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GRS809_IL PERFETTO GENTILUOMO

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Il perfetto gentiluomo J ULIA J USTISS Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano Questo volume è stato stampato nel dicembre 2011 presso la Rotolito Lombarda - Milano Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. 1 5 6 7

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786 - Al servizio della regina - A. J. Forrest 787 - Scacco al visconte - L. Allen 788 - La resa del guerriero - M. Willingham 789 - Una moglie sconveniente - M. Nichols 790 - L'ombra del destino - D. Hale 791 - Il corsaro gentiluomo - A. Lethbridge 792 - Prigioniera del guerriero - J. Fulford 793 - Tentazione segreta - S. Laurens 794 - Per amore di una nobildonna - D. Hale 795 - L'onore in gioco - C. Merrill 796 - Partita col destino - K. Hawkins 797 - Una moglie per il barone - M. Nichols 798 - Fiore di Scozia - S. Auci 799 - Notti d'Oriente - D. Hale 800 - Misteri a Londra - G. Ranstrom 801 - Desiderio di seduzione - S. Bennett 802 - Bacio tentatore - S. James 803 - Vendetta d'amore - J. Justiss 804 - La dodicesima notte - A. McCabe 805 - La moglie del maggiore - C. March 806 - Il Cavaliere Bianco - C. Mason 807 - Magia di Natale - AA.VV. 808 - Sposa gitana - G. Wilson 809 - Il perfetto gentiluomo - J. Justiss 810 - Promessa di matrimonio - H. Dickson 811 - Il visconte libertino - M. Styles

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JULIA JUSTISS

Il perfetto gentiluomo

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Society's Most Disreputable Gentleman

Harlequin Historical © 2011 Janet Justiss

Traduzione di Angela Medi

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione I Grandi Romanzi Storici gennaio 2012

Questo volume è stato stampato nel dicembre 2011

presso la Rotolito Lombarda - Milano

I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410

Periodico settimanale n. 809 del 10/01/2012 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Uno scossone alla spalla ferita risvegliò Greville Anders con un gemito. Attraverso le fitte dolorose che s'irradiavano giù per il braccio, udì vagamente il cocchiere dire: «Eccoci qua, signore. A destina-zione. Ashton Grove». Tentando di dominare la nausea indotta dal do-lore, Greville lottò per risalire alla superficie di una coscienza che, per mitigare l'agonia di un lun-go viaggio in una carrozza traballante, aveva som-merso nelle distensive nubi del laudano. L'aria dell'inverno agli sgoccioli, filtrando attra-verso lo sportello tenuto socchiuso da un uomo in livrea da lacchè, lo aiutò a dissipare la nebbia mentale. Inghilterra. Doveva essere arrivato in Inghilterra. Nessun al-tro posto sulla Terra possedeva quella combina-zione di fredda foschia e sentore di terriccio umi-do. Come una vela che improvvisamente si gonfi al vento, il vuoto della sua mente si riempì. Sì, era in Inghilterra, ad Ashton Grove, la casa di Lord Bronning. La dimora dove, per intercessio-ne del suo nobile cugino, il Marchese di Engleme-

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re, doveva risiedere dopo essere stato trasferito dalla sua cuccetta sull'Illustrious alla brigata co-stiera, mentre l'Ammiragliato dirimeva la questio-ne del suo reclutamento illegale. E lui terminava la convalescenza. Sfortunatamente, questo significava che ora do-veva convincere le sue instabili membra a traspor-tarlo dalla vettura fino alla residenza, sperando che lo stomaco ancora agitato non lo riempisse di diso-nore. Prendendo un profondo respiro, barcollò nella penombra del crepuscolo; quindi proseguì a passo zoppicante fino all'entrata e attraverso la porta te-nuta aperta dal maggiordomo. Con la fronte sudata per lo sforzo, si stava con-gratulando con se stesso per essere riuscito a rag-giungere il maestoso ingresso, quando un gentiluo-mo più anziano, dai capelli radi, avanzò verso di lui e accennò un inchino. «Mr. Anders» esordì il nuovo arrivato, rivolgen-dogli un sorriso forzato. «Lieto di darvi il benve-nuto ad Ashton Grove.» L'espressione del gentiluomo era così lontana dal mostrare letizia che Greville si rimangiò un sorriso, prima che l'inconfondibile, frusciante ru-more di gonne che scivolavano su un pavimento lucido lo spingesse a piegare con cautela la testa verso sinistra. Questa manovra disagevole fu compensata da una visione abbastanza attraente da richiamare dal-la morte un marinaio con del sangue nelle vene. Categoria in cui lui, dopo l'azione dell'Illustrious contro quel veliero pirata algerino sulle coste di Tunisi, aveva rischiato molto da vicino di essere incluso, pensò ironicamente, prima di dedicarsi

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corpo e anima al lontano piacere di ammirare una bella donna. Per la prima volta da molto tempo, alcune parti del suo corpo fremettero in modo gradevole al co-spetto di un'angelica visione dai capelli dorati e dalla piccola figura avvolta in una veste aderente, con appena una punta di scollatura ad attirare l'at-tenzione su un seno mirabilmente rotondo. Come sollevò lo sguardo al perfetto ovale del suo volto, grandi occhi blu lo fissarono di rimando, sopra un piccolo naso impertinente e labbra piene color bocciolo di rosa, al momento serrate. La visione era chiaramente contrariata. Greville represse un sospiro. Gli angeli in gene-re lo erano, alla sua vista. Un'innata abitudine alla cortesia lo spinse a ten-tare un inchino, reso goffo dal fitto bendaggio che gli avvolgeva il torace e dal fatto che il suo equili-brio non si era ancora adattato a un pavimento che restava fermamente orizzontale sotto i piedi. «Lord Bronning, vero?» domandò in tono incer-to. «E Miss...?» «Mia figlia, Miss Neville. Benvenuto nella no-stra casa. Confido che Lord Englemere abbia reso il vostro viaggio il più confortevole possibile... da-te le circostanze, naturalmente» disse Bronning, ri-volgendogli uno sguardo turbato. La graziosa figlia si limitò a chinare il capo, il suo cipiglio ancora più intenso. Greville non vedeva il proprio volto in uno specchio da mesi, ma nella sua frusta tenuta da marinaio, con la barba incolta e ciò che lui suppo-neva fosse il pallore indotto da una febbre persi-stente, senza dubbio non somigliava affatto al ge-nere di gentiluomini che Miss Neville era abituata

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a ricevere nel grandioso ingresso della casa del pa-dre. «Miss Neville, milord» replicò, prendendo atto delle presentazioni. «Sì, Lord Englemere ha tenta-to... tutto il necessario.» Dato il suo aspetto già ab-bastanza indecoroso, ritenne meglio non accennare al fatto che il suo passaggio da Spithead attraverso Portsmouth e da lì in carrozza fino ad Ashton Gro-ve era trascorso in un tale stordimento da laudano da averne appena un pallido ricordo. «Vi ringrazio per avermi accolto in casa vostra, Lord Bronning, benché io sia per voi un perfetto estraneo.» «Niente affatto» replicò Bronning in fretta. «So-no felice di fare un favore a Lord Englemere... e a vostra sorella, Lady Greaves, ovviamente. Suo ma-rito, Sir Edward, è una nostra gradita conoscenza. Ma non dobbiamo lasciarvi qui in piedi con questo freddo! Sarete stremato dal viaggio. Sands vi man-derà un domestico che vi mostrerà la stanza che vi è stata assegnata.» La mia stanza. Una vera camera con un letto che non ondeggiava al rollio della nave, uno spazio privato che non avrebbe diviso con una moltitudi-ne di rumorosi, sudici e imprecanti marinai. Il pa-radiso. «Grazie, mi farebbe piacere» disse, racco-gliendo le poche forze che gli restavano per affron-tare il compito di salire l'alta scalinata verso cui un lacchè lo stava guidando. «E, Mr. Anders» lo richiamò Bronning, «per fa-vore, non sentitevi obbligato a raggiungerci per ce-na. La cuoca sarà felice di prepararvi un vassoio, se preferite restare nella vostra stanza e riposarvi dal lungo viaggio.» Fermarsi e riposare. Greville si aggrappò al con-cetto come un uomo in procinto di affogare si ag-

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grappa all'albero della nave dopo un naufragio. Fermarsi per completare la guarigione del suo cor-po malconcio; riposare, per consentire al suo intel-letto appannato dalla febbre di esaminare le impli-cazioni della brusca transizione da marinaio su una nave da guerra a ospite di un'elegante tenuta ingle-se. «Grazie, signore, farò così» disse. Mentre af-frontava le scale, rifletté sull'ironia di accogliere il concetto di solitudine con tanto piacere, lui che non molto tempo prima avrebbe fatto qualunque cosa per evitare la noia di avere la sola compagnia di se stesso. Stringendo i denti con determinazione, continuò a salire, con la sottile fragranza floreale di Miss Neville ancora nelle narici. Amanda Neville era delusa. Un'irrazionale sen-sazione di essere stata maltrattata rimpiazzò l'ini-ziale sbigottimento, mentre fissava il nuovo arriva-to zoppicare su per le scale dietro il valletto. Da quando il padre le aveva comunicato che a-vrebbero ospitato un parente del Marchese di En-glemere, non aveva fatto che fremere dall'aspettati-va, sperando che fosse qualcuno che avrebbe potu-to incontrare di nuovo a Londra quella primavera, al momento del suo troppo a lungo rimandato de-butto. Forse, perfino un attraente giovanotto in grado di diventare un potenziale pretendente. Aveva fatto preparare a Mrs. Pepys la migliore stanza per gli ospiti della casa e istruito la cuoca per organizzare un sontuoso banchetto per la sera del suo arrivo. Ammutolita dall'aspetto dell'uomo che aveva su-perato zoppicando la soglia della loro dimora, era

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riuscita a malapena ad accennare un benvenuto. Quel sudicio, malconcio uomo vestito come un co-mune marinaio era il loro ospite?, pensò, ancora i-norridita e incapace di comprendere un simile e-nigma. Cosa stava pensando papà, quando aveva accettato di ospitare una persona del genere? Prima che lei potesse pronunciare una parola, il padre la prese per un braccio e la condusse attra-verso l'ingresso e verso il proprio studio. «Non guardarmi in quel modo, micetta, almeno finché non ti avrò spiegato» disse sottovoce. «È tutto per adesso, Sands» aggiunse, congedando il maggiordomo che li seguiva con una luce d'inte-resse nello sguardo. «Papà, non farei mai pettegolezzi davanti ai ser-vitori» protestò Amanda, dopo che lui ebbe chiuso la porta dello studio alle loro spalle. «Ma quando mi hai detto che avresti ospitato un parente di Lord Englemere... Andiamo, lui è uno Stanhopes, capo di una delle famiglie più eminenti d'Inghilterra! Sei sicuro che questo... marinaio sia davvero suo cugino?» «Si è presentato come Anders ed è arrivato in una carrozza privata, come mi era stato detto, così deve essere lui. Anche se ti confesso che sono ri-masto sconvolto quanto te dal suo aspetto.» Dopo averla accompagnata al sofà, l'uomo fece ansiosamente il giro della stanza. «Ora che ci penso, sebbene io l'abbia dato per scontato, la nota del segretario di Sua Signoria non ha mai detto chiaramente che Mr. Anders fosse un ufficiale di Marina.» «Sembra quasi un... un malvivente!» esclamò A-manda, ancora indignata. «E per di più ubriaco. Come potremo intrattenere una persona del gene-

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re? Dovrà pranzare con noi, essere presentato ai nostri conoscenti?» Il tormentato cipiglio di Lord Bronning s'inten-sificò. «Povero me, spero di non aver commesso un terribile errore, permettendogli di venire...» La sua voce si affievolì e lui fece una smorfia. «Ora, papà, non devi agitarti e procurarti una delle tue crisi» disse Amanda in fretta. Preoccupa-ta per la salute del padre, che ultimamente non era stata delle più floride, mise da parte all'istante la propria irritazione. «Andiamo, siediti e lascia che ti versi un po' di vino» proseguì, balzando in piedi per accompagnarlo verso una poltrona e quindi porgergli un bicchiere di Porto. «Cosa diceva esat-tamente la nota di Sua Signoria?» «Soltanto che Mr. Anders aveva servito su una nave da guerra e che sarebbe stato mandato in li-cenza in Inghilterra, dopo essere rimasto ferito du-rante uno scontro con dei pirati» replicò lui, acco-modandosi contro i cuscini. «A quanto sembra, i marinai feriti troppo gravemente per eseguire i lo-ro compiti vengono a volte trasferiti alla brigata costiera finché non si rimettono. Avendo saputo che Ashton Grove non si trova molto distante da una delle loro stazioni, il marchese mi ha pregato di offrire una sistemazione a suo cugino durante la convalescenza. Naturalmente, nessuno dice no a un marchese, specialmente a uno che scrive in ma-niera così affabile.» Amanda si morse un labbro. «Né, dopo aver in-stallato Mr. Anders nella migliore stanza degli o-spiti, sarà semplice spostarlo altrove. Comunque, non sembra abbastanza in forze per presentarsi in pubblico, così per quanto riguarda la cena e i rice-vimenti immagino che dovremo aspettare.»

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«Sarebbe la cosa migliore, suppongo. A ogni modo, lui è anche il fratello della moglie di Sir Edward Greaves e, dopo quello sfortunato inciden-te la scorsa primavera, non vorrei far nulla che po-tesse offendere Sir Edward.» Amanda si sentì arrossire. «Mi dispiace per quello, papà.» Sorridendo affettuosamente, suo padre le batté piano sul braccio. «Non pensarci più, micetta. Non puoi farci niente se sei troppo graziosa e affasci-nante perché ogni gentiluomo con un po' di buon-senso possa resisterti.» Con una fitta di colpa, Amanda non tentò di cor-reggerlo. La verità era che aveva deliberatamente cercato di essere il più seducente possibile, quan-do, dopo la riunione degli agricoltori dell'anno passato a Holkham Hall, suo padre aveva invitato a casa una persona che aveva spesso menzionato come uno dei gentiluomini più lungimiranti del re-gno. Il suo unico scopo era stato di civettare un poco, afferrando una delle rare occasioni che ave-va di esercitare le sue arti su uno scapolo di nobile nascita. Chi poteva immaginare che il flemmatico e no-ioso Sir Edward, che a malapena aveva parlato con lei di altri argomenti che non riguardassero i rac-colti e i campi, sarebbe stato così impressionabile da perdere la testa? Amanda era rimasta sorpresa – e un po' imba-razzata – quando il padre le aveva riferito, dopo l'improvvisa partenza di Sir Edward, che il baro-netto aveva chiesto la sua mano. Grazie al cielo, sapendo bene che l'ultima cosa che lei voleva era legarsi a qualche proprietario terriero e passare il resto dei suoi giorni imprigionata nell'oscurità del-

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la campagna, lui le aveva risparmiato l'imbarazzo di rifiutarlo. Dal momento che Sir Edward si era sposato en-tro sei mesi dalla sua partenza da Ashton Grove, si rassicurò Amanda con senso pratico, lei non dove-va aver ferito il suo cuore troppo gravemente. Tut-tavia non poteva evitare di dolersi che la propria civetteria avesse posto un ostacolo all'amicizia del padre con quell'uomo. «Certo, papà, sono ansiosa quanto te di fare am-menda con Sir Edward e di dissipare ogni residuo imbarazzo. Hai idea di quanto a lungo Mr. Anders sarà nostro ospite? E... sicuramente non ci si aspet-ta che io lo assista!» «Certo che no!» la rassicurò suo padre. «Anche se non fosse sconveniente, non ti chiederei mai qualcosa che potesse rievocare dolorosi ricordi.» Bruscamente, entrambi tacquero. A dispetto dei buoni propositi di suo padre, i pensieri di Amanda furono inesorabilmente risucchiati dal terribile pe-riodo appena passato. Visioni da incubo le attra-versarono la mente: le guance di sua madre bru-cianti di febbre, zia Felicia persa nel delirio. En-trambi i loro volti fissati nell'immobile, gelido pal-lore della morte. Scuotendo il capo per allontanare quelle imma-gini, si girò verso il padre e capì, dall'espressione turbata sul suo viso, che anche lui stava ricordan-do. L'ansia rimpiazzò all'istante il dolore. La sua salute aveva cominciato a vacillare anche per lo strazio di perdere la moglie e la sorella, e Amanda temeva che fosse ben lontano dall'essersi ripreso. Prima che trovasse un argomento in grado di di-strarlo, suo padre disse: «Naturalmente Mr. Anders può restare quanto desidera. Dovessero rendersi

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necessarie ulteriori cure, consulterò il dottor Wen-dell al villaggio, per avere da lui il nome di un va-lido professionista. Ma non preoccuparti, micetta». Si protese per darle una piccola pacca sulla mano. «Per quanto a lungo il nostro visitatore si trattenga, ho promesso alla tua cara mamma che nient'altro avrebbe rimandato la Stagione che hai atteso tanto e con tanta pazienza.» Amanda sorrise, grata, e tentò di volgere la mente a quel felice evento. Londra, quella prima-vera! Aveva mai osato sperare che ciò finalmente accadesse? La Stagione, che lei e sua madre aveva-no sognato e pianificato così a lungo, era stata ri-mandata per una tale serie di circostanze sfortunate che talvolta lei temeva che il Fato in persona stesse cospirando per impedirle di realizzare i suoi sogni. Tuttavia, con l'ultimo respiro, la madre le aveva fatto promettere che quell'anno sarebbe andata a Londra, qualunque cosa fosse successa. Oh, essere finalmente a Londra, la maggiore delle città inglesi, dove non sarebbe stata costretta a dipendere da resoconti di avvenimenti già vecchi di giorni o settimane, il tempo che il giornale ci metteva a raggiungerli! Londra, dove il suo futuro marito, un uomo di prestigio e membro influente del suo partito, avrebbe frequentato la Camera dei Lord per contribuire a dirigere gli affari della na-zione. Sostenuto, naturalmente, dalla sua amabile moglie e alle cui cene, soirées e balli che avrebbe-ro riunito tutte le personalità più illustri del Regno gli argomenti politici sarebbero stati discussi e ap-pianati sorseggiando un bicchiere di brandy... e sussurrati dietro i ventagli. Se altri disastri non l'avessero impedito, entro poche settimane lei sarebbe stata là.

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Amanda non stava nella pelle dall'aspettativa. Improvvisamente la porta si aprì e un soffio di aria gelida accompagnò sua cugina Althea mentre faceva il suo ingresso nello studio. «È già arrivato? L'ho forse perso?» Amanda inghiottì le parole aspre che stavano per salirle alle labbra riguardo al decoro con cui una giovane dama doveva entrare in una stanza. Come aveva appreso anche troppo in fretta dopo che Althea li aveva raggiunti ad Ashton in seguito alla morte della madre, zia Felicia, la cugina che una volta usava seguirla come un cucciolo adoran-te ora sembrava risentirsi di ogni parola che le u-sciva di bocca. Ignorando, come al solito, la maleducazione del-la nipote, Lord Bronning si limitò a chiedere, mite: «Perso chi, mia cara?». Il suo stesso cordoglio l'aveva reso più indul-gente di quanto fosse giusto per il bene di Althea, pensò Amanda con un po' di risentimento. Suo pa-dre non rivolgeva mai alla tempestosa nipote il minimo rimprovero, non importava quanto depre-cabili fossero i suoi discorsi o le sue azioni, sebbe-ne lui fosse l'unico in grado di correggere quel comportamento tanto inadeguato. «Come, Mr. Anders, l'ufficiale di Marina, natu-ralmente!» replicò Althea. «È già arrivato, non è vero? Ho visto dirigersi verso le scuderie una stra-na carrozza, buona solo per un tiro di buoi.» La ragazza doveva essere andata a curiosare at-torno alle scuderie, per aver pescato quella frase gergale. Inghiottendo un rimprovero, Amanda dis-se: «Temo che tu l'abbia mancato. Mr. Anders è già arrivato e si è ritirato nella sua stanza». «Che peccato!» esclamò Althea. «Be', suppongo

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che dovrò aspettare di incontrarlo a cena.» Un improvviso presentimento travolse Amanda, dissipando le sue più futili preoccupazioni sulla probabile reazione dei loro nobili vicini riguardo alla presenza di Mr. Anders. Che cosa sarebbe suc-cesso se Althea, che già sembrava ansiosa di fare qualunque cosa lei disapprovava, avesse deciso di entrare in amicizia con quel marinaio di basso ran-go? Considerando il suo comportamento, sembra-va esattamente il genere di cosa che poteva fare. Sebbene di norma non avrebbe augurato a nes-suno di stare male, Amanda non poté evitare di sentirsi grata per il fatto che, almeno per quella se-ra, Mr. Anders non fosse in condizione di unirsi a loro. «Io non penso che scenderà per cenare. Sembra-va molto affaticato dal viaggio.» «Affaticato... per una semplice corsa in carroz-za? Che sciocchezza!» replicò Althea in tono bru-sco. «Non un ufficiale di Marina! Scommetto che Mr. Anders ha guidato la sua nave per ore sotto una burrasca sferzante ed è sopravvissuto per mesi con gallette e biscotti! Sicuramente sarà abbastan-za in forma da sedere alla nostra tavola stasera!» Mentre Amanda digrignava i denti per il voca-bolario di Althea, il padre replicò: «Forse, ma è stato ferito e deve ancora riprendersi». «Ferito in battaglia?» domandò Althea, con gli occhi perfino più scintillanti. «Oh, straordinario! Quando? Dove?» «Credo che fosse nei pressi della costa dei Bar-bari, qualche settimana fa» rispose lui. «Che cosa eccitante! Deve essere un autentico e-roe! Non vedo l'ora che ci racconti tutto. Che gioia sarà parlare con una persona così interessante, una

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che ha vissuto autentiche avventure e che non chiacchiera di continuo di vestiti e negozi e Lon-dra!» dichiarò la giovane con uno sguardo di sfida rivolto alla cugina. Giusto nel caso lei fosse troppo ottusa per co-gliere la stoccata, pensò Amanda, lottando per controllare la collera. «Zio James, nella tua libreria c'è qualche testo riguardante la Marina?» chiese la ragazza, rivol-gendosi a Lord Bronning. «Oh, non importa, andrò a controllare di persona!» Dopodiché, con la stessa mancanza di cerimonie che aveva esibito all'arrivo, Althea si lanciò fuori dalla stanza. Amanda rivolse al padre uno sguardo sgomento. «Papà, devi metterla in guardia da Mr. Anders. Se non stiamo attenti, finirà per dipingerlo come un altro Lord Nelson!» «E senza dubbio lo spronerà a raccontare detta-gli della vita di bordo in un linguaggio inadatto al-le orecchie delle signore» assentì suo padre, mesto. «So cosa provi per lei, avendo perso la madre così presto dopo suo padre, ma, davvero, devi met-terla sull'avviso. Io non oso dire nulla, per paura che la prenderebbe come una sfida a mettersi in mostra in sua compagnia per tutto il circondario.» Lord Bronning annuì. «Sembra adombrarsi per qualunque cosa tu dica. Il che mi pare strano, dal momento che durante le visite di Felicia, quando voi due eravate più giovani, Althea aveva l'abitudi-ne di pendere dalle tue labbra e imitare ogni tuo gesto.» Amanda sospirò. Quell'ultimo anno, l'inspiega-bile ostilità della cugina era stata una ferita mino-re, ma non meno pungente, al suo cuore. «Davve-

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ro, papà, ho cercato di capire. Non so perché lei provi tanto risentimento verso di me. Forse ho cri-ticato troppo la sua condotta, quando è arrivata da noi. Non riesco davvero a ricordare. Ma con zia Felicia così malata e la casa in una tale confusione, e poi mamma, ammalata anche lei...» «Andiamo ora, non devi biasimare te stessa» disse il padre, accarezzandole il braccio. «Tu sei stata meravigliosa durante quel terribile periodo, prendendoti sulle spalle la conduzione della casa in modo che la tua cara mamma non dovesse pre-occuparsi d'altro che di Felicia.» Il suo respiro si inceppò e gli occhi gli si inumidirono, prima che lui potesse continuare. «Sei così forte e capace. Non potrei essere più orgoglioso di te. Ma Althea è giovane e forse l'autorità di una persona che consi-dera quasi sua pari la irrita. Lei era sconvolta, de-solata e disperata... Una combinazione non felice per nessuno di noi.» Amanda ricacciò indietro le lacrime. «No, infat-ti, papà.» Suo padre poteva pensare che lei fosse forte, ma in realtà riusciva a fatica a tenere insieme la casa e stava ancora lottando per ritrovare lo spi-rito di una volta. Oh, quanto desiderava fuggire da Ashton Grove, da tutti i problemi e i brutti ricordi, e perdersi nelle distrazioni di Londra! Sebbene il fratello minore fosse da poco giunto ad aumentare le sue ansie, Althea rimaneva il maggiore dei suoi fardelli. Sen-tendosi lei stessa depressa e inasprita dopo la mor-te della madre, Amanda non poteva fare a meno di desiderare di liberarsi della problematica ragazza, un desiderio che Althea probabilmente sentiva e che non alleggeriva certo la tensione tra di loro. Per tutta la vita, rifletté con una fitta dolorosa,

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lei era stata avvolta in un protettivo bozzolo di a-more e affetto intessuto da sua madre e dalla non-na, conservato intatto attraverso gli eventi da una felicità e sicurezza che aveva dato per garantite; finché le tragedie degli ultimi due anni – la perdita prima della nonna, poi di zia Felicia e quindi della madre – non gliele avevano strappate. Il suo desiderio di una solidale compagnia fem-minile era stato acutizzato dalla difficile relazione con la cugina, l'unica parente che le fosse rimasta. Nessuna meraviglia che si struggesse per rag-giungere Londra, dove avrebbe alloggiato presso Lady Parnell, la più cara amica di sua madre che lei conosceva fin dall'infanzia. Forse l'affetto di questa compagna della mamma sin dai tempi del loro debutto in società avrebbe alleggerito la sua pena e riempito parte di quel vuoto lasciato dalle devastanti perdite degli ultimi due anni. «Allora parlerai ad Althea?» implorò, auguran-dosi contro ogni speranza che suo padre fosse in grado di padroneggiare quella nuova complicazio-ne. «È per il suo bene, lo sai. Che cosa direbbe zia Felicia se sapesse che abbiamo permesso ad Althea di stringere un'amicizia sconveniente con... con un comune marinaio?» «Sì, so di doverla sgridare e lo farò. Con genti-lezza, s'intende.» Con il petto stretto da un empito d'affetto, A-manda non poté evitare di sorridere. «Io ti chiedo solo di cercare di guidarla, papà. Sai benissimo quanto me di non avere il cuore per sgridare nessu-no, non importa quanto se lo meriti!» «Suppongo di essere stato troppo indulgente. Ma hai ragione: davanti a mia sorella mi sono as-sunto la responsabilità di proteggere sua figlia.»

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«Forse voi due dovreste parlare senza che io sia presente. Probabilmente lei sarà più incline ad ac-cettare consigli, se io non sarò lì ad assistere. Be-ne, suppongo di dover informare la cuoca del cam-biamento di programma riguardo alla cena.» «Ti accompagno» disse Lord Bronning, alzan-dosi e prendendola per mano. «Una delle mie pre-ziose giumente è sul punto di partorire. Penso che me ne andrò nella stalla e le darò un'occhiata.» Accettando il suo braccio, Amanda attraversò con lui il lungo atrio fino all'ingresso marmoreo. La sua preoccupazione riguardo ad Althea si era placata. Dato lo sdegnoso disprezzo che la cugina le riservava, non poteva fare altro che lasciare la faccenda nelle mani di suo padre. Avevano appena raggiunto la maestosa entrata, quando il portone fu spalancato così violentemente da andare a sbattere contro la parete. Vacillando attraverso la soglia, George, il fratello di Amanda, incespicò nell'atrio, allontanando il lacchè che ac-correva per prendere in consegna il suo mantello. Il padre si fermò bruscamente e fissò con ap-prensione il suo unico figlio maschio. «George, che cosa succede? Hai avuto un inci-dente?» Con il volto arrossato e gli occhi annebbiati, i capelli in disordine, il nodo della cravatta sfatto e il panciotto mal abbottonato, George sembrava in effetti reduce da uno scontro: un timore che Aman-da all'inizio condivise, finché un forte odore di al-col non aleggiò verso di lei. La sua iniziale preoc-cupazione volse subito in irritazione, quando rammentò che il fratello non si era presentato a ce-na, la sera prima. Più probabilmente, non era tor-nato a casa del tutto e aveva invece passato il po-

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meriggio precedente, la sera e tutto il giorno pre-sente giocando d'azzardo o correndo dietro a qual-che sottana in una locanda malfamata. Un'occhiata al volto del padre le confermò che aveva appena raggiunto la medesima conclusione. La sua espressione di allarme si trasformò in una di delusione e poi di penosa tristezza; inconsape-volmente, sollevò una mano e se la premette con-tro il torace. La furia travolse Amanda, che avrebbe strozzato suo fratello con molto piacere. Come poteva Geor-ge essere tanto stupido e privo di tatto da fare la sua drammatica entrata in condizioni così deplore-voli? Era come se volesse di proposito agitare e contrariare il padre, già abbastanza turbato di per sé! «Papà, perché non vai nelle stalle e controlli la tua giumenta? Io accompagnerò George nella sua stanza. Andiamo adesso» ordinò poi al fratello, soddisfatta di essere riuscita a contenere il tono della voce, mentre avrebbe voluto urlare tutto il proprio malcontento nelle orecchie di quell'irre-sponsabile. Accontentandosi di assestare un feroce pizzicot-to al braccio di George mentre lo afferrava, lo gui-dò verso le scale. Accennando un saluto a suo pa-dre, che esitò prima di avvicinarsi al maggiordomo per mettersi il cappotto, Amanda cominciò un po' a spingere e un po' a tirare il fratello verso il piano superiore. «Spero di non prendermi qualche brutta malattia per essere costretta a trascinarti in giro» lo sgridò, quando le riuscì finalmente di costringerlo su per le scale e nella sua stanza. «Come puoi essere così ubriaco a quest'ora del pomeriggio?»

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«Non ubriaco» farfugliò lui, arrancando verso il letto. «Solo... un po' confuso.» «Non è abbastanza che tu abbia sconvolto papà facendoti cacciare da Cambridge per qualche stu-pido scherzo?» sbottò Amanda, incapace di tratte-nersi oltre. «Devi anche imbarazzarlo davanti alla servitù? Com'è possibile che non pensi ad altro che al tuo piacere?» George si mise le mani sulle orecchie e sussultò, come se la sua voce stridente gli stesse lacerando il cervello. Lei sperò che fosse vero. «Sangue di Dio, Amanda, Althea ha ragione. Sei diventata una bi-sbetica. È meglio che ti addolcisca un po'. Nessun gentiluomo ha voglia di legarsi a una femmina che non fa che saltargli alla gola.» Una stilettata dolorosa penetrò nella sua legitti-ma collera. Era quello il modo in cui Althea la ve-deva: come un'arpia dalla voce stridula che preten-deva di comandarla a bacchetta? Eppure si era sforzata così tanto di non diventarlo... Stava cercando una replica, quando George gru-gnì e si premette l'addome con le mani. Amanda ebbe appena il tempo di afferrare il vaso da sotto il letto prima che il fratello si curvasse, svuotandosi rumorosamente del contenuto dello stomaco. Arricciando il naso per il disgusto, la ragazza ar-retrò fino all'angolo più lontano della stanza. Dopo un momento, George si raddrizzò e si se-dette sul letto, pulendosi la bocca. «Ah, ora sto meglio. Ti spiace chiamare Richard? Credo che mi andrebbero una bistecca e un po' di birra.» Amanda non poté evitare una smorfia. «George, sei disgustoso!» «Bisbetica» replicò lui con un ghigno amichevo-le che, nonostante l'irritazione, Amanda dovette ri-

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conoscere pieno di fascino, anche nelle attuali con-dizioni. Il fratellino un giorno avrebbe spezzato un buon numero di cuori femminili. Ma lei non vole-va che il proprio fosse tra quelli, non più, a ogni modo. «Se devi comportarti da depravato, almeno abbi la cortesia di rientrare dalle scale sul retro, così pa-pà non ti vedrà. Non capisci che non si è ancora riavuto dalla morte della mamma?» «Qualcuno di noi l'ha forse fatto?» la rimbeccò lui, mentre un'espressione desolata gli appariva brevemente in volto, prima che il ghigno riapparis-se. «Che cosa ti aspetti, Manda? C'è dannatamente poco da fare in quest'abisso di tranquillità rurale, a parte bere e giocare in una o due delle taverne che si trovano entro le dieci miglia. Io me ne andrei dove il mio riprovevole comportamento non potes-se offendervi, ma papà non mi permette di recarmi a Londra nell'attesa di cominciare la prossima ses-sione.» «Londra, dove passeresti ancora più tempo be-vendo e scommettendo? Direi proprio di no! Fare-sti meglio a passare un po' di tempo a studiare, co-sì da non essere troppo indietro, al ritorno a Cam-bridge.» George emise un verso disgustato, come se il suggerimento non meritasse una risposta. «Signo-re, come ho potuto tollerare di vivere per anni in questo posto noioso? Nient'altro che campi e muc-che e raccolti per miglia in ogni direzione. Riusci-rebbe quasi a far apparire affascinanti quegli stupi-di libri.» «Campi e raccolti in ottime condizioni, grazie alle cure di papà, stanno pagando il tuo costoso soggiorno a Cambridge. E, se tu facessi più atten-

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zione ai tuoi stupidi libri e meno alle orge con i tuoi compagni, ora non saresti esiliato in questo noioso posto, tanto per cominciare.» George strizzò gli occhi iniettati di sangue. «E tu quando sei diventata una simile moralista gua-stafeste?» «Quando diventerai un uomo degno del nome dei Neville?» ribatté lei, con il cuore dolente per la delusione del padre e ardente di collera per come la sconsideratezza di George stava appesantendo il carico che l'uomo era già costretto a sopportare. «Inizia a mostrare qualche interesse per la tenuta che papà ha così amorevolmente curato con l'in-tento di passarla nelle tue mani, invece di stare fuori tutta la notte, associandoti a mascalzoni e mettendoti in chissà quali pasticci.» Con il volto arrossato dalla collera, George di-schiuse le labbra per replicare, prima di serrarle bruscamente. «Fo... forse non sono pronto per quella bistecca, dopotutto» borbottò, avvicinandosi al catino. Rendendosi conto che stava per sentirsi male di nuovo, Amanda scosse il capo per il disgusto. Era inutile cercare di parlare con il fratello, adesso. «Ti manderò Richard» disse, ingoiando lo sde-gno e imponendosi la calma, mentre tirava il cam-panello. Incontrò il valletto nell'atrio, dove doveva essere rimasto a ronzare dopo essere stato informato dal maggiordomo del ritorno del giovane padrone, nonché delle sue condizioni. «Temo che abbia ecceduto di nuovo con il bere e che si senta piuttosto male. Faresti meglio a por-tare su un po' di acqua calda e aiutarlo a spogliar-si» gli spiegò Amanda.

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Sentendo una fitta di simpatia per il domestico, si diresse verso le scale. Si fermò sul pianerottolo, premendosi le dita sulle tempie che avevano iniziato a pulsare. Tra il suo irresponsabile fratello e l'imbronciata cugina, e dovendo controllare il padre – una palli-da imitazione dell'uomo vivace e vigoroso che era stato – che gironzolava per le sale e i campi, c'era da meravigliarsi che fremesse per lasciare Ashton e gettarsi nelle frivolezze di Londra? Nella capitale, la sua unica preoccupazione sa-rebbe stata scegliere quale abito indossare; il pro-blema più pressante cercare di inserire nei suoi programmi tutti gli eventi a cui sarebbe stata invi-tata! Le sue giornate sarebbero state tanto piene che sarebbe crollata sul letto per addormentarsi all'i-stante, invece di rivoltarsi in una veglia dolorosa e solitaria, anelando all'amore e alla sicurezza che le erano stati strappati così brutalmente. Oh, se avesse potuto fare un brillante debutto, procurarsi un marito che la coccolasse e l'adorasse, e sistemarsi nella vivace vita di moglie di un poli-tico londinese... E tornare in campagna il più raramente possibi-le! Mentre andava in cerca della cuoca per riorga-nizzare la cena, si augurò agitata che il loro indesi-derato ospite non rendesse ancora più difficili le poche settimane che mancavano alla realizzazione dei suoi piani.

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GAYLE WILSON Sposa gitana

JULIA JUSTISS Il perfetto gentiluomo

INGHILTERRA, 1814 - Nadya è molto diversa dalle classiche bellezze inglesi. Il maggiore Rhys potrebbe farne la propria amante, ma che scandalo sarebbe se decidesse di sposarla!

INGHILTERRA, 1818 - Sporco, malvestito e dalla reputazione discutibile, Greville non è il gentiluomo che Amanda cerca per cambiare vita. Ma sotto la magia dei suoi occhi verdi...

Promessa di matrimonio HELEN DICKSON

EUROPA - AFRICA, 1721 - Per liberare la sorella rapita dai pirati, Rowena chiede aiuto a Tobias. E solcando mari tem-pestosi, tra mille avventure, la passione divampa.

Il visconte libertino MICHELLE STYLES

SCOZIA, 1837 - Quanto ci metterà l'attraente Visconte Ra-vensworth a convincere Daisy Milton, integerrima istitutri-ce, a cadere fra le braccia di un libertino come lui?

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MARGUERITE KAYE

Il principe del deserto

MARGARET MOORE

L'ereditiera scozzese

ARABIA - INGHILTERRA, 1818 - Rimasta sola tra le sabbie infuocate del deserto, Lady Celia viene salvata dall'attraente Sceicco Ramiz al-Muhana. E nel suo harem scopre l'amore.

SCOZIA, 1817 - Lady Moira viene citata in giudizio dall'ex fidanzato, difeso dall'attraente Gordon McHeath. Ma l'av-vocato decide di mettere la legge del cuore prima di tutto.

La figlia del nemico TERRI BRISBIN

INGHILTERRA, 1067 - Costretta a sposare il rude Soren, Sybilla intuisce che il feroce guerriero bretone nasconde in sé un uomo vulnerabile. Ma sarà ancora capace di amare?

Timida duchessa AMANDA MCCABE INGHILTERRA, 1819 - Quando Emily capisce che il marito

non è solo il dandy affascinante che credeva, decide di di-ventare la duchessa e l'amante che lui ha sempre desiderato.

Dall'1 febbraio

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