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Nido e famiglia insieme Storie e modalità della relazione Falconara, 28 ottobre 2006 GRUPPO TERRITORIALE MARCHE

Gruppo nazionale Nidi e Infanzia - Nido e famiglia insieme · 2014. 10. 7. · GRUPPO NAZIONALE NIDI INFANZIA Gruppo Territoriale Marche Comune di Falconara-Marittima Rivista “Bambini”,

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Sede legale: Via Nobili 9, 42100, Reggio Emilia - C.F. 91020970355

Segreteria: Viale dell’Industria, 24052 Azzano S. Paolo (BG)tel. 035 534123 - fax 035 534143www. grupponidiinfanzia.it - [email protected]

I quaderni del Gruppo Nazionale Nidi Infanzia

Gruppo Territoriale Marche

Nido e famiglia insiemeStorie e modalità della relazione

Falconara, 28 ottobre 2006

GRUPPO TERRITORIALE MARCHE

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GRUPPO NAZIONALE NIDI INFANZIA

Gruppo Territoriale MarcheComune di Falconara-Marittima

Rivista “Bambini”, Edizioni Junior

Convegno regionale

NNiiddoo ee ffaammiigglliiaa iinnssiieemmeestorie e modalità della relazione

Centro “Pergoli”, Piazza MazziniFalconara-Marittima

28 ottobre 2006

Ore 9.30 - 13.00

Saluti• Riccardo Recanatini - Sindaco di

Falconara-Marittima• Michela Paoletti - Assessore del Comune

di Falconara, Servizi socio-educativi• Marco Amagliani - Assessore regionale

alle Politiche sociali

Introduzione lavori• Assunta Coltrinari - Servizi socio-

educativi, Comune di Falconara• Francesca Ciabotti - Psicopedagogista,

Direttivo Gruppo Nazionale Nidi Infanzia• Alda Bonetti - Pedagogista, Direttivo

Gruppo Nazionale Nidi Infanzia

Relazioni• Le competenze degli educatori di fronte ai

nuovi bisogni e domande dei genitori. Uncaso di lavoroMarco Fibrosi - Ufficio formazione,Comune di Parma

• Il rapporto tra educatori e genitori; comecostruire un dialogo e un’alleanza per ilbambinoDonatella Mauro - Comune di Ferrara

Conclusioni e dibattito• Ferruccio Cremaschi - Segreteria Gruppo

Nazionale Nidi Infanzia, Direttore rivista“Bambini”

Ore 13.30: Buffet e visita ai nidi

Ore 15.00 - 17.30

Sessioni “dialogate”:esperienze del territorio a confronto• Genitori, bambini, educatori: l’intreccio

delle relazioni nei servizi all’infanzia“facilitatore”: Ermanna Curina -Psicopedagogista, coordinatrice pedagogicaServizi all’Infanzia Comuni dell’Ambito diPesaro

• Con i genitori durante l’ambientamento: le“emozioni” del distacco“facilitatore”: Alda Bonetti - Pedagogista,Ancona

• I laboratori dei genitori al nido: nuovimodi di comunicare e di stare insieme“facilitatore”: Rita Tancredi - Pedagogista,Comune di S. Benedetto del Tronto

© 2007 Gruppo Nazionale Nidi Infanzia24052 Azzano San Paolo (BG)viale dell’IndustriaTel. 035/534123 - Fax 035/[email protected]

Prima edizione: aprile 2007

Edizioni: 10 9 8 7 6 5 4 3 2 12011 2010 2009 2008 2007

Questo volume è stato stampato daPronto Stampa, Vaprio D’Adda (MI)Stampato in Italia - Printed in Italy

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Indice

La storia di un Convegnoa cura del Gruppo Territoriale Marche..........................................................................3

Falconara e i servizi 0-3: la nostra storiaAssunta Coltrinari ..........................................................................................................5

LE RELAZIONI

Premessa......................................................................................................................10

Il nuovo “stato delle cose”: un nido con e per i bambini e i loro genitoriFrancesca Ciabotti ......................................................................................................11

Le competenze degli educatori di fronte ai nuovi bisogni edomande dei genitori. Un caso di lavoro Marco Fibrosi ..............................................................................................................15

Il rapporto tra educatori e genitori; come costruire un dialogoe una alleanza per il bambino?Donatella Mauro ..........................................................................................................23

LE SESSIONI

Premessa......................................................................................................................36

Genitori, bambini, educatori: l’intreccio delle relazioni neiServizi all’infanziaErmanna Curina ..........................................................................................................38

Con i genitori durante l’ambientamento: le “emozioni” del distaccoAlda Bonetti..................................................................................................................42

I laboratori dei genitori al nido: nuovi modi di comunicare e stare insiemeRita Tancredi................................................................................................................48

CONCLUSIONI

Ferruccio Cremaschi....................................................................................................58

ALLEGATO

Il Gruppo Territoriale marchigiano: l’esperienza in corsoa cura del Gruppo Territoriale Marche........................................................................61

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Il Convegno del 28 ottobre è nato dal-la collaborazione tra il Gruppo Territoria-le Marche e il Comune di Falconara-Ma-rittima (An).

Nel corso delle riunioni interprovin-ciali del Gruppo, organizzate durante il2006, erano emersi con chiarezza dueelementi:– una partecipazione alle riunioni rin-

novata, arricchita da nuove realtà isti-tuzionali, del privato sociale, azienda-le e interaziendale;

– la volontà, da parte di tutti i Servizieducativi rappresentati, comunali o adaltra gestione, di rilanciare, nonostan-te le difficoltà logistiche ed economi-che di molte realtà, il dibattito sul bi-sogno di condizioni di qualità egualiper tutti, come obiettivo prioritarioper riconsegnare fiducia agli operatoridel Sistema integrato dei Servizi Pri-ma Infanzia marchigiani.

Per avviare questo percorso di rifles-sione e azione all’interno della Regione,il GtM decideva di “farsi carico” delladomanda di confronto e approfondimentoche veniva dagli operatori con cui era incontatto, sul tema della qualità delle rela-zioni all’interno dei Servizi.

Un argomento cruciale, dato che laprofessionalità delle educatrici 0-3 annisi caratterizza soprattutto per il suo “sa-per fare” della relazione con l’altro – ilbambino/i, i genitori, i colleghi del grup-po di lavoro – il centro del proprio agireeducativo.

Le modalità e lo stile di relazionecon la famiglia, in un’ottica non più solofunzionale, ma di collaborazione e condi-visione, è dunque il primo contenuto le-gato al tema della “qualità delle relazio-ni” che il GtM ha proposto agli operatoridella Regione, con la speranza di riuscirein futuro ad organizzare altre giornate diincontro e studio per sviluppare e ap-profondire gli altri ambiti della relazioneal nido.

Il Convegno è stato possibile grazieall’aiuto, sul piano organizzativo, del Co-mune di Falconara-Marittima: un Comu-ne piccolo che, oltre all’interesse per iltema scelto e proposto dal GtM, ha dimo-strato grande consapevolezza e senso diresponsabilità collettiva, comprendendol’importanza di sviluppare una rete discambio tra le realtà comunali, in un’otti-ca non localistica ma di apertura e soste-gno interregionale, per la qualità di tutti iServizi educativi prima infanzia delle

La storia di un convegno

a cura del Gruppo Territoriale Marche

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Gruppo Nazionale Nidi Infanzia

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Gruppo Nazionale Nidi Infanzia

Marche (a questo scopo si è optato per lacompleta gratuità della partecipazione ailavori).

Alle educatrici, alle responsabili co-munali e agli amministratori di Falcona-ra, il ringraziamento sincero del GtMche, così come aveva promesso al Con-vegno, “restituisce” loro e ai numerosis-simi operatori (più di 250) intervenuti datutte le Marche, gli atti dei lavori del 28ottobre.

Questa pubblicazione vuole essereper chi lavora quotidianamente nei Servi-zi, sia uno strumento di lavoro e forma-zione, sia uno strumento di comunicazio-ne, per la costruzione di un sistema di re-te tra operatori marchigiani sempre piùcoeso e forte.

Arrivederci al prossimo incontro!

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Falconara e i Servizi 0-3:la nostra storia

Assunta ColtrinariServizi socio-educativi, Comune di Falconara

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Gruppo Nazionale Nidi Infanzia

Il mio intervento non entrerà nel vivodella tematica della giornata, ma servirà aspiegare come è nata l’idea del convegnoe a presentare l’esperienza di Falconara.

La realtà dei nidi falconaresi e deiServizi all’infanzia si è negli ultimi tempiprofondamente modificata ed implemen-tata, sia dal punto di vista quantitativo,sia tramite l’offerta di percorsi educativiqualificati, quali il nido montessoriano eil “tempo per le famiglie”.

Tale realtà educativa ha previsto mo-menti di confronto di tutto il personaleeducativo (intercollettivo) e nuove moda-lità di partecipazione dell’utenza, chefanno riferimento al progetto pedagogicodel servizio e ad un monitoraggio costan-te dei percorsi metodologici seguiti.

La condivisione e la messa in retedelle diverse modalità gestionali e meto-dologiche hanno reso necessaria la guidae supervisione di un’esperta pedagogista,individuata nella dott.ssa Francesca Cia-botti, con esperienza nel campo della for-mazione e dell’aggiornamento per i Ser-vizi alla prima infanzia, che ha svoltonell’anno scolastico 2005/2006 un per-corso formativo per tutto il personale de-gli asili nido.

Ed è proprio nell’ambito di tale per-corso che è maturata l’idea di ampliare il

dibattito, coinvolgendo altre realtà e met-tendo a confronto esperienze e modelli.

A tale riguardo l’esperto, in quantomembro del Gruppo Territoriale marchi-giano, ha proposto a questo ente la pro-gettazione di un convegno regionale darealizzarsi nella giornata di sabato 28 ot-tobre.

La proposta è stata accolta favorevol-mente, sia per l’importanza della temati-ca, concernente l’intreccio delle relazionigenitori-figli, sia per dare visibilità aipercorsi educativi già avviati e perché siritiene significativo il riconoscimento daparte del Gruppo Territoriale Marchigia-no, che ci ha individuati come sede di unconvegno regionale.

Comunque, per condividere con voi ilpercorso intrapreso è necessario presenta-re una breve storia dei nidi falconaresi.

All’inizio degli anni ’70 è stato atti-vato il primo servizio con il passaggiodall’ex OMNI al Comune, contempora-neamente all’apertura di un nuovo nidonella zona Stadio e di 3 scuole dell’in-fanzia comunali, tutte in gestione diret-ta, quindi un periodo particolarmente fe-lice in cui si è intrapreso un importantecammino dei servizi 0-6, che ha visto larealizzazione nei nidi e nelle scuole del-l’infanzia di esperienze significative di

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formazione e di partecipazione delle fa-miglie.

Ma nel 1986 gravi problematiche fi-nanziarie hanno portato l’ente a operareun drastico taglio nei confronti di questatipologia di servizi, di conseguenza lescuole comunali dell’infanzia sono statedefinitivamente trasferite allo Stato, men-tre dei due nidi d’infanzia ne è rimastoaperto solamente uno, e il personale èstato accorpato in un’unica struttura, ilnido “Snoopy”, con 32 posti.

Da questo stato di cose sembrava nonesserci via d’uscita e per un decennio cisiamo guardati intorno provando un sen-so di inadeguatezza rispetto a tutte quellerealtà che mettevano in atto politiche perl’infanzia, continuando comunque a so-stenere le nostre educatrici nella forma-zione, sperando di trovare prima o poi unappiglio per il cambiamento.

Intanto, le famiglie del territorio co-munale non ricevevano nessuna rispostaalla richiesta di servizio, e la domandapotenziale restava addirittura inespressa.

Poi, anche nel nostro Comune le dina-miche sociali e familiari diventarono piùcomplesse e bisognose di attenzione e disostegno, e l’Amministrazione comunaleprese consapevolezza della necessità diattivare dei Servizi per la prima infanzia.

Le prime ad andare incontro alle esi-genze dell’utenza sono state alcune edu-catrici che, costituitesi in piccola coope-rativa, decisero di aprire nel 2000 un asi-lo nido privato, che il Comune sostenneattivando una convenzione che prevedevaun contributo mensile per i bambini resi-denti. Contemporaneamente, l’Ammini-strazione comunale si attivò per aprire unnido comunale più grande nella zona alconfine con Ancona, ed è così che nelgennaio 2003 è stato inaugurato il nido

“Sirenetta”, affidando la gestione del ser-vizio alla Cooperativa sociale.

Questo evento segnò una svolta, inquanto ad esso seguì un notevole incre-mento della domanda. Ci si adoperò permettere in rete i servizi, organizzarli conopzioni orarie differenti e razionalizzaregli interventi evitando gli sprechi; ma ilterritorio richiedeva un ulteriore sforzo.La zona Nord della città, Castelferretti,che gravita a livello lavorativo per lo piùverso la Vallesina, era priva di servizi 0-3ed anche nei Comuni limitrofi non c’eracapacità ricettiva .Si valutò la fattibilitàdi ampliamento della scuola dell’infanziaattorniata da un ampio giardino e situatain una zona tranquilla vicino ad un im-pianto sportivo, creando così un poloeducativo che raccoglie complessivamen-te 40 bambini da 3 mesi a 3 anni, e 110bambini della scuola d’infanzia. Nellaprogettazione di questa struttura si feceroscelte particolari cercando di privilegiaregli elementi naturali quali il legno nellapavimentazione, la luce diffusa attraversoampie vetrate ad altezza di bambino e fil-trata da tendaggi cromaticamente diversiper ogni ambiente, un grande acquarioche rappresenta il mare e la vita. Una“accurata predisposizione dell’ambiente”si rivelò necessaria soprattutto perché siera operata l’importante scelta di conno-tare questo servizio secondo la metodolo-gia montessoriana, predisponendo a talfine uno specifico percorso formativo dispecializzazione per gli educatori, in col-laborazione con il Comune di Chiaravallee L’Opera Nazionale Montessori, finaliz-zato alla scelta, tramite apposita selezio-ne, del collettivo del servizio. Il nido“Aquilone” è stato inaugurato proprio unanno fa ed ha iniziato il suo percorso ri-scontrando il favore dell’utenza. Attra-

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verso questo cammino, in alcuni momen-ti difficile e quasi senza speranza, in altrifaticoso ma gratificante, abbiamo rico-struito una rete di servizi composta da 4nidi, che complessivamente offrono 154posti, dislocati in varie zone della città, inmodo da ricoprire tutto il territorio conorari e prestazioni diversificate e con di-verse modalità gestionali:– Nido “Snoopy”: in gestione diretta,

con 7 educatrici comunali a tempo in-determinato, con 38 posti bambinosuddivisi in tre sezioni e con orario7.30-16.00; è il centro della rete ser-vizi.

– Nido “Sirenetta”: la gestione del ser-vizio è affidata alla CooperativaCoo.S.S. Marche; è il nido più gran-de, con 48 posti suddivisi in tre sezio-ni e con orario 7.30-16.00, con presta-zioni aggiuntive 16.00-18.30, nonchésabato 7.30-13.30.

– Nido montessoriano “Aquilone”: lagestione del servizio attivata per unanno con personale a tempo determi-nato è da quest’anno affidata allaCooperativa Coo.S.S. Marche, con 40posti bambino suddivisi in tre sezionie con orario 7.30-16.00.

– Nido “Prima vita”: privato in conven-zione, con 24 posti bambino suddivisiin due sezioni e con orario 7.30-16.00.

Quella delle diverse forme di gestio-ne, anche se a volte è una scelta obbligatadai vincoli finanziari cui l’ente locale èsoggetto, in realtà, dal punto di vista del-l’offerta, costituisce una ricchezza per ilconfronto che si è aperto tra le educatricie che ha portato ad una maggiore flessi-bilità nei servizi.

Questo percorso di ampliamento del-l’offerta è stato condotto prestando atten-

zione sia ad aspetti quantitativi che, e so-prattutto, ad aspetti qualitativi; scelta so-stenuta e rafforzata anche dalla legge re-gionale n. 9 del 2003, che ha fissato buo-ni parametri per i servizi 0-3, di cui il Co-mune deve farsi garante attraverso l’auto-rizzazione e l’accreditamento.

Vorrei sottolineare, in particolare, al-cuni parametri qualitativi che abbiamoprivilegiato:– la predisposizione degli ambienti. In

tutti i nidi si è lavorato per rendere gliambienti il più possibile accoglienti estimolanti per la crescita del bambino;

– la formazione degli educatori, chenon è mai stata trascurata, attivandoanche percorsi significativi rivolti asingoli collettivi, a tutte le educatricie gli educatori.

Per concludere, faccio un breve cennoal percorso relativo all’attivazione delservizio “Tempo per le famiglie”, fina-lizzato al sostegno alla genitorialità; è unluogo di incontro per bambini piccoli chesi ritrovano in uno spazio educativo a lo-ro misura, accompagnati dai genitori ononni che trovano l’occasione per unoscambio di esperienze sotto la guida dieducatrici che facilitano tali relazioni.

Conclusione

Questo è il percorso effettuato fino adoggi nell’ambito dei servizi 0-3 dal Co-mune di Falconara Marittima, e il motivodel presente convegno convegno risiedeanche nella volontà di condividere questopercorso con voi, per verificare a chepunto siamo arrivati.

Quello che abbiamo costruito con fati-ca, ma anche con tanta passione, è un im-

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portante patrimonio che dobbiamo difen-dere e gestire nel migliore dei modi, fa-cendo particolare attenzione all’impiegorazionale delle risorse, perché per rispon-dere a parametri qualitativi non è necessa-ria tanto una maggiore spesa, quanto evi-tare gli sprechi e dimostrare la valenzaeducativa e sociale delle prestazioni rese.

Ringraziamenti

A conclusione di questo intervento,voglio cogliere l’occasione per ringrazia-re tutti coloro che hanno reso possibilequesta iniziativa: prima di tutto la neoAmministrazione comunale che ha credu-to nella nostra proposta e ci ha permessodi realizzare questo convegno, la RegioneMarche, intervenuta nella persona del-l’Assessore Amagliani, la dott.ssa Fran-cesca Ciabotti, che ha avanzato la propo-sta e tutti i componenti del Gruppo Na-zionale Nidi Infanzia, in particolare lepedagogiste Curina, Tancredi e Bonetti,che partecipano a titolo gratuito, i relatoriemiliani, che contribuiscono a qualificarequesta iniziativa, e il direttore della rivi-sta “Bambini”.

Un ringraziamento particolare e affet-tuoso va a tutti coloro che nei servizihanno lavorato con entusiasmo e fervore:il personale amministrativo che ha svoltotutto il lavoro di segreteria ed in parte an-che di tipografia e tutto il personale co-munale che ha offerto la propria collabo-razione, tutte le educatrici dei nidi comu-nali, della Cooperativa Coo.S.S. Marche,del nido privato, che hanno condiviso l’i-dea del convegno e soprattutto si sonoadoperate per garantire nel migliore deimodi la visita dei nidi, le cuoche chestanno predisponendo i buffet che trove-rete allestiti durante la visita.

Voglio inoltre ringraziare tutte le per-sone che ho incontrato im questi anni, du-rante questo percorso, fra cui i formatoriche si sono susseguiti, tra i quali vogliosegnalare l’esperta montessoriana AnnaMaria Ferrati Scocchera, una donna pienadi carisma, uno spirito giovanile e instan-cabile, che ha seguito e continua a seguireda vicino il nostro nido, ultimo nato.

Un ringraziamento, infine, a tutti i co-loro che hanno voluto partecipare a que-sto convegno.

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Le relazioni

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Gruppo Nazionale Nidi Infanzia

Il Convegno del 28 ottobre a Falcona-ra è stato per numerosissime educatricidelle Marche un importante appuntamen-to per riflettere su come il rapporto con lefamiglie sia cambiato nel tempo e perchévada considerato un elemento di qualitàindispensabile nella progettualità dei Ser-vizi per la prima infanzia.

I tre interventi che seguono, sia purdiversi per contenuti specifici e articola-zione, partono da una comune consape-volezza: l’evoluzione e trasformazionedelle relazioni con i genitori dei bambiniche frequentano il nido e gli altri Servizi0-3 anni.

Un cambiamento che ha visto un gra-duale superamento della concezione dellapartecipazione, intesa unicamente comecondivisione delle responsabilità gestio-nali e di programmazione educativa, so-stituita da una concezione di relazione traadulti del nido più intensa e reciproca, da“coprotagonisti” sulla scena quotidianadella vita dei Servizi.

Le esperienze di incontro per l’infor-mazione, il sostegno e confronto con eper i genitori testimoniano e confermanouna nuova realtà: il nido è una buonascelta educativa per le famiglie con bam-bini nei primi anni di vita, ma non solo:ora, all’interno del suo sistema relaziona-

le, genitori ed educatori spesso comuni-cano e si confrontano per farlo diventareanche un “laboratorio di relazione traadulti”, grazie allo scambio e alla condi-visione dei contenuti e dei vissuti dellereciproche responsabilità educative.

A partire da questa più ricca identitàdel nido, che ricerca nuovi equilibri e si-gnificati nella relazione con la famiglia, idue interventi che “raccontano” alle Mar-che l’esperienza di Parma e Ferrara, ap-profondiscono i nuovi compiti delle edu-catrici e le caratteristiche e il sensoprofondo delle competenze relazionaliche devono far parte della loro professio-nalità, sia offrendo strumenti di cono-scenza e indagine sulle dinamiche rela-zionali tra adulti nei Servizi, sia propo-nendo la propria “storia di cambiamento”nel lavoro con i genitori attraverso la for-mazione.

Ai partecipanti al Convegno si propo-ne una ricerca difficile ma stimolante, alfine di costruire una competenza relazio-nale intesa come capacità di leggere edentrare in contatto “empatico” anche coni genitori e che necessita di una riflessio-ne sul proprio “stare” nella relazione conl’altro nel momento stesso in cui si parte-cipa alla relazione.

f.c.

Premessa

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Gruppo Nazionale Nidi Infanzia

Dopo le parole di Assunta Coltrinari,che ringrazio, assieme alla Amministra-zione e alle educatrici di Falconara, peraver dato ai Gruppi Nazionale e Territo-riale tempo, attenzione e sostegno orga-nizzativo per costruire insieme questagiornata metterei a fuoco il tema delConvegno, portando alcune riflessioni sulrapporto tra i Servizi per la prima infan-zia e le famiglie.

E vorrei partire da un ricordo, da unaltro Convegno, esattamente di 10 anni fa(novembre 1996), un Convegno ormaistorico e molto più grande del nostro, mache aveva un titolo un po’ simile anchese più generale: “Il nido compie 20 anni.La qualità delle relazioni”; e in particola-re da un intervento, quello di M. LuisaCantarelli del Coordinamento A.N. diParma, che mi colpì moltissimo proprioperché riuscì a dare voce ad una sensa-zione collettiva di cambiamento in atto,del nido e della famiglia insieme, raccon-tandoci un’evoluzione che avevo percepi-to all’interno di molti servizi e nelleesperienze di formazione, ma che inquella occasione si svelò, attraverso lesue parole chiare e di sapiente semplicità,come l’inizio di una nuova ricerca di sen-so e qualità nelle relazioni tra genitori ededucatori e, soprattutto, come una nuova

grande responsabilità per i Servizi neiconfronti dei bambini e delle famiglie.

Vorrei riproporre al vostro ascoltouna piccola, ma significativa parte diquell’intervento del 1996:

“Nella collaborazione gomito a gomi-to con la famiglia abbiamo imparato mol-tissimo! Abbiamo soprattutto imparatoche la qualità della nostra relazione con ibambini dipende in larga misura dalla fi-ducia con la quale le famiglie ci affidanoi loro piccoli...

Abbiamo pensato che quella fiduciasarebbe sgorgata più fluida se ci fossimomostrate determinate, lucide, chiare neinostri obiettivi e nelle nostre finalità edu-cative...

Abbiamo riempito di spiegazioni eproposte gli spazi degli incontri di sezio-ne e dei colloqui...

Abbiamo spiegato analiticamentepacchi e pacchi di programmazioni edu-cative per le quali democraticamente sichiedeva alle famiglie condivisione, maanche critica, richieste di spiegazioni,proposte, chiarimenti.

L’accoglienza tiepida, interrogativa,poco animata di queste nostre fatiche cideludeva. Nel silenzio dei nostri perché,tra le perplessità e le incertezze sul come

Il nuovo “stato delle cose”:un nido con e per i bambini

e i loro genitoriFrancesca Ciabotti

Psicopedagogista, Direttivo Gruppo Nazionale Nidi Infanzia

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Gruppo Nazionale Nidi Infanzia

procedere, la voce dei genitori prima solobisbigliata a due a due o a piccoli gruppi,piano piano si alzava e raccontava: nondel bambino senza volto che aveva rag-giunto la presa a pinza o la “costanza del-l’oggetto” o era nella fase della crisi diriavvicinamento, ma di Pietro che nonvuole andare mai a letto la sera; di Martache piomba sempre a metà notte nel let-tone, di Francesca che non mangia più. Ècosì anche al nido?

Racconti che ci catturavano, ci pren-devano perché ci restituivano una imma-gine più vivida, più sfaccettata, più colo-rata di quei bambini a noi affidati… Maerano discorsi, momenti lasciati in coda oa margine, a lato, nell’attesa che comin-ciasse la riunione vera. O no? O potevanon essere così?

Forse questi racconti – che spontanea-mente univano un prima del nido ad undopo, che parlavano non di un bambinoin generale, ma di quel bambino lì, inquel momento lì… potevano costituirenon le chiacchiere a margine, il fuori te-ma, ma proprio il tema, l’oggetto dei no-stri incontri di sezione...

Questo allora poteva essere il nostronuovo compito; garantire che ci fosseuno spazio di parola possibile per tutti.

Allora non tanto saper parlare, quantosaper ascoltare.

Non tanto o solo dire la nostra opinio-ne, non solo occupare lo spazio con lanostra professionale visione, ma chiedereil loro personale punto di vista tollerandoil tempo, il silenzio e lo sconcerto inizialedi chi si sentiva richiesto di una propriaopinione magari esplicitata per la primavolta...”1.

Ripartire da queste parole mi rendepiù facile comunicarvi le mie riflessionisul tema del nostro Convegno.

Prima di tutto confermano quanto l’e-voluzione dei Servizi per la prima infan-zia sia stata e sia reciprocamente influen-zata dai rapporti con le famiglie e dallarete di relazioni e storie parentali cheogni bambino porta con sé quando arrivaal nido.

Spesso, nel lavoro di formazione,quando si discute di un bambino e dellacostruzione della relazione con lui, osser-vo che l’educatrice sensibile torna sem-pre a cercare e a riflettere anche sui se-gnali, le espressioni, i comportamenti, gliscambi relazionali quotidiani tra il bam-bino e il genitore perché, più o menoconsapevolmente, sa che ha lei per primabisogno di conoscere questa relazione e iltipo di rapporto e di stile educativo che igenitori agiscono con il bambino, se ilsuo obiettivo è l’evoluzione della fiduciae sicurezza relazionale del bambino an-che al nido, in un altro contesto, con leeducatrici e gli altri bambini presenti.

L’educatrice ha bisogno di osservarela relazione adulto/bambino e, contempo-raneamente, per inserirsi nel sistema rela-zionale in cui il bambino vive, deve tes-sere relazioni di fiducia, collaborazione ealleanza con i genitori.

Costruire e mantenere un dialogo re-lazionale con le famiglie non è dunqueun lavoro accessorio, limitato al periododi ambientamento, ai colloqui o a quelche rimane della “gestione sociale”, maun momento essenziale del Progetto delServizio, che deve costantemente esserein ascolto della “richiesta di relazione”

1 cfr: M.L. Cantarelli, “La relazione con la fa-miglia e la sua evoluzione”, in Il nido compie 20anni. La qualità delle relazioni, Edizioni Junior,Bergamo, 1997.

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Gruppo Nazionale Nidi Infanzia

dei genitori, aiutandoli ad esprimerla,perché il più delle volte non riescono amanifestarla da soli.

E che cosa chiedono i genitori cheportano il loro bambino al nido?

Faccio fatica a pensare in termini ge-nerali alla categoria, perché ogni genitoreè diverso, ogni storia familiare con unbambino piccolo ha i suoi punti di forza ele sue debolezze e le analisi sociologichesui cambiamenti familiari sono sicura-mente un quadro di riferimento importan-te ma, purtroppo, non ci dicono cosa ecome fare con ogni coppia e il suo bam-bino.

Io penso che ancora, come 10 anni faveniva espresso nelle parole della Canta-relli, i genitori che incontro e che le edu-catrici “mi raccontano”, sono motivati afare domande e cercare risposte sul lorobambino su due piani: da una parte, tutti igenitori hanno bisogno di manifestare ilproprio punto di vista e le proprie emo-zioni sull’esperienza che stanno vivendoinsieme al bambino, a partire dal momen-to in cui fanno la scelta di un Servizio dicura fuori dalla famiglia.

Anche se ormai il nido è visto comeun luogo buono per i bambini, i senti-menti e le diversità di atteggiamenti ereazioni di fronte alla prima separazionee alla vita sociale del nido, devono trova-re un contesto relazionale in grado dimettersi in ascolto, accogliere e contene-re molteplici modalità di vivere e sentirequesta esperienza nel suo evolversi neltempo.

In secondo luogo, molti genitori, acontatto con l’offerta educativa del nido,inviano messaggi per una ricerca di rela-zione più coinvolgente alle educatrici, acui si rivolgono con il desiderio di unarelazione più stabile; vedono in lei un

punto di riferimento importante per ilbambino, ma anche per loro, una interlo-cutrice competente e affidabile con cuicondividere alcune fasi della vita dei fi-gli, per essere aiutati, in maniera non in-trusiva, a superare alcune difficoltà; op-pure, più semplicemente, per condividerealcuni momenti di passaggio di crescita,al fine di comprenderli meglio.

Il nido deve quindi ripensarsi con unaidentità più articolata: ovviamente comeun contesto educativo progettato per ilbenessere e la relazione con il bambino,ma anche, proprio perché si occupa deibambini, come un luogo che si occupa epre-occupa anche dei loro genitori.

E se molti genitori ci chiedono ancheaiuto e non solo un posto al nido, signifi-ca che riconoscono la qualità professio-nale delle educatrici e la qualità del Ser-vizio, ma soprattutto vengono maturandola consapevolezza che i bambini possonocrescere meglio, non nella solitudine del-la realtà e convinzioni familiari, ma nelconfronto con altri, in un luogo che rico-noscono come uno spazio competente,aperto allo scambio di punti di vista sul-l’educazione dei più piccoli.

Penso accada anche nei nidi di Anco-na, Jesi, Fermo, Recanati, Camerano quelche accadeva già 10 anni fa a Parma: igenitori si animano e motivano alla con-divisione e collaborazione quando si par-la o si fa qualche cosa per Matteo, Marta,Francesca, perché in quei momenti il ni-do si riaggancia alle loro storie familiarie alla loro esperienza di genitori, offren-do la chiave per vedere meglio il lorobambino intero, quello di casa e quellodel nido, ma insieme vedere anche i bam-bini di altri genitori.

In queste occasioni possono rispec-chiarsi, oppure non riconoscersi a con-

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fronto con altri stili e atteggiamenti edu-cativi, mettersi in gioco oppure ascoltaresilenziosi (penso anche al silenzio/spae-samento di madri e padri di altri paesiche hanno bisogno di capire e accompa-gnare il proprio bambino tra due culture),ma sicuramente tutti riceveranno motivodi riflessione e sostegno alla propria per-sonale storia ed evoluzione nel ruolocomplesso e faticoso di genitore.

È questo nuovo “stato delle cose”che, anche nelle Marche, operatori e am-ministratori devono saper cogliere, inter-pretare, non sottovalutare; sperimentandopercorsi di reciproca relazione che sap-piano far incontrare i “saperi” dei genito-ri con le conoscenze professionali e le ri-flessioni sull’educazione dei bambini chematurano nei Servizi per la prima infan-zia, in un’ottica di “corresponsabilitàeducativa”.

Spero che questa giornata di forma-zione e dibattito permetta alle educatricimarchigiane di confrontarsi su questo te-ma, così da “ripensare” con maggioreconsapevolezza le proprie offerte di ac-coglienza e incontro con i genitori e, so-prattutto, le aiuti a ritrovare motivazioneed “energia operativa” per costruire, apartire da ogni singola realtà, nuove epersonali “storie di relazione” con le fa-miglie e i bambini.

Bibliografia

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Caggio F., Mantovani S. (a cura di), Fa-miglie, bambini, educatrici, EdizioniJunior, Azzano S. Paolo (Bg), 2004.

Catarsi E., “Educazione familiare e Ser-vizi per l’infanzia. Il nido come con-testo di formazione e crescita per i ge-nitori”, in Fortunati A., Tognetti G. (acura di), Bambini e famiglie chiedonoservizi di qualità, Edizioni Junior,Azzano S. Paolo (Bg), 2005.

Fibrosi M., “L’accoglienza nella norma-lità: facilitare più di fare, osservare piùche proporre”, in Le culture dell’infan-zia. Trasformazioni, confronti, pro-spettive, Atti del XV Convegno Nazio-nale Servizi educativi per l’infanzia,Genova 2-4 dicembre 2004, EdizioniJunior, Azzano S. Paolo (Bg), 2006.

Galardini A.L., “I genitori nel nido: coin-volgimento e collaborazione”, in (acura di) A.L. Galardini, Crescere alnido, Carocci editore, Roma, 2003.

Mantovani S., “I Servizi per l’infanzia: unasfida culturale”, in Gandini L., Manto-vani S., Pope Edwards C., Il nido peruna cultura dell’infanzia, Edizioni Ju-nior, Azzano S. Paolo (Bg), 2003.

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Anche tenendo conto dell’attuazionedegli scenari di cambiamento in corso,limitare l’attenzione del dibattito sul la-voro pubblico alle sole logiche di carrie-ra e ai meccanismi di ricompensa, sem-bra denotare una miopia culturale e l’as-senza di valori più impegnativi.

L’organizzazione dell’azienda priva-ta, da cui spesso tentiamo di copiare imeccanismi operativi invece di ispirarcitenendo conto del contesto e delle diversefinalità dell’attività pubblica, sta negliultimi anni scoprendo la dimensione sog-gettiva, il coinvolgimento e l’intelligenzaemotiva e, paradossalmente, nella pub-blica Amministrazione rischiamo di ripe-tere gli errori fatti nelle aziende privateconcentrandoci solamente sugli aspettimeccanici e ingegneristici della nostraattività.

Non mi addentrerò intenzionalmentenei nuovi bisogni e domande delle fami-glie, perché questo necessiterebbe a prio-ri di un approfondimento concettuale suche cosa intendiamo per domanda e biso-gno, ed anche nuovo. Per esempio ri-spondere a quesiti quali: Cosa è una do-manda? Cosa è una domanda implicita ecosa è una domanda esplicita? Quale è la

differenza? Come si legge e come si in-terpreta una domanda nascosta o ine-spressa? Chi la legge? Cosa è un biso-gno? C’è differenza tra bisogno e deside-rio? Ed inoltre, cosa è nuovo? In che re-lazione sta con “l’esistente non visto” ocon questioni legate a modi di leggere larealtà in correlazione con la questione ge-nerazionale?

Partirò da un caso di lavoro che diproposito ho scelto e che spero possa ser-vire da spunto per la riflessione su “Lecompetenze degli educatori di fronte ainuovi bisogni e domande dei genitori”.

Il contesto

Il nido di cui parlerò (unico nido delpaese) ha una storia ormai ventennale, èsituato in una località dell’Emilia-Roma-gna. È formato da tre sezioni di asilo ni-do e da una sezione di spazio bimbi. Ècomposto da 12 educatrici e da 4 opera-trici d’infanzia. Il servizio è a gestionemista, in parte il personale è dipendentecomunale e in parte dipendente/socio diuna cooperativa sociale.

Il servizio è stato gestito direttamentedal Comune, ma il Coordinamento peda-gogico in tutto quel periodo non ha avuto

Le competenze degli educatori difronte ai nuovi bisogni e domande

dei genitori. Un caso di lavoro

Marco FibrosiUfficio Formazione, Comune di Parma

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una particolare stabilità e nel tempo si so-no succedute un buon numero di coordi-natrici pedagogiche. Da quattro anni aquesta parte il servizio è gestito da unacooperativa. In questi quattro anni il coor-dinamento pedagogico è stato in caricoalla cooperativa e, anche in questo caso,ogni anno la coordinatrice è cambiata.

Il caso

Durante lo svolgimento di un corso diformazione sul “rapporto con le fami-glie” a cui partecipa il gruppo di lavoro(educatrici ed operatrici d’infanzia), leeducatrici parlano con il conduttore degliinserimenti/ambientamenti che si stannorealizzando.

L’attenzione si focalizza, dopo alcuniinterventi, sul caso di un ritiro raccontatoda una educatrice della sezione mista del-lo Spazio Bimbi (sezione aperta dalle8.00 alle 12.30 per n. 3 giorni alla setti-mana).

La bambina che è stata ritirata e chechiameremo Mariangela ha 12 mesi. L’e-ducatrice la descrive come molto attacca-ta alla madre e dice che, nel corso del-l’inserimento, sia nel momento del di-stacco che durante la sua permanenzasenza la mamma, ha pianto molto.

La mamma racconta all’educatriceche la bambina, da quando ha iniziato afrequentare, è molto più attaccata, tienesempre il ciucio e non dorme più serenadi notte.

L’educatrice fa presente che, quandola bambina ha iniziato a dare dei piccolisegni di ambientamento, la mamma si è“un po’... tirata indietro”. Comunica al-l’educatrice che vuole ritirare la bambinama accetta di fare un colloquio, durante il

quale si dimostra indecisa in merito al ri-tiro e dice testualmente: “io non sonopronta” riferendosi al distacco dalla figliae chiede all’educatrice di tenere le cosedella bambina (il sacchettino con il cam-bio dei vestitini) nell’armadietto delloSpazio Bimbi.

L’educatrice concorda con la mammadi riprovare più avanti, quando questasarà pronta e di provare (su suggerimentodella coordinatrice pedagogica del Co-mune), di prendersi tempo per restare insezione, insieme alla sua bambina.

Il conduttore chiede al gruppo cosapensa rispetto a quanto deciso dall’edu-catrice e dalla mamma.

Silenzio...Il conduttore ripropone la domanda:

cosa ne pensate? Pensate che sia unascelta giusta?

Il primo intervento focalizza l’atten-zione sul diritto o meno di questa mam-ma e dell’educatrice di rinviare l’inseri-mento, se si pensa a tutte le famiglie chesono in lista di attesa nella graduatoriacomunale.

Nel secondo intervento viene dettoche l’utenza del servizio Spazio Bimbi ècomposta da famiglie che “non hanno bi-sogno”.

Altri interventi appoggiano l’ipotesiche la relazione tra questa mamma e que-sta bambina sia una “relazione malata”,“sono troppo attaccate l’una con l’altra” eche la madre abbia bisogno di un soste-gno, di una figura professionale che nonpuò essere un’educatrice, ma una psico-loga.

Il conduttore chiede a chi non è inter-venuto, se vuole, di esprimere anche solosemplicemente qualche emozione o senti-

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mentoe, cioè “Cosa sento in rapporto aquesta storia? Che cosa mi “tira” fuori?”.

Un’educatrice risponde: “io andrei in-contro a questa famiglia” un’altra: “io sa-rei arrabbiata, il rapporto non sarebbe piùlo stesso, dopo tutta la fatica che ho fat-to…” e un’altra “io la riprenderei, macon patti chiari, che vuol dire quando tor-ni… torni!” e un’altra ancora ”a quellacoppia è stato dato il nostro appoggio, lanostra disponibilità, non si può andare ol-tre le nostre possibilità…”.

Il conduttore chiede al gruppo di pro-vare ad immedesimarsi nel vissuto diquella mamma, provare a ricordare/pensa-re ad una propria esperienza di separazio-ne, e di “fantasticare” sulla domanda cheviene espressa contradittoriamente e con-temporaneamente nel ritiro da una parte edall’altra nella richesta di lasciare il cam-bio della bambina allo Spazio Bimbi.

Può essere che ciò che viene chiestoall’educatrice è di lasciare ancora un po-sto per la bambina e per la mamma?

Cosa fare? Il conduttore fa rilevare come la mag-

gior parte del gruppo sia arrabbiata conquesta mamma che fa fatica a separarsi,che è ambivalente, e che ci porta unosmarrimento, un dolore, e dentro questouna domanda.

Cosa può provocare in noi il dolore diun altro? Quali meccanismi possiamomettere in atto? Forse l’empatia, o la fati-ca, il nostro dolore, il rifiuto, l’indifferen-za, l’identificazione, la razionalizzazione,ecc.

E quali risposte dare concretamente?Chiudere il rapporto in modo burocrati-co? Riprendere il rapporto in modo diret-

tivo? (dare regole…) Riprendere il rap-porto tenendo conto dell’altro, trovandopunti di incontro e di mediazione?

Concetti di competenza

Il caso esposto è il pretesto che ci po-ne davanti ad una complessità di questio-ni di diverso tipo e genere: organizzative,etiche, filosofiche, psicologiche, pedago-giche, di contesto, di contenuti, di forma-zione, di comportamenti, ecc.; ma per re-stare in tema, cerchiamo di vedere cosa siintende per competenza.

Dal punto di vista dell’organizzazio-ne, la nozione di competenza può artico-larsi in:

– Competenza tecnica, cioè la partico-lare idoneità o abilità nel compierecerti comportamenti. Questo tipo dicompetenza è prefissata da norme dicompetenza (cosa si deve fare), espres-sione di una mera esigenza di divisio-ne del lavoro: un esempio sono i man-sionari e regolamenti che distribui-scono i compiti nell’ambito di un ap-parato amministrativo e predispongo-no le sanzioni disciplinari per le loroviolazioni. All’interno di un’organizzazione lacompetenza necessaria è vincolata alruolo. Un’Amministrazione comuna-le, per esempio, definisce i criteri diingresso nell’organizzazione attraver-so la richiesta di requisiti che sianocoerenti con i posti da ricoprire. Sco-priamo così che il requisito (titolo distudio) definisce la competenza ne-cessaria. Competenza che si ritienenecessaria per l’assunzione (nel no-stro caso) del ruolo di educatrice.

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– Competenza giuridica, cioè l’abilita-zione a compiere certi atti sulla basedi una norma giuridica che dispone intal senso. Questo tipo di competenzasi identifica con la facoltà, l’onere o ildovere di compiere determinati attiovvero di non compierli. Al concettodi competenza fa riscontro quello diincompetenza, che indica la disfun-zione frutto dell’esercizio della com-petenza da parte di un organo a ciònon designato.

– Per Piero Bertolini, che nel suo Dizio-nario Pedagogico (Zanichelli Edito-re), alla voce stile educativo scrive:“(…) avere uno stile personale nonesime alcuno di quegli operatori difondare la propria azione sulla scien-za di riferimento e quindi dal realiz-zare e dal seguire quella che opportu-namente viene definita in termini dicompetenza”, la competenza è con-nessa ad una scienza (il sapere, la co-noscenza) di riferimento.

Del concetto di competenza esistono,in letteratura e nelle pratiche aziendali,molteplici definizioni che mettono in evi-

denza diversità di approcci, di riferimen-ti, di metodi.

Una definizione che ha riscosso con-sensi pressoché univoci è quella formula-ta da Boyatzis – The competent manager– 1982, secondo cui “la competenza è unacaratteristica intrinseca di un individuo ecausalmente collegata a una prestazioneefficace o superiore nella mansione”. Se-condo questa prospettiva, che viene anchedefinita individuale o psicologica, la com-petenza è parte integrante e duratura dellapersonalità di un individuo e si traducenei comportamenti e nei risultati superioriche i best performers rendono in un ruoloo in una situazione specifica.

Sono impliciti nel concetto di caratte-ristiche intrinseche, spiegano L.M. eS.M. Spencer (L.M. Spencer & S.M.Spencer, Competence at work, 1993), lemotivazioni (es. la tensione al risultato), itratti stabili della personalità (es. il selfcontrol), la visione o immagine di sé, leconoscenze tecniche e le capacità cogni-tive e comportamentali (es. il ragiona-mento deduttivo). Vengono quindi inte-grati in un unico termine ordini di fattorisicuramente diversi che tuttavia sono col-legati tra loro da legami causali: le moti-

Qualificafunzionale

Educatoreasili nido

Diploma di Istituto magistrale o di abilitazione all’insegna-mento nelle scuole del grado preparatorio o diploma di Isti-tuto Professionale di assistenza all’infanzia o licenza diabilitazione all’esercizio dell’arte sanitaria ausiliaria di pue-ricultrice.

Qualificafunzionale

Educatorescuoladell’infanzia

Diploma di Istituto magistrale con abilitazione all’insegna-mento nelle scuole del grado preparatorio oppure diplomadi abilitazione all’insegnamento nelle scuole del grado pre-paratorio.

Fonte: Regolamento del personale Comune di Empoli

Esempio di definizione di criterio di accesso:

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vazioni e la visione di sé, ad esempio,spingono una persona a ragionare in uncerto modo e quindi ad assumere alcunicomportamenti che divengono nel tempotratti stabili del suo carattere, così comedel suo modo di lavorare.

Secondo un diverso approccio, defini-to strategico, la competenza è “un’insie-me di skill e tecnologie che consente aun’impresa di offrire un particolare bene-ficio ai clienti”. In base a questo assuntola competenza non appartiene a singolepersone ma è un fatto organizzativo cheattraversa tutte le funzioni e unità dell’or-ganizzazione, non si esaurisce nelle sin-gole competenze individuali ma richiedeinvece la loro combinazione e integrazio-ne per tradursi in prodotti o servizi.

Alcune riflessioni sulla competenzadegli educatori di fronte ai nuovibisogni e domande dei genitori

Il caso raccontato ci ha portato a par-lare della competenza. Ma nella vicendaspecifica quale sarebbe stata la compe-tenza necessaria?

Osserviamo alcuni elementi nel casoin questione?

Durante l’inserimento una mammapone più domande: una rispetto a sé stes-sa in rapporto con la propria bambina,un’altra in rapporto all’educatrice eun’altra ancora in rapporto all’istituzionee alle sue regole.

Le educatrici nel gruppo riflettono (iouserei l’espressione “giudicano i compor-tamenti”) della bambina e della madre.Rinviano alla coppia (senza renderseneconto) un problema legato ad un loro bi-sogno di sicurezza e di conferma in unasituazione di difficoltà. Non riescono a

vedere e sentire altro. La quasi totalitàdegli interventi o giudica negativamenteil rapporto madre-bambina: “è un rappor-to malato” o si giustifica: “abbiamo fattoil possibile…”. Valutano, quindi, la rela-zione madre-bambina, ma non prendonoin considerazione la loro relazione conquesta coppia.

Il conduttore intenzionalmente dà spa-zio a quella parte che viene negata (nonconsapevole), non detta: la parte “cattiva”.È il primo passo in quel gruppo per co-minciare a riconoscere che accanto ai me-todi, esistono delle persone e che le perso-ne vivono nel rapporto con gli altri emo-zioni e sentimenti che informano e condi-zionano le nostre azioni.

C’è una relazione inestricabile tra l’a-zione e la nostra formazione personale,l’azione che noi facciamo è sempre infor-mata dal nostro pensiero, dal nostro mo-do di vedere le cose.

Ma nella relazione educativa, gli ele-menti di cui dobbiamo tenere conto nonsono solo le idee, o ciò che pensiamo ra-zionalmente, ma anche ciò che pensiamoe viviamo emotivamente. Spesso le no-stre azioni, al di là delle nostre buone in-tenzioni, si svolgono non sotto l’urgenzadi ciò che pensiamo, ma di ciò che sen-tiamo. Se non diamo un posto e, quindi,un ordine a questi aspetti, il rischio è chelavoriamo in uno stato confusionale incui nulla si rende chiaro.

La competenza va intesa prioritaria-mente come capacità di “leggere”, (ac-quisizione lenta e rispettosa dei soggettiimplicati), come capacità di “vedere” percapire, come capacità di stare in contatto(empatia) con le difficoltà quotidiane deibambini e degli adulti.

Il discorso delle “relazioni” è il di-scorso di fondo, cioè è la base fondante

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di ogni tipo sviluppo umano. Nessunbambino può consentirsi di crescere, divivere delle relazioni con gli altri, di ac-quisire delle competenze se è preoccupa-to delle tensioni che vive ed è invaso daemozioni e sentimenti che non gli per-mettono di vivere queste relazioni. E allostesso modo questo vale per gli adulti.

Si tratta allora di dare priorità nei Ser-vizi allo sviluppo di questa competenza.Competenza, la capacità di ascolto, chenon è data, ma che va sviluppata nei di-versi luoghi e spazi del nido: nella sezio-ne, negli incontri di sezione tra operatori,nei collettivi o équipes di lavoro, negliincontri con le famiglie, ecc.

Ma questa competenza non si realizzain solitudine ma in relazione con il pro-prio gruppo di lavoro e, per quanto possi-bile, con un conduttore e/o supervisore asua volta competente. Si tratta di crearele condizioni per rendere i pensieri sparsidi più soggetti un pensiero condiviso in-tersoggettivo, dando spazio e voce a tuttigli interlocutori.

“Tu cosa vedi qui?”, oppure “Su que-sto punto cosa ve ne pare?” sono dellemodalità quotidiane di aumentare il li-vello di vitalità del gruppo. La presenzadi più soggetti che interagiscono tra loroè una importante garanzia per il formarsidell’esperienza. Questo tipo di operazio-ne è estremamente diffuso nelle praticheumane, definito di volta in volta consi-glio, parere, consulenza, consulto, super-visione, arbitrato, esperimento. Diversinomi per indicare diverse metodologiecon cui regoliamo l’interazione tra piùosservatori intenti a ottenere un risultatocondivisibile. È interessante notare co-me, nonostante la diversa complessitàdell’oggetto (da un banale consiglio traamici, all’esperimento di fisica subato-

mica, alle scelte di vita) e il diverso gra-do di raffinatezza delle metodologie(dalla semplice osservazione al comples-so strumentario tecnico e formale), ilprocedimento è sempre sostanzialmentesimile: gli appuntamenti fondamentaliavvengono con la partecipazione di altrisoggetti. E ciò paradossalmente ci ripor-ta alle nostre prime esperienze, la costru-zione della nostra esperienza non si è or-ganizzata nel vuoto, ma nella relazione ein relazione con qualcuno (persone e am-biente).

Fare esperienza di discussione digruppo presuppone un atteggiamento diriflessione e ripensamento e la possibilitàdi ricercare un tempo “più lento” di starecon i bambini e le loro famiglie. Nei fatti,all’asilo i bambini stanno in rapporto conl’educatore e a lui comunicano, da lui siaspettano risposte, e da lui dipende il lorobenessere. Condizione indispensabileperché questo avvenga è che l’educatorecomprenda “il proprio stare” nella rela-zione con l’altro.

Gli aspetti affettivi ed emotivi sonoelementi essenziali e specifici di ogni re-lazione umana, il porvi attenzione e il ri-conoscerli è fondamentale nel lavoro delgruppo. L’effetto è quello di poterli utiliz-zare come potenziale creativo e, soprat-tutto, come fonte di conoscenza. Questo,inoltre, porta a capire di più i conflitti, ledifese, le stanchezze di chi fa e vive que-sto lavoro, e la presa di coscienza del con-tinuo impatto emotivo che esso impone.

È un approccio “nuovo” per chi pensache riflettere sul proprio lavoro educativosignifichi prendere le distanze per acqui-sire una visione oggettiva del bambino.

La discussione è un momento fonda-mentale del lavoro ed ha la funzione dioffrire uno spazio per pensare: un luogo e

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un tempo in cui le ipotesi, le percezioni,le idee possono prendere corpo e diventa-re pensieri, attraverso lo scambio costrut-tivo fra i membri del gruppo.

La discussione in gruppo porta ognimembro a confronto con le differenze deipunti di vista, sollecitandone la separa-tezza e lo scambio collaborativo. Per arri-vare a questa condizione di maturità (diascolto reciproco) il gruppo ha bisogno ditempo. È quindi compito del conduttorefarsi garante che il gruppo resti ancoratoa questa dimensione di dialogo, in cui loscambio diventa possibile e costruttivo.

Spesso la conoscenza è il risultatodello sviluppo di impressioni fugaci, dipensieri nascenti che si tramutano in pen-siero consapevole.

Il focus nel gruppo non è sulla perso-na, lo sguardo è sulla relazione, ancor piùche sui soggetti singolarmente presi. Nonsi tratta di indagare o fare interpretazioniintrusive o diagnosi dei bambini, delle fa-miglie e degli educatori. È un esercizioimportante che ci consente di vivere incontatto emotivo con noi stessi, di impa-rare a distinguere ciò che ci appartienenell’avvicinarci ad una persona.

L’atteggiamento collaborativo non na-sce casualmente ma ha bisogno, per esse-re compreso, di essere potenziato, suppor-tato, aiutato a crescere (e, per lo meno,con stabilità di figure di coordinamento).

Se questo atteggiamento si attiva nelgruppo di lavoro, lo stesso è trasferibilenel lavoro in sezione, in cui il bambino ela sua famiglia sono allora nel rapportoquotidiano “i migliori colleghi”, che aiu-tano, con le loro risposte, a comprendereil senso delle nostre azioni e l’andamentodella relazione.

Solo se siamo capaci di prestare mag-giore attenzione alle nostre e alle loro

modalità espressive e comunicative sia-mo in grado di essere facilitatori nella re-lazione.

Significa allora rompere l’iniziale bi-sogno di interpretare e con le parole e leazioni sommergere il bambino e/o la suamamma.

Astenersi dall’agire i propri vissuti,sapere aspettare, è questa, soprattutto, lafatica dell’educatore. Non si riesce adaspettare, perché si pensa che se le cosenon funzionano subito “non ce la faremomai più”.

L’osservazione della relazione “io egli altri” può aiutare l’educatore a pensa-re. Pensare “a quello che sta facendo” e a“quello che sta succedendo nella relazio-ne educativa”.

“La relazione è lo strumento fonda-mentale per poter lavorare. È la capacitàdi essere consapevoli della relazione per-ché aiuta ad essere in sintonia con lapersona con cui stiamo interagendo eaiuta a capire che cosa questa persona cista dicendo. Noi involontariamente cifermiamo all’aspetto più esteriore, piùsuperficiale delle comunicazioni e questoaspetto è molto importante per tutti colo-ro che lavorano con delle persone. Spes-so ci sfuggono i contenuti emotivi, affetti-vi più profondi della comunicazione dicui sono intrise le comunicazioni gestualie verbali. E allora succede che avvenga-no delle comunicazioni che vanno in pa-rallelo, su binari differenti e capita cheuna grossa parte della comunicazionenon venga registrata. È essenziale chenoi riusciamo ad ascoltare anche il livel-lo più sotterraneo, più nascosto della co-municazione perché è quello che veicolale emozioni espresse in modo confuso,non logico, non consapevole ma che han-

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no un grosso bisogno di essere ascoltatee di essere decifrate”1.

“(…) Il gruppo può rappresentareproprio un luogo in cui le emozioni, avolte confuse e prive di forma, possonoprogressivamente ordinarsi in un signifi-cato, e diventare pensiero. Non credo chepossiamo illuderci che questi pensiericorrispondano ad una conoscenza total-mente esauriente di un bambino, o di unarelazione. Piuttosto si tratterà di mettersisulla strada di conoscere, attraverso ipo-tesi provvisorie, che potranno essere so-stituite da nuove ipotesi dettate da suc-cessive osservazioni. (…) Anche perché ibambini ci mostrano ogni giorno nuoviaspetti di sé, e i nostri interventi produ-cono trasformazioni in loro e nella strut-tura del rapporto educativo, per cui nonpotremo mai dire di essere in possessodella conoscenza. L’importante è che noiassumiamo un atteggiamento di tensioneverso la conoscenza, che si traduce poi inricerca di una sintonia con il bambino,nel tentativo di collaborare alla costru-zione di significati condivisi di ciò chestiamo vivendo...”2.

Se ci rendiamo conto di tutto ciò pos-siamo affermare che la prima competen-za dell’educatrice, di fronte a domande enuovi bisogni delle famiglie, è prima ditutto una competenza relazionale.

Non sono i passaggi logici che rendo-no l’altro consapevole, ma piuttosto è ilriuscire a far accadere qualcosa sul pianodella sua esperienza. E ciò richiede altrecondizioni quali il tempo, la ripetizione,il dettaglio, la formazione di immagini,l’uso di esempi, il tono emotivo ed anchela conoscenza e la trasmissibilità della“scienza di riferimento”, chiavi di lettura

che aiutano le educatrici ad orientarsi.Una bella scommessa per le organizza-zioni educative, per la formazione e per ilpersonale dei servizi.

Tale competenza ci prefigura alloraun educatore che “(…) non giudica lostato della relazione madre-bambino sul-la base della speditezza dello ‘sgancia-mento’ fisico tra la coppia e non proponepiù o meno implicitamente modelli rela-zionali a cui aderire come obiettivi rite-nuti funzionali al servizio che gli è affi-dato e al suo concetto di salute psico-fisi-ca del bambino3 (…) e che: (…) fa spa-zio al reale funzionamento della coppiamadre-bambino, non si assume la re-sponsabilità di fare scelte al loro postoma restituisce loro il diritto e l’iniziativadi poter negoziare insieme che cosa èinutile e bene per loro in quel momento,utilizzando le potenzialità umane e mate-riali del servizio come risorsa.

Un educatore quindi che (nel nonproporre modelli e obiettivi e neppure undover essere desiderabile nella relazioneadulto-bambino) fa posto, da diritto dicittadinanza non solo a stili pedagogici,relazionali, di crescita e cura diversi –quanto diverse sono le scale valoriali dicui come adulti siamo portatori più o me-no consapevoli – ma anche a stati diversidi una stessa relazione madre-bambino,(…)”4.

1 Maria Pia Arrigoni, psicologa, Università diParma.

2 Ibidem.3 Luisa Cantarelli, Intendere la separazione, in

“Bambini”, n. 8/ottobre 1995.4 Ibidem.

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Il tema del mio intervento sarà il la-voro formativo effettuato a Ferrara sul te-ma della relazione tra adulti nei conte-sti educativi per la prima infanzia, che èoggetto di un ampio sistema di interventoe riflessione. L’intervento è articolato intre parti:– la prima parte tratterà la storia dell’e-

sperienza, i motivi che ci hanno spinti,come gruppo di coordinamento, adiniziare ed approfondire questa forma-zione, i principi teorici a cui fa riferi-mento, gli strumenti che sono stati uti-lizzati, i temi che sono stati affrontati,le persone che sono state coinvolte;

– in una seconda parte, entrerò nel me-rito delle ricadute operative, dei modicioè in cui è avvenuto il cambiamentoall’interno dei servizi educativi;

– nella terza parte, cercherò di com-pletare il quadro degli interventi ri-volti alle famiglie nel nostro territorioparlandovi anche altri tipi di servizi,che appartengono però ad un unico si-stema che è il Servizio istruzione delComune di Ferrara.

Infine, accennerò alle ipotesi di evo-luzione del progetto per il prossimo futu-ro.

Il rapporto tra educatori e genitori;come costruire un dialogo e una

alleanza per i bambini?

Donatella MauroCoordinamento pedagogico, Comune di Ferrara

Storia dell’esperienza:motivazioni, riferimenti teorici

Strumenti:formazione, consulenza

Temi:relazione con la famiglia, relazione all’interno del gruppo di lavoro

Protagonisti:coordinatori pedagogici, insegnanti di nido, scuola dell’infanzia, e per l’integrazione operatotidi centri gioco e centri per bambini e genitori, conduttori di gruppi di auto aiuto

Documentazione dell’esperienza:coinvolgimento degli insegnanti, pubblicazione di un libro, grazie al sostegno della RegioneEmilia-Romagna

Ricadute formative:colloqui, incontri formali ed informali, rapporti con i genitori dei bambini in difficoltà, conduzio-ne di gruppi di genitori, rapporti interistituzionali

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Alcune parole chiave ricorreranno nelmio discorso:– sistema di relazioni– costruzionismo sociale– co-costruzione della relazione– comprensione di un evento “qui e

ora”– interventi “utili” a mantenere la rela-

zione aperta e in evoluzione– formazione connessa ai bisogni– contesto, matrice di significato– autoregolazione sul feedback

La storia dell’esperienza

I nidi e le scuole dell’infanzia a Ferra-ra sono 29 e fanno parte di un unico ser-vizio 0-6.

Dal 1994 al 2004, le insegnanti hannopartecipato alla formazione sul tema del-la relazione. Questo lavoro ha dato ancherisposta ad un bisogno emerso durante ilpercorso effettuato per la valutazione del-la qualità intrinseca, che ha coinvolto siai nidi che le scuole dell’infanzia.

Negli anni precedenti, noi coordinato-ri partecipammo al corso regionale con-dotto dal dott. Mattini e dalla dott.ssaFruggeri, su “Paternità, maternità e tempidi cura”.

Quello che ci colpì, in quella occasio-ne, fu il metodo e lo stile di lavoro deiformatori; al di là del tema specifico del-la condivisione dei tempi di cura, si eraimpegnati ad apprendere una modalità diconduzione di gruppo sperimentandonele caratteristiche, per analogia, nello stes-so gruppo di formazione.

L’ambito epistemologico a cui questomodello fa riferimento è quello del co-struzionismo sociale, secondo cui ognu-no di noi costruisce il proprio sistema di

significati, il proprio modo di vedere ilmondo e lo fa all’interno di un sistema direlazioni, cioè lo co-costruisce.

Ognuno di noi è quindi portatore diuna propria “verità”, in relazione alleproprie personali esperienze. Allo stessotempo, essendo in continua relazione econversazione con gli altri, tali verità so-no in continua evoluzione.

Tutto ciò avviene all’interno di uncontesto, senza l’identificazione del qua-le non è possibile comprendere il signifi-cato di quanto avviene. Il contesto com-prende le circostanze ambientali entro cuisi sviluppano determinate relazioni, maanche le rappresentazioni del mondo incui ogni partecipante alla relazione è por-tatore. È per questo che la relazione conun bambino non può prescindere dalla re-lazione con il suo contesto familiare.

Un’altra caratteristica fondamentaledi questo tipo di approccio è quella ditendere alla comprensione di un eventosforzandosi di considerarlo qui e ora,senza indagarne le cause più remote, maosservandone la complessità attuale e fa-cendo delle ipotesi su quanto si può fareper renderlo evolutivo.

Ciò è molto utile per il lavoro all’in-terno dei servizi educativi. Infatti, cheutilità può avere per noi sapere che moti-vi ha una madre per dimostrarsi pococoinvolta nel progetto educativo del fi-glio? Non è forse più utile concentrarsisu quanto possiamo fare noi per ottenereuna maggiore partecipazione?

Questo punto di vista, getta una nuovaluce anche sulla professionalità dell’edu-catore: di fronte ai problemi che si mani-festano al nido, quindi anche quelli di re-lazione con le famiglie, a chi spetta il do-vere di fare il primo passo per migliorarela situazione, se non al professionista?

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Il terzo aspetto dell’approccio costru-zionista, che ci parve subito molto impor-tante, è la convinzione che l’apprendi-mento si realizza solo se i contenuti dellarelazione sono connessi con le reali esi-genze della persona a cui è diretta.

Ad esempio, a Ferrara partimmo conl’obiettivo prioritario di formare operato-ri perché sperimentassero la conduzionedi gruppi di genitori.

In realtà rilevammo subito che leaspettative e i bisogni degli educatori era-no concentrati sulla qualità delle relazio-ni con le famiglie e con i colleghi, nel-l’ottica di voler costruire alleanze per ilbambino. Di conseguenza fu necessarioaggiustare il tiro.

Decidemmo quindi di proporre alleinsegnanti un percorso formativo sul te-ma della relazione tra adulti condotto daMassimo Matteini.

Alla conduzione del corso, si sono af-fiancate altre due modalità di interventoformativo:– la consulenza del docente, per gruppi

già formati, su casi di relazione pro-blematica con i genitori o all’internodel gruppo di lavoro, oppure su espe-rienze di conduzione di gruppi di ge-nitori;

– la supervisione da parte del docente,per i coordinatori, in modo che anchenoi ci sperimentassimo direttamentecome formatori e come consulenti sultema.

Questa modalità articolata di interven-to ha prodotto molti effetti importanti:– ha consentito una diffusione maggio-

re delle competenze, ha permesso dilavorare veramente sul piano concre-to, sui problemi emergenti o sui pro-getti in fase di realizzazione;

– ha mantenuto costantemente connessii bisogni alle opportunità formative;

– ha investito sui pedagogisti, sostenen-doci nelle funzioni di formatori e con-sulenti nei gruppi di lavoro e dei geni-tori, offrendoci dei veri e propri stru-menti operativi;

– ha progressivamente diminuito la di-pendenza dal formatore;

– ha prodotto un tangibile progressoqualitativo all’interno del servizio ri-scontrabile nelle modalità di lavorodei collettivi e di rapporto con le fa-miglie, anche sul piano della quoti-dianità.

La formazione ha come obiettivo l’as-sunzione di un punto di vista interazio-nale e sistemico. Ciò significa che l’at-tenzione di chi si occupa del bambino in-clude il sistema di relazioni di cui il bam-bino fa parte, che comprende i genitori,gli insegnanti, nonché il sistema di signi-ficati di cui sono portatori.

Ne derivano progressivi e sostanzialicambiamenti relativi alle pratiche profes-sionali: si è iniziato con un ripensamentorelativamente al significato di aspetti im-portanti, come il colloquio di inserimen-to, la relazione con i padri, le occasioni dipartecipazione delle famiglie alla vitadella scuola.

Lo specifico pedagogico dell’educa-tore ha dovuto, quindi, comprendere ibambini reali, cioè i bambini inseriti incontesti relazionali. Ciò significa chel’osservazione del bambino deve com-prendere l’osservazione delle relazionifra lui e i suoi adulti di riferimento, e fraquesti ultimi.

Il che implica la messa a punto di in-terventi che tengano conto della comples-sità e della diversità.

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La pratica osservativa include l’edu-catore che osserva il suo stesso interven-to ed è orientata a verificare l’efficaciadelle scelte operate e delle ipotesi che visottendono, attraverso il feedback. Ilpasso successivo, è una nuova ipotesi dilavoro.

Anche le occasioni di partecipazionedelle famiglie si sono moltiplicate e dif-ferenziate.

Oltre al colloquio di inserimento, altricolloqui periodici vengono utilizzati perdiscutere l’evoluzione del bambino e gliinterventi che lo riguardano; le stesse co-municazioni quotidiane con i familiarisono oggetto di riflessione.

La relazione con gruppi di genitori èsempre meno di tipo assembleare, quindiinformativa e unidirezionale, per lasciareil posto a incontri di sezione o attività dilaboratorio, dimensioni maggiormente re-ciproche e coevolutive.

Infine, il lavoro sul tema della rela-zione ha aperto nuove strade: è statoestremamente utile ad una pedagogistanel dare sostegno al costituirsi di gruppidi auto aiuto, formato da genitori di bam-bini in difficoltà, e ha contribuito alla na-scita di attività in collaborazione con icentri per le famiglie, tra le quali l’aper-tura di una sportello di consulenza educa-tiva per i genitori (di cui parlerò piùavanti).

Dalla formazione al cambiamento neiServizi educativi

Entriamo ora nello specifico della ri-caduta di tutto questo lavoro formativo,sull’effettiva qualità dei servizi educativi(nidi e scuole dell’infanzia) del territorioferrarese.

Che cosa ha significato investire suquesto tipo di formazione in maniera cosìcapillare?

Vediamo alcuni risultati.Innanzi tutto possiamo affermare che

si è diffusa tra il personale una maggioreconsapevolezza: se si era infatti più abi-tuati ad analizzare situazioni problemati-che e a mettersi in discussione, per cer-care nuove strategie, nella relazione coni bambini, si era in passato molto menodisponibili ad attivare questo processonei confronti degli adulti, genitori o col-leghi.

In questi anni si è cominciato invece aporre l’attenzione su questi aspetti, for-nendo anche un utile sostegno al difficileruolo di chi quotidianamente lavora sullerelazioni, e cioè l’educatore e il coordina-tore (nella logica che sia fondamentale lacura di chi si prende cura dei bambini neiservizi educativi).

Per quanto riguarda l’educatore, que-sto ha significato anche avviare un pro-cesso di riflessione sul proprio ruolo esulla propria professionalità.

Si è attivato cioè un percorso di supe-ramento del modello di educatore comeconsulente pedagogico per i genitori di ti-po istruttivo (del “si deve o dovrebbe farecosì”), modello che tende ad enfatizzaresoprattutto le carenze della famiglia, acreare dipendenza, a depositare negliesperti tutto il sapere educativo, a favoredi un educatore come operatore profes-sionale che entra in rapporto con i genito-ri per aiutarli a costruire un proprio mo-dello educativo, connesso con il propriomodo di vedere la vita e le proprie capa-cità comunicative e comportamentali.

Questo secondo modello non prevedeun controllo unilaterale del comporta-mento altrui, né un unico modo di inter-

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venire nelle situazioni educative; l’educa-tore non offre molte risposte derivanti daun sapere decontestualizzato dalla situa-zione contingente ma, al contrario, tentadi formulare domande che aiutino i geni-tori a cercare risposte coerenti con la loropersonalità, i loro valori, restituendo adessi una competenza educativa.

Per fare ciò, l’educatore, nell’idea chesia possibile aiutare le persone a trovarecomportamenti educativi coerenti, non fariferimento ad un modello univoco di fa-miglia, tanto più che in questo momentostorico il modello tradizionale sta diven-tando sempre meno egemone e si diffon-dono nuove forme di relazione.

L’educatore, inoltre, supera il giudi-zio che lui stesso dà delle scelte dei geni-tori sia nell’ambito dei valori di riferi-mento (pensiamo, ad esempio, alle fami-glie provenienti da culture diverse dallanostra), sia in quello della struttura rela-zionale delle famiglie (famiglie monoge-nitoriali, ricomposte, allargate, ecc).

La diffusione così capillare di forma-zione, attraverso gruppi di aggiornamen-to e consulenze con il docente e i coordi-natori nei collettivi, ha portato ad una ri-flessione più generale sui diversi tipi direlazione che coinvolgono gli operatori:– i rapporti con le famiglie;– i rapporti all’interno dell’équipe sco-

lastica o collettivo;– i rapporti tra i diversi soggetti istitu-

zionali.

Questa attenzione alla relazione fraadulti, in un mondo che si occupa dellacura e dell’educazione dei bambini pic-coli, deriva dalla convinzione, tipica del-la prospettiva dell’ecologia dello svilup-po umano (di Bronfenbrenner), che lastoria di ogni bambino si costruisce al-

l’interno di un contesto e che questo è co-stituito dall’ambiente fisico e sociale,cioè dal sistema di relazioni di cui ognu-no fa parte.

Non è quindi possibile occuparsi delprocesso di sviluppo di un bambino senzatener conto del contesto relazionale di cuiegli, e chi si occupa di lui, fanno parte.

Affrontare il tema della relazione inambito formativo ha sicuramente facilita-to un processo di cambiamento degli stilirelazionali degli operatori, con l’obiettivosia di migliorare la comunicazione e ilrapporto con la famiglia in cui il bambinocresce, sia di gestire meglio eventualiconflitti con essa.

Questo ha significato attivare deicambiamenti nelle modalità di rapportoquotidiano con i genitori, momenti neiquali si gioca la capacità comunicativadegli educatori.

Proviamo ad elencare alcuni ingre-dienti:– praticare l’ascolto;– mantenere aperta la relazione;– provare a mettersi nei panni dell’al-

tro, cioè fare delle ipotesi sul sistemadi significati dell’altro e saperlo assu-mere anche se non si condivide;

– gestire l’imprevisto;– evitare il giudizio;– conoscere i propri pregiudizi, per es-

serne consapevoli;– comprendere i punti di vista e i pre-

giudizi degli altri;– controllare l’impulso di dare risposte

immediate.

Tutto ciò, partendo dal presuppostoche se le persone non fanno una cosa,non è perché non vogliono, ma perchénon possono, in quel momento non sonocapaci di farla.

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Oltre alla relazione quotidiana, sonostate analizzate tutte le modalità di incon-tro tra scuola e famiglia, sia formali siainformali:– il momento del colloquio di inseri-

mento;– i colloqui durante l’anno;– le diverse modalità di incontro;– il come condividere un problema.

Il colloquio prima dell’inserimento,è considerato naturalmente non solo fina-lizzato allo scambio di informazioni sulbambino, ma un primo momento in cui cisi presenta (dopo l’incontro assemblearee di sezione di inizio anno scolastico):operatori del nido (o della scuola dell’in-fanzia) e genitori, che presentano per laprima volta il loro bambino all’esterno.

È il momento in cui si instaura unaprima relazione; il metalinguaggio, do-vrebbe comunicare accoglienza, disponi-bilità, ascolto. È il primo atto di un pro-cesso relazionale che si va costruendo.

La raccolta delle prime informazionisul bambino non può prescindere dal fat-to che i genitori, in quel contesto, ci stia-no dando la loro lettura della realtà e che,quindi, le informazioni che ci vengonodate non sono bugie o inesattezze, ma so-no il loro vissuto.

In particolare, l’educatore si pone inposizione di ascolto della famiglia conl’assunto che i genitori sono indispensabi-li perché il nido possa lavorare bene (ab-biamo bisogno di voi genitori, perché sie-te i migliori esperti del vostro bambino).

Apro una piccola parentesi sulle ricer-che recenti di Elisabet Fivaz (e collabora-tori) che mettono in evidenza il supera-mento della relazione diadica madre-bambino, con una relazione triadica se-

condo la quale il bambino già da picco-lissimo è in grado di instaurare relazioniplurime; in questo senso anche l’inseri-mento dovrebbe essere rivisto e conside-rato come momento nel quale l’educatore(o educatrice) interviene non solo nelladiade madre-bambino, ma in un sistemapiù ampio e complesso di relazioni (ma-dre-bambino-educatore, ma anche madre-padre-educatore-bambino), in cui ognunogioca un ruolo fondamentale di sostegnoall’altro e viceversa.

La cura adoperata nei colloqui di in-serimento si estende anche per i colloquidurante il corso dell’anno, soprattuttoquando si deve comunicare alla famigliaun eventuale problema del bambino.

In questi casi, l’atteggiamento dell’e-ducatore dovrebbe essere di richiesta diaiuto alla famiglia, nel senso di “non sap-piamo come intervenire, abbiamo alcuneidee su come farlo, ma voi che conosceteil vostro bambino meglio di noi, ci potetedare una mano ed eventualmente condivi-dere con noi ciò che abbiamo pensato…”.

L’obiettivo è quello di attivare unprocesso di co-definizione (condivisa)del problema e un percorso di crescita, unprogetto di sviluppo per il bambino, in-sieme.

Per esempio, rispetto all’acquisizioneda parte del bambino di alcune autono-mie, l’obiettivo potrebbe essere sintetiz-zato con: aiutiamolo insieme a diventaregrande. Importante è il linguaggio cheandiamo ad utilizzare, un linguaggio cheesprime significati più profondi dei con-tenuti che vengono esplicitati. Ad esem-pio ai genitori potrebbe essere utile dire,riguardo alle autonomie, “che cosa visentireste di fare un po’ alla volta”? Checosa possiamo fare per attivare un cam-biamento nel tempo?”.

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A volte, quando c’è un problema rile-vante del bambino, può essere utile unarelazione scritta come supporto all’incon-tro, perché rappresenta un riferimentoche rimane nel tempo e può eventual-mente essere riutilizzato dai genitori, ren-de più esplicito ciò che viene detto ver-balmente, sottolineando l’impegno diognuno nel progetto.

Una particolare attenzione, sempreper quanto riguarda il colloquio, è l’invi-to rivolto ad entrambi i genitori. Questoconsente di entrare in relazione con l’in-tero sistema familiare e di individuaretutte le risorse che possono essere attivatein caso di necessità.

Inoltre, evita di confermare la madrenella delega, socialmente condivisa, dellefunzioni di cura e di educazione dei figli.

Ciò si rivela utile nelle situazioni didifficoltà del bambino, in quanto consegnaad entrambi i genitori le stesse preoccupa-zioni e gli stessi problemi da affrontare.

Una modalità relazionale che si riferi-sce ad entrambi i genitori è ancor più uti-le nelle situazioni di separazione coniu-gale, quando è necessario che vengamantenuta dalla madre e dal padre la va-lenza genitoriale nonostante la crisi dellacoppia.

La formazione ha portato anche a ri-vedere le modalità di incontro con lefamiglie:– dall’incontro di presentazione del

progetto educativo che si trasforma,attraverso forme di coinvolgimentodei genitori, in momento di reale con-divisione del progetto educativo per ilbambino;

– all’incontro con i genitori in sezioneper affrontare tematiche educative;

– a momenti per così dire “informali”,

come situazioni di gruppi di discussio-ne o laboratori nei quali i genitori han-no la possibilità di lavorare, giocare,costruire, con finalità diverse, ma conl’obiettivo di potersi confrontare.

I laboratori con i genitori fanno parteormai della nostra tradizione, conseguen-ti anche alla decennale formazione sulletecniche teatrali e sulla costruzione del li-bro, tematiche che facilitano il coinvolgi-mento dei genitori sul piano pratico.

Ci siamo infine soffermati molto sullemodalità di conduzione di gruppiinformali di genitori, perché pensiamoche sia importante nei Servizi educativiper la prima infanzia offrire alle famiglieopportunità di incontro che vadano al dilà delle riunioni tradizionali e che favori-scano il confronto, l’espressione di dub-bi, esperienze, opinioni diverse sullescelte educative.

È così che, attraverso un confronto trapari, si possono condividere esperienzesimili, ma ciascuna con le sue peculiarità,e ricercare autonomamente modi miglioridi stare con i propri figli.

Il gruppo consente:– un confronto simmetrico tra pari,

piuttosto che la subordinazione al pa-rere di “chi sa”;

– lo sviluppo della fiducia nelle propriecompetenze e risorse genitoriali;

– la sdrammatizzazione dei problemi(per questo è anche utile il confrontocon genitori che hanno figli più gran-di e che hanno vissuto certi momenticritici); spesso i genitori non si sento-no capaci di affrontare il loro ruolo evanno in crisi o delegano agli esperti(la scuola); assistiamo ad una sorta ditecnicizzazione del ruolo genitoriale;

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– la valorizzazione delle differenze. Ilgruppo può contribuire a sollecitare unatteggiamento di scoperta, curiosità,reciproco interesse per i diversi modidi essere padri e madri, contribuendoad uscire dagli stereotipi e pregiudizi ecreare una cultura della tolleranza;

– la formazione di idee e modelli auto-nomi da sperimentare e ridiscuterecon gli altri, in quanto esistono moltimodi di essere genitori competenti.

E l’educatore o il coordinatore, cheruolo giocano nel gruppo?

Non hanno il ruolo di esperti, inquanto non comunicano metodi o conte-nuti specifici sul “come essere bravi ge-nitori”, ma assumono un ruolo di espertinella comunicazione, cioè facilitatorinelle relazioni, con l’obiettivo di attivarele risorse e le scelte personali dei genitoriall’interno di un aperto confronto.

Ma quali caratteristiche dovrebbe ave-re un facilitatore/conduttore?

Vediamole, perché molte di esse sonogeneralizzabili ai diversi momenti rela-zionali, in quanto intrinseche all’ambitoepistemologico nel quale si è collocata lanostra formazione:– porsi in posizione di osservatore par-

tecipante, non di esperto;– favorire l’espressione di tutti;– avere interesse, curiosità e rispetto

per tutte le idee;– amplificare e valorizzare le differen-

ze, connotandole come arricchimentoe non come problema;

– procedere con lentezza per comprende-re e lasciare tempo, tollerare i silenzi;

– fare ipotesi provvisorie;– porre domande aperte;– facilitare la definizione del problema

da parte del gruppo;

– cambiare strategia di fronte all’impre-visto;

– controllare che la comunicazione nonsi blocchi;

– assumere il punto di vista di ognuno;– conoscere e controllare i propri pre-

giudizi;– procedere per tentativi ed errori (me-

todo pragmatico-sperimentale);– considerare i rapporti come un proces-

so sempre passibile di cambiamento;– osservare i comportamenti interattivi,

non quelli individuali;– garantire il clima del gruppo; evitare

di essere direttivo sui contenuti, fa-cendo però rispettare le regole dellacomunicazione;

– ascoltare e restituire competenza; so-stenere, non porre soluzioni, espri-mersi in positivo, connotando quantoc’è di positivo;

– se necessario “abbassare il tiro”, rife-rendosi sempre a ciò che le personesono capaci di fare;

– chiedere di fare riferimento a fatticoncreti, esperienze, esempi specifici,anziché a giudizi generalizzati;

– allargare la conversazione a storie di-verse da mettere a confronto;

– sintetizzare e restituire verbalmenteper una verifica della comprensione;

– non escludere gli interventi fuori te-ma, ma rimandarli a più tardi;

– bloccare l’emergere di giudizi negati-vi;

– facilitare processi comunicativi evo-lutivi invece di trasmettere modelli;

– saper concludere gli incontri riassu-mendo e indicando i temi in sospeso.

Infine, ma non per importanza, l’ap-profondimento della relazione all’inter-no del gruppo di lavoro.

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I problemi di relazione all’interno delgruppo di lavoro, affrontati in situazionidi consulenza, sono stati numerosi.

Sappiamo tutti quanto la costruzionedi un’équipe, che ha compiti progettuali eoperativi realizzabili solo in condizionirelazionali positive, non sempre sia unprocesso semplice, spontaneo, immedia-to. Ci è sembrato, quindi, importante ilsostegno che l’intervento di consulenzaha potuto offrire nei momenti di diffi-coltà incontrati dai gruppi di lavoro.

Ogni sistema di persone in relazione,può essere descritto da due tendenze ap-parentemente opposte: stabilità e cambia-mento.

La prima, risponde ad un bisogno disicurezza, quindi di riconoscimento, ap-partenenza, riferimento.

La seconda è relativa alla capacità dievolvere, crescere, maturare.

Ogni gruppo è costantemente in rela-zione dinamica con questi bisogni e la suastoria è un processo condizionato da uncontesto e in cui ogni membro influenzagli altri e ne è a sua volta influenzato.

Di conseguenza, è naturale che unaéquipe di lavoro incontri delle difficoltàsia nella fase di formazione e consolida-mento, sia nel suo evolversi; queste diffi-coltà vanno affrontate, in quanto tutta lavita del nido (o della scuola dell’infanzia)è il risultato di un continuo lavoro coope-rativo.

Pertanto la formazione ha aiutato glieducatori, e qui forte è stato il ruolo delcoordinatore pedagogico, a condividerepercorsi diversi all’interno dei gruppi,con l’obiettivo di fare i conti con diffe-renze, attese, pregiudizi, per raggiungereuno stato di consapevolezza ed una valo-rizzazione dei diversi e molti punti di vi-sta come risorsa, come possibilità di ave-

re a disposizione maggiori soluzioni adeventuali problemi.

Ha aiutato anche ad arrivare alla ne-goziazione come aspetto fondamentale,nel quale ognuno deve per primo attivarsiper attuare un cambiamento.

Utile è stata la presentazione in for-mazione di casi o situazioni, vissute di-rettamente dagli educatori, che hanno of-ferto l’occasione di conoscere più storiepossibili in quanto più situazioni si cono-scono, tanto più si riuscirà a dar senso apiù comportamenti.

Ancor più complesso è il dialogo e lacollaborazione tra operatori che, puravendo in comune l’obiettivo di sostene-re il processo di crescita di bambini in si-tuazione di disagio in un contesto educa-tivo e scolastico, hanno però impostazio-ni diverse: didattica, educativa, medica.

I rapporti interistituzionali richie-dono più che mai la costruzione di un cli-ma collaborativo, il bisogno di trovare unlinguaggio comune, anche attraverso per-corsi formativi congiunti e la condivisio-ne di obiettivi comuni, seppur nel mante-nimento di specificità ben definite.

A questo proposito, vorrei citare unprotocollo interistituzionale tra enti (entilocali, Stato, e servizio di neuropsichia-tria infantile) che ci ha consentito anchedi attivare percorsi di consulenza anoni-ma nei casi di bambini non certificati,con difficoltà medio lievi e, quindi, di in-tersecare competenze educative e specia-listiche valorizzandole entrambe, in fun-zione di obiettivi comuni.

Per rapporti interistituzionali, inten-diamo anche il dialogo con gli altri ordinidi scuola, in un’ottica di continuità chefavorisca il passaggio dei bambini da unordine di scuola all’altro.

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Altri servizi per le famiglie eprogetti per il futuro

Per completare il quadro su ciò che sista facendo a Ferrara:

Unità operativa integrazioneÈ un servizio che sta dentro il Servi-

zio istruzione del Comune di Ferrara e sioccupa di integrazione scolastica su tuttigli ordini di scuola (bambini diversamen-te abili, bambini provenienti da altre cul-ture).

Bene, anche qui sono nati, da alcunianni, gruppi di auto aiuto di genitori dibambini disabili, inizialmente sostenutida un conduttore, oggi quasi del tutto au-tonomi, nei quali viene messo in forte ri-lievo quanto la famiglia sia una compo-nente essenziale e insostituibile dell’edu-cazione. Spesso alla famiglia viene attri-buito un ruolo debole e passivo che indu-ce alla delega ai cosiddetti esperti, so-prattutto in situazioni di disagio.

Si intende restituire alla famiglia unruolo fondamentale in quanto possiede ri-sorse e competenze che devono essere ri-conosciute dalle altre agenzie educative esanitarie e al pari di esse.

Centri per le famiglieAll’interno dei ben noti Centri per le

famiglie ferraresi, con le loro moltepliciattività, ricordiamo il servizio di consu-lenza educativa alle famiglie.

Si tratta di uno spazio di ascolto per ge-nitori di bambini da 0 a 6 anni che, da solio in coppia, desiderano approfondire, chia-rire e individuare il proprio stile educativoe la comunicazione in famiglia, a partiredalle esperienze quotidiane e di confrontoe dialogo con i figli. Ogni genitore è aiuta-to e incoraggiato a esprimere maggiormen-

te le proprie risorse e le proprie capacitàeducative. Ogni consulenza è un percorsobreve, da uno a cinque incontri.

Il modello di riferimento teorico restaquello sistemico-relazionale, proponen-dosi di entrare in rapporto con i genitoriper aiutarli a costruire un proprio model-lo educativo, non è istruito dall’interven-to degli “esperti”, ma in connessione conle storie personali, le risorse e le capacitàdei genitori stessi.

I consulenti possono contare su inter-venti formativi di supervisione, condottida un esperto.

Infine, sempre per completare il qua-dro, un accenno al futuro; tutto il lavoroche qui vi abbiamo descritto, non puòdirsi certo terminato.

Si tratta di un processo, non semplice,e come tale ha sempre bisogno di essererinnovato, risollecitato, ri-condiviso, pre-vedendo anche momenti di spinta inavanti, di sfida.

Per questo prevediamo un biennio dilavoro sulla partecipazione dei genitori,intendendo con il termine partecipazio-ne un significato più ampio: avere qual-cosa in comune, prendere parte.

Intendiamo ribadire una corresponsa-bilità educativa: un buon rapporto trascuola e famiglie che passa attraversouno stile relazionale sostenuto da sensibi-lità, competenza, responsabilità, fiducia,verso il comune obiettivo del benesseredel bambino e si esprime in collaborazio-ne e interazione costante su un piano pa-ritario e cooperativo.

Ma non solo. Vorremmo, come teamdi coordinamento:– rivisitare e rivitalizzare gli attuali mo-

delli e pratiche di gestione sociale e di

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coinvolgimento dei genitori nella vitadei Servizi educativi;

– attivare una riflessione sulla gestionesociale (Che cosa ha significato? Co-me rilanciarla e con quali nuovi signi-ficati?);

– completare in un contesto di parteci-pazione più ampio possibile la fisio-nomia politico-istituzionale dei serviziper l’infanzia (attraverso il coinvolgi-

mento della città e la creazione di unaConsulta cittadina per l’infanzia).

Il nucleo centrale ed ambizioso delprogetto è di costruire una maggiore con-sapevolezza da parte di tutta la città dellaricchezza che rappresenta il sistema deiservizi educativi, portandola a riscopriree praticare un reale interesse ed impegnoper l’infanzia.

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Le sessioni

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L’obiettivo delle Sessioni all’internodel Convegno è stato quello di rendere pro-tagoniste le educatrici delle diverse realtàmarchigiane, offrendo loro la possibilità diconfrontarsi, a partire dal proprio percorsodi relazione e lavoro con le famiglie.

Con il sostegno del “facilitatore”, do-po un suo intervento “stimolo”, si è datavoce alle riflessioni, agli interrogativi, al-la comunicazione delle scelte ed esperien-ze che vengono portate avanti nei ServiziPrima Infanzia marchigiani, mettendo inrete idee, competenze e creatività proget-tuale in merito al coinvolgimento e allacollaborazione con e dei genitori.

La Sessione sull’ambientamento tro-va la sua ragione nel fatto che l’ingressoal nido rappresenta un momento crucialedi “ridefinizione relazionale” per tutti:bambini, genitori, educatrici.

È un’esperienza coinvolgente e inten-sa, l’avvio della storia di ogni coppiaadulto/bambino e della sua famiglia al-l’interno dei Servizi.

Il dibattito al suo interno ha permessoagli educatori di ripensare teoricamente epraticamente l’evoluzione delle strategiedi comunicazione e accoglienza e i com-portamenti relazionali che caratterizzanoil periodo di ambientamento.

La Sessione sui Laboratori è stata lapiù richiesta al momento dell’iscrizioneal Convegno.

Si è letto questo dato come una con-ferma che anche nei SPI delle Marche, ilnido venga ormai visto come una possibi-le risorsa per i genitori e una occasioneper il confronto tra adulti.

Coinvolgere i genitori in questi pro-getti non è però cosa facile o scontata: lenuove occasioni della partecipazione chestanno sostituendo le vecchie, più rigide,vanno preparate con cura e grande atten-zione, per mantenere e fare evolvere ildesiderio e il piacere di stare insieme.

All’interno della Sessione è stato inte-ressante il confronto tra le diverse realtàterritoriali, che hanno messo in luce, suquesto tema, diversità di impostazione,modalità e condizioni organizzative tra iServizi.

La terza Sessione, con un tema menodelimitato e definito, ha permesso di ri-flettere in maniera più aperta e flessibilesulla quotidianità delle relazioni con i ge-nitori.

L’idea di coinvolgimento e partecipa-zione delle famiglie non ha infatti una so-la interpretazione: tra gli operatori mar-chigiani è ancora necessario confrontare

Premessa

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punti di partenza e di arrivo su quello cheva considerato un processo, spesso pro-blematico e complesso, che in gran partedipende dalle scelte a monte e dal climasociale complessivo dei Servizi Prima In-fanzia.

Non è stato possibile raccogliere edocumentare anche il dibattito stimolantee arricchente che ha messo a confronto

nelle tre Sessioni duecento educatricimarchigiane: pensiamo possa essere co-munque utile riproporre negli Atti gli in-terventi iniziali dei Coordinatori, speran-do che possano sostenere, da subito, sen-za attendere un altro Convegno, la rete discambio e contatti tra le educatrici dellaRegione.

f.c.

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La partecipazione dei genitori alla vi-ta del nido e alle esperienze dei loro figlinel nido, i temi della collaborazione deigenitori col nido, del sostegno discreto erispettoso alle capacità genitoriali, e lemodalità con le quali questa partecipazio-ne, queste collaborazioni sono favorite erese possibili, sono temi sempre più ri-correnti in convegni, seminari, pubblica-zioni. Sono temi presenti e generalmenteben esplicitati nelle “Carte dei Servizi”,nei progetti dei servizi all’infanzia, nelleprogrammazioni.

Le “parole chiave” importanti e ricor-renti quando si parla di nido e famigliainsieme sono: accoglienza, partecipazio-ne, dialogo, ascolto, condivisione, colla-borazione, fiducia…

Le riunioni, i colloqui con l’educatri-ce di riferimento, le feste, i laboratori,talvolta una curata organizzazione deglispazi in grado di accogliere in modo co-modo e confortevole anche i genitori, so-no le iniziative e le modalità con le qualii servizi all’infanzia avviano questo cam-mino insieme.

Ma cosa succede effettivamente neipensieri, nelle emozioni, nel fare quoti-diano delle educatrici che si trovano a ge-

stire questa complessa rete di relazioni,che fanno i conti con la realtà quotidianadel tal genitore col tal bambino, con i bi-sogni dei genitori e i bisogni dell’orga-nizzazione del nido, con modelli educati-vi differenti, e reciproche aspettative, deigenitori verso il nido e delle educatriciverso i genitori, non sempre apertamentedichiarate, spesso date per scontate, e co-munque sempre molto attese ma, nellapratica, spesso... disattese?

La frustrazione, il disappunto, la criti-ca e il giudizio o pregiudizio sono sem-pre in agguato e rischiano, aldilà dei buo-ni propositi, delle dichiarazioni di intenti,di minare, e rendere inutili tutti gli sforzio le iniziative che si attivano per “invita-re” i genitori a partecipare e collaborarealla crescita del loro figlio, dentro e fuoridal nido.

Si crea una barriera invisibile, unasottile diffidenza che non ci permette diessere di aiuto e sostegno alla famiglia eci lascia un senso di impotenza e di inca-pacità professionale.

E allora qualcosa rischia di incrinarsicol genitore “che non rispetta gli orari”,col genitore che “non sa dare le regole alfiglio”, col genitore distratto che “dimen-tica sempre di portare il cambio pulito”,

Genitori, bambini, educatori:l’intreccio delle relazioni

nei Servizi all’infanziaPiera Ermanna Curina

Coordinatrice pedagogica Servizi all’Infanzia Comuni dell’Ambito di Pesaro

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col genitore che ci “scarica il bambinocome un pacco”, con quello che è “il pri-mo a portare il figlio e l’ultimo che vienea riprenderlo... anche quando non neavrebbe bisogno” ... o col genitore che ciè semplicemente antipatico, o meno sim-patico, col quale facciamo più fatica a re-lazionarci, col quale ci troviamo a disa-gio.

Talvolta sono piccoli disagi, fastidi,rimproveri, giudizi che nella relazionequotidiana non vengono esplicitati, ma,attraverso sfumature comunicative che cisfuggono, passano all’altro e, con altret-tanta inconsapevolezza, vengono raccol-te, percepite.

Se la situazione di stallo perdura e nontrova nell’educatrice la possibilità/capa-cità di comprendere la situazione e di atti-vare le modalità per riagganciare la rela-zione, ognuno resta “nel proprio brodo” eil bambino, da solo, vive realtà separateche integra dentro di se, come può, nelsusseguirsi dei tempi di vita trascorsi alnido, dai nonni, coi genitori, talvolta as-sieme, talvolta separati, e soltanto con leproprie innate risorse, va formando dentrodi sé la propria personalità, maturando, inquesto clima emozionale frammentato, ilproprio livello di autostima, di fiducia inse stesso e negli altri.

Abbiamo detto che le parole chiaveche ricorrono quando si parla di parteci-pazione e coinvolgimento dei genitori al-la vita del nido, quando si parla di rela-zioni significative e importanti tra educa-trice e genitori sono tra le altre, “fiducia,accoglienza ascolto”. Ed è la fiducia ilsentimento che permette al genitore di es-sere tranquillo e trasmettere questa tran-

quillità e sicurezza al proprio figlio. Sap-piamo bene come questa sicurezza e tran-quillità del genitore influisca benefica-mente sul bambino che, solo così, si sen-te al sicuro e libero di conoscere, fareesperienze, essere sereno e crescere, connuovi adulti, con nuovi amici, mantenen-do intatti i propri attaccamenti e legamiprimari.

Ma siamo umani, non c’è il genitoreperfetto, non esiste l’educatrice perfetta,e il lavoro nel contesto educativo e orga-nizzativo, quasi tutto al femminile, delnido non è certo dei più semplici né deipiù facili. Se è vero che emozioni, senti-menti, pensieri ci appartengono e ci ac-compagnano, è anche vero che il modomigliore perchè non interferiscano nega-tivamente nelle preziose relazioni con igenitori (e con i bambini), non è far fintache non esistano ma prenderne consape-volezza, conoscerli e conoscerci, acco-glierli per poterli, col nostro gruppo di la-voro, raccontarli, rielaborare e gestire.

Questa auto consapevolezza, questoriconoscimento e accoglienza senza giu-dizio delle emozioni e sensibilità nostre edelle nostre colleghe costituisce la base sucui apprendere, costruire, attivare le mo-dalità professionali più efficaci per facili-tare l’instaurarsi di relazioni significativee collaborative con i genitori e trovare,con le nostre colleghe, le modalità di ap-proccio più appropriate per ogni genitore.

Anche questo lavoro di riflessione faparte della nostra professionalità, e dob-biamo poter avere validi strumenti perfarlo. Strumenti che ci inducano a riflet-tere, a ripensare le quotidiane esperienze,a confrontarci, comprendere e compren-derci.

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Il gruppo di lavoro, il coordinamentopedagogico, l’aggiornamento, la forma-zione, possono aiutarci ad accogliere, ge-stire e trasformare questi disagi in azionie capacità professionali. L’approccio psi-copedagogico Rogersiano della “Relazio-ne d’aiuto” e le modalità della “Comuni-cazione Efficace” possono aiutarci a ri-solvere incomprensioni e conflittualità,approfondire e far crescere relazioni, va-lorizzare le risorse di ciascuno di noi edei genitori.

La sessione dialogata

Il lavoro fatto a Falconara con le edu-catrici ha avuto lo scopo di iniziare que-ste riflessioni, di analizzare, preparare ilterreno sul quale, poi, impiantare le tecni-che e le metodologie necessarie alla co-struzione delle relazioni con i genitori.

Non sono state approfondite, quindi,le metodiche che favoriscono le buonerelazioni e di cui abbiamo ascoltato alcu-ne interessanti esperienze durante la mat-tinata, ma abbiamo cominciato, in modomolto libero (e forse liberatorio), in unclima non giudicante, e con la consape-volezza della fatica e dell’impegno che ildelicato lavoro dell’educatrice comporta,a confrontarci e condividere le nostre dif-ficoltà, i nostri punti deboli, i nostri pre-giudizi.

Abbiamo provato, anche saltando daipanni dell’educatrice ai panni dei genito-ri, a vedere le cose dai due punti di vista,talvolta facendo riferimento anche allanostra personale esperienza di genitori.

Abbiamo constatato, la difficoltà diAscoltare/comprendere empaticamente,e quanto sia forte, in particolari situazio-ni, il desiderio di essere ascoltate/ubbidi-

te: “Io glielo dico, ma poi fanno comevogliono, non ascoltano!!” – diconospesso le educatrici riferendosi ad alcunigenitori.

Abbiamo fatto questa esperienza di ri-flessione in cerchio, con l’aiuto di alcuneeducatrici volontarie che hanno provato afacilitare la comunicazione dei gruppi dilavoro, secondo alcune indicazioni date.

Le educatrici, poi, in piccoli gruppi,partendo da alcuni “punti di attenzione”,hanno raccontato e confrontato esperien-ze vissute nei loro servizi, condiviso sen-timenti, aspettative, pensieri sul loro la-voro e sui genitori, sul loro servizio, sullaprofessionalità.

Hanno cercato di individuare le aspet-tative verso il nido e verso i bambini, siadei genitori che delle educatrici, i deside-ri degli uni e delle altre, per arrivare a ve-dere come la loro professionalità e il loroservizio, il nido dove lavorano quotidia-namente, risponde, o potrebbe meglio ri-spondere, ai diversi bisogni e agisce, opotrebbe agire, come comunità acco-gliente ed educante.

Punti di attenzione della sessionedialogata “Genitori, bambini,educatori: l’intreccio delle relazioninei Servizi all’infanzia”

I temi su cui porre attenzione per ini-ziare il lavoro in piccoli gruppi di con-fronto e riflessione sulle relazioni tra Ni-do e Famiglie sono stati divisi in tre aree:

1) Bisogni ed esigenze della famiglia;bisogni ed esigenze del nido.

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– Organizzazione della Famiglia; orga-nizzazione del Nido.

– Tempi e modalità educative della fa-miglia; tempi e modalità del nido.

– Regole del Servizio: rigidità e flessi-bilità.

2) Genitori ed Educatrici nei confrontidel Bambino. Vogliamo, pensiamo,vediamo le stesse cose?

– Genitori: aspettative sul bambino,aspettative sul nido.

– Educatrici: aspettative sul bambino,aspettative sui genitori.

– Educatrici: quali genitori, le nostredefinizioni, i nostri pregiudizi.

– Quali difficoltà, quali soddisfazioni,quali emozioni.

3) Collaborazione nido-famiglia?: pun-to di arrivo. Quale percorso?

– Il ruolo e la professionalità dell’edu-catrice col bambino, con i genitori,con il bambino e i genitori.

– Accettazione/rifiuto.

– Empowerment.– Strumenti e iniziative che favoriscono

la collaborazione.

Le Educatrici si sono confrontate suquesti temi con l’aiuto di una di loro chetrascriveva il sunto delle riflessioni emer-se su un grande foglio.

Questo lavoro ha permesso, anche sein modo non approfondito per il pocotempo a disposizione, di condivideredubbi, malesseri, frustrazioni, ma poi,“svuotato il sacco”, e con il reciproco ap-porto, anche di pensare al cosa e comefare per tradurre le riflessioni emerse, inprogetti di lavoro.

La sessione dialogata ha avuto, a det-ta delle educatrici, il grande difetto di es-sere troppo breve per l’interesse e la va-stità degli argomenti affrontati che inter-secano tutta la vita del Nido. Veramentesolo un assaggio che comunque mi augu-ro abbia lasciato... l’acquolina in bocca...per poter essere continuato con altri in-contri simili e con appropriati percorsi diformazione professionale.

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Con i genitori durantel’ambientamento:

le emozioni del distaccoAlda Bonetti

Pedagogista, Ancona

Nido e famiglia insieme, titolo di que-sto convegno in cui il tema delle relazio-ni viene affrontato ed analizzato attraver-so differenti angolature, evidenzia comenell’esperienza e nella progettualità delnido, la famiglia, intesa nel ruolo genito-riale, deve e può assumere una parte an-cora più significativa ed attiva rispetto alpassato.

La sessione di lavoro “Con i genitoridurante l’ambientamento” ha voluto of-frire uno spazio di dialogo e di confrontosull’ambientamento nel tentativo di ana-lizzare, pur in un contesto temporale bre-ve, sentimenti ed emozioni che questosuscita e provoca nell’esperienza profes-sionale delle educatrici.

È ovvio che l’inserimento-ambienta-mento del bambino al nido rappresentaun elemento indiscutibilmente pregnanteche coinvolge la sfera emozionale di tuttigli attori coinvolti: educatrici, bambini egenitori; ogni volta però è una storia di-versa e irripetibile in cui ogni personamette una parte di sé in gioco e sperimen-ta sentimenti ed emozioni che si ripetonoe nel contempo promuovono e produconosempre relazioni diverse e uniche.

L’inserimento ieri, l’ambientamentooggi1, è un tema in continua discussioneed elaborazione, oggetto di formazione

continua e lo è anche in relazione alledifficoltà organizzative, ma anche rela-zionali e professionali, che le educatricida sempre portano “allo scoperto”.

La ricerca di senso nell’individuareun’identità professionale scientificamen-te riconosciuta, il rifuggire dall’ottica as-sistenzialistica, il non condividere né ac-cettare l’idea che la separazione delbambino al nido potesse riflettere un de-stino segnato da traumi e frustrazioni ologiche deterministiche, ha d’altra partesegnato un percorso, in questi oltretrent’anni di storia dei servizi educativi,che è utile ai fini della nostra discussioneripercorrere.

1 Le parole usate quotidianamente non sono in-differenti. Inserimento è un termine che viene usatoanche per indicare l’ingresso di bambini svantag-giati nella scuola; è un termine riduttivo che sinte-tizza l’immagine di un bambino che entra, suo mal-grado, in una collettività creando disagio agli altri.Con ambientamento si indica l’avvio ad una nuovavita di relazione; è un adattamento attivo da partedel bambino e anche degli adulti, per il quale occor-re essere predisposti ad accogliere il bambino e isuoi genitori con il desiderio di conoscere, ma an-che di farsi conoscere, prevedendo oltre agli aspettirelazionali, una particolare organizzazione deglispazi destinati a tale incontro (vedi: “Stare, giocaree crescere con i bambini”, a cura di Alda Bonetti,Comune di Ancona, 1996).

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È proprio nel ripensare a come era or-ganizzato l’inserimento del bambino al ni-do agli esordi dell’esperienza negli anni’70, a ridosso della chiusura dell’OMNI, eosservarlo invece oggi, che ci appare piùchiaro ed evidente il cambiamento; riflet-tere sulle differenze e sui significati deicomportamenti e degli atteggiamenti, chie-dersi e non “chiudersi” sui perché dell’in-serimento e sui come progettare l’ambien-tamento hanno determinato una delle ca-ratteristiche intrinseche della storia e iden-tità stessa del nido, luogo educativo privi-legiato di ricerca sulle relazioni.

Ad Ancona con l’adozione della leg-ge 1044 si è determinata una condizioneiniziale di potere da parte dei nuovi ser-vizi che avrebbero dovuto soppiantaregradualmente la logica assistenzialisticae sanitaria del preesistente ONMI. Legiovani educatrici degli asili nido all’e-poca hanno così assunto il potere e lacompetenza di modificare abitudini, mo-dalità organizzative e strutturali, asse-gnare una trasformazione radicale deinuovi nidi per affermare un’offerta inno-vativa che doveva avere una nuova iden-tità educativa negando quella più misera-mente “assistenziale”. Una modalità chemetteva due realtà in antitesi ed in con-flitto in cui l’una si opponeva all’altra: ilvecchio che non riconosceva la compe-tenza del nuovo e viceversa, e il nuovoagli esordi che intuiva e agiva con vigo-re. Uno scontro e un conflitto indubbia-mente forte.

Rispetto all’esperienza di quegli annia noi interessa soprattutto ripensare siaalle modalità in cui bambini e genitori vi-vevano l’inserimento, sia alle convinzio-ni o ai principi comunque sottesi ad ognicomportamento assunto.

Relazioni, spazi, arredi e materialirappresentano la carta d’identità di mondiche veicolano significati; ad esempio,porte e finestre con maniglie alte tanto daessere né a misura di bambino, né a mi-sura di adulto, rimandano all’insegna-mento che fuori o dentro è meglio nonvedere, ad una separatezza dichiarata, amondi che non dialogano tra loro. Già inqueste prime semplici osservazioni pos-siamo dedurre come ai genitori fosse vie-tato oltrepassare una determinata soglia,come i bambini venivano affidati alle cu-re delle “bambinaie” in una relazione as-solutamente asimmetrica tra Servizio efamiglia, completamente sbilanciata ver-so il primo. Famiglia e partecipazione deigenitori sono termini che entrano in gio-co successivamente grazie soprattuttoagli studi e alla ricerca sull’attaccamento.Anche se la legge 1044, istitutiva degliasili nido, ha avuto una spinta ideologicaradicale che attribuiva molta importanzaalla partecipazione delle famiglie, si ri-pensi a tutto il coinvolgimento sociale:comitato di gestione, assemblee, ecc. Inrealtà, la partecipazione di cui si è fattaesperienza era perlopiù rivolta al funzio-namento e alla gestione del servizio, an-cora troppo distaccata e normata e nonconcepiva il valore dell’ascolto2. Questaera quindi relegata a tempi e luoghi pre-stabiliti e non aveva nulla a che vederecon una vera e propria condizione dicoinvolgimento attivo e riconoscimentodel portato di ruolo ed emozioni dei geni-tori, di cui oggi siamo forti sostenitori.

2 Al termine ascolto intendiamo dare il signifi-cato di ascolto attivo, di cui si rimanda alla lettera-tura esistente.

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La breve scheda che segue illustra so-lo alcune delle caratteristiche della fasedell’inserimento/ambientamento del bam-bino al nido di cui si intendono esaminarele differenze.

vinzioni3 che alcune educatrici portanorelativamente ai perché dell’ambienta-mento e a come organizzare l’ambienta-mento. “Per favorire una separazione po-sitiva del bambino dalla famiglia”; “favo-rire un continuum tra famiglia e nido; af-finché il bambino non senta il distaccocome traumatico”; “far si che in questomomento delicato l’educatrice possa in-staurare un rapporto di fiducia con la fa-miglia affinché questa rassicurata si pon-ga in modo il più autentico possibile”. Al-cune risposte sono connotate ancora daltimore che l’esperienza del nido possaprovocare un disagio per il bambino; inol-tre, pur facendo riferimento alla necessitàdi creare un’alleanza richiamando il ter-mine di fiducia, rivela la preoccupazionerispetto ad una non autenticità del genito-re. Altre riflessioni si concentrano sui bi-sogni dei genitori e su quelli dei bambini:“I genitori hanno l’esigenza di lavoro; diconoscere il personale a cui affidano i fi-gli; conoscere l’ambiente che deve esseretranquillo, sicuro, confortevole a portatadi bambino”.

Ancora: “l’ambientamento dà tempoal bambino e alla mamma di acquistarestima e fiducia nell’ambiente e all’educa-trice di rapportarsi nella giusta manierae di trovare una metodologia adatta adalleviare le ansie, le insicurezze, e i timo-ri del genitore e del bambino. Riuscire adambientare bene un bambino significaassicurare all’educatrice e alla famigliauna serena permanenza al nido”. Un al-tro gruppo di educatrici esamina quelli

Ieri:inserimento

Oggi:ambientamento

Accoglienza del bambino

Distacco immediato

----------------------------

Accoglienza delnucleo familiare

Distacco graduale eaccompagnamentocon la presenzadell’adultosignificativo

Figura di riferimento

Già in riferimento, durante l’ambien-tamento, alla gradualità che oggi vienedichiarata e agita ogni volta sulla basedei bisogni che ogni coppia (bambino egenitore) esprime, si ravvisano alcunielementi di notevole divario con il passa-to; oltre ai tempi, che risultano più rispet-tosi, si assume anche una responsabilitàpiù ampia rispetto alla visione limitata efocalizzata solo sul bambino. Nel mo-mento in cui il progetto pedagogico delnido colloca “il coinvolgimento della fa-miglia” tra le finalità strategiche del ser-vizio e struttura ogni intervento educati-vo e sociale per il raggiungimento degliobiettivi si dà avvio ad una vera e propriasvolta che modifica in modo determinan-te anche l’azione culturale sul territorio.

Ambientamento perchéÈ interessante esaminare, pertanto,

quali possono essere alcune idee o le con-

3 Si riportano le riflessioni di alcuni lavori digruppo svolti da educatrici che hanno partecipatoad un corso di aggiornamento sul tema dell’ambien-tamento, coordinato da chi scrive.

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che sono i bisogni del bambino: “Ha bi-sogno di conoscere i nuovi spazi, l’edu-catrice di riferimento e gli altri bambiniin modo graduale”; i bisogni del genito-re: “…perché ha bisogno di acquistarefiducia nell’educatrice e di vedere chel’ambiente è consono alle sue esigenze;ha bisogno anche di osservare il compor-tamento degli altri bambini per confron-tarsi e conoscere con chi il proprio figliovivrà l’esperienza del nido, per rappor-tarsi con gli altri genitori che stanno vi-vendo la loro stessa esperienza e chel’hanno già vissuta”; i bisogni dell’edu-catrice “…ha bisogno di capire le dina-miche del nucleo familiare del bambinoche sta ambientando al nido, di conosce-re il bambino e le sue abitudini (anchecon l’aiuto del colloquio preliminare) inmodo da proporsi gradualmente con in-terventi adatti ad ogni singolo bambino”.Un ulteriore gruppo educativo sostieneche: “L’ambientamento è fondamentaleper il bambino perché la nuova esperien-za che lo attende sia positiva… la fami-glia con il bambino e le educatrici sonoin un ambiente non conosciuto ai primi eorganizzato e pensato non a caso dalleeducatrici. Il bambino dovrà gradata-mente conoscere l’ambiente e le educa-trici sostenuto e incoraggiato dalla fami-glia che farà da ‘trait d’union’. Per l’e-ducatrice significa accogliere il bambinoe la famiglia… con i loro vissuti, senzagiudizio anche se, a volte, emotivamentenon condivisi”. L’espressione “emotiva-mente non condivisi” sottolinea probabil-mente il sottile vissuto emotivo, moltospesso inconsapevole, che richiama, du-rante l’ambientamento, l’esperienza per-sonale dell’educatrice e che causa inevi-tabilmente un disagio interno spesso vis-suto isolatamente o nel gruppo educativo;

fa pensare che c’è una parte emozionalericonosciuta, ma anche una parte cogniti-va e razionale che permette di osservarela relazione con un “occhio professiona-le” che, in qualche modo, sostiene. Infi-ne, un gruppo evidenzia come l’educatri-ce funga da mediatrice tra bambino enuovo ambiente e bambini, come garan-zia di un “lavoro” sereno per tutto l’anno.

C’è pertanto un bisogno di sentirsi se-reni, di operare al meglio che fa pensarealla necessità di un sentire il proprio séadeguato; di “sganciare”, di “scrollarsi didosso” un vissuto di responsabilità per unevento che per se stesso può indurre uneffetto traumatico, un’esperienza “dolo-rosa”.

Ambientamento comeDovendo analizzare come program-

mare e progettare la fase dell’ambienta-mento al nido, uno degli elementi su cuiriflettere è l’ambiente che viene così defi-nito: “…deve essere idoneo all’età delbambino, adatto all’accoglienza del ge-nitore, ricco di stimoli, interessante, ric-co di proposte; strutturato in modo taleda rispecchiare l’ambiente familiare conangoli predisposti per l’armonico svilup-po delle potenzialità e della personalitàdel bambino”; “…deve esserci cura deglispazi per le varie attività del giorno conla creazione di angoli accoglienti…”; “èimportante che l’ambiente risulti il piùpossibile caldo, accogliente, rassicuran-te, somigliante alle nostre case, per evi-tare che il genitore senta il suo bambinoistituzionalizzato…”. Anche il “setting”4

4 Il significato di setting qui viene attribuito al-lo spazio dedicato ai genitori e bambini pensato perfavorire un clima di accoglienza e l’instaurarsi diuna fiducia reciproca.

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è importante, infatti si pensa di allestireuno spazio apposito dove poter prendereun tè o un caffè insieme.

L’ambiente fisico è strettamente con-nesso a quello relazionale e molteplicisono i pensieri e i contenuti che si assu-mono facendo riferimento alla relazione:una relazione sempre più attenta agli svi-luppi futuri. Tutti i gruppi educativi han-no evidenziato la necessità di attivarsi perun “…rapporto aperto e di fiducia con lefamiglie; curare e favorire momenti diincontro costanti per valutare la perma-nenza al nido o i cambiamenti avvenuti…offrire una disponibilità per colloqui coni genitori che ne sentano il bisogno; ilgenitore deve essere tranquillo, sicuro ecerto della figura dell’educatrice evitan-do di peggiorare i loro sensi di colpa”;“…i primi giorni i genitori sono presentinell’ambiente per tutta la permanenza,successivamente si chiederà alla mammadi allontanarsi gradatamente, dapprimaspostandosi nell’ambiente, poi uscendodi scena compatibilmente con le reazionidel bambino, rendendolo comunque con-sapevole di questa situazione. Questaprima fase permette all’educatrice di os-servare le modalità di interazione tra lacoppia per capire e riproporre successi-vamente al bambino “il noto”. È nostracura rassicurare e contenere con le paro-le e con i gesti il dolore del bambino neimomenti del bisogno…”.

Le parole delle educatrici esprimonoil valore attribuito al ruolo fondamentaleassegnato alle famiglie nella cura e nel-l’educazione dei bambini; un valore cheperò ancora sembra condiviso solo infunzione dei soli bambini, letto e finaliz-zato forse sulla operatività del quotidianoal nido, piuttosto che sul concetto di par-tenariato5.

La figura di riferimentoUna riflessione accurata e dovuta,

quando si analizza il tema dell’ambienta-mento, è diretta inevitabilmente alla co-siddetta “figura di riferimento”6; pur es-sendo una prassi consolidata in molti ser-vizi, molto frequentemente viene “glissa-ta”, omessa, o non se ne parla. Ci chie-diamo se un tale atteggiamento possa ri-velarne una negazione o un rifiuto. Cos’èla figura di riferimento? Perché un grup-po educativo fa questa scelta “pedagogi-ca” o perché non la fa? Quali significativeicola la figura di riferimento?

Queste alcune delle domande stimoloche sono state poste all’interno della ses-sione di lavoro. La discussione animatache ne è scaturita ha mostrato quantogrande ancora sia la necessità di “fermar-si” a riflettere su questi concetti chiaveche nulla hanno di banale. La negazioneimmediata: “Io non sono d’accordo sullafigura di riferimento” accompagnata dauna coerente gestualità che ne mostra lacongruenza ci interroga immediatamentesul senso e sui significati della relazioneal nido.

La figura di riferimento è quella edu-catrice “speciale” che ha il compito di di-venire per la coppia bambino-adulto unapersona alla quale assegnare la propria fi-ducia, una persona che accompagna e chedà continuità, senso e significato all’e-

5 Vedi: P. Milani, “Partner si nasce o si diven-ta?”, in Bambini, n. 7/settembre e n. 8/ottobre 2006.

6 La figura di riferimento al nido trova le sueorigini nella teoria psicoanalitica e negli studi sul-l’attaccamento. Riteniamo che si possa rintracciaresoprattutto nell’impianto teorico e nella pratica or-ganizzativa dell’esperienza realizzata da Emmi Pik-ler a Loczy. Per un approfondimento si rimanda allabibliografia sintetica indicata.

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sperienza e al vissuto del nido e che con-sente di affidarsi con serenità.

Un compito ed una responsabilità in-dubbiamente importante che può, se nonadeguatamente formata e sostenuta dalsistema interno, divenire un compitotroppo gravoso tanto da essere negato.

Da una parte la consapevolezza del-l’importanza del ruolo che la figura di ri-ferimento riveste (di accompagnamentoal “nuovo” e di transizione tra la separa-zione e l’individuazione), dall’altra i ti-mori della frustrazione legata al senti-mento di inadeguatezza a causa di unagestione organizzativa che non “regge”, oaltro, possono determinare atteggiamentidi fuga o di difesa.

Quello che ci preme è non giudicare,bensì tentare di dare una lettura ai com-portamenti in uno spazio accogliente, ac-cettante e soprattutto scevro dal pregiu-dizio. In un clima di circolare accettazio-

ne e serena apertura emergono le emo-zioni: timori, frustrazioni, a volte anchesenso di perdita, affetto, comprensione,generosità.

È l’avvio di un percorso.

Bibliografia

Goldschmied E., Jackson S., Persone dazero a tre anni, Edizioni Junior, Ber-gamo, 1996.

Pikler E., Datemi tempo, Red, Como,1996.

David M., Appell G., Da zero a tre anniun’educazione insolita, Emme Edi-zioni, 1978.

Mantovani S., Saitta L.R., Bove C., At-taccamento e inserimento. Stili e sto-rie della relazione al nido, FrancoAngeli, Milano, 2000.

Cocever E., Bambini attivi e autonomi,La nuova Italia, Firenze, 1990.

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Premessa

I lavori della sessione “I laboratoridei genitori al nido: nuovi modi di co-municare e di stare insieme” hanno per-seguito lo scopo di mettere in rete idee,competenze e creatività progettuale at-traverso lo stimolo di riflessioni e con-fronti sull’argomento fra le numerosepartecipanti, circa 70 unità, provenientiin maniera equamente rappresentativadalle 4 Province della Regione Marche.

La tipologia dell’argomento in ogget-to, di natura prettamente pratica, haorientato la conduzione della sessione indue tempi: uno preliminare di riflessionesulle finalità e modalità dei laboratoricon i genitori, l’altro, il successivo, didialogo a più voci sull’analisi critica diun articolato ventaglio di esperienze la-boratoriali di provenienza regionale.

Ai fini di una comunicazione imme-diata ed efficace in grado di stimolare unconcreto confronto fra le partecipanti, ilritmo della conduzione della sessione èstato alternativamente scandito dallaproiezione di slides e dall’esibizione delcorrispondente corredo fotografico ri-guardante le esperienze.

Inoltre, a supporto delle esemplifica-zioni pratiche, è stata allestita una mo-

stra rappresentativa di alcuni “prodotti”laboratoriali con i genitori (libri tattili,carillon, diari affettivi, giochi con mate-riale di riciclo come macchine e bambo-line, addobbi per feste, ecc.) che, a suavolta, a fine sessione, ha favorito un ul-teriore confronto più diretto fra le parte-cipanti, incuriosite e addirittura interes-sate ad intrattenersi per scambiare spuntied idee, oltre l’orario di chiusura dei la-vori.

I lavori della sessione si sono snodatiattraverso i punti chiave di seguito ripor-tati.

Che cos’è un laboratorio per i genitorial nido?

È uno spazio predisposto presso il ni-do in un tempo pensato per esperienze lu-dico-pratiche rivolte ai genitori e finaliz-zate alla realizzazione di un manufatto, diun “oggetto” o di un’iniziativa diretta-mente o indirettamente a favore dei pro-pri figli.

(Esempi di laboratorio: costruzione diun giocattolo, realizzazione di un libro,drammatizzazione di una fiaba, lettura diuna storia).

I laboratori dei genitori al nido: nuovi modi di

comunicare e di stare insiemeRita Tancredi

Pedagogista, Comune di S. Benedetto del Tronto (AP)

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Perché attivare un laboratorio deigenitori al nido?

– Per promuovere la qualità delle espe-rienze dei bambini

– Per sostenere la crescita della genito-rialità

– Per stimolare la formazione delle edu-catrici

Il tal modo si può affermare che, la-vorando con il modello pedagogico dicoinvolgimento dei genitori (consideratiportatori di cultura e di saperi) attraversolo strumento dei laboratori, il nido diven-ta la sede privilegiata dell’incontro e del-la condivisione, il luogo principale dove ibambini, le educatrici e i genitori costrui-scono quotidianamente una continuitàfatta di dialoghi, emozioni e scambi reci-proci, dove la collaborazione basata suldialogo e il confronto favorisce un’al-leanza educativa o, come sottolinea anco-ra meglio Elinor Goldschmied, “una rela-zione di reciprocità non a senso unico”.

Tutto ciò risulta fondamentale, poichéla qualità del rapporto fra le educatrici ele famiglie determina profondamente laqualità dell’esperienza dei bambini al ni-do, indiscutibile presupposto per la cre-scita qualitativa sia del singolo bambinoche della relazione genitori-figli.

La stessa educatrice cresce professio-nalmente, oltre che sul fronte delle speci-fiche competenze laboratoriali, su quellorelazionale, poiché deve rivedere e rimet-tere in discussione il proprio lavoro allaluce di una dinamica non più a due (edu-catrice-bambino), bensì a tre (educatrice-bambino-genitore).

Da evidenziare, laddove il nido è fre-quentato da genitori stranieri, come i la-boratori per i genitori riescano a configu-

rarsi come occasioni privilegianti l’inte-grazione fra culture con tutte le possibi-lità di stimoli culturali arricchenti, chepossono scaturire dall’incontro di storie etradizioni diverse.

Come e quando nasce un laboratoriocon i genitori?

La partecipazione delle famiglie allavita del nido è un punto di arrivo che at-traversa passaggi graduali, individuati al-l’interno del progetto educativo del nido.

Per giungere ad una collaborazionecon i genitori alle attività del nido, il pri-mo passo è quello di farli sentire accolti(cura della comunicazione e degli spaziper l’accoglienza), rispettando le tappe diun approccio conoscitivo che parte daun’assemblea iniziale fino a giungere alcolloquio individuale.

Da qui, lo stesso genitore viene coin-volto nell’ambientamento, periodo in cuifrequenta la struttura a fianco del bambi-no e può incominciare ad “affidarsi” alServizio e iniziare a nutrire “fiducia”verso lo stesso. Superata questa fase, afrequenza avviata regolarmente da partedel proprio bambino, lo stesso genitoreviene invitato sia a votare il proprio rap-presentante in seno all’organismo con-sultivo del Comitato di partecipazione,sia a partecipare all’incontro prestabilitodal progetto educativo e preventivamen-te organizzato dal collettivo delle educa-trici (fissato verso i mesi di ottobre-no-vembre).

Lo scopo dell’incontro è quello dellacondivisione e stesura della progettazio-ne educativa annuale “partecipata” nido-famiglia.

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In tale sede vengono individuate lediverse forme laboratoriali di coinvolgi-mento dei genitori: da quella riguardantela partecipazione e animazione a feste, aquella dei laboratori espressivi peradulti, agli incontri tematici con esperti eai progetti didattici.

È proprio a questo punto che si posso-no gettare le basi per un rapporto di par-tenariato (vedi: P. Milani in Bambini, n.7/settembre e n. 8/ottobre 2006) tra geni-tori ed educatrici, ovvero un rapporto dico-partecipazione al processo educativoal nido.

Genitori ed educatrici, in uno stile direlazione partecipato e dialogico centratosull’ascolto empatico, sono partners nel-l’incontro di competenze diverse, le qualicongiuntamente convergono verso ununico scopo: il benessere del bambino.

Per tutto ciò la partecipazione deigenitori alla vita del nido è indicatore diqualità, componente ineludibile che vaconsiderata all’interno della progettazio-ne educativa del nido e che si avvale diuna fase di organizzazione-programma-zione attraverso la riunione, di una fasedi realizzazione attraverso la messa inpratica e, infine, di una fase di valutazio-ne attraverso strumenti di verifica (que-stionari di gradimento).

Alcuni percorsi possibili

Ad esemplificazione sono stati pre-sentati alcuni percorsi possibili di fronteai quali sono scaturiti scambi informativia livello pratico-organizzativo. Di seguitose ne riporta una breve sintesi.

Ad esempio, l’individuazione di unpercorso di laboratori con i genitori al ni-do potrebbe essere visto all’interno di un

modello pedagogico “a sfondo integrato-re” e integrato con il territorio (rivaluta-zione delle risorse ambientali e umane).Qui il coinvolgimento del genitore giun-ge fattivamente ad epilogo (o ad animarela festa o a preparare eventuali addobbi)di un itinerario didattico, vissuto daibambini attraverso diversi laboratoriespressivi (della lettura, del teatrino, del-la manipolazione, del colore, ecc.) permezzo di una fiaba o di un personaggiofantastico, mediatore tra realtà e fantasia(citati ad esempio: coniglietto Lollo, gufoGalileo e gufetto Ululù, pagliaccio Aran-cio).

a) I laboratori di animazione delle fe-ste, quali piacevoli dimensioni convi-viali che favoriscono l’integrazionedelle famiglie in maniera festosa e di-stesa, a volte anche in collaborazionecon risorse volontarie provenienti dalterritorio (vedi associazioni del terri-torio come la “Banca del tempo”, iLions, l’Utes, i Boys Scout) o uscitecon rivalutazione del territorio. Quel-la delle feste è una dimensione emoti-vamente distensiva, avvolgente e fa-miliare, importante perché contrappo-sta a quella di separazione e ansia vis-suta durante la precedente fase del-l’ambientamento. È acclarato quantosia importante per il bambino condi-videre questi momenti di piacere coni familiari con inevitabili ricadute po-sitive sulla sua accettazione e qualitàdella frequenza al nido.

Esempi:Festa d’Autunno con le “Castagnate”

(laboratorio di animazione e di cucina-manipolazione), con l’uscita per la rac-colta delle olive presso l’uliveto messo a

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disposizione da un nonno, oppure con lavendemmia al nido con nonni e genitori.

Festa di Natale con un papà che si tra-veste da Babbo Natale e poi teatrante omusicista, o papà racconta-storie.

Festa di Carnevale con animazione diteatrini di burattini e recita di fiabe comequella di “Hansel e Gretel” e “Cappuc-cetto Rosso”.

Festa del papà e della mamma con la-boratori condivisibili (laboratori dellamanipolazione e drammatizzazione) ge-nitori e bambini insieme.

Feste di fine anno con percorsi diuscite e animazioni, drammatizzazioni eteatrini di burattini.

b) I laboratori espressivo-manuali perrealizzare un manufatto da regalare albambino o per realizzare costumi eaddobbi per le feste del nido.

Esempi A Natale, con l’iniziativa “Un dono

sotto l’Albero” (un regalo-giocattolo rea-lizzato con materiale di riciclo) oppurerealizzazione di strumenti musicali e dilibri tattili.

A Carnevale realizzazione di costumiper le maschere de “Gli amici del giardi-no” e a fine anno realizzazione di mon-golfiere di carta per il “Il volo in spiaggiadelle mongolfiere”. Inoltre, genitori, non-ni falegnami e bambini insieme in labo-ratori serali per realizzare il presepe opreparare i decori per allestire l’albero diNatale del nido.

A fine anno preparazione di costumied elementi scenografici per la dramma-tizzazione di una fiaba o realizzazione dielementi di gioco per festa animata.

È necessario sottolineare l’importanzadella realizzazione di libri di immagini e

tattili inerenti alle attività vissute daibambini, poiché ciò procura indubbi sti-moli di sviluppo, che partendo dalla sferasenso-percettiva, rimandano inestricabil-mente a quella logico-espressivo-lingui-stica.

Per il bambino rivedere le immaginidelle attività esperite significa ricordareciò che ha vissuto, la memoria è quel ter-reno avvincente che contribuisce a procu-rare l’impulso all’esordio della conquistadel linguaggio.

c) I Laboratori informativi-formativi,ovvero incontri tematici con esperti:pedagogista, psicologo, pediatra.

EsempiTematiche sull’educazione, sulla sa-

lute psico-fisica dei piccoli, sull’impor-tanza della lettura rivolta al bambino findal suo primo anno di vita.

Titoli degli incontri: “I no e i si”,“Bambini, genitori e nonni”, “I problemialimentari: allergie”, “Le malattie”, “Lagelosia dei fratelli”, “Lo sviluppo psico-logico e del linguaggio”, “I problemi delsonno”, “Un libro sotto l’albero – Comee quando leggere una storia al mio bam-bino”, “Le emozioni, le ansie e le pauredei genitori”.

d) I Progetti e laboratori educativi“ponte nido-famiglia”: progetti indi-viduati a monte dal progetto educati-vo per sostenere la genitorialità, ov-vero la relazione genitori-figli, findalla tenera età, in un’ottica di colla-borazione nido-famiglia.

EsempiIniziative: “Genitori racconta-storie”

e “Prestito-libri bibliotechina del nido”.

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Puntualmente, a conclusione di ogniesperienza laboratoriale (dalla costruzio-ne di un giocattolo o di un libro, all’ani-mazione di una festa, ecc.), il genitore èstato messo in condizione di rilasciare leconsiderazioni personali sul livello digradimento delle iniziative sperimentate.

Nella quasi totalità dei casi si è regi-strato un considerevole apprezzamentoper le iniziative e una particolare motiva-zione alla partecipazione.

Seguono alcune considerazioni daparte dei genitori.

“Partecipare alle feste del nido èun’ottima opportunità di dimostrare amia figlia che la mamma vive il nido in-sieme a lei.”

“Le feste al nido sono occasioni diaggregazione, scambi, socializzazione.”

“Le feste al nido aperte alle famigliesono delle buone occasioni per le fami-glie di partecipare alla vita quotidianadei bimbi, anche se in occasioni partico-lari.”

Analisi di una serie di esperienzelaboratoriali sulla narrazione e sulladrammatizzazione

– Il punto di vista del genitore– Il punto di vista dell’educatrice

I laboratori sulla narrazioneLa scelta di presentare i progetti/labo-

ratori sulla narrazione, rispettivamente“Genitori racconta-storie” e “Prestito-li-bri bibliotechina del nido”, sperimentatipresso i nidi d’infanzia comunali di SanBenedetto del Tronto (Ap), è stata moti-vata dall’esigenza di portare ad esempioun percorso di coinvolgimento fattivo

delle famiglie attraverso l’uso dei labora-tori espressivi della narrazione, all’inter-no di un progetto educativo del nido, in-tegrato con il territorio.

Per progetto del nido integrato con ilterritorio, si intende un progetto che ri-valuta le risorse umane del volontariato edell’associazionismo, culturali ed econo-miche del territorio che, se ben utilizzate,riescono a sostenere e, in parte, a deter-minare anche la fattibilità dei laboratoricon i genitori, come si è verificato per idue progetti in oggetto.

La proposta dei due progetti sulla let-tura rivolta dai genitori ai bambini derivadal fatto di considerare la lettura e, in sen-so lato, la narrazione, veicolo privilegiatoper stimolare e sostenere un’efficace co-municazione fra l’adulto e il bambino.

Tutto ciò è scaturito dalla sperimen-tata validità educativa del laboratorio del-la narrazione, attivo da qualche annopresso i nidi sambenedettesi e appresodalle educatrici attraverso un percorso diformazione biennale, intitolato “La nar-razione e le sue molteplici espressioni”(letture di immagini e tattili, ad alta voce,racconto-affabulazione, teatrino dei bu-rattini).

Pertanto, dopo una riunione di pre-sentazione delle due iniziative durante ilmese di febbraio e, ancor prima, nel pe-riodo natalizio, dopo un’opera di sensibi-lizzazione sull’importanza della letturarivolta dai genitori ai bambini piccoli, at-traverso l’incontro intitolato “Un librosotto l’albero” e curato dalla pediatra di“Nati per leggere” (risorsa culturale delterritorio), nel periodo primaverile sonostati attivati i due progetti sperimentaliper la durata di un bimestre.

Con il progetto “Genitori racconta-storie” i genitori sono stati invitati a leg-

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gere delle storie ai bambini al nido (alpomeriggio, a ridosso della fascia orariadi chiusura, una volta alla settimana), conil “Prestito-libri” i bambini sono stati in-vitati a leggere un libro preso in prestito eportato a casa con le borsettine di plasti-ca, realizzate con materiale di riciclo edonate dalla “Banca del Tempo” (risorsadell’associazionismo del territorio) prov-viste, a loro volta, di scheda informativasul regolamento e sulle modalità di lettu-ra, redatta dalle educatrici.

I libricini, attraverso una costante eapposita registrazione, venivano prelevatidall’attrezzata bibliotechina del nido,stanza arredata con lavori di falegname-ria su misura e finanziati dai Lions (ri-sorsa del volontariato del territorio).

Si evidenzia come il ruolo dell’educa-trice in questi contesti viva tutta una suadimensione, “facendosi da parte”.

Infatti, con i “Genitori racconta-sto-rie” (riservato al gruppo dei grandi) è ilgenitore che entra in scena con gli altrigenitori e gli altri bambini del nido insie-me al suo, con tutti i risvolti psico-emoti-vi che la situazione detta; con il “Presti-to-libri” (rivolto a tutte le famiglie del ni-do indistintamente) è ancora il genitore,con un rapporto di esclusività con il pro-prio bambino, a riacquistarsi uno “spaziodi tempo”, a questo punto a due, a casa,con tutta l’intimità che ne deriva.

Alla fine della sperimentazione sonostati somministrati dei questionari di gra-dimento ai genitori e dei questionari diverifica alle educatrici per la valutazionedell’esperienza. Risultato: soddisfazionee apprezzamento da entrambe le parti sul-la bontà delle iniziative, con il riconosci-mento dell’efficacia di un percorso rivol-to alla relazione genitore-bambino, geni-tore-educatrice, educatrice-bambino.

Ad esempio, i genitori hanno dichia-rato che hanno avuto il “pretesto” di de-dicarsi ai propri figli; i bambini, una vol-ta al nido, chiedevano alle educatrici diquel libro letto a casa e lo ricercavano; igenitori si sono soffermati a commentarele situazioni di lettura condivise con ilbambino e le relative dinamiche con leeducatrici; queste ultime si sono sentitearricchite e gratificate.

Seguono alcune considerazioni deigenitori coinvolti nel progetto “Genitoriracconta-storie”.

“Come genitore ogni giorno mi chie-do se faccio bene o faccio male se riescoad essere incisiva nei confronti dei bam-bini, se sto dando il massimo, se… se…

Qualsiasi cosa è un interrogativo, maraccontare delle storie in primo luogo aimiei figli è una certezza; la certezza didare quel momento il calore, l’affetto, lasicurezza, il conforto che soltanto alcuneoccasioni ci aiutano a trasmettere. Poi, ilfatto che i bambini, ogni sera, mi chiedo-no di leggere una storia, mi confermache è per loro un momento importante,un momento di gioia.

Per questa ragione ho accettato conentusiasmo di raccontare una storia aibambini del nido, perché ero certa chetutti avrebbero gradito e sarebbero staticontenti.

Poteva essere non facile raccontarela storia ad un gruppo di bambini, chetra l’altro si distraggono facilmente; nel-la mia esperienza devo dire che è andataabbastanza bene, probabilmente sonostata aiutata anche dalla storia che horaccontato.

La storia era di ‘Cappuccetto Rosso’e la voce cupa del lupo attira semprel’attenzione dei bimbi!

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È stato un piacere vedere i loro visiniincantati dal tono di voce che avevoquando leggevo la parte del lupo, i lorosguardi erano attratti dalle immagini dellibro e vedere quanto fossero felici inquel momento mi ha confermato che pro-babilmente, a volte, facciamo dei grandidoni ai nostri figli, dei doni anche costo-si, ma che non valgono quanto un mo-mento esclusivo che possiamo regalareloro raccontando una storia.”

“Avevo una paura matta poiché perme era una situazione assolutamentenuova e non sapevo che scherzi avrebbegiocato l’emozione su una persona sensi-bile come me.

Il pubblico, peraltro, era costituito dabimbi dolcissimi e tenerissimi tra cui imiei figli, perciò non potevo fallire!

Le serate a casa nostra, per circa treo quattro giorni, sono state impegnate inprove di lettura in cui tutta la famigliaera simpaticamente coinvolta con criti-che durissime.

Poi, il giorno della ‘prima’: quegliocchini che mi guardavano con curiositàe quelle bocche semiaperte per lo stuporemi hanno fatto passare ogni tensione, lamia voce rimbombava nella stanza ed iomi sentivo importantissima!

Infine, l’applauso dei bimbi, così libe-ratorio per me, che felicità! E i miei fi-gli? Mi sembravano così orgogliosi equesto, sinceramente, è ciò che più mi èpiaciuto di tutta l’esperienza.”

Si riporta una sintesi di alcune consi-derazioni dei genitori in merito all’inizia-tiva “Prestito-libri bibliotechina del ni-do”.

“È stata un’esperienza bellissima, ilbambino ogni sera cercava il libro.

Il primo giorno mio marito ha letto isuggerimenti per la lettura, ma non riu-sciva a leggere perché la bambina ‘gesti-va’ il libro e la situazione.

La seconda sera è andata meglio.”

Le educatrici raccontano: “Al momen-to del cambio del libro, numerosi sonostati i genitori che ci hanno raccontato lemodalità di lettura a casa: per molti rap-presentava un momento di tranquillitàsul divano o sul letto, la sera prima didormire, da dedicare esclusivamente alproprio bambino, in altri casi questaesperienza è stata condivisa con i fratel-lini. Al nido poi, i bambini richiedevanola lettura più volte ed in diversi momentidella giornata.”

I laboratori sulla drammatizzazioneI laboratori sulla drammatizzazione

delle fiabe de “I tre porcellini” e “Il brut-to anatroccolo”, sperimentati con i geni-tori presso il nido d’infanzia comunale diCastel di Lama (AP), si prestano, oltreche ad individuare la fattibilità sia al nidosia sul territorio di tali laboratori, anchead inquadrarne la collocazione all’internodella progettazione educativa annuale.

Pertanto, per quanto il genitore vengacoinvolto in tale laboratorio, i bambini alnido hanno sperimentato le numerosepossibilità espressive attraverso i diversilaboratori della lettura, del teatrino deiburattini, del colore, della manipolazione,musicale, del movimento, del trucco e deitravestimenti intorno a quella fiaba che ilgenitore rappresenterà.

Ad esempio, la drammatizzazione del-la fiaba de “I tre porcellini” è stata propo-sta al nido per la festa di Carnevale.

Sono stati individuati gli elementiscenografici più salienti e rappresentativi

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(casina di legno, di paglia, di mattoncini,per i costumi semplici pigiami e per imusetti bicchieri di plastica), una sempli-ce simbologia per permettere al bambinodi fantasticare e di catapultarsi in unmondo fantastico dove “sconfiggere” lapaura del lupo cattivo che mangia i treporcellini.

Come arrivare a ciò? Partendo da unpercorso graduato di proposte di letturadi immagini in sequenze fisse (vedi: R.Caldarello, La lettura di immagini al ni-do; E. Catarsi, La narrazione e la letturaal nido; R. Merletti, La lettura ad altavoce).

La lettura di immagini è la chiave divolta per “aprire” la porta della comuni-cazione che, dalla “lettura” della formadell’immagine, porterà il bambino allalettura della forma della grafia; la letturadi immagini è per il bambino che ancoranon sa leggere il canale di accesso per ac-quisire una sequenza logica grazie alleimmagini che “legge” in un ordine se-quenziale.

L’immagine è di fondamentale im-portanza poiché lo sviluppo psicologico-intellettivo del bambino in età da nido ècaratterizzato dalla permanenza-costanzadell’oggetto, proprio del pensiero concre-to; avere la fisicità dell’immagine fermae stabile gli permette di ritornare indietroo andare avanti con le immagini, le puòvedere e le può toccare, può fare “ginna-stica” mentale; l’immagine stabile con-sente la permanenza della concretezzadell’oggetto.

Ecco perché, prima di proporre il la-boratorio della drammatizzazione, è im-prescindibile il lavoro di lettura di imma-gini che sta a monte, poiché il bambinodeve inglobare i concetti attraverso le im-magini che può vedere e toccare; poi,

ascoltare anche il racconto, l’affabulazio-ne per “ricordare” quelle immagini e as-sistere al relativo teatrino dei burattini, aquesto punto per “scaricare” le emozionidi quelle immagini che ha inglobato at-traverso la proiezione dell’animismo suiburattini.

Il burattino, dal suo canto, avrà cosìuna funzione “catartica”, liberatoria dellepaure.

A questo punto, assistere alla dram-matizzazione della fiaba significherà con-dividere una dimensione emotivamentecoinvolgente, nonché divertente, con la“drammatizzazione” delle paure.

Con la drammatizzazione all’aperto,de “Il brutto anatroccolo” (non, come per“I tre porcellini”, presso uno spaziosgombrato e predisposto del nido) abbia-mo assistito ad uno spettacolo da favola,perché incorniciato in un suggestivo par-co storico con laghetto naturale, vero eproprio sfondo ideale per la recita.

L’utilizzo dell’ambientazione natura-le rientra nel modello pedagogico di unnido integrato con il territorio, che acco-glie e valorizza la risorsa ambientale dicui il territorio stesso dispone.

Si riportano due testimonianze, una diuna madre e una di un padre coinvoltinella drammatizzazione, quali punti di vi-sta significativi sull’esperienza dei labo-ratori:

“Penso sia importante coinvolgere igenitori nelle attività del nido perché sitratta di esperienze che riescono a rea-lizzare un più stretto contatto tra la fa-miglia e le educatrici, cioè tra le duerealtà che, in questo momento, stannoaccompagnando la crescita dei nostribambini.

Il contributo più grande che penso di

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aver dato a mia figlia è quello di farlecapire che può contare sulla mia presen-za, sul mio aiuto, sul mio tentativo di ca-pire e di entrare nel suo ‘mondo’.

Interpretare ‘mamma anatra’ ha faci-litato tutto questo e penso abbia offerto atutti i bambini la figura di una mammaaffettuosa, piena di cure, ma che nellostesso tempo incoraggia i suoi anatroc-coli a diventare grandi, forti, sicuri di sé,e con ‘Grigino’ i suoi insegnamenti rie-scono ad avere un eccellente successo, èquello che ogni mamma spera per i pro-pri figli.”

“Mi è sembrato importante partecipa-re, era un’occasione per esserci, infine lodovevo a mio figlio.

È stata un’esperienza molto utile perme: è sempre importante stare con altrepersone che hanno qualcosa in comunecon te (siamo tutti genitori).

In conclusione ho ricevuto più diquanto ho dato.”

Scambio di esperienze dei nidimarchigiani sui laboratori con igenitori

Dopo l’analisi della serie di esperien-ze laboratoriali sopra descritte, il dialogoa più voci è approdato nella parte finale:si è aperta la strada del confronto-scam-bio dei vari modelli pedagogici adottatipresso i nidi marchigiani, con una varietàdi ricchezza di confronti stimolanti suirelativi punti di interesse e criticità.

Seguono alcuni punti discussi.1) Quale fattibilità-organizzazione oraria

per lo svolgimento del progetto “Ge-nitori racconta-storie”.

2) Come organizzare il coinvolgimentoalle feste e alle uscite delle rispettivefamiglie dei bambini dei diversi gruppi.

3) Come e quando rendere condivisibilicon i bambini i laboratori con i geni-tori.

4) Come organizzare un laboratorio,compatibilmente con la disponibilitàoraria dei genitori.

Si riportano alcune considerazionipersonali espresse dalle educatrici chehanno sperimentato i laboratori con i ge-nitori.

“Attraverso questi laboratori si strin-ge un’amicizia con i genitori, una sortadi complicità, senza dimenticare, è ovvio,la professionalità.

Prima non avveniva, il genitore depo-sitava e prelevava il bambino, oggi, inve-ce, abbiamo fatto passi in avanti: adesempio, con l’attivazione dei laboratoriil genitore viene coinvolto fattivamentenella vita del nido, non vi entra e vi escetanto più rapidamente, ma vi sosta.”

“Ad esempio, con la partecipazione allaboratorio della drammatizzazione o delteatrino dei burattini i genitori si adope-rano per i bambini, si mettono in giocoper loro, non sono più i bambini con leeducatrici a dover dimostrare di dover sa-per fare qualcosa ai genitori. Una sortadi rivoluzione copernicana per cui il bam-bino rimane al centro, verso di lui vengo-no convogliati gli opportuni stimoli.”

“La criticità dei laboratori che balzapiù evidente è quella della non completapartecipazione di tutti i genitori, spessonon perché non vogliono ma non possonoper motivi organizzativi di gestione fami-liare.

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La difficoltà può essere ovviata quan-do si attiva un laboratorio finalizzato adesempio alla realizzazione di un manu-fatto-regalo per i bambini: quei genitoriche aderiscono, lavorano per tutti i bam-bini del nido, ad esempio, se i bambinidel gruppo dei grandi sono 14, 14 librici-ni verranno realizzati.

A volte, si sono registrati casi di par-ticolare disponibilità da parte di alcunigenitori.”

“I laboratori delle feste riescono acoinvolgere anche quei genitori che nel-l’ordinaria quotidianità hanno poco tem-po per stare con i figli.”

“A partire dalle riunioni iniziali il ni-do accoglie le risorse che i genitori of-frono, si utilizzano le disponibilità più di-verse: genitori-musicisti che musical-mente possono allietare le feste, genitoripredisposti alla recitazione che dramma-tizzano una fiaba, genitori-pasticcieriche realizzano un dolce per una festa,una mamma-sarta che si rende disponibi-le a cucire i costumi per le mascherine diCarnevale, una mamma-architetto che

allestisce la scenografia per la dramma-tizzazione.”

“Riguardo ai laboratori della dram-matizzazione finalizzati ad animare unafesta, la proposta viene rivolta a tutti,poi, si propongono quelli più adatti.

Si sono verificate situazioni in cui ibambini, figli dei genitori coinvolti nelladrammatizzazione, si sono dimostrati or-gogliosi rispetto agli altri bambini.

Ci siamo rese conto che se l’adultovive serenamente la scelta di non aderi-re, la vive allo stesso modo anche il fi-glio; anche questo può servire per cre-scere, per imparare qualcosa, perchénon è detto che si debba essere sempre alcentro dell’attenzione.

Poi, in definitiva, se non tutti recita-no, tutti però sono presenti, divertiti epartecipi.”

“A livello organizzativo e funzionale,in questo caso, per quello che concernel’attivazione dei laboratori con i genitori,risulta indispensabile la guida della figu-ra della pedagogista, a fianco del lavorodi noi educatrici.”

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L’asilo nido è un servizio che, fin dal-la sua istituzione, si è collocato su un ter-ritorio di confine dovendo coniugare ri-sposte alle esigenze del bambino e dellabambina nei primi anni di vita, in unastretta relazione con le richieste delle ma-dri (delle famiglie) costrette a conciliaretempi ed esigenze della vita di cura e del-l’impegno di lavoro fuori di casa.

La predominanza dell’attenzione aduno dei due soggetti (non necessariamen-te in contrasto o in concorrenza tra loro)ha segnato la ricerca sociale, pedagogicae psicologica, il dibattito culturale, gli in-terventi legislativi.

Stiamo forse trovando ora una com-posizione tra le due esigenze, nel senso diun recupero della centralità del bambinovisto però nella sua collocazione in unpreciso e concreto contesto famigliare,con le conseguenti condivisioni di re-sponsabilità e compartecipazioni al pro-cesso educativo.

La presenza della famiglia è stata unacaratteristica della storia del Nido, che èstata connotata dalla “partecipazione so-ciale”, dalla presenza dei genitori nei Co-mitati di gestione, dalla mobilitazione at-tiva delle famiglie nella richiesta e nel

sostegno dei servizi. Storicamente i geni-tori ci sono sempre stati, ma è cambiatanel tempo il tipo di presenza, di doman-da, di interazione. A un genitore rappre-sentante della domanda sociale, che siponeva come partner nella gestione, si èaffiancata una più diffusa e articolata pre-senza di genitori che si pongono comepotenziali “utenti” di un servizio che èchiamato ad allargare le sue competenzee le sue prestazioni.

Restano i rapporti “classici”, fondantidella relazione tra servizio e famiglia: igenitori (il genitore) affida il suo bambi-no o la sua bambina alle mani espertedell’educatrice e intreccia un dialogo chesi sviluppa seguendo i tempi e i ritmi delbambino. Due esperienze, due visioni sisviluppano in parallelo, incontrandosi eintrecciandosi, scambiandosi informazio-ni, interagendo con lo stesso bambino,maturando con la crescita di un’esperien-za condivisa.

Non è una cosa da poco, è un rappor-to e un equilibrio che si sono costruiti neidecenni, che sono maturati attraversoscontri, conflitti, faticose mediazioni,esperienze vissute sulla pelle viva di ge-nerazioni di educatrici e di educatori.

Conclusioni

Ferruccio CremaschiSegreteria Gruppo Nazionale Nidi Infanzia, Direttore rivista “Bambini”

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Oggi molte di queste faticate conqui-ste, fanno parte delle routine della vitadel Nido. Sembra banale parlare di col-loquio, di inserimento, di figura di riferi-mento. Per le educatrici che approdanoin questi anni al servizio, sono cose cheappaiono naturali, fanno parte del sapereche viene trasmesso come “naturale”dalle colleghe più anziane. Ma ognunodi questi atti, di queste procedure, diquesti porsi in relazione, nasce da unastoria vissuta e maturata, una storia re-cente che non è ancora formalizzata neilibri di testo, ma che è ormai una con-quista acquisita e affermata. È allora im-portante non perdere la cultura sottesa, ipresupposti scientifici (pedagogici, psi-cologici, sociali) su cui è maturata que-sta cultura della relazione Nido-famiglia,per essere coscienti del valore di quelloche si fa, per saper cogliere che cosa èl’essenziale e che cosa è legato ad uncerto momento e a un certo contestotemporale e sociale.

Il passaggio di competenze tra gene-razioni di educatrici, dovrà essere moltoattento a trasmettere anche i “perché”delle cose che si fanno al Nido, a non la-sciare un’impressione che tutto avvengain modo naturale, spontaneo, legato alsuccedersi delle stagioni. La storia cultu-rale del Nido è una storia forte, ricca diimplicazioni culturali e su questa stradadeve continuare a procedere, rispettosadella famiglia di provenienza del bambi-no, ma tesa ad offrire anche alla famigliavisioni più ampie, più ricche di prospetti-ve per una crescita ed uno sviluppo au-tentico del nuovo piccolo “utente”.

Ma, in una società in cui la famigliaha cambiato la sua identità, dove è andatacrescendo la parcellizzazione e la disper-

sione anche la domanda rispetto al Nidoè cambiata. La famiglia mononucleare ocellulare, priva di una rete di sostegno fa-migliare e di vicinato si rivolge alle edu-catrici del Nido per trovare quella sapien-za di cura ed educazione che una voltaveniva dalla convivenza di generazioninella famiglia patriarcale. Sono cambiatele condizioni, sono cambiati i riferimenti:la giovane mamma di fronte al primo (espesso unico figlio) cerca punti di appog-gio, cerca riferimenti, sapienza esperien-ziale a cui appoggiare la sua avventura.Un soggetto riconosce di essere più debo-le dell’altro, sente di doversi affidare sen-za rinunciare alle sue responsabilità,chiede di crescere come genitore per po-ter essere “veramente” genitore.

Nasce una dimensione nuova su cui sicolloca la professionalità dell’educatrice.Non è più solo una professionista dell’e-ducazione infantile, ma è chiamata ad al-largare il suo campo di intervento allasfera delle genitorialità. Non si occupapiù solo di bambini in un contesto di rela-zioni con altri adulti, ma le viene chiestodi sostenere la crescita e la maturazionedi altri adulti che si trovano ad affrontarela sfida di far nascere e crescere una nuo-va vita.

Su questa strada ci siamo incammina-ti e stiamo sviluppando esperienze e per-corsi non sempre facili che richiedono di-sponibilità, capacità di innovazione, com-petenze sempre più articolate. È un impe-gno gravoso richiesto a chi ha scelto laprofessione di educatrice, è una sfidanuova che si apre e che ci coinvolge peril futuro. È anche una maturazione delrapporto tra Nido e famiglia, non più duesoggetti antitetici che si disputano l’edu-cazione del bambino o che integrano la

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loro presenza nell’arco della giornata, maun incontro che avvia un percorso comu-ne, un dialogo disteso lungo gli anni dipermanenza del bambino nel Nido. È unpassaggio di saperi, una trasmissione dicultura che esce da ogni incontro rinno-vata e arricchita.

È l’avventura di crescere insieme chesi ripropone ogni volta che nel nostro Ni-do si presentano un bambino o una bam-bina accompagnato/a dal suo o dai suoigenitori. È una sfida che si rinnova ognivolta e che ogni volta conquista la vitto-ria di una nuova autonomia.

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La storia del gruppo

La rinascita del Gruppo Territorialemarchigiano è legata all’avvio della di-scussione tra le “parti sociali” della bozzadi legge regionale “Disciplina per la rea-lizzazione e gestione dei servizi per l’in-fanzia, per l’adolescenza e per il sostegnoalle funzioni genitoriali e alla famiglia”,approvata, dopo numerose modifiche, nelmaggio 2003 (legge n. 9, Regione Mar-che).

Alcuni componenti del Direttivo delGruppo Nazionale e alcuni soci marchi-giani sentono l’esigenza di incontrarsi econfrontarsi su una proposta di legge tan-to attesa, per analizzarla a fondo.

Emergono apprezzamenti alle linee difondo della Legge, ma anche elementi dicriticità in relazione ad alcuni punti (defi-nizione dei Servizi 0-3, titoli professiona-li richiesti per gli educatori e i coordina-tori, ecc.).

Il Gruppo decide di “esistere” e “au-toriconoscersi”, iniziando a lavorare adue livelli all’interno dei singoli territoriprovinciali: da una parte cerca di porsicome cinghia di trasmissione con glioperatori di base, in modo da informarli ecoinvolgerli nella discussione sulla Leg-ge e comprendere la loro posizione e la

loro immagine di “qualità” e “futuro”dell’espansione e gestione dei Servizi;dall’altra, presentandosi ufficialmente co-me Gruppo Territoriale marchigiano delGruppo Nazionale, partecipa ad alcuneriunioni sulla proposta con responsabilipolitici-amministrativi della RegioneMarche, dei Comuni e degli Ambiti terri-toriali.

In questi incontri si impegna a moti-vare le perplessità rispetto ad alcuni puntidella bozza di Legge, cercando di creareascolto sia verso le posizioni del GruppoNazionale, sia verso le opinioni e i vissutidegli educatori percepiti all’interno deiServizi.

Da questo lavoro si sviluppano duenuove iniziative firmate dal Gruppo: untesto scritto (richiesto dalla Commissioneregionale) che presenta formalmente lapropria posizione sulla bozza di Legge, el’organizzazione di un Convegno regio-nale sui Servizi educativi per l’infanzianel nuovo quadro legislativo, il 24 no-vembre 2001 ad Ancona.

Dopo il Convegno regionale

È stato soprattutto molto interessantefar dialogare rappresentanti (assessori)

ALLEGATO 1

Il Gruppo Territoriale marchigiano: l’esperienza in corso

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comunali e amministratori regionali suicontenuti della legge e la realtà dei Servi-zi; il Convegno è rivelatore di molte do-mande da parte degli operatori e c’è unainaspettata grande affluenza di educatori,soprattutto da piccoli Comuni dell’inter-no della Regione.

Dalle Commissioni emerge il disagioper alcune problematiche dovute alla cri-si del welfare: una percezione di abbassa-mento strisciante della qualità in molterealtà; dubbi, ma anche disinformazione,sia sulla nascita di nuovi Servizi accantoal nido, sia sulle nuove modalità diespansione-gestione in collaborazionecon il privato sociale, a cui la nuova leg-ge rispondeva con la disciplina dell’ac-creditamento.

Il Convegno conferma inoltre alGruppo Territoriale la presenza di note-voli differenze territoriali per quanto ri-guarda la qualità, il ritmo di espansione ela scelta di modalità di gestione tra la“costa” e l’interno della Regione, la gran-de e la piccola comunità; si scopre pro-prio in questa occasione la presenza rela-tivamente diffusa di un privato sommer-so, unica risorsa dei piccoli Comuni.

L’analisi a posteriori da parte delGruppo (che man mano viene lentamenteallargandosi con alcuni nuovi contattistabili) di ciò che era emerso dal Conve-gno viene letto come una richiesta, daparte degli operatori dei Servizi, di colle-gamento, informazione, dibattito decen-trato.

Si rinnova così la motivazione ad an-dare avanti, a continuare ad esistere comegruppo, a “tenersi in contatto sul territo-rio”.

Il Gruppo Territoriale si strutturacome “contesto di rete e scambio”

È dopo l’approvazione della legge re-gionale n. 9 nel maggio 2003 che inizia il“nuovo corso” del Gruppo Territorialemarchigiano: l’obiettivo diventa la crea-zione della rete tra operatori.

Il Gruppo cerca di diventare un conte-sto organizzativo dove sia possibile loscambio non occasionale, ma stabile del-le esperienze del territorio e la definizio-ne dei progetti-obiettivi locali in relazio-ne costante con le indicazioni del GruppoNazionale.

In un periodo nel quale sia problemilogistici che economici risultano partico-larmente gravosi per garantire qualità neiServizi educativi, la diffusione e l’intrec-cio di una rete di scambio sempre più for-te e coesa diventa per il Gruppo un obiet-tivo prioritario, necessario per mobilitare,rafforzare partecipazione e collaborazio-ne, riconsegnare fiducia agli operatori.

Con questa finalità sono state speri-mentate alcune scelte organizzative:– le “riunioni itineranti” interne del

Gruppo per Provincia (Ancona, Pesa-ro, San Benedetto), aperte ogni voltaai simpatizzanti locali, con l’obiettivodi informare e ridiscutere le propostee le “campagne” del Gruppo Naziona-le, ma soprattutto di attivare un conte-sto sia di ascolto-indagine sulla situa-zione dei Servizi, sia di raccolta deicontenuti e problemi rilevanti e prio-ritari nella Regione dalla voce deglioperatori e dalla vita dei Servizi.

– l’uscita del bollettino del Gruppo Ter-ritoriale marchigiano Nidi Infanzia –0-3 Marche in rete – pensato e strut-turato per mettere in rete telematica

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notizie sui Servizi educativi, sui pro-getti innovativi e non solo.

Il sommario prevede queste rubriche:– L’argomento, che propone il percorso

sintetico di un tema ogni volta diver-so, sia per il dibattito interno delGruppo, sia per iniziative pubblichedi riflessione, approfondimento e for-mazione in collaborazione con gli entilocali marchigiani interessati, le asso-ciazioni culturali e i sindacati.

– Dai Servizi educativi delle Marche.– La “Pagina bianca”, spazio di dialo-

go telematico ([email protected]). Attraverso la Pagina bianca èpossibile:• intervenire nel dibattito legato al-

l’argomento;• proporre temi di dibattito e ap-

profondimento;• scambiare informazioni su inizia-

tive locali di formazione;• mettere in rete dati e informazioni

sulla realtà dei Servizi educativimarchigiani.

Il Gruppo Territoriale marchigianopromuove iniziative pubbliche in colla-borazione con i Comuni interessati, su te-mi e campagne avviate dal Gruppo Na-zionale. L’obiettivo è quello di coinvol-gere le Amministrazioni più sensibili alavorare in un’ottica regionale, a collabo-rare con il Gruppo per organizzare insie-me Convegni e Seminari che rispondanoagli interessi e ai temi che emergono dal-le riunioni interprovinciali. In quest’otti-ca è stato organizzato il Convegno del 28ottobre 2006 a Falconara-marittima: “Ni-do e famiglia insieme: storia e modalitàdella relazione”. Un confronto tra realtàmarchigiane.

L’attenzione alle relazioni

Il Gruppo Territoriale marchigiano,nonostante le normali “interruzioni tem-porali”, più o meno lunghe, tra un’inizia-tiva e l’altra e le difficoltà di tempo dadedicare a questo impegno, tra tanti altriimpegni individuali, è riuscito a rimanerecoeso e attivo e ad allargarsi, in un per-corso di quasi 5 anni, anche grazie all’at-tenzione consapevole verso le dinamicheinterne e verso il “ benessere” del Grup-po stesso.

Tutti sappiamo che i gruppi sono de-licati, che al loro interno la natura dellerelazioni è fondamentale; non bisognamai dare per scontato che si realizzi unprocesso lineare di crescita, la disgrega-zione è sempre possibile, anche in ungruppo totalmente volontario, che si basasulla motivazione intrinseca, l’adesionead una cultura dell’infanzia “alta” e a de-gli ideali.

Facendo tesoro anche dell’esperienzacome coordinatori ed educatori nei col-lettivi dei Servizi 0-3, abbiamo sperimen-tato alcune “scelte di metodo”:– il principio fondamentale è quello di

non accettare un uso episodico o stru-mentale del Gruppo;

– l’attenzione alla comunicazione consoci e simpatizzanti abbastanza rego-lare, tramite il referente provincialeche tiene i contatti e cura il Gruppomicro-locale;

– l’attenzione alla condivisione dei per-corsi, che di volta in volta si attivanonelle varie realtà locali;

– cercare di allargare il Gruppo facendoattenzione a non creare rigidità diruoli e responsabilità o deleghe fisse;

– l’analisi a posteriori, quando è possi-bile, non solo della riuscita delle ini-

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ziative, ma anche dello “stato comu-nicativo” del Gruppo e della modalitàdi gestione delle riunioni.

Come il GN ha aiutato negli anni tantioperatori dei Servizi per la prima infanziaa crescere culturalmente e comprendere ilsenso profondo del proprio lavoro con ibambini e le bambine più piccole, così,

anche nel “piccolo”, il Gruppo Territoria-le marchigiano vuole essere un luogo po-sitivo, dove sia agevole a se stessi e aglialtri scambiare i significati della propriaesperienza.

Per contatti e informazioni sulle ini-ziative del Gruppo Marchigiano: [email protected].

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GRUPPO NAZIONALE NIDI INFANZIA

Gruppo Territoriale MarcheComune di Falconara-Marittima

Rivista “Bambini”, Edizioni Junior

Convegno regionale

NNiiddoo ee ffaammiigglliiaa iinnssiieemmeestorie e modalità della relazione

Centro “Pergoli”, Piazza MazziniFalconara-Marittima

28 ottobre 2006

Ore 9.30 - 13.00

Saluti• Riccardo Recanatini - Sindaco di

Falconara-Marittima• Michela Paoletti - Assessore del Comune

di Falconara, Servizi socio-educativi• Marco Amagliani - Assessore regionale

alle Politiche sociali

Introduzione lavori• Assunta Coltrinari - Servizi socio-

educativi, Comune di Falconara• Francesca Ciabotti - Psicopedagogista,

Direttivo Gruppo Nazionale Nidi Infanzia• Alda Bonetti - Pedagogista, Direttivo

Gruppo Nazionale Nidi Infanzia

Relazioni• Le competenze degli educatori di fronte ai

nuovi bisogni e domande dei genitori. Uncaso di lavoroMarco Fibrosi - Ufficio formazione,Comune di Parma

• Il rapporto tra educatori e genitori; comecostruire un dialogo e un’alleanza per ilbambinoDonatella Mauro - Comune di Ferrara

Conclusioni e dibattito• Ferruccio Cremaschi - Segreteria Gruppo

Nazionale Nidi Infanzia, Direttore rivista“Bambini”

Ore 13.30: Buffet e visita ai nidi

Ore 15.00 - 17.30

Sessioni “dialogate”:esperienze del territorio a confronto• Genitori, bambini, educatori: l’intreccio

delle relazioni nei servizi all’infanzia“facilitatore”: Ermanna Curina -Psicopedagogista, coordinatrice pedagogicaServizi all’Infanzia Comuni dell’Ambito diPesaro

• Con i genitori durante l’ambientamento: le“emozioni” del distacco“facilitatore”: Alda Bonetti - Pedagogista,Ancona

• I laboratori dei genitori al nido: nuovimodi di comunicare e di stare insieme“facilitatore”: Rita Tancredi - Pedagogista,Comune di S. Benedetto del Tronto

© 2007 Gruppo Nazionale Nidi Infanzia24052 Azzano San Paolo (BG)viale dell’IndustriaTel. 035/534123 - Fax 035/[email protected]

Prima edizione: aprile 2007

Edizioni: 10 9 8 7 6 5 4 3 2 12011 2010 2009 2008 2007

Questo volume è stato stampato daPronto Stampa, Vaprio D’Adda (MI)Stampato in Italia - Printed in Italy

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Sede legale: Via Nobili 9, 42100, Reggio Emilia - C.F. 91020970355

Segreteria: Viale dell’Industria, 24052 Azzano S. Paolo (BG)tel. 035 534123 - fax 035 534143www. grupponidiinfanzia.it - [email protected]

I quaderni del Gruppo Nazionale Nidi Infanzia

Gruppo Territoriale Marche

Nido e famiglia insiemeStorie e modalità della relazione

Falconara, 28 ottobre 2006

GRUPPO TERRITORIALE MARCHE