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17/10/ 2015 Gros & Davi dson | Foucaul t, Wi ttgenstein (1) ht tp: //www. ma teria lif ouc ault ia ni. or g /it /comp onent/ co ntent /art icle / 180-g r os -a-d avi ds on-f ouc ault -wi ttgenst ein .html 1/ 3 | Stampa | Matteo Vagelli Giochi linguistici e di potere tra Wittgenstein e Foucault Recensione di Frédéric Gros & Arnold I. Davidson (dir.), Foucault, Wittgenstein : de possibles rencontres  , Éditions Kimé, Paris 2011 (214 p.) Il volume Foucault, Wittgenstein : de possibles rencontres raccoglie gli interventi di una giornata di studi svoltasi nel giugno del 2007 presso l’École Normale Supérieure di Parigi, sotto la direzione di Arnold I. Davidson e Frédéric Gros. La giornata, e quindi il volume, sono animati dal desiderio di accostare per i loro stili di pensiero e le loro pratiche d’esistenza due “icone filosofiche” del XX secolo, Ludwig Wittgenstein e Michel Foucault. Se l’accostamento tra i due risulta pressoché inedito, sono comunque da segnalare alcuni precedenti. Quantomeno per il loro valore di documento, sono interessanti i testi esplicitamente dedicati al raffronto tra Wittgenstein e Foucault da Harry Aron, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 [1]. Anche Rorty ha avvicinato i due in un testo in cui giudica sommariamente comparabili le critiche wittgensteiniane e foucaultiane alle nozioni di “verità” e “scienza”[2]. Ma Ian Hacking e Arnold I. Davidson sono sicuramente le istanze più originali – nonché maggiormente ispiratrici rispetto ai lavori contenuti in Foucault, Wittgenstein – tra tali tentativi di accostamento. Hacking si è in molteplici occasioni professato influenzato tanto dalla filosofia del linguaggio dell’uno quanto dall’epistemologia carica di connotati etici e politici dell’altro, e nei suoi lavori ha costantemente cercato un equilibrio e un’integrazione originale tra queste due matrici filosofiche[3]. Davidson, dal canto suo, in The Emergence of Sexuality  , ha operato una combinazione di analisi dei concetti e descrizione storica attraverso l’applicazione di metodologie analitiche wittgensteiniane all’epistemologia foucaultiana[4]. A questa lista sommaria occorre aggiungere infine un riferimento ad Aldo Giorgio Gargani, esperto di Wittgenstein, che negli ultimi anni della sua vita, influenzato dalla lettura di Foucault, scriveva: Un filosofo continentale estraneo alla tradizione analitica della filosofia anglosassone è Michel Foucault, che però, come Wittgenstein, respinge la tradizionale filosofia del soggetto […] e delinea un analogo intreccio di relazioni e contesti storici, di istituzioni sociopolitiche, giuridiche, religiose e culturali e di relazioni che gli individui intrattengono con se stessi e con il potere che esercita la sua azione, avendo come effetto quello di strutturare la pratica del discorso del “vero” e del “falso”. Questo intreccio strutturale consegnato alla storicità delle epoche della cultura umana determina e crea le regole, dunque i vincoli, in conformità ai quali viene praticato il gioco del vero e del falso[5]. Nonostante questi brevi accenni, la letteratura secondaria sul raffronto WittgensteinFoucault è comunque da considerarsi agli albori e la miscellanea Foucault, Wittgenstein si propone appunto di rappresentare uno stimolo verso l’apertura di questo nuovo fronte d’indagine. Senza tentare di rendere interamente l’ampiezza e le sfumature dei temi articolati, così come il loro carattere spesso dispersivo, cercheremo di riproporre qui solo alcuni degli assi più riconoscibili che caratterizzano gli studi contenuti nel volume. I contributi sono suddivisi in due sezioni intitolate “Jeux de langage et Jeux de vérité” e “Jeux de langage et Jeux de pouvoir”. Questa ripartizione si propone di suggerire due linee guida piuttosto discernibili nelle letture del rapporto tra le due figure: da una parte, quelle che confrontano prevalentemente i temi del linguaggio e dei g iochi  Home Rivista Volume III, numero 56 Volume II, numero 4 Volume II, numero 3 Volume I, numero 2 Volume I, numero 1 Direzione & Redazione Comitato scientifico Calls for papers Contributi Materiali Materiali Forum & Interviste Prospettive foucaultiane Pubblicazioni Novità editoriali Recensioni Eventi Archivio eventi mf Risorse in linea Bibliografia online Web sites PROPORRE UN ARTICOLO O UNA RECENSIONE In evidenza  ʺLa fatica e il piacere del libro sta nellʹessere unʹesperienza.ʺ (M.F., Preface to the History of Sexuality) Con il sostegno del Centre Michel Foucault cerca... français  italiano  e PRESENTAZIONE EQUIPE CONTATTI CONTRIBUTI NEWSLETTER

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Matteo Vagelli

Giochi linguistici e di potere tra Wittgenstein e Foucault 

Recensione di Frédéric Gros &  Arnold I. Davidson (dir.), Foucault, Wittgenstein : de possibles rencontres , Éditions

Kimé, Paris 2011 (214 p.)

Il volume Foucault, Wittgenstein : de possibles rencontres raccoglie gli interventi di una giornata di studi svoltasi nel

giugno del 2007 presso l’École Normale Supérieure di Parigi, sotto la direzione di Arnold I. Davidson e Frédéric

Gros. La giornata, e quindi il volume, sono animati dal desiderio di accostare per i loro stili di pensiero e le loro

pratiche d’esistenza due “icone filosofiche” del XX secolo, Ludwig Wittgenstein e Michel Foucault. Se

l’accostamento tra i due risulta pressoché inedito, sono comunque da segnalare alcuni precedenti. Quantomeno

per il loro valore di documento, sono interessanti i testi esplicitamente dedicati al raffronto tra Wittgenstein e

Foucault da Harry Aron, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80[1]. Anche Rorty ha avvicinato i due in un

testo in cui giudica sommariamente comparabili le critiche wittgensteiniane e foucaultiane alle nozioni di “verità”

e “scienza”[2]. Ma Ian Hacking e Arnold I. Davidson sono sicuramente le istanze più originali – nonché

maggiormente ispiratrici rispetto ai lavori contenuti in Foucault, Wittgenstein – tra tali tentativi di accostamento.

Hacking si è in molteplici occasioni professato influenzato tanto dalla filosofia del linguaggio dell’uno quanto

dall’epistemologia carica di connotati etici e politici dell’altro, e nei suoi lavori ha costantemente cercato unequilibrio e un’integrazione originale tra queste due matrici filosofiche[3]. Davidson, dal canto suo, in The

Emergence of Sexuality ,  ha operato una combinazione di analisi dei concetti e descrizione storica attraverso

l’applicazione di metodologie analitiche wittgensteiniane all’epistemologia foucaultiana[4]. A questa lista

sommaria occorre aggiungere infine un riferimento ad Aldo Giorgio Gargani, esperto di Wittgenstein, che negli

ultimi anni della sua vita, influenzato dalla lettura di Foucault, scriveva:

Un filosofo continentale estraneo alla tradizione analitica della filosofia anglosassone è Michel Foucault,

che però, come Wittgenstein, respinge la tradizionale filosofia del soggetto […] e delinea un analogo

intreccio di relazioni e contesti storici, di istituzioni socio‑politiche, giuridiche, religiose e culturali e di

relazioni che gli individui intrattengono con se stessi e con il potere che esercita la sua azione, avendo

come effetto quello di strutturare la pratica del discorso del “vero” e del “falso”. Questo intreccio

strutturale consegnato alla storicità delle epoche della cultura umana determina e crea le regole, dunque i

vincoli, in conformità ai quali viene praticato il gioco del vero e del falso[5].

Nonostante questi brevi accenni, la letteratura secondaria sul raffronto Wittgenstein‑Foucault è comunque da

considerarsi agli albori e la miscellanea Foucault, Wittgenstein si propone appunto di rappresentare uno stimolo

verso l’apertura di questo nuovo fronte d’indagine. Senza tentare di rendere interamente l’ampiezza e le

sfumature dei temi articolati, così come il loro carattere spesso dispersivo, cercheremo di riproporre qui solo

alcuni degli assi più riconoscibili che caratterizzano gli studi contenuti nel volume.

I contributi sono suddivisi in due sezioni intitolate “Jeux de langage et Jeux de vérité” e “Jeux de langage et Jeux

de pouvoir”. Questa ripartizione si propone di suggerire due linee guida piuttosto discernibili nelle letture del

rapporto tra le due figure: da una parte, quelle che confrontano prevalentemente i temi del linguaggio e dei giochi

 

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linguistici in Wittgenstein con il discorso e le pratiche discorsive di Foucault; dall’altra, quelle che allargano

maggiormente la prospettiva anche ai “giochi di potere”, cercando una trasposizione incisiva dal piano teorico a

quello pratico e politico. In realtà, la scelta non pare del tutto giustificata rispetto alla natura dei testi contenuti,

che condividono e si sovrappongono per gran parte degli argomenti e dei riferimenti impiegati, dispiegandosi e

smarcandosi l’uno dall’altro piuttosto per differenze radiali. Per valutare il ventaglio di “posture comuni” assunte

dai due filosofi, gli autori del volume spaziano da ipotesi di “identificazione, filiazione e opposizione”, a più

generiche sintonie, “somiglianze di famiglia” o correspondances  (pp. 12, 42). Schematizziamo gli approcci

rappresentati nel volume secondo tre temi principali: il tema  metodologico tende ad accontentarsi di mostrare che

nei due casi è all’opera una sorta di metodo descrittivo similare, che Foucault trae dalla filosofia analitica in

generale, più che da Wittgenstein, per esportarlo verso un altro campo di indagine; il tema dell’ a priori mette in

luce le somiglianze nelle analisi del linguaggio, del discorso e della conoscenza, rilevando per entrambi i filosofi

una concezione affine delle condizioni di possibilità di un sapere; quello etico ,  infine, attribuisce tanto all’uno

quanto all’altro una idea di filosofia come pratica, che rilegge in chiave etica sia la soggettività sia la verità stessa.

I contributi del volume presentano una mescolanza non uniforme di questi temi, dei quali evidenzieremo qui solo

alcuni aspetti.

1. Il tema metodologico

L’accostamento metodologico è quello che risulta più praticato e approfondito da tutti gli interventi. Secondo tale

punto di vista, le riflessioni wittgensteiniane sul linguaggio avrebbero fornito un modello o paradigma filosofico

ripreso poi da Foucault e da lui trasposto alla storia. La diversità degli oggetti e dei rispettivi campi d’indagine

dei due filosofi renderebbe quindi vano qualsiasi confronto “positivo” in termini di teorie o dottrine, malascerebbe intatto il valore formale o analogico di un rapprochement. Entrambi avversano una filosofia che

s’impone come teoria o dottrina, privilegiandone al contrario il compito descrittivo e critico. Come Wittgenstein

rifiuta il ricorso a modelli deduttivi o ipotetico‑causali di spiegazione e si limita a descrivere i fatti linguistici,

altrettanto fa Foucault con quelli storici e politici. Il linguaggio dell’uno è così l’analogo della storia nell’altro:

come dietro alle parole del primo non c’è niente di nascosto, né un’essenza preesistente né uno stato o un

processo mentale che costituirebbero il suo significato, così dietro i fatti storici non si dà alcuna teleologia o

ordine precostituito.

Eustache sembra arrestarsi di fronte allo scarto tra metodo archeologico e metodo genealogico in Foucault.

Secondo lui, se è vero che Foucault si è servito della medesima “cassetta degli attrezzi” di Wittgenstein [6] , la

specificità dei rispettivi oggetti di studio ha poi prodotto una divergenza irriconciliabile tra i due filosofi, i quali,

oltre un certo punto, non risultano più confrontabili se non a detrimento delle loro peculiarità. Tra i due

sussisterebbe una differenza di livelli di analisi: mentre il gioco linguistico di Wittgenstein si situa sul piano delle

convenzioni linguistiche tra parlanti, lo jeu dispositionnel di Foucault (quello originato all’interno di un dispositivo

di sapere‑potere) è propriamente la sorgente delle suddette convenzioni. Secondo Eustache, l’anti‑

fondazionalismo di Wittgenstein è volto precisamente a negare ogni legittimità a una tale analisi genetica delle

condizioni di possibilità di un determinato assetto di convenzioni. La divergenza irriducibile tra i due si

originerebbe proprio dal fatto che, se Wittgenstein contesta ogni fondazione non convenzionale delle nostre

pratiche linguistiche, Foucault va a ricercare ed individuare queste ultime nella storia. Il primo si limiterebbe cioè

a una descrizione funzionale del linguaggio, mentre il secondo opererebbe un’analisi genealogico‑nietzschiana

(pp. 14, 33). Foucault e Wittgenstein condividerebbero quindi solo metodi e obiettivi negativi (quali il rifiuto del

dogmatismo, del determinismo e del paradigma causale), divergendo quanto al resto.

[1]  Cfr. H. Aron, “Wittgenstein’s impact on Foucault”, presentato al secondo International Wittgenstein

Symposium, Kirchberg am Wechsel (Austria) e ristampato sia in E.W. Leinfellner, H. Deinfellner, H. Berghel

(eds.), Wittgenstein and his Impact on Contemporary Thought , Kluwer, 1977, pp. 58‑60, sia in B. Smart (ed.),  Michel

Foucault. Critical Assessments , vol. I, Routledge, London 1995, pp. 151‑152; e “Wittgenstein’s silence/Foucault’s

anarchy”, presentato al settimo International Wittgenstein Symposium, 1982.

[2] Cfr. R. Rorty, “Beyond Nietzsche and Marx”, in B. Smart, op. cit. , pp. 151‑152.

[3]  Si veda soprattutto I. Hacking, Historical Ontology , Harvard University Press, Cambridge 2002; trad. it.

Ontologia storica , ETS, Pisa 2010.

[4] Cfr. A.I. Davidson, The Emergence of Sexuality. Historical Epistemology and the Formation of Concepts , Harvard

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University Press, Cambridge 2001; trad. it. L’emergenza della sessualità, Quodlibet, Macerata 2010.

[5]  A.G. Gargani, “Vincoli e possibilità nei codici di sapere”, Teoria , XXV (Nuova serie XV/2), 2005, p. 163. I

riscontri dell’interesse congiunto di Gargani per Wittgenstein e Foucault non si limitano certamente a questo

passaggio. Davidson nota del resto come l’impostazione filosofica dispiegata ne Il sapere senza fondamenti , uno dei

testi più rilevanti di Gargani, ci consenta «di tracciare una linea di contatto tra la filosofia wittgensteiniana e una

corrente notevole della filosofia francese contemporanea» (si veda l’Introduzione alla riedizione del testo di

Gargani per Mimesis, Milano 2009, p. 7).

[6] Il riferimento è alle Ricerche filosofiche , Einaudi, Torino 1999, § 11.

continua...

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