120

Giacinto Bosco · Testo critico a cura ... ma è anche come la fune per un acrobata. La luna è amica degli amanti. E gli amanti giocano con lei. La luna è la poesia. ... Clair de

Embed Size (px)

Citation preview

Giacinto Bosco

rosa frEscaaulentissima

Omaggio a Ciullo D’Alcamo

Testo critico a cura di Vittorio Sgarbi

Con il patrocinio di

7-12-2013 • 7-1-2014

Collegio dei Gesuiti - Alcamo (TP)

In copertina: Rosa Fresca AulentissimaBronzo policromoH cm 222 | L cm 160 | P cm 32

A mia madre Maria e mio padre Giovanni

crItIcS’ reVIewS

teStI crItIcI

8

L a luna, ad Alcamo, non è come altrove. Ha una luce diversa; è più vicina e più brillante. Sembra di poterla toccare. Qualcuno l’ha fatto. Qualcuno ha iniziato da qui

a parlare d’amore. Prima di tutti Cielo, sotto questo sole. In questa luce, con questi profumi, con questo calore. Ma ancor più la notte, davanti al mare, quando tutto è più vicino:

“Rosa fREsca auLEntis[s]ima ch’apaRi invER’ La statE,LE donnE ti disiano, puLzELL’ E maRitatE;tRàgEmi d’EstE focoRa, sE t’EstE a boLontatE;pER tE non ajo abEnto nottE E dia,pEnzando puR di voi, madonna mia.”

Certamente questi versi hanno più volte risuonato nel cuore di Giacinto Bosco, giovane scultore di Alcamo più di altri in-namorato e vicino alla luna. Intorno a questo motivo egli gioca quasi l’intera sua opera. Una coppia di amanti in ogni modo e con ogni mezzo cerca di salire sulla luna. E intanto riesce ad arrampicarsi con una fune. Ma è buona anche una scala per raggiungerla direttamente e agevolmente. E persino una sca-la a chiocciola sulla quale muoversi in due per poi afferrare la falce di luna e portarla con sé, o stare su di lei, seduti. Chissà come si sta sulla luna? Ma essa può anche essere in bilico su un cono, una conchiglia intorno a cui si avvita una scala. Quando la luna è conquistata può diventare come un’altalena, ma è anche come la fune per un acrobata. La luna è amica degli amanti. E gli amanti giocano con lei. La luna è la poesia. Leopardi la interroga, come ricordiamo:

“chE fai tu, Luna, in ciEL? dimmi, chE fai,siLEnziosa Luna?soRgi La sERa, E vai,contEmpLando i dEsERti; indi ti posi.ancoR non sEi tu pagadi RiandaRE i sEmpitERni caLLi?

ancoR non pREndi a schivo, ancoR sEi vagadi miRaR quEstE vaLLi?somigLia aLLa tua vitaLa vita dEL pastoRE.”

La luna è silenziosa, la luna è complice, la luna è il naso di Sabrina, la luna accompagna gli amanti nella solitudine della notte. E Bosco non ce lo racconta, ma lo traduce in immagini; gli amanti sono nudi e longilinei. Si inseguono quando sono distanti e si abbracciano quando finalmente arrivano sulla luna che è la meta dei loro pensieri, dei loro desideri. Bosco è un’a-nima semplice, uno scultore essenziale. È romantico, porta sul mare di Sicilia i pensieri di Folon. Rende gentile Giacometti. Per lui la scultura è una dichiarazione d’amore, un’espressione di gentilezza d’animo. Un piccolo idillio amoroso. La pelle dell’uo-mo è più scura, quella della donna più chiara. Gli amanti si cercano, si tengono per mano, si abbracciano, si carezzano, si aiutano a prendere la luna, si baciano. Bosco ha un tocco leg-gero, con una superficie scabra, come quella di una lucertola tratta dall’interno delle piante essiccate del fico d’india, uber-toso ad Alcamo. La sua ispirazione è lirica come lo fu quella di Attilio Torresini, di Francesco Messina, di Silvestre Cuffaro, di Aurelio De Felice, di Luigi Broggini. Bosco scolpisce con delicatezza, con pudore. Plasma la materia con la precisione di un cesellatore. Mancava alla Sicilia uno scultore nuragico, uno scultore etrusco. I greci avevano concepito bronzetti come ex voto e per il culto dei morti. Da lì Bosco riparte come se all’idea, all’assoluto d’amore, alla contemplazione della luna, non avessero aggiunto nulla duemilacinquecento anni. I pen-sieri degli artisti della Magna Grecia, poco lontano da Alcamo, a Selinunte, a Segesta, attraversano ancora la mente di Bosco con invariato spirito, in un tempo fermo, e con immutata po-esia, come nei versi di Saffo, come nei versi di Alceo. La luna dei poeti greci, e la luna di Ciullo, e la luna di Leopardi, è la luna di Bosco.

Vittorio Sgarbi

La luna nel bosco

9

t he moon, in Alcamo, is not like elsewhere. Its light is different, it is closer and brighter. One feels as if one can touch it. And someone has. Someone has started to

speak about love right from here. The Sky, first of all, underneath this sun. In this light, with these fragrances, in this heat. But even more so, at night, before the sea, when everything is closer:

“most fRagRant fREsh RosE, you appEaR whEn summER comEs, womEn Long foR you, both young and maRRiEd onEs; puLL mE away fRom this fiRE, if you wish to do so; i can’t find pEacE, night oR day, bEcausE of you, thinking of you, my Lady.”

Undoubtedly, these verses must have echoed, time after time, in the heart of Giacinto Bosco, a young sculptor from Alcamo who is, more than others, in love with the moon and close to it. He develops nearly his entire work around this theme. Two lovers who, in every way and by any means, try and climb to the moon. And they manage to climb using a rope. But a staircase will also do, it will allow them to reach it directly and comfort-ably. And, again, a spiral staircase, on which they both move to then grab the crescent moon, and take it with them or sit on it. How might it feel sitting on the moon? But it may be suspended on a cone, a shell with a staircase around it. When conquered, the moon may become a swing, but it is also what a tightrope is to an acrobat. The moon is the lovers’ friend. And the lovers play with it. The moon is poetry. Leopardi speaks to it and asks, as we can recall:

what do you do, moon, aLoft? LEt mE knowwhat, siLEnt moon, you do.you RisE at night, and go;you contEmpLatE thE dEsERts, thEn you REst.aRE you EvER tiREd

of nEvER changing scEnEs?do you not LoathE REtuRning, aRE you stiLL EagER foR thEsE RavinEs?thE shEphERd’s LifE is LikE youR LifE.

The moon is silent, the moon is the accomplice, the moon is Sa-brina’s nose, the moon accompanies the lovers in the solitude of the night. And Bosco does not narrate all this, he translates it into images; the lovers are naked and slender. They chase each other when they are far away and they embrace when they fi-nally reach the moon, which is the destination of their thoughts and wishes. Bosco is a simple soul, an essential sculptor. He is romantic, he brings Folon’s thoughts on the Sicilian sea. He makes Giacometti kind. To him, sculpture is a love declaration, the expression of the kindness of the heart. Some sort of ro-mance. The man’s skin is darker, the woman’s skin is lighter. The lovers look for each other, they hold hands, they embrace, they caress, they help each other to grab the moon, they kiss. Bosco’s touch is light, the surface is rough, like that of a lizard taken from inside a dried prickly pear, easy to find in Alcamo. His inspiration is lyrical, as it was for Attilio Torresini, Francesco Messina, Silvestre Cuffaro, Aurelio De Felice, Luigi Broggini. Bosco sculpts with delicacy, with discretion. He moulds the material with the precision of a chaser. Sicily felt the need for a “nuraghe” sculptor, an Etruscan sculptor. The Greeks thought of using small bronze statues as votive objects or in the cult of the dead. That is where Bosco starts, as if to the idea, to ab-solute love, to moon contemplation, nothing has been added in the last two thousand and five hundred years. The thoughts of the artists of Magna Graecia, not so far from Alcamo, in Selinunte, in Segesta, go through Bosco’s mind with unvary-ing spirit, and time stands still, with unchanged poetry, like in Sappho’s verses, like in Alcaeus’s verses. The Greek poets’ Moon, and Ciullo’s Moon, and Leopardi’s Moon… that is Bo-sco’s Moon.

Vittorio Sgarbi

bosco’s moon

10

i l racconto ha una semplicità disarmante, senza orpelli re-torici, scrive Paolo Levi a proposito dell’opera di Giacinto Bosco ed è in questo senso che voglio leggere le sue

figurazioni scultoree. È chiara la derivazione romantica del rac-conto del Nostro con evidente riferimento alla Luna. Niente di più romantico nelle sue facce e sfaccettature: essa, la luna, si divide in quarti e viene ritratta a facce e persino in falci. Ha pure un rossore pudico. Ma soprattutto essa è femmina e protettrice delle donne innamorate e dà loro la pelle bianca, come sostie-ne una vecchia canzone di Mina. Al chiaro di luna si ispirarono Beethoven, con la sua opera 14, e soprattutto il più impressio-nista dei musicisti moderni: Claude Debussy che scrisse il suo Clair de Lune; lo stesso chiaro di luna che i futuristi volevano distruggere e abolire assieme a Venezia, città romantica per eccellenza. Quindi Luna come grande madre protettrice, an-che licenziosa, ma non troppo. A lei si rivolgono gli animali: i lupi come i coyotes, ma anche i Lupi Mannari nelle notti di “luna piena”, secondo la leggenda! E come potevano mancare gli umani, se ricordate il Pierrot ripreso nei dipinti romantici di Watteau, o il Pierrot Lunaire musicale di Schonberg dove pro-tagonista è il poeta virtuoso Pierrot, eroe malinconico e triste, che si destreggia poeticamente esprimendo se stesso e il suo ambiguo carattere. E gran parte di tale qualità mitica rimane ancora legata al “pagliaccio triste” dell’era postmoderna. Quin-

di un poeta innamorato e triste che canta alla Luna i suoi tristi amori e qui, oggi, storicamente lo scarto è sentimentale. Sedu-to su una panchina il nostro romantico Raymond Peynet vede due fidanzatini e s’illumina. I Fidanzatini saranno d’ora in poi parte del suo racconto poetico e li disegnerà per tutta la sua vita; così per Giacinto Bosco i due innamorati saranno parte del suo racconto scultoreo che non smette di essere poetico, come quando lui sale a prendere la Luna per lei, suo amore, in Ti prendo la Luna. Scena già mutuata nella poesia classi-ca quando Astolfo deve cercare il senno perduto dell’Orlando Furioso là nella Luna dove si trovano tutte le cose che si sono perse in terra. E così, per l’amore che manca in questa ter-ra, ecco che l’innamorato si arrampica su qualsiasi supporto, campanile, scala, o corda, per recuperare l’oggetto perduto: l’amore. O ancora in Dondolandoci (2010) gli innamorati sono in bilico ognuno su un corno della Luna, ma mai equilibrio fu più felice: lo sguardo controlla i movimenti di uno e dell’altro che restano fissi sul soggetto del loro amore essi stessi: ognu-no rimira l’altro da innamorato. La Luna è liscia, impenetrabile, mentre loro sono porosi e quindi estranei alla fissità lunare, essi sono di carne soggetta a tutti gli umori della Luna medesima e quindi i loro respiri, come i loro corpi, risentono del mutare del tempo e da qui la necessità di trasferire il loro amore sulla Luna dura e lucente come il diamante! Ecco, lei sdraiata sulla luna come in un’amaca mentre lui sotto, in veste di Fauno, suona il flauto pan per le sue visioni romantiche in trasformazione con Assorta sulla Luna con Fauno. Ma è in Travolti dalla Luna che lo scarto poetico di Giacinto Bosco si fa classicità inconscia. Egli iscrive i due innamorati innocentemente abbracciati dentro la Luna creando attorno a loro un taglio a “mandorla” che li con-tiene e ce li dona alla visione come nell’Eden innocente, prima del peccato originale, quando tutto era amore e purezza nel mondo paradisiaco. Come ci viene solitamente restituita dalla figura de il Cristo Pantocratore nella più classica delle visioni pittoriche medievali.

Boris Brollo

chiaRo di Luna

“ho avuto un’immaginE di tE sovRapposta a REmoti uomini dimEnticati... cREdo significassE L’EmbLEma E iL compEndio dEL maschio univERsaLE, o foRsE ERi pan, o dioniso, o un fauno, o un satiRo... illusione di lunare solitudine!”

Da “Aforismi” di Mariveda De Silva

11

R egarding the work of Giacinto Bosco, Paolo Levi writes: “The narration is of a disarming simplicity, with-out any rhetorical embellishment”. It is precisely in this

way that I prefer to read Giacinto’s sculpted figures. The ro-mantic derivation of his narration with the explicit reference to the Moon is quite clear. There is nothing more romantic than his faces and cuts. The moon is divided in quarters and is por-trayed by means of faces and even of sickles. The moon also shows a prudish blushing. But above all, she is a female who protects the women in love and gives them a white skin, as Mina was singing in an old song. In the moonlight found inspi-ration L. Beethoven with his Sonata 14, world-wide known as Mondschein/ Moonlight and the most impressionistic modern musician, Claude Debussy, who composed Clair de Lune, the same moonlight that the Futurists intended to destroy and erase together with Venice, the city, par excellence, romantic. There-fore, Moon as the big Mother protector, even licentious, but not too much. She was addressed by animals: by wolfs and coy-otes, but also, according to the legend, in the full moon nights, by the were-wolves! And the humans could not be absent. Let’s think of the Pierrot of the romantic paintings by Watteau or of the musical Pierrot Lunaire by A. Schonberg, where the pro-tagonist is the virtuous poet Pierrot, a sad and melancholy hero who poetically gets by expressing with dexterity himself and his ambiguous character. A big part of this mythical quality is still tied up to the iconography of the “pagliaccio triste” (sad clown) of the post-modern period. This is a sad poet in love who sen-timentally sings to the moon his moon-struck loves. Sitting over a bench, the Ur-romantic Raymond Peynet sees two little and

cute fiancés and brightens up. “Les Amoureux” have always been, from their first expression, part of Peynet’s poetical nar-ration and he will paint them for the rest of his life. In a similar way, for Giacinto Bosco the two Sweethearts will always be part of his poetic sculpting tale like when He goes up to fetch the Moon for Her, who is his love, see “Ti prendo la Luna” (I fetch you the Moon”). It is a scene derived from Ariosto’s Orlando Furioso, written at the peak of the Italian Renaissance, where Astolfo is looking for Orlando’s “lost wisdom” exactly there, in the Moon, “where all things lost on Earth are found”. In such a way, for the love that is missing on Earth, here the enamored climbs over any support, bell tower, staircase or rope, in order to recover the lost object: Love. In Dondolandosi (Rolling up) (2010), the Sweethearts are both in balance, each on a cusp of the moon, in a most felicitous equilibrium, looking at each other, with passionate expressions. The Moon is smooth and impenetrable while They are porous and alien to the lunar fixity. They are made of a flesh that is liable to all Moon humors. So, their breaths and their bodies feel the effects of the change of time. Because of this, there is the necessity of transferring their love in the Moon, hard and shiny like diamonds. She is reclining in the Moon like in an hammock while He, below, like a Faun, plays on the flute his romantic visions in transformation (Assorta sulla Luna con Fauno - Absorbed in the Moon with the Faun). There is also a “Sunset Boulevard” where She comes down to give him the gift of the moon through a double line of cypress-es that reminds us the Carducci’s Bolgheri. Besides, there is, strikingly. a little cart of Etruscan features, reminiscing Giacom-etti, where the Moon is dragged between the two Sweethearts who contemplate it as if it is their love transformed into a shiny and palpitating object. There is also an attempt to merge in the love’s object that has been transformed in a lunar canoe. They are inside and from the two cusps of the dug-out canoe They raise their heads calling for love; They search for each other and merge in two bizarre lateral bushes that look like a hat in the form of a sickle. This is “Dondolo nella luna tenendoci per mano” (Rolling up in the moon by holding hands) (2010) But it is in the “Travolti dalla Luna” (Swept from the Moon) that the poetic jump of Giacinto Bosco becomes unconscious classi-cism. He inscribes the two Sweethearts innocently embraced within the Moon and creates around them an almond-like cut. Therefore, They are offered to to our view in an innocent Eden, before the Original Sin, when everything was love and purity. It is a paradise environment as it is normally given back to us by the figure of the Christ Pantocrator, genuine epitome of the byzantine and medieval pictorial visions.

Boris Brollo

moonLight

i had an imagE of you ovERLapping REmotELy foRgottEn mEn... i think it was a symboL and summaRy of thE univERsaL maLE... oR wERE you pan oR dionysos, oR a faun oR a satyR... what an iLLusion of LunaR LonELinEss!”

From “Aphorisms” by Mariveda De Silva

12

s ubito ci si avvede che, in questa realizzazioni immagi-nifiche, c’è una specie di missione liberatoria. Giacinto Bosco annuncia che l’utopia, attraverso molteplici mo-

menti di vera poesia, può trasmettere il suo messaggio nel cuore dell’osservatore. Tutti noi abbiamo più di un motivo per essere grati a questo maestro di fiabe e creatore di momenti pieni di dolcezza. Il suo modo non conformista di esprimersi rappresenta la più veritiera possibilità per contrastare quella sperimentazione contemporanea, che utilizza materiali insoliti, dissacrando il vivo e il bello dell’arte e decretandone la morte ir-reversibile. Ci vengono quindi costantemente imposti messaggi negativi, che infastidiscono le nostre coscienze, perché l’arte non può essere figlia di un pensiero assoluto e spietato, né può essere elaborata come un trattato di filosofia. I lavori di Bosco, fatti di pathos e ragione mirabilmente coniu-gati, restituiscono un ruolo al valore della figurazione. La sua sensibilità plastica si ritrova ad agire dentro l’eccezionalità di una sintesi lirica, di un risveglio a una poeticità, di cui ormai sembrava che fosse andato smarrito il significato.È questo il motivo per cui questo scultore si trova a suo agio nel modellare la materia, dove la sua ingegnosa sensibilità si dispiega senza inibizioni formali, dove il misterioso tramite delle sue emozioni si risolve in un incantevole linguaggio plastico. I suoi lavori riempiono lo spazio in un discorso attivo e unitario, ed è chiaro che egli accoglie tutti quei conforti di cultura, che l’esperienza passata di chi lo ha preceduto nell’arte gli ha of-ferto. Credo, quindi, che sia opportuno dichiarare come, in un momento così poco felice dal punto di vista della creatività, la ricerca di Giacinto Bosco abbia pieno diritto a una giusta collo-cazione storica e critica. Va detto innanzi tutto che i suoi lavori, pur conservando la le-zione espressiva della tradizione del secondo Novecento, as-sumono il valore inedito della narrazione di una fiaba amorosa, ponendosi fuori dal tempo e dalla storia. Eseguiti in tuttotondo,

secondo i crismi tecnici del bronzo a cera persa, le sue opere ci invogliano a riflettere sulle capacità rara che lo contraddistin-gue di conciliare la sua memoria storica con capacità esecutive del tutto originali, e certamente non collocabili in canoni for-mali già stabiliti altrove e in altri tempi. Questi racconti plastici mettono in luce un’arte che si apre espressivamente all’enigma dall’inconscio, in un processo di approfondimento culturale e di soggettiva introspezione, capace di offrirgli intuizioni magiche, e insieme il potere di trasformarle in materia viva e pulsante: nel suo caso in simboli di candida leggerezza e in allusioni arcane. Tutto questo, Bosco lo elabora in figure tanto elementari quan-to struggenti, dalle quali traspare la solennità di sentimenti an-tichi e primari.Le due figure che ricorrono in un ciclo di composizioni dove la luna diventa simbolo universale e metafora amorosa - Ti pren-do la luna è il titolo di un gioco tutto ascensionale, una subli-mazione del sentimento che unisce una coppia - esprimono qualcosa di elementare, unitamente alla sacralità di un rituale intimo. Il gesto più semplice, anche solo il tenersi per mano, as-sume così la potenza di una consacrazione, di una promessa per l’eternità. Questa coinvolgente poetica è fatta di contrappunti figurali ras-serenanti; sono forme riconoscibili, sulla soglia dell’astrazione lirica, che nascono da una sapiente capacità manuale, dove il movimento delle figure si risolve in danza leggera. Questa immaginazione plastica è un cammino in linea retta, ovvero un procedere verso una figurazione che guarda indirettamente all’essenzialità dell’arte primitiva.Ho voluto incontrare Giacinto Bosco nel suo atelier vicino a Mi-lano, dove lavora circondato da opere che, sin dal primo impat-to, sembrano venire incontro a chi ad accogliere il visitatore, che si trova a osservare e a partecipare inevitabilmente a eventi di passione, come il bronzo Travolti dalla luna, la rappresentazio-ne di un amplesso che sembra l’appagamento di una coppia

Paolo Levi

che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,silenziosa luna?

13

di amanti dopo significanti vicissitudini. A vedere i suoi lavori si comprende quanto sia importante il rapporto intimistico che egli intrattiene con il nucleo portante del suo messaggio, con la trama segreta che avvince due anime, con il gioco tenero e forte, ma del tutto singolare, di un’invenzione allegorica, dove la luna diventa altalena, giaciglio amoroso, punto di raccordo fra cielo e terra, concretizzazione del desiderio, traghettatrice magica di sogni e protettrice di sensualità. Giacinto Bosco conduce la sua ricognizione con la vocazione dell’artista di talento, che sa operare facendo dono ad ogni particolare della patina cromatica più consona al momento visi-vo che ha scelto di rappresentare - l’azzurro del corpo maschi-le, il bianco di quello femminile, dorati gli elementi scenografici, bianca o dorata la luna ma liscia e lucida, mentre appaiono scabre tutte le altre superfici - esplorando magistralmente tutte le potenzialità pittoriche e plastiche della materia bronzea.Ma solo in apparenza questi lavori comunicano un messaggio lieve e accattivante; in verità, non c’è qui una ricerca di eva-sione, ma piuttosto la riduzione all’essenzialità di certe favole nordiche, dove sogno e realtà si ricompongono in pura lirica dei sentimenti.L’artista riesce a relazionarsi assai bene con una mitologia espressa sotto forma di simboli, in un gioco garbato e in una rappresentazione del tutto inedita. Il racconto ha una sempli-cità disarmante, senza orpelli retorici. Eppure, ogni visione ap-pare coinvolgente per la densità dei sottintesi, dove ogni atto appare chiuso e concluso, sintesi di una vicenda semplice, ma forse complicata, gioiosa o dolorosa, forse anche impossibile e solo vissuta nell’immaginazione. Ma di quella vicenda resta per sempre fissato nel bronzo un momento unico e irripetibile, tanto importante da proiettare la sua luce nello spazio infinito del ricordo. L’agire simbolico dei due amanti non è solo l’epilo-go vincente di Eros, ma motore di una narrazione epica, che si concatena in tutte le varianti dettate dall’intelligenza del cuore.

Ciò che persuade, in questo ciclo di composizioni di grande musicalità espressiva, è la soave capacità dell’artista di evo-care, come in un gioco di prestigio, la forza inarrestabile dell’a-more, che arriva persino a catturare la luna, che sta nel cielo e in fondo al proverbiale pozzo; una luna non più, o non solo, divinità propiziatoria, ma concreta presenza che prende corpo grazie alla forza del desiderio. Tutto quindi si compie in cielo e in terra, con l’unione del ma-schile e del femminile, come suggerisce l’antico concetto orientale dello Yin e dello Yang. La luna ne è testimone e com-plice in ogni momento, perché stabilisce da sempre le scansio-ni del tempo e delle stagioni, della notte e del giorno, perché custodisce i sogni, assiste gli amanti, e ne celebra lo sposalizio. Giacinto Bosco con queste sue opere, belle di forma e felici di contenuto, sembra voler rispondere con un inno alla vita al mito di Orfeo ed Euridice, dove è la morte, invece, a vincere sull’a-more. O ancora, l’efebica nudità dei suoi protagonisti rimanda a un clima edenico, a un Adamo ed Eva prima della perdita dell’innocenza. Sono tanti gli stimoli che suggeriscono gli accostamenti ad antichi archetipi, quante sono le ragioni poetiche che ispirano ogni singolo episodio, in un percorso visivo di grande spessore estetico e formale; e se Bosco esplora un terreno già sondato a lungo dal Surrealismo storico, tuttavia non gioca mai sull’in-decifrabilità del mondo onirico, avendo scelto di procedere in un territorio fatto di stupori, di sogni fiabeschi portatori di un buon risveglio.Da dove sgorga, infine, questo pathos poetico? È a questa do-manda che bisogna rispondere, per cogliere il significato più autentico della ricerca di Bosco: a mio avviso, sta nel sentimen-to profondo che egli ha del suo lavoro, lo stesso sentimento dei Romantici, che guardavano alla passione amorosa come metafora di tutte le libertà, come motore di creatività, come guida luminosa nei percorsi oscuri della vita.

14

Paolo Levi

why are you there, moon, in the sky?tell me why you are there, silent moon?

one immediately understands that in this series of im-ages there is a sort of Mission of Liberation: Giacinto Bosco announces that Utopia, through multiple mo-

ments of true poetry, can transmit its message to the heart of the observer. We all have more than one reason to be grateful to this Master of Fables and creator of moment which are full of delicacy. His non-conformist way of expressing himself rep-resents the most straightforward possibility of contrasting that kind of contemporary experimentation which utilizes unusual materials, desecrates what is alive and beautiful in art, and de-clares its irreversible death. We are therefore bombarded with negative messages which disturb our consciences, because Art cannot be the child of one Absolute and Pitiless school of thought, nor can it be elaborated like a philosophical treatise. Bosco’s works, a combination of admirably united Pathos and Reason, give back a sense to the value of figuration. His sculp-tural sensitivity expresses itself in an almost lyric synthesis, a poetic awakening, of sensibilities whose meanings seemed to have been lost.That is the reason why this sculptor feel at home managing the primary materials, where is ingenious sensitivity expresses itself with no formal inhibitions, where the vehicle of his emotions is transformed into an enchanted sculptural language. His works fill the space in an interactive yet uniting discourse, and is clear he welcomes all the comforts that the experience and culture of those who preceded him have to offer. I believe, therefore, that is would be opportune to declare to the world how, in a moment in time when creativity is so scant, Giacinto Bosco’s creative journey merits a critical place in history.It should be said first of all that his works, while conforming to the expressive traditions of the second half of the twentieth Century, take on a new aspect – that of the narration of a Fable of Love, which place them out of time and history. His works

are full relief, executed according to the chrisms of bronze sculpture, and encourage us to reflect upon his rare and distin-guishing capacity to reconcile his memories with highly original techniques of execution which absolutely cannot be linked to any formally established cannons from others times and other places. These sculptural tales highlight an Art form which only the enigma of the subconscious can recognize, through a pro-cess of cultural investigation and subjective introspection; they offer magical suggestion, and are somehow transformed into live, pulsating materials- and in this case into symbol of candid lightness and arcane allusions.All of this has been transformed by Bosco into figures which are as yearning as they are simple – from which the solemnity of ancient, basal sentiments transpires.The two figures which continually appear in a cycle of com-positions where the moon becomes a universal symbol and a metaphor for love – “Ti prendo la luna” is the name of a game, a sublimation of the feelings which unite a couple – express a quality which is basic yet united to the sacredness of an inti-mate ritual. The simplest gesture, even just hand-holding, thus take on the power of a consecration, of eternal promise.This poetic expression is composed of reassuring contrapuntal figures; they are recognizable figures, almost lyric, and are the work of a knowing hand; the artist makes the figures move in what seems to be lovely dance. This sculptural image “walks a straight line” – that is it proceeds toward imagery which then “winks” at the essential qualities of Primitive Art.I wanted my first meeting with Giacinto Bosco to be in his studio in Milan, where he is surrounded by works which seem, from the moment of impact, to welcome the visitor. Who inevitably finds himself in the midst of passionate events, such as the “Travolti dalla luna “bronze, the representation of an embrace, seemingly between two lovers after significant vicissitudes. On

15

seeing his works one understands how important the intimate relationship he maintains messengers is with those who convey his ideas, with the secret drama which involves two souls, with tenderness and force, but most singularly, with an allegorical invention, where the moon becomes a swing – a loving meeting point between heaven and earth, where desires become reality, and the magic ferry of dreams and protector of sensuality.Giacinto Bosco carries out his work with the vocation of a tal-ented artist how utilizing every particular shade of the chro-matic patina which is consonant to the image he has chosen to represent – the blues of the male physique, the whites of the female, the golds of scenographic elements; the moon is both white or gold but smooth and shiny, while all the other surfaces appear rough, scabrous – and exploring with mastery all the artistic potentials that bronze offers.But these works deliver a gentle and attractive message only in appearance; in truth, here there is no desire to evade, but rath-er the reduction to essential qualities of certain Nordic fables, where dreams and reality intertwine in a melody of sentiments.The artist manages to establish a relationship with a form of mythology expressed in symbols in a completely novel manner.The tale has a disarming simplicity, with no rhetorical veneer.And yet, each vision involves us because of the density of the nuances: each act seems to the closed, concluded, the syn-thesis of a simple event yet possibly complicated, joyful, pain-ful, or even impossible and only imagined. But a unique and unrepeatable moment of the simple event remains forever cast in bronze; a moment so important it shines its light into the infinite space of memory. The symbolic actions of the two lov-ers are not just the epilogue of an Erotic tale. But the motor of and epic narrative, which is interlocked with all of the variations which the intelligence of the heart dictate.What is convincing in this cycle of compositions rich with ex-

pressive musicality, is the artist’s charming capacity to evoke, as if were magic, the unstoppable force of love, which even manages to capture the moon, which is in both the heavens and at the bottom of the proverbial well, no longer just a moon, an appeasing divinity, but a concrete presence which gathers its strength from the force of desire.All of this takes place both in heaven and on earth, with the union of the male and the female, as the ancient oriental con-cept of Ying and Yang suggests. The moon is both witness and accomplice in every moment, as it establishes the measure of time and of the seasons, of the night and of day, because it is the guardian of dreams, assists lovers, and celebrates marriag-es. With these works, lovely in form and satisfying in content, Gi-acinto Bosco seems to respond with a hymn to life to the myth of Orfeo and Euridice, where instead death prevails over love.As well the ephebic nudity of their protagonist evokes the at-mosphere of Adam and Eve in the Garden of Eden before the loss of innocence.There are numerous stimuli which suggest the juxtaposition of ancient archetypes, as there are poetic motives which inspire each single episode, in a visual process of great aesthetic and formal depth; and although it may be said that Bosco explores a terrain which has already been exhausted by Surrealism, all the same he never takes advantage of the World of Dreams, but rather chooses to make his realm a world of marvels, of fable-like dreams from which there is a happy awakening.From where, then, does this poetic pathos surge? This is the question that begs a response in order to better understand the authentic meaning of Bosco’s research: in my opinion it is in the profound sentiment that he has regarding his work, the same sentiment of the Romantics, who saw amorous passion as a metaphor for all freedoms, as the motor of creativity, as a luminous guide along the dark paths of life.

workS

oPere

18

2012Bronzo policromo h cm 222 l cm 160 p cm 32

rosa fresca aulentissima

19

20

21

22

23

2013Bronzo policromo h cm 118 l cm 95 p cm 69

rosa fresca aulentissima

24

25

26

2010Bronzo policromoh cm 159 l cm 35 p cm 48

ti prendo la luna

27

28

29

30

2013Bronzo policromo h cm 205 l cm 302 p cm 59

tienimi la corda che ti prendo la luna

31

32

33

34

35

2013Bronzo policromo h cm 206 l cm 248 p cm 54

viale dei cipressi

36

37

2013Bronzo policromo h cm 350 l cm 100 p cm 51

tienimi la scala che ti prendo la luna

38

39

2012Bronzo policromo h cm 73 l cm 54 p cm 38

ti ho portato la luna

2010Bronzo policromoh cm 78 l cm 46 p cm 24,5

assorta sulla luna con fauno

40

41

42

43

44

2012Bronzo policromo h cm 172 l cm 55 p cm 30

luna caprese

45

46

47

48

49

2011Bronzo policromo h cm 120 l cm 108 p cm 52

cavalcando la luna

50

51

2011Bronzo policromoh cm 375 l cm 72 p cm 60

colgo la luna

52

53

54

55

2008Bronzo policromo h cm 188 l cm 46 p cm 35

ti prometto la luna

56

57

2010Bronzo policromoh cm 155 l cm 128 p cm 35

dondolandoci

58

59

60

2009Bronzo policromoh cm 46 l cm 29 p cm 29

la luna nel pozzo

61

2010Bronzo policromo h cm 143 l cm 104 p cm 29

dondolo nella luna tenendoci per mano

62

63

64

65

66

67

2009Bronzo policromoh cm 59 l cm 53 p cm 27

cavalcando la luna

68

2009/2010Bronzo policromoh cm 190 l cm 30 p cm 47

colgo la luna

69

70

71

2010Bronzo policromoh cm 145 l cm 22 p cm 40

tienimi la scala che ti prendo la luna

72

2010Bronzo policromoh cm 78 l cm 72 p cm 32

travolti dalla luna

73

74

75

2012Bronzo policromo h cm 205 l cm 24 p cm 24

rosa fresca aulentissima

76

77

2013Bronzo policromo h cm 187 l cm 20 p cm 28

suonatore di aulos

78

79

2013Bronzo policromoh cm 172 l cm 27 p cm 19

cantore

80

81

2013Bronzo policromoh cm 187 l cm 20 p cm 28

suonatore di flauto

82

2012Bronzo policromoh cm 218 l cm 62 p cm 45

musa eràto maria cristina

83

84

85

other workS

aLtre oPere

88

89

2011Bronzo policromoh cm 161,5 l cm 46 p cm 22

infanzia siciliana

90

91

92

2008Bronzo policromo h cm 232 l cm 27 p cm 19,5

cacciatore di aquiloni

93

94

95

96

97

2005Bronzo policromo e plexiglass h cm 156 l cm 14 p cm 14

amanti su stele

98

2008Bronzo patinatoh cm 186 l cm 28 p cm 26

colomba

99

100

2005Bronzo patinato h cm 176 l cm 38 p cm 30

colomba di mothia

101

102

103

2005Bronzo policromoh cm 170 l cm 34 p cm 34

colombella su stele

104

2010Bronzo policromo h cm 199 l cm 27,5 p cm 27,5

amanti su stele

105

106

107

2010Bronzo lucidoe policromo h cm 29 l cm 25 p cm 14

travoltidalla luna

2010Bronzo policromo

h cm 37 l cm 24 p cm 18

attesa

108

2011Bronzo policromo h cm 50 l cm 12 p cm 12

torso

2011Ceramica e bronzo

h cm 48,5 l cm 11,5 p cm 11,5

torso

109

110

2008Bronzo patinato h cm 51 l cm 17 p cm 12

frammento

111

2010Bronzo policromo

h cm 37 l cm 16 p cm 16

torso

112

2010Bronzo patinato h cm 31 l cm 15 p cm 12

frammento

113

2009Bronzo policromo

h cm 23 l cm 26 p cm 12

frammento

114

2011Bronzo policromoe patinato h cm 179 l cm 27,5 p cm 27,5

torso su stele

2009Bronzo patinato

h cm 30 l cm 12 p cm 12

frammento

115

Giacinto Bosco nasce nel 1956 ad Alcamo; la necessità della quotidianità lo avvicina subito alle botteghe del luogo dove ha modo di crescere nell’ingegno e intuito di abili artigiani.A 15 anni si trasferisce a Milano: la “vocazione” lo porta a incontrarsi con la professione che ancora oggi pratica di fonditore artistico; la fonderia diviene luogo di incontro e di conoscenza di scultori ed artisti dai quali assimila stimoli e umori.Frequenta il Liceo Artistico Bramante a Milano dove incontra il Professor Teruggi che lo sostiene nell’impegno a intraprendere un percorso artistico.Nel 1990 si iscrive alla Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente; in questo periodo prendono forma le prime committenze pubbliche, dapprima la scultura “La Luce” a Rescaldina (1997), successivamente la statua di Giovanni Paolo II ad Arese (2006) e “un Mondo di Pace (2008) opera monumentale collocata a Garbagnate Milanese; più tardi, il monumento dedicato ai Carabinieri Caduti a Nassirya (2008/2009) a Borgosesia; nello stesso anno la statua a Papa Benedetto XVI a Santa Maria di Leuca.In seguito sviluppa le sue narrazioni con gli “aforismi alla Luna” i quali lo portano in una dimensione poetica che, come in un sogno, la sua immaginazione trasforma e plasma.A fronte di questa maturazione si propone nella sua prima mostra personale presso la Galleria Franco Senesi Fine Art a Positano.Il cammino prosegue con sempre più consapevolezza, sino a considerare il desiderio di sentimentalmente approdare ad Alcamo, a mostrare le sue espressioni creative.

nota biografica

117

Giacinto Bosco, born in 1956 in Alcamo, obliged by the necessities of daily life, found his way to local workshops where he was tutored and guided by experienced artisans.At 15 he moved to Milan where his vocation led him to embrace the profession of artistic caster, which he still pactices today. The foundry where he worked became the meeting place for sculptors and artist, whome he drew insipiration and stimulation.He attended the Bramante Artistic Lyceum in Milan where Prof. Teruggi encouraged him to develop his artistic talent.In 1990 he became a member of “Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente” (known as “La Permanente”) and he received his first public commissions: “The Light” (1997), in Rescaldina; then, the Statue of John Paul II (2006), in Arese; “A Peaceful World” (2008) for the City of Garbagnate, followed by the Monument dedicated to the Carabinieri who fell in Nassiriya (2008/2009), in Borgosesia; and, the same year, the Statue of Pope Benedict XVI in Santa Maria di Leuca.Afterwards, his “Aphorisms of the Moon” take him into a poetic dimension that, like in a dream, his imagination transforms and moulds into sculptures.This journey towards maturity leads him to his first Personal Exhibition, at Franco Senesi Fine Art Gallery in Positano.But the journey continues with ever- growing awareness, so he is now considering his wish to “sentimentally” reach Alcamo so as to exhibit his creations.

biographical note

118

2011 GALLERIA FINE ART DI FRANCO SENESI – Positano

2013 CENTRO CONGRESSI PROVINCIA DI MILANO “Calcio Linguaggio Universale” Gazzetta dello Sport, Fondazione Candido Cannavò

1997 Scultura “la Luce” – Rescaldina

2006 Statua a “Giovanni Paolo II” – Arese

2008 Monumento “un Mondo di Pace” – Garbagnate

2009 Statua a “Papa Benedetto XVI – Basilica Santa Maria di Leuca

Monumento dedicato ai “Carabinieri Caduti a Nassyria” Borgosesia

2013 Premio Trofeo “Il Calcio Linguaggio Universale”- Gazzetta dello Sport Fondazione Candido Cannavò – Milano

1991 SCULTORI EUROPEI A CERANO D’INTELVI

2004 MERAVIGLIE “I GRANDI SCULTORI DEL “900” Chiavenna

2006 RASSEGNA DEGLI ARTISTI PER LA PERMANENTE Milano

2008 ARTISTI DELLA PERMANENTE – Gravedona

ARTISTI DELLA PERMANENTE – Desio

2009 ARTISTI DELLA PERMANENTE – Garbagnate Milanese

2010 ARTISTI DELLA PERMANENTE PALAZZO PERMANENTE – Milano

2011 PREMIO MACCAGNO – CIVICO MUSEO PARISI – Maccagno

ACQUISIZIONI 2011 – CIVICO MUSEO PARISI – Maccagno

2012 54° ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE D’ARTE DELLA BIENNALE DI VENEZIA - Torino

2013 GROMOVA GALLERY – Mosca - Russia

mostRE pERsonaLi

opERE pubbLichE

mostRE coLLEttivE

120

1997 Sculpture “LA LUCE” – Rescaldina

2006 Statue a “GIOVANNI PAOLO II” – Arese

2008 Monument “Un mondo di Pace” – Garbagnate

Statue a “PAPA BENEDETTO XVI” – Basilica Santa Maria di Leuca

2009 Monument dedicated to “Carabinieri Caduti a Nassiriya” Borgosesia

2013 “Football – a Universal Language” Trophy – Gazzetta dello Sport, Candido Cannavò Foundation – Milan

2011 FRANCO SENESI FINE ART GALLERY – Positano

2013 PROVINCIA DI MILANO CONFERENCE CENTRE “Football – a Universal Language” Gazzetta dello Sport, Candido Cannavò Foundation

1991 EUROPEAN SCULPTORS IN CERANO D’INTELVI

2004 WONDERS OF “THE GREAT SCULPTORS OF THE 1990’S” Chiavenna

2006 EXHIBITION OF THE ARTISTS OF THE “PERMANENTE” Milan

2008 ARTISTS OF THE PERMANENTE – Gravedona

ARTISTS OF THE PERMANENTE – Desio

2009 ARTISTS OF THE PERMANENTE – Garbagnate Milanese

2010 ARTISTS OF THE PERMANENTE PALAZZO PERMANENTE – Milan

2011 “MACCAGNO” AWARD – PARISI CIVIC MUSEUM – Maccagno

ACQUISITIONS 2011– PARISI CIVIC MUSEUM – Maccagno

2012 54TH INTERNATIONAL ART EXHIBITION OF THE VENICE BIENNALE - Turin

2013 GROMOVA ART GALLERY – Moscow (Russia)

pERsonaL EXhibitions

pubLic woRks

coLLEctivE EXhibitions