22
Giosuè Carducci RIME (San Miniato, Ristori, 1857) a cura di Emilio Torchio

Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

  • Upload
    others

  • View
    1

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

Giosuè CarducciRIME

(San Miniato, Ristori, 1857)

a cura diEmilio Torchio

Page 2: Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

Copyright © MMIXARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133 a/b00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 978–88–548–2698–4

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: settembre 2009

Page 3: Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

GIOSUÈ CARDUCCI

RIME

Page 4: Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

Carducci, Rime ()

SONETTI

. A GIUSEPPE CHIARINI Forse avverrà, se destro il fato assente Affettüoso alcun voto mortale, Giuseppe, e s’a più ferma età non mente Il prometter di questa audace e frale,

Che d’amor, d’ira e di pietà possente Surga con maggior suon pronto su l’ale Questo verso, che fioco or more quale Eco incerta per notte alta silente:

Pur caro a me, che, de ’l rio viver lasso Ma ogni or di voi sacre sorelle amante, Lo inscrivo or qui come in funereo sasso;

Pago se alcun dirà: « fra il cieco errante Vulgo, onde il bello italo nome è basso, Fede ei teneva a ’l buon Virgilio e a Dante ».

––––––––→ • n [a]; . v [b]; . r (A Giuseppe Chiarini) [g] più salda età a ◊ suon pur sopra l’ale a ◊ che passa or vano quale a ◊ ogni or] correz. interl. di pur a ◊ se dica alcuno: « in fra l’errante a ◊ Turba, onde a ◊ ei mantenne a a ◊ ei serbava a b––––––––• → . r [d]; . -- [e]; LG (s.t.; note: « A Giuseppe C: in fronte a una raccolta di rime pubblicata nel »); P (A G.C. in fronte a una raccolta di rime pubblicata nel ); P (A G.C. in fronte a una raccolta di rime pubblicata nel ); J (A G.C. in fronte a una raccolta di rime pubblicata nel ); J (A G.C. in fronte a una raccolta di rime pubblicata nel )

Page 5: Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

Sonetti

Voto che surga pio di sen mortale d e LG P P J J ◊ Giuseppe, ed a LG ◊ Che in più libero cielo aderga l’ale (a più… d e) LG P P J J ◊ D’altri intelletti e d’altri amor possente d e LG P P J ◊ D’amor, di sdegno e di pietà possente J ◊ Il verso mio, che LG P P J ◊ or pas-sa quale d e LG P P J J ◊ Eco notturna per vallea silente d e LG P P J J ◊ che d’ogni cosa lasso d e LG P P J ◊ ogni or] correz. interl. di pur d ◊ or fatato all’arti sacre amante d e LG P P ◊ Lo in-scrivo qui come d e LG P P J J ◊ il vulgo errante d e LG P P J J ◊ Che il bel nome latino ha volto in basso d e LG P P J ◊ ei serbava a d e LG P P J

Metro. Sonetto ABAB ABBA CDC DCD. Da LG in avanti lo schema della seconda quartina è BABA.

Nota filologica. Il fascicolo consta di una carpetta esterna e una interna autografa: « San Miniato, , , marzo , corr. maggio [La prima quartina era stata scritta in altro sonetto, Celle, agosto ]. Ri-corretto in Bologna, nov. e dec. ». La c. . r è la bella copia pre-parata per LG; sul verso un inizio di lettera cassato: « Di casa dec. . | Caro prof. Ellero | il Chiarini domanda se Ella consentisse, che, quan-do ». La c. . è la sinossi autografa delle varianti. La c. . r è la bozza di R: appena sotto il titolo la didascalia « prima lezione »; sul mar-gine inferiore la nota con richiamo al v. : « Giove, vogliendo a loro as-sentire, fece gettare uno travicello nell’acqua. Esopo +++: XXII ». La c. . v è la bella copia preparata per R, cassata perché inserita nel fascico-lo del son. A Dio, che si trova sul recto, previsto come della compagine e poi eliminato (minime le varianti: una virgola alla fine del v. e la grafia « ogn’or » v. ); in calce la datazione: « San Miniato, . . . marzo e maggio . La prima quartina fu scritta in Celle il Ago-sto ». Le cc. . -- sono le bozze di LG corrette da Bu-stelli (che osserva in modo decisivo: « serbava direi, per togliere la cacofo-nia della sillaba va va »), Fornaciari (che sottolinea gran parte del v. e « fa-tato » v. ) e U.A. Amico. La testimonianza più antica è la lettera a Chiarini del marzo ’: « altro sonetto proemiale delle mie rime dopo tanto ho finito: e questo ti mando perché a te intitolato » (LEN , p. , da cui è stato elimina-to il testo, che va recuperato sull’originale [Fondo Chiarini ] n ).

Su Giuseppe Bustelli vd. Domenico Gnoli, I poeti della scuola romana (-), Bari, Laterza, , pp. -, -.

Page 6: Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

Carducci, Rime ()

Il dedicatario. Giuseppe Chiarini (-), nell’estate del ’, chiese a Enrico Nencioni di essere presentato a Carducci: « Io aveva sentito parlare di lui con ammirazione dai suoi compagni di scuola, da alcune dei quali ebbi copia di qualche sua poesia, che mi parve molto bella. Più tardi uno di quelli stessi compagni mi diede a leggere manoscritta la canzone su Dante che il Carducci aveva composta nel […] La canzone avea fatto un po’ di chiasso, specie fra i giovani, e ne corsero delle copie manoscrit-te ». Ne nacque un sodalizio profondo, che durò tutta la vita senza screzi. Chiarini raccolse alcuni suoi studi sull’amico nel volume Giosue Carduc-ci. Impressioni e ricordi (Zanichelli, ), che comprende anche la notevo-le prefazione alla seconda edizione delle Odi barbare (). Nel pub-blicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata dopo la morte di Carducci ().

Il sonetto lega insieme vari temi: la riflessione sulla raccolta di versi, frut-to dell’appassionata fedeltà alle Muse, professata durante la giovinezza or-mai trascorsa; la speranza che l’età matura consenta un canto più vigoro-so; l’obiettivo di essere riconosciuto, grazie al culto di Virgilio e Dante, come distinto dal volgo, che avvilisce la gloria letteraria e politica italia-na. Si ha, dunque, un doppio movimento, consuntivo e auto-critico da un lato, proiettivo e speranzoso dall’altro, che dà il tono di proemio al te-sto. Da quest’angolo visuale, la dedica a Chiarini sembra slargare il pro-prio ambito dal singolo sonetto alla raccolta complessiva. Nel principio e nella conclusione si intravvede qualche vaga somi-glianza con la topica incipitaria classica: Chiarini ha il ruolo di Cornelio nella prima nuga di Catullo e di Mecenate nell’ode iniziale di Orazio; le aspettative del poeta sul proprio lavoro poetico corrispondono al catul-liano « plus uno maneat perenne saeclo » e all’oraziano « Quod si me lyricis vatibus inseres | sublimi feriam sidera vertice ». La variante al v. , instauratasi a partire dal ’, specifica politicamen-te il tema, auspicando – in linea con gli avvenimenti storici e l’evoluzio-ne del pensiero carducciano – un futuro più « libero », cioè verosimilmen-te ‘democratico e repubblicano’. Citti vede nel sonetto un « movimento da epigramma ellenistico », ma sembra sviato dall’epitafio del v. .

-. Forse…mortale: a Fanfani che chiedeva, a proposito del distico, « che vuol dire? » (Chiarini p. ), Carducci dichiarò la fonte (Micciarelli p. ): Liberata « Forse avverrà, se ’l Ciel benigno ascolta | affettuoso alcun

Page 7: Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

Sonetti

prego mortale » (: frale). ◊ . avverrà: da legare a « che » v. . ◊ destro: pre-dicativo, ‘benevolemente’. ◊ assente: verbo, ‘acconsente (alla realizzazione di)’. L’uso transitivo è così giustificato dallo stesso Carducci (che smenti-sce l’ipotesi di Tissoni, secondo cui proverrebbe dai Sepolcri - « non mi assente | Premio miglior la volontà de’ Fati »): « I Pisani non l’assenti-ro (la domanda degli ambasciatori fiorentini, Giov. Villani) » (Micciarelli p. ). Dalla Crusca il luogo è attribuito a Malispini, Storia fiorentina , mentre Carducci lo leggeva in G. Villani, Cronica, tomo , libro , cap. , (vd. l’edizione Firenze, Celli e Ronchi, Gaspero Ricci, , p. , op-pure quella Firenze, Sansone Coen, , tomo , p. ). Tissoni, ricor-dati altri luoghi (Purg., -; Mamiani, Ausonio e Una madre ), sostiene che il sonetto di Alfieri (vv. -, « Se avvien, che il Ciel questo bel dono assenta, | In bella donna ») sia « evidentemente operan-te », pur contaminato con Tasso: sembra trattarsi, piuttosto, di dipenden-za dallo stesso luogo della Liberata. ◊ . ferma: ‘adulta’; la iunctura è latina (Tissoni ricorda « firmata aetas » e « infirma aetas » in Cicerone), già attesta-ta in Di Costanzo, nella Merope di Maffei e nell’Epistola a Pepoli. ◊ . que-sta: sottint. « età ». ◊ . possente: ‘che trae la sua forza dall’ira etc.’; da lega-re a « verso » v. , soggetto di « surga » v. . Giustamente Martini pp. - nota come due delle tre qualità sono quelle che Carducci riconosce ai « grandi italiani in Santa Croce »: [s] « in voi fur pari amor, potenza ed ira ». Vd. anche Extra - « A me il mio canto, l’amore e l’ira | Che franca erompe dal franco petto ». ◊ . maggior suon: forse vd. Liberata « e la bocca sciogliendo in maggior suono ». ◊ pronto…ale: « pronto » è predicativo; vd. Della Casa - « augel su l’ale | pronto » (luogo prele-vato da Tasso ). ◊ . or: nell’età ‘ardimentosa eppure fragile’ della giovinezza. ◊ . alta: ‘profonda’; ben attestata la iunctura con “notte” (ri-torna in LG e RN ). Vd Tibullo . « nocte silente », Aen. sub nocte silenti ». ◊ . Pur caro: ellissi del verbo, ‘ciononostante, mi è caro’ « questo verso », cioè ‘la poesia che io scrivo’. ◊ rio: ‘doloroso’. ◊ che: il referente è a « me ». ◊ . Lo: « questo verso » v. . ◊ funereo sasso: il libro di rime funge da epitafio sulla tomba della giovinezza. ◊ . Pago: altra ellissi: ‘sarò appagato’. ◊ . onde: ‘a causa del quale’. ◊ . teneva: la lezione « serbava », superata in extremis prima della stampa di R, ritorna subito nella forma « servava » (d e e) e poi in quella « serbava ». ◊ buon: ‘ec-cellente’ (Crusca « perfetto in quello, a che egli è ordinato, o instruito »).

Page 8: Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

Carducci, Rime ()

.

A FELICE TRIBOLATI AVVOCATO

Due larve, anzi due furie entro il cor mio Seggon, Felice, e a me di me l’impero E contendono e strappano: disio Che per donna m’incende, e vie più fero

D’una vil patria amor. L’una con rio Fuoco depreda il vinto petto; intiero Seco traggemi l’altra in parte ov’io Spiro a’ fantasmi e pur gravami il vero.

Tal io, schiavo di me, me ognor d’inganno Nutro volente; e ’l venen suo m’instilla La cura che secreta entro mi strugge.

E corre intanto il ventunesim’anno, E ’l solitario spirito sfavilla, Ed ombra incerta i dì sterili adugge.

––––––––→ • . v (A Felice Tribolati avvocato) [a] mi rugge a––––––––• → . v [b]; . [g]; . -- [d]; LG (s.t.; note: « A Felice T. [] »); P (A F.T.); P (A F.T.); J (A F.T.); J (A F.T.) Due voglie, anzi b g d LG P P J J ◊ Che di bellezza nacque, e vie più altero b g d LG P P J J ◊ Di egregie cose amor b g d LG P P J J ◊ Fantasmi evoco e b g d LG P P J J ◊ Tale, schiavo b g d LG P P J J ◊ che diversa entro b g d LG P P J J ◊ ombra lenta i b g d LG P P J J

Metro. Sonetto ABAB ABAB CDE CDE.

Nota filologica. Il fascicolo consta della carpetta autografa: « San Mi-niato, e maggio . corr. Bologna, gennaio ». La c. .

Page 9: Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

Sonetti

è la bella copia preparata per LG; in calce, dopo una linea separatri-ce è annotata la « Prima lez. » dei vv. , , , , , , . Le cc. . -- sono le bozze di LG, corrette da Bustelli (« aspro e inelegante? » accanto a « me…Nutro » vv. -), Fornaciari (« come prima » accanto a « di bellez-za » v. ; « non mi piace » accanto a « sfavilla »), e da un anonimo (appena due segni « = » a lapis rosso accanto ai vv. -). La c. . v è la bella copia preparata per R, cassata perché inserita nel fascicolo del son. J , te-stimoniato sul recto del foglio con uguale grafia, ma senza numero d’ordi-ne; in calce la datazione: « San Miniato, e maggio ». La c. . v è la bozza di R, cassata perché inserita nel fascicolo di [s]: sui margini alcune varianti evolutive, datate sul margine inferiore « corr. genn. ». Come apprendiamo da una lettera del maggio, la rima non era ini-zialmente prevista nella compagine del libro: « Il sonetto a Dio [Extra ] messo per prudenza in un libro tutto fatalista e scettico e sensuale ho le-vato: honne messo un nuovo, a Felice Tribolati » (LEN , p. ).

Il dedicatario. Felice Tribolati (-), nato a Pontedera, esercitò l’av-vocatura, scrisse di araldica e letteratura, morì bibliotecario dell’Ateneo pisano. Il aprile ’ Carducci gli chiedeva: « ti contenti tu che nella prosa dedicatoria in cui darò ragione del mio modo di scrivere e della mia scuo-la figuri il tuo nome fra quelli di Ottaviano Targioni, di Enrico Nencio-ni, di Giuseppe Chiarini, di G.T. Gargani, di N.F. Pelosini? e ti conten-ti che uno dei sonetti sia a te indiretto: o forse anco un sermone in versi sciolti da porsi alla fine del libro? ». Né del sermone né della prosa si fece nulla: il primo, se ben si vede, è l’evoluzione della « prefazione in versi » ci-tata in una lettera a Chiarini del aprile (LEN , p. ), ed è quello che si legge in testa a LG, poi spostato nella medesima posizione in J (« Ahi per te Orazio predica al vento! »); la seconda è edita in OEN pp. -. Più innanzi, Carducci promise a Tribolati che avrebbe inviato le rime a lui, che « altamente possedeva » un « gusto squisito » e una « filosofia dello stile », e a Raffaele Fornaciari, perché loro avrebbero dovuto « rive-dergliele e stacciargliele accuratamente ». (Non trova conferma in LEN quanto sostenuto da D. Ferrari: « il C. [gli] scriveva nel ’: “Te amo e sti-mo primo poeta d’Italia”»). Il ottobre ’, Carducci dedicò a Tribolati e al prof. Francesco Buo-namici (sposo della sorella di Tribolati) Per nozze B. e T. in Pisa (LG ). Allo stesso Tribolati fu diretta, nel , la Lettera grammaticale (OEN pp. -) e fu donata, il aprile , una foto con questi ver-

Page 10: Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

Carducci, Rime ()

si di dedica: « Tu vedrai l’Arno, tu il dolce amico, | Breve carta di me più fortunata: | Digli che ne l’imagine immutata | Son qual fui, pen-sier nuovo e cuore antico » (OEN p. : nella nota a p. si avver-te che la lezione seriore di « cuore » era « senso », come si può leggere nel fac-simile edito in Albo carducciano p. ). Meritano di essere riportati alcuni brani del discorso commemorati-vo Dopo un anno dalla morte di Felice Tribolati, Pisa, Mariotti, , pro-nunciato dal cognato Francesco Buonamici. In esso sono rammentate sia la passione del defunto per Leopardi sia la sua « bellissima corona di amici » (pp. -):Carducci, […] Giuseppe Chiarini di Firenze, Torquato Gargani, Ottavia-no Targioni, Narciso Pelosini, Giuseppe Puccianti: dipoi il Fornaciari, il Del Lungo, il Panzacchi. Fra questi correva un legame di serena e limpida ami-cizia […]. Felice Tribolati ne era il centro […] Convenivano la sera nella se-conda bottega del caffè dell’Ussero. Di poi, mutata la compagnia, nella stes-sa casa di lui. Il Carducci vi leggeva le sue prime poesie […]. Uno dei sonet-ti di lui, a dirittura foscoliano, fu scritto di sua mano nella stanzetta dell’ami-co, con affettuosa dedicazione […]. Né mancava in quel giornaliero commer-cio di studi e di prove uno spruzzo di politica. Ma era politica secondo il Pri-mato di Gioberti e l’Assedio di Firenze del Guerrazzi; cioè politica fermata alla indipendenza italiana […]. E come la patria per gli amici era quella di Dan-te, di Leopardi, di Gioberti, così lo studio delle lettere, tanta parte della pa-tria, non da altra fonte essi derivavano che da cotesti maestri. La bandiera […] era con ardimento giovane spiegata contro il Prati, contro l’Aleardi, contro il Cantù, contro lo stesso Manzoni […] Non sconoscevamo in lui [Prati] l’ar-te della rima, e, come usavamo di dire, l’architettura del verso; ma il buono ci pareva poco; il più, stravaganze romantiche, versi abborracciati, e dilagamento di sonetti. […] Allora ci preparavamo da noi il nostro poeta, Giosuè Carduc-ci, e in lui ci compiacevamo.

Come nel sonetto precedente, il poeta dedica ad un amico la confessio-ne degli ideali violenti che gli occupano l’animo: l’affetto appassionato per una donna e l’amore per una patria vile. Nonostante la durezza della realtà, che si oppone e frustra queste due aspirazioni, il poeta persevera nell’autoinganno, credendo possibile la loro realizzazione. I suoi ventun anni trascorrono tra la solitudine titanica del combattimento e le ombre della malinconia, che insterilisce i giorni. La dedica si spiega con la lettera di Tribolati a Carducci del marzo : « Or dammi retta e compiaci all’amico: componi per me un sonetto palpitante di corruccio e di voluttà, alla tua maniera, sull’amore non +++

Page 11: Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

Sonetti

eppure pieno di delizia per una donna » (Corr. , n ). Carducci rispose: « sarai servito, per quanto è in me, dopo pasqua: prima non posso veramente » ( aprile, LEN , p. ). La data di composizione al maggio ha indotto Castellani pp. - a legare il sonetto al ciclo per l’Orabuona ([s]-[s]; vd. infra pp. -); conferma di ciò sarebbe la collocazione del testo in LG tra [s] e [s]. La cronologia non è in discussione e, pertanto, il testo è stato scritto nel clima sentimentale determinato dalla liaison con quella fanciul-la: del resto, dal punto di vista macrotestuale, esso è stato posto al di fuo-ri del ciclo. Il sonetto è piuttosto debole, per la ripetizione del tema degli idea-li (« larve », « furie », « disio », « amor », « fantasmi », « inganno », « cura ») e del-la condizione di schiavitù ad essi (« seggon, « contendono e strappano », « m’incende », « depreda », « traggemi », « schiavo », « venen […] m’instilla », « strugge », « adugge »). Inoltre, la condizione di eroe solitario, che il poeta si cuce addosso, risulta incongrua con la dedica ad un amico. La sintassi sembra faticosa e si distende nel metro in modo casuale, spe-cie nelle quartine, forse per indicare l’affanno e l’intemperanza dell’umo-re. Nella seconda terzina, al contrario, essa si placa in tre coordinate. D. Ferrari rammenta la voce secondo cui il testo fu l’atto di gratitudi-ne per due processi: secondo Pistelli ciò risulta essere un’« indegna insinua-zione ».

. Due…furie: Meozzi e Castellani p. rimandano ad Alfieri « Due fere donne, anzi due furie atroci ». ◊ -. entro…Seggon: il sintagma “sedere nel cuore” è molto diffuso nella tradizione; tuttavia sembra per-tinente il rinvio a Dante « Tre donne intorno al cor | Seggonsi di fore: | ché dentro siede Amore » (Castellani p. ). ◊ . D’una…amor: la varian-te non modifica la sostanza: si tratta sempre di amore di patria, ma con dizione schiettamente foscoliana (Sepolcri - « A egregie cose il forte animo accendono | L’urne de’ forti »), che privilegia il concreto, ‘le azio-ni valorose’. La iunctura “patria vile” torna in GE . ◊ L’una: sot-tint. « furia ». ◊ rio: ‘malvagio e doloroso’. ◊ . depreda: ‘si impadroni-sce con violenza del’. Verbo di uso raro, qui forse memore di Della Casa « [temo] la mia vita arda e deprede »; vd. J . ◊ . Seco tragge-mi: il sintagma torna in [s] e [c] . ◊ in…io: sintagma dantesco e

Ermenegildo Pistelli, Carducci e il governo toscano, in Profili e caratteri, Firenze, Sansoni, , pp. -, in partic. pp. -.

Page 12: Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

Carducci, Rime ()

petrarchesco (Purg. -, Rvf. ) non raro. ◊ parte: ‘luo-go’ mentale. ◊ . Spiro…vero: ‘aspiro a ideali ma la dura realtà mi oppri-me’; verso di sapore leopardiano: per « fantasmi » vd. Le ricordanze « fan-tasmi, intendo, | son la gloria e l’onor ». Vd. Extra « Canta e fa-stasmi spira ». Il verbo “spirare” ha un’alta frequenza, forse conseguenza di quella più misurata negli Inni di Mamiani: [s] ; [s] ; [c] , , ; [c] ; [c] e ; [c] ; [c] ; [c] ; [c] e . ◊ . Tal…me: vd. Foscolo, Non son chi fui « Tal di me schiavo ». ◊ -. d’inganno | Nutro: forse vd. Sannazaro - « con dilettoso inganno | nu-dria il mio cor ». ◊ . volente: ‘consapevole e desideroso’; aggettivo raro che torna in J . ◊ . cura: ‘affanno’. Migliorativa la variante « di-versa », che Citti intende ‘inquieta’, ma potrebbe valere ‘orribile’ oppure, meglio, ‘divaricata, duplice’, comprendendo la passione amorosa e civile. Il verso ibrida Foscolo, Forse perché « cure, onde meco egli si strugge », « ch’entro mi rugge » e Un dì s’io non andrò - « le secrete | Cure che ». ◊ . E…anno: pare riprendere i versi d’anniversario petrarcheschi (Rvf. « et son già ardendo nel vigesimo anno »). ◊ . E…sfavilla: con ogni probabilità il verbo ha significato disforico (lo sfavillare è proprio del fuoco che si consuma o del ferro colpito dal maglio), forse legato ai dan-nati di Inf. « pena […] che sì sfavilla ». Forse vd. Par. « Oh vero sfavillar del Santo Spiro ». ◊ . ombra…adugge: ‘un’ombra dall’esito forse funesto (« incerta »; diventerà meglio « lenta », cioè ‘tenace’) investe i miei giorni e li rende sterili’. Il sintagma “ombra aduggere” è petrarche-sco (Rvf. , con rima adugge: distrugge) e torna in Bembo e Tasso. Per la iunctura “ombra incerta” forse vd. Alla primavera - « all’ombre | Meri-diane incerte ed al fiorito | Margo adducea ».

Page 13: Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

Sonetti

.

PER UNA GIOVINETTA Questa è l’altiera giovinetta bella Che tragge seco onesta leggiadria: Beltade orna di gloria la sua via, E l’addimostra per propria angiolella: I’ho veduto Amor che la servia Umilemente de le sue quadrella: Veduta ho gire per salute ad ella L’alma ferita che da ’l cor si svia.

Lei che chiama a pietà ne ’l suo cospetto Ella in quel riso, onde rallegra amore, Par che benigna in sua fede raccoglia.

E trema allor la vita entro ne ’l core: E ’l cor si leva e la tristezza spoglia Irradïato ne ’l sereno aspetto.

––––––––→ • Almanacco [a]; LEN [b]; . [g] E la dimostra per b ◊ Sì che ad un colpo se ne fugge via a b ◊ La trista alma da ’l core, e vassi ad ella. a b ◊ Ed essa il lume del suo chiaro viso, a b ◊ Come colei che disiando aspetta a b ◊ Induce d’un benigno suo sorri-so; a b ◊ E nella gioja sua tutta distretta a b ◊ Rapisce l’alma trista in paradiso a (Leva l’anima trista… b) ◊ Questa pietosa e bella giovinetta a b ◊ Rinnovellato ne g––––––––• → . [d]; . [e]; . - [z]; LG (s.t.; note: « A imitazione delle rime dei secoli XIII e XIV »); J (s.t.); J (s.t.) Sentit’ho d (con Sentit’ correz. interl. di Vedut’ e) LG J J ◊ E pur chiama d (con E pur ricalcato su Ella chia e) LG ◊ E chiama pur pietà J J ◊ Men-tre col riso d e ◊ Ch’ella col riso LG ◊ Fin che quel riso onde s’allegra amore J J ◊ Quella benigna d e ◊ Benignamente in LG ◊ fede l’accoglia d e LG ◊ Benignamente l’umile raccoglia J J ◊ Allor la vita esulta entro d e LG J J ◊ Illuminato ne d e LG J J

iii

Page 14: Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

Carducci, Rime ()

Metro. Sonetto ABBA ABBA CDE DEC. Nella redazione a e b ABBA BABA CDC DCD.

Nota filologica. Il fascicolo consta di una carpetta esterna e una inter-na autografa: « Firenze, dec. , corr. Pian Castagnaio, agosto , e così stampato nell’Almanacco delle Dame; ricorr. in San Miniato, e maggio , e così stamp. in Rime: corr. la terza volta in Bologna, genn. e febbr. ». La c. . è la bella copia preparata per R; sul margine superiore « seconda lezione » e in calce la datazione: « Firenze, decembre : Pian castagnaio, agosto : San Minia-to, e maggio ». La c. . è la bella copia preparata per LG. Le cc. . - sono le bozze preparate per LG: la prima pu-lita, la seconda corretta da Fornaciari e la terza da Bustelli, entrambi per-plessi dei vv. - con lezione di d e e: « non mi è chiara la sintassi »; « Non abbastanza chiaro: Forse da leggere chiama pietà? ». La c. . è la sinossi autografa delle varianti. La c. . v è la bozza preparata per R, cassata perché inserita nel fascicolo di [s] (che è sul recto); sul margine dx sono annotate le varianti e in calce la datazione: « corr. genn ». Le due cor-rezioni presenti su e sono interpretabili in due modi: () Carducci nel ri-copiare da d commette, al v. , un errore (scrive a memoria la lezione mu-tata) o ha un ripensamento (si convince per un attimo che è migliore la lezione antica); e, al v. , commette un errore d’anticipo o mette in opera una variante estemporanea, ma la cassa subito per tornare alla lezione an-notata sul margine di d. () Carducci non sta copiando da d, ma da altra carta: le varianti su d sono state riportate successivamente alla redazione di e, per averne una visione sinottica immediata. Non sembra ci siano ele-menti decisivi per scegliere tra le due ipotesi, la seconda delle quali avreb-be ripercussioni sui numerosi casi in cui siamo in possesso della bella co-pia per LG e della bozza di R con varianti evolutive. In assenza di tali elementi, per tutti questi casi si propone che Carducci – elaborate altro-ve le varianti – selezioni quelle da mettere in opera e le scriva sui margini della bozza di R, da cui trae poi la bella copia per LG. Il sonetto, sotto l’indicazione « Poesia Terza », venne edito, dopo Ex-tra (« Poesia Prima ») e dopo [s] (« Poesia seconda »), sull’« Almanac-co delle Dame », Firenze, Chiari, , pp. -; questa redazione si leg-ge in Extra . Precedeva il manipolo di rime la didascalia: « Tre poe-sie d’amore cavate da un manoscritto che pare appartenere al sec. XV, ed ora per la prima volta pubblicate ». Nell’indice di LG, caduta la « frode »

Page 15: Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

Sonetti

del finto ritrovamento, l’indicazione è più pragmatica: « A imitazione del-le rime dei secoli XIII e XIV » (tale venne ripetuta in Opere e in P). Dopo la consegna alla rivista, fu mandato a Francesco Donati l’ settem-bre ’ insieme agli altri due testi (primi i due sonetti in ordine inverso, e ultimo il testo lungo): « So dal Targioni […] della tua ballata. […] a te che sei maestro del bello stile e del sermon prisco, mando tre poesie che, da me composte ai tempi in che studiavo intensamente sui trecentisti, e ora ricorrette, diedi a pubblicare con una frode di cui ti parlerò altra vol-ta. Non aspettarti novità di pensiero » (LEN , p. ). Con la successiva del ottobre veniamo a conoscere, indirittamente, alcune critiche e sug-gerimenti del religioso e i commenti di Carducci: « Alle tue osservazioni sulle mie cosette trecentistiche rispondo: giustissimo essere […] quella su l’inopportunità del secondo epiteto trista [vd. v. ] dato all’anima » (LEN , p. ). La lezione dell’« Almanacco » è citata dall’articolo di Lina Righi, Anco-ra alcune note di bibliografia carducciana, in « Il Marzocco » novembre .

Il presente e il successivo sonetto, i canti , , sono desunti, come si legge nella nota in calce a [c], mediano del gruppo, « dalle preziosissime rime toscane dei secoli XIII e XIV; da quelle dell’Allighieri su tutto, e poi del Cavalcanti di Lapo Gianni del Frescobaldi di Cino ». Ad esse l’autore mescola Petrarca e Poliziano da un lato, dall’altro la propria ispirazione di poeta di metà XIX secolo. L’autocommento carducciano di [c] è l’ante-cedente di quello più sobrio apposto nelle Note di LG. Altri testi riconducibili a questa matrice sono Extra , Extra , la « ballata all’antica » Extra , le zingaresche J Beatrice, Extra (omometrica a Beatrice, ma con diversa profilatura: « canzonetta zingarel-la » secondo la dicitura d’autore in ), Extra La donna ideale (set-tembre ’). Alla moda medievaleggiante, propria dei romantici e dei preraffaelliti (filtrata poi nell’estetismo), Carducci giunge per via d’imitazione classici-stica. Tissoni rimanda a Graf e ricorda Monti, Mamiani (Le montanine, La pazzerella, Il sogno spiegato), la scuola romana (Lézzani, In sogno un’ange-letta); Giusti (A una giovinetta, in Poesie ed. Feltrinelli ; sull’inclusio-ne di quest’ode, che principia « Non la pudica rosa » si dissente). Mamia-

Arturo Graf, Preraffaelliti, simbolisti ed esteti, in « Nuova Antologia » n () poi in Foscolo, Manzoni, Leopardi, Torino, Chiantore, (prima ed. Torino, Loescher, ), pp. -, a pp. -.

iii

Page 16: Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

Carducci, Rime ()

ni nella prefazione all’edizione delle sue Poesie nel ’ (che Carducci non fece a tempo a prendere in considerazione per la stampa delle sue Rime) così commentava il suo esperimento: « Un solo concetto ebb’io nel detta-re queste tre brevi composizioni, e fu di togliere alla dimenticanza delle moltitudini e far prova di rimettere in uso quelle ballate gentilissime del Cavalcanti e del Poliziano » (p. ). Altre prove di questo stile vengo-no indicate da Neri: le più prossime cronologicamente sono quelle dei po-eti della scuola romana, Giambattista Maccari, Luigi Lèzzani, Lodovico Parini, cultori anch’essi della ballata. Con questi testi si registrano le ine-vitabili vicinanze determinate dal comune vocabolario stilnovista. L’esperimento carducciano di scrittura secondo uno stile due-trecentesco intreccia un dialogo con analoghi esperimenti di Donati: la ballata Io mi sono una povera orfanella, citata nella lettera del ’ (« So dal Targioni […] della tua ballata »), e la « ballatetta », che Donati gli invia il marzo del ’ e che così inizia: « Io vidi una fanciulla | In breve cameretta | Starsi pregando un dì tut-ta soletta. / Mai non vi potrei dir quant’era bella, | Ché chi volesse appien di lei contare | Non troveria né modo né favella » (Corr. , n bis). Un mese dopo Carducci si rivolse a lui come a « figliuolo di Lapo Gian-ni e di Gianni Alfani e di Guido Cavalcanti […] contemporaneo di Dante Allighieri » (LEN , p. ). Giuseppe Chiarini il medesimo marzo ’ aggiunse in calce a una lettera a Carducci il sonetto Alla sua donna, che – se ben si vede – sembra dimostrare una fascinazione verso questo tentativo ar-cheologico (Corr. , n ). Ancora Mamiani, descrivendo i propri in-tenti, usa parole del tutto adatte a Carducci: « mi à mosso una cura continua di rannodare le fila delle tradizioni patrie, di rivocare gl’intelletti alla dilezio-ne e allo studio de’ nostri antichi, e di serbare intatto al possibile il patrimo-nio della toscana eleganza [...]. E tutto ciò ò voluto accompagnar sempre con l’amore ardente ed inconsumabile inverso l’Italia » (pp. -).

Presentazione dell’amata secondo la stretta tradizione stilnovistica, da cui sono ripresi lessico e immagini. La giovane è bella, onesta, leggiadra, e si-gnora di Amore; quando il cuore del poeta ricorre a lei, ella lo accoglie e gli infonde una gioia di vivere che scaccia la tristezza. Proprio questo ele-mento funge da legame con il sonetto precedente, in cui al v. compare l’« ombra incerta ». La dizione non è esente da qualche fatica compositiva (« bella » e « bel-tade » vv. , ; « amor » vv. , ; « cor » vv. , , ), specie nella sintassi

Vd. Ferdinando Neri, La poesia dei puristi, in « GSLI » (), pp. - e Do-menico Gnoli, I poeti della scuola romana (-), Bari, Laterza, .

Page 17: Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

Sonetti

della prima terzina, in cui compare un complemento introdotto da in per ciascun verso. Poco curato anche l’ingorgo dei pronomi: « Ella » vv. , , « Lei » v. .

. Questa è: formula d’apertura di verso (o di discorso diretto) ben diffusa; il rimando a Frescobaldi « Quest’è la giovanetta ch’Amor guida », già individuato da D. Ferrari, è senz’altro pertinente visto che il sonetto si conclude con il verso « questa pietosa giovanetta bella », ricalcato da Car-ducci nella stessa sede della prima versione del testo. ◊ . tragge…leggia-dria: ‘porta con sé una composta armonia di movimento’. La iunctura in punta di verso proviene da Cavalcanti ; fu poi riformulata in Rvf. ed ebbe una qualche diffusione successiva. ◊ . sua: della « gio-vinetta » v. . ◊ . l’addimostra: ‘la mostra, la addita’; verbo raro, ripreso in [s] e LG . ◊ angiolella: ‘messaggera’; vd. RN . ◊ . de le sue quadrella: ‘con le sue frecce’; vd. Rvf. « l’aurate sue quadrella | spenda in me ». ◊ . per salute: ‘per ottenere salvezza’. ◊ ad ella: D. Fer-rari commenta « come nei trecentisti », ma non pare del tutto corretto: ella retto da preposizione è comune; retto da ad arriva al Furioso e a Monti, La bellezza dell’universo . ◊ . svia: ‘si allontana’; vd. Cino - « l’ani-ma mia di subito ferita | si partiva dal cor »; Lorenzo - « il mio cor si svia | per girne a lei, e dipo l’alma ancora ». ◊ . Lei…cospetto: « l’alma » (compl. oggetto di « raccoglia » v. ) invoca pietà al cospetto della « giovi-netta ». ◊ . Ella: la « giovinetta ». ◊ in quel riso: ‘con quel sorriso’. ◊ ral-legra amore: vd. Cavalcanti - « dolce sguardo, | ne lo qual face ral-legrare Amore ». ◊ . benigna in sua fede: ‘benevola accolga nella sua fedel-tà’. Si preferisce questa costruzione a quella alternativa, che lega « in quel riso » a « raccoglia » e « in sua fede » a « benigna » (‘benevola nella sua fedel-tà’). ◊ . trema…core: non è il comunissimo sintagma “il cuore trema”: quindi sono pertinenti i rimandi di Castellani p. a Cavalcanti , « ch’i’ sento lo sospir tremar nel core », -. Vd. anche OB -. ◊ . spoglia: ‘si spoglia di, dismette’, soggetto è « cor ». ◊ . Irradïato…aspetto: ‘investito dai raggi del suo aspetto luminoso’; forse vd. Mamiani, A Santa Cecilia « Irradïato di beltà divina ». La iunctura “se-reno aspetto” è dantesca (Purg. ) e piuttosto diffusa nella tradizione.

iii

Page 18: Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

Carducci, Rime ()

.

AD ESSA GIOVINETTA

O nova angela mia senz’ala a fianco, Certo de ’l loco ove bellezza è pura L’intelligenza tua vestì figura Di pargoletta donna in velo bianco;

E qui venisti a ’l secol rio che stanco De ’l bello adoperar più ne ’l mal dura, Per drizzar me fuor de la vita scura Voglioso dietro le tue scorte e franco.

E ben forse avverrà ch’agile e scarco Io segni, o dea, le tue vestigia sante Con l’alma teco in un disio congiunta,

Se di tanto mi degna il primo amante Che, mentre io tenga de ’l mortale incarco, L’ale tue d’òr non mettan fuor la punta.

––––––––→ • . v [a]––––––––• → . [b]; . [g]; . - [d]; LG (s.t.; note: « Come il precedente »); J (s.t.); J (s.t.) Certo dal loco LG J J ◊ Io prema, o pia, le g d ◊ Io prema ancor le LG J J

Metro. Sonetto ABBA ABBA CDE DCE. Nella redazione primitiva ABBA ABBA CDC DCD.

Nota filologica. Il fascicolo consta di una carpetta esterna e una interna autografa: « Firenze, ott. : corr. in Pian Castagnaio, agosto , e così dato a stampare nell’Almanacco delle Dame; ricorr. in San Miniato, e maggio , e così ristamp. in Rime; corretto la terza volta in Bolo-gna gennaio e febbraio ». La c. . è la bella copia preparata

Page 19: Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

Sonetti

per LG. La c. . r è la bozza di R (sul verso [s] cassato): il nume-ro d’ordine e il titolo sono cassati; sul margine alto è aggiunto a mano au-tografo « seconda lezione ». Le cc. . - sono le bozze di LG corrette da Bustelli (che inserisce un paio di virgole; l’aggiunta di « è » al v. sem-bra di mano carducciana) e Dazzi (che segna « (?) » accanto al v. e correg-ge l’ipermetrico « incarico » v. ). La c. . è la sinossi autografa del-le varianti. La c. . v è la bella copia preparata per R, cassata perché inserita nel fascicolo di [s]; in calce la datazione: « Firenze, otto-bre : Pian castagnaio, agosto : San Miniato, e maggio ». Il fascicolo contiene una raccolta di poesia in bella grafia, scritta su carta di quaderno a righe. Posteriormente alla redazione in pulito, l’auto-re è intervenuto aggiungendo varianti e ulteriori testi negli spazi residui con grafia corsiva. La c. . v, l’ultima della raccolta, testimonia la pri-mitiva versione del testo, con titolo « La mia fanciulla | Sonetto » (si noti, tra l’altro, la diversa profilatura dei versi), cui sono applicate varianti cor-sive, seguita dalla firma « Card » e dalla data « Ottobre »: questa re-dazione è edita in Extra . Come detto supra pp. -, il testo ven-ne consegnato all’« Almanacco delle Dame » e poi inviato, con la medesi-ma lezione, a Francesco Donati l’ settembre ’ insieme a [s] e a Extra (LEN , p. ): sono integrate le varianti manoscritte di c. i v e ne sono aggiunte altre due: v. « L’intelligenza sua » (il possessivo è ne-cessario per ragioni metriche); v. « pargoletta » per « fanciulletta ». Questo testo è edito in Extra sotto il titolo abusivo Ad essa giovinetta. (La le-zione dell’« Almanacco » è citata dall’articolo di Lina Righi, Ancora alcune note di bibliografia carducciana, in « Il Marzocco » novembre ). A testo la lezione base di c. . v e in apparato le varianti evolutive:

Quest’angioletta mia senz’ala a fianco Tanto è gentil di cielo crëaturaChe ’n lei si specchia il sole e la natura, Né Amor già mai di vagheggiarla è stanco. S’i’ dico che de ’l luogo in cui vien mancoOgni disiro di umana fattura, Questa gentile mia vestì figura Di fanciulletta chiusa ’n velo bianco, I’ dico ver; ché innante a la sua luce Stral di basso disio ratto si spunta, E tutti miei pensieri a ’l ciel radduce.

Page 20: Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

Carducci, Rime ()

Ond’io plorando e mano a mano giuntaPriego mi sia benigno il sommo duce Che l’ale d’ôr non mettan fuor la punta.

––––––––Almanacco [a]; LEN [b] si specchia il sole e la natura cass. > +++ Amore correz. interl. poi cass. > del suo so-verchio Amor s’appura correz. interl. collocata al di sotto della precedente ◊ lei del suo so-verchio Amor s’appura a b ◊ Né cass. ◊ già cass. > che correz. interl. ◊ Amor che mai a b ◊ gentile mia cass. > soave idea correz. interl. poi cass. > L’intelligen-zia correz. interl. collocata al di sopra della precedente ◊ L’intelligenzia sua vestì a b ◊ Di pargoletta donna ’n a b ◊ chiusa cass. > donna correz. interl. ◊ plorando cass. > piagnendo correz. interl. ◊ io piagnendo e a b

Alla fedele osservanza stilnovistica Carducci aggiunge un paio di scarti contenutistici. Il primo è dichiarato nel verso d’apertura e viene funzio-nalizzato in chiusura: l’amata − un angelo come nel sonetto precedente − è senza ali. L’anima della donna ha preso le sembianze terrene di una gio-vinetta, che (ecco il secondo scarto) giunge per sollevare il poeta da un mondo indurito nelle azioni malvagie e stanco delle azioni nobili. I due si potranno fondere in un unico volere, se il « primo amante » non farà spun-tare le ali all’amata, che così fuggirebbe via. Il testo, per il versante amo-roso, si collega al precedente e, per quello polemico contro la contempo-raneità, a [s] (in minor misura a [s]): « secol rio » v. e « vita scura » v. ri-mandano a « rio viver » [s] e a « cieco errante | Vulgo » [s] -. D. Ferrari rinvia al sonetto di Giusto de’ Conti sulla « Virtù e bellezza della sua donna », probabilmente Questa angioletta mia dall’ale d’oro, ma sem-bra che, oltre alla somiglianza tonale, si abbia un preciso riscontro solo tra i due versi incipitari (quella del v. « Mandata qui dal regno degli Dei » con il v. della redazione a testo è generico).

. O…fianco: per controbattere a Fanfani, che giudicava « ridicolo » l’inci-pit (Chiarini p. ), Carducci citava Rvf. e, con maggiore per-tinenza, Rvf. « Nova angeletta sovra l’ale accorta », Giusto de’ Con-ti (Questa angioletta mia dall’ale d’oro [p. ]), Tasso : « Tanto meno do-vrebbe parer ridicolo il verso mio; il quale contiene un pensiero natural-mente più vero […]. Infatti cotesti poeti parlano di donne che sono fenici con penne o angiolette con ali d’oro, mentre io mi contento di dire pres-so a poco così: O tu che di bellezza e costumi sei simile agli angioli, ma angiola non sei » (Micciarelli pp. -). ◊ nova: ‘straordinaria’ (Tissoni

Page 21: Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

Sonetti

propone dubitativamente si aggiunga anche il significato di ‘giovane’, ma sembra caratteristica scontata della donna); la iunctura ha qualche occor-renza anche nel Cinquecento (Sannazaro, Della Casa, Tansillo). ◊ ange-la: il diminutivo, che è anche in Extra , non sembra più frequen-te, a differenza di quanto sostiene Tissoni (che cita Lapo Gianni, Dolc’è il pensier ). ◊ . de ’l loco: ‘dal luogo’, riferito alla provenienza dell’« in-telligenza » ‘anima’; forse vd. Dante, « I’ mi son pargoletta bella e nova, | che son venuta per mostrare altrui | de le bellezze del loco ond’io fui ». ◊ . in…bianco: Tissoni cita Purg. (« candido vel ») e Mamiani, I due amori , ma la iunctura è molto diffusa e torna in J , LG , RN , , . ◊ . secol rio: iunctura di una qual-che diffusione cinquecentesca (Bembo, Di Costanzo, Colonna, Tansil-lo), che torna in J . ◊ . bello adoperar: ‘operare con rettitudine e onore’. ◊ dura: ‘perdura, insiste’. ◊ . drizzar: ‘indirizzare’. ◊ vita scura: la iunctura “vita oscura” è dantesca e petrarchesca (Vita nuova , Vi-dero gli occhi miei ; Rvf. ) ben diffusa nella tradizione. ◊ . Voglio-so: ‘desideroso’, in dittologia con « franco » ‘libero’ di stare dietro alla gui-da dell’amata; forse vd. Rvf. - « prego che sia mia scorta, | et la mia torta via drizzi a buon fine ». ◊ . forse avverrà: vd. [s] . ◊ scar-co: ‘privo del peso’ del corpo. ◊ . segni…vestigia: ‘calpesti le tue orme’; “vestigia sante” è iunctura petrarchesca (Rvf. ) ripresa da Sannaza-ro e Tasso. L’espressione fu criticata come impropria da Fanfani – « le ve-stigia si segnano da sé, e non le segna chi vien dietro » (Chiarini p. ) – e Carducci gli diede ragione (Micciarelli pp. -). ◊ -. Se…pun-ta: a Fanfani, che giudicava « inintelleggibile » la terzina (Chiarini p. ), Carducci spiegava: « chi conosca pur il linguaggio della filosofia platonica intende che il primo amante è Dio, chiamato dall’Allighieri il Primo amore [Inf. ], e si ricorda che il Tasso cantava alla Pietà: Scaldi gli alati amori | Di novo e dolce foco e ’l primo Amante [ ], e che il Costanzo pres-so il poeta filosofo Terenzio Mamiani dicea dell’amore: [Amore alma è del mondo,] amore è cetra | Che d’alme corde ed infinite e sante | Leva eterna melode al primo Amante [I due amori -]. E chi sappia d’eleganze toscane inten-de che mentre […] incarco vale: ‘mentre io viva unito al corpo’, ricordando-si del dantesco per l’incarco | Della carne d’Adamo onde si veste [Purg. -] − e ricordandosi pure che il del usano spesso i poeti nostri a significare come una parte d’un oggetto: Infondi in me di quel divino ardore (Guittone) [Donna del cielo, gloriosa madre ]; E’ non par che tu sentissi mai di bene alcun (Cino) [ -]; Mentre mia luce del mortale Avrà (Giusto de’ Conti) [Poiché

Page 22: Giosuè Carducci - Aracneblicò una biografia, Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da un amico (dal cui principio è tratta la citazione appena allegata), corretta e ampliata

Carducci, Rime ()

la dolce vista del bel volto (p. ) -]. E chi s’intende di logica, vede subi-to che essendosi detto nel primo verso Questa angeletta mia senz’ala a fianco [redazione anteriore], nell’ultimo si viene a desiderare che le ale d’ange-lo non appariscano alla giovinetta, cioè che ella non passi a vita angeli-ca, cioè che la poveretta non muoia ». Ma per « primo amante » Carducci avrebbe dovuto rammentare soprattutto Par. « O amanza del primo amante ». Per tutto il verso forse vd. Giusto de’ Conti, Amor, quando mi vie-ne (p. ) - « io grande mi tegno, | Che il ciel di tanto ben mi fesse de-gno ». Nelle Note di LG la spiegazione di Primo Amante (le maiuscole a testo in questa edizione e in J) si limita alla citazione del luogo tassiano. ◊ . tanto: consecutivo, da legare a « che » v. . ◊ . mentre: ‘finché’. ◊ mortale incarco: vd. Rvf. « terreno incarco », poi ben diffuso e varia-to. ◊ . non…punta: ‘non spuntino’; Carducci indica la fonte a Fanfani, che aveva definito « ridicolo » l’ultimo verso (Chiarini p. ): Mamiani, Le montanine - « Oimè! che la diadema èlle apparita, | oimè! che le ale àn messo fuor la punta ». Vd. [c] . Meozzi e Tissoni ricordano anche Monti, Nell’ora che più l’alma è pellegrina - « Nel suo mortale | Di vero angiol sembianza ella tenea; | Tal che in mirarla ognun guatava al bianco | Omero, attendo a riguardar se l’ale | Mettean la punta »; e le successi-ve riproposizioni carducciane dell’immagine: LG -, che inglo-ba [c], i saggi Delle rime di Dante (OEN x ) e Dieci anni a dietro ( ). Carducci aveva già giustificato l’immagine con Donati, che l’aveva criticata: « Chiedo scusa per l’ale d’or del sonetto: ed ecco com’io ragiono. È vero ch’io ho detto nel primo verso Quest’angioletta mia senz’ala a fianco: adunque, a punto perché quest’angioletta non ha le ali, io temo e prego Dio che non voglia che esca fuori la punta di queste ali d’oro, cioè che non la richiami a sé facendola angelo verace. Dunque il concetto sta nel con-tentarmi ch’io fo che la sia per me un angelo terreno, nel pregarne Iddio; che se uscisse fuor la punta delle ale d’oro, addio angiolo mio terreno » (LEN , p. ; ottobre ’).