225
INDICE Indice 1 Introduzione 2 Capitolo I: Le origini 10 1.1 Le origini del Volk 10 1.2 Lagarde, Langbehn, Von Egidy: una fede germanica 19 1.3 La nascita degli stereotipi 32 1.4 Il contributo inglese al razzismo 39 Capitolo II: Il popolo ebraico 45 2.1 La calunnia del sangue 45 2.2 La leggenda dell’Ebreo errante 49 2.3 Gli ebrei e il concetto razza 59 Capitolo III: La nascita del nazionalsocialismo 63 3.1 Le origini francesi 63 3.2 L’affermazione del nazionalsocialismo in Inghilterra, 1

George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

INDICE

Indice 1

Introduzione 2

Capitolo I: Le origini 10

1.1 Le origini del Volk 10

1.2 Lagarde, Langbehn, Von Egidy: una fede germanica 19

1.3 La nascita degli stereotipi 32

1.4 Il contributo inglese al razzismo 39

Capitolo II: Il popolo ebraico 45

2.1 La calunnia del sangue 45

2.2 La leggenda dell’Ebreo errante 49

2.3 Gli ebrei e il concetto razza 59

Capitolo III: La nascita del nazionalsocialismo 63

3.1 Le origini francesi 63

3.2 L’affermazione del nazionalsocialismo in Inghilterra,

Austria e Germania. La realtà Usa. 69

3.3 Il programma del partito nazionalsocialista tedesco 77

Capitolo IV: La soluzione finale della questione

ebraica 85

4.1 Mein Kampf: ideologia e programma del nazismo 85

4.2 Dall’antisemitismo al genocidio 95

4.3 L’olocausto: la teoria razziale in pratica 107

Bibliografia 124

1

Page 2: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

INTRODUZIONE

Il razzismo è uno degli aspetti che da sempre ha connotato il

genere umano. Ciò nonostante, nel corso dei tempi, sono mutati gli

oggetti e le modalità con cui si è esplicato. Nella storia umana, infatti,

sono svariati gli esempi di atteggiamenti ostili che hanno visto opporsi

etnie diverse nonché il prevalere, nella maggior parte casi, di una

fazione sull’altra. Nel corso del XX secolo abbiamo tuttavia assistito a

quello che per intensità ed atrocità, può essere considerato il più

disumano sterminio della storia. L’olocausto è stato l’epilogo dell’

ininterrotto clima di ostilità e di odio che, per oltre quattromila anni,

ha circondato l’intera comunità ebraica. Nel corso della mia analisi ho

focalizzato l’attenzione sui fattori che hanno determinato l’emergere e

la successiva diffusione di una rappresentazione preconcetta e

comunemente condivisa, dell’ebreo usuraio, dell’ebreo in quanto

individuo da “eliminare”. In particolare ho fatto costante riferimento

agli scritti di George Mosse, un intellettuale tedesco-americano che in

quanto ebreo subì, anche se in modo marginale, gli effetti della

persecuzione perpetrata dal regime nazista. Lo storico, infatti, fu

costretto ad abbandonare la sua terra di origine, la Germania, in

seguito al dilagare dei provvedimenti razziali rivolti al popolo ebraico.

E così, proprio a partire dalla sua esperienza diretta, Mosse ha

ricercato le origini, le cause del fenomeno antisemita che ha invaso

con particolare virulenza l’Europa del Novecento. Il prologo della sua

2

Page 3: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

analisi appare contraddistinto dall’affermazione di un continuo

raffronto tra le diverse immagini che, nel corso dei secoli, si erano

diffuse in relazione agli ebrei.

Il deicida, resosi colpevole dell’uccisione di Cristo, si era

trasformato in ricco sfruttatore, adepto di varie e pericolose sette

segrete nonché rivoluzionario. Questa nuova immagine dell’ebreo, che

ha connotato la fase dell’ “antisemitismo moderno”, si è differenziata

nettamente da quella “storica” legata alle condanne religiose, poiché

ha iniziato a individuare nell’ebreo non più il diverso da convertire,

ma il pericolo pubblico da neutralizzare. Indubbiamente le idee

antiebraiche, hanno rappresentato un elemento essenziale del

cristianesimo, laddove il Nuovo Testamento, con la descrizione del

popolo ebraico come popolo barbaro e dissoluto, ha fornito alla

Chiesa una solida base per vilipendere gli ebrei. Questo

atteggiamento, perpetuatosi durante tutto il Medioevo e nel periodo

successivo, giunse con inusitata efferatezza fino all’era moderna

quando, al tradizionale pregiudizio cristiano, si aggiunsero

preoccupazioni di carattere commerciale. In Germania, in Francia

come in Inghilterra i mercanti sostenevano, senza averne alcuna prova

concreta, che gli ebrei minassero la loro vitalità economica. In quel

periodo, a dare ascolto ai razzisti, agli antisemiti, il peso degli ebrei in

Europa e nel mondo era enorme, schiacciante. Gli ebrei, nelle menti

antisemite, assumevano la forma di una piovra che stendeva i suoi

tentacoli su tutti i settori vitali e più importanti della vita delle nazioni:

cultura, amministrazione, politica e soprattutto economia. In realtà, il

quadro era ben diverso. Certo, è indubbio che gli ebrei fossero

3

Page 4: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

significativamente presenti nelle principali attività intellettuali ed

economiche, ma da qui a parlare di una piovra ebraica, il passo è

piuttosto azzardato, soprattutto perché agli importanti incarichi che gli

ebrei ricoprivano un po’ dovunque, si accompagnava il fatto che

ormai essi erano andati inserendosi progressivamente, sia

giuridicamente che psicologicamente, nelle comunità nelle quali erano

attivi, ed ovunque erano accolti senza riserve e senza pregiudizi. Tanto

che spesso questa parificazione in toto morale e materiale, fu tale da

manifestarsi attraverso un profondo attaccamento ai destini dei

territori che essi abitavano e nei casi più estremi addirittura con il

ripudio della propria ebraicità.

In particolare, la prima sezione del presente lavoro, individua

nel Volk e nella ideologia Volksgeist la genesi del sentimento

antiebraico. Il concetto di Volk ha, fin dagli esordi del Romanticismo

germanico, identificato l’insieme di individui legati da un’ essenza

trascendente, di volta in volta definita natura, o cosmo, o mito, ma in

ogni caso un elemento di unione con la più intima natura dell’uomo

nonché fonte della sua creatività, dei suoi sentimenti più profondi,

della sua individualità, della sua comunione con gli altri membri del

Volk. L’individuo era in grado di istituire con la natura un’intima

corrispondenza condivisa con tutto il suo Volk: ciò che dunque finiva

per accomunare l’individuo ad ogni altro membro del Volk era un

comune sentimento di appartenenza. La letteratura popolare tedesca

dava dell’ebreo, ovvero dello straniero, un’immagine sempre più

sgradevole e stereotipata fino a identificarlo come colui che avrebbe

4

Page 5: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

privato il contadino germanico della sua ricchezza, della sua terra,

inducendolo alla morte, il più delle volte associata al gesto doloroso e

quanto mai estremo dell’impiccagione. I teorici del Volk, così facendo,

abbozzavano eroi, nemici e mete. L’ebreo veniva dunque identificato

con la società industriale che sradicava il contadino, lo privava della

sua essenza, ne provocava la morte e così facendo distruggeva la parte

più genuina del Volk. Ma essi non si limitarono a questo: eroi, nemici

e miti si trasformano in ideologia elevata a fede. Responsabilità questa

che, secondo Mosse, spetta principalmente a due intellettuali: Paul De

Lagarde e Julius Langbehn.

Nel corso delle sue riflessioni non sfugge a George Mosse come

anche dall’Inghilterra pervennero, attraverso il darwinismo e il

movimento eugenista, contributi alla teoria razzista.

Alla fine del XIII secolo, in Inghilterra la comunità ebraica era

stata espulsa ma, a metà del XVII secolo, Oliver Cromwell, aveva

provato a reinserire gli ebrei sulle isole britanniche scontrandosi con la

resistenza della popolazione locale. Ciò nonostante Cromwell aveva

concesso ad una colonia di ricchi mercanti di stabilirsi a Londra, dal

momento che essi si erano rivelati utili collaboratori nella risoluzione

di alcune problematiche relative ai rapporti con la Spagna. Londra

divenne così uno dei principali centri di accoglienza degli ebrei della

diaspora.

Tuttavia, malgrado atteggiamenti di apertura nei confronti del

popolo ebraico, bisogna registrare che uno dei maggiori contribuiti

all’affermazione della ideologia razzista, pervenne dalle ipotesi

5

Page 6: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

scientifiche di Darwin, sostenitore della tesi della selezione naturale

nonché della teoria della sopravvivenza. Le teorie scientifiche vennero

erroneamente interpretate, o per meglio dire, si volsero a favore

dell’ideologia razziale. Le tesi darwiniane vennero facilmente

manipolate e applicate agli uomini in quanto portatrici di elementi

fondamentali per motivare le ipotesi della sopravvivenza nonché

superiorità della razza ariana. Le posizioni antisemite in Inghilterra si

guadagnarono rispettabilità poiché, alla fine del Novecento, iniziarono

a diffondersi molteplici trattati di ispirazione antisemita, tutti però

surclassati dall’opera Fondamenta del XIX secolo dell’autore anglo-

tedesco Houston Chamberlain, il quale, fiero di essere divenuto

cittadino tedesco, asseriva che la salvezza morale e spirituale

dell’umanità dipendesse da tutto ciò che era riconoscibile come

germanico. Nel tentativo di avvalorare maggiormente tali asserzioni,

egli nelle sue tesi sosteneva che l’antichità e la mobilità del popolo

ebraico esemplificassero il confronto tra la razza ariana superiore e i

parassiti semiti. Alla luce delle sue convinzioni, Chamberlain

trasformò nei suoi scritti Cristo in un profeta ariano e la razza

germanica nell’erede dei Greci e dei Romani nonché salvatrice

dell’umanità. Gli ariani germanici avevano dovuto sostenere una dura

lotta contro i loro nemici per la realizzazione della loro missione

civilizzatrice ed uno di questi nemici era proprio il cristianesimo

cattolico che aveva cercato di asservire l’anima razziale a leggi

inventate per la prima volta dall’ebreo San Paolo. Chamberlain mise

dunque in luce, nei suoi scritti, come in Germania risiedesse il più

forte nucleo germanico continuatore degli ariani. Era proprio sua la

6

Page 7: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

supposta teoria dell’aspirazione ebraica al dominio mondiale:

impedire ciò e contrapporre la restaurazione di una gerarchia razziale

universale è il compito degli ariano-germanici.

L’Inghilterra assistette anche al diffondersi degli stereotipi

razzisti che già avevano trovato la loro diffusione in altri Stati europei.

Robert Knox professore di chirurgia ed anatomia ad Edimburgo si rese

protagonista di alcuni studi sulla razza i cui risultati vennero resi

pubblici in alcune conferenze tenute nei principali centri inglesi. Knox

giudicava superiori i sassoni per via dell’amore da essi rivolto al

lavoro, all’ordine, alla puntualità negli affari. Essi simboleggiavano la

borghesia ariana, continuamente paragonata con la classe media

ebraica considerata astuta, intrigante ed usuraia.

La seconda sezione si apre con una serie di valutazioni relative

ad alcuni aspetti che hanno contribuito, in maniera anche decisiva, allo

sviluppo di teorie e ideologie che troveranno la loro massima

applicazione nell’ efferata virulenza e rozzezza degli attacchi contro il

popolo ebraico.

George Mosse asserisce che negli ultimi decenni del secolo XIX

e nella prima metà del successivo, le tradizionali leggende che nel

passato avevano gravitato intorno al popolo ebraico vennero

rispolverate per dar maggior risalto alla mistica razziale. E’ utile a tale

proposito risalire all’età medievale per comprendere l’accusa di

omicidio rituale, alla leggenda che vedeva gli ebrei come carnefici dei

bambini cristiani. La calunnia del sangue era adoperata con la finalità

di incolpare gli ebrei di atavismo in quanto protagonisti di sacrifici

umani a differenza dei popoli civilizzati. Il mito che venne a crearsi

7

Page 8: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

riguardo a questa pratica, contribuì ad accrescere le distanze tra gli

ebrei e i cristiani.

Gli antisemiti attraverso l’elaborazione di teorie, temi e stereotipi

nuovi riuscirono ad attuare un processo di modernizzazione della

visione antisemita che non rinnegava le argomentazioni classiche ma

le adattava alle nuove situazioni economiche e sociali dell’epoca.

Nella terza sezione ho esaminato i fattori che hanno concorso

allo sviluppo delle ideologie da cui ha tratto origine il movimento

nazional-socialista. Il movimento razzista che diede inizio al

nazionalsocialismo non fu confinato alla sola Francia, né si estese alla

sola Inghilterra. Anche l’Europa centrale vide l’ascesa di numerosi

movimenti che, nell’auspicare l’affermazione di uno stato nazionale e

sociale, determinarono una maggior diffusione del razzismo in quanto

diretta conseguenza degli antagonismi nazionali nonché del

nazionalismo di cui è esso stesso una componente. È per tali

motivazioni che esso si è sviluppato in aree etnicamente non ben

definite, in zone a nazionalismi misti o, almeno, in zone in cui erano

presenti forti minoranze e in cui erano vivi i contrasti fra i vari gruppi

nazionali. Su di essi poi fu facile far attecchire motivi più

propriamente “materiali”, legati alla concorrenza tra la nuova struttura

economica della Chiesa, (passata da una gestione di tipo feudale ad

un’economia di tipo capitalistico) e le organizzazioni ebraiche

dell’alta finanza. Sembrerebbe che l’Europa fosse, nell’ultimo

decennio del XIX secolo, in preda al caos, alla violenza,

all’immoralità e tutto ciò opera di una ipotetica grande macchina

ebraica dalla potenza infinita. Questo fu il clima che poco dopo vide il

8

Page 9: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

sorgere della politica nazista, che trovò terreno fertile per la diffusione

e la successiva applicazione delle su ideologie.

La quarta sezione è rivolta essenzialmente alla soluzione finale

perpetuata dalle strutture del potere nazista al fine di sterminare,

attraverso un’accelerazione distruttiva che si esplica nei tristemente

noti campi di concentramento, l’odiato popolo ebraico. Eppure, Hitler,

prima di mettere in atto lo sterminio degli ebrei, non aveva nascosto i

suoi intenti, tanto da scriverne in maniera dettagliata in Mein Kampf,

la sua biografia. Qui, infatti, sono chiaramente illustrati l’ideologia e

il programma politico del nazismo: una delirante mostruosità che

venne poi attuata, fin dove fu possibile, con rigida coerenza.

Intorno agli anni cinquanta del Novecento nasce un nuovo

genere letterario, quello del ricordo. Gli scomodi sopravvissuti

raccontano, testimoniano le loro storie. Per la prima volta, in molti

scritti, l’ebreo appare solo e semplicemente il cittadino di qualche

luogo, le differenze quasi scompaiono, si riducono a qualche parola

che abbia a che fare con la lingua ebraica, a qualche abitudine in

particolare. Solo ora, solo in questi scritti, l’ebreo diviene infine

soggetto, degno di agire per proprio conto o di dichiararsi in prima

persona, rappresentazione di tutta l’umanità accomunata dalla

sofferenza e non il complemento oggetto della discriminazione.

9

Page 10: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

Capitolo I

LE ORIGINI

1.1 Le origini del Volk

George Mosse è indubbiamente uno dei più autorevoli storici ed

interpreti del nazismo e del fascismo. Rampollo di una ricca famiglia

borghese di ebrei tedeschi, è costretto, all’indomani dell’avvento del

nazismo al potere, a soli quindici anni, a fuggire dalla Germania.

Inizia in tal modo la sua vita di esule in Francia, Svizzera e Inghilterra

fino ad approdare, alla vigilia della secondo conflitto mondiale, negli

Stati Uniti. Qui scoprì la sua vocazione storica, intraprese la carriera

universitaria e divenne uno dei più originali storici dell’età

contemporanea. Ciò che in particolare contraddistingue la sua opera e

il suo metodo è la capacità di immedesimarsi nelle azioni, nelle

vicende degli esseri umani “(…) Mosse ha studiato il nazismo, il

fascismo, il razzismo, sforzandosi di situarsi all’interno di questi

movimenti, per cercare di comprendere le loro visioni della vita, la

loro mentalità, il loro mondo di idee, di miti (…) situandoli nel loro

contesto storico”1. In alcune delle sue opere relative al fenomeno

nazista, la sua indagine è rivolta non solo all’accurata analisi degli

eventi che lo hanno caratterizzato nel suo pieno manifestarsi ma anche

su aspetti che hanno contribuito al suo affermarsi e che pongono le 1 E. Gentile, George L. Mosse e la religione della storia, in George L. Mosse, Di fronte alla storia, Edizioni Laterza, 2004, p. IX

10

Page 11: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

loro radici in un periodo indubbiamente precedente all’affermarsi del

Terzo Reich. Ne deriva dunque un attento studio di quei principi, di

quelle ideologie che hanno contribuito, con intensità e modalità

diverse, all’affermazione del regime nazista. A tal riguardo uno degli

aspetti che maggiormente sembra interessare George Mosse è il

concetto di Volk, e più precisamente l’evoluzione di cui questo

concetto è stato protagonista a partire dal Romanticismo.

Gli intellettuali tedeschi, fin dagli esordi del Romanticismo

germanico, identificavano con il termine “Volk”, un insieme di

individui legati da un’ essenza trascendente, di volta in volta definita

natura, o cosmo, o mito, ma in ogni caso “tutt’uno con la più segreta

natura dell’uomo e che costituiva la fonte della sua creatività, dei suoi

sentimenti più profondi, della sua individualità, della sua comunione

con gli altri membri del Volk” 2. Era comune tanto al Volk quanto

all’individuo il concetto panteistico di natura. Secondo i pensatori

romantici, la natura, lungi dall’essere fredda e meccanica, era

considerata come viva e spontanea, ricolma di una forza vitale che

aveva il suo corrispettivo nelle emozioni dell’uomo. L’individuo

poteva istituire con la natura un’intima corrispondenza condivisa con

tutto il suo Volk. Ciò che dunque finiva per accomunare l’individuo ad

ogni altro membro del Volk era un comune sentimento di

appartenenza, una comune esperienza emozionale”. Tuttavia in ultima

analisi il Volk non aveva caratteri, dimensioni universali, dal momento

in cui si presentava limitato ad una particolare entità nazionale. A

conferirgli il suo carattere peculiare erano quei tratti ambientali

circostanti caratteristici e familiari ai membri di un Volk ed estranei a

2 George L. Mosse, Le origini culturali del Terzo Reich, EST, 1997, p. 13

11

Page 12: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

tutti gli altri. In tal contesto l’uomo non era considerato come

dominatore della natura; al contrario lo si glorificava sia in quanto

vivente in accordo con la natura e sia in quanto tutt’uno con le forze

mistiche di questa. Ne derivava che, anziché essere incoraggiato ad

affrontare le problematiche relative all’urbanesimo e

all’industrializzazione, l’uomo era allettato a ritirarsi in una nostalgia

arcaica, a fondersi, non nell’ambito della città, ma nel paesaggio, nella

campagna indigena. Da un punto di vista storico il Volk, nello

storicismo nazional-patriottico, si presentava come un retaggio,

un’eredità che il presente aveva avuto da un remoto passato. E così

come la nostalgia del passato medievale aveva assunto un ruolo

prioritario nel Romanticismo, così i teorici nazional-patriottici

contrapponevano l’idillico Volk medievale al presente attuale.

Radicando il Volk nel passato remoto, la storia sembrava dotarlo di

durevolezza: Napoleone e le politiche che si opponevano al

nazionalismo potevano riportare vittorie ma solo in via temporanea,

dal momento che il Volk, il quale era durato per secoli, non poteva

venire distrutto né soggiogato definitivamente. Si va così affermando

questa ideologia nazional-patriottica che si opponeva al progresso e

alla modernizzazione dilaganti nell’Europa del XIX secolo, che si

serviva del Romanticismo per fornire un’alternativa al mondo

moderno industrializzato volto a privare l’uomo della sua

individualità, sradicandolo dal suo ordine, dalla sua vitalità. A ciò il

movimento nazional-patriottico opponeva l’idea di una struttura

sociale pervasa dalla forza vitale, dall’energia del Volk, “il

radicamento, sia nella natura (nell’accezione di paesaggio natio) sia

12

Page 13: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

nella storia evolutiva del Volk, era visto quale stato naturale,

rigenerativo dell’uomo, capace di trasformare l’individuo in essere

creativo, mentre in pari tempo permetteva di ricostruire la nazione

contemporanea secondo il modello del Volk”3.

Il tedesco Herder credette che la storia di un popolo non fosse

opera dell’uomo, ma seguisse un piano divino. Partendo da tale

presupposto, aveva sostenuto che il carattere di un popolo si

esprimeva attraverso il Volksgeist, ossia l’immutabile spirito di un

popolo affinato dalla storia. Ciò che attribuisce unità alla vita e alla

cultura di un popolo è la persistenza di quegli aspetti originari che

rappresentano la sua forza fondamentale. Nelle sue analisi Herder

paragonava la storia ad un albero: “Radice e albero sono in un

rapporto analogo a quello di Dio con le cose create: essi sono principi

che governano un popolo e le sue mutevoli espressioni storiche (…) la

continuità deriva dalle radici, che rappresentano il Volksgeist e i cui

succhi sempre fluenti devono essere conservati da un popolo

attraverso i mutamenti della storia”4. Attraverso i miti, i canti, le

saghe si poteva dunque risalire alle origini e rigenerare lo spirito.

Herder non negava il mondo moderno, dal momento che era parte del

disegno divino. Ciononostante il suo atteggiamento rivelava una certa

ambivalenza: elogiava i progressi dell’epoca moderna ma metteva in

guardia dalla condanna delle epoche più antiche. Ogni fase della storia

era, infatti, una manifestazione della volontà divina. Tuttavia le radici

di un popolo rappresentavano una genuinità intatta di sentimenti, forza

e spontaneità. E così Herder arrivava ad attribuire ad ogni popolo un

3 George L. Mosse, Le origini culturali del Terzo Reich, p.304 George L. Mosse, Il razzismo in Europa, Laterza, 2003, p.43

13

Page 14: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

Volksgeist che si esprimeva attraverso una determinata cultura relativa

a tutta la comunità. In Herder non compare, almeno esplicitamente,

alcuna classificazione razziale. Egli si rese protagonista di una serie di

osservazioni relative agli slavi contro i quali i tedeschi si erano

macchiati di grave colpe e sperava che gli ebrei fossero assimilati al

più presto in Europa. Sta di fatto che Herder, attraverso il suo

pensiero, diede un grande contributo al risveglio della coscienza

nell’Europa centrale e orientale. La lingua nazionale era l’aspetto

essenziale che da sempre aveva rappresentato un elemento di unità e

l’ espressione della spontaneità del Volksgeist, come il succo della vita

di un popolo. La cultura era imperniata sulla lingua nazionale e sulla

letteratura nazionale tradizionale. Anche in tal contesto Herder non

intendeva denigrare i popoli non germanici, di cui apprezzava

ampiamente la letteratura. Considerava infatti i contatti culturali tra le

nazioni come essenziali arrivando, di conseguenza, a rifiutare ogni

tentativo di imporre la propria cultura su un’altra. Ciò che emerge è

l’aspetto cosmopolita del pensiero di Herder, derivante in parte dal

suo cristianesimo. L’importanza attribuita da Herder alla lingua come

espressione di un passato comune fu condivisa da un’intera

generazione di filologi verso la fine del XVIII secolo e l’inizio del

XIX secolo. Detti filologi incentrarono le loro analisi sulle origini

delle lingue nel tentativo di scoprire le radici della razza e giunsero

alla conclusione che il sanscrito era stato la base di tutte le lingue

occidentali e che esso era stato importato in Europa dall’Asia con la

migrazione di popoli ariani.

14

Page 15: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

A partire da questo momento la lingua simboleggia, di fatto, il

cammino condotto da un popolo attraverso il tempo e perciò agli

ariani, i quali avevano dato la loro lingua alle più grandi nazioni

dell’Europa, furono attribuiti tutti gli ideali più onorevoli degli

europei: la nobiltà, il coraggio ed un aspetto gradevole.

In tal contesto appare emblematica la figura di Friedrich Max

Muller, il quale sosteneva che il popolo ariano rappresentasse la virile

razza contadina, adducendo a tale ragione il significato originario

della parola “ariano”, ossia coltivatore della terra. Muller rifiutava una

distinzione basata sui tipi ideali, preferendo invece affermare che la

lingua, piuttosto che il colore della pelle, fosse l’elemento più vicino

all’essenza dell’uomo. Eppure, il rifiuto del tipo ideale ariano

attraverso la negazione dell’armonia esteriore, nelle argomentazioni di

Muller non significava il caos, l’incomprensione delle origini, ma

piuttosto l’elemento capace di stabilire l’esistenza e la natura della

famiglia ariana nei popoli: “ è la lingua che fa l’uomo, la lingua è più

vicina all’essenza dell’uomo della sua pelle o del suo colore, del suo

cranio o dei suo capelli”5.

Oltre Muller, e prima di lui, l’idea di accertare le origini ariane

attraverso uno studio della lingua aveva interessato numerosi studiosi

europei: Adolphe Pictet affermò che la razza ariana, pur essendo

esistita originariamente in India, mediante numerose ondate migratorie

si era insediata in quasi tutta l’Europa. Nell’argomentazione di Pictet

consegue che ogni volta che un qualunque popolo parlasse uno dei

tanti dialetti ariani così sviluppatisi, contribuiva inconsapevolmente

alla ricostruzione di questa razza. In questo contesto l’opera di Pictet

5 F. M. Muller, Three Lectures on the Science of Language, Chicago, 1895, p.54

15

Page 16: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

di comparazione delle tante lingue parlate nell’ambito della grande

famiglia ariana, è stata giudicata quella che ha posto le basi per

ricostruire il mondo degli antichi ariani. Nella classificazione e

descrizione della vita degli antenati, Pictet soleva dipingere gli ariani

come giovani contadini vigorosi destinati alla provvidenza e a

dominare il globo, vivendo così in una sorta di Paradiso terrestre: “Per

Pictet, Muller e molti altri filologi questo Paradiso era in netto

contrasto con quella modernità nel mezzo della quale gli ariani loro

contemporanei dovevano vivere”6

Wilhelm Heinrich Riehl seppe elaborare una visione dell’uomo

e della società in correlazione con la natura, la storia e il paesaggio, in

una chiave di chiara impronta nazional- patriottica. Nel suo celebre

Land und Leute egli prese in considerazione la natura organica del

Volk che, a suo parere, poteva trovare la sua piena realizzazione

soltanto mediante la fusione con il paesaggio natio. Più precisamente

Riehl esamina i diversi gruppi etnici della Germania ponendoli in

relazione al paesaggio da essi abitato. La genuinità dell’ambiente

naturale viene considerata degna di lode e, ad essa, l’autore attribuisce

il merito di conferire alla popolazione qualità quali la sincerità, la

probità e la semplicità. E così la cultura propria del Volk che poneva le

sue radici nella natura si opponeva alla civiltà materialista e

meccanica. Riehl considera ciò che è moderno come la manifestazione

di una natura dell’uomo contraffatta, come un ambito totalmente

privato della genuinità. Dunque i centri urbani di recente sviluppo

sono considerati la causa di inquietudine sociale e di sollevazione

democratica. “Riehl (…) elevò l’ambiente rurale incontaminato a

6 G. L. Mosse, Il razzismo in Europa. Dalle origini all’olocausto, p.49

16

Page 17: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

modello per la struttura sociale da lui voluta; nella contrapposizione

naturale, di campo e foresta vedeva la giustificazione a preservare le

differenze, altrettanto naturali, tra ceti sociali”7. Secondo Riehl

“contadinanza e nobiltà erano due stati sociali i quali vivevano in

obbedienza alle prescritte costumanze e che, inoltre, erano parte

integrante del paesaggio dal cui suolo traevano sussistenza”8. Riehl

riteneva che una terza classe, pericolosa per il corpo politico e non

suscettibile di inserimento nella società del Volk, era venuta in essere:

si trattava del vero e proprio proletariato, consistente di elementi che

Riehl distingueva dalla “genuina” classe lavoratrice e identificava

come il prodotto della modernizzazione. Il proletariato così inteso era

il nemico da schiacciare. Ne faceva parte l’emigrante, il quale

mancando di residenza fissa nel luogo natio, non poteva considerare

come proprio alcun paesaggio. Allo stesso modo ne faceva parte il

giornalista, il polemista e l’iconoclasta che si opponeva agli antichi

costumi incitando il popolo a ribellarsi all’ordine genuino. Ma

soprattutto c’era l’ebreo in quanto inquieto per natura, pur

appartenendo ad un Volk esso non occupava un territorio specifico e,

dunque, era destinato allo sradicamento.

La grande città ed il proletariato sembravano fondersi a

costituire un minaccioso colosso che insediava il Volk. Questa

animosità verso la metropoli svolse un ruolo prioritario nell’ideologia

nazional- patriottica e trovò espressione in formule quali “Berlino è il

feudo degli ebrei” oppure nell’affermazione “le città sono la tomba del

germanesimo”. Detta ostilità ebbe termine solo nel momento in cui,

7 George L. Mosse, Le origini culturali del Terzo Reich, p.33.8 Gerhard Loose, The Peasant in Wilhelm Heinrich Riehl’s Sociological and Novelistic Writings, in “The Germanic Review”, vol. XV, 1940, p.265

17

Page 18: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

nel corso della seconda guerra mondiale, i grandi centri urbani

vennero devastati. Joseph Goebbels nel 1944 ebbe a fare

un’affermazione che da sola comprova la profondità e la pervicacia

dell’atteggiamento anti-urbano nell’ideologia del Volk: era necessario,

affermò il Ministro della Propaganda del Terzo Reich, rispettare il

ritmo di vita delle grandi città sopravvissute ai bombardamenti perché

“in esse i poteri vitali del nostro Volk sono radicati non meno

possentemente che nelle campagne”9.

Verso la metà del XIX secolo la letteratura tedesca prese a

glorificare sempre più il contadino, a proclamarlo l’uomo più vicino

alla natura, quindi al cosmo e al Volk. Berthold Auerbach, facendo del

contadino un eroe nazional-patriottico ed insieme un ideale tedesco,

divenne il cronista più influente della vita delle campagne. Nei suoi

racconti emerge una continua lode della commovente semplicità dei

contadini caratterizzati da un riverente rispetto per le tradizioni e da

un’intima relazione con la natura. Da qui traevano la loro origine virtù

quali la sincerità, l’onestà, l’amore per la famiglia. “(…) un catalogo

di qualità che discendeva dalla convinzione dell’ideologia del Volk,

che gli esseri umani più vicini alla terra fossero anche i più genuini,

come i soli che partecipavano della natura e del paesaggio storico del

Volk; come i soli, ancora, in armonia con la vita spirituale”10.

La letteratura popolare dava dell’Ebreo, ovvero dello straniero,

un’immagine sempre più sgradevole e stereotipata fino ad identificarlo

come colui che avrebbe privato il contadino della sua ricchezza, della

sua terra, inducendolo alla morte, il più delle volte associata al gesto

9 Citato in Victor Klemperer, LTI, Berlin, 1947, p. 240.10 G. L. Mosse, Le origini del Terzo Reich, p.cit., 40.

18

Page 19: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

doloroso e quanto mai estremo dell’impiccagione. I teorici del Volk,

così facendo, abbozzavano eroi, nemici e mete. L’ebreo viene dunque

identificato con la società industriale che sradica il contadino, lo priva

della sua essenza, ne provoca la morte e così facendo distrugge la

parte più genuina del Volk. Ma essi non si limitano a questo: eroi,

nemici e miti si trasformano in ideologia elevata a fede.

Responsabilità questa che spetta principalmente a due uomini: Paul

De Lagarde e Julius Langbehn.

1.2 Lagarde, Langbehn, Von Egidy: una fede germanica.

Nell’ elaborazione delle teorie nazional-patriottiche Mosse, non

poteva non far riferimento ai teorici che sono considerati l’uno il

fondatore e l’altro il profeta del movimento nazional-patriottico: Paul

De Lagarde e Julius Langbehn: “…il loro pensiero ebbe una manifesta

influenza sui diversi settori del movimento nazional- patriottico e (…)

la loro importanza è comprovata dai molti rimandi alle loro opere,

reperibili nella successiva letteratura nazional-patriottica”11.

Paul Bötticher, “(…) che per adozione diviene Paul De

Lagarde”12, nacque a Berlino nel 1827. La sua vita, segnata ai

primordi da un evento nefasto, la morte della madre avvenuta a pochi

giorni dalla sua nascita, appare caratterizzata da un crescente desiderio

rivolto all’acquisizione tanto di competenze linguistiche quanto di

11 G.L.Mosse, L’uomo e le masse nelle ideologie nazionaliste, p.196.12 M. Ferrari Zumbini, Le radici del male. L’antisemitismo in Germania:da Bismarck a Hitler,Il Mulino, Bologna, 2001 p.458

19

Page 20: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

quelle filologiche. Alle delusioni di carattere personale che si

susseguirono nel corso della sua vita, nella formazione di Lagarde, si

sovrappose quella per lui ancor più dolorosa, rappresentata dalla

maniera in cui era avvenuta l’unificazione della Germania di cui, nel

1878, espose analisi e rimedi in una raccolta di saggi: Deutsche

Schriften (Scritti tedeschi).

Egli aveva desiderato la coesione e l’unità tedesca ma quando

questa fu completata, ne colse immediatamente i tratti riconducibili

all’odiata modernizzazione. La stessa solenne proclamazione del

secondo Reich bismarckiano, avvenuta nel 1870, lasciò insoddisfatto

un vasto strato della popolazione tedesca: si ebbe da subito la

sensazione che l’unificazione politica non avesse comportato quella

consapevolezza nazionale, quell’unità profonda di spirito cui molti

aspiravano, ma si fosse fermata ad un livello superficiale, prosaico. Il

pensiero völkisch, sviluppatosi con rinnovato vigore a partire da quel

momento, (ma che aveva le sue radici ideologiche profonde nel

periodo delle guerre napoleoniche e in istanze romantiche) nasceva da

un senso di frustrazione rispetto ad un'unificazione compiuta sotto

l'egida prussiana e ad una scissione confessionale del paese. Di qui la

costante tensione degli intellettuali “nazional-patriottici” verso una

“rivoluzione spirituale” tesa al recupero di un'identità etnonazionale

più profonda e genuina, che si basasse sullo spirito popolare. In questo

caso però il termine rivoluzione va inteso nella sua accezione

particolare, dal momento che quella propugnata e desiderata da

personaggi come Riehl, Lagarde, Langbehn o Egidy non mirava

affatto ad una trasformazione radicale della società loro

20

Page 21: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

contemporanea e ad un rovesciamento delle classi dominanti, ma si

costruiva sull’erompere delle forza primitive della natura e della vita

dello spirito del Volk, dunque sul ricostituirsi dei “sani” valori

tipicamente tedeschi minacciati dalla rivoluzione industriale, dal

modernismo, dall’urbanesimo, dal liberismo. Si trattava, dunque, di un

cambiamento più interiore che storico: “era insomma questione di

atteggiamenti interiori, inerenti solo all’individuo tedesco, al suo Volk

e alla nazione, moderno veicolo politico del Volk stesso”13. E, dunque,

si trattava di un rifiuto tanto del collettivismo comunista che

dell’individualismo liberale, considerati entrambi espressione

ossequiose del razionalismo illuministico. In reazione al clamore

suscitato dai propositi di rivoluzione comunista da un lato, e agli

altrettanto insistenti annunci di una rivoluzione liberale e

modernizzatrice dall’altro, gli intellettuali tedeschi conservatori e

reazionari dell’anteguerra, iniziarono una campagna promotrice di una

visione, di un progetto, di "redenzione" o "riscatto" nazionale che

nasceva da un comune sentimento di disaffezione riguardo alla cultura

liberale e dal senso di perdita di una fede forte nell’autorità. La

fusione geografica realizzata mediante mezzi politici rimaneva a loro

avviso pur sempre superficiale e, anzi, interferiva nel già inarrestabile

processo di declino del Volk. La crescente democratizzazione, insieme

alla industrializzazione e all’inurbamento, annullava poi lo spirito del

Volk e il suo dinamismo: “mancando di una genuina unità, lo Stato

tedesco aveva bisogno di una riorganizzazione delle forze spirituali se

si voleva la vera unità del Volk”14.

13 G.L. Mosse, Le origini culturali del Terzo Reich,cit. p.52.14 Ibidem, p.53.

21

Page 22: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

Tuttavia le tesi conservatrici di Lagarde ad esempio, non

rinnegavano del tutto il desiderio dell’unità dello Stato germanico ma

erano orientate ad una unità ottenuta pur preservando la forza vitale

reperibile nella nazione genuina, nel Volk, e non attraverso

l’imposizione di sovrastrutture imposte dall’alto senza alcun riguardo

per il carattere tradizionale e i bisogni spirituali della nazione tedesca:

“(…) questa grande Germania, forte e satura, sarà garanzia di pace per

tutta l’Europa e quindi tutti coloro che vogliono la pace devono

augurarsi che questo obiettivo venga raggiunto”15. La nazione era,

per Lagarde, dotata di spirito proprio, di un ideale che teneva unito il

popolo e da cui il popolo stesso non poteva essere affrancato.

L’esigenza di spiritualità con Lagarde avrebbe favorito il fiorire delle

istituzioni nazionali dal momento che esse, ritornando alle antiche

fonti di ispirazione tedesche, avrebbero spinto verso una ridestata

coscienza nazionale. Preso di per sé l’individuo non era nulla. Esso

poteva realizzare a pieno sé stesso solo preservando la forza vitale

cosmica che permea lo spirito del Volk. In questo senso è indubbio che

le tendenze di individualizzazione da un lato e spersonalizzazione

(uomo-massa) dall’altro favorirono il sorgere del movimento völkisch.

Vi era, nelle sue impostazioni ideologiche, la convinzione radicata che

solo una energica rivitalizzazione e restaurazione del Volksgeist, dello

spirito del popolo, avrebbe potuto preservare la Germania dallo

scivolamento nel nichilismo e restaurare la grandezza della nazione

tedesca. Perciò era necessario l’impegno dei tedeschi, l’assoluta

dedizione, anche in termini di sacrifici personali, alla reintroduzione

di tali valori: un impegno per il bene comune e un inno al coraggio

15 M. Ferrari Zumbini, op. cit., p.460

22

Page 23: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

marziale. Lagarde, come Langbehn e gli altri scrittori völkisch

mostravano un particolare disprezzo nei confronti del

Besitzburgertum, la borghesia proprietaria, simbolo, emblema

dell’attaccamento ai valori utilitaristici, commerciali antitetici alle

virtù eroico-marziali che essi intendevano esaltare. Essi, affascinati

dal conservatorismo spiritualistico, sostenevano che le popolazioni

contemporanee che le credenze correnti ritenevano si fossero liberate

dai vincoli delle relazioni gerarchiche sussistenti all’interno della

originaria comunità (Gemeinschaft), sarebbero in realtà cadute vittime

delle relazioni economiche impersonali, illuse e ingannate dalle sirene

dell’astratta società del commercio, del libero scambio (Gesellschaft).

La bramosia di denaro alla base della moderna mentalità degli affari,

del business, avrebbe trasformato qualunque cosa, avrebbe fatto della

vita e dei suoi componenti delle unità calcolabili, delle quantità,

assorbendo così il sostrato, la linfa vitale della popolazione e delle

cose. Non bastava una guida politica illuminata a garantire la

concordia e la soddisfazione popolari e neppure lo sviluppo

economico e la prosperità nazionale, ma era necessario un monarca,

sovrano per diritto di successione, assistito dall’”aristocrazia naturale”

al fine di creare una stato organico senza borghesi né proletari, ma

solo popolo, legato e “tenuto insieme in una comune capacità creativa

e unito da un vincolo fraterno”.16

Oltre a fornire la panacea per recuperare salvaguardie come la

genuinità della natura, la tradizione, il carattere storico del Volk e la

sua diretta corrispondenza con Dio, Lagarde propone dunque un

ritorno al passato: “(…) un passato spoglio di tutto tranne che della

16 G. L. Mosse, L’uomo e le masse nelle ideologie nazionaliste, cit. p. 205.

23

Page 24: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

voce primordiale della natura. Era evidente che soltanto le persone che

erano affini alla natura potevano comprendere tramite le loro anime la

forza vitale e cosmica che costituiva l’eternità”17. Egli, dunque, come i

protagonisti del movimento cui si riconosceva di appartenere, era

mosso da un sentimento di ripugnanza nei confronti dello spirito

egoistico, individualistico, commerciale, materiale della società e

dell’economia moderna e proclamava la necessità di una rinnovata

comunione con le forze cosmiche naturali le quali, inaccessibili a una

mente puramente razionale, avrebbero conferito nuovo slancio e

vitalità; avrebbero trasformato lo spirito tedesco ormai sempre di più

inaridito dai mali generati a partire dal 1789, ovvero dallo “spirito di

Manchester”, dall’inarrestabile processo di automazione e

meccanizzazione del mondo industriale moderno. Queste concezioni

antimoderne erano tutt’altro che limitate alla Germania. Altri paesi

europei e gli stessi Stati Uniti ne erano influenzati. Vaste erano le

schiere di intellettuali che lamentavano in questi paesi la

degenerazione, la perdita di significato e intensità, la vuotezza della

vita borghese nell’Europa fin de siècle. La vita aveva perso il suo

carattere di avventura, di sfida e le spiegazioni meccaniche offerte

dalla scienza ai fenomeni della vita apparivano fredde e aride. Sul

piano sociale poi l’arte, il mestiere della classe artigianale da un lato,

il coraggio, la virtù eroica del soldato dall’altro erano divenuti

insignificanti rispetto alla capacità produttiva della catena di

montaggio e al potere del solo fuoco delle armi moderne. Taluni

aspetti della vita come l’intuizione, la spontaneità, l’estasi e la

17 Ibidem, p. 199.

24

Page 25: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

comunione spirituale parevano irrimediabilmente sminuiti, deprivati

del loro significato dalle tendenze emergenti del mondo moderno.

L’ideologia völkisch, apportatrice dell’idea che la causa dello

sradicamento, caratterizzante ormai la vita urbana, cittadina, riposasse

nell’imperante razionalismo scientifico, nell’atomizzazione sociale e

nella tecnologia industriale, avrebbe recuperato le forze che erano

ancora all’opera nelle tradizioni, nei costumi sociali, nella religione,

nel sangue e nel suolo (Blut und Boden), nel linguaggio comune come

nell’arte e nella musica, che costituivano il fondamento unitario di un

certo popolo. Se l’intelletto razionale è utile nell’individuare regolarità

nella realtà materiale, soltanto la comprensione intuitiva, dinamica,

artistica è in grado di rivelare la dimensione misteriosa della creatività

umana e dell’emergere delle culture.

Una volta constatata dunque la perdita del divino o del sacro

nella società, che echeggiava la nietzschiana morte di Dio, si trattava

di compensarla attraverso la sacralizzazione, la divinizzazione del

Volk, facendone così la fonte del senso della vita stessa. A tale

proposito, considerevoli, vista l’influenza che ebbero sull’intero

movimento, furono le considerazioni di Lagarde in merito alla

religione germanica, per il quale essa si basava sul rifiuto del

cristianesimo tradizionale, irrigiditosi nell’ortodossia. Lagarde critica

sia la religione cattolica che le chiese evangeliche considerate forme

vuote, non più vissute interiormente dal popolo, dunque morte. La

spontanea ingenuità e naturalezza dei padri della Bibbia, quella che

aveva infuso loro un naturale sentimento di vicinanza al Creatore,

secondo Lagarde, era stata sostituita e abrogata dalla imposizione di

25

Page 26: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

leggi, prescrizioni e pratiche prosaiche. La legge dogmatica viene

presentata da Lagarde come ciò che ha preso il posto dello spirito e

San Paolo come il responsabile dell’aver ingabbiato il cristianesimo

incorrotto nella sterile legge ebraica, soffocando così gli aspetti

dinamici impliciti nella fede di Gesù Cristo. Lagarde era “uno dei tanti

scrittori del momento che volevano creare una religione tedesca che

soppiantasse lo “sterile semitismo” della religione cristiana

tradizionale”18.

Lo scagliarsi contro la funzione evangelizzatrice di San Paolo

era comune a molti ideologi nazional-patriottici i quali, insieme al

dogmatismo della Chiesa istituzionalizzata e alla moderna ortodossia,

lo ritenevano responsabile di aver ridotto ad unica ed immutabile la

rivelazione di Dio tramite Cristo. Laddove essi invece asserivano che

la rivelazione fosse individuale, personale e parte dell’evoluzione

dinamica dello spirito religioso entro l’individuo, e tale da poter “(…)

aver luogo soltanto entro i confini della comunità, concetto questo che

trovava giustificazione nell’annuncio del Vangelo alla comunità degli

apostoli”19. La tradizione dell’idealismo tedesco e la ridestata

coscienza nazionale furono asserviti al fine ultimo: dare origine ad una

fede basata su un ritorno alle antiche fonti di ispirazione tedesche e

che avesse da fondamento il concetto di Volk percepito come entità

dotata di forte spiritualità, di un istinto creativo più vivo di quello di

altri popoli.

Intesa in questo modo, fusa con i concetti di natura e suolo, la

religione avrebbe ricondotto l’uomo a riconciliarsi col suo io creativo

18 Ibidem, p. 29.19 G.L. Mosse, Le origini culturali del Terzo Reich,cit., p. 54.

26

Page 27: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

e l’avrebbe portato fuori dalle contraddizioni del modernismo. Questo

rifiuto del dogmatismo aveva spinto la religione di Lagarde verso

l’accentuazione della spiritualità e dell’importanza della fede

germanica intesa come l’unico legame capace di tenere uniti i cittadini

tedeschi nel Volk e capace di collegare questo con Dio, ma non si

spinse mai fino ai livelli di misticismo raggiunti da Langbehn. Egli,

che pur condivideva con Lagarde molte affinità personali, poiché

entrambi ebbero ambizioni universitarie che non riuscirono a

realizzare e, da accademici frustrati, diedero voce ad un risentimento

che ebbe notevole influenza sulle loro teorie, trascese la teologia

lagardiana. Ma, da devoto ammiratore di Swedenborg, lo scienziato

svedese che proclamava il primato del mondo extrasensoriale rispetto

a quello reale, Langbehn legò le sue teorie all’occultismo allora di

moda, basamento utile a sviluppare l’impianto concettuale con cui

definire e chiarire il mistico nesso tra individuo e cosmo. Verso la

metà del diciottesimo secolo, infatti, Madame Blavatsky e

Swedenborg erano i rappresentanti più in vista di un movimento

culturale che, condividendo col movimento nazional-patriottico l’idea

di spirito vitale, sosteneva che i misteri del mondo extrasensoriale

potessero essere svelati solo mediante la teosofia, ovvero la “vera

scienza”, “(…) una rivelazione della realtà a opera di voci incorporee

che risuonavano dall’aldilà”20. Madame Blavatsky cercò di studiare la

natura come riteneva l’avessero studiata gli antichi, immaginando che

la natura stessa si “perpetuasse eternamente per mezzo di una forza

20 Ibidem., p. 63.

27

Page 28: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

vitale”21 che appunto rifletteva le entità elettro-spirituali di cui l’etere

vitale era composto.

Langbehn, pur rifiutando di questa visione l’idea dell’esistenza

di fantasmi, le entità incorporee la cui voce era la conferma

dell’esistenza dell’etere vitale, non ne considerava i precetti del tutto

sbagliati, ma “criticava l’occultismo del suo tempo (…) perché era

mal indirizzato, in quanto per mezzo di medium di mestiere rovistava

in cerca di spiriti dove non ce n’erano”22. Ma esso, lo spiritismo in

generale, aveva il pregio di confermare il legame spirituale esistente

tra il Volk e il Dio dell’universo, l’esistenza di un rapporto diretto tale

che “la vita del cosmo e quella dell’uomo erano viste parallele l’una

all’altra e Langbehn riteneva che questa visione dell’uomo e

dell’universo fornisse la soluzione all’enigma del mondo, e soprattutto

che permettesse una visione organica dell’esistenza, un atteggiamento

intimamente mistico, creativo: l’organico è l’artistico”23.

In Rembrandt als Erzieher, l’opera che per un certo periodo fu

per i giovani una sorta di breviario, l’esempio dell’artista semplice,

organico, creativo, fu incarnato da Rembrandt. La scelta di Langbehn

di rendere Rembrandt l’esemplificazione della creatività e dell’innata

tendenza estetica tedesca, era motivata dalla individualità propria del

carattere e dell’opera del pittore: “Se i tedeschi sono principalmente

un popolo individuale, allora in campo artistico solo il più individuale

dei suoi artisti può servirgli come guida spirituale”24. Ed è così che nel

giro di poco Rembrandt viene presentato come il rappresentante di

21 G. L. Mosse, L’uomo e le masse nelle ideologie nazionaliste, cit., p. 201.22 J. Langbehn, Rembrandt als Erzieher, Leipzig, 1900, p. 93, cit. in G.L. Mosse, L’uomo e le masse nelle ideologie nazionaliste, cit., p. 202.23 G.L. Mosse, Le origini culturali del Terzo Reich, cit., p. 64.24 J. Langbehn, Rembrandt als Erzieher, cit., p. 8.

28

Page 29: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

particolari valori e significati e non solo la reincarnazione

dell’individualista, ma anche l’uomo non istruito ma capace della più

alta istruzione, l’uomo rustico e amante della terra, il basso tedesco

per eccellenza, pur se olandese. Perché, come Langbehn stesso,

Rembrandt era originario della Niederdeutschland, espressione

geografica indicante la Germania del nord e i Paesi Bassi: “ Tra tutti

gli artisti tedeschi il più individuale: Rembrandt. Il tedesco vuol fare

di testa sua e nessuno lo fa più di Rembrandt, in tal senso deve essere

ricordato come il più tedesco dei pittori tedeschi”25.

Oltre che motivato da un amore verso la pittura di Rembrandt, il

riferirsi a lui come emblema della vitalità germanica era, per

Langbehn, finalizzato alla testimonianza del carattere razziale dello

spirito vitale stesso: “(…) tutte le virtù nazional-patriottiche, le

fisiche come quelle spirituali, erano considerate eterni doni naturali

trasmessi per via ereditaria, col sangue”26. La fisiognomica iniziava ad

assumere il ruolo che avrebbe esercitato nelle visioni distorte, razziali,

antisemite dell’ideologia nazional-patriottica, visione che con

Langbehn, rispetto a Lagarde, subisce una netta intensificazione. La

“sottile discriminazione” che Mosse individua nei suoi primi scritti27,

diventa presto intolleranza pura verso gli ebrei. Il popolo ebreo infatti,

considerato inizialmente come conforme e fedele ad una legge

propria, dunque distaccato ed ininfluente sul destino tedesco, assume

per Langbehn, negli anni successivi, l’immagine dell’essere impuro

che riesce ad infiltrarsi nell’anima tersa del Volk, corrompendone

irrimediabilmente la genuinità trasmessa col sangue.

25 Ibidem, p. 8.26 G. L. Mosse, Le origini culturali del Terzo Reich, cit., p. 67.27 Ibidem.

29

Page 30: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

In fondo però Langbehn non diceva nulla di nuovo, ma ribatteva

su un sentimento che, negli anni Venti, il confuso concetto dell’etere

vitale di composizione elettro-spirituale aveva diffuso, quello della

supremazia ariana. Che il primo ariano fosse stato creato mediante una

scossa elettrica scoccata direttamente da questo etere o che, come

credevano Madame Blavatsky ed Hartmann, il sole fosse la

manifestazione eterna di un potere spirituale invisibile e che l’ariano

nascesse dal sole, queste teorie, che confluirono in quella che essi

chiamarono teozoologia, segnavano l’inizio dell’ossessione

antisemita.

Tuttavia Mosse nel corso delle sue analisi relative al costruirsi

della fede germanica, non disdegna di evidenziare il contributo che

l’umanesimo di Moritz Von Egidy, paradossalmente, fornisce alle

teorie nazional- patriottiche

Moritz Von Egidy, contemporaneo di Langbehn, seppe

esercitare sul movimento nazional-patriottico un’influenza che valse a

renderlo accetto ai giovani più esigenti. E’ innegabile che la sua

dottrina mistica contribuì a rafforzare la concezione del Volk, come

ricettacolo delle forze spirituali e non solo. Non fu difatti questo il suo

ultimo contributo laddove ancor più significativa fu, sotto molti

aspetti, l’importanza da lui attribuita al ruolo fondamentale

dell’istruzione come mezzo per iniziare la gioventù allo spirito etico-

religioso. Ancora una volta misticismo etico ed ideologia nazional-

patriottica si fondevano fino a rendere il teorico Egidy padre di molti

discepoli che finirono per adottarne le idee. Egli propugnava la

diffusione del cristianesimo a tutta l’umanità mediante una morale, di

30

Page 31: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

ispirazione kantiana, basata sulle buone azioni. In questo si discostava

dall’aspirazione alla forza e al potere che erano propri dei suoi

precursori. Pur tuttavia vi erano alcune significative convergenze: gli

uomini avrebbero potuto rinunciare all’uso della forza nei loro

rapporti e attuare una mutua uguaglianza e questo era l’ideale

utopistico quale materializzazione delle norme stabilite dalle mistiche

forze della natura. In effetti erano questi gli unici criteri di similitudine

dal momento che sia i teorici del Volk che Egidy avevano rinunciato ai

metri morali della società contemporanea ad indirizzo scientifico,

preferendo quelli naturali dello spirito etico- religioso. Entro questa

cornice, Egidy postulò il mistero della fede religiosa: “(…) a suo

giudizio l’uomo obbediva all’impulso istintivo a raggiungere uno stato

di genuina rettitudine, un più alto livello di vita; impulso che

promanando dal segreto dell’intimo, spingeva all’attuazione del suo

potenziale etico; ma questa spinta non era impulsiva, bensì

progressiva”28. In altre parole, essa si manifestava come un’eterna

legge di sviluppo che trovava la propria fonte nell’uomo e il cui fine

ed obiettivo era il conformarsi dell’uomo stesso alle leggi di Dio. La

gioventù dunque, se davvero il suo fine è l’attuazione del potenziale

etico, doveva liberarsi e svilupparsi in un ambiente naturale che desse

libero sfogo allo sviluppo della legge eterna non imponendo

inibizioni, laddove alla scuola spettava il compito di favorire lo

sviluppo di un sentimento di fratellanza. Avviene così in Egidy, e per

la prima volta tra gli ideologi nazional-patriottici, la coesione di

religione ed educazione, aggiungendo una prescrizione di carattere

pratico alle teorizzate religioni germaniche di Lagarde e Langbehn. A

28 Ibidem, cit. p. 72.

31

Page 32: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

questo scopo egli propugnava l’istituzione di scuole unitarie che

abolissero le rigide norme didattiche e che avessero accesso libero a

tutti, senza riguardo alla condizione economica sociale, purchè fossero

tedeschi. Non mancava infatti tra le affinità tra Egidy e il movimento

del Volk accanto all’ambito dell’occultismo e dell’educazione

scolastica, il problema ebraico. Pur proclamando che gli ebrei, capaci

di uno sviluppo spirituale interiore, avrebbero potuto fondersi con il

germanesimo, egli si chiedeva come avessero potuto prendere, con il

loro spirito esoso e con il loro amore per il materialismo “pacchiano”,

il predominio della patria tedesca. Nella spiegazione si rinviene

l’ulteriore elemento di coesione al movimento nazional-patriottico:

“(…) il popolo tedesco condivide la colpa per questo stato di cose e

quindi deve espiare il proprio “peccato” e se cinquanta milioni di

tedeschi riusciranno a purificarsi gli ebrei andranno alla malora”29

1.3 La nascita degli stereotipi

Nel corso della sua dettagliata analisi dei principi che hanno

contribuito allo sviluppo del movimento nazional-patriottico e, di qui,

all’instaurazione dei regimi totalitari che hanno caratterizzato il

Novecento, George Mosse attribuisce un ruolo fondamentale alla

nascita degli stereotipi, ossia a ciò che ha fornito le basi per lo

sviluppo dell’ideologia razziale. “L’antropologia ha avuto origine

dalla curiosità per paesi remoti e per i loro abitanti (…) la

29 Ibidem

32

Page 33: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

classificazione delle varie razze costituenti l’umanità fu in un primo

tempo una delle principali preoccupazioni degli antropologi e un

mezzo per prendere coscienza delle varietà della specie umana”30. Tra

i quesiti che gli antropologi si ponevano, non può non essere ricordato

quello relativo all’influenza che l’ambiente poteva avere nella

costituzione di una razza nonché la problematica relativa alla

ereditarietà o meno, delle caratteristiche proprie di una razza. Mosse

considerava detti quesiti fondamentali dal momento che gli stessi

determinavano quanto profondo e ampio possa essere il divario tra le

razze: se esso sia connaturato e perciò permanente, o legato

all’ambiente e dunque soggetto a mutamenti.

Al XVIII secolo risale uno dei modelli più infausti, un modello

che fonda la classificazione razziale sulla base di preferenze estetiche

e dunque su aspetti palesemente soggettivi. Contemporaneamente

continuarono ad essere evidenziati ed invocati fattori materiali e

ambientali. Il più autorevole fautore della teoria definita lamarckismo,

Jean- Baptiste- Antoine de Lamarck, affermava il ruolo prioritario

dell’ambiente nella determinazione del carattere e nella mutazione

della specie. Lamarck sosteneva che ogni specie era nelle condizioni

di mantenere la propria continuità di forma per tutto il tempo in cui

l’ambiente era costante e che, fino a che prevaleva detta stabilità, essa

acquistava caratteristiche che potevano essere trasmesse

ereditariamente: “Così se la giraffa ha il collo allungato perché

altrimenti non potrebbe raggiungere il cibo, anche i suoi discendenti

devono avere il collo allungato; questa situazione cambierebbe col

30 G.L.Mosse, Il razzismo in Europa, cit. p.22

33

Page 34: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

mutare dell’ambiente, per esempio, se il suo cibo, invece di crescere

sugli alberi, cominciasse a crescere per terra”31.

Tuttavia uno dei pionieri della classificazione razziale su basi

soggettiviste, che avrebbe costituito l’orientamento del futuro, è il

naturalista svedese Carl von Linné. Egli considerava la razza bianca

ricca di inventiva, ordinata e retta da leggi; essa era una razza

superiore poiché rispecchiava i caratteri della classe media. Sul fronte

opposto vi erano i negri pigri, infidi, incapaci di autogoverno. Dette

opinioni razziali sostituivano i valori tipici della morale della classe

media alle teorie dell’ambiente e così le valutazioni di carattere

sociale presero il posto, anche se non ancora del tutto, di quelle

scientifiche.

A Peter Camper, anatomista olandese si deve il concetto di

“fisicamente bello” rintracciabile attraverso il metodo di comparazioni

craniche e misurazioni facciali. Tuttavia è utile sottolineare che

Camper aveva studiato da pittore “(…) e non scienziato e il suo

proposito non era in realtà quello di dare un contributo alla nuova

scienza dell’antropologia, bensì quello di istruire i giovani artisti e

scultori nella storia naturale e nell’amore per l’antichità (…) molti

futuri teorici della razza sarebbero stati pittori e scrittori piuttosto che

scienziati”32. La scoperta più importante di Camper è indubbiamente

“l’angolo facciale” calcolabile attraverso la comparazione delle teste

dei calmucchi e dei negri con quelle degli europei, le une e le altre

poste a loro volta a confronto con la testa della scimmia. Il metodo di

Camper consisteva nel tracciare una linea di congiunzione tra il labbro

31 J. Barzun, Darwin, Marx,Wagner, Boston 1946, p.4932 G.L.Mosse, Il razzismo in Europa, cit. p.27

34

Page 35: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

superiore e la radice del naso e una linea che attraversava

orizzontalmente la faccia, per poi misurare gli angoli risultanti

dall’incontro tra le due linee. Se l’angolo formatosi misurava 100

gradi allora ci si trovava di fronte al tipo ideale. In realtà non esisteva

una simile perfezione e dunque Camper fu costretto a fissare dei

limiti. Ogni angolo dai 70 gradi in giù caratterizzava il negro ed era

più vicino ai lineamenti delle scimmie e dei cani più che a quelli degli

uomini; gli europei avrebbero avuto diversamente un angolo di circa

97 gradi che si avvicinava dunque all’ideale tipo della scultura greca.

Gli antropologi non solo accettarono la teoria dell’ ”angolo facciale”

attribuendo ad essa il ruolo di criterio di misurazione scientifica, ma

approvarono con essa anche un modello ideale di bellezza ponendolo

come fondamento per la concreta realizzazione di una classificazione

razziale. Tuttavia Mosse, nell’analizzare il pensiero di Camper,

asserisce di non aver individuato un’avversione o comunque un

giudizio esplicitamente negativo relativo agli ebrei: “(…) Camper non

sapeva che trattamento riservare agli ebrei che, in fin dei conti, erano

europei. Egli credeva che avessero proprie caratteristiche, come per

esempio una particolare curvatura del naso…Ma al di là di queste

posizioni personali (…) il concetto di razza superiore abbracciava tutti

gli europei”33.

Il vero padre della scienza fisognomica fu Lavater il quale

partiva dal presupposto che si potesse giudicare un uomo osservando

intuitivamente il suo aspetto esteriore dal momento che l’esteriorità

non è nient’altro che la continuazione dell’interiorità e viceversa.

Lavater, che aveva come modello le forme della scultura greca,

33 ibid., p.28- 29

35

Page 36: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

individuava così gli elementi mediante i quali considerare bello un

volto e dunque un’anima: l’omogeneità del corpo e della faccia,

l’uniformità del contorno, la dimensione della figura e l’ “onestà”

manifesta nel ciglio e nella fronte. Per quanto concerne il volto

Lavater si spinse oltre sottolineando l’importanza della regolarità delle

tre principali sezioni in cui esso è suddiviso: fronte, naso e mento. La

fronte doveva essere orizzontale con folti sopraccigli, erano poi

preferibili occhi celesti, naso largo e quasi diritto, mento rotondo e

capelli corti neri.

Le teorie di Lavater interessarono, tra i suoi contemporanei, non

solo Goethe, ma anche il giovane Sir Walter Scott nei cui scritti

appaiono continue interpretazioni fisiognomiche. Scott ricava ogni

giudizio relativo ai suoi personaggi, dal loro aspetto fisico: ad esempio

Romena, l’eroina dell’ Ivanhoe, aveva quell’amabile aspetto cui,

secondo i “fisiognomisti”, corrisponderebbe un temperamento dolce,

timido e gentile34.

Un nuovo impulso a queste concezioni venne dalla frenologia di

Franz Joseph Gall. Egli, asseriva che il carattere di una persona era

strettamente connesso alla conformazione della propria testa. La

frenologia di basava su tre assunti: 1) che il cervello fosse l’organo

dell’intelletto; 2) che esso fosse costituito da una grande varietà di

organi ognuno con una propria funzione; 3) che il cervello

determinasse la forma del cranio. Tuttavia Gall respingeva l’idea che

potessero esistere “crani nazionali” e si rifiutò di classificare le razze

umane. Malgrado ciò la frenologia venne ben presto utilizzata come

fondamento per lo sviluppo di classificazioni razziali.

34 Sir Walter Scoot, Ivanhoe, New York, The American Library, 1962.

36

Page 37: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

Carl Gustav Carus, tentò di attribuire alla frenologia un

fondamento idealistico: “(...) egli affermò che allo stesso modo in cui

una colonna architettonica viene valutata nella sua totalità (cioè

secondo la base, l’altezza e la solidità) così devono essere misurate

anche le proporzioni dell’intero corpo umano; il responso andrebbe

cercato non nel cranio, ma nell’intero scheletro dell’uomo”35. Carus

stabilì che tra i popoli superiori e quelli inferiori vi era un rapporto

uguale a quello che intercorreva tra la Terra e il Sole. Esisterebbero

dei popoli per così dire “diurni” come gli europei, dei popoli

“notturni” come i negri e dei popoli “crepuscolari” come gli asiatici e

gli indiani di America. Il colorito biondo causato dal sole e gli occhi

azzurri riflettenti il cielo sarebbero propri della razza superiore. Il

Mondo dunque secondo Carus sarebbe organizzato gerarchicamente:

al vertice il “popolo diurno” la cui bellezza sarebbe un dono diretto di

Dio. Nelle sue dissertazioni Carus fa anche esplicito riferimento al

naso adunco come elemento caratteristico del popolo ebraico anche se

tale considerazione non lo induce ad espellere gli ebrei dai popoli

diurni. Il concetto di naso ebraico entrò a far parte della coscienza

popolare soprattutto grazie a numerosi manifesti e vignette pubblicati

tra il 1753 e il 1754 in concomitanza con il tentativo di emancipazione

degli ebrei in Inghilterra. Il “Jew bill” (il provvedimento per

l’emancipazione del 1753) pose gli ebrei al centro dell’attenzione: fu

il primo vero tentativo di emancipare gli Ebrei in Europa. Prima di

allora gli Ebrei erano sempre stati rappresentati in un modo conforme

alla realtà. Ora i caricaturisti inglesi, nel rappresentare il banchiere

ebreo Samson Gideon, gli attribuirono un naso che non corrispondeva

35 G.L. Mosse, Il razzismo in Europa, cit. p.34

37

Page 38: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

alla sua reale conformazione. Allo stesso modo, mentre fino ad allora i

venditori ambulanti ebrei erano stati raffigurati rispecchiando le loro

reali fattezze, ora erano rappresentati come esseri sgradevoli dotati di

naso grande e sguardo infido.

Fu Lavater il primo ad aver menzionato una teoria sui nasi

basata sulle loro forme “(…) i nasi rivolti all’insù indicherebbero un

uomo collerico, i nasi camusi significherebbero prudenza e

discrezione i nasi rivolti all’ingiù crudeltà. I frenologi (…)

individuarono un naso romano, uno greco, uno ebraico, uno camuso

(…) il naso ebraico un carattere sospettoso e circospetto”36.

I nazisti ripresero tanto la teoria di Lavater quanto la frenologia

di Gall, le unirono per fornire un fondamento alla loro convinzione di

un destino e di una personalità già evidente sul volto degli individui.

Anche Kant nel corso delle sue riflessioni incentrò la sua

attenzione sui concetti di razza e di specie. Giunse a sostenere che

potevano essere definiti di razza (in riferimento non solo agli animali

ma anche agli uomini) coloro che avevano mantenuto la propria

purezza malgrado gli spostamenti e la tentazione di mescolarsi con

“altre” razze. “Le razze considerate indipendenti da influenze esterne

non possono evolvendosi mutare: e in linea con questa tradizione un

titolo nazista avrebbe proclamato “la razza immutata per migliaia di

anni”37. Proprio in tal punto Mosse scorge una netta distinzione tra la

teoria razziale del nazismo e il darwinismo sociale a cui spesso si

faceva risalire. La razza infatti lotta contro i suoi nemici nel tentativo

36 ibid, cit. p. 3637 ibid, cit. p. 37

38

Page 39: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

di sopravvivere e di mantenere la sua purezza ma, in contrasto con

quanto affermato da Darwin, essa non muta nel corso del tempo.

Appare dunque molto dettagliata l’analisi operata da Gorge

Mosse in relazione alle teorie che hanno contribuito nel corso del

tempo, con modalità diverse, allo sviluppo di una vera e propria teoria

razzista che in seguito all’affermazione dell’assolutismo nazista,

tramuterà delle pure teorie in atroci giustificazioni al fine di perpetrare

feroci atti di sterminio.

1.4 Il contributo inglese al razzismo

Nel corso delle sue riflessioni non sfugge a George Mosse

come anche dall’Inghilterra pervennero, attraverso il darwinismo e il

movimento eugenista, contributi alla teoria razzista. In Inghilterra la

comunità ebraica era stata espulsa alla fine del XIII secolo, ma a metà

del XVII secolo Oliver Cromwell aveva tentato di far reintegrare gli

ebrei sulle isole britanniche, incontrando resistenza tra la popolazione

locale. Ciò nonostante Cromwell aveva permesso ad una colonia di

ricchi mercanti, di stabilirsi a Londra, i quali “(…) avevano

collaborato come finanziatori e consulenti politici per le questioni

riguardanti i rapporti con la Spagna e con il tempo avevano

trasformato la città di Londra in uno dei principali centri di

accoglienza degli ebrei della diaspora”38. Nel XVIII secolo giunsero

molti ebrei dalla Germania e dalla Polonia ad aumentare le fila dei

correligionari cosicché all’alba del nuovo secolo la popolazione degli

38 D. Cohn-Sherbok, Storia dell’antisemitismo, Newton e Compton,Roma,2005, p.161.

39

Page 40: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

ebrei residenti in Inghilterra si aggirava intorno alle trentamila unità.

Ma questo non sembrava preoccupare i mercanti inglesi i quali,

addirittura, a volte li ritenevano assolutamente necessari affinché

l’intera struttura economica inglese potesse mantenersi saldamente in

piedi. Nonostante il clima di generale tolleranza gli ebrei non erano

del tutto esenti da velenose critiche provenienti da parte di illustri

scrittori dell’epoca. Alexander Pope più volte nei suoi scritti satirici

implorava di essere protetto dalla popolazione ebraica. Nello stesso

secolo il Duca di New Castle propose un disegno di legge, il

Naturalization Bill, che aveva lo scopo di semplificare le procedure

burocratiche necessarie agli ebrei per ottenne la naturalizzazione e il

diritto all’acquisizione di proprietà fondiarie, ma il progetto ebbe vita

breve. Le petizioni che vi si opposero, presentate da ogni settore della

società, furono numerose; i muri delle vie cittadine tappezzati di

slogan diffamatori e gli agitatori si spesero in dettagliate previsioni di

ciò che sarebbe capitato al commercio e all’Inghilterra stessa se si

fosse andati avanti nel progetto di naturalizzazione degli ebrei. Alla

base dell’annullamento vi era un consolidato pregiudizio che, seppur

celato dietro convenienze di natura economica, confermava gli

stereotipi, che a partire dal medioevo avevano indicato negli ebrei la

presenza di elementi satanici che avrebbero potuto contaminare la

società cristiana. A metà dell’Ottocento molti inglesi avevano posto la

propria nazione nell’ambito della grande famiglia anglosassone e gli

stessi anglosassoni erano considerati parte delle tribù teutoniche che

avevano generato le più forti e creative nazioni europee39. Tuttavia ciò

39 R. Horsman, Origins of Racial Anglo- Saxonism in Great Britain Before 1850, in “Journal of the History of Ideas”, XXXVII, luglio- settembre 1976, pp. 387- 410

40

Page 41: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

non significa affatto che detto orgoglio nazionale, almeno ai suoi

esordi, avesse come risvolto assoluto l’intolleranza nei confronti degli

altri. In questo periodo infatti gli intellettuali erano portatori di visioni

non omogenee e sicuramente non univoche in relazione al popolo

ebraico. Se da un lato Sir Walter Scott esaltava il valore dei sassoni

nel corso delle battaglie in difesa del proprio regno, dall’altro era

tollerante e rispettoso nei confronti degli ebrei e di tutti quei popoli

che avevano tentato di conquistarlo. Le idee di stampo nazionale

cominciarono ad assumere un’impronta razzista nella seconda metà

del XIX secolo quando virtù quali l’onestà, l’amore per la libertà, la

lealtà vennero considerate peculiari del ramo anglosassone di origine

teutonica.

Robert Knox, anatomico scozzese, rese noti i suoi studi sulla

razza con conferenze pubbliche tenute nelle maggiori città inglesi. Nel

suo testo più importante, Le razze degli uomini, asseriva la centralità

della razza e la dipendenza della civiltà da essa. Ogni razza aveva una

propria civiltà così come una propria lingua, proprie arti e scienze.

Nella classificazione delle razze da lui proposta non veniva postulata

l’esistenza di una razza superiore ariana ma piuttosto di due razze

superiori: i sassoni, rappresentanti della perfezione fisica ma privi

dell’attitudine al ragionamento astratto, e gli slavi dal brutto aspetto

esteriore ma detentori di una eccezionale capacità raziocinante.

Secondo Knox i negri “(…) mancherebbero delle grandi qualità che

distinguono l’uomo dalla bestia e cioè la capacità generalizzatrice

della ragione pura, il desiderio di conoscere (…) di osservare i

fenomeni (…) era convinto che non vi fosse speranza di poterli

41

Page 42: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

civilizzare e che anzi la loro inferiorità psicologica e fisica li

predestinasse alla schiavitù” 40. Le razze non bianche erano

considerate dunque inferiori. Per quanto riguarda gli ebrei, Knox li

considerava brutti (colorito scuro- giallastro, capelli nero ebano e

occhi di uguale colore), privi di armonia nella loro fisicità e dunque

agli antipodi dell’ideale perfetto di uomo scoperto dagli scultori greci.

Nella sua analisi Knox si spinse anche oltre: negò agli ebrei qualsiasi

qualità che un uomo dovrebbe possedere. “l’ebreo non era un

artigiano, né un coltivatore della terra, non aveva ingegnosità o

capacità inventiva e non amava l’arte, la letteratura, la musica, la pace

o la guerra”41. L’ebreo non aveva alcuna occupazione, viveva come gli

zingari basando la sua esistenza solo su furbizie e sgradevoli

espedienti.

Il fatto che una tale visione, una tale immagine del popolo

ebraico si sia potuta diffondere e sviluppare in Inghilterra, così come

in altri paesi europei, ci fornisce l’idea di quanto fossero profonde le

radici che il pensiero razziale aveva messo verso la metà del secolo.

Ciò che è utile sottolineare è che, per quanto Knox si sia occupato di

“ebrei”, tuttavia il principale filone del razzismo inglese si concentrò

sui neri.

Il contributo più originale al pensiero inglese razzista venne

indubbiamente dal darwinismo. Charles Darwin non era un razzista

ma i suoi concetti “selezione naturale”, “sopravvivenza del più adatto”

vennero accolti favorevolmente dai teorizzatori della razza. “Talvolta

Darwin scriveva in un modo tale da favorire un’interpretazione

40 G.L.Mosse, Il razzismo in Europa, cit. p.7641 ibid., cit. p. 77

42

Page 43: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

erronea delle sue parole a tutto favore delle idee razziali”42. Una delle

ipotesi scientifiche di Darwin era legata alla concezione che la

sopravvivenza di una specie animale fosse connessa al numero dei

figli che fosse in grado di generare. Applicando questa teoria agli

uomini si potrebbe identificare nella fecondità l’elemento

determinante la sopravvivenza razziale. Detta teoria rivestì

un’importanza fondamentale in un’epoca in cui alcune nazioni

apparivano preoccupate a causa del loro declino demografico. La

generazione di figli sani divenne così “un’ossessione razziale”. Anche

le teorie della sopravvivenza del più adatto e della selezione naturale

trovarono facile applicazione nelle classificazioni razziali. Ciò che

Darwin aveva definito estinzione delle specie meno avvantaggiate

poteva trovare la sua applicazione in relazione alle razze inferiori. Sta

di fatto che, mentre Darwin aveva creduto che la selezione naturale,

così come la sopravivenza, fossero legate a fattori ambientali e ai

mutamenti che avvenivano in essi, più tardi i darwinisti sostituirono

questo ambientalismo con l’insistenza sui fattori ereditari. In

particolare verso la fine del XIX secolo, fu Sir Francis Galton a

dominare il campo delle ricerche sull’ereditarietà sia in Inghilterra che

sul continente. Galton può essere considerato come il fondatore

dell’eugenetica: “egli approdò alla scienza dell’ereditarietà

cominciando ad interessarsi dell’evoluzione e come seguace

appassionatamente fedele di Darwin”43. Galton tentò di esprimere le

teorie di Darwin rapportandole ai numeri ed in tal modo tentò di

stabilire le qualità utili alla sopravvivenza: “Parlando a mio nome se

42 ibid., cit. p. 8143 Ibid., cit. p. 82

43

Page 44: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

dovessi classificare le persone secondo il loro valore, esaminerei

ciascuna di esse dai tre punti di vista del fisico, dell’abilità e del

carattere”44. Galton elencò tredici tipi di abilità naturale e classificò

quindi tutti gli uomini, dai giudici inglesi ai lottatori delle regioni

settentrionali, con riferimento ad essi. A suo avviso sarebbero

necessarie tre abilità ereditarie naturali, per far uscire l’uomo dallo

stato di mediocrità: intelletto, zelo e dedizione al lavoro. Galton

mostrava poi grande interesse per il matrimonio. In particolare

sosteneva che bisognava fornire aiuto sociale e morale a quelle coppie

destinate a concepire figli eccezionali. Egli sostenne che bisognava

contenere l’indice di fertilità dell’inadatto e, diversamente,

incoraggiare quello dell’adatto con matrimoni precoci. Sarebbe

proprio il valore eugenetico a determinare la qualità della razza. La

chiave per la sanità della razza risiederebbe nella convinzione che

genitori sani abbiano figli sani. Ne consegue, dunque, che i bambini

possono ereditare la genialità ma anche la follia dal momento che

anch’essa è ereditaria.

Il problema che maggiormente assillava Galton era la volontà di

migliorare la razza britannica e, proprio nel tentativo di realizzare

questo scopo, vennero fondate società di eugenetica in modo da

diffondere la conoscenza delle leggi dell’ereditarietà. Al momento

della morte di Galton, nel 1911, in molte nazioni dell’Europa erano

stati creati periodici che si occupavano di eugenetica e, la dottrina

dell’ereditarietà applicata alla razza, aveva raggiunto dignità

scientifica ed era entrata nelle università.

44 C.P. Blacker, Eugenics,Galton and After, London 1952 p. 108

44

Page 45: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

Capitolo II

IL POPOLO EBRAICO

2.1 La calunnia del sangue

George Mosse non disdegna, nel corso della sua attenta analisi

relativa alle origini dell’antisemitismo, di focalizzare l’attenzione su

alcuni aspetti che hanno contribuito, in maniera anche decisiva, allo

sviluppo di teorie e ideologie che troveranno la loro massima

applicazione nell’ efferata virulenza e rozzezza degli attacchi contro il

popolo ebraico. Tuttavia l’autore non ignora assolutamente che, anche

tra gli ebrei, si fosse diffuso grazie anche all’opera di alcuni

intellettuali, uno specifico concetto di razza.

Negli ultimi decenni del secolo XIX e nella prima metà del

successivo, le tradizionali leggende che nel passato avevano gravitato

intorno al popolo ebraico vennero rispolverate per dar maggior risalto

alla mistica razziale e per assurgere, poco dopo, al ruolo di ulteriore

strumento di mobilitazione politica. Tutte le accuse di omicidio

rituale, la maledizione lanciata contro Aasvero, l’ebreo errante e le

fantasie relative all’universale cospirazione ebraica contro il mondo

non erano mai scomparse dalla coscienza europea nemmeno durante

l’Illuminismo; ora, tuttavia, sembravano conoscere una nuova

fioritura. Bisogna risalire al Medioevo per comprendere l’Accusa di

omicidio rituale, alla leggenda che vedeva gli ebrei come carnefici dei

bambini cristiani al fine di berne il sangue nel corso della festa della

45

Page 46: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

Pasqua ebraica “(…) l’accusa di omicidio rituale, la calunnia del

sangue (…) leggenda secondo la quale gli ebrei uccidevano i bambini

cristiani per berne il sangue durante la festa della Pasqua ebraica”45.

Secondo la tradizione, gli ebrei eseguivano, nel corso delle cerimonie

religiose, un “omicidio rituale” caratteristico della perversa natura

malvagia della loro religione. A ciò si affiancava il disprezzo per l’uso

che gli ebrei facevano del sangue considerato come una forma di

bestemmia contro il sacrificio perpetrato da Cristo sulla croce, dal

momento che la Pasqua ebraica coincideva con quella cristiana. La

calunnia del sangue, dunque, veniva utilizzata al fine di accusare gli

ebrei di atavismo in quanto ancora protagonisti di sacrifici umani a

differenza dei popoli civilizzati. Il mito che venne a crearsi riguardo a

questa pratica, contribuì ad accrescere le distanze tra gli ebrei e i

cristiani. August Rohling, sacerdote cattolico e professore di teologia

a Munster, aveva dato alle stampe nel 1871, uno scritto intitolato Der

Talmudjude (l’ebreo del Talmud) con lo scopo di rivelare al mondo

che gli ebrei non avevano una religione degna di nome e che la loro

suprema dottrina imponeva l’omicidio rituale. In particolare l’autore

intende dimostrare che l’ebraismo è una religione intrinsecamente

immorale, che consente anzi di prescrivere ogni tipo di immoralità nei

confronti dei cristiani. La tesi centrale è che nel Talmud i non ebrei

sono considerati esseri inferiori, per cui nessuna obbligazione morale

o giuridica può valere se la controparte è rappresentata da non ebrei.

Quindi, nei rapporti con il mondo esterno, agli ebrei è consentito

peccare contro tutti i comandamenti e contro tutti i precetti morali:

giurare il falso, esercitare l’usura e l’imbroglio, rubare e persino

45 G. Mosse, Il razzismo in Europa, cit. p.124

46

Page 47: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

uccidere. L’opera è accolta favorevolmente in ambienti cattolici, viene

più volte ristampata e “(…) favorisce a sua volta la ripresa moderna

dell’anti-talmudismo, anche mediante la diffusione di altre opere

sull’argomento”.46 In tal contesto l’anti- talmudismo diviene un tema

fondamentale utilizzato dagli ambienti cattolici ai fini della diffusione

di un clima ostile agli ebrei. Tra il 1882 ed il 1885, Rohling viene

coinvolto in varie polemiche, tra cui le accuse di falso nei suoi

confronti rivoltegli dal rabbino austriaco Joseph Samuel Bloch ed il il

processo per il cosiddetto “omicidio rituale” di Tisza- Eszlàr in

Ungheria, per il quale si offre per testimoniare. L’assassinio di una

ragazza di 14 anni avvenuto in una cittadina ungherese e per il quale

viene processato (e in seguito assolto) un ebreo, è usato dai movimenti

antisemiti come strumento propagandistico per riprendere l’antica

accusa di “omicidio rituale”, secondo uno schema di uso comune già

nel medioevo.

La calunnia del sangue si mantenne viva soprattutto nei paesi

sottosviluppati dell’Europa orientale e nell’impero russo “entro i cui

confini il governo sfruttò sacralmente tale credenza per provocare

pogrom, e ogni bambino cristiano che si perdesse diventava una

minaccia per la locale comunità cristiana, ciascun membro della quale

poteva sentirsi accusare di omicidio”47. Anche in Germania, in Francia

e nell’Impero austro-ungarico, la leggenda dell’omicidio rituale era

largamente diffusa, anzi il suo vigore si rinnovava di continuo e a

favorirlo erano soprattutto gli intellettuali. Nel solo Impero austro-

ungarico, tra il 1867 e il 1914, si ebbero non meno di dodici processi

46 M. Ferrari Zumbini, cit.,, p. 16747 G.L.Mosse, Il razzismo in Europa, cit. p. 123

47

Page 48: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

per omicidio rituale; certo, undici imputati furono assolti, ma l’unica

condanna, pronunciata nel 1899, “(…) fu ritenuta prova sufficiente del

valore generale dell’accusa”48. Questi processi, e l’insistenza con cui

le calunnie erano ripetute, rivelano la diffusione e la popolarità di

prove come quelle fornite da Rohling. Agli occhi del pubblico nel suo

complesso, i processi, oltremodo sensazionali, comprovavano a

sufficienza l’esistenza di una cospirazione giudaica contro tutti i

gentili. “ Tra il 1890 e il 1914 vi furono non meno di dodici processi

contro ebrei per omicidio rituale e l’ultima accusa di questo genere fu

lanciata addirittura nel 1930, ad opera del pubblico ministero del

governo cecoslovacco delle campagne ruteno-carpatiche49 .

Nelle regioni rurali dell’Europa orientale il mito, dunque, si

diffuse incoraggiato in particolare dalla Chiesa cattolica che stentava a

liberarsi delle sue corresponsabilità di lunga data circa una tale accusa

rivolta agli ebrei: preti locali proclamarono a volte la verità di episodi

di omicidi rituali ancora nel corso del secolo diciannovesimo e persino

nel secolo ventesimo inoltrato. Santi medievali come Simone di

Trento, il giovane ucciso a Trento durante la Pasqua del 1475, il cui

culto si protrae fino ai giorni d’oggi, hanno conservato ai devoti il

ricordo della leggenda di martiri bambini presumibilmente uccisi dagli

ebrei. Dall’ambito religioso provengono l’accusa di omicidio rituale e

l’anti-talmudismo come strumento principale per la critica della

religione ebraica in quanto immorale50.

48 G.L.Mosse,Le origini culturali del Terzo Reich, p. 191.49 The Jews in Czechoslovachia, The Society for the History of Czechoslovak Jews, Philadelphia- New York, 1968, p. 152.50 M. Ferrari Zumbini, cit.,, p. 909.

48

Page 49: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

Dunque il mito dell’uso e dell’abuso della sacra sostanza del

sangue servì a separare totalmente gli ebrei dai cristiani.

2.2 La leggenda dell’Ebreo errante

Se la calunnia del sangue spinse i cristiani a vedere negli ebrei

gli araldi del male, la leggenda dell’ebreo errante servì ad avvalorare

la maledizione che sarebbe stata lanciata contro questa razza da Cristo

in persona.

Detta leggenda fu asservita all’esigenza dei cristiani, che erano

riusciti ad assumere cariche politiche rilevanti all’interno dell’Impero

romano, di essere scagionati dall’infamante accusa di aver fatto

crocifiggere Gesù. Con la leggenda dell’ebreo errante la colpa

ricadeva sugli ebrei stessi pur celando una verità ancor più antica.

Aasvero, e in alcune traduzioni Cartophilos, è descritto nella

leggenda come un ebreo che spinse Cristo ad affrettarsi verso il luogo

della crocefissione e gli negò conforto e rifugio. Secondo la leggenda

durante il tragico cammino di Gesù verso il calvario Aasvero

continuava a ripetergli in tono di disprezzo “cammina…cammina”.

Gesù alzò lentamente la testa rispondendo “io cammino ma altrettanto

farai tu finché io sarò tornato”. Da quel giorno Aasvero avrebbe

iniziato il suo eterno viaggio in compagnia della sua inseparabile

bisaccia, che secondo altre tradizioni sarebbe in realtà la borsa entro la

quale Giuda conservò i trenta denari frutto del suo tradimento.

49

Page 50: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

L’ebreo errante fu condannato ad una vita errabonda, senza dimore,

disprezzato perché senza radici e diseredato. “L’ebreo errante, che non

può né vivere né morire preannuncia anche terrore e desolazione ”51.

Nella leggenda Aasvero è collegato anche a cospirazioni contro il

giusto: in Francia rappresentò la cospirazione degli ebrei e dei

massoni contro la nazione.

La leggenda dell’ebreo errante risale al secolo XIII e trova la

principale formulazione letteraria nel Wolksbuch del 1602: Kurtze

Beschreibung und Erzählung von einem Juden mit Namen Ahasuerus.

Nella prima edizione dell’opera, la caratteristica principale attribuita

al protagonista è la longevità che deriva dalla condanna a non

morire52. Il non poter morire significa l’esclusione dalla salvezza

eterna, alla quale si sostituisce appunto la condanna ad espiare

eternamente la propria pena in questa vita. Di qui l’immagine

dell’ebreo eterno, che compare nella trentunesima edizione del

Wolksbuch del 1694, ed è appunto la base dell’ebreo errante, la cui

leggenda si diffonde in tutta l’Europa cristiana53.

La leggenda dell’ebreo errante rafforzò l’immagine dell’ebreo

come dell’eterno straniero, che mai avrebbe imparato a parlare

correttamente la lingua nazionale o sarebbe riuscito ad affondare le

radici nella terra. Questo mito a sua volta fu collegato con le supposte

origini orientali dell’ebreo, così come descritte dalla Bibbia. Si ritenne

l’ebreo condannato ad essere per sempre il nomade del deserto

51 G. K. Anderson, The Legend of the Wandering Jew, Providence, 1965, pp. 21-22.52 Vedi saggi raccolti a cura di G. Hasan-Roken e A. Dundes, The Wandering Jew. Essays in the interpretation of a Christian Legend, Bloomington, 1986.53 Shelley, H. Maccoby, The Wandering Jew as Sacred Excutioner (1982), in G. Hasan-Rokem e A. Dunder (a cura di), The Wandering Jew, cit. pp. 236 e ss.

50

Page 51: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

vagante per il Sinai, personaggio costretto a peregrinare in eterno

senza mai fermarsi e senza poter godere della pace nella morte.

Nel 1868 Herman Goedsche pubblica il romanzo Biarritz che

divenne una delle principali fonti dei Falsi Protocolli dei saggi

anziani di Sion. L’autore fissò la scena di una riunione di tredici

anziani ebrei che chiamò i sanhedrin cabalisti, nel cimitero ebraico di

Praga. Gli anziani si incontravano in quanto rappresentanti del popolo

eletto, che mostra “… la tenacia del serpente, l’astuzia della volpe, la

vista del falco, la memoria del cane, la solerzia della formica, la

socievolezza del castoro”54. Paragonare le razze cosiddette inferiori ad

animali significava collocarle sul gradino più basso della catena

dell’esistenza e, di conseguenza, le si privava della loro umanità.

Nello spaventoso scenario del cimitero gli anziani cospirano per

impossessarsi del mondo. Essi complottano di concentrare tutte le

ricchezze materiali nelle loro mani: il loro progetto era impadronirsi

della terra, delle miniere, delle case, dei posti di governo e controllare

la stampa e così tutta l’opinione pubblica. Le armi attraverso cui si

sarebbero serviti per assicurarsi il dominio sull’ intero mondo

andavano dalla reiterazione dell’uso del motto rivoluzionario francese

“liberté, egalité, fraternité” fino alla diffusione delle dottrine liberali e

socialiste. I popoli del mondo sarebbero stati privati di ogni fede in

Dio e la loro forza sarebbe stata indebolita, ma il danno non sarebbe

stato solo questo: contemporaneamente si sarebbe avuta una crisi

economica e tutto l’oro concentrato nelle mani degli ebrei sarebbe

stato utilizzato per generare un incontrastabile rialzo dei prezzi. Mosse

evidenzia come il mito della cospirazione si fondeva con le incertezze

54 H. Berstein, The History of a Lie, New York, 1921, p. 23.

51

Page 52: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

e i timori economici del XIX secolo finendo col colmare la distanza

tra la radicata leggenda antisemita e i moderni ebrei in un mondo di

mutamenti preoccupanti: cosa sarebbe successo se i gentili avessero

scoperto il complotto e avessero cominciato ad attaccare gli ebrei? In

questo caso, in caso di imminente pericolo per gli ebrei, gli anziani

avrebbero fatto uso di un’arma terribile: far saltare in aria le città e

con esse gli abitanti che vi risedevano, ponendo esplosivi in gallerie

sotterranee opportunamente costruite in tutte le capitali di tutte le

nazioni del mondo. Al tempo stesso gli anziani avrebbero distrutto i

gentili, inoculando in loro delle malattie inguaribili. Le teorie sulla

cospirazione rinverdiscono il razzismo che sta a fondamento

dell’incubo di cui sono espressione i Protocolli. I Protocolli dei Saggi

anziani di Sion divennero il culmine e insieme la sintesi delle teorie

sulla cospirazione. “Nel 1905 vennero pubblicati I protocolli dei savi

anziani di Sion. Questo documento contraffatto fu imposto alla fine

del XIX secolo da un ignoto scrittore che collaborava con la polizia

russa (…) si affermava che i leader della comunità ebraica mondiale

controllavano le politiche degli stati europei allo scopo di conquistare

il potere in tutto il mondo, riducendo in schiavitù le popolazioni

gentili”55. La loro falsificazione avvenne in Francia, nel pieno

sviluppo dell’affare Dreyfus, con la collaborazione della polizia

segreta russa, probabilmente tra il 1894 e il 1899. La destra francese

voleva avere un documento che collegasse Dreyfus alla supposta

cospirazione della sua razza e la polizia segreta russa aveva bisogno di

giustificare la politica antiebraica zarista.

55 D. Cohn- Sherbok, cit.,, p.232

52

Page 53: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

L’ostilità dunque contro gli ebrei francesi raggiunse il culmine

alla fine del XIX secolo. In quel periodo, su un totale di quarantamila

uomini in servizio nei corpi dell’esercito, gli ufficiali ebrei erano oltre

trecento: questa concentrazione ai più alti gradi del mondo militare

provocò sospetti e sfiducia e preparò il terreno per l’affare Dreyfus,

che esplose intorno al 1894. Nel 1892 Alfred Dreyfus era divenuto

capitano di stato maggiore; due anni più tardi era stato intercettato il

memorandum segreto, inviato da un ignoto ufficiale francese al

colonnello Schwartzkoppen, e consegnato ai servizi segreti francesi. I

capi dei servizi segreti avevano messo a confronto la grafia di Dreyfus

con quella del memorandum e incriminato l’innocente ufficiale ebreo

di tradimento. Dreyfus fu processato da una corte marziale con

sentenza di colpevolezza, condannato al carcere a vita e retrocesso di

rango con un’umiliante cerimonia pubblica, durante la quale

l’ufficiale aveva nuovamente dichiarato la propria innocenza. Incitati

da una stampa profondamente ostile, gli spettatori si scagliarono

contro Dreyfus e contro l’intera comunità ebraica. Successivamente

Dreyfus fu esiliato sull’isola del Diavolo, nella Guyana francese, al

largo della costa sudamericana. Desideroso di riscattare il nome di

Dreyfus, il fratello dell’ufficiale ottenne l’appoggio dello scrittore

Bernard Lazare che si impegnò per rovesciare il verdetto. In difesa di

Dreyfus, nel 1886 Lazare pubblicò “L’affare Dreyfus: un errore

giudiziario”, di cui inviò alcune copie a politici e rappresentanti della

vita pubblica. In tutta la Francia socppiarono ben presto rivolte

antisemite e l’affare si trasformò in un caso pubblico di grande

risonanza. Nel 1898, il nuovo capo del Ministero della guerra

53

Page 54: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

Cavignac, riaprì il caso. Furono smascherati gli autori delle

falsificazioni, arrestati i complici e venne richiesto l’annullamento del

precedente verdetto e l’apertura di un nuovo procedimento che,

tuttavia, trovò una risoluzione a favore di Dreyfus solo nel 1904. In

molti tuttavia rilevarono che l’antisemitismo non sarebbe mai stato

estirpato dalla società occidentale.

In Russia, nel 1895, all’indomani dell’incoronazione di Nicola

II, negli schedari cominciò a circolare un documento intitolato Sekret

iudaizma (Il segreto del giudaismo), nel quale si sosteneva la tesi

secondo cui, “(…) in epoche antichissime, il monoteismo fosse noto a

un ristretto numero di Egiziani che si erano rifiutati di illuminare le

masse (…)”56. Nonostante ciò, Mosé aveva trasgredito il divieto

imposto e trasmesso le dottrine al suo popolo al fine di elevarlo al di

sopra delle altre nazioni. Successivamente, allorché Cristo aveva

tentato di rilevare il suo divino sapere all’umanità, gli ebrei lo

crocifissero e furono, poi puniti. Tutto ciò era alla base del complotto

ordito dagli ebrei ai danni del mondo non ebraico. Il 20 marzo 1911,

nella periferia della città di Kiev, fu rinvenuto il corpo senza vita di

Andrei Lushchinskij, un ragazzo di appena tredici anni. La stampa

antisemita non perse tempo e accusò gli ebrei dell’omicidio del

giovane. Fu aperta un’inchiesta giudiziaria sul caso, al termine della

quale fu arrestato con l’accusa di omicidio Mendek Beils, un

capomastro ebreo che lavorava nella mattonaia ubicata in prossimità

del luogo in cui era stato scoperto il cadavere. Parallelamente, però, il

direttore del quotidiano “Kievskaja Mysl” aprì una propria inchiesta a

riguardo e riuscì a smascherare i veri colpevoli dell’efferato crimine:

56 Ibid. cit. p. 233

54

Page 55: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

si trattava di una banda di malviventi che avevano ucciso il giovane

perché temevano che avrebbe testimoniato contro di loro. Fu aperto un

processo e, nel corso dei dibattimenti, padre Pranaytis, un sacerdote

cattolico che aveva pubblicato alcuni scritti sull’omicidio rituale,

portò la propria testimonianza facendo riferimento alla leggenda

medievale del castigo degli ebrei e del rimedio adottato.

Certo l’antisemitismo dilagante in Russia e colpevole della

condanna di Dreyfus in Francia non si manifestò, fatto salvo il periodo

tra il 1938 e il 1945, mai in Italia con episodi così eclatanti. Ma,

osservando la situazione italiana nel dettaglio, non si può non notare

come spesso la stampa, soprattutto quella cattolica di lingua italiana,

abbia organizzato varie campagne antisemite, talvolta amplificando le

notizie che giungevano dall’estero. Uno dei casi più significativi è il

cosiddetto affare Mortasa, riguardante una famiglia ebraica francese,

ma di origine italiana, il cui ultimo figlio fu rapito e battezzato dalla

governante cristiana. In questa occasione il grande giornale gesuita

pubblicato a Roma “La Civiltà Cattolica” gonfiò il caso fino a rendere

necessario l’intervento degli stessi Cavour e Napoleone III57. Va

altresì notato che anche in Italia esisteva una rappresentazione

preconcetta dell’ebreo visto come usuraio, avaro, con determinate

caratteristiche fisiche comunemente condivisa. Nel 1894, infatti,

Cesare Lombroso pubblicava un libro di accusa verso l’antisemitismo

nel quale, per combattere l’idea dell’ebreo scuro, tarchiato e dal naso

adunco, riportava in appendice l’analisi delle caratteristiche fisiche

degli ebrei italiani che invece rientravano nella media di quelle tipiche

57 La Civiltà Cattolica, Roma, anno IX, 1858

55

Page 56: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

degli altri abitanti delle zone ove gli ebrei stessi vivevano58. L’era del

laicismo italiano, se non proprio dell’ateismo, comportò un

cambiamento di prospettiva nelle accuse : il deicida si trasformò in

ricco sfruttatore, adepto di varie sette segrete, rivoluzionario,

approfittatore. Questa nuova immagine dell’ebreo che va sotto il nome

di antisemitismo moderno, si differenzia da quello storico legato alle

condanne religiose e alla leggenda di Aasvero poiché vede nell’ebreo

non più il diverso da convertire, ma il pericolo pubblico da

neutralizzare. A questo punto il terreno nel quale l’ebreo è il

perturbatore della tranquillità borghese fortemente ancorata a dei

valori in dissoluzione è pronto per la diffusione dei Protocolli. Pur

essendo stata provata la sua falsità, questa opera ebbe in Italia, come

nel resto dell’Europa, una grande diffusione ma sarebbe errato

ricercare nei contenuti del documento stesso la spiegazione di tanto

successo, piuttosto esso è rinvenibile nell’ambiente culturale nel quale

l’opera è nata ed ha prosperato.

Alcuni autori non dimenticano di ribadire come uno dei più

radicati stereotipi, ipotizzasse l’ebreo come esclusivista, egoista e

materialista. “Questo era un substrato adatto per dispiegare

l’avversione e le ansie che accompagnarono la trasformazione della

Germania in una moderna società capitalistica”59. Altro stereotipo

relativo agli ebrei largamente utilizzato trae la sua origine negli scritti

di Du Bois Reymond che utilizza il termine Amerikanismus per

indicare inizialmente l’invadenza ebraica nelle tecnica per poi

58 C. Lombroso, L’antisemitismo e le scienze moderne, Torino- Roma, 189459 S. E. Ascheim, The Jew Within: The Myth of Judaization in Germany, in J. Reinharz e W. Schatzberg ( acura di ), The Jewish Response- to German- Culture. From the Enlightenment to the Second Word War, Hanover- London, 1985, p. 221.

56

Page 57: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

assumere il significato di civiltà di massa fino a quello estremo di

consumismo. Le due metafore venivano così utilizzate per fornire lo

schema all’interno del quale si genera la critica totale all’economia

capitalista di ispirazione conservatrice e religiosa.

Parallelamente prende piede, soprattutto in relazione a quanto

accade in Russia nel 1917, anche una nuova forma dell’espressione

dell’odio ideologico, razziale contro la alleanza tra ebraismo e

bolscevismo. La rivoluzione di ottobre sembrava dare corpo ai

peggiori fantasmi finora celati: gli ebrei vengono visti come i

sobillatori, i rivoluzionari, gli apolidi, ovvero gli unici a poter avere

interesse a rovesciare l’ordine costituito. Lev Trotskij in Russia e Rosa

Luxemburg a Berlino e Gustav Landauer in Baviera erano capi dei

moti insurrezionali nonché ebrei. Dopo il 1917 sulla stampa

anglosassone, come su quella francese, ricevono sempre più ascolto

coloro che imputano alla congiura giudaica gli sconvolgimenti

avvenuti nella terra zarista. Viene rilanciato in grande stile il mito

della cospirazione ebraica questa volta a livello mondiale. E’ il

magnate dell’industria automobilistica Henry Ford a capeggiare

inizialmente la mobilitazione contro il complotto ebraico- bolscevico,

grazie agli articoli che egli scrive sul suo “Deaborn Indipendent” che

vanno a comporre “L’ Ebreo Internazionale”, pubblicato nel 1920, un

libro che farà da volano ai Protocolli dei Savi di Sion: “Per Ford la

rivoluzione russa è di origine razziale non politica” 60. Anche un

corrispondente da Mosca del “Times” di Londra non aveva dubbi che

gli orrori della rivoluzione bolscevica fossero un aspetto della

60 D. Losurdo, Il revisionismo storico. Problemi e miti, Roma- Bari, Laterza, 1996, p. 223

57

Page 58: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

vendetta ebraica61. Il convincimento che una cospirazione ebraico-

bolscevica stesse dominando la Russia e fosse già pronta ad

impadronirsi del resto dell’Europa si presentò all’improvviso in ogni

nazione. In Inghilterra scrittori G. K. Chesterton e John Buchan

furono affascinati dall’dea di simili cospirazioni e persino il giovane

Winston Churchill parlò del “oscuro potere di Mosca, punto di

raccolta di cospiratori di ogni nazionalità emersi dai bassifondi delle

grandi città”62.

Dunque gli antisemiti attraverso l’elaborazione di teorie, temi e

stereotipi nuovi riuscirono ad attuare un processo di modernizzazione

della visione antisemita che non rinnega le argomentazioni classiche,

ma le adatta alle nuove situazioni economiche e sociali dell’epoca. Da

questo punto di vista il periodo imperiale può essere inteso come

un’epoca di fondazione di un antisemitismo nuovo, moderno ed

organizzato. In questo antisemitismo organizzato coesistono due

direttrici che si potenziano a vicenda, l’una tradizionale dell’ebreo

errante l’altra moderna dell’ebreo mutante. Dell’ambito religioso

permangono le accuse dell’omicidio rituale, mentre dell’ambito

economico si elaborano le accuse di usura, speculazione, concezione

individualista. Così nel corso del periodo imperiale “(…)

l’antisemitismo elabora, rielabora ed aggiorna tutta una serie di motivi

che provengono da ambedue questi piani, religioso ed economico,

sino a formare uno schema interpretativo che viene poi ripreso dal

nazismo ed inserito in un contesto storico radicalmente diverso”63.

61 N.Cohn, Warrant for Genocid, London, 1966, p.15162 L. Fischer, The Soviets in World Affairs,New York, 1960, p.42763 M. F. Zumbini, op. cit., p. 908

58

Page 59: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

2.3 Gli ebrei e il concetto razza

Gli ebrei non furono esenti dall’influenza del pensiero razziale

che sembrava tanto diffuso nell’intera società europea. Contrapposero

al mito dell’ebreo come principio del male un mito dell’ebreo come

razza pura e nobile. La maggioranza degli ebrei residenti negli stati

dell’ Europa centrale ed occidentale si ritenevano ormai membri a

pieno diritto delle nazioni in cui vivevano, ossia, non un popolo

separato, bensì uno degli elementi etnici che, insieme agli altri

costituivano la nazione. Il Verband Deutscher Juden (Unione degli

ebrei tedeschi) fu fondato nel 1904, ma ben presto lasciò il posto alla

cosiddetta Central Verein (Organizzazione centrale) che divenne la

massima associazione non confessionale ebraico tedesca e che fu

sciolta da Hitler. Essa costituì uno dei bersagli preferiti del movimento

nazional-patriottico; era sintomaticamente, di ispirazione liberale, ciò

che sembrava confermare la presunta simbiosi giudaico-liberale

simboleggiante il “materialismo” ebraico agli occhi di coloro che

perseguivano il fine dell’unità nazionale.

Il primo conflitto mondiale diede maggior influsso a questa

tendenza tanto che a partire dal 1918, reduci ebrei costituirono in

molte nazioni europee associazioni considerate come principale punto

di riferimento ai fini di un’integrazione nazionale. Nel 1902

Gobineau, nel periodico sionista “Die Welt”, espose teorie razziali atte

a controbattere l’accusa rivolta agli ebrei considerato popolo

degenerato. Gobineau, era stato un ammiratore degli ebrei poiché, a

suo parere, essi avevano resistito alla degenerazione moderna ed ora le

59

Page 60: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

sue teorie potevano essere utilizzate per dimostrare che gli ebrei

avevano conservato il loro vigore grazie alla purezza del loro sangue.

Risultava così indispensabile evitare i matrimoni misti; le razze

ebraica ed ariana non avrebbero dovuto compenetrarsi ma solo vivere

fianco a fianco in reciproca comprensione. Tuttavia il pensiero di

Gobineau si rivelò eccezione piuttosto che regola tra gli ebrei. Se

alcuni ebrei furono attirati verso il razzismo, fu però la scienza della

razza che sembrò esercitare una maggiore attrazione per loro. Nel

1903 lo scrittore tedesco J. M. Judt , in Gli ebrei in quanto razza,

sostenne che gli ebrei in quanto razza avevano in comune tratti fisici e

fisionomici, dal momento che rappresentavano un ben preciso tipo

razziale mantenutosi intatto attraverso i millenni. Tuttavia il più

famoso teorizzatore degli ebrei in quanto razza fu il medico,

antropologo e sionista austriaco Ignaz Zollschan. Nel suo scritto

principale, Il problema razziale con speciale attenzione al fondamento

teoretico della razza ebraica, asseriva che la razza viene trasmessa

dalla razza umana e dunque non soggetta ad influenze esterne. In

questa sua opera Zollschan elogiava le concezioni razziali di Houston

Stewart Chamberlain come quello sulla mobilità che la purezza

razziale conferirebbe ad un gruppo o quella della necessità di elevare

la razza a livelli sempre più alti di eroismo. “Zollschan pensava che

Chamberlain avesse ragione a proposito di razza, ma torto a proposito

degli ebrei perché avvertiva come l’evoluzione della cultura non

potesse essere attribuita a merito di una razza sola (come gli ariani),

bensì di una vasta serie di razze pure, ivi compresa quella ebraica”64 .

64 G. L. Mosse, Il razzismo in Europa, p. 135.

60

Page 61: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

Prima dell’affermazione del nazismo e addirittura in un periodo

precedente allo scoppio del primo conflitto mondiale, il dibattito tra

gli ebrei riguardo al doversi considerare o meno una razza era stato

vivace. Arthur Ruppin, responsabile dell’insediamento ebraico in

Palestina, dal 1908 fino alla sua morte nel 1942, inizialmente asserì

che la razza fosse un istinto non passibile di cambiamenti. Bellezza e

forza, secondo lui, discendevano da fattori ereditari. Per gli ebrei

religiosi ed ortodossi, rappresentare il popolo eletto direttamente da

Dio significava dare un esempio fulgido e tangibile di come si dovesse

vivere la vita e non implicava alcuna pretesa di predominio. Inoltre

tutti i popoli potevano essere giudicati virtuosi, persino i gentili,

purché osservassero almeno le sette leggi di Noè anziché i 613

comandamenti che vincolavano invece gli ebrei osservanti. In questa

ortodossia non era implicito alcun razzismo. Certo, le dinastie

rabbiniche, cassidiche, erano convinte che le capacità del comando si

trasmettessero talvolta attraverso il sangue, ma ciò non era sostenuto

uniformemente da tutti. Nonostante in teoria si verificasse un diniego

del razzismo, la linea di demarcazione con lo stesso era a volte

radicata da parte degli ebrei ortodossi “(…) il vero credente nei secoli

XIX e XX conservò sempre nell’ambito della propria fede qualche

concetto irreligioso di superiorità e predominio”65. Sicuramente

caratteristico fu l’atteggiamento dei giovani sionisti che all’inizio del

ventesimo secolo credevano in una mistica nazionale senza però

credere nella razza. Consideravano il giudaismo un’unità culturale

interiore, espressione esterna di un’interna fede e non un tentativo

65 S. M. Bolkosky, The Distorted Image: German Jewish Perceptions of Germans and Germany. 1918-1935, New York, 1975, p. 80.

61

Page 62: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

scientifico basato su misurazioni craniche e su ogni sorta di

sciocchezze razziali. “ La storia del mondo, come si espresse nel 1913

il giovane sionista Robert Weltsch, non è fatta dagli zoologi, ma dalle

idee, ed egli paragonava la nazionalità ebraica all’ élan vitale di

Bergson. Il mistero della razza era accettato, ma si rifiutava il

razzismo, che spesso nella società gentile entrava a far parte di questi

misteri”66. Ciò che dunque emerge è che il nazionalismo ebraico non

ha accolto il razzismo quando invece, nello stesso periodo, altri

nazionalismi europei stavano divenendo sempre più razzisti.

Le teorie sulla cospirazione avrebbero avuto una popolarità

minore se non vi fossero state alcune organizzazioni ebraiche cui

alcuni gentili attribuivano scopi sinistri. Nel 1860 viene fondata da

parte degli ebrei francesi l’Alliance israelite universelle il cui scopo

era di aiutare gli ebrei nelle nazioni dov’erano stati privati dei diritti

civili e di provvedere al funzionamento di scuole per gli ebrei

dell’Africa settentrionale. Detti lodevoli scopi furono ignorati e

l’Alliance fu giudicata come l’emblema di una cospirazione

clandestina.

Questi miti e leggende riguardanti gli ebrei furono utilizzati per

mobilitare tutti coloro che desideravano difendere sia il cristianesimo

sia la società tradizionale.

66 G. L. Mosse, op. cit., p. 137.

62

Page 63: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

Capitolo III

LA NASCITA DEL NAZIONALSOCIALISMO

3.1 Le origini francesi

Gli elementi necessari alla costruzione e allo sviluppo delle

teorie razziali vennero dall’intera Europa, dunque non solo dalla

Germania o dall’Austria. Nel corso degli ultimi decenni del XIX

secolo, nel momento in cui il razzismo era ovunque in rapido

sviluppo, sembrò che la Francia fosse destinata ad assurgere al ruolo

di paese in cui il razzismo avrebbe assunto un peso determinante nella

politica nazionale.

In molti ritennero che il razzismo fosse penetrato in Francia a

partire dagli ottanta in poi, favorito da scandali di natura finanziaria,

dalla corruzione ampiamente diffusa nella terza repubblica, dalla

cessione dell’Alsazia-Lorena alla Germania ed infine dall’affare

Dreyfus. Tuttavia, Mosse sottolinea come in questa nazione “già

esisteva un antisemitismo cattolico che aveva preparato il terreno al

razzismo. Esso era particolarmente forte nelle campagne dove (…)

preti cattolici e laici attaccavano spesso ebrei massoni e

repubblicani”67.

Nel 1882 il fallimento dell’ Union Gènèrale, una potente banca

cattolica, venne imputata dal clero a tutte le forze ostili alla Chiesa ed

in particolare agli ebrei. Il principale movimento francese di

ispirazione antisemita tentò di associare il nazionalismo e la riforma

67 G. L. Mosse,Il razzismo in Europa, p. 163.

63

Page 64: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

sociale e politica. In particolare, gli esponenti antisemiti si

occupavano soprattutto dell’unità nazionale, tralasciando il conflitto di

classe, propendendo invece per l’integrazione fra le classi senza

accettare il preesistente ordine capitalistico borghese. Essi

auspicavano una distribuzione più equa delle ricchezze e, allo stesso

tempo, invocavano la partecipazione di tutta la popolazione alla vita

politica. Già nella metà dell’Ottocento gli uomini e le donne che

appoggiavano tali ideologie erano stati definiti nazionalsocialisti, un

termine che Hitler adotterà molto tempo dopo in riferimento al suo

partito. Il nazionalsocialismo di stampo francese, da un lato rifiutava il

sistema capitalistico, dall’altro non condannava la proprietà privata.

Detto movimento, al contrario, asseriva la necessità di mantenere

un’ organizzazione gerarchica della società garantendo

contemporaneamente il diritto al lavoro. Ciò che dunque il

nazionalismo non accettava era il capitalismo finanziario: le banche e

la borsa valori: “l’abolizione della schiavitù dei tassi di interesse

avrebbe prodotto sia la giustizia sociale che l’unità nazionale”68.

Quanto bisognava evitare era l’espropriazione della società ad opera

del capitale finanziario: urgeva arrestare questo processo per evitare

che tutta la società europea cadesse nelle mani di poche centinaia di

banchieri. Arrestare detto processo implicava l’eliminazione degli

ebrei dalla vita nazionale, dal momento che essi rappresentavano

l’icona del capitalismo finanziario. La crisi economica sviluppatasi

negli ultimi decenni del XIX secolo aveva portato con sé la figura

dell’ebreo capitalista finanziario ed emblema del potere della

ricchezza improduttiva, contrapposta ai produttori ingiustamente

68 Ibid., p. 164.

64

Page 65: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

condannati ad una vita miserevole e bisognosa. Appare fondamentale

il rilievo attribuito alla produzione in quanto, l’ebreo usuraio, anche se

da sempre aveva rappresentato un’immagine opposta a quella

dell’onesto lavoratore, ora veniva proiettata sulle ansie di un

capitalismo in sviluppo 69.

Il conte Arthur de Gobineau, come riportato da Mosse, fu un

sintetizzatore che si servì di elementi provenienti da varie discipline

per elaborare un’ideologia di stampo razzista. Nei suoi scritti egli

faceva continuo riferimento alla Francia, una nazione mitica di nobili

e contadini in cui le relazioni locali determinavano l’assetto politico

dell’intero paese fornendo ad esso una certa stabilità. Gobineau,

dunque, partendo da questo presupposto, individuava nell’era

moderna una molteplicità di pericoli, quali la centralizzazione, il

confronto con “Cesari” di nouvelle estrazione e le masse tra di loro in

conflitto. Il nobil conte francese attribuì alle razze una classificazione

risalente ai suoi predecessori: nel mondo sarebbero presenti tre razze,

gialla, nera e bianca, da ognuna delle quali deriverebbe una specifica

civiltà. L’osservazione delle razze straniere doveva essere considerato

fondamentale per motivare le frustrazioni del proprio paese: la Francia

era un microcosmo di pericoli razziali dal momento che era possibile

scorgere in ogni suo luogo comportamenti minacciosi caratterizzanti

la razza gialla o nera. Gobineau scorge caratteristiche rapportabili ad

ogni singola razza. Considera così la razza gialla materialista e priva

di immaginazione, dotata di una lingua incapace di esprimere pensieri

metafisici. Detta razza sarebbe destinata a realizzarsi nel commercio e

negli affari, avrebbe tutte quelle caratteristiche tipiche della borghesia

69 G.Lichtheim, Socialism and the Yews, in “Dissent”, Luglio-Agosto, 1968.

65

Page 66: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

accusata da Gobineau di essere l’artefice della destrutturazione della

vera Francia fondata sul regionalismo, sulla nobiltà e sul popolo

contadino. Alla razza nera il nobile francese imputava tutte le qualità

risalenti al tradizionale pensiero razziale: “(…) scarsa intelligenza, ma

sensi sviluppati all’eccesso, grazie ai quali essi sarebbero dotati di un

potere rozzo ma terrificante; i neri sarebbero plebe sfrenata, quelle

masse cioè che erano scese in campo durante la Rivoluzione francese,

(…) gli eterni sans-culottes che avevano collaborato con la classe

media a distruggere l’aristocratica Francia”70. Agli antipodi si

porrebbe la razza bianca, emblema ideale della Francia poiché

incarnava le virtù della nobiltà: libertà, onore e spiritualità.

Rappresentanti della razza bianca erano gli ariani, depositari del

valore della libertà e dell’onore che operavano in loro unitamente

producendo una nobiltà che governava non con la forza bensì con il

suo incontestabile valore. Tuttavia, lo stato attuale delle cose non

favoriva l’affermazione degli ideali della razza bianca. Si era

verificata nel tempo la degenerazione della razza bianca “il termine

degenerato riferito ad un popolo significa (…) che questo popolo non

ha più lo stesso intrinseco valore posseduto in precedenza, perché non

ha più nelle sue vene lo stesso sangue”71. Ciò che dunque s’era

proposto era una mescolanza di razze che aveva recato con sé la

distruzione della pura razza bianca. Anche quella ebrea era

considerata una razza che riusciva in tutto ciò essa intraprendesse, un

popolo intelligente di contadini e di guerrieri che aveva subito un

inesorabile declino a causa degli incroci razziali, mescolandosi sempre

70 G. L. Mosse, Il razzismo in Europa, p. 60.71 M. D. Biddiss, Father of Racist Ideology: The Social and Political Thought of Count Gobineau, London, 1970, p. 114.

66

Page 67: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

più con popoli gravemente contaminati dalle menti nere72. Mosse

tuttavia sottolinea come non esistano i presupposti per considerare

Gobineau un antisemita. Malgrado, infatti, le sue idee saranno

utilizzate per dimostrare la superiorità del popolo tedesco, Mosse in

questo non rinviene un’intenzionalità.

Nel corso dell’Ottocento anche Alphonse de Toussenel,

intellettuale socialista francese, contribuì a diffondere il

nazionalsocialismo e in particolar modo sottolineò gli aspetti congeniti

irrimediabili derivanti dal dominio ebraico. Secondo l’autore gli ebrei

reggerebbero, mediante il controllo del capitale finanziario, le sorti

mondiali. Toussenel, originario delle campagne francesi, considerava i

suoi luoghi d’origine vittime del saccheggio perpetuato dagli ebrei:

l’ebreo era il nemico del contadino. Ciò induceva l’intellettuale

socialista a guardare in senso nostalgico all’ancien règime, all’ordine

conservatore dei re dei tempi andati.

Proudhon, altro intellettuale socialista, asseriva che l’ebreo

utilizzava l’oro come un’arma in quanto incapace di lavoro onesto.

L’ebreo “è per temperamento un anti-produttore, non è un agricoltore

e nemmeno un vero commerciante (…) egli avrebbe solo

caratteristiche negative”73. Se in pubblico Proudhon conteneva queste

sue affermazioni, in privato rendeva palese il suo disprezzo verso gli

ebrei nemici della razza umana che, per le ragioni esposte, avrebbero

dovuto essere espulsi dalla Francia e le loro sinagoghe distrutte.

Il maggior esponente del nazionalsocialismo francese di fine

secolo fu Edouard Drumont. Egli sosteneva che la questione ebraica

72 Ibid., p. 125.73 Mosse , Op. cit., p.322

67

Page 68: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

rappresentasse la chiave di volta della storia francese ed invocò la

rivolta delle masse contro l’oppressore ebreo. La giustizia sociale

avrebbe trovato la sua completa attuazione solo mediante l’espulsione

degli ebrei dal territorio francese, dal momento che solo attraverso

l’applicazione di tale provvedimento le loro proprietà sarebbero state

confiscate e distribuite a tutti i partecipanti alla lotta. Gli effetti

egualitari idealizzati dalle tesi di Drumont, in virtù delle quali

sbarazzandosi degli ebrei, si potevano salvare i valori e la moralità

borghesi, furono assunti a ragione del salvataggio della nazione da

parte di Hitler. Egli non fece che appropriarsi di tutto questo e

condirlo con una buona dose di occultismo: “ (…) egli condì

l’antisemitismo con quel particolare tipo di settarismo razziale,

borghese, fanatico e folle, che aveva assorbito a Vienna74. Anche

Drumont, come quanti l’avevano preceduto, individuava alcune

caratteristiche fisiche che identificavano il malvagio ebreo: il naso

adunco, lo sguardo fuggente, le orecchie sporgenti, i piedi piatti, le

mani umidicce. Ciò che dunque emergeva in Dumont era la

persistenza dell’immagine dell’ebreo privo di radici il che lo

rapportava al suo “supposto” passato di popolo errante nel deserto.

Parallelamente, nella Francia della fine del XIX secolo si

sviluppava la fiducia delle èlites francesi nella possibilità di

assimilazione e di integrazione civica degli immigrati “ (…) perché in

definitiva si credeva che nel lungo periodo la trasformazione degli

immigrati di seconda generazione in cittadini francesi sarebbe stata

accompagnata da una trasformazione sociale (…) gli immigrati si

74 G.L.Mosse, Intervista sul nazismo,Editore Laterza, Roma- Bari, 1977, p. 52

68

Page 69: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

sarebbero trasformati socialmente in francesi attraverso l’effetto

assimilatore della scuola obbligatoria e del servizio militare”75 .

3.2 L’affermazione del nazionalsocialismo in Inghilterra,

Austria e Germania

Le idee razziali si diffusero ampiamente in tutta Europa e non

ne fu esclusa neppure l’Inghilterra. Verso la fine del XVIII secolo, si

diffuse fra gli inglesi un evidente interesse per le proprie origini.

Thomas Percy, evidenziò come fattori quali la libertà e la lealtà

caratterizzassero la popolazione sassone. A metà dell’Ottocento gli

anglosassoni erano considerati parte delle tribù teutoniche che

avevano generato le più forti e creative nazioni europee76. Tuttavia

non sembra emergere da questo rinato orgoglio nazionale

un’intolleranza verso l’altro. L’impostazione razziale iniziò ad

affermarsi verso la seconda metà del XIX secolo, quando l’onestà, la

lealtà, l’amore per la libertà cominciarono ad essere considerate

caratteristiche proprie solo del ramo anglosassone di discendenza

teutonica. Si diffusero idee secondo le quali gli inglesi incarnavano le

qualità della razza ovunque andassero e in particolar modo negli Stati

Uniti d’America da loro colonizzati. Edward Freeman storico inglese

di ritorno dall’America, nell’illustrare il suo viaggio, asserì che le

75 V. F. Gironda, Nazione, nazionalismo e cittadinanza in Germania tra Ottocento e Novecento, Patron editore, Bologna, 2001, p. 43.76 R. Horsman, Origins of Racial Anglo-saxonism in Great Britain Before 1850, in “Journal of the History of Ideas” , XXXVII, Luglio- Settembre, 1976, pp. 387-410

69

Page 70: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

nazioni anglosassoni erano legate da vincoli di sangue, di lingua e di

ricordi, aspetti questi che continuavano ad esistere nonostante le

differenziazioni politiche. Secondo lo storico, i discendenti dei sassoni

dovevano essere considerati come gli unici rappresentanti della razza

teutone. Il progenitore degli inglesi era individuato in Arminio,

vincitore delle legioni romane nella foresta di Teutoburgo.

Le posizioni antisemite in Inghilterra guadagnarono

rispettabilità poiché, alla fine del secolo, presero a circolare numerosi

trattati riguardanti questo argomento, tutti però surclassati dal

successo riscosso dall’opera “Fondamenta del XIX secolo”

dell’autore anglo-tedesco Houston Chamberlain, il quale, ringraziando

Dio di essere diventato tedesco, si diceva convinto che la salvezza

morale e spirituale dell’umanità dipendesse da ciò ce è conosciuto

come “tedesco”. Ad avvalorare tali convinzioni, nelle sue tesi

sosteneva che l’antichità e la mobilità del popolo ebraico

esemplificassero il confronto tra la razza ariana superiore e i parassiti

semiti. Profondamente convinto della superiorità razziale della

nazione tedesca Chamberlain, di concerto con le opinioni che

animavano numerosi circoli politici del tempo, desiderava che la

superiorità della sua nazione si concretizzasse. Dopo il 1887

Chamberlain fu eletto sindaco della città di Vienna: in occasione di

quelle stesse elezioni il Partito antisemita (Antisemitische Volkspartei)

si aggiudicò quattro seggi in Parlamento e nel 1893 il successo che le

politiche antisemite del partito riscossero tra il popolo rafforzò

ulteriormente le tesi diffuse da Chamberlain. Secondo il pensatore

anglo-tedesco, i germani erano tenuti insieme dalle loro sangue

70

Page 71: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

comune ma il fondamento della sua teoria razziale era la credenza in

un cristianesimo germanico. L’essenza delle cose, situata al di là della

ragione e dell’esperienza, era difatti la religione germanica, la quale

avrebbe permesso infinite panoramiche sull’anima e avrebbe relegato

la scienza entro ristretti limiti ben definiti. Alla luce delle sue

convinzioni Chamberlain trasformò nei suoi scritti Cristo in un profeta

ariano e la razza germanica nell’erede dei Greci e dei Romani nonché

salvatrice dell’umanità. Gli ariani germanici avevano dovuto sostenere

una dura lotta contro i loro nemici per la realizzazione della loro

missione civilizzatrice e, uno di questi nemici, era proprio il

cristianesimo cattolico che aveva cercato di asservire l’anima razziale

a leggi inventate per la prima volta dall’ebreo San Paolo. Secondo

Chamberlain gli ebrei erano il diavolo ed i tedeschi il popolo eletto. Il

suo misticismo razziale culminava in una vasta critica della cultura e

postulava una guerra razziale, un combattimento risolutore.

Chamberlain mise dunque in luce, nei suoi scritti, come in Germania

risiedeva il più forte nucleo germanico continuatore degli ariani. Era

proprio sua la supposta teoria dell’aspirazione ebraica al dominio

mondiale, impedire il quale e contrapporvi la restaurazione di una

gerarchia razziale universale è il compito degli ariano- germanici.

Anche l’Inghilterra assistette al diffondersi degli stereotipi

razzisti che già avevano trovato la loro diffusione in altri Stati europei.

Robert Knox, professore di chirurgia ed anatomia ad Edimburgo, si

rese protagonista di alcune ricerche sulla razza i cui risultati vennero

resi pubblici in alcune conferenze tenute nelle principali città inglesi.

Knox considerava superiori i sassoni per via dell’amore da essi rivolto

71

Page 72: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

al lavoro, all’ordine, alla puntualità negli affari. Essi rappresentavano

la borghesia ariana, messa a confronto con la classe media ebraica

considerata come astuta, intrigante ed usuraia.

Il filone principale del razzismo inglese tuttavia si accentrò sui

neri con i quali gli inglesi, sia in patria, sia a causa dell’impero,

intrattenevano contatti profondi e costanti. Diversamente, sul

continente, dove non esistevano rapporti altrettanto regolari, gli ebrei

occuparono il posto del popolo nero, divenendo l’elemento di

contrasto atto ai fini dell’esaltazione della propria razza.

Il politico conservatore Benjamin Disraeli formulò una teoria

della razza che divenne il fondamento di alcune sue posizioni

politiche. In particolare, egli promosse teorie fondate sul concetto di

razza dal momento che la riteneva una caratteristica fondamentale per

la vita sociale e culturale. In Inghilterra, gli ebrei ottennero il pieno

riconoscimento dei diritti civili; molte figure del mondo ebraico

tentarono quindi di eliminare le tracce di giudeofobia.

Carl Pearson, allievo di Francis Galton, giunse alla conclusione

che i fattori ambientali non hanno nemmeno un sesto del peso

dell’influenza ereditaria di un solo genitore77. Tra le qualità

considerate superiori erano nuovamente annoverate quelle risalenti al

razzismo tradizionale: prestanza fisica, intelligenza, resistenza a l

lavoro e carattere. Ciò che maggiormente preoccupava lo studioso

inglese era il miglioramento della razza britannica e proprio in

funzione di questo obiettivo strinse un’alleanza con le idee darwiniste:

le qualità innate trasmesse da una generazione all’altra furono

strettamente connesse alla lotta per la sopravvivenza. A tal scopo

77 K. Pearson, The Relative Strength of Nurture and Nature, Cambridge, G.B., 1915, pp. 48 e segg.

72

Page 73: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

furono fondate società di eugenetica per diffondere la conoscenza

delle leggi dell’ereditarietà. Nel 1934 Pearson esalterà la politica

razziale di Adolf Hitler considerata come un tentativo di rigenerazione

della popolazione tedesca. Ormai settantenne lo studioso inglese

anelava di vedere l’eugenetica tramutarsi in politica nazionale. E, se

da un lato le principali correnti dell’eugenetica non portarono

direttamente all’affermazione della politica nazista, indubbiamente

contribuirono a renderla possibile.

Churchill, qualche anno dopo, fu uno dei primi uomini di stato

dell’Occidente a comprendere che il problema tedesco non potesse

essere disgiunto da quello ebraico, perché l’orribile razzismo di Hitler

era profondamente radicato nel regime nazista. Ciò nonostante le

conseguenze delle fantasticherie legate agli ebrei furono trascurabili in

una nazione che aveva vinto la guerra, a differenza della Germania, e

che non aveva dunque perduto il suo senso dell’equilibrio. In

Inghilterra, ma anche in Francia, simili idee non ebbero la

conseguenza di rendere operante il razzismo.

Il movimento razzista dal quale originò il nazionalsocialismo

non fu confinato alla sola Francia, né si estese alla sola Inghilterra.

Anche l’Europa centrale vide l’ascesa di numerosi movimenti di

questo genere ed ebbe pensatori che auspicarono un simile stato

nazionale e sociale.

Così, nel periodo che va 1881 al 1907, George von Schonerer e

il suo movimento pan-germanista in Austria condivisero

l’impostazione nazionale e sociale del francese Drumont. Lo slogan di

Schonerer “indipendenza da Roma”, così come riporta Mosse,

73

Page 74: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

rifletteva la lotta dell’Austria germanica contro le altre nazionalità

dell’Impero, sebbene presto furono gli ebrei a diventare la sua unica

ossessione, il simbolo di tutti i suoi nemici. Quello da lui proposto era

un tipo di programma nazionalsocialista e nel suo collegare tutti i

problemi sociali e politici al tema degli ebrei contro il popolo egli

mostrò un modo di pensare che fu da fondamento alle successive

teorie nazionalsocialiste78 . Sin dal principio della sua carriera politica

Schonerer volle lottare contro gli ebrei e, per farlo, minacciava

indiscriminatamente di morte gli ebrei stessi, gli Asburgo e il Papa.

Questo furore teutonico che divampò grazie alle propagande di

Schonerer, estendendosi anche ai cechi considerati anche essi dai

tedeschi come parassiti biologicamente inferiori, era stato in origine

suscitato dal decreto del 26 aprile 1897 che equiparava in Boemia la

lingua ceca al tedesco. Ancora una volta la lingua, aggredita da un tale

provvedimento, veniva ritenuta un elemento essenziale della

nazionalità, e tutti i settori della popolazione tedesca si unirono nella

difesa di quello che avvertivano come un monopolio. Così, la lotta del

partito, fu rivolta simultaneamente contro i cechi, contro la

socialdemocrazia ebraica e contro il capitale ebraico. Naturalmente

questo ampliamento del nazionalsocialismo riguardò anche altri

movimenti poiché essi non erano informati gli uni degli altri, ma

ognuno rappresentava una risposta a specifiche situazioni: “ (…) I

lavoratori Boemi dibattevano idee apprezzate in Austria quanto in

Francia e che in un secondo tempo sarebbero state riprese dal

78 P. G. J. Pulzer, The Rise of Political Anti-Semitism in Germany and Austria,New York, 1964, pp207 e sgg.

74

Page 75: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

nazionalsocialismo di Hitler, ma non esistono prove che Hitler fosse a

conoscenza dell’esistenza di questi suoi precursori”79.

A Vienna, Guido Von List, diede l’impronta a un tipo di

discussione nazionalsocialista amalgamandola con le glorie del

passato ariano. La natura, ripresa dai concetti del Volk, era la grande

guida divina dalla quale scaturiva la forza vitale. List credeva che il

passato ariano fosse la manifestazione più pura di questa forza

interiore80. Nei suoi libri e nelle sue conferenze List invitava gli

autentici tedeschi a contemplare i resti di un meraviglioso Stato

teocratico saggiamente governato “ (…) da re-sacerdoti e da iniziati

gnostici, nell’archeologia, nel folclore e nel paesaggio della sua

patria”81. Le idee di List, inteso come ricopritore dell’antica saggezza

ariana, circolarono per mezzo di tre canali principali. La sua ideologia,

radicata nel conflitto degli interessi tedeschi nell’ambito dell’Impero

asburgico, possedeva un’evidente fascino per i gruppi völkisch in

Germania, alla ricerca di un volano per la difesa del germanicità

contro le forze politiche liberali, socialiste e giudaiche. Il secondo

canale riguarda numerose quanto anonime figure völkish della

Germania, laddove nel corso degli anni venti, il suo esempio venne

seguito da altri che scrissero, come lui, sulla religione armonica e

garantirono a questa parola una diffusione nell’uso nazionalista

tedesco82. Il terzo canale di influenza delle tesi listiane sulla Germania

concerne quei personaggi che si sono appoggiati alle sue idee di un

retaggio ariano-germanico e che ne hanno ampliato significativamente

79 G.L.Mosse, Il razzismo in Europa, p.17780 G.L.Mosse, L’uomo e le masse, p.119 e s.gg81 N. Goodrick- Clarke, Le radici occulte del nazismo, p.5782 Ibid., p.74

75

Page 76: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

le tesi. Questo movimento fiorì in Germania nel corso degli anni venti

e degli anni trenta.

George Mosse sottolinea come Nietzsche e Wagner potevano

essere considerati come i predecessori del movimento

nazionalsocialista83. Da giovane Wagner aveva partecipato alla

rivoluzione del 1848, ma con il tempo si era convertito al razzismo,

essendo amareggiato verso un mondo che rifiutava di piegarsi ai suoi

desideri. Gli ebrei rappresentavano tutto ciò che si opponeva al buono

e al bello e, a riprova di ciò, Mosse sottolinea come Richard Wagner

raccontò di aver sognato di essere ucciso da un ebreo berlinese.

L’atteggiamento di Wagner era quindi dettato dalla utilità che i singoli

ebrei rivestivano per la sua causa, ma anche in questo caso qualsiasi

diversità di opinione, qualsiasi supposta mancanza di riguardo, erano

immediatamente imputate a deficienze razziali, e cioè all’irrequietezza

e alla mancanza di rispetto o di cuore innate negli ebrei. Certo, come

sottolinea Mosse, tale ambiguità è assente negli scritti di Wagner e, a

riprova di questo in “ L’ebraismo nella musica” egli estende il suo

odio infervorato di gelosia nei riguardi di Jagob Meyerbeer e di tutti

gli ebrei incapaci, a suo avviso, di comporre musica perché

innatamente privi di passione e sedotti dalle lusinghe del denaro che li

ha privati di una propria vita interiore84. Wagner desiderava restituire

le cosiddette verità germaniche al suo popolo che sembrava ignorarle,

rifiutando il patrimonio ereditario del proprio sangue. La sua

progressiva conversione al razzismo fu accompagnata da un certo

fervore protestante, che lo portò a considerare anche i gesuiti come

83 G.L.Mosse, La nazione, le masse e “la nuova politica” Di Renzo Editore, Roma, 1999, p. 2684 G.L.Mosse, Il razzismo in Europa, cit. p,112

76

Page 77: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

partecipanti alla cospirazione contro la Germania e ad iniziare a

sperare nella sacra rivelazione della libertà pagana.

Tuttavia era l’intensità del sentimento nazionale tedesco ad

essere addotta come spiegazione esaustiva delle fortune delle

ideologie nazionalsocialiste dal momento che, al centro di tale

sviluppo, vi era stato un insieme di idee relative più alla natura

romantica che al problema nazionale, il tutto nel quadro della reazione

al positivismo che si diffuse in tutta l’Europa alla fine del XIX secolo.

Mosse stesso illustra come la reazione antipositivistica tedesca fosse

intimamente legata alla fede nella forza vitale della natura; come

questa stessa forza fosse comprensibile non attraverso la ragione,

bensì attraverso l’occulto; e come su questa stessa base fosse recepita

la glorificazione di un passato ariano che divenne fondamento delle

idee nazionalsocialiste.

3.3 Il programma del partito nazionalsocialista tedesco

È interessante sottolineare che il partito nazionalsocialista

tedesco ebbe una sua incubatrice naturale in una società segreta di tipo

esoterico che si chiamava Thule-Gesellschaft e che fu fondata,

nell’agosto del 1918, dal barone Rudolf von Sebottendorff. Che

radunò intorno a sé un folto gruppo antisemita.

La Thule_Geselschaft era in realtà la mano nascosta dell’ordine

dei Germani. Il barone aveva viaggiato molto nel vicino Oriente e

77

Page 78: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

disponeva di ingenti possibilità finanziarie tanto che dal novembre

1918 l’organizzazione divenne il centro di numerose attività di stampo

razzista. Appare abbastanza chiara, quindi, l’influenza della Thule sul

partito nazionalsocialista e, a riprova di ciò, basti pensare che quello

che sarebbe diventato il numero due del partito, Rudolph Hess, era un

membro attivo della stessa Thule. Già nel 1924, quando Hitler era

prigioniero nella fortezza di Landsberg per il fallito colpo di Stato di

Monaco, Hess fu il collaboratore più stretto del Führer. Per capire

esattamente le radici occultistiche del nazismo occorre inquadrare il

clima tipico che si era andato sviluppando in quegli anni in Europa.

Dopo la nascita ufficiale dello spiritismo o spiritualismo che si fa

coincidere con il cosiddetto “Caso delle sorelle Fox”, verificatosi negli

Stati Uniti nel 1848 ad Hydesville, si assistette in poco tempo ad una

vera e propria epidemia di occultismo che si può anche interpretare

come una reazione naturale all’illuminismo settecentesco prima e al

positivismo scientista dell’Ottocento poi. Parallelamente allo sviluppo

dello spiritismo si assistette anche al formarsi di molteplici sette

sataniche. Nella Germania del primo conflitto mondiale si presentano

quelle condizioni culturali, dettate dell’incertezza, dalla sfiducia nella

vita e dalla mancanza di alternative verso le credenze, favorevoli allo

sviluppo dell’occultismo di massa. Alla ricerca dell’occultismo nelle

masse si affianca, contemporaneamente, la presenza di un esoterismo

delle classi della borghesia e dell’aristocrazia ed è questo il clima che

vede la nascita, in Germania, di Thule prima e del partito

nazionalsocialista poi.

78

Page 79: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

L’evidenza in cui da poco tempo erano stati messi gli ebrei ebbe

in tutta l’Europa centrale, immediati risultati. Essa fu testimone di

un’ondata di provvedimenti antiebraici adottati, non da governi, bensì

da importanti organizzazioni sociali e culturali. Le confraternite

studentesche europee adottarono la norma di pretendere, per

l’ammissione, il requisito dell’arianità e lanciarono una campagna per

il numero chiuso nei confronti degli ebrei. I partiti conservatori si

sentirono spinti ad adottare l’antisemitismo come componente della

politica elettorale che potesse essere redditizia. Ai primordi, in paesi

come la Germania e l’Austria, vi fu scarsa violenza manifesta contro

gli ebrei anche se, a parte qualche sporadico tumulto verificatosi nelle

università, si stavano accumulando l’odio e la paura che avrebbero

trovato sfogo dopo il 1933. Numerosi fattori determinarono la

situazione esplosiva per la questione ebraica. In numerose regioni gli

ebrei costituivano buona parte della classe media e dunque

rappresentavano un facile bersaglio. Soprattutto in Europa Orientale

essi avevano svolto un importante ruolo come rivoluzionari.

L’immagine dell’ebreo rivoluzionario e insieme capitalista e

sfruttatore è stata presente tanto nell’Europa Orientale quanto in

quella centrale. Ma è proprio qui che essi divennero oggetto dell’odio

più efferato.

Dopo la fine del primo conflitto mondiale si diffuse,

particolarmente in Germania, un’atmosfera di degenerazione morale:

“(…) durante la Repubblica di Weimar, la maggior licenza dei

costumi, che si ebbe a Berlino, ma anche nelle grandi città (…) il forte

abbassamento dei confini della morale determinarono appunto una

79

Page 80: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

diffusa area di degenerazione”85. Mosse sostiene che l’affermazione

delle diverse forze politiche di destra, e dunque anche del

nazionalsocialismo, fu determinato proprio dalla speranza che esse

potessero ristabilire il livello morale della nazione. In molti asserivano

che la rigenerazione morale non potesse prescindere dalla

ricostruzione del senso della nazione: entrambi gli aspetti erano

dunque avvertiti come fondamentali, da molti cittadini dell’epoca.

Dopo il 1918 il nazionalismo era dappertutto in aumento perchè

la guerra non aveva posto fine allo stato-nazione ma ne aveva anzi

promosso l’apoteosi86.

La prima guerra mondiale e le sue conseguenze rivitalizzarono

il razzismo in tutte le sue forme. In particolare, furono la guerra e le

rivoluzioni a rappresentare gli stimoli che fornirono al razzismo le

basi per la sua più terribile applicazione. La mentalità prodotta dalla

guerra e dal disordine postbellico aprì la strada al futuro: essa aveva

infatti favorito il cameratismo, l’attivismo e l’eroismo, sempre nel

quadro della mistica nazionale e da essa il nazionalismo uscì

rafforzato. L’appello al cameratismo, al superamento dell’ ”io”, era

destinato a risuonare ancora a lungo dopo la fine della guerra, e

ovunque “(…) essa significò opposizione alla democrazia liberale,

soddisfatta e priva da ispirazione”87. I combattenti simbolo del

cameratismo e dell’eroismo rispecchiavano tali virtù anche

nell’aspetto esteriore. Queste idee non rimasero confinate alla

Germania, perché anche in Inghilterra buona parte della letteratura di

85 G.L.Mosse, Le nazioni, le masse e la “nuova politica”, cit., p. 1786 G.L.Mosse, Il razzismo in Europa, cit. p. 199.87 G. L. Mosse, Il Razzismo in Europa, p. 187.

80

Page 81: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

guerra identificava la bellezza virile dei soldati con il loro essere

biondi, il loro avere forme classiche, in una parola con l’essere ariani.

Ed è in tal contesto che si affermano le teorie di Adolf Hitler.

Egli era nato a Braunau, piccolo centro contadino al confine austro-

tedesco nel 1889 e, nella prima giovinezza, aveva coltivato ambizioni

artistiche che lo avevano condotto a Vienna, dove aveva vissuto per

qualche anno un’esistenza precaria e squallida durante la quale era

stato attratto dalle propagande del partito nazionalista pangermanico.

Sin da questi anni, egli era approdato ad una forma morbosa di

antisemitismo che la realtà cosmopolita viennese di fine secolo non

faceva altro che rafforzare. Da Vienna Hitler era passato a Monaco e,

precisamente, aveva vissuto a Schwabing, il quartiere degli artisti di

Monaco, dove si era venuta costituendo una vasta comunità di gente

che condivideva il suo pensiero88. Dopo aver partecipato al conflitto

mondiale, tornato a Monaco, venne impiegato come ufficiale addetto

all’istruzione dei soldati, o per meglio dire, destinato alla propaganda

finalizzata a preservare l’esercito dalle infiltrazioni di idee pacifiste e

democratiche. Fu su questo terreno, nello svolgimento di tali

mansioni, che Hitler scoprì di possedere doti oratorie fuori dal comune

e fu qui che venne in contatto con un piccolo gruppo che si definiva

“Partito dei lavoratori tedeschi” e mirava alla costituzione di un più

vasto raggruppamento politico che avesse per base la classe operaia,

ma assumesse una linea di stampo decisamente nazionalista: “(…) un

germe del nazionalismo tedesco, fu un movimento di lavoratori; e fu

da questo movimento che emerse gradualmente il primo partito

88 G. Galli, Hitler e il nazismo magico. Le componenti esoteriche del Reich millenario, Rizzoli ed., 1989, p. 30.

81

Page 82: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

nazionalsocialista tedesco. La genialità di Hitler consisté nel fare di

questo movimento, che sarebbe potuto benissimo restare un modesto

fenomeno di settarismo operaio, un movimento borghese”89.

Hitler cominciò con l’organizzare comizi sempre più numerosi

iniziando così ad esercitare la propria arte oratoria in un pubblico che

giungeva sempre più numeroso ad ascoltare l’abile propaganda di

quello straordinario personaggio. In uno dei grandi comizi che

seguirono Hitler presentò quelli che erano i punti programmatici del

partito. Essi erano molto radicali, ma soprattutto demagogici, appunto

per ottenere un numero sempre crescente di simpatizzanti. Ma tutto

ciò ancora non bastava. Per raggiungere gli scopi che si era prefisso,

Hitler doveva imparare ad utilizzare quello che durante la permanenza

a Vienna, chiamò terrore fisico e spirituale, applicato, secondo lui, dal

partito socialdemocratico. L’applicazione di questo principio, che

puntava a creare nei sostenitori del partito un senso di dominio sui più

deboli, si tradusse presto con la costituzione dei truppe d’assalto

denominate SA, dapprima allo scopo di mantenere l’ordine durante i

comizi del partito e, in seguito, utilizzate come strumento di disturbo

per i comizi di altri partiti, arrivando ad impedirli del tutto a farli

sciogliere.

Nel programma nazionalsocialista del 24 febbraio 1920

emergevano caratteri volti contro le società ebraiche di speculazione

fondiaria, dal momento che era rivolto a quei suoli acquistati in modo

illegale o non gestiti in base ai principi del bene del popolo.

A partire dalla fine del luglio 1921 non vi fu più il Partito

nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi ( NSDAP, tale fu il nome del

89 G.L.Mosse, Intervista sul nazismo, p. 55

82

Page 83: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

DAP dopo la primavera del 1920) che un solo capo con l’autorità di

direttore: Adolf Hitler.

Dopo avere raggiunto l’aggettivo “nazionalsocialista” alla

denominazione “Partito dei lavoratori tedeschi”, per cui esso divenne

“Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi” o NSDAP, Hitler

ebbe un lampo di genio: dare al partito stesso quello che gli mancava

ovvero un emblema un simbolo che le masse avrebbero potuto

riconoscere, seguire e difendere.

Nel 1921, dopo aver adottato una bandiera a fondo rosso su cui

campeggiava una croce uncinata, la svastica di dolente memoria, il

partito aveva creato una propria organizzazione che nulla aveva a che

fare con la politica ma che era già tipicamente militare. Le squadre

d’Assalto erano già, come abbiamo accennato, uno dei capisaldi;

contemporaneamente venne affermandosi il Führerprinzip (il

principio del capo), ossia dell’assoluta e indiscutibile autorità del capo

riconosciuto in Hitler; Rohm Hess, Rosenberg e Goering , cioè coloro

che sarebbero stati per lungo tempo i più diretti collaboratori di Hitler,

erano già presenti nelle file nazionalsocialiste. In Mein Kampf,

autobiografia del Führer risalente alla sua permanenza nella prigione,

in cui fu rinchiuso in seguito al fallito putsch di Monaco, sono

chiaramente illustrate le ideologie e il programma politico del

nazismo.

L’ideologia nazionalsocialista aveva come elemento cardine

l’assunzione da parte della Germania di procurare al popolo tedesco lo

spazio vitale (Lebensraum) che gli competeva. Soltanto il possesso di

uno spazio sufficientemente vasto poteva assicurare ad un popolo la

83

Page 84: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

libertà dell’esistenza e a maggior ragione essa spettava alla Germania.

L’estensione territoriale di uno stato infatti, nei programmi di Hitler,

non aveva soltanto l’importanza intesa come fonte di nutrimento di un

popolo, ma soprattutto un’altra importanza di tipo politico militare. Lo

sguardo del nuovo Reich era rivolto verso l’Europa orientale: “(…)

noi nazionalsocialisti rifiutiamo consapevolmente le direttive della

politica tedesca dell’anteguerra, per stabilire il nostro punto di

partenza la dove si era conclusa la nostra storia sei secoli fa. Noi

arrestiamo l’eterna spinta dei germani verso sud e verso ovest e

rivolgiamo lo sguardo verso oriente (…) e passiamo alla politica del

suolo dell’avvenire”90.

90 A. Hitler, Mein Kampf,edizioni München, 1936, trad it. in W.Hofer, Il nazionalsocialismo, documenti 1933-1945, Feltrinelli, Milano, 1964, p.142

84

Page 85: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

Capitolo IV

LA SOLUZIONE FINALE DELLA QUESTIONE

EBRAICA.

4.1 Mein Kampf: ideologia e programma del nazismo

In seguito al putsch di Monaco, Hitler fu condannato a cinque

anni di carcere ma, dopo nove mesi di detenzione, venne rimesso in

libertà. Aveva approfittato del lungo periodo di reclusione nella

fortezza di Landsberg “(…) dove fu processato e condannato per alto

tradimento e dove rimase con altri cospiratori nazisti, dall’11

novembre 1923 fino al 20 dicembre 1924.” 91, per redigere il primo

volume di uno dei libri più sconcertanti del nostro secolo, nel quale

espose le proprie idee politiche: Mein Kampf. In Mein Kampf sono

chiaramente illustrati l’ideologia e il programma politico del futuro

nazismo: una delirante mostruosità che venne poi attuata, fin dove fu

possibile, con rigida coerenza. Dopo la sconfitta della Germania del

1918, Hitler affermò che la condizione per il ritorno della nazione

tedesca al suo ruolo di grande potenza era l’affermazione dello “Stato

forte”, composto solo di elementi di pura razza tedesca, con

l’esclusione degli ebrei, nemici di ogni coesione nazionale, dei

cattolici e dei socialisti, dipendenti da organizzazioni internazionali. A

tale proposito, il sociologo Weber, sebbene vissuto prima dell’avvento

di Hitler, previde nella Germania di Bismarck, che dell’ideologia dello

91 D. Cohn-Sherbok, Op cit., p. 279.

85

Page 86: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

Stato-forte era ritenuto il fondatore, le condizioni che l’avrebbero

portata alla rovina. Per la sua intransigente ideologia del Macht-Staat,

dello Stato-forte, del potere tutto concentrato nell’esecutivo, il

Cancelliere Bismarck, ancor prima di Hitler, aveva disabituato la

nazione da quella positiva cooperazione al proprio destino politico per

mezzo dei suoi rappresentanti politici elettivi, la quale soltanto rende

possibile l’educazione del giudizio politico e “con la sua pratica di

circondarsi di collaboratori apolitici, meri esecutori di ordini, egli

lasciò il paese senza la minima educazione e la minima volontà

politica92.

Il grande destino tedesco esigeva il più completo

assoggettamento dell’uomo allo Stato, escludendo qualsiasi autonomia

di persone, classi o partiti e subordinando i diritti naturali dell’uomo

allo Stato. In tal contesto di subordinazione va inteso il concetto di

Führerprinzip, ossia il principio dell’assoluta ed indiscutibile autorità

del capo che avrebbe guidato le forze unite della nazione: “(…) il

nostro movimento sostiene il principio dell’autorità assoluta del

Führer (…) egli è il capo assoluto del movimento. Tutti i comitati

sono sottoposti a lui e non viceversa. Egli è quello che decide (…) chi

non ha le doti per farlo o chi è troppo vigliacco per accettare le

responsabilità dell’azione, non è adatto a fare il Führer. Solo l’eroe ne

ha la vocazione”93. Il Führer sarebbe stato un membro rappresentativo

della razza del Volk, e a conferirgli grandezza sarebbe stata, di per sé,

la sua qualità carismatica; il suo interesse per il benessere della

nazione sarebbe quindi stato necessariamente maggiore di quello della

92 M. Weber, Parlamento e governo nel nuovo ordinamento della Germania, Bari, 1921, p. 78.93 A. Hitler, Op. cit. , p. 141.

86

Page 87: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

singola corporazione, preoccupata soprattutto dei suoi interessi

particolari; in quanto carismatico, “il capo avrebbe colmato lo iato tra

le diverse corporazioni facendole nel concertato sforzo di tutta la

nazione”94 . il Führer, le corporazioni, l’intero popolo avrebbero

partecipato all’unità razziale, generatrice di atteggiamenti e valori

identici per tutti.

La concezione dello Stato e della società si basava fortemente

sul concetto di razza “ (…) non crede affatto all’uguaglianza delle

razze ma riconosce nella loro differenza dei valori superiori ed

inferiori per cui si sente in dovere (…) di promuovere la vittoria del

migliore, del più forte, e di effettuare la sottomissione del peggiore e

del più debole (…). Su questa terra la cultura e la civiltà umana sono

indissolubilmente legate alla presenza dell’uomo ariano. La sua morte

e il suo tramonto stenderebbero nuovamente sul nostro pianeta i veli

oscuri di un’epoca priva di civiltà” 95. L’attuale civiltà, secondo la

visione hitleriana, rappresentava il prodotto del genio dell’uomo

ariano, che era, appunto per questo, l’uomo per eccellenza. A creare

questa civiltà l’ariano era pervenuto sottomettendo con la forza le altre

razze inferiori. Hitler prosegue sostenendo che, nel mondo

contemporaneo, gli eredi dell’uomo ariano erano i tedeschi, che più di

tutti gli altri avevano preservato la purezza razziale; i tedeschi

rappresentavano il più alto esemplare di umanità, la razza dei

dominatori che avrebbe dovuto sottomettere le razze inferiori

individuati soprattutto negli ebrei e negli slavi. In particolare gli ebrei

erano accusati di aver ordito un complotto contro il popolo tedesco:

94 C. Smith, Staat, Bewegung, Volk, Hamburg, 1934, p. 76.95 A. Hitler, Mein Kampf, in W. Hofer, cit., p. 28-31.

87

Page 88: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

“la finanza ebraica desidera (…) non solo la totale rovina

economica della Germania, ma anche la sua completa schiavitù

politica (…) in qualunque parte del mondo vengono mossi degli

attacchi contro la Germania, sono sempre gli ebrei che li promuovono

(…) l’annientamento della Germania non era un interesse britannico,

ma in primo luogo degli ebrei (…) gli ebrei tengono nella loro rete

non solo il vecchio mondo, ma la stessa potenza delle borse degli Stati

Uniti d’America”96. Dunque, al centro della teoria di Hitler sta l’idea

della razza. In Mein Kampf asserisce che tutta la storia è solo

espressione dell’eterna lotta tra le razze per la supremazia. La guerra è

l’espressione naturale e necessaria di questa lotta in cui il vincitore,

cioè la razza più forte, ha il diritto di dominare. L’unico scopo dello

Stato è mantenere sana e pura la razza e creare le condizioni migliori

per la lotta per la supremazia, cioè per la guerra. La guerra difatti è

l’unica cosa che possa dare un senso più nobile all’esistenza di un

popolo. Di tutte le razze quella ariana è, secondo Hitler, la più creativa

e la più valorosa, in fondo l’unica a cui spetta il diritto di dominare il

mondo.

Hitler attribuisce l’origine del suo antisemitismo al suo incontro

con gli ebrei dell’ Europa orientale. Particolarmente rimase

impressionato, nel giungere ancora ragazzo nella metropoli viennese,

dagli strani abiti e dall’ aspetto per lui ripugnante degli ebrei in cui si

imbatté, “ (…) strani esseri che percorrevano il paese in cerca di un

luogo in cui mettere radici, moltiplicarsi e dominare, prendendo il

posto dei veri tedeschi”97. Il giovane Hitler aveva assorbito il razzismo

96 Ibid. , p. 31.97 G. L. Mosse, Le origini culturali del Terzo Reich, p. 438.

88

Page 89: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

a Vienna, dov’era molto diffuso e lo aveva rafforzato con amicizie

fatte negli anni immediatamente successivi alla prima guerra

mondiale. Numerose devono essere state le influenze antisemite che a

Vienna agirono su Hitler: il movimento di Lueger, di cui egli vide la

fase finale; i più violenti pangermanisti di von Shonerer; e infine, le

sette razziste che alimentavano il mistero della razza. Di particolare

importanza fu l’incontro avvenuto a Monaco tra Hitler e il

commediografo e giornalista Dietrich Eckart col quale mantenne

rapporti di amicizia fino alla sua morte avvenuta nel 1923. quando il

futuro Führer lo incontrò, Eckart era l’editore di “Auf gut deutsch”, un

periodico al quale collaboravano i migliori scrittori del movimento

völkisch. Eckart portò argomenti a favore dell’ antipatia e del ribrezzo

che Hitler nutriva per gli ebrei, che gli apparivano gente strana e

misteriosa, dedita alla cospirazione. Secondo Eckart l’ebreo era

semplicemente il principio del male, il responsabile della sconfitta

tedesca e del bolscevismo. Tuttavia, Eckart non voleva una soluzione

violenta della questione ebraica e quelle poche considerazioni da lui

dedicate a misure concrete contro gli ebrei prevedevano la

ricostituzione dei ghetti e l’esclusione degli ebrei dalla vita tedesca:

“(…) inoltre, per Eckart, non si sarebbe mai potuto fare a meno degli

ebrei, dato che essi costituivano l’elemento di contrasto per i

tedeschi”98.

In realtà le pagine del Mein Kampf sintetizzano lo stereotipo

dell’ebreo dei ghetti così com’era andato sviluppandosi mediante

l’ideologia völkisch: gli ebrei non rappresentavano un popolo con una

cultura, il suolo era, per essi, mero oggetto di sfruttamento, la lussuria

98 G. L. Mosse, Il razzismo in Europa, p. 221.

89

Page 90: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

sostituiva convinzioni concrete e sincere. Ciò che appare indubbio a

George Mosse è che l’odio che Hitler mostra nei confronti del popolo

ebraico costituisse un sentimento profondamente radicato e, dunque,

non una mera tattica finalizzata conferire una necessaria dose di

rispettabilità al suo programma politico. L’ antisemitismo che Hitler

aveva abbracciato, lungi dall’essere un espediente di carattere

opportunistico, era invece una convinzione profondamente radicata.

Che si trattasse di nozioni che apparivano così concrete da avere presa

sul pubblico, comprova che la popolazione era già familiarizzata ad

esse, che queste idee preesistevano ad Hitler. Il quale infatti non le

aveva certo inventate: Hitler era semplicemente l’erede diretto del

nazional-patriottismo, anche se sfoggiava particolare abilità

nell’intuire quanto sensibili fossero le masse tedesche alla traduzione

in termini antisemitici dei problemi nazionali. Agli occhi di Hitler gli

ideologi del Volk erano “null’altro che chierici vaganti”99, dal

momento che essi non erano stati in grado di rendere concreti i

presupposti basilari della loro ideologia. In Mein Kampf emerge la

fierezza per esser riuscito a sintetizzare, con la massima chiarezza,

l’ideologia in venticinque punti. Hitler si rendeva conto che, per dare

origine ad un movimento di massa, occorreva una chiara

estrinsecazione delle idee, oltre a disciplina ed organizzazione. Nei

progetti di Hitler, il nuovo Reich, nato sul territorio tedesco, avrebbe

dovuto recuperare la sua posizione di potenza mondiale e conquistare

il dominio mondiale. A questo progetto si opponeva un ostacolo: il

primo problema da risolvere era una definitiva resa dei conti con il

nemico di sempre la Francia. Hitler vedeva la Francia come sua

99 Ibid, p. 443.

90

Page 91: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

nemica mortale, che bisognava isolare, sottrarle l’iniziativa politica,

coalizzare insieme tutti i paesi che da essa erano preoccupati. La

Francia rimaneva il nemico che la Germania temeva di più. Hitler,

d’altra parte, non si è mai scandalizzato dell’odio accanito contro la

Germania che egli stesso attribuiva alla Francia: niente di più naturale

per lui di un accanimento che esprimeva l’istinto di conservazione

della nazione francese. “Se fossi francese, se per conseguenza la

grandezza della Francia mi fosse altrettanto cara quanto mi è sacra

quella della Germania, non potrei e non vorrei agire diversamente di

quanto fa un Clemenceau”100. L’Inghilterra e l’Italia, la più grande

potenza mondiale insieme ad un giovane fiorente stato nazionale, nelle

mire hitleriane avrebbero offerto nuove risorse alla Germania per

condurre una nuova guerra europea che, almeno per cominciare,

avrebbe colpito la Francia negrificata, giudea: “(…) oggi è nostra

alleata naturale ogni potenza che considera con noi, insopportabile la

passione di egemonia della Francia sul continente. Nessun passo

rispetto a questa potenza deve sembrarci troppo duro, nessuna rinuncia

deve sembrarci impossibile, se abbiamo finalmente la possibilità di

abbattere il nemico che ci odia tanto rabbiosamente”101 A tale

proposito, quella di Hitler non è da intendersi come una volgare

voluttà di rivincita per il 1914, né tanto meno l’ostilità francese nei

confronti dei tedeschi è da intendersi come un desiderio di rivincita

dopo la sconfitta del 1870. Era piuttosto una questione di frontiere: si

trattava di ristabilire le frontiere politiche tedesche anteriori al 1818 le

quali, da sole, avrebbero inglobato nello Stato tutti gli uomini del

100 A. Hitler, Op. cit., p. 370101 Ibid, p,360

91

Page 92: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

Volk. Eliminato questo intralcio francese si sarebbe potuto pensare da

un’espansione territoriale che andasse oltre i confini europei. Il

compito della Germania era, secondo Hitler, quello di procurare al

popolo tedesco la spazio vitale che gli competeva, tale spazio era

rappresentato dall’Europa orientale verso la quale si doveva rivolgere

il nuovo Reich. “(…) soltanto il possesso di uno spazio

sufficientemente vasto su questa terra assicura ad un popolo la libertà

dell’esistenza (…) l’estensione territoriale di uno Stato non ha soltanto

importanza come fonte di nutrimento, diretta di un popolo, ma anche

un’altra importanza, di tipo politico militare (…) quindi noi

nazionalsocialisti (…) rivolgiamo lo sguardo verso Oriente”102. Egli

considerava dunque l’espansione un passo necessario per assicurare al

popolo tedesco la terra e il suolo a cui esso aveva diritto. Infatti

sosteneva eccessiva la sproporzione e l’estensione del territorio: il

destino era stato benevolo con i tedeschi perché aveva abbandonato la

Russia nelle mani del bolscevismo, a causa del quale il gigantesco

impero dell’Est sarebbe presto collassato lasciando un territorio di cui

era facile appropriarsi. Tradotte nella realtà, le intenzioni di Hitler

avrebbero dunque significato prima l’unificazione del continente

europeo sotto il dominio della nazione tedesca, per cercare poi nuovo

spazio vitale ad est, cioè in Polonia ed in Russia passando attraverso l’

Austria e poi la Cecoslovacchia. Ma questo doveva essere, come

scrive Hitler nel Mein Kampf, solo il preludio dell’ultima grande sfida,

che lo avrebbe visto scontrarsi con la superpotenza degli Stati Uniti.

A tal riguardo, è un fatto singolare e molto significativo, che

l’andamento reale della seconda guerra mondiale abbia rispecchiato

102 Ibid, p. 56.

92

Page 93: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

quasi fedelmente questa teoria che Hitler aveva sviluppato quattordici

anni prima dell’inizio della guerra, a dimostrazione della testardaggine

con cui egli seguiva le proprie idee e cercava di applicarle a tutti i

costi.

Nel Mein Kampf viene dato pochissimo spazio all’economia,

come se i problemi economici nella mente del Führer, si fossero

potuti risolvere automaticamente. Inoltre, manca quasi del tutto una

netta definizione di quello che Hitler intendesse per socialismo.

Nonostante il suo partito si proclamasse nominalmente “socialista”,

non è ben chiaro a cosa egli volesse alludere effettivamente con

questo termine. In un discorso tenuto nel luglio del 1922 egli da tale

definizione: “ è socialista chiunque sia pronto a fare sua la causa

nazionale fino al punto di non conoscere nessun ideale superiore a

quello della nazione”. Il libro inoltre è pieno di digressioni che

spaziano senza un ordine stabilito tra una grande quantità di

argomenti: la cultura, l’educazione, l’arte, la storia, il matrimonio.

Riguardo a questo ultimo punto il Führer sottolinea come sia

importante favorire il matrimonio tra i giovani per l’incremento e la

conservazione della razza. Il matrimonio così non si riduce a mero atto

fine a se stesso, ma a progetto che aspira a qualcosa di più ampio: lo si

deve fare per il bene dello Stato e della razza; le persone deboli,

malate, con difetti fisici dovranno sacrificarsi ed evitare di procreare.

Ma per le persone sane, forti, per gli ariani, sarà considerato

biasimevole il privare la nazione di figli che sarebbero stati forti e

sani. L’incrocio razziale si trasformava nel peccato supremo contro la

volontà del creatore che Hitler identifica con la natura: “dimenticare e

93

Page 94: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

disprezzare le leggi del sangue e della razza significa ostacolare il

cammino vittorioso della razza superiore e quindi, del progresso

umano; significa cadere al livello dell’animale incapace di elevarsi

nella scala degli esseri”103. E, da questo punto di vista, secondo Hitler

le chiese cristiane tutte avrebbero recato gravi attentati all’opera di

Dio. Esse hanno trascurato il loro compito fondamentale, ovvero

vegliare sulla salvezza dell’ uomo ariano: tollerando i matrimoni misti

hanno aiutato la profanazione dell’ opera divina. “E’ soltanto nel

sangue che risiede la forza o la debolezza dell’uomo. I popoli che non

riconoscono l’importanza delle loro basi razziste assomigliano a

persone che vogliono conferire ai barboncini le qualità dei levrieri

senza capire che la rapidità del levriero e la docilità del barboncino

non sono qualità acquisite attraverso l’addestramento, ma sono

inerenti alla razza stessa”104.

Altro aspetto di cui lo stato deve occuparsi viene individuato

nell’educazione: lo Stato razzista si preoccupa, in primo luogo, di

realizzare corpi perfettamente sani attraverso un allenamento

appropriato; successivamente della formazione del carattere, ossa

dello sviluppo della forza di volontà, della capacità di decisione, del

gusto della responsabilità e del rischio. Soltanto in ultima analisi,

viene presa in considerazione l’istruzione propriamente detta, cioè la

cultura delle facoltà intellettuali. Il nuovo Reich avrà dunque bisogno

di combattenti e non di intellettuali. Un’unica idea, l’idea per

eccellenza, dovrà essere fissata nelle giovani menti: quella della razza.

In questa educazione, tutto sarà organizzato sistematicamente perché,

103 J.J. Chevallier, op. cit, p 435104 A. Hitler, op. cit, p.355

94

Page 95: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

lasciando la scuola, il giovane tedesco sia un convinto assertore

dell’assoluta superiorità dei tedeschi sugli altri popoli. L’atto di

consacrazione ufficiale di questa educazione sarò costituito dalla

consegna, al giovane tedesco di buona salute e di buona educazione,

che abbia compiuto il suo servizio militare, di un diploma di cittadino

del Reich. Questo diploma sarà per l’individuo il documento più

importante di tutta la sua vita.

Appare dunque evidente, che Hitler non modificò neppur

minimamente le ideologie che aveva elaborato già a partire dal suo

soggiorno viennese. Quelle idee si fondavano su di un ardente

entusiasmo sul nazionalismo germanico, su un forte odio per la

democrazia, per il marxismo e per gli ebrei. A tutto questo si

aggiungeva la convinzione che la Provvidenza avesse scelto gli ariani,

in specie i tedeschi, come razza dominatrice. In Mein Kampf sviluppò

tale punto di vista ed espose le teorie che secondo lui avrebbero

portato la Germania a trovarsi un territorio più esteso dove fondare un

nuovo tipo di Stato basato sul concetto di razza, e sui quali si sarebbe

stabilita la dittatura assoluta di un capo, cioè lo stesso Hitler, assistito

da una serie di gerarchi minori che erano a capo di altri gerarchi

inferiori.

4.2 Dall’antisemitismo al genocidio

95

Page 96: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

Nel 1933 George Mosse, all’età di quindici anni, all’indomani

dell’avvento del nazismo, fu costretto a fuggire dalla Germania per

raggiungere la famiglia profuga a Parigi. Ebbe così inizio la sua vita

di esule in Francia, Svizzera ed Inghilterra, “(…) dove proseguì gli

studi impegnandosi nella militanza antifascista durante la guerra civile

spagnola, per approdare infine, alla vigilia della seconda guerra

mondiale, negli Stati Uniti”105. Mosse fu costretto a partire all’avvento

del Terzo Reich e dunque non visse mai l’esperienza dell’ambiente

oppressivo in cui i ragazzi ebrei dovettero vivere nella Germania

hitleriana. Il 30 gennaio 1933 Hitler fu convocato dal presidente della

Repubblica tedesca Paul Ludwig von Hindenburg ed accettò di

capeggiare un governo in cui i nazisti avevano solo tre ministeri su

undici. Quando Adolf Hitler diventò Cancelliere la strada era aperta

alla realizzazione del programma nazista. Egli assunse il potere in un

momento di rischio di una guerra civile in Germania ed il razzismo,

che da lungo tempo si era alleato con la morale della classe media e

con le forze della legge e dell’ordine, potè sperare in una diffusione

più larga. I nazisti e i conservatori promettevano la restaurazione

dell’ordine e il rafforzamento della morale e del decoro della vita

pubblica e privata. Ma, in quel momento, tutto ciò, per molta gente,

significò accettazione del razzismo “in quanto baluardo appunto della

moralità, della legge e dell’ordine contro i principi negativi del

comunismo, bolscevismo e degli ebrei”106. A Hitler bastarono pochi

mesi per affermare il suo potere.

105 E. Gentile, George L. Mosse e la religione della storia, in G.L.Mosse, Di fronte alla storia, Bari, Laterza, 2004, p. V.106 G. L. Mosse, Il razzismo in Europa, p. 222.

96

Page 97: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

Nel luglio 1933 Hitler faceva varare una legge in cui si

proclamava che il partito nazionalsocialista era l’unico consentito in

Germania. Nell’agosto del 1934, in seguito alla morte di von

Hindenburg, Hitler assunse le cariche di Cancelliere e di capo dello

Stato. In quel periodo, gli ebrei erano in Germania una ristretta

minoranza: circa cinquecentomila su una popolazione di oltre sessanta

milioni di abitanti. Ma erano concentrati in prevalenza nelle grandi

città ed occupavano le posizioni medio-alte della scala sociale. Nei

confronti di questa minoranza, attivamente inserita nella comunità

internazionale, la propagande nazista riuscì a risvegliare sentimenti di

ostilità. Durante le prime fasi della sua politica ebraica, che

prevedevano l’esclusione e l’emigrazione, Hitler trovò facilmente dei

collaboratori volenterosi, cosa non certo riscontrabile in egual misura

in occasione della soluzione finale. Ad esempio, il capo della gioventù

hitleriana, Baldur von Schirach, e sua moglie, protestarono contro la

deportazione degli ebrei, dopo che la moglie dello stesso aveva

assistito ad un rastrellamento di ebrei in Olanda. Hitler non reagì

favorevolmente a tali interferenze nei suoi progetti 107. Tuttavia, coloro

che presero parte alle fasi iniziali della politica antiebraica, secondo

George Mosse, non possono essere assolti dalla colpa di ciò che

accadde o in seguito108. I nazisti, infatti, attuarono la politica

antiebraica con grande lentezza, tanto che, ancora nel 1935, molti

ebrei fecero ritorno in Germania, rassicurati con l’inganno insieme

con molti loro correligionari che vi erano rimasti 109. Adolf Hitler non

ha agito in modo lineare dal momento che, se da un lato era

107 A. Sper, Spandauer Tagebücher, Frankfurt, 1975, p. 463.108 G. L. Mosse, Il razzismo in Europa, p. 218109 U. D. Adam, Judenpolitik im Dritten Reich, Düsseldorf , 1972, p. 114.

97

Page 98: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

ossessionato dall’avversione contro il popolo ebraico, dall’altro

operava lentamente, arrivando in alcuni casi a trattenere collaboratori

fin troppo impazienti.

Hitler diede l’avvio alla sua politica antiebraica non appena

giunto al potere. Tale politica vide un crescendo di misure sempre più

dure contro gli ebrei, costantemente precedute da tentativi di eccitare

le masse contro di loro, in modo da far credere di essere lui a seguire

la pubblica opinione e non di esserne l’istigatore110. La

discriminazione fu ufficialmente sancita nel settembre 1935, dalle

Leggi di Norimberga che tolsero agli ebrei la parità dei diritti con gli

altri cittadini e proibirono, tra le altre cose, i matrimoni fra ebrei e non

ebrei.

Tra le numerose stesure delle Leggi Norimberga che gli furono

sottoposte Hitler scelse la versione più moderata111. Era proibito agli

ebrei sposare o avere relazioni extraconiugali con ariani, avere

persone di servizio ariane o battere bandiera tedesca.

Tuttavia il regime, prima dell’istituzione delle Leggi di

Norimberga aveva già alle spalle uno stillicidio di provvedimenti

contro gli ebrei che limitavano di molto la loro capacità giuridica. Con

la legge del 7 aprile 1933 sull'epurazione della pubblica

amministrazione era stato possibile cacciare i funzionari «di origine

non ariana» (tali erano coloro che avessero ebreo almeno uno dei due

nonni), successivamente gli ebrei vennero espulsi da altre attività

professionali, da quella forense a quella medica ed odontotecnica.

Sempre nell'aprile del 1933 furono introdotte limitazioni numeriche

110 G. L. Mosse, Il razzismo in Europa, p. 217.111 U. D. Adam, Op. cit., p. 128.

98

Page 99: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

per l'accesso degli ebrei a scuole ed università. Nel maggio 1933 gli

ebrei furono esclusi dalla professione di consulenti fiscali. Nel luglio

fu prevista la revoca della cittadinanza acquisita da ebrei tra il 9

novembre 1918 e il 1933. Per accedere alla legge del 29 settembre

1933 sulla proprietà ereditaria della terra bisognava non avere "sangue

ebraico"; il non avere origine ebraica diventava condizione

preliminare per poter essere ammesso all'abilitazione professionale in

quasi tutti i campi, compreso l'ingresso nella carriera militare. Gli

ebrei non erano più cittadini con uguali diritti già molto prima dell’

emanazione delle Leggi di Norimberga. La legge del 14 luglio 1933

per prevenire la nascita di bambini malati era un provvedimento

eugenetico in base al quale la sterilizzazione era volontaria, eccettuati

alcuni casi previsti con grande precisione. Ma prima ancora che fosse

passato un anno, le sterilizzazioni erano diventate obbligatorie e non

era più necessario ottenere il consenso della vittima. Furono fissati i

tipi di malattie ereditarie che la sterilizzazione avrebbe dovuto

impedire. Chi era affetto da malattie congenite fu considerato un

essere improduttivo e, il concetto di produttività, aveva un grande

peso nel pensiero razzista, secondo il quale la razza superiore è

fortemente produttiva, mentre quelle inferiori non erano ritenute

capaci di esibire alcun frutto tangibile del loro lavoro. Il libro che

ebbe la massima influenza sugli eugenisti razzisti era imperniato

proprio su questo concetto: il malato congenito e coloro che hanno

perduto la volontà di lavorare dovrebbero essere soppressi perché la

comunità deve essere sollevata dall’onere di prendersi cura dei suoi

membri inutili112. Gli autori del libro “La rinuncia alla vita indegna

112 G.L.Mosse, Il razzismo in Europa, p.130

99

Page 100: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

affinché essa possa essere distrutta”, l’avvocato Karl Binding ed il

medico Alfred Hoch, non erano considerati razzisti e nel loro libro

non si trova alcuna argomentazione direttamente basata sull’

eugenetica razziale, ma il loro concetto di utilità sociale e di capacità

al lavoro furono facilmente integrati nelle concezioni razziali. La

legge per la prevenzione delle malattie ereditarie, promulgata il 14

luglio del 1933, non recepì semplicemente i motivi ispiratori della

campagna a favore dell’eugenetica, ma avrebbe alla fine portato

all’eutanasia. L’eutanasia, cioè l’Azione T quattro, fu il primo passo

sulla strada della rivoluzione biologica. Ma le reazioni all’eutanasia

non sono rappresentate solo dalle critiche che rivolsero ad essa

entrambe le chiese tedesche e che potrebbero aver contribuito alla sua

provvisoria sospensione nell’agosto del 1941. Difatti, sullo sfondo

delle teorie dell’ereditarietà e della razza, già diffusesi negli anni della

Repubblica di Weimar, con il consenso anche di esponenti della

medicina, l’eutanasia incontrò un largo assenso nella stessa

popolazione tedesca ed in parte tra gli stessi parenti dei malati di

mente che venivano soppressi. Hitler parlò per la prima volta di

eutanasia in privato, nella giornata del partito, quando vennero

promulgate le Leggi di Norimberga. Dal prendere la decisione a

metterla in pratica il passo fu abbastanza breve. Complessivamente,

tra il 1940 e la data del 25 agosto 1941, momento della sua

sospensione provvisoria, le vittime dell’eutanasia furono da

ottantamila a centomila, alle quali bisogna aggiungere tra i ventimila e

100

Page 101: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

i trentamila individui eliminati nel corso del prosieguo dell’Azione,

dal settembre 1941 alla metà del 1944113.

Nel settembre 1935 fu compilato un elenco completo degli ebrei

viventi in Germania, cittadini tedeschi e stranieri, che si rivelò molto

utile per far funzionare la “macchina” della soluzione finale .

Due delle Leggi di Norimberga, quella sulla cittadinanza del

Reich e quella per la tutela del sangue tedesco e dell'onore tedesco,

incisero in maniera fondamentale sullo statuto degli ebrei. Con la

prima legge veniva stabilito che cittadino del Reich, ossia cittadino di

pieno diritto, con il pieno godimento dei diritti politici, era soltanto il

cittadino tedesco o di sangue affine. Di conseguenza «un ebreo non

può essere cittadino del Reich. Non gli spetta alcun diritto di voto in

questioni politiche; non può ricoprire un ufficio pubblico» (dal

programma della NSDAP stilato da Hitler e da Anton Drexler il 24

febbraio 1920). La legge per la tutela del sangue tedesco proibiva la

conclusione di matrimoni tra ebrei e cittadini di sangue tedesco,

nonché qualsiasi tipo di rapporto sessuale tra le stesse categorie.

Il significato delle Leggi di Norimberga va letto nei suoi aspetti

psicologici e nei suoi riflessi politici e giuridici. Dal punto di vista

psicologico, la codificazione della discriminazione abbatteva ogni

inibizione residua: l'antisemitismo non era più soltanto un fatto di

costume o un fatto lecito, diventava addirittura obbligatorio. Dal

punto di vista politico e giuridico, la privazione della piena

cittadinanza agli ebrei creava forti strumenti di pressione ai fini del

loro espatrio e della confisca dei loro averi. Soprattutto, una volta

113 A. Hillgruber, Il duplice tramonto. La frantumazione del Reich tedesco e la fine dell’ebraismo europeo, Il Mulino, Bologna, 1990, p. 91 e segg.

101

Page 102: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

compiuta questa massiccia opera di separazione dell'elemento ebraico

dal resto della popolazione tedesca, il venir meno di vincoli derivanti

da una sorte comune allentò intorno agli ebrei anche la possibilità di

gesti e manifestazioni di solidarietà. L'attenzione per gli ebrei

diminuiva, nel senso che una volta segregati e ufficialmente e

pubblicamente diffamati - non per quanto avessero fatto contro il

regime ma semplicemente per quello che erano, per il semplice fatto

di esistere - essi potevano essere esposti a qualsiasi vessazione senza

che questo creasse più scalpore. Nel corso del 1938 la persecuzione

contro gli ebrei conobbe un'ulteriore acutizzazione. Il censimento dei

patrimoni ebraici, disposto in aprile, fu il preludio alla vera e propria

rapina di Stato a favore dell'economia tedesca, spesso dell' economia

di guerra. La cacciata completa degli ebrei dalla vita economica

divenne in quest'epoca la parola d'ordine del maresciallo Hermann

Göring (1893-1946), nella sua qualità di responsabile del piano

quadriennale, ossia del programma di preparazione economica per la

guerra.

Due eventi accelerarono le misure antiebraiche: “la notte dei

cristalli” e l’ Anschluss dell’Austria.

La "Notte dei cristalli" (Kristallnacht) del 9 novembre 1938 non

arrivò improvvisa, fu il culmine di una serie di provocazioni.

L'occasione immediata per lo scatenamento della violenza nazista fu

l'espulsione dal Reich, decretata alla fine di ottobre, degli ebrei di

cittadinanza polacca. Il 7 novembre un giovane emigrato polacco,

Herschel Grynszpan, uccideva a Parigi un consigliere dell'

ambasciata tedesca nella capitale francese, Ernest vom Rath, per

102

Page 103: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

protestare contro l'avvenuta deportazione dal Reich dei suoi genitori.

Nella notte tra il 9 e il 10 novembre la Germania fu percorsa

dall'ondata di violenze antisemite più atroce che l'Europa avesse

conosciuto dai tempi dei pogrom zaristi. Centinaia di sinagoghe

furono date alle fiamme, migliaia di negozi e di studi professionali

di ebrei furono distrutti, abitazioni incendiate, innumerevoli ebrei

percossi, poche decine gli uccisi, ma decine di migliaia gli ebrei

arrestati e deportati in campi di concentramento. Questi tumulti,

organizzati ufficialmente, sono conosciuti come la “Notte dei

cristalli”, perché in pratica ogni sinagoga della Germania ebbe le

finestre infrante e l’interno distrutto, e la maggior parte fu arsa fino

alle fondamenta. In seguito a questa distruzione, trentamila ebrei

furono rinchiusi nei campi di concentramento dei Dachau e

Sachsenhausen114. La “Notte dei cristalli” deve essere vista nel

contesto della prima grande ondata di arresti di ebrei e del loro

trasferimento nei campi. La maggior parte di loro apparteneva alle

classi più agiate e solo se era in grado di esibire la carta di

emigrazione era lasciata libera: ma anche se questa volta i più

uscirono dai campi, era stato stabilito un precedente ad un aspetto

della guerra dichiarata contro gli ebrei.115 Non fu una reazione

spontanea della popolazione tedesca al complotto dell'

internazionale ebraica per soffocare la Germania, come voleva la

propaganda nazista: fu un' altra delle grandi campagne di massa

promosse e manovrate dallo stesso responsabile dell'educazione e

114 L. Kochan, Pogrom 10 november 1939, London, 1957, p. 11.115 H. Krausnick, H. Buchheim, M. Broszat e A. A. Iacobsen, Anatomy of the SS State, New York, 1968, p. 458.

103

Page 104: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

della propaganda Joseph Goebbels, che autorizzò di fatto la NSDAP

e le SA a scatenare il pogrom.

L’Anschluss dell’Austria avvenuta nel marzo 1938, portò nel Terzo

Reich altri duecentomila ebrei. L’emigrazione che già si trovava in

difficoltà, non potè a questo punto rappresentare una soluzione per

contrastare un nemico il cui numero era così tanto aumentato. Hitler

ebbe, così, il pretesto per scatenare contro gli ebrei, in Austria,

un’ondata di terrore che, a partire da quel momento e da quel luogo,

non si sarebbe mai più placata per l’ intera durata del suo regime. In

Austria, Hitler in persona inasprì le misure antiebraiche, non solo

introducendo immediatamente la stessa legislazione vigente nel

Reich, ma abrogando personalmente lo status speciale degli ebrei di

sangue misto, ai quali fu ritirata la cittadinanza fino ad allora

conservata anche dopo la promulgazione delle Leggi di Norimberga.

L’Austria costituì un ulteriore prova di quanto stava per succedere:

dal momento dell’ Anschulss, cioè dell’unione con il Reich, ogni via

di scampo era definitivamente chiusa. Tuttavia, anche l’atteggiamento

di coloro i quali non erano convinti razzisti, non fu lungimirante: essi

non videro le conseguenze di questi eventi perché erano accecati dalla

prospettiva di unirsi alla più grande comunità tedesca. Esemplare, a

tale proposito, fu l’atteggiamento dell’arcivescovo di Vienna,

cardinale Innitzer, il quale nel 1933 si rallegrava perché la voce del

sangue del Volk germanico tornava a farsi sentire. Lo stesso cardinale

tre anni dopo avrebbe condannato pubblicamente il razzismo, ma ciò

nonostante egli accolse con entusiasmo l’ Anschulss ed ebbe dei

104

Page 105: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

ripensamenti solo quando fu attaccata la Chiesa, ed allora era ormai

troppo tardi per agire116 .

Ma il primo passo veramente importante della nuova politica fu la

“arianizzazione” dell’economia, posta sotto l’energica guida di

Hermann Göring. L’attacco contro la vita economica ebraica, sferrato

a partire dall’inverno 1937, colpì ogni suo aspetto, dalle banche ai

negozi di vendita al dettaglio e fu accompagnato da azioni locali di

boicottaggio, come quelle inaugurate a Norimberga stessa.

L’ingordigia dello stato nazista non fu l’unico motivo di questa

arianizzazione: essa doveva servire ad ammonire ed a ricordare agli

ebrei che la loro vita in Germania era finita, cosa che prima di allora

non era stata molto chiara. Le misure economiche, però, non ebbero

una risonanza paragonabile a quella della legge approvata il 28 marzo

1938 che toglieva alle istituzioni religiose ebraiche la protezione

legale. Essa era un chiaro segno per gli ebrei di quello che era tenuto

in serbo per loro, e cioè che essi non avrebbero avuto più personalità

giuridica in Germania e che non sarebbero nemmeno più riusciti a

salvaguardare la loro sicurezza personale. Da quel momento, più che

rispetto alle misure di “arianizzazione” dell’economia, essi erano

formalmente privati di tutti i diritti e messi fuori legge: ciò che sino a

quel momento era stato un dato di fatto, anche se mascherato, era

diventato ora azione pubblica117.

La "arianizzazione" dei beni ebraici subì un' ulteriore accelerazione e

i dirigenti nazisti discussero seriamente di una possibile

ghettizzazione degli ebrei e dell'eventualità di imporre loro un segno

116 V. Reimann, Innitzer,Kardinal zwischen Hitler und Rom, Wien e München, 1967, p.59 117 R. De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino, 1961, p. 510

105

Page 106: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

distintivo. Incominciarono a piovere divieti di spostamenti, divieti di

presentarsi a pubblici spettacoli, espulsione di tutti gli ebrei da scuole

e università, chiusura di tutte le aziende ebraiche ed esproprio dei

fondi di proprietà degli ebrei. Agli ebrei fu ritirata la patente di guida;

furono costretti a consegnare tutti gli oggetti d'oro e i preziosi di loro

proprietà, i contratti d'affitto furono modificati a loro svantaggio; allo

scoppio della guerra fu addirittura imposto per loro il coprifuoco.

Queste misure forse non sarebbero state necessarie se la politica

ufficiale di favorire l’emigrazione ebraica avesse avuto successo. Ma

già nel 1937 poteva dichiararsi fallita, in parte perché gli ebrei stessi

erano restii a partire, in parte per le difficoltà di trovare loro un

rifugio. Malgrado ciò i nazisti avevano cercato di facilitare

l’emigrazione mediante accordi per il trasferimento di beni stipulati

con la Palestina e con alcuni paesi dell’America Latina come

l’Argentina e il Cile. Ma ora, “(…) dato che si stavano privando gli

ebrei dei loro mezzi di sussistenza fu tentata l’emigrazione coatta e fu

disposto che gli ebrei non potessero portare con sé alcuna proprietà,

tranne solo dieci marchi a persona, e si lasciò che gli accordi di per il

trasferimento di beni cadessero in prescrizione”118. I primi ad essere

fisicamente espulsi dalla Germania furono gli ebrei apolidi che non si

erano curati mai di chiedere la cittadinanza tedesca. Seguirono poi gli

ebrei polacchi viventi in Germania; essi erano assai più numerosi e

molti di loro avevano vissuto per lungo tempo in Germania pur senza

diventarne cittadini. Il 28 e il 29 ottobre del 1938 la Gestapo arrestò

quindicimila ebrei polacchi e li ricacciò al di là della frontiera. Ma

nemmeno i polacchi volevano accogliere quella che essi chiamavano

118 G.L. Mosse, Il razzismo in Europa, cit. p.226

106

Page 107: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

“l’eccedenza di ebrei” e così uomini, donne e bambini vissero per un

certo tempo sospinti avanti e indietro. Alla fine essi furono accolti in

Polonia ma la sorte di questa povera gente fu un presagio di ciò che

stava per accadere: l’ebreo non era voluto in nessun posto. Dal 1°

gennaio 1939 ogni ebreo maschio doveva premettere al suo nome il

prenome Israel, ogni ebrea femmina quello di Sara, nel proprio

documento di identità.

La guerra aumentò, se possibile, il cumulo di provvedimenti a loro

carico, tra disprezzo e sadismo. Si procedette per prima cosa al

sequestro degli apparecchi radio degli ebrei (29 settembre 1939),

indipendentemente dal fatto che ascoltassero o no emittenti nemiche.

Agli ebrei non dovevano essere distribuite le tessere di razionamento

né per vestiti né per generi di riscaldamento (6 febbraio 1940). Gli

ebrei di Berlino potevano acquistare generi alimentari soltanto ad

una determinata ora, tra le 4 e le 5 del pomeriggio (4 luglio 1940), in

modo che con la loro presenza non contaminassero gli ariani che

andavano a fare la spesa. Seguì l'imposizione della stella gialla, come

simbolo esteriore del nemico, emblema della demonizzazione, anche

all'interno del Reich (9 settembre 1941).

Ormai nessun ostacolo più si opponeva alla resa dei conti definitiva

con gli ebrei che i dirigenti nazisti avevano minacciato in previsione

del conflitto.

4.3 L’olocausto: la teoria razziale in pratica

107

Page 108: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

“Il passaggio dalla teoria alla pratica nella politica ebraica del nazismo

costituì il presupposto indispensabile alla “soluzione finale”119

Con il termine "soluzione finale" (Endlösung) si intende il piano di

sterminio degli ebrei messo in atto sistematicamente dai nazisti dal

1941. Siamo nell’estate del 1941, quando prima a voce e poi per

iscritto Göring ordinò, il 31 luglio, al capo dei servizi di sicurezza

del Reich, Reinhard Heydrich, di dare esecuzione alla soluzione finale

della questione ebraica. Ed è proprio in tal momento che per la prima

volta si attestò questa espressione e si vide il razzismo passare ad una

nuova fase.

“A completamento del compito che le è stato assegnato il 24 gennaio

1939, riguardante la soluzione del problema ebraico mediante

l'emigrazione e l'evacuazione condotte nel modo più opportuno, la

incarico di provvedere a tutti i preparativi necessari relativi alle

questioni organizzative, tecniche e materiali per giungere a una

completa soluzione entro la sfera dell'influenza germanica in Europa.

Dovunque siano coinvolti altri organi governativi, dovranno

collaborare con lei. La invito inoltre a sottopormi, nel prossimo

futuro, un piano complessivo comprendente le misure organizzative,

tecniche e materiali necessarie per la realizzazione della soluzione

finale del problema ebraico da noi desiderata”120.

I pieni poteri conferitigli da Göring fecero di Heydrich il

"Commissario per gli affari ebraici" in tutto il continente, con

l'incarico di provvedere al compimento del principale obiettivo di

119 G.L.Mosse, Il razzismo in Europa,p. 230120 J. J. Chevallier, Op. cit., p. 439.

108

Page 109: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

Hitler: l'annientamento dell' ebraismo europeo. Due settimane dopo

aver dato a Heydrich carta bianca, Göring dichiarò pubblicamente che

“gli ebrei non hanno più ragione di esistere nei territori dominati dalla

Germania”121. Eppure, durante il processo di Norimberga, l'imputato

Göring affermò di non aver saputo nulla dei terribili eventi nei lager e

di aver sempre e soltanto sottolineato la diversità delle razze, non la

superiorità di una sulle altre. Negò addirittura, ostinatamente, che il

genocidio fosse avvenuto: “Ma come vuole che fosse praticamente

fattibile assassinare due milioni e mezzo di persone?” domandò con

espressione innocente allo psicologo del carcere, Gustave Gilbert,

nell'aprile del '46122.

Come è noto, non è mai stato rinvenuto nessun ordine di sterminio

firmato da Hitler, ma è a dir poco pretestuosa la posizione di chi

sostiene la sua estraneità o la sua ignoranza dei fatti: da quello che

sappiamo non ci può essere alcun dubbio nell'affermare che l'

eliminazione degli ebrei fu obiettivo di Hitler sin dagli albori della sua

azione politica e la mancanza di una firma non può cancellare le

innumerevoli prove del suo violento antisemitismo.

Sin dal marzo del 1933 in Germania avevano cominciato a sorgere i

primi campi di concentramento, ma ciò che ebbe attuazione

provvisoria nei primi due anni dalla presa del potere, negli anni

successivi era destinato a diventare un' istituzione permanente del

sistema e a conoscere un progressivo sviluppo, cui la guerra avrebbe

dato ulteriore incentivo. Difatti, la legislazione antiebraica era già

entrata in vigore e si era riusciti a separare gli ebrei dal resto della

121 Ibid., p. 430122 Ibid. p.433

109

Page 110: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

popolazione. Lo scoppio della guerra fu giudicato il primo passo verso

il loro annientamento. La spiegazione che gli ebrei dovevano ora

essere sterminati perché erano responsabili dello scoppio della guerra

fu una delle più importanti giustificazioni che Himmler diede dei suoi

assassinii di massa123. Dopo la Notte dei Cristalli alcuni ebrei erano

stati temporaneamente internati nei campi ma ora essi vi entravano in

modo più duraturo per restarvi, come ultimo passo del loro isolamento

e come il primo del loro annientamento.

Fondamentale è ricordare che il sistema dei campi di sterminio non fu

una semplice degenerazione, ma un'espressione diretta del sistema

nazista; non fu un fatto eccezionale, ma una creazione organica al

sistema; non fu un' invenzione fine a sé stessa, ma un' esperienza

destinata a incidere profondamente nel processo di disciplinamento

della popolazione tedesca. Più tardi, dopo l'inizio della guerra e

l'estensione della dominazione nazista a vasta parte dell' Europa,

doveva prevalere l'aspetto più tipicamente distruttivo nei confronti di

vite umane considerate non degne di esistere, nel quadro

dell'inasprimento della lotta politico-razziale.

Non si finiva nei campi di concentramento per scontare una pena

detentiva, quindi per mandato dell' autorità giudiziaria, ma

generalmente solo per essere messi in condizione di non nuocere dal

punto di vista politico. In questo caso, cioè, la polizia politica aveva la

facoltà di togliere dalla circolazione chiunque desse anche solo

lontanamente sospettato di non essere in linea con il regime, senza

bisogno di esserne avversario attivo.

123 H. Himmler, Geheimreden 1939 bis 1945, a cura di B. F. Smith e A. F. Petersen, Frankfurt, 1974, p.202

110

Page 111: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

Nel 1938, l'estensione ai cosiddetti "asociali" della possibilità di

deportazione in campo di concentramento allargava ulteriormente i

poteri della Gestapo, la polizia segreta nazista, e introduceva nei lager il

lavoro forzato, in concomitanza fra l'altro con la creazione delle

imprese economiche delle SS destinate a utilizzare la manodopera degli

internati. Nelle motivazioni ufficiali, addotte per tutte le azioni di

“pulizia” contro gli asociali, emergerà sempre l’argomento dell’

utilizzabilità economica degli stessi. Tale giustificazione avrebbe

assunto una forza dirompente e funesta negli anni successivi in

connessione con il concetto dell’eliminazione dei soggetti giudicati

inefficienti o improduttivi.

Inoltre, dopo il pogrom di novembre, dopo la Notte dei Cristalli, furono

inviate nei lager anche alcune decine di migliaia di ebrei, anticipando

così sinistramente la funzione dei campi di concentramento nella

soluzione della questione ebraica. L'introduzione di segni distintivi per

le diverse categorie di detenuti, ovvero, il triangolo rosso per i politici,

quello rosa per gli omosessuali, quello verde per i criminali comuni,

quello nero per gli asociali, quello lilla per i testimoni di Geova, quello

giallo per gli ebrei, che in genere si aggiungeva a un altro colore, voleva

sottolineare le diversità tra gli stessi prigionieri, quasi a impedire che

essi potessero presentare una loro omogeneità.

Soprattutto negli anni della guerra i campi furono utilizzati con

sempre maggiore spietatezza per l'eliminazione fisica degli ebrei.

Proprio come Hitler, che aveva prima aperto le ostilità e poi aveva

espresso l’idea che gli ebrei avessero fatto qualcosa per distruggere gli

ariani, così anche nei campi, prima le condizioni della vita furono

111

Page 112: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

portate a livello della mera sopravvivenza e poi i nazisti poterono

esclamare che avevano ragione nel dire che gli ebrei fossero privi di

ogni moralità umana. Gli studi sulle condizioni dei vari campi di

concentramento hanno dimostrato che le SS stesse incoraggiavano la

corruzione attraverso il favoritismo e attraverso la discrezionalità nella

distribuzione delle scarse razioni alimentari. Oltre al lavoro non

mancava un costante sistema di terrore: uomini e donne venivano

trasformati in individui costretti a fare qualsiasi cosa pur di

sopravvivere e in questa lotta per la sopravvivenza, le SS si

divertivano a mettere gli internati gli uni contro gli altri. I campi,

isolati dal mondo esterno, divennero piccoli regni governati dal

terrore, dalla corruzione e dalle divisioni, al fine di rendere più facile

la sorveglianza con pochi uomini. Si fece uso anche del fattore

psicologico: gli ebrei erano apparentemente spogliati della loro

umanità e agli occhi delle SS, interessate soprattutto a mantenere

l’ordine e a portare a termine un lavoro iniziato, essi apparivano come

gente disposta a frodare, rubare, cercare di accattivarsi i favori e

tradire gli altri. “Questa trasformazione del mito in realtà non ha

miglior testimone del comandante di Auschwitz, Rudolf Höss”124.

Egli paragonò il proprio comportamento morale quando era stato in

carcere per un omicidio per vendetta politica, con quello degli ebrei

posti sotto la sua autorità. Egli li aveva accusati di agire in modo da

evitare il lavoro ogni volta che fosse possibile, corrompendo gli altri

perché lavorassero al loro posto e gareggiando di continuo per quei

privilegi e per quei beni che gli avrebbero permesso di condurre una

vita comoda. Ancora una volta gli ebrei erano accusati, pur reclusi nei

124 G.L.Mosse, Il razzismo in Europa, p.239

112

Page 113: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

campi di sterminio, di corruzione della società, di improduttività, di

aborrire il lavoro onesto. I campi di sterminio erano dotati di camere a

gas e forni crematori. L'eliminazione di vite umane era affidata ai

sistemi più disumani, compresi il lavoro più degradante e gli

esperimenti pseudo-scientifici compiuti per conto delle SS da medici

privi di ogni scrupolo, mossi spesso da puro sadismo e al di fuori di

ogni plausibile ipotesi di ricerca. Gli ebrei erano considerati portatori

di una malattia morale che avrebbe potuto corrompere il corpo sano

della nazione. Un medico dei campi di sterminio, Fritz Klein, disse:

“Il mio giuramento ippocratico mi dice di asportare dal corpo

un'appendice incancrenita. Gli ebrei sono l'appendice incancrenita

dell' umanità, ecco perché li elimino”. Il simbolo di questa scienza

demoniaca è stato considerato Joseph Mengele, un medico che operò

nel campo di Auschwitz. Lo scopo dei suoi esperimenti era quello di

avanzare di un passo nella ricerca per dischiudere il segreto della

moltiplicazione della razza di esseri superiori destinati a governare il

mondo. Alcuni sopravvissuti ai campi di sterminio raccontarono le

crudeltà del dottor Mengele. Utilizzò gli individui come cavie per le

proprie ricerche mediche, ordinò che i corpi di due prigionieri fossero

bolliti in acqua per facilitarne la scarnificazione delle ossa125.

Nel contesto della soluzione finale, i Lagerarzt, vale a dire i medici

delle SS, avevano un ruolo fondamentale per il funzionamento dei

campi: essi non si limitavano a svolgere compiti esclusivamente

medici, ma dovevano attuare il progetto nazista di segregazione

razziale e di sterminio di massa. All’arrivo dei prigionieri ebrei questi

medici effettuavano le prime selezioni generali, seguendo precisi

125 D. Cohen-Sherbok, Op. cit., p. 305.

113

Page 114: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

parametri prestabiliti: gli anziani e gli individui debilitati, i bambini e

le donne con figli, venivano subito isolati per essere condotti

direttamente alle camere a gas; gli uomini di giovane età, invece,

venivano risparmiati almeno per un breve periodo. I medici nazisti,

profondamente influenzati dalle teorie razziali, crearono una

concezione ad hoc del bene e del male che giustificava le proprie

azioni: gli ebrei erano la prima causa del male del mondo dunque

dovevano essere assolutamente sterminati.

Manca una statistica esatta di quanti milioni di persone siano passati

attraverso i campi di concentramento e di sterminio, forse intorno ai

venti milioni, così come manca la cifra esatta di quanta parte della

popolazione tedesca sia stata coinvolta a tutti i livelli, dalla

sorveglianza all'amministrazione dei trasporti, nella corresponsabilità

dell'esistenza e della gestione dei lager: molte centinaia di migliaia di

persone, forse un milione.

A posteriori, le oscure minacce di distruzione della razza ebraica che

Hitler e i capi nazisti pronunciarono ripetutamente nella prospettiva

dello scoppio del conflitto non possono apparire certo semplici trovate

propagandistiche. Sin dalla metà del settembre del 1939 nelle aree

della Polonia occupate dai tedeschi erano stati previsti massicci

trasferimenti di ebrei allo scopo di concentrarli in alcune aree urbane

circoscritte, il primo passo verso la raccolta nei grandi ghetti,

concepiti sempre tuttavia come "soluzione temporanea" della

questione. Se già queste misure comportavano un livello molto

elevato di violenza intrinseca, la loro attuazione, affidata al

Reichsführer delle SS Heinrich Himmler, diventato ora anche

114

Page 115: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

Commissario per il consolidamento della razza tedesca, si risolse in

una catena ininterrotta di deportazioni, di eccidi, di gratuite brutalità.

Mentre la maggior parte dei tedeschi coinvolti nelle deportazioni

erano convinti di stare assistendo al passaggio a una fase di

tranquillità e allo sviluppo di una dittatura normalizzata, all’ombra del

potere delle SS di Heinrich Himmler vennero gettate le fondamenta di

una dominazione totalitaria a carattere marcatamente ideologico.

Mentre nei corpi di polizia responsabili dell’ordine pubblico la

penetrazione delle SS fu più lenta e spesso rimase semplice

programma, la polizia criminale divenne terreno di rapida conquista

da parte di Heydrich, il capo dei servizi di sicurezza della polizia e

delle SS, che potè modellare il suo operato sulla base delle esperienze

raccolte sul campo all’epoca della organizzazione delle polizie

politiche dei Länder. L’obiettivo a cui puntavano Himmler e Heydrich

andava ben al di là della costituzione di un corpo di polizia con

funzioni sorveglianza e di controllo ideologico. All’ordine del giorno

vi era invece per loro l’utopia totalitaria di una super- istruzione

incentrata su principi ideologico-razziali e impegnata in un’opera

permanente di risanamento e di igiene sociale. La visione dello Stato

ideale pensato non sulla base dei tradizionali concetti di polizia, ma

piuttosto dei precetti della profilassi medica, li permeava. Nella sfera

di competenza della polizia criminale rientrava così non solo

l’investigazione sui reati criminali classici, ma anche la persecuzione

di tutti quelli che nelle menti naziste potessero essere elementi nocivi

alla nazione126. All’inizio del 1937 Himmler, nella sua veste di capo

della polizia tedesca, ordinò l’arresto su tutto il territorio nazionale di

126 N. Frei, Lo stato nazista, Laterza, Roma-Bari, 1992 p.143 e segg.

115

Page 116: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

circa duemila individui che egli stesso definì delinquenti di

professione e delinquenti abituali, rei di crimini morali pericolosi per

la collettività. Il paradosso consisté nel fatto che questi stessi individui

furono individuati sulla base di una lista da poco redatta negli uffici

della polizia criminale e che forse non aveva alcun fondamento, se

non quello che, i soggetti in questione, fossero sospettati di non

aderire al partito nazista. L’ordine era quello di arrestare individui

maschi in età da lavoro, asociali, nel distretto territoriale di

competenza delle direzioni della polizia criminale ed inoltre tutti gli

ebrei maschi già condannati a qualche pena detentiva. Avere dei

carichi pendenti però non costituiva l’unico elemento che potesse

indurre all’arresto: nel novero degli asociali di fatto rientravano i

vagabondi, i mendicanti con o senza abitazione fissa, gli zingari e tutti

i girovaghi che non avessero manifestato la volontà di assumere un

lavoro regolare. Dopo l'offensiva della Wehrmacht in Occidente,

caddero sotto il controllo nazista anche gli ebrei di Francia, Belgio e

Olanda, come era già accaduto in Norvegia e in Danimarca.

Non sappiamo quando fu abbandonata l'idea, peraltro mai

perseguita seriamente e comunque di difficile realizzazione non

essendo l'isola dell'Oceano indiano sotto controllo tedesco, di

allontanamento totale degli ebrei dall'Europa per rinchiuderli in una

sorta di riserva nel Madagascar.

La resa dei conti con l'ebraismo minacciosamente profetizzata dai

nazisti avveniva nei fatti; era prassi, si può dire, normale. Gli eccidi in

massa delle Ensatzgruppen, le unità speciali delle SS e dello SD, che

in poche settimane massacrarono centinaia di migliaia di ebrei,

116

Page 117: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

accompagnarono la fase trionfale dell'avanzata tedesca. Attraverso il

protocollo della conferenza del Wannsee del 20 gennaio 1942, che

ebbe come protagonisti i due più stretti collaboratori di Himmler,

Heydrich e Adolf Eichmann, responsabile della sezione ebraica presso

lo RSHA (Ufficio centrale per la sicurezza del Reich), conosciamo la

mappa degli ebrei che furono censiti, Paese per Paese, sul territorio

europeo e che erano destinati all'eliminazione, per un complesso di

oltre 11 milioni di individui. In particolare i motivi che spingevano

Himmler a questa politica di deportazione di massa, una sorta di

anticipo o di esercitazione per le future azioni di rastrellamento nei

territori occupati, non erano soltanto di natura economica o politico-

ideologica. In ballo c’erano anche questioni di potere. Con il

riempimento di campi di concentramento si voleva, da un lato

sottolineare il potere istituzionale delle SS, dall’altro vanificare

l’aspirazione della giustizia a definire con criteri univoci lo strumento

dell’arresto preventivo rendendo controllabile la sua applicazione. Per

loro natura e concezione le SS non si potevano accontentare la loro

azione ad alcune sfere determinate. In quanto strumento diretto di

attuazione della volontà del Führer la loro pretesa di potere e libertà

operativa era illimitata, rivolgendosi a tutti i campi possibili.

Nel settembre del 1941, nel campo di Auschwitz, furono eseguite le

prime uccisioni in massa con il gas: il sistema funzionò e da allora

l'eliminazione poté procedere con ritmi e tecnologia industriali.

Rudolf Höss, il comandante del campo, ne ha lasciato la testimonianza

più agghiacciante. Un altro metodo, ritenuto «più umano» dai nazisti,

impiegava cristalli azzurri di acido cianidrico, che venivano introdotti

117

Page 118: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

dall' alto con l'ordine: «Dategli da mangiare», in stanze dall'apparente

aspetto di bagni per docce.

I principali campi di sterminio furono allestiti nei territori occupati

della Polonia: Chelmno, Belzec, Treblinka, Sobibor, Auschwitz,

Majdanek. Una scelta non casuale: i grandi ghetti della Polonia si

sarebbero rivelati un' autentica trappola, l' anticamera vera e propria

dei campi di sterminio. Detti campi di sterminio si estendevano su

molti ettari di terreno. La zona di accoglienza, costituita da un tratto di

strada ferrata, da baracche per la vestizione, e da un casotto utilizzato

come magazzino, era ubicata nelle vicinanze del campo stesso. La

zona di sterminio era circondata da una palizzata alta circa due metri e

le camere a gas erano camuffate da docce comuni. Inizialmente i

campi non contenevano più di tre camere a gas. Durante l’estate del

1942, a Sobibor e Belzec il numero fu portato a sei, mentre a

Treblinka si giunse ad un totale di dieci. “All’entrata di Treblinka era

stato appeso un panno cerimoniale, sottratto da una sinagoga, che

portava l’iscrizione ‘questo è il cancello attraverso cui accedono i

virtuosi’”127. Ogni stabilimento era dotato di un motore diesel che

immetteva gas combusti direttamente nelle camere a gas. I morti

venivano poi caricati su vagoni a rotaia. Dal 1942 i corpi furono

riesumati e bruciati su enormi graticole. Le ceneri e i resti delle ossa

vennero poi scaricati in fosse vuote ricoperte con sabbia e spazzatura.

All'arrivo nei campi i deportati venivano selezionati; gli uomini al

di sopra dei cinquanta anni, le donne al di sopra dei quarantacinque, i

giovani al di sotto dei quindici, i malati e gli infermi venivano

127 D. Cohn-Sherbok, cit., p. 298.

118

Page 119: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

eliminati. Chi sopravviveva alla prima selezione era destinato a

spremere le residue energie per il lavoro al servizio del Terzo Reich.

Per rendere il funzionamento dei campi quanto più agevole

possibile, i nazisti non disdegnarono neanche l’uso dell’inganno,

agevolati da alberi che occultavano la vista dei forni crematori. Le

vittime venivano tenute all’oscuro delle conseguenze che avrebbero

avuto le istruzioni ricevute fin dal loro arrivo al campo dal momento

che, dopo la prima selezione, in molti erano spinti all’interno delle

camere a gas.

Rudolf Höss, ufficiale delle SS, fu per due anni il comandante di

Auschwitz. Processato e condannato a morte nel 1947, scrisse in

carcere un’autobiografia che fornisce una testimonianza, all’epoca

insospettabile, sugli orrori dei lager, che consente di cogliere alcuni

aspetti fondamentali della psicologia dei carnefici: primo fra tutti la

freddezza quasi burocratica con cui essi guadavano al loro compito,

esempio massimo di quella banalità del male di cui parlava Hannah

Arendt128. Höss, nella sua autobiografia, scrisse che nell’estate del

1941 venne improvvisamente convocato a Berlino e fu ricevuto da

Himmler senza che fosse presente nessun aiutante. In quella occasione

gli fu comunicato che Hitler aveva ordinato la soluzione finale della

questione ebraica e che le SS dovevano eseguire questo ordine. In

quell’anno i centri di sterminio esistenti ad oriente non erano

assolutamente in condizione di far fronte alle grandiosi azioni

programmate, per cui Himmler stesso aveva scelto Auschwitz, sia per

la sua ottima posizione dal punto di vista delle comunicazioni, sia

perché il territorio ad essa appartenente poteva essere facilmente

128 H.Arendt, Le origini del totalitarismo, ed. Comunità, Milano, 1967 pp.427 e seg.

119

Page 120: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

isolato e camuffato. Himmler non nascose in quella occasione che si

trattasse di un lavoro duro e difficile, tale da richiedere l’impegno di

tutta la persona viste le difficoltà che sarebbero apparse col tempo.

Höss riporta che gli venne imposto di mantenere il più assoluto

silenzio anche con i suoi superiori. Subito dopo aver ricevuto questo

ordine così grave, raggiunto poco dopo da Eichmann, fece ritorno ad

Auschwitz, campo che avrebbe dovuto occuparsi prima di tutto degli

ebrei della Alta Slesia orientale e delle zone ad essa confinanti del

Governatorato generale della Polonia occupata. Contemporaneamente

e secondo le necessità avrebbe raccolto gli ebrei della Germania e

della Cecoslovacchia, poi quelli della Francia del Belgio e

dell’Olanda. Nella sua autobiografia Höss con dovizia di particolari

spiega come Eichmann gli avesse parlato dell’uccisione con gas da

scappamento su autocarri, che era il metodo usato fino ad allora in

Oriente. Ma era una metodo da scartare ad Auschwitz: l’uccisione

mediante gas di ossido di carbonio, filtrati attraverso le docce nelle

stanze da bagno, richiedeva un numero eccessivo di edifici ed era

assai problematica la possibilità di procurarsi il gas in quantità

sufficiente per masse di ebrei che si progettavano così ingenti.

Dinanzi a questa preoccupazione Eichmann rassicurò Höss, che si

sarebbe informato sull’esistenza di qualche gas di facile produzione e

di facile installazione. In seguito, nell’autunno dello stesso 1941 in

occasione di un viaggio che costrinse Höss ad allontanarsi, il suo

sostituto capo squadra Fritzsch, di sua iniziativa usò il gas Cyclon B,

che provocava la morte immediata delle vittime, per sterminare

prigionieri di guerra. Il gas Cyclon B a quel tempo veniva usato

120

Page 121: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

contemporaneamente ad Auschwitz e dalla ditta Tesch e Stabenov per

la disinfestazione. Tutte le camere allestite per l’immissione del gas

venivano completamente riempite, le porte sbarrate e il contenuto dei

recipienti immesso nelle camere attraverso appositi fori. Dopo di che,

dopo una mezz’ora le porte venivano riaperte, i morti estratti e

mediante vagoncini che correvano su rotaie, portati alle fosse. Mentre

si effettuavano i primi trasporti, Höss riporta che gli giunse

un’ordinanza di Himmler, per cui bisognava estrarre ai cadaveri i

denti d’ oro e tagliare i capelli alle donne per poi rivenderli, ed anche

questo lavoro, come la pratica della svestizione veniva compiuto dagli

ebrei del Sonderkommando, ovvero un reparto speciale all’interno del

lager. Al termine della sua autobiografia, Höss, da un lato asserisce il

carattere assolutamente segreto delle operazioni di sterminio, e in

particolare delle cremazioni all’aperto, mentre dall’altro lato ritiene

assolutamente improbabile che la popolazione circostante i campi di

concentramento non avvertisse lo sgradevole lezzo della cremazione

degli ebrei che si diffondeva tutto intorno per chilometri e

chilometri129.

Il 2 aprile 1945, di un fronte al definitivo naufragio delle proprie

ambizioni di dominio mondiale, Hitler ebbe a vantarsi del fatto che la

gente sarebbe sempre stata grata al nazionalsocialismo del fatto che

egli aveva eliminato gli ebrei dalla Germania e dall’Europa centrale.

In effetti, con la morte di più di 5 milioni di ebrei, era stata messa fine

con la violenza alla storia bimillenaria dell’ebraismo europeo,

risalente all’epoca romana. Un evento talmente incredibile fu reso

possibile solo dalla concomitanza, nell’estate del 1941, di molti fattori

129 R. Höss, Comandante ad Auschwitz, Einaudi, Torino, 1985, p.171 e seg.

121

Page 122: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

che si inserirono sullo sfondo delle forti tendenze antisemite di cui la

Germania era stata teatro a partire dalla prima guerra mondiale.

Innanzitutto la risolutezza di Hitler, che, sospinto da un odio infernale

verso gli ebrei, vide aprirsi, dopo l’inizio della guerra di sterminio

contro il bolscevismo ebraico, la strada per la sua personale soluzione

finale; in secondo luogo la disponibilità di un gruppo di persone

suscettibili di divenire dei criminali, anche se non necessariamente

animate da un fanatismo paragonabile a quello hitleriano e, anzi,

spinte ad agire da motivi apolitici più disparati; come terzo elemento

la presenza di una cerchia molto ampia di persone che si occuparono

personalmente della deportazione di massa verso i campi di sterminio;

infine, l’accettazione dell’evento da parte della gran parte della

popolazione tedesca che badava solo alla guerra vista come un fatto

esclusivamente nazionale con le necessità e le preoccupazioni ad essa

connessa. La partecipazione diretta o indiretta di tanti individui alle

istanze, alle organizzazioni e agli uffici interessati al processo di

morte, così come l’accettazione dell’evento orrendo da parte della

popolazione sono altrettanti elementi che sottolineano l’unicità storica

di ciò che fu reso possibile grazie alla peculiare costellazione di eventi

prodottisi nel 1941 e che si sperano irripetibili. L’elemento in tutto

questo più inquietante, come è venuto alla luce nel corso delle

indagini contro gli autori di quel crimini, è l’evidente facilità con la

quale nel mondo civilizzato del ventesimo secolo, si poté ottenere il

consenso per assassinare quasi impassibilmente quasi un intero

popolo. Nella maggior parte dei casi, i crimini più efferati furono

compiuti da persone con un elevato grado di istruzione. Sotto questo

122

Page 123: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

riguardo è quanto mai significativo il caso del già menzionato Joseph

Mengele, cresciuto alla cultura umanistica, dottore in medicina e

filosofia, medico altamente qualificato130.

Dunque, tra i molti problemi che la tragedia degli ebrei lascia

ancora aperti, rimane anche l'interrogativo sulle ragioni per le quali

nessuno intervenne a fermare l'opera distruttiva della Germania.

Poiché la conoscenza di quanto avveniva sotto l'occupazione tedesca

era approssimativa ma sufficiente, per cui nessuna potenza avrebbe

potuto invocare l'attenuante della mancata consapevolezza di quanto

stava accadendo, tanto più difficile appare formulare una risposta e

tanto più inquietante il dubbio che interessi di potenza e calcoli tattici

o strategici possano aver impedito un intervento per contrastare i

progetti assassini.

Quanto al bilancio statistico del genocidio, nonostante la

frammentarietà delle fonti e nonostante i tentativi che furono compiuti

in extremis dai nazisti di far scomparire, quando e dove fu possibile,

le tracce dei crimini, gli elementi raccolti in decenni di ricerche, se

non hanno portato all'accertamento di cifre sicure al cento per cento,

ci danno tuttavia ragione dell'ordine di grandezza del genocidio. La

cifra indicata dal Tribunale Internazionale di Norimberga, che aveva

stimato intorno ai 6 milioni il numero degli ebrei uccisi, ha resistito

nella sostanza a ogni contestazione critica e a ogni revisione, se è vero

che le ricerche più recenti e accreditate fanno ascendere le vittime del

genocidio tra la cifra minima di 5.300.000 e quella massima di poco

più di 6 milioni.

130 A. Hillgruber, op. cit, p.101 e seg

123

Page 124: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

Mosse avendo dovuto scontrarsi col nazionalismo oltre che con

il razzismo, a chi gli chiedesse dove avrebbe preferito stabilirsi,

rispondeva: “in qualunque paese in cui non contino i passaporti, in cui

non avrò mai bisogno di procurarmene uno e in cui mi si apprezzi per

quello che sono, senza etichette e stereotipi. Accade talvolta che gli

Stati Uniti si avvicinino più di ogni altro paese a questo ideale, ma,

ripensandoci, un paese che l’incarni forse non esiste ancora”131 .

BIBLIOGRAFIA

U. D. Adam, Judenpolitik im Dritten Reich, Düsseldorf , 1972.

G. K. Anderson, The Legend of the Wandering Jew, Providence, 1965.

H. Arendt, Le origini del totalitarismo, ed. Comunità, Milano, 1967.

S. E. Ascheim, The Jew Within: The Myth of Judaization in Germany, in J. Reinharz e W. Schatzberg ( a cura di ), The Jewish Response- to

131 G. L. Mosse, Di fronte alla storia, p. 7.

124

Page 125: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

German- Culture. From the Enlightenment to the Second Word War, Hanover- London, 1985.

A. G. Balistreri, Filosofia della konservative Revolution: Arthur Moeller van den Bruck, Ed. Lampi di stampa, Milano, 2004.

J. Barzun, Darwin, Marx,Wagner, Boston, 1946.

H. Berstein, The History of a Lie, New York, 1921.

M. Bertani, M. Ranchetti, (a cura di) La psicoanalisi e l’antisemitismo, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 1999.

G. Bevilacqua, Saggio sulle origini del Romanticismo Tedesco, Sansoni, Milano, 2000.

M. D. Biddiss, Father of Racist Ideology: The Social and Political Thought of Count Gobineau, London, 1970.

S. M. Bolkosky, The Distorted Image: German Jewish Perceptions of Germans and Germany. 1918-1935, New York, 1975.

J.J. Chevallier, Le grandi opere del pensiero politico, Il Mulino, Bologna, 1998.

D. Cohn-Sherbok, Storia dell’antisemitismo, Newton e Compton, Roma, 2005.

N.Cohn, Warrant for Genocid, London, 1966.

R. De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino, 1961.

L. Fischer, The Soviets in World Affairs, New York, 1960.

N. Frei, Lo stato nazista, Laterza, Roma-Bari, 1992.

M. Ferrari Zumbini, Le radici del male. L’antisemitismo in Germania:da Bismarck a Hitler, Il Mulino, Bologna, 2001.

125

Page 126: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

J. G., Fichte, Discorsi alla nazione tedesca, a cura di G. Rametta, Ed. Laterza, Bari, 2003.

G. Galli, Hitler e il nazismo magico. Le componenti esoteriche del Reich millenario, Rizzoli ed., 1989.

E. Gentile, George L. Mosse e la religione della storia, in G. L. Mosse, Di fronte alla storia, Edizioni Laterza, 2004.

V. F. Gironda, Nazione, nazionalismo e cittadinanza in Germania tra Ottocento e Novecento, Pàtron editore, Bologna, 2001.

N. Goodrick- Clarke, Le radici occulte del nazismo, Sugarco Ed., Roma, 1992.

G. Hasan-Roken e A. Dundes, The Wandering Jew. Essays in the interpretation of a Christian Legend, Bloomington, 1986.

A. Hillgruber, Il duplice tramonto. La frantumazione del Reich tedesco e la fine dell’ebraismo europeo, Il Mulino, Bologna, 1990.

H. Himmler, Geheimreden 1939 bis 1945, a cura di B. F. Smith e A. F. Petersen, Frankfurt, 1974.

A. Hitler, Mein Kampf, Edizioni Munchen, 1936, trad it. in W.Hofer, Il nazionalsocialismo. Documenti 1933-1945, Feltrinelli, Milano, 1964.

R. Horsman, Origins of Racial Anglo-saxonism in Great Britain Before 1850, in “Journal of the History of Ideas” , XXXVII, Luglio- Settembre, 1976.

R. Höss, Comandante ad Auschwitz, Einaudi, Torino, 1985.

V. Klemperer, LTI, Berlin, 1947.

L. Kochan, Pogrom 10 november 1939, London, 1957.

126

Page 127: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

H. Krausnick, H. Buchheim, M. Broszat e A. A. Iacobsen, Anatomy of the SS State, New York, 1968.

La Civiltà Cattolica, Roma, anno IX, 1858.

J. Langbehn, Rembrandt als Erzieher, Leipzig, 1900.

G. Lichtheim, Socialism and the Yews, in “Dissent”, Luglio-Agosto, 1968.

R. Lill, F. Valsecchi, a cura di, Il nazionalismo in Italia e in Germania fino alla Prima guerra mondiale, Il Mulino, Bologna, 1983.

C. Lombroso, L’antisemitismo e le scienze moderne, Torino- Roma, 1894.

G. Loose, The Peasant in Wilhelm Heinrich Riehl’s Sociological and Novelistic Writings, in “The Germanic Review”, vol. XV, 1940.

D. Losurdo, Il revisionismo storico. Problemi e miti, Roma- Bari, Laterza, 1996.

D. Losurdo, La catastrofe della Germania e l’immagine di Hegel, Guerini e ass., Milano, 1987.

W. Mogge, I Wandervögel: una generazione perduta, Ed. Socrates, Roma, 1999.

G. L. Mosse, Di fronte alla storia, Ed. Laterza, Bari, 2004.

G. L. Mosse, Le origini culturali del Terzo Reich, Test, 1997.

G. L .Mosse, La nazione, le masse e “la nuova politica”, Di Renzo Editore, Roma, 1999.

G. L.Mosse, L’uomo e le masse nelle ideologie nazionaliste, Ed. Laterza, Bari, 2002.

127

Page 128: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

G. L. Mosse, Il razzismo in Europa. Dalle origini all’olocausto, Ed. Laterza, Bari, 2003.

G. L. Mosse, Intervista sul nazismo, Ed. Laterza, Roma- Bari, 2004.

F. M. Muller, Three Lectures on the Science of Language, Chicago, 1895.

K. Pearson, The Relative Strength of Nurture and Nature, Cambridge, G.B., 1915.

P. G. J. Pulzer, The Rise of Political Anti-Semitism in Germany and Austria, New York, 1964.

V. Reimann, Innitzer,Kardinal zwischen Hitler und Rom, Wien e München, 1967.

W. Scoot, Ivanhoe, New York, The American Library, 1962.

C. Smith, Staat, Bewegung, Volk, Hamburg, 1934.

A. Sper, Spandauer Tagebücher, Frankfurt, 1975.

The Jews in Czechoslovachia, The Society for the History of Czechoslovak Jews, Philadelphia- New York, 1968.

M. Weber, Parlamento e governo nel nuovo ordinamento della Germania, Bari, 1921.

128

Page 129: George Mosse- Tesi, Versione Definitiva

129