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Rivista quadrimestrale Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – 70% Viterbo Aut. C/VT/069/2010 Rassegna di studi e giurisprudenza ISSN 1720-4402 numero 3.2010 anno XVII in questo numero Nicola Fiorita, Chiara Gabrielli, Enza Pellecchia, Annapaola Specchio, Enrico Cesarini, Valeria Piergigli, Angela Silvestrini, Alessandro Valentini, Lorenzo Rocca, Thomas Tassani, Lorenzo Balestra, Matteo Gnes, Martina Guidi, Maria Lughezzani, Gianluca Varraso 3

GLI STRANIERI

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Rassegna di studi e giurisprudenza

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Rassegna di studi e giurisprudenza

ISSN 1720-4402numero 3.2010 anno XVII

in questo numero

Nicola Fiorita, Chiara Gabrielli, Enza Pellecchia,Annapaola Specchio, Enrico Cesarini, Valeria Piergigli,Angela Silvestrini, Alessandro Valentini, Lorenzo Rocca,Thomas Tassani, Lorenzo Balestra, Matteo Gnes,Martina Guidi, Maria Lughezzani, Gianluca Varraso

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Rassegna di studi e giurisprudenza

numero 3.2010 anno XVII

Foto di copertina:© Elena Romeo, Una nuova società sta già nascendo.

Dalla prima edizione del concorso fotografico nazionaleIdentità e culture di una Italia multietnicaorganizzato da Progetto ImmigrazioneOggi Onlus.

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Comitato scientifico

Paolo Benvenuti, Università Roma TreLuciano Eusebi, Università Cattolica del Sacro CuoreGilda Ferrando, Università di GenovaAdriano Giovannelli, Università di GenovaBruno Nascimbene, Università di MilanoSandro Staiano, Università di Napoli

Direzione

Giandonato Caggiano, Università Roma TreAristide Canepa, Università di GenovaPaolo Morozzo della Rocca, Università di Urbino

Fondatore e direttore responsabile

Raffaele Miele

Comitato di redazione

Roberta Bonini, Chiara Gabrielli, Matteo Marchini, Ilaria Ottaviano

Segreteria di redazione

Sabrina Manfredie-mail: [email protected]

Progetto grafico e impaginazione

Massimo Giacci

Redazione e amministrazione

Studio immigrazione sasVia del Giglio, 3 - 01100 ViterboTel. 0761 326685 - Fax 0761 290507www.studioimmigrazione.ite-mail: [email protected]

Editore e proprietario della testata

Studio immigrazione sas

ISSN 1720-4402Registrazione Tribunale di Viterbo, n. 406 del 20 marzo 1994

Gli articoli firmati esprimono il pensiero dell’Autore e non impegnano la Rivista.

Rassegna di studi e giurisprudenzaquadrimestrale

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Articoli

Nicola FIORITACredere dietro le sbarre: libertà religiosa ed uguaglianza in carcere

Chiara GABRIELLI

Il diritto alla salute degli stranieri irregolari tra diritto costituzionale e dirittointernazionale

Enza PELLECCHIAQuanto vale la vita di un immigrato? Un banco di prova per il sistema dei nuovidanni non patrimoniali

Annapaola SPECCHIOApolidi o cittadini? Il caso dei cittadini della ex-Jugoslavia

Commenti

Enrico CESARINILa strategia europea ed i fondi comunitari nel settore delle politiche migratoriee dell’integrazione.

Valeria PIERGIGLIStranieri censiti: persone o fantasmi?

Angela SILVESTRINI e Alessandro VALENTINIGli immigrati e il sistema elettorale: il loro ruolo nella distribuzione geograficadei seggi alle elezioni politiche e il caso delle amministrative comunali

Lorenzo ROCCARequisiti linguistici ed integrazione

Thomas TASSANIRequisito reddituale e rilascio del permesso di soggiorno

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Sommario

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Sommario

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4 Gli Stranieri - Numero 3/2010

Rassegna di giurisprudenza annotata e commentata

Lorenzo BALESTRA

L’optio legis di cui all’Art. 30 L. 218/1995: l’annotazione in margine dell’atto dimatrimonio tra coniugi stranieriNota al decreto del Tribunale di Saluzzo, 10 - 11 agosto 2010

Matteo GNES

L’applicazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo al procedimentodi diniego di rinnovo del permesso di soggiornoNota alle sentenze del Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 giugno 2010, n. 3760 e 13 settembre2010, n. 6566

Martina GUIDI

Sulle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato a un apolide pale-stineseNota alla sentenza della Corte di giustizia dell’UE 17 giugno 2010 (causa C-31/09, NawrasBolbol)

Maria LUGHEZZANI

Inerzia datoriale e avvio al lavoro dei cittadini extra UeNota alla sentenza della Corte di Cassazione, Sezione I Civile n. 18912 del 31 agosto 2010

Gianluca VARRASO

Il rispetto dei diritti fondamentali dello straniero e il principio della doppiapunibilità: tra estradizione e mandato d’arresto europeoNota alle sentenze Cass. pen., sez. VI, 3 settembre 2010, n. 32685, Pres. Agrò – Rel Ippolito– Imp. S.N.; Cass. pen., sez. fer., 27 agosto 2010, n. 32372, Pres. Esposito, Rel. Fazio.

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Articoli

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1. La disciplina giuridica dell’assistenza spirituale in carcere ha resistito senzaparticolari difficoltà al passare del tempo e ai cambiamenti di regime che hannoscandito la storia dello Stato nazionale. Per la verità, la continuità è una caratte-ristica abbastanza ricorrente in quella particolare disciplina della scienza giuridicache va sotto il nome diDiritto ecclesiastico, che per l’appunto ha conosciuto, nelcorso di questi primi centocinquanta anni di vita dello Stato unitario, la realiz-zazione di grandi trasformazioni di principio a cui hanno sempre fatto da con-traltare insuperabili resistenze, o rinnovamenti di mera facciata, nella regola-mentazione di dettaglio dei singoli istituti (finanziamento delle confessioni reli-giose, insegnamento della religione nella scuola pubblica e via dicendo). Nel casospecifico di nostro interesse, se pure nel corso dei decenni alcune norme scom-paiono, se periodicamente nuove disposizioni si aggiungono, se le riforme del-l’ordinamento penitenziario si sovrappongono al rinnovamento delle fonti diregolamentazione del fenomeno religioso, se finanche le motivazioni di fondoposte alla base della presenza della religione in carcere subiscono modificazioniradicali, l’impianto originario della disciplina pre-unitaria giunge fino ai giorninostri mantenendo comunque intatti alcuni significativi capisaldi.Già la legislazione liberale, che pure interviene in forma significativa in molti

settori del diritto ecclesiastico riducendo progressivamente il grado di confes-sionismo del Regno, non incide in maniera apprezzabile in ordine alla regola-mentazione giuridica della libertà religiosa all’interno degli istituti di pena 1. Ilregolamento generale per gli stabilimenti carcerari (r.d., n. 260, del 1º febbraio del1891) rende infatti obbligatorie le pratiche religiose, mentre nessun rilievo vieneassegnato al diritto individuale di libertà religiosa, tanto meno nel suo risvolto ne-

Nicola Fiorita *

Credere dietro le sbarre:libertà religiosa ed uguaglianza in carcere

SOMMARIO: 1. Diritto, religione e prigione. - 2. Diritto, religioni e prigione nell’Italia di oggi. - 3.L’Islam in prigione. - 4. Diritto, religioni e prigione nell’Italia di domani.

* Università della Calabria, Associato di diritto canonico ed ecclesiastico1 C. CARDIA, Ateismo e libertà religiosa, Bari, 1973, p. 36.

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Articoli

gativo, quale diritto di non avere alcuna credenza. Ma quel che qui conta è chel’intera regolamentazione si snoda a partire dal riconoscimento di un valore so-ciale della religione – beninteso, della sola religione cattolica – cui si attribuiva ca-pacità di conforto dei detenuti e di recupero della devianza. La presenza delpersonale cattolico all’interno del carcere, dunque, serviva unicamente ad age-volare il raggiungimento di finalità proprie dell’ordinamento temporale (con-trollo, disciplina, reinserimento) che solo casualmente ed episodicamentepotevano coincidere con gli interessi dell’organizzazione confessionale o dei sin-goli detenuti.Con il passaggio al regime fascista si assiste semplicemente ad un irrigidi-

mento di questa prospettiva, di per sé già in linea con i valori totalitari e confes-sionisti del nuovo sistema, così che aumenta d’intensità la strumentalizzazionedella religione da parte dell’apparato carcerario 2 e diviene completa l’immedesi-mazione tra i fini propri dello Stato e gli interessi di una sola religione. Emble-maticamente, l’Art. 142 del regolamento penitenziario del 1931 disponeva che“ogni stabilimento ha un oratorio per il culto e almeno un cappellano per l’eser-cizio di tale culto. I detenuti, che al momento dell’ingresso allo stabilimento nonhanno dichiarato di appartenere ad altra confessione religiosa, sono obbligati aseguire le pratiche collettive del culto cattolico”. Ed ancora, “Le preghiere, du-rante le funzioni religiose, sono fatte mentalmente e pronunciate dal solo cap-pellano e dai detenuti che, su proposta di lui, siano stati a ciò autorizzati dalladirezione”.Nel carcere fascista come in quello liberale l’esercizio del culto dipendeva non

dal sentire individuale ma dalla benevolenza dell’amministrazione penitenziariae del cappellano. A questi venivano affidati i compiti più impropri: controllarela corrispondenza dei detenuti, occuparsi della biblioteca, impartire l’istruzione,partecipare al consiglio di disciplina e via dicendo. La molteplicità e la varietàdelle mansioni attribuite al cappellano comprovano che l’intento del legislatorefascista non era quello di garantire l’assistenza religiosa secondo il culto cattolicoai detenuti che lo desiderassero, quanto quello di coinvolgere il clero a pieno ti-tolo (dal trattamento alla rieducazione, dalla sorveglianza alla custodia, dalle ri-compense alle punizioni) nella realizzazione dei fini generali della istituzionecarceraria 3.I valori di libertà ed uguaglianza religiosa contenuti in Costituzione, così

come la nuova visione della pena e del reo, sembravano imporre una rivoluzione

2 Cfr. S. ZAMBELLI, La religione nel sistema penale e tra le mura del carcere, in Quaderni di di-ritto e politica ecclesiastica, 2/2001, p. 469.3 N. COLAIANNI, La riforma dell’ordinamento penitenziario del personale di assistenza religiosadell’amministrazione penitenziaria, inDir. eccles., 1/1983, p. 206 ss.

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1.Due recenti sentenze della Corte costituzionale sollecitano una riflessione si-stematica sul diritto alla salute degli stranieri irregolari nell’ordinamento italianoe nel diritto internazionale.La tesi di questo lavoro è che il diritto alla salute abbia la duplice natura di di-

ritto fondamentale costituzionale e di diritto umano senza alcun possibile colle-gamento con la regolarità del soggiorno dello straniero. Come dice AmartyaSen 1, potremmo forse parlare più propriamente di diritto di accesso alle cure,considerato che purtroppo non v’è modo di assicurare che ognuno possa viverein buona salute e che, nel processo giuridico-decisionale, può rientrare solo l’as-sistenza sanitaria e non lo stato di salute delle persone. Nel riconoscere la salutecome un diritto, le Nazioni Unite manifestano l’impegno di tutti gli Stati mem-bri a garantire il “diritto umano al più alto livello possibile di salute” 2.Secondo la Costituzione (art. 32), quello in parola è un diritto primario asso-

luto, che comprende l’accesso ad un nucleo essenziale di cure. Nell’interpreta-zione della Corte costituzionale, oltre alle cure ambulatoriali ed ospedaliereurgenti per malattia/infortunio ed ai programmi di medicina preventiva (vacci-

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Chiara Gabrielli

Il diritto alla salute degli stranieri irregolaritra diritto costituzionale e diritto interna-zionale

SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. I principi della Corte costituzionale in materia. - 3. La sentenza n.269/2010 della Corte costituzionale sulla legge della Toscana. - 4. La sentenza n. 299/2010 sullalegge della Puglia. - 5. Il Testo unico sull’immigrazione e l’introduzione della contravvenzionedi clandestinità. - 6. La tutela della salute dei migranti nel diritto internazionale convenzionalee negli atti internazionali. - 7. La competenza di sostegno, coordinamento e completamentodell’Unione europea e la classificazione della legislazione degli Stati membri in materia. - 8.Atti e convenzioni del Consiglio d’Europa. - 9. La giurisprudenza della Corte europea deidiritti umani. - 10. Conclusioni.

1 Why and how is health a human right?, in The Lancet, vol. 372, n. 9655, p. 2010 (13 Decem-ber 2008), disponibile on line su: http://nrs.harvard.edu/urn-3:HUL.InstRepos:3124128.2 Infra, par. 6.

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nazioni), vi rientrano l’assistenza farmaceutica e la scelta del medico di fiducia.Secondo la tutela internazionale dei diritti umani, si tratta di un valore fon-

damentale della persona, indisponibile alla volontà degli Stati, a carattere asso-luto, in quanto non ammette deroghe (ad esempio per motivi di sicurezza).L’esistenza di una consuetudine a riguardo si può rilevare tramite l’analisi di attie convenzioni internazionali 3. Di grande rilievo appare anche la giurisprudenzadella Corte europea dei diritti umani, secondo cui il diritto alla salute 4 è unacomponente della tutela da trattamenti disumani e degradanti (art. 3 Cedu) edel diritto alla vita (art. 2 Cedu) 5. Occorre tuttavia ricordare che gli Stati mem-bri dell’Unione europea riconoscono il diritto umano di accesso alle cure daparte dei migranti irregolari in maniera disomogenea e senza uno standard co-mune 6.Pertanto, se la protezione del diritto alla salute offerta dall’art. 32 della Co-

stituzione non fosse adeguata (anche solo in una ipotesi di scuola), si renderebbeapplicabile l’art. 10, primo comma della stessa 7, che impone l’adeguamento au-tomatico dell’ordinamento interno alle norme di diritto internazionale general-mente riconosciute 8.

2. Con le sentenze n. 269 del 22 luglio e n. 299 del 22 ottobre del 2010, la Cortesi è pronunciata sul conflitto di attribuzione tra Stato e regioni, ai sensi dell’art.

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Articoli

3 Infra, paragrafi 6 e 8.4 Nella Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Cedu)il diritto alla salute non è tutelato da apposita norma, ma dall’interpretazione evolutiva della Corteeuropea dei diritti umani.5 Infra par. 9.6 Infra par. 7.7 Ad esempio, in una sentenza del 2008 (n. 306), la Corte ha stabilito l’illegittimità del decretolegislativo 25 luglio 1998, n. 286 “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’im-migrazione e norme sulla condizione dello straniero”, nella parte nelle quale escludeva l’eroga-zione dell’indennità di accompagnamento a favore dello straniero in gravi condizioni di salute,seppur stabilmente e regolarmente presente nel territorio nazionale, per violazione, tra l’altro, del-l’art. 10 comma 1 della Costituzione. La disposizione in parola infatti si sarebbe posta in contra-sto, oltre che con gli artt. 2, 3, 32 e 38 Cost., anche con le norme di diritto internazionalegeneralmente riconosciute a favore degli stranieri. Afferma la Corte che: “(...) la normativa censu-rata viola l’art. 10, primo comma, della Costituzione, dal momento che tra le norme del diritto in-ternazionale generalmente riconosciute rientrano quelle che, nel garantire i diritti fondamentalidella persona indipendentemente dall‘appartenenza a determinate entità politiche, vietano discri-minazioni nei confronti degli stranieri (...)”.8 Il primo comma dell’art. 10 della Costituzione “concerne esclusivamente i principi generali ele norme di carattere consuetudinario (....), mentre non comprende le norme contenute in accordiinternazionali che non riproducano principi o norme consuetudinarie del diritto internazionale”,v. sentenza della Corte costituzionale n. 349 del 2007.

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1. “Volevamo braccia, sono arrivate persone”: la celebre lapidaria constatazioneformulata da Max Frisch con riguardo all’impatto dell’immigrazione in Svizzerasi presta molto bene, su un piano più generale, a descrivere lo sfondo problema-tico in cui si collocano alcune questioni giuridiche che, ormai acclarate in rela-zione al cittadino italiano, sono invece oggetto di discussione rispetto allostraniero.Da questo punto di vista, il tema del risarcimento del danno alla persona – e

in particolare dei danni non patrimoniali e dei soggetti legittimati a domandarneil risarcimento in caso di morte dello straniero – rappresenta per più versi unasfida per l’interprete.La lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. ha segnato, com’è

noto, una svolta nella ricostruzione del sistema della tutela risarcitoria dei dannialla persona 1: l’emancipazione dell’art. 2059 c.c. dalla sudditanza all’art. 185 c.p.– dal momento che il reato non costituisce più l’unico strumento di tipizzazionedel danno non patrimoniale – ha determinato una riformulazione del concettostesso di danno non patrimoniale, che oggi comprende ogni conseguenza pre-giudizievole di natura non patrimoniale derivante dalla lesione di valori inerentialla persona, includendo il danno biologico, il danno morale, nonché il dannoderivante dalla lesione di altri interessi di rango costituzionale ed inviolabile 2.

Enza Pellecchia *

Quanto vale la vita di un immigrato?Un banco di prova per il sistema dei nuovidanni non patrimoniali

SOMMARIO: 1. Il problema. - 2. La condizione giuridica dello straniero: la progressiva erosionedella clausola di reciprocità. - 3. Il danno non patrimoniale da uccisione di un congiunto stra-niero: legittimazione all’azione. - 4. Segue: quantificazione del danno.

* Università di Pisa. Associato di diritto privato.1 La letteratura sul punto è ormai vastissima: v. per tutti E. NAVARRETTA, I danni non patrimo-niali nella responsabilità extracontrattuale, in I danni non patrimoniali. Lineamenti sistematici eguida alla liquidazione, a cura di E. NAVARRETTA, Milano, 2004, 3 ss..2 Cass. 31 maggio 2003, nn. 8827 e 8828, in Foro it., 2003, I, 2272.

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L’art. 2059 c.c. conserva dunque la sua impostazione tipizzante (con una ra-dicale differenza rispetto all’atipicità dell’illecito che caratterizza l’art. 2043 c.c.)ma non tassativa: si tratta piuttosto di una tipicità di tipo “evolutivo”, che trovanel collegamento con l’art. 2 Cost. il meccanismo che – grazie alla “capacitàespansiva autopoietica” del genus diritti inviolabili 3 – consente la ponderata ri-sposta del sistema alle istanze di protezione degli interessi della persona emer-genti dalla società. È infatti da escludere che la lettura costituzionalmenteorientata dell’art. 2059 c.c. si traduca nell’incondizionato riconoscimento del ri-sarcimento dei danni non patrimoniali a tutela di qualunque interesse di fonte co-stituzionale. La tutela spetterà non a tutti i diritti garantiti dalla Costituzione,bensì solo ai diritti inviolabili della persona, cioè “diritti assolutamente primarie perciò intangibili nel loro nucleo assiologico sia da parte di qualsiasi soggettoprivato (…) sia da parte di qualsiasi potere costituito (pubblico o privato)” 4: lelibertà fondamentali (la libertà personale, la libertà sessuale, di circolazione e sog-giorno, di domicilio e corrispondenza, di riunione e associazione; di manifesta-zione del pensiero e di opinione); i diritti della personalità morale; il diritto allavita e alla salute; i diritti che attengono ai rapporti familiari; più in generale tuttele espressioni della protezione riservata al valore della dignità umana e dello svi-luppo della personalità.Ma a questo “nuovo sistema dei danni non patrimoniali” ha accesso anche lo

straniero?Il quesito è complesso: nella risposta si intrecciano questioni che riguardano

la ricostruzione della condizione giuridica dello straniero, l’interpretazione dellaclausola di reciprocità di cui all’art. 16 delle disposizioni preliminari al codice ci-vile, l’individuazione dei diritti fondamentali, l’incidenza della condizione di re-golarità o irregolarità dello straniero, l’estensione della protezione risarcitoria aifamiliari, la rilevanza della residenza in Italia o all’estero di costoro, i parametriper la quantificazione del risarcimento del danno.Tutte queste questioni sono riconducibili ad un unico interrogativo che è di

per sé una provocazione. Volevamo braccia, sono arrivate persone: quanto “val-gono” – per il nostro sistema di responsabilità civile – queste persone?Dopo la rivolta del ghetto di Detroit nel 1967, il reverendo Albert Cleage os-

servò: “l’uomo nero è un test d’intelligenza per l’uomo bianco”. Non è azzardatoaffermare che, a suo modo, la questione della risarcibilità del danno alla personadello straniero sia un test di verifica della coerenza del sistema dei nuovi danninon patrimoniali.

3 E. NAVARRETTA, op. cit., 22.4 A. BALDASSARRE, Diritti inviolabili, in Enc. Giur. Treccani, XI, Roma, 1989, 29.

Articoli

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1. I mutamenti nei territori degli Stati possono essere determinati da diversi fat-tori che, normalmente, conducono al trasferimento di una parte del territorio diuno Stato ad un altro, alla formazione di uno o più Stati nuovi o all’estinzione diuno o più Stati preesistenti. A seconda dei casi, si configureranno le seguenti ca-tegorie di fenomeni: l’unificazione (o fusione) di uno o più Stati (ipotesi questain cui gli Stati preesistenti si estinguono formandone uno nuovo); la dissoluzione(o smembramento) che comporta l’estinzione dello Stato preesistente e la crea-zione di uno o più Stati nuovi; l’incorporazione (o annessione) che comportal’estensione dell’autorità di uno Stato preesistente al territorio di un altro Stato,che si estingue 1. Le guerre jugoslave avvenute tra il 1991 ed il 1995 e conclusesicon la firma degli accordi di Dayton 2, hanno portato alla dissoluzione della Re-pubblica Socialista Federale di Jugoslavia ed alla creazione degli Stati indipen-denti di Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzergovina (con la creazione di due entitàinterne: la Federazione croato-musulmana – 51% del territorio – e la RepubblicaSrpska – 49% del territorio), Serbia e Montenegro. La formazione dei nuovi Stati– insieme a tutte le conseguenze amministrative, politiche e sociali che ne conse-guono – ha inciso in maniera particolarmente rilevante in materia di cittadinanza,

Annapaola Specchio

Apolidi o cittadini?Il caso dei cittadini della ex-Jugoslavia

SOMMARIO: 1. Il caso della ex-Jugoslavia ed i Rom. - 2. Gli strumenti di diritto internazionale inmateria di nazionalità connessa alla successione degli Stati. - 3. L’apolidia: tra diritto e giuri-sprudenza. - 4. I diritti e le obbligazioni derivanti dallo status di apolide.

1 M. GIULIANO, T. SCOVAZZI, T. TREVES, Diritto internazionale, Parte Generale, Milano, 1991,pp. 105-108.2 Si tratta degli accordi di pace stipulati a Dayton, Ohio, tra il 1 ed il 26 novembre 1995, firmatia Parigi il 14 dicembre 1995. La conferenza di pace fu guidata dal mediatore americano RichardHolbrooke, assieme all’inviato speciale dell’Unione Europea Carl Bildt e al Viceministro degliesteri della Federazione Russa Igor Ivanov.

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3 L. CAMERON, The right to Identity, reperibile on line sul sito internet www.errc.org, 2004 dovesi legge che “At the end of 2001, over 39% of Roma in Serbia, (…) were not in possession of thebasic Serbian identification document (…). In addition, more then half of all Roma in Serbia arenot citizens or are stateless. It is not know how many Roma are registered as citizens yet lack cit-izenship altogether. Nevertheless, the high percentage of Roma without identification is cause forconcern. Without personal identification, individuals cannot access essential government servicessuch as education, health and social welfare”. In particolare, sul punto delle registrazioni anagra-fiche il documento rileva come la difficoltà di accesso può essere determinata da vari fattori: da unlato, l’assenza di documenti in capo ai genitori impedisce di potere registrare i figli; dall’altro, il fattoche i parti, spesso, avvengano in casa anche per carenze economici che impediscono di sostenerele spese in ospedale; e poi ancora, la giovane età dei genitori e, quindi, della mancanza di un per-corso di responsabilizzazione genitoriale anche burocratico. Specificatamente, si legge nel docu-mento che “when a child is born in hospital, the hospital informs the local Birth registry office ofthe facto f the birth. Within 30 days of the birth of a child, parents must go to the municipal BirthRegistry Office with the release paper from the hospital (a form indicating the details of the birth,including location of birth and identity of parents) and their own personal identification docu-ment to register the child. (…) The biggest problem for Roma is that many Romani children arenot born in hospital, either because the parents do not have a health card or because they cannotafford to pay the minimal hospital fees required. This means that no state institution receives no-tice automatically of the child’s birth. A relatively high percentage of Romani parents are veryyoung and are unaware of the necessary procedures of the importance of registering the birth oftheir children, hence many children born at home are not registered. (…) From a rights perspec-tive, citizenship documents seem to be a ticket to the protection the state can offer. Inasmuch asthey are proof of citizenship, documents are symbol of citizenship – of participation in the state.Citizenship itself entails rights and obligations. The fact that Roma do not possess documents issymptomatic of a broader problem that can only be resolved when the government encourages andfacilitates the engagement of Roma which is more likely to lead to Roma in turn engaging with theauthorities to claim their rights”. Sul punto vedere anche P. PRETTITORE, Exercise of Fundamen-tal Rights by the Roma of Bosnia and Herzegovina: access to personal documents and the right toHousing, reperibile on line sul sito internet www.errc.org, 2004 , dove si legge “Roma in post-warBosnia and Herzegovina face numerous difficulties in exercising the full range of fundamentalhuman rights guaranteed under the BiHConstitution. These difficulties have been exacerbated bythe displacement of about 2 million people, among them large number of Roma, during the con-flict in BiH in 1992-1995. Of particular concern are issues regarding property rights and access topersonal documents. (…) The lack of personal documents has led to the exclusion of many Romafrom fundamental political and social rights such as the right to vote, to have access to health care,etc.. both illiteracy and discrimination by public officials add to the problem. Because of illiteracy,many Roma are unaware of the steps necessary to obtain documents, nor can they fill out the nec-

soprattutto, nei confronti di tutti coloro che, come gli appartenenti all’etnia Rom,non hanno potuto accedere alle trasformazioni da essa derivanti. Le motivazionisono legate a diversi aspetti che, tuttavia, sono tra essi fortemente interdipen-denti. Uno dei problemi cardine è l’assenza delle registrazioni delle nascite chea cascata ha determinato e determina l’impossibilità di ottenere un documentoidentificativo e quindi, tra l’altro, di accedere ai servizi base 3. Dall’altra parte, per-

Articoli

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1. Il presente lavoro è mirato a fornire un quadro sul programma comunitarioSolidarietà e gestione dei flussi migratori 2007–2013, finalizzato a supportare lapromozione dello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia, ed approfondisce, inparticolare, gli elementi distintivi del Fondo europeo per l’integrazione dei citta-dini di paesi terzi ed il quadro normativo europeo a sostegno dei processi diintegrazione.

2. L’Unione europea ha istituito per il periodo 2007-2013 tre programmi quadrodi finanziamento finalizzati a fornire un supporto coerente ed organico per larealizzazione di un comune Spazio di libertà, sicurezza e giustizia (SLSG) 1.I tre obiettivi chiave dello SLSG – promuovere e tutelare la libertà, la sicurezza

e la giustizia – vengono sostenuti parallelamente ed in modo organico, conl’obiettivo di garantire un approccio bilanciato e basato sul rispetto della demo-crazia, dei diritti fondamentali e dello stato di diritto.I tre obiettivi citati sono supportati rispettivamente, per il periodo 2007-2013,

Enrico Cesarini

La strategia europea ed i fondi comunitarinel settore delle politiche migratoriee dell’integrazione

SOMMARIO: 1. Presentazione. - 2. Lo Spazio di libertà, sicurezza e giustizia europeo ed i tre pro-grammi quadro 2007–2013. - 3. Il programma generale SOLID. - 4. I quattro fondi europeiSOLID. - 5. Il Fondo europeo per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi. - 6. Il quadro eu-ropeo sulle politiche di integrazione dei cittadini stranieri.

1 V. art. 3, par. 2 del Trattato sull’Unione europea: “L’Unione offre ai suoi cittadini uno spaziodi libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione dellepersone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l’asilo,l’immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest’ultima”, (versione consoli-data del TUE, inGUUE del 30 marzo 2010). V. altresì il titolo V del “Trattato sul funzionamentodell’Unione europea” nel quale vengono disciplinate le disposizioni generali, i principi e gli am-biti di cooperazione dello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Per un approfondimento orga-nico in merito si veda G. CAGGIANO, L’evoluzione dello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia inun’Unione di diritto, in Studi sull’integrazione europea, 2007, p.335 ss.

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da tre programmi quadro comunitari: Sicurezza e tutela delle libertà 2, Diritti fon-damentali e Giustizia 3, Solidarietà e Gestione dei Flussi Migratori (SOLID) 4.Ciascuno di tali programmi generali copre un’area specifica di intervento, in

un’ottica di complementarietà ed attesa efficienza, recependo le priorità identi-ficate per le rispettive aree di pertinenza dal Programma dell’Aia adottato dalConsiglio europeo del 4-5 novembre 2004 5, che ha definito il quadro d’azioneed i principali obiettivi per la realizzazione dello SLSG.

3. Nella prospettiva della creazione progressiva dello SLSG, sono previste, daun lato, l’adozione di misure volte a garantire la libera circolazione delle per-sone, unitamente a misure d’accompagnamento riguardanti il controllo dellefrontiere esterne, l’asilo e l’immigrazione e, dall’altro, l’adozione di misure inmateria di asilo, immigrazione e tutela dei diritti dei cittadini di paesi terzi.In proposito, il programma generale Solidarietà e Gestione dei Flussi Migra-

tori (SOLID) è stato istituito per garantire una equa ripartizione delle responsa-bilità fra Stati Membri per una gestione integrata delle frontiere esterne all’Unioneeuropea ed attuare politiche comuni in tema di immigrazione e asilo 6. L’istitu-zione del programma generale SOLID è connessa, pertanto, alla ripartizionedelle responsabilità tra gli Stati Membri per quanto riguarda l’onere finanziarioconseguente all’introduzione della gestione integrata delle frontiere esternedell’Unione e all’attuazione di politiche comuni in materia d’asilo e d’immi-

2 V. COM(2005)124, Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeoche istituisce il programma quadro “Sicurezza e tutela delle libertà” per il periodo 2007-2013 peril quale è previsto un finanziamento per il periodo 2007–2013 di 745 milioni di euro,3 V. COM(2005)122, Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeoche istituisce per il periodo 2007-2013 il programma quadro “Diritti fondamentali e giustizia”, peril quale è previsto un finanziamento per il periodo 2007–2013 di 543 milioni di euro.4 V. COM(2005)123, Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeoche istituisce il programma quadro Solidarietà e gestione dei flussi migratori per il periodo 2007-2013, per il quale è previsto un finanziamento per il periodo 2007–2013 di 4.020,37 milioni di euro.Tale dotazione finanziaria finale disponibile on-line sul sito http://ec.europa.eu/home-affairs, ri-sulta ridotta rispetto alla previsione originaria della COM(2005)123, secondo le decisioni istitutivedei quattro fondi SOLD di seguito specificate.5 V. Programma dell’Aia: rafforzamento della libertà, della sicurezza e della Giustizia nell’Unioneeuropea (2005/C 53/01), Il piano affronta tutti gli aspetti delle politiche relative allo spazio di li-bertà, sicurezza e giustizia, definendo sia orientamenti generali (diritti fondamentali, attuazione evalutazione) che orientamenti specifici in materia di rafforzamento della libertà, rafforzamentodella sicurezza, rafforzamento della giustizia e relazioni esterne.6 V. COM(2005)123, Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeoche istituisce un programma quadro sulla solidarietà e gestione dei flussi migratori per il periodo2007-2013, cit.

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1. È noto come i crescenti flussi migratori di lavoratori e delle rispettive famiglieabbiano determinato negli ultimi decenni, specialmente negli Stati dell’Europaoccidentale, oltre a incrementi della popolazione, profonde trasformazioni deltessuto sociale che impongono un ripensamento e un aggiornamento dei tradi-zionali concetti di identità nazionale, cittadinanza e comunità politica.Il tema del riconoscimento dei diritti politici e, in particolare, del diritto di

voto agli stranieri extracomunitari stabilmente residenti sul territorio italianoanima ormai da tempo il dibattito dottrinale, sostanzialmente incentrato sulla in-terpretazione dell’art. 48 Cost. (“Sono elettori tutti i cittadini…”) e sul tipo difonte statale meglio idonea ad effettuare il conferimento di tali diritti a coloroche non possiedono la cittadinanza italiana (legge costituzionale o legge ordina-ria), mentre la disciplina della materia deve ritenersi preclusa a fonti diverse dallalegge statale (es. statuti regionali, comunali o provinciali; parere Cons. Stato, sez.I, 9771/04 e parere Cons. Stato, sez. I e II, 11074/04), ai sensi del disposto costi-tuzionale che assegna alla competenza esclusiva dello Stato la disciplina dellacondizione giuridica degli stranieri extracomunitari e dell’immigrazione (art. 117,2° comma, lett. a) e b), oltre ad art. 10, 2° comma).In sede istituzionale svariate proposte, rimaste senza esito, sono state presen-

tate nel corso delle recenti legislature sia per ampliare il novero dei soggetti tito-lari del diritto di voto che per semplificare le modalità di acquisto dellacittadinanza italiana e favorire così il pieno godimento dei diritti politici. Conriguardo al primo profilo, vengono in considerazione le iniziative dirette a mo-dificare l’art. 48 Cost. o ad aggiungere un art. 48-bis al fine di estendere, subor-dinatamente al soddisfacimento di alcuni requisiti, agli stranieri extracomunitariil diritto di voto alle elezioni senza distinzioni tra competizioni elettorali locali,regionali o politiche ovvero limitatamente alle elezioni amministrative o soltanto

Valeria Piergigli *

Stranieri censiti: persone o fantasmi?

SOMMARIO: 1. La questione dei diritti politici. - 2. Non votano ma attribuiscono seggi, favorendoil Nord a scapito del Sud. Brevi considerazioni sulla sfasatura tra “corpo elettorale” e “popo-lazione residente”.

* Ordinario di Istituzioni di diritto pubblico, Università di Siena

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locali, talora con la previsione della contestuale e integrale ratifica della Conven-zione di Strasburgo del 1992 sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblicalocale, per il momento solo parzialmente ratificata dall’Italia (l. 203/1994; v. ancheartt. 2, 4° comma, e 9, 12° comma, lett. d), d. lgs. 286/1998; art. 8 d. lgs. 267/2000su cui infra). Con riferimento al secondo profilo, le proposte parlamentari voltead agevolare l’accesso alla cittadinanza mediante l’attenuazione del vigente crite-rio dello jus sanguinis e la valorizzazione dello jus soli non hanno finora ricevutoil necessario sostegno delle forze politiche e, anzi, il prevalere delle logiche emer-genziali negli anni recenti ha contribuito ad irrigidire ulteriormente i meccanismidi acquisto della cittadinanza per gli stranieri extracomunitari (l. 91/1992 modif.da l. 94/2009). D’altra parte, l’esaltazione del legame di sangue è sottesa alla in-tervenuta revisione dell’art. 48 Cost. che consente agli italiani residenti all’esterodi votare alle elezioni politiche nel luogo di attuale residenza e riserva loro unaquota di parlamentari (art. 48, 3° comma, introdotto da l. cost. 1/2000).La Corte costituzionale, nel ribadire che l’immigrazione e la condizione giu-

ridica degli stranieri sono materie affidate alla competenza del legislatore statale,ha omesso di prendere esplicitamente posizione in merito alla interpretazionedell’art. 48 Cost. e al rapporto tra fonti statali e regionali nella attribuzione deldiritto di voto in ambito regionale e locale. Il giudice costituzionale ha infatti ri-gettato le censure governative sollevate nei confronti degli statuti della Toscanae dell’Emilia-Romagna con riguardo alla estensione del diritto di voto agli im-migrati, precisando tuttavia la “natura culturale o anche politica, ma certo nonnormativa” delle relative enunciazioni statutarie (sentt. 372 e 379 del 2004) ed haammesso la facoltà del legislatore regionale di prevedere forme di partecipazionedi carattere consultivo dei cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italiaalla vita pubblica locale (referendum consultivi, consulte, consiglieri aggiuntisenza diritto di voto), in tal modo lasciando intendere che spetta invece allo Statolegiferare in tema di partecipazione elettorale in quanto ricadente nel circuitodell’indirizzo politico della comunità locale (referendum abrogativi, elezioni lo-cali) (sent. 300/2005). Significativa è peraltro la cauta apertura lasciata intravederedalla Corte costituzionale verso una ipotetica (e auspicabile) lettura evolutiva delnesso identità-cittadinanza-diritti di partecipazione democratica-doveri di soli-darietà, allorché ha riconosciuto l’esistenza di una “comunità di diritti e di do-veri, più ampia e comprensiva di quella fondata sul criterio della cittadinanza insenso stretto” alla quale appartengono, oltre ai cittadini, tutti coloro che, vi-vendo e operando stabilmente nel Paese, “quasi come in una seconda cittadi-nanza ricevono diritti e restituiscono doveri, secondo quanto risulta dall’art. 2della Costituzione là dove, parlando di diritti inviolabili dell’uomo e richiedendol’adempimento dei corrispettivi doveri di solidarietà, prescinde del tutto, per l’ap-punto, dal legame stretto di cittadinanza” (sent. 172/1999).

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1.La normativa che regola il sistema elettorale italiano sia per l’elezione dei mem-bri del Parlamento nazionale che per la nomina dei rappresentanti alle assembleelocali (comuni, province e regioni) è piuttosto varia e complessa. Ciò nonostante,dal punto di vista statistico è possibile identificare una regola generale: l’am-montare della popolazione residente determina il numero di rappresentanti chela governano, sia alle assemblee nazionali, sia a quelle locali.Tale ammontare di popolazione è legato indissolubilmente alle dinamiche de-

mografiche naturali e migratorie che – nel corso degli anni – si avvicendano. Conun saldo naturale quasi sempre negativo, o molto vicino allo zero, esauritisi o ri-dottisi i grandi flussi migratori interni, ormai da alcuni anni la componente cheincide in maniera più rilevante sull’ammontare della popolazione è rappresentatadalle immigrazioni dall’estero.In particolare, negli ultimi 10 anni la popolazione residente nel nostro Paese

è aumentata di più di tre milioni di unità, fino a superare, già nel corso del 2008,la soglia dei 60 milioni. Come ben noto l’incremento è da attribuirsi quasi inte-gralmente alla fortissima crescita della componente straniera (da 1,3 nel 2001 a 4,2milioni di residenti a fine 2009) che, distribuendosi in maniera differenziata lungoil Paese, ha interessato prevalentemente le zone settentrionali e centrali.Stanti queste profonde trasformazioni nella dinamica e nella struttura demo-

grafica, scopo di questo lavoro è illustrare se e in che modo gli stranieri, privi deldiritto di voto, interagiscono con il sistema elettorale nazionale e locale, produ-cendo modifiche nell’allocazione geografica dei seggi e/o nel numero di incari-chi politici a disposizione.Nel lavoro si fa riferimento a due situazioni diverse in relazione alle quali si

cercherà di evidenziare il contributo fornito dagli immigrati. Nella prima parte,

Angela Silvestrini e Alessandro Valentini *

Gli immigrati e il sistema elettorale:il loro ruolo nella distribuzione geograficadei seggi alle elezioni politiche e il caso delleamministrative comunali

* Ricercatori ISTAT

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1 A. CORTESE, L’utilizzazione nella produzione legislativa del dato statistico relativo alla popo-lazione residente, in I Servizi Demografici, 2010, 3, 45.

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si analizzerà la futura distribuzione dei seggi alla Camera che risulterà a seguitodella redistribuzione dei seggi successiva al Censimento della popolazione del2011. Nella seconda parte, si prenderanno in esame le variazioni che il prossimoCensimento della popolazione produrrà a livello delle amministrazioni locali co-munali. In entrambi i casi si suppone che i risultati del Censimento della Popo-lazione del 2011 non si discosteranno molto dall’attuale conteggio dellapopolazione residente in anagrafe, i cui dati saranno utilizzati.Per quanto concerne l’allocazione dei seggi alla Camera (ma considerazioni

del tutto simili valgono per il Senato), si rammenta che l’attuale sistema eletto-rale prevede che facciano parte dell’elettorato attivo i soli cittadini italiani, sianoessi residenti o meno nel nostro Paese. Ciò nonostante, secondo il dettato costi-tuzionale, l’allocazione geografica dei seggi dipende dalla popolazione censita,cioè dalla popolazione che alla data del Censimento, risulta essere stabilmentepresente sul territorio nazionale, indipendentemente dalla cittadinanza, quindianche dalla popolazione straniera residente nel nostro Paese.In merito al secondo punto – l’impatto sulle elezioni amministrative – si se-

gnala fin da ora come una più accentuata presenza straniera comporti in diversicomuni (in particolare del Centro-Nord) il cambiamento della classe di ampiezzademografica di appartenenza, utile per la determinazione del numero di consi-glieri comunali, di assessori nonché per l’ammontare dell’indennità del sindacoe delle altre cariche istituzionali locali.

2. L’attuale sistema elettorale per la nomina dei rappresentanti alla Camera e alSenato prevede che facciano parte dell’elettorato attivo i soli cittadini italiani,siano essi residenti o meno nel nostro Paese. Ciò nonostante, secondo il dettatocostituzionale (Art. 56 e 57 Costituzione), l’allocazione geografica dei seggi di-pende dalla popolazione censita, quindi anche da quella straniera. Solo dopol’istituzione delle circoscrizioni estere si è iniziato a considerare gli italiani resi-denti all’estero in base al Paese straniero di residenza e non al comune di iscri-zione all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero). Precedentemente,infatti, pur non contribuendo a determinare la distribuzione dei seggi (poichénon venivano censiti in quanto non residenti e, soprattutto, non presenti al mo-mento del censimento) mantenevano il diritto di voto nel comune di ultima re-sidenza in Italia, o comunque presso il Comune AIRE dove risultavano iscritti.Nel presente documento ci limitiamo a considerare l’elezione dei rappresen-

tanti alla Camera dei Deputati. Per quanto concerne il Senato analoghe conside-razioni sono state svolte da A. Cortese 1.

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1. Una voce critica non può non muovere dalle seguenti domande: i governihanno il diritto di imporre una lingua? I test linguistici obbligatori risolvono ilproblema della sicurezza? La lingua – come strumento di potere – può essereusata come un mezzo per regolare i flussi migratori? Ancora: la sola conoscenzadella lingua rende gli stranieri più integrati? 1 Ed in ultimo: l’integrazione puòesser ridotta a mera assimilazione?Van Avermaet 2 sottolinea peraltro come lo stesso concetto di integrazione

sia piuttosto vago e vari al variare di luogo e tempo: multiformi infatti sono le esi-genze ed i bisogni 3 dell’“integrando” che si presentano come sommatoria tra sa-pere, saper essere e saper fare, così come d’altro canto appare mutevole lo stessoconcetto di alfabetizzazione funzionale introdotto dall’Unesco 4.I politici però, a livello pressoché planetario, amano i test, perché dicono chia-

Lorenzo Rocca

Requisiti linguistici ed integrazione

SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. La situazione internazionale. - 3. La situazione italiana e le iniziativedi riforma. - 4. Il modello proposto. - 5. Considerazioni conclusive.

1 In merito all’impatto dei test ed al cosidetto “washback” sulla società, cfr. E. SHOHAMY, Thepower of tests. The impact of language tests, NFLC, Washington, 1993.2 Atti del Convegno LAMI, Roma, 11 maggio 2010, in corso di stampa. Cfr anche P. VAN AVER-MAET, M. SPOTTI, Language Testing, Migration and Citizenship: Cross-national Perspectives (Ad-vances in Sociolinguistics), 2009.3 Demetrio propone una tripartizione dei bisogni dell’adulto distinguendoli in: adattativi (tesiall’integrazione nel nuovo tessuto sociale); trasformativi (finalizzati in genere ad un miglioramentodelle condizioni di vita); riproduttivi (atti cioè a consolidare precedenti esperienze) in base ad unaprospettiva che si presenta come duplice: conservativa (ricongiungimento nucleo familiare, nonabbandono delle radici e dell’identità culturale) e contestualmente innovativa. D. DEMETRIO,Ma-nuale di educazione degli adulti, Roma 1997.4 Recita l’Unesco che “un individuo è funzionalmente analfabeta quando non può partecipare atutte quelle attività in cui l’alfabetismo è necessario per il funzionamento efficace del suo gruppoo della sua comunità ed anche per permettergli di continuare ad usare la lettura, la scrittura e le abi-lità di calcolo per il proprio sviluppo e quello della comunità”. Sul tema del relativismo del con-cetto di alfabetizzazione, cfr. F. MINUZ, Italiano L2 e l’alfabettizzazione in età adulta, Roma, 2005e A. ALBERICI, Imparare sempre nella società della conoscenza, Milano, 2002.

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5 Consiglio d’Europa,Quadro Comune Europeo di Riferimento, Firenze, 2002; cfr. M. MEZZA-DRI, Integrazione linguistica in Europa, Torino, 2006.6 Cfr. contributo ALTE – LAMI SiG, reperibile on line nel sito del Consiglio d’Europa:http://www.coe.int/t/dg4/linguistic/MigrantsSemin08_ListDocs_EN.asp#TopOfPage.7 Council of Europe, User’s guide for examiners, Council of Europe Publishing, Strasburgo,1997; cfr. anche ALTE,Quality Management System, LTRC, 2005.8 Decreto del 4 giugno 2010 - Modalità di svolgimento del test di conoscenza della lingua ita-liana, previsto dall’articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, introdotto dall’articolo1, comma 22, lettera i) della legge n. 94/2009. (GURI n. 134 del 11-6-2010 ).

ramente chi è dentro e chi è fuori. E se il candidato non supera il test? A qualiconseguenze andrà incontro? I test linguistici rappresentano uno strumento dicontrollo semplice e facilmente utilizzabile, ma potenzialmente non equo.

2. Oggi il 63% dei Paesi membri del Consiglio d’Europa prevede test di cono-scenza della lingua del Paese ospite rivolti a migranti che richiedono l’ingresso,il permesso di soggiorno, la cittadinanza o l’accesso ad altre opportunità (adesempio i servizi del welfare in Svezia).Relativamente al livello linguistico, si passa dall’A1.1 della Francia al B2 del

Quadro Comune 5 della Danimarca, ma mediamente quello più richiesto – purcon significative eccezioni – è l’A2 6 ; anche le modalità di somministrazione deltest ovviamente differiscono da Stato a Stato, però in generale è possibile affer-mare che:1. vengono testate tutte e quattro le macro abilità: leggere, scrivere, ascoltaree parlare;

2. il test viene somministrato all’interno di Centri dove il candidato si è pre-cedentemente preparato, da insegnanti e non da altro personale della pub-blica amministrazione;

3. il test è legato ad un coerente percorso formativo.

3.Anche in Italia, ormai da tempo, si sta parlando, a livello politico, di certifica-zione linguistica quale requisito richiesto al migrante. Non si può allora non pen-sare alla dimensione sociale ed alle implicazioni etiche di questa ipotesi: se finorala certificazione era uno strumento in più di cui uno straniero poteva o menodotarsi, ora essa potrebbe diventare l’elemento indispensabile, voluto dall’ese-cutivo, per permettere al migrante di rimanere in Italia. In questo caso, non saràpiù sufficiente applicare standard di qualità 7 a tale strumento, ma sarà necessa-rio avviare degli studi sull’impatto della prova sulla persona e sulla società.Cosa può fare a tale proposito chi si occupa di insegnamento e certificazione

linguistica, in un momento storico in cui il governo sta già varando norme 8 perrendere obbligatoria un’attestazione di competenza della lingua italiana?

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1. La circolare del Ministero dell’interno che si annota (n. 5312 del 10/8/2010)porta a conoscenza il parere fornito dalla Agenzia delle entrate 1, su appositaistanza del Ministero dell’interno, relativamente alla interpretazione dell’Art. 9,d.lgs. n. 286 del 25/7/1998.Disposizione che, al primo comma, subordina il rilascio del permesso di sog-

giorno Ce per soggiornanti di lungo periodo a diverse condizioni, tra cui la “di-sponibilità di un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale e,nel caso di richiesta relativa ai familiari, di un reddito sufficiente” secondo i pa-rametri di cui all’Art. 29, comma 3, lett. b), d.lgs. 286/1998 2.Nel proprio quesito, il Ministero dell’interno chiedeva di conoscere “quali

importi debbano essere rilevati nei modelli CDU, 730 e Unico, ai fini della veri-fica del requisito reddituale”.In questo modo formulata, la domanda sembrerebbe essere di portata assai li-

mitata e di natura meramente applicativa, in quanto relativa alla “corretta” letturada darsi a modelli ministeriali di dichiarazione d’imposta.La risposta, tuttavia richiede l’esame di ulteriori e ben più rilevanti questioni,

implicitamente presupposte dal laconico quesito ministeriale.

Thomas Tassani *

Requisito reddituale e rilascio del permessodi soggiorno

SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Il concetto di reddito nel Testo Unico n. 286/98. - 3. Redditi dello stra-niero e dichiarazione tributaria. - 4. La rilevanza dei redditi non dichiarati dallo straniero.

* Università di Urbino, Ricercatore di diritto tributario1 Direzione centrale normativa, parere del 28/6/2010.2 E quindi “di un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore all’importo annuodell’assegno sociale aumentato della metà dell’importo dell’assegno sociale per ogni familiare da ri-congiungere”. La disposizione da ultimo citata prevede inoltre che “per il ricongiungimento didue o più figli di età inferiore agli anni quattordici ovvero per il ricongiungimento di due o più fa-miliari dei titolari dello status di protezione sussidiaria è richiesto, in ogni caso, un reddito non in-feriore al doppio dell’importo annuo dell’assegno sociale. Ai fini della determinazione del redditosi tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari conviventi con il richiedente”.

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3 Sul punto, si veda Cons. Stato, sent. n. 3350, sent. n. 1238, del 26 gennaio - 3 marzo 2010 (inquesta Rivista, n. 1/2010, p. 127 ss., con commento di E. M. RUFFINI, Brevi note in tema di dispo-nibilità reddituale per il rinnovo del permesso di soggiorno.4 E, quindi, al fine di rilasciare un permesso di soggiorno “di lungo periodo”, che presupponeuna presenza già dello straniero sul territorio italiano (dovendo essere in possesso da almeno cin-que anni di un permesso di soggiorno in corso di validità). Analogamente, il riferimento al redditoin senso proprio è in grado di evidenziare condizioni di non precarietà e di autosufficienza dellaattività professionale esercitata, che sembrano essere alla base della previsione dell’Art. 26, comma3, d.lgs. n. 286/98. Disposizione che è correttamente interpretata, in quanto riferita al concetto fi-scale di reddito (Cons. Stato, sent. n. 3350, sent. n. 1238, cit.). Sul tema, anche le osservazioni di A.MONDINI, Lo straniero nel diritto tributario, in questa Rivista, n. 2/2010.

2. La prima, fondamentale, questione riguarda la nozione da attribuirsi al ter-mine “reddito” contenuto nella disposizione normativa in esame.Se, cioè, il legislatore faccia riferimento ad un concetto “tecnico” di reddito,

rinviando quindi alla definizione accolta nella legislazione tributaria (ed in par-ticolare nel Testo Unico delle Imposte sui Redditi, d.lgs. n. 917/1986); oppure seil termine è utilizzato in una accezione generica, diversa da quella fatta propriadall’ordinamento fiscale.Rispetto a tale scelta interpretativa, l’Agenzia delle entrate fornisce una non-

risposta, limitandosi ad osservare che la disposizione in oggetto è di “caratterenon tributario” e che la stessa “non individua in maniera definita le componentireddituali da prendere in considerazione ai fini della verifica del requisito”.L’Agenzia evita di prendere una chiara posizione sul punto, espressamente

dichiarando che la propria risposta prescinde “da qualsiasi valutazione in ordinealla interpretazione delle richiamate disposizioni”, sottolineando, quindi, la pro-pria incompetenza circa la applicazione di norme che non hanno natura fiscale.L’Agenzia, però, non si ferma a questo rilievo, ma prosegue interrogandosi

sulla estensione del concetto “fiscale” di reddito, in questo modo fornendo im-portanti indicazioni interpretative qualora si ritenesse che l’Art. 9, d.lgs. n.286/1998 contenga un implicito rinvio alla definizione di “reddito fiscale”.Soluzione, quest’ultima, che risulta peraltro essere quella più convincente, in

base ad una lettura sistematica delle disposizioni del d.lgs. n. 286/1998 3.Nel Testo Unico sulla immigrazione, l’utilizzo del termine “reddito” è limi-

tato a specifiche ipotesi in cui il rinvio al concetto fiscale consente sia di poterdare una precisa quantificazione monetaria del presupposto (permettendo così laverifica del raggiungimento di livelli minimi, come quello dell’importo annuodell’assegno sociale), sia di apprezzare fattispecie in cui la produzione di redditiin senso proprio (con i correlati doveri impositivi) è in grado di evidenziare ele-menti di collegamento stabili con la Comunità, indubbiamente rilevanti nellaratio dell’Art. 9, d.lgs. n. 286/98 4.

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Rassegna di giurisprudenzaannotata e commentata

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1. Torniamo ad occuparci del cosiddetto “accordo di scelta” del regime applica-bile ai rapporti patrimoniali della famiglia (art. 30, l. 218/1995) 1.Il tribunale di Saluzzo, un piccolo comune in provincia di Cuneo, si occupa

proprio di questo problema, sollecitato avverso il diniego opposto da un uffi-ciale di stato civile circa l’annotazione in margine all’atto di matrimonio (tra-scritto in Italia ai sensi dell’art. 19, d.p.r. 396/2000) della scelta di un regimediverso da quello derivante dal rapporto di coniugio.Iniziamo dal fatto.Due cittadini albanesi, coniugati in Albania nel 1991, si erano trasferiti a Sa-

luzzo, fissando ivi la propria residenza.Il marito, avendo intrapreso un’attività commerciale e volendo prevenire ogni

evenienza negativa di ordine patrimoniale, derivante dallo svolgimento, appunto,di un’attività commerciale, conviene, assieme alla moglie, di recarsi da un notaiodel luogo per stipulare una convenzione matrimoniale avente ad oggetto il regimedi separazione dei beni, operando, al contempo, la cosiddetta optio legis di cui al-l’art. 30 della l. 218/1995, consistente nella scelta, appunto, della legge italianaquale legge regolatrice dei rapporti patrimoniali fra i coniugi 2.

Lorenzo Balestra *

L’optio legis di cui all’art. 30 L. 218/1995:l’annotazione in margine dell’attodi matrimonio tra coniugi stranieri

NOTA al decreto del Tribunale di Saluzzo, 10 - 11 agosto 2010

SOMMARIO: 1. Il cosiddetto accordo di scelta o optio legis. - 2. La pubblicità dell’optio legis. - 3. Leproblematiche applicative. - 4. La funzione pubblicitaria dei registri dello Stato Civile.

* Avvocato in Pesaro.1 L. BALESTRA,Matrimoni plurinazionali e opponibilità ai terzi del regime patrimoniale della fa-miglia, in questa Rivista, 1, 2010, p. 87 ss..2 “L’art. 30, 1° co., (…) fa coincidere la disciplina dei rapporti patrimoniali tra coniugi con quelladei rapporti personali, dichiarando che i primi sono regolati dalla legge applicabile ai secondi (salvauna limitata possibilità di scegliere un’altra legge).La coincidenza con la legge applicabile ai rapporti personali appare opportuna, data la difficoltà di

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Rassegna di giurisprudenza annotata e commentata

Gli Stranieri - Numero 3/2010132

È ovvio che tale era il naturale e necessario presupposto per poter, poi, optareper il regime di separazione dei beni in accordo alla legge italiana.Fin qui tutto bene; il problema nasce quando l’ufficiale dello stato civile nega

l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio di una tale “convenzione”.

2. Le eccezioni, a parte questioni preliminari 3, consistono, come sbrigativamentesi esprime il giudicante, nella lamentata violazione di un diritto soggettivo allapubblicità richiesta nonché nella violazione del divieto di discriminazione di cuiall’art. 43 del d.lgs 286/1998.Il Comune oppone circolari ministeriali in materia 4 che espressamente viete-

rebbero all’ufficiale di stato civile di procedere ad una tale forma di pubblicità(annotazione), ai sensi dell’art. 19, d.p.r. 396/2000.

qualificare certi rapporti come personali o patrimoniali, per esempio l’obbligo di assistenza che, inbase all’art. 143, 2° co., c.c., è al contempo morale e materiale, o il dovere di collaborazione nel-l’interesse della famiglia, previsto dalla stessa disposizione. L’identità fra le leggi regolatrici dei rap-porti personali e di quelli patrimoniali esime dalla necessità di inquadrare nell’una o nell’altracategoria tali fattispecie.I rapporti patrimoniali fra coniugi, in conformità con l’art. 29, 1° co., relativo ai rapporti personali,sono pertanto regolati dalla l. nazionale ad essi comune. Ai sensi dell’art. 29, 2° co., se i coniugihanno diverse cittadinanze o più cittadinanze comuni i loro rapporti sono sottoposti alla legge delloStato nel quale la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata.I collegamenti legislativi predisposti per la disciplina dei rapporti tra coniugi possono, tuttavia, es-sere scavalcati, in materia patrimoniale, con l’intervento di una convenzione matrimoniale intesaa richiamare la legge della cittadinanza o della residenza di uno tra essi. Siffatta scelta, la cui vali-dità viene sottoposta alla legge indicata o a quella del luogo di stipulazione, è opponibile ai terzi solose a questi nota o ignota per loro colpa.”P. LOTTI, Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, in P. CENDON (a cura di),Commentario al codice civile, Milano, 2009, p. 406 s..3 Il Comune di Saluzzo eccepisce una carenza di legittimazione attiva in quanto il ricorso sarebbestato proposto dal notaio anche in proprio mentre il ricorrente eccepisce la mancanza del patroci-nio dell’Avvocatura dello Stato (il decreto però liquida agevolmente tali eccezioni preliminari, peroccuparsi più approfonditamente del merito della vicenda).4 Si tratta della circolare 23.3.2001, n. 2: (…) L’art. 19 si riferisce unicamente alla trascrizione, perintero, su richiesta degli interessati, di atti formati all’estero relativi a cittadini stranieri residenti inItalia. Tali trascrizioni sono meramente riproduttive di atti riguardanti i predetti cittadini stranieriformati secondo la loro legge nazionale da autorità straniere. Esse hanno il solo scopo di offrire agliinteressati la possibilità di ottenere dagli uffici dello stato civile italiani la copia integrale degli attiche li riguardano così come formati all’estero. Dette trascrizioni, attesa la loro estraneità all’ordi-namento giuridico italiano non possono, comunque, porsi in contrasto con quest’ultimo per ragionidi ordine pubblico. Sono, pertanto, fuori dall’ambito normativo dell’art. 18 del d.p.r. (…) e soprat-tutto della circolare 23.9.2009, n. 22 con la quale viene data notizia della pubblicazione del massi-mario per l’ufficiale dello Stato Civile: qui si legge, all’art. 16.3., che: La trascrizione degli atticoncernenti cittadini stranieri è prevista dall’art. 19 del d.p.r. 396/2000 solo relativamente agli attiformati all’estero e su richiesta dell’interessato, stabilmente residente in Italia, ovvero per gli atti di

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1. Lo sviluppo (in termini sia quantitativi, sia di acquisizione di funzioni) delleunioni sovranazionali ed internazionali e la crescente globalizzazione del dirittoe dell’economia hanno rilevanti conseguenze. Da un lato, i problemi, da nazio-nali, sono divenuti globali; dall’altro lato, si sono prodotte importanti conse-guenze sui diritti e sugli stessi sistemi giuridici nazionali e sovranazionali.Il diritto tende a staccarsi dal territorio di riferimento: non è più necessaria-

mente legato al territorio di uno Stato o all’ambito di una determinata organiz-zazione internazionale, tanto da divenire un “diritto sconfinato” 1. Si sviluppaun ordine giuridico globale e “fluido”, ove, anche per effetto della maggiore ve-locità dell’economia rispetto alla politica e dell’assenza di un regolatore globale,si creano asimmetrie tra diritto globale e diritto nazionale, nonché tra diritto,politica ed economia 2. Ne consegue che i diritti, da un lato, tendono all’unifor-mazione; dall’altro, tendono a circolare, ad entrare in concorrenza tra di loro, adessere “scelti” dai soggetti più abili 3.

Matteo Gnes *

L’applicazione della Convenzione europeadei diritti dell’uomo al procedimento didiniego di rinnovo del permesso di soggiorno

NOTA alle sentenze del Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 giugno 2010, n. 3760 e 13 settembre 2010, n. 6566

SOMMARIO: 1. La “porosità” del diritto statale dell’immigrazione. - 2. L’influenza del diritto eu-ropeo: le due recenti decisioni del Consiglio di Stato inmateria di tutela dei legami familiari degliimmigrati. - 3. La disciplina del rilascio del permesso e la valutazione del requisito dell’assenzadi condanne. - 4. L’applicazione dell’Art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

* Associato di Diritto amministrativo nell’Università di Urbino “Carlo Bo”.1 M. R. FERRARESE,Diritto sconfinato. Inventiva giuridica e spazi nel mondo globale, Roma-Bari,2006. Si v. anche B. BADIE, La fin des territoires, Fayard, Paris, 1995, trad. it. La fine dei territori.Saggio sul disordine internazionale e sulla utilità sociale del rispetto, Trieste, 1996.2 J. E. STIGLITZ, Making globalization work, trad. it. La globalizzazione che funziona, Torino,2006, p. 21 ss.3 Sulla circolazione e scelta dei diritti si v. M. GNES, La scelta del diritto. Concorrenza tra ordi-namenti, arbitraggi, diritto comune europeo, Milano, Giuffrè, 2004; ID., Scelta del diritto (nell’or-

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Rassegna di giurisprudenza annotata e commentata

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Quindi, la crisi dello Stato (inteso come ordinamento giuridico originario esovrano), già rilevata un secolo fa4, è accelerata dalla “perforazione” dei suoi con-fini, che divengono “porosi”, per effetto dell’ingresso delle norme di origine so-vranazionale ed internazionale, nonché dallo sviluppo di networks globali semprepiù diffusi ed accessibili al pubblico.Un importante ruolo, essenziale per favorire la circolazione del diritto, è

svolto dai giudici nazionali, che, interpretando ed applicando il diritto sovrana-zionale, od anche utilizzando gli strumenti di collegamento con l’ordinamentosovranazionale (come il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia stabilito dal-l’ordinamento europeo), ne assicurano l’ingresso nell’ordinamento interno 5.La circolazione e la scelta del diritto (e la conseguente infiltrazione del diritto

di altri ordinamenti) avviene anche con riferimento a funzioni (come l’immigra-zione e la sicurezza pubblica) che sono tradizionalmente poste al cuore delloStato, di cui costituiscono gli scopi principali, tanto da farle ritenere esclusivedello Stato 6, rientranti tra i fini essenziali dello stesso 7.In particolare, in materia di immigrazione, il diritto dell’Unione europea ha

inciso profondamente sui sistemi nazionali, con la progressiva disciplina comunedell’immigrazione, anche dei cittadini extracomunitari. La disciplina europea,nel prevedere il diritto per i cittadini che si trasferiscono in un altro Statodell’Unione di portare con sé i propri familiari più stretti, può essere utilizzataanche per superare i limiti che alcuni ordinamenti nazionali riconoscono al ri-congiungimento familiare. Per esempio, nelle sentenzeAkrich eMetock la Cortedi giustizia ha stabilito l’applicabilità anche al coniuge extracomunitario dellavoratore che rientri nel proprio paese d’origine delle norme europee che pre-vedono il diritto del lavoratore di stabilirsi in un altro paese assieme alla propriafamiglia. In tale modo, trasferendosi per motivi di lavoro in un altro paese euro-

dinamento europeo), in S. CASSESE (a cura di) Dizionario di diritto pubblico, VI, Milano, 2006, p.5449 ss.; S. CASSESE, La crisi dello Stato, Roma-Bari, 2002; ID., Il diritto globale: giustizia e demo-crazia oltre lo Stato, Torino, 2009, p. 131 ss.4 Si v. S. ROMANO, Lo Stato moderno e la sua crisi, Milano, 1910; cfr. anche, dello stesso autore,Oltre lo Stato, in Rivista di diritto pubblico, 1918, p. 2 ss.5 Per una analisi recente si v. G. MARTINICO, Il trattamento nazionale dei diritti europei: Cedue diritto comunitario nell’applicazione dei giudici nazionali, in Riv. trim. dir. pubbl., 2010, p. 691ss. Sull’applicazione del diritto europeo da parte del giudice amministrativo italiano si v. M. GNES,Giudice amministrativo e diritto comunitario, in Riv. trim. dir. pubbl., 1999, p. 331 ss.6 O. RANELLETTI, Istituzioni di diritto pubblico: il nuovo diritto pubblico italiano, Padova, 1929,p. 37 ss., riteneva che tale funzione conoscesse solo limitate concessioni di potere a favore di entipubblici che operavano in seno allo Stato, quali i comuni.7 Cfr. G. ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, V, Milano, 1952, p. 3 ss. e, nell’ottica dellefunzioni pubbliche “in senso enfatico”, per il loro carattere di necessaria inerenza ad un pubblicopotere, M.S. GIANNINI, Istituzioni di diritto amministrativo, Milano, 1981, p. 539 ss.

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1.Nell’ambito dell’Unione Europea, la direttiva 2004/83 1 ha come obiettivo l’ar-monizzazione delle norme utilizzate negli Stati membri per l’attribuzione, a cit-tadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimentibisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenutodella protezione riconosciuta 2. Questa c.d. direttiva “qualifiche” richiama, inparticolare, le disposizioni della Convenzione di Ginevra 3 al fine di determinare

Martina Guidi

Sulle condizioni per il riconoscimentodello status di rifugiato a un apolide palestinese

NOTA alla sentenza della Corte di giustizia dell’UE 17 giugno 2010 (causa C-31/09, Nawras Bolbol)

SOMMARIO: 1. Considerazioni introduttive sullo status di rifugiato nel diritto dell’Unione europea.- 2. I fatti all’origine della controversia dinanzi al giudice nazionale. - 3. Il rinvio all’art. 1, se-zione D, della Convenzione di Ginevra: la prassi relativa alla sua applicazione e la protezionedell’UNRWA. - 4. La sentenza della Corte di giustizia sull’ambito di applicazione dell’art. 12,par. 1, lett. a), della direttiva “qualifiche”. - 5. Brevi considerazioni conclusive.

1 Direttiva del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/83/CE, recante norme minime sull’attribuzione,a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa diprotezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta(GUUE, L 304 del 30.9.2004 p. 12).2 Il sesto ‘considerando’ precisa che «[l]o scopo principale della presente direttiva è quello, dauna parte, di assicurare che gli Stati membri applichino criteri comuni per identificare le personeche hanno effettivamente bisogno di protezione internazionale e, dall’altra, di assicurare che un li-vello minimo di prestazioni sia disponibile per tali persone in tutti gli Stati membri». L’obiettivoda perseguire per creare il sistema europeo comune di asilo è l’instaurazione di una proceduracomune d’asilo e di uno status uniforme valido in tutta l’Unione.3 La Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 (Recueil destraités des Nations unies, 1954, vol. 189, p. 150, n. 2545), è entrata in vigore il 22 aprile 1954. Essaè stata completata dal Protocollo relativo allo status dei rifugiati del 31 gennaio 1967, entrato in vi-gore il 4 ottobre 1967. Tutti gli Stati membri dell’Unione europea hanno ratificato tale conven-zione e, a livello dell’Unione europea, i rispettivi obblighi sono riportati nella direttiva sullaqualifica di rifugiato in questione.

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Rassegna di giurisprudenza annotata e commentata

Gli Stranieri - Numero 3/2010156

4 Ai sensi del terzo ‘considerando’ della direttiva, «La Convenzione di Ginevra (…) [costituisce]la pietra angolare della disciplina giuridica internazionale relativa alla protezione dei rifugiati».5 Così l’art. 1, sezione A, punto 2, primo par., della Convenzione di Ginevra. Con previsionemolto simile, l’art. 2, lett. c) della direttiva 2004/83 definisce rifugiato il «cittadino di un Paeseterzo il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, naziona-lità, opinione politica o appartenenza ad un determinato gruppo sociale, si trova fuori dal Paese dicui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione didetto Paese, oppure apolide che si trova fuori dal Paese nel quale aveva precedentemente la di-mora abituale per le stesse ragioni succitate e non può o, a causa di siffatto timore, non vuole farviritorno, e al quale non si applica l’articolo 12» (corsivo aggiunto).6 L’UNRWA è stata istituita con la risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unitedell’8 dicembre 1949, n. 302 (IV), al fine di fornire aiuto e assistenza ai profughi palestinesi che sitrovano in Libano, in Siria, in Giordania, in Cisgiordania e nella striscia di Gaza. Le prestazioni del-l’UNRWA sono, in linea di principio, accessibili ai Palestinesi che vivono in tali territori che, in se-guito alla guerra del 1948, hanno perduto casa e mezzi di sussistenza, nonché ai loro discendenti.Il mandato dell’UNRWA è stato regolarmente rinnovato e quello attualmente conferitole fissa iltermine al 30 giugno 2011.7 L’art. 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra così recita: «La presente Convenzione nonpuò applicarsi a coloro che beneficiano attualmente di protezione o assistenza da parte di organio agenzie delle Nazioni Unite diversi dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.Qualora questa protezione o questa assistenza, per un qualunque motivo, venga meno senza che

a quali soggetti, e in quali circostanze, va riconosciuto lo status di rifugiato e leconseguenze di detto riconoscimento 4.Secondo la Convenzione, il termine «rifugiato» si applica a chiunque, temendo

a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appar-tenenza a un determinato gruppo sociale, o per le sue opinioni politiche, si trovafuori dal Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore,avvalersi della protezione di questo Paese; oppure a chiunque, non avendo una cit-tadinanza e trovandosi fuori dal Paese in cui aveva residenza abituale a seguito ditali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per lo stesso timore 5.Tuttavia, la Convenzione prevede che sia escluso il riconoscimento dello sta-

tus di rifugiato – e il godimento dei correlati diritti – in capo a coloro che bene-ficiano attualmente di protezione o assistenza da parte di organi o agenzie delleNazioni Unite diversi dall’Alto Commissariato delle Nazioni unite per i Rifu-giati (United Nations High Commissioner for Refugees, UNHCR), quale l’Agen-zia per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel Vicino Oriente(United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the NearEast, UNRWA) 6. Peraltro, qualora questa protezione o questa assistenza do-vessero venire a cessare, per un qualunque motivo, senza che la situazione diqueste persone sia stata definitivamente regolata, costoro avrebbero pieno di-ritto di usufruire del regime previsto dalla detta Convenzione 7.Nello stesso senso, l’art. 12, par. 1, lett. a), della citata direttiva, esclude che a

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1. La pronuncia in commento consente di ripercorrere brevemente la querellerelativa al riconoscimento o meno ai lavoratori extracomunitari non regolar-mente soggiornanti della possibilità di supplire all’inerzia del proprio datore dilavoro ai fini dell’accesso “per vie traverse” all’area dell’occupazione nello Statoospitante attraverso il meccanismo sanante delineato dal d.l. 9 settembre 2002, n.195, convertito in l. 9 ottobre 2002, n. 222.

Nel caso de quo, il giudice di prima istanza aveva dichiarato l’inefficacia delprovvedimento di espulsione inflitto dal Prefetto nei confronti di un cittadinoprivo del permesso di soggiorno che a fronte dell’inerzia del proprio datore di la-voro si era attivato personalmente per dare avvio al farraginoso iter proceduraledescritto dall’art. 22 del d.lgs. 286/98 ai fini dell’ammissione al lavoro.

Secondo il Giudicante, l’applicazione in via analogica della disposizione dicui all’Art. 2, co. 1, l. 222/2002 avrebbe legittimamente potuto spiegare i suoi ef-fetti “impeditivi” anche con riferimento al alla fattispecie sottoposta alla sua at-tenzione. Accantonando la problematica – invero di importanza nodale nel casodi specie – relativa alla legittimità o meno del ricorso al procedimento analogicoeffettuato dal giudice di pace pesarese, è indubbio che a monte quest’ultimoavesse operato una scelta favorevole al riconoscimento di efficacia giuridica (rec-tius, ostativa) al comportamento attivo del lavoratore nell’ambito del procedi-mento di regolarizzazione.

Chiamata a pronunciarsi sulla questione a seguito dell’impugnazione prefet-tizia, la Suprema Corte ha tuttavia censurato l’interpretazione accolta dal giu-dice di prime cure, escludendo che la norma predetta sia suscettibile di essereapplicata in via analogica al caso di un lavoratore irregolare che presenti alla sede

Maria Lughezzani

Inerzia datoriale e avvio al lavorodei cittadini extra Ue

NOTA alla sentenza della Corte di Cassazione, Sezione I Civile n. 18912 del 31 agosto 2010.

SOMMARIO: 1. La vicenda. - 2. L'ingresso nel mercato del lavoro italiano dei cittadini extra Ue.

* Dottoranda in Diritto dell’Unione europea nell’Università di Ferrara, sede di Rovigo

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Rassegna di giurisprudenza annotata e commentata

Gli Stranieri - Numero 3/2010170

1 Per una ricognizione della disciplina nazionale in materia si rinvia, senza alcuna pretesa di esau-stività, a: G. LUDOVICO, La disciplina del lavori immigrati extracomunitario dopo le modifiche pre-viste dalla l. n. 189/2002, in Lav. giur., 2002, 11, p. 1021; L. NERI, A. GUARISO, La legge Bossi-Finiin materia di immigrazione: le innovazioni in materia di lavoro, in Riv. crit. dir. lav., 2002, p. 239e ss.; G. DONDI, La politica dell’immigrazione: dalla legge Turco-Napolitano alla legge Bossi-Fini,in G. DONDI, Il lavoro degli immigrati,Milano, 2003, p. 3 e ss.. Recentemente, L. CALAFÀ, Il con-tratto di lavoro degli stranieri tra sicurezza pubblica e mercato, in Lavoro e diritto, 2009, 4, p. 541e ss. Per una lettura in chiave comparata: B. VENEZIANI, Il “popolo” degli immigrati e il diritto allavoro: una partitura incompiuta, in Riv. giur. lav., 2007, 3, p. 479 e ss.

della Prefettura competente una domanda di assunzione per lavoro subordinatonon stagionale.Ciò, come si vedrà, in ragione dell’ontologica diversità di fini che secondo i

giudici di ultima istanza ispirerebbe, da un lato, la disciplina che sovrintende l’in-gresso dei cittadini extracomunitari sul mercato del lavoro – governata dall’in-treccio, da taluno definito “perverso”, tra contratto di lavoro e autorizzazione alsoggiorno – e i provvedimenti periodici di regolarizzazione del lavoro sommerso,dall’altro. Ma procediamo con ordine.

2.A far data dall’entrata in vigore della l. 189/2002 (cd. Legge Bossi-Fini) il pro-cedimento che sovrintende l’ingresso nel mercato del lavoro dei cittadini prividella cittadinanza comunitaria prevede in buona sostanza che il datore di lavorointeressato all’assunzione presenti dinanzi allo Sportello Unico per l’immigra-zione territorialmente competente (ovverosia quello della Provincia di residenza,della sede legale dell’impresa o dell’esecuzione della prestazione lavorativa) unarichiesta (solitamente) nominativa di nulla osta al lavoro. La richiesta in que-stione deve essere corredata della documentazione relativa alle modalità di siste-mazione alloggiativa per il lavoratore, della proposta di contratto di soggiorno dicui all’art. 5 bis del d.lgs. 286 del 1998 (cd. T.U. sull’immigrazione) comprensivadell’impegno datoriale al pagamento delle spese di rientro del lavoratore nel Paesedi appartenenza nonché della dichiarazione di impegno a comunicare ogni va-riazione concernente il rapporto di lavoro (art. 22, d.lgs. 286/98) 1.Laddove nel termine di quaranta giorni dall’invio della domanda venga ac-

certato il soddisfacimento di tutte le condizioni prescritte dalla legge ed essa rien-tri altresì nella quota di ingressi stabilita annualmente con decreto, lo Sportelloprovvede al rilascio del nulla osta all’assunzione (art. 22, co. 5). Segue l’accessoin Italia del lavoratore extracomunitario munito di regolare visto di ingresso aifini della sottoscrizione presso lo Sportello unico del contratto di soggiorno perlavoro subordinato (di durata variabile e comunque non superiore ai due anni nelcaso di assunzione a tempo indeterminato). Adempiute siffatte pratiche, l’iter siconclude con il rilascio al lavoratore di un permesso di soggiorno, invero desti-

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Gli Stranieri - Numero 3/2010 175

1. Con le sentenze in commento la Suprema Corte esamina due proble-matiche centrali in tema di cooperazione giudiziaria internazionale: il di-vieto di concedere l’estradizione 1 in particolare quando vi è ragione diritenere che il condannato (o l’imputato) verrà sottoposto nel paese che nechiede la consegna a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti ocomunque ad atti che configurano violazione di uno dei diritti fonda-mentali della persona (art. 698 comma 1 c.p.p.); la verifica, alla luce delladisciplina del mandato d’arresto europeo 2, del c.d. principio di doppia

Gianluca Varraso *

Il rispetto dei diritti fondamentalidello straniero e il principio della doppiapunibilità: tra estradizione e mandatod’arresto europeo

NOTA alle sentenze della Corte di Cassazione sez. VI penale, n. 32685 del 3 settembre 2010

e sez. fer. penale, n. 32372 del agosto 2010

SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Il caso concreto. - 3. Il rispetto dei diritti fondamentali in tema diestradizione. - 4. Il principio di doppia punibilità e il mandato d’arresto europeo. - 5. Le nuoveprospettive processual-penalistiche dopo il Trattato di Lisbona.

* Professore associato di Diritto processuale penale – “Carlo Cattaneo” LIUC e Incaricato diDiritto penitenziario – Università Cattolica S. Cuore di Milano.1 Limitandoci ad alcuni dei contributi più recenti, v. P.P. DELL’ANNO, L’estradizione: a) perl’estero, in Trattato di procedura penale, diretto da G. SPANGHER, VI, L. KALB (a cura di), Esecuzionee rapporti con autorità giurisdizionali straniere, Torino, 2009, p. 567 ss.;M.R.MARCHETTI,Estradizione(diritto processuale penale), inEnc. dir. Annali, III,Milano, 2010, p. 299 ss.; G. RANALDI,Estradizione(diritto processuale penale), inDigesto discipline penalistiche, Agg., t. 1, Torino, 2005, p. 470 ss..2 Da ultimo, A. CHELO, Il mandato d’arresto europeo, Padova, 2010; G. DELLA MONICA, Ilmandato d’arresto europeo. A) la procedura passiva di consegna, in Trattato di procedura penale,diretto da G. SPANGHER, VI, op. cit., p. 410 ss.; M.R. MARCHETTI, Mandato d’arresto europeo, inEnc. dir.,Annali, II, t.1, Milano, 2008, p. 539 ss.; E. ZANETTI, Il mandato d’arresto europeo e la giu-risprudenza italiana, Milano, 2009.

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Rassegna di giurisprudenza annotata e commentata

Gli Stranieri - Numero 3/2010176

È da sottolineare che la disciplina del c.d. MAE è oggi integrata dal d.lgs. 7 settembre 2010, n. 161,recante disposizioni per conformare il diritto interno alla Decisione quadro 2008/909/GAI rela-tiva all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irroganopene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unioneeuropea con specifico riferimento alle ipotesi della consegna in executivis e per finalità processualidei cittadini e dei residenti in Italia (ex art. 18 lett. r e 19 comma 1 lett. c l. n. 69 del 2005): cfr. laRelazione n. III/11/10 al predetto decreto che si può leggere in www.cortedicassazione.it.3 Cfr. A. GIARDA, Oralità e “ragionevole durata del processo”: un binomio indissolubile, in Iu-stitia, , 2010, p. 299 ss.; G.UBERTIS,La Corte di Strasburgo quale garante del giusto processo, inDirittopenale e processo, 2010, p. 373; nonchéC.DI PAOLA, sub artt. 1 – 7 Trattato di Lisbona, in A.GIARDA,G. SPANGHER (a cura di),Codice di procedura penale commentato, IV ed., I, Milano, 2010, p. 163 ss..

punibilità, in base al quale il fatto oggetto della richiesta di consegna devecostituire reato sia nello Stato richiedente sia nello Stato richiesto.I risultati a cui si perviene sono sostanzialmente condivisibili, ma ta-

luni passaggi motivazionali, un po’ criptici, necessitano di talune precisa-zioni anche a carattere sistematico.Sullo sfondo vi è un cambiamento “epocale”, anche per il diritto pro-

cessuale penale, costituito dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona 3.

2. In breve le vicende alla base delle due pronunce.La sentenza della sezione VI n. 32685 del 2010 scaturisce dal ricorso

del Procuratore generale presso la corte di appello di Roma avverso unasentenza della medesima Corte, che rigetta la domanda di estradizioneavanzata dalla Turchia per l’esecuzione di plurimi provvedimenti cautelarinei confronti di una persona accusata del reato di partecipazione all’orga-nizzazione terroristica denominata PKK.Il Procuratore generale ravvisa, tra l’altro, l’inosservanza dell’art. 698,

comma 1, c.p.p. in quanto erroneamente i Giudici di secondo grado avreb-bero respinto l’estradizione basandosi su di una sentenza del Tribunaleolandese di Mastricht del 2006 la quale aveva accertato che l’accusato erastato sottoposto a torture nel suo paese di origine. Si contesta in partico-lare l’idoneità della predetta sentenza a comprovare la violazione “attuale”dei diritti umani in Turchia nel 2009.A fondamento della decisione della Sezione feriale n. 32372 del 2010 vi

è, per contro, il gravame di uno straniero condannato per il delitto di truffaaggravata con sentenza definitiva del Tribunale di Timisoara alla pena dianni tre e mesi sei di reclusione, persona della quale è concessa la conse-gna all’autorità giudiziaria romena in forza di un mandato d’arresto eu-

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