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Intrigo e seduzione B RENDA J OYCE Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano Questo volume è stato stampato nel giugno 2012 presso la Mondadori Printing S.p.A. stabilimento Nuova Stampa Mondadori - Cles (Tn) 1 luglio 1793, nelle vicinanze di Brest, Francia 5 6

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BRENDA JOYCE

Intrigo e seduzione

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Seduction

HQN Books © 2012 Brenda Joyce Dreams Unlimited, Inc.

Traduzione di Marina Boagno

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special luglio 2012

Questo volume è stato stampato nel giugno 2012

presso la Mondadori Printing S.p.A. stabilimento Nuova Stampa Mondadori - Cles (Tn)

I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL

ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 162 del 18/07/2012

Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994

Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA

Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI)

Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A.

Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Prologo

1 luglio 1793, nelle vicinanze di Brest, Francia «È vivo?» La voce lo sorprese. Sembrava lontana. E mentre sentiva l'inglese parlare, il dolore gli saettò attraverso la schiena e le spalle, come se dei chiodi gli venissero piantati nella carne, come se lo stessero crocifiggendo. La sofferenza era così terribile che non riusciva a spiccicare parola, ma imprecò silenziosamente. Che cos'era successo? Il suo corpo era in fiamme, adesso. Peggio ancora, si chiese se stava soffocando. Riusciva a malapena a respirare. Un peso tremendo sembrava schiacciarlo. Ed era nel buio più assolu-to... La sua mente, tuttavia, cominciava a funzionare. L'uomo che aveva parlato era inglese, anche se la circostanza aveva dell'incredibile. Dov'era? Che cosa diavolo era successo? E poi le immagini cominciarono a scorrergli nella mente con rapidità impressionante, accompagnate da suoni orribili... le urla raccapriccianti dei feriti e dei moribondi in mezzo ai colpi dei moschetti e al rombo dei cannoni, il fiume arrossato dal sangue francese di contadini, preti, nobili, soldati... Gemette. Non riusciva a ricordare com'era stato ferito, e te-meva di essere in punto di morte. Che cosa gli era successo? Qualcuno parlò, e la voce era familiare. «È a malapena vivo, Lucas. Ha perso molto sangue ed è

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privo di conoscenza da mezzanotte. Il mio chirurgo non sa se sopravvivrà.» «Che cos'è accaduto?» A parlare era un altro inglese. «Abbiamo subito una terribile sconfitta a Nantes, mes-sieurs, una rotta a opera dei francesi comandati dal generale Biron, ma Dominic non è stato ferito in battaglia. Un assassi-no gli ha teso un'imboscata ieri sera, fuori da casa mia.» Fu allora che lui si rese conto che a parlare era il suo vec-chio amico, Michel Jacquelyn. Qualcuno aveva cercato di uc-ciderlo... perché qualcuno aveva saputo che era una spia. «Gesù» commentò il secondo inglese. Dominic riuscì ad aprire gli occhi con un grande, prolunga-to sforzo di volontà. Era disteso sulla spiaggia su un paglieric-cio, sotto delle coperte. Le onde battevano la riva e sopra di lui la notte scintillava di stelle. Tre uomini lo attorniavano, in piedi. Indossavano giacche, calzoni e stivali. La sua vista era sfocata, ma in qualche modo riusciva a distinguerli. Michel era basso e bruno, con gli abiti macchiati di sangue, i capelli legati dietro la nuca. Gli inglesi erano alti e biondi, con i ca-pelli lunghi fino alle spalle e svolazzanti. Tutti erano armati di pistole e pugnali. Ora Dominic sentiva lo scricchiolio degli alberi, lo sbattere delle vele, il fragore delle onde sollevate dal vento. E poi non riuscì più a tenere gli occhi aperti. Esausto, li chiuse. Stava per perdere i sensi, maledizione... «Siete stati seguiti?» chiese Lucas, secco. «Non, ma les gendarmes sono dappertutto, mes amis. I francesi bloccano la costa. Dovrete stare attenti a evitare le lo-ro navi.» L'altro inglese intervenne, il tono quasi baldanzoso. «Non temete. Nessuno sa evitare la flotta, oppure i gabellieri, come so fare io. Capitano Jack Greystone, monsieur, al vostro ser-vizio in questa interessante notte. E ritengo che conosciate già mio fratello, Lucas.»

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«Sì. Dovete portarlo a Londra, messieurs» disse Michel. «Immédiatement.» «Non riuscirà ad arrivare a Londra» ribatté Jack. «Non vi-vo, comunque.» «Lo porteremo a Greystone» intervenne Lucas, deciso. «È vicino... e sicuro. E se ha fortuna vivrà per combattere un altro giorno.» «Bien. Abbiatene cura... noi, in Vandea, abbiamo bisogno che torni. Che Dio vi accompagni tutti.»

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2 luglio 1793, Penzance, Cornovaglia Era molto in ritardo. Julianne Greystone praticamente balzò fuori dal calesse, dopo averlo parcheggiato davanti al negozio della modista. La riunione dell'Associazione era alla porta accanto, nel salone del White Hart Inn, ma ogni spazio davanti alla locanda, sem-pre affollata nel pomeriggio, era già occupato. Julianne con-trollò il freno del veicolo, fece una carezza alla vecchia giu-menta e la legò rapidamente al palo. Odiava essere in ritardo. Non era nella sua natura. Julianne prendeva la vita molto sul serio, diversamente da altre signore che conosceva. Quelle donne amavano la moda e i negozi, i tè e le visite di cortesia, i balli e le cene, ma non vivevano nella sua stessa si-tuazione. Julianne non ricordava un tempo nella sua vita in cui c'erano stati giorni di ozio e frivolezze. Suo padre aveva ab-bandonato la famiglia prima del suo terzo compleanno. Non che le loro condizioni non fossero precarie già allora. Il padre era stato un figlio cadetto, senza mezzi, oltre che un perdigior-no. Lei era cresciuta svolgendo a Greystone Manor i compiti che le altre signorine riservavano alle loro domestiche: cuci-nare, lavare i piatti, portare in casa la legna per il fuoco, stira-re le camicie dei fratelli, dare da mangiare ai loro due cavalli, pulire la scuderia... C'era sempre un lavoro che l'aspettava.

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C'era sempre qualcosa rimasto da fare. Semplicemente, non c'era mai abbastanza tempo nella giornata, e lei considerava imperdonabile l'indolenza. Naturalmente, la città distava da casa sua, a Sennen Cove, un'ora di calesse. Sua sorella maggiore, Amelia, aveva preso la carrozza, quel giorno. Ogni mercoledì, qualunque cosa ac-cadesse, Amelia portava la mamma a fare visita ai vicini... benché la mamma non riconoscesse più nessuno. La sua men-te era indebolita. Raramente era lucida, e a volte non ricono-sceva le sue stesse figlie, ma adorava fare visite. Nessuno a-mava le frivolezze e la gaiezza quanto la mamma. Spesso si credeva ancora una debuttante, circondata dalle sue allegre a-miche e da cavallereschi corteggiatori. Julianne riteneva di sapere che cosa aveva significato per sua madre crescere in una casa piena di ogni lusso, dov'era servita e riverita, in un tempo in cui i coloni americani ancora non avevano reclamato la loro indipendenza, un tempo di guerre soltanto sporadiche... un tempo senza paura, rancori e rivoluzioni. Era stato un tempo di assoluto splendore e di spensierata e sontuosa ostentazione, un tempo di serene grati-ficazioni, in cui nessuno si curava della miseria della gente comune alla porta accanto. Povera mamma. Aveva cominciato a declinare poco dopo che suo padre li aveva lasciati per le sale da gioco e le donne facili di Londra, Antwerp e Parigi. Ma Julianne non era sicura che fosse stato il dolore a minare la mente della mamma. A volte pensava a una causa molto più semplice e banale. Sua madre non era capace di cavarsela nelle oscure, minacciose circostanze del mondo moderno. Il loro medico tuttavia sosteneva che era importante farle mantenere una vita sociale attiva. Tutti, in famiglia, erano d'accordo. E così Julianne aveva preso il calesse e la giumenta più anziana. L'ora di viaggio si era allungata fino a due. Non era mai stata più impaziente. Viveva per quelle riunio-ni mensili a Penzance. Lei e il suo amico, Tom Treyton, che

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era radicale quanto lei, avevano fondato l'Associazione l'anno precedente, dopo che il re Luigi XVI era stato deposto e in Francia era stata proclamata la repubblica. Avevano entrambi sostenuto la rivoluzione francese fino dal momento in cui era stato chiaro che grandi cambiamenti erano imminenti in quel paese, tutti nella direzione di alleviare le difficili condizioni dei contadini e della classe media, ma nessuno dei due aveva mai neppure sognato che l'ancien régime sarebbe, alla fine, completamente caduto. Ogni settimana c'era un nuovo mutamento nella crociata della Francia per la libertà del popolo. Solo il mese precedente i capi giacobini dell'Assemblea nazionale avevano attuato un colpo di mano, arrestando molti loro oppositori. Il risultato era stata una nuova costituzione, che accordava il voto a ogni uomo! Era quasi troppo bello per essere vero. Recentemente era stato costituito il Comitato di salute pubblica, e Julianne era impaziente di sapere quali riforme poteva attuare a breve. E poi c'erano le guerre sul Continente. La nuova repubblica francese intendeva portare la libertà a tutta l'Europa. La Fran-cia aveva dichiarato guerra all'Impero asburgico nell'aprile del '92. Però non tutti condividevano il punto di vista radicale di Ju-lianne e Tom e il loro entusiasmo per il nuovo regime france-se. Nel febbraio precedente la Gran Bretagna si era unita al-l'Austria e alla Prussia ed era entrata in guerra contro la Fran-cia. «Miss Greystone.» Julianne era stata sul punto di chiamare con un cenno il mozzo di stalla dall'altro lato della strada per chiedergli di ab-beverare la giumenta. Al suono della voce stridula s'irrigidì e si voltò adagio. Richard Colmes la guardò con aria severa. «Non può lasciare il calesse qui.» Julianne sapeva esattamente perché lui intendeva attaccare briga. Si ravviò una ciocca di capelli dal viso e disse, molto

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educatamente: «È una pubblica via, Mr. Colmes. Oh, e buon pomeriggio. Come sta Mrs. Colmes?». Il merciaio era un uomo basso, pingue, con la barba grigia. La sua parrucca non era incipriata, ma era davvero bella e per il resto il suo aspetto era impeccabile, dalle calze chiare alla giacca ricamata. «Non approvo la vostra Associazione, Miss Greystone.» Lei era irritata, ma sorrise comunque. «Non è la mia Associazione» cominciò. «Voi l'avete fondata. Voi radicali state complottando la ro-vina di questo grande paese!» esclamò lui. «Siete tutti giaco-bini, e vi riunite proprio qui accanto per ordire i vostri terribili piani. Dovreste vergognarvi di voi stessa, Miss Greystone!» Non valeva più la pena di sorridere, adesso. «Questo è un paese libero, signore, e tutti abbiamo diritto alle nostre opinioni. E possiamo senz'altro riunirci qui accan-to, se John Fowey ci permette di farlo.» Fowey era il locandiere. «Fowey è pazzo esattamente quanto voi!» sbraitò Colmes. «Siamo in guerra, Miss Greystone, e voi e i vostri amici par-teggiate per il nemico. Se l'esercito francese attraverserà la Manica, senza dubbio lo accoglierete a braccia aperte!» Julianne alzò la testa con fierezza. «Voi semplificate una questione molto complessa, signore. Io sostengo i diritti di ogni uomo... anche del vagabondo che viene in questa città mendicando un pasto decente. Sì, si dà il caso che io parteggi per la rivoluzione francese... ma lo fanno anche moltissimi nostri compatrioti. Sono in compagnia di Thomas Paine e Charles James Fox, per nominare solo poche delle menti illuminate che riconoscono quanto i cambiamenti di Francia siano per il bene universale del genere umano. So-no radicale, signore, ma...» Lui la interruppe. «Voi siete una traditrice, Miss Greystone, e se non spostate il vostro calesse lo farò io.» L'uomo si voltò ed entrò nel suo negozio, sbattendosi la

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porta alle spalle. Il vetro vibrò, le campanelle tintinnarono. Julianne tremava e aveva un nodo allo stomaco. Era stata sul punto di dire al merciaio quanto amava il suo paese. Si po-teva essere patrioti e nello stesso tempo sostenere la nuova re-pubblica costituzionale in Francia. Si poteva essere patrioti e nello stesso tempo reclamare riforme politiche e sociali, sia all'estero sia in patria. «Vieni, Milly» disse alla giumenta. Condusse l'animale e il calesse dall'altra parte della strada, nella rimessa, amareggiata per la disputa che aveva appena sostenuto. Ogni settimana che passava stava diventando sempre più difficile andare d'accor-do con i suoi vicini... persone che conosceva da tutta la vita. Un tempo era stata accolta in ogni negozio o salotto a braccia aperte, da visi sorridenti. Adesso non era più così. La rivoluzione in Francia e le conseguenti guerre sul Conti-nente avevano diviso il paese. E adesso avrebbe dovuto pagare per il privilegio di lasciare la giumenta alla scuderia, mentre non avevano denaro da but-tare. La guerra aveva fatto aumentare i prezzi dei generi ali-mentari, per non parlare del costo della maggior parte delle al-tre merci. Greystone comprendeva una florida miniera di sta-gno e un altrettanto redditizio giacimento di ferro, ma Lucas investiva la maggior parte dei profitti della tenuta, con un oc-chio al futuro dell'intera famiglia. Era frugale... ma lo erano tutti loro, tranne Jack, che era spericolato in ogni senso possi-bile, il che, probabilmente spiegava perché era tanto bravo co-me contrabbandiere. Lucas era a Londra, o così riteneva Ju-lianne, benché il suo comportamento fosse in qualche modo sospetto. Sembrava che fosse sempre in città! E quanto a Jack, conoscendolo, probabilmente era in mare, inseguito da un cutter della dogana. Julianne cessò di preoccuparsi per la spesa imprevista, dal momento che non c'era modo di evitarla, e mise da parte la recente e sgradevole conversazione con il merciaio, anche se forse l'avrebbe riferita a sua sorella, più tardi.

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Affrettando il passo, si spazzolò via la polvere dal naso pic-chiettato di efelidi, poi scosse la gonna di mussolina. Non era piovuto per tutta la settimana e le strade erano asciutte in mo-do impossibile. Il suo vestito, ora, era nocciola anziché avorio. Mentre si avvicinava all'insegna esposta accanto alla porta principale della locanda, provò un senso di eccitazione. L'ave-va dipinta lei stessa. Associazione degli amici del popolo, diceva. I nuovi arriva-ti sono i benvenuti. Non è richiesta alcuna quota d'iscrizione. Era molto fiera di quell'ultima riga. Si era battuta con il suo amico Tom con le unghie e con i denti per fare a meno di qua-lunque quota d'iscrizione. Non era quello che Thomas Hardy stava facendo per le associazioni consimili? Ogni uomo e ogni donna doveva avere la possibilità di partecipare a un'assem-blea il cui scopo era promuovere la causa dell'uguaglianza, della libertà e dei diritti umani. Nessuno doveva essere privato dei suoi diritti o della possibilità di aderire a una causa che lo avrebbe reso libero solo perché non poteva permettersi di pa-gare una quota mensile! Julianne entrò nel buio, fresco salone della locanda e vide immediatamente Tom. Era alto all'incirca come lei, con i ca-pelli castano chiari ricciuti e lineamenti gradevoli. Suo padre era un signorotto di campagna assai benestante, e lui era stato mandato a ricevere un'istruzione universitaria a Oxford. Ju-lianne aveva pensato che dopo la laurea si sarebbe stabilito a Londra. Invece, Tom era tornato a casa e aveva aperto uno studio legale in città. La maggioranza dei suoi clienti erano contrabbandieri sorpresi a terra dalla polizia. Purtroppo non era stato in grado di difendere con successo i suoi due ultimi clienti. Entrambi erano stati condannati a due anni di lavori forzati. Naturalmente erano colpevoli, e tutti lo sapevano. Tom era in piedi in mezzo alla sala, mentre tutti gli altri e-rano seduti ai tavoli o sulle panche. Julianne notò subito che la partecipazione era di nuovo scarsa... anche più della volta precedente. C'erano solo un paio di dozzine di uomini nella

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sala, tutti minatori, pescatori e contrabbandieri. Da quando la Gran Bretagna era entrata nella coalizione in guerra contro la Francia, c'era stato un deciso risveglio di pa-triottismo nella zona. Uomini che avevano sostenuto la rivolu-zione ora ritrovavano Dio e la nazione. Julianne immaginava che un simile cambiamento fosse inevitabile. Tom l'aveva vista. S'illuminò e corse a raggiungerla. «Sei talmente in ritardo! Temevo che ti fosse successo qualcosa, e che non potessi intervenire alla riunione.» «Ho dovuto prendere Milly, ed è stato un viaggio lento.» Lei abbassò la voce. «Mr. Colmes non mi ha permesso di la-sciare il calesse davanti al suo negozio.» Gli occhi azzurri di Tom fiammeggiarono. «Bastardo reazionario.» Lei gli toccò il braccio. «È spaventato, Tom. Lo sono tutti. E non capisce quello che sta succedendo in Francia.» «Ha paura che gli prendiamo il negozio e la casa e li conse-gniamo al popolo. E forse fa bene ad averla» disse Tom. Lui e Julianne si erano trovati in disaccordo sui metodi e i modi della riforma per tutto l'anno trascorso, fin da quando a-vevano costituito l'Associazione. «Non possiamo certo andarcene in giro a espropriare i citta-dini benestanti come Richard Colmes» protestò Julianne a bassa voce. Lui sospirò. «Sono troppo radicale, naturalmente. Ma non mi dispiace-rebbe espropriare il Conte di Penrose e il Conte di St. Just.» Lei sapeva che parlava sul serio. Sorrise. «Possiamo discuterne un'altra volta?» «So che concordi con me che i ricchi hanno troppo, e sol-tanto perché hanno ereditato i loro patrimoni o hanno ricevuto terre e titoli» disse Tom. «Certo che concordo, però sai anche che non condivido un esproprio massiccio dei beni dell'aristocrazia. Voglio sapere

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di che cosa stavate discutendo quando sono entrata. Che cos'è successo? Quali sono le ultime notizie?» «Dovresti unirti ai riformatori, Julianne. Non sei affatto ra-dicale come ti piace credere» brontolò Tom. «C'è stata una di-sfatta. I realisti della Vandea sono stati battuti a Nantes.» «È una magnifica notizia» commentò Julianne, quasi incre-dula. «Secondo le ultime che avevamo sentito, i realisti ci a-vevano sconfitto e avevano conquistato il territorio lungo il fiume a Saumur.» Le conquiste dei rivoluzionari francesi erano tutt'altro che sicure e l'opposizione interna era estesa in tutto il paese. Nella Vandea era iniziata una forte ribellione realista, la primavera precedente. «Lo so. È un grande sovvertimento della fortuna.» Tom sorrise e le prese il braccio. «C'è da sperare che quei dannati ribelli a Tolone, Lione, Marsiglia e Bordeaux cadranno presto. E anche quelli in Gran Bretagna.» Si scambiarono un'occhiata. L'entità dell'opposizione inter-na alla rivoluzione faceva paura. «Dovrei scrivere immediatamente ai nostri amici a Parigi» decise risoluta Julianne. Uno degli scopi delle associazioni di corrispondenza era quello di tenersi in stretto contatto con i circoli giacobini in Francia, dimostrando il loro pieno soste-gno alla causa della rivoluzione. «Forse c'è qualcosa di più che possiamo fare qui in Gran Bretagna, a parte incontrarci per discutere degli ultimi eventi.» «Potresti andare a Londra e inserirti nei giusti circoli to-ries» suggerì Tom. «Tuo fratello è un tory. Lucas finge di es-sere il semplice proprietario di una miniera della Cornovaglia, ma è pronipote di un barone. Ha molte conoscenze.» Lei provò una curiosa trepidazione. «In realtà Lucas è solo un patriota» cominciò. «È un conservatore, un tory» affermò Tom. «Conosce uo-mini potenti, uomini informati, uomini vicini a Pitt e a Win-dham, ne sono certo.»

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Lei incrociò le braccia, sulla difensiva. «Ha diritto alle sue opinioni, anche se sono opposte alle no-stre.» «Non ho detto il contrario. Ho solo suggerito che ha molte buone conoscenze. Migliori di quanto tu sappia.» «Mi stai invitando ad andare a Londra a spiare mio fratello e i suoi amici?» chiese Julianne, stupefatta. «Be', dovrai convenire che è un'idea che ha i suoi meriti.» Tom sorrise. «Potresti andare a Londra il mese prossimo, vi-sto che non puoi intervenire al convegno di Edimburgo.» Thomas Hardy aveva organizzato un convegno delle Asso-ciazioni di corrispondenza, e quasi tutte quelle del paese in-viavano delegati a Edimburgo. Tom avrebbe rappresentato la loro. Ma con l'entrata in guerra della Gran Bretagna contro la Francia sul Continente, le cose erano cambiate. I radicali e i loro circoli non venivano più guardati con condiscendente di-vertimento. Si parlava di repressione da parte del governo. Era risaputo che il Primo Ministro era intollerante verso tutti i ra-dicali, e come lui molti dei ministri che lo attorniavano, e an-che Re Giorgio. Era tempo di mandare un messaggio all'intero governo bri-tannico, e specialmente al Primo Ministro Pitt: non si sarebbe-ro arresi alla repressione o all'opposizione dei politici, né ora né mai. Avrebbero continuato a propagandare i diritti dell'uo-mo, e a sostenere la rivoluzione in Francia, così come a op-porsi alla guerra contro la nuova repubblica francese. Un altro convegno, più ristretto, era stato organizzato a Londra, proprio sotto il naso del governo. Julianne sperava di poter trovare il modo di assistervi, ma un viaggio a Londra era costoso. Comunque, che cosa le stava suggerendo Tom, esat-tamente? «Non intendo spiare mio fratello, Tom. Spero davvero che tu stessi scherzando.» «Infatti» le assicurò subito lui. Quando Julianne lo guardò incerta, aggiunse: «Stavo per scrivere ai nostri amici a Parigi,

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ma perché non lo fai tu?». Le toccò il mento. Il suo sguardo si era addolcito. «Sei tanto più brava di me con le parole.» Lei sorrise, sperando sinceramente che non le avesse chie-sto di spiare Lucas, che non era un tory e non era affatto coin-volto nella guerra. «Proprio così» convenne, augurandosi di mantenere un to-no leggero. «Sediamoci. Abbiamo davanti ancora un'ora buona di di-scussione» propose Tom, guidandola verso una panca. Per l'ora successiva discussero i recenti avvenimenti in Francia, le mozioni alla Camera dei comuni e a quella dei lord e gli ultimi pettegolezzi politici di Londra. Quando la riunione si sciolse erano quasi le cinque del pomeriggio. Tom accom-pagnò fuori Julianne. «So che è presto, ma non vorresti cenare con me?» Lei esitò. Avevano cenato insieme il mese precedente, do-po una riunione dell'Associazione. Ma quando era stato sul punto di aiutarla a salire in carrozza, Tom l'aveva trattenuta e poi l'aveva guardata come se desiderasse baciarla. Lei non aveva saputo che cosa fare. Tom l'aveva già baciata una volta, in precedenza, ed era stato piacevole, ma non scon-volgente. Gli voleva molto bene, tuttavia non era interessata a baciarlo. Eppure era quasi certa che Tom fosse innamorato di lei, e avevano tanto in comune che avrebbe voluto innamorar-sene a sua volta. Era un'ottima persona e un caro amico. Lo conosceva da quando erano bambini, ma non erano di-ventati davvero amici fino a due anni prima, quando si erano incontrati a una riunione a Falmouth a cui entrambi erano in-tervenuti. Quello era stato il vero inizio della loro amicizia. Julianne vedeva con sempre maggiore chiarezza che i suoi sentimenti erano soltanto fraterni e platonici. Tuttavia, cenare con Tom di solito era molto piacevole. Le loro discussioni erano sempre stimolanti. Stava per accettare l'invito quando esitò alla vista di un uomo che si avvicinava su un cavallo marrone.

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«È Lucas?» chiese Tom, sorpreso quanto lei. «Sì, è proprio lui» rispose Julianne, cominciando a sorride-re. Lucas aveva ventotto anni, sette più di lei. Era un uomo al-to, muscoloso, dai lineamenti classici, con penetranti occhi grigi e capelli dorati. Le donne cercavano continuamente di attirare la sua attenzione ma, a differenza di Jack, che non e-sitava a definirsi un poco di buono, Lucas era un gentiluomo. Piuttosto altero, era legato alla disciplina e al dovere e dedito a gestire nel modo migliore la famiglia e la tenuta. Per Julianne, Lucas era stato più una figura paterna che un fratello, e lo rispettava, lo ammirava e gli era molto affeziona-ta. Lui fermò il cavallo davanti a lei, e la gioia di Julianne nel vederlo sfumò. Lucas era scuro in viso. Lei pensò all'improv-viso all'inequivocabile cartello alle sue spalle, che dava il ben-venuto ai nuovi arrivati alle riunioni, e sperò che non lo ve-desse. In giacca marrone, gilet bordeaux, camicia di lana e panta-loni chiari, con gli stivali neri impolverati, Lucas saltò giù da cavallo con agilità. Non portava la parrucca e i suoi capelli e-rano semplicemente legati dietro la nuca. «Buongiorno, Tom.» Gli strinse la mano senza sorridere. «Vedo che tu e mia sorella continuate a seminare sedizione.» Il sorriso di Tom svanì. «Sei ingiusto, Lucas.» «La guerra non è mai giusta.» Lucas si voltò a guardare con freddezza Julianne. Disappro-vava le sue idee politiche da anni, e lo aveva manifestato chia-ramente quando la Francia era entrata in guerra con gli ingle-si. Lei sorrise, esitante. «Sei tornato. Non ti aspettavamo.» «È evidente. Ho galoppato per tutta la strada da Greystone a qui, Julianne.» C'era una nota di avvertimento nel suo tono. Lucas aveva

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un carattere infiammabile, quando era provocato. Julianne si accorse che era molto arrabbiato. S'irrigidì. «Immagino che cercassi me.» Che cosa significa tutto que-sto? «C'è un'emergenza?» Il suo cuore mancò un battito. «È la mamma? O Jack è finito nei guai?» «La mamma sta bene. E anche Jack. Vorrei parlarti in pri-vato e non posso aspettare.» Tom era visibilmente deluso. «Cenerai con me un'altra volta, Julianne?» «Certo» gli assicurò lei. Tom si inchinò a Lucas, che non si mosse. Quando si fu allontanato, lei si rivolse al fratello, per-plessa. «Sei arrabbiato con me?» «Non riuscivo a crederci, quando Billy mi ha detto che eri andata in città per intervenire a una riunione. Ho capito subito che cosa intendeva» Billy era il ragazzo che andava ogni gior-no ad aiutarli con i cavalli. «Ne abbiamo già discusso, diverse volte... e anche di recente, dopo il decreto di maggio del re.» Lei incrociò le braccia. «Sì, abbiamo discusso le nostre divergenze di opinioni. E tu sai che non hai il diritto di impormi le tue idee tories.» Lucas arrossì, consapevole che Julianne aveva inteso offen-derlo. «Non desidero certo cambiare il tuo modo di pensare» ri-batté. «Ma intendo proteggerti da te stessa. Mio Dio! Il decre-to di maggio vieta esplicitamente le riunioni sediziose, Julian-ne. Impegnarti in simili attività prima del decreto era una co-sa, ma adesso non puoi continuare a farlo.» In un certo senso aveva ragione, riconobbe lei, ed era stato infantile definirlo un tory. «Perché devi dare per scontato che le nostre riunioni siano sediziose?» «Perché ti conosco!» scattò lui. «La crociata per i diritti di ciascun uomo è una bellissima causa, Julianne, ma siamo in guerra, e tu sostieni il governo contro cui stiamo combattendo. Questa è sedizione... e potrebbe benissimo rappresentare un

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tradimento.» Gli occhi grigi di Lucas lampeggiarono. «Grazie a Dio siamo a St. Just, dove a nessuno in realtà importa nulla dei nostri affari, tranne agli agenti della dogana!» Julianne tremò, pensando alla sua sgradevole discussione con il merciaio. «Ci riuniamo per discutere gli avvenimenti della guerra e ciò che accade in Francia e per esporre le idee di Thomas Pai-ne. Tutto qui.» Ma era consapevole che se mai il governo avesse voluto curarsi del loro piccolo circolo, sarebbero stati accusati tutti di sedizione. Naturalmente Whitehall non sapeva neppure della loro esistenza. «Scrivi a quel dannato circolo di Parigi... e non negarlo. Me l'ha detto Amelia.» Julianne non poteva credere che sua sorella avesse tradito la sua fiducia. «Mi fidavo di lei!» «Anche Amelia vuole proteggerti da te stessa! Devi smette-re di partecipare a queste riunioni. Devi anche cessare ogni corrispondenza con quel maledetto circolo giacobino in Fran-cia. Questa guerra è una faccenda molto grave e pericolosa, Julianne. Degli uomini muoiono ogni giorno... e non solo sui campi di battaglia delle Fiandre e del Reno. Muoiono per le strade di Parigi e nei vigneti delle campagne!» Con gli occhi scintillanti, Lucas controllò il proprio tono. «Ho sentito delle voci a Londra. La sedizione non sarà tollerata ancora a lun-go... non mentre i nostri uomini stanno morendo sul Continen-te, non mentre i nostri amici fuggono in massa dalla Francia!» «Sono amici tuoi, non miei.» Nel momento in cui le parole le sfuggirono, Julianne non poté credere di averle pronunciate. Lui trattenne a stento la collera. «Tu non volteresti mai le spalle a un essere umano in difficoltà, neppure a un aristocra-tico francese.» Aveva ragione. Julianne si raddrizzò ancora più fieramente.

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«Mi dispiace, Lucas, ma non puoi darmi ordini come fa Jack con i suoi marinai.» «Oh, sì che posso. Sei mia sorella. Hai ventun anni. Vivi sotto il mio tetto, e sotto la mia responsabilità. Io sono il capo di questa famiglia. Farai come dico... per una volta nella tua vita troppo indipendente.» Julianne era incerta. Doveva continuare, e sfidarlo aperta-mente? Che cosa mai avrebbe potuto fare Lucas? Non l'avreb-be certo rinnegata e scacciata da Greystone. «Stai pensando di sfidarmi?» Lucas era incredulo. «Dopo tutto quello che ho fatto per te... tutto quello che ho promesso di fare per te?» Lei arrossì. Qualunque altro tutore l'avrebbe già costretta a sposarsi, a quel punto. Lucas era tutt'altro che un sentimenta-le, ma sembrava volere che Julianne trovasse un corteggiatore a cui potesse sinceramente affezionarsi. Una volta le aveva detto che non poteva immaginarla legata a un qualche comune signorotto di campagna che riteneva i discorsi politici delle chiacchiere assurde. Invece, voleva vederla unita a qualcuno che ammirasse le sue opinioni decise e il suo insolito caratte-re, anziché disprezzarli. «Non posso certo cambiare i miei principi» disse lei alla fi-ne. «Anche se tu sei un fratello meraviglioso... il miglior fra-tello immaginabile!» «Adesso non provare a blandirmi! Non ti sto chiedendo di cambiare i tuoi principi. Ti chiedo di essere discreta, di agire con cautela e buonsenso. E desidero che tu lasci queste con-greghe radicali, mentre siamo in guerra.» Julianne aveva l'obbligo morale di obbedire al fratello mag-giore, e tuttavia non sapeva se sarebbe stata capace di fare ciò che le aveva chiesto. «Mi stai mettendo in una posizione terribile.» «Bene» scattò lui. Poi continuò: «Non è per questo che ho fatto galoppare il mio povero cavallo attraverso l'intera par-rocchia per trovarti. Abbiamo un ospite a Greystone».

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Tutti i pensieri sulle riunioni radicali svanirono. In circo-stanze normali, Julianne si sarebbe allarmata alla notizia di un ospite imprevisto. Non si erano aspettati l'arrivo di Lucas, e meno che mai di un ospite. In casa c'era un'unica bottiglia di vino. La stanza degli ospiti non era pronta. Il salotto non era stato spolverato. E neppure l'atrio d'ingresso principale. La di-spensa non era abbastanza fornita da consentire un invito a ce-na. Ma l'espressione di Lucas era così feroce, adesso, che non ritenne di doversi preoccupare di pulire la casa o riempire la dispensa. «Un ospite?» «Jack l'ha portato a casa poche ore fa» disse lui, cupo. Si girò a prendere le redini del cavallo. Voltandole le spalle, ag-giunse: «Non so chi sia. Immagino che possa essere un con-trabbandiere. In ogni caso, ho bisogno di te. Jack è già andato a cercare un chirurgo. Dobbiamo tentare di assistere quel po-veretto il meglio possibile, perché è in punto di morte». Greystone incombeva in lontananza. Era un piccolo castel-lo vecchio di duecentocinquant'anni, costruito in pietra chiara, con alti tetti spioventi di lastre di pietra. Situato in cima a una scogliera selvaggia, bianca e brulla, sullo sfondo di una bru-ghiera nuda e priva di colori, circondato solo dal cielo, spesso grigio e uggioso, appariva nudo e desolato. Sotto, c'era Sennen Cove, con le sue fantasiose storie di av-venture, misfatti e vittorie di contrabbandieri, agenti delle do-gane e delle imposte che erano in parte miti, in parte storia. Per generazioni la famiglia Greystone aveva praticato attiva-mente e con successo il contrabbando. Altrettanto deliberata-mente, aveva guardato dall'altra parte quando la piccola inse-natura era stata riempita di casse illegali di whisky, tabacco e tè da amici e vicini, fingendo di ignorare ogni attività contra-ria alla legge. C'erano sere in cui l'agente delle dogane di Pen-zance cenava al castello con moglie e figlie, scambiando con i padroni di casa gli ultimi pettegolezzi, come se fossero buoni

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amici. Altre sere, venivano accesi dei falò che avvisavano i contrabbandieri che le autorità stavano arrivando. La nave di Jack restava all'ancora e l'insenatura brulicava di attività men-tre casse e barili venivano frettolosamente nascosti nelle grot-te della scogliera. A volte Jack e i suoi uomini fuggivano dalla scena mentre gli agenti piombavano a piedi giù per il ripido pendio, sparando a chiunque fosse rimasto indietro. Julianne aveva assistito a tutto questo fino da quando era bambina. Nessuno, nella zona, riteneva il contrabbando un crimine. Era un modo di vivere. Le gambe e la schiena le dolevano in modo terribile. Ca-valcava di rado, ormai, e specialmente non da amazzone... l'u-nica opzione con il suo vestito di mussolina. Mantenere l'equi-librio con il passo rapido del cavallo preso a nolo non era un compito facile. Lucas aveva lanciato nella sua direzione molti sguardi preoccupati e si era offerto parecchie volte di fermarsi un momento in modo che lei potesse riposare. Temendo che Amelia prolungasse le sue visite e che lo sconosciuto mori-bondo restasse al castello da solo, Julianne aveva rifiutato. La prima cosa che vide mentre lei e Lucas trottavano lungo il sentiero d'accesso ricoperto di frammenti di conchiglie fu la pariglia di cavalli dietro la scuderia di pietra, situata più indie-tro rispetto alla casa. Amelia era già tornata. Si affrettarono a smontare. Lucas prese le redini. «Penso io ai cavalli» le sorrise. «Sarai tutta indolenzita, domani.» La loro discussione era superata. «Lo sono anche adesso.» Lui condusse via i due cavalli. Julianne si sollevò le gonne e corse su per i due gradini dell'entrata. Greystone Manor era una semplice costruzione rettangolare, più lunga che larga o alta, con tre piani. L'ultimo ospitava le soffitte e, un tempo, gli alloggi dei domestici che non avevano più. L'ingresso era ancora quello originale. Era una vasta sala, che un tempo era usata per cene e ricevimenti.

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I pavimenti erano di pietra scura, i muri una versione più chia-ra dello stesso materiale. Due ritratti di antenati e un paio di spade antiche decoravano le pareti. A un'estremità della sala c'erano un massiccio camino e due imponenti seggioloni. Le travi del soffitto erano a vista. Julianne si affrettò ad attraversare la sala, passò davanti a un elegante salottino con mobili per lo più moderni, a una pic-cola biblioteca e alla sala da pranzo, e cominciò a salire la stretta scala. Amelia stava scendendo. Aveva in mano degli stracci ba-gnati e una caraffa. «Come sta?» chiese subito Julianne. Amelia era minuta quanto Julianne era alta. I suoi capelli biondo scuro erano raccolti severamente all'indietro e la sua e-spressione era seria come al solito, ma ora il suo viso s'illumi-nò per il sollievo. «Grazie al cielo sei a casa! Sai che Jack ha portato qui un moribondo?» «È proprio da lui» scattò Julianne. Naturalmente, ormai Jack se n'era andato. «Me l'ha detto Lucas. È fuori con i caval-li. Che cosa posso fare?» Amelia si voltò di scatto e risalì la scala, il corpo snello ri-gido per la tensione. Percorse in fretta il corridoio buio, con i ritratti di famiglia che risalivano fino a due secoli prima alli-neati sulle pareti. Lucas aveva preso possesso molto tempo addietro dell'appartamento padronale e Jack aveva una camera da letto tutta per sé, ma Julianne e Amelia condividevano una stanza. Nessuna delle due se ne curava, poiché usavano la ca-mera solo per dormire. L'unica stanza per gli ospiti per lo più restava inutilizzata, dato che gli ospiti erano rari a Greystone. Lanciando un'occhiata cupa a Julianne, Amelia si fermò prima di aprire la porta. «Il dottor Eakins se n'è appena anda-to.» La stanza degli ospiti guardava sulla spiaggia rocciosa del-l'insenatura e sull'oceano Atlantico. Il sole stava tramontando,

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riempiendo di luce il piccolo locale. La camera era arredata con un letto, un tavolo con due sedie, uno scrittoio e un arma-dio. Julianne esitò posando lo sguardo sull'uomo nel letto. Il suo cuore diede uno strano balzo. Il moribondo era senza camicia, e aveva i fianchi coperti al-la meglio con un lenzuolo. Lei non aveva intenzione di fissar-lo, ma ben poco era lasciato all'immaginazione. L'uomo era molto alto e robusto, e molto bruno. Una massa di muscoli scolpiti. Julianne lo fissò ancora per un momento. Era tutt'al-tro che abituata alla vista di uomini a torso nudo, e meno che mai con un fisico così possente. «Era sdraiato sul ventre un momento fa. Dev'essersi girato quando sono uscita» disse Amelia, brusca. «Gli hanno sparato a bruciapelo alla schiena. Il dottor Eakins ha detto che ha per-so molto sangue. Soffre.» Ora Julianne notò che i calzoni del ferito erano sporchi e macchiati di sangue. Si chiese se il sangue provenisse dalla fe-rita... o fosse di qualcun altro. Non voleva fissare i fianchi snelli o le cosce possenti, perciò si affrettò a guardare il viso. Il cuore le diede un altro balzo. Il loro ospite era un uomo bellissimo, con la pelle olivastra, capelli neri come la pece, gli zigomi alti, un naso diritto, aristocratico e folte ciglia scure. Julianne distolse gli occhi. Il cuore le batteva selvaggia-mente, il che era assurdo. Con fare brusco Amelia le mise in mano gli stracci bagnati e la caraffa e corse avanti. Julianne alzò gli occhi, consapevo-le di avere il viso in fiamme. «Respira?» chiese. «Non lo so.» Amelia toccò la fronte del ferito. «A peggio-rare le cose ha un'infezione, poiché la ferita non è stata curata a dovere. Il dottor Eakins non era ottimista.» Si voltò. «Man-derò giù Billy a prendere dell'acqua di mare.» «Dovrebbe portarne un secchio pieno» osservò Julianne. «Resto io con lui.» «Quando tornerà Lucas lo affideremo a lui.»

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Amelia uscì frettolosamente dalla camera. Julianne esitò, fissando lo sconosciuto, poi si riscosse. Il poveretto stava morendo. Aveva bisogno d'aiuto. Posò la caraffa e gli stracci sul tavolo e si avvicinò. Con molta cautela si sedette vicino a lui, il cuore che le batteva di nuovo all'impazzata. Gli avvicinò la guancia alla bocca e pas-sò un momento prima che sentisse il leggero alito del suo re-spiro. Grazie a Dio era vivo. «Pour la victoire.» Julianne si rialzò di scatto come se fosse stata colpita da una pallottola, fissando il viso del ferito. Gli occhi restavano chiusi, ma aveva appena parlato... in francese... e con l'accen-to di un vero francese! Era certa che avesse detto: Per la vitto-ria. Era un'esclamazione comune fra i rivoluzionari francesi, ma l'uomo sembrava un nobile, con quei lineamenti aristocra-tici. Gli guardò le mani... mani altrettanto aristocratiche e morbide come quelle di un bambino. Le nocche, però, erano tagliate e incrostate di sangue, e i palmi callosi. Si morse il labbro. Essergli così vicino la metteva a disagio. Forse era la sua quasi nudità, o la sua possente mascolinità. Respirò a fondo, sperando di allentare la tensione. «Monsieur? Êtes-vous français?» Lui non si mosse. «È sveglio?» chiese Lucas. Julianne si voltò a metà mentre suo fratello entrava nella stanza. «No. Ma ha parlato nel sonno. Ha parlato in francese, Lu-cas.» «Non sta dormendo. È privo di conoscenza. Amelia ha det-to che ha la febbre.» Julianne esitò, poi si azzardò a posare il palmo della mano sulla fronte dell'uomo. «È molto caldo.» «Puoi occuparti di lui, Julianne?»

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Lei guardò il fratello, pensando che il suo tono era strano. «Certo. Lo terremo avvolto in lenzuola bagnate. Sei sicuro che Jack non abbia detto nulla sulla sua identità? È francese?» «Jack non sa chi sia» rispose Lucas, deciso. «Vorrei resta-re, ma devo tornare a Londra domani.» «È successo qualcosa?» «Sto esaminando un nuovo contratto per il nostro minerale di ferro. Non sono sicuro di voler lasciare te e Amelia sole con lui.» Lucas guardò di nuovo l'ospite. Julianne fissò Lucas, e alla fine lui le ricambiò lo sguardo. Quando sceglieva di apparire impassibile, non c'era modo di capire che cosa stava pensando. «Non crederai che possa essere pericoloso?» «Non so che cosa credere.» Julianne annuì, tornando a voltarsi verso il ferito. C'era qualcosa di strano in quella conversazione, pensò. All'improv-viso si chiese se suo fratello sapesse chi era il loro ospite, ma non volesse svelarlo. Si voltò di nuovo per guardarlo, ma Lu-cas se n'era andato. Non c'era ragione al mondo perché le nascondesse qualche informazione. Se sapeva chi era quell'uomo gliel'avrebbe sen-za dubbio detto. Era evidente che si sbagliava. Fissò lo sconosciuto bruno, addolorata di non poterlo aiuta-re. Gli ravviò dal viso una ciocca di folti capelli scuri, e lui sussultò così repentinamente che il suo braccio le colpì la co-scia. Julianne balzò in piedi, allarmata, mentre lui esclamava: «Où est-elle? Qui est responsable?». Dov'è lei? Chi ha fatto questo?, tradusse lei tra sé, in silen-zio. L'uomo si agitò di nuovo, ancora di più, e Julianne temet-te che si facesse male. Lui gemette, palesemente sofferente. Tornò a sedersi sul letto, vicino alla sua gamba. Gli passò la mano sulla spalla bruciante. «Monsieur, je m'appelle Julianne. Il faut absolument que vous reposiez, maintenant.»

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Notò che il ferito respirava forte, adesso, ma non si muove-va e sembrava più caldo di prima. Tuttavia doveva essere solo la sua immaginazione. E poi lui riprese a parlare. Per un momento, Julianne pensò che stesse cercando di comunicare con lei. Ma parlava con tale fretta e furia, con tan-ta disperazione, che si rese conto che stava delirando. «Vi prego» disse a bassa voce, decidendo di usare solo il francese. «Avete la febbre. Vi prego, cercate di dormire.» «Non! Nous ne pouvons pas nous retirer!» Era difficile capirlo, ma Julianne si sforzò di dare un senso alle sue parole troppo rapide e confuse. Non possiamo ritirar-ci, aveva detto. Non aveva più dubbi che fosse francese. Nes-sun inglese poteva avere un accento così perfetto. Nessuno a-vrebbe parlato in un'altra lingua mentre delirava. Julianne si accosciò accanto a lui, sforzandosi di capirlo. Ma il ferito si agitava con violenza, gridando e imprecando. «Non possono tornare indietro. Non possono ritirarsi!» Parlava di una battaglia? «Tanti sono morti, ma dovevano tenere questa linea! No, no» urlò. «Non ritiratevi! Tenete la posizione! Per la libertà!» Julianne gli afferrò la spalla bruciante, con gli occhi colmi di lacrime. Decisamente stava rivivendo una terribile battaglia che lui e i suoi stavano perdendo. Buon Dio... poteva essere un ufficiale dell'esercito francese? «Pour la liberté!» gridò lui. «Avanti, avanti! Il fiume è pie-no di sangue... Troppi sono morti... Il prete è morto... Hanno dovuto ritirarsi. La battaglia è perduta!» Il ferito cominciò a piangere. Julianne non sapeva che cosa fare. Non aveva mai visto un uomo adulto piangere. «State delirando, monsieur» azzardò. «Ma siete al sicuro adesso, qui con me.» Lui ansimava, con le guance rigate di lacrime, il petto luci-do di sudore. «Mi dispiace per quello che avete sofferto» continuò Ju-lianne. «Non siamo su un campo di battaglia. Siamo in casa

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mia, in Gran Bretagna. Sarete al sicuro qui, anche se siete un giacobino. Vi nasconderemo e vi proteggeremo... Questo ve lo prometto!» All'improvviso lui parve rilassarsi. Julianne si chiese se si fosse addormentato. Trasse un lungo respiro, profondamente scossa. Era un uf-ficiale dell'esercito francese, ne era certa. Poteva perfino esse-re un nobile. Alcuni membri della nobiltà francese avevano sostenuto la rivoluzione e adesso sostenevano la repubblica. Aveva subito una terribile sconfitta nella quale molti suoi uo-mini erano morti, e questo lo tormentava. Julianne soffriva per lui. Ma come diamine lo aveva trovato Jack? Lui non era un fautore della rivoluzione, e tuttavia non era neppure esatta-mente un patriota britannico. Una volta le aveva detto che la guerra gli giovava immensamente. Il contrabbando era ancora più redditizio adesso di quanto fosse stato prima della rivo-luzione. L'uomo era molto caldo al tocco. Julianne gli passò la mano sulla fronte, improvvisamente irritata. Dov'era Amelia? Do-v'era l'acqua di mare? «Voi bruciate, monsieur» disse, continuando a parlare al fe-rito nella sua lingua natia. «Dovete restare fermo per guarire.» Dovevano fargli scendere la febbre. Bagnò di nuovo lo straccio e stavolta glielo passò sul collo e sulle spalle, poi ne prese e ne bagnò un altro. «Almeno riposate, adesso» disse a bassa voce. Gli aveva appena passato di nuovo lo straccio bagnato sul petto, dove intendeva lasciarlo, quando lui le afferrò il polso con violenza. Con un grido, lei lo guardò in faccia. Gli occhi verdi del ferito scintillavano di furia. Spaventata, Julianne ansimò. «Êtes-vous éveillé? Siete sveglio?» Lui non la lasciò, ma allentò la stretta. Anche il suo sguar-do divenne più calmo.

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«Nadine?» sussurrò, roco. Chi era Nadine? Ma certo... la sua innamorata, o sua mo-glie. S'inumidì le labbra. «Monsieur, siete stato ferito in battaglia. Io sono Julianne. Sono qui per aiutarvi.» Lo sguardo dell'uomo era febbrile, tutt'altro che lucido. E all'improvviso lui cercò di toccarle la spalla, sempre tenendole il polso. Trasalì, respirando a fatica, ma non smise di fissarla. Una strana luce tremolò nei suoi occhi, e lei si sentì mancare il re-spiro. Lui sorrise, lentamente. «Nadine.» E la sua mano forte, possente, le scivolò sulla spalla, sulla nuca. Prima che Julianne potesse protestare o chiedergli che cosa stesse facendo, cominciò ad attirare il suo viso verso il proprio. Stupefatta, lei si rese conto che intendeva baciarla. Il sorriso dell'uomo era infinitamente seducente, sicuro e pieno di promesse. E poi le sue labbra toccarono quelle di lei. Julianne sussultò, ma non cercò di allontanarsi da lui. Inve-ce, rimase immobile, consentendogli quella sbalorditiva liber-tà, con il cuore che le balzava in petto e il corpo irrigidito. Il desiderio l'attanagliò. Era un desiderio che non aveva mai provato prima. Poi si rese conto che lui aveva smesso di baciarla. Lei respirava a fatica contro la sua bocca immobile, acuta-mente conscia del fuoco che stava ardendo nel suo corpo. Im-piegò un momento ad accorgersi che il ferito era di nuovo svenuto. Si rialzò, sconvolta, con la mente in tumulto. L'aveva ba-ciata! Era febbricitante, delirava. Non sapeva che cosa faceva! Aveva qualche importanza? L'aveva baciata e lei aveva reagito come non aveva mai so-gnato che fosse possibile.

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E lui era un ufficiale dell'esercito francese... un eroe rivolu-zionario. Lo guardò. «Chiunque siate, non morirete... Non lo permetterò» promi-se. Il ferito, però, era così immobile che avrebbe potuto essere un cadavere.