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er l’Oms, la promozionedella salute riproduttiva
implica la possibilità «di a-vere una vita sessuale re-sponsabile, soddisfacente esicura», «di riprodursi e la li-bertà di decidere se, quandoe quante volte farlo», «di es-sere informati e di avere ac-cesso a metodi di propriascelta per (…) la regolazionedella fertilità, nonché il dirit-to per le coppie (…) di averele migliori possibilità di ave-
re un bambino sano». Tra-dotto dal politicamente cor-retto, la salute riproduttivadell’Onu include contracce-zione, sterilizzazione e abor-to, con enfasi sull’aborto permalformazioni fetali. Al pac-chetto si è aggiunta di recen-te la cosiddetta "contracce-zione d’emergenza" delle pil-lole dei giorni dopo con effettiantinidatori. La prima voltache ebbi percezione della di-sumanità di questo progetto,
lo stesso promosso dalle mul-tinazionali dei farmaci con-traccettivi e abortivi e da In-ternational Planned Pa-renthood, la multinazionaledell’aborto, fu nel 1999, men-tre mi trovavo a Timor O-rientale, subito dopo la finedel genocidio indonesiano. Viero andato come presidenteinternazionale dei Medici cat-tolici per chiedere all’Am-ministrazione Onu, che go-vernava transitoriamente ilPaese, di autorizzare l’aper-tura di un ospedale di mater-nità. Malgrado in quel mo-mento Timor Est presentassei tassi di mortalità materna eneonatale più elevati al mon-do, il permesso ci fu rifiutatoin quanto, come medici cat-tolici, non garantivamo l’in-tero pacchetto della salute ri-
produttiva. Il condiziona-mento degli aiuti all’accetta-zione dei programmi Omsper la salute riproduttiva è an-dato estendendosi, fino a su-scitare l’indignazione dei ve-scovi dei Sud del mondo. Pa-pa Francesco ha raccolto illoro grido, levando la sua vo-ce per condannare l’esporta-zione di pratiche antinatali-ste ai Paesi in via di sviluppoattraverso gli strumenti dellacooperazione. In questocampo, fino a maggio di que-st’anno, l’Italia aveva costi-tuito una felice eccezione.Purtroppo con una risoluzio-ne approvata in tutta fretta incommissione lo scorso 26maggio, il Parlamento Italia-no ha impegnato il Governonon solo «a promuovere erafforzare la tutela dei diritti
e della salute sessuali e ri-produttivi», ma anche a dareseguito a tutte le richiestecontenute nel Berlin Parla-
mentarians’ Appeal , tra lequali vi è quella di destinarealmeno il 10 % dei fondi perla cooperazione e gli aiuti u-manitari a promuovere, tral’altro, «la salute e i diritti ses-suali e riproduttivi». È l’esat-to contrario di quanto il Mo-vimento per la Vita chiedevaall’Unione Europea con lapetizione Uno di Noi. Plan-
ned Parenthood e le case far-maceutiche hanno di chegioire. L’Italia si è affiancataai potenti che, invece di com-battere la povertà, preferi-scono risolvere alla radice ilproblema, evitando che i po-veri nascano.
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P
EDITORIALE
LETTERE
AL
POPOLO
DELLA
VITA
Aborto e pillolenon risolvonolʼsos povertà
Chi educa ancoraalle responsabilitàdellʼamore?
Gian Luigi
Gigli
bbiamo davanti agli occhi episodi terribili, che pesano sulla coscienzadi tutti. Alcuni tanto clamorosi da riempire le pagine dei giornali. Sara
Di Pietrantonio di Roma, 22 anni, strangolata e poi arsa viva dal fidanzato.R.F. di Bologna, in attesa del primo figlio, avvelenata dal compagnoperché lui non voleva che il piccolo nascesse. Per fortuna mamma e bebése la caveranno. Deborh Fuso, 25enne di Magnago, in provincia di Milano,accoltellata dal fidanzato. Michela Noli, 31enne di Firenze, colpita a mortedal marito che poi si è tolto la vita. Stavano per separarsi e lui sarebbe statospinto dalla gelosia. Solo per limitarci, almeno fino al momento in cui
andiamo in stampa, ai casi più clamorosi. Ma dietro a questi episodidevastanti, ci sono migliaia e migliaia di altri gesti di violenza all’internodella coppie, più o meno pesanti, più o meno ripetuti, che si consumano trale mura di casa e, solo nei casi più gravi, arrivano al pronto soccorso quasisempre derubricati in incidenti domestici, cadute accidentali, lesionicasuali. E poi c’è la violenza verbale e psicologica, che non lascia ferite sulcorpo, ma che apre dentro, nell’anima, solchi tanti gravi da sfociaretalvolta in vere e proprie patologie. Perché anche il dolore interiorecorrompe e fa ammalare. Lo confermano le associazioni che combattonola violenza contro le donne e gli specialisti che lavorano sul fronte dellaprevenzione e del recupero. Ma tutti questi episodi, quelli tanto laceranti danon poter essere nascosti o che addirittura si concludono tragicamente, equelli invece che rimangono ignoti, hanno quasi sempre un comunedenominatore: colgono di sorpresa amici, parenti, vicini di casa. «Macome, sembrava una coppia così affiatata, così serena. Chi potevaimmaginarlo?». Invece la realtà è ben diversa. Cosa fare, come contribuirea spezzare questa catena di violenza inaccettabile? Ne abbiamo parlatotanto sui nostri media che non vorremmo rischiare di essere ripetitivi. Al dilà di tutte le analisi, più o meno convincenti, che insistono sulla crisidell’identità maschile, sulla legittimazione ideologica alla violenza daparte di certa sotto-cultura patriarcale, sulla crescente incapacità da parte
dell’uomo di accettare il lutto dell’abbandono, nessuno potrà convincerciche la radice di questo male oscuro non affondi soprattutto in un crescentevuoto educativo. Sono urgenti, anzi indispensabili, nuove parole e –soprattutto – gesti più efficaci che mettano al primo posto il rispetto delladonna, la bellezza e la responsabilità delle relazioni affettive, la veritàdell’amore. Il dovere di non accettare mai, da parte delle donne, parole ogesti che sembrano solo insensibilità o mancanza di attenzione, e invecenascondono propensioni più gravi, che forse potrebbero diventareirreparabili. Dobbiamo spezzare il cerchio di una cultura negativa chevorrebbe banalizzare gli affetti, relativizzare i sentimenti, istituzionalizzarela liquidità dei rapporti. Abbiamo strumenti e conoscenze per proporre unaltro modo di vivere. Dobbiamo farlo. Adesso.
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