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Retina Suisse Giornale - Journal 4 / 2012 esce quattro volte l'anno L'associazione d'aiuto reciproco di persone con retinite pigmentosa (RP), degenerazione maculare, sindrome di Usher e altre malattie degenerative della retina

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Retina Suisse

Giornale - Journal4 / 2012 esce quattro volte l'anno

L'associazione d'aiuto reciproco di persone con retinite pigmentosa (RP), degenerazione maculare, sindrome di Usher e altre malattie degenerative della retina

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Impressum

Redazione: Christina Fasser, Uta Buhl, Renata Martinoni Retina Suisse, Ausstellungsstrasse 36, 8005 Zurigo Tel. 044 444 10 77, fax 044 444 10 70 [email protected], www.retina.ch

Testo italiano: Renata Martinoni

Impaginazione e stampa: Roda Fratelli SA, Taverne (TI)

Giornale parlato: Centro di produzione Unitas, 6900 Lugano

Abbonamento annuo: è compreso nella tassa sociale

Il Giornale esce: in italiano, francese e tedesco, in versione scritta e

parlata

Conto postale 80-1620-2 IBAN CH42 0900 0000 8000 1620 2 Siamo grati per ogni offerta!

No. 118, dicembre 2012

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Giornale Retina Suisse 4 / 2012 1

Sabato, 13 aprile 2013: Assemblea generale di Retina Suisse a Friborgo

Agenda

Giornale4 / 2012

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Sommario

Editoriale ................................................................. 4

Ci congratuliamo Premio di ricerca RP 2012 ......................................... 6 Congresso mondiale diRetina International a Amburgo Portale della visione (U. Buhl) .................................. 9 Giro d’orizzonte (St. Hüsler) ..................................... 10 Impressioni (R. Martinoni) ........................................ 18 Ricerca Cosa ci porta di nuovo la ricerca? (B. Ritzert) .......... 21 • Retinite pigmentosa: dalla terapia genica al • trapianto di retina • Degenerazione maculare correlata all’età Scoperto un nuovo gene per Usher 1J ..................... 26 Studi clinici con StarGen e RetinoStat: a che punto

sono le cose? (Ch. Fasser) .......................................... 27 Retinite pigmentosa e training dei movimenti oculari (DOG) ............................................................. 29 Depressione e la nostra vista (Clinica universitaria

Friburgo in Brisgovia) ................................................ 32 Cellule staminali per curare la perdita d’udito dovuta all’età .......................................................................... 34

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Giornale Retina Suisse 4 / 2012 3

Vivere con... L’accesso dei giovani con handicap visivo al mondo

del lavoro: un lungo processo (M. Glauser e J. Schönenberger) .............................. 36

Il nuovo diritto di protezione degli adulti (R. Martinoni) ............................................................. 38

Consigli e accorgimenti Se si deve andare all’ospedale (Ch. Fasser/UCBC) ... 42

Le novità della Biblioteca Braille di Zurigo .............. 43 Al cinema a casa propria ........................................... 44

Qualche pratico ausilio (Ch. Fasser/UCBC) ............... 45

Esposizioni ............................................................... 49 FOSSIL ART ................................................................. 49

Un altro modo di vedere ........................................... 50

La pagina del presidente ................................. 51

E per fi nire… cose su cui rifl ettere La paurosa avventura del signor Frei sull’ascensore

(Th. Ammann) ............................................................ 56

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4 Giornale Retina Suisse 4 / 2012

Care lettrici, cari lettori

Quando terrete in mano questo Giornale Retina le fe-ste saranno ormai storia. L’anno nuovo sarà incomin-ciato da tempo e perciò cogliamo l’ultima occasione per porgere a voi e alle vostre famiglie gli auguri per un felice 2013, in buona salute e ricco di soddisfazioni e belle esperienze.

Fin d’ora è chiaro che il 2013 mobiliterà tutta la nostra attenzione. A metà dicembre il Consiglio nazionale ha discusso la revisione 6B dell’AI, mitigando il progetto che prevedeva massicce riduzioni per le persone con un alto grado d’invalidità, benefi ciarie di rendite AI. Il Consiglio degli Stati, da parte sua, aveva già ap-provato prima la severa modifi ca e ora i due rami del Parlamento dovranno accordarsi. Le cifre pubblicate dalla Confederazione indicano che le misure fi nalizza-te al risanamento intraprese negli scorsi anni hanno contribuito in larga misura a migliorare durevolmente i bilanci dell’AI e che, senza prendere misure ulteriori, l’AI avrebbe potuto saldare i suoi debiti entro il 2029. Con le misure del pacchetto 6B, molto incisive per le persone toccate, si potrebbe raggiungere l’obiettivo del risanamento dell’AI già nel 2025, insomma solo 4 anni prima. Le persone in situazione di handicap sono pronte a partecipare di persona al risanamento dell’AI, in pratica vi hanno già contribuito con le revi-

Editoriale

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Giornale Retina Suisse 4 / 2012 5

sioni 5 e 6A, che hanno prodotto un risparmio annuo di 700 milioni di franchi. Tutte le misure prese nelle due revisioni menzionate sono però a discapito delle persone invalide. Al momento (dicembre 2012) non è ancora dato sapere che cosa deciderà il Parlamento. A dipendenza dei risultati del dibattito non è da esclu-dere che le organizzazioni delle persone con handicap decideranno di lanciare il referendum. Per svolgere una campagna di successo occorre però la parteci-pazione di tutte le persone con handicap, dei loro congiunti e amici. Siamo fi duciosi che a tempo debito vorrete concederci un vigoroso sostegno.

Nonostante questo grosso impegno non trascureremo i nostri compiti essenziali, che sono l’informazione sui molteplici aspetti delle degenerazioni retiniche e più in particolare la ricerca, i quadri clinici e la vita con un’affezione retinica e le sue ripercussioni quotidiane.

Quanto sia diventato interessante il settore della ri-cerca l’ha messo in evidenza il 17esimo Congresso mondiale di Retina International. Per quante e quanti non hanno potuto parteciparvi questo giornale porta un giro d’orizzonte, completato da altre notizie dal mondo scientifi co.

In attesa di nuove occasioni d’incontro vi porgiamo un cordialissimo saluto

Christina Fasser

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6 Giornale Retina Suisse 4 / 2012

Ci congratuliamo

Premio di ricerca RP 2012 a Kerstin Nagel-Wolfrum

Il premio di ricerca retinite pigmentosa 2012 di PRO RETINA Deutschland e. V. e Retina Suisse è andato alla dott. phil. nat. Kerstin Nagel-Wolfrum. La consegna è avvenuta a Berlino nel quadro del 110. Congresso della Società tedesca di oftalmologia (DOG). Come indicato dal professor Eberhart Zrenner, presidente del comitato medico –scientifi co di PRO RETINA nella sua laudatio, il premio è andato alla signora Nagel-Wolfrum in virtù di due importanti ricerche. Le citiamo qui di seguito: (1) Tobias Goldmann, Annie Rebibo-Sabbah, Nora Over-lack, Igor Nudelman, Valery Belakhoy, Timor Baasov, Tamar Ben-Yosef, Uwe Wolfrum e Kerstin Nagel-Wol-frum: «Benefi cial Read-Through of a USH1C Nonsense mutazione by Designed Aminoglycoside NB30 in the Retina. Investigative Ophthalmology & Visual Scien-ce, 51:6671-6680 (2010)» e (2) Tobias Goldmann, Nora Overlack, Uwe Wolfrum e Kerstin Nagel-Wolfrum: «PTC124-Mediated Translational Read through of a Nonsense mutazione Causing Usher Syndrome Type 1C. Human geni Therapy 22:537-547 (2011)».

In entrambi i lavori Nagel-Wolfrum (ogni volta come autrice senior) indica nuove vie per l’individuazione e la terapia della sindrome di Usher. La sindrome di Usher è la più frequente affezione ereditaria in cui sono pre-senti sordità e cecità in combinazione. Tra le cause si conoscono svariate mutazioni genetiche che portano

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a un’interruzione del processo di traslazione dei geni (l’«assemblamento» di una proteina sulla base del modello genetico, nel caso in questione l’armonina). Nagel-Wolfrum e il suo team hanno dimostrato che con l’ausilio di uno speciale aminoglicoside (un determi-nato gruppo di antibiotici), peraltro già sperimentato, era possibile «saltare» il punto d’interruzione e in tal modo ripristinare la funzione proteica dell’armonina difettosa. Questi studi indicano una nuovissima via per la cura di determinate forme della sindrome di Usher. Nel secondo lavoro Nagel-Wolfrum e il suo team hanno studiato il potenziale terapeutico della sostanza speri-mentale PTC124 in merito alla sua capacità di trattare a sua volta un difetto della lettura dello schema di tra-smissione del gene, notato in determinate forme della sindrome di Usher. L’eccellente tolleranza della sostan-za PTC124 può spianare la via a nuove forme di terapia non solo per la sindrome di Usher, ma anche per altre affezioni oculari e non oculari, dovute a analoghi difet-ti di lettura dello schema di trasmissione del gene.

Dopo aver conseguito la laurea in biologia, la dott. Nagel-Wolfrum ha dapprima lavorato nel settore dell’oncologia molecolare. Da parecchi anni è però passata alla ricerca sulla sindrome di Usher presso l’Uni-versità Johannes Gutenberg di Magonza. Di ritorno da un periodo di studio e ricerca presso il centro di terapia genica dell’Università della Florida, i suoi lavori vertono specifi catamente su concetti terapeutici legati ai geni. Accanto alla classica terapia di sostituzione di geni con l’ausilio di vettori virali, l’interesse di Nagel-Wolfrum va

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concentrandosi su strategie alternative, in particolare sulla riparazione di geni mediante ricombinazione omo-loga e «il saltare via» le mutazioni nonsense. Nagel-Wolfrum ha all’attivo una serie notevole di pubblica-zioni su rinomate riviste nonché una patente europea. Inoltre possiede ottime connessioni internazionali e dall’ottobre 2010 dirige il gruppo di ricerca sulle terapie per la sindrome di Usher dell’Istituto di zoologia dell’U-niversità di Magonza.

La Società tedesca di oftalmologia (DOG), PRO RETI-NA Deutschland e.V. e Retina Suisse porgono alla dott. Nagel-Wolfrum i migliori auguri per il suo lavoro pres-so l’Università di Magonza e per la sua futura carriera e si congratulano sentitamente per l’ottenimento del premio di ricerca Retina. Questo consiste di 2’000 Euro in contanti e di un contributo fi nanziario di 1’500 Euro per la partecipazione a un congresso scientifi co. Senti-te congratulazioni anche dalla redazione del Giornale Retina!

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Portale della visione

Uta Buhl, Geerenstrasse 20, 8123 Ebmatingen

Una cosa è certa, anche senza congressi Amburgo è una città di grande fascino. Lo è come portale verso il mondo e non soltanto come «portale della visione» - la denominazione che ci piace darle in relazione con il congresso 2012 di Retina International. Accanto al ricco e interessantissimo programma del congresso, mi è pur-troppo mancato il tempo per una visita approfondita delle bellezze della città. Al congresso stesso, essendo io affetta da degenerazio-ne maculare, mi è parso logico seguire soprattutto le conferenze riguardanti la mia malattia. Ho così avuto modo di informarmi di nuovo sulle ultimissime novità in fatto di terapia e sulle misure di prevenzione consi-gliate. Due dei miei colleghi hanno allargato ulterior-mente il ventaglio dei temi del congresso e perciò vi proponiamo qui di seguito anche le loro esperienze e impressioni, cominciando con le note del presidente di Retina Suisse.

Non solo immediatamente dopo la sua chiusura, ma anche con una certa distanza nel tempo, oso affermare che il congresso 2012 di Retina International rimarrà impresso durevolmente nella memoria di chi vi ha par-tecipato. Infatti, accanto alla massa d’informazioni che

Congresso mondiale diRetina International a Amburgo

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Giro d’orizzonte

Stephan Hüsler, Fenkernweg 3, 6010 Kriens

Dopo l’apertura uffi ciale della 17esima «Retina Inter-national World Conference» da parte della presidente Christina Fasser e di diversi oratori e autorità, ha preso la parola il professor Andreas Gal che si è soffermato sul percorso di ricerca culminato nel successo della terapia sostitutiva con il gene RPE65. Egli stesso era coinvolto nella realizzazione di questa terapia di grande successo, in particolare essendo stato il primo a scoprire il ruolo della proteina prodotta dal gene RPE65 nel ciclo visivo. Gal ha indicato quanto, in quel contesto, ha contato la collaborazione con altre discipline. Nel suo esposto il professor Eberhart Zrenner ha a sua volta messo l’ac-cento sull’importanza della collaborazione interdiscipli-nare quale chiave del successo della ricerca scientifi ca. Zrenner è responsabile del progetto di retina artifi ciale che si sta realizzando a Tübingen. Lo sviluppo di un chip elettronico da inserire nella retina richiede la partecipa-zione di un gran numero di specialisti e non da ultimo di pazienti pronti a mettersi a disposizione per far progre-

ognuno ha raccolto individualmente in funzione delle sue esigenze, ci sono state anche innumerevoli interes-santi occasioni d’incontro e contatto. Se voi, care lettrici e cari lettori, non volete mancare un’altra volta un’oc-casione del genere pensateci sin d’ora: il prossimo con-gresso di Retina International si terrà a Parigi nel 2014.

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dire la ricerca, correndo pure qualche rischio. Il compito è molto complesso e richiede grande impegno comuni-cativo. Il professor Zrenner ha descritto in modo plastico l’interazione dei diversi enti coinvolti, dal laboratorio di ricerca dell’Università all’agenzia europea d’autorizza-zione dei farmaci. Ha inoltre fatto notare che i pazienti spesso hanno poco tempo e scarsa pazienza. Per Zrenner sono proprio questi gli aspetti importanti, in specie se si vogliono evitare rischi e non creare nuove inutili soffe-renze.

Retina artifi cialeAd Amburgo erano presenti ben tre progetti di retina artifi ciale. Non tutti e tre si trovano allo stesso stadio di sviluppo: ARGUS 2 ha già ottenuto l’autorizzazione europea alla commercializzazione (marchio CE), Retina Implant e IRIS sono ancora in fase di sviluppo. Tutti e tre i prodotti presentati possono però registrare dei successi interessanti. Diverse persone presenti al congresso erano dell’opinione che i chip retinici si trovano oggi allo stes-so stadio in cui era l’impianto cocleare immediatamente prima della sua introduzione sul mercato.

Tentativi terapeutici per l’amaurosi congenita di LeberSulla terapia genica sostitutiva in caso di amaurosi con-genita di Leber (LCA) diversi sono stati gli esposti. La professore Jean Bennett di Filadelfi a ha fatto un giro d’orizzonte sulle sei ricerche attualmente in corso. Dal 2007, quando ebbe avvio la fase 1 della terapia genica sostitutiva, furono trattati 47 pazienti. La maggior parte

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di essi ha constatato un miglioramento dell’acuità visiva e della vista al buio. Non essendo intervenute compli-cazioni importanti, la terapia è da ritenersi sicura. Come per altri progetti di ricerca, la sfi da principale risiede nell’assicurare la continuità della proposta terapeutica. Si tratta inoltre di formare nuovi specialisti per realizza-re la terapia. Il professor Robin Ali di Londra ha rilevato che nei bambini di meno di cinque anni la terapia geni-ca sostitutiva non ha avuto lo stesso successo come nel modello animale. Molti bambini hanno però comunque approfi ttato di un miglioramento dell’acuità visiva. Altre sperimentazioni con terapia genica sostitutiva avranno inizio a breve per i casi di mutazioni di geni causanti un’amaurosi congenita di Leber (LCA), segnatamente AIPL1, RPGRIP1, RDH12 e CRB1, come pure per la RP X-cromosomica e per l’acromatopsia, dovuta a mutazioni del gene CNGB3.

Un’altra via è quella intrapresa dal professor Robert Ko-enekoop di Montreal. Egli sta studiando una possibilità di cura mediante la somministrazione di un farmaco. In caso di mutazione del gene RPE65 non si forma l’11-cis-retinale, un derivato della vitamina A. In una sperimen-tazione animale, Koenekoop ha potuto dimostrare che dopo somministrazione orale di 9-cis-retinoico la funzio-ne visiva era migliorata. A seguito di questa constatazio-ne egli sta svolgendo una sperimentazione di fase 1 con pazienti con mutazioni del gene RPE65 o del gene LRAT. Nel 71% delle persone partecipanti allo studio si è regi-strato un miglioramento del campo visivo, nel 43% un miglioramento dell’acuità visiva. Gli effetti collaterali os-

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servati sono emicranie e fotofobia (intolleranza alla luce forte). Al momento si conoscono 18 geni che, se mutati danno origine a un’amaurosi congenita di Leber.

Cellule staminaliIl professor Robin Ali ha presentato i suoi lavori con cel-lule progenitrici dei fotoricettori. Si tratta, in particolare, del trapianto di cellule progenitrici dei bastoncelli in oc-chi di topo dai bastoncelli degenerati. Le cellule trapian-tate si annidano nella retina e dopo qualche tempo non si lasciano più distinguere dagli altri fotoricettori. Per studiare gli effetti della terapia, i topi sono stati sottopo-sti a prove funzionali in vasche d’acqua con piattaforme colorate. Alla luce diurna, i topi imparano a raggiungere una piattaforma marcata con un certo colore. Il 70% dei topi trattati ha trovato la piattaforma anche al buio. Il professor Ali pensa che alfi ne di vederci anche con poca luce sia necessario fabbricare circa 20’000 fotoricettori partendo da cellule staminali e poi innestarli nella retina.

Altri gruppi di ricerca hanno ottenuto cellule precurso-re della retina partendo da cellule staminali mentre un gruppo è riuscito a realizzare in vitro una rudimentale retina. Tuttavia la ricerca dovrà fare ulteriori grossi sforzi prima di arrivare a realizzare, partendo da cellule stami-nali, dei fotoricettori adatti per essere innestati in retine degenerate.

OptogeneticaDa un punto di vita svizzero un esposto ha fatto colpo, quello del dott. Jens Dübel. Egli ha riferito dei lavori

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svolti assieme al dott. Botond Roska presso l’Istituto Friedrich Miescher di Basilea, volti a trasformare cellu-le neuronali non degenerative in cellule fotosensibili. Il metodo utilizzato è quello del transfert genetico di alo-rodopsina archeobatterica in cellule neuronali mediante un vettore virale (il virus adeno-associato AAV). Il meto-do è già stato sperimentato su topi. L’alorodopsina, una molecola fotosensibile, si è annidata nei coni dei topi e questi sono ora di nuovo in grado di percepire uno sti-molo visivo con gli occhi.

Lunga vita ai coni!Il professor José Sahel di Parigi sta tentando di prolunga-re la sopravvivenza dei coni. Ha infatti scoperto che i ba-stoncelli esercitano una funzione protettiva sui coni, ma che quando i bastoncelli periscono diminuisce anche la quantità di proteina rdcvf (rod derived cone viability fac-tor) presente nella retina. Sahel ha perciò somministrato la proteina rdcvf a topi e potuto vedere che le probabi-lità di sopravvivenza dei coni aumentavano. L’aspetto interessante è che si ottiene tale risultato indipendente-mente dal genere di mutazione genetica all’origine della degenerazione dei bastoncelli.

Fattori di crescitaLa dottor Weng Tao ha presentato gli ultimissimi risul-tati delle sue ricerche sul fattore di crescita CNTF (Ciliary Neurotrophic Factor), somministrato mediante tecnica ECT (Encapsulated Cell Technology). Detta tecnica preve-de l’innesto nell’occhio di una capsula delle dimensioni di un chicco di riso contenente delle cellule modifi cate

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geneticamente. Queste ultime rilasciano dei fattori di crescita per un periodo di tempo prolungato. Si tratta di una metodologia che lascia ben sperare, soprattutto per la forma secca della degenerazione maculare correlata all’età – una forma per la quale a tutt’oggi effettivamen-te non ci sono terapie. I risultati per la AMD secca sono più promettenti che per la retinite pigmentosa. Le spe-rimentazioni continuano e prossimamente partiranno degli studi con fattori di crescita per l’acromatopsia.

Test geneticiNel suo esposto il professor Stephen P. Daiger di Hou-ston ha fatto notare quanto è importante conoscere sia il genotipo sia il fenotipo delle persone con una dege-nerazione retinica. Finora sono stati identifi cati 220 geni con circa 8’000 mutazioni, responsabili dell’una o dell’al-tra forma di degenerazione retinica. Una determinata mutazione di un gene può portare a affezioni diverse tra di loro anche in una stessa famiglia. Grazie alle nuove procedure d’analisi (il sequenziamento massivo di geni in parallelo) egli ha scoperto che il 5% dei casi identifi -cati come autosomico-dominanti in realtà hanno cause X-cromosomiche. Una volta noto il gene che causa la malattia, i pazienti hanno accesso alle possibilità tera-peutiche esistenti. Tuttavia è assolutamente necessario che ciò sia sempre accompagnato da una consulenza ge-netica. Il professor Daiger ha inoltre messo l’accento sul fatto che le conoscenze sulle malattie rare aiutano sem-pre a migliorare le opportunità di cura di altre affezioni.

Anche il professor Frans Cremers, Nimega (NL), nella

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sua presentazione ha rilevato le diffi coltà della ricerca genetica. Ogni anno si scoprono circa dieci nuovi geni responsabili di degenerazioni retiniche e ciascuno con in-numerevoli mutazioni. Perciò per i ricercatori è di grande importanza avere accesso ai registri dei pazienti. Secon-do il professor Rando Allikmets della Columbia Universi-ty questa massa di dati è però gestibile unicamente con i mezzi della bioinformatica.

Il professor Robert MacLaren, Oxford (UK), ha scoperto tramite la tomografi a a coerenza ottica (OCT) che in caso di coroideremia la degenerazione delle cellule dell’epi-telio pigmentato retinico (RPE) avanza più velocemente della degenerazione della coroide. La coroideremia è tra-smessa per via X-cromosomica. Questo signifi ca in altre parole che si ammalano i fi gli maschi di donne cosiddet-te portatrici sane. Il professor MacLaren ha pure spiega-to come pianifi ca una terapia di sostituzioni di un gene nella quale il gene REP1 è trasportato con un vettore AAV2 nella retina - lo stesso vettore come quello usato nella terapia RPE65.

Altri approcci terapeuticiInteressant erschienen die ersten Ergebnisse einer deutschen Studie mit Elektrostimulation der Netzhaut.

Retrospettiva e sguardo al futuro di ricercatori na-vigati La ricerca medico-scientifi ca è un’attività che richiede tempi lunghi. Ad Amburgo il professor Alan Bird, Lon-dra, si è soffermato sul perché e ha concluso che «tem-

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pi lunghi sono lo scotto da versare per avere farmaci e terapie sicuri».

Nelle due presentazioni conclusive i professori Hollyfi eld e Chader hanno «tirato le somme». Joe Hollyfi eld, Cleveland, ha tracciato un quadro com-plessivo dello stato della ricerca sulla degenerazione maculare correlata all’età (AMD). Egli ha insistito ancora una volta sul fatto che un’alimentazione sana, la prote-zione dalla luce solare diretta e la rinuncia al fumo attivo e passivo sono le uniche possibilità per proteggersi dal rischio di contrarre una AMD. Nel corso degli anni sono stati identifi cati alcuni geni da mettere in relazione con l’insorgere di una AMD. E in conclusione Hollyfi eld ha stilato un elenco dei tentativi terapeutici in corso o pre-visti a breve.Il professor Jerry Chader, Los Angeles, ha disegnato un quadro della ricerca sulle degenerazioni retiniche, dicen-do «siamo usciti dal buio della notte e ora vediamo la luce della sperimentazione umana». A suo avviso due sono le vie che portano alla meta: (1) è necessario conti-nuare con i tentativi di mantenere in vita i fotoricettori e, se questi fossero ormai morti, (2) farne ripristinarne la funzione per mezzo di «sostituti».

I due giorni di congresso hanno visto un numero consi-derevole di presentazioni di ricercatrici e ricercatori d’al-tissimo livello. Il 17esimo Congresso mondiale di Retina International 2012 è stato un evento affascinante, orga-nizzato in modo eccellente da Pro Retina Deutschland e.V.

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Impressioni Renata Martinoni, Ackersteinstrasse 63, 8049 Zurigo

Come veterana della RP – ho ormai qualche annetto sulle spalle e gli anni d’attività in Retina Suisse sono pure parecchi – il programma del Congresso mondia-le 2012 di Retina International mi ha subito convin-ta. Fin dall’inizio era però chiaro che una selezione molto precisa delle conferenze e degli incontri da seguire e quindi anche la rinuncia a determinati temi e contenuti erano inevitabili. La questione stava nel decidere cosa mi interessasse per me stessa – le ma-lattie eredo-degenerative della retina - e cosa vole-vo seguire in funzione dell’attività in Retina Suisse. Farci stare le sedute plenarie, i contatti con vecchi e nuovi conoscenti e il settore «Vivere con... » è stato un bell’esercizio d’acrobazia. In merito qui di seguito solo qualche accenno (che in parte riprende quanto detto dal nostro presidente) sugli argomenti scienti-fi ci che mi sembrano essenziali: l’interdisciplinarietà come chiave per il progresso della ricerca e terapia per le degenerazioni retiniche (in particolare nell’esposto del professor Eberhart Zrenner di Tübingen), l’avvento dell’«Optogenetica» (una via per riattivare le cellule retiniche morte), le terapie geniche sostitutive (tra l’altro per la corioideremia, una degenerazione retini-ca che colpisce soltanto i maschi, e per cui dalle attuali sperimentazioni cliniche potrebbe presto nascere una terapia). Nei rendiconti sul modo di gestire la vita con una degenerazione retinica, presentati dalle persone

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stesse, da genitori o da compagni e compagne di vita mi ha colpito un fatto: i tempi stanno a poco a poco cambiando, molte persone giovani ma anche meno giovani affrontano la vita, sicure di sé e con molta decisione. Queste sono belle prospettive nonostante il mondo vada facendosi più complicato e la quotidiani-tà più diffi cile. In pari tempo tutti noi diventiamo però più vecchi e dobbiamo trovare il modo di dare la mi-glior qualità possibile alla nostra vita con un handicap visivo. A ogni età l’obiettivo è la piena partecipazio-ne alla vita della società (come tutti gli altri individui senza handicap), insomma, per dirla con un termine moderno, dobbiamo mirare all’inclusione.

Un aspetto interessante di ogni «Retina World Confe-rence» è il ruolo centrale della nazione organizzatrice. Questo signifi ca, in altre parole, che accanto a ricerca-tori e clinici di fama internazionale, anche personalità nazionali del mondo della ricerca sulle degenerazioni retiniche e non da ultimo giovani forze emergenti hanno occasione di parlare al pubblico. E il bello è il coinvolgimento della realtà locale. Ciò permette a chi viene da fuori di farsi un’idea di altre situazioni. Per noi svizzeri e svizzere, «ben serviti» con cinque cli-niche oftalmologiche universitarie e diversi ospedali cantonali con rinomati reparti e policliniche di oftal-mologia – anche se non presenti fi n negli angoli più reconditi del Paese – i confronti possono essere istrut-tivi e a volte anche stupefacenti. Insomma certe no-stre presunte barriere di distanza e lingua potrebbero anche apparire in un’altra luce.

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Il non partecipare alle conferenze per le e gli scienzia-ti è stata una decisione pienamente consapevole. Le sedute plenarie e singole conferenze erano suffi cien-temente impegnative. Nel quadro del congresso si è confrontati con una valanga di informazioni e rendicon-ti, impossibili da «digerire» seduta stante. Per chi par-tecipa, si tratta o di un approccio alla materia a velocità vertiginosa o di un approfondimento e completamento di conoscenze preesistenti. Se ne può dedurre che tutte le persone interessate possono capire che noi (i e le pa-zienti) possiamo diventare esperti della materia (se non lo siamo già), a condizione di chinarci sui temi e appro-fondirli, in particolare leggendo le pubblicazioni delle organizzazioni Retina, partecipando a manifestazioni locali, nazionali e internazionali, cercando il contatto diretto con i ricercatori e frequentando Internet.

Secondo me non va bene «andare in una valigia e tor-nare in un baule» e allora in margine al congresso ho passato qualche giorno a Amburgo come turista. Abito in una città e gli ambienti urbani mi attirano: spesso è utile fare confronti per relativizzare determinate idee (a volte anche dei pregiudizi). Ad Amburgo, per esempio, ho visto che biciclette e pedoni riuscivano a convivere assai bene e senza atteggiamenti aggressivi in spazi relativamente stretti. Il traffi co motorizzato mi è parso veloce e rumoroso, ma comunque disciplinato. Nessu-no, però, si azzarderebbe a attraversare con il rosso. Ho dovuto invece abituarmi a «individuare» i passaggi pedonali con le loro due righe bianche laterali - a una certa distanza non proprio il massimo per le mie capa-

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cità visive. Non mi è sembrato che le fermate dei bus portassero scritte molto sistematiche, in compenso gli autisti erano molto cortesi e disponibili. La città con i suoi vasti spazi verdi, gli impianti industriali e portuali in piena trasformazione e le vie d’acqua – si dice che abbia più ponti di Venezia – sprigiona un suo fascino tutto particolare. Va da sé che per visitarla bene ci vor-rebbe qualcosa di più di 3-4 giorni.

Nel 2014 è in programma il prossimo Congresso mon-diale di Retina International, per la precisione a Parigi. Sono fi duciosa che allora la presenza svizzera sarà più numerosa che a Amburgo, magari grazie al TGV che assicura un collegamento veloce.

Barbara Ritzert, biologa, uffi cio stampa del Con-gresso Retina, ProScience Communications GmbH (Deutschland)

Retinite pigmentosa: dalla terapia genica al tra-pianto di retina Quando si parla di terapie per la retinite pigmentosa si devono in prima linea distinguere due possibili scenari: (1) la maggior parte delle fotoricettori sono già morti, (2) almeno alcuni fotoricettori sono ancora attivi.

Ricerca

Cosa ci porta di nuovo la ricerca?

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Essendo i due casi ben diversi tra di loro, la ricerca pre-vede due diversi approcci terapeutici. Nel primo caso si sottopongono a test terapie sostitutive delle cellule morte o che ne ripristino perlomeno la funzione a livel-lo di retina. Rientrano in questa categoria: (1) le cellule staminali precursore, (2) le protesi retiniche elettroniche (il «chip nell’occhio») e (3) l’optogenetica.

L’optogenetica, un settore di ricerca sviluppatosi di re-cente, si serve di metodologie della genetica per intro-durre per esempio nella retina delle proteine attivabili mediante luce, soprattutto microalghe o batteri. Là i processi cellulari sono poi pilotati mediante luce. In tal modo cellule cieche dovrebbero nuovamente diventare sensibili alla luce. Per quanto riguarda le protesi retiniche esistono già diversi approcci in fase di test sull’uomo. La protesi «Ar-gus II» ha addirittura ottenuto l’autorizzazione dell’U-nione Europea (il marchio CE), ed è utilizzata già al di fuori delle sperimentazioni cliniche. I diversi approcci si distinguono l’uno dall’altro soprattutto per l’ubicazione della protesi nella retina.

Se invece alcuni fotoricettori fossero ancora in vita, i seguenti approcci terapeutici potrebbero rivelarsi pro-mettenti: (1) la neuroprotezione, (2) le sostanze antios-sidanti e (3) la terapia genica.

Per neuroprotezione si intende l’utilizzo di speciali piccole molecole o la stimolazione elettrica allo scopo di proteggere i fotoricettori e prolungarne l’attività.

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In questa categoria rientrano per esempio gli studi sul fattore di crescita CNTF (Ciliary Neurotrophic Factor). Il CNTF è prodotto da cellule che, «impacchettate» in un implantato, sono inserite nell’occhio. Attualmente sono in corso i testi di sicurezza e effi cacia di questa terapia non solo per la retinite pigmentosa, bensì anche per la forma avanzata della AMD secca, la cosiddetta atrofi a geografi ca. La terapia porta a un ispessimento dello strato dei fotoricettori nella retina.

Negli approcci di terapia genica si sostituisce un gene mutato con una nuova copia sana dello stesso. In ricer-che svolte con pazienti con un’amaurosi congenita di Leber (LCA) si è notato che la terapia genica non solo potrebbe rallentare il processo di degrado della capaci-tà visiva, ma addirittura permetterne un certo recupero. Una retinite pigmentosa può essere dovuta a modifi che in almeno 55 geni diversi. Bisogna però considerare che non ogni gene si presta per una terapia genica.

Degenerazione maculare correlata all’età: succes-so d’una terapia farmacologica La degenerazione maculare correlata all’età intesa come UNA e SOLA non esiste. In realtà si tratta piutto-sto di un’affezione dalle molte sfaccettature. Sia nella forma precoce della AMD secca, caratterizzata dalla presenza di depositi sulla retina, le cosiddette «dru-sen», come pure nella forma avanzata della AMD sec-ca, l’atrofi a geografi ca, oculisti e oculiste distinguono numerose sottoforme in cui sono in gioco differenze genetiche. Contrariamente alla forma secca della AMD,

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che avanza lentamente, quella umida è molto più gra-ve. Una forma secca di AMD può però evolvere in umi-da. La forma umida è caratterizzata dall’apparire, sotto la retina, di nuovi vasi sanguigni provenienti dalla co-roide. Da questi nuovi vasi fuoriesce sangue e liquido e la conseguenza è una rapida diminuzione dell’acuità visiva centrale. Le molecole chiamate VEGF stimolano la crescita di vasi sanguigni mentre le sostanze inibitrici del VEGF la frenano. Iniezioni di sostanze anti-VEGF nel bulbo oculare possono rallentare la crescita dei nuovi vasi e anche la diminuzione della capacità visiva. Anzi, dopo il trattamento spesso si registra addirittura un miglioramento della vista. Due inibitori del VEGF (le sostanze Pegaptanib e Ranibizumab) possiedono fi n dal 2006 rispettivamente dal 2007 l’autorizzazione delle autorità di regolamentazione dei farmaci. Le associa-zioni degli oftalmologi specialisti in retinologia indica-no nel Ranibizumab (il farmaco si chiama Lucentis) la sostanza di prima scelta. Un terzo inibitore del VEGF (Afl ibercept) dovrebbe seguire a breve. I curanti ricor-rono inoltre anche a un altro inibitore del VEGF, il Be-vazizumab (il farmaco si chiama Avastin), che tuttavia non è autorizzato per uso oftalmologico. Concludendo e come comprovano nuove ricerche effettuate in Dani-marca e Israele si può affermare che la terapia con inibi-tori del VEGF contribuisce a ridurre considerevolmente il numero delle persone che perdono la vista a causa di una AMD. Con gli inibitori del VEGF lo sviluppo di terapie non è ancora giunto al capolinea. Assieme alla forma umida della AMD si deve sempre considerare la forma avanzata della AMD secca, per la quale a tutt’og-

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gi non ci sono terapie effettive. Perciò occorrono tera-pie combinate capaci di combattere entrambe le forme di AMD. Nella AMD secca si accumulano sulla retina prodotti di scarto, non smaltiti, del metabolismo del ci-clo visivo. Una componente di questi residui è la lipofu-scina, una sostanza con effetti tossici sulle cellule della retina. Diverse sostanze capaci d’avere un infl usso sul ciclo visivo e quindi anche sull’accumularsi della lipo-fuscina sono allo studio in fase clinica. Al congresso di Amburgo furono presentati anche i risultati momenta-nei di ricerche con il fattore di crescita CNTF. Per contro le terapie per la AMD con cellule staminali sono ancora allo stadio sperimentale. I test concernono per esem-pio cellule staminali pluripotenti in modelli animali. Ma prima di poter procedere agli studi d’effi cacia di cellule staminali su pazienti, di strada ne deve essere percorsa ancora moltissima.

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Scoperta una nuova mutazione perUsher 1J

Un gruppo internazionale di ricercatori che collabora con il dott. Zubair Ahmed dell’Università di Cincinnati e del Medical Center dell’ospedale pediatrico di Cin-cinnati è riuscito a individuare una nuova mutazione per la sindrome di Usher (USH 1J) nella proteina CIB2. La mutazione si trova sul cromosoma 15 e svolge un importante ruolo nella retina e nell’orecchio interno. Il dott. Ahmed ha spiegato che del gene Usher 1J si deve tenere conto in relazione con la sordità in caso di Usher 1, ma anche con una sordità non sindromica. Mutazioni della proteina CIB2 sono una delle principali cause di sordità non sindromica studiata in Pakistan. Un’altra mutazione di questa proteina è responsabile della sor-dità presente nella popolazione turca. Il dott. Stephen Rose, direttore del settore ricerca della Foundation Fighting Blindness ha dichiarato: «La scoperta del gene per Usher 1J e il suo ruolo nella retina e nell’orecchio interno ci permette di capire meglio perché vista e udi-to peggiorano entrambe. Chiarire i meccanismi patolo-gici è perciò un presupposto indispensabile per elabora-re dei concetti terapeutici in funzione delle cause della malattia».

Fonti: Foundation Fighting Blindness; University Of Kentucky; University Of Cincinnati

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Studi clinici con StarGen e RetinoStat: a che punto sono le cose?

Christina Fasser, direttrice di Retina Suisse

Nell’ultimo Giornale Retina abbiamo riferito di una «Ri-cerca con una terapia genica per la malattia di Stargardt» e dell’autorizzazione della FDA, l’ente statunitense di controllo dei farmaci, per una verifi ca clinica di fase I/II con StarGen, un nuovo concetto terapeutico su base genica per la malattia di Stargardt. Ora Oxford BioMedica ha pubblicato un rapporto intermedio sulla ricerca Reti-noStat (fase I) in caso di degenerazione maculare corre-lata all’età di forma umida nonché sulla ricerca StarGen (fase I/IIa) in caso di malattia di Stargardt. Il rilevamento dei dati era affi dato a un gremio indipendente, composto da specialisti dei settori scientifi ci interessati il cui nome è Data Safety Monitoring Board (DSMB).

RetinoStat e AMD di forma umida Utilizzando dei lentivirus quali vettori, i ricercatori intro-ducono due geni anti-angiogenetici direttamente nella retina, l’uno per l’endostatina e l’altro per l’angiostatina. Le statine impediscono l’indesiderata neoformazione di vasi sanguigni ,caratteristica della forma umida della AMD. Secondo il resoconto del gruppo DSMB fi nora 8 pazienti (di cui 4 pazienti a uno stadio avanzato della malattia) hanno ricevuto un trattamento con un basso dosaggio di sostanze. Effetti collaterali gravi a causa del prodotto StarGen o della metodologia applicata non ne

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sono insorti. I dati sulla sicurezza disponibili riguardano un periodo d’osservazione di 12 mesi e il gruppo DSMB caldeggia la prosecuzione della ricerca con 4 ulteriori pa-zienti e un dosaggio più elevato della sostanza. Lo studio di fase I (studio sulla sicurezza) vuole testare in totale 18 pazienti con AMD umida con 3 diverse concentrazioni della sostanza somministrata. La ricerca è diretta dal pro-fessor Campochiaro del Wilmer Eye Institute di Baltimora (USA). I prossimi risultati intermedi sono attesi per la fi ne del 2012.

StarGen per la malattia di Stargardt La causa della malattia di Stargardt è una mutazione del gene ABCA4 con conseguente degenerazione dei fotori-cettori nella retina. Utilizzando dei lentivirus quali veicoli, i ricercatori hanno introdotto nella retina una versione corretta del gene ABCA4. Anche in questa ricerca fi nora sono stati trattati 8 pazienti con un dosaggio basso della sostanza e anche in questo caso non si sono avuti effet-ti collaterali gravi. Sulla base dello studio di sicurezza svolto su un arco di tempo di 12 mesi, ora disponibile, il gruppo DSMB consiglia la prosecuzione dello studio di si-curezza con un terzo gruppo di pazienti (4 persone) e con il prossimo livello di dosaggio. Questo studio di sicurezza prevede la partecipazione di un totale di 28 pazienti e ha lo scopo di testare 3 diversi dosaggi della sostanza. La ricerca è diretta dal professor Wilson della Oregon Health and Science University di Portland. Anche in questo caso i risultati intermedi sono attesi per la fi ne del 2012.

Fonte: Oxford Biomedica [2012]

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Retinite pigmentosa e training dei mo-vimenti oculari

Fondazione Auge della Società tedesca di oftalmologia DOG

«Allenarsi a muovere gli occhi in caso di retinite pigmen-tosa» è il titolo di un comunicato su un nuovo interessan-te progetto della Fondazione Auge della Società tedesca di oftalmologia DOG. Ne presentiamo qui di seguito i punti salienti.

La retinite pigmentosa In Germania sono tra 30 e 40mila le persone affette da una delle diverse forme di retinite pigmentosa (RP), l’affe-zione ereditaria che comporta la distruzione della retina. La malattia insorge quasi sempre in età giovanile, avanza subdolamente durante l’età adulta e culmina nella cecità. La retinite pigmentosa è una delle principali cause della perdita della vista in età adulta. Nonostante importanti ricerche in atto da anni, a tutt’oggi la malattia è ancora inguaribile. Per questo motivo la riabilitazione volta a migliorare l’orientamento e la mobilità dei pazienti RP assume un signifi cato tutto particolare.

La riabilitazione in caso di retinite pigmentosa Al momento la riabilitazione comprende due grandi set-tori: (1) il mantenimento o il ricupero della capacità di leggere tramite l’utilizzo di mezzi ausiliari; (2) la capaci-tà d’orientarsi e di spostarsi tramite l’apprendimento di

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tecniche d’orientamento e mobilità (con il bastone bianco lungo).

Il progetto di ricerca: allenarsi a muovere gli occhi per migliorare l’orientamento Svariati progetti di ricerca hanno mostrato che un ulte-riore allenamento dei movimenti oculari può aiutare i pazienti con handicap visivo a migliorare la loro capacità d’orientarsi. Per mezzo di un allenamento del genere, pazienti che avevano perso la vista in un occhio in se-guito a un ictus riuscivano a ritrovare meglio persone e cose in uno spazio aperto. Nel quadro d’una ricerca pre-vista presso la policlinica oftalmologica universitaria di Tübingen si vuole ora elaborare un programma mirato per un allenamento dei movimenti oculari indirizzato a pazienti RP. Si tratta di un approccio del tutto nuovo per la riabilitazione di pazienti RP, che si distingue sostanzial-mente dal training d’orientamento e mobilità praticato oggi. Di regola nel training d’orientamento e mobilità lo sguardo è puntato in avanti. Il campo di visione ha le stesse dimensioni dell’«isola visiva» del paziente RP. Per riconoscere gli ostacoli, la persona fa capo unicamente alla capacità tattile (con il bastone bianco lungo). Nell’al-lenamento dei movimenti oculari spazia invece sull’intero campo di visione per individuare gli ostacoli andando anche al di là delle limitazioni concentriche del proprio campo visivo.

Obiettivi della ricerca 1. Elaborare un metodo d’allenamento adattato ai pa-zienti RP, alfi ne di sistematizzare i movimenti oculari di

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ricerca per migliorare la capacità d’orientamento. 2. Valutare l’applicazione clinica del nuovo metodo d’alle-namento con circa 15 pazienti RP. 3. E scopo ultimo del progetto di ricerca è l’impiego si-stematico (di routine) del nuovo metodo d’allenamento nell’assistenza clinica ai pazienti RP. Il programma d’allenamento Nel quadro della ricerca sarà messo a punto un program-ma d’allenamento da adattare individualmente ai singoli partecipanti. Si tratta di un compito di «individuazione» per il quale il/la paziente deve fare dei movimenti oculari mirati in direzione della periferia del campo visivo. A tale scopo, su uno schermo di computer posto a 30 cm di di-stanza (l’intero campo di visione è di 35° x 47,7°) si trova-no delle lettere dell’alfabeto, distribuite a caso ma con la stessa probabilità dappertutto. Il movimento dello sguar-do fi no alla periferia può raggiungere i 30°. Il compito del paziente è di ritrovare una determinata lettera dell’al-fabeto e di cliccarla con il mouse. Appena ci è riuscito si sente un breve suono e la lettera trovata si trasforma in un altro simbolo. Appena il paziente ha trovato tutte le lettere, lo schermo si spegne e parte la tappa successiva.

Dopo un’istruzione iniziale presso la policlinica oftalmo-logica, i pazienti sono invitati a svolgere regolarmente - ogni giorno due volte 30 minuti - il programma d’allena-mento al computer durante sei settimane a casa propria. In tal modo imparano a utilizzare in modo più effettivo la capacità visiva di cui dispongono e a ingrandire funzio-nalmente il loro campo di visione.

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Utilità e possibilità d’utilizzo dei risultati della ricer-ca I risultati della ricerca sono di grande signifi cato per la ri-abilitazione dei pazienti RP. Infatti l’allenamento permet-te ai pazienti con un residuo visivo di percepire meglio, grazie a movimenti mirati degli occhi, l’ambiente che li circonda. L’orientamento nello spazio diventa più facile. I risultati della ricerca serviranno anche da base per elabo-rare altri metodi d’allenamento innovativi per la riabilita-zione visiva di pazienti RP.

La depressione e la nostra vista

«Quando si guarisce dalla depressione ci si vede di nuo-vo più chiaro». Ecco l’essenza d’una comunicazione della Clinica universitaria di Friburgo in Brisgovia, di cui vor-remmo parlarvi qui di seguito. Pur non essendoci un lega-me causale tra depressione e ricerca sulle degenerazioni retiniche, il tema può tuttavia darci qualche ragguaglio sul perché le persone con handicap visivo che vengono a trovarsi in una fase depressiva con ogni probabilità ci vedono anche meno bene. Inoltre non bisogna assoluta-mente dimenticare che è importante prendere atto della depressione e curarla. Soprattutto in caso di depressione grave un buon trattamento medico si impone sempre. La depressione ha un colore In arte e letteratura depressione e melancolia sono sem-pre descritte in termini visivi: grigio e nero sono i colori

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che stanno per melancolia o tendenza alla depressione. In inglese l’essere «giù di giro» è associato al colore blu. Se una persona depressa dice «I'm feeling blue» questo corrisponde al «vedo tutto nero» espresso in altre lingue quali l’italiano o il tedesco.

Un gruppo di lavoro interdisciplinare Che dietro queste immagini si nasconda anche una realtà empirica l’ha nel frattempo scoperto un gruppo di lavoro della Clinica universitaria di Friburgo, composto da ricer-catrici e ricercatori dei settori psichiatria, psicoterapia e oftalmologia.

I risultati della ricerca del 2010 Già in occasione di precedenti studi, i ricercatori avevano scoperto che, a confronto con persone sane, le persone a rischio di depressione percepivano meno bene il contra-sto tra bianco e nero. In uno studio pubblicato nel 2010, i ricercatori di Friburgo avevano esaminato mediante un metodo elettrofi siologico oggettivo, analogo all’elettro-cardiogramma per il cuore, lo stato della retina. Aveva-no, in particolare, studiato la risposta della retina a un modello di scacchiera con alternanza di diversi contrasti, proposto sia a persone sane sia a persone con tendenza alla depressione. Le differenze rilevate erano altamente signifi cative: nelle persone con tendenza alla depressione la reazione della retina agli stimoli ottici era drammatica-mente più bassa di quella delle persone sane.

Nuovi recenti risultati In un’ulteriore ricerca pubblicata di recente lo stesso

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gruppo di ricercatori e ricercatrici ha potuto dimostrare che le risposte anomale, passata la depressione, erano tornate normali (in «The British Journal of Psychiatry»). Questo signifi ca che la percezione disturbata dei contra-sti da parte della retina, una volta risolta la depressione, si normalizzava e poteva essere misurata con criteri og-gettivi. Se ulteriori ricerche dovessero confermare questi risultati, con questo metodo la medicina disporrebbe di una procedura per misurare in modo oggettivo il reale stato soggettivo di una depressione - il tutto con vaste ripercussioni non soltanto per la ricerca sulle depressioni, bensì anche per la diagnosi e la terapia di stati depressivi.

Fonte: Clinica universitaria di Friburgo in Brisgovia

Cellule staminali per curare la perdita d’udito dovuta all’età

Forse una volta si potrà prevenire l’ipoacusia dovuta all’e-tà. Scienziati britannici sono riusciti a coltivare un tipo di cellule indispensabili per il buon funzionamento dell’udi-to. Potrebbe trattarsi del primo passo verso un metodo di cura della perdita d’udito dovuta all’età.

Ricercatori dell’Università di Keele (North Staffordshire, Gran Bretagna) hanno individuato una delle cause del calo dell’udito nell’anzianità. Quando invecchiamo, anche le cellule del nostro orecchio contenenti fi brociti invec-

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chiano. La degenerazione di questi fi brociti si manifesta in forma d’ipoacusia. La ricerca svolta da Dave Furness lascia supporre che una terapia con cellule staminali in funzione del mantenimento dei fi brociti potrebbe servire in futu-ro per prevenire l’ipoacusia delle persone anziane. Dave Furness è infatti riuscito a coltivare cellule staminali che aiutano a ricostituire i fi brociti. Per il ricercatore il prossi-mo passo consisterà nella messa a punto di una metodo-logia d’inserimento delle cellule staminali nell’orecchio. Se ciò dovesse riuscire, i ricercatori del suo gruppo avrebbero scoperto un metodo capace di intervenire sulla perdita d’udito delle persone anziane in uno stadio in cui la de-generazione, pur avendo compromesso i fi brociti, non ha ancora leso le altre parti dell’orecchio interno.

Un aiuto potenziale per milioni di persone anziane Invecchiando una persona su sei si ritrova con una perdita d’udito, un’ipoacusia. Circa la metà degli ultrasessanten-ni soffre di una perdita d’udito dovuta all’età, di diversa entità. I risultati della ricerca di Dave Furness sono molto importanti per individuare tutte le cause dell’ipoacusia delle persone anziane e che potrebbe servire da base per mettere a punto un metodo terapeutico adeguato. «Ci troviamo sempre ancora in una fase di studio iniziale», afferma Dave Furness. «Nella prossima fase toccherà colti-vare dei fi brociti per usarli per la cura dell’ipoacusia delle persone anziane». Se i ricercatori riusciranno nell’intento, milioni di persone anziane con problemi d’udito potranno trarne profi tto.

Fonte: www.telegraph.co.uk; www.german.hear-it.org

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Vivere con...

Margaretha Glauser e Jolanda Schönenberger

La riuscita dell’integrazione professionale di adole-scenti e giovani adulti ciechi o ipovedenti dipende da numerosi fattori quali buone attitudini comunicative, una valutazione realistica delle proprie risorse e dei propri limiti, la capacità di gestire i confl itti, l’affi dabili-tà e serietà sul lavoro. Al momento di cercare un posto occorrono inoltre grande autostima e una bella dose di forza di volontà per tenere testa alle diffi coltà che si presentano.Inserirsi con successo nel mondo del lavoro è il risultato di un lungo processo d’apprendimento paragonabile alla crescita d’un albero: le radici sono poste nell’infan-zia, in quanto un comportamento naturale nei confron-ti dell’handicap visivo (cecità o ipovedenza) nella vita di famiglia è d’importanza determinante.Gli anni della scuola obbligatoria sono paragonabili al tronco dell’albero. Sia nelle classi regolari sia nelle scuole speciali lo scolaro cieco o ipovedente dovrebbe – accanto all’apprendimento delle materie scolastiche – sviluppare anche competenza sociale e elaborare delle strategie per riuscire a ben gestire la vita quotidiana. La promozione della mobilità e delle attività della vita quotidiana hanno lo scopo di raggiungere la maggiore

L’accesso dei giovani con handicap visivo al mondo del lavoro: un lungo processo

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autonomia possibile. Inoltre sono da appoggiare diversi processi atti a prevenire l’isolamento e la frustrazione quali la rifl essione sulla propria persona e la malattia degli occhi, le capacità d’interazione sociale – soprattut-to con le persone vedenti − e il buon uso del tempo li-bero. Oltre a tutto ciò il/la giovane con handicap visivo dovrebbe cominciare già quando ancora va a scuola a avvicinarsi al mondo del lavoro sia sul piano della rifl es-sione sia facendo prime esperienze pratiche. L’accesso al mondo del lavoro deve essere pianifi cato e preparato con grande cura coinvolgendo tutte le persone interes-sate compresi l’orientatrice /l’orientatore professionale dell’AI.

L’importanza dell’atteggiamento del datore di la-voroIl tirocinio è la corona dell’albero. Quella fase compren-de anche l’impegnativo passaggio dalla scuola all’attivi-tà professionale e allora il sostegno degli specialisti dei servizi di consulenza e sostegno scolastico è fondamen-tale. Non si tratta unicamente di un’attività pedagogica, ma anche di saper svolgere un ruolo di consulenza, me-diazione e contatto tra il/la giovane con handicap visivo e l’uffi cio AI, il responsabile sul posto di lavoro o il mae-stro di tirocinio, gli insegnanti e le direzioni delle scuole professionali. In tutto questo insieme l’atteggiamento dei datori di lavoro è decisivo: la loro disponibilità a considerare la persona cieca o ipovedente non in ottica defi citaria, ma invece come personalità e lavoratore o lavoratrice con buone risorse professionali. Il datore di lavoro deve volerne utilizzare le capacità e competenze

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perché altrimenti l’integrazione professionale non potrà avere successo. L’accesso al mondo del lavoro a tirocinio concluso sarà paragonabile ai frutti che crescono sull’al-bero. Affi nché sull’albero i frutti possano maturare si deve – come descritto sopra − dargli fi n dall’inizio tutte le cure necessarie e un ambiente naturale. In tal senso è indispensabile assicurare l’accompagnamento pedago-gico specializzato per l’handicap visivo durante l’intero periodo scolastico e formativo.

Le autrici della ricerca «Frutto di un lungo processo: af-fi nché l’entrata di giovani con handicap visivo nel mon-do del lavoro possa riuscire» (in lingua tedesca):Margaritha Glauser, insegnante presso il servizio di sostegno pedagogico itinerante della Fondazione Zol-likofen, Jolanda Schönenberger, studente con handicap visivo, dal 2005 collaboratrice del servizio di consulenza scolastica itinerante.

Il nuovo Diritto di protezione degli adulti

Renata Martinoni, Ackersteinstrasse 63, 8049 Zurigo

Dal 1. gennaio 2013 è in vigore il nuovo Diritto di pro-tezione degli adulti, in sostituzione del Diritto tutorio che risale al 1908. Le nuove disposizioni del Codice civi-le svizzero tengono conto delle mutate contingenze so-ciali, quali per esempio l’avvento del concubinato, e del sempre più diffuso desiderio delle persone di decidere

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in tutta autonomia della propria vita. Il nuovo Diritto di protezione degli adulti promuove pure la solidarietà all’interno della famiglia. Tra le novità signifi cative è da annoverare il ruolo che assumono le «Direttive del paziente» e il «Mandato precauzionale».

Le direttive del pazienteDirettive del paziente, stilate da una persona quando è in buona salute, indicano i trattamenti medici che essa desidera o rifi uta in caso d’emergenza. O più precisa-mente: la persona che ha stilato le sue direttive anti-cipate, anche se un giorno non fosse più in grado di esprimere la sua volontà a causa di una malattia o un infortunio o fosse diventata incapace di discernimento a causa di una demenza, non dovrà temere nulla perché la sua volontà esisterà nero su bianco e dovrà essere rispettata. Le nuove disposizioni di legge lo prevedono e rafforzano così il diritto all’autodeterminazione delle persone. Ma anche i famigliari (o le persone molto vici-ne non legate da vincoli di parentela) ottengono mag-giori diritti allo scopo di poter decidere per i loro cari semmai questi fossero divenuti incapaci di discernimen-to. Si tratta di una novità sensata perché dal 1.1.2013 in caso di decisioni sui trattamenti, medici e personale sanitario devono orientarsi sulla volontà esplicita o pre-sumibile del paziente. Stilando delle direttive del pa-ziente ogni persona può stabilire anticipatamente cosa desidera sia fatto in caso d’emergenza o designare una persona di fi ducia cui conferisce il diritto di rappresen-tarla in caso di bisogno. Tale atto è una dimostrazione di fi ducia e in pari tempo un impegno; perciò occorre

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pensarci bene prima di decidere, discutendone con la famiglia o una persona vicina. Affi nché le direttive del paziente continuino a essere in linea con la volontà di chi le ha stilate occorre rivederle periodicamente e, se del caso, adeguarle o modifi carle. Nelle direttive del pa-ziente si possono anche dare istruzioni per l’eventuale dono di organi dopo la morte.

Il mandato precauzionaleL’accresciuta speranza di vita è un acquisito positivo, ma la medaglia ha anche il suo rovescio. Più diventiamo vecchi e maggiore è il rischio di ammalarci o di perdere la capacità di discernimento (anche se malattie o infor-tuni possono capitare pure a persone giovani o d’età media). In casi del genere può allora darsi che a causa d’incapacità la persona non sia più in grado di gestire i suoi affari personali, la vita quotidiana, le fi nanze e altro ancora. Per queste situazioni il nuovo diritto di protezione degli adulti prevede la possibilità di elabo-rare un mandato precauzionale e designare anticipa-tamente un o una rappresentante. La legge attribuisce anche maggiori compiti ai coniugi per favorire il soste-gno reciproco, per esempio per i casi in cui il marito o la moglie non fosse più capace di discernimento, promuo-vendo in tal modo la facoltà di rappresentanza recipro-ca (che il regime tutorio precedente tollerava ma non prevedeva esplicitamente).

Come procedere?Numerose istituzioni, quali Caritas Svizzera, la Croce Rossa, la fondazione Dialog-Ethik, l’ordine dei medici

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FMH, l’Accademia svizzera delle scienze mediche ASSM, Pro Senectute e altre ancora, si sono chinate negli scorsi anni sul tema e hanno messo a punto delle documenta-zioni ad uso del pubblico.Una di esse, uscita nel 2011, è il DOCUPASS di Pro Senec-tute, intesa come soluzione globale per tutti i documen-ti previdenziali personali. Il DOCUPASS comprende una direttiva del paziente, un mandato precauzionale (da usare come modello o da compilare tout-court) nonché un opuscolo illustrativo, le disposizioni in caso di mor-te, una guida alla stesura del testamento e una tessera previdenziale. Le persone anziane e i loro famigliari possono anche rivolgersi a uno dei centri d’informazio-ne e consulenza di Pro Senectute dove collaboratrici e collaboratori competenti offrono volentieri il loro aiuto per la stesura di documenti previdenziali (una prima consulenza è compresa nel prezzo del DOCUPASS).Attenzione: per le persone cieche è vivamente consi-gliato far autenticare i documenti da un avvocato o un notaio.

Il DOCUPASS è disponibile in italiano, tedesco e france-se al prezzo di CHF 19.- (incl. l’IVA, più porto e imballag-gio). Ordinazioni al numero telefonico 044 283 89 89, [email protected]; www.pro-senectute.ch.

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Consigli e accorgimenti

Se si deve andare all’ospedale...

Christina Fasser, direttrice di Retina Suisse

Anche alle persone cieche o ipovedenti può capitare di dover andare all’ospedale. E allora non soltanto la ma-lattia o un infortunio rappresentano un sfi da, ma anche i piccoli problemi della vita di tutti i giorni non sono cosa da poco. Vi proponiamo qui alcuni

«Consigli pratici da rivolgere al personale dell’o-spedale» Parlatemi e informatemi per favore Entrando in camera presentatevi (nome e funzione) e ditemi il motivo della visita (misurare la febbre, fare un prelievo di sangue, portare da mangiare, ecc.), così non mi inquieterò e capirò cosa sta succedendo

Lasciate i miei oggetti al loro posto Nella mia testa ogni oggetto - il telefono, la radio, il bicchiere, la sveglia - ha un posto ben preciso. Per favo-re non spostateli se non è necessario e senza dirmelo. Così mi risparmiate la fatica di cercare invano.

Quando mi portate da mangiare, ditemi come sono disposti i cibi sul piatto Immaginate che il piatto sia un orologio: in alto sono le 12.00, la carne sta in basso, alle 6.00.

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Non riempitemi il bicchiere fi no all'orlo. Chiedetemi se dovete aiutarmi a tagliare la carne.

Parlarsi e tenere conto delle esigenze reciproche aiuta a prevenire i malintesi.

Fonte:«All’ospedale o in casa per anziani… senza vedere – suggerimenti per il personale», pubblicato dall’Unitas – Associazione ciechi e ipovedenti della Svizzera italiana, 6598 Tenero (tel. 091 69 00, www.unitas.ch).

L’UCBC ha pubblicato a sua volta un foglio informativo per il personale ospedaliero, disponibile in tedesco e francese (www.ucbc.ch/download). Esso è pure otte-nibile presso Retina Suisse o i centri di consulenza per ciechi e ipovedenti di tutta la Svizzera.

Le novità della Biblioteca Brailledi Zurigo (SBS)

Quota 400 per i nuovi libri a caratteri ingranditi in lingua tedescaIn questi giorni i nuovi libri a caratteri ingranditi del-la Biblioteca Braille di Zurigo (SBS) hanno raggiunto quota 400. Si tratta di libri in lingua tedesca prodotti ex-novo e non del semplice ingrandimento meccanico di testi esistenti. Il carattere, appositamente sviluppato per agevolare la lettura ingrandita, porta il nome Ti-resias ed è effettivamente molto ben leggibile. I nuovi

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libri a caratteri ingranditi in formato A4 hanno molto successo soprattutto presso lettrici e lettori anziani. Per i libri da dare in prestito la biblioteca utilizza caratteri in grandezza 17 punti, per i libri da comprare (per uso proprio o da regalare a una persona ipovedente) sono disponibili a scelta le grandezze 20 e 25 punti.Per informazioni: telefono 043 333 32 32; www.sbs.ch.

Al cinema a casa propria

Film con audiodescrizione disponibili presso Unitas Non c’è ragione per pensare che il cinema non interes-si le persone cieche o ipovedenti. Le moderne tecniche d’audiodescrizione «mostrano» cosa sta capitando sullo schermo. L’offerta cresce e con essa l’interesse in tutte le regioni linguistiche della Svizzera. Sul sito www.unitas.ch si trova un link verso i fi lm con audiodescrizione diffusi dalla RAI.

Film con audiodescrizione in lingua francese sono disponibili presso la Bibliothèque Sonore Romande (BSR) di Losanna.Per informazioni consultare il sito http://www.bsr-lausan-ne.ch/content/fi lms-audiodécrits-disponibles-à-la-bsr.

Film con audiodescrizione in lingua tedesca sono disponibili presso la Biblioteca Braille di Zurigo (SBS). Informazioni sul sito www.sbs.ch o telefoniche chiaman-do il numero 043 333 32 32.

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I mezzi ausiliari descritti qui di seguito sono distribuiti dall’Unione centrale dei ciechi UCBC tramite il suo shop (tel. 062 888 28 70 o fax 062 888 28 77 o www.ucbc.ch). Una parte di essi è anche disponibile presso l’Unitas nonché presso i servizi di consulenza per ciechi e ipove-denti e della Svizzera tedesca e francese.

Misuratore del livello dei liquidiVersare del liquido in un recipiente non è sempre cosa facile, può darsi che ne versiamo troppo poco o che inve-ce ne versiamo troppo. Per fare le cose bene esistono dei pratici misuratori del livello dei liquidi, che cominciano a vibrare o a fi schiare appena il liquido tocca il sensore. I misuratori del livello dei liquidi sono particolarmente indicati per versare liquidi caldi o bollenti.Prezzo: tra CHF 13.50 e CHF 22.00 a seconda del modello.

Lima per unghie arrotondataLima per unghie «NuNale». Dimensioni: 100 x 22 x 4mm; peso: 6g; materiale: metallo cromato; manico: plastica bianca. La lima per unghie NuNale Saphir, rivestita di un sottile strato zigrinato, ha una guida ovale che le permette di limare delicatamente il bordo delle unghie senza peri-colo di ferite. Le unghie ricevono quasi da sé una bella forma ovale, naturale e estetica. Essendo piccola e sot-tile, la lima per unghie NuNale Saphir ci sta benissimo in qualsiasi borsetta.Prezzo: CHF 1.50.

Qualche pratico ausilio

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Bottoncini di varie forme come contrassegno tat-tile sugli indumenti Spesso è diffi cile riconoscere sse un indumento è blu scu-ro o marrone scuro o nero. Distinguere tra di loro questi colori non è casa da poco. Bottoncini di plastica di varie forme e colore sono allora ideali per marcare i singoli indumenti. Basta attribuire un determinato colore a una determinata forma di bottoncino e poi cucirlo in un posto nascosto dell’indumento (o farlo cucire se non ci si riesce da sé o è troppo impegnativo!). Diventerà facile ricono-scere in fretta e senza sbagliare il colore gli indumenti contrassegnati in tal modo. I bottoni sono disponibili in pacchetti da 16 pezzi assortiti. Prezzo: CHF 5.50.

Lettore d’etichette Penfriend Questo lettore d’etichette, a forma di penna e dal prez-zo interessante, è molto facile da usareIl Penfried per-mette di contrassegnare a voce (per farle poi parlare) etichette di varie grandezze. Queste etichette si posso-no applicare a superfi ci di vario genere e vi si possono registrare messaggi di varia lunghezza (ogni etichetta costa 4 centesimi). Per registrare il testo per l’etichetta in questione basta premere un pulsante. Per sentire il messaggio iscritto su un’etichetta basta passarvi sopra con la penna – le etichette sono ben reperibili al tatto – e Penfriend darà l’informazione desiderata. Il Penfriend si presta per contrassegnare vasetti delle spezie, barattoli, CD, documenti e anche per scrivere la lista della spesa o aggiornare la propria agenda carta-cea.

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Il Penfriend è in vendita con un cavetto USB, due batte-rie nonché 91 etichette rotonde dal diametro di ca. 1 cm e 36 etichette rettangolari di ca. 3x2cm. Se le etichette sono esaurite se ne possono comprare di nuove più tardi.Il Penfriend parla tedesco e francese e costa CHF 133.00.

Etichette di stoffa lavabili per Penfriend (Set «A»)Una bella novità: contrassegnare gli indumenti con la propria voce. Ciò diventa possibile con il Penfriend con il quale si può marcare l’intero guardaroba registrando sulle etichette autocollanti indicazioni quali il motivo (righe, quadretti, fi orellini, disegni geometrici ecc.) e il colore, ma anche le istruzioni per il lavaggio e quant’al-tro. In tal modo non succederà più di uscire di casa con i calzini scompagnati o abiti inadeguati alla situazione. Le etichette autocollanti sono in vendita in pacchetti da 48 pezzi rettangolari di ca. 3x2cm. Non occorre né stirarle né incollarle, basta applicarle direttamente su un tessuto di cotone o altro purché liscio; vanno anche in lavatrice e tumbler o si possono lavare a mano. Ogni etichetta resiste a 50 lavaggi, ma non è adatta per la pulizia a secco. Una volta aperto il pacchetto delle eti-chette queste dovrebbero essere utilizzate entro sei mesi. Prezzo: CHF 36.00.

Termometro parlante per ambienti esterno/inter-no Spesso si vorrebbe sapere se di fuori fa caldo o freddo

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e qual è la temperatura effettiva. Un mezzo ideale per saperlo è il termometro parlante per ambienti esterno/interno.Dimensioni: 150 x 85 x 24 mm; peso: 160 g; materiale: plastica; colore: grigio chiaro; sintesi vocale: voce fem-minile.Funzioni: altoparlante da accendere/spegnere e sonoro regolabile, Display LCD doppio con 4 diverse possibili-tà di segnalazione, misurazione contemporanea della temperatura all’esterno e all’interno, funzione-sveglia con annuncio della temperatura, indicazione della tem-peratura ogni ora, allarme in caso di temperature molto elevate o molto basse, annuncio delle temperature mi-nime e massime di una giornata o di un lasso di tempo defi nito dall’utente, indicazione delle temperature in gradi Celsius o Fahrenheit.Funziona con 2 batterie alcaline. Prezzo: CHF 50.00.

Indicazioni raccolte da Christina Fasser,direttrice di Retina Suisse.

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Esposizioni

FOSSIL ARTL’esposizione itinerante FOSSIL ART fa tappa presso il Politecni-co federale di Zurigo, mostran-do le tracce di esseri che hanno vissuto in un’epoca lontana della storia e sono ormai estinti da lungo tempo. Ormai fossiliz-zati, oggi essi sono paragona-bili a magnifi che opere d’arte. Su oltre 30 pannelli le visitatrici

e i visitatori scoprono strutture sedimentarie fossili e tracce di vita preistorica sotto forme e aspetti molto diversi. Per la prima volta le persone cieche possono toccare, esplorare e scoprire tastando delle riproduzio-ni. Altri oggetti tattili completano e spiegano ai visita-tori quanto esposto, invitandoli a andare alla scoperta per conto proprio. Le riproduzioni in rilievo si prestano particolarmente all’approccio tattile e un percorso di scoperta interattivo è stato creato appositamente per rispondere alle esigenze delle persone ipovedenti e cieche. FOSSIL ART diventa così un evento inedito. Al percorso si affi ancheranno riproduzioni, sperimenta-zioni contestuali tattili, oggetti scientifi ci e un’opera d’arte contemporanea che esprime tutto il fascino che sente per i fossili.

Indirizzo e organizzazione: focus-terra – Centro di ricerca e informazione del Dipartimento delle Scienze

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della Terra del Politecnico federale di Zurigo (ETH Zuri-go, edifi cio nord-est, sede ETH centro). Dal 19 novem-bre 2012 al 12 maggio 2013.

Fonte: tactuel 3-2012; www.tactuel.ch

Esposizione speciale «un altro modo di vedere»

«Si vede bene solo con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi».

Questo pensiero del Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry fa da titolo all’esposizione speciale «un altro modo di vedere» allestita per commemorare il 175esimo anniversario della Fondazione per bambini e giovani ciechi e ipovedenti di Zollikofen. L’esposi-zione tematizza la storia dell’istituto privato fondato nel 1837 a Berna. E arriva fi no ai giorni nostri e alla

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scuola speciale per ciechi e ipovedenti. A Zollikofen sono andati a scuola numerosissimi ciechi e ipovedenti. Ritratti di allievi e oggetti d’ogni genere illustrano la storia lontana e recente della pedagogia specializzata indirizzata agli allievi e studenti ciechi e ipovedenti. Su richiesta sono proposte visite guidate o atéliers per scuole e gruppi. Per ditte e eventi sono previste visite guidate con successivo rinfresco.Orari d’apertura: ogni sabato dal dicembre 2012 fi no al giugno 2013, dalle 14.00 alle 17.00. Date in cui l’e-sposizione è chiusa nel 2012: 23.12, 30.12., e nel 2013: 06.01., 03.02., 31.03., 07.04., 12.05., 19.05.Luogo: Blindenschule Zollikofen, Kirchlindachstrasse 49, 3052 Zollikofen, Telefono 031 910 25 16, [email protected].

Fonte: tactuel 3-2012; www.tactuel.ch

Quello che volevo ancora dire...

Il 4 settembre 2012, organizzata dal Consiglio della Parità di Égalité Handicap, si è tenuta a Berna la prima giornata svizzera della parità. Tema centrale dell’incontro era la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (CDPD). La convenzione, adottata dall’as-semblea generale dell’ONU il 13 dicembre 2006 a New York, partiva dalla constatazione che nonostante i nume-rosi strumenti a difesa dei diritti umani, in tutte le parti

La pagina del presidente

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del mondo le persone in situazione di handicap continua-vano a incontrare ostacoli di vario genere sulla via della partecipazione alla vita della collettività come membri aventi pari diritti e continuavano a essere confronta-te con offese ai loro diritti umani. La CDPD ha perciò lo scopo di concretizzare i già esistenti impegni di difesa dei diritti umani presi dagli Stati fi rmatari a favore delle persone in situazione di handicap. Nel processo di elaborazione del testo della convenzio-ne erano coinvolte in modo determinante le persone in situazione di handicap che, grazie a una competente azione di lobbying, poterono esercitare un infl usso sui contenuti della stessa. E così la CDPD è la prima conven-zione che porta il marchio delle persone che ne fanno l’oggetto.

La convenzione non conferisce alle persone in situazio-ne di handicap maggiori diritti che all’altra gente, ma dà loro la possibilità effettiva di godere dei diritti umani nel-la stessa misura come le persone senza handicap. Alfi ne di raggiungere tale obiettivo la convenzione impegna gli Stati a adottare in tutti i settori della vita le misure ade-guate allo scopo. E lo fa con disposizioni molto dettaglia-te sui diritti di cittadinanza, politici, economici, sociali e culturali.

Il meccanismo di sorveglianza della CDPD consiste in una procedura di confronto dei rendiconti che gli Stati devo-no fornire in materia di parità delle persone con handi-cap. Se uno Stato ha ratifi cato anche il protocollo facolta-tivo relativo alla convenzione, esiste anche la possibilità

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aggiuntiva di inoltrare denuncia individuale al Consiglio per i diritti delle persone in situazione di handicap in caso d’ inadempienza. Inoltre la convenzione impegna gli Stati fi rmatari a creare un centro nazionale di sorveglianza sull’applicazione e il rispetto delle disposizioni della con-venzione (il cosiddetto monitoring).

A differenza di altre convenzioni ONU sui diritti umani, la CDPD venne rapidamente approvata da moltissimi Stati (fi no al 4 settembre erano 153) e in parte anche ratifi cata (fi no al 4 settembre erano 119). Anche il protocollo facol-tativo, che prevede la possibilità di una denuncia indivi-duale in caso di non applicazione della convenzione, ha suscitato una forte eco presso gli Stati fi rmatari (fi no al 4 settembre erano 90 a averlo fi rmato e 72 a averlo ratifi -cato). Fino ad oggi la Svizzera non ha invece ancora ratifi cato la convenzione. Eppure possiede già importanti disposi-zioni a favore delle persone con handicap, in particolare la Legge sui disabili e la legislazione relativa all’assicura-zione-invalidità. Ciononostante le persone in situazione di handicap continuano a incontrare pregiudizi e barriere che le ostacolano nel partecipare a pieno e pari diritto alla vita della collettività.

La convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle perso-ne con disabilità testimonia chiaramente il pieno ricono-scimento dei diritti delle persone in situazione di handi-cap. Anche in Svizzera la CDPD contribuirà a accelerare il raggiungimento della parità. Aderendo alla conven-zione, la Svizzera si impegna – come già oggi sulla base

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dell’articolo 8 capoversi 2 e 4 della Costituzione federale nonché della Legge federale sull’eliminazione di svan-taggi nei confronti dei disabili (Legge sui disabili, LDis) – a eliminare gli ostacoli che incontrano le persone con handicap, in particolare a proteggerle dalle discrimina-zioni e a favorirne l’inclusione e la parità nella società. La ratifi ca della convenzione contribuirà a rafforzare e concretizzare l’esistente legislazione svizzera nel settore dell’handicap.

Già nel 2006 l’allora consigliera nazionale argoviese Pascale Bruderer con una mozione aveva chiesto al Con-siglio federale l’avvio dei necessari passi per la fi rma e la ratifi ca della CDPD. Nella sua risposta il Consiglio federale aveva dichiarato la fi rma e la ratifi ca della CDPD auspicabili in via di principio. A suo avviso l’adesione alla convenzione era in linea anche con la politica dei diritti umani praticata dalla Svizzera nei confronti degli Stati esteri e corrispondeva, in particolare, alla convinzione radicata che i diritti delle persone con handicap erano da promuovere come elementi inderogabili, integrali e indivisibili dei diritti fondamentali dell’uomo. Il Consiglio federale aveva poi dato incarico all’università di Berna di chiarire le eventuali ripercussioni della fi rma e ratifi ca della convenzione e le conseguenze della sua attuazio-ne sulla legislazione svizzera. La perizia, presentata al Consiglio federale nel 2008, confermava che in via di principio la legislazione svizzera era in linea con la con-venzione. In alcuni settori occorrevano però ancora degli adeguamenti legislativi alfi ne di ottemperare alle precise disposizioni della convenzione in tutte le sue parti.

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La successiva procedura di consultazione durò dal dicem-bre 2010 fi no al 15 aprile 2011. Numerose organizzazioni di persone con handicap vi hanno preso parte e sottoline-ato il grande signifi cato per la parità dei diritti dei disa-bili in Svizzera che la ratifi ca della convenzione avrebbe comportato.Intanto il Consiglio federale ha preparato il messaggio per le Camere federali, l’intenzione è di pubblicarlo as-sieme al rendiconto sulla procedura di consultazione alla fi ne del 2012. Con ogni probabilità il rendiconto sarà discusso in Parlamento nel 2013 e poi le Camere dovreb-bero votare l’adesione della Svizzera alla CDPD.

L’atteggiamento nei confronti della CDPD non stupisce: i partiti di sinistra, i sindacati, le persone con handicap e le loro organizzazioni e le chiese sostengono la ratifi ca. I partiti e la destra borghese, le organizzazioni padronali e le cerchie artigianali respingono la Convenzione delle Na-zioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (CDPD). Temono infatti che la sua attuazione provochi dei costi.

Il Centro Égalité Handicap ha elaborato un foglio infor-mativo sulla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. Questo documento dà rispo-sta chiare alle principali domande sulla convenzione e sul suo signifi cato per la Svizzera. Esiste in tedesco, francese e italiano ed è scaricabile dal sito www.egalite-handicap.ch/convenzione-sui-diritti-delle-persone-con-disabilita.html.

La convenzione ONU sui diritti delle persone con disabili-

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E per fi nire… cose su cui rifl ettere

La paurosa avventura del signor Frei sull’ascensore

Il nostro socio Theo Ammann di Marthalen ci ha man-dato un’altra volta un suo testo in rima e in dialetto svizzero-tedesco. Vi racconta le «vicissitudini» di un uomo alle prese con i pulsanti d’un ascensore non pro-prio «a misura di persona cieca». Pensiamo che il tema sia d’interesse e perciò abbiamo pensato di proporne la traduzione in italiano – non in versi, però. (Nota della redazione).

tà è importante per le persone in situazione di handicap. Nel corso dei dibattiti sui contenuti parola per parola della convenzione i partecipanti hanno giurato di non demordere, propagando il motto «Nothing about us wi-thout us» («niente su di noi senza di noi»). Questo motto rappresenta una sfi da per tutte le persone con handicap nel senso che sono invitate a partecipare alla discus-sione sul signifi cato concreto dei contenuti della CDPD. Quando le Camere federali ne dibatteranno e i giornali ne scriveranno dovremo pronunciarci anche noi perché il signifi cato autentico di questa convenzione è la naturale partecipazione delle persone con handicap al discorso sull’assetto futuro della Svizzera.

Cordialmente

Stephan Hüsler

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Anche da noi si incontrano sempre più persone con problemi di vista, quasi sempre a causa dell’età che avanza. Esse hanno bisogno di scrit-te chiare e ben leggibili soprattut-to per quel che riguarda i nomi di strade e ditte, insegne all’interno di palazzi e all’aperto. Non rimane che da sperare che a molte persone con handicap visivo siano risparmiate le poco simpatiche esperienze del si-gnor Frei.

Il signor Frei ci vede male e per an-dare in giro usa un bastone bianco che lo protegge bene dai pericoli. Non è del tutto cieco, ma soprattut-to al buio i suoi occhi non riescono a vederci nitido. Proprio per questo qualche tempo fa si prese un brutto spavento.Frei voleva andare a trovare la sua vecchia zia e sapendo che amava i cioccolatini portargliene una scatola per il compleanno. Da poco tempo la vecchia signora abitava all’ottavo piano di un grande palazzo, cosa che Frei peraltro sapeva benissimo. In-fatti, raggiunto il palazzo Frei entra nell’ascensore e preme il pulsante più alto del buio sgabuzzino. Il suo

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intuito gli dice che sarà di certo quello giusto. E infatti il lift parte a mo’ di razzo e in un baleno Frei arriva dalla vecchia zia.Al momento di tornarsene da basso purtroppo le cose si metto-no meno bene. La discesa prende avvio meno felicemente perché nell’ascensore regna il buio totale e Frei non sa quale pulsante pre-mere per raggiungere l’uscita del palazzo. Tutti i pulsanti portano scritte minuscole e di lato ci sono delle illeggibili targhette grigia-stre. Frei non ci pensa su tanto e preme tutti i pulsanti – così arrive-rà di certo all’uscita.Ahimé, il suo indice preme però un tasto sbagliatissimo, quello con la scritta ALLARME. Una brusca frenata, una botta secca, il lift è fermo e la porta non si apre più. Frei è prigioniero. Finirà per re-star rinchiuso per ore nell’angusta gabbietta? Il poveretto rischia di morire dalla paura.Intanto risuona terribile la sirena dell’allarme, un custode fa di corsa gli otto piani con il fi ato sempre più grosso. La faccenda si risolve con tre giri di chiave e Frei è libe-

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ro, ma lo spavento non vuole passargli e per diverso tempo continua a dormire male e so-gnare di essere rinchiuso nell’a-scensore.

E la morale della storia? Ve la dico subito, signori architetti. Nei palazzi, sui muri e sulle strade, cartelli e targhette, scritte e indi-cazioni hanno da essere visibili e ben leggibili. E negli ascensori ci vogliono una buona illuminazio-ne e pulsanti ben contrassegnati. Solo così nessun altro farà la fi ne del povero Frei imprigionato in uno stretto ascensore e quasi morto di paura.

(Fra parentesi vorrei aggiungere che l’uomo dell’ascen-sore non si chiamava Robert Frei ma era qualcun altro. Per ordine di Mister Dati non possiamo però farne il nome. AMEN.)

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