano quindi caratteristiche idonee perla morfometria globulare senza la necessitàdi dover ricorrere a particolari preparazioni,fissaggi o pretrattamenti che sono possibilicause di errori e artefatti. La cristallochimica di queste fasi fillosilicati-che è complessa, ma è stato osservato di re-cente che numerose sostituzioni cationiche eanioniche sono presenti come difetti puntua-li nella struttura cristallina (Valdrè, 2007a) eche alcune di queste possono agire come si-ti acidi e basici (Valdrè, 2007a; Valdrè,2007c; Valdrè, 2007d). Viene riportata in fi-gura 15 un’ osservazione sperimentale EFM

di strati di dimensioni laterali variabili (dal nmal μm) di siti acidi di Brønsted presenti sullasuperficie di particolari cloriti. Nel contempo,per sistemi modello semplici, è stato simula-to teoricamente il ruolo dei siti catalizzatori diLewis e Brønsted che in opportune condizio-ni possono ridurre l’energia di attivazione perprocessi di biopolimerizzazione (Rimola etal., 2005). Questa ultima caratteristica è fon-damentale per studi in cui le superfici dei mi-nerali svolgono ruolo di biocatalizzatori e perricerche sull’origine della vita, e sarà argo-mento dei prossimi programmi di ricercamultidisciplinari (Valdrè, 2006d).

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Figura 15. Osservazione sperimentale EFM di siti acidi di Brønsted in strati di dimensioni laterali variabili (dal nm alμm) presenti sulla superficie di clorite. Sinistra alto: Immagine AFM di una particolare clorite (ricca di Al in brucite)sfaldata. Sinistra basso: profilo dei gradini brucitici di 0.5 nm di spessore. Destra alto: Distribuzione del potenziale disuperficie dell’immagine di sinistra. Destra basso: profilo del potenziale degli strati brucitici e silossanici; si nota cheil potenziale in questa clorite è invertito: quello della brucite è negativo e quello del silossano positivo a causa dei si-ti acidi dovuti all’Al in brucite.

ConclusioniTramite microscopia a forza atomica ed elet-trica (AFM, EFM) è stata studiata, a livellonanometrico, l’interazione tra il DNA, nucleo-tidi e cellule con la superficie della clorite econ quella di altri fillosilicati. Una analisi dettagliata della clorite ha messoin evidenza variazioni di potenziale superfi-ciale ΔV, tra 50 mV e 400 mV che sono staticorrelati alla presenza di zone tipo brucitesopra zone TOT silossaniche. La variazionedel potenziale dipende dalla chimica superfi-ciale, dalla presenza di films d’acqua (watershielding) e dalle condizioni ambientali. E’possibile con la stessa metodologia AFM-EFM condurre operazioni di nanolitografiasulle superfici di clorite per creare zone bidi-mensionali controllate a gradiente di campoelettrico. La distribuzione dei potenziali di su-perfici di clorite può essere utilizzata in ricer-che Nano-Bio-Tecnologiche (esempio DNApatterning, DNA-enzyme interactions). Altrepossibili applicazioni dei fillosilicati possonoriguardare i substrati per assays biochimici,superfici per AFM, elettronica a DNA, bio-chips e biosensori, polimerizzazione e catali-si di biomolecole. Anche le ricerche sugliaspetti ecologico-sanitari della salute dell’uo-mo, così come quelle sull’origine della vita,possono essere vantaggiosamente condottecon questi materiali e metodiche.

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