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GLI ANCORAGGI FRA COLONNE IN ACCIAIO E FONDAZIONI IN C.A.: LINEE GUIDA PER UNA NORMALIZZAZIONE GIAN MICHELE GANCIA, Università di Genova ANDREA ORSATTI, PaulWurth Italia, Genova SUMMARY The anchor bolts design, following the Technical Codes in force, is rather laborious. In the wide survey of particular solutions at present used in the following are choosen two kind of anchorages and is presented a Guide Line in which each structural security checks are developed and for each one the allowable load is defined. The results of the analysis, extended to many anchor diameters, are summarized in tables that show the real possibility to organize a useful normalization. Keywords: steel-concrete composite structure, joint, anchor bolt, design guide, joint standardization. 1. INTRODUZIONE Nel collegamento tra colonne in acciaio e fondazioni in cemento armato al bullone di ancoraggio (tirafondo) è affidata la funzione di trasmettere la forza di taglio e la forza di trazione derivante dalla forza normale e dal momento flettente trasmessi al giunto dalle strutture in elevazione. Alla luce delle usuali normative [01], [02] e [03], la verifica di sicurezza dell’ancoraggio, nelle parti in acciaio e in calcestruzzo, deve essere svolta per fasi successive [04] e risulta piuttosto laboriosa. E’ utile pensare ad una normalizzazione del processo e, all’interno di una determinata tipologia, ricondurre la scelta del bullone di ancoraggio alla determinazione della portata massima del giunto, derivata dalla verifica che risulta più severa delle parti in acciaio e/o in calcestruzzo. Nel seguito, con riferimento a due tipologie di giunto, [Fig.1] e [Fig.2], ritenute idonee a fornire risultati di sicura efficienza e a un diametro prefissato, si determinano le portate dell’ancoraggio riferite ad ogni situazione limite, successivamente per le due tipologie considerate si riportano tabellate le portate relative ad ogni diametro di tirafondo. 2. ANCORAGGIO SENZA RISCONTRI Si prende in considerazione una tipologia di ancoraggio semplice, senza riscontri, che può essere utilizzata pre-annegata nel getto o inghisata successivamente con malta reoplastica di cemento. Si determina, per il tirafondo di diametro Φ=30 mm, la portata dell’ancoraggio con riferimento alle due situazioni di montaggio e alle sollecitazioni a cui può essere sottoposto. Si riassumono in tabelle le caratteristiche geometriche dell’ancoraggio, le caratteristiche meccaniche dei materiali impiegati e le portate a taglio e a trazione dell’ancoraggio in esame. I dati riportati possono costituire una utile normalizzazione. Figura 1. Ancoraggi senza riscontri 2.1. CARATTERISTICHE MECCANICHE DEI MATERIALI E GEOMETRICHE DEL ANCORAGGIO Nelle tabelle seguenti sono riassunte le caratteristiche meccaniche dei materiali utilizzati nella determinazione delle portate degli ancoraggi.

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GLI ANCORAGGI FRA COLONNE IN ACCIAIO E

FONDAZIONI IN C.A.: LINEE GUIDA PER UNA

NORMALIZZAZIONE

GIAN MICHELE GANCIA, Università di Genova ANDREA ORSATTI, PaulWurth Italia, Genova

SUMMARY

The anchor bolts design, following the Technical Codes in force, is rather laborious.

In the wide survey of particular solutions at present used in the following are choosen two kind of anchorages and is presented a Guide Line in which each structural security checks are developed and for each one the allowable load is defined.

The results of the analysis, extended to many anchor diameters, are summarized in tables that show the real possibility to organize a useful normalization. Keywords: steel-concrete composite structure, joint, anchor bolt, design guide, joint standardization. 1. INTRODUZIONE

Nel collegamento tra colonne in acciaio e fondazioni in cemento armato al bullone di ancoraggio (tirafondo) è affidata la funzione di trasmettere la forza di taglio e la forza di trazione derivante dalla forza normale e dal momento flettente trasmessi al giunto dalle strutture in elevazione. Alla luce delle usuali normative [01], [02] e [03], la verifica di sicurezza dell’ancoraggio, nelle parti in acciaio e in calcestruzzo, deve essere svolta per fasi successive [04] e risulta piuttosto laboriosa. E’ utile pensare ad una normalizzazione del processo e, all’interno di una determinata tipologia, ricondurre la scelta del bullone di ancoraggio alla determinazione della portata massima del giunto, derivata dalla verifica che risulta più severa delle parti in acciaio e/o in calcestruzzo. Nel seguito, con riferimento a due tipologie di giunto, [Fig.1 ] e [Fig.2 ], ritenute idonee a fornire risultati di sicura efficienza e a un diametro prefissato, si determinano le portate dell’ancoraggio riferite ad ogni situazione limite,

successivamente per le due tipologie considerate si riportano tabellate le portate relative ad ogni diametro di tirafondo. 2. ANCORAGGIO SENZA RISCONTRI

Si prende in considerazione una tipologia di ancoraggio semplice, senza riscontri, che può essere utilizzata pre-annegata nel getto o inghisata successivamente con malta reoplastica di cemento.

Si determina, per il tirafondo di diametro Φ=30 mm, la portata dell’ancoraggio con riferimento alle due situazioni di montaggio e alle sollecitazioni a cui può essere sottoposto.

Si riassumono in tabelle le caratteristiche geometriche dell’ancoraggio, le caratteristiche meccaniche dei materiali impiegati e le portate a taglio e a trazione dell’ancoraggio in esame.

I dati riportati possono costituire una utile normalizzazione.

Figura 1. Ancoraggi senza riscontri

2.1. CARATTERISTICHE MECCANICHE DEI MATERIALI E GEOMETRICHE DEL ANCORAGGIO

Nelle tabelle seguenti sono riassunte le

caratteristiche meccaniche dei materiali utilizzati nella determinazione delle portate degli ancoraggi.

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Dal momento che l’ancoraggio in esame ha la funzione di trasmettere sollecitazioni di modesta entità si è scelto acciaio e calcestruzzo normali. Le caratteristiche geometriche dell’ancoraggio sono riassunte nella tabella seguente.

2.2. DETERMINAZIONE DELLE PORTATE

DELL’ ANCORAGGIO Nel seguito con riferimento al bullone di diametro Φ= 30 mm si determinano le portate dell’ancoraggio relative ai diversi stati limite. La minima portata ottenuta risulterà la portata massima dell’ancoraggio da tenere in conto per il dimensionamento del giunto.

Fase 1: resistenza a Taglio dell’acciaio (EN 1993-1-1)

La portata dell’ancoraggio è data da:

VRd1= VRk,s/γMs dove: γMs= coefficiente di sicurezza per l’acciaio≥ 1.15

[ ]NAfV suksRk ⋅⋅= 5,0,

AS = 44

3 2φπ ⋅⋅ , area a Taglio del tirafondo [mm2]

fuk = resistenza caratteristica dell’acciaio del tirafondo [N/mm2] Nel caso in esame:

( ) [ ]NfV MsukRd 355.63/44

35,0

2

1 =⋅⋅⋅⋅= γφπ

Fase 2: resistenza alla rottura del

conglomerato sul bordo (ETAG01 par. 5.2.3.4)

La portata dell’ancoraggio è data da:

VRd2= VRk,c/γMc [N] dove: γMc = coefficiente di sicurezza per il conglomerato ≥ 1.50

VucrVecVVhVsVc

VccRkcRk A

AVV ,,,,,0

,

,0,, ψψψψψ α ⋅⋅⋅⋅⋅⋅=

( ) 5.11,

2.0

0, 45.0 cf

hV cubeck

efcRk ⋅⋅

⋅⋅=

φφ

hef = lunghezza effettiva del tirafondo. =φ diametro del tirafondo.

fck,cube = resistenza caratteristica cubica del conglomerato (EN 1992-1-1: 2004)

0,VCA = 4.5c1

2

VCA , = (c2+i/2) * 1.5c1

c1= distanza dell’ancoraggio dal bordo della fondazione ortogonale alla sollecitazione c2= distanza dell’ancoraggio dal bordo della fondazione parallelo alla sollecitazione ponendo:

c1 = c2= 2dmin con dmin = (φe/2) + 50 mm

e

i = imin = φe + 50 mm.

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In questo caso è opportuno distinguere tra tirafondo pre-annegato (φe=0) e tirafondo inghisato (φe≠0): - φe=0

[ ]2min

20, 000.4518 mmdA VC ==

[ ]2minminmin, 750.1825.1

2

12 mmdidA VC =⋅⋅

+⋅=

[ ]NV cRk 791.23,0 =

9.05.1

3.07.01

2, =

⋅+=

c

cVSψ

1,,,, ==== VucrVecVVh ψψψψ α

da cui si ottiene la portata dell’ancoraggio:

VRd2= 5.950 [N]

- φe= 125 [mm]

[ ]2min

20, 812.22718 mmdA VC ==

[ ]2minminmin, 469.10525.1

2

12 mmdidA VC =⋅⋅

+⋅=

[ ]NV cRk 483.82,0 =

9.05.1

3.07.01

2, =

⋅+=

c

cVSψ

1,,,, ==== VucrVecVVh ψψψψ α

da cui si ottiene la portata dell’ancoraggio:

VRd2= 22.912 [N] Nel caso limite in cui la distanza dell’ancoraggio dai bordi della fondazione sia uguale a dmin (portata ridotta a Taglio) si ha - φe=0

[ ]2min

20, 250.115.4 mmdA VC ==

[ ]2minminmin, 625.55.1

2

1mmdidA VC =⋅⋅

+=

[ ]NV cRk 411.8,0 =

9.05.1

3.07.01

2, =

⋅+=

c

cVSψ

1,,,, ==== VucrVecVVh ψψψψ α

da cui si ottiene la portata dell’ancoraggio:

VRd2= 2.523 [N]

- φe= 125 [mm]

[ ]2min

20, 953.565.4 mmdA VC ==

[ ]2minminmin, 750.335.1

2

1mmdidA VC =⋅⋅

+=

[ ]NV cRk 163.29,0 =

9.05.1

3.07.01

2, =

⋅+=

c

cVSψ

1,,,, ==== VucrVecVVh ψψψψ α

da cui si ottiene la portata dell’ancoraggio: VRd2= 10.370 [N] Fase 3: resistenza a schiacciamento del conglomerato (5.10.2.2 EN 1992-1-1: 2004)

Con riferimento a un’impronta di carico del conglomerato pari a 2Φ x 2Φ, la portata dell’ancoraggio è data da: VRd3= VRk,c/γMc dove: γMc = coefficiente di sicurezza per il conglomerato ≥ 1.50

=φ diametro del tirafondo.

fck,cube = resistenza caratteristica cubica del conglomerato. (EN 1992-1-1: 2004)

( ) [ ]NfV MccubeckRd 200.43/46.0 2,3 =⋅⋅= γφ

Dai risultati ottenuti si può notare come la verifica di sicurezza alla rottura del conglomerato al bordo condizioni sempre la scelta dell’ancoraggio e tale verifica risulti particolarmente penalizzante nel caso in cui la distanza del tirafondo sia compresa tra dmin e 2dmin (portata ridotta a Taglio). Tuttavia se la testa della fondazione è adeguatamente armata anche se la distanza risulta inferiore a 2dmin la portata a Taglio dell’ancoraggio può essere considerata pari alla portata non ridotta VRd2. Nella tabella seguente sono riassunti i risultati ottenuti per diametri di tirafondo compresi tra Φ=14 mm e Φ=48 mm.

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Sempre con riferimento agli ancoraggi illustrati nella [Fig.1 ], tirafondo sono senza riscontri, nel seguito si determinano le portate, relative al diametro Φ=30 mm, con riferimento alla resistenza a trazione del tirafondo, alla resistenza per aderenza del calcestruzzo, alla resistenza del conglomerato per rottura “a cono” e/o per fenditura (splitting)., e tra queste si sceglierà la minima come portata massima dell’ancoraggio. Fase 4: resistenza a trazione dell’acciaio La portata dell’ancoraggio è data da:

NRd1= NRk,s/γMs dove: NRk,s = An fuk [N]

An = area di nocciolo del tirafondo [mm2]

fuk = resistenza caratteristica dell’acciaio del

tirafondo [N/mm2]

γMs = coefficiente di sicurezza dell’acciaio ≥ 1.15

quindi:

NRd1= (An fuk )/γMs= 134.152 [N] Fase 5: resistenza per aderenza

acciaio/conglomerato (EN 1992-1-1:2004) La portata dell’ancoraggio è data da:

( )1

2

1

αφπ ⋅⋅⋅⋅= efbdRd HfN [N]

dove: Hef = 510 [mm] α1 = 1 (tirafondo diritto) fbd = 2.25 η1 η2 fctd

(tensione ultima di aderenza di progetto)

- per calcestruzzo: fbd = 1.89 [N/mm2] - per malta: fbd = 3.07 [N/mm2]

con: η1 = 0.7, (coefficiente relativo alla efficienza dell’aderenza) η2 = 1 per φ ≤ 32 mm fctd = αct fctk,0.05/ γΜc= 1.20 [N/mm2] (tensione di trazione di progetto del calcestruzzo) fctd = αct fctk,0.05/ γΜc= 1.95 [N/mm2] (tensione di trazione della malta reoplatica) con: αct = 1, (coefficiente che tiene conto degli effetti a lungo termine) γΜc = 1.5, (coefficiente di sicurezza del conglomerato) fctk,0.05= 1.80 [N/mm2], (tensione caratteristica a

trazione del conglomerato) fctk,0.05= 2.93 [N/mm2], (tensione caratteristica a

trazione della malta) da quanto sopra si ottiene:

- per ancoraggio pre-annegato

NRd2= 90.845 [N]

- per ancoraggio inghisato

NRd2= 147.564 [N]

Fase 6: resistenza alla rottura a “cono” del conglomerato

(par. 6.4.4 EN1992-1-1: 2005) La portata dell’ancoraggio è data da

lckef

Rd AfH

N ⋅⋅

+⋅=

2

3

3

2001035,0 [N]

dove: Hef = 510 [mm] fck = 25 [N/mm2] Al = 4.604*106 [mm2]

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(superficie laterale del cono di rottura[04])

da cui si ottiene:

NRd3= 167.081 [N] Fase 7: resistenza alla rottura per fenditura

(splitting) del conglomerato (ETAG01 par. 5.2.2.6)

La portata dell’ancoraggio è

sphCRkRd NN ,, ψ⋅= [N]

dove: NRk,C = resistenza alla rottura a cono del conglomerato

ψh,sp = 5.12

3

2

efH

h

nel caso in esame si considera l’altezza della fondazione h= 2Hef per cui ψh,sp = 1.0 e quindi:

NRd4= 167.081 [N] Nella tabella seguente sono riassunti i valori delle portate a trazione dell’ancoraggio analizzato con riferimento ai diametri da F14 a F48 ed è evidenziata, per ogni diametro, la portata minima utile per il scelta del tirafondo appropriato. L’indicazione Portata* (da verificare) intende indicare che la portata evidenziata è utilizzabile salvo verifica specifica della fondazione.

3. ANCORAGGIO CON RISCONTRI

Si prende in considerazione una tipologia di ancoraggio semplice, senza riscontri, che può essere utilizzata pre-annegata nel getto o inghisata successivamente con malta neoplastica di cemento.

Si determina, per il tirafondo di diametro Φ=30 mm, la portata dell’ancoraggio con riferimento alle due situazioni di montaggio e alle sollecitazioni a cui può essere sottoposto.

Si riassumono in tabelle le caratteristiche geometriche dell’ancoraggio, le caratteristiche meccaniche dei materiali impiegati e le portate a taglio e a trazione dell’ancoraggio in esame.

I dati riportati possono costituire una utile normalizzazione.

Figura 2. Ancoraggi con riscontri

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3.1. CARATTERISTICHE MECCANICHE DEI MATERIALI E GEOMETRICHE DEL ANCORAGGIO

Nelle tabelle seguenti sono riassunte le

caratteristiche meccaniche dei materiali utilizzati nella determinazione delle portate degli ancoraggi.

Le caratteristiche geometriche dell’ancoraggio sono riassunte nella tabella seguente.

3.2. DETERMINAZIONE DELLE PORTATE

DELL’ ANCORAGGIO

Sempre con riferimento al bullone di diametro Φ= 30 mm nel seguito si determinano le portate dell’ancoraggio relative ai diversi stati limite.

La minima portata ottenuta risulterà la portata massima dell’ancoraggio da tenere in conto per il dimensionamento del giunto.

E’ opportuno notare che le portate dei due diversi tipi di ancoraggio analizzati non variano per

- Fase 1: resistenza a Taglio dell’acciaio (EN 1993-1-1)

- Fase 3: resistenza a schiacciamento del conglomerato (5.10.2.2 EN 1992-1-1: 2004)

dal momento che dipendono esclusivamente dalle caratteristiche meccaniche dei materiali e dal diametro del tirafondo.

Muta invece la portata dell’ancoraggio dipendente dalla resistenza alla rottura del conglomerato sul bordo, infatti per l’ancoraggio in oggetto cambia la geometria.

Fase 2: resistenza alla rottura del conglomerato sul bordo (ETAG01 par. 5.2.3.4)

La portata dell’ancoraggio è data da:

VRd2= VRk,c/γMc [N] dove: γMc = coefficiente di sicurezza per il conglomerato ≥ 1.50

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VucrVecVVhVsVc

VccRkcRk A

AVV ,,,,,0

,

,0,, ψψψψψ α ⋅⋅⋅⋅⋅⋅=

( ) 5.11,

2.0

0, 45.0 cf

HV cubeck

efcRk ⋅⋅

⋅⋅=

φφ

con l’usuale significato dei simboli.

In questo caso non è necessario distinguere tra tirafondo pre-annegato (φe=0) e tirafondo inghisato (φe≠0), infatti sia la distanza dal bordo dmin che l’interasse imin sono condizionati dalle dimensioni della piastra di riscontro uguale per tirafondo pre-annegato e per tirafondo inghisato. Quindi:

[ ]2min

20, 000.40518 mmdA VC ==

[ ]2minminmin, 250.18225.1

2

12 mmdidA VC =⋅⋅

+⋅=

[ ]NV cRk 166.117,0 =

9.05.1

3.07.01

2, =

⋅+=

c

cVSψ

1,,,, ==== VucrVecVVh ψψψψ α

da cui si ottiene la portata dell’ancoraggio:

VRd2= 31.635 [N]

Nel caso limite in cui la distanza dell’ancoraggio dai bordi della fondazione sia uguale a dmin (portata ridotta a Taglio) si ha

[ ]2min

20, 250.1015.4 mmdA VC ==

[ ]2minminmin, 375.575.1

2

1mmdidA VC =⋅⋅

+=

[ ]NV cRk 616.27,0 =

9.05.1

3.07.01

2, =

⋅+=

c

cVSψ

1,,,, ==== VucrVecVVh ψψψψ α

da cui si ottiene la portata ridotta dell’ancoraggio:

VRd2= 14.084 [N]

Anche per questa ultima tipologia di ancoraggio la verifica di sicurezza alla rottura del conglomerato al bordo condiziona la scelta dell’ancoraggio e risulta particolarmente penalizzante nel caso in cui la distanza del tirafondo sia compresa tra dmin e 2dmin (portata ridotta a Taglio).

Comunque, come notato in precedenza, se la testa della fondazione è adeguatamente armata anche se la distanza risulta inferiore a 2dmin la portata a Taglio dell’ancoraggio può essere considerata pari alla portata non ridotta VRd2.

Nella tabella seguente sono riassunti i risultati ottenuti per diametri di tirafondo compresi tra Φ=24 mm e Φ=100 mm.

Nel seguito si determinano le portate a trazione, sempre relative al diametro Φ=30 mm, con riferimento alla resistenza a trazione del tirafondo, alla resistenza del conglomerato per rottura “a cono” e per Nel caso di tirafondo inghisato è necessario verificare anche la resistenza a taglio dell’aletta del martello del tirafondo e la resistenza per concentrazione delle tensioni tra aletta e piastra di riscontro.

Come nei casi precedenti si sceglierà, tra tutte le portate, la minima come portata massima dell’ancoraggio.

Fase 4: resistenza a trazione dell’acciaio La portata dell’ancoraggio è data da:

NRd1= NRk,s/γMs [N]

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con:

NRk,s = An fuk [N]

An = area di nocciolo del tirafondo [mm2]

fuk= resistenza caratteristica dell’acciaio del

tirafondo [N/mm2]

γMs = coefficiente di sicurezza dell’ acciaio ≥ 1.15

quindi:

NRd1= (An fuk )/γMs= 134.152 [N] Fase 5: resistenza alla rottura a “cono” del conglomerato

(par. 6.4.4 EN1992-1-1: 2005) La portata dell’ancoraggio è data da

lckef

Rd AfH

N ⋅⋅

+⋅=

2

3

2

2001035,0 [N]

dove: Hef = 390 [mm] fck = 25 [N/mm2] Al = 3.628*105 [mm2] (superficie laterale del cono di rottura[04])

da cui si ottiene:

NRd2= 142.753 [N] Fase 6: resistenza a schiacciamento del conglomerato La portata dell’ancoraggio è data da: NRd3= NRk,c/γMc con: γMc = coefficiente di sicurezza per il conglomerato ≥ 1.50

AfN cubeckcRk ⋅= ,, [N]

fck,cube= resistenza caratteristica cubica del conglomerato. (EN 1992-1-1: 2004)

2

4

22

⋅−

=

eP

A

φπ= 11.164 [mm2]

dove:

P= 200 [mm] (lato della piastra)

φ= 150 [mm] (diametro della cassetta) da cui si ottiene:

NRd3= 223.375 [N]

Nel caso in cui il tirafondo sia inghisato è necessario svolgere due ulteriori verifiche che riguardano le parti a contatto tra tirafondo e elemento di riscontro. Fase 7: resistenza a taglio dell’aletta del

martello Come giustificato in [04] si ipotizza che solo un’aletta sia a contatto e quindi funzionale alla resistenza. La portata dell’ancoraggio è NRd4= NRk,s/γMs

con:

TLfN uksRk ⋅⋅⋅⋅= 3, 3

2

3

1 [N]

L3 = 80 [mm] (altezza aletta)

T = 20 [mm] (spessore aletta)

fuk = 275 [N/mm2]

γMs = coefficiente di sicurezza dell’acciaio= 1.15

quindi:

NRd4= 147.266 [N] Fase 8: Resistenza per concentrazione delle

tensioni tra aletta e piastra

Si verificano le tensioni acciaio/acciaio al contatto tra aletta del martello e piastra di riscontro.

La portata dell’ancoraggio è data da:

NRd= NRk,c/γMs

con: γMs = coefficiente di sicurezza per l’acciaio= 1.15

BTfN ukcRk ⋅⋅⋅= 35.1, [N]

(5.10.2.2 EN 1992-1-1: 2004)

T= 20 [mm] (spessore aletta) B= 30 [mm] (larghezza aletta) fuk = 275 [N/mm2]

da cui si ottiene:

NRd3= 223.375 [N]

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4. CONCLUSIONI

Da quanto riportato emerge l’utilità di poter disporre di tabelle normalizzate che rendano più agevole al Progettista la definizione, all’interno di una data tipologia, dell’ancoraggio più appropriato a trasmettere alla fondazione le sollecitazioni indotte dalla struttura in elevazione.

Le linee guida definite in [4] possono essere utilizzate per qualsiasi tipo di ancoraggio e quindi costituire un utile ausilio per realizzare molteplici opportunità di normalizzazione.

Dalle tabelle presentate si ha conferma che, in assenza di una orditura specifica della fondazione, il calcestruzzo costituisce l’elemento di debolezza del sistema, caratterizzando nella maggioranza dei casi l’ancoraggio come giunto fragile.

La duttilità si riacquista prevedendo una orditura finalizzata ad assorbire e a distribuire al continuo calcestruzzo le sollecitazioni concentrate trasmesse dai tirafondi.

5. BIBLIOGRAFIA [[[[01]]]] "Metal anchor for use in concrete” -

ETAG 001 [[[[02]]]] "EUROCODE 2: Design of concrete

structures” – EN1992-1-1 [[[[03]]]] "EUROCODE 3: Design of steel

structures” – EN1993-1-1 [[[[04]]]] G.M. GANCIA, A. ORSATTI - "Gli

ancoraggi fra colonne in acciaio e fondazioni in c.a.: comportamento meccanico e indicazioni progettuali” – 19° Congresso CTE – 2012 - Bologna

Contatti con gli autori: Gian Michele Gancia: [email protected] Andrea Orsetti: [email protected]

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RICOSTRUZIONE DEL TRATTO FRANATO DELLA SP. 35 DI

PEZZOLO AL KM. 1 + 600: DAL PROGETTO AL COLLAUDO

GIUSEPPE CAMPIONE Università di Palermo PIETRO LO MONACO

Dirigente generale del Dipartimento Regionale di Protezione Civile

ROSSELLA ZUMBE’ Libero Professionista in Palermo

SUMMARY

Nel presente lavoro si presenta il quadro dei dissesti verificatisi nella zona del messinese negli ultimi anni con i relativi rischi geomorfologici ed idraulici legati alla geologia dei siti in oggetto. In particolare viene preso in rassegna il progetto relativo alla ricostruzione del tratto franato della sp. 35 di Pezzolo al km. 1 + 600 e si fa riferimento alle opere di sistemazione idraulica del vallone Canne a monte della strada provinciale. Si mostra lo stretto legame tra l’ingegneria delle strutture con quella idraulica ed ambientale. Il lavoro prevalentemente di natura applicativa mette in luce problematiche ricorrenti in situazioni di dissesto e mostra alcune delle soluzioni progettuali che si possono mettere in atto e che qui sono lette alla luce del collaudo in corso d’opera. 1. INTRODUZIONE

Nel recente ottobre 2009, a causa di un violento nubifragio per il quale si è stimato che siano caduti circa 220 millimetri di precipitazioni nell'arco di 3 ore e del conseguente straripamento dei corsi d'acqua, la zona sud del Comune di Messina e gli altri Comuni limitrofi, sono stati oggetto di numerosi eventi franosi caratterizzati dallo scivolamento della coltre vegetale dei pendii con conseguente formazione di colate di fango e detriti. Gli eventi franosi, che hanno causato numerose vittime e dispersi, oltre ad interessare un territorio vasto, che comprende i Comuni di Messina, Scaletta Zancla Terme ed Alì, hanno interrotto la circolazione, di tutta la viabilità primaria e secondaria, interessando perfino l'autostrada e la ferrovia. L'evento ha interessato anche il versante del bacino imbrifero del torrente Canne, in prossimità del Km 1+600, che è stato oggetto di colate detritiche sia in destra che in

sinistra idraulica e di dissesti con conseguenti crolli di fabbricati e di muri a secco. Tali dissesti legati all'orografia ed alle caratteristiche geolitipologiche del territorio colpito, sono stati aggravati dalla presenza di terreni incolti ed a causa di incendi che hanno interessato vaste zone della provincia di Messina hanno causato il disboscamento delle aree con conseguenze negative sull’assetto del territorio.

La strada provinciale SP 35 di Pezzolo, a seguito delle intense e persistenti precipitazioni meteoriche è stata interessata da un dissesto di vaste dimensioni che ha coinvolto il versante collinare in sinistra idraulica del Vallone Canne, ed anche un fabbricato a valle della suddetta strada provinciale (vedi Fig. 1). La strada SP135 che ha lunghezza di circa Km. 7 + 200 costituisce l’unica principale via di accesso al centro abitato di Pezzolo, che è uno dei numerosi villaggi del Comune di Messina. Ciò ha costituito un grave disagio e pregiudizio sia per le ordinarie attività economico – sociali, ma soprattutto per eventuali attività emergenziali che necessitino del transito di mezzi di soccorso e d’opera di maggiori dimensioni. Gli abitanti direttamente interessati dall’interruzione della SP 35 sono stati circa 1.000 e comprendono la popolazione residente nel centro abitato del Villaggio Pezzolo e nei nuclei abitati sparsi lungo la Strada Provinciale dal tratto a monte del dissesto e fino al villaggio, cui va aggiunta la presenza dell’Istituto Scolastico Cuppari, presso il Convento San Placido, con il relativo corpo docente, non docente e studentesco. La Provincia Regionale di Messina, ha redatto un primo progetto che prevedeva tutte quelle opere atte a regolarizzare le acque che confluivano nel torrente Canne dagli impluvi a monte ed a valle della S. P. 35 ed inoltre: - il ripristino del tracciato stradale; - il consolidamento del sottostante versante in sinistra idraulica; - la realizzazione di opere idrauliche. Nell’ambito delle attività di cui all’OPCM 3815/09, la struttura Commissariale ha pianificato la messa in sicurezza della frana, la ricostruzione del tratto di strada franato e la sistemazione idraulica della porzione del torrente Canne nel tratto a monte della SP 35. Tuttavia, a seguito del tavolo tecnico ove è stato illustrato il progetto alla struttura commissariale OPCM 3815, tenuto il 27 aprile 2010 presso il Dipartimento Regionale di Protezione Civile, è stato stabilito, dalla stessa struttura commissariale, di limitare l’intervento proposto dalla Provincia Regionale di Messina, per il costo elevato, alla ricostruzione del corpo stradale della SP. 35 di Pezzolo franato, al consolidamento delle scarpate a monte della strada provinciale nel tratto d’intervento ed alla sistemazione idraulica del Vallone Canne nel tratto a monte della SP 35 di Pezzolo.

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La struttura Commissariale ha deciso invece di affidare il consolidamento dei versanti in sinistra e destra idraulica del Vallone Canne al di sotto della strada provinciale 35, e la sistemazione del

restante tratto dello stesso vallone Canne all’intervento proposto dal Consorzio per le Autostrade Siciliane, in ragione della maggiore economicità dell’intervento.

a) b)

c) d)

Figura 1. Foto relative all’evoluzione del dissesto sulla SP 35 di Pezzolo (Me): a) innesco frana; b) sviluppo frana; c) dopo lo smottamento; d) dopo la demolizione edifico pericolante

Per tale motivo è stato predisposto un ulteriore

progetto – stralciato dal precedente – ove sono state eliminate le paratie tirantate e le gabbionate su berlinesi, a valle della strada, previste per il consolidamento del versante in sinistra idraulica del torrente Canne. Il piano viabile, del nuovo tracciato stradale – avente identica collocazione plano–altimetrica, rispetto alla precedente proposta progettuale, ha sviluppo longitudinale di circa 120.00 metri, con pendenze non superiore al 7% e con sezioni trasversali adeguatamente sagomate per assicurare il corretto convogliamento delle acque meteoriche nelle cunette laterali e nelle opere idrauliche a servizio della strada. Nell’ambito del progetto sono stati

considerati anche i seguenti lavori: - la realizzazione del corpo stradale compresa la sistemazione delle pendenze trasversali del piano viabile per un corretto e rapido smaltimento delle acque meteoriche verso i canali di scolo o i tombini; - la segnaletica orizzontale e verticale; - il miglioramento delle protezioni a valle attraverso la realizzazione di parapetti di delimitazione della sede stradale; - la bonifica di versanti, a monte della strada, attraverso il disgaggio di elementi lapidei pericolanti e/o altamente fratturati; la realizzazione di opere atte a contenere i detriti provenienti da monte; la collocazione di reti paramassi in fune d'acciaio; - la sistemazione delle aste degli impluvio a monte della S. P. 35.

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2. INQUADRAMENTO GEOGRAFICO E GEOMORFOLOGICO DELLA ZONA

L’area interessata dal dissesto è rappresentata

nell’ambito della Tavoletta “Scaletta Zanclea” III° SO del F. 254 della Carta d’Italia edita dall’Istituto Geografico Militare Italiano, scala 1: 25.000 (vedi

Fig.2). Più in particolare, il sito resta localizzato lungo la SP 35 di Pezzolo, in località San Placido, al Km. 1 + 600 circa, ove si è prevista la ricostruzione del tratto della SP 35 franato, nonché la realizzazione di opere per la raccolta e la sistemazione idraulica e consolidamento versanti nella parte a monte della SP 35 in quel tratto.

Figura 2. Inquadramento della zona interessata dalla frana

L'area si inquadra geograficamente nella parte occidentale della catena dei Monti Peloritani costituta da un basamento metamorfico e coperture sedimentarie che, insieme con altre unità litostratigrafiche costituiscono l'Arco Calabro - Peloritano segmento della catena Appennino - Magrebide. Le formazioni affioranti nell’area in esame sono costituite prevalentemente da rocce scistoso-cristalline di medio - alto grado metamorfico afferenti all’Unità dell’Aspromonte e

subordinatamente da depositi sedimentari di copertura (vedi Fig. 3 per la carta geologica). Questa formazione che caratterizza la maggior parte dell’area in esame, costituisce il substrato delle zone in frana e si presenta intensamente fratturata, disarticolata e marcatamente alterata con livelli ed orizzonti argillificati come chiaramente evidenziato dai risultati dei sondaggi geognostici.

Figura 3. Carta geologica e localizzazione frana

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Da un punto di vista geomorfologico il dissesto che ha interessato la SP 35 di Pezzolo al Km. 1 + 600 circa (mostrato in alcune forme in cui si è manifestato in Fig. 4), si inserisce in un compluvio minore, Vallone Canne, che defluisce direttamente a mare e rimane compreso tra il

Torrente San Paolo a sud ed il Torrente Briga a nord lungo un versante che presenta valori di acclività elevati drenando un bacino idrografico di limitata estensione in cui confluiscono anche parte delle acque meteoriche raccolte dalla strada provinciale.

a) b)

c) d)

Figura 4 – Zone soggette a smottamenti in prossimità della SP 135 Pezzolo: a) ciglio della strada; b)

terreno a monte strada; c) scalzamento sotto le serre; d) scalzamento sotto il traliccio Enel.

Il dissesto può essere classificato come la riattivazione di una frana complessa, a superfici di scorrimento multiple, che associa scivolamenti roto-traslazionali nella parte medio - alta a scivolamenti e colate detritiche nella porzione inferiore del versante. La causa principale di questo fenomeno di dissesto va ricercata nelle caratteristiche geologiche del versante entro cui si è sviluppato, ovvero nella sovrapposizione di estese coperture detritiche su paragneiss da marcatamente a moderatamente alterati, appartenenti all’Unità dell’Aspromonte, con grado di tettonizzazione molto intenso.

Da un punto di vista idrogeologico il trasferimento del carico idrico avviene presumibilmente nella fascia al contatto tra copertura detritica e substrato metamorfico alterato che si configura come soglia di permeabilità in corrispondenza della quale si ritiene possa collocarsi una delle superfici di scorrimento di frana e dove possono manifestarsi sorgenti a carattere temporaneo. La profondità di scorrimento del fenomeno principale, da un’analisi comparata dei dati morfometrici e delle indagini geognostiche, in questa prima fase, è stata stimata tra gli 8,00 mt e 10,00 mt. di profondità. E’

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stata quindi condotta una campagna di indagini geognostiche, finalizzata: alla valutazione della cinematica del movimento con l’istallazione di inclinometri; alla definizione delle proprietà dei terreni coinvolti e le loro relazioni geometriche; al monitoraggio dell’eventuale falda attraverso l’istallazione di piezometri. Nonché allo svolgimento di una campagna di indagini sismiche speditive al fine di valutare il probabile andamento del substrato e le volumetrie coinvolte nel movimento, da considerare poi nella valutazione degli interventi di progetto. 3. CARATTERIZZAZIONE

GEOTECNICA DEI TERRENI

In questo paragrafo si riportano i risultati elaborati dal consulente geotecnico dell’opera. La campagna di indagini geologica condotta ha previsto cinque sondaggi geognostici a carotaggio continuo con profondità compresa tra i 30 e i 40 m. Dall’esame delle stratigrafie si evidenzia un primo strato detritico superficiale con spessore compreso tra i 2 e gli 8 metri circa. Al di sotto della copertura detritica si rinvengono le metamorfiti alterate e quindi i paragneiss biotitico-muscovitici. Le metareniti alterate hanno spessori compresi tra i 5 e i 17 m circa. In un sondaggio eseguito l’uso di un tubo piezometrico ha permesso di appurare che, almeno nel periodo di osservazione, il livello dell’acqua è posto ad una profondità di 21.20 m dal p.c. Per la caratterizzazione geomeccanica dei terreni sono state eseguite una serie di prove di laboratorio su quattro campioni disturbati, prelevati in corrispondenza del movimento franoso che ha interrotto la strada SP 35 per Pezzolo. In particolare sul primo sondaggio sono stati prelevati due campioni alla profondità di 11.50 – 12.00 m e alla profondità di 13.40 – 14.00 m. Dal secondo sondaggio sono stati prelevati due campioni alla profondità di 9.00 – 9.60 m e alla profondità di 3.50 – 4.00 m. Su tutti i campioni sono state eseguite prove di classificazione e prove di taglio diretto per una caratterizzazione geomeccanica dei terreni. Il primo campione da un punto di vista granulometrico risulta essere una sabbia con ghiaia-limosa-argillosa. Il secondo risulta essere una ghiaia sabbiosa-limosa. Il terzo una sabbia ghiaiosa-limosa. Il campione quarto una sabbia con ghiaia - limosa. Il peso dell’unità di volume, valutato per i campioni analizzati, è variabile tra 21.6 – 23.5 kN/m3.

Per la determinazione dei parametri di resistenza meccanica sono state eseguite prove di taglio diretto. Per il secondo campione è stata eseguita anche una prova di taglio diretto con la determinazione della resistenza residua. Tali prove hanno permesso di stimare i valori

caratteristici dell’angolo di resistenza al taglio in termini di resistenza efficaci. La valutazione del valore caratteristico dell’angolo di resistenza al taglio è stata eseguita separatamente per i campioni prelevati dal sondaggio S1 e per i campioni prelevati dal sondaggio S2, ciò anche in dipendenza della differente profondità di prelievo dei campioni stessi. Sulla base dei rapporti tra resistenza a taglio e tensione normale applicata calcolata il valor medio di sei determinazioni e lo scarto quadratico medio è stato possibile ricavare il valore caratteristico dell’angolo di attrito pari a 33.28° . Tale valore, valutata la profondità di prelievo, può essere considerato rappresentativo dell’angolo di attrito del terreno costituente il terrapieno a tergo dei muri di sostegno previsti in progetto. Per quanto riguarda il peso dell’unità di volume, relativamente al terreno costituente il terrapieno a tergo del muro si assumerà γ = 22 kN/m3 corrispondente al valore massimo determinato in laboratorio per i campioni del sondaggio S2. Dalla prova di taglio diretto ai lunghi scorrimenti condotta per determinare le caratteristiche meccaniche allo stato residuo si ottiene che l’angolo di attrito caratteristico 29.88°. Tale valore considerata la profondità di riferimento può essere considerato il valore caratteristico di riferimento per le verifiche di stabilità da svolgere nel corpo di frana, al fine di verificare l’idoneità delle opere di intervento progettate per la stabilizzazione del pendio. 4. OPERE STRUTTURALI E

PRINCIPALI VERIFICHE

Nella relazione di consulenza geotecnica è stato rilevato che il movimento franoso ha interessato, almeno nella sua parte più manifesta, il muro di sostegno sul quale correva la sede stradale. Il crollo del muro (vedi Fig. 5) è attribuibile ad una serie di cause tra le quali: - l’insufficiente fondazione dell’opera di sostegno e le caratteristiche meccaniche dei terreni di fondazione del muro; - l’effetto di richiamo del movimento franoso avvenuto a valle del muro medesimo; - l’elevato regime di pressioni interstiziali che ha ridotto gli stati tensionali efficaci e conseguentemente la resistenza dei terreni più superficiali costituenti la coltre detritica. Tra gli interventi suggeriti dal consulente geotecnico vi è la lieve modifica del tracciato stradale, che porta la sede stradale più a monte rispetto alla sua posizione originaria ed esclusivamente nel tratto in frana. Questo ha consentito di realizzare il nuovo muro in c.a., a sostegno della nuova sede stradale, fondato su pali che si attesta sul substrato roccioso di base che, anche se alterato, presenta caratteristiche meccaniche certamente

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superiori rispetto a quelle relative alla coltre superficiale.

Figura 5. Dissesto sul muro di sostegno della strada

Il muro di sostegno di altezza fino a 8 metri è stato fondato su pali di fondazione trivellati del diametro 0.80 m di lunghezza 15 m sono, posti su 2 file con distanza tra le due file pari a 2.80 m e interasse tra i pali di ciascuna fila pari a 2.40 m. Inoltre si è prevista una fila di tiranti da 30 t (2 trefoli) per contenere le spinte laterali sui pali e conseguentemente ridurre le caratteristiche di sollecitazione sui pali. L’interasse tra gli ancoraggi è stato scelto di m 3,00. Tali tiranti sono stati posti a 2 metri al di sotto della testa del muro, con un’inclinazione di 10° rispetto all’orizzontale. Si sono previsti anche dreni suborizzontali, lunghi 20 m, da disporre ad interasse di m 4.80 per drenare e captare le acque presenti nel costone roccioso. La realizzazione del muro è stata preceduta dalla stabilizzazione del costone roccioso, previo disgaggio di eventuali massi instabili, e protezione

con rete in acciaio ad alta resistenza per tutta l’altezza del costone. Lo scavo per il piano di imposta della fondazione su pali è stato preventivamente protetto realizzando una cortina di pali, di lunghezza 15 m. Tale trattamento è servito al consolidamento della parete di scavo. Altre opere suggerite sono state la stabilizzazione della frana presso il traliccio ENEL che è stata stabilizzata con una gabbionata fondata su una piastra su pali idonea a garantire la stabilità del piede ed impedirne al tempo stesso l’erosione. Sempre il consulente geotecnico ha suggerito di adottare rivestimenti in parete con reti ad alta resistenza che sono stati realizzati lungo tutta la parete rocciosa interessata dal movimento e lungo il costone immediatamente seguente la tratta in frana. La rete metallica è stata resa solidale attraverso un sistema di ancoraggi eseguito con barre da 28 mm lunghi 4 m e disposte secondo una maglia 3 m x 3 m . Si è disposta sotto la rete una biostuoia in fibre di cocco che rappresenta un ottimo substrato di base per l’impianto spontaneo di specie arboree.

Gli interventi di progetto, definiti poi nei dettagli tra i progettisti della Provincia di Messina ed il consulente geotecnico, possono in definitiva essere riassunti nel: - alleggerimento idraulico del versante; - stabilizzazione del corpo di frana; -ricostruzione del corpo stradale. In particolare con riferimento alla planimetria di Fig. 6 sono state definite le seguenti tipologie di opere di contenimento: - a valle della strada franata si è previsto un muro in c.a. su pali e tiranti dell’altezza variabile diviso in tre tratti da 4, 6 e 8 m di altezza oltre fondazione (vedi Fig. 7).

Figura 6. Disposizione planimetrica degli interventi

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Le fondazioni sono costituite da piattabanda su pali trivellati di lunghezza che come gia detto sono di lunghezza 15 m e diametro 0.80 m e sono posti su 2 file a quinconce con distanza tra le due file pari a 2.40 m e interasse tra i pali di ciascuna fila pari a 2.40 m

Figura 7. Muro di sostegno tipo

E’ stata prevista altresì una fila di tiranti passivi

da 45 t (3 trefoli) con interasse tra gli ancoraggi di m 3,00, posti 1,50 metri sopra la fondazione, lunghi m 35, di cui m 20 di bulbo, con un’inclinazione di 10° rispetto all’orizzontale. Si sono adottati anche dreni suborizzontali, lunghi 20 m, da disporre ad interasse di m 4.80 per drenare e captare le acque presenti nel costone roccioso. A valle del muro da m 4.00, si è prevista anche una paratia tirantata (vedi Fig. 8), con pali del diametro di cm 80 ed interasse di cm 100, dell’altezza complessiva di m 15, di cui m 5 fuori terra e m 10 di infissione, con tiranti a tre trefoli da 0.6”, ad interasse di m 2, lunghi m 30, di cui m 15 di bulbo, pretensionati a 45 t.

Figura 8. Paratia su pali a sostegno del terrapieno

In corrispondenza delle serre si è previsto un

muro in c.a. su pali e tiranti dello stesso tipo di quello previsto per la strada. In corrispondenza del traliccio Enel si è prevista una paratia berlinese, con pali trivellati di lunghezza 10 m e del diametro 0.30 m, posti su 2 file a quinconce con distanza tra le due file pari a 0.60 m e

interasse tra i pali di ciascuna fila pari a 0.60 m, con soprastante fila di gabbioni dell’altezza di m 1. Per i muri tirantati si sono utilizzati tiranti di acciaio armonico costituiti da trefoli con sacco otturatore e tubicini per l'iniezione protetto con guaina in materiali vinilici.

Per gli ancoraggi si é scelta la soluzione di tiranti attrezzati come tipi passivi con diametro perforazione 120 mm e diametro del bulbo di 300 mm. Le modalità esecutive per l’applicazione dei tiranti sono state articolate nelle seguenti fasi: - perforazione a rotazione e/o rotocompressione a distruzione a secco con spurgo ad aria; - collocazione nel foro già trivellato di tubi in PVC avente funzione sia di elemento protettivo che di iniettore della miscela liquida sigillante. La parte inferiore del tubo è stata disseminata di fori, provvisti di valvole speciali di non ritorno ad interasse di cm 50; - iniezione a bassa pressione di miscela cementizia che va ad occupare lo spazio compreso tra le pareti del foro e la superficie esterna del tubo. Detta operazione comunemente chiamata "formazione della guaina" ha lo scopo di impedire il reflui mento verticale delle miscele che vengono successivamente iniettate ad alta pressione e far risalire in superficie i detriti di perforazione; - infissione dentro il foro di cavi in trefoli di acciaio armonico dopo che la "guaina" ha iniziato la presa, si procede alle iniezioni ad alta pressione delle miscele cementizie per la formazione del "bulbo", utilizzando in successione tutte le valvole a partire dalla più profonda. Le iniezioni ad alta pressione possono esaurirsi in una sola passata, oppure debbono essere ripetute sino al raggiungimento della pressione prefissata; - infine l'interno del tubo viene riempito di malta. Particolare cura è stata posta nella protezione delle teste dei tiranti, che sono state incapsulate in coperchi metallici preverniciati e riempiti di apposite sostanze protettive anticorrosione, ciò per evitare il degrado degli ancoraggi metallici sensibili alla ruggine.

Per il collegamento tiranti muro si è scelto di adottare testate multiple di ancoraggio dei trefoli ubicate sul paramento in elevazione del muro in c.a. La trasmissione dello sforzo avverrà tramite una adeguata armatura di frettaggio al fine di evitare concentrazioni locali di sforzi intensi e puntuali. Per una più efficace e sicura diffusione di tali sforzi infatti, si è adottato, intorno al tubo terminale, una spirale con tondini da 8 mm avente diametro e passo variabile. I tiranti sono composti da trefoli da 0.6" di acciaio armonico tipo 180/160 con sezione nominale trefolo di 1.387 cm2, carico minimo all'1% di allungamento di 22300 daN, carico di rottura a trazione 25000 daN, portata iniziale 18955 daN e portata in esercizio 15000 daN. I tiranti utilizzati saranno da 60 t, e costituiti da 4 trefoli e quelli da 45 t, costituiti da 3 trefoli.

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Per i tiranti della paratia tirantata si è adottata la stessa procedura impiegata per il muro su palii. Tra le azioni di progetto si sono previsti per il muro sottostante la strada un sovraccarico distribuito di 15000 daN/m2 posto a 5.40 m di distanza dal paramento. Per la berlinese sotto il traliccio un sovraccarico di 2000 daN/m2 a distanza nulla dal paramento ed infine per il muro di sostegno sotto le serre si è considerato che l’effetto di un capannone ad una elevazione posto a distanza minima dal muro di m 2 è equivalente ad sovraccarico distribuito di 2200 daN/m2. Oltre al calcolo strutturale dei muri qui non riportato per

brevità si è proceduto ad una verifica di stabilità del pendio tenendo conto dell’esistenza dei manufatti e dei sovraccarichi in prossimità del ciglio del pendio. Fra le varie superfici di scorrimento cinematicamente possibili, sono state ricercate quelle alle quali corrispondono coefficienti di sicurezza più bassi. Si è fatto riferimento alla sezioni del versante geotecnicamente meno stabili, imponendo opportune maglie dei centri per la ricerca delle superfici di rottura, ottenendo valori dei coefficienti maggiori dell’unità come si evince dalla verifica allegata e mostrata in Fig. 9.

Figura 9. Risultati della verifica di stabilità del pendio

Le opere in c.a. sono state supportate da una sistemazione idraulica del territorio che ha previsto a valle delle serre e del traliccio Enel la disposizione di un materasso metallico e la

risagomatura del canale di raccolta delle acque. In Fig. 10 a) si mostra una foto della sistemazione idraulica con materasso metallico.

a) b)

Figura 10. Sistemazione dell’alveo con materassi metallici e reti paramassi

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Le acque così raccolte attraversano con un tubo in lamiera ondulata la strada e trovano sfogo a valle della stessa raccordandosi con l’impluvio naturale che a sua volta scarica nel tratto sistemato con terrazzamenti (Vedi Fig. 10 b)). 5. PROVE DI COLLAUDO

Le prove di collaudo sono state indirizzate principalmente ad accertare la qualità e la conformità dei materiali ed a verificare il regolare comportamento in esercizio delle strutture in c.a. Durante le piogge dell’anno 2011-2012 le opere di sistemazione idraulica hanno mostrato un corretto funzionamento consentendo lo smaltimento delle acque meteoriche e non mostrando segni di dissesto o di affaticamento.

Per le strutture in c.a. le prove più significative sono state quelle di carico sui pali che hanno accertato la capacità portante degli stessi e che qui sintetizzano.

La prova di carico è stata eseguita utilizzando l’attrezzatura mostrata in Fig. 11 che consiste in: - una traversa rigida in acciaio che è stata resa solidale a due pali di estremità; due martinetti ed un comparatore millesimale. I due martinetti sono stati interposti tra la mezzeria della traversa di acciaio e la testa del palo centrale che è testato in compressione (vedi Fig. 12).

Figura 11. Attrezzatura utilizzata per la prova di carico

La traversa ed i due pali di estremità costituiscono il contrasto ed offrono le reazioni necessarie per l’equilibrio del sistema durante la prova. In mezzeria della traversa ed in particolare tra il palo ed il martinetto si è interposto un comparatore millesimale per la registrazione dei cedimenti. Il caricamento è avvenuto in due fasi successive (ciascuno con carico e scarico) per step successivi e con interposizione per ogni step di intervalli di tempo tali da consentire gli assestamenti del sistema sotto carico. Il primo step si è fermato al carico di esercizio ed il secondo si è spinto fino a 1.5 volte il carico di

esercizio. Al massimo carico si è operato uno scarico per la misura delle deformazioni residue.

Figura 12. Doppi martinetti per l’applicazione del carico.

Dall’esame della risposta (mostrato in Fig. 13 in termini di curve carico-cedimento) si rileva che il comportamento del complesso palo-terreno è pressoché elastico lineare fino al raggiungimento del carico di prova. Allo scarico le deformazioni residue risultano trascurabili e ciò a conferma del buon funzionamento del complesso.

Figura 13. Diagramma forza spostamento (P-d) del complesso palo-terreno 6. RINGRAZIAMENTI Questo lavoro ha beneficiato del materiale messo a disposizione dalla protezione civile, e dei progettisti. Contatti con gli autori: Campione Giuseppe: [email protected]

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STUDIO DEL COMPORTAMENTO STRUTTURALE DI ARCHI E

VOLTE IN MURATURA MEDIANTE PROVE STATICHE E

DINAMICHE IN SITU E CONFRONTO CON ANALISI

AGLI ELEMENTI FINITI

CLAUDIO MAZZOTTI, Università di Bologna MARCO BOVO, Università di Bologna

MARCO SAVOIA, Università di Bologna SUMMARY

Recent seismic events showed the dramatic need, especially in case of historical and existing buildings, of important strengthening activities to be carried out. In order to properly design them, a careful assessment of real structural behaviour and load-carrying capacity of these buildings is strongly required. This is particularly important when dealing with constructions made of heterogeneous materials like masonry or stonework, where often conventional analysis techniques do not behave satisfactorily. The behaviour of historic stonework, in fact, depends from geometry of structure, geometry and strength of stone, boundary conditions and interface law between mortar and stone. In this perspective, experimental activities are also necessary.

This paper presents the first results of an extensive experimental and numerical investigation on historical stone arches and vaults. A series of in-situ tests were carried out on different types of stone arches belonging to a large building of the XIX century, with the purpose of investigating their mechanical response and obtaining the structural behaviour of stonework under different types of in-plane loads. The arches were tested with symmetric static and dynamic load and then with asymmetric static load, in order to evaluate the stiffness and frequencies of vibration of the structure. A number of reconstructed stonework walls were also tested under compression in order to define the stone masonry compressive strength. The experimental structural results were compared with the numerical solutions obtained by a detailed finite element model. Numerical linear and non-linear FE analyses were conducted in order to reproduce the experimental tests and analyze the interaction between series of arches that are linked by cross vault or tunnel vault. Finally,

nonlinear analyses with vertical and horizontal loads were carried out with the scope of simulating the seismic effect and to verify the behaviour of this type of vaulted structures under one direction in-plane loads. In these numerical simulations the modeling of the non-linear material behaviour is carried out on macro-level.

Parole chiave: arco, muratura storica, analisi

non lineari, test sperimentali, volte a crociera. 1. INTRODUZIONE

La muratura è il materiale con cui è realizzato la maggior parte del patrimonio edilizio italiano. Il pregio di tale materiale da costruzione risiede principalmente nel fatto che, essendo realizzato blocco su blocco e quasi interamente a mano, consente una estrema versatilità di posa accompagnata da una buona velocità di realizzazione. Tale sistema costruttivo, come dimostrano gli edifici storici in muratura arrivati fino ad oggi, risulta essere inoltre un sistema assai flessibile e adattabile composto da uno scheletro più rigido, i blocchi, e da un legante più deformabile, la malta. Tale peculiarità è di notevole importanza soprattutto se si pensa alla capacità deformativa richiesta da un evento sismico [1]. Inoltre, per poter proporre un intervento di consolidamento e miglioramento che sia efficace, occorre conoscere quali sono le reali capacità della struttura sia in termini di resistenza, e quindi di capacità portante, che di duttilità e quindi di capacità deformativa. A questo scopo è orientato il presente lavoro che, partendo da una serie di prove sperimentali in situ e in laboratorio mira a valutare e ad interpretare il comportamento strutturale di una serie di archi in pietra collegati da volte in mattoni costituenti un esteso complesso situato a Trieste e conosciuto con il nome di magazzini “ex-Silos”. Tale complesso realizzato nel XIX Secolo e adibito in passato a magazzino di raccolta e stiva delle granaglie, risulta essere in pessimo stato di conservazione e in avanzato stato di degrado. In attuazione al progetto di ristrutturazione degli edifici e di riqualificazione dell’area, si sono realizzate una serie di prove di carico e di test sperimentali al fine di valutare la reale situazione delle strutture e poter dare un giudizio sulla sicurezza dell’opera. Modelli numerici agli elementi finiti sono stati poi messi a punto, con lo scopo di interpretare le prove sperimentali e studiare l’interazione tra un arco e l’altro. Per mezzo degli stessi modelli, si sono realizzate infine delle analisi non lineari allo scopo di stimare la reale capacità deformativa degli archi stessi per carichi orizzontali.

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2. LA STRUTTURA E LA SUA STORIA

I magazzini merci, ora generalmente denominati “Silos”, sono costituiti da due corpi di fabbrica paralleli di 250 m x 28 m ciascuno, realizzati su due piani, in muratura di pietra arenaria istriana e con archi su ciascuna delle quattro facciate rinascimentali. Fin dalla loro realizzazione risalente agli anni 1850 circa, i piani inferiori dei due magazzini merci fungevano da magazzini doganali. Una serie di elevatori idraulici consentiva il passaggio delle merci da un piano all’altro. In testa ai due magazzini merci, al posto del piccolo corpo che serviva all’amministrazione, venne costruito nel 1865, su progetto dell’ingegner Gustav Lahn, un fabbricato trasversale a tre piani denominato “Silos” che si allunga di una cinquantina di metri e che si distingue dalla costruzione precedente per avere le finestre rettangolari anziché ad arco e un grande frontone sulla facciata con un rosone al centro. Con l’abolizione del porto franco avvenuta nel 1891, l’edificio cessa di essere destinato alla dogana e di conseguenza diminuisce la sua importanza. Contemporaneamente, l’allestimento dei silos granari nei grandi magazzini del nuovo porto appena sorto, anche i silos del magazzino merci della stazione diventano superati e vengono progressivamente abbandonati. Adibiti dopo il primo dopoguerra a generici depositi, serviranno da posto di ristoro e smistamento al fronte delle truppe durante la seconda guerra mondiale. Il complesso è stato vincolato a bene ambientale nel 1968. Nel 1975 il Piano Particolareggiato del centro storico ipotizza per l’intero complesso una destinazione a terminal di una linea metropolitana e delle autocorriere, oltre che a parcheggio autovetture. La risistemazione e trasformazione della sola testata dell’ex-Silos si concretizza negli anni 1986-89 con la realizzazione del progetto degli architetti Luciano Semerani e Gigetta Tamaro. 3. RILIEVO GEOMETRICO

Prima di procedere alla realizzazione delle prove sperimentali si è proceduto a realizzare un rilievo geometrico dei manufatti oggetto di studio. Da tale rielievo si è potuto evincere che il complesso si sviluppa con due edifici di caratteristiche geometriche e strutturali simili, con dimensioni planimetriche di 250 m per 27-28 m, disposti parallelamente, con un cortile interno di lunghezza analoga e di larghezza circa 27 m [2]. In altezza gli edifici si sviluppano su due livelli fino

ad un altezza di circa 17-18 m in gronda e 21 m al colmo della copertura. La struttura portante il primo orizzontamento, è stata realizzata con muri portanti perimetrali e pilastri interni disposti in mezzeria ad un interasse regolare di circa 6,50 m con soprastante un arco. Ai piani superiori la struttura portante è come quella al piano inferiore, con pilastri di spina in muratura di dimensioni inferiori portanti le capriate in legno di copertura. Le strutture murarie portanti verticali sono in pietra calcarea carsica squadrata, con giunti realizzati in malta di calce povera, inoltre in facciata sia esternamente che sul cortile interno sono presenti delle lesene di rinforzo dei muri stessi realizzate sempre con conci di pietra. Lo spessore delle murature perimetrali esterne al piano terra è di circa 1.60 m. Su entrambi gli edifici al primo livello, a quota circa di 8 m dal piano campagna, è presente un solaio con struttura a volte. Questo solaio è portato dagli archi disposti trasversalmente all’edificio, dall’arco centrale e dalle murature laterali di facciata. Gli archi centrali hanno una luce libera di circa 5 m con una sezione fortemente ribassata e con base pari alla dimensione dei pilastri che collegano pari a circa 2 m. Gli archi disposti trasversalmente agli edifici invece, presentano un interasse di circa 6.5 m, luce variabile di 10 - 11 m, altezza in chiave tra 6 e 6.5 m, con quota d’imposta che varia tra 2 e 2.5 m. Realizzati con conci di pietra squadrata disposti in modo regolare e con minimi giunti con interposta malta di calce, conferiscono notevole rigidezza alla struttura collegando longitudinalmente tutti i pilastri di spina e portando le volte e i solai sovrastanti. Gli archi così realizzati hanno una forte capacità portante, sono in buone condizioni di conservazione, i minimi giunti tra le pietre non hanno portato a dilavamenti e a cedimenti di vistose dimensioni. Le volte sono in muratura di laterizio ed hanno uno spessore costante di circa 40 - 45 cm e risultano intonacate sia all’intradosso che all’estradosso. Presentano una geometria a botte, ad esclusione delle ultime tre campate per ogni edificio, dove sono presenti volte a crociera. I mattoni pieni utilizzati per la loro realizzazione hanno elevate caratteristiche meccaniche, buona cottura, e sono interposti a giunti in malta di calce di buona consistenza. Al primo piano le volte portano il carico del solaio realizzato con travi di legno, disposte ad interasse di circa 1 m, che appoggiano su frenelli centrali alla volta e sulla muratura disposta sull’arco. Le travi in legno portano un assito e una sovrastante caldana in malta di calce e cemento o direttamente il battuto in calcestruzzo.

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4. CAMPAGNA SPERIMENTALE

Terminata l’acquisizione geometrica dell’opera, si sono progettate le prove di carico. Non potendo testare tutti gli archi trasversali a causa delle estese dimensioni dell’edificio, sono state individuate quattro tipologie, con lo scopo di avere dei modelli rappresentativi di ciascun arco della struttura. Si può riconoscere infatti, nonostante le numerose eterogeneità di degrado e di geometria, una buona uniformità costruttiva che accomuna ciascun arco ad uno dei quattro testati. Si riporta in figura 1 una pianta dell’intero edificio con evidenziati gli archi testati. Al fine di determinare le caratteristiche meccaniche delle murature perimetrali, sono state eseguite dal Laboratorio LISG dell’Università di Bologna, una serie di prove di compressione su porzioni di muratura. Una prima prova è stata eseguita in situ, tre sono state eseguite presso il laboratorio su campioni di 60 x 60 x H = 130 cm estratti da differenti pannelli murari, mentre ulteriori due campioni sono stati ricostruiti e testati in laboratorio [3] [4]. Si sono eseguiti poi, ulteriori prove di compressione, su cinque provini cilindrici ricavati mediante carotaggio in situ da altrettanti blocchi lapidei di muratura. Tali prove hanno permesso di stimare i parametri meccanici delle murature e dei blocchi di pietra sintetizzati in tabella 1 e tabella 2. Le prove di carico che si sono condotte in situ su quattro archi trasversali rappresentativi, sono state sostanzialmente di tre tipi: prova statica con carico simmetrico nel piano, prova statica con carico asimmetrico nel piano, prova dinamica. Le prove di tipo statico simmetrico sono consistite nell’applicare lentamente forze crescenti o cicliche in prossimità dei quarti di ciascun arco, mentre nelle prove asimmetriche, si è applicato il carico ad un solo

quarto. Per poter effettuare le prove di carico statico sugli archi è stato progettato un sistema di profili metallici grazie al quale è stato possibile sollecitare la struttura tirandola dal basso vista l’impossibilità di applicare il carico dall’estradosso degli archi. Durante le prove di carico si sono monitorati gli spostamenti in alcuni punti ritenuti rappresentativi e sufficienti a stabilire il tipo di deformata mostrata dall’arco stesso. La configurazione degli strumenti monitorati durante le prove, è rappresentata in figura 2. Per il monitoraggio degli spostamenti verticali della linea d’asse di ciascun arco si è impiegato un livello ottico di precisione della Wild con sensibilità di 0.01 mm e delle stadie graduate per le letture. Sono stati utilizzati sei trasduttori di spostamento induttivi (LVDT - Linear Variable Differential Transformer) della HBM con sensibilità di 0.001 mm e un trasduttore di spostamento a filo per la lettura degli abbassamenti nella mezzeria dell’arco a conferma di quanto trovato con le letture al livello ottico. Sono state condotte inoltre prove di carico dinamico al fine di stimare le frequenze di vibrazione degli archi. Per la realizzazione di queste ultime si è appeso un grave all’intradosso dell’arco mediante un filo metallico. Tale grave è stato poi rilasciato istantaneamente con il taglio del filo di collegamento. Si sono registrati mediante tre accelerometri piezoelettrici, disposti all’intradosso dell’arco, le accelerazioni esibite dalla struttura a seguito dell’impulso subito. La rielaborazione dei tre accelerogrammi registrati permette di calcolare le funzioni di densità spettrale del segnale, dalle quali è possibile stimare le frequenze proprie di vibrazione dell’arco eccitato. In figura 2 si possono distinguere in rosso i trasduttori induttivi (LVDT3 – LVDT8), in verde le stadie graduate (L1 – L5), in magenta il trasduttore a filo (T1) e in blu gli accelerometri (A6 – A8).

ARCO 1

LATO STAZIONE FERROVIARIA

LATO MARE

ARCO 2ARCO 3 ARCO 4

Figura 1. Pianta del piano terra dei magazzini “ex-Silos” con evidenziati gli archi testati.

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Provino

Tipo di provino

L

[mm]

B

[mm]

H

[mm] γγγγ

[kN/m 3]

Pu

[kN]

fcb

[MPa]

1 In-situ 400 460 820 - 494 2.68

2 Prelevato 623 641 1105 24.18 1613 4.04

3 Prelevato 657 634 1330 24.12 1554 3.73

4 Prelevato 655 620 1225 25.33 1044 2.57

5 Ricostruito 629 588 1165 26.49 1875 5.08

6 Ricostruito 595 604 1209 25.41 1662 4.63

Tabella 1. Dimensioni, densità, carico di rottura e resistenza a compressione dei campioni di muratura.

Campione n°

∅∅∅∅ [mm]

H [mm]

γγγγ [kN/m 3]

fcp [MPa]

fcp,media [MPa]

1 - 1 54.16 54.27 25.86 161.4

158.1 1 - 2 54.06 54.30 26.01 154.6

1 - 3 54.40 54.18 25.68 158.3

2 - 1 54.46 54.10 25.54 156.2

160.2 2 - 2 54.34 53.81 25.75 166.2

2 - 3 54.19 54.19 25.67 158.2

3 - 1 54.32 54.25 24.81 102.0

94.4 3 - 2 54.13 54.10 24.76 91.6

3 - 3 54.12 53.88 24.74 89.5

4 - 1 54.22 54.27 25.64 134.2

137.2 4 - 2 54.19 53.25 25.69 130.1

4 - 3 54.24 53.63 25.46 147.3

5 - 1 54.51 54.55 25.11 133.6 152.8

5 - 2 54.28 54.44 25.56 172.0

Tabella 2. Codice identificativo, diametro, altezza, densità, resistenza a compressione dei campioni cilindrici di pietra estratti mediante carotaggio.

Si riporta in tabella 3 un elenco sintetico delle prove condotte per ciascun arco con indicati i massimi carichi raggiunti durante le prove statiche, il peso del grave rilasciato durante le prove dinamiche e le prime due frequenze naturali individuate dalla rielaborazione degli accelerogrammi registrati. Si riportano a titolo di esempio i risultati delle prove realizzate sull’arco 4, considerando che, gli andamenti per gli altri archi sono del tutto analoghi anche se abbastanza diversi in alcuni valori.

Si riportano dapprima i risultati ottenuti dalla prova di carico statico simmetrico. In figura 3, viene mostrato l’andamento della deformata della linea d’asse dell’arco misurata tramite le stadie L1 – L5 per tre valori di carico ( 150 kN , 250 kN e 350 kN). Si riporta in figura 4 l’andamento delle

deformazioni calcolate dagli spostamenti degli LVDT 3 e 4 posizionati orizzontalmente sulle due facce nella mezzeria dell’arco. E’ lecito assumere che la deformazione reale sia più vicina al valore medio dei due valori registrati. I grafici della prova di carico statico asimmetrico mostrano come il carico decentrato sposti il valore massimo della freccia verticale in corrispondenza del quarto caricato (figura 5). Si nota inoltre come le deformazioni orizzontali siano molto più basse rispetto al caso simmetrico (figura 6). In figura 7 è riportato il confronto tra quanto misurato dalla stadia L3 di mezzeria dell’arco e il trasduttore a filo T1. Si può vedere come i risultati ottenuti dai due diversi strumenti siano in ottimo accordo. In figura 8, infine, si riporta l’andamento degli spostamenti orizzontali registrati al muro

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perimetrale e al pilastro di spina. Si nota come sotto un carico asimmetrico gli LVDT7 e LVDT8 abbiano rilevato uno spostamento orizzontale negativo per entrambi ciò a significare che il pilastro perimetrale si è avvicinato all’arco caricato mentre il pilastro di spina si è allontanato da esso seppur di 0.1 mm. Per quanto riguarda l’interpretazione della prova dinamica si riportano i tre grafici di densità spettrale dei segnali ottenuti dalla rielaborazione dei tre accelerogrammi registrati (figura 9). Si possono identificare con buona accuratezza le prime due frequenze proprie

dell’arco 4, assunte pari al valore medio dei tre picchi ottenuti dai grafici. Si sono ricavati valori di 15.0 Hz e 18.6 Hz per le prime due frequenze proprie.

Per gli altri tre archi testati si possono fare ragionamenti e considerazioni analoghe. Si riportano nel seguito, a titolo di confronto quelli che sono gli abbassamenti rilevati per i vari archi per prova di carico statico simmetrico (figura 10, figura 11, figura 12) e asimmetrico (figura 13, figura 14 e figura 15) per i tre valori di carico di P = 100 kN , 250 kN e 350 kN.

Arco

Carico massimo applicato nei test con

azione simmetrica [kN]

Carico massimo applicato nei test con

azione asimmetrica [kN]

Peso rilasciato nelle prove

dinamiche [kN]

f1

[Hz]

f2

[Hz]

1 250 --- 2.5 9.0 15.8

2 250 250 2.5 15.6 19.5

3 350 350 2.5 12.1 17.9

4 350 350 2.5 15.0 18.6

Tabella 3. Sintesi delle prove condotte per i vari archi selezionati.

Figura 2. Configurazione di strumenti utilizzati durante le prove

-0,25

0,00

0,25

0,50

0,75

1,00

1,25

1,50

1,75

2,00

2,25

0 0,25 0,5 0,75 1

Posizione x/L

Spos

tam

ento

ver

tica

le [

mm

]

150 kN250 kN350 kN

SPERIMENTALE NUMERICO

0

50

100

150

200

250

300

350

400

-50 0 50 100 150

Deformazione orizzontale [µεµεµεµε]

For

za [

kN]

LVDT3LVDT4MEDIA NUMERICA

Base LVDT3 = 450mm - Base LVDT4 = 435mm

Figura 3. Spostamento verticale dell’ arco 4 per carico statico simmetrico.

Figura 4. Deformazione orizzontale dell’ arco 4 per carico statico simmetrico.

P P P P

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-0,25

0,00

0,25

0,50

0,75

1,00

1,25

0 0,25 0,5 0,75 1Posizione x/L

Spos

tam

ento

ver

tica

le [

mm

]

150 kN250 kN350 kN

SPERIMENTALE NUMERICO

0

50

100

150

200

250

300

350

400

-20 -10 0 10 20 30Deformazione orizzontale [µεµεµεµε]

For

za [

kN]

LVDT3LVDT4MEDIANUMERICA

Base LVDT3 = 450mm - Base LVDT4 = 435mm

Figura 5. Spostamento verticale dell’ arco 4 per carico statico asimmetrico.

Figura 6. Deformazione orizzontale dell’ arco 4 per carico statico asimmetrico.

0

50

100

150

200

250

300

350

400

-0,5 0 0,5 1 1,5

Spostamento verticale [mm]

For

za [k

N]

TRASDUTTORE T1LIVELLO OTTICO L3NUMERICO

0

50

100

150

200

250

300

350

400

-0,15 -0,1 -0,05 0 0,05

Spostamento orizzontale [mm]

For

za [

kN]

LVDT7LVDT8

ARCO 4

Figura 7. Confronto dei risultati tra livello ottico e trasduttore a filo nella mezzeria dell’ arco 4.

Figura 8. Spostamento orizzontale del muro perimetrale e pilastro interno per carico statico asimmetrico.

0 10 20 30 40 50 60 700

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

Frequency (Hz)0 10 20 30 40 50 60 70

0

2

4

6

8

10

12

14

16

Frequency (Hz)0 10 20 30 40 50 60 70

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

Frequency (Hz) Figura 9. PSD di accelerogrammi misurati durante le prove dinamiche nell’arco 4.

I vari archi hanno dimostrato risultati analoghi e in buon accordo sotto caricamento simmetrico mostrando frecce comparabili e molto simili, mentre hanno mostrato risultati sensibilmente diversi nei valori ma con andamenti simili per carico asimmetrico. Tale evenienza era da attendersi in quanto i vari archi testati si trovano in

situazioni di degrado disomogenee, le dimensioni geometriche rilevate seppur molto simili sono alquanto eterogenee e localmente sono presenti situazioni molto diverse soprattutto con riguardo a tipologia di solaio di interpiano, tamponature o partizioni interne presenti, presenza o meno della copertura.

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-0,1

0

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

0 0,25 0,5 0,75 1

Posizione x/L

Spos

tam

ento

ver

tica

le [

mm

] ARCO 1ARCO 2ARCO 3ARCO 4NUMERICO

-0,25

0

0,25

0,5

0,75

1

1,25

1,5

0 0,25 0,5 0,75 1Posizione x/L

Spos

tam

ento

ver

tica

le [

mm

] ARCO 1ARCO 2ARCO 3ARCO 4NUMERICO

Figura 10. Confronto tra gli spostamenti verticali degli archi caricati simmetricamente con P = 100 kN.

Figura 11. Confronto tra gli spostamenti verticali degli archi caricati simmetricamente con P = 250 kN.

0

0,5

1

1,5

2

2,5

0 0,25 0,5 0,75 1

Posizione x/L

Spos

tam

ento

ver

tica

le [

mm

] ARCO 3ARCO 4NUMERICO

0

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

0 0,25 0,5 0,75 1

Posizione x/L

Spos

tam

ento

ver

tica

le [

mm

]

ARCO 2ARCO 3ARCO 4NUMERICO

Figura 12. Confronto tra gli spostamenti verticali degli archi caricati simmetricamente con P = 350 kN.

Figura 13. Confronto tra gli spostamenti verticali degli archi caricati asimmetricamente da 100 kN.

0

0,25

0,5

0,75

1

1,25

0 0,25 0,5 0,75 1Posizione x/L

Spos

tam

ento

ver

tica

le [

mm

]

ARCO 2ARCO 3ARCO 4NUMERICO

0

0,5

1

1,5

2

2,5

0 0,25 0,5 0,75 1Posizione x/L

Spos

tam

ento

ver

tica

le [

mm

]

ARCO 3ARCO 4NUMERICO

Figura 14. Confronto tra gli spostamenti verticali degli archi caricati asimmetricamente da 250 kN.

Figura 15. Confronto tra gli spostamenti verticali degli archi caricati asimmetricamente da 350 kN.

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5. ANALISI NUMERICHE

Al fine di validare la bontà dei risultati sperimentali ottenuti, si è realizzato un modello agli elementi finiti che riproducesse fedelmente la geometria dell’arco 4 analizzato in precedenza. Si è deciso di modellare la sezione trasversale dell’edificio lato stazione contenente l’arco suddetto. Al fine di indagare poi quale fosse l’interazione con l’arco precedente e successivo, si sono inseriti anche questi ultimi oltre alle volte a crociera che li connettono. Il modello così ottenuto è riportato in figura 16. Tale modello è realizzato complessivamente con 312833 elementi finiti tipo ”brick” a 6 e 8 nodi. Con tale modello si sono riprodotte dapprima analisi di tipo statico lineare che riproducessero le analisi sperimentali condotte (sia per carico simmetrico che asimmetrico). Per le analisi lineari si sono inseriti valori di E = 1800 MPa (modulo di elasticità longitudinale) e ν = 0.2 (modulo di Poisson). I risultati di tali analisi numeriche, sia in termini di spostamenti che di deformazione sono in buon

accordo con le analisi sperimentali condotte (vedi da figura 3 a figura 15) dimostrando quindi che il modello agli elementi finiti riesce a cogliere con buona approssimazione il comportamento stutturale della complessa geometria reale. Si sottolinea che, contrariamente a quanto visto sperimentalmente dagli LVDT7 e LVDT8, il modello agli elementi finiti prevede che le due sezioni di imposta dell’arco si allontanino dall’arco stesso sia per carico simmetrico che asimmetrico. Si è poi realizzato un’analisi modale del modello al fine di identificare le frequenze proprie stimate numericamente. Sebbene il modello sia solo un modello locale, e quindi limitato ad una porzione trasversale di edificio, la prima frequenza che eccita una considerevole massa in direzione verticale è risultata pari a f1,numerica = 12.7 Hz in buon accordo con quella calcolata via prove e pari a f1,sperimentale = 15 Hz (figura 17). Se si considera poi che il valore medio delle prime frequenze calcolate per i quattro archi è pari a f1,media = 12.9 Hz si vede come il modello possa essere ritenuto rappresentativo della serie di archi testati.

Figura 16. Modello agli elementi finiti utilizzato per lo studio del comportamento di archi e volte.

Figura 17. Forma modale del primo modo di vibrare che eccita verticalmente la struttura.

0

200

400

600

800

1000

0 10 20 30 40 50

Spostamento orizzontale punto B [mm]

Tag

lio a

lla b

ase

[kN

]

Spostamento B

Figura 18. Modello senza volte utilizzato per lo studio della rigidezza traslazionale trasversale.

Figura 19. Curva di capacità ricavata da analisi di pushover.

f1,numerica = 12.7 Hz

A

B

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Tabella. 4 Contributo delle volte alla rigidezza trasversale.

Al fine di valutare, seppur in maniera approssimata, la rigidezza nel piano del solaio a volte, si è condotto un’analisi statica lineare imponendo una forza agli archi centrali e vincolando il modello alla traslazione orizzontale solo agli archi di estremità. Si è condotto l’analisi con e senza volte (figura 18). I risultati dello spostamento ricavato nel punto di controllo A sono sintetizzati in tabella 4. Dall’elaborazione di tali spostamenti è possibile ricavare che la quota parte di rigidezza traslazionale trasversale che compete alle volte in muratura è pari al 79 % di quella dell’intera struttura. Tali elementi rivestono quindi per la struttura un ruolo fondamentale nel diffondere su più archi i carichi orizzontali. Al fine di stimare la duttilità del sistema archi-volte si è realizzata una analisi tipo pushover per carico orizzontale. In questa analisi il comportamento non lineare dei materiali è stato modellato usando un modello di danneggiamento diffuso con proprietà omogeneizzate per la muratura, ipotizzando un materiale continuo e isotropo [5]. Questo modello costitutivo è computazionalmente economico e consente di realizzare in tempi ragionevoli analisi non lineari di grosse strutture. Il criterio di snervamento adottato è quello della classica teoria di Mohr-Coulomb. Si sono assegnati i valori di 0.1 MPa per la coesione e di 21° per l’angolo di resistenza interno. Il criterio di collasso globale è stato identificato con il raggiungimento della massima tensione di compressione, assegnata pari a 4 MPa, su di un elemento. Dalla curva di figura 19 è possibile valutare la duttilità della struttura quando è sollecitata da carichi trasversali. 6. CONCLUSIONI

L’interpretazione delle prove sperimentali eseguite su quattro archi in pietra ha permesso di stimare e valutare le proprietà meccaniche e strutturali del sistema portante ad archi e volte dell’edificio in questione. Dalle prove statiche e dinamiche, è stato possibile inoltre calibrare un modello agli elementi finiti per riprodurre i test realizzati. Il buon accordo tra comportamento sperimentale e analisi numeriche conferma l’attendibilità dei risultati ottenuti. Con il modello predisposto si sono poi condotte analisi lineari e non-lineari per carichi orizzontali ricavando che le

volte giocano un ruolo fondamentale per la diffusione del carico e che il sistema resistente ai carichi orizzontali possiede una buona duttilità strutturale. 7. BIBLIOGRAFIA [[[[1]]]] V. MALLARDO, R. MALVEZZI, E.

MILANI, G. MILANI, (2008) “Seismic vulnerability of historical masonry buildings: A case study in Ferrara” Engineering Structures 30: 2223-2241.

[[[[2]]]] M. SAVOIA, R. CARLI, (2010) “L’utilizzo di tecniche di indagine soniche per la valutazione dell’efficacia dei consolidamenti nelle murature storiche.” 18st C.T.E. Congress. Brescia (Italy).

[[[[3]]]] C. V. UDAY VYVAS, B. V. VENKATARAMA REDDY, (2010) “Prediction of solid block masonry prism compressive strength using FE model.” Materials and Structures 43: 719-735.

[[[[4]]]] R. HAYEN, K. VAN BALEN, D. VAN GEMERT, (2009) “Triaxial interaction of natural stone, brick and mortar in masonry constructions.” 1st WTA International PhD Symposium. Leuven (Belgium).

[[[[5]]]] M. MISTLER C. BUTENWEG, K. MESKOURIS, (2006) “Modelling methods of historic masonry buildings under seismic excitation.” Journal of Seismology 10: 497-510.

8. RINGRAZIAMENTI

Gli autori ringraziano il Dipartimento della Protezione Civile – Presidenza del Consiglio dei Ministri (RELUIS 2010 – Task 2.3.1.) per il supporto economico. Contatti con gli autori: Claudio Mazzotti: [email protected] Marco Bovo: [email protected] Marco Savoia: [email protected]

Punto Spostamento in presenza delle volte δδδδA’ [mm]

Spostamento in assenza delle volte δ δ δ δA’’[mm]

Contributo delle volte (δδδδA’’ - δδδδA’) / δδδδA’’

A 0.12 0.56 78.5 %

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GLI ANCORAGGI FRA COLONNE IN ACCIAIO E

FONDAZIONI IN C.A.: COMPORTAMENTO

MECCANICO E INDICAZIONI PROGETTUALI

GIAN MICHELE GANCIA, Università di Genova ANDREA ORSATTI, PaulWurth Italia, Genova

SUMMARY

The behaviour of the joints connecting steel members with reinforced concrete one using anchor bolts based on stress transfer from steel to concrete is analysed.

With reference to the European Codes a Guide Line to verify the structural safety of the concrete anchor bolts is defined.

The joints are distinguished for cast-in-place anchors and for grouted anchors and also for the applied forces at which they are subjected.

In the following it is not specified nominal or allowable load values for individual anchor types, but it is defined an analysis criteria that conducts to a safe design of the steel-concrete joint pointing out the connection ductile or brittle behaviour too. Keywords: steel-concrete composite structure, joint, anchor bolt, design guide, stress transfer mechanism. 1. INTRODUZIONE

Il collegamento tra elementi strutturali in acciaio e elementi strutturali in cemento armato risulta generalmente delicato in quanto mette in contatto elementi strutturali realizzati con materiali con comportamento meccanico e caratteristiche di resistenza molto diverse. Tuttavia i criteri di progetto del giunto tra elementi in acciaio e in cemento armato sono stati oggetto di indagini specifiche orientate a disciplinare l’utilizzo degli ancoraggi metallici nelle strutture in c.a. delle centrali nucleari [01], [02], nella viabilità [03] o più in generale in elementi strutturali soggetti ad azioni sismiche [04]. Nel seguito, alla luce della Normativa Europea [05], [06] e [07], si cerca di definire le linee guida per verificare la sicurezza strutturale dei giunti delle strutture in carpenteria metallica con le strutture in cemento armato distinguendo gli

ancoraggi secondo la loro realizzazione, pre-annegati [Fig.1] o inghisati, malta neoplastica, con elementi di riscontro [Fig.2] , o lo stato di sollecitazione a cui sono sottoposti, forza di taglio o forza normale di trazione. Nello spirito del lavoro non si specificano valori di carico nominale o ammissibile riferito a particolari tipologie di ancoraggio, ma si definisce un criterio di analisi che porta al progetto del giunto acciaio-calcestruzzo permettendo di metterne anche in luce il comportamento duttile, quando la situazione limite è causata dallo snervamento o dalla rottura dell’acciaio, o fragile , quando la situazione limite è causata dalla rottura del calcestruzzo. Si lascia a un successivo lavoro definire la portata massima per determinate tipologie di ancoraggio con lo scopo di produrre una possibile normalizzazione. 2. ANCORAGGIO RESISTENTE A

TAGLIO

L’ancoraggio trasferisce la forza di taglio alla fondazione per contatto tra bullone di ancoraggio/tirafondo e conglomerato, per cui è necessario verificare la resistenza meccanica dell’acciaio del tirafondo e del conglomerato della fondazione.

Il tirafondo è soggetto a taglio puro o a taglio e flessione, qualora la sollecitazione agisca con “braccio di leva”, ossia eccentrica rispetto alla fondazione.

Il conglomerato è soggetto a schiacciamento locale e a taglio, che produce la rottura in prossimità dei bordi della fondazione.

Nel seguito si riportano le relazioni per determinare la portata massima dell’ancoraggio in relazione a ciascuno dei comportamenti meccanici a cui si è accennato.

Resistenza a Taglio dell’acciaio (EN 1993-1-1) La portata dell’ancoraggio è:

VRd= VRk,s/γMs

dove: γMs= coefficiente di sicurezza per l’acciaio≥ 1.15

suksRk AfV ⋅⋅= 5,0, [N]

AS = 44

3 2φπ ⋅⋅ , area a Taglio del tirafondo [mm2]

fuk = resistenza caratteristica dell’acciaio del tirafondo [N/mm2]

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Figura 1. Ancoraggi pre-annegati Figura 2. Ancoraggi inghisati

Resistenza alla rottura del conglomerato sul bordo (ETAG01 par. 5.2.3.4) La portata dell’ancoraggio è data da:

VRd= VRk,c/γMc [N] dove: γMc = coefficiente di sicurezza per il conglomerato ≥ 1.50

VucrVecVVhVsVc

VccRkcRk A

AVV ,,,,,0

,

,0,, ψψψψψ α ⋅⋅⋅⋅⋅⋅=

( ) 5.11,

2.0

0, 45.0 cf

HV cubeck

efcRk ⋅⋅

⋅⋅=

φφ

hef = lunghezza effettiva del tirafondo. =φ diametro del tirafondo.

fck,cube = resistenza caratteristica cubica del conglomerato (EN 1992-1-1: 2004)

0,VCA = 3c1 * 1.5c1

è l’area di conglomerato riferita al singolo ancoraggio senza l’influenza del bordo parallelo alla direzione della forza, dove c1 è la distanza dell’ancoraggio dal bordo della fondazione ortogonale alla sollecitazione.

VCA , = (c2+i/2) * 1.5c1

è l’area effettiva di conglomerato collaborante tenendo conto della presenza dei bordi, dove c2 è la distanza dell’ancoraggio dal bordo della fondazione parallelo alla sollecitazione. Stabilendo una distanza minima dal bordo

c1 = c2 ≥ 2dmin con dmin = (φe/2) + 50 mm

e un interasse minimo

i = imin = φe + 50 mm

risulta:

per c1=2dmin

min2

minmin0

, 1825.123 dddA VC =⋅⋅⋅=

per c1 = c2 = 2dmin

minminmin, 25.12

12 didA VC ⋅⋅

+⋅=

Nel caso in cui dmin ≤ c1 < 2dmin e dmin ≤ c2 < 2dmin risulta: per c1 = c2 = dmin (area ridotta)

minminmin, 5.12

1didA VC ⋅⋅

+=

ΨS,V = 15.1

3.07.01

2 ≤⋅

+c

c, coefficiente che

tiene in conto la riduzione della resistenza a Taglio del conglomerato dovuta all’influenza dei bordi nella distribuzione delle tensioni all’interno del conglomerato.

Ψh,V = 15.1 3

1

1 ≥

⋅h

c, coefficiente che tiene in

conto che la resistenza a Taglio non decresce proporzionalmente allo spessore della

fondazione, h, come assunto dal rapporto .0,

,

Vc

Vc

A

A

Ψα,V = 1.0 per 0° ≤ Vα ≤ 55°

Ψα,V=VV senαα ⋅+ 5.0cos

1 per 55° < Vα ≤ 90°

Ψα,V =2.0 per 90° < Vα ≤ 180°

coefficiente che tiene conto dell’angolo Vα tra la

direzione del carico applicato, VSd, e la direzione perpendicolare al lato libero dell’elemento in conglomerato.

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Ψec,V = 1.0 coefficiente che tiene conto dell’eccentricità del carico agente rispetto al baricentro degli ancoraggi. Dell’eccentricità se ne tiene conto al momento di determinare la sollecitazione di progetto VSd, naturalmente già moltiplicata per gli opportuni coefficienti di carico. Ψucr,V = 1.0, per ancoraggi in conglomerato

fessurato (sempre per ancoraggi tesi).

Coefficiente che tiene conto del fatto che il conglomerato possa o meno essere fessurato.

Resistenza a schiacciamento del conglomerato

Si considera la resistenza a schiacciamento locale del conglomerato su un’impronta di carico pari a 2Φ x 2Φ. La portata dell’ancoraggio è sempre:

VRd= VRk,c/γMc dove: γMc = coefficiente di sicurezza per il conglomerato ≥ 1.50

2,, 46.0 φ⋅⋅= cubeckcRk fV [N]

(5.10.2.2 EN 1992-1-1: 2004)

=φ diametro del tirafondo.

fck,cube = resistenza caratteristica cubica del conglomerato. (EN 1992-1-1: 2004)

3. ANCORAGGIO RESISTENTE A TRAZIONE

Gli ancoraggi sollecitati a trazione possono essere pre-annegati o inghisati nel getto senza riscontri oppure con riscontri, costituiti da piastre o traverse predisposte nel getto. Nel caso di assenza di riscontri la forza Normale sollecita il tirafondo a trazione pura, è trasferita per aderenza dal tirafondo alla malta reoplastica o dalla malta reoplastica al conglomerato della fondazione e il calcestruzzo dovrà resistere alla tensione tangenziale di aderenza indotta dalla forza di trazione. La portata dell’ancoraggio è data dal minimo dei valori ottenibili dalla resistenza a trazione del tirafondo, dalla resistenza per aderenza del

calcestruzzo, dalla resistenza del conglomerato per rottura “a cono” e/o per fenditura (splitting). Nel caso di presenza di riscontri, è necessario, invece, distinguere tirafondi pre-annegati nel getto insieme alle piastre di riscontro o tirafondi solidarizzati successivamente a riscontri pre-annegati nel getto. Se il tirafondo e il riscontro sono solidali e pre-annegati, il comportamento meccanico è analogo a quello dell’ancoraggio senza riscontri: il riscontro interviene a modificare la resistenza per aderenza e per rottura del conglomerato. Nel caso, invece, il riscontro sia pre-annegato nel getto e il tirafondo solidarizzato alla fondazione in un secondo tempo, la portata dell’ancoraggio dipende anche dalla resistenza di elementi (alette, martelli, ecc…) di completamento dell’ancoraggio. Nel seguito si evidenziano i diversi comportamenti meccanici e la procedura per determinarne la portata dell’ancoraggio. 3.1. ANCORAGGIO SENZA RISCONTRI Resistenza a trazione dell’acciaio La portata dell’ancoraggio è data da:

NRd= NRk,s/γMs dove: NRk,s = An fuk [N]

An = area di nocciolo del tirafondo [mm2]

fuk = resistenza caratteristica dell’acciaio del

tirafondo [N/mm2]

γMs = coefficiente di sicurezza dell’acciaio ≥ 1.15

Resistenza per aderenza acciaio/conglomerato (EN 1992-1-1:2004) La portata dell’ancoraggio è data da:

( )1

1

αφπ ⋅⋅⋅⋅= efbdRd HfN [N]

dove: Hef = lunghezza effettiva del tirafondo α1 = 1 per tirafondo diritto

0.7 per tirafondo con piegatura a gancio

fbd = tensione ultima di aderenza di progetto = 2.25 η1 η2 fctd [N/mm2] con: η1 = 0.7, coefficiente relativo alla efficienza dell’aderenza

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η2 = 1 per φ ≤ 32 mm (132-φ)/100 per 32 mm < φ ≤ 82 mm 0.5 per φ > 82 mm fctd = αct fctk,0.05/ γΜc, tensione di trazione di

progetto del calcestruzzo con: αct = 1, coefficiente che tiene conto degli effetti a lungo termine γΜc = 1.5, coefficiente di sicurezza del conglomerato fctk,0.05= tensione caratteristica a trazione del conglomerato Resistenza alla rottura a “cono” del conglomerato (par. 6.4.4 EN1992-1-1: 2005) La portata dell’ancoraggio è data da

lckef

Rd AfH

N ⋅⋅

+⋅=

2

3

2001035,0 [N]

dove: Hef = altezza del tirafondo annegato [mm] fck = resistenza a compressione cilindrica del calcestruzzo Al =superficie laterale del cono di rottura. Si ipotizza, infatti, che la rottura avvenga lungo la superficie laterale di una piramide avente l’altezza coincidente con la lunghezza della parte annegata del tirafondo (H1) e come base un quadrato limitato dal bordo libero (2dmin o dmin) e dal semi-interasse tra gli ancoraggi vicini. Resistenza alla rottura per fenditura (splitting) del conglomerato (ETAG01 par. 5.2.2.6) La portata dell’ancoraggio è

sphCRkRd NN ,, ψ⋅= [N]

dove: NRk,C = resistenza a rottura a cono del conglomerato

ψh,sp = 5.12

3

2

efH

h

coefficiente che dipende dall’influenza dello spessore della fondazione, h, rispetto all’altezza effettiva del tirafondo. Si ritiene che h ≥ Hef sempre, per cui

0.63 ≤ ψh,sp ≤ 1.5,

infatti:

ψh,sp = 1.5 corrisponde a h ≈ 3.67 Hef

ψh,sp = 1.0 corrisponde a h = 2 Hef

La definizione di ψh,sp dipende da come è realizzata la fondazione. 3.2. ANCORAGGIO CON RISCONTRI Resistenza a trazione dell’acciaio La portata dell’ancoraggio è data da:

NRd= NRk,s/γMs [N]

con:

NRk,s = An fuk [N]

An = area di nocciolo del tirafondo [mm2]

fuk= resistenza caratteristica dell’acciaio del

tirafondo [N/mm2]

γMs = coefficiente di sicurezza dell’ acciaio ≥ 1.15

Resistenza a taglio dell’aletta del martello Dato che le tolleranze di montaggio degli elementi in acciaio sono molto più strette rispetto a quelle degli elementi in calcestruzzo, per cautela verso possibili disallineamenti di quota tra le alette del martello e l’elemento di riscontro si ipotizza che solo un’aletta sia a contatto e quindi funzionale alla resistenza. La portata dell’ancoraggio è

NRd= NRk,s/γMs con:

TLfN uksRk ⋅⋅⋅⋅= 3, 3

2

3

1 [N]

L3 = altezza aletta [mm]

T = spessore aletta [mm]

fuk = resistenza caratteristica dell’acciaio del

tirafondo [N/mm2]

γMs = coefficiente di sicurezza dell’acciaio ≥ 1.15

Resistenza alla rottura a “cono” del conglomerato (par. 6.4.4 EN1992-1-1: 2005) La portata dell’ancoraggio è

lckef

Rd AfH

N ⋅⋅

+⋅=

2

3

2001035,0 [N]

con: Hef = altezza del tirafondo annegato [mm]

fck = resistenza a compressione cilindrica del calcestruzzo [N/mm2]

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Al = superficie laterale del cono di rottura.

Si ipotizza, infatti, che la rottura avvenga lungo la superficie laterale di una piramide avente l’altezza coincidente con la lunghezza della parte annegata del tirafondo (H1) e come base un quadrato limitato dal bordo libero (2dmin oppure dmin) e dal semi-interasse tra gli ancoraggi vicini. Resistenza alla rottura per fenditura “splitting” del conglomerato (ETAG01 par. 5.2.2.6) La portata dell’ancoraggio è

sphCRkMc

Rd NN ,,

1 ψγ

⋅⋅=

con: NRk,c = N0

Rk,c(Ac,N/A0c,N)ψs,N ψre,N ψec,N ψucr,N [N]

ψh,sp = 5.12

3

2

efH

h, coefficiente che dipende

dall’influenza dello spessore della fondazione, h, rispetto all’altezza effettiva del tirafondo.

Si ritiene che h ≥ Hef sempre, per cui

0.63 ≤ ψh,sp ≤ 1.5, infatti:

ψh,sp = 1.5 corrisponde a h ≈ 3.67 Hef

ψh,sp = 1.0 corrisponde a h = 2 Hef

La definizione di ψh,sp dipende da come è realizzata la fondazione.

Resistenza a schiacciamento del conglomerato Nel caso in cui il riscontro è costituito da una piastra, considerando una sola aletta che lavora, si considera un’area caricata pari alla metà di quella reale. La portata dell’ancoraggio è:

NRd= NRk,c/γMc con: γMc = coefficiente di sicurezza per il conglomerato ≥ 1.50

AfN cubeckcRk ⋅= ,, [N]

fck,cube= resistenza caratteristica cubica del conglomerato. (EN 1992-1-1: 2004)

2

4

22

⋅−

=

eP

A

φπ

dove: P= lato della piastra φ= diametro della cassetta

Nel caso in cui il riscontro sia costituito da un profilo, considerando una sola aletta che lavora, si considera la resistenza a schiacciamento locale del conglomerato a contatto con la faccia superiore dei C di riscontro, ipotizzando una diffusione del carico a 60° lungo l’altezza. La portata dell’ancoraggio è:

NRd= NRk,c/γMc con:

WFfN cubeckcRk ⋅⋅= ,,

F e W = dimensioni della piastra di collegamento tra i C.

Resistenza per concentrazione delle tensioni tra aletta e piastra Si verifica che non ci sia una concentrazione delle tensioni eccessiva nel punto di contatto dell’aletta con la piastra di contrasto. La portata dell’ancoraggio è:

NRd= NRk,c/γMs con: γMs = coefficiente di sicurezza per l’acciaio ≥ 1.15

BTfN ukcRk ⋅⋅⋅= 35.1, [N]

(5.10.2.2 EN 1992-1-1: 2004) =T spessore aletta.

B = larghezza aletta. fuk = resistenza caratteristica dell’acciaio del tirafondo [N/mm2] Resistenza a taglio della traversa La portata dell’ancoraggio è:

NRd= NRk,s/γMs con:

( )shfN uksRk ⋅⋅⋅= 1,3

2 [N]

h1 = altezza anima del C [mm] s = spessore anima C [mm] fuk = resistenza caratteristica dell’acciaio del tirafondo [N/mm2] γMs = coefficiente di sicurezza dell’acciaio ≥ 1.15 4 ANCORAGGIO SOGGETTO A

TRAZIONE E A MODESTA FORZA DI TAGLIO

Di norma per non sottoporre l’ancoraggio alla sollecitazione composta derivante dalla forza normale di trazione e dalla forza di taglio è opportuno prevedere che la forza di taglio sia assorbita da una barra di taglio.

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Nel caso però in cui su un tirafondo sollecitato a trazione agisca anche una forza di taglio di entità modesta, anziché inserire una barra di taglio, si possono condurre le verifiche seguenti:

122

+

Rd

Sd

Rd

Sd

V

V

N

N (1)

dove:

NSd e VSd = forze agenti sul tirafondo

NRd e VRd = resistenze a trazione e a taglio del tirafondo

VSd < VRd (2)

dove:

VSd = Taglio agente sul tirafondo

VRd = resistenza a Taglio dell’ancoraggio

NSd < NRd (3)

dove:

NSd = Normale sollecitante agente sul tirafondo

NRd = resistenza a Trazione dell’ancoraggio

NSd < N”Rd (4)

dove:

NSd = Normale sollecitante agente sul tirafondo

N*Rd = resistenza a Trazione dell’ancoraggio,

ricavata senza considerare il meccanismo di rottura “a cono” del conglomerato Le verifiche 1) e 2) devono sempre essere soddisfatte. Se la (3) è soddisfatta, allora l’ancoraggio è verificato. Se la 3) non è soddisfatta, ma lo è la 4) va disposta un’opportuna armatura di sconfinamento del getto della fondazione. Se anche la 4) non risulta soddisfatta, allora l’ancoraggio non risulta verificato.

5. BIBLIOGRAFIA [[[[01]]]] "Code Requirements for Nuclear Safety

Related Concrete Structures”-ACI 318-05 [[[[02]]]] R.W.CANNON, D.A. GODFREY, F.L.

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[[[[03]]]] R.A. COOK, G.T.DOERR, R.E.

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ETAG 001 [[[[06]]]] "EUROCODE 2: Design of concrete

structures” – EN1992-1-1 [[[[07]]]] "EUROCODE 3: Design of steel

structures” – EN1993-1-1 Contatti con gli autori: Gian Michele Gancia: [email protected] Andrea Orsetti: [email protected]