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Aramis Aramis Settembre 2010 Anno V ° n. 15 Settembre 2010 Anno V ° n. 15 NOTIZIARIO DEL CLUB ARAMIS - ASSOCIAZIONE RICREATIVA AUTO E MOTOCICLI STORICI PERIODICO DI VARIA ATTUALITA’ E CULTURA - DISTRIBUZIONE GRATUITA 100 Anni di Storia: Alfa Romeo Sommario Pag. 1100 anni di storia: Alfa Romeo derivate “Giulia” . Pag. 6- Donne e Motori: Pat Moss Pag. 7Io c’ero: Centenario Alfa a Rho Pag. 8 - Raduno di settembre: Gita all’Isola d’Elba Pag. 10 - 65 anni di Storia Jaguar Pag. 10 - Aramis Informa Pag. 10 - Nei prossimi numeri e comu- nicazione di Servizio. C ontinua il nostro omaggio ai 100 anni dell‟Alfa Romeo parlando dei modelli che più l‟hanno rappresenta- ta. In questo numero parleremo delle Alfa che hanno fatto sognare con le loro prestazioni e che hanno reso pos- sibile anche una motorizzazione spor- tiva di famiglia sempre a cavallo degli anni „60-‟80 cioè le Alfa Romeo “derivate Giulia”. Alfa Romeo GiuliaDerivate: Alfa Romeo Giulia GT Le Giulia GT (le primissime si chia- mavano Giulia Sprint GT) erano la versione coupé della berlina Alfa Ro- meo Giulia. La produzione iniziò nel 1963, fu il primo modello coupé (la berlina, Giulia TI, era già in produzio- ne presso tale stabilimento) costruito nell'appena terminato stabilimento Alfa ad Arese, la produzione termine- rà solo nel 1976. La carrozzeria, opera di Giorgetto Giugiaro per conto della Bertone, andava a coprire il pianale, con passo accorciato da 251 a 235cm, della Giulia Berlina. Il curioso scalino anteriore che caratterizzava tutte le versioni prodotte fino al 1968 e parte di quelle prodotte fino al 1972 era dovuto ad un ripensamento tra l'ap- provazione del disegno e la messa in produzione dell'auto. Originariamen- te, infatti, doveva essere una presa d'aria poi abolita per contenere i costi. Furono prodotte varie serie, che si possono classificare in: Sprint GT, GT Junior e GT Veloce GTC (gran Turi- smo Cabriolet". Le Sprint GT Nel 1963 venne pre- sentata la Giulia Sprint GT, mossa dal quattro cilindri in alluminio con distribuzione bialbe- ro di 1570cc della berlina, ma poten- ziato (grazie all'ado- zione di due carbu- ratori) a 106cv. La meccanica era la stessa della berlina, ma i freni erano a disco su tutte le ruo- te (le prime 22000 berline 1600 Ti ave- vano a tamburo di cui gli anteriori a tre ganasce, poi nel 1963 a disco DUN- LOP come la coupé) Gli interni, invece, erano specifici (plancia, sedili, pan- nelli porta) e la leva del cambio (a 5 rapporti) era a cloche, solo optional sulla berlina. Nel 1965 la carrozzeria Touring di Milano propose all'Alfa Romeo una (esteticamente riuscita) versione cabriolet a 4 posti, denomi- nata Giulia Sprint GTC. I problemi di tenuta all'acqua, le difficoltà della Touring ed il lancio della spyder Duet- to limitarono la diffusione della GTC a un migliaio di esemplari tra il 1965 ed il 1966. Le GT Junior Nel 1966, accanto alle versioni Sprint GT con motore di 1,6 litri, entrò in listino una versione di cilindrata ri- dotta a 1290cc (89cv), denominata Giulia GT 1300 Junior. La Junior aveva un allestimento ridotto: pavi- mento in gomma, assenza di servofre- no, plancia in plastica priva di consolle centrale, borchie copri ruo- ta semplificate, sedili meno profi- lati. Nel 1969 le Junior (che perse- ro il nome Giulia per chiamarsi semplicemente GT) vennero dota- te di servofreno e di una nuova plancia. Nel 1971 le adottarono il frontale ristilizza- to e privo di scali- no, uniformandosi alla 1750 GT Ve- loce. L' uniforma- zione, tuttavia, non fu totale per- ché le Junior ave- vano fari singoli (anziché doppi) e una diversa mascherina. Col restyling, comunque, la gamma guadagnò un motore: accanto al 1300 da 89cv era infatti disponibile il 1600 da 109cv. Nel 1973 l'unificazione con la GT 2000 Veloce introdotta l'anno precedente: adottarono la stessa mascherina cro- mata a quattro fari, differenziandosi quasi esclusivamente per i fanali po- steriori più piccoli. (cont. a pag. 2) Alfa Romeo Giulia Sprint GT (1963-66) Alfa Romeo Giulia Sprint GTC

Giornale 15

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Aramis Aramis Settembre 2010 Anno V ° n. 15Settembre 2010 Anno V ° n. 15

NOTIZIARIO DEL CLUB ARAMIS - ASSOCIAZIONE RICREATIVA AUTO E MOTOCICLI STORICI

PERIODICO DI VARIA ATTUALITA’ E CULTURA - DISTRIBUZIONE GRATUITA

100 Anni di Storia: Alfa Romeo

Sommario Pag. 1– 100 anni di storia: Alfa Romeo

derivate “Giulia” .

Pag. 6- Donne e Motori: Pat Moss

Pag. 7– Io c’ero: Centenario Alfa a Rho

Pag. 8 - Raduno di settembre: Gita all’Isola d’Elba

Pag. 10 - 65 anni di Storia Jaguar

Pag. 10 - Aramis Informa

Pag. 10 - Nei prossimi numeri e comu-nicazione di Servizio.

C ontinua il nostro omaggio ai 100 anni dell‟Alfa Romeo parlando dei

modelli che più l‟hanno rappresenta-ta. In questo numero parleremo delle Alfa che hanno fatto sognare con le loro prestazioni e che hanno reso pos-sibile anche una motorizzazione spor-tiva di famiglia sempre a cavallo degli anni „60-‟80 cioè le Alfa Romeo “derivate Giulia”.

Alfa Romeo Giulia—

Derivate:

Alfa Romeo Giulia GT Le Giulia GT (le primissime si chia-mavano Giulia Sprint GT) erano la versione coupé della berlina Alfa Ro-meo Giulia. La produzione iniziò nel 1963, fu il primo modello coupé (la berlina, Giulia TI, era già in produzio-ne presso tale stabilimento) costruito nell'appena terminato stabilimento Alfa ad Arese, la produzione termine-rà solo nel 1976. La carrozzeria, opera di Giorgetto Giugiaro per conto della Bertone, andava a coprire il pianale, con passo accorciato da 251 a 235cm, della Giulia Berlina. Il curioso scalino anteriore che caratterizzava tutte le versioni prodotte fino al 1968 e parte di quelle prodotte fino al 1972 era dovuto ad un ripensamento tra l'ap-provazione del disegno e la messa in produzione dell'auto. Originariamen-te, infatti, doveva essere una presa d'aria poi abolita per contenere i costi. Furono prodotte varie serie, che si possono classificare in: Sprint GT, GT Junior e GT Veloce GTC (gran Turi-smo Cabriolet".

Le Sprint GT

Nel 1963 venne pre-sentata la Giulia Sprint GT, mossa dal quattro cilindri in alluminio con distribuzione bialbe-ro di 1570cc della berlina, ma poten-ziato (grazie all'ado-zione di due carbu-ratori) a 106cv. La meccanica era la stessa della berlina, ma i freni erano a disco su tutte le ruo-te (le prime 22000 berline 1600 Ti ave-vano a tamburo di cui gli anteriori a tre ganasce, poi nel 1963 a disco DUN-LOP come la coupé) Gli interni, invece, erano specifici (plancia, sedili, pan-nelli porta) e la leva del cambio (a 5 rapporti) era a cloche, solo optional sulla berlina. Nel 1965 la carrozzeria Touring di Milano propose all'Alfa Romeo una (esteticamente riuscita) versione cabriolet a 4 posti, denomi-

nata Giulia Sprint GTC. I problemi di tenuta all'acqua, le difficoltà della Touring ed il lancio della spyder Duet-to limitarono la diffusione della GTC a un migliaio di esemplari tra il 1965 ed il 1966.

Le GT Junior Nel 1966, accanto alle versioni Sprint GT con motore di 1,6 litri, entrò in

listino una versione di cilindrata ri-dotta a 1290cc (89cv), denominata Giulia GT 1300 Junior. La Junior aveva un allestimento ridotto: pavi-mento in gomma, assenza di servofre-no, plancia in plastica priva di

consolle centrale, borchie copri ruo-ta semplificate, sedili meno profi-lati. Nel 1969 le Junior (che perse-ro il nome Giulia per chiamarsi semplicemente GT) vennero dota-te di servofreno e di una nuova plancia. Nel 1971 le adottarono il frontale ristilizza-to e privo di scali-no, uniformandosi alla 1750 GT Ve-loce. L' uniforma-zione, tuttavia,

non fu totale per-ché le Junior ave-

vano fari singoli (anziché doppi) e una diversa mascherina. Col restyling, comunque, la gamma guadagnò un motore: accanto al 1300 da 89cv era infatti disponibile il 1600 da 109cv. Nel 1973 l'unificazione con la GT 2000 Veloce introdotta l'anno precedente: adottarono la stessa mascherina cro-mata a quattro fari, differenziandosi quasi esclusivamente per i fanali po-steriori più piccoli. (cont. a pag. 2)

Alfa Romeo Giulia Sprint GT (1963-66)

Alfa Romeo Giulia Sprint GTC

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Le GT Veloce

Nel 1966 apparve la Giulia Sprint GT Veloce, mossa da un motore sempre con due carburato-ri doppio corpo ma lievemente potenziato (109cv) e caratteriz-zata da finiture più curate (plancia rivestita in legno, rive-stimenti più pregia-ti). Nono-stante il modesto incremento della potenza il nuovo motore, grazie a una migliore erogazione della coppia, garantiva prestazioni notevolmente superiori alla Giulia Sprint GT e Quattroruote nella sua prova su stra-da riscontrò una velocità massima di

ben 187 km/h e un tempo di accelera-zione sul chilometro con partenza da fermo pari a 31" e 4/10, valori che ponevano la Sprint GTV al vertice della categori-a e quasi alla pari con spor-tive titolate di maggiore co-lindrata. Nel 1967 le Giulia Sprint GT e Sprint GT Veloce lascia-rono il posto alla 1750 GT Veloce (senza il nome Giu-lia). Rispetto ai modelli precedenti, oltre alla ci-lindrata mag-giorata da 1570 a 1779cc (114cv), la nuova nata aveva la parte anteriore completa-mente ridisegnata: niente più scali-no, ma frontale "liscio" con mascheri-na nera a baffi cromati e 4 fari circo-lari. Leggermente migliorate le pre-stazioni, sia in accelerazione e ripre-

sa che in velocità (190 km/h). Carat-teristici i quadrifogli dorati sui mon-tanti posteriori. Anche gli interni

presentavano una nuova plancia, inediti sedili profi-lati (con poggiate-sta anteriori e-straibili) e pannel-li porta rivisti. Nel 1971, dopo alcuni ritocchi marginali nel 1969, la 1750 GT Veloce lasciò il posto alla 2000 GT Veloce. Anche in questo caso l'au-mento di cilindra-ta da 1779 a 1962cc (132cv), fu accompagnato da numerosi ritocchi

estetici (nuova ma-scherina anteriore cromata, luci poste-

riori maggiorate, quadrifogli verdi anziché dorati) e agli interni (nuovi sedili anteriori, diversi rivesti-menti, inedita consolle centra-le). Tra gli optional erano di-sponibili l'aria condizionata ed

il differenziale autobloc-cante. Ulteriore incre-mento delle prestazioni con la velocità massima dichiarata di oltre 195 km/h.

I modelli

"scalino" Con la definizione "scalino" si intende la fessurazione e il piano trapezoidale, posti tra la parte anteriore del cofa-no motore e la calandra. Tale dislivello è dovuto al fatto che direzione aziendale, poco prima delle fasi di assemblaggio della pro-duzione di serie del primo mo-dello "Sprint GT", decise di eliminare la vistosa presa d'a-

ria sul centro del cofano, prevista nel progetto originale. Nel frattempo, però erano già state stampate le ca-landre e si optò per lasciare la ferito-

ia fino all'e-saurimento delle calan-dre costrui-te. Il suc-cessivo gra-dimento del pubblico sconsigliò di porre rimedio al difetto che divenne la caratteri-stica fonda-mentale di quel model-lo e dei se-guenti, fino al 1969.

Le eredi L'eredita delle GT fu raccolta da due modelli. Le versioni Junior vennero parzialmente sostituite nel 1976 dalla Alfasud Sprint, macchina con diffe-rente motore boxer; le versioni Veloce

furono sostituite dalla Alfa Romeo Alfetta GT.

Alfa Romeo Spider

(Duetto) L' Alfa Romeo Spider, comunemen-te conosciuta come Duetto, è una delle più note vetture della Casa mila-nese, prodotta dal 1966 al 1993.

La denominazione

"Duetto" Preliminarmente occorre precisare la nascita della popolare denominazione "Duetto". Non appena pronta per la commercializzazione, l'Alfa Romeo bandì un concorso, a scopo promozio-nale, per dare un nome alla "1600 Spider". Vinse il signor Guidobaldo Trionfi di Brescia che aveva proposto il nome "Duetto". Tale appellativo venne affiancato in modo ufficiale alla versione "1600 Spider" della 1ª serie, costruita in 6.325 esemplari dal 1966 al 1968. In verità, la denominazione

"Duetto" poté essere usata per poco più di un anno, a causa dell'omonimia con una merendina al cioccolato, pro-dotta all'epoca. Per le successive ver-sioni, la denominazione "Duetto" non fu più utilizzata ufficialmente, ma rimase talmente radicata nel linguag-gio comune che tutte le spider Alfa Romeo, discendenti da quel primo modello, vengono normalmente (anche se impropriamente) identifica-te come "Duetto".

La storia Il disegno fu affidato alla Pininfarina che, al salone di Ginevra del 1961, propose il prototipo "Giulietta SS Pi-ninfarina Spider". L'autovettura, una barchetta a due posti secchi appronta-ta sul pianale della Giulietta SS 1300, suscitò grande interesse nel pubblico e nella stampa internazionale, ma la dirigenza Alfa Romeo la giudicò trop-po innovativa e preferì tentare le de-ludenti esperienze della "Giulia Spi-der" e della "Giulia GTC", prima di avviare la produzione del nuovo mo-dello, destinato a divenire il più lon-gevo nella storia della casa milanese, con 28 anni ininterrotti di produzione.

La 1ª serie - "Osso di sep-

pia" (1966 - 1969) La forma, come la casa si affrettò a

Alfa Romeo Giulia GT 1300 Junior

Alfa Romeo Giulia GT Junior 1300 Mo-

dello 1971

La GT 1600 unificato del 1975

Alfa Romeo 1750 GT Veloce 2ª serie, sen-

za "scalino"

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precisare, richiama un osso di sep-pia, ovvero la celebre conchiglia del mollusco cefalopode, in virtù del frontale e dalla coda arrotondati, raccordati dalle fiancate convesse, con linea di cintura piuttosto bassa. La coda, rastremata trasversalmente e longitudinalmente, segue i dettami della più classica tipologia boat-tail. Per la meccanica venne adottato il nuovo autotelaio della "Giulia", ac-corciandone il passo a 2.250 mm. Nel maggio 1966 tre esemplari furo-no imbarcati sulla nave Raffaello per la presentazione negli Stati U-niti. La Spider diventa una "star" del cinema con il celebre film Il lau-reato del 1967, con Anne Bancroft e Dustin Hoffman. Fu commercializ-zata inizialmente solo con il motore bialbero di cc 1600 (1570) che svi-luppava 109 cv, nella versione USA le calotte in plexiglass furono sosti-tuite da un faro che aveva la borda-tura cromata. Nel gennaio del 1968 alla 1600 fu affiancata la versione definita spider veloce e montava il motore della serie 1750 (1779 cc) che sviluppava 114 cv ma il peso della carrozzeria fu portato da 990 kg a 1040 kg. Nel giugno si affianca a questa produzione anche la più piccola spider junior che si distin-gueva esteticamente per l'assenza delle calotte ai fari anteriori, per i deflettori fissi e per una diversa posi-zione delle gemme laterali delle frec-ce. Il motore rilaliva alla cilindrata della giulietta 1290 cc e sviluppava 89 cv. Nel dicembre del 1968 la spi-der 1600 venne messa fuori produzio-ne lasciando solo la spider veloce e la junior.

La 2ª serie - "Coda tronca"

(1969 - 1982) Presentata nel 1969 al salone dell'automobile di Torino la seconda serie della Duetto si caratterizza per il "taglio della coda",in ossequio alle teorie aerodinamiche propugnate dal professor Kamm, per una maggiore spinta in avanti determinata dai vor-tici d'aria che distaccandosi in modo repentino, a causa della coda tronca, provocano una maggior spinta in avanti. Vennero modificati di conse-guenza i paraurti, in acciaio inox e con profilo in gomma di protezione,e venne decisa anche la scomparsa delle calotte copri faro, pur rimanen-do gli stessi privi della ghiera ester-na, oltre ad un'inclinazione maggiore del parabrezza, con beneficio del de-sign e dell'aerodinamicità. Venne modificata ampiamente anche la ca-potta in tela, con attacchi completa-mente interni alla scocca, per una maggiore impermeabilità e facilità d'uso. La lunghezza scese da 4.25 m e 4.12 m. Lo Spider Veloce 1750, ere-de di quello osso di seppia del 1968,aveva nuovi interni con una console centrale più legata alla moda delle auto sportive anni 70 e nuovi erano anche i contagiri e conta km contenuti in due palpebre anziché una come la precedente versione, maniglie a filo di carrozzeria agli sportelli definite aerodinamiche e venne affiancato nel 1971 dalla ver-sione Spider Veloce 2000 con motore di 2000cc come le berlina e i Gt da 132 cv. Il 1750 esce di scena definiti-

vamente nel 1972 sostituito dalla nuova gamma 2000. Dal 1972 il listi-no vede il ritorno della motorizzazio-ne di 1600cc ( in opzione come sulle berline e i Gt), con le versioni Spider Junior 1.3 e 1.6, unificati nell'allesti-mento, con l'eccezione del volante in legno Hellebore fornito sul 1.6. Nel 1974, causa la crisi petrolifera, la versione 2000 perse qualche cv di

potenza e da 132 aveva ora 128 cv, stessa sorte capitò al motore 1600 da 109 cv che venne rimpiazzato dalla versione montato sulla giulia berlina da 102 cv. Nel 1977 la versione 1.3/1.6 non è più disponibile in listi-no e fino al 1979 fu venduta solo la versione 2000. Ritornò il 1600 nel 1980 ma montato su carrozzeria uni-ficata al 2000 ed è ancora quello del-la berlina da 102 cv. In questa edizio-ne particolare furono presentati nuo-vi interni e l'abitacolo non era più considerato un 2+2 essendo sparita la panchina posteriore imbottita, e ritornò per l'occasione la cupoletta in plexiglass ai fari anteriori. Questa edizione rimase in produzione fino al 1982. In questa serie tutte le moto-

rizzazioni sono alimentate da 2 car-buratori doppio corpo orizzontali Dell'Orto, Weber o Solex, con l'ecce-zione della serie "America", creata per l'esportazione oltre oceano, con la

sola motorizzazione di 2 litri alimen-tata da iniezione meccanica Spica; la serie America si caratterizza inoltre per i paraurti ad assorbimento, ri-chiesti dalle norme di omologazione di quel paese, dalle luci di riferimen-to agli angoli vettura ed una specifi-ca gamma colori, sia delle carrozze-rie, sia degli interni con capotte coor-dinate. Nel 1983 questa serie viene

rimpiazzata da quella successiva: la cosiddetta "aerodinamica", che pe-raltro era destinata a non entrare a pieno di diritto nel cuore degli alfisti.

La 3ª serie - "Aerodinamica"

(1983 - 1989) Un sostanzioso ritocco alla linea nel 1983 che vede l'adozione di nuovi paraurti avvolgenti, mentre la coda tronca è accentuata dallo spoiler nero sintetico. La modifi-ca non è apprezzata, ma deriva comunque da un approfondito studio ef-fettuato dalla Pinifarina nella galleria del vento,

con vantaggi aerodimanici che però non giovarono all'estetica della ormai classica Duetto. L'interno della vet-tura resterà invariato sino a fine se-rie senza sostanziali modifiche. Nel 1986 viene immessa sul mercato una nuova versione della 2000 a carbura-tori denominata "Quadrifoglio Verde" con variazioni di carrozzeria quali paraurti anteriore e posteriore che inglobano fascioni aerodinamici mar-cati, di comune design con le bandel-le sottoporta (minigonne), assenti sulle versioni "normali". All'interno questa versione più grintosa nell'a-spetto, propone un nuovo cruscotto con tutti gli elementi raccolti in un'u-nica ogiva e non più con i classici strumenti separati tra le "gobbe"

davanti al guidatore e altri strumenti sup-plementari sulla plan-cia: questo schema rimarrà invariato, se non per i colori diver-si, anche sulla succes-siva 4ª serie. Inoltre questa versione "sportiva" si presenta con sedili più avvol-genti e di colore grigio piombo con impunture rosse, così come rossa risultava essere la moquette sul pavi-mento. All'esterno vennero mantenute le appendici in gomma morbida già presenti sulla coda, mentre vennero aggiunti im-ponenti specchi retro-visori, a comando elet-trico, di colore nero, detti dagli appassio-

nati "candelabri" per la loro sporgen-za. La "Quadrifoglio Verde" venne prodotta in tre soli colori: rosso alfa, grigio metallizzato e nero. Questa serie terminò di esistere con l'avven-

"1750 Spider Veloce" del 1969 (osso di seppia)

"Spider Veloce 2000" del 1971 (coda tronca)

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to della quarta e ultima serie nel

1990, ed è l'ultima ad proporre il mo-tore di 2000cc con i carburatori, sop-piantati sulla successiva serie dall'i-niezione elettronica.

La 4ª serie "Ultima" (1990 -

1993)

Nell'ultima serie del 1990 Pininfarina ritorna alle origini, eliminando le appendici che appe-santiscono la linea; con la scomparsa dello spoiler il look è più snel-lo e accattivante. I para-urti sono più incassati e dello stesso colore della carrozzeria, il marchio sullo scudetto anteriore viene rivisto, le mini-gonne laterali sono so-stituite dai copri longhe-roni, gli specchietti re-trovisori elettrici regola-bili dall'interno e i gruppi ottici po-steriori sono ridisegnati sullo stile dell'allora ammiraglia 164. Il motore nella versione 2000cc viene arricchi-to, oltre che dall'iniezione elettroni-ca, anche del variatore di fase che agisce sull'albero di aspirazione va-riandone la fasatura, per aumentare ancora di più la coppia e la godibilità di questo inesauribile propulsore. La selleria è in beige o nero con guarni-zioni in materiale scamosciato, i sedi-li sono arretrati di qualche centime-tro ed è adottato il servosterzo. La serie (18.456 esemplari) è venduta in

tre versioni: 1600 a carburatori, e 2000 i.e. e 2000 i.e. catalizzata. ven-nero proposti colori come il classico rosso alfa, il nero, il grigio metalliz-zato e il bianco, affiancati più tardi (1991) dal rosso proteo metallizzato e dal verde inglese. Tutti questi colori prevedevano l'interno beige, penaliz-

zante con il bianco e il grigio. Nel 1992 venne proposto anche il giallo ginestra con interno nero, allestimento di interni che veniva offerto in opzione anche con il rosso. Venne offerta come optional la pos-sibilità di aver interni com-pletamente in pelle rossa, in abbinamento con il nero o con il bianco. In alcuni mer-cati, non per l'Italia, venne-ro proposte anche versioni speciali a tiratura limitata, che però non conobbero mol-to successo.

Alfa Romeo Mon-

treal L'Alfa Romeo Montreal è un'auto-vettura sportiva a due posti più due, costruita dalla casa milanese dal 1970 al 1977.

Prototipo

Nel 1967, Centenario della Federa-zione Canadese, tutte le nazioni del mondo parteciparono all'Esposizione Universale di Montreal presentando le migliori realizzazioni nei vari cam-pi della scienza e della tecnica. Come unica casa automobilistica ad essere invitata, l'Alfa Romeo si presentò con una dream car, definita testualmente "la massi-ma aspirazione dell'uomo in fatto di automobili". Nelle iniziali in-tenzioni dell'Alfa Romeo, si trat-tava di una mera operazione d'immagine. I due prototipi in-

viati all'Expo canadese, com-missionati alla Carrozzeria Ber-tone su meccani-ca della "Giulia", sarebbero dovuti rimanere una sorta di "prova d'artista", da esporre nei vari salo-ni, per poi essere conservati nel museo aziendale. In quegli anni, l'Alfa Romeo godeva di grande pre-

stigio presso il pubblico americano e l'eleganza della vettura suscitò un vivo interesse che, contrariamente alle previsioni, non si spense nei me-si successivi. Le richieste dei conces-sionari canadesi e statunitensi furo-no tanto pressanti e reiterate da co-stringere l'azienda del Portello a de-

cidere la produzione del prototipo. Per tener fede all'idea originale della presentazione, la vettura venne dota-ta di un motore derivato dall'otto cilindri a V a carter secco della Alfa Romeo 33 Stradale che, nonostante la riduzione di potenza specifica da 125 a 80 CV/litro, si dimostrò surdi-mensionato rispetto alle caratteristi-che di rigidità del telaio.

Produzione in serie

Così nel 1970 venne presentata al Salone dell'automobile di Ginevra la versione definitiva della "Montreal". Le consegne iniziarono nei primi mesi del 1972 al prezzo di L. 5.700.000 e con la possibilità di arricchirla con accessori pensati per un maggior com-fort, quali gli alzacristalli elettrici (L. 100.000), la vernice metallizzata (L. 140.000) ed il condizionatore d'aria (L. 290.000). La gamma di colori di-sponibili variava dalle tinte normali blu medio, verde, grigio, rosso, aran-cio e nero, alle tinte metallizzate mar-rone, argento, arancio, oro e verde. Esteticamente la vettura risultò leg-germente più alta e con il cofano più ingombrante per accogliere l'otto ci-lindri. Il motore, pur derivando da quello da corsa Tipo 33, venne sostan-zialmente modificato al fine di render-lo più "docile" e adatto all'uso strada-le. La cilindrata definitiva è 2593cc, l'albero motore ha la disposizione del-le manovelle a 90 gradi anziché a 180, i pistoni perdono il cielo convesso tipi-co della vettura sport, è diversa la fasatura ed è diversa l'iniezione mec-canica, ora SPICA derivata dalle vet-ture a quattro cilindri esportate in America anziché Lucas. Il gruppo pro-pulsore fu abbinato ad un raffinato cambio ZF invertito, quanto di meglio disponibile all'epoca, anche in consi-derazione del fatto che in Alfa non era disponibile una trasmissione in grado di gestire la poderosa coppia del V8 - e i bassi numeri non ne rendevano con-

veniente la messa in produzione-. La visione d'insieme della vettura dà più l'idea di una velocissima e confortevo-le gran turismo anziché di una deriva-ta dalle corse strettamente sportiva. Infatti, a fronte di un motore esube-rante quale il V8 di Arese, l'autotelaio si dimostrava inadeguato per una sportiva: la base della Giulia mostra-va, infatti, tutti i limiti connessi allo schema "ruote anteriori indipendenti e ponte posteriore rigido". Il risultato era tutt'altro che disprezzabile, anzi, ma alla prova dei fatti la Montreal

"Spider 2.0 Q.V." del 1986 (Aerodinamica)

"Spider 2.0" del 1990, con tetto chiuso (Ultima)

Alfa-Romeo Montreal Expo (prototipo), 1967

Alfa Romeo Montreal (di serie)

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soffriva di un marcato rollio in curva - che consente, però, di apprezzare l'approssimarsi dei limiti dei tenuta del mezzo e, co-munque, non inficiava l'efficacia nel seguire la traiettoria impostata -. L'impianto frenante, a dischi autoven-tilanti di produzione Girling, su tutte le ruote, forniva prestazioni in linea con le gt dell'epoca e, sebbene non sia un punto forte della Montreal, ancora oggi, se ben mantenuto, garantisce spazi d'arresto di tutto rispetto. Le prestazioni, come si può immaginare, sono di prim'ordine: 200 cavalli a 6500 giri, 24kgm di coppia a 4750 giri, 224 km/h di velocità massima e 28 secondi per per-correre il chilometro con parten-za da fermo. Ovviamente è un'automobile destinata ad una clientela di un certo rango ed anche il prezzo di listino lo di-mostrava, così come i molti e-quipaggiamenti disponibili in opzione. Nel 1972 la rivista Quattroruote organizzò, per sondare le doti di resistenza ed affida-bilità della Montreal, una tirata da Reggio Calabria fino a Lubecca impie-gando poco meno di venti ore. Consi-derando che il percorso misurava ben 2.574 km i tester riuscirono a percor-rerlo, soste e rifornimenti compresi, ad una velocità media di 130 km/h circa.

Alfa Romeo 1750 L' Alfa Romeo 1750 è una berlina sportiva di classe medio-alta, prodot-

ta dalla casa milanese dal 1968 al 1971 presso lo stabilimento di Arese.

Il contesto Nella seconda metà degli anni sessanta, visto l'enorme suc-cesso della "Giulia", l'Alfa Ro-meo mette in cantiere un'au-tomobile di classe superiore che possa accontentare una clientela abbiente, oltre ad esaudire le richieste degli alti funzionari pubblici. Con il "progetto 105", sapientemente vestito da Bertone, nasce un'automobile dalle caratteri-stiche sportive nella guida, ma dall'aspetto sobrio ed ele-gante che ci si aspetta da una vettura di questa classe. L'in-

tento è di rientrare nel settore di mercato delle automobili medio-alte, che era stato abbandonato dalla casa milanese dopo l'uscita dai listini, nel 1962, dell'ormai obsoleta "2000". Del "progetto 105" verranno realizzate le versioni "1750" e "2000", senza otte-nere quel successo di vendite che la vettura meritava e che gli oltre 40.000 esemplari consegnati nel pri-mo anno, facevano supporre. Per la versione "1750" influirono i problemi

di pro-

duzione causati dal cosiddetto "autunno caldo" del 1969.

La 1750 Presentata nel 1968, l'Alfa Romeo 1750 ripropone i canoni tecnici della "Giulia", senza però seguirne quelli stilistici. Rispetto alla sorella minore, la "1750" aumenta il passo di soli 6 cm, ma gli sbalzi vengono sapiente-mente allungati fino a raggiungere la lunghezza di 4,39 mt, guadagnando quei 25 cm in più che le consentono di aspirare ad una categoria superiore. La scocca autoportante mantiene la struttura differenziata a deformazio-ne progressiva. Il blocco motore-cambio con trazione posteriore, rag-giunge una perfezione ed un equili-brio di funzionamento eccellenti. Sarà l'ultima automobile Alfa Romeo dota-ta di questo schema che era stato ini-ziato con la "Giulietta". Nelle vetture successive (Alfetta, Giulietta, 90 e 75) il cambio verrà spostato sul ponte posteriore, aumentando la stabilità, ma perdendo quella dolcezza di inne-sto dei rapporti che era il vanto delle vetture milanesi negli anni cinquanta e '60. Già nel 1969 venne presentata la "seconda serie" con piccole modifi-che funzionali ed estetiche come le frecce anteriori, i ripetitori laterali ed il volante in legno. La meccanica resta

invariata ed i 132 CV (SAE) del moto-re spingono la vettura a 180 km/h. Nel 1971, a Gardone Riviera, viene presentata la sua erede, il modello "2000".

Alfa Romeo 2000 La 2000 era un'autovettura prodotta tra il 1971 e il 1977 dalla casa mila-nese Alfa Romeo come evoluzione della 1750 nello stabilimento di Are-se.

Il contesto Tecnicamente era derivata dalla Giu-lia Super, con cui condivideva il pia-nale e l'intera meccanica (motore a parte), mentre la carrozzeria e gli in-terni, salvo piccole modifiche di detta-glio, erano gli stessi della 1750. All'e-sterno cambiavano la mascherina an-teriore (in plastica nera), le luci poste-riori (maggiorate) e altri dettagli, mentre gli interni erano decisamente migliorati nella conformazione dei sedili e nella fattura di sellerie e tap-pezzerie. Il tentativo di accreditare il modello come vera e propria ammira-glia si evinceva anche dalla possibilità di montare accessori qualificanti, co-me l'aria condizionata ed il lunotto termico, oltre agli appoggiatesta ante-riori. La cilindrata del motore (serie 105.16, poi serie 512 o 515 negli ulti-mi due anni di produzione) passò da 1779 a 1962cc attraverso l'aumento dell'alesaggio di 4mm e, grazie all'ali-mentazione con due carburatori dop-pio corpo (Dell'Orto DHLA 40 o Solex C40 DDH-5), la potenza toccava i 130 CV. Ottime le prestazioni (195 km/h e accelerazioni da 0 a 100 nell'ordine dei 9 secondi). L'impostazione sporti-va (freni a disco, cambio manuale a 5 marce, trazione posteriore e, su alcuni esemplari, differenziale autobloccan-

te) garantiva una guida brillante e sicura. Il motore della 2000 berlina, venne montato anche sulle coupé GT 2000 Veloce e sulle spyder 2000 Spi-der Veloce. La 2000 berlina dopo esse-re stata prodotta in 89.840 esemplari, fu sostituita nel 1977 dalla Alfetta 2000, ma la vera erede si ebbe nel 1979 con la nuova Alfa 6. Come avete potuto leggere la Giulia è stata una delle capostipiti indiscu-tibili della storia dell‟ Alfa Romeo con le sue molteplici “DERIVATE”. Nel nostro prossimo numero parleremo delle più significative “Alfa” da un punto di vista prettamente sportivo. Quindi non perdete il prossimo Nu-mero con “SPORTIVE ALFA”.

ARAMIS

Alfa Romeo 1750

Alfa Romeo 2000

Alfa Romeo 1750 Interno

Alfa Romeo 2000 Interno

PAGINA 6 ARAMIS ANNO V N. 15

BINOMIO INDISSOLUBILE.

Patricia Ann “Pat” Moss (Thames Ditton, 27 dicembre 1934 —Eaton Bray 14 ottobre 2008)

DONNE E MOTORI

C on questo numero del nostro gior-nalino diamo onore ad una delle

donne più vittoriose del rallysmo degli anni 50-60, oltre che “sorella” e “moglie” d‟arte, stiamo parlando di PAT MOSS:

Pat Moss - Carlsson fu una campio-nessa Equestre ed una delle donne di

maggior successo come pilota di rally di tutti i tempi. Ottenne tre vittorie a titolo definitivo e sette podi in manife-stazioni internazionali rally, fu inco-ronata campionessa europea Ladies ' Rally Champion cinque volte (1958, 1960, 1962, 1964 e 1965). Lei era la sorella minore di una star dei Gran Premi di Formula Uno: Stirling Moss, ed è stata sposata con il cam-pione di rally svedese Erik Carlsson dal 1963 fino alla sua morte. Fu autri-ce di The Story So Far (1967) e co- autrice ( con il marito ), del L'arte e la tecnica di guida (1965).

Biografia: Patricia Ann Moss nacque a Thames Ditton, nel Surrey, Inghilterra da Al-fred E. Moss e Aileen Crawford. Creb-be a Bray, nel Berkshire. All' età di undici anni il fratello maggiore Stir-ling le insegno a guidare, ma la sua carriera sportiva iniziò a cavallo, di-ventando una sho-wjumper famosa e di successo diventando anche mem-bro della British sho-wjumping team. Iniziò a guidare nei rally nel 1953, dopo essere stata introdotta a questo sport dal suo allo-ra fidanzato Ken Gregory , che fu an-che il manager di

Stirling Moss. Nell'estate del 1954, Pat acquistò una Triumph TR2 ed inizio la carriera agonistica nei rally più seriamente. Contattò anche lo Standard- Triumph Company per vedere se avrebbero potuto coprire le sue spese visto che pilotava una loro vettura proprio al RAC Rally del 1955 , ma non ebbe fortuna in quan-

to rifiutarono di sostenerla economicamente. Fortunata-mente, l‟ MG Car Company offrì a Pat sia la guida di una loro MG TF 1500 coprendogli anche le spese, così cominciò un rapporto che sarebbe dura-to sette anni e tre campionati – portando anche enormi bene-fici pubblicitari alla British Motor Corporation. Come fun-zionava il “driver company” del team di BMC Pat lo scoprì nel 1958, quando guidava la sua Morris Minor portandola al quarto posto nel RAC Rally. In

seguito conseguì un altro quarto posto al Liegi-Roma-Liegi con un

Austin Healey 100/6, e vinse anche il primo dei suoi cinque titoli europei del Ladies Rally Championship. Due anni dopo, la Moss conseguì‟ una con-vincente vittoria nella Liegi-Roma-Liegi con un Austin-Healey 3000, e finì seconda nella Coupe des Alpes dello stesso anno e al RAC del 1961. Nel 1962 fu terza all’ E-ast African Safari Rally con una Saab 96, ed al RAC Rally con la Austin-Healey. Il suo più grande suc-cesso, però, fu vince-re in olanda il Tulip Rally con una Mini Cooper. Anche se Moss considerava la Mini " nervosa e piut-tosto indisciplinata al limite", questo fu stato il primo di mol-

ti rally interna-zionali vinti da questa autovettu-ra. Nel 1963, la Moss si legò alla Ford e gestì egre-giamente un sesto posto all‟ Acropolis Rally con la sua Ford Cortina prepara-ta Lotus. In quello stesso anno, sposò il pilota/collega di rally Erik Carlsson, precisamente il 3 marzo 1963 a Londra. Nel 1964, la Moss passa alla Saab Factory Team avendo come partner Car-lsson, visto che fallì il ten-tativo di far firmare al marito con la Ford, gareg-giando con loro in undici manifestazioni internazio-nali. I suoi risultati più

notevoli furono il terzo posto all‟ Acro-poli, il quarto alla Liegi-Sofia-Liegi ed al RAC, ed il quinto al Rally di Monte Carlo. L'anno seguente, giunse terza nel Monte. Nel 1968, Moss si legò alla Lancia per guidare la nuovo Fulvia. Non le piaceva la macchina in quanto

sosteneva che avesse un for-te sottosterzo, ma nonostante ciò portò la Lancia al 14° posto al Monte e poi ad un secondo posto nel 1968 al Rallye di San-remo, dietro solamente a Pauli Toivo-nen pilota di una Porsche 911. I suoi altri risultati di rilievo della stagione, in-

cluso vincere il Rally Sestriere, furono un ottavo posto all'Acropoli ed il setti-mo al Tour de Corse. Al Monte del 1969, la Moss portò la sua Fulvia al sesto posto finale. All'inizio di dicem-bre del 1969, Moss e Carlsson ebbero una figlia, che ora è una “showjumper” di successo: Susie Ra-wding. Moss da allora fu sempre me-no attiva come pilota di Rally, ma nel 1972 si unì con la Renault Alpine e guidò la sua Alpine A110 al decimo posto al Rally di Monte Carlo, prima di andare in pensione come pilota ago-nistica in maniera definitiva nel 1974. Pat Moss morì di cancro a casa in Ea-ton Bray, nel Bedfordshire, all'età di 73 anni il 14 ottobre 2008 lasciando il marito Erik, e sua figlia Susie.

ARAMIS

Pat Moss con il fratello Stirling The Story So Far, Un libro di Pat Moss

Pat Moss al Monte del 1968 con la Ful-

Pat Moss con il marito Erik Car-

lsson al Rallye di Monte del 1964

PAGINA 7 ARAMIS ANNO V N. 15

Io c’ero, Aramis :incontro con la storia Centena-rio Alfa Romeo - Arese 26 Giugno 2010

G razie a due nostri soci abbiamo

potuto rappresentare il nostro

Club alla festa del Centenario

dell‟Alfa Romeo che si è svolto lo scor-

so 26 Giugno, di seguito il racconto

dalla viva “voce” del nostro Vice Presi-

dente Renzo.

Ho voluto partecipare alla celebra-zione del centenario dell‟ALFA RO-MEO, tenutosi in quel di Milano nei giorni 25 e 26 Giugno. Per par-tecipare era necessario iscriversi con molto anticipo on line alla MAC GROUP. Il giorno 25 era pre-vista la visita al museo dell‟ALFA di Arese, seguito da un rinfresco. Ho raggiunto il Museo a bordo del-la mia SZ in compagnia di un ami-co appassionato sia di Fotografia che di Automobili. L‟accoglienza era praticamente inesistente e le auto esposte erano poche anche se molto interessanti. Le più belle era-no state dislocate nelle varie Piazze di Milano. All‟ora canonica del pranzo scopriamo che non solo ci siamo dovu-ti pagare un misero panino, ma anche il caffè!! Quindi rinfresco zero!! Il gior-

no seguente, cioè Sabato, ritorno a Milano con mia figlia, il ritrovo è fissato alle ore

09:00 presso la Fiera di Rho. Quì, dopo una breve coda per entrare nei par-cheggi, (devo am-mettere che sono stati sbrigativi), incontro l‟amico e Socio, Spinetti che con la sua simpatica signo-ra, ha voluto es-sere presente a questo evento. Effettivamente all‟interno del Padiglione Nr. 14, sia

il check-in che il mega buffet sono stati allestiti alla grande. Il colpo d‟occhio delle numerose ALFA ROMEO provenienti da tutto il mon-do esposte nei vari parcheggi

all‟esterno, è stato davvero impressio-nante: pensate quasi 2500 Autovettu-re che moltiplicato per 2 persone ad

equipaggio, fa una cifra di circa 5000 persone da rifocil-lare, etc! La calura esterna ed il buffet quasi pronto, ha trattenuto all‟interno del Pa-diglione quasi tut-te le persone: il buffet è stato aper-to verso le 11:30 sino alle 13:30. L‟amico Spinetti riesce a trovare quattro posti insie-

me, lui, sua moglie, io e

mia figlia: gli unici del Club Aramis

presenti! Alle ore 14:00 inizia la ceri-monia dell‟inaugurazione del monu-mento dedicato al Centenario dell‟ALFA ROMEO. Una scultura in

fusione di ottone del modello in scala della famosa ALFA 1900 del 1952, detta Disco Volante. Devo ammettere che un po‟ di orgoglio mi ha per-vaso quando, scoperto il mo-numento, ho pensato che den-tro lo stesso, in una pergame-na, ci sono tutti i nomi di quanti hanno partecipato alla realizzazione del Monumen-to, ovvero anche il nome del “CLUB ARAMIS DI ARDEA-ROMA”. Alle ore 15:30 Inco-minciamo ad incolonnarci con le nostre auto a gruppi di circa 100-150, per infilarsi

nella tangenziale di Milano, per un abbraccio simbolico

alla città. Il sole cocente e la confusio-ne hanno spinto me e mia figlia a prendere la strada per Torino! A con-clusione di tutto ciò rimane un po‟ di rammarico che questo evento non sia stato gestito come forse ci si aspetta-va. Vorrei aggiungere che non è stato tanto per i soldi versati, ma per la qualità e la quantità dell‟evento che a mio giudizio è stato insufficiente. D‟accordo con l‟amico Spinetti, abbia-mo benedetto i raduni e l‟organizzazione del Club Aramis, non tanto per la qualità, (rimaniamo sem-pre umili), ma per la quantità del ci-bo, che fino ad oggi è sempre stato abbondante e se vogliamo, per qualità prezzo, rimaniamo ad alto livello. Vi-va il Club Aramis!!!!!!!

RENZO

Noi e la scultura all’ Alfa Romeo

Il parcheggio alla Fiera di Rho

Alfa esposte al museo di Arese

Il parcheggio alla Fiera di Rho

PAGINA 8 ARAMIS ANNO V N. 15

I l raduno che si svolgerà il 24, 25 e 26 Settembre ci porterà ad una

delle isole più invidiate del nostro Mar Mediterraneo, un Isola ricca di

Storia non- ché protagoni- sta di uno degli eventi Rallystici più sce-nografici: stiamo parlando dell ISO-LA d’ELBA. Vediamo alcune infor-mazioni e cenni storici di ciò che visi-teremo nei pressi e non solo!!!

Isola d'Elba L'isola d'Elba è un'isola situata tra il Mar ligure ed il Mar Tirreno, posta a circa 10 chilometri dalla costa. È la più grande delle isole dell'Arcipelago toscano, e la terza più grande d'Italia (223 km²). L'Elba, assieme alle altre isole dell'arcipelago (Pianosa, Ca-praia, Gorgona, Montecristo, Giglio e Giannutri) fa parte del Parco Nazio-nale dell'Arcipelago Toscano. L'isola è divisa in otto comuni, tutti afferenti alla provincia di Livorno: Portofer-raio, Campo nell'Elba, Capoliveri, Marciana, Marciana Marina, Porto Azzurro, Rio Marina e Rio nell'Elba, per un totale di circa 30mila abitanti, che aumentano notevolmente durante l'estate.

Geografia L'isola d'Elba è la più grande striscia

di terra rimanente dell'antico tratto che collegava la penisola italica alla Corsica, dopo le altre isole dell'Arcipe-lago Toscano. Le coste settentrionali

sono bagnate dal Mar Ligure, quelle orientali dal Canale di Piombino, quelle meridionali dal Mar Tirreno e quelle occi-dentali dal Canale di Corsica. Il terreno è molto vario, e di-viso in più parti a seconda della sua conformazione e dell'Era geologica in cui si è formato: La parte montuosa e più recente, a ovest, è dominata al centro dal Monte Capanne (1018 m s.l.m.), il "tetto dell'Arcipelago Toscano". Al centro si estende un tratto prevalentemente pia-neggiante, e la larghezza si riduce a soli quattro chilome-tri. È proprio in questa parte dell'isola che si trovano i maggiori centri: Portoferraio, Campo nell'Elba. A est si trova invece la parte più antica dell'isola, formatasi più di 400 milioni di anni fa. In quell'area colli-nare, dominate dal Monte

Calamita, si trovano i giacimenti di ferro che resero famosa l'Isola d'Elba.

Idrografia

Dai maggiori rilievi dell'isola scendono numerosi corsi d'acqua a regime torrentizio, i quali raramente supera-no i 3 km. Durante il periodo estivo, quando le precipi-tazioni si riducono al minimo, risulta frequente che quel-li di minore lun-ghezza e portata si secchino, lasciando il letto asciutto. I più importanti, ordinati per lun-ghezza, sono:

Fosso San Francesco 6,5 km;

Fosso Barione, 5,1 km;

Fosso Redinoce, 2 km

Ai piedi del Monte Capanne, tra Pog-gio e Marciana, è presente una sor-gente di nome Fonte Napoleone consi-derata, per le sue qualità organoletti-che, una delle migliori acque potabili in Italia tanto che viene utilizzata dai cittadini e imbottigliata dalla fabbrica omonima con il logo del Parco dell'Ar-cipelago Toscano.

Clima

Il clima dell'isola presenta prevalente-mente caratteristiche mediterranee, fatta eccezione per il Monte Capanne dove gli inverni tendono ad essere moderatamente freddi. Le precipita-zioni sono concentrate nel periodo autunnale e risultano essere abba-stanza contenute.

Storia

La Storia ha voluto che l'isola d'Elba fosse teatro di grandi eventi: non esi-ste civiltà del Mediterraneo che non abbia lasciato tracce rilevanti dei pro-prio passaggio. Natura, arte e cultura millenaria, racchiuse in un microco-smo di 224 kmq, creano un'atmosfera unica, rievocano scenari straordinari, frutto di incontri tra popoli diversi. Secondo le narrazioni mitologiche è a Porto Argoo, l'odierna Capo Bianco, che Giasone fece tappa durante l'av-venturosa ricerca del vello d'oro e, come rivela Virgilio nell'Eneide, dallo stesso porto salparono 300 giovani

Elbani per portare aiuto al "Pio Enea" nella dura lotta contro i Rutuli. Per gli E-truschi l'El-ba costituì un'inesau-ribile fonte di ricchez-za: già nell'VIII sec. A. C. sfruttavano le miniere ed esporta-vano il fer-ro in tutto il bacino

del Mediterra-neo, ricavandone enormi ricchezze. Sorsero così i forni che giorno e notte fondevano i minerali con alti bagliori

GITA ALL’ISOLA D’ELBA

RADUNO: DEL MESE DI SETTEMBRE

Isola d'Elba

Isola d'Elba vista dal satel-

PAGINA 9 ARAMIS ANNO V N. 15

e, come narra Aristotele, dettero origi-ne al nome Aethalia (scintilla), attri-buito all'Elba dai navigatori greci. Dei cinque secoli di dominazione etrusca rimangono diverse necropoli, alcuni resti di forni fusori e numerosi "villaggi d'altura", inseriti in scenografie inimitabili. Al declino della potenza etru-sca, i Romani ereditarono l'industria siderurgica, ma valorizzarono anche i giaci-menti di granito e scopriro-no i fanghi curativi delle Terme di San Giovanni, le bellezze del paesaggio ed i vini eccellenti. "L'Isola del vino buono" diceva Plinio il Vecchio. Ecco quindi fiorire un intenso traffico di navi cariche di anfore: molte sono conservate nei Musei Archeo-logici di Portoferraio e Marciana e, insieme a sorprendenti reperti resti-tuiti dal mare, raccontano tutta la

storia della navi-gazione antica. Nei golfi più suggesti-vi sorsero le grandiose ville patrizie della Linguella, delle Grotte e di Capo Castello, oggi come allora luoghi di letizia. Nel Medioevo fu la Repubblica Marinara di Pisa a sfruttare le miniere di ferro ed il granito dell'Elba: la maggior parte delle colonne che impreziosiscono Piazza dei Mi-racoli sono state modellate dai valenti scalpellini di S. Piero. Del periodo pisano rimangono numerose testimonianze: le raf-finate Chiese romaniche e la torre di San Giovanni in Cam-po, costruita su un enorme mas-so di granito, ma soprattutto la possente "Fortezza" di Marciana ed il maniero del Volterraio, sentinella dei monti e dei mari. Nel 1548 fu la volta dei Medici e Cosimo I realizzò la città fortificata di Portoferraio, vero gioiello di urbani-stica militare. Era così perfetta l'ar-monia tra mare, terra ed opere archi-

tettoniche che la nuova città fu chia-mata Cosmopoli, "culla della civiltà e della cultura, esempio di equilibrio e

razionalità". Subito dopo gli Spagnoli si insediarono a Porto Azzurro e co-struirono l'imponente Forte S. Giaco-

mo, che oggi o-spita la Casa di Pena, ma anche diverse cappelle ed il suggestivo Santuario di Monserrato, in-castonato su una cupa montagna "dolomitica". Nel XVIII secolo l'El-ba fu contesa da Austriaci, Tede-schi, Inglesi e Francesi con frenetiche trat-tative diplomati-che o accanite

battaglie, finché fu assegnata in "piena proprietà e sovranità" a Napo-leone Bonaparte che, in 10 mesi di

governo, lasciò impronte significative: costruì strade, riorganizzò l'economia mineraria, incrementò la produzione e

l'esportazione dei vino. Da un'antica chiesa sconsacrata, ricavò un grazioso teatro che, restituito all'antico splen-

dore da un sapiente restau-ro, è oggi sede di importanti rassegne culturali. Al suo rientro in Francia, per i fati-dici cento giorni, Napoleone lasciò due residenze, divenu-te Musei Nazionali e fre-quentate ogni anno da mi-gliaia di visitatori. ...E la magia continua. Soggetto privilegiato dai grandi pitto-ri macchiaioli, l'Elba ospita artisti italiani e stranieri che si riuniscono in discreti ce-nacoli, cancelli aperti per infinite feste della memoria.

Montano

Il Monte Capanne (il più alto in tutta la provincia di Livor-

no) offre la possibilità di numerose passeggiate e si può raggiungere la sua sommità, 1019 m s.l.m. - la più alta dell'isola - , durante l'estate, con una cabinovia che parte da Marciana. ll complesso del monte Capanne è la dimora di molte specie animali tra cui il muflone e il cinghiale che, nono-stante il continuo afflusso di turisti, si nascondono nella moltitudine di ripa-ri e di caverne ai piedi del monte.

Subacqueo

Ricca di spiagge e scogliere l'isola d'Elba offre un'ampia scelta per le immersioni subacquee, spaziando da immersioni accessibili ai principianti a quelle più impegnative. Alcuni e-sempi sono: il relitto di Pomonte , vicino allo

scoglio dell'Ogliera, posato ad una profondità di soli 10 metri sul fon-dale sabbioso, adatto anche ai neo-fiti della subacquea;

le Formiche della Zanca , ad ovest dell'isola vicino a Capo Sant'Andrea, una pare-te verticale dai 20 ai 40 me-tri ricca di gorgonia rossa; Capo Stella, un'immersio-ne impegnativa fino a 41 metri ricca di cernie, mure-ne, gorgonie rosse e corallo rosso; i Picchi di Pablo , da 8 a 33 metri di profondità, con la parete popolata da gorgonie bianche e gialle, spugne gial-le coperte da gamberi. lo Scoglietto di Portofer-raio, un'immersione su una franata tra i 20 e i 35 metri,

con scarsa corrente. Ricca di barra-cuda anche in numero considerevo-le, saraghi, orate, dentici, cernie, corvine, murene, mustelle.

ARAMIS

Poggio Terme—interno dell’ Isola d’ Elba

Isola della Paolina

Chiesa Santo Stefano

PAGINA 10 ARAMIS ANNO V N. 15

Club Aramis Associazione Ricreativa Auto e

Motocicli Storici

Affiliato F.I.V.A.

Via Nazareno Strampelli, 2

00040 Ardea (RM)

Tel. 338-2601580

www.clubaramis.it Orario di apertura sede:

Sabato 10,30-13,00/ 16,00-18,00

Domenica 10,00-12,30 (escluso i giorni di raduno e feste nazionali)

Aramis Notiziario del Club

Luglio 2010, Anno V°, n. 15

Il Notiziario del Club Aramis è rea-lizzato in proprio, a tiratura limita-ta, con la collaborazione volontaria dei Soci che ne realizzano la Reda-zione e si assumono la responsabili-tà dei propri scritti.

Questo numero è stato redatto con la collaborazione di:

Fabio Ceresoni e Renzo Pellegrin.

Anniversari delle case automobilistiche: 65 anni di Jaguar

Nei prossimi nu-

meri...

C ome ricorderete nei precedenti numeri ci sono altre case automo-

bilistiche che compiono i loro anniver-sari. Una di queste è la casa di Sir William Lyons, ovvero la:

Jaguar Dalla SS alla Jaguar L'utilizzo commerciale del marchio Jaguar avvenne nel 1945 ed era, in effetti, la nuova denominazione del-la Standard Swallow (a sua volta ridenominazione della Swallow Si-decar Company, fondata a Coventry nel 1922 da William Lyons e Wil-liam Walmsley), il cui acronimo SS era divenuto, al termine della Se-conda guerra mondiale, funesto. Il nome Jaguar era, peraltro, già com-parso su modelli SS d'anteguerra. Mentre Walmsley aveva già lasciato la SS negli anni trenta, Lyons rima-se timoniere unico anche della Ja-guar. Anche la sede e gli stabilimen-ti rimasero quelli di Swallow Street (Coventry) anche sotto la nuova in-segna. I primi modelli a debuttare (1945) furono le Mark IV con motori a 4 (di 1,5 litri) o 6 cilindri (di 2,5 e 3,5 litri). Queste vetture, benché il nome commerciale dell'epoca fosse semplicemente Saloon (berlina), sono conosciute come Mark IV. Nel 1947 arrivarono anche le versioni spyder (solo delle 6 cilindri) denomi-nate Drophead. Il restyling delle Mark IV portò alla nascita (1948) delle Mark V. Tuttavia, indirizzata dalla politica economica del Governo inglese che favoriva l'approvvigiona-mento di acciaio e alluminio a prezzi di favore alle industrie che esporta-vano prodotti finiti nei paesi a mo-neta forte (soprattutto gli Stati Uni-ti), la Casa di Coventry pensò ad un modello da vendere massicciamente anche negli USA: la leggendaria Serie XK del 1948. Mentre prosegui-va la successione delle grandi berli-ne (dalla Mark VII del 1950 alla Mark IX del 1961), la Jaguar profu-se grande impegno nell'attività sportiva, partecipando soprattutto alla 24 Ore di Le Mans. E furono ben 5 le vittorie Jaguar alle edizioni anni cinquanta della celebre gara di durata francese: 1951 (XK 120 C), 1953 (C-Type), 1955, 1956 e 1957 (D-Type). Il frutto di queste vittorie, oltre ai benefici d'immagine al mar-chio, fu la XKSS, versione stradale della D-Type. A metà degli anni '50, tuttavia, la Casa di Coventry si sta-va evolvendo da realtà semi-artigianale a industria. Questo pas-saggio fu favorito dal successo di modelli come la Mark I (1955), la E-Type (1960), la Mark X (1961) e la S-Type (1963). A suggellare la cre-scita contribuirono anche le acquisi-zioni della Daimler (1960) e della Coventry Climax. Dal quel momen-to iniziò anche il trasferimento di

una parte via via più consistente della produzione da Sawllow Road a Browns Lane (sempre a Coventry), negli ex-stabilimenti Daimler. La Casa di Coventry, tuttavia, aveva già toccato l'apice e a metà anni ses-santa era in fase discendente. A parte la E-Type infatti tutti i model-li erano abbastanza obsoleti, molti ingegneri "storici" (come Heynes) stavano andando in pensione e Lyons era preoccupato per la sua successione (il figlio era morto nel 1955 in un incidente stradale). La soluzione migliore parve a Lyons (classe 1901) quella di cedere, nel 1966, la proprietà Jaguar alla Bri-tish Motor Corporation, pur rima-nendone alla guida.

Gli anni sotto BMC e Bri-tish Leyland

Nonostante le endemiche difficoltà della BMC, che nel 1968 si fuse con la Leyland, originando la British Leyland (colosso votato all'autodi-struzione, puntualmente avvenuta), in questi anni nacquero gli ultimi capolavori di Lyons: la berlina XJ (1968) ed il motore V12 (1971). Pur con tutta una serie di problemi lega-ti all'appartenenza alla British Le-yland (peggioramento della qualità costruttiva e delle finiture, problemi di affidabilità anche gravi) entram-be le "invenzioni" di Lyons furono accolte con favore. Quando, nel 1972, il mitico fondatore Lyons la-sciò Browns Lane (diventata nel frattempo sede centrale dell'azien-da), ritirandosi a vita privata, sul trono del giaguaro s'insediò Goef-frey Robinson. Sotto la sua gestione nacquero i modelli che cambiarono lo stile automobilistico dell'epoca con il prestigioso marchio Jaguar: la XJ Series e soprattutto la controver-sa sportiva XJS. L'ultimo prodotto realizzato sotto la British Leyland fu la serie XJ40 della berlina XJ (1986). Sviluppata, tra mille difficol-tà (scioperi, contestazioni sindacali, problemi di affidabilità, crisi finan-ziaria del Gruppo) a partire dalla seconda metà degli anni settanta, la XJ40 rispecchiò il clima in cui era nata: il vano motore, per scongiura-re l'installazione del V8 Rover era stato progettato dai tecnici "ribelli" in modo da non poter ospitare moto-ri con architettura a V. Questo spie-ga perché la versione V12 conservò la vecchia carrozzeria della Series 3 fino al 1992. Con lo smembramento del Gruppo British Leyland (nazionalizzato negli anni '70), la proprietà della Jaguar venne ceduta alla Ford nel 1990. A seguito di ciò è solo storia moder-na che da un punto di vista “storico” non ci riguarda fino ad arrivare ai giorni nostri con l‟acquisizione da parte dell‟ Indiana TATA.

ARAMIS

Con la presente uscita ci scusiamo di non avervi reso partecipi del N°14 del nostro giornalino in quanto per di-sguidi tecnici non è stato possibile stamparlo in tempo utile per l‟uscita prevista, perdonateci!! Nel prossimo numero ci occuperemo sempre del nostro tributo al centenario dell‟ Alfa Romeo trattando le autovetture che hanno dato lustro sportivo nel mondo, continuerà il nostro omaggio alle don-ne al volante e vedrò di approfondire un po‟ di più alcuni modelli del mar-chio Jaguar, tutto questo sperando sempre di fare del mio meglio. Buona sgommata a tutti………….….Fabio

Aramis informa IL CLUB INFORMA CHE

NELL’ULTIMA RIUNIONE DEL

DIRETTIVO SI E’ DECISO DI

SPOSTARE IL “TROFEO ARA-

MIS” AL 17 OTTOBRE PROSSI-

MO PER NON IMPATTARE CON

LE DATE DEL “MILLENIUM

EXPO’” DEL 9-10 OTTOBRE.