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1 Il Lievito - N. 178 Anno XVI - Febbraio 2017 “Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata” Mt. 13,33 Febbraio 2017: Giornata per la Vita Giornata del Malato Mensile della comunità pastorale S. Francesco di Melzo N. 178 - Anno XVI Febbraio 2017 1 Euro

Giornata per la Vita Giornata del Malato - San Francesco ... · - Primo incontro di Lectio divina per adulti. - Paolo VI: Ama la tua ... La vita è la vita, difendila”. Con Madre

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1 Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017

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Febbraio 2017: Giornata per la Vita Giornata del Malato

Mensile della comunitàpastorale S. Francesco di Melzo

N. 178 - Anno XVIFebbraio 2017

1 Euro

3 Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017

2Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017

EDITORIALESOMMARIO

EDITORIALE ..............................................................03- .......................................

ATTUALITÀ .................................................................04- 39a Giornata nazionale per la Vita.- 25a Giornata mondiale del Malato.- Incontro: Le relazioni interrotte.- Primo incontro di Lectio divina per adulti.- Paolo VI: Ama la tua parrocchia.- Corso Acli di Geopolitica e relazioni internaz.- Tesseramento Acli 2017.- Orari e servizi Acli.- Caritas: comunicato trasferimento profughi.- Navidad (Natale) latinoamericana.

NUOVI SANTI ..........................................................17- Carlo Acutis. un adolescente del nostro tempo.

RICORRENZE...........................................................18- A cinquant’anni dalla Populorum progressio.

CULTURA .......................................................................20- Rubrica “Qui si legge”. La morte viene per l’Arcivescovo.- Dalla terra alla luna con l’Orlando furioso- Invito alla lettura.

SPAZIO GIOVANI................................................25- Capodanno giovani.- Ravenna: tutti insieme per un mosaico.- Nuovo anno, nuove esperienze.

MISSIONE .....................................................................27- Una settimana tra le arance.- Un Capodanno per Haiti.

DALLE PARROCCHIE ...................................29- Nuovi orari S. Messe.- Anagrafe delle parrocchie.- Orari e servizi Caritas.- Orari CAV.- Amici di S. Andrea per i terremotati.

“IL LIEVITO” mensile della Comunità pastoraleSan Francesco in Melzo

Autoriz. Trib. MI n. 193 del 25.03.02

Direzione e Redazione: Melzo (MI)e-mail: [email protected]

Direttore responsabile: Eleonora ForloniAssistente: don Fabio Molon

Stampa: Grafiche Migliorini s.r.l. 20066 Melzo (MI)

Letteraa un adolescente

A seguito della festa della Famiglia e del bellissimo incontro col Cappellano del Beccaria e dei suoi ragaz-zi, mi è tornato alla mente il titolo di un ottimo testo che, anche se un poco datato, ritengo ancora valido e attuale nei contenuti e che, per questo, potrebbe es-sere utile per i genitori e gli educatori per farne dono (magari per i vari compleanni o altre ricorrenze) ai loro ragazzi adolescenti.

Si tratta di “Lettera a un adolescente” di Vittorino Andreoli (ed. Rizzoli), noto psicologo e studioso dell’e-tà evolutiva dell’adolescenza. E’ un tentativo di dialo-go tra generazioni, nella convinzione che “è meglio parlare che restare muti” e che i vari ruoli di ciascuno (quello dei padri come quello dei più giovani) siano una ricchezza esistenziale e non una sovrastruttura; e ciò proprio nella misura in cui mantengono la loro distinzione senza che i padri scimmiottino un patetico giovanilismo e senza che neppure i giovani ricopino le orme di chi li abbia preceduti.

Tale distinzione però non significa separazione per-ché ognuno di noi è il risultato anche delle persone con cui vive e con cui è in relazione, per cui un giovane non è comprensibile senza riferimento alla famiglia da cui proviene, né un genitore è tale senza il figlio di cui è padre o madre; e ciò è da riferirsi anche alla società nell’interezza dei suoi aspetti e dei suoi risvolti.

Partendo da qui l’Andreoli articola una lunga, ma accattivante lettera indirizzata appunto agli adolescen-ti, nella quale vengono via via accostati ed interpretati gli aspetti di questa particolare età della vita che ca-ratterizza la nostra epoca contemporanea. Educazio-ne familiare, corporeità, tempo, dinamiche di gruppo, amicizia, sessualità e sentimenti: tutto viene illustrato in modo discorsivo, dialogico e con un linguaggio pia-no, per nulla scolare e in grado di invogliare non solo alla comprensione, ma anche alla ricerca personale ulteriore.

Soprattutto è da notare la finezza ed il tatto con cui l’Autore giunge a far convergere tutta la propria espo-

sizione nello stupore e nel fascino del mistero della vita che viene de-scritto con la categoria del sacro inteso come una particolare perce-zione del mondo, che non è possibile ridurre a spiegazione logica, ma che per questo non ha nulla a che ve-dere con l’irragionevo-le; piuttosto, il mistero sacro dell’esistenza dice che essa ha un senso oltre il senso immediato. Ciò permette di prospettare il futuro al di là delle sconfitte o delle occasioni mancate e persino di essere protagonisti del proprio presente. Non è un caso che questo Autore, laico dichiarato e rispettoso, inviti i suoi giovani lettori a “fare tanti progetti, a volare alto” senza sperare in facili successi da Enalotto o da scudetto e senza ridursi a vittime di un falso eroismo da attimo fuggente.

Andreoli suggerisce il rientro in campo dei desideri fin quasi a sfiorare le utopie e le ideologie, viste come forza straordinaria di sogni e progetti per un futuro personale e sociale che non si appiattisca nella logica del tutto-subito e a basso costo; logica perversa che conduce alla tragedia e all’irrimediabilità quando qual-cosa deludesse o non portasse alla soddisfazione…

Ritengo sia motivo di consolazione che anche dal mondo laico si levino voci di questo genere, capaci di rinnovare la speranza e di insegnare la fiducia, rido-nando ariosità e slancio ad un’epoca che sa troppo di stantio e di flaccido: non è questione di colpevolizza-zioni o di anatemi, ma di onestà nel guardare in faccia ciò che non vorremmo vedere e nell’indagare, oltre all’immediato, la possibilità di pensarsi diversi.

Dare un futuro all’adolescenza e agli adolescenti significa quindi essere molto realisti e dichiarare la possibilità di un domani e dunque una possibilità per noi stessi: genitori ed educatori compresi!

don Mauro

5 Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017

4Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017

ATTUALITÀ ATTUALITÀ

Donne e uomini perla vitanel solco di santa Teresa di Calcutta

Il coraggio di sognare con DioAlla scuola di papa Francesco s’impara a sognare.

Spesso nelle udienze fa riferimento ai sogni dei bambini e dei giovani, dei malati e degli anziani, delle famiglie e delle comunità cristiane, delle donne e degli uomini di fronte alle scelte importanti della vita. Sognare con Dio e con Lui osare e agire! Quando il Papa commenta la Parola di Dio al mattino o quando tiene discorsi nei vari viaggi apostolici, non manca di incoraggiare a sognare in grande. È nota la sua devozione a san Giuseppe, che considera uomo del “sogno” (Cfr. Mt 1,20.24). Quando si rivolge alle famiglie, ricorda loro che il sogno di Dio “con-tinua a realizzarsi nei sogni di molte coppie che hanno il coraggio di fare della loro vita una famiglia; il coraggio di sognare con Lui, il coraggio di costruire con Lui, il co-raggio di giocarci con Lui questa storia, di costruire un mondo dove nessuno si senta solo, nessuno si senta superfluo o senza un posto”.

I bambini e i nonni, il futuro e la memoriaPer papa Francesco il sogno di Dio si realizza nel-

la storia con la cura dei bambini e dei nonni. I bambini “sono il futuro, sono la forza, quelli che portano avanti. Sono quelli in cui riponiamo la speranza”; i nonni “sono la memoria della famiglia. Sono quelli che ci hanno tra-smesso la fede. Avere cura dei nonni e avere cura dei bambini è la prova di amore più promettente della fa-miglia, perché promette il futuro. Un popolo che non sa prendersi cura dei bambini e dei nonni è un popolo sen-za futuro, perché non ha la forza e non ha la memoria per andare avanti”.

Una tale cura esige lo sforzo di resistere alle sirene di un’economia irresponsabile, che genera guerra e morte. Educare alla vita significa entrare in una rivoluzione civile che guarisce dalla cultura dello scarto, dalla logica della denatalità, dal crollo demografico, favorendo la difesa di ogni persona umana dallo sbocciare della vita fino al suo termine naturale. È ciò che ripete ancora oggi santa Teresa di Calcutta con il famoso discorso pronunciato in occasione del premio Nobel 1979: “Facciamo che ogni singolo bambino sia desiderato”; è ciò che continua a cantare con l’inno alla vita: “La vita è bellezza, ammirala. La vita è un’opportunità, coglila. La vita è beatitudine, assaporala. La vita è un sogno, fanne una realtà. … La vita è la vita, difendila”.

Con Madre TeresaLa Santa degli ultimi di Calcutta ci insegna ad acco-

gliere il grido di Gesù in croce: “Nel suo ‘Ho sete’ (Gv 19,28) possiamo sentire la voce dei sofferenti, il grido nascosto dei piccoli innocenti cui è preclusa la luce di questo mondo, l’accorata supplica dei poveri e dei più bisognosi di pace”. Gesù è l’Agnello immolato e vitto-rioso: da Lui sgorga un “fiume di vita” (Ap 22,1.2), cui attingono le storie di donne e uomini per la vita nel matri-monio, nel sacerdozio o nella vita consacrata religiosa e secolare. Com’è bello sognare con le nuove generazioni una Chiesa e un Paese capaci di apprezzare e soste-nere storie di amore esemplari e umanissime, aperte a ogni vita, accolta come dono sacro di Dio anche quando al suo tramonto va incontro ad atroci sofferenze; solchi fecondi e accoglienti verso tutti, residenti e immigrati. Un tale stile di vita ha un sapore mariano, vissuto come “partecipazione alla feconda opera di Dio, e ciascuno è per l’altro una permanente provocazione dello Spirito. I due sono tra loro riflessi dell’amore divino che conforta con la parola, lo sguardo, l’aiuto, la carezza, l’abbraccio”.

Roma, 22 ottobre 2016, Memoria di San Giovanni Paolo IIIl Consiglio Permanente

della Conferenza Episcopale Italiana (CEI)

5 febbraio 2017

39a Giornata nazionaleper la VitaMessaggio del Consiglio Episcopale Permanente

11 febbraio 2017

25a Giornata Mondiale del Malato

Messaggio del Santo PadreStupore per quanto Dio compie: «Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente...» (Lc 1,49)

Cari fratelli e sorelle,l’11 febbraio prossimo sarà celebrata, in tutta la Chie-

sa e in modo particolare a Lourdes, la XXV Giornata Mondiale del Malato, sul tema: Stupore per quanto Dio compie: «Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente…» (Lc 1,49). Istituita dal mio predecessore san Giovanni Paolo II nel 1992, e celebrata per la prima volta proprio a Lourdes l’11 febbraio 1993, tale Giornata costituisce un’occasione di attenzione speciale alla condizione de-gli ammalati e, più in generale, dei sofferenti; e al tempo stesso invita chi si prodiga in loro favore, a partire dai fa-miliari, dagli operatori sanitari e dai volontari, a rendere grazie per la vocazione ricevuta dal Signore di accompa-gnare i fratelli ammalati. Inoltre questa ricorrenza rinno-va nella Chiesa il vigore spirituale per svolgere sempre al meglio quella parte fondamentale della sua missione che comprende il servizio agli ultimi, agli infermi, ai sof-ferenti, agli esclusi e agli emarginati (cfr Giovanni Paolo II, motu proprio Dolentium hominum, 11 febbraio 1985, 1). Certamente i momenti di preghiera, le Liturgie euca-ristiche e l’Unzione degli infermi, la condivisione con i malati e gli approfondimenti bioetici e teologico-pastorali che si terranno a Lourdes in quei giorni offriranno un nuovo importante contributo a tale servizio.

Ponendomi fin d’ora spiritualmente presso la Grotta di Massabielle, dinanzi all’effige della Vergine Immaco-lata, nella quale l’Onnipotente ha fatto grandi cose per la redenzione dell’umanità, desidero esprimere la mia vicinanza a tutti voi, fratelli e sorelle che vivete l’espe-rienza della sofferenza, e alle vostre famiglie; come pure il mio apprezzamento a tutti coloro che, nei diversi ruoli e in tutte le strutture sanitarie sparse nel mondo, operano con competenza, responsabilità e dedizione per il vostro sollievo, la vostra cura e il vostro benessere quotidiano. Desidero incoraggiarvi tutti, malati, sofferenti, medici, in-fermieri, familiari, volontari, a contemplare in Maria, Sa-lute dei malati, la garante della tenerezza di Dio per ogni essere umano e il modello dell’abbandono alla sua vo-lontà; e a trovare sempre nella fede, nutrita dalla Parola e dai Sacramenti, la forza di amare Dio e i fratelli anche nell’esperienza della malattia.

Come santa Bernadette siamo sotto lo sguardo di Maria. L’umile ragazza di Lourdes racconta che la Ver-gine, da lei definita “la Bella Signora”, la guardava come si guarda una persona. Queste semplici parole descri-vono la pienezza di una relazione. Bernadette, povera, analfabeta e malata, si sente guardata da Maria come persona. La Bella Signora le parla con grande rispetto, senza compatimento. Questo ci ricorda che ogni malato è e rimane sempre un essere umano, e come tale va trattato. Gli infermi, come i portatori di disabilità anche

gravissime, hanno la loro inalie-nabile dignità e la loro missione nella vita e non diventano mai dei

meri oggetti, anche se a volte possono sembrare solo passivi, ma in realtà non è mai così.

Bernadette, dopo essere stata alla Grotta, grazie alla preghiera trasforma la sua fragilità in sostegno per gli altri, grazie all’amore diventa capace di arricchire il suo prossimo e, soprattutto, offre la sua vita per la salvezza dell’umanità. Il fatto che la Bella Signora le chieda di pregare per i peccatori, ci ricorda che gli infermi, i soffe-renti, non portano in sé solamente il desiderio di guarire, ma anche quello di vivere cristianamente la propria vita, arrivando a donarla come autentici discepoli missionari di Cristo. A Bernadette Maria dona la vocazione di ser-vire i malati e la chiama ad essere Suora della Carità, una missione che lei esprime in una misura così alta da diventare modello a cui ogni operatore sanitario può fare riferimento. Chiediamo dunque all’Immacolata Con-cezione la grazia di saperci sempre relazionare al mala-to come ad una persona che, certamente, ha bisogno di aiuto, a volta anche per le cose più elementari, ma che porta in sé il suo dono da condividere con gli altri.

Lo sguardo di Maria, Consolatrice degli afflitti, illumi-na il volto della Chiesa nel suo quotidiano impegno per i bisognosi e i sofferenti. I frutti preziosi di questa sol-lecitudine della Chiesa per il mondo della sofferenza e della malattia sono motivo di ringraziamento al Signore Gesù, il quale si è fatto solidale con noi, in obbedienza alla volontà del Padre e fino alla morte in croce, perché l’umanità fosse redenta. La solidarietà di Cristo, Figlio di Dio nato da Maria, è l’espressione dell’onnipotenza misericordiosa di Dio che si manifesta nella nostra vita – soprattutto quando è fragile, ferita, umiliata, emarginata, sofferente – infondendo in essa la forza della speranza che ci fa rialzare e ci sostiene.

Tanta ricchezza di umanità e di fede non deve an-dare dispersa, ma piuttosto aiutarci a confrontarci con le nostre debolezze umane e, al contempo, con le sfide presenti in ambito sanitario e tecnologico. In occasione della Giornata Mondiale del Malato possiamo trovare nuovo slancio per contribuire alla diffusione di una cul-tura rispettosa della vita, della salute e dell’ambiente; un rinnovato impulso a lottare per il rispetto dell’integralità e della dignità delle persone, anche attraverso un corretto approccio alle questioni bioetiche, alla tutela dei più de-boli e alla cura dell’ambiente.

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ATTUALITÀ ATTUALITÀ

In occasione della XXV Giornata Mondiale del Mala-to rinnovo la mia vicinanza di preghiera e di incoraggia-mento ai medici, agli infermieri, ai volontari e a tutti i con-sacrati e le consacrate impegnati al servizio dei malati e dei disagiati; alle istituzioni ecclesiali e civili che operano in questo ambito; e alle famiglie che si prendono cura amorevolmente dei loro congiunti malati. A tutti auguro di essere sempre segni gioiosi della presenza e dell’a-more di Dio, imitando la luminosa testimonianza di tanti amici e amiche di Dio tra i quali ricordo san Giovanni di Dio e san Camillo de’ Lellis, Patroni degli ospedali e de-gli operatori sanitari, e santa Madre Teresa di Calcutta, missionaria della tenerezza di Dio.

Fratelli e sorelle tutti, malati, operatori sanitari e vo-lontari, eleviamo insieme la nostra preghiera a Maria, af-finché la sua materna intercessione sostenga e accom-

Lourdes, luogo di graziae di speranza per tutti i malati

A Lourdes, un piccolo paese nel Sud della Francia, la giovane contadina Bernadette Soubirous incontra, per la prima volta, ai mar-gini del fiume Gave, la “Bella Signora”. La Vergine le apparve per ben diciotto volte in una grotta; le parlò nel dialetto locale, le indicò il punto in cui scavare con le mani per trovare quella che si rivelerà una sorgente d’acqua, al contatto con la quale sarebbero scaturiti molti miracoli. Tutto ebbe inizio giovedì, 11 febbraio 1858.

Lourdes divenne subito il più celebre dei luoghi mariani. Un ufficio speciale (le Bureau médical) fu incaricato di vagliare scientificamente le guarigioni che iniziarono a verificarsi immediatamente. Di miracoli finora ne sono stati riconosciuti una settantina, ma di fatto sono molti di più. Ancora più numerose sono le conversioni. E’ per questo che l’11 febbraio la Chiesa celebra la memoria della Madonna di Lourdes alla quale san Giovanni Paolo II nel 1992 volle associare la Giornata Mondiale del Malato.

Lourdes è un luogo e un’esperienza, ma là c’è soprattutto presenza: quella degli ammalati, quella dei pellegrini, quella dei volontari che prestano servizio al Santuario, quella dei lontani che incurio-siti o bisognosi vanno per vedere cosa si prova; e poi una presenza silenziosa e profonda, quella di Maria.

Il messaggio che papa Francesco rivolge a tutti si centra sull’im-portanza che riveste nella società la giusta cura per il malato, che non è fatta solo delle competenze mediche dei professionisti, ma anche del rispetto alla vita.

G.B.

Raccontaci un po’ di te. Come hai scelto di fare l’in-fermiera?

Sono stata spinta dai miei genitori a svolgere questo lavoro perché avevano individuato in me questa predi-sposizione all’assistenza. Fin da bambina vedevano in me questa passione perché mi prendevo cura delle mie sorelle e, soprattutto, avevo assistito la mia mamma du-rante la gravidanza, in attesa di mia sorella.

Mio padre era infermiere maresciallo dell’Aeronau-tica e prestava il proprio servizio presso l’infermeria dell’aeroporto. Mi affascinavano i suoi libri e li leggevo già ad appena 10 anni.

Al termine delle scuole medie avevano già pensato di indirizzarmi verso una scuola che mi avrebbe permes-so di accudire le persone, inizialmente come vigilatrice di infanzia. Poi scelsi di frequentare un istituto che mi avrebbe potuto dare accesso alla scuola per infermie-ri. Avevo 21 anni quando finii i miei percorsi scolastici ma, a Brindisi, dove abitavo, non c’erano posti disponibili negli ospedali e, quindi, iniziai a pre-stare assistenza privata.

Non mi piaceva molto e quindi decisi di fare richiesta per un posto all’Istituto dei tu-mori di Milano, dove mi hanno assunta. Il 28 di gennaio rap-presenta il mio anniversario di collaborazione con l’istituto dei tumori di Milano.

Sei un’infermeria che lavora in un ospedale partico-lare, di oncologia. È difficile stare con questi amma-lati, come ti rapporti con loro?

Quando ho iniziato a lavorare in questo ospedale mi sono sentita subito attratta da questi pazienti. La pre-venzione non era ai livelli di oggi e le persone arrivavano in ospedale ad uno stadio della malattia molto avanzato e avevano, soprattutto le donne, vergogna di farsi visita-re. Le possibilità di guarigione erano praticamente nulle.

Svolgo la mia attività in un ospedale considerato dif-ficile, quello oncologico. Dico difficile solo per le persone che sentono il termine “oncologico”. Il cancro è la ma-lattia dei tempi moderni e la diagnosi di cancro genera, nei pazienti e nei familiari, paura, dubbi e il desiderio di ricevere risposte chiare e comprensibili, oltre che soste-gno e comprensione.

L’infermiere è il responsabile dell’assistenza genera-le dei pazienti. Si prende cura di loro, redige la cartella infermieristica, ma io non ho mai considerato il pazien-te un caso clinico o un numero, ma una persona in un momento di difficoltà e di fragilità. Cerco in qualunque modo di curare l’aspetto relazionale e umano con i pa-zienti, cerco di entrare in empatia con loro e con i loro familiari. Cerco di dare quel sostegno umano, oltre che sanitario, che può diventare quella leva di coraggio in

più per tutti gli ammalati. I pazienti hanno soprattutto bisogno di essere ascoltati e io li ascolto nei loro bisogni fondamentali, sia fisici che psicologici; la mia esperienza mi ha permesso di capire quando è il momento giusto per dialogare con il paziente e allora cer-co di favorire la speranza, aiutando il dialogo.

Il mio lavoro non è mai stato diffici-le, è una professione che sento scor-

rere nelle vene. Sicuramente ci sono momenti in cui la tensione in reparto genera stress, soprattutto quando hai anche tutte le pratiche burocratiche da compilare. Vorresti avere più tempo per fermarti con ognuno di loro, ma non puoi farlo, perché devi andare avanti e comple-tare tutte le tue attività. Ma un sorriso, non lo nego mai. Fare l’infermiera è il mio grande amore, qualcosa in cui credo con tutta me stessa. Mi piace essere quell’attimo di pace, di sorriso, di speranza nelle situazioni di dolore e malattia che vivono i pazienti che incontro ogni giorno nel mio lavoro.

Quale è stato il paziente che ti ha coinvolto di più?Durante il mio percorso professionale, che io chiamo

di vita e non solo lavorativo, ho incontrato persone spe-ciali e uniche, ho visto morire tante persone giovani e

ricordo benissimo una giovane ragazza di 22 anni che aveva un tumore addominale ormai ad uno stato avanzato. Que-sta ragazza soffriva molto e un giorno in cui ero di turno nel pomeriggio, mi chiamò perché non riusciva a sopportare il do-lore. Mentre le somministravo la terapia lei mi disse “Carmen, ti sembra giusto tutto questo?”. Mi si riempirono gli occhi di la-crime e le risposi “No, non mi sembra giusto”. Morì, poi, la notte successiva. Non è stato

facile.

Chi ti dà la forza di affrontare ogni giorno questo lavoro?

Inizialmente pensavo di avere una dote particolare nell’affrontare tanto dolore nelle persone , ma da quan-do sono ritornata a praticare la mia fede diventata spen-ta, mi sono accorta che ho sempre avuto accanto a me qualcuno di speciale, il Signore, che mi ha permesso di favorire quel conforto che non deve mai mancare ai pazienti, e mi ha fatto capire che io non devo solo curare ma devo anche prendermi cura di loro.

Nel difficile approccio con pazienti oncologici, basta uno sguardo complice, un sorriso, una carezza o una semplice battuta per strappargli un sorriso e far venir loro la voglia di credere e di vivere. Questo non vuol dire che sono sempre state rose e fiori, ho avuto anche delle delusioni, vedendo spegnere pazienti pieni di vita, ma purtroppo questa è la realtà e dobbiamo accettarla.

Quando vedo i pazienti che soffrono così tanto e che non hanno più speranza di vita, penso a Gesù sulla Cro-ce e mi verrebbe voglia di dire “Ti prego, non portarlo via”. Ma poi mi tornano alla mente le Sue parole: “Sia fatta la Tua volontà” e rivolgo a Lui una preghiera.

A cura di Gabriella Trabattoni

TESTIMONIANZA

“La mia vita da infermiera”Ho incontrato Carmen, infermiera da ben 34 anni presso l’Istituto dei tumori di Milano, dopo una intensa giornata di lavoro. È emozio-nata. “Non mi è mai capitato di parlare del mio lavoro”, mi dice. Ma la tanta passione con cui vive la sua professione mi fa capire che ha tante cose da raccontare.

pagni la nostra fede e ci ottenga da Cristo suo Figlio la speranza nel cammino della guarigione e della salute, il senso della fraternità e della responsabilità, l’impegno per lo sviluppo umano integrale e la gioia della gratitudi-ne ogni volta che ci stupisce con la sua fedeltà e la sua misericordia.

O Maria, nostra Madre, che in Cristo accogli ognuno di noi come figlio, sostieni l’attesa fiduciosa del nostro cuore, soccorrici nelle nostre infermità e sofferenze, guidaci verso Cristo tuo figlio e nostro fratello, e aiutaci ad affidarci al Padre che compie grandi cose.

A tutti voi assicuro il mio costante ricordo nella pre-ghiera e vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

Francesco

Per un perpetuo malatoSignore, mi accade, talvolta,di sognare una vita forte,priva di malattie...Una bella vita, piena di vigore,che mi troverebbe ogni mattinariposato, fresco, prontoad impormi con un sorriso...Una bella vita immaginaria...Signore, mi viene vogliadi invidiare gli altri,quelli che stanno bene.Trovo ingiustoil loro aspetto riposato,il loro colorito fresco,i loro pasti senza paure né privazioni.E quel sorriso che hanno per dirmi: “Oh! che cos’ha di nuovo oggi?”,con quell’aria di personeche non sanno nemmeno di che si tratta.

Perdonami, Signore,di essere stato ingiusto.So che non è del tutto colpa mia.Ma, voglia o non voglia,li ho guardati con rancore.È assurdo.Fa’, o Signore, che comprenda...che essi non mi capiscono.Dammi la forza di volontà,che costa così cara,quando non si ha voglia di nulla.La forza di non lasciarmi andare,come dicono le brave persone.La forza di essere impeccabile,nonostante tutto.Signore,aiutami a portare le mie piccole miseriecon eleganza.

Lucien Jerphagnon

Giornata Mondiale del Malato Giornata Mondiale del Malato

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8Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017

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ATTUALITÀ

Amici dell’oncologiaAccompagnare un malato

oncologico per un tratto del suo percorso terapeutico

All’ospedale Santa Maria delle Stelle di Melzo sono attivi tre nuovi servizi:• Hospice cure palliative oncologiche (dal 21 ottobre 2016);• V. O. S. Amici dell’oncologia (dal 31 ottobre 2016);• Ambulatorio di oncologia (dal 7 novembre 2016).

Prendiamocene cura e valorizziamoli nella prospettiva che gradualmente vengano integrati da altri servizi che non richiedono degenza, quali ad esempio: posti tecni-ci per la chemioterapia, o almeno alcune chemiotera-pie più leggere e meno tossiche; i prelievi di sangue del giorno precedente alla chemioterapia; la pulizia settima-nale del PICC; e tutti i servizi che sarà possibile attiva-re anche all’Ospedale di Melzo. Ciò al fine di ridurre il disagio per i malati oncologici e i loro accompagnatori evitando spostamenti a Cernusco sul Nav., faticosi per i malati e che causerebbero aumento di traffico stradale, ed anche per incentivare i malati a curarsi nei servizi della ASST Melegnano - Martesana, evitando che vada-no a curarsi altrove, e magari attrarre malati residenti in altre zone sanitarie.

Diverse associazioni di volontariato sono attive con impegno ammirevole all’ospedale Santa Maria delle Stelle in un progetto di umanizzazione dell’ospedale (AVO, ABIO, Associazione Laringectomizzati, AIDO, Croce Bianca, Volontari per l’accoglienza, ecc.).

Dal 31 ottobre 2016, presso l’Hospice cure pallia-tive oncologiche, opera il gruppo Amici dell’oncologia dell’associazione Volontari Opere Socio Sanitarie (VOS) di Gorgonzola, composto da persone che, in base al re-golamento VOS, prestano un servizio volontario, han-no acquisito preparazione con la frequenza di specifico corso formativo presso l’Istituto dei tumori di Milano, ed esperienza per avere già operato presso l’hospice e il reparto oncologia dell’ospedale Serbelloni di Gorgon-zola. La loro formazione continua con incontri mensili con lo psico-oncologo per la necessaria verifica della qualità del loro operare. Lo psico-oncologo, retribuito dai VOS, è anche disponibile 2 ore settimanali per sup-portare i degenti dell’hospice e loro familiari. Il gruppo Amici dell’oncologia ora ha necessità di nuovi volontari disponibili per una esperienza di vicinanza alle persone in un momento di fragilità. Per informazioni e iscrizione al corso formativo inviare una mail all’attenzione di An-gelo Passoni: [email protected].

“In ogni momento della nostra vitaabbiamo bisogno di persone che si interessino veramente di noi,di cui noi stessi ci interessiamo.Abbiamo bisogno di persone, prima che di cose.Non di persone qualsiasi,ma di persone che sentiamo “vive per noi”,che abbiano un forte sentimento della nostra esistenzae avvertano come indispensabile la loro esistenza per noi.” Carlo Maria Martini

Il gruppo Amici della oncologia dei VOS, col tempo, acquisendo nuovi volontari idoneamente for-mati, chissà che possa ampliare la propria gamma di attività con ulteriori servizi integrativi, quali ad esempio:

• accoglienza di malati, parenti, accompagnatori; • aiuto quando necessario (compagnia, assistenza pasti,

ecc.); • organizzazione e gestione di gruppi di auto mutuo

aiuto di malati, di parenti, di accompagnatori; • conferenze informative di medici oncologi per utenti,

parenti, amici e tutta la cittadinanza;• redazione di una rivista periodica sulla quale scriv-

ano medici, malati, parenti, accompagnatori, volon-tari;

• ecc..

Accompagnare un malato oncologico per un tratto del suo percorso terapeutico è un’esperienza delicata e umanamente arricchente. Se hai un parente o un ami-co malato oncologico dedicagli un po’ del tuo tempo per Ascoltarlo molto; Accompagnarlo a fare le terapie, alle visite di controllo, ai prelievi di sangue, al lavaggio del PICC (se accetta, se non ha famigliari che lo pos-

sano accompagnare; o per dare un po’ di sollievo ai famigliari); Andarlo a trovare quando è degente in ospedale prestandogli alcuni servizi necessari qua-li assistenza ai pasti, compagnia, ecc. (se accetta); Stare vicino alla sua famiglia (se accetta): quando c’è un malato in famiglia, tutta la famiglia ruota attor-no al proprio malato, è come se tutta la famiglia si ammalasse.

Fiorenza Mauri

AMBULATORIO DI ONCOLOGIA

Dal 7 novembre 2016 è attivo presso l’ospe-dale Santa Maria delle Stelle di Melzo un Ambu-latorio di oncologia nel quale vengono ad effet-tuare visite, prime e di controllo, i medici oncologi dell’ospedale Uboldo di Cernusco sul Naviglio.

Ciò al fine di ridurre il disagio per i malati on-cologici e i loro accompagnatori, evitando spo-stamenti faticosi a Cernusco sul Naviglio per i malati ed anche per incentivare i malati a curarsi nei servizi della ASST Melegnano - Martesana, evitando che vadano a curarsi altrove, e magari attrarre malati residenti in altre zone sanitarie.

Per accedere a tale ambulatorio è necessario chiedere al C.U.P. dell’ospedale Santa Maria del-le Stelle di Melzo la prenotazione, previa presen-tazione della prescrizione della visita oncologica rilasciata dal medico di base o da altro medico specialista autorizzato.

AVVISOGiornata Mondiale del Malato

11 Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017

10Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017

ATTUALITÀATTUALITÀ

Caro figlio, non ho più paura!

“Le relazioni interrotte: la famiglia tra de-vianza e normalità”:

serata di incontro e testimonianza con don Claudio Burgio e i suoi ragazzi

Venerdì 20 gennaio presso l’auditorium Mascagni si è svolto il secondo dei momenti previsti nell’ambito del mese della famiglia: l’incontro-testimonianza con don Claudio Burgio, fondatore delle comunità “Kayros” e cappellano del carcere minorile Beccaria e con due dei “suoi” ragazzi. Per i moltissimi che hanno parteci-pato (l’auditorium era gremito!) è stata un’esperienza di incontro con persone autentiche, che parlano di ciò che vivono quotidianamente, senza retorica o frasi fat-te, uno di quegli incontri che ti fa tornare a casa diverso.

Ad introdurre la serata, Diego Motta, giornalista di Avvenire, che prende spunto dal titolo per sottolineare la provocazione contenuta nel titolo stesso: “le relazioni interrotte” danno il senso di qualcosa di sospeso, di non finito, proprio come sospese e mai finite sono le relazio-ni in quel grande cantiere aperto che è la famiglia.

Don Claudio raccoglie la sfida ed esordisce dicendo che nei 12 anni trascorsi da cappellano del Beccaria ha sicuramente vissuto a contatto con situazioni limite, ma ha capito che i problemi di quei ragazzi non sono poi così diversi da quelli di qualsiasi altro ragazzo. Molti di loro arrivano da famiglie “normali” che si trovano cata-pultate in questa realtà senza essersi rese conto che il proprio figlio si stava perdendo.

“Non serve dare colpe - afferma don Burgio - non è sempre colpa di qualcuno se un ragazzo finisce al Bec-caria. Ecco il cambio di prospettiva: al Beccaria uno non finisce, ma comincia, perché lo sbaglio non è la parola definitiva nella vita di un ragazzo, ma può essere una tappa, o l’inizio di un percorso.”

Le famiglie che si trovano a vivere queste situazio-ni così drammatiche tendono spesso a nascondere la realtà, a vergognarsene, invece la realtà va affrontata senza paura. Certo la perdita del controllo sulla vita del figlio mette ansia, crea timori, ma è normale che, arri-vato ad una certa età, un ragazzo cominci a guardare altrove e un’altra famiglia, quella degli amici, prenda il sopravvento. Anche Maria e Giuseppe hanno perso ad un certo punto il controllo di Gesù dodicenne e il Van-gelo dice che quando se ne accorgono tornano in cerca di Lui. Questo significa mettersi in ascolto, mettersi in cammino con il figlio. Affinché l’interruzione del rappor-to non diventi una frattura, occorre quindi rimettersi in viaggio insieme, perché quando un figlio cresce e co-mincia a fare le sue mosse, a muovere le proprie pedi-ne anche l’adulto deve essere pronto a muovere le sue.

Don Claudio ha capito molto presto che la sua cre-dibilità in quel luogo non gli derivava dal fatto di essere il cappellano del Beccaria, ma dall’autenticità della sua posizione: “I ragazzi non ti ascoltano in virtù del ruolo,

ma solo se tu sei una persona vera!”Ecco l’importanza di un dialogo vero, non basato su

domande banali, che inevitabilmente portano l’altro a darci risposte banali ed evasive, ma che scaturisce da un reale coinvolgimento con la vita dei ragazzi.

“Per comunicare devi essere in comunione con i tuoi figli”, conoscere il loro linguaggio e saperlo utilizzare ri-empiendolo di significato.

“Il vero genitore non si lascia spaventare” continua don Claudio, “non si lascia sopraffare dall’ansia, perché sa che un figlio non è perso neppure se va al Beccaria, sa che si può sempre ricominciare.”

La frase peggiore da dire a un figlio è “Mi hai delu-so” perché nasconde la pretesa che il figlio sia quello che abbiamo in mente noi, mentre i figli sono libertà, originalità.

Dopo aver lanciato queste sfide educative don Clau-dio chiama sul palco Pasquale e Fabio ospiti il primo della comunità di “misura cautelare”, il secondo della comunità di “messa alla prova”.

I due ragazzi, visibilmente emozionati (è la prima volta che parlano davanti ad un pubblico così numero-so) raccontano brevemente le loro storie, accomunate dall’aver vissuto fin da piccoli in una realtà di quartieri degradati della periferia milanese, sempre per strada, in conflitto perenne con gli adulti e poi, via via, coinvolti in situazioni più grandi di loro per conquistarsi un posto e il rispetto in un mondo di adulti senza scrupoli.

Storie di ragazzi insofferenti alle regole e all’atteg-giamento degli adulti che parlano di valori, ma non li vivono, adulti da cui non si sono mai sentiti ascoltati ve-ramente.

Don Claudio li provoca: “E adesso?”“Adesso è meglio di prima” dice Fabio, “con mia

mamma mi sono riavvicinato”.

“Adesso ho capito che mi manca la mia casa” ag-giunge Pasquale, “prima l’avevo e non ci volevo mai stare. Vedendo quello che mi è successo, i miei genitori hanno capito che mi stavano perdendo.”

Don Burgio riprende la parola per sottolineare che quando si parla di adulti non si deve pensare solo ai genitori, ma a tutta la comunità adulta che si deve ne-cessariamente responsabilizzare.

“I figli non sono solo miei o tuoi, ma sono sempre nostri”.

Racconta un esempio commovente di come questa affermazione vissuta concretamente sia in grado di in-cidere sulla realtà: l’incontro con un ragazzo, in carcere per aver ucciso un coetaneo, che gli ha confidato di te-nere sempre con sé una lettera che legge spesso e che gli dà la forza di stare in quel luogo con dignità. Nella lettera una donna gli scrive: “Ho già perso un figlio, non voglio perderne un altro!”.

Chi scrive è la mamma del ragazzo che lui ha ucci-so, che lo chiama figlio e che desidera per lui il bene!

Questa è la misericordia che rigenera!Gli adulti puntano troppo spesso sul dovere, sull’im-

posizione, sul controllo. Don Claudio invita invece a ri-flettere sul metodo di Dio creatore che rivolgendosi ad Adamo per la prima volta gli dice “Tu potrai…” mentre il serpente ha un approccio molto diverso: “Non dovrai…”.

Nel “tu potrai” c’è la fiducia per tutta la potenzialità di bene che l’uomo ha in sé ed è questa fiducia che fa ripartire.

A un ragazzo che giustificava la sua impossibilità a fare qualcosa di buono nella vita perché lui era un “tos-sico” don Claudio rispondeva che lui non era un tossi-co, ma un ragazzo che ha usato sostanze. Quello che lo definiva non era il suo errore, ma il fatto di essere prima di tutto un ragazzo, cioè uno che ha davanti in-finite possibilità di bene. Quello stesso ragazzo, di lì a poco, a un compagno che gli si era rivolto chiamandolo “Ehi, sfigato”, ha risposto: “Non sono sfigato, sono un ragazzo che ha avuto sfiga!” Questo testimonia l’inizio di cambiamento della coscienza di sé.

Allora ciò che va ridestato sono i desideri più veri, non i bisogni che si soddisfanno più o meno facilmente e superficialmente e di cui si diventa spesso prigionieri, ma quei desideri che fanno grande un uomo.

“Cosa desiderate?”Risponde Pasquale, con uno sguardo così vero e

maturo che qualche mamma si commuove: “La libertà, la mia famiglia, la mia ragazza”.

Da qui si può ripartire. Questi due ragazzi sono solo all’inizio del loro percorso, non devono illudersi di esse-re già cambiati, ma hanno sicuramente trovato qualcu-no che li ascolta ed è disposto a scommettere su questi loro desideri, perché chiede loro di prenderli sul serio e di non accontentarsi di facili risposte.

Le domande del pubblico sono quasi tutte per i due ragazzi. In particolare una che li spiazza, li stupisce e lascia tutti senza fiato: “Voi siete stati i classici ragazzi di cui avere paura, quelli da cui star lontani e da cui tener lontani i propri figli. Vi rendete conto che prima eravate così e stasera invece ci mandate a casa avendoci dato qualcosa di buono, avendoci fatto venire voglia di guar-dare i nostri figli in modo diverso?”

Che dire? Pasquale e Fabio non se lo sanno spie-gare, ma devono riconoscere che stasera, qui all’audi-torium Mascagni, questa cosa è successa ed è stata possibile grazie a loro.

Don Burgio termina con un invito: “Preoccupiamoci solo di essere persone autentiche, perché i ragazzi ci osservano da vicino e vedono spesso solo adulti de-pressi. Più di tanti progetti o procedure perfette, hanno bisogno di adulti gioiosi, consapevoli che la gioia non è un’emozione, ma una scelta. E il cristiano sceglie di essere gioioso!”.

Rita Ferrari

Datemi la fede

Mio Dio,com’è assurda la mia vitasenza la fede!Una torcia fumiganteè la mia intelligenza;un braciere che accumula cenereè il mio cuore;una fredda e brevegiornata d’invernoè la mia esistenza.

Datemi la fede!Una fede che dia senso al mio vivere,forza al mio cammino,significato al mio sacrificio,certezza ai miei dubbi,speranza alle mie delusioni,coraggio alle mie paure,vigore alle mie stanchezze,sentieri ai miei smarrimenti,luce alle notti del mio spirito,riposo e pace alle mie ansie del cuore.

Serafino Falvo

13 Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017

12Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017

ATTUALITÀ ATTUALITÀ

Primo quadro introduttivo: Chi è Paolo?Paolo non è solo uno dei tanti protagonisti della

diffusione del Cristianesimo in tutto il mediterraneo, che gli ha meritato, tra l’altro il titolo di “Apostolo delle genti”, ma è il più significativo fautore dell’esperienza cristiana come esperienza autonoma rispetto al giu-daismo. Basterebbe ricordare la vicenda del Conci-lio di Gerusalemme (At 15, 1-35) col quale il collegio degli apostoli su sollecitazione di Paolo si esprime per un cammino in autonomia rispetto alla Sinagoga.

Qualche commentatore arriva perfino a parla-re paradossalmente di “paulinismo” ricordando che il “Fondatore del Cristianesimo” (Gesù Cristo) mai ebbe come finalità della sua predicazione la nascita di una nuova religione ma semmai un profondo rin-novamento dello spirito religioso giudaico.

Secondo quadro introduttivo: la comunità di Co-rinto

Corinto è una città marinara, porto commerciale concorrente di Atene (tra l’altro poco lontana) che contava nel momento del suo massimo splendore fino a mezzo milione di abitanti (una cifra sproposi-tata per l’epoca). Era luogo di incontro tra culture e visioni del mondo diverse, sembra che fosse anche luogo famoso per la dissolutezza di molti di coloro che la abitavano (Aristofane quattro secoli prima conia il termine “Corinteggiare” per indicare un com-portamento libertino e dissoluto). Paolo va a Corinto attorno al 50-51 dC.e At 18 attesta che vi rimane per circa 2 anni, si trasferisce ad Efeso e dopo 4 anni di permanenza scrive questa lettera.

Terzo quadro temati-co: una comunità di-visa alla ricerca della comunione

Il testo in oggetto che costituisce l’Incipit della let-tera riporta della preoccupazione dell’apostolo per una comunità divisa.

a) Quando si parla della divisione all’interno del-la comunità, non si parla semplicemente di un problema morale, ma costitutivo dell’essere stesso della comunità cristiana. Non si tratta di essere più o meno bravi per andare d’accor-do, e nemmeno di stringere strategicamente le fila per essere più efficaci, ma di corrispondere all’essenza che ci costituisce: figli del Padre e dunque chiamati alla comunione.

b) È strana l’idea che la divisione si insinui a parti-re da una esperienza positiva in sé come quella della appartenenza. Appartenere ad un conte-sto orgogliosi di esserne parte e riconoscendo che questa appartenenza mi dà forma è cosa in sé positiva, diventa problematica quando è causa di divisione e scontri.

c) La divisione allora ci fa perdere la nostra iden-tità e non permette nemmeno di riconoscerci.

Quarto quadro esegetico: • v. 10 - È nel nome di Gesù che possiamo ritrovare

non solo l’unità e la comunione che ci precede, ma anche la nostra identità.

C’è una unanimità nel parlare, quando la nostra parola è con-corde ma c’è anche una divisione fondamentale quando la parola è dis-corde.

Qui il problema non è valutare da che parte sta la verità: nel senso che la verità è tale e non cambia. Si tratta di valutare la possibilità di avere idee di-verse ma di andare fondamentalmente d’accordo perché il desiderio è con-corde.

• v. 11 - Cloe è una ricca commerciante di Corinto che viaggiava a Efeso e andava a trovare Paolo. Quando si è dis-cordi l’altro da me diventa un anta-gonista.

• v. 12 - Queste divisioni sono nel segno delle appar-tenenze che pur essendo principio di vita e parteci-pazione diventa principio di divisione e di morte.

Apollo: era un uomo Giudeo di Alessandria d’Egit-to, colto e versato per le scritture (ad Alessandria c’era una scuola molto forte che sulla scorta dell’in-segnamento di Filone leggeva la scrittura in chiave allegorica (At 18,24-28).

Cefa non si sa se sia stato a Corinto ma certamen-te aveva dei legami forti con la città. Era molto pos-sibilista nei confronti di una lettura della scrittura prettamente giudaica. Queste appartenenze che dividono hanno un fondamento nel come si vedono e si interpretano le cose nella chiesa.

• v. 13 - Questa divisione è il male radicale, e Gesù l’ha portata sulla Croce perché ogni muro fosse abbattuto. Siamo UNO perché Lui è il principio di comunione.

Credenti “dentro” la Chiesa

I prossimi due incontri si terranno a Melzo,nella chiesa diSan Francesco,

secondo il seguente programma:

• Giovedì 9 febbraio - ore 21,00 •La sapienza della croce (I Corinzi 1,18-25)

• Giovedì 9 marzo - ore 21,00 •Condividere la Cena (1 Corinzi 11, 20-33)

* * *Gli ultimi due incontri, si terranno a Gorgonzola,

nella cappella della SS. Trinità, col seguente programma:

• Giovedì 6 aprile - ore 21,00 •Un unico corpo dalle diverse membra (I Corinzi 12,12-27)

• Giovedì 18 maggio - ore 21,00 •La via migliore di tutte (I Corinzi 13,1-13)

Gli incontri saranno guidati da don Angelo Puricelli.

DECANATO DI MELZO

Lectio divina per adulti: i prossimi appuntamenti

Giovedì 12 gennaio alle ore 21,00, nella chiesa di S. Francesco, si è tenuto il primo incontro decanale di Lectio divina per adulti dal titolo:

Lo scandalo di una comunità divisa(I Corinzi 1,10-17)

L’incontro è stato guidato da don Angelo Puricelli che ha gentilmente curato anche questa sintesi per i lettori de Il Lievito di cui, durante la sua permanenza a Melzo, è stato “assistente di redazione” nei suoi primi anni di vita.

• vv. 14-16 - Paolo non battezza, introduce solo al Vangelo e poi lascia che siano altri a battezzare per Lui. La Chiesa è, del resto, il ruolo dove ognuno si assume il suo compito. Forse Paolo non voleva battezzare per non legare a se, con atteggiamento di grande libertà.

• v. 17 - L’evangelizzazione non capita con un di-scorso sapiente: non è un essere catturati da un bel discorso sapiente. La Croce non può essere svuotata di senso dalla ricerca delle belle forme di pensiero e di sapienza umana. C’è contrapposizio-ne tra sapere umano e sapere in Cristo. Lo stare insieme non deriva dalle nostre buone motivazioni ma è dono che viene dall’altro.

* * *Consiglio:

Carlo Maria Martini, L’utopia alla prova di una comu-nità, ed. Piemme, Casale Monferrato 1998

Actio: poniti queste due domande e lavoraci so-pra col pensiero e la preghiera

• Quali difetti della mia comunità riflettono i miei?

• Quale può essere il mio contributo ai problemi della comunità?

Sintesi a cura di don Angelo Puricelli

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ATTUALITÀ

A più di cinquant’anni di distanza le parole di Paolo VI ci invitano ancora alla riflessione

Ama la tua parrocchiaCollabora, prega e soffri per la tua parrocchia perché devi considerarla come una madre a cui la

Provvidenza ti ha affidato: chiedi a Dio che sia casa di famiglia fraterna e accogliente, casa aperta a tutti e al servizio di tutti. Da’ il tuo contributo di azione perché questo si realizzi in pienezza.

Collabora, prega e soffri perché la tua parrocchia sia vera comunità di fede: rispetta i preti della tua parrocchia anche se avessero mille difetti, sono i delegati di Cristo per te. Guardali con l’occhio della fede, non accentuare i loro difetti, non giudicare con troppa facilità le loro miserie perché Dio perdoni a te le tue miserie. Prenditi carico dei loro bisogni, prega ogni giorno per loro.

Collabora, prega e soffri perché la tua parrocchia sia una vera comunità eucaristica, che l’Eucaristia sia “radice viva del suo edificarsi”, non una radice secca, senza vita. Partecipa all’Eucaristia, possibilmente nella tua parrocchia, con tutte le tue forze. Godi e sottolinea con tutti, tutte le cose belle della tua parrocchia.

Non macchiarti mai la lingua accanendoti contro l’inerzia della tua parrocchia: invece rimboccati le maniche per fare tutto quello che ti viene richiesto. Ricordati: i pettegolezzi, le ambizioni, la voglia di primeggiare, le rivalità sono parassiti della vita parrocchiale: detestali combattili, non tollerarli mai!

La legge fondamentale del servizio è l’umiltà: non imporre le tue idee, non avere ambizioni, servi nell’umiltà. E accetta anche di essere messo da parte, se il bene di tutti, ad un certo momento, lo richiede. Solo, non incrociare le braccia, buttati invece nel lavoro più antipatico e più schivato da tutti, e non ti salti in mente di fondare un partito di opposizione!

Se il tuo parroco è possessivo e non lascia fare, non farne un dramma: la parrocchia non va in fondo per questo. Ci sono sempre settori dove qualunque parroco ti lascia piena libertà d’azione: la preghiera, i poveri, i malati, le persone sole ed emarginate. Basterebbe fossero vivi questi settori e la parrocchia diventerebbe viva. La preghiera, poi, nessuno te la condiziona e te la può togliere.

Ricordati bene che, con l’umiltà e la carità si può dire qualunque verità in parrocchia. Spesso sono l’arroganza e la presunzione che fermano ogni passo ed alza i muri. La mancanza di pazienza, qualche volta, crea il rigetto delle migliori iniziative.

Quando le cose non vanno, prova a puntare il dito contro te stesso, invece che contro il parroco o contro i tuoi preti o contro le situazioni. Hai le tue responsabilità, hai i tuoi precisi doveri se hai il coraggio di un’autocritica, severa e schietta, forse avrai una luce maggiore sui limiti degli altri.

Se la tua parrocchia fa pietà è anche colpa tua: basta un pugno di gente volenterosa a fare una rivoluzione, basta un gruppo di gente decisa a tutto a dare un volto nuovo ad una parrocchia.

E prega incessantemente per la santità dei tuoi preti: sono i preti santi la ricchezza più straordinaria delle nostre parrocchie, sono i preti santi la salvezza dei nostri giovani.

(Paolo VI, omelia inaugurazioneparrocchia N.S. di Lourdes,

Roma 23 febbraio 1964)

ATTUALITÀ

Patronato ACLI (Assistenza previdenziale)[email protected]

Assitenza previdenziale e servizio di consulenzaper pratiche pensionistiche e previdenziali

giovedì: ore 9.00÷12,30 e 14,00÷17.30

La segreteria Acli è aperta il giovedì dalle 9,30 alle 11,00

ACLI - Melzo sez. A. Grandi - Via M. Libertà, 5Tel. 02.9550592 - Fax 02.95716787 - mail: [email protected] - sito: www.aclimelzo.it

Servizi ACLI: ORARI DI APERTURA AL PUBBLICO

C A F tel. 02/95.735.859 linea [email protected]

Tutte le pratiche fiscali, dichiarazione Mod 730, Unico persone fisiche, ISEE/ISEU, ICI, RED, FSO, Bandi prima casa, Social Card, Successioni, contratti di locazione, compilazione e trasmissione del modello EAS per gli Enti Associativi, Dichiarazioni di responsabilità richieste dall’Inps per l’erogazione delle indennità agli invalidi civili, delle pensioni ed assegni sociali (modelli ICRI, ICLAV, ACC AS/PS).

mercoledì, giovedì e venerdì: dalle ore 9,30 alle 12,30solo su appuntamento

Biblioteca l’elenco dei libri è disponibilesul sito: www.aclimelzo.it alla voce “Biblioteca”

primo venerdì del mese: ore 21.00÷22.00terzo venerdì del mese: ore 10.00÷11.00

Lavoro domestico [email protected] relativa ai tipi di contratto previsti dalla normativa e, a richiesta,

predisposizione preventivi. Stipula, gestione e chiusura del contratto.Assistenza completa al datore di lavoro durante l’esistenza del contratto.

lunedì: ore 17.00÷18.30 - giovedì: ore 9,30÷11,00solo su appuntamento

S.I.C.E.T. (Sindacato Inquilini Casa E Territorio)[email protected]

martedì: dalle ore 17,00 alle 19,00

C.C.L. (Coop. Edilizia ACLI “Uggé Franca”)scrivere per appuntamento a: [email protected]ì: dalle 14,00 alle 18.00 (1° piano CCL)

Immigrati Richiesta e rinnovo del Permesso di soggiorno e Carta di soggiorno come previsto dalla normativa vigente; richiesta di “ricongiungimento familiare”. Inoltre, assistenza in merito ai Decreti Flussi e, in collaborazione con l’ufficio Immigrati di Milano, alla variegata problematica degli immigrati.

martedì: ore 8,30÷12,30 e 14÷17.30 su appuntamento

LA SegreTeriA ACLi infOrmA Che neL PeriOdO febbrAiO÷OTTObre È POSSibiLe iSCriVerSi O rinnOVAre L’iSCriziOne ALL’AnnO SOCiALe in COrSO

Geopoliticae relazioni internazionali

iL COrSO SArÀ OfferTO A Un giOVAne,IN MEMORIA DI GIACOMO SCANABISSI

Voler comprendere il presente con la mente aperta al futuro per agire al meglio è stato uno degli elementi che ha contraddistinto l’impegno del compianto aclista – per tanti amico e “maestro” – Giacomo Scanabissi. Da qui l’idea di ricordarlo in maniera particolare, che il nostro Circolo ACLI di Melzo ha pensato: offrire a un giovane, coprendone il costo d’iscrizione, la partecipazione gratuita al 10°Corso in Geopolitica e relazioni internazionali organizzato dal Circolo Geopolitico ACLI con IPSIA (Istituto Pace Sviluppo Innovazione Acli) di Milano.

Il Corso (10 lezioni che si terranno di sabato dalle ore 10 alle 13 presso il salone Clerici in via della Signora, 5 a Milano) partirà il 25/02/2017. L’attualità dei temi (i populismi nelle democrazie, la Libia, l’Islam e i Balcani, le frontiere dell’Unione Europea, il Sud America) e l’ampiezza degli strumenti (diplomazia, strumento militare, giornalismo, politica) sono le ‘chiavi’ multidisciplinari di questo corso, unite alla qualità di un corpo docente (docenti universitari, ricercatori, giornalisti) con provata competenza, con un curriculum internazionale, e capacità di trasmettere efficacemente i contenuti delle lezioni.

Chi è interessato a partecipare può trasmettere la sua richiesta al seguente indirizzo di posta: [email protected] allegando un breve lettera in cui motiva la sua richiesta.

TESSERAMENTO 2017: PERCHE’?

PER “Passione Popolare”

Vivere attivamente i cambiamenti del nostro tempo tessendo relazioni per migliorare il mondo: è la “Passione popolare” che dà il nome al tessera-mento ACLI 2017.

Far parte di una storia che da 70 anni ‘pulsa’ nel-la società; condividere i valori dell’associazionismo ispirati alle fedeltà acliste, ai lavoratori, alla Chiesa, alla democrazia; sostenere concretamente l’azio-ne del Circolo; usufruire delle agevolazioni e delle convenzioni che i vari Servizi (assistenza fiscale, turismo, sport, gestione lavoro domestico) garanti-scono ai soci. Che sia un rinnovare la tessera o una prima volta che la fai, ti aspettiamo al Circolo per viverlo insieme nel modo migliore!

17 Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017

16Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017

ATTUALITÀ

Melzo - Via A. Pasta, 29/31 - Tel. e Fax 02/95710746Mail: [email protected]

ORARI APERTURA SEDE:da Lunedì a Giovedì: ore 9,00÷12,00 e 14,00÷17,00

Venerdì: ore 9,00÷12,00

INAS - Pratiche pensionisticheCAAF - Assistenza fiscale

NOTAIO - Consulenza notarile

Troverai accoglienza, ascolto, informazioni e aiuto nell’inoltro delle pratiche. In particolare:Martedì mattina: presenza di un funzionario dell’Inas per le pratiche previdenziali e pensionistiche.Martedì pomeriggio:- presenza notaio (informazioni per successioni e trasferimenti di proprietà);- sportello sanità (informazioni su dimissioni protette, posti di sollievo, ecc.).Giovedì mattina: presenza di addetto Caaf per servizi di assistenza fiscale (730/Unico), Imu, mod. RED, Isee e bonus vari, contenzioso fiscale.Iscriviti alla FNP-Cisl e potrai avere: forti sconti sulle dichiarazioni fiscali e sulle iniziative turistiche, contributi in caso di furti o scippi, una diaria giornaliera (30/50 euro) in caso di ricovero ospedaliero dovuto a infortunio di qualsiasi natura e tante altre agevolazioni.

Si comunica che nella settimana appena trascorsa gli operatori della Farsi Prossimo onlus scs hanno pro-ceduto al trasferimento delle due famiglie di profughi finora accolte nell’appartamento messo a disposizione dalla vostra Comunità pastorale presso i locali della Parrocchia Sant’Alessandro e Santa Margherita.

L’anticipo del trasferimento rispetto alla scadenza inizialmente prevista del contratto di comodato (marzo 2017) è dovuto al fatto che in questo momento si stan-no verificando condizioni materiali che consentono di operare nella tutela dell’interesse delle persone ac-colte, condizioni che non è sicuro possano continuare a sussistere nel marzo prossimo, stanti i vincoli che pone il sistema istituzionale di accoglienza in cui sono inserite le strutture messe a disposizione dalle parroc-chie. L’immobile finora offerto dalla Comunità pastora-le san Francesco di Melzo potrà dunque rientrare nella piena disponibilità della Comunità.

Entrambi i nuclei familiari saranno trasferiti in un unico appartamento messo a disposizione dalla Co-munità a Cernusco sul Naviglio, dove saranno accom-pagnati dai volontari della Caritas cittadina.

La vicinanza territoriale tra Cernusco sul Naviglio e Melzo consentirà alle famiglie di non essere sradi-cate completamente dal contesto in cui hanno vissu-to negli ultimi mesi; sarà garantita inoltre la continuità della relazione educativa con gli operatori della Farsi Prossimo onlus scs, in quanto le persone accolte sa-ranno seguite dalla medesima equipe che ha opera-to finora. Infine, Cernusco sul Naviglio è ben servita dai mezzi pubblici, il che facilita l’accesso alla strut-tura sanitaria dove una delle persone in accoglienza è in cura per la problematica sanitaria di cui soffre.

Caritas Ambrosiana, anche a nome della Farsi Prossimo onlus scs, ringrazia l’intera Comunità cri-stiana di Melzo per aver raccolto generosamente i ripetuti appelli ad un gesto di carità concreta da parte del Santo Padre e del Cardinale Scola, esprimendo così il segno di una vera testimonianza dell’amore cristiano che sa farsi prossimo fattivamente.

Milano, 5 gennaio 2017

CaritasAmbrosiana

Trasferimento famiglie accoltedalla Comunità PastoraleSan Francesco di Melzo

Carlo Acutis: un adolescente del nostro tempoPassato da poco il decimo anniversario della sua morte,

si concluderà a Milano la prima tappa del suo processo di beatificazione

Carlo Acutis muore a soli 15 anni il 12 ottobre 2006 a causa di una leucemia fulminante. Rimane un mistero questo giovane fedele della Diocesi di Milano, che prima di morire è stato capace di offrire le sue sofferenze per il Papa e per la Chiesa. La sua vita è breve ma intensa è la sua testimonianza cristiana. Frequenta la Chiesa e fa il catechista, passa pomeriggi interi con i clochard e supe-ra l’esame condotto dall’ex segretario del papa Paolo VI, monsignor Macchi, per poter fare la comunione a soli 7 anni, due anni prima del previsto. Da allora non manca mai all’appuntamento quotidiano con la Santa Messa, cercando sempre o prima o dopo la celebrazione euca-ristica di sostare davanti al Tabernacolo, in adorazione. La Madonna è sempre la sua grande confidente e la onora recitando ogni giorno il Rosario. Per citare le sue stesse parole “La nostra meta deve essere l’infinito, non il finito. L’Infinito è la nostra Patria. Da sempre siamo attesi in Cielo”.

“Tutti nascono come originali ma molti muoiono come fotocopie”, scrive. Per orientarsi verso questa meta e non “morire come fotocopie” la nostra bussola deve es-sere la Parola di Dio, con cui dobbiamo confrontarci co-stantemente. Ma per una meta così alta servono mezzi specialissimi: i Sacramenti e la preghiera. In particolare mette al centro della sua vita l’Eucarestia che chiama “la mia autostrada per il Cielo”.

La modernità e l’attualità di Carlo si coniuga perfetta-mente con la sua profonda vita eucaristica e devozione mariana, che hanno contribuito a fare di lui un ragazzo speciale che tutti ammirano e amano.

Oltre ad essere appassionato di calcio, Carlo è do-tatissimo per tutto ciò che riguarda il mondo dell’infor-matica; sia gli amici che gli adulti laureati in ingegneria informatica lo considerano un genio. Non appena riceve il primo computer all’età di 8 anni, gira per casa con un camice con su scritto “scienziato informatico”.

I suoi interessi spaziano dalla programmazione dei computer, al montaggio dei film, alla creazione dei siti web, ai giornalini di cui fa anche la redazione e l’impa-ginazione, fino ad arrivare al volontariato con i più biso-gnosi, con i bambini e con gli anziani.

La mamma Antonia lo ricorda come un ragazzo mos-so da uno spirito di pace: “… un ragazzino come gli al-

tri, ma al tempo stesso mostra qualità, energia e carisma fuori del comune”.

Dopo la prima fase del processo di beatificazio-ne ne inizierà una seconda in cui saranno esaminati alcuni particolari che potrebbero essere valutati come miracoli e si avanza l’ipotesi che questo ragazzo nato nell’epoca del web possa essere riconosciuto, come “patrono di internet”.

Il giovane Carlo ancora fa sentire viva la sua presen-za e la sua intercessione in mezzo a noi e chiede a tutti noi di raccontare il Vangelo con la vita, affinché ciascuno di noi possa essere un faro che illumina il cammino degli altri.

Il card. Comastri nella sua prefazione ad un libro uscito su Carlo Acutis, scrive:

La breve esistenza, protesa alla meta dell’incontro con Cristo, è stata come una luce gettata non solo sul cammino di quanti l’hanno incrociato sulla propria stra-da, ma anche di tutti coloro che ne conosceranno la sua storia. Guardando a questo adolescente come a un loro compagno che si è lasciato sedurre dall’amicizia per Cri-sto, e proprio per questo ha sperimentato una gioia più vera, i nostri ragazzi saranno messi in contatto con una esperienza di vita che nulla ha tolto alla ricchezza dei giovani anni adolescenziali, ma li ha valorizzati ancora di più.

a cura di Lorena Motta

Questo volume è in venditapresso la Libreria S. Alessandro

Editrice Libreria Vaticana - € 18,00

NUOVI SANTI

19 Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017

18Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017

Nel prossimo mese di marzo ricorrerà il cinquantesi-mo anniversario dell’enciclica di Paolo VI «Populorum progressio», pietra miliare del magistero sociale della Chiesa che possiamo considerare un documento profe-tico: Benedetto XVI l’ha definita “la Rerum novarum” dei tempi moderni. Paolo VI venne molto criticato per aver sottratto il tema trattato dall’enciclica al concilio Vaticano II, ma oggi - grazie a questo documento - esiste tutto un campo di ricerca che indaga sul rapporto tra religione e sviluppo.

Un’enciclica negli anni Sessanta

L’enciclica «Populorum progressio», pubblicata il 28 marzo 1967 (porta la data del 26, giorno di Pasqua) è un documento destinato a segnare la storia del pontificato di Paolo VI, sulla scia dell’intervento fatto all’Onu nell’ot-tobre di due anni prima: promuove i diritti umani di tutti i popoli sottosviluppati e parla della carenza di solidarietà evangelica nel Terzo mondo, e specialmente nell’Ameri-ca latina. Una carenza di solidarietà evangelica proprio dei cristiani. Il contesto nel quale l’enciclica si inserisce è quello degli anni Sessanta, un periodo connotato dal mito della crescita illimitata e dalla conquista dello spa-zio.

L’urgenza di una risposta

Rifacendosi alle grandi encicliche sociali dei prede-cessori, Paolo VI afferma che «la questione sociale ha acquistato dimensione mondiale», ed è «urgente» una risposta perché «i popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell’opulenza». «Essere affrancati dalla miseria, garantire in maniera più sicura la propria sussistenza, la salute, un’occupazione stabi-le; una partecipazione più piena alle responsabilità, al di fuori di ogni oppressione, al riparo da situazioni che offendono la loro dignità di uomini; godere di una mag-giore istruzione; in una parola, fare conoscere e avere di più, per essere di più: ecco l’aspirazione».

Lo sviluppo integrale

La prima parte del documento è dedicata allo «svilup-po integrale». In un momento storico nel quale la parola «sviluppo» era diventata di moda, il Papa avverte che lo sviluppo non può essere ridotto alla mera crescita eco-

nomica, ma deve essere pensato in termini di sviluppo integrale, cioè che promuova tutti gli uomini e tutto l’uo-mo. Lo sviluppo integrale è una vocazione e un dovere personale di avanzare verso una condizione ogni volta più umana e ciò include l’eliminazione delle carenze ma-teriali e le strutture oppressive che sfruttano i lavoratori o rendono le transazioni economiche ingiuste. L’ideale di tendere a una condizioni sempre più umana culmina con il riconoscimento dei valori più alti, la fede in Dio e l’unità nella carità di Cristo.

No alle oligarchie e i rischi del messianismo

Il Papa riconosce che «le potenze colonizzatrici han-no spesso avuto di mira soltanto il loro interesse», de-nuncia il «lento ritmo di sviluppo» dei popoli poveri, a fronte della crescita rapida dei popoli ricchi. E stigmatiz-za le oligarchie che in certi Paesi godono di «una civiltà raffinata» mentre le popolazioni sono costrette a condi-zioni di vita «indegne della persona umana». «In questo stato di marasma», mette in guardia il Pontefice, «si fa più violenta la tentazione di lasciarsi pericolosamente trascinare verso messianismi carichi di promesse, ma fabbricatori di illusioni. Chi non vede i pericoli che ne derivano, di reazioni popolari violente, di agitazioni in-surrezionali, e di scivolamenti verso le ideologie totali-tarie?». La Chiesa, «esperta in umanità», non pretende di «intromettersi nella politica degli stati» ma vuole offre una «visione globale dell’uomo e della sua umanità».

Le «strutture oppressive»

Papa Montini afferma che «la ricerca esclusiva dell’a-vere diventa… un ostacolo alla crescita dell’essere e si oppone alla sua vera grandezza: per le nazioni come per le persone, l’avarizia è la forma più evidente del sot-tosviluppo morale», e critica le «strutture oppressive, sia che provengano dagli abusi del possesso che da quelli del potere, dallo sfruttamento dei lavoratori che dall’in-giustizia delle transazioni».

Ricorda che «la proprietà privata non costituisce per alcuno un diritto incondizionato e assoluto. Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supe-ra il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessa-rio», spiegando che «il bene comune esige dunque tal-volta l’espropriazione se, per via della loro estensione,

del loro sfruttamento esiguo o nullo, della miseria che ne deriva per le popolazioni…, certi possedimenti sono di ostacolo alla prosperità collettiva».

Un’economia a servizio dell’uomo

Nell’enciclica è quindi criticato il sistema che consi-dera «il profitto come motore essenziale del progres-so economico, la concorrenza come legge suprema dell’economia», così come una «mistica esagerata del lavoro», mentre si ribadisce invece che l’economia deve essere al servizio dell’uomo. In un passaggio, che sarà fonte di discussioni e polemiche, si accenna all’insurre-zione violenta contro la tirannia. «Si danno, certo, situa-zioni la cui ingiustizia grida verso il cielo», scrive il Papa, «e tuttavia sappiamo che l’insurrezione rivoluzionaria – salvo nel caso di una tirannia evidente e prolungata che attenti gravemente ai diritti fondamentali della persona e nuoccia in modo pericoloso al bene comune del Paese – è fonte di nuove ingiustizie, introduce nuovi squilibri, e provoca nuove rovine. Non si può combattere un male reale a prez-zo di un male più grande». Il Papa parla poi dei programmi di pianifi-cazione, mettendo in guardia dal «pericolo d’una collettivizzazione integrale o d’una pianificazione arbitraria», e dalla «tecnocrazia di domani» che «può essere fonte di mali non meno temibili che il libe-ralismo di ieri

Sviluppo solidale, no agli sper-peri

Va dunque promosso, spiega il Pontefice bresciano nella seconda parte del documento, un «umane-simo planetario» che permetta uno «sviluppo solidale» dell’uma-nità, costruendo «un mondo, in cui ogni uomo, senza esclusioni di razza, di religione, di nazionalità, possa vivere una vita pienamen-te umana, affrancata dalle servitù che gli vengono dagli uomini e da una natura non sufficientemente padroneggiata». Uno strumento per promuovere questa solidarietà è l’istituzione di un «fondo mondiale» e «la riconversione di certi sperperi, che sono frutto della paura o dell’orgoglio».

governare le iniquità dei mercati Paolo VI afferma anche che «la legge del libero

scambio non è più in grado di reggere da sola le relazio-ni internazionali» e che solo nel caso in cui i contraenti «si trovino in condizioni di potenza economica non trop-po disparate» esso è «uno stimolo al progresso». Men-tre se le condizioni sono troppo diseguali «i prezzi che si formano “liberamente” sul mercato possono, allora, condurre a risultati iniqui. Ostacoli da superare per uno sviluppo solidale dei popoli sono anche il nazionalismo e il razzismo.

«Sviluppo è il nuovo nome della pace»

Nella terza parte dell’enciclica, Paolo VI parla della carità universale, cita il dramma degli studenti universi-tari che venuti nei Paesi più ricchi per studiare finiscono «in non rari» per perdere i loro valori spirituali; ricorda il dramma dei lavoratori immigrati e chiede agli imprendi-tori che operano nei Paesi poveri di favorire la crescita di una classe dirigente indigena. Lo sviluppo è dunque «il nuovo nome della pace». Il Papa conclude ricordando le sue parole all’Onu e chiedendo un’autorità mondiale più efficace in grado di intervenire in favore dello sviluppo e della lotta alla povertà.

E per concludere……… lasciamo parlare l’enciclica.(81) I cattolici

“...i laici devono assumere come loro compito spe-cifico il rinnovamento dell’ordine temporale. Se il ruolo della gerarchia è di insegnare e di interpretare in modo autentico i principi morali da seguire in questo campo,

spetta a loro, attraverso la loro libera iniziativa e sen-za attendere passivamente consegne e direttive, di pe-netrare di spirito cristiano la mentalità e i costumi, le leggi e le strutture della loro comunità di vita”.

(86) Tutti all’opera“Voi tutti che avete inte-

so l’appello dei popoli sof-ferenti, voi tutti che lavorate per rispondervi, voi siete gli apostoli del buono e vero sviluppo, che non è la ric-chezza egoista e amata per se stessa, ma l’economia al servizio dell’uomo, il pane quotidiano distribuito a tutti, come sorgente di fraternità e segno della Provvidenza”.

Le critiche feroci... come sempre

La «Populorum progres-sio» sarà oggetto di critiche

talvolta feroci da parte dei circoli economici conservatori e di ambienti capitalistici. Papa Montini sarà apostrofato come «marxista». Si può osservare che quando i Papi parlano di problemi sociali sono aspramente criticati o ignorati anche all’interno della Chiesa. Anche la “Rerum novarum” di Leone XIII non fu bene accolta. Si vorreb-be che i Papi non si occupassero di questi temi, che si occupassero solo di teologia e di morale, ma non di queste cose, perché non sono bene informati di econo-mia, finanza, lavoro….. Come si vede, pensando all’ac-coglienza di certi passaggi dell’esortazione “Evangelii gaudium” o dell’enciclica “Laudato si’”, nulla di nuovo sotto il sole.

A cura del Circolo Acli - Melzo

A cinquant’anni di distanza dalla sua pubblicazione (marzo 1967) un documento che ha ancora valore attuale e non ha perso il suo spirito profetico

PopulorumprogressioEnciclica di Paolo VIsullo Sviluppo dei Popoli

RICORRENZE RICORRENZE

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CULTURA CULTURA

La morte vieneper l’arcivescovo

di Willa Cather Edizioni Neri Pozza (2008) pagg 272

Questo libro non è molto noto e credo che anche l’autrice, Willa Cather non lo sia.

Eppure secondo me è uno dei capisaldi della letteratura americana del secolo scorso. Le sue de-scrizioni delle terre del New Mexico, cosi cinemato-grafiche, aperte e luminose, precedono le pagine di Edgar Lee Masters, Jack Kerouac e, ai giorni nostri, Cormac McCarthy, Wiliam Least Heat-Moon. Non dispero ancora che i suoi libri possano ispirare un nuovo film di Clint Eastwood.

Il romanzo in definitiva è l’affascinante storia di due giovani amici, padre Latour e padre Vaillant, ge-suiti, che decidono di partire dalla Francia, entrambi nativi della regione della Puy de Dome, nell’Alvernia, vicino a St Remy e a Clermont Ferrand, per andare a

fare i missionari nelle terre aride e selvagge del Colo-rado e del New Mexico nella seconda metà dell’’800. Sono due ragazzi dotati di temperamenti diversi, ma pieni di entusiasmo e accomunati dalla tensione ide-ale di “raccontare” Cristo in una terra evangelizzata nel ‘600 dai Francescani, ma poi abbandonata a sé stessa.

Ad un certo punto, con loro grande sorpresa, papa Pio IX, affida nel 1848 a padre Latour l’erezio-ne di una diocesi a Santa Fe nel New Mexico, allora da poco annesso agli Stati Uniti. Il papato di Pio IX, al secolo Giovanni Maria Mastai Ferretti, fu il più lun-go della storia (1846-1878), e uno dei più tribolati, nell’affrontare il breve esilio a Gaeta durante la Re-pubblica Romana (1849) e il veloce sgretolarsi del potere temporale dello Stato Vaticano fino alla Brec-cia di Porta Pia (1870). Era terziario francescano e credeva fortemente nella missione universale della Chiesa. Ai gesuiti Pio IX affidò la rinascita delle co-munità cattoliche dell’America Centrale.

La storia di padre Latour, personaggio storico il cui vero nome era padre Jean Baptiste Lamy, insie-me al suo amico padre Vaillant, che in seguito diver-rà anche lui vescovo e andrà in missione in mezzo ai cercatori d’oro, è una storia di incontri straordinari con i nativi del luogo, in particolare con gli indiani del-le terre calde, i Navajos, molto noti a tutti noi lettori ed estimatori di Tex Willer.

Uno dei personaggi storici del romanzo è tra l’al-tro proprio Kit Carson, “capelli d’argento” nella saga dei fumetti della famiglia Bonelli. Kit Carson in realtà fu un agente indiano del governo federale americano con il compito di presiedere alla migrazione forza-ta delle tribù indiane, che venivano allontanate con violenza dalle terre che i coloni americani stavano trasformando radicalmente. Fu in realtà un uomo ci-nico e spesso appoggiò le violenze contro la gente Navajo. Fino all’ultimo il padre Latour sperò in una sua conversione, ne rimase amico proprio per poter far vivere quella speranza fino all’ultimo.

Il legame tra i due protagonisti, fondato su una te-nace corrispondenza affettiva e radicato nella fede, li

spinge verso l’ignoto e l’avventura in luoghi in cui si può essere ucci-si da banditi, non accettati da tribù indiane perseguitate dai bianchi o da preti immorali e corrotti, esse-re colti da tempeste di neve o di sabbia o, infine, incontrare uomini e donne che hanno seppellito in una caverna la pisside e il calice dorati dei primi martiri francescani e che, tramandato il ricordo di ge-nerazione in generazione, li dis-sotterrano per consegnarli, secoli dopo, a questi due nuovi annun-ciatori della “buona novella”.

C’è una semplicità nella accet-tazione da parte dei nativi sia del-la persona del padre gesuita, che della Parola di Dio e di Gesù stes-so che sorprende. Non sorprende tanto il senso religioso di quella gente, ma l’amicizia offerta e ricevuta da un bianco francese che viene da lontano e che racconta loro una strana storia di salvezza. Strana ma accolta come vera proprio per la verità del rapporto vissuto da quella gente dalla tradizione antica e sapiente con padre Latour.

Dentro questa trama di incontri e di rapporti si raf-forza un’opera imponente: padre Latour riforma pro-fondamente la Chiesa del New Mexico, costruisce e ristruttura numerose chiese, crea nuove parrocchie, inaugura e fa crescere scuole e asili. Sono opere in-fatti che vedono l’azione insostituibile e gratuita della popolazione locale. Corona il suo sogno di costruire a Santa Fe, con un’architettura che richiama le chie-se francesi della sua regione, la Cattedrale di San Francesco e la Cappella di Loreto.

Il titolo del romanzo appare all’inizio negativo, sembra che la morte comunque debba avere il so-pravvento. Ma in realtà così non è. Il titolo è tratto dalle ultime bellissime cinquanta pagine del te-sto, pagine in cui il protagonista, dopo trent’anni di

esperienza di evangelizzazione missionaria nel New Mexico, si prepara a morire serenamente a Santa Fe, dove tutto era comin-ciato. Da un colloquio con l’a-mico Vaillant ecco il bilancio del-la vita: “…ma non è stato così male, vero Jean? Abbiamo fatto le cose che avevamo progettato di fare, tanto tempo fa, quando eravamo seminaristi, almeno alcune. Realizzare i sogni del-la propria giovinezza: questo è quanto di meglio può accadere ad un uomo…”.

E alla fine esclama “Morirò d’aver vissuto”: la morte diventa un momento della sua vita, un momento di passaggio, come quasi un premio che lo introdu-

ce nell’Eternità del Padre e lo fissa nella memoria dei popoli del New Mexico.

Quando ho letto questo libro, per una scelta ca-suale in una biblioteca, non mi sarei mai aspettato di trovare un libro così appassionante su una storia di santità e scoprire un’autrice dal talento narrativo straordinario. Willa visse per 35 anni con un’amica, in modo molto discreto, tanto comunque da farla ritene-re comunemente lesbica, e ancora oggi la sua figura è un’icona per le comunità omossessuali americane. Nel sito dedicato alla Fondazione Willa Cather e nel-le pagine dedicate alla sua biografia, tuttavia, non se ne fa cenno. Ma in ogni caso, lo Spirito Santo, dovremmo saperlo, soffia dove vuole, quando vuole e come vuole, alla faccia dei nostri schemi e delle nostre previsioni.

A me quello che colpisce è la sua profondità, la maturità della scrittura e insieme la freschezza, che rendono il romanzo una delle letture più piacevoli che io abbia affrontato. Ed è inoltre un libro profondamen-te cristiano, che va dritto a raccontare il desiderio di vivere bene e in pace che è nel fondo di tutti i cuori.

Luigi Guastalla

RUBRICA

Qui si legge

L’obiettivo di questa rivista non è quella di esercitarci nell’arte della critica letteraria. Non ne siamo capaci e poi cosa potremmo aggiungere di più rispetto a quanto si trova nelle pagine culturali dei quotidiani e su internet?

Quello che ci preme è invece raccontare cosa un libro ci ha suscitato, cosa ci ha lasciato dentro. È un consiglio alla lettura, alla lettura persona-le di un libro, che come tutte le forme d’arte contemporanee richiede non solo l’opera dello scrittore, come è ovvio, ma anche l’azione del lettore, che nella sua passione e nella sua dedizione (donare un’ora alla lettura sembra una cosa impossibile oggi!), per certi versi partecipa alla realiz-zazione dell’opera stessa.

Ecco perché vorremmo che chiunque volesse raccontare di un libro che lo ha segnato in modo particolare lo possa fare qui sulle pagine de Il Lievito, per condividere quell’insieme di sentimenti, giudizi e ricordi che solo una buona lettura può dare.

COnVOCAziOneASSEMBLEA

Sabato 18 febbraio alle ore 14,30,presso la sede, nella sala della Consulta

si terrà l’assemblea AIDO.

AVVISO

23 Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017

22Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017

È ormai alle porte - giovedì 9 marzo - il debutto al Teatro Trivulzio dell’ultima produzione targata Lette-revive: un progetto sull’Orlando Furioso di Ariosto che arriva dopo il successo dei precedenti lavori sulla Divi-na Commedia e sulla storia di Dante e San Francesco. Per conoscere meglio cosa si nasconda dietro le quinte e capire quali siano i motivi della scelta di quest’opera, abbiamo rivolto alcune domande a Riccardo Moratti, professore di lettere e appassionato di musica e teatro, nonché ideatore del progetto Letterevive.

Da dove nasce l’idea di portare in scena delle let-ture-monologo su opere letterarie, patrimonio della nostra cultura, ma lette poco, se non a scuola?

L’idea del progetto Letterevive è nata poco alla volta nel corso degli anni di insegnamento. Proponevo ai miei studenti dei capolavori e spesso raccoglievo sbadigli. Non poteva funzionare così! Almeno, non con le opere che più amo, prima fra tutte la Divina Commedia. Allo-ra ho iniziato a puntare sempre di più su un approccio emotivo ed esperienziale al testo, cercando di portare la letteratura a contatto con la vita dei ragazzi. Un giorno, iniziando a leggere il primo canto dell’Inferno, ho detto loro: “Per godersi questi versi, bisognerebbe abbassare le tapparelle e leggere il testo nella penombra, magari con la musica di sottofondo giusta”. Il progetto Lettere-vive è nato in quel momento. Visto poi che la proposta di queste letture teatralizzate era accolta con entusia-smo da studenti e colleghi, ho pensato che potesse aver senso portarle anche fuori dalla scuola; la risposta del pubblico è stata sorprendente e mi ha incoraggiato a proseguire su questa strada.

Dopo Dante e Francesco, Orlando. Personaggi reali e di fantasia che riesci a riportare ai nostri tempi. Che legame c’è tra questi tuoi lavori?

Il legame che unisce questi tre lavori (e probabilmen-te ogni opera letteraria, in ogni tempo) è rappresentato dal tema del viaggio dell’uomo alla scoperta di sé e del senso dell’esistenza. Nella Divina Commedia il viaggio di Dante parte dagli abissi del suo essere per aprirsi fino

ad abbracciare l’intero universo, in quella visione di Dio che gli rivela la sua vera e più profonda iden-tità; un viaggio che Dan-te compie nella sua vita anche grazie all’incontro con Francesco d’Assisi. In modo del tutto simile, anche nell’Orlando Fu-rioso ci troviamo di fron-te alla storia di un uomo che si perde dell’abisso del non-senso, ma che riesce infine, grazie all’a-iuto di chi gli sta vicino, a comprendere quale sia

la strada verso la felicità e la realizzazione di sé, in un percorso che lo porta sorprendentemente dalla follia alla meraviglia.

Perché proprio l’Orlando Furioso? Cos’ha di speciale?

L’Orlando Furioso è uno spettacolo! Ariosto riesce nell’impresa di comunicare un messaggio profondissimo, ma in modo brillante, divertente, magicamente leggero. È una storia di cavalieri, maghi, amori, mostri, avventure, che in questo non ha nulla da invidiare alle più recenti sa-ghe fantasy. Il racconto è al tempo stesso emozionante e ironico, coinvolgente e grottesco; e poi, sorprendente-mente attuale, nonostante abbia da poco compiuto 500 anni d’età. Basti pensare che la vicenda si svolge sullo sfondo di una guerra fra cristiani e musulmani, fra Eu-ropa e Africa, e che il duello decisivo si svolge sull’isola di Lampedusa! Ariosto però non punta la sua attenzione sulle appartenenze o sulle ideologie; a lui importano le persone, i valori autentici e universali, ed è significativo che l’unica grande storia d’amore ad avere un compi-mento felice nel poema è quella fra Ruggero, paladino saraceno dal cuore nobile, e la bella Bradamante, valoro-sa guerriera al servizio dell’esercito cristiano di re Carlo.

Che dire? Non ci resta che sederci in platea e partire per questo nuovo viaggio, trasportati dai versi di Ariosto e accompagnati, oltre che dalla voce di Riccardo, dalle musiche originali composte da Gabriele Bazzi Berneri e dalle splendide illustrazioni di Grazia Nidasio. Tutti i dettagli su www.letterevive.it.

Massimo

Dopo la Divina Commedia con Dante, il nuovo progetto Letterevive

Dalla terra alla luna (e ritorno) con l’Orlando Furioso

CULTURA

to dall’ideale di annunciare il Vangelo «fino agli estremi con-fini della terra». Avrebbe voluto partire per l’India, ma i suoi superiori decisero diversamente. Così, per tutta la sua vita, la missione di padre Piero Gheddo si è tradotta in un giornali-smo appassionato e militante. Migliaia gli articoli scritti per te-state cattoliche e laiche; un centinaio i libri pubblicati (il primo è uscito nel 1956). Oltre 80 i Paesi che il missionario ha toccato nel corso dei suoi innumerevoli viaggi, spesso diventando te-stimone in prima linea delle più terribili pagine del Novecen-to, scoprendo che il Vangelo fa sempre notizia.Editrice EMI - € 14,00

L’INVIATOdi Michael D. O’Brien Attesissimo sequel dell’acclamato thriller “Il nemico”, “L’inviato” è il capitolo finale della trilogia di Padre Elia, ebreo conver-tito e sopravvissuto alla Shoah, chiamato dal papa a opporsi all’Anticristo annun-ciato nella Bibbia. Lo vediamo giungere a Gerusalemme per strappare la maschera al Presidente dell’Unione Europea, leader politico mondiale che predica un nuovo mondo e il superamento di tutte le diffe-renze in chiave umanitaria. Riuscirà Padre

Elia a trovare dentro di sé la forza per portare a termine la sua missione, anche quando tutto sembrerà perduto e le tenebre avvolgeranno ogni cosa?Editrice Fede e Cultura - € 18,00

UN’INFANZIANELLA BOCCA DEL LUPOdi Levi Manique StraussMonique Lévi-Strauss ha aspettato set-tant’anni prima di scrivere i suoi ricordi. Su-bito dopo la guerra, nessuno voleva ascol-tare e tutti desideravano voltare pagina. Il racconto di un’infanzia “nella bocca del lupo” riepiloga il singolare destino di una ragazza costretta dall’insensatezza del padre a lasciare Parigi per trasferirsi nella Germania nazista con il fratello e la madre ebrea. Uno sguardo originale sulla vita

quotidiana ai tempi di Hitler e sull’incomprensibile mondo degli adulti negli anni turbolenti della seconda guerra mondiale.Editrice EDB - € 14,00

IL POMERIGGIO DELLA LUNAdi Marco PozzaPer arrivare in orario certe volte è ne-cessario salire sul treno successivo. La differenza non sarà questione di tempo ma d’aver colto il bersaglio: gustarsi la luna di pomeriggio. Lui, negli anni del liceo, assomiglia al sole: al suo passag-gio si alza un’iradiddio di oche. Lei, agli occhi di lui è poco più che una fesseria: di pomeriggio si esce a contemplare il sole, non si perde tempo a guardare la luna. Che ognuno vada per la sua stra-

da. All’indomani della maturità, incontrandosi in treno, am-metteranno a se stessi che una risposta giusta, data nel momento sbagliato, è una risposta sbagliata: loro due era-no quelli giusti nel momento sbagliato. L’amore era altro: “Trovarsi senza cercarsi”. È il sole che abbraccia la luna: l’eclissi. Ne Il pomeriggio della luna per fare ordine è prima necessario fare disordine. Perché l’eleganza non è farsi notare, ma farsi ricordare: «Luna di pomeriggio è la più bel-la frase mai scritta in italiano».Editrice Aracne - € 12,00

L’ULTIMO LENZUOLO BIANCOL’inferno e il cuore dell’Afghani-standi Farhad BitaniDice di sé l’autore: “Ci sono persone che scrivono libri perché il loro lavoro è scrivere libri. Per me non è così. Non sono uno scrittore. Io sono un militare e mio padre è un generale afghano”.Dodici anni, e già Farhad aveva visto le teste staccarsi dal busto dei condanna-ti sotto il potente colpo della mannaia, corpi di donne imbustati nei loro burqa

afflosciarsi sotto i lanci delle pietre.Nella Kabul senza alcol né tivù né sport né musica dei tale-bani, la gente si stordiva con lo spettacolo della violenza, si inebriava del sangue e della sofferenza altrui. Farhad era come loro, esattamente come le migliaia di adulti e di ragazzi, tutti maschi, che spontaneamente, sen-za alcuna costrizione, il venerdì si recavano allo stadio per assistere alla massima punizione dei peccatori. Senza alcuna vergogna o sentimento di pietà, anzi col senso di esaltazione di chi partecipa a un’opera di giustizia crudele ma necessaria: la purificazione della società dai suoi pa-rassiti, destinati al fuoco dell’inferno.Ma quel giorno Farhad vide e udì qualcosa che non aveva mai visto e ascoltato prima....Edizioni Guaraldi - € 12,90

INVIATO SPECIALE AI CONFINI DELLA FEDELa mia vita di missionariogiornalistadi Piero Gheddo con G. FazziniProtagonista di un’avventura umana e missionaria straordinaria, padre Ghed-do ha denunciato con forza i drammi della fame, delle ingiustizie globali, del-le guerre che devastano il mondo. E ci ha raccontato, con genuino stupore, i miracoli realizzati dallo Spirito Santo alle più diverse latitudini, in quelle gio-

vani Chiese da cui il cattolicesimo occidentale ha molto da imparare. Ha scelto il Pime, nel lontano 1945, affascina-

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Domenica: dalle ore 9,00 alle ore 12,00

Lunedì: chiusura

CULTURA

25 Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017

24Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017

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Monza, insieme ai frati francescani minori e più di 80 giovani tra i 20 e i 30 anni.

Tre giorni di vita insieme, riflessione e preghiera. Passare capodanno in convento forse è una scelta alternativa, ma sicuramente è stata una grande occasione per confrontarsi e conoscere persone che, nonostante le diverse età e professioni, condividono uno stile. Tra l’altro, lo stesso stile che tanto ci ha entusiasmato durante la Missione Giovani di novembre.

I frati hanno animato i vari momenti dell’esperienza alternando laboratori, meditazioni, momenti di preghiera e di aggregazione.

RiPartyRe: il tema dei tre giorni è stata una riflessione sul tempo, ripensando alla propria storia passata, presente e con uno sguardo al futuro, proprio all’inizio di un nuovo anno.

Ri-cordare, ridare al cuore: rievocare il passato sulle note di Vecchioni, Fabi, i Tiromancino e per concludere un dialogo tratto dal cartone animato de Il Re Leone. “Ricordati chi sei!” dice Rafiki a Simba: ripensa alla tua storia e guardala con gli occhi della fede. Occhi nuovi in grado di cogliere l’invisibile e

Capodanno giovani

I giorni 27, 28 e 29 dicembre ho partecipato alla “va-canza invernale preado”, che si è svolta a Ravenna.

Il tema di questa vacanza è stato: “Qual è il mio po-sto?”. Don Fabio ha paragonato ciascuno di noi ad una tesserina di un mosaico, che ha un suo posto e contribu-isce al risultato finale, pur con i suoi difetti. Con questo paragone voleva farci capire che ogni persona è diversa dall’altra e ha un suo posto speciale nella società.

Il momento che mi è piaciuto di più è stato la “so-sta” in spiaggia: quasi tutti eravamo scalzi e alcuni di noi sono addirittura andati a “pucciare” i piedi nell’acqua (che a dir la verità era gelida!).

Questa esperienza è stata davvero bella anche per-ché ho visitato per la prima volta una splendida città: Ravenna è ricca di mosaici meravigliosi.

E’ stata una vacanza speciale soprattutto per la bel-la compagnia e i tanti momenti di divertimento trascorsi insieme.

Laura

Il viaggio a Ravenna con gli amici dell’oratorio è stata un’esperienza indimenticabile! Sì, mi sono piaciuti molto i mosaici ma la cosa più bella in assoluto è stata che siamo andati al mare e quando siamo arrivati lì la sabbia (e an-che l’acqua) erano freddissimi! Peccato che sia stato solo per tre giorni e non per una settimana intera! Dei mosaici mi ricordo che erano bellissimi e non posso crederci che tutte quelle opere siano state fatte con minuscoli pezzetti-ni…chissà che pazienza: io non ci riuscirei !!!

Cecilia Gastoldi

riconoscere il progetto di Dio in ogni evento della nostra vita. Partendo dal passato, raccontarsi nell’oggi e pensare a

ciò che ogni giorno seminiamo e di cui ci prendiamo cura. Si gettano le basi per il futuro con pazienza, dedicandoci tempo e amore. Vietato arrendersi, il futuro ha bisogno di gente coraggiosa, pronta a lottare per i propri ideali e sogni.

Vivi il giorno di oggi, Dio te lo dà, è tuo, vivilo in Lui.Il giorno di domani è di Dio, non ti appartiene.Non portare sul domani la preoccupazione di oggi.Il domani è di Dio: affidaglielo.Il momento presente è una fragile passerella:se la carichi dei rimpianti di ieri, dell’inquietudine di domani,la passerella cede e tu perdi piede.Il passato? Dio lo perdona. L’avvenire? Dio lo dona.Vivi il giorno d’oggi in comunione con lui.

Suor Odette Prevost

Con questa preghiera si è conclusa la veglia la sera del 31 dicembre, subito seguita da musica e balli per festeggiare tutti insieme dopo la mezzanotte.

Torniamo a Melzo pronti a raccontare quest’esperienza ai nostri compagni e trasmettere la gioia e l’entusiasmo che abbiamo vissuto in questi tre giorni.

Insomma, partiamo in grinta per questo 2017!Giulia

Ravenna: tutti insieme per un mosaico

27 Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017

26Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017

Spazio Giovani

Nuovo anno,nuove esperienze

La vacanza invernale 2017degli adolescenti di Melzo

Per tre giorni, dal 6 all’8 Gennaio, alcuni di noi adole-scenti delle parrocchie di Melzo, hanno provato sulla loro pelle cosa vuol dire dedicare tempo al prossimo, senza aspettarsi nulla in cambio. L’esperienza del volontariato, per il bene della comunità, ha fatto riscoprire il piacere di condividere tutto: i momenti di svago, riflessione, con-centrazione e preghiera. Quest’ultima infatti è l’elemento indispensabile che mantiene in vita il Sermig (SERvizio MIssione Giovani) di Torino, una delle maggiori Fraternità dedicate all’accoglienza delle persone in difficoltà.

Di mattina vengono allenati la mente e lo spirito ponen-dosi domande sulla comunità in cui viviamo e sulla realtà con cui siamo in contatto ogni giorno, mentre il po-meriggio passava velocemente in compagnia di rastrelli, rovi, cesoie, chiodi e martelli, il tutto inframmez-zato da preghiere e canti nella chie-sa più umile e felice di Torino.

Non sono mancati nemmeno i sorrisi e gli scherzi, che hanno reso ancora più piacevole questo viaggio all’Arsenale della Pace alla scoperta (o meglio, risco-perta) dei valori più profondi a cui tutti dovrebbero at-tenersi.

Un’avventura da riproporre sia ai più giovani che agli adulti, perché “la pace genera pace e il bene ge-nera bene”.

Elisa Monticelli e Giulia Busetti

MISSIONE

Una settimana tra le arance

Se lo stile delle Formiche è quello di lavorare per i poveri non appena si ha un momento libero tra scuola e lavoro, come facevamo a non sfruttare questa pausa natalizia per andare a Maida, in Cala-bria, e fare una settimana di campo di lavoro?! Or-mai la Calabria, con la sua casa-missione gestita da una famiglia dell’Operazione Mato Grosso, è diven-tata una meta per le “vacanze” del nostro gruppo, sia d’estate quando si fanno grandi lavori di manu-tenzione all’aranceto, sia d’inverno quando arriva il momento di raccogliere le arance.

Il campo organizzato dai ragazzi dell’OMG è di-viso su due settimane, la prima tra Natale e capo-danno, e la seconda dal 2 al 6 gennaio. Quest’anno in quattro abbiamo partecipato alla seconda setti-mana, e ci siamo aggiunti agli oltre 150 ragazzi pre-senti; una forza lavoro senza pari, che ha lavorato instancabilmente anche sotto la pioggia per racco-gliere e incassettare un’equivalente di 10 tir pieni di arance. Contando che ogni tir contiene 26 bancali e ogni bancale 56 cassette da 12kg l’una… Tirate voi le somme!!

La giornata iniziava con la sveglia presto, medi-tazione, colazione e alle 7,30 eravamo già sui pulmi-ni diretti agli aranceti; ogni giorno venivano formati

gruppi di lavoro diversi e questo dava la possibilità di stare sempre con persone nuove e conoscere nuove storie. All’ora di pranzo si tornava in sede, e poi di nuo-vo nei campi fino alla merenda, quando si raggiungevano i compagni al capan-none per incassettare il raccolto della giornata. I ritmi erano molto impegnati-vi e di certo la pioggia non ha aiutato a smorzare la fatica, ma il lavorare insieme e il sapere che tutto il ricavato del nostro lavoro sarebbe andato ai poveri ha di si-curo sollevato il morale. Ogni giornata si

concludeva infine con una serata pensata dal gruppo organizzatore, per aiutarci a riflettere su quanto sia im-portante dedicare del tempo agli altri, farlo con gratuità e con cura, instaurare relazioni autentiche, andare con-trocorrente rispetto a una società che ci chiude in una gabbia tecnologica di indifferenza ed egoismo (vi con-siglio di cliccare su youtube “Are you lost in the world like me” per vedere un video molto forte che è stato proposto anche a noi su questo argomento).

Tanti sono stati gli spunti che ci hanno fatto pensa-re e siamo tornati a casa con qualche consapevolezza in più sul nostro essere parte del gruppo missionario; siamo tornati carichi, con la voglia di raccontare alle al-tre formiche l’esperienza fatta e desiderosi di metterci ancora in gioco nel gruppo, che non rimane solo un’at-tività saltuaria ma diventa sempre più uno stile di vita.

Serena

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MISSIONE

UnCapodanno per Haiti

Sabato 31 dicembre il salone Banfi dell’Oratorio Sant’Alessandro si è riempito di allegria, musica e solidarietà, per l’annuale cena di Capodanno organizzata dal Gruppo missionario Le Formiche: una festa per stare in compagnia e divertirsi, ma soprattutto per aiutare il nostro caro Don Levi e la sua parrocchia ad Haiti, purtroppo ancora colpita dalla furia delle intemperie che non lasciano tregua.

Un’atmosfera particolare, quella che si è

respirata nella serata. Alla vivacità dei bambini e alla leggerezza della musica, che ha accompagnato tutta la serata, si sono uniti momenti di riflessione ed ascolto delle parole di Don Levi, prese direttamente dal suo blog LevHaiti: parole semplici, che fanno capire però quanto ci sia bisogno di un aiuto per chi fatica a ricominciare e a ricostruire quello che ha perduto.

Allo scoccare della mezzanotte, un ultimo momento di riflessione ha volutamente ritardato il conto alla rovescia per il nuovo anno: un piccolo gesto per rivolgere il primo pensiero del 2017 ad Haiti e a tutti coloro che non possono festeggiare

a causa della povertà e della fame.“Partecipare al Capodanno del Gruppo ha

significato per me chiudere l’anno passato e iniziare l’anno nuovo mettendomi a servizio degli altri, ed è questo lo stile con cui voglio vivere il 2017!” dice con entusiasmo una

ragazza del Gruppo missionario Giovani, a cui partecipano, da qualche tempo, anche i ragazzi africani ospitati a Truccazzano: alcuni di loro hanno voluto dare una mano per la serata, partecipando come camerieri insieme ai ragazzi del Gruppo. Una presenza silenziosa, ma sicuramente molto gradita.

Grazie a tutti coloro che hanno partecipato a questa festa un po’ particolare e, per chi non l’avesse ancora fatto vi aspettiamo alla prossima occasione!

Marta

DALLE PARROCCHIE

NUOVI ORARI S. MESSE

La celebrazione dell’Eucarestia per una Comunità dovrebbe costituire il momento più importante della settimana, il più significativo, il più atteso e curato, insomma… il più bello!

Ecco perché ogni tanto è necessario rivedere e ricalibrare il numero e la modalità delle celebrazioni, per permettere la partecipazione fruttuosa di ciascuno e anche la dignità e la vivacità di ogni momento celebrativo.

È per questi motivi che anche nella nostra Comunità da domenica 5 febbraio alcuni orari sono un poco ridimensionati, proprio per permettere un minor dispendio di forze da parte di chi generosamente si presta per animare la liturgia e favorire un maggior coinvolgimento delle varie assemblee eucaristiche.

Anzitutto nei giorni feriali sarà più uniforme l’orario in ogni chiesa della Città, così che, chi desiderasse partecipare alla Messa feriale, può sapere con più chiarezza gli orari delle celebrazioni di ogni parrocchia. D’ora in poi avremo quindi la possibilità di tre Messe al mattino (Suore Salesiane, S. Cuore, S. Alessandro) e di una vespertina (alle Stelle). La S. Messa del mercoledì alle ore 21 viene sospesa vista la davvero scarsissima partecipazione numerica: sarebbe bello però giungere in futuro alla celebrazione di una Messa infrasettimanale per chi studia o lavora, che però dovrebbe essere un’esigenza sentita da tutti i lavoratori e i giovani di poter avere un momento a metà settimana di incontro con la Parola e col Sacramento.

Così pure la S. Messa del sabato mattino in S. Alessandro è sospesa, poiché vi è già la vigiliare, senza contare gli eventuali matrimoni e gli inevitabili funerali che spesso al sabato si aggiungono.

Inoltre alla domenica si è riportata la S. Messa delle ore 8 in S. Alessandro e si è accorpata la S. Messa delle ore 11,15 (prima a ridosso della precedente) con quella delle ore 10, giungendo ad un orario di mezzo che possa favorire la fascia delle famiglie e dei ragazzi, offrendo anche un po’ di margine a chi è magari abituato, di domenica, ad alzarsi un po’ dopo e, tuttavia, aiutando e sostenendo i singoli a educarsi ad una partecipazione più coinvolgente della celebrazione.

Viene sospesa la S. Messa vespertina della domenica al S. Cuore, come già del resto avviene in estate, visto l’orario un po’ infelice e anche la scarsa partecipazione numerica.

Come già è stato ricordato nelle domeniche scorse, l’intento della modifica di alcuni orari delle S.Messe è quello di servire meglio la Comunità pastorale, unendo le forze necessarie per le varie celebrazioni e accorpando alcune assemblee che sono numericamente poco consistenti o poco vivaci e quindi anche più difficili da animare da parte di coloro che si prestano come lettori, animatori, musicisti o cantori. Senz’altro questo non accontenterà le esigenze di tutti, ma ci auguriamo che possa favorire una migliore partecipazione di ogni singolo fedele sia alle Messe feriali che a quelle festive.

don Mauro

R.S.A. Giovanni Paolo IIViale Germania

Santuario S. Maria delle StelleViale Gavazzi

S. Messa: ore 10,15 - solo domenicaS. Messa: ore 15,30 - solo il sabato

Feriali da lunedì a venerdì:ore 8,30

Vigiliare: ore 18,00

Festive:ore 8,00 - ore 10,30 - ore 18,00

Parrocchia Prepositurale Ss. ALESSANDRO e MARGHERITA - P.zza S. Alessandro, 11don Mauro Magugliani, Prevosto: Tel. 02-9550305 - don Fabio Molon: cell. 340 7730207

Parrocchia SACRO CUORE - Viale Europadon Valerio milani: tel. 02-9550887 - Suore Sacramentine: tel. 02-9551776

Parrocchia S. Maria delle Stelle - Via Trieste, 14 - Chiesa Beato Pier Giorgio Frassatidon Guido Stucchi: Tel. 02-95.710.283 - Segreteria e oratorio: Tel. 02.95.722.014 - Suore della Trinità: Tel. 02-95738443

Feriali da lunedì a venerdì:ore 8,30

Vigiliare: ore 18,00

Festive:ore 8,30 - ore 10,00

Feriali da lunedì a venerdì:ore 18,00

Vigiliare: ore 18,00

Festive:ore 9,00 - ore 10,30 - ore 18,30

Figlie di Maria Ausiliatrice (Casa S. Giuseppe): Tel. 02-95527611 - Fax 02-95527604Feriali da lunedì a venerdì: ore 7,00 - al sabato: ore 7,30

ALTRE CELEBRAZIONI

31 Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017

30Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017

Anagrafe delle parrocchie:dicembre 2016 - gennaio 2017

DEFUNTIParrocchia S. Alessandro

Arrighetti Pierina (a. 90)Cadore Gianna (a. 74)Colombi Carla (a. 91)

Colombi Maria Rosa (a. 66)Consolo Vincenzo (a. 64)Defendenti Luigia (a. 92)

Orsini Felice (a. 87)Pisani Giovanna (a. 90)Premoli Rosanna (a. 80)

Parrocchia Sacro CuoreDonarini Franco (a. 73)

Carioni Mario (a. 82)Escobar Herrera Kevin (mesi 3)

Origgi Ornella (a. 80)Stefanini Ines (a. 81)

Parrocchia S. Maria delle StelleGrasselli Mario (a. 87)

Camana Annamaria (a. 79)Bacis Giannina (a. 87)

Sestagalli Agnese (a. 76Ferrari Ires (a. 84)

Ferrari Francesco Luigi (a. 79)Navoni Marisa (a. 81)

Carrera Ida (a. 95)Rampazzo Cesare (a. 76)

DALLE PARROCCHIE DALLE PARROCCHIE

sede: Via San Rocco - 20066 MELZO (MI)

tel. 02.95732065 - fax 02.893670e-mail: [email protected]

sito: [email protected]

CENTRO DI ASCOLTO DECANALEGiorni e orari di apertura:Lunedì dalle 16.30 alle 18.30Martedì dalle 09.30 alle 11.30Giovedì dalle 16.30 alle 18.30Sabato (*) dalle 09.30 alle 11.30 solo il 1° e il 3° sabato del mese

CENTRO DISTRIBUZIONE CARITASAnche per chi vuol donare abiti smessi, biancheria

intima e per la casa, puliti e in buono stato,pronti per essere donati

Giorni e orari di apertura:Lunedì dalle 16.30 alle 18.30Giovedì da 09.00 a 11.00 e da 16.30 a 18.30

PER CHI VUOLE AIUTARCIPuoi offrire la tua disponibilità quale volontario

oppure un aiuto economico intestato a:gruppo Volontariato S. Alessandro - Onlus - Caritassul C/C 51572 - BCC Cernusco S/Nav. - Ag. di Melzo

IBAN: IT12U0821433400000000051572

CaritasAmbrosianaDecanato di Melzo

Centro diAiuto alla VitaVia Martiri della Libertà, 520066 Melzo (MI)Telefono 02.95711377E-mail: [email protected]. web: http.//www.cavmelzo.it

Orario di aperturaGiovedì e sabato

dalle ore 8,30 alle ore 11,30

Le offerte raccolte in occasione della Mostra dei presepi artistici in S. Andrea sono state di quasi1.000 euro.

L’Associazione Amici di S. Andrea ha devoluto l’intera cifra alle zone colpite dal terremoto.

Su indicazione del Prevosto don Mauro Magugliani, l’importo è stato inviato all’Arcidiocesi di Camerino, San Severino Marche.

S. Andrea, dopo la mostra dei presepi artistici

32Il Lievito - N. 178Anno XVI - Febbraio 2017