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DEL PIERO GIOCHIAMO ANCORA ALESSANDRO

Giochiamo Ancora 11-13

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Giochiamo Ancora: mi chiamo Alessandro Del Piero e gioco a calcio. Tutti i miei sogni di bambino si sono avverati. Non credo che a un uomo possa toccare una sorte migliore.

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DIMENSIONE: 145x223 mm - RIFILATO: 140x215 mm CARTONATO

UFF. TECNICODIR. EDITORIALE EDITOR GRAFICO REDAZIONEART DIRECTOR

PANTONE XXX C

4 M M D I A B B O N DA N Z A P E R L A P I E G A 4 M M D I A B B O N D A N Z A P E R L A P I E G A

DEL PIEROGIOCHIAMO ANCORA

MI CHIAMOALESSANDRO DEL PIEROE GIOCO A CALCIO. TUTTI I MIEI SOGNIDI BAMBINOSI SONO AVVERATI.NON CREDO CHEA UN UOMO POSSATOCCARE UNA SORTE MIGLIORE.

ALESSANDRO

A R T D I R E C T O R : G I A C O M O C A L L OG R A P H I C D E S I G N E R : M A R I N A P E Z Z O T TA

“Forse è cominciato tutto con quel tema alle elementari. Cosa farò da grande? Io volevo scrivere il calciatore, però mi sembrava troppo. Cosa avrebbe pensato la maestra? Così scris-si che mi sarebbe piaciuto diventare elettrici-sta come papà. E dissi anche che avrei voluto fare il cuoco, oppure il camionista.”Non ha avuto il coraggio di scrivere il suo so-gno in quel tema, Alessandro Del Piero. Ma ha poi trovato il coraggio di viverlo davve-ro, e lo vive ancora. Tutta la sua straordina-ria carriera, in fondo, “è” quel tema. La storia del ragazzino più piccolo e timido del paese, San Vendemiano, Treviso, che diventa uno dei più grandi giocatori al mondo. Adesso, dopo vent’anni di Juventus, Del Piero non esce dal campo, ma e’ pronto a giocare un’altra parti-ta: il suo mondo interiore e’ intatto, i suoi va-lori non sono cambiati. Del Piero capace di colpi da artista ispirato. Del Piero che rispon-de con stile ai colpi della vita. Del Piero che si allena con l’entusiasmo di sempre e si sacri-fica per i compagni di squadra. Del Piero che pensa sempre alla prossima sfida. Che ha vo-glia di giocare ancora. In questo libro coraggioso e sincero, per la pri-ma volta il campione racconta uno per uno i dieci valori che lo hanno sempre guidato. Dieci: la cifra della sua vita. Talento, passione, amicizia, resistenza, lealtà, bellezza, spirito di squadra, sacrificio, stile, sfida sono i punti di riferimento che Del Piero vede guardando allo specchio il suo volto e la sua storia irripetibile.Ma lui la ripeterà: è un passaggio, è una lin-guaccia, è il sorriso di un bimbo con una pal-la. Così quel vecchio compito di italiano, final-mente, può essere scritto con le parole giuste: “Da grande voglio fare il calciatore, da gran-de voglio giocare a pallone. Perché è un me-stiere bellissimo. Perché è un sogno”.

Alessandro Del Piero (Conegliano Veneto, 9 novembre 1974) è il capitano della Juventus, squadra dove ha giocato per vent’anni e con cui ha vinto tutto. In Nazionale ha conquistato il Mondiale di Germania nel 2006. Con Mon-dadori ha pubblicato 10+.

www.alessandrodelpiero.com

€ 00,00 In sovraccoperta:Foto di Salvatore Giglio © Edge srl

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e la Coppa del Mondo. Volevo diventare famoso. Vo-levo che la gente mi amasse. Volevo dimostrare che il più piccolino può essere il migliore.

Mi chiamo Alessandro Del Piero e gioco a calcio. Tut-ti i miei sogni di bambino si sono avverati: sono una persona fortunata, felice e privilegiata, perché la mia passione è diventata la mia vita e il mio mestiere: non credo che a un uomo possa toccare una sorte migliore. Ho tre figli piccoli: quando, per loro, spero qualcosa di veramente grande, gli auguro proprio questo: che la loro passione diventi la loro vita. E che un giorno si ricordino di me come io ricordo mio padre: allora sì, forse sarò stato un buon papà, quasi come il mio. Avrei tanto voluto dirgli “ti voglio bene” qualche vol-ta in più, invece ci somigliavamo e parlavamo col si-lenzio. Avrei tanto voluto che conoscesse i miei figli.

Sono un attaccante e il mio compito è segnare gol, non scrivere libri. Questa, perciò, è una partita speciale. Io non sono un guru e neppure un filosofo, però ho vis-suto tante esperienze e voglio condividerle. Lo sport è una grande lezione, una continua e meravigliosa pa-lestra di valori. Chi non lo pensa non è un vero atleta. Ecco, questo libro vorrebbe essere un diario sulle dieci cose che ho imparato. Dieci: il mio numero. Dieci con-cetti fondamentali che mi guidano non solo in campo. E sia chiaro che non si tratta di un libro di memorie, e non è neanche un’autobiografia: quelle si scrivono alla fine, e quel giorno lo vedo ancora lontano. Questo li-bro sono io: la gente sa tutto di me, però in pochi mi conoscono nel profondo.

Non mi piacciono le prediche, figurarsi se mi met-to a farle. Però amo i princìpi, i valori. Quali? Lo spi-rito di gruppo, la capacità di resistere. Lo stile, che è educazione più che classe. Mi piace la lealtà e mi piace

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Cristiano
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il sacrificio. Mi piace la passione, cioè spendere fino all’ultimo grammo di energia per le cose che amo, e mi piace l’amicizia. Mi piace la solidarietà e mi piace la capacità di scegliere: io l’ho appena fatto, un’altra vol-ta, scegliendo l’ultima parte di carriera dopo vent’an-ni di Juventus. Non è stato facile, è stato necessario.

Mi piace vincere: a volte non so se sia più forte la voglia di vittoria oppure l’odio per la sconfitta. E mi piace migliorare, fino all’ossessione. Per uno come me non c’è alternativa. Provo felicità ad ascoltare, capi-re, osservare, meglio se in silenzio: sono una persona curiosa, e questo mi ha aiutato. Devo tanto al mio ta-lento, ci convivo da quand’ero piccolo, eppure non so cosa sia. La bravura col pallone, alla fine, rimane un grande mistero: assomiglia a un dono superiore rice-vuto per destino e senza merito. Da bambino passavo serate intere con la palla di spugna, provavo a fare gol tra le gambe di una sedia immaginando che fosse una porta da calcio, però non può essere tutto lì. Il mio ta-lento sono io, ci convivo con stupore e riconoscenza.

In tutto questo tempo ho cercato di essere il miglior calciatore possibile, e una brava persona. A volte ci sono riuscito, altre no, ma la cosa più importante è con-tinuare a esserlo. In tanti mi hanno voluto bene, den-tro uno stadio come in famiglia. Ho vissuto momenti bui, ho conosciuto il dolore fisico e la sofferenza mo-rale, penso di esserne sempre uscito grazie all’amo-re degli altri e al mio, con volontà e autostima. Non credo esista niente di più bello di una passeggiata in campagna, o forse sì: quando mi stendo sull’erba con i miei figli, come da bambino, e guardo il cielo perden-domi nei ricordi.

La mia famiglia era semplice e dignitosa: papà Gino e la sua elettricità un po’ magica, mamma Bruna si oc-

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Cristiano
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cupava di noi bambini e della casa e arrotondava con altri lavori. Mio fratello Stefano ha nove anni più di me ed è una figura molto importante, un punto di ri-ferimento: per certi aspetti è il mio idolo. Insieme ci completiamo. Sonia è una donna straordinaria, una moglie e una mamma magnifica: spero che i nostri fi-gli incarnino la continuità dei sani valori con cui en-trambi siamo stati educati. Manca solo papà perché la felicità sia perfetta. Lo penso sempre, e finalmen-te un giorno riuscirò a piangere davvero per lui: fino-ra non ci sono riuscito. Anche il dolore, come il talen-to, è un mistero.

Torniamo ancora su quel campetto, sta scendendo la sera. Il mio amico mi ha appena salutato, sua ma-dre lo aspetta, forse sarà già preoccupata anche se qui in paese, a Saccon di San Vendemiano, tutti si cono-scono e non ci sono pericoli. Papà è andato a prende-re le pizze col motorino, così si risparmia sul coperto e sulle bibite, ed è bello mangiare tutti insieme a casa. Tra poco mi chiameranno, e questo giorno dovrà fini-re. Pazienza, io me lo gusto ancora un po’. Mi butto per terra, guardo il cielo e abbraccio il pallone. È lui la mia vita.

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“Forse è cominciato tutto con quel tema alle elementari. Cosa farò da grande? Io volevo scrivere il calciatore, però mi sembrava troppo. Cosa avrebbe pensato la maestra? Così scris-si che mi sarebbe piaciuto diventare elettrici-sta come papà. E dissi anche che avrei voluto fare il cuoco, oppure il camionista.”Non ha avuto il coraggio di scrivere il suo so-gno in quel tema, Alessandro Del Piero. Ma ha poi trovato il coraggio di viverlo davve-ro, e lo vive ancora. Tutta la sua straordina-ria carriera, in fondo, “è” quel tema. La storia del ragazzino più piccolo e timido del paese, San Vendemiano, Treviso, che diventa uno dei più grandi giocatori al mondo. Adesso, dopo vent’anni di Juventus, Del Piero non esce dal campo, ma e’ pronto a giocare un’altra parti-ta: il suo mondo interiore e’ intatto, i suoi va-lori non sono cambiati. Del Piero capace di colpi da artista ispirato. Del Piero che rispon-de con stile ai colpi della vita. Del Piero che si allena con l’entusiasmo di sempre e si sacri-fica per i compagni di squadra. Del Piero che pensa sempre alla prossima sfida. Che ha vo-glia di giocare ancora. In questo libro coraggioso e sincero, per la pri-ma volta il campione racconta uno per uno i dieci valori che lo hanno sempre guidato. Dieci: la cifra della sua vita. Talento, passione, amicizia, resistenza, lealtà, bellezza, spirito di squadra, sacrificio, stile, sfida sono i punti di riferimento che Del Piero vede guardando allo specchio il suo volto e la sua storia irripetibile.Ma lui la ripeterà: è un passaggio, è una lin-guaccia, è il sorriso di un bimbo con una pal-la. Così quel vecchio compito di italiano, final-mente, può essere scritto con le parole giuste: “Da grande voglio fare il calciatore, da gran-de voglio giocare a pallone. Perché è un me-stiere bellissimo. Perché è un sogno”.

Alessandro Del Piero (Conegliano Veneto, 9 novembre 1974) è il capitano della Juventus, squadra dove ha giocato per vent’anni e con cui ha vinto tutto. In Nazionale ha conquistato il Mondiale di Germania nel 2006. Con Mon-dadori ha pubblicato 10+.

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