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Corriere della Sera Venerdì 29 Gennaio 2016 TEMPI LIBERI 35 Gino Barile, l’uomo della grappa «Metterla in botte, il mio segreto» Il produttore, 83 anni: «La distilliamo nobilitandola come il Cognac» L ui è un autentico si- gnore operaio, con la cravatta che spun- ta sotto la tuta da la- voro. È genovese, ha 83 anni, e ancora sale su e giù, cento volte al giorno, dalla sca- letta di legno tra la bocca della fornace e quelle degli alambic- chi. Sposta casse di vinaccia da stroncare, s’arrampica sulle botti ma se racconta, parla so- prattutto dei protagonisti del- le sue tre vite: l’amico e socio Antonio Bormida, scomparso nel 1999, e la bella moglie Nuc- cia: «L’ho sposata che aveva la metà dei miei anni, 24 a 48. Se non ci fosse lei...». Al dunque: lui è Luigi Barile, Gino, e fa la grappa più buona d’Italia. Lo disse Luigi Veronel- li, gigantesco maestro, e ovvia- mente aveva ragione: chi non ha assaggiato la grappa Barile, ancora non sa che cosa può es- sere la grappa. Ci si prepara a un distillato tradizionale, pur sapendolo grande, e invece lei mostra nuove strade. Ci si at- tende il pugno amichevole della grappa, e invece la Barile è diversa e sottile, vibrante di sapori che appaiono e lasciano spazio ad altri nuovi. Un’ispi- razione per tutti i giovani che volessero dedicarsi a distillare. Ma ci vuole ordine. Della sua prima vita, il “Gino” parla poco: «È stata di una miseria, ma di una miseria... Vivevamo in una stalla». La commozione ha il sopravvento, la riscatta il ricordo del quarto protagoni- sta: don Andrea Gallo, frater- no amico dall’infanzia, parti- giano quando Gino era staffet- ta nella Genova di allora. Poi, la vita di Barile diventano i cantieri dell’Ansaldo di Sestri. E lì, nel 1958, sotto lo scafo del transatlantico Leonardo da Vinci in costruzione, nasce tutto: Gino e Bormida bevono il quartino di latte che l’azien- da distribuisce a scopo depu- rativo e sognano di fuggire. Di fare qualcosa di loro: «Magari la grappa, ci piaceva l’idea di lavorare solo 40 giorni all’an- no», dato che le vinacce da grappa devono essere fresche. L’idea resta lì, ma Gino la vita la cambia lo stesso. A quaran- t’anni si diploma in ragioneria alle serali: «La cosa più dura della mia vita, temevo di non farcela». Ma ha torto, ce la fa. Diventa commercialista e fun- ziona, con l’arrivo del modello 740 è l’Eldorado. Con i guada- gni, i due amici partono a cer- carsi la loro distilleria. A Silva- no d’Orba, due passi da Ovada: allora aveva 5 rinomate distil- lerie su circa 1.500 abitanti. L’amore scatta per un alam- bicco in disarmo, quello a ba- gnomaria della distilleria La- sagna chiusa da anni. Immagi- nate una fornace profonda, ca- pace di contenere 8 metri cubi di braci di legna e vinacce esauste. Sopra, c’è la caldaia d’acqua, in cui sono conficcati due alambicchi da 240 chili l’uno. Poi, la colonna di rettifi- cazione, una serpentina di raf- freddamento da museo. Infine il contatore con i sigilli del- l’Erario. Sembra facile, ma non lo è. L’alambicco ha raggiunto il se- colo di vita e richiede le cure dei grandi vecchi. E poi, la bas- sa resa è un credo: i 240 chili di vinaccia non devono dare più di 12 litri di grappa. Il chilome- tro zero è là da venire, ma per i due amici la scelta è semplicis- sima: si usano le vinacce del dolcetto di Ovada, il re della zona. È monovitigno ante litte- ram. Infine, i due hanno una pazza idea: mettere la grappa in botte. Nel 1976 non lo fa nessuno. Ma loro vogliono no- bilitare il distillato di casa: «Come il Cognac, come il whisky». E infatti, per la canti- na ci si imbatte in barili con la scritta Ardbeg o gli stampi di altre grandi distillerie di Sco- zia di cui si riutilizzano le bot- ti. Anche la scritta fuori dalla distilleria, Barile lo ammette di buon grado, è ispirata dalle grandi distillerie di Islay. I primi anni, Gino quasi non vende nulla, distilla per far cantina. Oggi quei barili sono un tesoro. Eppure... Non è che basti distillare dolcetto per fa- re grappa Barile. Dove nasce la magia? La formula di Gino è: «Al 40% è merito della distilla- zione a bagnomaria, il 20% del fuoco a legna, il 15% delle vi- nacce e il 25% dell’uomo, con la scelta della bassa resa e della selezione». E poi, certo, fanno tanto an- che il legno delle botti e il ri- poso per anni e decenni, an- che se Gino è capriccioso, i ri- sultati non gli piacciono tutti allo stesso modo. Eppure, non so se è contento che lo si dica, ma la grappa Barile bianca, la base, resta davvero indimenti- cabile. La grappa più buona del mondo. Marco Cremonesi © RIPRODUZIONE RISERVATA Il libro di ricette? Adesso lo finanzi (bene) con il crowdfunding Da Indiegogo a Foodstar: la raccolta pubblica di fondi sul web entra nel mondo del cibo e diventa virale P ubblicare un libro di ri- cette, fare un viaggio gastronomico nel Sud Italia, aprire uno spa- zio per la distribuzione di cibo bio a Siena o uno di design con cucina a Milano. Sono alcune delle case history legate al ci- bo e finanziate dal basso, ovve- ro con il crowdfunding, la rac- colta pubblica di fondi su web. Il meccanismo è semplice, si sceglie una piattaforma in re- te, si racconta la propria idea imprenditoriale — meglio in video — e come si intende rea- lizzarla, si quantifica il budget necessario e come si vuole «ri- pagare» i sostenitori. Esistono piattaforme dette «all-or- nothing», dove bisogna rag- giungere l’ammontare richie- sto, come «Kickstarter». L’ha utilizzata per esempio Jack Monroe per finanziare il se- quel del libro di ricette low cost che l’ha resa famosa (Cu- cinare con 2 euro al giorno, uscito in Italia per Newton Compton editori). Il preventi- vo ipotizzato di 8 mila sterline è stato superato, arrivando a ben 68 mila. Adotta un siste- ma più flessibile, invece, «In- diegogo», che prevede anche l’opzione «keep-it-all»: si ri- scuote, fatto salvo l’impegno a portare a termine il progetto, quanto raggiunto nel tempo prestabilito. Possono essere una parte dei 4 mila euro ne- cessari a concludere un viag- gio enogastronomico nel Sud Italia da parte di tre ragazzi americani o i 20 mila dollari per una bottiglia tecnologica, che permette di monitorare l’idratazione tramite una app. Cifra che i preordini hanno portato a 350 mila dollari. Vi sono poi piattaforme spe- cifiche per il settore. «Barnrai- ser» è nato pensando di agevo- lare agricoltori e produttori di cibo sano. Come quello di Ryan e Levon dell’azienda «Fire Tongue», che ricambia- no l’aiuto economico necessa- rio per comprare un affumica- toio e una cella frigorifera con la spedizione di peperoncini bio. Triplicando il loro budget. Esistono poi «Foodstar» e «Equityeats», utilizzati per l’apertura di locali o food truck. Come per le due inizia- tive italiane su «Eppela», con budget attorno agli 8 mila eu- ro. Sono «Presso», location milanese con cucina e il «Mo.Ma Market», spazio per la distribuzione di cibo bio a Siena. Nell’ equity crowdfun- ding, invece, il denaro è inve- stito in azioni. Succede in «Crowdfooding», nuovo sito per supportare le start-up ali- mentari. Verrà lanciato a fine febbraio a Londra, ma il team fa base in Italia. Altre storie su Cucina.corriere.it. Silvia Frau © RIPRODUZIONE RISERVATA Jack Monroe La piattaforma Kickstarter è stata usata da Jack Monroe per il suo nuovo libro Jack Monroe, mamma single, ha scritto un libro di ricette economiche dopo aver perso il lavoro: un bestseller La formula vincente La formula? Al 40% bagnomaria, 20% fuoco a legna, 15% vinacce e 25% uomo Nutrire i bambini in modo sano e divertente, tra dolce e salato. Ci si sono messi in dieci grandi cuochi, tutti papà, raccogliendo 100 ricette per piccoli da 0 a 12 anni. Ne è nato il libro Babbo Chef. Grande cucina per piccole donne e piccoli uomini (Jouvence - Edizioni Freemedia), a cura di Maria Vittoria Zambini. Dalla frittata dello zio Tom alle tortine dei sette nani, ci sono tanti suggerimenti Sapori & amori fantasiosi per genitori che ogni giorno devono affrontare, e solleticare, gli appetiti dei loro pargoli. I maestri ai fornelli sono: Fabio Baldassarre, Moreno Cedroni, Antonello Colonna, Marco Fadiga, Fabrizio Ferrari, Filippo La Mantia, Aimo Moroni, Lucio Pompili, Oreste Romagnolo e Mauro Uliassi. Maria Teresa Melodia © RIPRODUZIONE RISERVATA L’idea Se il babbo è uno chef: 100 piatti d’autore per bambini L’azienda La grappa Barile esiste dal 1976. È tra le pochissime grappe che ancora vengono distillate a bagnomaria, una tecnica ormai quasi scomparsa. I primi anni sono quasi tutti finiti in botte e molti sono ancora là, a riposare Il gruppo Velier distribuisce due versioni della «prima» del 1976, di 30 e di 33 anni. È una grappa da sole vinacce di Dolcetto, l’uva che circonda Silvano d’Orba, sede della Barile, che fu una piccola capitale della distillazione nazionale: meno di 2.000 abitanti e, fino a pochi anni fa, 5 distillerie. Su Luigi Barile esiste anche un documentario di Wilma Massucco: «Chi l’avrebbe mai detto!»

Gino Barile, l'uomo della grappa «Metterla in botte, il ... · L'alambicco ha raggiunto il se-colo di vita e richiede le cure dei grandi vecchi. E poi, la bas- ... bilitare il distillato

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Corriere della Sera Venerdì 29 Gennaio 2016 TEMPI LIBERI 35

Gino Barile, l’uomo della grappa«Metterla in botte, il mio segreto»Il produttore, 83 anni: «La distilliamo nobilitandola come il Cognac»

L ui è un autentico si-gnore operaio, conla cravatta che spun-ta sotto la tuta da la-voro. È genovese, ha

83 anni, e ancora sale su e giù,cento volte al giorno, dalla sca-letta di legno tra la bocca dellafornace e quelle degli alambic-chi. Sposta casse di vinaccia dastroncare, s’arrampica sullebotti ma se racconta, parla so-prattutto dei protagonisti del-le sue tre vite: l’amico e socioAntonio Bormida, scomparsonel 1999, e la bella moglie Nuc-cia: «L’ho sposata che aveva lametà dei miei anni, 24 a 48. Senon ci fosse lei...».

Al dunque: lui è Luigi Barile,Gino, e fa la grappa più buonad’Italia. Lo disse Luigi Veronel-li, gigantesco maestro, e ovvia-mente aveva ragione: chi nonha assaggiato la grappa Barile,ancora non sa che cosa può es-sere la grappa. Ci si prepara aun distillato tradizionale, pur sapendolo grande, e invece leimostra nuove strade. Ci si at-tende il pugno amichevoledella grappa, e invece la Barileè diversa e sottile, vibrante disapori che appaiono e lascianospazio ad altri nuovi. Un’ispi-razione per tutti i giovani chevolessero dedicarsi a distillare.

Ma ci vuole ordine. Dellasua prima vita, il “Gino” parlapoco: «È stata di una miseria,ma di una miseria... Vivevamoin una stalla». La commozioneha il sopravvento, la riscatta ilricordo del quarto protagoni-sta: don Andrea Gallo, frater-no amico dall’infanzia, parti-giano quando Gino era staffet-ta nella Genova di allora. Poi, la vita di Barile diventano icantieri dell’Ansaldo di Sestri.E lì, nel 1958, sotto lo scafo deltransatlantico Leonardo daVinci in costruzione, nasce tutto: Gino e Bormida bevonoil quartino di latte che l’azien-da distribuisce a scopo depu-rativo e sognano di fuggire. Difare qualcosa di loro: «Magarila grappa, ci piaceva l’idea di lavorare solo 40 giorni all’an-no», dato che le vinacce dagrappa devono essere fresche.L’idea resta lì, ma Gino la vitala cambia lo stesso. A quaran-t’anni si diploma in ragioneria

alle serali: «La cosa più duradella mia vita, temevo di nonfarcela». Ma ha torto, ce la fa.Diventa commercialista e fun-ziona, con l’arrivo del modello740 è l’Eldorado. Con i guada-gni, i due amici partono a cer-carsi la loro distilleria. A Silva-no d’Orba, due passi da Ovada:allora aveva 5 rinomate distil-lerie su circa 1.500 abitanti.

L’amore scatta per un alam-bicco in disarmo, quello a ba-gnomaria della distilleria La-sagna chiusa da anni. Immagi-nate una fornace profonda, ca-pace di contenere 8 metri cubidi braci di legna e vinacceesauste. Sopra, c’è la caldaiad’acqua, in cui sono conficcatidue alambicchi da 240 chilil’uno. Poi, la colonna di rettifi-

cazione, una serpentina di raf-freddamento da museo. Infineil contatore con i sigilli del-l’Erario.

Sembra facile, ma non lo è.L’alambicco ha raggiunto il se-colo di vita e richiede le curedei grandi vecchi. E poi, la bas-sa resa è un credo: i 240 chili divinaccia non devono dare piùdi 12 litri di grappa. Il chilome-tro zero è là da venire, ma per idue amici la scelta è semplicis-

sima: si usano le vinacce deldolcetto di Ovada, il re dellazona. È monovitigno ante litte-ram. Infine, i due hanno unapazza idea: mettere la grappain botte. Nel 1976 non lo fanessuno. Ma loro vogliono no-bilitare il distillato di casa:«Come il Cognac, come ilwhisky». E infatti, per la canti-na ci si imbatte in barili con lascritta Ardbeg o gli stampi dialtre grandi distillerie di Sco-zia di cui si riutilizzano le bot-ti. Anche la scritta fuori dalladistilleria, Barile lo ammettedi buon grado, è ispirata dallegrandi distillerie di Islay.

I primi anni, Gino quasi nonvende nulla, distilla per farcantina. Oggi quei barili sonoun tesoro. Eppure... Non è che

basti distillare dolcetto per fa-re grappa Barile. Dove nasce lamagia? La formula di Gino è:«Al 40% è merito della distilla-zione a bagnomaria, il 20% delfuoco a legna, il 15% delle vi-nacce e il 25% dell’uomo, conla scelta della bassa resa e dellaselezione».

E poi, certo, fanno tanto an-che il legno delle botti e il ri-poso per anni e decenni, an-che se Gino è capriccioso, i ri-sultati non gli piacciono tuttiallo stesso modo. Eppure, nonso se è contento che lo si dica,ma la grappa Barile bianca, labase, resta davvero indimenti-cabile. La grappa più buonadel mondo.

Marco Cremonesi© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il libro di ricette? Adesso lo finanzi (bene) con il crowdfundingDa Indiegogo a Foodstar: la raccolta pubblica di fondi sul web entra nel mondo del cibo e diventa virale

P ubblicare un libro di ri-cette, fare un viaggiogastronomico nel SudItalia, aprire uno spa-

zio per la distribuzione di cibobio a Siena o uno di design concucina a Milano. Sono alcunedelle case history legate al ci-bo e finanziate dal basso, ovve-ro con il crowdfunding, la rac-colta pubblica di fondi su web.Il meccanismo è semplice, sisceglie una piattaforma in re-te, si racconta la propria ideaimprenditoriale — meglio invideo — e come si intende rea-lizzarla, si quantifica il budgetnecessario e come si vuole «ri-pagare» i sostenitori. Esistonopiattaforme dette «all-or-nothing», dove bisogna rag-

giungere l’ammontare richie-sto, come «Kickstarter». L’hautilizzata per esempio JackMonroe per finanziare il se-quel del libro di ricette lowcost che l’ha resa famosa (Cu-cinare con 2 euro al giorno,uscito in Italia per Newton

Compton editori). Il preventi-vo ipotizzato di 8 mila sterlineè stato superato, arrivando aben 68 mila. Adotta un siste-ma più flessibile, invece, «In-diegogo», che prevede anchel’opzione «keep-it-all»: si ri-scuote, fatto salvo l’impegno aportare a termine il progetto,quanto raggiunto nel tempoprestabilito. Possono essereuna parte dei 4 mila euro ne-cessari a concludere un viag-gio enogastronomico nel SudItalia da parte di tre ragazziamericani o i 20 mila dollariper una bottiglia tecnologica,che permette di monitorarel’idratazione tramite una app.Cifra che i preordini hannoportato a 350 mila dollari.

Vi sono poi piattaforme spe-cifiche per il settore. «Barnrai-ser» è nato pensando di agevo-lare agricoltori e produttori dicibo sano. Come quello diRyan e Levon dell’azienda«Fire Tongue», che ricambia-no l’aiuto economico necessa-rio per comprare un affumica-toio e una cella frigorifera conla spedizione di peperoncini bio. Triplicando il loro budget.

Esistono poi «Foodstar» e«Equityeats», utilizzati perl’apertura di locali o foodtruck. Come per le due inizia-tive italiane su «Eppela», conbudget attorno agli 8 mila eu-ro. Sono «Presso», locationmilanese con cucina e i l«Mo.Ma Market», spazio perla distribuzione di cibo bio aSiena. Nell’ equity crowdfun-ding, invece, il denaro è inve-stito in azioni. Succede in«Crowdfooding», nuovo sitoper supportare le start-up ali-mentari. Verrà lanciato a fine febbraio a Londra, ma il teamfa base in Italia. Altre storie suCucina.corriere.it.

Silvia Frau© RIPRODUZIONE RISERVATA

Jack MonroeLa piattaforma Kickstarter è stata usata da Jack Monroe per il suo nuovo libro

Jack Monroe, mamma single, ha scritto un libro di ricette economiche dopo aver perso il lavoro: un bestseller

La formula vincenteLa formula? Al 40% bagnomaria, 20% fuoco a legna, 15% vinacce e 25% uomo

Nutrire i bambini in modo sano e divertente, tra dolce e salato. Ci si sono messi in dieci grandi cuochi, tutti papà, raccogliendo 100 ricette per piccoli da 0 a 12 anni. Ne è nato il libro Babbo Chef. Grande cucina per piccole donne e piccoli uomini (Jouvence - Edizioni Freemedia), a cura di Maria Vittoria Zambini. Dalla frittata dello zio Tom alle tortine dei sette nani, ci sono tanti suggerimenti

Sapori & amori fantasiosi per genitori che ogni giorno devono

affrontare, e solleticare, gli appetiti dei loro pargoli. I maestri ai fornelli sono: Fabio Baldassarre, Moreno Cedroni, Antonello Colonna, Marco Fadiga, Fabrizio Ferrari, Filippo La Mantia, Aimo Moroni, Lucio Pompili, Oreste Romagnolo e Mauro Uliassi.

Maria Teresa Melodia© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’ideaSe il babbo è uno chef: 100 piatti d’autore per bambini

L’azienda

La grappa Barile esiste dal 1976. È tra le pochissime grappe che ancora vengono distillate a bagnomaria, una tecnica ormai quasi scomparsa. I primi anni sono quasi tutti finiti in botte e molti sono ancora là, a riposare

Il gruppo Velier distribuisce due versioni della «prima» del 1976, di 30 e di 33 anni. È una grappa da sole vinacce di Dolcetto, l’uva che circonda Silvano d’Orba, sede della Barile, che fu una piccola capitale della distillazione nazionale: meno di 2.000 abitanti e, fino a pochi anni fa, 5 distillerie. Su Luigi Barile esiste anche un documentario di Wilma Massucco: «Chi l’avrebbe mai detto!»