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In questo numero L’uso eccessivo durante l’orario lavorativo del social network Nell’ambito del rapporto di lavoro, l’uso dei social net- work può assumere... I commenti dei dipendenti e la possibile diffamazione del datore di lavoro I criteri per definire la liceità di commenti dei dipendenti nei confronti... I limiti del controllo del datore di lavoro sulle attività su Social Network del dipendente / divieto di accesso TIPOLOGIA DEL SOCIAL NETWORK (SN). a. Le persone condividono... Pree-employement screening sui social Lo sviluppo delle reti sociali ha un forte impatto anche sull’ambito lavorativo.... I social network nella gestione delle risorse umane All’interno del mondo del lavoro l’utilizzo dei Social Network si sta... N° 32 - Marzo 2013 L a realtà dei social network, completamente sconosciuti fino a pochi anni fa, è emersa in modo dirompente nella realtà delle nostre aziende nel periodo più recente. Di fronte a questa nuova realtà, superata l’iniziale diffidenza, come spesso accade si stanno sviluppando due atteggiamenti opposti: da una lato la chiu- sura, che tende a demonizzare questo fenomeno e dall’altro un eccessivo entusiasmo. La verità, come sempre, sta nel mezzo: si tratta di uno strumento pervasivo che abbraccia tutta la realtà sociale e quindi anche il mondo del lavoro e le nostre aziende. Come tutti gli strumenti presenta potenzialità e rischi ben presentati negli articoli che seguono. Sta a noi trovare un punto di equilibrio che ci consenta di usarli positivamente evitando o minimizzando i rischi connessi. Enrico Cazzulani, Past President - AIDP Gruppo Regionale Lombardia GLI STRUMENTI “SOCIAL” COME AFFRONTARE IL NUOVO TRA PAURE ED ENTUSIASMI I PERICOLI DELL'ACCESSO AI SOCIAL NETWORK NEL CONTESTO LAVORATIVO di Andrea Stanchi Partner, StanchiStudioLegale L e conversazioni sui Social Media sono una miniera di informazioni. Informazioni che oggi sono ed han- no un valore. Informazioni che possono comportare danni alle imprese, cosicco- me vantaggi. Sorge quindi il problema dell’accesso ai Social Media in ambiente lavorativo. In che limiti è possibile vietar- lo? controllarlo? agevolarlo? condizionar- lo? Il tema è caldo ed all’attenzione dei giu- dici in tutte le economie avanzate. Negli articoli che seguono esamineremo alcune delle principali problematici- tà che ruotano essenzialmente intorno ad alcuni concetti chiave: la relazione con la proprietà aziendale del sistema informativo da cui si accede, e quindi le tematiche dell’abuso (coperte dall’art. 615 ter e 635 bis del codice penale); la tutela dell’immagine aziendale e dei colleghi (quindi le problematiche di bul- lying o diffamazione); i c.d. screening preassuntivi (cioè la raccolta di informa- zioni dai SN per la valutazione del candidato/dipendente, tematiche coperte dalle previsioni dell’art.8 l.n. 300/70); e la possibile violazione dei doveri di fedeltà e di esatto adempimento (quindi uso eccessivo in orario di lavoro, con- trollo della prestazione lavorativa, sottrazione di materiali aziendali). Nell’ambito di quest’ultima problematica rientra anche quella se i contatti creati attraverso un Social Media, mentre si svolge attività di lavoro ed in rela- zione ad essa, siano di proprietà del dipendente o del datore di lavoro. L’esempio è palese laddove ci si occupi ad esempio di società di ricerca e selezione del personale (come nel caso-scuola risolto dalle corti inglesi Hays Specialist Recruitment Ltd V Mark Ions). © vege

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In questo numero

L’uso eccessivo durante l’orario lavorativo del social networkNell’ambito del rapporto di lavoro, l’uso dei social net-work può assumere...

I commenti dei dipendenti e la possibile diffamazione del datore di lavoroI criteri per definire la liceità di commenti dei dipendenti nei confronti...

I limiti del controllo del datore di lavoro sulle attività su Social Network del dipendente / divieto di accessoTIPOLOGIA DEL SOCIAL NETWORK (SN). a. Le persone condividono...

Pree-employement screening sui socialLo sviluppo delle reti sociali ha un forte impatto anche sull’ambito lavorativo....

I social network nella gestione delle risorse umaneAll’interno del mondo del lavoro l’utilizzo dei Social Network si sta...

N° 32 - Marzo 2013

La realtà dei social network, completamente sconosciuti fino a pochi anni fa, è emersa in modo dirompente nella realtà delle nostre aziende nel periodo più recente.

Di fronte a questa nuova realtà, superata l’iniziale diffidenza, come spesso accade si stanno sviluppando due atteggiamenti opposti: da una lato la chiu-sura, che tende a demonizzare questo fenomeno e dall’altro un eccessivo entusiasmo.

La verità, come sempre, sta nel mezzo: si tratta di uno strumento pervasivo che abbraccia tutta la realtà sociale e quindi anche il mondo del lavoro e le nostre aziende. Come tutti gli strumenti presenta potenzialità e rischi ben presentati negli articoli che seguono.Sta a noi trovare un punto di equilibrio che ci consenta di usarli positivamente evitando o minimizzando i rischi connessi.•

Enrico Cazzulani, Past President - AIDP Gruppo Regionale Lombardia

GLI STRUMENTI “SOCIAL” COME AFFRONTARE IL NUOVO TRA PAURE ED ENTUSIASMI

I PERICOLI DELL'ACCESSO AI SOCIAL NETWORK NEL CONTESTO LAVORATIVOdi Andrea StanchiPartner, StanchiStudioLegale

Le conversazioni sui Social Media sono una miniera di informazioni. Informazioni che oggi sono ed han-

no un valore. Informazioni che possono comportare danni alle imprese, cosicco-me vantaggi. Sorge quindi il problema dell’accesso ai Social Media in ambiente lavorativo. In che limiti è possibile vietar-lo? controllarlo? agevolarlo? condizionar-lo?

Il tema è caldo ed all’attenzione dei giu-dici in tutte le economie avanzate.

Negli articoli che seguono esamineremo alcune delle principali problematici-tà che ruotano essenzialmente intorno ad alcuni concetti chiave: la relazione con la proprietà aziendale del sistema informativo da cui si accede, e quindi le tematiche dell’abuso (coperte dall’art. 615 ter e 635 bis del codice penale); la tutela dell’immagine aziendale e dei colleghi (quindi le problematiche di bul-lying o diffamazione); i c.d. screening preassuntivi (cioè la raccolta di informa-zioni dai SN per la valutazione del candidato/dipendente, tematiche coperte dalle previsioni dell’art.8 l.n. 300/70); e la possibile violazione dei doveri di fedeltà e di esatto adempimento (quindi uso eccessivo in orario di lavoro, con-trollo della prestazione lavorativa, sottrazione di materiali aziendali).

Nell’ambito di quest’ultima problematica rientra anche quella se i contatti creati attraverso un Social Media, mentre si svolge attività di lavoro ed in rela-zione ad essa, siano di proprietà del dipendente o del datore di lavoro.

L’esempio è palese laddove ci si occupi ad esempio di società di ricerca e selezione del personale (come nel caso-scuola risolto dalle corti inglesi Hays Specialist Recruitment Ltd V Mark Ions).

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Tema che impatta anche la concorrenza sleale.Cosiccome vi rientra l’utilizzo delle informazioni ac-

quisite magari attraverso un accesso del datore di la-voro ad attività o post su Social Media effettuati dal lavoratore nel tempo extralavorativo, ma che impattino sul rapporto di lavoro (capostipite della discussione sul tema la decisione della Corte del New Jersey Pietrylo v. Hillstone Restaurant Group: post offensivi del capo determinanti il licenziamento).

O ancora il caso in cui sia l’attività del dipendente sul SN ad esporre il datore di lavoro al rischio di sanzioni o responsabilità verso terzi, imponendogli di tutelarsi (come nella recente decisione Protolinda Hospital della Superior Labour Court brasiliana).

Nel nostro ordinamento le norme coinvolte sono, quindi, sia quelle penali, sia quelle lavoristiche, sia quelle relative alla tutela della privacy, dell’immagine, della proprietà intellettuale e della concorrenza.

Per introdurre il tema partiamo, però, dal problema della creazione di un sistema di Social Media azien-dale.

In questo caso il primo vincolo emerge dall’art. 11 della l.n. 300/70. Norma desueta che presiedeva alla

costituzione dei c.d. CRAL. Tutte le iniziative di socia-lizzazione e ricreative o culturali aziendali devono es-sere gestite da organismi formati a maggioranza dei lavoratori.

Questo introduce un vincolo delicato per le imprese che intendano costituire un tale sistema interno di so-cializzazione. Non solo per la gestione, ma perchè ciò implica l’accesso con poteri di amministrazione al si-stema informativo che lo supporta. Implica quindi spe-cifiche problematiche di configurazione del sistema, nonchè garanzie di sicurezza e limitazioni di controllo, cui seguono quelle di privacy e di responsabilità in cui azienda e sindacato si trovano sul medesimo fronte verso i terzi.

Problematiche complesse che non possono essere trattate diffusamente, ma che preme segnalare, poiché spesso sono completamente pretermesse, aprendosi così profili di antisindacalità ed illiceità del sistema.

Fuor da questo caso, le scelte dell’impresa (consen-tire o no e limitare l’accesso ai SN) si fondano sui po-teri direttivi ed organizzativi: il primo problema restano adeguate policy aziendali, da cui dipenderanno ambiti di liceità per il dipendente e di tutela per l’impresa. •

Nell’ambito del rapporto di la-voro, l’uso dei social network può assumere rilevanza, tra

l’altro, sotto il duplice profilo del tem-po sottratto alla prestazione lavora-tiva e della diffusione in rete da par-te del lavoratore di apprezzamenti negativi o di notizie riservate riguar-danti l’organizzazione aziendale.

Sotto il primo profilo, non può dubitarsi del fatto, che il comporta-mento del lavoratore integra – so-prattutto quando sfocia in un accesso smodato ai social network, che va al di là dei limiti della normale tollerabilità, secondo i criteri generali di correttezza e buona fede – una violazione dei doveri di diligenza del lavoratore, che può formare oggetto di una san-zione conservativa oppure, nei casi più gravi, espul-siva (la giurisprudenza già da tempo ha affermato che una lunga e ripetuta connessione ad internet durante l’orario di lavoro, qualora non dipenda da necessità connesse allo svolgimento della presta-zione lavorativa, legittima il licenziamento per giusta causa, v. T. Milano, Sez. Lav., 14/6/2001). Alle stes-se conclusioni può naturalmente giungersi nel caso in cui il lavoratore diffonda sui social network notizie riservate o giudizi offensivi nei confronti del datore di lavoro, essendo in tal caso senz’altro configurabile una violazione degli obblighi di fedeltà, correttezza e buona fede.

La fruibilità immediata del social network rischia di alimentare il feno-meno: a nulla serve, infatti, “bloccare” l’accesso dalla rete aziendale a que-sto o quel sito web visto che, per rag-giungere i propri “amici”, al lavoratore basta anche solo uno smartphone di nuova generazione. Sotto il profilo di-sciplinare, poi, il fatto che il lavorato-re si colleghi con i social network per il tramite di strumenti propri è senz’al-tro meno grave del comportamento

di chi invece utilizza la rete aziendale, magari, con-travvenendo alle policy emanate dal datore di lavoro e comunque rischiando di danneggiare la funzionalità della stessa e, quindi, di mettere in pericolo l’integrità del patrimonio aziendale.

Maggiori profili di criticità attengono, invece, alla fase istruttoria, di accertamento dell’addebito, pro-dromica al procedimento disciplinare posto che il datore di lavoro, per verificare se e quanto tempo il lavoratore abbia trascorso su un social network, deve necessariamente compiere un’attività di con-trollo sulla prestazione lavorativa, che per essere le-gittima deve rispettare le norme dettate dallo Statuto dei Lavoratori e dalla normativa in materia di privacy, soprattutto ove tale controllo non venga posto in es-sere di persona dal datore di lavoro o venga realiz-zato a distanza o con modalità occulte. •

* Partner, Scorcelli, Rosa & Partners - Studio Legale

L’USO ECCESSIVO DURANTE L’ORARIO LAVORATIVO DEL SOCIAL NETWORKdi Renato Scorcelli*

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I criteri per definire la liceità di commenti dei dipen-denti nei confronti del datore di lavoro sono stati stabiliti da una vecchia sentenza della Cassazione

(1173 del 25/2/1986): riassumendo al massimo, occor-re verificare se vi sia una effettiva lesione della reputa-zione dell’azienda, se i commenti riportino fatti veri, ed infine quale sia l’ambito della diffusione dei commenti.

Una breve check-list degli aspetti più importanti da esaminare è la seguente:

1. Una prima verifica è se i commenti in questione siano stati apposti durante la prestazione lavora-tiva. Il lavoratore ha l’obbligo di fornire la propria prestazione; se il dipendente, nel momento in cui avrebbe dovuto lavorare, sia invece collegato at-tivamente con Facebook, fa una differenza.

2. Il Garante della Privacy, sin dal 2007 ha pubbli-cato le linee guida in materia (Garante Privacy, 1 Marzo 2007, doc. web n. 1387522), in cui ha ricordato i doveri fondamentali del datore di lavo-ro: pubblicare un codice di comportamento che stabilisca le regole cui il lavoratore deve atte-nersi nell’uso delle risorse informatiche (quindi se sia consentito l’uso personale, in che termini, ecc). Occorre poi che nella informativa fornita ai dipendenti sia indicata la possibilità di effettuare controlli sull’uso delle risorse informatiche; in ter-zo luogo, occorre verificare che effettivamente il dipendente abbia o meno necessità dell’uso di Internet, e comunque se non si possano inseri-re dei filtri che, all’interno dell’azienda, impedisca-no l’accesso a determi-nati siti.

3. Come detto sopra e ricor-dato nel provvedimen-to del Garante, occorre che nella informativa sia specificata la possibilità di effettuare controlli sui dati di accesso ai sistemi aziendali. Questa speci-ficazione normalmente non è inserita in quanto le informative in uso pre-vedono, nella maggior parte dei casi, che siano trattati i dati personali per l’espletamento di tutti gli adempimenti di legge e di contratto previsti e necessari per la corretta esecuzione del rapporto

di lavoro. Questa dizione è assolutamente insuf-ficiente e pone a serio rischio eventuali controlli effettuati dal datore di lavoro.

4. Infine la natura del messaggio: pubblica o riser-vata? Il Garante nel 2010 ha esaminato il caso di un dipendente licenziato per aver pubblicato su Facebbok delle foto, riprese in azienda, dove erano visibili disegni coperti da segreto industria-le. Accertato che la consultazione della pagina era possibile non solo agli amici, ma agli amici degli amici, non ha mosso rilievi al comportamen-to dell’azienda. Da notare che non si tratta di una decisione su un ricorso, ma su una segnalazio-ne; le motivazioni e le conclusioni del Garante, quindi, sono state comunicate solo agli interes-sati e se ne trova notizia solo nella relazione del 2010 (pag. 112 e 113).

5. La giurisprudenza in materia è comunque ancora poca. Il Tribunale di Livorno (GIP Trib. Livorno, 31.12.2012 n 38912) ha condannato per diffa-mazione una lavoratrice licenziata che, dopo la cessazione del rapporto di lavoro, aveva pesan-temente insultato il suo ex datore di lavoro. I cri-teri della diffamazione sono: la individuabilità del soggetto offeso, la volontà di recare un danno e la diffusione del commento offensivo. E siccome Facebook ha oltre un miliardo di utenti… •

* Partner, Studio Legale Zallone

I COMMENTI DEI DIPENDENTI E LA POSSIBILE DIFFAMAZIONE DEL DATORE DI LAVOROdi Raffaele Zallone*

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TIPOLOGIA DEL SOCIAL NETWORK (SN). a. Le persone condividono (su SN) contenuti infor-

mativi (opinioni, foto, link, etc.): SN è mezzo di manifestazione del pensiero (art. 21, Cost.);

b. la persona accede al mezzo con un profilo (identità virtuale con cui la persona “agisce” nel-la comunità virtuale). Non vi è corrispondenza biunivoca tra persona e profilo (la persona può creare un numero indeterminato di profili) e, so-prattutto, non vi è nessuna garanzia d’identifica-bilità del soggetto (SN non verifica che al profilo @Pippo corrisponda effettivamente la persona Pippo);

c. il profilo “veicola” nella Rete dati personali: SN è formidabile strumento di “condivisione” e “accu-mulazione” di dati personali (a volte, sensibili);

d. l’accesso a SN è libero (nessuno è obbligato ad avere un profilo su SN);

e. la persona può limitare l’accesso al proprio pro-filo (può pertanto “segmentare” la presenza in SN in uno spazio pubblico e in spazi ad accesso limitato);

f. le informazioni si diffondono in SN in modo rapi-do e pervasivo (in tempo quasi-reale, con un nu-mero limitato di passaggi, raggiungono soggetti a cui non erano indirizzate);

g. SN richiede il supporto fisico di un’infrastruttura materiale (computer fisso o portatile, smartpho-ne, tablet, server periferici, ponti radio, cavi, ser-ver centrali, etc.).

RISCHI DELLE ATTIVITÀ SU SN. Oltre alle potenzialità, sono evidenti i pericoli di SN: rischio di controllo e di perdita di dati personali; diffu-sione (rapida, pervasiva, incontrollata) d’informazioni (false, diffamatorie, etc.). Sorgono quindi esigenze di tutela dal controllo e contrapposte esigenze di tutela dall’uso antigiuridico di SN. Consideriamo le implica-zioni nell’ambito del rapporto di lavoro, ipotizzando il datore di lavoro come “controllore” delle attività su SN dei propri dipendenti.

LIMITE NORMATIVO: divieto di indagine sulle opinioni. Ai sensi dell’art. 8, legge 300/1970, è fatto divieto al da-tore di lavoro, ai fini dell’assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettua-re indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politi-che, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore. Considerando SN come mezzo di espressione del pensiero (vedi 1.a), il datore di lavoro che accedesse a SN (direttamente o a mezzo terzi) per esercitare tale attività di controllo commette-rebbe illecito. Peggio ancora se utilizzasse un falso pro-

filo per entrare in contatto con il profilo del lavoratore e carpirne informazioni (si potrebbe configurare la viola-zione della legge penale: art. 494 c.p.).

LIMITE NORMATIVO: attività su SN attraverso reti aziendali. Ai sensi dell’art. 4, 2°comma, legge 300/1970, il con-trollo a distanza dell’attività dei lavoratori (esercitato per finalità lecite e attraverso dispositivi anche di tipo infor-matico) prevede il preventivo accordo con le rappresen-tanze sindacali. Qualora l’accesso a SN avvenga ma-terialmente attraverso “segmenti” della rete aziendale (vedi 1.g), il controllo del datore di lavoro richiede (anche in questo caso) il preventivo accordo sindacale. Nota bene: controllo sull’accesso, non controllo dei contenuti informativi.

LIMITI (INTRINSECI) SULL’UTILIZZABILITÀ DELLE INFORMAZIONI RACCOLTE. Il datore di lavoro potrebbe peraltro “raccogliere” in SN fatti rilevanti (non inerenti opinioni del lavoratore, ma re-lativi a condotte illecite: dichiarazioni diffamatorie; vio-lazioni di obblighi di fedeltà, etc.). L’utilizzo comporta la prova della genuinità e integrità del dato e, soprattutto, della riconducibilità del dato alla persona del lavoratore (vedi 1.b).

LIMITI ALLA TUTELA DEL LAVORATORE. Il lavoratore, a sua volta, deve essere consapevole che le caratteristiche intrinseche di SN (vedi 1.d; 1.e; 1.f) lo espongono a rischi di controllo e di perdita di dati perso-nali; l’effettività della tutela sarà tanto più debole quanto maggiore è il grado di “apertura” dello spazio virtuale (ad esempio, la foto pubblicata in un “segmento” ad ac-cesso non limitato sarà utilizzabile; non si potrà invoca-re il cd. segreto epistolare, ex art. 616 c.p.; etc.).•

* Partner, LegaliLavoro

I LIMITI DEL CONTROLLO DEL DATORE DI LAVORO SULLE ATTIVITÀ SU SOCIAL NETWORK DEL DIPENDENTE / DIVIETO DI ACCESSOdi Gianni Sozzi*

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Lo sviluppo delle reti sociali ha un forte impatto anche sull’ambito lavorativo: i due terzi dei re-sponsabili delle risorse umane delle aziende,

secondo una recente indagine, utilizzano informazio-ni tratte dai social network al fine di ricercare, veri-ficare e completare le informazioni fornite dai potenziali candidati all’assunzione. I giovani candidati non sono ancora pienamente consapevoli della potenzialità delle rete internet e del relativo impatto sulle categorie del tempo e dello spazio: i commenti, le foto, i video ca-ricati oggi sui social media potranno riemergere negli anni futuri ed essere utilizzati nei colloqui di lavoro dai responsabili delle aziende ed incidere così gravemente sulle loro possibilità di inserimento nel mondo del lavo-ro e nella loro carriera professionale.

La fase di reperimento di informazioni nella fase pre-assuntiva è estremamente delicata sotto il profilo della protezione dei dati personali ed il Garante privacy in passato è intervenuto molteplici volte in materia a tutela delle aspettative di riservatezza dei candidati. L’ottica del legislatore è finalizzata alla prevenzione di situa-zioni discriminatorie; il riferimento nodale in materia è ancora costituito, in assenza di una nuova disciplina, dall’art. 8 statuto dei lavoratori (legge 300 del 1970)

che prevede il divieto del datore di lavoro di compiere indagini, ai fini dell’assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto, sulle opinioni religiose, poli-tiche o sindacali del lavoratore (c.d. dati sensibili) non-ché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’at-titudine professionale. Il sopra citato divieto di indagini per i datori di lavoro, richiamato dall’art. 113 del Codi-ce Privacy, è stato confermato anche dall’art. 10 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (c.d. Legge Biagi) ed esteso anche alle agenzie per il lavoro e altri sog-getti pubblici e privati autorizzati o accreditati, che rac-colgono e trattano dati dei candidati anche attraverso portali e siti internet.

Risulta di interesse comparare l’approccio del legi-slatore italiano rispetto agli altri paesi: in Finlandia l’at-tività di pre-employement sui socialmedia è vietata per legge; in Francia la legge consente tale attività, ma in un’ottica di trasparenza il datore di lavoro deve infor-mare prima del colloquio i candidati sull’attività di re-cruitement effettuata tramite i social; negli Stati Uniti l’attività di recruitement tramite social è consentita ma si segnala che nel gennaio 2013 è stata emanata pres-so lo Stato della California la Social Media Privacy Act, legge che tutela la privacy dei lavoratori e dei

candidati e pone un freno alla prassi di aziende di richiedere ai candidati la password della email e dei propri profili personali dei social media.

Risulta opportuno che i candidati sia-no consapevoli dei rischi nell’utilizzo dei social media e che adottino, in un’ottica di autotutela, le opzioni privacy delle piattaforme on line più garantiste per i propri dati, informazioni, foto e com-menti. I responsabili degli uffici del per-sonale possono avvalersi dei motori di ricerca per focalizzare la loro analisi su aspetti strettamente professionali, ma devono astenersi, nel rigoroso del sopra citato art. 8 dello Statuto dei lavoratori, dal raccogliere e consul-tare eventuali dati sensibili dei can-didati e devono basare pertanto gli ele-menti decisivi del e-recruitement sull’a-nalisi puntuale dei cv e sul colloquio di lavoro. Non bisogna tuttavia demoniz-zare i social media che si confermano degli strumenti straordinari non solo di comunicazione e di condivisione, ma anche di promozione professionale se utilizzati con buon senso e abilità da parte degli stessi giovani candidati.•

* Avvocato presso Staff Legale Università degli Studi di Torino

PREE-EMPLOYEMENT SCREENING SUI SOCIALdi Mauro Alovisio*

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All’interno del mondo del lavoro l’utilizzo dei Social Network si sta affermando in modo significativo. Prova ne sono le numerose ricerche e pubblica-

zioni che dedicano spazio ed attenzione al fenomeno.Se ne è occupata recentemente anche una ricerca di

AIDP Gruppo Regionale Lombardia, in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano ed OpenKnowled-ge. Scopo della ricerca era verificare in quale misura l’utilizzo crescente di tecnologia 2.0 e i social network influiscano sui ruoli HR e sulle modalità di gestione del-le Risorse Umane. La ricerca è stata svolta sia recupe-rando dati quantitativi, con un questionario a cui hanno risposto 153 aziende, che approfondendo qualitativa-mente, con 17 rappresentanti di HR di aziende di gran-di dimensioni come: Adecco, Atm, Brembo, BTicino, Edenred, H3G, Sanofi Aventis, Ibm, Microsoft, Pirelli, Randstad, Sasol, Sea, Sisal, Stm, Unicredit, Vodafone, e, infine, confrontandosi, attraverso focus group, con utilizzatori interni di queste aziende.

Dalla ricerca è emerso che lo strumento più utiliz-zato in azienda è Linkedin per il 56.3% delle aziende, seguito dall’intranet collaborativa con il 55.6%. Solo il 10% delle imprese non utilizza in nessun modo i social network. Dalla ricerca emerge anche che nel 38% dei casi non esistono policy definite per l’utilizzo di stru-menti social esterni all’azienda; nel 33,9% queste po-

licy esistono; solo il 5,8% dei partecipanti ha policy che incoraggiano i dipendenti ad avere un proprio blog o profilo; nel 22,30% ci sono policy definite, che vietano l’accesso ai social network esterni.

Sempre più aziende, dunque, consentono l’accesso dei dipendenti ai social network, cercano di regolamen-tarlo o lo utilizzano per finalità di gestione, come il re-clutamento e la selezione.

Il 14.8% delle aziende intervistate, infine, dichiara di utilizzare social network interni, blog o microblog (12.6%) e Forum (11%), ad uso e finalità di gestione esclusivamente interni.

Vanno dunque evidenziati due fenomeni che impatta-no sulla gestione delle Risorse Umane, sulla formazio-ne di politiche aziendali e su tematiche quali la priva-cy. Da una parte l’utilizzo e l’accesso a social network che già esistono, dall’altra la costruzione di piattaforme interne in cui prevale non tanto l’aspetto tecnologico, ma soprattutto il potenziamento della comunicazione, il coinvolgimento delle persone, la condivisione di best practices.

Il fenomeno si sta radicando e sviluppando ed inizia a far intravvedere nuovi modelli di configurazione orga-nizzativa e di gestione.•

* Partner, Amministratore Mading Responsabile Gruppo Ricerche AIDP Lombardia

I SOCIAL NETWORK NELLA GESTIONE DELLE RISORSE UMANEdi Umberto Frigelli*

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Andrea Orlandini Presidente AIDP Gruppo Regionale Lombardia

Enrico Cazzulani Past President AIDP Gruppo Regionale Lombardia

Domenico Butera Vicepresidente AIDP GruppoRegionale Lombardia

Paolo Iacci Vicepresidente AIDP e Responsabile Editoria

Contatti: Via Cornalia, 26 20124 MilanoTel. + 39 02.67178384 Fax. + 39 [email protected]

Mauro AlovisioUniversità degli Studi di Torino

Umberto FrigelliAmministratore Mading Responsabile Gruppo Ricerche AIDP Lombardia

Renato ScorcelliScorcelli, Rosa & PartnersStudio Legale

Gianni SozziLegaliLavoro

Andrea StanchiStanchiStudioLegale

Raffaele ZalloneStudio Legale Zallone

A cura diPaola De Gori

Coordinamento redazionaleDaniela Tronconi

Per [email protected]

Grafica e Impaginazione HHD - Kreita.com

Informazioni utili

Autori del numero

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Per info e iscrizioni Segreteria Aidp Gruppo Regionale Lombardia - Tel. 02/67178384 - [email protected]

La partecipazione all’incontro consente l’attribuzione di 3 crediti formativi ai sensi del regolamento per la Formazione Professionale Continua del Consiglio Nazionale Forense

ED ORA DOVE ANDIAMO La riforma del lavoro, una questione da affrontare nel momento dell'incertezzaLunedì 8 aprile 2013 - Dalle ore 15,00 alle ore 18,00 Presso Palazzina ANMIG - Salone ValenteVia Freguglia, 14 (altro ingresso Via S. Barnaba, 29) - Milano

APERTURA E SALUTIAndrea Orlandini Presidente AIDP Gruppo Reg. Lombardia

TAVOLA ROTONDALA RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVOROil punto di vista del sistema economico/produttivo/legislativo

CoordinatoreFrancesco Rotondi Founding Partner, LABLAW

IntervengonoGiorgio Banfi Responsabile Risorse Umane, Università BocconiCorrado Biumi Direttore Risorse Umane, Gruppo FeralpiGiorgio Colombo Direttore Personale e Organizzazione, Gruppo EdisonMassimiliano Crespi Direttore Risorse Umane e Organizzazione, Gruppo SEA

Interventi diCosimo Francioso Partner, LegaliLavoroFranco Toffoletto Presidente, Toffoletto De Luca Tamajo e SociAngelo Zambelli Partner, Grimaldi Studio Legale

Conclusioni e dibattito con il pubblico

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