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Giochi di specchi Modelli, tradizioni, contaminazioni e dinamiche interculturali nei e tra i paesi di lingua portoghese a cura di Monica Lupetti e Valeria Tocco con Valeria Carta, Sofia Ferreira Andrade, Mauro La Mancusa, Giuliana Paolillo Edizioni ETS

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Giochi di specchiModelli, tradizioni, contaminazioni

e dinamiche interculturali nei e tra i paesi di lingua portoghese

a cura diMonica Lupetti e Valeria Tocco

conValeria Carta, Sofia Ferreira Andrade,Mauro La Mancusa, Giuliana Paolillo

Edizioni ETS

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www.edizioniets.com

Contributi sottoposti a referaggio anonimo

è di responsabilità esclusiva di ciascun autore (oltre, ovviamente, al contenuto del contributo) la scelta di seguire o meno l’Accordo Ortografico

© Copyright 2016Edizioni ETS

Piazza Carrara, 16-19, I-56126 [email protected]

Distribuzione Messaggerie Libri SPA

Sede legale: via G. Verdi 8 - 20090 Assago (MI)

Promozione PDE PROMOZIONE SRL

via Zago 2/2 - 40128 Bologna

ISBN 978-884674536-1

Volume pubblicato con il contributo dell’Ambasciata del Portogallo a Roma

e del Camões, IP (Cátedra Antero de Quental - Pisa)

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INDICE

PresentazioneMonica Lupetti, Valeria Tocco 11

I. TRA ITALIA E MONDI DI LINGuA PORTOGhESE

Rita MarnotoRelações culturais Portugal Itália: excentralidade, policentralidade 15

Davide ConrieriSulle tracce della panthera redolens: variazioni attorno al dialogo tra Italia e Portogallo 33

Nunziatella AlessandriniA Língua e a Cultura Italiana em Portugal: uma visão de conjunto 37

Mariagrazia RussoO presente e o futuro da língua portuguesa na escola italiana 53

Sofia Ferreira AndradeA Embaixada de Agustina 69

Benedito AntunesO macarrônico na literatura brasileira do início do século XX 77

Patricia PeterleRuínas Orme Manchas: às voltas com Murilo Mendes, Marco Lucchesi e Giorgio Caproni 87

Vera Lúcia de OliveiraHabitar Íntimo: a poesia de Eduardo Dall’Alba 97

II. MODERNISMI

Silvano PelosoFernando Pessoa e la quarta dimensione dell’arte e della mente 109

Filipa FreitasFernando Pessoa e o espelho dos poetas 117

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Fabrizio BoscagliaQuem são os infiéis no Quinto Império de Fernando Pessoa? 129

Elisa AlberaniPessoa in Persona: il contributo italiano alla costruzione del “mito” letterario pessoano 151

Mauro La MancusaLa prosa onnivora della Engomadeira di Almada Negreiros 173

Valeria ToccoK4 e la geometria del nonsense 187

III. DIALOGhI INTRA E TRANSLuSOFONI

Sonia Netto SalomãoDrummond revisita Camões: dos “olhos Gonçalves” ao “coração Mendes” 201

Giovanni RicciardiDal «suavíssimo Mondego» al «turvo» Ribeirão do Carmo: la poesia come conoscenza e costruzione sociale della realtà 211

Matteo ReiOlhando os longes: il desiderio della lontananza in Roberto de Mesquita e Camilo Pessanha 223

Duarte BarreirosForma literária e processo social: semiperiferia do capitalismo na Literatura Brasileira e na Literatura Portuguesa 239

Danielle CorpasGuimarães Rosa e Dostoiévski: dois mestres na periferia do capitalismo 249

Marco BucaioniImpossível Descolonização – Para um novo enquadramento das literaturas da África Lusofona: perspectivas críticas 259

Simone CelaniIntertestualità lusofone: sulla lingua poetica di Rui Knopfli 273

Luca FazziniPostmoderno e postcoloniale: nuova immagine di sé e dell’altro in Manuel Alegre e Pepetela 285

6 Giochi di specchi

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Ada MilaniSuggestioni lusotropicali: una rilettura di Gilberto Freyre in Africa. Il caso di Mário Pinto de Andrade e Amílcar Cabral 297

Marisa MourinhaO (im)possível regresso: As Naus de Lobo Antunes e O Retorno de Dulce Maria Cardoso 311

Roberto FrancavillaL’inferno è più eterno del cielo. Una riscrittura del topos di Inês de Castro 321

Giorgia CasaraAntónio Pedro Lopes de Mendonça e a crítica literária moderna em Portugal 327

Federico BertolazziTeixeira de Pascoaes e Sophia de Mello Breyner Andresen – Un incontro di paesaggi 339

Elsa Rita dos SantosContaminações interculturais: dois textos teatrais entre tradição e modernidade 349

Martina MatozziUn asimmetrico gioco di specchi: Três Vidas ao Espelho di Manuel da Silva Ramos 361

IV. TRANSDISCIPLINARITà

Caio Di PalmaPor uma arquitetura do movimento poético na contemporaneidade 379

Rosa Maria SequeiraJogo de espelhos no donjuanismo português 387

Roberto BozzettiSamba e negror dos tempos: os diálogos de Paulinho de Viola nos anos de chumbo 399

Maria Caterina PincherleZucchero amaro, dolce inferno e le loro metamorfosi. Da António Vieira a Vik Muniz 411

Indice 7

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8 Giochi di specchi

V. TRADuZIONE

Andrea Ragusa«Essa aparição que transluz da matéria manufacturada»: sulla traduzione italiana di Frisos e Saltimbancos 429

Ivana LibriciLa traduzione portoghese de L’Annonce faite à Marie di Paul Claudel 437

Katia de Abreu ChulataVoci brasiliane nella costruzione di identità traduttive 451

Eleonora ZillerEm busca de um Dante à brasileira: a história de uma tradução 469

VI. LINGuA, LINGuE, LINGuISTICA

Marcos BagnoPor que uma gramática brasileira? 477

Roberto MulinacciUma gramática brasileira… e por que não? 489

Vanessa CastagnaOpere letterarie e best-seller tra adattamento ortografico e traduzione intralinguistica 495

Cristina GemminoI canti di capoeira: una ricerca sociolinguistica 505

Marilza de OliveiraÊnclise pronominal: um marcador social da elite política brasileira 523

Simone GugliottaPaulo Freire & Dom Milani: breve análise textual de práticas pedagógicas revolucionárias 543

Gian Luigi De RosaLuuanda no processo de elaboração do português angolano 551

Esperança Cardeira, João Paulo Silvestre, Alina VilalvaA especulação das cores 561

Monica LupettiTeorie e prassi del portoghese nelle grammatiche per italiani, tra XIX e XX secolo 571

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Barbara GoriGli pseudo riflessivi in PE: una questione di inaccusatività? 587

Arlindo CastanhoPara a desambiguação do conceito de embodiment 599

APPENDICE. MEMORIA DEL CONGRESSO

Maida Del SartoSinossi di un congresso 619

Roberto FrancavillaLa storia portoghese di Fausto Giaccone 621

Dalia GhilarducciMemoria e cinema 625

Andrea BianchiniLibri e memoria 627

Mauro La MancusaVenti Garofani Rossi: omaggio a Tabucchi tra teatro, musica e romanzo 629

Intervista a Isabella Mangani e Simona Baldelli 630

Indice 9

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Un asimmetrico gioco di specchi: Três Vidas ao EspElho di manUel da silva ramos

martina matozziUniversidade de Coimbra

1. introduzione

Três Vidas ao Espelho è un romanzo del 2010 scritto da manuel da silva ramos che affronta un aspetto problematico della recente storia portoghe-se, quello dell’emigrazione economica dal portogallo durante gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso.

il libro può essere letto come un trittico, e le parti di cui si compone co-municano tra loro grazie a una polifonia di voci che rivelano le storie perso-nali di tre individui migranti. Queste vite, in apparenza marginali, dialogano con la storia e si confrontano con i silenzi del passato, i quali diventano pura materia d’indagine.

da ciò scaturisce un modello di narrazione affine alle caratteristiche – individuate da linda hutcheon (2004: p. 89) – del filone ibrido della «me-tafinzione storiografica». in Três Vidas ao Espelho, infatti, le tre vite rac-contate sono esposte sia allo specchio di loro stesse – come se ogni parte del trittico si riflettesse nell’altro – sia allo specchio della storia di un paese eroicamente memore dell’epoca delle scoperte geografiche, ma forse incu-rante di chi lo ha lasciato o lo lascia per ragioni considerate meno gloriose.

nel romanzo si creano così giochi di specchi asimmetrici i cui effetti di distorsione, oltre al modello polifonico della “metafinzione storiografica”, sono elaborati sul piano stilistico attraverso l’uso del surrealismo e, in parte, del realismo magico.

2. Tre vite allo specchio della storia

percorri essas regiões onde nasceram os grandes descobridores do mun-do, henrique o Navegador, Vasco da Gama… Vi os sórdidos bairros de lata dos arrabaldes miseráveis de lisboa… segui a rota da imigração… Vivi os encontros dos passadores clandestinos do porto, subi os caminhos de Chaves, falei com o pequeno pastor de capote de palha, provei a aurora nos pirenéus, sabor a inverno, a pleurisia, a angústia… Juntei-me às lon-gas filas de espera na estação de hendaye… aqui, por detrás de cada rosto, está portugal, o seu meio século de história, de escuridão, de opressão… (gérald Bloncourt)1

1 Fotografo di origini haitiane che ha accompagnato e fotografato gli immigranti porto-ghesi durante gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso; si veda l’esposizione intitolata pour une vie meilleure/por uma vida melhor e il relativo catalogo (Bloncourt 2008).

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dal 1957 al 1974 circa un milione e quattrocentomila portoghesi emi-grarono. molti di loro erano clandestini. il portogallo, come osserva victor pereira (2014: p. 14) nel suo recente studio sul fenomeno migratorio relati-vo a questi due decenni del novecento, ha conosciuto uno degli ultimi regi-mi dittatoriali dell’europa occidentale, l’Estado Novo e ha visto emigrare il 47% della sua popolazione attiva, ovvero il 17% della popolazione totale2.

le principali cause di questo grande esodo furono l’oppressione del-la dittatura fascista, la miseria che dilagava soprattutto nelle zone rurali dell’entroterra e una guerra coloniale in africa durata quasi quattordici an-ni, nell’allora chiamato Ultramar.

come avevano notato sia il sociologo Joel serrão (1974: p. 186), sia lo storiografo vitorino magalhães godinho (1978: pp. 5-32), l’emigrazione non è un aspetto nuovo della società portoghese. in effetti, può essere con-siderata una sua caratteristica strutturale, le cui origini risalgono per lo me-no all’epoca delle scoperte geografiche.

tuttavia, sul piano delle multiple narrative identitarie da intendersi co-me processi di negoziazione ed elaborazione dei repertori culturali di una nazione, ovvero di una “comunità immaginata”3, associare i movimenti mi-gratori avvenuti nella seconda metà del XX secolo alla dispersione di gen-ti in epoche di espansione, conquista e colonizzazione, e dunque a un’idea iperbolica di “impero”, potrebbe dare origine a un parallelismo fuorviante4.

in altre parole, una possibile sovrapposizione in cui il “portoghese-emigrante” coincide forzatamente con il “portoghese-colonizzatore” (lou-renço 2013: p. 119), non può rappresentare una versione moderna e accet-tabile dei complessi e secolari movimenti migratori portoghesi; aspetto que-sto già notato da eduardo lourenço nel saggio a Emigração como Mito e os Mitos da Emigração che riflette su quanto tale trasposizione di ruoli possa aver contribuito alla creazione di miti poco innocenti:

historiadores iminentes como vitorino magalhães godinho ou sociólogos da cul-tura portuguesa como Joel serrão poderiam explicar-nos até que ponto uma grande parte da nossa aventura histórica «expansionista» pode, ou não, ser considerada como uma espécie de subproduto desse fenómeno mais radical da nossa condição de emi-grante. mas com a maior boa vontade do mundo, nem um nem outro poderiam amal-gamar numa só referência ou atribuir o mesmo significado, e por conseguinte o mesmo papel como elemento definidor do nosso perfil no mundo, ao processo global da nossa «emigração» à antiga e à moderna, por serem, como são, de sinais contrários. aventura de pobre é sempre a dos que buscam em longes terras o que em casa lhes falta. contu-

2 per maggiori informazioni sui numeri dell’emigrazione dal 1957 al 1974 si vedano Ser-rão 1974: pp. 159-171; Godinho 1978: pp. 5-32; BaGanha 1994: pp. 959-960; PireS et alii 2010: pp. 36-37.

3 si intende il concetto di “comunità immaginata” nell’ambito della riflessione di Benedict anderson (1991: p. 7).

4 sulla concettualizzazione dell’idea di impero nella cultura portoghese si veda il saggio di eduardo lourenço «requiem» por um império que Nunca Existiu (2014: pp. 187-208).

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do não se ganha nada, a não ser contribuir para novos mitos, pouco inocentes, em unir ou assimilar o que a história separou e continua separado (lourenço 2013: p. 123).

il testo riferito fu scritto nel 1978 e pubblicato in una delle opere più rappresentative del pensiero del suo autore, o labirinto da saudade. oggi, pare che questi miti identificati da lourenço abbiano incontrato una conti-nuità, come nota lo storiografo victor pereira in un articolo edito di recente nell’edizione portoghese de le Monde diplomatique.

a expressão «comunidades portuguesas» não só resistiu ao 25 de abril como se impôs nos discursos com a instauração da democracia. a partir de 1977, o 10 de Junho, antigo dia de camões, de portugal e da raça, tornou-se o dia de portugal, de camões e das comunidades portuguesas. (…) com o fim do império, o chavão luso-tropicalista não desaparece. Bem pelo contrário. para as elites políticas do país, os portugueses no estrangeiro foram um substituto do império, provando a vocação universal do país. (…) os portugueses que tinham emigrado (…) foram construídos como os continuadores dos grandes descobridores. principal ilustração desta transfe-rência simbólica: o logótipo da direção-geral dos assuntos consulares e comunidades portuguesas, administração responsável dos assuntos ligados à emigração, foi durante anos uma caravela (Pereira 2015: p. 27).

nello stesso tempo potrebbe parere difficile accostare un’emigrazione associata a motivi economici all’esilio e considerare il romanzo di ramos come un esempio di letteratura dell’esilio. di conseguenza, per l’analisi di questa narrativa terrò conto delle differenze che è possibile stabilire tra esi-liati, rifugiati, espatriati ed emigrati, seguendo le osservazioni espresse da edward said (2000: p. 181) nel saggio reflections on Exile.

nel testo menzionato, l’autore di orientalismo invitava a mettere per un momento da parte le opere ampiamente conosciute degli scrittori dell’esilio, per riuscire a pensare alle numerose masse per le quali fu istituito, all’indo-mani della seconda guerra mondiale, l’alto commissariato delle nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr). pensare, per esempio, ai contadini sen-za nessuna prospettiva di poter un giorno tornare a casa. parigi, per said (2000: pp. 175-176), pur essendo una capitale di esuli cosmopoliti, è una città in cui uomini e donne sconosciuti hanno trascorso anni di miserabile solitudine.

sarà forse possibile includere nel quadro appena tracciato quel milione e mezzo di portoghesi che, tra il 1957 e il 1974, lasciò il portogallo e il suo impero e scelse l’europa?

come indica sebastiano martelli (2007: p. 298) in un saggio dal titolo la scrittura dell’Emigrazione, è necessario considerare attentamente l’esperien-za storica che si vuole analizzare (in questo frangente, partendo dal testo letterario) e indagare in essa «i nessi tra sapere e potere» e le sue riformula-zioni esistenti e possibili.

in Três Vidas ao Espelho, infatti, è possibile verificare che sono narrate

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intenzionalmente esperienze di emigrazione economica, che di per sé rivela-no l’effettiva lontananza tra tali vicende, le condizioni dell’esilio o l’uso uni-versalizzante dei concetti di emigrazione o di diaspora. Quanto a quest’ul-timo termine riferito è interessante notare che eduardo lourenço, nell’in-troduzione di o labirinto da saudade, negava l’esistenza di una diaspora portoghese, con una considerazione che reputo pertinente riferire:

(…) nunca houve nem há diáspora nenhuma que toque os portugueses. (…) a nossa dispersão ao longo dos séculos e em particular o êxodo contemporâneo são de nossa exclusiva responsabilidade, determinadas pela pressão secular de uma indigên-cia pátria a compensar, ou por uma vontade bandeirante de aceder à custa de outros a melhor vida. tudo o resto é fábula. a única diáspora da nossa história foi aquela que por pressão da catolicíssima espanha impusemos em tempos aos nossos judeus (…) (lourenço 2013: p. 20)5.

oggi il fenomeno migratorio non si è estinto in portogallo. tuttavia, è doveroso evidenziare le nuove specificità che lo contraddistinguono – un’emigrazione altamente qualificata in crescita durante anni di evidente crisi, accompagnata da un’emigrazione economica quantitativamente mol-to superiore alla prima –6 per non correre il rischio di creare altri paralle-lismi tra circostanze distanti tra loro.

nel percorso storico dell’emigrazione portoghese, gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso rappresentano comunque un caso unico, numericamente comparabile all’emigrazione transoceanica di fine ottocento e inizi nove-cento verso le americhe7.

statistiche e numeri, tuttavia, non sono in grado di raccontarci, da soli, la storia passata o recente di un paese. Ben oltre la loro quantificazione, il grande esodo migratorio del secolo scorso ha marcato le vite di molti porto-ghesi, sviluppando diverse variazioni sul tema, rappresentazioni e creazioni artistico-letterarie.

a titolo di esempio, rimando a una poesia di manuel alegre, esule politi-co a parigi negli anni ’60, il quale ha lasciato un ritratto degli emigranti suoi conterranei nella capitale francese:

georges: vem ver o sol

5 a tal proposito, si legga anche cosa scriveva Jorge de sena in un testo oggi ripubblicato nel volume che, ricalcando il celebre romanzo/sceneggiatura di elia Kazan, si intitola américa, américa: «por vezes, para os portugueses (…) tem sido usado o termo grego diáspora, aplicado à colossal dispersão de seres humanos de origem portuguesa pelo universo ao longo dos séculos (…). mas, quanto a mim, o uso deste termo deve ser feito com certas qualificações, e tendo em mente, pelo que tem que ver com a península ibérica, a que foi primeiro aplicado aquele hele-nismo» (Sena 2011: p. 148).

6 sull’emigrazione portoghese contemporanea si vedano GóiS, MarqueS 2014: p. 55; Pi-reS et alii 2014.

7 sull’emigrazione portoghese relativa a questo periodo e a questa geografia si veda Perei-ra 2002.

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nos olhos do meu povo em champigny(…)nem é terra que falta georges: é pão(…)anda ver portugal a um bairro pobreanda vê-lo em paris sem mar e sem pinheiros.nanterre st.-denis aubervilliers champigny(aleGre 2009: pp. 145-146)

il poeta riscriveva la lusitânia no Bairro latino interpellando antónio no-bre e la sua esperienza d’esilio parigina, ma alla luce del suo presente8. Un presente, quello di alegre, in cui i miti dettati dalla dittatura fascista, di un portogallo povero ma glorioso, iniziavano a mostrarsi come rovine. Un tem-po in cui un regime totalitario obbligava i giovani a una scelta drammatica: difendere il nome della propria patria in una guerra africana o disertare. in altre parole, il portogallo negli anni ’60 e ’70 si trovava a dover affrontare non solo una guerra coloniale mai dichiarata pubblicamente, ma anche una «(…) imensa guerra de centenas de milhares contra a miséria imediata (…)», come scriverà più tardi nuno Bragança (1981: p. 56), nel romanzo square Tolstoi.

Queste masse di emigranti e disertori si diressero per la prima volta oltre i confini della geografia imperiale propagata dal regime e anticiparono quel ritorno in europa che si sarebbe realizzato solo dopo il 25 aprile del 1974. le conseguenze di tale congiuntura sono tuttora evidenti. È necessario, in-fatti, riconoscere quanto gli emigranti abbiano contribuito all’instaurazione di un pensiero democratico in portogallo, al riconoscimento, per esempio, di diritti civili, politici e sociali sconosciuti a determinati strati della popola-zione durante e perfino dopo la dittatura (Pereira 2014: pp. 427-428).

come notava lourenço (1984: p. 15), nonostante abbia poi affermato l’esistenza di un silenzio riguardante la tematica migratoria nel campo lette-rario portoghese (1999: p. 47), con l’avvento della democrazia, l’emigrazio-ne iniziò a costituire una tematica ricorrente.

gli esempi di tale filone tematico-letterario, a mio parere considerevo-le, nonostante la sua quasi invisibilità critica, vanno dai romanzi di olga gonçalves a Floresta em Bremerhaven (1975) e Este Verão o Emigrante là-bas (1978) a Gente Feliz com lágrimas (1988) di João de melo fino ad arrivare al recente libro di José luís peixoto (livro, 2010)9. pur non essen-

8 da notare che antónio nobre nel poema só a sua volta evocava il testo rinascimentale di Bernardim ribeiro Menina e Moça. si veda la poesia in tre parti lusitânia no Bairro latino che è la stessa cui fa riferimento manuel alegre quando interpella antónio nobre: «………só!/ ai do lusíada, coitado,/Que vem de tão longe, coberto de pó,/que não ama, nem é amado,/lúgubre outono, no mês de abril/ (…) menino e moço, tive uma torre de leite,/ torre sem par!/ oliveiras que davam azeite,/ searas que davam linho de fiar, […]» (noBre 2010: p. 32). su quest’argomento si veda coelho 2009: pp. 253-262.

9 sullo studio della tematica migratoria nella letteratura portoghese si vedano Silva-BruMMel 1987; MendeS 2009; vieira 2012.

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do di mia competenza, nell’ambito di quest’articolo, esplorare a fondo tale questione, si potrebbe supporre che questo silenzio sia dettato da diverse ragioni, anzitutto la difficoltà di studiare un aspetto complesso, e di certo non edificante, della storia portoghese.

non a caso, quando è stato interrogato sulla scelta di scrivere un roman-zo che rappresentasse il fenomeno migratorio, ramos ha risposto che con la sua opera ha voluto elogiare l’emigrante portoghese:

(…) tantas vezes vilipendiado, humilhado e desprezado e mostrar também emi-grantes bem sucedidos. são autênticos heróis os meus personagens. Que, aliás, até existiram na realidade. e com todo este meu romance, eu tive a ambição de desenvol-ver a nossa auto-estima nacional10.

Quando ho avuto l’opportunità di intervistarlo, ramos ha ripetuto più volte una frase di Witold gombrowicz: «a literatura séria? ela não está cá para nos facilitar a vida, mas sim para no-la complicar»11.

la dichiarazione dello scrittore polacco può costituire un buon inizio per l’analisi del romanzo poiché, appunto, esso propone un gioco di spec-chi problematico per la sua asimmetria, in cui una narrativa ancora domi-nante che presenta i portoghesi come un popolo di navigatori avventurie-ri, è decostruita cedendo spazio al margine, un margine in cui questi stessi portoghesi sono rappresentati come emigranti.

come ha scritto miguel real, Três Vidas ao Espelho sarà probabilmente la miglior opera di ramos:

(…) uma ambiciosa e deslumbrante narrativa sobre a vida de contrabandista das comunidades raianas da Beira Baixa e da emigração clandestina para França. (…) romance dramático, carregado de miséria e dor, escrito, porém, num estilo irónico, não raro sarcástico e, por vezes, jocoso, que (…) aborda mordazmente a vida trágica dos excluídos de portugal, compondo-a de sangue e beleza (real 2012: pp. 129-130).

la parola “immaginazione”, a questo punto, può servire come un con-cetto chiave, utile a capire i meccanismi attraverso i quali nel testo in analisi è attribuito uno spazio centrale a ciò che è eccentrico strictu sensu, ovvero ‘fuori dal centro’.

da una parte, estrapolo questa parola dal pensiero surrealista, in cui è percepita come la “massima libertà dello spirito”, riassumibile a questa af-fermazione del Manifesto del 1924: «cara immaginazione, quello che più amo in te è che non perdoni» (Breton 2003: 12). dall’altra parte, rinvio a

10 intervista a manuel da silva ramos realizzata dall’autrice il 25 febbraio 2013.11 intervista a manuel da silva ramos realizzata dall’autrice il 25 febbraio 2013. «in my

opinion only a literature that cannot be taken seriously attempts to solve the problem of exis-tence. serious literature poses them. one man will not solve the problems of existence – they solve themselves, if they solve themselves at all, in humanity. serious literature does not exist to make life easy but to complicate it» (GoMBrowicz, 1989: p. 7).

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un saggio di lourenço, psicanálise Mítica do destino português, in cui il fi-losofo ripercorre e analizza il cammino dell’immaginario mitico dell’identità portoghese, arrivando, alla fine di un lungo percorso che attraversa secoli di storia, a questa conclusione severa: «Faltou-nos imaginação. calçamos as pantufas dos reformados da história» (lourenço 2013: p. 66).

l’affermazione di lourenço può essere interpretata come un’esortazione che l’autore indirizzava ai protagonisti del campo culturale cui destinava il suo discorso. in altre parole, una sollecitazione rivendicante, con urgenza, «(…) uma nova viagem para esse outro desconhecido que somos nós me-smos e portugal connosco» (lourenço 2013: p. 66).

Utilizzando il numero tre contenuto nel titolo del romanzo, propongo ora tre motivi per i quali reputo che esso non manchi d’immaginazione.

1. non manca l’immaginazione visto il modo in cui è smontata un’archi-tettura narrativa apparentemente simmetrica: tre parti, tre vite.

la prima parte/vita, intitolata Um homem desconhecido, è la storia del contrabbandiere Brigas, ucciso da un “guardia civil” mentre trafficava delle mucche alla frontiera, già in territorio spagnolo. la seconda, intitolata o homem que era a bondade em pessoa, è la storia del generoso diamantino alves, emigrante di successo nella repubblica centrafricana, governata ai tempi dall’imperatore Jean-Bédel Bokassa. la terza, intitolata a vida é uma fita de 125 minutos sem intervalo, racconta la storia di François da silva, che a nove anni va a vivere in Francia con i genitori e là intraprenderà una car-riera di successo nel mondo del cinema.

Três Vidas ao Espelho è un romanzo polifonico, una struttura tutta dia-logica dalla quale spiccano le voci di due narratori di primo grado: l’emi-grante portoghese reis e l’anarchico spagnolo salvat, due amici che, dalla Francia, intraprendono un viaggio con l’obiettivo di recuperare, in spagna, il corpo di Brigas e seppellirlo nella terra d’origine.

le voci di questi due personaggi sono echi in costante interazione con le tre vite raccontate e con molte altre esistenze che incontriamo durante la lettura. le tre parti del romanzo sono dunque in costante comunicazione, così come i loro personaggi che saltano da una parte all’altra del testo, inte-ragendo e scavalcando i limiti temporali.

come scriveva andré Breton (2003: pp. 35-36) nel primo Manifesto del surrealismo, il romanzo, considerato un «genere inferiore» (Breton 2003: p. 21), avrebbe dovuto almeno reggersi su regole imprevedibili. in Três Vidas ao Espelho, infatti, non esiste una separazione rigida fra le tre vite e le tre parti, così come i soventi soliloqui di reis e salvat rivelano al letto-re continui «trampolini dialogici» (Breton 2003: p. 39). di conseguenza, il tempo narrativo è dinamico e fluisce grazie al dialogismo tra i personaggi che, simultaneamente, si occupano della diegesi, affiancandosi a due narra-tori principali.

2. non manca l’immaginazione perché l’ispirazione surrealista è usata

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per permeare sia, come illustrato nel punto precedente, la struttura della stessa narrativa, sia le potenzialità creative della lingua portoghese.

così il verbo raiar come significante, riferito nella dedica iniziale, attra-verso un processo crittografico, assume vari significati. Quello del verbo brilhar, per esempio, o del verbo aparecer, elargendo una lucentezza inedita a coloro i quali «raiavam» ovvero, passavano illegalmente la raia, la frontie-ra tra il portogallo e la spagna:

aos emigrantes passados, presentes e futurosaos valorosos contrabandistas que raiavam entrevilar Formoso e Fóios (…)(raMoS 2010: p. 7).

altri esempi di questa presenza surrealista che, glossando le indicazioni del manifesto di tale movimento, fanno sì che un finto romanzo simuli a me-raviglia un romanzo vero (Breton 2003: p. 36), sono i nomi estemporanei dei personaggi («(…) chame-me martinho, se quiser, aqui nesta área de ser-viço somos todos iguais» [raMoS 2010: p. 153]), oppure la varietà di nomi usati per un singolo personaggio, come salvat, chiamato anche Jordi nadal, monsieur pierre salvat o Juan de vilamos.

inoltre, sono molte le parole (sia nomi propri ma anche comuni, così co-me aggettivi e verbi) rielaborate in chiave surrealista. alcuni esempi: “hiber-nadores”, “undoso”, “vonvoleiro”, “interlopes”, ma anche “vurmes” che sta per vermes (raMoS 2010: pp. 122-123).

la sperimentazione linguistica contribuisce quindi alla creazione di un linguaggio ricco di neologismi, attraverso metaplasmi come l’epitesi (piada diventa “piadol” [raMoS, 2010: p. 31]), le metatesi (opúsculos “ocúspulos” [raMoS 2010: p. 32]) e le sincopi (manuel José diventa manelzé, o “briga-distamigo” [raMoS 2010: p. 146]).

prendendo in considerazione il proposito surrealista della “conquista” di una «(…) futura soluzione di quei due stati, in apparenza così contradditto-ri, che sono il sogno e la realtà, in una specie di realtà assoluta, di surrealtà» (Breton 2003: p. 20), è possibile constatare che nel romanzo di ramos il meraviglioso si avvale della sperimentazione linguistica, soprattutto quando sono rielaborati elementi appartenenti alla realtà.

ne sono esempi il dialogo tra antonomásia e rapoula nell’argot del pa-ese di Quadrazais, riportato nel testo e tradotto in nota (raMoS 2010: pp. 141-142); ma anche la descrizione del piccolo paese di cui reis è oriundo, in cui non è possibile definire con certezza i confini dell’immaginazione. Questo personaggio, emigrato da anni in Francia, ci descrive un «bismun-do» (raMoS 2010: p. 131), nella “cosmovisione” del suo paese d’origine: Bismula, dal quale si può cogliere un’idea di quella miseria che spinse molti portoghesi a emigrare:

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entretanto as pessoas passavam fome. Uma fome que consolidava tudo: dentes, unhas, tempo, moedas. (…) nasci com riso variável na rua do Forno. o meu pai tra-balhava de noite para o dia, e do dia para a noite, sempre às arrecuas. era um torcido de trabalho que pouco argumentava e muito se lastimava. a minha mãe por esqueci-mento divino tinha filhos em quantidade suficiente para se irritar. mas andava à leira.

(…) os campos eram pois cortantes e uma vez desprovidos das pedras eram ilo-calizáveis (raMoS, 2010: p. 40).

dall’uso di un linguaggio popolare così eccentrico da sembrare fanta-stico e di scene di vita reali talmente trascendenti da sembrare insensate, è possibile stabilire un legame con ciò che andré Breton (2003: p. 21) defini-rebbe come il «soffio del meraviglioso», ma anche con il realismo magico di tradizione latino-americana12. non a caso, maggie ann Bowers (2004, p. 65), nel suo libro Magic(al) realism: the New Critical idiom osserva quan-to l’elemento magico, in realtà, faccia parte di una materialità così scono-sciuta e marginale da sembrare irreale; una realtà materiale che, tuttavia, si deve affermare in un contesto marginale, poiché parallelo al potere centrale.

a titolo di esempio si noti che alcuni degli avvenimenti narrati sono an-nunciati dalla strega gaspar durante l’infanzia di reis: «vejo um rio atra-vessado e desatravessado» (riferendosi qui alla morte di Brigas) e «Uma ca-dela morta por causa da velocidade do teu carro. o proprietário da cadela convidar-te-á para jantar. comerás galo ensopado em vinho…»( riferendosi qui all’incontro tra reis e salvat) (raMoS 2010: p. 36).

l’interferenza tra realtà e immaginazione diviene dunque un fenomeno di rilievo, attraverso il quale si prefigura una nitida e crudele versione della realtà. È Brigas, per esempio, a sferrare, prima di morire, un’aspra critica alla situazione politica a lui contemporanea:

cabrão do salazar que o obrigava a uma boémia extinta.pensava também nos filhos que tinha, condenados a uma fome submarina, a um

futuro sem oculista, dentista, ou simplesmente um médico de clínica geral.cabrão do salazar que o obrigava a desafiar a morte.pensava também na sua bela preciosa, mulher doce, que se ficasse viúva endoi-

deceria.cabrão do salazar que o obrigava a vestir o fato do contrabandista.pensava também no seu afilhado, o Zezito reis, outra vez.(raMoS, 2010: p. 96).

ricorrendo a uno sperimentalismo linguistico ispirato a elementi reali, facendo uso di linguaggi trasfigurati e idiomi vernacolari, gli emigranti par-lano con autonomia. hanno una voce diversa, forse, come diversa può ap-parire la voce dell’altro.

3. il terzo motivo per cui non manca l’immaginazione nel romanzo di

12 sulla presenza del realismo magico nella letteratura portoghese contemporanea si veda-no Seixo 1984: pp. 32-33; Serra 2008; Branco 2008.

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ramos è la storia non iscritta nella storia con la “s” maiuscola, che si con-cretizza in una “metafinzione storiografica”, ovvero in una narrazione in cui il discorso storiografico si incontra con quello letterario. vengono così a crearsi complesse interferenze perché, appunto, quando si scelgono i silenzi del passato come materia d’indagine, si propone anche un nuovo e diverso modello di narrazione:

(…) both history and fiction are discourses, that both constitute system of sig-nification by which we make sense of the past (“exertions of the shaping, ordering imagination”). in other words, the meaning and shape are not in the events, but in the systems which make those past “events” into present historical “facts”. this is not a “dishonest refuge from truth” but an acknowledgment of the meaning making function of human constructs (hutcheon 2004: p. 89)13.

il discorso storico, nella sua riscrittura letteraria, diventa motivo di ap-profondimento, modifiche e ridefinizioni. saranno così presentate nuove versioni fondamentalmente contraddittorie, definitivamente storiche e ob-bligatoriamente politiche della stessa storia (hutcheon 2004: p. 129). col-mando gli spazi lasciati in bianco o parzialmente ignorati dalla storia uffi-ciale, il romanzo interroga le narrative identitarie legate al fenomeno migra-torio, senza però voler risolvere le sue contraddizioni, ma lasciando aperta la discussione, e alimentandola attraverso l’uso dell’ironia e della parodia14.

le varie istanze narrative, infatti, ritrovano il loro equilibrio nella polifo-nia delle voci parallele e opposte che caratterizzano il romanzo, collidendo in temporalità distanti e luoghi inconsueti.

Uno di questi ambienti è rappresentato dall’area di servizio di torde-silhas la quale, sebbene anonimo “nonluogo” nell’ambito della riflessione di marc augé (2009), è, al contempo, identificabile come una zona simbolica, e sarà il principio mitologico di una dispersione e di un’apertura verso un altrove che costruirà due imperi, e quindi due narrative imperiali in costan-te riformulazione. Questo spazio apparentemente amorfo, si addensa perciò di significati e offre una tavola cui si ritrovano a confabulare tutti i perso-naggi. il luogo in cui, nel 1494, fu stipulato il celebre trattato con il quale due patrie in espansione (spagna e portogallo) si ripartirono il mondo attri-buendo a esso le dimensioni illimitate di due sogni imperiali, nel romanzo è invece popolato da emigranti che raccontano soggettivamente le proprie storie di vita (raMoS 2010: pp. 153 e 237).

gli episodi scaturiti da questo incontro improvvisato diventano quindi rappresentativi della storia portoghese tanto quanto il celebre trattato, per-ché includono infinite vicende di emigrazione, raccontate come un elemen-to edificante della vita di ogni personaggio ed evidenziano, al tempo stesso,

13 sulla “metafinzione storiografica” si veda anche wauGh 2001.14 sull’uso dell’ironia e della parodia nelle “metafinzioni storiografiche” si veda hutcheon

2004: p. 124.

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un aspetto “eccentrico” dell’identità culturale portoghese, quello di una so-cietà profondamente permeata dall’esperienza migratoria novecentesca.

di conseguenza, le varie storie di vita raccontate da questo luogo di enunciazione smontano inevitabilmente la grande narrativa imperiale e dunque anche quella sovrapposizione riferita in precedenza in cui il «por-toghese-emigrante» avrebbe potuto sostituire, senza cambiarne l’essenza storica, il «portoghese-colonizzatore» (lourenço 2013: p. 119). le tre vite del romanzo, oltre a riflettersi l’una nell’altra (confrontandosi nei vari punti d’incontro e “nonluoghi” in cui i personaggi si ritrovano) si riflettono di-rettamente allo specchio della storia, arrivando addirittura a metterla in di-scussione. a tal proposito, vale la pena riferire la profezia pronunciata dal contrabbandiere martinho:

Um dia um historiador sério e que não tenha joanetes nos pés fará a necessária história da emigração portuguesa ocorrida durante o século vinte e da sua influência sobre o país dorminhoco. este movimento de população, este apepinamento dos so-nhos, este chocar mecânico de economias, só é comparável à incrível odisseia maríti-ma do século dezasseis menos a cruz. esta foi substituída pelo garrafão de cinco litros (raMoS, 2010: p. 205).

si può notare come nel passo appena citato la comparazione tra l’espe-rienza migratoria novecentesca e l’avventura delle scoperte geografiche non sia rifiutata, ma diventi un elemento complementare e contraddittorio dello stesso discorso.

a questo punto, è importante considerare che la marginalità rappresen-tata non ha come obiettivo dettare un nuovo centro per la formulazione di altre possibili narrative identitarie. essa vuole, al contrario, affermarsi di per sé, nella sua diversità. in altre parole, il romanzo integra le varie storie di vita raccontate nella frammentarietà identitaria tipica dei tempi e delle narrative post-moderne, tra cui anche la “metafinzione storiografica”15.

nel romanzo la ridefinizione di un’identità essenziale, coesa e statica dell’esperienza migratoria, non solo è d’impossibile realizzazione, ma di-spensabile. in questo senso, Três Vidas ao Espelho, nella sua complessità linguistica, narratologica ed estetica può essere considerato a pieno titolo un romanzo «extra-territoriale», ricorrendo qui alla conosciuta nozione di george steiner (1972: p. 11), il quale in tal modo definisce la letteratura a noi contemporanea.

si tratterà quindi di offrire una versione parodiata di ciò che eduardo lourenço (1984: p. 10) chiama «iperidentità portoghese» euforicamente mi-tica, lasciando intravedere un ritratto diverso del portogallo. il ritratto di un paese «semiperiferico», per dirlo con Boaventura de sousa santos, che per secoli è stato «(…) tanto europeu como selvagem, tanto colonizador quanto emigrante» (SantoS 1994: p. 49). in altre parole, il dibattito con la storia nel

15 si intende la post-modernità nell’accezione di hall 1992: pp. 274-316.

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romanzo è inscenato in luoghi di frontiera, così come, nelle parole di Boa-ventura de sousa santos, «di frontiera» è la stessa cultura portoghese:

a cultura portuguesa é uma cultura de fronteira, não porque para além de nós se conceba o vazio, uma terra de ninguém, mas porque de algum modo o vazio está do lado de cá, do nosso lado. (…) a zona fronteiriça é uma zona híbrida, babélica, onde os contatos se pulverizam e se ordenam segundo micro-hierarquias pouco suscetíveis de globalização. em tal zona, são imensas as possibilidades de identificação e de cria-ção cultural, todas igualmente superficiais e igualmente subvertíveis. (…) a fronteira confere à cultura portuguesa, por outro lado, um enorme cosmopolitismo. para as culturas dotadas de fortes centros, as fronteiras são pouco visíveis, e isso é a causa última do seu provincianismo. ao contrário, o acentrismo da cultura portuguesa é o outro lado do seu cosmopolitismo, um universalismo sem universo feito da multipli-cação infinita dos localismos (SantoS 1994: pp. 48-49).

a tal proposito si noti come, territorialmente, la frontiera sia il luogo in cui sono enunciate e situate le storie raccontate: la frontiera tra portogallo e spagna, tra spagna e Francia e luoghi di frontiera come la stazione di servi-zio di tordesilhas. la frontiera in cui si ritrovano tutti i personaggi e anche l’autore reale del testo, autodefinitosi un «emigrante incompleto, político e sexual»16. Una frontiera che può generare malattie peculiari come quella di cui soffre l’emigrante reis (la «síndrome da raia» [raMoS 2010: pp. 122- 123]), e così descritta da salvat:

(…) lugar mítico e tão mistificador, onde tudo se ganha e tudo se perde, onde todos os países começam e acabam. porém, espaço no terreno sempre inexistente. espaço, por excelência, mental e composto por histórias de homens e mulheres que se perderam para sempre no turbilhão do nosso mundo. histórias que merecem ser contadas porque são as luzes diurnas de muita gente desimportante que viu que esse local era o ponto de ebulição da história. para estes homens humildes, a história é um pêlo agreste que nunca viu o dia e que não se pode arrancar porque cresceu para dentro, para um interior impacificável (raMoS 2010: p. 68).

3. Conclusioni

in Três Vidas ao Espelho la natura storica del fenomeno migratorio por-toghese (Serrão 1974; Godinho 1978) è manifestamente asserita e accolta, ma questa stessa caratteristica strutturale è dissociata da ciò che può essere identificato come una sua causa, ovvero, un destino inevitabile, o una fata-lità. realizzare questa dissociazione, come notava lourenço (1999: p. 48) in un saggio intitolato a Nau de Ícaro ou o Fim da Emigração equivale a mette-re in discussione l’ordine del mondo in cui l’emigrazione prende forma; in

16 intervista a manuel da silva ramos realizzata dall’autrice il 25 febbraio 2013.

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altre parole, a mettere in discussione tutta la mitologia di un popolo17. da questa dissociazione avente luogo in una zona di frontiera, e realizzata da soggetti che vivono in questo confine indefinito, raccontando da qui le pro-prie storie di vita, sarà possibile interpretare il romanzo di ramos come una «metafinzione storiografica» (hutcheon 2004: p. 89).

Três Vidas ao Espelho adotta quell’immaginazione rivendicata da lou-renço, che riconosce lo stretto legame tra questo romanzo e la poesia surre-alista «(…) verdadeiramente perturbadora do tipo de vida que a sociedade moderna nos fez hino», considerando, al contempo, la capacità di quest’o-pera di portare con sé «(…) o que a vida tem de esperança e invenção» (neveS 2010).

le storie “eccentriche” degli emigranti scaturiscono da questo precario rapporto tra il raccontare e la lingua, quest’ultima usata come uno strumen-to di viva reciprocità, creando un’evidente relazione simbolica tra discorso narrativo, discorso storico e discorso politico. a tal proposito si leggano le considerazioni di martinho, in cui non è data alcuna importanza al ritorno in patria degli emigranti, ma, al contrario, al coraggio di partire ed emigrare.

gosto de exercer a crítica positiva porque sem esta o mundo era um mar coalhado de rosas brancas. e em portugal ninguém critica, cala o bico reduzido. (…) veja lá bem: os grandes portugueses que estiveram exilados no estrangeiro nunca foram re-conhecidos: cavaleiro de oliveira, Filinto elísio, Francisco manuel de melo, Jorge de sena, José rodrigues miguéis etc., a lista é longa e o meu tempo poucochinho nesta paragem repousante de auto-estrada. se tivesse aqui uma guitarra cantava

há muitas pátrias ingratasMas como a nossa não há igualpois quando alguém morre de gatasdiz-se morreu fulano de tal

mas não tenho.gosto dos emigrantes. porque no seu feroz e descontrolado grito de procura de

outra vida melhor são fortes de rica ingenuidade. e práticos: se tivessem ficado no país não passavam do caixilho torto da guilhotina: morriam de pasmo. ou andavam a monte.

e porque sabem onde está o pincho da metafísica alguns constituíram-se filósofos (…) (raMoS 2010: p. 207).

nelle asimmetrie che il testo presenta è possibile trovare un punto d’in-contro con la realtà storica del paese, in cui ogni personaggio si riflette co-me se, assieme a lui o a lei, si riflettessero allo specchio anche molte altre vite simili. in questo modo il romanzo introduce il suo lettore in un labirin-to – e torno quindi alla riflessione di lourenço (2013) –, che è quello dell’i-

17 la storiografia contemporanea ritiene che considerare l’emigrazione come una carat-teristica strutturale della società portoghese, sia appunto un «luogo comune storiografico» (rowland 1998: p. 321).

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dentità culturale portoghese e, al contempo, quello della difficile rappresen-tazione di ciò che è eccentrico e marginale.

le tre parti/tre vite evadono dialogicamente dal trittico in cui sono state incise, diffondendo asimmetrici giochi di specchi. sono riflessi che transita-no veloci e incisivi, come il momento di apparizione biografica dell’autore reale: «lembro-me de ter ajudado um jovem escritor da covilhã, um tal ra-mos, a passar a salto nos finais dos anos 60» (raMoS 2010: p. 136)18.

il romanzo, infine, rivela al lettore – anch’egli messo di fronte a uno specchio – quanto i giochi di potere e le scelte di raccontare una storia o una determinata versione di essa, possano relegare ai margini vite possibil-mente concorrenti a far parte di quelle stesse narrative. e le persone che hanno vissuto sulla propria pelle il grande esodo portoghese del secolo scorso ritrovano così una possibile traduzione della loro voce.

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