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grandangolo UNO SGUARDO SULL’UOMO DI OGGI notiziario d’approfondimento a cura dell’ufficio diocesano per le comunicazioni sociali N.02 FEBBRAIO 2016 - Diocesi di Fano Fossombrone Cagli Pergola Iscritto nel registro dei periodici presso il Tribunale di Pesaro al numero 4 del 2015 XXIV Giornata del malato 2016 AFFIDARSI A GESÙ MISERICORDIOSO COME MARIA

Grandangolo Febbraio 2016

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grandangoloUNO SGUARDO SULL’UOMO DI OGGI

notiziario d’approfondimento a cura dell’ufficio diocesano per le comunicazioni sociali

N.02 febbraio 2016 - Diocesi di Fano Fossombrone Cagli Pergola Iscritto nel registro dei periodici presso il Tribunale di Pesaro al numero 4 del 2015

XXIV Giornata del malato 2016

AFFIDARSI A GESÙ MISERICORDIOSO COME MARIA

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SOMMARIOLA LENTE

06OSCAR 2016. STANDING OVATION PER ENNIO MORRICONERiconoscimento meritatissimo per il compositore italiano

08 LO ZIMBABWE DICHIARA ILLEGALI I MATRIMONI DI MINORIUna sentenza storica per lo stato africano

04 MORIRE DI ANORESSIAIntervista alla dottoressa Laura Dalla Ragione

DAL MONDO

DALL’ITALIA

12 IL FEDELE LAICO NON APPARTIENE ALLA CHIESA, MA È CHIESAIl professor Giacchetta all’Assemblea Pastorale Diocesana

DALLA DIOCESI

OBIETTIVO CULTURA

14VERSO LA GMG DI CRACOVIA DEL PROSSIMO LUGLIO

20 ROSSINI OPERA FESTIVALNe parliamo con il direttore artistico Palacio

OBIETTIVO SALUTE03 OGNI OSPEDALE LUOGO PER

PROMUOVERE LA CULTURA DELL’INCONTRO E DELLA PACESintesi del Messaggio di Papa Francesco per la XXIV Giornata Mondiale del Malato

Ce ne parlano due ragazze della Diocesi

ATTUALITA’

09 DIMINUISCONO GLI INFORTUNI “IN ROSA” E SI ALZA LA GUARDIA CONTRO STALKING E MOBBINGI dati dell’Associazione Nazionale fra Mutilati e Invalidi del Lavoro

21 VIRUS ZIKA: FA DAVVERO PAURA?Ne parliamo con il dottor Andrea Giacometti

VICINO AI MALATI ONCOLOGICI E ALLE LORO FAMIGLIENe parliamo con Donatella Menchetti e con il dottor Grilli di ADAMO Fano

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18VISITE GIUBILARI DIOCESANE GUIDATENe parliamo con Guido Ugolini direttore del museo diocesano

OBIETTIVO MUSICA22 IL NOSTRO SOGNO? CANTARE

AD HARLEMNe parliamo con Barbara Calzolari fondatrice dello Slave Song Gospel Choir

grandangoloUNO SGUARDO SULL’UOMO DI OGGI

NUMERO 02

FEBBRAIO 2016

Direttore responsabile

ENRICA PAPETTI

Realizzazione grafica

LUCA MISURIELLO

RecapitiTELEFONO 0721/833042EMAIL [email protected]

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IN COPERTINA

La XXIV Giornata Mondiale del Malato mi of-fre l’occasione per essere particolarmente vici-no a voi, care persone ammalate, e a coloro che si prendono cura di voi. Poiché tale Giornata sarà celebrata in modo solenne in Terra Santa,

quest’anno propongo di meditare il racconto evangelico del-le nozze di Cana (Gv 2,1-11), dove Gesù fece il suo primo miracolo per l’intervento di sua Madre. Il tema prescelto – Affidarsi a Gesù misericordioso come Maria: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gv 2,5) si inscrive molto bene anche all’inter-no del Giubileo straordinario della Misericordia. […]La malattia, soprattutto quella grave, mette sempre in crisi l’esistenza umana e porta con sé interrogativi che scavano in profondità. Il primo momento può essere a volte di ribel-lione: perché è capitato proprio a me? Ci si potrebbe sen-tire disperati, pensare che tutto è perduto, che ormai niente ha più senso... In queste situazioni, la fede in Dio è, da una parte, messa alla prova, ma nello stesso tempo rivela tutta la sua potenzialità positiva. Non perché la fede faccia sparire la malattia, il dolore, o le domande che ne derivano; ma per-ché offre una chiave con cui possiamo scoprire il senso più profondo di ciò che stiamo vivendo; una chiave che ci aiuta a vedere come la malattia può essere la via per arrivare ad una più stretta vicinanza con Gesù, che cammina al nostro fianco, caricato della Croce. E questa chiave ce la consegna la Madre, Maria, esperta di questa via.Nelle nozze di Cana, Maria è la donna premurosa che si accorge di un problema molto importante per gli sposi: è finito il vino, simbolo della gioia della festa. Maria scopre la difficoltà, in un certo senso la fa sua e, con discrezione, agisce prontamente. Non rimane a guardare, e tanto meno si attar-da ad esprimere giudizi, ma si rivolge a Gesù e gli presenta il problema così come è: «Non hanno vino» (Gv 2,3). E quan-do Gesù le fa presente che non è ancora il momento per Lui di rivelarsi (cfr v. 4), dice ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (v. 5). Allora Gesù compie il miracolo, trasformando una grande quantità di acqua in vino, un vino che appare su-bito il migliore di tutta la festa. Quale insegnamento possia-mo ricavare dal mistero delle nozze di Cana per la Giornata Mondiale del Malato? […]A Cana si profilano i tratti distintivi di Gesù e della sua missione: Egli è Colui che soccorre chi è in difficoltà e nel bisogno. E infatti nel suo ministero messianico guarirà molti da malattie, infermità e spiriti cattivi, donerà la vista ai ciechi, farà camminare gli zoppi, restituirà salute e dignità ai lebbrosi, risusciterà i morti, ai poveri annunzierà la buona novella (cfr Lc 7,21-22). E la richiesta di Maria, durante il banchetto nuziale, suggerita dallo Spirito Santo al suo cuore materno, fece emergere non solo il potere messianico di Gesù, ma anche la sua misericordia.Nella sollecitudine di Maria si rispecchia la tenerezza di Dio. E quella stessa tenerezza si fa presente nella vita di tante persone che si trovano accanto ai malati e sanno coglierne i bisogni, anche quelli più imper-cettibili, perché guardano con occhi pieni di amore. Quante volte una mamma al capezzale del figlio malato, o un figlio che si prende cura del genitore anziano, o un nipote che sta vicino al nonno o alla nonna,

mette la sua invocazione nelle mani della Madonna! […]In questa Giornata Mondiale del Malato possiamo chiedere a Gesù misericordioso, attraverso l’intercessione di Maria, Madre sua e nostra, che conceda a tutti noi questa disposizione al servizio dei bisognosi, e concretamente dei nostri fratelli e delle nostre sorelle malati. Talvolta questo servizio può risultare faticoso, pesante, ma siamo certi che il Si-gnore non mancherà di trasformare il nostro sforzo umano in qualcosa di divino. Anche noi possiamo essere mani, braccia, cuori che aiutano Dio a compiere i suoi prodigi, spesso nascosti. Anche noi, sani o mala-ti, possiamo offrire le nostre fatiche e sofferenze come quell’acqua che riempì le anfore alle nozze di Cana e fu trasformata nel vino più buo-no. Con l’aiuto discreto a chi soffre, così come nella malattia, si prende sulle proprie spalle la croce di ogni giorno e si segue il Maestro (cfr Lc 9,23); e anche se l’incontro con la sofferenza sarà sempre un mistero, Gesù ci aiuta a svelarne il senso […].

OGNI OSPEDALE O CASA DI CURA PUÒ ESSERE LUOGO PER PROMUOVERE LA CULTURA DELL’INCONTRO E DELLA PACESintesi del Messaggio di Papa Francesco per la XXIV Giornata Mondiale del Malato

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ATTUALITA’

Sono patologie punte di iceberg che nascondono un disagio grave e profondo. Stiamo parlando di disturbi del compor-tamento alimentare che in Italia colpiscono quasi tre milioni di giovani, in particolar modo ragazze. Abbiamo chiesto a Laura Dalla Ragione responsabile del Centro per la cura dei

Disturbi Alimentari “Residenza Palazzo Francisci” di Todi di spiegar-ci il “perverso meccanismo” di queste che vengono definite “malattie dell’anima” e le conseguenze che possono portare sulla famiglia.

Malattie come l’anoressia vengono spesso definite “malattie dell’a-nima”. Luogo comune o è davvero così?I disturbi alimentari sono patologie che esprimono un disagio profon-do e molto severo. Sono in un certo senso nuove forme di depressione. Non a caso è diminuita la depressione dell’adolescenza ma in quella fascia di età sono comparsi i Disordini Alimentari. Diciamo che sono patologie che interpretano il disagio contempora-neo, ancorate come sono al cibo e al corpo, che sono vere e proprie ossessioni del nostro tempo.

Cosa significa per dei genitori avere in casa una figlia che soffre di anoressia?La malattia, quando accade, si inserisce nella vita del paziente e della sua famiglia, modifica equilibri e ne crea di nuovi, entra a far parte della loro storia. I familiari o i partner dei pazienti, si trovano spesso in grande difficoltà nel gestire e nel relazionarsi con il paziente. I com-portamenti disfunzionali delle persone affette da DCA sono infatti di forte impatto emotivo e fonte di continua ansia e preoccupazione per le persone a loro vicine: rifiuto del cibo, forte calo ponderale, auto-lesionismo, ricorso ad vomito autoindotto più volte al giorno, grandi abbuffate. La persona malata può cambiare radicalmente in pochi mesi e diventare irriconoscibile agli occhi di chi ci convive quotidianamente. Non è raro che i partner si allontanino e le famiglie ne risentano fino a diventare schiave della malattia di un loro componente. In questi casi l’ambiente familiare invece che aiutare il paziente a guarire può diventare un importante fattore di mantenimento del disturbo stesso.Non tutte le famiglie reggono ad una prova così difficile, ma certo è che se una coppia riesce a sostenere una difficoltà così grande insie-me, niente potrà più minacciarli. Abbiamo incontrato molte famiglie in questa situazione e il consiglio che abbiamo dato a tutti è stato di smettere di andare in cerca del colpevole, del distruttore. La caccia alla colpa fa scattare una sorta di circolarità di cause ed effetti che paralizza

ogni sviluppo e ogni novità mantenendo la coppia divisa ed opposta: colpevoli/ innocenti, vincitori/vinti. È molto importante che familiari e i partner possano essere a loro vol-ta supportati per poter continuare a stare vicino ai pazienti e per non entrare nel circolo vizioso del disturbo. Spiegare a familiari e amici le modalità con le quali la malattia si manifesta, suggerirgli stratagemmi per aumentare la motivazione al trattamento in caso di pazienti che non si vogliono curare, supportarli nei momenti di maggiore difficoltà, sono tutte azioni di fondamentale importanza sia per loro che per i pa-zienti. Il ruolo degli amici e dei familiari nel percorso di guarigione è decisivo; la relazione con questi pazienti è comunque sempre difficile e minacciata dalle ossessioni che sono al servizio della patologia. In tal senso, è importante ricominciare dalle relazioni che spesso, i pazienti tentano di minacciare per restare indisturbati con la propria ossessione; decisivo è distinguere la parte sana del proprio figlio da quella amma-lata e rimettersi in comunicazione con questa, non mollando la presa.

Possiamo fare una stima di quante ragazze/i in Italia soffrono di di-sturbi del comportamento alimentare?In Italia sono circa 3 milioni le persone che soffrono di DCA. I dati riportati in letteratura dicono che, tra le ragazze di 15-18 anni, una percentuale del 5% può presentare qualche disturbo collegato all’a-limentazione. Il rapporto tra femmine e maschi è di circa 9 a 1, ma il numero dei maschi è in crescita soprattutto in età adolescenziale e pre-adolescenziale. Studi epidemiologici internazionali portano a sti-mare, nelle donne di età compresa tra i 12 e i 22 anni, una prevalenza dell’Anoressia Nervosa pari circa all’1% e della Bulimia Nervosa pari all’1-2%. Il 3,7-6,4% della popolazione sarebbe infine affetto dai Di-sturbi del Comportamento Alimentare Non Altrimenti Specificati: per queste forme l’età media d’esordio si colloca intorno ai 17 anni.

A che età inizia a manifestarsi questa malattia e quali sono i primi campanelli di allarme?La letteratura indica che si è abbassata, in generale, l’età dell’insorgen-za di tutti i Disordini del Comportamento Alimentare, che si è spo-stata intorno ai 14-15 anni, con la comparsa del disturbo in bambini di 10-11 anni. Se prima i bambini soffrivano di Disturbi Alimenta-ri tipici dell’età infantile, attualmente di riscontrano invece DCA del tutto identici a quelli che si manifestano negli adulti. L’abbassamento dell’età di esordio non è però l’unico cambiamento rilevato avvenuto in questi ultimi anni: un altro fenomeno recente è quello degli esordi in

MORIRE DI ANORESSIAIntervista alla dottoressa Laura Dalla Ragione

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ATTUALITA’

età adulta, soprattutto nel caso della patologia del Binge Eating Disor-der. I Disturbi Alimentari sono essenzialmente disturbi della mente e quindi prima ancora che compaiano i segni fisici della malattia , sono già presenti da tempo quelli psicologici che in modo sotterraneo inva-dono le idee e i pensieri dei ragazzi. Quindi il cambiamento fisico si accompagna e a volte viene preceduto da un grande cambiamento di carattere : instabilità emotiva, irritabilità, sbalzi del tono dell’umore , insonnia. Tutti sintomi in parte collegati alla malnutrizione ma in par-te collegati anche alla devastazione terribile che questi disturbi deter-minano nella mente di queste giovani vite. Purtroppo l’attenzione alla alimentazione e la eliminazione di alcuni alimenti , come pasta e dolci , è presente in moltissimi adolescenti e quindi non viene inizialmente compresa nella sua gravità. Ma quando questa attenzione diventa con-tinua, ossessiva, e si accompagna al continuo osservarsi allo specchio e al continuo salire sulla bilancia ciò deve farci riflettere se non sta suc-cedendo qualcosa. Tenete conto che i Disturbi Alimentari sono diversi e l’inizio può essere molto subdolo e insidioso. L’anoressia restrittiva si manifesta ovviamente con la eliminazione di alcuni alimenti cosid-detti fobici ( pane , pasta, dolci, olio) ma anche con la riduzione delle porzioni, con una intensa attività fisica , con la riduzione delle attività sociali per evitare di essere costrette a mangiare. L’anoressia si accom-pagna ad una grande fame e chi ne è affetto deve contrastare l’impulso a mangiare che è fortissimo; si cerca di tenere a bada i morsi della fame bevendo molta acqua, molto caffè, usando molte spezie , invece dei condimenti. Nel caso della Bulimia il disturbo può passare inosservato ancora più a lungo, perché le pazienti ai pasti mangiano , anzi a volte si abbuffano , ma subito dopo si procurano il vomito . In questo caso i sintomi psicologici sono più presenti e rilevanti : abuso di sostanza o d’ alcool, cleptomania, disturbi della condotta sessuale, disturbi del com-portamento , shopping multicompulsivo , gioco d’azzardo. Insomma uno scarso controllo degli impulsi con un cambiamento del carattere molto più evidente che nel caso dell’anoressia. Il Disturbo da Alimentazione Incontrollata è caratterizzato da grande abbuffate senza vomito o metodi di compenso quindi l’aumento di peso è subito molto evidente le abbuffate sono consumate sempre di nascosto, quindi spesso i frigoriferi svuotati e le carte di biscotti e cioccolate sotto il letto possono essere i primi segnali , accompagnati

da un disordine in generale nella vita, e ad un abbassamento del tono dell’umore , da grande nervosismo e irritabilità. È importante speci-ficare che l’inizio del disturbo può essere di tipo anoressico, per poi facilmente evolvere verso un quadro di Bulimia o Disturbo da Ali-mentazione incontrollata, ma c’è un filo conduttore di tutti e tre questi Disturbi ed è una intensa , continua e martellante ideazione sul cibo e forme corporee.

Che cosa c’è dietro questa rinuncia del cibo? Non esiste una sola causa che determina lo sviluppo del disturbo ali-mentare, ma è ormai appurato che la sua eziologia sia di tipo multi-fattoriale. Esistono quindi fattori predisponenti, di carattere genetico, ambientale, familiare, fattori precipitanti e perpetuanti, che combi-nandosi fra loro determinano lo sviluppo della malattia nella singola persona. Ogni paziente, quindi, presenta delle peculiarità in quanto at-traverso il disturbo esprime il proprio profondo disagio. Il disturbo, in questo senso, è strettamente legato all’identità di ogni singolo paziente. L’uomo si ammala quando perde il rapporto armonico con la propria interiorità e col mondo. Il problema di un paziente con DCA non è del corpo nè del cibo, queste sono le forme che assume il disagio per mo-strasi. Il problema del corpo è il problema di quell’identità corporea, di quella vita che ruota intorno a quel corpo e che ha paura di non farcela,

che non riesce a determinarsi, quindi a mostrarsi e si nasconde dietro a dei non-corpi: corpi gravemente sottopeso e gravemente sovrappeso sono corpi congedati dal mondo che proprio per la loro struttura, non possono più lavorare o viaggiare o amare o mettere al mondo dei figli. Quindi si evitano il problema /paura/terrore d’esistere.

Come opera il Centro Disturbi Alimentari di Todi? L’idea alla base del Centro per la cura dei Disturbi Alimentari “Re-sidenza Palazzo Francisci” di Todi è quella di costruire uno spazio di cura, alternativo all’ospedale, spazio neutro e impersonale, che sia con-notato, differenziato e dove i pazienti possano vivere una esperienza di terapia intensiva accompagnata da una esperienza di vita accogliente e ricca. La struttura si trova all’interno di un antico palazzo di Todi circondato da un parco di alberi secolari, Palazzo Francisci, dove una equipe multidisciplinare di personale specializzato (psicologi, pedia-tri, nutrizionisti psichiatri, fisioterapisti infermieri, dietiste) svolge un programma integrato che affronta in maniera intensiva la patologia. La struttura può rappresentare o il proseguimento terapeutico in am-biente protetto di una degenza ospedaliera acuta o una alternativa al ricovero stesso. La durata della degenza varia dai 3 ai 5 mesi.Il programma riabilitativo della residenza ha caratteristiche di alta spe-cializzazione ed intensità assistenziale: l’organizzazione della giornata è estremamente strutturata, sia nella attenta gestione dei pasti, che in attività volte a fare riacquisire ai pazienti una gestione della alimenta-zione corretta. Il programma prevede diverse fasi assistenziali sia dal punto di vista psicologico che nutrizionale. Durante la degenza vengo-no effettuati incontri settimanali individuali e di gruppo con i familiari dei pazienti ricoverati. L’utilizzo di psicofarmaci è ridotto al minimo e comunque solo in casi di comorbilità psichiatrica conclamata.L’approccio al disturbo è di tipo integrato e viene decisamente affron-tato a 360 gradi: nessun aspetto viene trascurato, competenze psicoana-litiche e cognitivo-strutturaliste sono utilizzate per la terapia psicolo-gica individuale; l’aspetto nutrizionale è impostato secondo il modello cognitivo di Faiburn per la Bulimia Nervosa e di Garner e Bemis per l’Anoressia; la terapia della famiglia è di tipo sistemico-relazionale e a ciò si aggiunge un attento lavoro sul corpo che abbiamo sviluppato e ampliato progressivamente e che si è rivelato molto efficace (terapia dello specchio, danza movimento terapia, bioenergetica).Tecniche di medicina non convenzionale (con protocolli verificati da due medici specializzati in questo settore) evitano l’intervento ag-gressivo degli psicofarmaci: meditazione e tecniche di rilassamento, agopuntura e auricoloterapia mirano a reintegrare mente e corpo, a restituire significato al sintomo e alla dispercezione così intensamente presenti nei Disturbi del Comportamento Alimentare.

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ATTUALITA’

Un riconoscimento meritatissimo per il nostro composi-tore 87enne che è tra i migliori realizzatori di colon-ne sonore per il cinema, stimato internazionalmente. A Morricone, che è il più anziano a ottenere un premio nella sua categoria in tutta la storia degli Oscar, è stata

tributata una standing ovation a indicazione dell’ammirazione univer-sale di cui gode il nostro artistaAlla sesta nomination, finalmente Ennio Morricone vince un Oscar (se non contiamo quello che gli era stato assegnato alla carriera nel 2007). L’ottantottesima cerimonia degli Academy Awards a Los An-geles, si tinge, dunque, di azzurro, grazie al premio a Morricone per la migliore colonna sonora del film di Quentin Tarantino “The Hateful Eight”. Un riconoscimento meritatissimo per il nostro compositore

87enne che è tra i migliori realizzatori di colonne sonore per il cine-ma, stimato internazionalmente. A Morricone, che è il più anziano a ottenere un premio nella sua categoria in tutta la storia degli Oscar, è stata tributata una standing ovation a indicazione dell’ammirazione universale di cui gode il nostro artista. Il quale, appena salito sul palco, ha dedicato il premio alla moglie, compagna di tutta una vita.Come ha avuto modo di dire Giuseppe Tornatore qualche tempo fa (regista con cui Morricone ha lavorato più volte), la musica in un film è qualche cosa di fondamentale, un personaggio aggiunto, che permet-te a una pellicola di diventare o meno opera d’arte. E Morricone ha aiutato a creare molte opere d’arte, destinate a rimanere nella memo-ria collettiva, non solo cinematografica. Tanto è vero che le musiche di Morricone trovano spesso spazio non solo nel buio di una sala di

OSCAR 2016: “STANDING OVATION” PER ENNIO MORRICONERiconoscimento meritatissimo per il compositore italianodi Paola Dalla Torre – SIR

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ATTUALITA’

OSCAR 2016: “STANDING OVATION” PER ENNIO MORRICONERiconoscimento meritatissimo per il compositore italiano

proiezione, ad accompagnare le immagini, bensì in sale di concerto affermate (come L’Accademia di Santa Cecilia a Roma) per essere ascoltate prescindendo da ogni forma di rappresentazione, brani intensi ed espres-sivi di per sé.Con una formazione da trombettista, Morricone (che, naturalmente oltre ad essere compositore è anche direttore d’orche-stra) ha scritto le musi-che di più di 500 tra film e serie tv, oltre che opere di musica contempora-nea. La sua carriera in-clude un’ampia gamma di generi compositivi, che fanno di lui uno dei più versatili, prolifici e influenti compo-sitori di colonne sonore di tutti i tempi e le sue musiche sono state usate in più di 60

film vincitori di premi.Il successo arriva a partire dalla colonna sonora per i film di Sergio Leone, che hanno rivoluzionato il genere western e svelato la genialità di Leone e di Morricone stesso. “Per un pugno di dollari”, “Il buono il brutto e il cattivo”, “C’era una volta il West”: titoli indimenticabili che vengono letteralmente trascinati dalle musiche di Morricone. Per non parlare poi dell’ultimo capolavoro di Leone, quel “C’era una volta in America”, che vive di un’atmosfera sognante e rarefatta proprio grazie ai brani così emozionanti del compositore abbruzzese.Oltre ai lavori con grandi autori italiani come Pasolini e Bertolucci, non si possono non ricordare anche le tante collaborazioni interna-zionali: come per “The mission”, ad esempio, di Roland Joffè, in cui le

musiche di Morricone accompagnano e sottolineano la toccante espe-rienza di un missionario gesuita nell’America del Sud del ‘700, o come per “Gli Intoccabili” di Brian De Palma, in cui il compositore dà tono e ritmo alla rivisitazione d’autore del genere gangster degli anni venti.Morricone firma poi le colonne sonore di tutti i film dell’amato Tor-

natore, in un sodalizio che ricorda quello di Fe-derico Fellini e del suo compositore Nino Rota, anche quella dell’indimenticabile “Nuovo cine-ma paradiso”, film che ci fece vincere l’Oscar nel 1990.Fino ad arrivare a Tarantino, una collaborazio-ne nata già per “Django” (con una sola canzone, però) e finalmente realizzata interamente per “The Hateful Eight”.Il giovane iconoclasta del cinema americano e il vecchio saggio della musica italiana: un soda-lizio che sembrava improbabile e che invece ha

dato i suoi frutti.Ci voleva, infatti, un regista cinefilo come Tarantino per far ri-conoscere una volta per tutte la grandez-za di questo nostro artista, capace di scrivere con le note grandi pagine della storia del cinema e di evocare emozioni capaci di commuo-vere, ieri come oggi, gli spettatori di tut-to il mondo.

<<Oltre ai lavori con grandi autori italiani come Pasolini e Bertolucci, non si possono non ricordare anche le tante collaborazioni internazionali>>

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DAL MONDO

LO ZIMBABWE DICHIARA ILLEGALI I MATRIMONI DI MINORIUna sentenza storica per lo stato africano

Due adolescenti, una donna giudice e un avvocato: sono i protagonisti della vicenda che ha portato la Corte costituzionale dello Zimbabwe a decidere, lo scorso 20 gennaio, di dichiarare illegali i matrimoni di mi-norenni, portando l’età minima per sposarsi a 18 anni.

A dare l’annuncio è stata Vernanda Zyiambi, magistrato, leggendo il verdetto unanime con cui lei e i suoi colleghi hanno deciso che la nor-ma, già contenuta nella costituzione del 2013, non prevede eccezioni nemmeno per i matrimoni non registrati dallo Stato, o celebrati con rito tradizionale. Pratiche di cui, nonostante le disposizioni della carta fondamentale, facevano ancora le spese soprattutto bambine, costrette a prendere marito anche prima dei 16 anni previsti come limite da una norma precedente. Non avevano nemmeno raggiunto quest’età, ad esempio, Loveness Mudzuru e Ruvimbo Tsopodzi, due ragazze oggi ventenni, che con l’appoggio dell’avvocato e attivista d’opposizione Tendai Biti, hanno portato i loro casi davanti alla suprema corte.Fattore povertà. Storie simili, comprese le violenze fisiche e psicologi-che che hanno portato Ruvimbo a fuggire dal marito che le era stato imposto e a rifugiarsi di nuovo presso la sua famiglia di origine, sono comuni a molte adolescenti dello Zimbabwe: secondo un’indagine na-zionale, nel 2014 il 31% delle minori nel Paese era vittima di un matri-monio precoce; cifra che scendeva ad un comunque elevatissimo 24% solo prendendo in considerazione anche le ragazze diciannovenni. Buona parte di loro arrivava dalle aree più economicamente arretrate del Paese, dove le motivazioni economiche influenzano sia i genitori delle future spose sia gli aspiranti mariti. In questo quadro, ha spiega-to proprio Tendai Biti in un articolo comparso pochi giorni dopo il verdetto sulla testata locale “The Standard”, “le donne sono spettatori innocenti, semplici oggetti nel processo di sviluppo: spesso lavorano duramente nei campi, con scarsi risultati, oltre ad essere caricate della responsabilità del matrimonio, del dare la vita e dell’essere madri”. A sottolineare come un simile stato di cose sia in realtà deleterio per la stessa economia e per l’avanzamento del Paese, hanno pensato invece i

giudici costituzionali: “Anche se i matrimoni infantili derivano spesso dalla povertà e dalla debolezza – si legge infatti nelle motivazioni della sentenza – non fanno altro che rafforzare queste nozioni (…) frenando lo sviluppo fisico, mentale e intellettuale delle bambine e facendone crescere l’isolamento”. L’esperienza, aggiungono poi i magistrati “di-mostra che i matrimoni infantili sono uno strumento di oppressione che rende subordinata non solo la donna, ma la sua famiglia: non solo perpetuano un ciclo intergenerazionale di povertà e mancanza di op-portunità, ma rinforzano la natura subordinata delle comunità” da cui le bambine provengono.Campagne internazionali. Non è solo allo Zimbabwe che queste ulti-me considerazioni potrebbero applicarsi: secondo il Comitato africano di esperti sui diritti e il benessere del bambino anche in Guinea Bis-sau, Mauritania, Mali, Nigeria, Uganda, Burkina Faso, Etiopia, Niger e Ciad le dimensioni del fenomeno destano allarme. Considerando tutta l’Africa subsahariana, in più, i dati mostrano che ne sono vittime

quattro giovani e giovanissime su dieci. Anche per questo i responsabili di Veritas, una delle organizzazioni non go-vernative locali che hanno sostenuto il ricorso di Loveness e Ruvimbo, hanno accolto la sentenza parlando di “una de-cisione progressista (…) che sarà citata nella giurispruden-za di altri Paesi”. Proprio quello di promuovere strumenti legislativi contro i matrimoni precoci è uno degli obiettivi della campagna lanciata dall’Unione Africana (Ua) a maggio del 2014 (e recentemente prolungata fino a tutto il 2017), che punta anche a rafforzare le realtà locali impegnate in quest’ambito. Come quelle riunite dallo slogan “Child, not brides”, “bambine, non spose”: sono oltre 550 di cui molte nel continente africano. Al loro fianco si è schierato anche l’arcivescovo emerito anglicano Desmond Tutu: “È sotto i nostri occhi che queste bambine perdono la loro infanzia, l’opportunità di studiare, di diventare ciò che vogliono – ha ricordato di recente il prelato sudafricano, già premiato col Nobel per il suo impegno contro l’apartheid – ed è nostra responsabilità assicurarci che tutto ciò finisca”.

di Davide Maggiore - SIR

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DALL’ITALIA

Una Festa della Donna all’insegna della maggior attenzione alle tutele pro-fessionali e infortunisti-che. È l’appello che, per

voce del suo Presidente Fausto Luzi, lancia l’Associazione Nazionale fra Mu-tilati e Invalidi del Lavoro (Anmil) se-zione di Pesaro e Urbino. Un territorio dove, nell’ultimo lustro, alla luce di uno studio Anmil elaborato su dati Inail, gli infortuni femminili sono diminuiti del 27,47% (totale Marche -22,63%); 3 i casi mortali (17 il totale regionale 2010-2014). Nel complesso gli infortuni di cui restano vittime le donne rappresentano circa un terzo sul totale degli incidenti. “Anche un solo infortunio è un dram-ma –sottolinea Luzi–, ma è evidente che il lavoro capillare di sensibilizzazione svolto da Anmil e da tutte le Istituzioni locali e nazionali sta portando a risulta-ti concreti sul fronte della prevenzione

e delle tutele sul lavoro. È per questo motivo che lo studio svolto da Anmil, ed elaborato su dati Inail raccolti fra il 2010 e il 2014, è stato intitolato em-blematicamente “Il vecchio e il nuovo”: proprio per evidenziare come sia cam-biato il ruolo della donna nell’evoluzio-ne storica del mercato del lavoro, quali riflessi ci siano stati sul piano infortuni-stico e su come si sia sviluppata la tutela al femminile negli ultimi 50 anni”.L’Anmil di Pesaro e Urbino, in linea con la Direzione nazionale, sta por-tando avanti anche una battaglia tutta “rosa”: la tutela nei confronti di quel-le lavoratrici che ogni giorno, passiva-mente, nella solitudine e nel silenzio, subiscono violenze psicologiche di ge-nere come stalking, streaming e mob-bing. “Per l’Anmil –precisa Luzi– la cultura del lavoro significa cultura di progresso”.

DIMINUISCONO GLI INFORTUNI “IN ROSA”I dati dell’Associazione Nazionale fra Mutilati e Invalidi del Lavoro

FOCUSGLI INFORTUNI E LE MALATTIE PROFESSIONALI NELLE MARCHE. ANNI 2010-2014(Fonte: elaborazione ANMIL su dati INAIL – Banca Dati Statistica)

Anno evento Variaz. %2014/2010Provincia 2010 2011 2012 2013 2014

Ancona 3.266 2.933 2.655 2.454 2.542 -22,16

Ascoli Piceno 1.243 1.193 1.073 993 998 -19,71

Fermo 774 724 618 606 552 -28,68

Macerata 1.697 1.646 1.522 1.423 1.415 -16,61

Pesaro e Urbino 2.198 2.101 1.856 1.675 1.594 -27,47

Totale 9.178 8.597 7.724 7.151 7.101 -22,63

INFORTUNI FEMMINILI DENUNCIATI

Anno evento

Provincia 2010 2011 2012 2013 2014

Ancona 1 0 1 0 3

Ascoli Piceno 0 0 1 0 0

Fermo 0 2 1 1 3

Macerata 0 0 0 0 1

Pesaro e Urbino 0 2 0 1 0

Totale 1 4 3 2 7

INFORTUNI MORTALI DONNE ACCERTATI

La variazione non viene calcolata in considerazione della scarsa consistenza statistica dei dati

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DALL’ITALIA

VICINO AI MALATI ONCOLOGICI E ALLE LORO FAMIGLIENe parliamo con Donatella Menchetti e con il dottor Grilli di ADAMO Fano

Il Papa nel Messaggio per la Giornata Mondiale del Malato 2016 scrive: La malattia, soprattutto quella grave, mette sempre in crisi l’esistenza umana e porta con sé interrogativi che scava-no in profondità. L’Associazione ADAMO onlus (Assistenza Domiciliare Ammalati Oncologici) che ha sede a Fano in via C.

Rossi, 2 si occupa proprio dei malati che stanno per terminare la loro esistenza terrena. “L’associazione – ci spiega la presidente Donatella Menchetti - è nata nell’anno 2004 con il compito di assistere pres-so il loro domicilio i pazienti oncologici, fornendo loro un supporto medico-infermieristico e psicologico ed è cresciuta nel tempo. Ad oggi sono stati assistiti fino ad oggi circa 1500 pazienti, con più di 30.000 interventi da parte dello staff ”. L’associazione ADAMO di avvale di uno staff medico professionalmente preparato non solo dal punto di vista medico ma anche umano. “Può sembrare paradossale – sottoli-nea il dottor Gianni Grilli medico dell’associazione – ma quando si assistono malati in fase terminale la maggior parte delle risorse profu-se non è dedicata all’aspetto prettamente clinico, ma è assorbita dalla gestione di quello emotivo. E’ da noi considerato normale, direi anzi buona prassi, che la prestazione per la quale si è giunti a domicilio oc-cupi non più della metà del tempo impiegato in una casa. Il rimanente tempo è utilizzato per parlare con il malato e con i familiari. Dialogare con l’assistito – prosegue il dottor Grilli – non è solo utile per acquisire informazioni sullo stato di salute, che inevitabilmente sarebbero perse facendo le sole classiche “domande del medico”, ma ci permette di

confortarlo e di avvertire altre necessità che esulano dalla sfera stret-tamente sanitaria. Solo dando modo alla persona di esprimersi con i tempi e i modi appropriati le si permette di esternare i sentimenti e comunicare le proprie preoccupazioni, ciò consente di alleviare l’an-goscia, acquisire maggiore serenità e risolvere problemi che a volte per noi sembrano di poco conto, ma che assillano il malato. In definitiva, si tratta di resistere alla tentazione di interrompere o deviare il collo-

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DALL’ITALIA

VICINO AI MALATI ONCOLOGICI E ALLE LORO FAMIGLIENe parliamo con Donatella Menchetti e con il dottor Grilli di ADAMO Fano

Secondo i dati contenuti nella pubblicazione “I numeri del Cancro 2014”, frutto della collabora-zione tra AIRTum e Associazione Italiana di On-cologia Medica (AIOM), il tumore più frequente, nel totale di uomini e donne, risulta essere quello del colon-retto (14% del totale), seguito dal tu-more della mammella (13%), di cui il 98% nelle donne; seguono il tumore della prostata (11%), il tumore del polmone (11%) ed i tumori della ve-scica (7%). I tumori sono la secondacausa di morte (30% di tutti i decessi), dopo le malattie cardio-circolatorie (38%). È tra gli an-ziani (70+ anni) – si legge nella pubblicazione - che viene diagnosticato il maggior numero di neoplasie(pari a oltre il 50% del totale dei tumori). La di-stribuzione dei principali tumori in questa fascia d’età condiziona anche la distribuzione di fre-quenza dei tumori nel totale delle età. Tra gli uo-mini la prostata è al primo posto (20%), seguita dal polmone (17%), dai tumori del colon-retto (14%), della vescica (12%) e dello stomaco (6%); tra le donne è sempre la mammella il tumore più frequentemente diagnosticato (21%), seguito dal colon-retto (17%), dal polmone (7%), dallo sto-maco (6%) e dal pancreas (6%).

FOCUS

I TUMORI IN ITALIA. ALCUNI DEI DATI 2014

quio prima che si arrivi alle domande difficili, alle questioni delicate che invece per l’assistito sono le uniche veramente importanti. E’ questo che gli ope-ratori hanno spesso più difficoltà a far comprendere ai parenti: è giusto e necessario occuparsi del “fare”, delle questioni pratiche del quotidiano che sono an-cor più presenti nelle case del malato terminale, ma è altrettanto necessario riuscire a vincere la situazione di impotenza che ci pervade e trovare il tempo e vo-lontà di sederci accanto a lui per condividere il peso della sofferenza, per soffrire insieme a lui cercando di evitargli di sprofondare nella disperazione. Chiun-que operi in tali contesti sa che nelle famiglie proprio la difficoltà di comunicare apertamente ed esternare i propri sentimenti è il più frequente motivo per il quale viene richiesto il ricovero assistito. L’aiuto degli operatori specializzati – conclude il dottor Grilli – è essenziale per cercare di evitare che in ogni casa si ripetano gli stessi errori nell’assistenza: il familiare crede che nessuno possa veramente capire cosa prova e cosa sia veramente necessario al proprio caro. Ciò è senz’altro vero, ma aver gestito centinaia di casi simili ci permette di sapere soprattutto cosa è bene non fare nell’interesse del malato”Cosa c’è nel futuro dell’associazione ADAMO? “Nel futuro della no-stra Associazione – afferma la presidente Menchetti - c’è tanta colla-

borazione, tanta volontà di portare avanti un discorso esclusivamente umanitario oltre che sanitario da parte dell’equipe medico-infermie-ristica e di tutti gli altri operatori che lavorano con impegno anche se non compaiono”.

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DALLA DIOCESI

IL FEDELE LAICO NON APPARTIENE ALLA CHIESA, MA È CHIESAIl professor Giacchetta all’Assemblea Pastorale Diocesana

“Il fedele laico e la famiglia cristiana. Corresponsabilità come quotidiana testimonianza” è stato il tema trattato dal professor Francesco Giacchetta, docente di filosofia teoretica e teologia fondamentale all’Istituto Teologico Marchigiano di Ancona e Fermo, durante l’assemblea

pastorale diocesana tenutasi lo scorso 28 febbraio. “Non ci si può av-valere – ha sottolineato Giacchetta - di collaboratori che basano il loro servizio sulla buona volontà, ma occorre formare persone che sappiano vivere la Chiesa con senso di fraternità. Nel fare questo, bisogna supe-rare l’individualismo”.Proprio al professor Giacchetta abbiamo chiesto di approfondire que-sta tematica.

Come si può, all’interno della comunità parrocchiale, valorizzare il laicato?Ad ogni livello della vita ecclesiale e, dunque anche in parrocchia, va-lorizzare il laicato significa in primo luogo aver chiaro che la potestà di governo aspetta indiscutibilmente al ministero ordinato, ma anche che tra la decisione e la preparazione della decisione c’è tutto uno spazio che va custodito e dove i battezzati possono esercitare la potestà con-sultiva che permette la realizzazione dello stile sinodale. In secondo

luogo, la valorizzazione del laicato va di pari passo con il sapiente e coraggioso esercizio del discernimento dei pastori: qualunque senato laicale e simili non si trasforma in ulteriore burocrazia solo se si punta alla qualità delle persone o, detto più teologicamente, se si guarda ai doni dello Spirito Santo e alla vocazione dei battezzati; i quali devono

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DALLA DIOCESI

essere liberi sia dalla smania del protagonismo ottenuto alimentando il conflitto ad ogni costo, sia dal rassicuran-te conformismo di chi vuole solo compiacere l’autorità.C’è anche un’altra forma di valorizzazione del laicato e che spesso viene omessa; essa si radica nella consape-volezza che un fedele laico impegnato non è solo quel-lo che ha incarichi parrocchiali o diocesani, ma è an-che quello che compie quanto è inscritto nella propria storia di studente, marito, lavoratore, cittadino, moglie, sorella, collega, figlia, nipote, amico, condomino... con la sapienza e carità del Vangelo. Essere-di-Dio stando nel mondo per mostrare a tutti l’importanza del mondo: è la Gaudium et spes che ci ha ricordato che è nel mondo che si diventa santi. Il fedele laico non ha una generica e sbiadita vocazione rispetto a tutte le altre; ricordargli questo significa riconoscerlo nella sua specificità.

Nell’assemblea diocesana al Centro pastorale di Fano lei ha parlato dell’importanza di formare il laicato. In che modo farlo?Possiamo parlare di diversi livelli di formazione del lai-cato: morale, culturale, sacramentale e spirituale. Ognu-no di essi rappresenta un capitolo da svolgere e che qui ovviamente non posso dettagliare. Mi pare tuttavia che ci sia un aspetto della formazione del fedele laico che può affiancarsi a ciascuna di quelle indicate e che va di pari passo alla realizzazione di uno stile sinodale, è quella formazione in itinere che si riceve quando il fedele laico viene coinvolto nella vita ecclesiale e che lo rende ap-passionato alla vita della Chiesa, della sua Chiesa. Fin-ché la Chiesa sarà percepita come una realtà del parroco, dei preti, del vescovo o del papa la formazione morale, culturale, sacramentale e spirituale del laico sarà inevi-tabilmente insufficiente. Far sperimentare che il fedele laico non appartiene alla Chiesa, ma è Chiesa, ecco la priorità nella formazione del battezzato. Naturalmente questo chiede una conversione fattuale nell’ecclesiologia implicita di tanti pastori!

Quali sono le sfide a cui è chiamata la famiglia cristia-na di oggi?Premetto che faccio una certa difficoltà ad identificare “la” famiglia cristiana, a meno che non vogliamo accon-tentarci di una definizione giuridica; ricordo pure che lo stesso Nosiglia ha rammentato a Firenze che il 31% della popolazione italiana vive da sola e che ogni seria riflessione sulla famiglia deve evitare un certo edulcorato familismo. Detto ciò, bisogna riconoscere che le sfide cui la famiglia cristiana è chiamata oggi a dare risposte sono davvero molte ed urgenti. In primo piano metterei la te-stimonianza della fedeltà che denuncia la desertificazio-ne dell’anima prodotta da legami fugaci, consumati come merendine e che, quando ci sono, producono lacerazioni inimmaginabili nei figli. In secondo luogo mi pare che la famiglia cristiana debba ergersi come baluardo in una società meritocratica che accelerando i suoi ritmi e le sue prestazioni produce scarti umani; la famiglia, da sempre culla dell’ospitalità, è chiamata a vivere l’accoglienza del-la vita in tutte le forme possibili: accoglienza verso la vita desiderata o inaspettata, non voluta o difficile, ingrata o inutile, estranea o lontana. In tale senso mi piace sempre ripetere che la famiglia cristiana non è generativa perché fa figli, ma fa figli perché è generativa

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DALLA DIOCESI

VERSO LA GMG DI CRACOVIA DEL PROSSIMO LUGLIOCe ne parlano due ragazze della Diocesi

Un incontro internazionale, mondiale che, ogni volta, coinvolge, con grande entusiasmo, tantissimi giova-ni. Parliamo della Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) che, quest’anno, farà tappa in Polonia precisa-mente a Cracovia. Nate nel 1985 per intuizione di papa

Giovanni Paolo II, le GMG sono, da più di trent’anni, un appunta-mento importante nella vita dei giovani delle nostre comunità.

Anche nella nostra Diocesi sono diversi i ragazzi che hanno accolto o accoglieranno l’invito del Papa a vivere questa Giornata.

“Mi è stato chiesto – scrive Melania studentessa di 23 anni, scout che ha già vissuto tre GMG - di parlare della GMG, perché forse ne ho già vissute tre !? Ho partecipato infatti alla Giornata Mondiale della Gioventù a Sidney, a Madrid e a Rio de Janeiro. Per Sydney nel 2008, sono partita a soli 16 anni sotto l’ala protettiva di don Mauro Bargne-si che ha invitato i ragazzi del gruppo giovani della sua parrocchia a partecipare a questo incontro dall’altra parte del mondo. Da Fano per quella Giornata siamo partiti in 32 giovani di diverse parrocchie e as-sociazioni della Diocesi. La GMG si è svolta nel mese di luglio e, dopo i quattro veri giorni di GMG, abbiamo visitato la grande metropoli e la periferia nella settimana successiva. Di Sydney sicuramente mi rimarrà sempre impressa l’immagine della strada (piena di bandiere di tutto il mondo) che ci portava al luogo dove si sarebbe svolta la cerimonia d’a-pertura della Giornata Mondiale della Gioventù con Papa Benedetto XVI che quell’anno arrivo in barca con dei giovani al porto di Sidney. Dopo questa avventura ho deciso di partecipare alla GMG successiva che si è svolta a Madrid nell’agosto del 2011. Al contrario di Sydney il gruppo della Diocesi era più numeroso, siamo partiti in più di 300 gio-vani accompagnati dal vescovo Armando (che partecipò per la prima volta da Vescovo a una Giornata Mondiale della Gioventù internazio-nale) e da altri sacerdoti della Diocesi. Nei giorni antecedenti all’in-

contro mondiale abbiamo vissuto un gemellaggio con alcune parroc-chie e famiglie spagnole, vivendo così già da questi giorni il contatto e la condivisione con altri giovani cattolici. Dalle famiglie che ci hanno ospitato nelle proprie abitazioni sicuramente ho imparato che non ser-ve avere una casa grande per accogliere e che la stessa fede può unirci tutti. Mi è inoltre piaciuto il legame che si è venuto creato con gli altri giovani del gruppo parrocchiale. Sicuramente tutti quei giovani che

sono venuti da tutte le parti del mondo e che non si sono fatti fermare dal caldo afoso, dal vento e dalla pioggia ma sono stati lì davanti al Papa e con il Papa a pregare mi ha fatto capire il perché si fanno queste GMG. Ci si incontra perché Qualcuno ci convoca.

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DALLA DIOCESI

L’ultima Giornata Mondiale della Gioventù che ho vissuto è stata a Rio de Janeiro e si è svolta tra luglio e agosto del 2013. Dalla diocesi di Fano Fossombrone Cagli Pergona siamo partiti in 7 giovani accom-pagnati da Don Steven Carboni responsabile diocesano del Servizio di Pastorale giovanile. I vari fattori che hanno sicuramente influenza-to la partecipazione a questa Giornata sono stati i circa 20 giorni di soggiorno, la distanza che implicava un costo del viaggio maggiore. Ringrazierei il vescovo Armando che ha creduto in noi e ha sostenuto la nostra partecipazione.Ho scelto di partecipare a questa GMG perché si svolgeva appunto in Brasile, Paese famoso per i paesaggi belli e suggestivi ma soprattutto per la gente accogliente “per natura”. I quattro giorni di GMG sono stati intensi, pieni di iniziative, come ad esempio la festa degli italiani al Maracanino e sono stati resi ancora più piacevoli dalla presenza del nuovo Papa. Il tempo ha giocato in nostro favore allagando il luogo dove si sarebbe dovuta svolgere la veglia notturna, così che all’ultimo minuto si è svolta nella spiaggia di Copacabana. L’intera spiaggia piena di gente, l’oceano da una parte e i grattacieli dall’altra, hanno creato un’atmosfera suggestiva e irripetibile della veglia con papa Francesco. Una cosa che mi rimarrà impressa di questa immensa capitale è l’e-norme contrasto urbano, sociale ed economico che si può vedere dai grandi grattaceli che si affacciano sull’oceano e dalle favelas nella pros-sima periferia della città. Finite le giornate di GMG il nostro gruppo insieme ad altre Diocesi delle Marche ha potuto vivere l’esperienza del gemellaggio missionario. Noi siamo stati ospitati a Camaḉarì, una Diocesi vicino a San Salvador, ospitati dalle famiglie della parrocchia di don Luigi, un sacerdote missionario originario di Jesi. Il calore della gente, la voglia di vivere e soprattutto l’amore del donare quel poco che hanno mi ha portato ad avere una visione diversa della vita e della fede. È stato di forte impatto anche l’incontro con i bambini delle favelas, che appena ci hanno visto ci hanno accolto come se fossimo delle “star di Hollywood” e non ci volevano lasciar andare via, nonostante vives-sero in condizioni pessime quei bambini avevano sempre il sorriso e si sono emozionati per due ore passate con noi a fare merenda. Concludo dicendo che: a noi italiani chiedono sempre perchè andiamo dall’altra parte del mondo per incontrare il Papa, quando abbiamo la possibilità di vederlo a Roma, a queste persone ho sempre risposto che non si va in un altro Paese per vedere il Papa ma siamo lì per incon-trare altri giovani che hanno la tua stessa fede.Per me infatti la GMG in tre parole è: l’altro, il viaggio e la fede.Inoltre come mi disse una volta don Steven Carboni: “ la GMG non è solo di chi parte ma anche di chi rimane a casa” perché ogni ricordo, parola o foto di chi l’ha vissuta in primis può segnare profondamen-

te una persona che non ha avuto l’opportunità di partecipare ma rimane affascinata e toccata dal tuo racconto”.

C’è anche chi, come Nicoletta 22 anni laureata in economia, parteciperà per la prima volta alla Giornata Mondiale della Gioventù. “La GMG per me è un pellegrinaggio e come tale è caratte-rizzato da momenti comunitari e momenti per-sonali di fraternità con gli amici e d’intimità con Dio. Un pellegrinaggio è un viaggio, un cammi-no fuori/dentro ognuno di noi e come ogni viag-gio è importante prepararsi. Per me è la prima GMG. Non parlo al futuro perché da un punto di vista spirituale è già iniziato il mio pellegri-naggio; quando nella mia Diocesi sono arrivati i simboli della GMG dei giovani italiani (Croce-fisso di San Damiano e la statua della Madon-na di Loreto) e ho avuto modo di incontrare e pregare con due giovani che hanno detto “SI” a Gesù. La XXXI Giornata Mondiale della Gio-ventù si terrà a Cracovia, in Polonia, dal 26 luglio al 31 luglio, per tutti i giovani nati dal ’99 fino a 32 anni. Sarà la seconda GMG in Polonia dopo quella del 1991 tenutasi a Częstochowa. Il tema,

il cuore del dell’incontro sarà “Beati i misericordiosi, perché otterran-no misericordia” (Mt 5,7). Ho deciso di partecipare alla GMG perché è un’occasione di crescita, perché secondo me tramite l’incontro con l’altro puoi capire tante cose di te stesso; per incontrare Lui nel volto dei giovani di tutto il mondo; perché è un’opportunità di confronto, re-lazione, scoperta e condivisione; per approfondire la mia intimità con Cristo; per sperimentare la gioia di essere cristiano con l’entusiasmo di

tutto il mondo e in particolare con la tradizione polacca, paese di ori-gine di Giovanni Paolo ii, il primo che istituì la GMG. La GMG non deve rappresentare una semplice occasione straordinaria e un punto di arrivo; bensì l’inizio di un “nuovo cammino” che ci dà la scossa, per vivere anche l’ordinario di tutti i giorni, in modo “straordinario”! Mi piacerebbe riportare i volti della GMG e maturare tutte le riflessioni emerse per trasformarle in testimonianza viva con tutti in primis nella mia comunità. Quindi il “dopo” me lo immagino come un prendersi cura dei semi, di farli crescere nel mio cuore e trasmetterli a chi mi sta vicino. Per ora nel mio bagaglio sto mettendo tanta curiosità, buona volontà, apertura verso gli altri, spiritualità, missionarietà. In tre parole per me la GMG è: dono, incontro e Chiesa”.

Quindi forza GIOVANI MOLTO GRINTOSI siete ancora in tem-po… fate le valigie e partiamo per questo cammino. Il nostro Giubileo è a Cracovia con tutti i giovani del mondo. E per noi giovani della diocesi di Fano Fossombrone Cagli Pergola il gemellaggio sarà a Ka-towice dal 19 luglio.

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DALLA DIOCESI

COME PARTECIPARE

CON LA DIOCESI DI FANO FOSSOMBRONE CAGLI PERGOLA

Sono aperte le iscrizioni per partecipare alla Giornata Mondiale della Giovenù in programma dal 25 luglio al 2 agosto a Cracovia in Polonia. I giovani che si iscriveranno saranno accompagnati, in questa esperienza, dal Vescovo Armando e dal responsabile dell’Ufficio diocesano di Pastorale Giovanile don Steven Carboni e dai capigruppo.

Gli appuntamenti che vivranno i nostri giovani (partiranno in pullman insieme ai giovani di Pesaro e di Urbino) saranno molto belli e stimolanti. Avranno la possibilità di vivere non solo la GMG, ma per chi lo desidera dal 19 al 24 luglio è in programma il gemellaggio con Katowice. I giovani saranno ospiti delle famiglie e visiteranno Auschwitz e il Santuario della Madonna di Czestochowa.

Per iscriversi e visionare tutte le informazione occorre andare sul sito gmg2016fano.wordpress.com e compilare il modulo inserendo tutti i dati personali.

Ci sono due opzioni di partecipazione:

- pacchetto a (gemellaggio + GMG dal 19 luglio al 2 agosto);

- pacchetto B (GMG dal 25 luglio al 2 agosto)

Per qualsiasi informazione contattare don Steven Carboni o visitare la pagina www.facebook.com/pgfano

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DALLA DIOCESI

I protagonisti della Giornata Mondiale della Gioventù sono Gesù Cristo e i giovani. L’essenza stessa di questo evento è l’incontro con Dio e con gli altri. Per questo motivo, il simbolo della Croce raffigura Cristo e il cerchio inserito nella croce, come quelli delle scorse edizioni della GMG, rappre-senta i giovani.

La Polonia è la patria di San Giovanni Paolo II, apostolo della Divina Misericordia e iniziatore della GMG. E’ anche il luogo in cui è nata e ha vissuto Santa Faustina Kowalska, alla quale Cristo si è rivelato personal-mente, affidandole il dono del messaggio della Divina Misericordia. Infine, all’interno dei confini polacchi è disegnata la città di Cracovia che, come diceva lo stesso San Giovanni Paolo II, è il centro del culto della Divina Misericordia nel mondo.

Il tema della XXXI Giornata Mondiale della Gioventù è la Divina Mi-sericordia. Proprio per questo, nel logo è stato raffigurato il raggio di due colori, rosso e blu, ispirato all’immagine di Gesù Misericordioso. Santa Faustina scrive nel suo Diario: “Vidi il Signore Gesù vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire, mentre l’altra toccava sul petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due grandi raggi, rosso l’uno e l’altro pallido.” Questo elemento, nel logo, rappresenta la Grazia che purifica e infiamma i giovani riuniti alla GMG.

I colori del logo di Cracovia 2016 (rosso, blu, giallo) sono quelli ufficiali della città di Cracovia e del suo stemma.

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DALLA DIOCESI

VISITE GUIDATE GIUBILARI DIOCESANENe parliamo con Guido Ugolini direttore del Museo diocesano

Un percorso guidato attraverso le bellezze della nostra Diocesi proprio in occasione dell’anno giubilare della Misericordia. E’ l’iniziativa proposta dall’Ufficio dioce-sano per i Beni Culturali, un appuntamento quello con “Volti e luoghi della Misericordia” che darà la possibilità

a chi vorrà prenderne parte di conoscere alcune tra le più significative sculture e pitture presenti nelle quattro cattedrali (chiese giubilari) dio-cesane e non solo. “La nostra diocesi - spiega Guido Ugolini direttore del Museo diocesano - è particolarmente ricca di crocifissi, ma più in generale di opere che hanno attinenza con quello che è il tema regio-nale indicato come “Volti e luoghi della misericordia”. Questo mi ha fatto pensare a un percorso nella diocesi alla ricerca proprio dei volti che, per noi, si traducono in opere di straordinaria bellezza presenti nel nostro territorio diocesano. Mi riferisco, solo per citarne alcuni, a due crocifissi di Fra Innocenzo da Petralia religioso siciliano presenti a Cagli e San Lorenzo in Campo o alle croci dipinte di Mello da Gubbio a Pergola, al crocifisso di Giacomo Colombo, signore di Ferrara che si trasferì a Napoli dove imparò a realizzare queste straordinarie opere, presente nella Basilica giubilare di San Paterniano a Fano. Abbiamo inoltre gruppi lignei o pittorici della Madonna della Misericordia, il famoso pulpito della cattedrale di Fano dove la scena finale, l’arrivo della Santa Famiglia in Egitto, è orientata a suggerire il tema dell’ac-coglienza attraverso un’iconografia forse unica al mondo, quella di un

Maestro Rainerio, Fuga in Egitto, sec. XII.Fano, Cattedrale di Santa Maria Assunta

Bottega marchigiana, Confessionale, sec. XVIII. Strumento mirabile di Misericordia Divina. Fossombrone, Duomo

Anonimo intagliatore marchigiano, Cristo crocifisso, secc. XV-XVI.Cagli, Chiesa di San Giuseppe

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DALLA DIOCESI

VISITE GUIDATE GIUBILARI DIOCESANENe parliamo con Guido Ugolini direttore del Museo diocesano

bambino, Gesù, che in braccio alla ma-dre batte le mani esprimendo gioia per l’arrivo, mentre Maria ha in mano una melagrana simbolo della molteplicità nell’unità quasi a richiedere la com-prensione nei confronti dei migranti, in questo caso la Santa Famiglia, con i quali è possibile convivere in pace”.

Le visite guidate avranno inizio sabato 9 aprile e si protrarranno per otto saba-ti fino alla fine di maggio con partenze a rotazione dalle quattro sedi diocesa-ne e toccheranno appunto, nell’ambito dello stesso percorso, le città di Fano, Fossombrone, Cagli e Pergola; avran-no la durata di un intero giorno, con pullman gratuito e menù turistico a spese dei partecipanti.

Il programma rispetterà le seguenti date: - sabato 9 aprile e 7 maggio: partenze da Fano;- sabato 16 aprile e 14 maggio: partenze da Fossombrone;- sabato 23 aprile e 21 maggio: partenze da Cagli;- sabato 30 aprile e 28 maggio: partenze da Pergola.Questi percorsi giubilari mirano a promuovere conoscenze intese al recupero di messaggi non più troppo familiari, visitando le opere nel contesto per cui sono state create, senza rischi di dannosi spo-stamenti, nonché alla promozione e valorizzazione di un territorio quanto mai ricco di bellezze artistiche e paesaggistiche. Per quanto attiene ai programmi gli interessati troveranno nelle bacheche delle parrocchie della diocesi indicazioni esaustive nelle apposite locandine pubblicitarie.

Per le prenotazioni, che saranno accettate fino ad esaurimento posti del pullman, rivolgersi ai seguenti numeri: per partenze da Fano, Ufficio Diocesano Beni Culturali, 0721/803737-826044 (dal lune-dì al venerdì, ore 9.00–12.00); per partenze da Fossombrone, Luca Cangini, 3497202539 (dal lunedì al venerdì, preferibilmente il po-meriggio, 14.00–19.00); per partenze da Cagli, Giuseppe Aguzzi, 3278526448 (dal lunedì al venerdì, ore 9.00–12.30); per partenze da Pergola, Enrico Montesi, 3319162335 (dal lunedì al venerdì, ore 9.00–12.30).

Mello da Gubbio, Croce dipinta, sec. XIV.Pergola, Chiesa di San Francesco

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OBBIETTIVO CULTURA

ROSSINI OPERA FESTIVALNe parliamo con il direttore artistico Ernesto Palacio

È nato in un anno bisestile, precisamente il 29 feb-braio 1792. A dargli i natali è stata proprio la città di Pesaro. Stiamo parlando di Gioacchino Rossini a cui proprio questa città ha dedicato un festival, il Rossini Opera Festival che proprio

nel 2016 raggiunge la sua XXXVII edizione e propone al pubblico alcune importanti novità. Un festival che è cresciu-to in questi anni, a testimoniarlo anche l’aumento di spetta-tori del 3,5% rispetto al 2014.

Per conoscere più da vicino il Rossini Opera Festival abbia-mo intervistato il direttore artistico Ernesto Palacio, uno dei massimi esperti internazionali di vocalità rossiniana.

Rispetto al 2014 gli spettatori sono aumentati del 3.5% nel 2015. A che cosa si deve questo incremento? Io mi auguro che il pubblico abbia capito la qualità delle no-stre offerte.

Il programma 2016 del ROF è molto ricco. Quali sono gli appuntamenti di spicco di questa nuova stagione? Diciamo che le due nuove produzione de “La donna del lago” (direttore Michele Mariotti; regista: Damiano Michieletto) e Il Turco in Italia (direttore: Speranza Scappucci; regista Davide Livermore) saranno le novità. Proponiamo anche il fortunato allestimento di Ciro in Babilonia (Bignamini/Livermore). Tra i concerti spicca quello celebrativo di Juan Diego Florez in occasione dei suoi 20 anni di carriera.

Quali sono le novità di questa edizione 2016?Oltre a quello già detto, i debutti di artisti importanti al Ros-sini Opera Festival come Jader Bignamini, Erwin Schrott, Pretty Yende, Varduhi Abrahamyan, Salome Jicia, Levy Segkapane, Aya Wakisono. Anche il ritorno di Michele Ma-riotti, Eva Podless, Antonino Siragusa, Michael Spyres, Olga Peretyatko, Pietro Spagnoli, Nicola Alaimo.

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OBBIETTIVO SALUTE

VIRUS ZIKA: FA DAVVERO PAURA?Ne parliamo con il dottor Andrea Giacometti

Si trasmette con la puntura di zanzara e i sintomi della malat-tia compaiono solitamente dopo un periodo di incubazione dai 3 ai 12 giorni. Parliamo della febbre da virus Zika che, negli ultimi tempi, è salita alla ribalta delle cronache soprat-tutto per le probabili complicanze per il feto se viene con-

tratta durante la gravidanza. Sebbene l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), al momento – come riporta il sito del Ministero della Salute - non raccomandi l’applicazione di restrizioni di viaggi e movi-menti internazionali verso le aree interessate da trasmissione di virus Zika, è necessario comunque avere degli accorgimenti fra i quali in-formare i viaggiatori verso le aree interessate da trasmissione del virus zika di prendere le dovute misure per prevenire le punture di zanzara, sconsigliare la partenza verso le zone interessate a donne in gravidanza o a persone affette da malattie del sistema immunitario o con gravi patologie croniche. Per conoscere più da vicino questo virus, abbiamo intervistato il dottor Andrea Giacometti direttore SOD clinica malattie infettive tropicali, parassitologia, epatiti croniche – Ospedali Riuniti di Ancona.

Esiste il reale pericolo che il virus zika possa diffondersi anche in Italia?Il rischio, al momento solo teorico, di diffusione del virus Zika in Italia esiste, in quanto anche da noi vivono zanzare in grado di trasmetter-lo. Il virus inizialmente può entrare tramite viaggiatori al rientro da zone a rischio (alcuni casi sono già stati documentati in Italia). Un’al-tra modalità potrebbe essere quella del trasporto di zanzare indovate tra merci trasportate in aereo. Ovviamente è difficile prevedere se e quando il fenomeno potrebbe divenire importante. Anni fa si pensava improbabile che la famosa “zanzara tigre” potesse prendere piede in Italia, tuttavia questo è avvenuto. Tale zanzara tigre è fra quelle in gra-di di trasmettere il virus Zika.

Quali sono i sintomi più comuni di questo virus? Esistono soggetti più a rischio di altri?La sintomatologia più comune è quella simile ad una sindrome in-fluenzale: febbre, dolori muscolari ed articolari, a volte eruzione cu-tanea, congiuntivite, debolezza. Come l’influenza i sintomi di regola scompaiono in 2-7 giorni. In rari casi la malattia potrebbe complicarsi con la cosiddetta “sindrome di Guillain-Barré”, una condizione pa-tologica in cui il sistema immunitario del paziente attacca il sistema nervoso, con sintomatologia a volte grave con necessità di ricovero in

ospedale.

In che modo si trasmette il virus zika?Il virus viene trasmesso dalla puntura di zanzara. Qualcuno ipotizza anche una trasmissione per via sessuale, ma ciò non è ancora stato di-mostrato e comunque non riguarderebbe la maggioranza dei casi.

Parliamo in generale delle malattie tropicali. Quali sono le più co-muni? E le più pericolose?Le malattie tropicali sono numerose ed è difficile elencarle: basterà citare la febbre gialla, la dengue, la malaria, varie forme di elmintiasi (malattie da vermi, tra cui la schistosomiasi è forse la più nota fra i viaggiatori), l’amebiasi. È opportuno ricordare che queste malattie in genere vengono contratte in occasione di viaggi nei Paesi con ende-mia, mentre è improbabile una loro trasmissione in Italia da parte di soggetti immigrati.

Si è parlato, tornando al virus zika, di reali pericoli per il nascituro nel caso venga contratto da donne in gravidanza. È davvero così?Pericoli per il nascituro se la madre contrae l’infezione da virus Zika in corso di gravidanza: probabilmente l’infezione aumenta il rischio di microcefalia (ossia ridotto sviluppo cranico per anomala crescita cere-brale) però le indagini sono ancora in corso e i risultati non sono defi-nitivi. Non è stabilito neanche quale sia il rischio relativo, ossia quale probabilità ci sia che il bimbo nasca con microcefalia nel caso che la madre contragga l’infezione da virus Zika nel corso della gravidanza. Quello che si può consigliare alle donne in stato di gravidanza è, sicu-ramente, di evitare viaggi nelle zone a rischio fino a dopo il parto; se ciò non è possibile, attuare misure protettive quali: applicare repellenti per zanzare, indossare abiti che coprano il più possibile e di colore chiaro, zanzariere alle finestre.

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OBIETTIVO MUSICA

IL NOSTRO SOGNO? CANTARE AD HARLEMNe parliamo con Barbara Calzolari fondatrice e presidente dello Slave Song Gospel Choir

Hanno un sogno nel cassetto, quello di poter cantare ad Harlem. Loro sono i membri dello Slave Song Go-spel Choir, coro gospel fanese nato nel 1996 e che, a distanza di 20 anni, sta ottenendo grandi successi non solo nel panorama locale.

“L’idea di creare un coro gospel è nata nel 1996 – spiega Barbara Cal-zolari fondatrice del coro - da un mio progetto; mi ero dedicata ad organizzare dei concerti natalizi con repertorio di vario genere nella parrocchia di Cuccurano e in altre chiese della zona ed avendo riscos-so un buon successo di pubblico, io e gli altri componenti del consi-glio abbiamo deciso di dare un’impronta gospel al coro che era appena nato, visto che nella città di Fano e, in genere nella nostra regione, non vi era un coro del genere. Quindi ci siamo “buttati” a capofitto in questo tipo di musica e ancora, dopo 20 anni, lo SLAVE SONG GO-SPEL CHOIR è qui. Dal 2015 il coro è diretto dal maestro Claudio Morosi; prima di lui si sono susseguiti Salvatore Francavilla, Stefano Vagnini ed Emilio Marinelli. Le prove si tengono tutti i lunedì alle ore 21.15 nella sala parrocchiale di Cuccurano e sono aperte a chiunque voglia provare questa esperienza. Abbiamo anche un sito web www.slavesong.it e una pagina facebook”.Un repertorio vario e vasto quello che vede impegnato lo Slave Song in cui non mancano brani pop riarrangiati in chiave gospel. “Il “Go-

spel Song” letteralmente, può essere tradotto con “canto del Vangelo” ed è il modo di espressione moderno dello spirituals di radice afro-americana. Gli spiritual sono gli antichi inni che gli schiavi cantavano sia durante il lavoro nei campi che nelle prime chiese, invocando quel Dio che li avrebbe liberati. Verso la fine dell’800 lo spiritual si evolve nel genere gospel che fonda la musica afro americana con il blues, il jazz e diventerà la forma di preghiera delle chiese battiste americane. Noi eseguiamo alcuni classici – prosegue Barbara Calzolari - come Down by the riverside, When the saints go marchin in, Happy day e a questi uniamo alcuni brani gospel più moderni scritti da autori contemporanei come D.Lawrence, H.Walker, C. Porter. Fanno parte del nostro repertorio anche brani di musica pop, riarrangiati in chiave gospel come Stand by me, One love, Redemption song”.Quali caratteristiche deve avere un coro gospel allora? “Non deve ave-re particolari caratteristiche se non l’amore per la musica, la voglia di stare insieme e divertirsi, il desiderio di invocare, supplicare e ringra-ziare quel Dio che ci ha creati e tutto questo lo facciamo attraverso la musica, il ritmo, le parole, il battito di mani, lo schiocco delle dita. Non si può rimanere immobili e distaccati ascoltando un gospel, perché è una musica del corpo e dell’anima”.Appuntamento di grande importanza per lo Slave Song Gospel Choir è stato il mega concerto in piazza Duomo a Milano insieme all’Italian

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IL NOSTRO SOGNO? CANTARE AD HARLEMNe parliamo con Barbara Calzolari fondatrice e presidente dello Slave Song Gospel Choir

Gospel Choir, la Nazionale Gospel italiana di cui fanno parte dal 2014 e che raccoglie tutti i cori gospel provenienti dalle varie regioni italiane. “È stata un’emozione unica: 500 coristi che, diretti dal maestro A.Pozzetto, hanno entusiasmato una piazza gremita di persone. A rendere più magi-che le 2 serate, la presenza di 2 super ospiti: Stefanie Minatee, direttrice dei Jubilation Choir di Newark (New Jersey – U.S.A.) e Donald Lawren-ce, cantautore e produttore discografico, uno dei più importanti e accre-ditati artisti della scena Gospel americana contemporanea”.

Impegni futuri? “Per quanto riguarda i nostri prossimi impegni, ci stiamo preparando per un concerto che si terrà il 2 aprile nella parrocchia della Beata Maria Vergine della Misericordia di Fabriano; seguirà un workshop (aperto a tutti) a Fano il 25 e 26 giugno con il maestro della Nazionale, Alessandro Pozzetto e approfitto per invitare chiunque abbia voglia di scoprire insieme a noi che cos’è il gospel e viverne la magia. Quest’anno poi festeggeremo il 20^ anniversario di fondazione del coro e quindi vi è l’intenzione di organizzare un evento nel prossimo Natale per festeggiare questo traguardo con tutti i nostri amici e coloro che amano il gospel. Il sogno nel cassetto? Non può che essere quello di andare tutti insieme ad Harlem, in America, e vivere appieno l’emozione di una messa Gospel e, perché no, cantare insieme a loro”.

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