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Guida per l’insegnante Traduzione italiana - settembre 2006 Repubblica e Cantone Ticino Dipartimento dell'educazione, della cultura e dello sport Divisione della scuola / Centro didattico cantonale Eduard-Job-Stiftung für Thermo- und Stoffdynamik D - Ahrensburg

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Guida perl’insegnante

Traduzione italiana - settembre 2006 Repubblica e Cantone Ticino Dipartimento dell'educazione, della cultura e dello sport Divisione della scuola / Centro didattico cantonale Eduard-Job-Stiftung für Thermo- und Stoffdynamik D - Ahrensburg

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Titolo originale dell'opera: F. Herrmann Der Karlsruher Physikkurs Guida per l’insegnante Edizione italiana: settembre 2006 Redazione: Karen Haas, Prof. Friedrich Herrmann, Dr. Matthias Laukenmann, Dr. Lorenzo Mingirulli, Dr. Petra Morawietz, Dr. Peter Schmälzle Traduzione: Paolo Pianezzi Disegni : F. Herrmann www.physikdidaktik.uni-karlsruhe.de www.scuoladecs.ti.ch

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Tra i matematici c'è la buona abitudine di occuparsidella struttura concettuale della propria materia e, ditanto in tanto, di mettervi mano. Non così tra i fisici:i fisici universitari hanno sempre avuto una più spic-cata tendenza a lavorare alle frontiere della propriaarea, là dove c'è del "nuovo" da trovare, come nellafisica delle particelle elementari, l'astrofisica o la fi-sica dei sistemi complessi. Così facendo hanno peròtralasciato di far ordine in casa propria. I nuovi risul-tati vengono inseriti, spesso alla bell'e meglio, nel-l'edificio dei vecchi concetti per volgersi rapida-mente alla ricerca di qualcoa di ancora più nuovo.

Tutto ciò si riflette anche nell'insegnamento. Con-frontiamo un testo di fisica appena scritto, cioè "mo-derno", con uno di inizio secolo. Le somiglianze so-no molte, - troppe, se pensiamo che la maggior partedi tutti i fisici della storia sono vissuti in questo seco-lo o sono tuttora in vita. Nei nostri nuovi libri, spes-so incontriamo le scoperte della fisica del nostro se-colo come fossero un appendice. I libri contengonoil vecchio e il nuovo e non, come sarebbe auspi-cabile, una sintesi di vecchio e nuovo. Questo è unodei motivi che rende difficile all'insegnamento dellafisica padroneggiare la materia.

All'istituto di didattica per la fisica dell'Universitàdi Karlsruhe è stato intrapreso un tentativo di rior-dinare i contenuti della fisica. Il risultato del nostrolavoro è sicuramente una soluzione del problema.Non vogliamo però affermare che sia l'unica solu-zione.

I fondamenti di questo riordinamento sono stati po-sti dal Prof. G. Falk. All'istituto furono sviluppatinumerosi corsi per l'università, il livello di orien-tamento1, il primo livello secondario e il secondolivello secondario2. Molte colleghe e molti colle-ghi sono stati coinvolti nell'elaborazione e diffusio-ne di questi corsi, così che appare appropriato parla-re di una "scuola di Falk".

Proponiamo qui il corso di Karlsruhe per il primo li-vello secondario. Si è sviluppato in otto anni di col-laudo al ginnasio statale di Wörth am Rhein.

Sono grato a molti collaboratori e sostenitori.

In primo luogo al mio docente Prof. Falk. A lui risalela base teorica di tutti i nostri corsi e senza di lui nes-suno dei nostri corsi sarebbe nato.

Per molte delle idee contenute nel presente librodevo ringraziare un'altra persona: il sig. Dr. G. Jobdell'Università di Amburgo. Molta termologia e lafisica chimica si basano sul suo lavoro.

Un grazie particolare va ai miei dottorandi sig. Dr.Schmälzle, sig. Dr. Mingirulli e sig.ra Dr. Mora-wietz, che hanno fatto la maggior parte del lavoro didettaglio e con i quali ho condotto il collaudo aWörth.

Sono molto grato anche alle colleghe e ai colleghiche prendono parte al collaudo su larga scala, tuttorain corso, nel Baden-Württemberg e in Renania-Pa-latinato. Non traggono nessun beneficio personaledal loro lavoro. Hanno partecipato e sacrificatomolto del loro tempo per puro piacere. Le loro ideecritiche e costruttive affluiscono in permanenza nel-le edizioni aggiornate.

Una premessa indispensabile per la riuscita del pro-getto è il sostegno da parte amministrativa.

Voglio qui ringraziare il preside del ginnasio diWörth, sig. OStD Rößler, per non essersi limitato asopportare il nostro lavoro nel suo ginnasio, ma peraverlo sostenuto attivamente.

Ringrazio il ministero della cultura e dell'istruzionepubblica della Renania-Palatinato e il governo re-gionale dell'Assia-Palatinato per aver approvato lanostra sperimentazione.

L'esperimento in corso nel Baden-Württemberg de-ve la sua nascita al sig. RSD G. Offermann, quello inRenania-Palatinato al sig. StR M. Strauch. Ringra-zio di cuore entrambi.

Karlsruhe, agosto 1989 F. Herrmann

PREFAZIONE

1 NdT: biennio che segue la scuola elementare.2 NdT: corrispondono al periodo fine scuola media e scuo-

le superiori.

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Nel frattempo, un esperimento di insegnamento conpiù di 1000 scolari nel Baden-Württemberg e circa500 scolari nella Renania-Palatinato, si è concluso.Voglio ringraziare tutte le colleghe e i colleghi chevi hanno partecipato. Ringrazio in particolare il sig.StR N. Krank dell'ufficio scuole superiori di Stoc-carda e il sig. OStD Dr. M. Kobelt dell'ufficio scuolesuperiori di Karlsruhe, che hanno partecipato atti-vamente all'esperimento nel Baden-Württemberg ea molte sedute con gli insegnanti coinvolti nel col-laudo.

Molte proposte scaturite dalla seconda fase di col-laudo sono state inserite nella seconda edizione. Nelfrattempo, nel Baden-Württemberg si è costituitoun nuovo gruppo che applica il corso di Karlsruhenell'insegnamento.

A parte le esperienze delle fasi di collaudo concluse,questa seconda edizione contiene alcuni capitoli ul-timati solo negli ultimi anni. Ne fanno parte: laquantità di moto come vettore, momento meccanicoe baricentro, quantità di moto angolare e correnti diquantità di moto angolare, pressione e trazione. I-noltre, sono finalmente ultimati anche i capitoli delvolume per docenti relativi ai primi due volumi delcorso.

Malgrado tutte le premesse, i due presenti tomi sonodiventati troppo voluminosi. Avremmo preferitoabbreviare decisamente alcuni capitoli. Tenendoconto dei piani di studio, una presentazione ridottanon sarebbe però stata possibile. Avremmo accor-ciato volentieri i capitoli su momento meccanico ebaricentro, di idrostatica e soprattutto di ottica.

Ho avuto la possibilità di insegnare una versione ri-dotta della fisica in alcune classi del primo livellosecondario. Il corso di Karlsruhe si è dimostrato par-ticolarmente adatto allo scopo. Sono state tenute 8ore lezione di meccanica e 8 ore di termologia. Inentrambe le aree è stato possibile raggiungere degliobiettivi didattici fondamentali e ricchi di possibili-tà applicative.

Al momento è in lavorazione un terzo volume. Con-terrà i capitoli di fisica chimica, onde, atomi, fisi-ca atomica e nucleare, fisica dei corpi solidi, elet-tronica e astrofisica. Da due anni è in corso il re-lativo collaudo condotto dal mio dottorando, sig. M.Laukenmann e da me, allo Europa-Gymnasium diWörth.

Karslruhe, aprile 1993 F. Herrmann

PREFAZIONE ALLA 2a EDIZIONE

Finalmente la terza parte, la "fisica moderna", è ulti-mata. Il sig. Dr. Laukenmann e la sig.ra Haas hannopartecipato allo sviluppo e al collaudo. Li ringrazioentrambi per la loro collaborazione.

Ai volumi 1 e 2 sono state apportate alcune correzio-ni.

Karlsruhe, settembre 1995 F. Herrmann

PREFAZIONE ALLA 3a EDIZIONE

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Indice

A. Parte generale

1. Introduzione ........................................................................................................................9

2. Fondamenti fisici ..............................................................................................................10

2.1 Grandezze estensive .........................................................................................................102.2 Forme di energia e portatori di energia ............................................................................122.3 Strutture nella fisica ..........................................................................................................132.4 I concetti di corrente, spinta e resistenza ..........................................................................142.5 Relazioni e grandezze più importanti ...............................................................................152.6 Scala delle grandezze più importanti ................................................................................16

3. Bibliografia .......................................................................................................................17

B. Osservazioni

1. Energia e portatori di energia ...........................................................................................192. Correnti di liquidi e gas ....................................................................................................203. Quantità di moto e correnti di quantità di moto ...............................................................214. Il campo gravitazionale ....................................................................................................275. Quantità di moto e energia ...............................................................................................286. La quantità di moto come vettore .....................................................................................297. Momento meccanico e baricentro ....................................................................................318. Quantità di moto angolare e correnti di quantità di moto angolare ..................................329. Compressione e trazione ...................................................................................................3210. Entropia e correnti di entropia ..........................................................................................3311. Entropia e energia .............................................................................................................3512. Transizioni di fase ............................................................................................................3613. I gas ..................................................................................................................................3714. La luce ..............................................................................................................................3715. Dati e portatori di dati .......................................................................................................3816. Elettricità e correnti elettriche ..........................................................................................4118. Il campo magnetico ..........................................................................................................4319. Elettrostatica .....................................................................................................................4520. La tecnica dei dati .............................................................................................................4621. La luce ..............................................................................................................................4622. La formazione di immagini ..............................................................................................4823. I colori ..............................................................................................................................4824. Trasformazioni di sostanze e potenziale chimico .............................................................4925. Quantità di sostanza ed energia ........................................................................................5126. Bilancio termico delle reazioni .........................................................................................51

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27. Fisica relativistica .............................................................................................................5228. Onde .................................................................................................................................5329. Fotoni ................................................................................................................................5430. Atomi ................................................................................................................................5631. I solidi ...............................................................................................................................5932. Nuclei atomici ..................................................................................................................61

C. Esperimenti

1. Energia e portatori di energia ...........................................................................................672. Correnti di liquidi e gas ....................................................................................................673. Quantità di moto e correnti di quantità di moto ...............................................................684. Il campo gravitazionale ....................................................................................................715. Quantità di moto e energia ...............................................................................................726. La quantità di moto come vettore .....................................................................................737. Momento meccanico e baricentro ....................................................................................748. Quantità di moto angolare e correnti di quantità di moto angolare ..................................759. Compressione e trazione ...................................................................................................7510. Entropia e correnti di entropia ..........................................................................................7611. Entropia e energia .............................................................................................................7712. Transizioni di fase ............................................................................................................7913. I gas ..................................................................................................................................7914. La luce ..............................................................................................................................8016. Elettricità e correnti elettriche ..........................................................................................8117. Elettricità ed energia .........................................................................................................8218. Il campo magnetico ..........................................................................................................8319. Elettrostatica .....................................................................................................................8520. La tecnica dei dati .............................................................................................................8621. La luce ..............................................................................................................................8622. La formazione di immagini ..............................................................................................8723. I colori ..............................................................................................................................8824. Trasformazioni di sostanze e potenziale chimico .............................................................8925. Quantità di sostanza ed energia ........................................................................................9126. Bilancio termico delle reazioni .........................................................................................9128. Onde .................................................................................................................................9229. Fotoni ................................................................................................................................9330. Atomi ................................................................................................................................9431. I solidi ...............................................................................................................................9532. Nuclei atomici ..................................................................................................................96

D. Soluzioni degli esercizi

1. Energia e portatori di energia ...........................................................................................972. Correnti di liquidi e gas ....................................................................................................983. Quantità di moto e correnti di quantità di moto ...............................................................984. Il campo gravitazionale ..................................................................................................1015. Quantità di moto e energia .............................................................................................1026. La quantità di moto come vettore ...................................................................................103

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7. Momento meccanico e baricentro ..................................................................................1048. Quantità di moto angolare e correnti di quantità di moto angolare ................................1069. Compressione e trazione .................................................................................................10710. Entropia e correnti di entropia ........................................................................................10911. Entropia e energia ...........................................................................................................11012. Transizioni di fase ..........................................................................................................11213. I gas ................................................................................................................................11314. La luce ............................................................................................................................11415. Dati e portatori di dati .....................................................................................................11416. Elettricità e correnti elettriche ........................................................................................11517. Elettricità ed energia .......................................................................................................11718. Il campo magnetico ........................................................................................................11819. Elettrostatica ...................................................................................................................12020. La tecnica dei dati ...........................................................................................................12021. La luce ............................................................................................................................12122. La formazione di immagini ............................................................................................12323. I colori ............................................................................................................................12424. Trasformazioni di sostanze e potenziale chimico ...........................................................12525. Quantità di sostanza ed energia ......................................................................................12726. Bilancio termico delle reazioni .......................................................................................12727. Fisica relativistica ...........................................................................................................12828. Onde ...............................................................................................................................12929. Fotoni ..............................................................................................................................13030. Atomi ..............................................................................................................................13031. I solidi .............................................................................................................................13132. Nuclei atomici ................................................................................................................131

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1. IntroduzioneLo scopo per lo sviluppo di questo corso era una mo-dernizzazione e una razionalizzazione dell'insegna-mento della fisica. Per raggiungere questo scopo levarie aree della fisica sono state rappresentate da unpunto di vista unitario. Da un lato questo procedi-mento presenta dei vantaggi nell'economia dell'in-segnamento. Nelle principali aree della fisica ap-paiono le stesse regole e le stesse strutture: nellameccanica, nell'elettrologia e nella termologia, main misura minore anche nell'ottica, nell'acustica enell'elettronica. Di conseguenza queste relazionidalla validità generale devono essere imparate unavolta sola. D'altro canto, già il fatto di percepire chequeste strutture esistono, è un obiettivo didattico ap-pagante per un insegnamento che abbia l'ambizionedi trasmettere cultura generale.

Un ruolo particolarmente importante in questo la-voro di uniformazione è quello ricoperto da unaclasse particolare di grandezze fisiche: le grandezzeestensive.

Una razionalizzazione e semplificazione dell'in-segnamento si ottiene anche prestando maggioreattenzione agli sviluppi della fisica moderna. Il XX°secolo non ha solamente arricchito la fisica con teo-rie nuove e sempre più complesse, ci ha anche mo-strato che gli ambiti classici della fisica, cioè la fisi-ca non relativistica e non quantomeccanica, sonopiù semplici di quello che sembrava. Facciamo al-cuni esempi per spiegarlo meglio.

In generale, oggigiorno la meccanica si insegna so-stanzialmente nella forma che le diede Newton, cioècome una teoria di azione a distanza. Si dice, peresempio, che un corpo A esercita una forza su uncorpo B senza menzionare il ruolo del mezzo che sitrova tra A e B (ad esempio una molla o un campo)nella trasmissione di questa forza. Anche nell'elet-tromagnetismo parliamo ancora come se le intera-zioni elettriche e magnetiche fossero delle intera-zioni a distanza. Invece, almeno da Maxwell in poi,si è dell'opinione che le forze siano meglio descrittecome fenomeni locali, o di interazione a contatto.Questa concezione non semplifica solo la teoria, èanche concettualmente più facile.

Un altro esempio del fatto che una maggiore consi-derazione degli sviluppi recenti porta a una sempli-ficazione dell'insegnamento, riguarda il concetto dicampo. Ai tempi di Faraday e Maxwell, quando lafisica conosceva ancora l'etere, il campo era unconcetto facile da capire: era un particolare statodell'etere. Dopo l'eliminazione dell'etere il campodivenne un concetto astratto e di difficile compren-sione ed è ancora così che viene insegnato al giornod'oggi. In realtà la moderna teoria dei campi è quasisul punto di farsi dei campi un'idea ancora più chiaradi quella dei tempi di Maxwell: i campi sono struttu-re, sistemi fisici, che rivendicano un grado di realtàequivalente a quello di altri sistemi, anche materiali.La fisica moderna è quindi vicina all' avere dei cam-pi una rappresentazione concettuale molto con-creta.

Come terzo esempio del fatto che la fisica modernaconduce a una rappresentazione semplificata dellafisica classica, si noti che esiste tutta una serie diconcetti difficili, la cui esistenza era a quel tempo inuna certa misura giustificabile, che nel frattemposono diventati superflui. Tra questi il concetto diforme di energia e in particolare quelli di calore elavoro.

Un'altra caratteristica del presente metodo d'inse-gnamento è quella di creare dei punti di collegamen-to con altre materie. Un esempio lampante è datodalla termodinamica, dove la coppia di grandezzequantità di sostanza/potenziale chimico è introdottain connessione con l'altra coppia entropia/tempera-tura. Si riesce così a mostrare che le reazioni chimi-che possono essere trattate con gli stessi mezzi con-cettuali dei processi meccanici, elettrici e termici.

Negli ultimi anni l'insegnamento della fisica si èarricchito di tutta una serie di nuovi termini, legatisoprattutto ai rapidi sviluppi nelle tecniche di in-formazione e comunicazione. Nel farlo si è spessomisconosciuto che questi argomenti riguardanomolto di più che una nuova classe di apparecchi elet-tronici. La fisica del trasporto e dell'elaborazionedei dati merita un approccio da un punto di vista piùvasto di quello strettamente tecnico. Il suo inseri-mento in modo naturale nel qui presente corso, èreso possibile dall'introduzione di una grandezzache nell'insegnamento tradizionale non appare: lamisura di Shannon per la quantità di dati.

A. Parte generale

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2. Fondamenti fisici2.1 Grandezze estensive

Esiste una classe di grandezze fisiche delle quali èparticolarmente facile farsi una rappresentazioneconcettuale. Le chiamiamo grandezze estensive(Falk,1977, Falk 1979, Schmid 1984). Ne fannoparte la massa, l'energia, la carica elettrica, laquantità di sostanza, la quantità di moto, la quantitàdi moto angolare, l'entropia e altre ancora. Ognunadi queste grandezze può essere immaginata comeuna specie di sostanza, o un fluido. Con "immagina-ta" si intende che, dal punto di vista fisico, è correttoparlarne come si parla di una sostanza. Si può usarelo stesso vocabolario che si usa nel linguaggiocomune per esprimere il bilancio delle sostanze.

Una caratteristica che permette di dire se una gran-dezza X è estensiva, è il suo comparire in un'equa-zione di bilancio:

dX/dt = IX + ΣX

Questa equazione fa un'asserzione relativa a unaparticolare regione dello spazio. In Fig. 2.1 dX/dtdescrive la variazione nel tempo del valore di Xall'interno della regione considerata. Anche ΣX siriferisce all'interno della regione. Questo termineindica quanto della grandezza X viene prodottorispettivamente annientato, per unità di tempo. IX

per contro, è una grandezza il cui valore si riferiscealla superficie della regione dello spazio.

Possiamo dare un'interpretazione più chiara dell'e-quazione di bilancio, interpretando IX come l'in-tensità di una corrente attraverso la superficie dellaregione in questione (Herrmann 1986). Levariazioni del valore di X hanno quindi due cause:da un lato la produzione rispettivamente annienta-mento di X all'interno dell'area e dall'altro unacorrente attraverso la superficie.

Per alcuna grandezze estensive, il termine ΣX èsempre nullo. Queste grandezze possono variare illoro valore all'interno di una regione dello spaziosolo se una corrente fluisce attraverso la superficie.Sono dette grandezze conservate. La carica elettrica

e l'energia sono grandezze conservate. L'equazionedi bilancio per la carica elettrica ha la seguenteforma

dQ/dt = I

dove I è l'intensità di corrente elettrica. Analoga-mente, per l'energia vale

dE/dt = P

dove P è l'intensità di corrente d'energia o potenza.

Quindi una grandezza estensiva non deve per forzaessere conservata. L'idea di grandezza estensiva èpiù vasta dell'idea di grandezza conservata. È co-munque importante rendersi conto che solo per legrandezze estensive ha senso porre la questionedella conservazione. Solo di una grandezza estensi-va possiamo dire che è conservata o che non lo è. Pergrandezze di altro tipo, come l'intensità del campoelettrico o la temperatura, l'idea di conservazionenon ha senso.

Una grandezza estensiva non deve neanche esserenecessariamente scalare. Quantità di moto e quanti-tà di moto angolare sono esempi di grandezze esten-sive vettoriali. Possiamo pensare a una grandezzaestensiva vettoriale come a tre grandezze estensivescalari, una per ogni componente del vettore e ognu-na con la relativa equazione di bilancio.

L'esigenza per ogni grandezza estensiva di soddi-sfare un'equazione di bilancio, implica alcune sem-plici proprietà di queste grandezze:

- Il valore di una grandezza estensiva è riferito auna regione dello spazio.

- A ogni grandezza estensiva è associata un'altragrandezza che possiamo interpretare come inten-sità di corrente.

- Le grandezze estensive sono additive : se in unsistema A il valore della grandezza X è XA e nelsistema B XB, nel sistema composto da A e B lagrandezza X avrà valore XA + XB, Fig.2.2.

- Le intensità di corrente sono additive: se in unaregione fluiscono due correnti dalle intensità ri-spettive IX1 e IX2, allora nella regione fluirà intotale una corrente di intensità IX1 + IX2.

Queste quattro proprietà descrivono quelle caratte-ristiche delle grandezze estensive che ne rendonocosì facile l'uso. Sono la giustificazione del fatto chele grandezze estensive possono essere immaginatecome una sostanza. La decisione di pensare a unagrandezza X come a una sostanza viene peraltropresa implicitamente, appena il termine IX nell'e-quazione di bilancio viene denominato intensità dicorrente.

Il fatto di poter parlare di determinate grandezze co-me si parla di sostanze come l'acqua o l'aria, assumeun particolare valore nell'insegnamento.

Quando si conosce una nuova grandezza fisica, so-litamente ci si deve adattare al suo contesto verba-le: verbi, aggettivi e preposizioni specifiche.

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Fig. 2.1 Il valore della grandezza X all'interno del volumedelimitato può cambiare grazie a correnti di afflusso rispetti-vamente deflusso o con produzione rispettivamente annien-tamento

IX

dX/dt, ΣX

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Ad esempio nella formulazione di frasi che conten-gono le grandezze forza, lavoro e tensione, lo spaziodi manovra è abbastanza ridotto. Una forza agisceo viene esercitata su un corpo, il lavoro viene com-piuto, una tensione c'è o è applicata.

Per contro, trattando le grandezze estensive ci si puòservire di tutti i modi di dire comunemente usati nelriferirsi a sostanze. Così si potrà dire: "un corpocontiene una certa quantità di moto", ma anche "ilcorpo ha quantità di moto" oppure "c'è una certaquantità di moto nel corpo". Si possono pure utiliz-zare gli aggettivi molto e poco: un sistema può a-vere molta o poca energia (ma non molta o pocatemperatura). Si può anche dire che un sistema nonha carica o non ha quantità di moto per dire che ilvalore della carica rispettivamente della quantità dimoto è uguale a zero. (Per contro non si dovrebbedire che un sistema non ha potenziale o non ha tem-peratura). Anche il fluire di una corrente di unagrandezza estensiva si può descrivere con terminidel linguaggio comune. Si potrà quindi dire che unacorrente fluisce o scorre da A verso B, ma ancheche va da A a B oppure che parte da A e arriva inB.

Ogni studente ha dimestichezza con questo linguag-gio prima ancora di affrontare per la prima volta uncorso di fisica. Mettere in evidenza le caratteristichedi sostanza di queste grandezze è dunque di grandeaiuto anche nell'insegnamento.

Nell'insegnamento tradizionale questi vantaggi nonsono sempre sfruttati. Solo la massa e la carica elet-trica vengono presentate in modo da venire percepi-te come grandezze estensive. Al contrario energia equantità di moto vengono solitamente derivate daaltre grandezze così che le loro proprietà di grandez-za estensiva non appaiono più come evidenti.

Che l'energia di solito non sia immaginata come unasostanza, appare chiaramente dalle seguenti frasiche si usano per descrivere la situazione rappresen-tata in Fig.2.3: "Alla piastra destra del condensatoreviene fornito lavoro. Così facendo aumenta l'ener-gia potenziale della piastra destra nel campo dellapiastra sinistra". Lo stesso processo può essere de-

scritto anche tenendo conto delle caratteristiche disostanza dell'energia: "nel condensatore fluisce e-nergia attraverso la corda e la piastra destra."

Lo stesso discorso vale anche per la quantità di moto(la quantitas motus) come mostra l'esempio raffigu-rato in Fig. 2.4: "attraverso la corda, sul vagoneviene esercitata una forza; in questo modo la quanti-tà di moto del vagone cambia." Riconoscendo leproprietà di grandezza estensiva della quantità dimoto, lo stesso processo può essere descritto così:"attraverso la corda, della quantità di moto fluiscenel carrello."

Questi esempi mostrano come la possibilità dicrearsi un'immagine semplice di certe grandezzenon venga sfruttata. In questo senso l'insegnamentotradizionale ha anche un altro difetto. Ci sono areedella fisica dove le grandezze estensive non vengo-no nemmeno introdotte: l'ottica e l'acustica o, perdirla in termini moderni, le aree della fisica relativealla tecnica dei dati. La grandezza estensiva adattaalla formulazione di equazioni di bilancio in questediscipline è la misura di Shannon per la quantità didati. Nell'insegnamento dell'ottica e dell'acusticaquesta grandezza non ha ancora trovato moltospazio, anche perché i cambiamenti di fondo, indiscipline con una così lunga tradizione, sono moltodifficili.

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Fig. 2.3. Attraverso la corda e la piastra destra del condensa-tore, fluisce energia nel campo del condensatore

condensatore

motore

Fig. 2.4. Attraverso la corda fluisce quantità di moto nel car-rello.

Fig. 2.2. Sull'additività delle grandezze estensive.

sistema parziale B

sistema parziale A

sistema totale

X=XB

X=XA+XB

X=XA

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2.2 Forme di energia e portatori di energia

Il nome della grandezza fisica energia è spesso cor-redato di aggettivi. Si parla di energia cinetica, po-tenziale, elettrica, chimica, libera, nucleare, termicae radiante. Questa suddivisione in varie forme dienergia non si fonda su un vero principio ma è laconseguenza di diversi punti di vista. Alcuni degliattributi definiscono il sistema o l'oggetto che con-tiene l'energia. Così l'energia radiante non è altroche l'energia (totale) della radiazione raccolta da unocchio, proprio come la carica elettronica è la caricadell'elettrone e con massa solare si intende la massadel Sole. Nella maggior parte dei casi però la suddi-visione dell'energia in varie forme ha un propositodi maggiore portata.

La necessità di suddividere l'energia in forme si ma-nifestò già nella metà del XIX° secolo, immediata-mente dopo l'enunciazione del concetto di energia.Si giunse alla conclusione che doveva esistere unanuova grandezza fisica, anche se non se ne conosce-vano le caratteristiche principali e nemmeno unmetodo per misurarne il valore. L'energia si manife-stava in vari sistemi e processi ma in modi moltodiversi. Che in tutti questi casi si avesse a che farecon la stessa grandezza venne dedotto dall'osserva-zione che, nei processi, certe combinazioni di altregrandezze fisiche variavano secondo particolariproporzioni. C'erano per così dire tassi di cambiofissi tra queste combinazioni, i cosiddetti equiva-lenti. Il più conosciuto di questi tassi di cambio eral'equivalente meccanico del calore.

Fu una grande realizzazione scientifica riconosce-re in queste combinazioni di grandezze fisiche lemanifestazioni di un'unica, nuova grandezza. Fuchiamata energia. Da una parte la nuova grandezzaaveva la bella proprietà di essere di natura universa-le. Giocava un ruolo nei più svariati ambiti dellafisica creando delle connessioni tra questi ambiti.D'altra parte aveva un difetto: non si manifestavasempre allo stesso modo, come ci si attende da unagrandezza fisica normale. Per questo motivo alcunifisici la consideravano un'utile grandezza matema-tica e nulla più. In ogni caso sembrò sensato deno-minare le varie combinazioni di grandezze, che rap-presentavano le varie spoglie sotto le quali l'energiasi manifestava, forme di energia. L'energia non sipresentava in un unico modo ma sempre in una dellesue forme. Non possedeva una caratteristica sem-pre identificabile, il cui valore si potesse determina-re in ogni situazione.

Questa interpretazione sopravvisse grosso modofino alla fine del secolo e, con le conoscenze deltempo, era sicuramente ragionevole. Mostreremopiù avanti che, alla luce della fisica del XX° secolo,il concetto di forma di energia diventa superfluo, e-sattamente come lo sarebbero quelli di forma di en-tropia o forma di quantità di moto. Ma visto chequesto concetto di forma di energia è sopravvissutofino ai nostri giorni e negli ultimi anni l'insegna-mento scolastico lo ha rivalutato, vogliamo ancora

aggiungere alcune osservazioni sulle basi fisichedella suddivisione dell'energia in forme.

Nella suddivisione dell'energia in forme si devonodistinguere due procedimenti: l'uno permette di as-sociare una forma all'energia immagazzinata, cioècontenuta in un sistema; l'altro classifica variazionie flussi di energia. Il primo procedimento conduce aclassi come l'energia cinetica, l'energia potenziale,l'energia interna, l'energia elastica (di una molla)ecc. Il secondo porta alle categorie energia elettrica,energia chimica, calore, lavoro, ecc.

Per distinguere le forme di energia a seconda delprocedimento usato per definirle, le prime sonodette forme di esistenza o di immagazzinamento, leseconde forme di scambio. Vogliamo illustrare idue procedimenti, cominciando dalle forme di esi-stenza.

L'energia E di un sistema può sempre essere espres-sa in funzioni di altre variabili x1, x2, x3, ecc. Sce-gliendo in modo appropriato le variabili (Falk 1968,pag. 54), il sistema viene descritto interamente dallafunzione

E = E(x1,x2,…).

Questa funzione è detta funzione di Hamilton (neisistemi meccanici) o potenziale termodinamico (neisistemi termodinamici). In tutta una serie di sistemia noi familiari, la funzione si scompone in una som-ma di termini, ognuno dei quali dipende da variabiliche negli altri termini della somma non compaiono(Falk, Ruppel 1976). Ad esempio potrebbe succe-dere che

E(x1,x2,x3) = E'(x1,x2) + E"(x3).

Si dice in questo caso che il sistema si scompone insottosistemi non interagenti.

Ogni qualvolta una scomposizione del genere è pos-sibile, ai vari sommandi possono essere dati deinomi. In questo modo si ottengono le forme di esi-stenza di energia. Un esempio concreto è un con-densatore in movimento la cui energia totale è datada:

E(Q, p) = E0 + Q2/2C + p2/2m.

Q è la carica elettrica, C la capacità, p la quantitàdi moto e m la massa del condensatore. Il primosommando viene chiamato energia di riposo, ilsecondo energia del campo elettrico e il terzoenergia cinetica.

Constatiamo dunque che le forme di esistenza de-finiscono semplicemente l'energia contenuta in unsottosistema. Quando è possibile ciò dovrebbe esse-re sottolineato. La denominazione risulta partico-larmente facile se il sottosistema ha già un nome,come per l'energia del campo elettrico nel caso delcondensatore. Si parla quindi di energia del campoelettrico o dell'energia nel campo elettrico.

Veniamo alla definizione delle forme di scambio.L'esperienza ci insegna che in ogni trasformazione

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di un sistema da uno stato ad un altro, almeno duegrandezze cambiano il loro valore. Ciò è conse-guenza della validità della cosiddetta forma fonda-mentale dell'energia secondo Gibbs (Falk, Ruppel1976):

dE = TdS + ϕdQ + vdp + µdn + … (2.1)

dove T è la temperatura, S l'entropia, ϕ il poten-ziale elettrico, Q la carica elettrica, v la velocità, pla quantità di moto, µ il potenziale chimico e n laquantità di materia.

La relazione dice tra le altre cose, che ogni variazio-ne d'energia comporta la variazione di almeno un'al-tra grandezza estensiva (S, Q, p, n…). La maggiorparte delle grandezze estensive soddisfa i criteriprecedenti. In che misura la variazione di una gran-dezza estensiva influenza la variazione d'energiadipende dalla grandezza intensiva corrispondente(T, ϕ, v, µ…). La grandezza estensiva e quella in-tensiva che appaiono nello stesso termine della for-ma fondamentale di Gibbs sono dette coniugate opiù precisamente: coniugate per l'energia. Ad esem-pio T e S sono grandezze coniugate così come µ en, ecc.

Per ogni processo si può scrivere una forma fonda-mentale. Nei casi più semplici è formata da pochitermini. Quelli diversi da zero al variare dell'ener-gia, permetteranno di parlare di variazione d'ener-gia dell'una o dell'altra forma. Se il termine TdS èdiverso da zero diciamo che l'energia varia sottoforma di calore. Il termine ϕdQ corrisponde all'e-nergia elettrica, il termine vdp al lavoro e iltermine µdn all'energia chimica.

Adesso possiamo immaginarci ogni variazione dienergia della forma ydX come una corrente dellagrandezza X dal sistema verso l'esterno o viceversa.Ne consegue che anche ogni corrente di energiapuò essere scritta come somma:

P = TIS + ϕI + vF + µIn+ … (2.2)

L'equazione ci dice che le correnti di energia posso-no essere suddivise in forme come le variazioni dienergia. L'energia fluirà dunque come calore olavoro, in forma chimica o elettrica, ecc.

L'equazione (2.2) evidenzia un fatto importante mapurtroppo spesso trascurato: quando fluisce energiafluisce sempre almeno un'altra grandezza (estensi-va). In parole povere si può dire : "l'energia non flui-sce mai sola".

Per quanto sia comprensibile che con le conoscenzedel XIX° secolo i singoli termini delle equazioni(2.1) e (2.2) fossero considerati forme di energia egli apparecchi, che assorbono energia in una forma ela restituiscono in un'altra, dei trasformatori di ener-gia e per quanto infelice possa apparire da un puntodi vista moderno, questa concezione non fa che evi-denziare il fatto che le varie forme di energia sonograndezze fisiche diverse con la singolare proprietàdi poter essere trasformate l'una nell'altra.

Da quando conosciamo la teoria della relativitàristretta, sappiamo che l'energia è una grandezza fi-sica indipendente e non una grandezza di calcolo"derivata". Parlare di forme di energia appare diconseguenza, da un punto di vista moderno, altret-tanto ingiustificato del parlare di varie forme di cari-ca elettrica a seconda che la carica sia portata da e-lettroni, protoni o muoni (Falk, Herrmann, Schmid1984). La teoria della relatività ci dice che caratteri-stiche ha l'energia. Dall'equivalenza massa-energiasegue che l'energia ha le stesse proprietà della mas-sa: peso e inerzia. (La teoria della relatività generaleci dice addirittura che peso e inerzia sono la stessaproprietà).

Per distinguere le diverse modalità di trasporto del-l'energia descritti dai vari termini dell'equazione(2.2), non è necessario parlare di forme di energia: èsufficiente indicare qual è la grandezza estensivache fluisce assieme all'energia. Invece di energiasotto forma di calore diciamo che accanto alla cor-rente di energia c'è anche una corrente di entropia.

L'equazione (2.2) permette di dare una descrizionesemplice dei trasporti di energia: chiamiamo lagrandezza estensiva che fluisce con l'energia ilportatore di energia . L'energia è dunque letteral-mente portata da entropia, carica elettrica, quantitàdi moto, quantità di sostanza, ecc. Un flusso del por-tatore può essere collegato a un flusso di energia piùo meno intenso, a seconda del valore della corri-spondente grandezza intensiva. Diciamo: il portato-re può essere caricato con molta o poca energia.

La grandezza intensiva corrisponde quindi a unamisura di quanto il portatore sia carico di energia.Negli apparecchi, che nel linguaggio tradizionale sichiamano trasformatori di energia, l'energia cambiasemplicemente portatore. Entra nell'apparecchiocon un portatore, viene trasferita ad un altro e lascial'apparecchio con il secondo portatore.

In un corso per principianti non si hanno ancora adisposizione le grandezze estensive. Invece che dagrandezze fisiche, il ruolo di portatore d'energia èricoperto da correnti di sostanze. Così, come porta-tore d'energia in un tubo di un impianto di riscalda-mento centrale, non viene indicata l'entropia mal'acqua calda. Nel caso di trasporto di energia in ungasdotto, non diciamo che l'energia è portata dallaquantità di sostanza ma dal gas (Falk, Herrmann1981a, Falk, Herrmann 1981b).

2.3 Strutture nella fisica

Le equazioni (2.1) e (2.2) permettono di riconoscereuna struttura sistematica nella costruzione della fisi-ca. I termini di destra in entrambe le equazioni han-no tutti la stessa struttura ydX rispettivamente yIX,dove y è una grandezza intensiva, X una grandezzaestensiva e IX l'intensità della corrente di X. No-tiamo così che a ogni termine ydX o yIX possiamoassociare una delle aree classiche della fisica, vistoche contiene solo grandezze caratteristiche di

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quell'area. Queste correlazioni sono elencate nellatabella 2.1.

Se uno solo dei termini di destra nell'equazione(2.2) è diverso da zero, l'equazione stessa si riduce a:

P = yIX (2.3)

Questa relazione descrive un trasporto di energianell'area corrispondente.

La tabella 2.1 contiene le basi per costruire un'ana-logia tra le diverse aree della fisica dalla portatamolto più vasta di quanto possa sembrare a primavista. Fornisce una rappresentazione di grandezzefisiche, relazioni, processi, fenomeni e apparecchi.Questa rappresentazione, in un primo tempo riferitaunicamente alle strutture matematiche, consiglia dioperare nelle varie aree della fisica secondo la stessaconcezione. Nel presente corso facciamo ampio usodi questa possibilità. L'aspirazione a una razionaliz-zazione dell'insegnamento si fonda soprattutto sullosfruttamento di questa analogia.

Abbiamo visto che in ogni area della fisica citatanella Tab. 2.1, due grandezze estensive ricopronoun ruolo importante: da un lato l'energia e dall'altrola grandezza estensiva caratteristica di quell'area,indicata nella seconda colonna della tabella. Così ledue grandezze estensive della meccanica sono ener-gia e quantità di moto, quelle dell'elettrologia ener-gia e carica elettrica. In termologia sono energia eentropia e in chimica energia e quantità di sostanza.

La rappresentazione di queste aree diventa proble-matica ogni qualvolta si tenti di cavarsela con unasola grandezza estensiva. Ci volle molto tempo per-ché questo punto di vista si affermasse. Così nellafamosa controversia tra cartesiani e leibniziani suquale fosse la vera misura delle forze in meccanica,per dirla in termini moderni, si trattava di stabilirese la grandezza "giusta" fosse la quantità di moto ol'energia cinetica. Si partiva dal presupposto chepotesse essere una sola delle due.

Nonostante le due grandezze estensive della termo-dinamica, cioè energia e entropia, siano conosciuteda più di 100 anni, nell'insegnamento si cerca anco-ra di presentare la maggior parte possibile della ter-modinamica senza l'entropia. Questa circostanzascoraggiante è il risultato dell'approccio tradiziona-le alla termologia. Dalla Tab. 2.1 si capisce chequesto approccio corrisponde a un'elettrologia cheoperi senza carica elettrica e senza corrente elettrica

(Fuchs 1986) o a una meccanica dove non esistanoné quantità di moto né forza.

Le osservazioni fatte finora mostrano che l'energiain fisica occupa un ruolo centrale. L'energia è altret-tanto importante nella meccanica, nella termologiae nell'elettrologia. Esiste però un'altra grandezzache, con l'energia, soddisfa i medesimi requisiti: laquantità di dati - quella grandezza la cui unità dimisura è il bit.

Esattamente come distinguiamo i vari tipi di tra-sporto d'energia a seconda dei portatori di energia,possiamo distinguere i trasporti di dati a seconda deiportatori di dati. E, così come ogni portatore dienergia è caratteristico di un'area della fisica, ogniportatore di dati appartiene a una sola di questestesse aree. Così un trasporto di dati dove la lucefunge da portatore sarà caratteristico dell'ottica. Ilportatore di dati suono corrisponde all'acustica ein elettronica si ha a che fare con l'elettricità comeportatore, vedi la Tabella 2.2. Maggiori dettaglisull'analogia tra energia e dati in Daten und Energie(Herrmann, Schmälzle 1987).

2.4 I concetti di corrente, spinta e resistenza

Nel paragrafo 2.2 abbiamo visto come possiamoimmaginare le grandezze estensive: interpretiamola grandezza IX come intensità della corrente delportatore d'energia e la grandezza intensiva ycome misura di quanto il portatore è carico dienergia.

Consideriamo ora una seconda immagine che pos-siamo farci delle grandezze intensive. Un'immagi-ne che a dire il vero è molto diffusa e conosciuta,anche se di solito viene utilizzata solo nell'elettrolo-gia. La sua forza però sta nel fatto che può essereapplicata con gli stessi vantaggi anche in mecca-nica, termologia e chimica. La spieghiamo con unesempio familiare preso dall'elettrologia.

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Tabella 2.1. Classificazione delle grandezze fisiche per area della fisica e della chimica

grandezza estensiva intensità della corrente grandezza intensiva

meccanica quantità di moto p forza F velocità v

elettrologia carica elettrica Q intensità della corrente elettrica I potenziale elettrico ϕ

termologia entropia S intensità della corrente di entropia IS temperatura T

chimica quantità di sostanza n intensità della corrente di materia In potenziale chimico µ

Tabella 2.2. Le aree della fisica relative alla tecnica dei dati

portatore di dati

ottica luce

acustica suono

elettronica elettricità

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Una corrente elettrica fluisce attraverso una resi-stenza, che non deve necessariamente essere ohmi-ca, Fig. 2.5. Già le parole utilizzate per descrivere lasituazione si basano sull'immagine che abbiamo diquanto succede: parliamo di una "corrente" quandola grandezza I ha un valore non nullo e chiamiamo"resistenza" una struttura dove viene prodotta en-tropia. È esattamente questa immagine, usata incon-sciamente da ogni fisico, che vogliamo svilupparetrasferendola anche a correnti non elettriche e chevogliamo usare in modo sistematico nel presentecorso.

Chiamiamo dunque la grandezza I intensità di cor-rente della grandezza Q. Il fatto che la corrente chefluisce attraverso la struttura in Fig. 2.5 è tanto piùintensa quanto maggiore è la differenza di potenzia-le ∆ϕ, viene interpretato dicendo che la differenzadi potenziale è la "spinta" che genera la corrente. Inquesto modello la corrente non fluisce spontanea-mente perché ostacolata dalla resistenza dell'ogget-to che attraversa.

Con l'esempio della resistenza ohmica vogliamomostrare quanto sia arbitrario questo modello. Peruna resistenza ohmica vale:

U = R ⋅ I.

L'equazione dice che U e I sono direttamente pro-porzionali: una U maggiore corrisponde a una Imaggiore oppure una I maggiore corrisponde a unaU maggiore. In nessun caso ci dice però quale ècausa dell'altra. Non dice che la tensione genera lacorrente ma nemmeno che la corrente genera la ten-sione. Di conseguenza decidere che è la tensione acausare la corrente è puro arbitrio. Il motivo per cuici sembra più naturale considerare la tensione, e nonla corrente, come la causa, dipende dal fatto che èpiù facile regolare una tensione che non una cor-rente. Nel caso in cui sia il valore di corrente a essereprestabilito, per esempio utilizzando un generatorestabilizzato, si parla effettivamente di una caduta ditensione "causata" da una corrente.

Malgrado la sua arbitrarietà questo modello ha deigrossi vantaggi per lo studente perché, per capirefenomeni elettrici o per risolvere problemi di elet-

trotecnica, ci si può riferire ai fenomeni dai qualiquesta immagine è mediata: correnti di liquidi e gaso, più concretamente, di acqua e aria.

Noi ci serviamo di questo modello anche perché,oltre che nell'elettrologia, è utilizzabile anche inmeccanica, termologia e chimica.

Il modello di spinta e resistenza è utile per capire siale grandezze intensive che quelle estensive. In elet-trologia è utile soprattutto per una descrizione dellagrandezza intensiva "potenziale elettrico"; inchimica è usato per introdurre la grandezza intensi-va "potenziale chimico". Invece della grandezza in-tensiva termodinamica, la temperatura, gli studentihanno già una buona rappresentazione concettuale.In questo caso il modello di spinta e resistenza ser-ve per l'introduzione della grandezza estensivaentropia.

Per permettere agli studenti di acquisire dimesti-chezza con questo modello, il corso è preceduto daun'unità didattica sulle correnti di liquidi e gas. Lamaggior parte dei concetti più importanti del corsovengono trattati a fondo già in questo capitolo.

Si noti anche che il modello di spinta e resistenzaben si adatta alla struttura unitaria della fisica citatanel capitolo precedente e contribuisce di conse-guenza alla semplificazione del suo insegnamento.

2.5 Relazioni e grandezze più importanti

Per cominciare elenchiamo le grandezze più impor-tanti utilizzate in questo corso.Grandezze estensive

energia Equantità di moto pquantità di moto angolare Lcarica elettrica Qentropia Squantità di sostanza nquantità di dati H

Grandezze intensivevelocità vpotenziale elettrico ϕtemperatura Tpressione ppotenziale chimico µ

Intensità di correntedi corrente d'energia (= potenza) Pdi corrente di quantità di moto (= forza) Fdi corrente elettrica Idi corrente d'entropia IS

di corrente di sostanza In

di corrente di dati IH

Oltre a queste, vengono introdotte altre grandezzeche non rientrano in nessuna delle tre categorie: in-nanzitutto spazio e tempo; poi alcune costanti delmateriale così come grandezze che caratterizzano

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Fig. 2.5. La differenza di potenziale tra le estremità della resi-stenza viene interpretata come spinta della corrente elettrica.

I

∆ϕ

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delle apparecchiature tecniche come la costante del-la molla k, la resistenza elettrica R e la capacità C.

Le relazioni matematiche in cui appaiono questegrandezze possono essere suddivise in classi sullabase della struttura discussa nei paragrafi prece-denti. Ogni relazione all'interno di una classe si ot-tiene mediante una trasposizione formale di un'altrarelazione della stessa classe. La trasposizione con-siste nella sostituzione delle grandezze di una rigadella Tab. 2.1 con le grandezze di un'altra riga. Solol'energia e l'intensità della sua corrente non vengonosostituite.

Le relazioni più importanti trattate nel corso sonoriassunte in tabella 2.3. In ogni colonna sono rag-gruppate le relazioni appartenenti alla stessa classe.Ogni riga corrisponde a una delle quattro discipli-ne: meccanica, elettrologia, termologia e chimica,già usate per classificare le grandezze in Tab. 2.1.

Le equazioni della prima colonna descrivono larelazione tra le grandezze estensive e le relative in-tensità di corrente. In effetti al posto del quozientetra una grandezza estensiva e il tempo, dovrebbe es-serci un quoziente differenziale. Di conseguenzaqueste equazioni sono valide solo nel caso in cuil'intensità di corrente corrispondente è costante.Nella stessa classe di relazioni rientrano anche leequazioni

P = E/t

e

IH = H/t

che però non appartengono a nessuna delle righe inTab. 2.3.

Le equazioni della seconda colonna descrivono larelazione tra le intensità del flusso di energia e lacorrente della grandezza estensiva che accompagnail flusso di energia. Sono equazioni della stessaforma dell'equazione (2.3), che fissano la scala dellagrandezza intensiva, che ne spiegano cioè la costru-zione dei multipli.

I quozienti in colonna 3 potrebbero genericamenteessere definiti delle capacità in quanto hanno tutti lastessa struttura della capacità elettrica. Così la mas-sa si può interpretare come la capacità di quantità di

moto di un corpo. A una velocità data, un corpo con-tiene tanta più quantità di moto quanto maggiore è lasua massa. Per la capacità di entropia ∆S/∆T nonviene utilizzato nessun simbolo specifico anche sela grandezza è tecnicamente importante: è la misuradella capacità di un corpo di immagazzinare calore.

La relazione tra corrente e spinta in processi dissipa-tivi, colonna 4, viene trattata solo in modo qualitati-vo, con l'eccezione della legge di Ohm: più grande èla spinta, maggiore sarà l'intensità della corrente.

2.6 La scala delle grandezze più importanti

Quando si introduce una nuova grandezza fisica de-vono esserne fissati i multipli dell'unità. Il procedi-mento di definizione di una scala, cioè dei multipli,è sostanzialmente lo stesso per tutta una serie digrandezze. In particolare, ognuna delle tre classi digrandezze discusse nel paragrafo precedente ha ilproprio procedimento per la definizione di una sca-la. Ci limiteremo qui alla discussione di queste treclassi.

Generare dei multipli di una grandezza estensiva è,perlomeno concettualmente, banale. Per produrre ildoppio, triplo, ecc. del valore di una grandezzaestensiva dobbiamo solo realizzare due, tre, ecc.versioni di tutto il sistema. Se vogliamo aumentareil valore di una grandezza estensiva in un sistema di1, 2, …n unità, allora dobbiamo trasferire al sistema1, 2, …n unità della grandezza in questione. Questotrasferimento in molti casi è molto semplice - comenel caso della carica elettrica, ad esempio utilizzan-do un cucchiaio di Faraday, Fig. 2.6 - in altri tecnica-mente complesso, come nel caso dell'energia.

Per definire i multipli delle intensità di corrente,consideriamo una corrente che attraversi un condut-tore dall'estensione laterale ben delimitata. Inoltrenel conduttore non devono esserci sorgenti o scari-chi della corrente. Per ottenere nel conduttore consi-derato dei multipli di una certa intensità, sfruttiamola regola dei nodi: facciamo confluire in un nodo 1,2, …n correnti, ognuna di intensità unitaria. In Fig.2.7 è raffigurato l'esempio di una corrente elettrica,in Fig. 2.8 quello di una forza, cioè di una corrente diquantità di moto.

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Tabella 2.3. Le relazioni più importanti

relazione tra quantità e relazione tra corrente diintensità della corrente energia e corrente del capacità resistenza

portatore di energia

F = p/t P = vF m = p/v solo qualitativamente

I = Q/t P = UI C = Q/U R = U/I

IS = S/t P = TIS ∆S/∆T (senza simbolo) solo qualitativamente

In = n/t P = (µ2 - µ1)In non viene trattata solo qualitativamente

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La definizione di una scala per le grandezze inten-sive è più complicata e passa, come già accennato,per le equazioni in colonna 2 della tabella 2.3. Ciriferiamo nuovamente all'esempio dell'elettricità.Confrontiamo due circuiti elettrici A e B, Fig. 2.9.L'intensità di corrente elettrica sia la stessa in en-trambi. Ora, se nel circuito A la corrente d'energia èdue volte più intensa che nel circuito B, allora anchela tensione A è doppia della tensione B.

Anche se la determinazione della scala per unagrandezza rappresenta un passo importante nelladefinizione della grandezza stessa, consigliamo dinon dedicare troppo spazio alla questione in uncorso per scuole secondarie, in quanto lacostruzione di multipli è quasi sempre o banale odifficile.

3. BibliografiaFALK, G.: Theoretische Physik, Band II. SpringerVerlag, Berlin (1968).

FALK, G.: Was an der Physik geht jeden an? Phys.Blätter 33, 616 (1977).

FALK, G.: Die begriffliche Struktur der Physik.Konzepte eines zeitgemäßen Physikunterrichts,Heft 3, Pag. 7. Hermann Schroedel Verlag KG,Hannover (1979).

FALK, G., HERRMANN, F.: Neue Physik - dasEnergiebuch. Hermann Schroedel Verlag KG,Hannover (1981a).

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FALK, G., RUPPEL, W.: Energie und Entropie.Springer Verlag, Berlin (1976).

FUCHS, H.: A surrealistic tale of electricity. Am. J.Phys. 54, 907 (1986).

HERRMANN, F., SCHMÄLZLE, P.: Daten undEnergie. J.B. Metzler und B.G. Teubner, Stuttgart(1987).

HERRMANN, F.: Is an energy current energy inmotion? Eur. J. Phys. 7, 198 (1986).

SCHMID, G. B.: An up-to-date approach tophysics. Am. J. Phys. 52, 794 (1984).

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Fig. 2.6. La carica elettrica della sfera viene aumentata di treunità.

un'unità dicarica ciascuno

Fig. 2.7. Attraverso la sezione S fluiscono tre unità di intensi-tà di corrente elettrica.

S

un'unità di intensitàdi corrente ciascuno

Fig. 2.8. Attraverso la sezione S fluiscono tre unità di intensi-tà di corrente di quantità di moto.

un'unita di forza ciascuno

S

30 W

60 W

A

A

5 A

5 A

lampadinediverse

Fig. 2.9. L'intensità P della corrente di energia è doppia neldispositivo inferiore che in quello superiore, l'intensità Idella corrente elettrica è uguale. La scala della tensione U èfissata in modo che in entrambi i casi valga P = UI.

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1. Energia e portatori di energia1. L'energia come grandezza estensiva

L'energia viene introdotta come una grandezza dal-le caratteristiche estensive. Parliamo dell'energiacome parliamo di una sostanza. L'uso dell'energiarisulta facilitato rispetto alla normale derivazioneattraverso il concetto di lavoro.

2. Grandezze fisiche o sostanze come portatori dienergia?

L'introduzione dei portatori di energia è una conse-guenza della legge secondo la quale in ogni traspor-to di energia è coinvolta almeno un'altra grandezzaestensiva. Quando si tratta di trasporto di energiameccanica è la quantità di moto, per l'energia elet-trica la carica elettrica, per quella termica l'entropiae per quella chimica la quantità di sostanza. Abbia-mo proposto di chiamare portatori di energia questegrandezze che accompagnano la corrente di ener-gia.

Per non appesantire un corso per principianti conl'introduzione di un gran numero di nuove grandez-ze fisiche, non designiamo queste grandezze comeportatori di energia ma le sostituiamo con sostanzeche le contengano. Così invece di entropia si parla inun primo momento dei portatori di energia "acquacalda" o "aria calda" o dei portatori di energia "ben-zina" o "gasolio" invece di quantità di sostanza.

3. La quantità di moto angolare come portatoredi energia

Così come la forza può essere interpretata come in-tensità della corrente di quantità di moto, possiamointerpretare il momento meccanico come intensitàdella corrente di quantità di moto angolare. Quindil'equazione

M = dL/dt

(M = momento meccanico, L = quantità di motoangolare) afferma quanto segue: la variazione neltempo del momento meccanico di un corpoequivale all'intensità della corrente di quantità dimoto che fluisce nel corpo stesso.

4. Portatori di energia del tipo "vuoto a rendere"e del tipo "vuoto a perdere"

La distinzione tra portatori di energia del tipo "vuo-to a rendere" o "vuoto a perdere" non ha nessun pro-fondo significato fisico. La facciamo solamenteperché rappresenta un buon esercizio nella distin-zione del percorso dell'energia dal percorso delportatore di energia. Si nota facilmente come ognitrasporto del tipo "vuoto a rendere" può essere tra-sformato in un trasporto del tipo "vuoto a perdere" eviceversa. Si potrebbe per esempio far rifluire nelcompressore l'aria che fuoriesce da un martellopneumatico. In questo modo diventerebbe un porta-tore di energia del tipo "vuoto a rendere".

Introduciamo la quantità di moto angolare comeportatore del tipo "vuoto a rendere". Nella maggio-ranza dei casi ciò è giustificato, ad esempio conside-rando un motore che aziona una pompa, entrambimontati sullo stesso basamento o supporto. Laquantità di moto angolare fluisce dal motore allapompa attraverso l'albero motore e, attraverso il ba-samento o il supporto, torna dalla pompa al motore.

Nel caso di un ventilatore azionato da un motore,non e così. La quantità di moto angolare viene tra-smessa dal motore alle pale del ventilatore attraver-so l'albero motore, da lì viene dispersa nell'aria, va aterra in modo difficilmente controllabile e infinetorna al motore. In questo caso propenderemmo perdefinire la quantità di moto angolare come portatoredel tipo "vuoto a perdere". Abbiamo però tralascia-to queste sottili differenze.

B. Osservazioni

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2. Correnti di liquidi e gas1. Correnti di aria e acqua come modelli di cor-renti di grandezze fisiche.

In questo capitolo vengono introdotti concetti estrutture che nel seguito del corso sono usati dicontinuo.

L'oggetto della riflessione - correnti di aria e acqua -è molto familiare agli studenti. Non solo l'acqua sipuò vedere, ma spesso si può addirittura riconoscerea occhio nudo se sta scorrendo. Anche delle correntid'aria gli studenti hanno un'idea ben chiara.

Mentre qui consideriamo correnti di sostanze, lecorrenti di cui si parlerà nel prosieguo del corsosaranno concetti molto più astratti, si tratta dellecorrenti di grandezze fisiche. Più tardi i concetti e lerelazioni introdotti in questo capitolo si potrannoapplicare facilmente alle correnti di grandezze fisi-che. In particolare, anche le rappresentazioni che glistudenti si faranno dei processi qui discussi dovran-no essere applicate alle correnti di grandezze fisi-che.

2. Concetti di base per le lezioni future

I concetti e le relazioni seguenti compariranno mol-te volte nel corso:

- Intensità di corrente. La quantità di una sostanza odi una grandezza fisica estensiva che fluisce in unpunto determinato in un certo intervallo di tempo,divisa per quell'intervallo di tempo.

- Spinta. Differenza dei valori di una grandezzaintensiva. Maggiore è la spinta, più grande saràl'intensità di corrente.

- Resistenza. Una proprietà del conduttore. Di-pende da lunghezza e sezione.

- Equilibrio. Stato nel quale non fluisce nessunacorrente anche in presenza di un collegamento;non c'è spinta.

- Regola dei nodi. Forma dell'equazione di bilancionel caso in cui non ci siano né sorgenti né scarichi.

- Regola delle maglie. A ogni punto di un condut-tore può essere associato un valore dellagrandezza intensiva.

- Portatore di energia. La corrente di una sostanza odi una grandezza estensiva è associata a una cor-rente di energia.

3. La misura quantitativa di correnti d'aria eacqua

La grandezza usata come misura della quantità deiliquidi e dei gas considerati, è il volume. Parliamocomunque di correnti di acqua o aria e non di cor-renti di volume in quanto la grandezza corrente divolume non esiste.

4. Le correnti di materia hanno più di una spinta.

Visto che con una corrente di materia fluisce anchetutta una serie di grandezze fisiche, c'è anche tuttauna serie di spinte all'origine di una corrente di ma-teria. Per ogni grandezza estensiva che fluisce con lamateria c'è una corrispondente grandezza intensiva,e un gradiente di quest'ultima può avere come con-seguenza un flusso della materia. Così, un liquidonon scorre solamente a causa di una differenza dipressione ma anche, per esempio, a causa di una dif-ferenza di potenziale gravitazionale, in altre paro-le: scorre spontaneamente dall'alto verso il basso.Per motivi di chiarezza in questo capitolo verrannoconsiderate solo situazioni dove le spinte diversedalla differenza di pressione non hanno nessuna in-fluenza.

5. La pressione come grandezza indipendente

La pressione non è ricondotta alla forza come vienefatto comunemente ("pressione uguale forza frattosuperficie") anche perché delle due grandezze, for-za e pressione, la forza è sicuramente quella che creamaggiori difficoltà. A rendere difficile il concetto diforza sono le questioni di segno e direzione e, stret-tamente connessi, i concetti di forza contraria edequilibrio di forze. Sotto questo aspetto la pressioneè più semplice. È, quantomeno nei nostri esempi,uno scalare il cui valore si riferisce a un punto dellospazio. Non c'è bisogno di specificare chi esercitauna pressione su chi (come invece si fa con le forze).Nei nostri casi di correnti di gas e liquidi, i valoridella pressione sono addirittura sempre positivi.

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3. Quantità di moto e correnti diquantità di moto

1. Quantità di moto sin dall'inizio

Nella struttura della fisica che sta alla base del pre-sente corso, la meccanica viene caratterizzata comequell'area della fisica che tratta della grandezzaestensiva quantità di moto e delle sue correnti. Daquesto punto di vista appare logico cominciare ilcorso trattando le grandezze p e F.

Questo modo di procedere è molto diverso da quellodella didattica tradizionale dove la forza viene sì in-trodotta molto presto, ma dove di quantità di moto siparla, se lo si fa, molto più tardi. Dal nostro punto divista questo procedimento appare incomprensibi-le: si opera con la corrente di qualcosa senza fare laminima affermazione su ciò che fluisce.

Il nostro procedimento non ha come unica conse-guenza il fatto che alcuni fenomeni della meccanicavengano interpretati diversamente, che altre imma-gini vengano utilizzate per spiegarli; ha pure comeconseguenza il fatto che altri fenomeni diventinooggetto di osservazione. I fenomeni normalmenteattribuiti alla dinamica hanno un ruolo più impor-tante nel nostro corso rispetto all'insegnamentotradizionale.

2. La forza come intensità della corrente di quan-tità di moto

L'interpretazione della grandezza F come intensitàdella corrente di quantità di moto ha le sue basi stori-che nel periodo in cui si cominciò a considerare laquantità di moto come una grandezza indipendente:attorno all'inizio del XX° secolo. A nostra cono-scenza è di Planck (1908). La si ritrova poi in nume-rose pubblicazioni negli anni successivi (ad esem-pio Weyl 1924). Il definitivo riconoscimento dellaquantità di moto come grandezza indipendente sipuò far risalire alla pubblicazione della teoria dellarelatività generale. Nel tensore energia-impulso laquantità di moto compare come sorgente del campogravitazionale, assieme all'energia e alle densità dicorrente di energia e di corrente di quantità di moto.

Che p sia più di una semplice abbreviazione delprodotto mv si deduce anche dall'esistenza disistemi nei quali la quantità di moto non è calcolatasecondo questa formula. Un esempio è il campo e-lettromagnetico. La densità di quantità di moto èdata dalla seguente formula

ρp = E×H/c2,

dove E e H rappresentano rispettivamente l'inten-sità del campo elettrico e magnetico.

Seppure l'idea che F sia l'intensità della correntedi quantità di moto abbia ormai quasi 100 anni, nonsi è ancora affermata del tutto. Si può trovare inmolti testi scolastici moderni di fisica (Landau,Lifschitz 1959; Gerthsen, Kneser, Vogel 1977) maunicamente come osservazione per un livelloavanzato. Che questa interpretazione possa esserecapita anche da un principiante e che la fisica, graziea lei, diventa addirittura più facile sembra, nonessere mai stato preso in considerazione.

Naturalmente una reinterpretazione della meccani-ca in questo senso si trova confrontata all'inerzia diuna delle tradizioni più consolidate della fisica.

3. Correnti di quantità di moto conduttive e con-vettive

L'equazione di bilancio per la quantità di moto

dice che la variazione nel tempo dp/dt della quantitàdi moto all'interno di una regione dello spazio èuguale all'intensità Ip della corrente di quantità dimoto attraverso la superficie della regione stessa.L'intensità della corrente di quantità di moto Ip sipuò suddividere in due componenti: la componenteF, tradizionalmente chiamata forza, e una compo-nente v ⋅ Im che appare solo se nella regione dellospazio fluisce una corrente di massa. Im è l'inten-sità della corrente di massa. È quest'ultimo terminead essere responsabile dell'accelerazione di unrazzo. Visto che è associato a una corrente di massa,lo possiamo considerare una corrente di quantità di

Ipdpdt

=

Tabella 3.1. Traduzione degli assiomi di Newton nel linguaggio della corrente di quantità di moto

formulazione tradizionale

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formulazione nel modello di corrente di quantità di moto

1° assioma di Newton

2° assioma di Newton

3° assioma di Newton

La quantità di moto di un corpo al quale non af-fluisce e dal quale non defluisce nessuna correntedi quantità di moto, non cambia.

La variazione nel tempo dp/dt della quantità dimoto di un corpo è uguale all'intensità F dellacorrente di quantità di moto che fluisce nel corpo:

F = dp/dt

Se da un corpo A fluisce una corrente di quantitàdi moto in un corpo B, allora l'intensità della cor-rente all'uscita da A è la stessa che all'entrata in B.

Un corpo sul quale non agisce nessuna forza, re-sta fermo oppure si muove di moto rettilineouniforme.

La variazione nel tempo dp/dt della quantità dimoto di un corpo è uguale alla forza F che agi-sce sul corpo:

F = dp/dt

Se un corpo A esercita un forza F su un corpoB, allora il corpo B esercita su A la forza -F diuguale valore ma di direzione opposta.

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moto "convettiva" e, analogamente, la componenteF una corrente di quantità di moto "conduttiva".Le due componenti si distinguono nel loro compor-tamento in caso di cambiamento del sistema di rife-rimento. La componente convettiva cambia il suovalore, quella conduttiva no. Nel sistema di riferi-mento dove la velocità v del termine v ⋅ Im è uguale azero, è nulla pure la corrente di quantità di moto con-vettiva. Per un osservatore che si muove in un gettod'acqua alla stessa velocità dell'acqua, il getto nontrasporta quantità di moto. Ovviamente anche lacorrente di massa è nulla.

4. Le leggi di Newton nel modello di corrente diquantità di motoLa tabella 3.1 contiene la traduzione delle leggi fon-damentali di Newton nel linguaggio della correntedi quantità di moto. Constatiamo che tutte e tre leleggi, parte destra della tabella, sono formulazionidiverse della conservazione della quantità di moto.Visto che nel nostro corso la conservazione dellaquantità di moto è presupposta sin dall'inizio, tratta-re gli assiomi di Newton non è neppure necessario.Procediamo esattamente così come si fa in elettrolo-gia con la carica elettrica, la cui conservazione èpresupposta sin dall'inizio.

5. La relazione p = mvA lezione, la relazione p = mv viene trattata abba-stanza tardi. Gli studenti devono prima farsi un'ideadella quantità di moto. Si vuole così evitare che pen-sino che p sia solo un'abbreviazione del prodottomv o che il valore di p si possa determinare soloattraverso i valori di m e v.La relazione corrispondente a p = mv in elettricitàè Q = CU. È ovvio che questa equazione non puòessere usata per definire la carica elettrica. Ci dicesemplicemente che la tensione tra le placche di uncondensatore è proporzionale alla carica presentesulle placche. Inoltre definisce la capacità come co-efficiente di proporzionalità tra Q e U. Analoga-mente l'equazione p = mv ci dice che la velocitàdi un corpo è proporzionale alla sua quantità di motoe che la massa è il coefficiente di proporzionalità trap e v.

6. I nomi delle grandezze p e FPer la grandezza p vengono comunemente usati duenomi: "impulso" e "quantità di moto".Il nome "impulso" ha il vantaggio di essere breve.La brevità è importante in locuzioni del tipo "cor-rente d'impulso" o "intensità della corrente d'impul-so". Questo nome ha però uno svantaggio: suggeri-sce che la grandezza abbia a che fare con un fenome-no repentino, improvviso. Nel linguaggio comune èusato con il significato di "dare una spinta" ("...die-de nuovo impulso alla discussione.") Una conse-guenza è che lo studente associa fin troppofacilmente l'impulso agli urti: fenomeni nei quali le

variazioni di impulso avvengono in tempi così breviche è meglio non porsi domande sul decorso esattodel processo.Il nome "quantità di moto" deriva dal nome che Des-cartes diede alla grandezza p: "quantitas motus".Descartes considerava la grandezza da lui introdottacome misura del moto. Il termine "quantità di moto"coincide con la definizione di Descartes e con laconcezione moderna di p.*Il termine "forza" ovviamente non può essere man-tenuto. È troppo in contrasto con la nostra inten-zione di descrivere la grandezza F come intensitàdi corrente della grandezza p.Se avessimo libera scelta nei nomi delle grandezze pe F, chiameremmo p "quantità di moto" e F "in-tensità di corrente meccanica" (in analogia all'inten-sità di corrente elettrica I).

7. L'unità di misura della quantità di motoNella presente esposizione della fisica lo studentedeve farsi una propria rappresentazione concettualedelle grandezze estensive. Non deve pensarle comegrandezze dipendenti da altre. Non sarebbe nel ri-spetto di questo principio usare un'unità di misuracomposta, cioè il prodotto o il quoziente di altre uni-tà di misura. Visto che secondo il Système Interna-tional la quantità di moto e l'entropia non hanno unaloro unità di misura, per queste due grandezze ne in-troduciamo di nostre, compatibilmente con il siste-ma SI: per la quantità di moto l'huygens (Hy), dove1 huygens = 1 newton ⋅ secondoe per l'entropia il carnot (Ct), con1 carnot = 1 joule/kelvin.Nel corso sottolineiamo per contro volentieri che lecorrenti delle grandezze estensive sono della gran-dezze composte: la quantità che fluisce in un deter-minato punto per unità di tempo. Nei casi in cuiqueste intensità di corrente hanno una propria unitàdi misura, in particolare J/s = W, C/s = A e Hy/s = N,occasionalmente usiamo di proposito l'unità di mi-sura composta. Diremo ad esempio: "attraverso lacorda fluisce una corrente di quantità di moto di 15huygens al secondo, cioè di 15 newton", oppure: "o-gni secondo attraverso il filo fluiscono 2 coulomb,l'intensità della corrente è quindi di 2 coulomb al se-condo o di 2 ampère."

Si tenga presente che la distinzione tra grandezzefondamentali e grandezze composte non ha motiva-zioni fisiche. È esclusivamente la conseguenza diconsiderazioni didattiche.

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* NdT: nell'originale tedesco si è optato per il termine "Im-puls" pur sottolineando come "Bewegungsmenge", che intedesco non esiste ed è la traduzione letterale di "quantitasmotus", sarebbe stato più adatto. Per questo motivoabbiamo optato per l'uso di "quantità di moto", malgrado losvantaggio di non essere composto da una sola parola.

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8. Il carattere estensivo della quantità di moto

Un obiettivo didattico importante del paragrafo 3.2è la comprensione del fatto che la quantità di motoha carattere estensivo, che i corpi in movimentocontengono per l'appunto una certa quantità di mo-to. Quasi tutti i ragionamenti e gli esperimenti delparagrafo 3.2 servono a questo scopo. In tutti gliesperimenti è richiesto il bilancio della quantità dimoto.

Ovviamente già dalla domanda "dove è andata laquantità di moto?" consegue che la quantità di motoha carattere estensivo. E il docente potrebbe chie-dersi: non sarebbe più bello lasciare che gli studentiscoprano da soli il carattere estensivo della nuovagrandezza? Questo obiettivo sarebbe però molto piùdifficile da raggiungere. Storicamente ci sonovoluti un paio di secoli prima che si arrivasse aquesta consapevolezza. Normalmente nemmenoper le altre grandezze, ad esempio per la massa o lacarica elettrica, si procede in questo modo. Ildocente parla sin dall'inizio di queste due grandezzecome si parla di grandezze estensive. È moltoimprobabile che gli studenti scoprirebbero da soli ilcarattere estensivo della carica elettrica.

9. Sul metodo didattico

Un'osservazione sul metodo didattico. Per alcuniesperimenti consigliamo di procedere nel modo se-guente: innanzitutto l'esperimento viene eseguito.Poi gli studenti vengono invitati a descrivere quelloche si osserva. Devono farlo parlando delle velocitàdei corpi coinvolti, ad esempio: "Un corpo si muoveverso destra, l'altro è fermo; poi si scontrano; poi simuovono entrambi ecc." Quindi gli studenti vengo-no pregati di spiegare l'esperimento. Con questosi intende che devono raccontare cos'è successo allaquantità di moto. Dunque, si osserva il moto e lo sispiega con la quantità di moto.

Molto più tardi nel corso procederemo allo stessomodo: in termologia. La descrizione delle osserva-zioni consisterà in affermazioni sulla temperatura,la spiegazione nella stesura del bilancio dell'entro-pia.

10.Termini del linguaggio comune relativi allaquantità di moto

Nell'introduzione della quantità di moto si può pro-cedere in questo modo: si chieda agli studenti dielencare delle parole o delle definizioni che descri-

vano ciò che è contenuto in un corpo massiccio chesi muove a velocità elevata, ad esempio unautotreno che viaggia in autostrada a 100 km/h. Sidirà poi agli studenti che quella grandezza è ciò chein fisica viene chiamato quantità di moto. Per espe-rienza sappiamo che oltre a parole come "spinta","slancio" o "potenza", gli studenti diranno anche"forza".

In nessun caso si dovrebbe rifiutare questa rispostadefinendola sbagliata o non appropriata. Si dovreb-be piuttosto sottolineare che la parola "forza" nellinguaggio comune non è usata in modo uniforme.In realtà il suo significato comune corrisponde soloa volte con la grandezza F della fisica. A volte coin-cide anche con l'energia cinetica, a volte con la cor-rente di energia meccanica e spesso si può effettiva-mente applicare molto bene alla quantità di moto.

Lo si capisce anche dall'uso di questa parola nellastoria della fisica. Nella famosa discussione tra car-tesiani e leibniziani sulla scelta di mv o di mv2

come "giusta" grandezza, si era alla ricerca della"misura della forza", come si diceva all'epoca.

11. La misurazione della quantità di moto

In Fig. 3.1 è rappresentato un esperimento per lamisurazione della quantità di moto. Il corpo C, di cuivogliamo misurare la quantità di moto, si muoveverso destra. Dalla destra si avvicinano i corpi E1,E2, …, ognuno dei quali porta un'unità di quantitàdi moto negativa. I corpi Ei compiono un urto a-nelastico con C , cioè ogni corpo Ei urta C e vi restaagganciato. Il procedimento di misurazione è il se-guente: si fanno urtare il corpo C e i corpi unitari fin-ché C si ferma. Il numero di corpi unitari che in quelmomento sono agganciati a C, equivale al numero diunità di quantità di moto che il corpo C aveva primadel primo urto.

L'esperimento si può realizzare in questo modo(Herrmann, Schubart 1989): il corpo C è una slittache scivola su una rotaia a cuscino d'aria. I corpi uni-tari sono proiettili di fucile ad aria compressa chevengono sparati in modo pneumatico contro C. Su Csi trova un raccoglitore di proiettili. A causa dellasua pericolosità, l'esperimento è però poco adatto auna lezione scolastica. Si può comunque semplice-mente discuterne il procedimento.

Crediamo comunque che la descrizione di questoprocedimento sia superflua in quanto gli esperimen-

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Fig. 3.1. Esperimento per la misurazione della quantità di moto

C

C E1

E1 E2

E3

E3

E4E2

E4

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ti sugli urti del paragrafo 3.2 in sostanza contengonoin modo implicito un metodo di misurazione dellaquantità di moto. In particolare permettono di stabi-lire l'uguaglianza e i multipli dei valori di quantità dimoto.

12. Il ruolo dell'attrito

Nella meccanica classica l'attrito è un fenomenoindesiderato. Non si adatta alla meccanica classicaperché connesso a produzione di entropia e conducequindi a forze non conservative.

Senza attrito la forza è proporzionale all'accelera-zione. I fisici sono così abituati alla meccanicasenza attrito, che alcuni di loro tendono a credereche la frase "la forza è proporzionale alla velocità"sia sbagliata e che solo la frase "la forza èproporzionale all'accelerazione" sia corretta.

In realtà ovviamente l'una e l'altra possono esserevere. La diffamazione della relazione F ~ v da partedella meccanica del secolo scorso, che non è maivenuta a capo della produzione di entropia, è deplo-revole soprattutto perché si ripercuote ancora algiorno d'oggi sull'insegnamento della fisica. Almassimo la relazione F ~ v è meno fondamentaledi F ~ a nella misura in cui la sua validità dipende dacaratteristiche materiali. All'analoga relazione elet-trica I ~ U non è per questo attribuito un ruolo disecondo piano rispetto a I = dQ/dt = CdU/dt (larelazione tra I e U in un condensatore).

Trattiamo dunque l'attrito come un normale e nonnecessariamente indesiderato fenomeno meccani-co. Può succedere che lo si voglia escludere. In quelcaso useremo una rotaia a cuscino d'aria o macchineben lubrificate esattamente come usiamo fili dirame per eliminare "l'attrito elettrico".

13. Il concetto di attrito di stacco

Nella meccanica usiamo la parola attrito per descri-vere un processo dissipativo, un processo durante ilquale una corrente di quantità di moto porta alla pro-duzione di entropia. Consideriamo tipica dell'attritola produzione di entropia e usiamo volentieri laparola "attrito" anche in senso figurato, come quan-do una corrente elettrica attraversa un resistore.

Naturalmente in questa rappresentazione non si puòparlare di attrito di stacco. Al contrario del comuneattrito, l'attrito di stacco non è neppure un processo,di certo non un processo con produzione di entropia.

Dal punto di vista fisico la situazione in cui duecorpi sono agganciati non è diversa da quella di duecorpi incollati o saldati. Il punto dove i corpi sitoccano è fisicamente equivalente a un punto dirottura teorico: il punto di collegamento attra-versato da una corrente di quantità di moto, che sirompe se la corrente diventa troppo forte.

14. Correnti di quantità di moto senza resistenza

Paragoniamo gli oggetti solidi a dei superconduttorielettrici in quanto conducono la quantità di motosenza resistenza: non diciamo però che sono deisuperconduttori di quantità di moto. In elettrodina-mica peraltro il termine superconduttore non signi-fica unicamente un conduttore di resistenza zero(prima equazione di London). Vale anche che in unsuperconduttore il campo magnetico si annulla(effetto Meißner-Ochsenfeld, seconda equazione diLondon).

15. Sull'introduzione della velocità

La velocità non viene introdotta con una definizioneche la riconduca a spazio e tempo. Ci cono due moti-vi per non farlo. Primo perché sembrerebbe innatu-rale dare una definizione abbastanza complessa diuna grandezza di cui tutti hanno un'idea ben chiara.Secondo perché, non essendo ancora conosciuto ilquoziente differenziale, la velocità potrebbe esseredefinita solo nel caso particolare in cui è costante neltempo. Il nostro procedimento si può riassumere co-sì: la velocità è quella grandezza che ci dice quantoin fretta si sta muovendo un oggetto. È quella gran-dezza che si misura con il tachimetro. Nel caso par-ticolare in cui v è costante, c`è una relazionesemplice tra la velocità v, lo spazio percorso s e iltempo t impiegato per percorrere questo spazio, ecioè v = s/t.

16. La velocità media

Al concetto di velocità media non viene attribuitaimportanza maggiore che ad altre medie come la po-sizione media, la corrente elettrica media, l'energiamedia…

17. L'analogia tra correnti di quantità di moto ecorrenti d'acqua

Per illustrare i bilanci di quantità di moto ci servia-mo occasionalmente di un paragone. La quantità dimoto di un corpo corrisponde alla quantità d'acquain un contenitore e la velocità corrisponde al livellodell'acqua, alla sua profondità nel contenitore. Que-sta analogia è altrettanto valida di altre analogie usa-te durante il corso.

Definiamo l'analogia mediante la tabella 3.2. Dietrol'altezza h del livello dell'acqua si cela a dire il vero ilpotenziale gravitazionale, cioè gh.

Dalla relazione p = mv valida per la colonna di si-nistra otteniamo, mediante una trasposizione for-male nel sistema della colonna di destra, l'equazioneV = A ⋅ h.

Questo "modello del contenitore d'acqua" è proba-bilmente la realizzazione più semplice della struttu-ra che compare continuamente nelle varie aree della

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fisica. È così perfetta e comprensibile che si sarebbetentati dall'utilizzarla il più spesso possibile nellelezioni.

Un esempio: una slitta che urta in modo anelasticocontro due altre slitte, corrisponde a un contenitorepieno d'acqua che viene collegato a due contenitorivuoti, in modo tale che alla fine i livelli d'acqua siuguaglino.

In ogni caso non si dovrebbe esagerare nell'uso dianalogie come questa. La struttura della fisica èsicuramente un obiettivo didattico importante. Al-trettanto importanti sono però i fenomeni, e il lorostudio potrebbe essere svantaggiato se durante le le-zioni si dedicasse troppo tempo alla struttura.

I seguenti confronti non sono pensati per le lezioni.Servono piuttosto a permettere al docente di fami-liarizzarsi con l'immagine della quantità di motocome grandezza estensiva.

A un corpo in caduta libera affluisce una corrente diquantità di moto costante. Di conseguenza la suaquantità di moto aumenta proporzionalmente altempo trascorso. Ciò corrisponde a un contenitorenel quale si riversa un flusso d'acqua costante, il cuieffetto è un aumento proporzionale al tempo del li-vello dell'acqua. Sulla Luna la corrente di quantitàdi moto è più piccola. Nel modello ciò corrisponde auna corrente d'acqua meno intensa.

Consideriamo due corpi A e B in caduta libera. Lamassa di A sia il doppio di quella di B. L'analogia è

con due contenitori A e B, con A che ha sezionedoppia rispetto a B. Se i corpi A e B sono in cadutalibera, la corrente di quantità di moto che fluisce inA è doppia di quella di B a causa di F = m ⋅ g.Nel modello quindi, la corrente d'acqua che fluiscein A deve essere doppia di quella di B. I livellidell'acqua (che corrispondono alle velocità)salgono con la stessa rapidità, Fig. 3.2.

Consideriamo ora nuovamente due corpi A e B checadono in un mezzo che genera attrito, e i due conte-nitori che li rappresentano, Fig. 3.3. Anche in questocaso A abbia massa doppia di B ed entrambi abbianola stessa forma. Di conseguenza la perdita di quan-tità di moto dovuta all'attrito sarà la stessa a velocitàuguali. Nel modello, l'attrito dipendente dalla velo-cità è rappresentato da un foro sul fondo del conteni-tore. La perdita d'acqua dipende dal livello h del-l'acqua. I fori dei due contenitori siano uguali, inmodo tale che, quando il livello d'acqua è lo stesso,la corrente in uscita dai fori abbia la stessa intensità.Lasciar cadere i corpi equivale ad aprire i rubinetti.Esattamente come ognuno dei corpi in caduta si av-vicina asintoticamente ad una diversa velocità limi-te, anche i livelli dell'acqua tendono asintoticamen-te a valori diversi. Il livello limite nel contenitoredalla sezione più piccola sarà più basso - in accordocon l'analogia.

Se il modello del contenitore d'acqua è così sempli-ce, perché non lo si è utilizzato anche nel capitolo 2quando si dovevano introdurre concetti fondamen-tali come corrente, spinta, resistenza, ecc. e si è in-vece fatto ricorso a una struttura dove la grandezzaintensiva è la pressione? Questo modello diventaassai poco maneggevole quando si parla di resi-stenza alle correnti. Sarebbe molto difficile realiz-zare un congegno corrispondente a una resistenzaohmica.

18. Urti

Durante un urto, in particolare un urto a due, uncorpo perde quantità di moto e un altro ne riceve. Perdefinire urto un processo di cessione di quantità di

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Fig. 3.2. Il fondo del recipiente a destra ha un'area doppia diquello a sinistra. Inoltre la corrente che fluisce nel recipiente adestra è forte il doppio di quella che fluisce in quello a sini-stra. I livelli dell'acqua salgono alla stessa velocità.

B A

Fig. 3.3. Gli stessi recipienti di Fig. 3.2. ma con un foro. I duefori sono identici. I livelli dell'acqua si assestano asintotica-mente ad altezze diverse.

B A

Tabella 3.2. Sull'analogia tra correnti di quantità di moto ecorrenti d'acqua

corpo

massa m

quantità di moto p

velocità v

Recipiente d'acqua con le paretiverticali

Superficie A del fondo del reci-piente

Quantità d'acquaV nel recipiente(p. es. in litri)

Altezza h della superficie dell'ac-qua rispetto al fondo del recipiente

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moto, esigiamo però dell'altro. Dapprima i corpi co-involti devono muoversi senza che venga trasmessaquantità di moto. Segue una cessione di quantità dimoto in un tempo molto breve e poi un'altra fasesenza scambi di quantità di moto. Quando diciamoche la cessione di quantità di moto deve avvenire intempi brevi intendiamo così brevi che il fenomenosfugga all'attenzione dell'osservatore.

In realtà di solito gli urti vengono trattati unicamen-te mediante dei bilanci. Ci si chiede cosa succedealla quantità di moto e all'energia cinetica ma non cisi chiede nulla sul decorso temporale del processo dicessione.

La popolarità degli urti nell'insegnamento della fisi-ca ha varie origini.

Storicamente gli urti ebbero un ruolo importante. Inun tempo in cui la tecnica era ancora poco svilup-pata rispetto agli standard moderni, c'erano pochifenomeni accessibili ad una trattazione puramentematematica. Alla caduta libera e al moto dei corpicelesti si aggiungevano appunto gli urti. Questi ulti-mi avevano la piacevole caratteristica di permetteredelle affermazioni sull'esito di un esperimento, sen-za conoscerne il decorso esatto, senza una legge del-la forza. In realtà, quando le leggi degli urti venneroenunciate, il concetto newtoniano di forza non esi-steva ancora.

L'importanza degli urti nella meccanica del XVII°secolo si deduce dal numero di lavori sull'argomen-to: di Descartes, Marci, Galileo, Roberval e altri.Nell'anno 1668 la Royal Society of London proposedi formulare una trattazione completa degli urti.Huygens, Wren e Wallis inoltrarono dei lavori al ri-guardo. La trattazione nata in questo periodo vennepoi trasmessa di generazione in generazione.

Che gli urti siano a tutt'oggi uno degli argomentipreferiti ha anche altre cause. Sono uno dei temidove trovare degli esercizi di calcolo semplici esono facilmente riproducibili con delle rotaie.

I motivi qui esposti spiegano perché gli urti abbianoun ruolo così importante nella fisica, ma non logiustificano.

Il rilievo dato nell'insegnamento a questi processidovrebbe dipendere dalla loro importanza nella vitadi tutti i giorni e nella ricerca. Urti fra veicoli o frapalle da biliardo non sono sicuramente sufficientiper giustificare la trattazione dell'argomento. È veroperaltro che in fisica delle particelle gli urti hannoriacquistato importanza, ma questo non è argomen-to per un corso di questo livello.

Consigliamo quindi di porre l'accento su processi dicessione di quantità di moto molto più comuni. Traquesti citiamo:

- un'automobile che accelera o frena;

- un'automobile che percorre una curva;

- lanci e cadute;

- il moto della Luna, dei pianeti e dei satelliti.

In tutti questi processi il tempo durante il quale laquantità di moto fluisce da un corpo all'altro nonappare più così breve da essere trascurabile. Il pro-cesso stesso viene posto in primo piano e divieneoggetto d'esame.

19. La meccanica con la quantità di moto in unasola direzione

Da un lato la meccanica è uno degli argomenti piùfacili della fisica. I nostri sensi sono fatti per perce-pire al meglio i processi meccanici e il nostro cervel-lo è in grado di simularli con sorprendente precisio-ne. D'altro canto c'è un motivo che rende l'apprendi-mento della meccanica particolarmente arduo: ladescrizione matematica è più impegnativa che inaltri campi della fisica, in quanto alcune delle piùimportanti grandezze della meccanica, e cioè laquantità di moto, la forza e la velocità, sono vettori.La tensione meccanica, in realtà facilmente imma-ginabile, è descritta matematicamente da un tensoredi secondo ordine e per descrivere l'elasticità di unmateriale, altra caratteristica facilmente comprensi-bile, si usa addirittura un tensore di quarto ordine.

Trattandosi di un corso per principianti, per aggirarequesti ostacoli matematici faremo inizialmentemeccanica a una dimensione. Ci limiteremo a queifenomeni dove una sola componente di quantità dimoto, forza e velocità svolge un ruolo. Matematica-mente tratteremo questa componente come uno sca-lare. Vale la pena sottolineare che in questo modo sipossono descrivere senza troppa fatica i più impor-tanti aspetti della meccanica.

20. Bibliografia

GERTHSEN, C., KNESER, H. O., VOGEL, H.:Physik.Pag. 175, Springer-Verlag, Berlin (1977).

HERRMANN, F., SCHUBART, M.: Measuringmomentum without the use of p = mv in a demon-stration experiment. Am. J. Phys. 57, 858 (1989).

LANDAU, L. D., LIFSCHITZ, E. M.: Theory ofelasticity. Chap. I, Sec 2, Pergamon Press, Oxford(1959).

PLANCK, M.: Phys. Z. 9, 828 (1908).

WEYL, H.: Die Naturwissenschaften 12, III (1924).

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2. La distribuzione della corrente di quantità dimoto nei campi

Matematicamente il percorso della corrente diquantità di moto in un campo è descritto dalla distri-buzione di densità della corrente di quantità di moto(Herrmann, Schmid 1985; Heiduck, Herrmann,Schmid 1987). Vista la complessità di questa distri-buzione, nel corso verrà discussa poco così comepoco ci si preoccupa del percorso seguito dallaquantità di moto una volta giunta a terra. È impor-tante che gli studenti si convincano che la quantità dimoto da qualche parte fluisce, il percorso esatto nonè però molto interessante. D'altra parte sappiamoche l'acqua in un qualche modo è salita da terra allanuvole ma non ne conosciamo il percorso esatto.

3. La parola "peso"

Nel testo per studenti a volte utilizziamo la parola"peso" come termine comune per ciò che in fisica sichiama massa, cioè per quella grandezza che simisura in kg. Lo facciamo per restare il più vicinipossibile al linguaggio usato comunemente in am-biente non scientifico. Non pensiamo che gli stu-denti finiscano per identificarla unicamente con ciòche in fisica è chiamato forza peso.

4. Bibliografia

HEIDUCK, G., HERRMANN, F., SCHMID, G. B.:Momentum flow in the gravitational field. Eur. J.Phys. 8, 41 (1987)

HERRMANN, F., SCHMID, G. B.: Momentumflow in the electromagnetic field. Am J. Phys. 53,415 (1985).

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4. Il campo gravitazionale1. Sull'introduzione della massa

Vogliamo fare alcune annotazioni riguardo all'in-troduzione della massa. Nel nostro corso gli studen-ti incontrano per la prima volta nel paragrafo 3.15 lamassa in una relazione matematica, in particolarenell'equazione p = m ⋅ v.

Per introdurre i concetti di massa gravitazionalemgrav e massa inerziale min si potrebbe procederein questo modo:

Si definisce la scala per la massa gravitazionale con

F = mgrav ⋅ g,

in altre parole si stabilisce che la massa gravitazio-nale è proporzionale alla forza peso (di vari corpi inun determinato luogo).

Si definisce la scala della massa inerziale con

p = min ⋅ v,

in altre parole si stabilisce che la massa inerziale èproporzionale al quoziente p/v (di vari corpi).

In seguito si mostra sperimentalmente che

mgrav ~ min.

Abbreviamo il procedimento evitando del tutto diintrodurre in modo esplicito la massa inerziale.Inoltre mostriamo sin dall'inizio che il fattore di pro-porzionalità dipendente dal corpo in p ~ v, è a suavolta proporzionale alla massa gravitazionale defi-nita in altra sede.

Riteniamo ragionevole non introdurre in nessuncaso la massa gravitazionale prima di avere trattatop = m ⋅ v, in quanto l'esperienza extrascolastica diogni studente gli permette di avere una rappresenta-zione concettuale della massa gravitazionale suffi-cientemente chiara anche per un corso di fisica. Ab-biamo preferito questa sequenza per il seguente mo-tivo: non volevamo introdurre la relazione p = m ⋅ vsolo dopo aver trattato il particolare sistema "campogravitazionale".

La relazione p = m ⋅ v è causa di un'ulteriore in-coerenza. L' "esperimento" descritto nel testo e chedovrebbe dimostrare che p ~ m (una slitta sola euna coppia di slitte identiche alla prima che si muo-vono alla stessa velocità) in effetti non dimostraaffatto in modo inequivocabile che p ~ m. Dimostrapiuttosto che p deve essere proporzionale a unaqualche misura di quantità estensiva, visto che leslitte non hanno solo la stessa massa m ma, per e-sempio, anche la stessa quantità di sostanza n.Con un esperimento supplementare si potrebbe es-cludere che p ~ n. Non crediamo però che le esi-genze logiche degli studenti di questo livello sianosufficientemente spiccate da spingerli a essercenegrati.

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5. Quantità di moto e energia1. Confusione tra quantità di moto e energia ci-netica

Si potrebbe temere che trattare l'energia cineticadopo la quantità di moto possa creare problemi allostudente, visto che sia l'energia cinetica che la quan-tità di moto dipendono dalle stesse variabili m e v.Entrambe le grandezze, energia cinetica e quantitàdi moto, crescono in modo monotono al crescere dimassa e velocità.

Il problema non sorge se si dà il giusto significatoalle due relazioni. Sorgerebbe sicuramente se siprocedesse nel modo seguente: "introduciamo duegrandezze ausiliarie p e Ecin definite da: p = mv eEcin = (m/2)v2 ecc."

Confrontando questa situazione con l'elettrologia cisi rende conto che il problema non è inevitabile. Lerelazioni analoghe a p = mv e Ecin = (m/2)v2 sonoQ = CU e Eel = (C/2)U2. Sicuramente nessuno cheabbia imparato l'elettrologia nel modo usuale con-fonderebbe le grandezze Q e Eel per il solo fattoche entrambe crescono al crescere di capacità e ten-sione. Non si confondono perché di ognuna di lorosi ha già una rappresentazione concettuale e perchéné la carica elettrica né l'energia del campo elettricosono definite da Q = CU e Eel = (C/2)U2.

Procediamo allo stesso modo con la meccanica. Pri-ma ci si familiarizza con energia e quantità di moto,poi si trattano le relazioni p = mv e Ecin = (m/2)v2.

2. La catena di bicicletta

Il trasporto di energia mediante la catena di una bici-cletta o di una motocicletta, è un'interessante appli-cazione della relazione

P = v ⋅ F

Sconsigliamo di utilizzarla nelle lezioni perché creaun problema che inizialmente preferiremmo evita-re: l'intensità della corrente di energia dipende dalsistema di riferimento.

Se consideriamo la trasmissione di energia di unacatena di bicicletta nel sistema di riferimento dellabicicletta, energia e quantità di moto fluiscono allaruota dentata posteriore attraverso la parte in tensio-ne della catena: quella superiore (supponiamo chela bicicletta si muova verso destra). Se vC è lavelocità della catena rispetto alla bicicletta e Fl'intensità della corrente di quantità di moto nellaparte in tensione, allora

P = vC ⋅ F.

Attraverso il telaio (fermo) della bicicletta, la quan-tità di moto rifluisce alla ruota dentata anteriore.

Nel sistema di riferimento della Terra, la parte tesadella catena si muove alla velocità vB+vC, dove vB èla velocità della bicicletta rispetto alla Terra. L'in-tensità della corrente di energia che attraverso lacatena fluisce dalla ruota dentata anteriore a quellaposteriore è quindi data da

Pcatena = (vB + vC) ⋅ F.

Visto che nel telaio della bicicletta fluisce una cor-rente di quantità di moto verso la ruota dentata ante-riore e che la bicicletta si muove alla velocità vB, iltelaio stesso è attraversato anche da una corrente dienergia:

Ptelaio = vB ⋅ F.

Nel nostro esempio vB > 0. Visto che il telaio èsottoposto a trazione, la corrente di quantità di motofluisce verso destra. Quindi anche la corrente di e-nergia fluisce verso destra. L'intensità totale dellacorrente di energia che fluisce verso sinistra è datadalla differenza

P = Pcatena - Ptelaio = (vB + vC) ⋅ F - vB ⋅ F = vC ⋅ F,

lo stesso risultato ottenuto nel sistema di riferimen-to della bicicletta.

3. Il segno dell'energia

Nel paragrafo 5.2 b viene constatato che l'energia diun corpo in movimento, cioè quella parte dell'ener-gia totale che i fisici chiamano energia cinetica, èsempre positiva indipendentemente dalla direzionedel moto. Potrebbe sembrare naturale a questo pun-to, dire che l'energia assume fondamentalmente deivalori positivi. Non abbiamo formulato un teoremadel genere perché in alcune aree della fisica è praticacomune e utile fissare lo zero dell'energia in modotale che appaiano anche valori di energia negativa.

4. Il contenuto di energia

Il paragrafo 5.2 tratta ciò che il linguaggio tecnicodella fisica chiama energia di tensione della mollaEmolla, energia cinetica di un corpo Ecin e energiapotenziale di un corpo Epot. Ognuna di queste com-ponenti dell'energia ha una dipendenza semplice daaltre grandezze appartenenti allo stesso sistema:

Emolla = (k/2)s2

Ecin = (m/2)v2

Epot = m ⋅ g ⋅ h.

Per trattare il contenuto di queste tre espressioniabbiamo optato per una versione minima. Nei primidue casi si presuppone che i sistemi contenitori dienergia siano noti, cioè che i valori delle grandezzeche li caratterizzano, k e m, siano dati. Come va-

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riabili si sono scelte l'allungamento s della mollae la velocità v del corpo. Di conseguenza solo lerelazioni tra Emolla e s e tra Ecin e v sono formulatein un teorema. Ma queste relazioni dicono solo cheuna grandezza cresce in modo monotono al cresceredell'altra. Nella terza relazione, sia l'altezza h chela massa m sono considerate variabili, mentre lacostante locale g assume il ruolo di parametrocostante che caratterizza il contenitore di energia. Ilteorema verte quindi sul rapporto tra Epot e h e traEpot e m.

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6. La quantità di moto come vettore1. Composizione e scomposizione di correnti diquantità di moto

Per discutere la somma vettoriale delle intensitàdelle correnti di quantità di moto, è consigliabile co-minciare dalla composizione di correnti piuttostoche dalla loro scomposizione: due correnti di quan-tità di moto confluiscono e ci si interroga sull'inten-sità della corrente risultante. Posta in questi terminila questione è semplice.

Per contro scomporre una corrente di quantità dimoto è sempre ambiguo. Necessita una scelta arbi-traria delle direzioni.

2. La direzione della corrente e la direzione di ciòche scorre

Una grossa parte dei problemi peculiari alla mecca-nica è conseguenza della necessità di distinguere tradue direzioni. Nel "modello di forza" sono- direzione della forza;- direzione della superficie relativa alla forza

(una forza è sempre definita rispetto a unasuperficie).

Nel modello di corrente di quantità di moto sono- direzione in cui fluisce la quantità di moto;- direzione della quantità di moto che fluisce.Questa difficoltà è intrinseca alla meccanica e non sipuò aggirare ma al massimo attenuare.

Nell'insegnamento tradizionale della meccanica sifa spesso e volentieri ricorso alle corde per trasmet-tere le forze. Le corde sono il caso particolare dovela direzione della corrente e la direzione della gran-dezza che fluisce coincidono. Ciò può risultarefuorviante, soprattutto se lo studente non si rendeconto che si tratta di un caso particolare.

Cominciamo di proposito la discussione di correntidi quantità di moto nelle tre dimensioni con il caso incui la direzione della quantità di moto è perpendico-lare alla direzione della conduttura. Così ci si rendeconto che le due direzioni vanno distinte.

La direzione della corrente coincide sempre con ladirezione del conduttore - esattamente come in elet-trologia. La direzione della quantità di moto chefluisce si riconosce dal tipo di variazione di quantitàdi moto del corpo in cui fluisce.

3. Correnti di quantità di moto se la quantità dimoto che fluisce è perpendicolare al conduttore

Se trasmettiamo una forza servendoci di una sbarraperpendicolare alla direzione della forza, la dis-tribuzione della tensione nella sbarra sarà comples-

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sa: su un lato compressione, sull'altro trazione. Nelmodello di corrente di quantità di moto questo signi-fica che nella sbarra non fluisce solamente quellaquantità di moto che entra a un'estremità ed escedall'altra, la quantità di moto y in Fig. 6.1. Ci sonoanche correnti circolari di quantità di moto x.

Attraverso una sezione qualsiasi della sbarra, ilbilancio delle correnti si riduce comunque a quellacorrente che entra da una parte ed esce dall'altra. Neltesto per studenti tralasciamo le correnti circolarivisto che non influiscono sulla corrente totale risul-tante.

Procediamo così come faremmo parlando di un fiu-me, del quale prenderemmo in considerazione soloil flusso netto. In realtà anche in questo caso le cor-renti che fluiscono attraverso una sezione hanno inparte direzione opposta a causa dei vortici.

4. L'addizione dei vettori intensità delle correntidi quantità di moto

L'addizione vettoriale delle forze è spesso mostratacon l'esempio delle tre corde collegate a dinamome-tri. Chiaramente questo procedimento ha il vantag-gio di semplificare la misurazione delle forze. Haperò lo svantaggio di essere un raro caso particolare:il caso in cui le forze sono parallele al dispositivoche le trasmette. I lati del triangolo di forze sono pa-ralleli ai collegamenti che conducono la quantità dimoto, le corde. Di conseguenza si è portati a credereche sia sempre così.

Si capisce che sia un caso particolare dal fatto checonoscendo una forza si possono calcolare le altredue - conoscere la somma permette di determinare isommandi in modo univoco. Ciò è possibile sola-mente a condizione di ammettere che i vettori sianoparalleli alle corde.

Se le forze sono trasmesse da un conduttore rigido,ad esempio delle sbarre, questa premessa non è piùvalida. La scomposizione di una forza nelle suecomponenti non è più univoca.

5. La conducibilità di quantità di moto nelle tredimensioni

In elettrologia, dopo avere introdotto la corrente e-lettrica è conseguente chiedersi quali oggetti o ma-teriali conducono elettricità e quali no. Quando lameccanica è trattata nel modello di corrente di quan-tità di moto è altrettanto conseguente, dopo avereintrodotto le correnti, chiedersi quali oggetti o ma-teriali conducono la quantità di moto. A causa delcarattere vettoriale della quantità di moto, la que-stione della conducibilità è più complicata e più in-teressante che in elettrologia.

Tutta una serie di semplici osservazioni di fenomenimeccanici si può spiegare in termini di conducibili-tà di quantità di moto. Ad esempio, la ruota di unveicolo non serve solamente come isolazione per laquantità di moto, così com'è in una trattazione uni-dimensionale. La ruota deve impedire il passaggiodi quantità di moto in una direzione, quella del motodel veicolo, e deviare a terra quella di direzione per-pendicolare.

Se si includono le rotazioni, il tutto diventa ancorapiù interessante. Si possono facilmente costruire deicongegni permeabili alla quantità di moto angolaree impermeabili a quella lineare o, viceversa, conge-gni permeabili alla quantità di moto lineare e im-permeabili a quella angolare. Un argomento chevarrebbe la pena discutere sono le varie parti di unalbero motore.

6. I simboli p→ e p

Non usiamo la lettera p come simbolo per il modulodel vettore p→ ma come simbolo per la quantità dimoto nel caso in cui si abbia a che fare con una soladirezione. p può essere considerata l'unica compo-nente di p→ diversa da zero e di conseguenza assu-mere sia valori positivi che negativi.

7. Trattare la quantità di moto attraverso le suecomponenti

Per la trattazione del carattere vettoriale della quan-tità di moto proponiamo due alternative.

(1) Si definisce sin dall'inizio un sistema di coor-dinate x-y-z e si considerano sempre le compo-nenti della quantità di moto: si fanno separatamentei bilanci per le componenti x, y e z. Il vantaggio diquesto procedimento: si ha a che fare con tre leggi diconservazione indipendenti. Ogni componente del-la quantità di moto può essere manipolata come unoscalare. Gli svantaggi: se il conduttore di quantità dimoto, per esempio una corda, è obliquo rispetto agliassi di riferimento, la trattazione del problema di-venta abbastanza contorta. In una corda che giacenel piano x-y senza essere né parallela all'asse xné all'asse y, fluiscono contemporaneamente duecorrenti di quantità di moto x e y. Queste correnti

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Fig. 6.1. (a) Nella sbarra fluisce corrente di quantità di moto yda destra verso sinistra. (b) Nella sbarra la quantità di moto xfluisce verso destra nella parte inferiore e verso sinistra nellaparte superiore.

a b

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possono addirittura avere direzioni opposte. Acausa di queste complicazioni abbiamo optato per laseconda possibilità.

(2) La quantità di moto viene rappresentata da unafreccia. Ogni direzione caratterizza un tipo di quan-tità di moto. Ci sono quindi infiniti tipi di quantità dimoto. Nel testo vengono contraddistinti dall'angolotra la freccia del vettore quantità di moto e la direzio-ne positiva dell'asse x e diciamo per esempio chein una corda fluisce quantità di moto a 45°.

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7. Momento meccanico e baricentro1. Corde e carrucole

Una corda che passa su una carrucola, viene deviata.È ragionevole supporre che venga deviata anche lacorrente di quantità di moto che fluisce nella corda.Tra l'altro anche nella "meccanica della forze" si po-trebbe fare l'ipotesi corrispondente e pensare cheuna carrucola possa deviare una forza. Che in effettinon sia così si deve spiegare a fondo a lezione. Unacorrente di quantità di moto si lascia deviare facil-mente - non solo con una carrucola - mentre la dire-zione del vettore intensità di corrente è mantenuta.

2. La legge della leva

Abbiamo introdotto la legge della leva in modo em-pirico. Sarebbe stato più appropriato introdurre pri-ma la quantità di moto angolare e poi derivare lalegge della leva come caso particolare della conser-vazione di quantità di moto angolare. Partiamo peròdal presupposto che in molti casi si voglia trattare laleva senza introdurre la quantità di moto angolare.

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8. Quantità di moto angolare e cor-renti di quantità di moto angolare1. Momento meccanico e corrente di quantità dimoto angolare

Esattamente come interpretiamo la grandezza F,tradizionalmente chiamata forza, come intensitàdella corrente di quantità di moto, così possiamo in-terpretare il momento meccanico M come intensitàdella corrente di quantità di moto angolare. Per laderivata rispetto al tempo della quantità di motoangolare L, vale notoriamente:

cioè un'equazione di bilancio analoga a

o ancora a

La trattazione di M come intensità della correntedi quantità di moto angolare è però abbastanza labo-riosa. Inoltre crea delle difficoltà di comprensionesuperabili unicamente dedicando loro molto tempo.Ad esempio, non è difficile capire che un albero mo-tore sia attraversato da una corrente di quantità dimoto angolare. Molto più difficile è vedere dovefluisce la corrente di quantità di moto angolare inuna ruota azionata da una cinghia di trasmissione. Inquesto e in molti altri casi non è possibile localizzarela corrente di quantità di moto angolare: non si puòdefinire un campo della densità di corrente.Per evitare questi problemi abbiamo introdotto ilmomento meccanico come grandezza a sè stante.

2. Trasmissione di energia con la quantità dimoto angolare

Analogamente alla relazione

P = v F,

con la quale si può calcolare la corrente di energia, p.es. attraverso una cinghia di trasmissione, per latrasmissione di energia mediante un albero motorevale

P = ωωωω M.

Anche se questa relazione è molto utile, ad esempioper la discussione degli ingranaggi, non la introdu-ciamo in quanto si dovrebbe parlare di velocitàangolare e di radianti ma manca sicuramente iltempo per farlo. Inoltre sarebbe auspicabile avere adisposizione un apparecchio maneggevole per lamisurazione della quantità di moto angolare, manon è così.

MdLdt

=

Fdpdt

=

IdQdt

=

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9. Compressione e trazione1. Le tre tensioni principali

La grandezza scalare "pressione" deriva in condi-zioni particolari dalla grandezza tensoriale "tensio-ne meccanica". La tensione meccanica è un tensoredi secondo ordine. Nei gas e nei liquidi senza attrito,gli elementi diagonali della matrice sono uguali traloro, gli altri elementi del tensore sono nulli. Iltensore può essere descritto con un solo numero: ilvalore degli elementi della diagonale. Questa è lagrandezza che chiamiamo pressione.

Non è difficile rappresentare concettualmente iltensore di tensione meccanica. Una piccola porzio-ne di materiale all'interno di un corpo può esseresottoposta a tre compressioni o trazioni indipenden-ti, in tre direzioni perpendicolari tra loro. Per descri-vere lo stato di tensione nel punto dove si trova laporzione di materiale abbiamo quindi bisogno di seivalori:

- tre valori per caratterizzare le tre direzioniscelte (per fissare le direzioni di una baseortonormata ci vogliono tre numeri);

- tre valori di tensione corrispondenti alle direzionidate.

Le tre direzioni scelte vengono dette direzioni prin-cipali.

Nel caso particolare di liquidi e gas, i tre valori ditensione sono uguali. Non è più necessario specifi-care le direzioni: tutte le direzioni sono equivalenti.

Un altro caso particolare è quello dove la tensione èdiversa da zero in una sola direzione, come succedenella maggior parte delle applicazioni della mecca-nica trattate prima dell'idromeccanica. È così quan-do una forza è trasmessa da una corda oppure da unasbarra, a condizione che la forza sia parallela allasbarra. Per descrivere uno stato di tensione di questotipo è sufficiente indicare una sola direzione e unsolo valore di compressione o di trazione.

Nella maggior parte delle situazioni reali il tensoredella tensione assume la sua forma più generale: perdescriverlo ci vogliono tre numeri per le direzioniprincipali e tre numeri per le tensioni corrispon-denti. Lo stato di tensione del legno di una tavolacaricata ne è un esempio.

2. La "onnidirezionalità" della pressione nei li-quidi e nei gas

Mostrare che la pressione nei liquidi senza attrito enei gas è "onnidirezionale", è uno degli obiettividelle lezioni. Se gli studenti devono capire che sitratta di una particolarità, o se più semplicementedevono capire il senso dell'affermazione, allora de-vono prima conoscere il caso normale. Devono ren-dersi conto che di solito la pressione non è "onnidi-rezionale", devono cioè capire che un oggetto puòsubire tensioni diverse in direzioni diverse.

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Che un oggetto solido possa essere sottoposto a ten-sioni diverse in direzioni diverse è facile da imma-ginare. Che le direzioni indipendenti siano esatta-mente tre è invece più difficile da capire e anche dadimostrare con gli strumenti a disposizione nellelezioni. Per questo motivo il fatto viene semplice-mente spiegato dal docente.

3. Trasmissione idraulica di energia

A nostro modo di vedere c'è un aspetto dell'idraulicache viene spesso trascurato. Il motivo principale chespiega la grande diffusione degli impianti idraulicista nel fatto che permettono di trasmettere comoda-mente energia. Per questo motivo nel nostro corso iltrasporto idraulico di energia avrà un'importanzamaggiore di quella solitamente attribuitagli.

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10 Entropia e correnti di entropia1. Entropia sin dall'inizio

Entropia e temperatura hanno nei processi termicilo stesso ruolo di carica elettrica e potenziale elettri-co nei processi elettrici e di quantità di moto e velo-cità in quelli meccanici. Entropia, carica elettrica equantità di moto sono grandezze estensive; tempe-ratura, potenziale elettrico e velocità, le rispettivegrandezze intensive "coniugate all'energia". Daquesta contrapposizione capiamo che l'entropia haper la termologia la stessa importanza della caricaelettrica per l'elettrologia e della quantità di motoper la meccanica. E le correnti di entropia hanno intermologia un ruolo importante come le correntielettriche in elettrologia e le forze (correnti di quan-tità di moto) in meccanica. È quindi coerente comin-ciare la termologia con l'entropia. Termologia senzaentropia è solo una soluzione di ripiego.

2. La grandezza di stato entropia come misuradel calore

È molto diffusa l'opinione che l'entropia sia unagrandezza difficile, di cui sia molto arduo farsi un'i-dea. È sicuramente così se l'entropia viene introdot-ta alla maniera di Clausius. Se invece la si introducestatisticamente è facile immaginarla come la misuradel disordine microscopico di un sistema. Questarappresentazione concettuale è però di scarsa utilitàper la soluzione di problemi.

Di conseguenza abbiamo scelto una terza via perl'introduzione dell'entropia, una via che si rifà aCallendar (1911) e che è stata minuziosamente de-scritta e motivata da Job (1972) e Falk (1985). Sibasa sulla comprensione del fatto che l'entropiaconcorda molto bene con le caratteristiche del con-cetto comunemente chiamato "calore" o "quantitàdi calore". Questa concordanza è così buona dapoter affermare che non ci sono altre grandezze fisi-che delle quali l'esperienza comune ci dia una rap-presentazione concettuale migliore.

Naturalmente per la grandezza S non possiamoutilizzare il nome "calore" in quanto in fisica questaparola è usata diversamente: si usa per definire,anche se non del tutto unanimamente, la formadifferenziale δQ = TdS. Farsi un'idea precisa diquesta forma è però molto difficile, se nonimpossibile. La Q dopo il segno differenziale δnon è nemmeno una grandezza fisica. A volte ciòviene espresso dicendo che Q è una grandezza diprocesso mentre entropia e energia sono grandezzedi stato. Detto così sembrerebbe che le grandezze distato siano delle rarità. Invece tutte le grandezze co-nosciute della fisica sono grandezze di stato, condue sole eccezioni: il calore e il lavoro. È cosìnormale per chiunque considerare una grandezzacome una grandezza di stato, che di solito non vieneneanche in mente di sottolinearlo. La costruzionepoco felice, e da un punto di vista odierno anche

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superflua, dei concetti di calore e lavoro, crea spes-so confusione tra gli studenti e persino tra i fisiciesperti.

Nel testo per studenti non usiamo la "grandezza diprocesso" Q in termologia, così come in meccanicaabbiamo operato senza il lavoro.

3. Effetti termici grandi e piccoli

La decisione di introdurre l'entropia all'inizio dellatermologia ci dà anche la possibilità di ribilanciare itemi trattati nelle lezioni di termologia. Fenomeni,apparecchi e impianti il cui funzionamento vienedeterminato grazie a correnti di entropia, p. es.motori termici, impianti di riscaldamento, pompe dicalore e il bilancio termico della Terra, sono messiin primo piano. Altri fenomeni tradizionalmentetrattati in un corso di termologia, sono messi in dis-parte: come la dilatazione termica dei corpi solidi,un effetto dell'ordine di grandezza 10-4.

4. La scala di temperatura

Spesso a scuola, ma anche all'università, ci si creanoinutili problemi nella definizione della scala di tem-peratura. Si comincia con la definizione di una scalabasata sulla dilatazione del mercurio, poi se ne in-troduce una migliore basata sulla dilatazione dei gasper giungere infine a una terza scala, l'odierna e vin-colante scala termodinamica. Da questa rievoca-zione dell'evoluzione storica si potrebbe ricavarel'impressione che la determinazione di una scala ditemperatura sia un compito particolarmente diffici-le. In effetti per qualsiasi altra grandezza potremmocominciare introducendo una scala peggiore per in-trodurne man mano di sempre migliori.

Il fatto che di solito non si cominci con la piùcomoda scala termodinamica è conseguenza deltentativo di trattare più termodinamica possibilesenza usare l'entropia.

5. Illusioni sensoriali

Ci sono argomenti trattati a lezione che si sono quasitrasformati in rituali. Così la necessità di una misu-razione della temperatura viene spesso giustificatadall'estrema facilità con cui i nostri sensi possonoessere ingannati nella percezione della temperatura.Illusioni sensoriali come questa sono un argomentointeressante. Si tenga però presente che accadonocon tutte le percezioni sensoriali: di luminosità ecolore, di altezza, distanza e velocità, di tempo, diforza e massa, di intensità sonora e altezza delsuono. Naturalmente per gli esseri viventi queste"illusioni" hanno una funzione importante e positi-va, non rappresentano solamente un'inadeguatezzadei nostri organi sensoriali. Senza dubbio le illusio-ni sensoriali sono un argomento da corso di fisica.,non dovrebbero però essere discusse solo sull'esem-pio della temperatura.

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6. Osservazione e spiegazione nell'esperimento

Nella discussione di molti esperimenti procediamonel modo seguente: innanzitutto descriviamo l'os-servazione. Questa descrizione consiste in un'af-fermazione sulla temperatura, p. es.: "la tempe-ratura dell'acqua nel recipiente A diminuisce, quelladell'acqua nel recipiente B aumenta." Poi chie-diamo una spiegazione. Con ciò intendiamo cheviene detto cosa succede all'entropia nel processo,quindi nel nostro esempio: "dell'entropia va da A aB". Confronta con l'osservazione 9 al capitolo 3.

7. Quali sono i processi con la maggiore produ-zione di entropia?

C'è spesso confusione su quali siano i processi conproduzione di molta e quali di poca entropia. SullaTerra il processo che produce di gran lunga piùentropia di qualsiasi altro, è l'assorbimento dellaluce solare.

8. Bibliografia

CALLENDAR, H.L.: Proc. Phys. Soc. London 23,153, (1911).

FALK, G.: Entropy, a resurrection of caloric - a lookat the history of thermodynamics. Eur. J. Phys. 6,108 (1989).

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11. Entropia e energia1. Sul significato della costante del materiale"capacità termica specifica"

La capacità entropica e la capacità entropica speci-fica, che noi usiamo al posto della capacità termicaspecifica, non hanno un ruolo molto importante inquesto corso. La dipendenza dal materiale dellacapacità entropica specifica (così come quella dellacapacità termica specifica) è molto piccola se con-frontata con quella di altre costanti del materiale(come la conducibilità elettrica, la conducibilitàtermica, la densità o varie costanti ottiche). Ladipendenza dal materiale della capacità entropicadiventa ancora più piccola se viene riferita allaquantità di sostanza invece che alla massa. Per di piùnon c'è praticamente nessun fenomeno basato sulladifferenza della capacità termica specifica di diver-se sostanze. Giustificare in questo modo la differen-za tra il clima continentale e quello marittimo, comea volte si fa, è sbagliato. (Il fatto che nell'acqua dimare si possa immagazzinare più entropia che nellaroccia della terraferma, dipende dal fatto che il mo-vimento dell'acqua permette un migliore trasportodi entropia dalla superficie agli strati più profondiche non sulla terraferma.)

2. Pompe di calore ideali

A lezione facciamo come se le pompe di calore dicui parliamo funzionassero senza perdite, cioè co-me se non vi venisse prodotta entropia. Lo facciamocon lo stesso diritto per cui nella trattazione deimotori elettrici, dei trasformatori o di macchinepuramente meccaniche, inizialmente tralasciamo leperdite.

3. Esperimenti sull' "attrito termico"

Con un calcolo semplice e convincente si dimostrache nell'esperimento descritto nel paragrafo 11.3,Fig. 11.7, viene prodotta entropia. Non vale però lapena effettuare veramente l'esperimento. Per misu-rare l'intensità delle correnti di entropia non c'è unprocedimento facile come per esempio quello permisurare l'intensità di una corrente elettrica. Già lamisurazione delle correnti di energia sarebbe diffi-cile e per di più non vedremmo nemmeno ciò cherende interessante l'effetto discusso, cioè l'aumentodi entropia.

Se volessimo mostrare in modo convincente chel'entropia aumenta, dovremmo presentare un espe-rimento nel quale qualcosa si riscalda. Nell' "espe-rimento" del paragrafo 11.3 però, la corrente di en-tropia ha la massima intensità proprio là dove latemperatura è più bassa: all'estremità fredda dellasbarra. Questa non è assolutamente una contraddi-zione. Dobbiamo solo immaginare che la velocitàdella corrente d'entropia sia più grande che all'estre-mità calda.

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L'unico esperimento noto che permette di dimo-strare direttamente l'entropia prodotta per "attritotermico", è l'oscillatore a gas descritto nel corsoPSSC (1974). In questo esperimento l'attrito ter-mico provoca lo smorzamento di un'oscillazionemeccanica. Purtroppo è quasi impossibile costruirel'esperimento senza l'aiuto di una buona officina.

Possiamo ideare facilmente una variante dell'e-sperimento PSSC dove l'attrito termico causa vera-mente un aumento di temperatura. Il trucco sta nelforzare più volte l'entropia di un gas attraverso unaresistenza termica. Il gradiente di temperatura ne-cessario si ottiene con ripetute compressioni edespansioni isoentropiche del gas.

4. Contenuto di entropia e contenuto di calore

Per la trattazione di temi tradizionalmente associatiai concetti di calore specifico, calore di evaporazio-ne e calore di fusione, l'entropia presenta parecchivantaggi visto che, al contrario della "quantità di ca-lore", è una grandezza di stato. Quindi può assumereil ruolo di un vero contenuto di calore. Di conse-guenza, nelle nostre lezioni è sempre di primariaimportanza il contenuto di entropia; le variazionidi entropia sono interpretate come differenze deicontenuti di entropia. Questo vale sia per i processilegati a un aumento della temperatura che per letransizioni di fase.

Con la forma di energia "quantità di calore" non sipuò procedere allo stesso modo in quanto non esisteun contenuto di calore fondato su questa grandezza.Si può parlare solamente di calore fornito o cedutocalore fornito per intervallo di temperatura o calorefornito in una transizione di fase. L'esperienzainsegna che non si riesce a far capire agli studenticome mai questo concetto di "contenuto di calore"non abbia significato fisico alcuno, soprattuttoperché gli esperimenti di mescolamento che tantovolentieri si fanno a lezione contribuiscono a soste-nere questa concezione errata.

5. Valori d'entropia

Il motivo per cui a molti fisici e insegnanti di fisical'entropia appare sospetta, è che non abbiamo ilsenso per i valori di questa grandezza. I chimici nonhanno questo problema. Nelle loro tabelle per moltesostanze, oltre alla capacità termica, all'entalpia diformazione e a valori di altre grandezze, potetetrovare anche il contenuto di entropia (di solito permole) della sostanza a condizioni normali. Per al-cune sostanze importanti si possono addirittura tro-vare i valori di queste grandezze in funzione dellatemperatura da T = 0 K su su fino a qualche centi-naio di Kelvin, superando le transizioni di fase piùdisparate. Consigliamo anche agli insegnanti di fisi-ca di convincersi di quanto sia comodo l'uso di que-ste tabelle.

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6. Vantaggi e svantaggi della tradizionale quan-tità di calore

A favore della tradizionale "quantità di calore" sipossono esprimere i seguenti argomenti:

1. Gli esperimenti di mescolamento si interpretanofacilmente facendo dei bilanci energetici, visto chel'energia rimane costante. Per contro, mescolando siproduce entropia. Dopo il processo di mescolamen-to la quantità di entropia è quindi maggiore di prima.

2. In un ampio intervallo di temperatura la capacitàtermica specifica è costante, cioè indipendente dallatemperatura. La capacità entropica specifica in-vece, ottenuta dalla capacità termica specifica divi-dendo per la temperatura, dipende dalla tempera-tura.

Crediamo che questi svantaggi dell'entropia nonsiano gravosi se paragonati agli svantaggi connessiall'uso della "quantità di calore", che non è unagrandezza di stato.

Aggiriamo il primo dei due problemi svolgendodegli esperimenti di mescolamento dove le diffe-renze di temperatura non sono troppo elevate. Inquel caso la quantità di entropia prodotta è piccola inrapporto all'entropia trasportata.

Riguardo al secondo punto: questo vantaggio dell'e-nergia sull'entropia non è di fondamentale impor-tanza. Dopotutto anche la tradizionale capacità ter-mica specifica è indipendente dalla temperaturasolo in un'intervallo di temperatura limitato. Ilcalcolo con la capacità entropica specifica è sì un po'più faticoso di quello con la capacità termica speci-fica, ma per molti problemi è sufficiente prendere ilvalore medio della capacità entropica.

7. Bibliografia

PSSC: Physik. S. 380. Friedrich Vieweg & Sohn,Braunschweig (1974).

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12. Transizioni di fase1. Transizioni di fase come reazione chimica

Una transizione di fase è un caso speciale di reazio-ne chimica: il caso in cui un'unica sostanza inizialesi trasforma in un'unica sostanza finale. Si potrebbeessere indotti a credere che il potenziale chimico siaparticolarmente adatto per trattare le transizioni difase. In generale è anche così. Le transizioni tra lefasi solida, liquida e gassosa sono però un'eccezio-ne, in quanto di solito si svolgono senza nessunostacolo. Nei casi più importanti le fasi sono semprein equilibrio chimico. Ciò significa che la differenzadi potenziale chimico tra le fasi è nulla e quindi ilpotenziale chimico non appare nemmeno come unavariabile.

2. Entropia e entalpia

Quando in termologia si pone in primo piano l'ener-gia invece dell'entropia, sorgono dei problemi cheappaiono particolarmente evidenti nella trattazionedel processo di evaporazione. Se facciamo evapora-re acqua con un riscaldatore a immersione, l'energiache il riscaldatore cede durante l'evaporazione nonsi ritrova interamente nel vapore acqueo, come glistudenti potrebbero supporre. Una parte di questaenergia è necessaria per "spingere via l'atmosfera".Per l'entropia invece le aspettative sono rispettate:l'entropia proveniente dal riscaldatore finisce sem-plicemente nel vapore. Tradizionalmente un pro-cesso del genere è descritto anche dicendo che l'e-nergia ceduta dal riscaldatore a immersione provo-ca una variazione equivalente dell'entalpia dell'ac-qua. L'entalpia è sì una grandezza di stato, ma ècomunque assolutamente inadatta per la scuola e inparticolare in un corso per principianti: non è unagrandezza estensiva. Non c'è nessuna corrente dientalpia e non ha nessun senso parlare di conserva-zione o di non conservazione dell'entalpia.

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13. I gasLa relazione tra S, V, T e p nei gas

I gas sono molto interessanti per la termodinamicaperché le variabili termiche S e T sono accoppiatealle variabili meccaniche p e V. Questo accoppia-mento si manifesta ad esempio nel fatto che ilcoefficiente di dilatazione volumica

è molto grande. Questo accoppiamento è il motivoper cui con i gas si possono costruire motori termicied è responsabile di molti fenomeni atmosferici.La relazione quantitativa tra le quattro variabili cita-te è comunque troppo complicata per essere trattataa questo livello. Innanzitutto nella relazione appaio-no il logaritmo o la funzione esponenziale. Ma unadifficoltà ancora maggiore è data dal fatto che ilnumero di variabili in gioco sia così elevato.Naturalmente ci si potrebbe limitare alla trattazionedi relazioni parziali, come la legge di Boyle-Mariotte. Però proprio questa legge è la meno in-teressante nelle sue applicazioni perché descriveprocessi isotermi. I processi isoentropici sonomolto più importanti.Quindi suggeriamo una versione dove si consideral'interazione tra tutte e quattro le variabili ma solo daun punto di vista qualitativo. Sperimentalmente èpossibile evidenziare molto bene questa interazionee gli studenti sviluppano piuttosto in fretta una certasicurezza nel dire in che modo le quattro grandezzecambiano il loro valore nei processi più disparati.Non devono quindi imparare a memoria le relazioniriassunte in Fig. 13.9. Dovrebbero piuttosto esserein grado di ricostruire queste regole basandosi sullaconcezione che hanno dei gas.

α1 ∂V (T ,p)V ∂Τ

=

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14. La luceLa termodinamica della luce

Nel capitolo 14 vengono trattati alcuni argomentiche appartengono alla "termodinamica della luce".La luce è un sistema di decisiva importanza per ilbilancio termico della Terra. Purtroppo le sue carat-teristiche termiche sono così peculiari da imporreseveri limiti alla sua trattazione a questo livello.

Finché la luce si trova in una cavità radiante, cioèfinché è rinchiusa in un recipiente, si comportaancora abbastanza bene. I problemi nascono quan-do esce dalla cavità e forma dei raggi. Per questaluce non c'è un sistema di riferimento a riposo, equesta è la causa delle sue insolite caratteristichetermiche.

Una delle particolarità è il fatto che la relazione tra leintensità delle correnti di energia e entropia non èpiù

P = TIS ,

ma

P = (3/4)TIS ,

dove P e IS sono le intensità della corrente dienergia rispettivamente di entropia e T la tempe-ratura del corpo radiante.

Un'altra particolarità: la luce termica che provieneda una sorgente, come il Sole, occupa uno spaziosempre più grande. In questo processo di espansio-ne però, né l'entropia né la temperatura della lucecambiano. Quindi questo non è un processo diespansione nel senso termodinamico. (Un bell'e-sempio di vero processo di espansione della luce è ladilatazione della radiazione di fondo dovuta all'e-spansione dell'universo. È un'espansione isoentro-pica in cui la temperatura diminuisce, esattamentecome farebbe per un gas materiale.)

I temi del capitolo 14 sono stati scelti in modo daevitare questi problemi. Affrontarli richiederebbetroppo tempo.

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15. Dati e portatori di dati1. Contenuti di un'unità didattica sulla tecnicadei dati

Al giorno d'oggi la tecnica dei dati, o tecnica dell'in-formazione, ha un ruolo importante in quasi tutti gliaspetti della nostra vita. Molte delle apparecchiatu-re presenti in casa servono a trasmettere o a imma-gazzinare dati: la radio, il televisore, il videoregi-stratore, la macchina fotografica, la videocamera e irispettivi proiettori. Ci sono installazioni pubblicheche servono a trasmettere dati: il telefono, il fax, maanche la posta. Libri e giornali servono a trasmetteree immagazzinare notizie. I dati sono trasportati incavi di rame o fibre ottiche, con le onde dirette o at-traverso i satelliti. Alla tecnica dei dati appartengo-no anche procedure di rilevazione come il radar ol'ecoscandaglio. In linea di principio, ogni procedu-ra di misura fa parte della tecnica dei dati. La dia-gnostica medica ne è un esempio. Ciò appare parti-colarmente evidente in procedimenti moderni comeper esempio la tomografia.

Ovviamente il rappresentante più attuale tra le ap-parecchiature relative alla tecnica dei dati è il com-puter.

La trasmissione, l'immagazzinamento e l'elabora-zione dei dati sono molto importanti anche nei siste-mi biologici. I nostri organi sensoriali servono a re-gistrare dati, i nervi servono a trasmetterli e il cer-vello a elaborarli e immagazzinarli. Attraverso laparola e la gestualità, i dati vengono emessi. Sul pia-no molecolare la "tecnica" dei dati nei sistemi biolo-gici ha un'influenza ancora più estesa.

Tutti questi fenomeni, dispositivi tecnici e procedi-menti hanno qualcosa in comune: hanno a che farecon la trasmissione, l'immagazzinamento e l'elabo-razione dei dati. Questi elementi comuni sono evi-denti, non c'è bisogno di essere uno specialista perriconoscerli.

Ci si dovrebbe quindi aspettare che questi elementicomuni abbiano portato a una descrizione scientifi-ca omogenea, a una descrizione che permetta di ri-conoscere una struttura unitaria. Purtroppo non è ilcaso. Si sono sviluppate diverse singole discipline,come ottica, acustica, elettronica, metrologia, tecni-ca delle telecomunicazioni, informatica e altre an-cora. Due di queste discipline sono entrate a far par-te della fisica: l'ottica e l'acustica. Da altre, alcuniprocedimenti particolari hanno trovato spazio nel-l'insegnamento della fisica, per esempio l'elettroni-ca o la tecnica delle telecomunicazioni. Un'ulterioreparte della tecnica dei dati viene trattata dalla biolo-gia.

La separazione di varie branche della tecnica dei da-ti in sottodiscipline distinte, spesso fondata su con-siderazioni di carattere tecnico abbastanza superfi-ciali, ha uno svantaggio: nella fisica dei dati non siriesce a riconoscere una struttura unitaria.

A lungo termine un corso non può permettersi diprocedere in questo modo, cioè aggiungendo o infi-

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lando da qualche parte una rilettura. La lista degliargomenti da attualizzare è troppo lunga per per-mettere di procedere così. Durante lo sviluppo delcurricolo ci si deve chiedere in permanenza se ilnuovo non offra qualche punto di vista che permettadi semplificare il vecchio, se non sia possibile tratta-re vecchio e nuovo contemporaneamente. Ci si devechiedere se aspetti del corso apparentemente diversinon siano casi particolari della stessa cosa.

La ricerca di punti di vista di ordine superiore non hasolo motivazioni di economia didattica. Un corsoche pone in primo piano gli aspetti tecnici è destina-to a invecchiare. Un esempio: se nel corso si parla dicomputer, lo si fa sulla base di come i computer sonofatti ora. In quanto apparecchiatura elettronica verràassegnata all'elettrologia. Ma ci si deve chiedere senon ci siano cose da dire sul computer che non di-pendono dalla sua particolare realizzazione tecnica.Un computer non deve per forza lavorare elettroni-camente. In linea di massima potrebbe anche fun-zionare meccanicamente. Un giorno ci saranno icomputer ottici, e il cervello è una specie di compu-ter elettrochimico.

Per lo stesso motivo ci si deve chiedere se sia possi-bile fare delle affermazioni sul computer senza pre-supporre la sua architettura attuale. Il cervello ad e-sempio, è fatto in modo completamente diverso, e icalcolatori con un'architettura a multiprocessore,così come i calcolatori basati sulle reti neuronali,hanno un ruolo sempre più importante.

Infine, dovrebbe essere possibile fare delle afferma-zioni riguardanti le attività di un computer senza chedipendano dal tipo di problemi affrontato: risolvereun'equazione differenziale, riconoscere un modelloo eseguire calcoli.

Di conseguenza, nel nostro corso i diversi fenome-ni, procedimenti e dispositivi della tecnica dei dativengono trattati a partire da punti di vista comuni.

Non perseguiamo questo obiettivo solo per ragionidi economia didattica. Il semplice fatto che ci sianodei punti di vista comuni è già un aspetto didatticoimportante.

2. La misura di Shannon per la quantità di dati

Se vogliamo dare una descrizione fisica capace diincludere tutti i fenomeni e i dispositivi tecnici checonta la tecnica dei dati, dobbiamo munirci dell'at-trezzo adatto. Per un fisico gli attrezzi più importan-ti sono le grandezze fisiche. Quindi cerchiamo unagrandezza che serva a descrivere i fenomeni discus-si nel paragrafo precedente.

Attorno a metà del XIX° secolo la situazione eramolto simile. Allora, le descrizioni scientifiche del-la meccanica, dell'elettrologia e della termologia e-rano ancora abbastanza indipendenti, anche se datempo si sapeva che dovevano essere in relazione.Queste relazioni furono incluse nella teoria nel mo-mento in cui si costruì una nuova grandezza fisica:l'energia.

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Il fatto che l'energia abbia acquisito una tale impor-tanza dipende, tra le altre cose, anche dal fatto che èuna grandezza estensiva.

Considerati i vantaggi portati alla fisica dall'intro-duzione dell'energia, sarebbe auspicabile costruireuna grandezza di carattere estensivo che riassuma ivari ambiti della tecnica dei dati. Siamo nella fortu-nata condizione di non dover costruire una grandez-za del genere, perché c'è già: è la misura della quan-tità di dati, o di informazione, introdotta da C. Shan-non (Shannon, Weaver 1949).

Questa grandezza si è affermata da tempo nella tec-nica dell'informazione ed è diventata la grandezzacentrale di una teoria specifica: la teoria dell'infor-mazione. Ma finora la possibilità di servirsene perordinare in modo sistematico la tecnica dei dati nonè quasi mai stata sfruttata.

La misura dell'informazione di Shannon, o quantitàdi dati, è definita come

La grandezza è una misura della quantità di dati (e-spressa in bit) portata da un segno. N è il numerototale di segni utilizzati. pi è la probabilità checompara l'i-esimo segno. "ld" è il logaritmo in ba-se due. Con questa equazione si possono calcolaresia la quantità di dati immagazzinata in un conteni-tore, sia la quantità di dati trasmessa attraverso unconduttore in un determinato intervallo di tempo.A prima vista questa equazione sembra troppo diffi-cile e inadatta a un corso per principianti. Non pre-suppone forse la comprensione del logaritmo e delconcetto di probabilità? Ma un'analisi più attenta ri-vela che H si può esprimere in una forma più ele-mentare e che in questo modo la grandezza diventaaddirittura semplice.All'inizio ci limitiamo a quei processi dove tutti gliN simboli sono equiprobabili, cioè quando:

p1 = p2 = ... = pN = 1/N

Dall'equazione che definisce H otteniamo

H = ldN bit

In questa forma le probabilità non appaiono più.Tuttavia c'è ancora il logaritmo. Ma visto che l'e-quazione è equivalente a

2H/bit = N,

anche gli studenti che non conoscono il logaritmopossono calcolare facilmente il valore di H a me-no di un intero: basta loro cercare la potenza di duepiù vicina a N.

Abbiamo così trovato la proprietà della quantità didati che ne fa una grandezza particolarmente como-da da usare. Mentre i valori di altre grandezze sonospesso determinabili solo applicando complicati

H = – pi ld pi bit

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procedimenti di misurazione, i valori di H in so-stanza si ottengono contando.

L'uso della grandezza H è facilitato anche dal suocarattere estensivo.

3. "Informazione" o "quantità di dati"?

Shannon chiamò la grandezza H da lui definita "en-tropia della sorgente di informazione". Poco dopol'introduzione di questa grandezza un altro nomecominciò ad affermarsi sempre più. Molti autori lachiamavano semplicemente "informazione". Unascelta infelice, e vogliamo spiegare perché.

Innanzitutto va notato che nella letteratura scientifi-ca la parola informazione assume significati diver-si. Il nome "informazione" per la grandezza H sitrova prevalentemente nei libri sulla teoria dell'in-formazione. In informatica invece, con "informa-zione" si intende qualcos'altro, e il significato assu-me sfumature diverse da autore a autore. In ogni ca-so la parola è riferita a un singolo messaggio, non è ilnome di una grandezza fisica.

Ma soprattutto riteniamo inadeguato il nome infor-mazione per la grandezza H, in quanto inevitabil-mente evoca negli studenti false associazioni di i-dee. "Informazione" è anche una parola comune ilcui significato non è d'aiuto se vogliamo capire lagrandezza fisica H; è piuttosto un ostacolo.

Il fatto che il significato comune della parola "infor-mazione" si differenzi sotto molti aspetti dalla gran-dezza H, può essere dedotto analizzando la seguenteragionevole affermazione: "mi ha dato un'informa-zione importante riguardo a certi eventi".

Prima di tutto in questo caso la parola informazionesi riferisce a un unico messaggio. La frase non devecaratterizzare una quantità di messaggi.

In secondo luogo il messaggio viene qualificatodall'aggettivo "importante", non secondo criteri fi-sici, ma umani. In ogni caso nel linguaggio comuneha senso parlare di informazione solo se, nella tra-smissione, l'ultimo anello della catena è una perso-na. Ma la grandezza H non consente valutazionisecondo parametri umani. Ed è pure del tutto irrile-vante il coinvolgimento o meno di una persona inuna qualunque fase della trasmissione.

Terzo: la frase citata dimostra che nel linguaggiocomune l'informazione riguarda sempre qualcosa.In modo più formale possiamo dire: il sistema A ri-ceve dal sistema B informazione sul sistema C.Quando la parola informazione viene usata per lagrandezza H, questo fatto porta a delle concezionicuriose della grandezza stessa. Effettivamente H,come grandezza estensiva, è associata a una regionedello spazio, cioè a un unico sistema fisico. Se pen-siamo a una corrente di H entra in gioco un secondosistema. Ma l'identificazione di un terzo sistema, inquesto ambito non ha nessun senso.

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La denominazione proposta da noi, "quantità di da-ti", non ha questi svantaggi. È costruita analoga-mente a "quantità di sostanza", la denominazioneampiamente accettata per la grandezza n. La parola"quantità" suggerisce che non si tratti di una singolainformzione, bensì di una misura per la quantità diinformazione, di testo, di immagini, ecc. - in breve:di dati. La parola "dati" sottolinea che il significatocontenuto nell'informazione non ha rilevanza. Tral'altro, per lo stesso motivo Schopenhauer chiamava"dati" i segnali trasmessi dagli organi di senso alcervello.

Inoltre la parola dati riferita alla misura di Shannonha l'indubbio vantaggio di essere già ampiamente u-tilizzata nella terminologia informatica e della tec-nica dei dati. Così si parla di trasmissione di dati, e-laborazione di dati, memorizzazione di dati, input eoutput di dati, banca dati, ecc. Suona più naturale di-re: "la memoria contiene una grande quantità di da-ti" piuttosto che "la memoria contiene molta infor-mazione".

4. Il significato di un messaggio

A volte si tenta di distinguere tra "messaggio, inclu-so il suo significato" e "messaggio, escluso il suo si-gnificato" servendosi di parole diverse. Weaver adesempio (Shannon, Weaver 1949) parla di "messag-gio"nel primo caso e di "segno"nel secondo.

Ma la necessità di una tale distinzione si sente solonel caso in cui il ricevitore del messaggio è un essereumano. In realtà la presenza o meno di una personain un qualsiasi momento della trasmissione è irrile-vante. E la distinzione tra dati con e senza significa-to crea probabilmente più confusione che chiarezza.

5. La precisione del numero di bit

La formula che permette di calcolare H ha una ca-ratteristica molto comoda: il valore di H non è moltosensibile agli errori nella stima di N. Anche quan-do il numero di segni è molto incerto, il valore di H siottiene con buona precisione. Non vale nemmeno lapena investire molto tempo nella determinazionedell'esatto numero di segni.

6. A cosa viene associata la grandezza "quantitàdi dati"?

Il modo con il quale solitamente la letteratura scien-tifica utilizza la misura dell'informazione di Shan-non, causa spesso confusione. In particolare non siriesce a capire a cosa viene associato il valore dellagrandezza. Di solito la grandezza H è detta "infor-mazione" e si trovano frasi del tipo: "l'informazionedi questa situazione è...", oppure "l'informazionesul sistema conosciuta dall'osservatore ammontaa...".

H è una grandezza fisica e come tutte le grandez-ze fisiche è associata a un sistema fisico - non a unasituazione o a un osservatore. Il valore di una gran-dezza può dipendere dall'osservatore, o più precisa-

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mente dal sistema di riferimento scelto dall'osserva-tore. Ad esempio, il valore della quantità di moto diun'automobile dipende dal sistema di riferimentonel quale si descrive il moto. Questa considerazionenon cambia il fatto che si tratta della quantità di mo-to dell'automobile, e non della quantità di moto delsistema di riferimento o dell'osservatore.

Di conseguenza, ogni volta che a lezione si parla diquantità di dati lo si deve fare identificando chiara-mente il sistema nel quale sono contenuti i dati, ri-spettivamente i sistemi che se li scambiano.

I dati possono anche fluire a una persona ed essereimmagazzinati nel suo cervello. Ma in una situazio-ne del genere la persona non ha il ruolo di osservato-re, bensì quello di un normale sistema fisico. Unapersona può anche avere quantità di moto, senza a-vere il ruolo di osservatore, cioè di chi stabilisce ilsistema di riferimento.

7. I vantaggi dell'additività

Nel calcolo della quantità di dati sfruttiamo spessol'additività di H, senza però precisarlo esplicitamen-te. Immaginiamo di dover calcolare la quantità didati di un'immagine composta da una griglia di20·20 = 400 punti, ognuno dei quali può assumereuno tra i quattro colori nero, grigio scuro, grigiochiaro e bianco. Un metodo per calcolare la quantitàdi dati dell'immagine si serve del numero totale disegni, cioè il numero totale di immagini possibili. Inqueso caso ammonta a 4400. Non è molto facile farcapire agli studenti come si ottiene questa potenza.Inoltre il valore N è molto elevato, ben oltre i va-lori contenuti nella nostra tabella delle potenze di 2.

Quindi procediamo in altro modo: è facile rendersiconto che la quantità di dati di ogni singolo puntodell'immagine è 2 bit. A causa dell'additività di H,per tutta l'immagine otteniamo:

H = 400 · 2 bit = 800 bit.

Se gli studenti conoscessero i logaritmi avrebberopotuto ottenere lo stesso risultato in un altro modo:

H = ld (4400) bit = 400 · ld 4 bit = 800 bit.

8. La ridondanza

Un codice binario si dice ridondante se un segnoporta meno di un bit, cioè se i due segni non sono e-quiprobabili. Visto che i trasporti di dati con segni diprobabilità diversa verranno trattati più avanti, an-che la ridondanza non viene affrontata fino a quelmomento.

9. Bibliografia

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16. Elettricità e correnti elettriche1. Cominciare con l'elettricità ferma o con l'elet-tricità che scorre?

Prima di affrontare l’elettrologia ci si deve chiederese iniziare trattando le correnti elettriche o l’elettro-statica. L'insegnamento sarebbe più comodo se nonfosse necessario porci questa domanda.

Se dovessimo aiutare un’ipotetica persona che nonabbia mai visto un liquido a familiarizzarsi con leproprietà dell’acqua, non ci verrebbe sicuramentein mente di cominciare limitandoci al caso dell’ac-qua che scorre oppure al caso dell’acqua accumu-lata e ferma. Mostreremmo subito che l’acqua puòessere tenuta in un contenitore e che può scorrere daun punto a un altro.

Se facciamo termologia consideriamo fin dall’ini-zio sia l’entropia immagazzinata in un corpo sia lecorrenti di entropia. E in meccanica è meglio intro-durre parallelamente quantità di moto e correnti diquantità di moto, cioè forze.

Perché in elettrologia non è possibile fare la stessacosa? Perché in natura le correnti di elettricità simanifestano chiaramente solo in quegli esperi-menti dove l’elettricità non si accumula da nessunaparte. La quantità di elettricità accumulata negli e-perimenti di elettrostatica è sempre così piccola chele correnti generate, scaricandosi a terra, sono diffi-cilmente percepibili. I metodi che permettono dimisurare queste correnti di brevissima durata (adesempio con un LED) sono molto diversi da quellicon cui si misurano correnti “normali”, cioè sfrut-tando la produzione di calore o i loro campi magne-tici.

D’altro canto nemmeno correnti elettriche intense,dell’ordine di 1 A, che fluiscono anche per parec-chio tempo, causano l’accumularsi di carica suicorpi o sugli apparecchi. La carica elettrica dellevarie parti coinvolte è praticamente nulla.

I fenomeni elettrici si dividono quindi in due classiche hanno pochi aspetti comuni.

Abbiamo deciso di cominciare dai fenomeni deiquali ogni studente ha più esperienza diretta: dallecorrenti elettriche. La conseguenza è che nelle le-zioni parliamo della corrente di qualcosa che non èancora possibile osservare quando non scorre.Parliamo di proprietà dell’elettricità che si mani-festano solamente quando l’elettricità fluisce e nondi proprietà dell’elettricità statica, che non fluisce.

Procedendo in questo modo sembrerebbe addirit-tura che l’elettricità statica non abbia alcuna pro-prietà in quanto lo studente non ha ancora imparatoche noi non notiamo nessuna proprietà dell’e-lettricità, per esempio in un filo, solo perché il filonon è carico, perché gli effetti (i campi) dell’elet-tricità positiva e negativa si annullano.

Nelle lezioni però, per dare un’idea chiara dellacorrente elettrica, fin dall’inizio chiamiamo ciò che

fluisce con il suo nome, elettricità. E per sottolinea-re che con l’unità di misura ampere si misural’intensità della corrente poniamo l’accento sulfatto che ampere è solo un’abbreviazione di cou-lomb al secondo.

Questo aspetto va affrontato con molta cura, altri-menti l’intensità di corrente rischia facilmente diessere confusa con la tensione o con il potenziale.Confusioni del genere sono favorite da espressionicome: “c’è corrente”, sicuramente usata da ogni stu-dente.

Quando diciamo che in un filo fluisce elettricità opiù semplicemente parliamo dell’elettricità che sitrova nel filo, ci riferiamo naturalmente solo allaparte in movimento della carica elettrica totale.All’inizio dell’elettrologia evitiamo di parlare delfatto che l’elettricità può avere due segni. Inparticolare evitiamo di parlare del moto del portato-re della carica. Visto che il portatore della carica simuove spesso in direzione opposta alla correnteelettrica nascerebbero discussioni improduttive susegni e direzioni.

2. La parola “corrente”

“Corrente" è una parola comune. Al di là del suosignificato originale, come nel senso di corrented’acqua, è ampiamente usata per indicare quello cheper i fisici è “energia tramessa elettricamente”. Lo sideduce dalle seguenti frasi comunemente usate: “lacorrente viene dalla presa”, o “forniamo corrente aprezzi vantaggiosi”. Si noti che qui dicendo corren-te evidentemente si intende l’energia stessa e non lacorrente di energia (nel senso fisico del termine).

Questa accezione della parola “corrente” è alquantosimile a ciò che un fisico intende con corrente, cioèla corrente elettrica. Possono facilmente nascereconfusioni. Per questo motivo consigliamo di nonomettere mai l’aggettivo “elettrica”. Per sottolinea-re ancora di più cosa scorre effettivamente, ognitanto si può anche parlare di “corrente di elettricità”.

A questo proposito c’è un altro problema. Noi fisiciusiamo spesso espressioni come: “la corrente è di 2A”. Non indichiamo il fenomeno dell’elettricità chefluisce come corrente ma la grandezza fisica I,ulteriore causa di confusione. Non si dimentichiquindi che la grandezza I è l’intensità della cor-rente. È meglio dire: “l’intesità della corrente è 2 A”oppure “la corrente ha un’intensità di 2 A”, più omeno come si dice “20 kg di patate”.

3. “Elettricità” o “carica elettrica”?

Usiamo le parole carica elettrica (in breve: carica)ed elettricità come sinonimi. All’inizio preferiamocomunque la parola elettricità. Usando il terminecomune “carica” è spontaneo chiedersi cosa sia ca-rico e all’inizio dell’elettrologia vorremmo evitarela questione del portatore della carica elettrica.

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Inoltre nel corso si è già parlato di come un portatoredi energia sia caricato di energia. In quel caso, anchese non espresso in questi termini, era l’energia ad es-serne il carico.

Non useremo quindi la parola carica per la gran-dezza Q prima di iniziare a parlare del portatoredella carica.

4. Potenziale elettrico e tensione

Introduciamo il potenziale elettrico prima dellatensione; parliamo della differenza dei valori di unagrandezza solo dopo che la grandezza stessa siastata presentata (Herrmann, Schmälzle 1984).

Il problema che sorge cominciando dalla tensione oaddirittura limitandosi alla tensione è noto allamaggior parte dei docenti: gli studenti tentano diassegnare una tensione a un solo punto di uncircuito, come espresso nella tipica frase: “il filo èsotto tensione.”

Durante la lezione è utile sottolineare che in unafrase la parola “tensione” dovrebbe sempre essereseguita dalla preposizione “tra”. Mentre si può dire:“il potenziale di questo filo è…” si deve dire: “latensione tra questi due fili è…”.

Operare con il potenziale permette inoltre l’applica-zione del metodo della marcatura con i colori per isegmenti di conduttore.

5. Lo zero del potenziale

Un problema pratico che si presenta lavorando conil potenziale elettrico è che i valori del potenziale neivari punti di un circuito senza messa a terra non sononoti e dipendono da influssi difficilmente controlla-bili. Affinché le condizioni siano sempre chiare,durante le lezioni i circuiti sono sempre messi a terrada qualche parte.

6. La regola dei nodi e la regola delle maglie

La regola dei nodi e la regola delle maglie sonomolto utili per i calcoli relativo alle reti elettriche. Illoro campo d’applicazione è molto vasto: a diffe-renza della legge di Ohm non dipendono dallecaratteristiche dei materiali. Di conseguenza nel no-stro corso hanno un ruolo particolarmente impor-tante.

Non è nemmeno necessario formulare esplicita-mente la regola delle maglie. Viene applicata auto-maticamente dagli studenti appena lavorano con ilpotenziale elettrico. Se a ogni punto di un circuito èassociato un valore del potenziale, allora vale che lasomma delle differenze di potenziale tra le estremi-tà dei lati che costituiscono una maglia è uguale azero.

Sui limiti delle regole dei nodi e delle maglie:

La regola dei nodi è un caso particolare dell’equa-zione di bilancio per la carica elettrica:

Se all’interno di una regione dello spazio la caricanon cambia, allora:

cioè: l’intensità totale della corrente che attraversala superficie è uguale a 0 A. Quindi, la regola dei no-di vale per una regione dello spazio (che contiene ilnodo) fintanto che il valore della carica non cambia.La regola delle maglie è una caso particolare dellaseconda equazione di Maxwell:

Se il flusso magnetico in una curva chiusa restainvariato, allora

cioè: l’integrale lungo questa curva dell’intensitàdel campo elettrico è uguale a zero. La regola dellemaglie vale quindi fintanto che il flusso magneticoattraverso la maglia del circuito considerato noncambia.

7. La legge di Ohm

Nell’ambito del nostro corso la legge di Ohm vieneosservata in due strutture: prima in un pezzo di filoqualsiasi (la cui temperatura non deve variaretroppo al fluire della corrente) e in seguito in unresistore.

Per la maggior parte delle domande che ci poniamonon è importante che un certo filo soddisfi la leggedi Ohm. Dopotutto presupponiamo quasi sempreche la resistenza di una filo sia trascurabile.

Il fatto che un resistore soddisfi la legge di Ohm è sìimportante, ma non aiuta certo molto a comprende-re la natura, in quanto i resistori sono costruitiappositamente per soddisfare la “legge” di Ohm,cioè per avere una curva caratteristica ohmica.

8. Curve caratteristiche

Per sottolineare il fatto che nel tracciare una curvacaratteristica la variabile indipendente, quella che sipuò variare a piacimento, è la tensione mentrel’intensità di corrente è la variabile che non si puòregolare ma che osserviamo come risultato della

dQ

dt+

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tensione scelta, ci piace procedere senza nemmenousare un voltmetro, ma leggendo la tensione diretta-mente sulla manopola di regolazione dell’alimenta-tore.

Ovviamente si potrebbe anche dare l’impressioneopposta: che noi impostiamo una corrente e che latensione si regola di conseguenza. Basterebbe ser-virsi di un alimentatore stabilizzato di corrente in-vece che di un alimentatore stabilizzato di tensione.Non procediamo in questo modo perché abbiamoscelto di indicare la differenza di potenziale elettri-co (in generale: la differenza dei valori della varia-bile intensiva) come “spinta” o “causa”.

9. Resistenze in serie e resistenze in parallelo

Nel nostro corso le resistenze in serie e in parallelovengono trattate solo nell’ambito degli esercizi. In-oltre negli esercizi si combinano unicamente resi-stenze uguali. Le regole corrispondenti non sonoinserite nella lista delle leggi importanti. Il motivoper dare all’argomento meno importanza di quantosi faccia di solito è che gli apparecchi con una curvacaratteristica ohmica sono dei casi particolari. Ilcampo di applicazione delle regole di combinazionerisulta quindi molto limitato. Inoltre, per coerenza,si dovrebbero formulare le stesse regole anche peraltre correnti: per correnti di quantità di moto,correnti di entropia e infine anche per correnti d’ac-qua. Non si fa perché l’argomento non è ritenutosufficientemente importante.

10. Bibliografia

HERRMANN, F., SCHMÄLZLE, P.: Das elektri-sche Potential im Unterricht der Sekundarstufe I.MNU 37/8, 476 (1984).

18. Il campo magnetico1. I campi come strutture concrete

Viene data importnza all'introduzione dei campi co-me dei sistemi fisici da prendere seriamente. In pri-mo luogo ciò corrisponde all'interpretazione dellamoderna teoria dei campi, in secondo luogo è facileda capire (Herrmann 1989,1990).

Maxwell definì il campo elettrico come "... lo spazioche circonda un corpo elettrizzato, sempre che nellostesso si manifestino dei fenomeni elettrici." Le o-dierne formulazioni che tentano di definire il cam-po, ricordano molto la definizione di Maxwell.Molto spesso il campo viene descritto come "una re-gione dello spazio" dove succede qualcosa, o doveagiscono determinate forze.

Oggigiorno però una descrizione del genere è diffi-cilmente comprensibile. Ai tempi di Maxwell nonera così. Per Maxwell e i suoi contemporanei lo spa-zio era riempito di un mezzo, l'etere. Spazio ed eterecoincidevano. Quindi il campo era semplicementeuno stato di questo mezzo. Ma visto che nel frattem-po l'etere è stato bandito dalla fisica, la citata formu-lazione di Maxwell diventa estremamente poco in-tuitiva.

2. Interazioni magnetiche ed elettriche

Formulazioni come "i poli uguali si respingono, ipoli opposti si attraggono", risalgono a prima di Fa-raday, ai tempi quando le interazioni erano descrittecome interazioni a distanza. Malgrado da più di 100anni più nessuno scienziato creda a interazioni delgenere, usiamo ancora le vecchie formulazioni e, diconseguenza, promuoviamo la vecchia concezione.

Visto che questa descrizione delle interazioni ma-gnetiche è già nota a ogni studente prima ancora difrequentare il corso, inizialmente la adottiamo, persostituirla subito con una formulazione da intera-zione a contatto: "i poli uguali sono respinti dal lorocampo magnetico, i poli opposti vengono attratti".

Lo stesso vale per le interazioni elettriche.

3. Due tipi di polo magnetico

La carica magnetica è una grandezza che può assu-mere sia valori positivi sia valori negativi. Normal-mente lo si sottolinea dicendo che ci sono due tipi dipolo magnetico: il polo nord e il polo sud. Questomodo di esprimersi è fuorviante. Suggerisce che lacarica magnetica si presenta con due diverse quali-tà, altrettanto diverse di "maschile" e "femminile".

Anche definendo "omonimi" i poli che portano lastessa carica magnetica ed "eteronimi" quelli cheportano carica di segno opposto, daremmo l'impres-sione che ci siano due tipi di carica magnetica. In uncorso di matematica non formuleremmo il seguenteteorema: "il prodotto di due numeri omonimi è posi-tivo, il prodotto di due numeri eteronimi è negati-vo".

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4. La rappresentazione grafica dei campi

Ci serviamo delle linee di campo per rappresentaregraficamente una struttura invisibile, il campo. Ri-spetto ad altri tipi di rappresentazione, quella con lelinee di campo ha il vantaggio di contenere molte in-formazioni quantitative riguardanti il campo. Ha losvantaggio di dare l'impressione che il campo si svi-luppi in una sola direzione, quella delle linee. (Po-tremmo descrivere altrettanto bene un campo stati-co con i piani equipotenziali perpendicolari alle li-nee di campo. In questo caso daremmo l'impressio-ne che il campo si sviluppi solo in direzione perpen-dicolare all'intensità del campo.) Per evitare di darequesta impressione cominciamo con altre rappre-sentazioni: con tonalità di grigio, con punti e confrecce.

Tra l'altro, per un corso di questo livello non sussito-no motivi sufficienti per ritenere la rappresentazio-ne con linee di campo migliore di quella con le frec-ce, in quanto le informazioni quantitative contenutenelle linee di campo non sono oggetto del corso. Lelinee di campo esprimono ciò che i fisici chiamanoassenza di divergenza del campo. Ma in un corso diquesto livello non viene trattata.

5. Intensità del campo magnetico o densità diflusso?

Anche se in un corso di questo livello il campo ma-gnetico non è descritto quantitavamente, cioè me-diante una delle grandezze vettoriali H e B, il do-cente deve essere cosciente di quale sia la grandezzaa cui pensa quando parla di campo, visto che anchele affermazioni qualitative sul campo dipendonodalla scelta fatta.

Ognuna delle grandezze H e B ha i suoi vantaggi(Herrmann 1991).

Usando H la trattazione della magnetostatica è sen-sibilmente facilitata. La costruzione della magneto-statica sarebbe del tutto analoga alla costruzionedell'elettrostatica.

Così come in elettrostatica possiamo dire che le li-nee del campo E iniziano alla carica positiva e fi-niscono alla carica negativa, in magnetostatica valeche le linee del campo H iniziano alla carica delpolo nord e finiscono alla carica del polo sud. Ed e-sattamente come non c'è il campo E all'interno deimetalli, all'interno dei materiali magnetici dolci nonc'è il campo H (ma lo stesso non vale per il cam-po B).

Le affermazioni della magnetostatica sulla densitàdi flusso B sono più complicate. In particolare èmolto difficile capire dalle linee del campo B do-ve si trovino i poli di un magnete.

Aggiungiamo un'osservazione sulla colorazionedei magneti permanenti. Secondo la prassi, metà delmagnete è contrassegnata in rosso e l'altra metà inverde. Questo suggerisce che la metà rossa sia unpolo e la metà verde l'altro polo, oppure anche che la

superficie della parte rossa sia un polo e la superficiedella parte verde sia l'altro. In realtà però i poli sonounicamente sulle superfici alle estremità del magne-te. Solo loro dovrebbero essere colorate.

Alla radice di questo modo errato di contrassegnarei magneti potrebbe esserci un equivoco. I poli di unmagnete non sono i punti dove le linee dei campiH e B entrano nel magnete (all'esterno non è ne-cessario distinguere tra le due grandezze), ma ilpunto dove il campo di magnetizzazione M e, diconseguenza, anche l'intensità del campo magneti-co H hanno divergenza diversa da zero.

Mentre la magnetostatica viene facilitata descriven-do il campo magnetico servendosi dell'intensità dicampo H, la descrizione dell'induzione è più faci-le usando B. Il valore di una tensione indotta di-pende dalle variazioni del flusso del campo vetto-riale B. Visto che B è la somma dell'intensità delcampo e della magnetizzazione (per un fattore co-stante),

B = µ0H + M,

la tensione indotta, se non si usa B, può avere duecause, cioè una variazione nel tempo dell'intensitàdi campo H o una variazione nel tempo della ma-gnetizzazione M. In un corso avanzato vale sicu-ramente la pena lavorare con H e B: con H per lamagnetostatica e con B per l'induzione. A questolivello invece non è proponibile, visto che la relazio-ne tra H e B non può essere formulata. Quindi sideve decidere per H o per B.

Abbiamo deciso in favore dei vantaggi della ma-gnetostatica, cioè per H. L'induzione ne risulta sololeggermente più complicata.

6. La magnetizzazione

La magnetizzazione M è un campo vettoriale chedescrive lo stato di magnetizzazione della materia.Le sorgenti e gli scarichi di questo campo sono ciòche definiamo poli magnetici. Questo significa chele sorgenti e gli scarichi possono essere interpretaticome "densità di carica magnetica" ρm:

ρm = - div M

Se conosciamo il campo di magnetizzazione di uncorpo, sappiamo dove sono i poli. Per contro, dalladistribuzione dei poli non è possibile risalire in mo-do univoco all'andamento delle linee di magnetiz-zazione.

La relazione tra linee di magnetizzazione e distribu-zione dei poli è così semplice da poter essere discus-sa a lezione. Trattando la magnetizzazione ci si ren-de conto che magnetizzandolo, un corpo cambia inogni suo punto, non solo dove si trovano i poli. Di-venta evidente anche il fatto che spezzando un ma-gnete si ottengono nuovi poli. Inoltre, la trattazionedella magnetizzazione è importante nell'ottica di uncorso avanzato: l'intensità del campo magnetico e lamagnetizzazione, assieme formano ciò che più a-vanti verrà chiamato densità di flusso.

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7. Due esperimenti di induzione

A volte trattando l'induzione si distingue tra due ca-si: 1. Un magnete permanente viene spinto in unabobina ferma. 2. Una bobina viene spinta sopra unmagnete permanente fermo.

Naturalmente in entrambi i casi si tratta dello stessoesperimento. È solo descritto in sistemi di riferi-mento diversi.

Stando alla nostra esperienza di insegnamento, anessuno studente viene in mente che siano due espe-rimenti diversi. Le difficoltà logiche sorgono soloquando si tenta di descrivere il problema con l'aiutodelle intensità di campo, cioè matematicamente.Solo allora gli esperimenti sembrano diversi, vistoche in un caso appare la derivata dell'intensità delcampo magnetico, nell'altro caso no. Allora si devemostrare che cambiando sistema di riferimento, leintensità del campo variano in modo tale da lasciareinvariati gli effetti osservabili. Fino a quando non siintroduce una descrizione matematica dell'induzio-ne la distinzione tra i due esperimenti sembra inna-turale.

8. Bibliografia

HERRMANN, F.: Energy density and stress: A newapproach to teaching electromagnetism. Am. J.Phys. 57, 707 (1989).

HERRMANN, F.: Felder als physikalische Syste-me. MNU 43/2, 114 (1990).

HERRMANN, F.: Teaching the magnetostaticfield: Problems to avoid. Am. J. Phys. 59, 447(1991).

19. Elettrostatica1. Il campo elettrico dopo quello magnetico

Ci sono argomenti pro e contro l’introduzionedell’elettrostatica alla fine dell’elettrologia. Nelnostro caso è stato decisivo il fatto che volessimointrodurre il concetto di campo a partire dal campomagnetico piuttosto che dal campo elettrico. Ilprimo contatto degli studenti con un campo nondeve essere con una struttura così sfuggevole comeil campo elettrico, un campo i cui effetti si possonopercepire solo predisponendo tutta una serie di mi-sure di sicurezza.

2. Carica e portatore di carica

Viene posto l’accento sulla necessità di distingueretra la grandezza fisica “carica elettrica” e il sistemafisico “portatore di carica”. Altrimenti è fin troppofacile identificare la carica elettrica con gli elettroni.Elettroni, ioni e altre particelle sono solo i portatoridella carica elettrica. Portano anche altre grandezzefisiche (estensive): massa, quantità di sostanza,quantità di moto angolare, quantità di moto,entropia, ecc. Così un elettrone libero “porta”

la carica elettrica Q = e = -1,602·10-19 C,

la massa m = me = 9,11·10-31 kg,la quantità di moto L = h/4π = 0,527·10-34 Js,angolarela quantità di sostanza n = 1/NA = 1,66·10-24 mol

I valori di quantità di moto ed entropia dipendonodallo stato in cui si trova l’elettrone.

3. Gli strani congegni dell’elettrostatica

In elettrostatica si sperimenta con apparecchia-ture completamente diverse da quelle viste primanelle lezioni: con sfere conduttrici, con ilgeneratore elettrostatico, con elettroscopi e LED.Il paragrafo 19.3 serve a chiarire perché i vecchialimentatori e apparecchi di misurazione nonsono più utilizzabili.

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20. La tecnica dei dati1. Cosa amplifica un amplificatore

L'amplificatore viene presentato come un apparec-chio per aumentare la corrente di energia che ac-compagna una corrente di dati. Crediamo sia megliocominciare in questo modo piuttosto che trattandoun circuito elettronico di amplificazione. Inquest'ultimo caso agli studenti potrebbe non risulta-re chiara la funzione di un amplificatore. Se l'ampli-ficatore viene presentato solo come un apparecchioche rinforza la corrente elettrica o la tensione elettri-ca, ci si deve chiedere perché al suo posto non si usaun trasformatore. Anche un trasformatore rinforzala corrente elettrica, ma lo fa a scapito della tensio-ne, e viceversa. La corrente di energia rimane co-stante, nella migliore delle ipotesi.

2. Sulla riduzione di dati in un computer

Come la sperimentazione ha mostrato, gli studentinon hanno nessuna difficoltà a intuire che un com-puter riduce la quantità di dati. Per contro, a volte èstato difficile convincere dei matematici o fisici e-sperti. Potrebbe dipendere dal fatto che la compren-sione era ostacolata da una preesistente concezionedella grandezza "quantità di dati" (o "entropia di de-cisione"). Il fatto che l'utente usando un computerimpari qualcosa sembra suggerire che il computergeneri una certa quantità di dati. Per convincerci inogni singolo caso che non è così (se non con l'ordineRANDOM), dobbiamo applicare al problema laformula completa di Shannon, e questo significa fa-re chiarezza sulla distribuzione della probabiltà deisegni in entrata e in uscita dal computer. Semplifi-chiamoci subito il compito immaginando che i datiforniti dal computer vengano trasmessi e usati permanovrare una macchina e non a placare la sete disapere di qualche persona.

3. Teoria dei codici in un corso di fisica?

Il corso offrirebbe l'opportunità di approfondire lateoria dei codici: determinare la ridondanza di lin-guaggi e immagini, escogitare codici con la minoreridondanza possibile e molto altro. Questi problemisono interessanti, si adattano al livello del corso ehanno una rilevanza pratica. Malgrado ciò ritenia-mo che non vadano affrontati in un corso di fisica. Inlinea di massima sono più adatti a un corso di mate-matica. Intravvediamo la possibilità di fornire allamatematica delle interessanti domande di tecnicadell'informazione.

21. La luce1. Come affrontare l'ottica in un corso di questolivello

Lo scopo più importante dell'ottica geometrica è laspiegazione della formazione delle immagini e lasua applicazione negli strumenti ottici. Quindi èsenza dubbio una parte della fisica applicata. Le ap-plicazioni di cui tratta sono però abbastanza partico-lari. Di conseguenza lo spazio dedicato all'otticageometrica deve essere paragonato allo spazio dedi-cato ad altre applicazioni altrettanto particolari del-la fisica. Dovremmo vederla in concorrenza con l'e-lettronica, la tecnica dell'informazione, l'idrodina-mica e altre discipline tecniche. Secondo la nostra o-pinione, in un confronto del genere l'ottica non ri-sulta di certo penalizzata.

La si dovrebbe anche confrontare con aspetti di fisi-ca fondamentale, come la termodinamica. Di fatto,spesso nei libri di fisica di questo livello le paginededicate all'ottica sono più di quelle dedicate allatermodinamica.

2. Gli argomenti di ottica geometrica

C'è tutta una serie di argomenti interessanti che pos-sono essere trattati con l'ottica geometrica, ma che ascuola non sono trattati per niente. Invece l'otticascolastica si limita a fenomeni molto specifici e par-ticolari. Si può facilmente dare l'impressione che iraggi di luce e la distribuzione della luce siano im-portanti solo là dove qualcuno forma un'immagine.Ma questa è una situazione eccezionale.

Esempi di argomenti che fanno parte dell'ottica geo-metrica e non sono certo meno interessanti di quellitradizionali, potrebbero essere:

- l'analisi della distribuzione della luce comefunzione di spazio e direzione nelle condizionipiù svariate (per esempio nebbia o sole splenden-te);

- l'analisi di sistemi ottici che non formano im-magini (in generale i concentratori di luce chenon formano immagini hanno dei fattori di con-centrazione molto più elevati dei sistemi che for-mano immagini);

- la descrizione di mescolanze di luce di diversacoerenza.

3. La luce come sostanza

Parliamo della luce come di una sostanza che fluiscedalla sorgente al ricevitore, quindi diamo un'imma-gine molto concreta anche della luce (come casoparticolare dei campi elettromagnetici). Infatti unraggio di luce ha molto in comune con un raggio diparticelle materiali. Come un raggio di materia an-che la luce ha energia, quantità di moto, quantità dimoto angolare ("spin"), entropia, ecc. Esattamentecome della materia anche della luce si può dare una

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descrizione atomistica. I suoi mattoni elementarisono i fotoni. Ed esattamente come la materia anchela luce può trovarsi rinchiusa in un contenitore. Inquesto caso normalmente si parla di cavità radiante.

In particolare nel corso non diciamo che la luce sipropaga, diciamo che si muove.

4. La distribuzione locale della luce

Se consideriamo la luce in un determinato punto,possiamo fare delle affermazioni:

- sulla distribuzione delle direzioni della luce inquel punto;

- sulla distribuzione delle lunghezze d'onda inquel punto.

La prima affermazione riguarda ciò che in fisica sichiama coerenza spaziale, la seconda riguarda la co-erenza temporale. Un'affermazione sulla coerenzadella luce è quindi sempre un'affermazione sulla lu-ce in un certo punto. Alcuni testi lasciano sorgere ildubbio che la coerenza sia una proprietà possedutasolo dai campi di luce estesi.

In realtà, all'interno di un campo di luce la coerenzaè generalmente diversa da luogo a luogo. Ad esem-pio, la coerenta spaziale della luce di una lampadinaaumenta se ci si allontana dalla lampadina .

Si potrebbe obiettare che non si può certo parlare dicoerenza della luce in un singolo punto. È vero. Mail punto è un'astrazione matematica che in fisicacrea spesso delle difficoltà. Si dice anche, e a ragio-ne, che la pressione, la temperatura o la densità sonolocali, cioè grandezze associate a un punto. Malgra-do ciò è impossibile esprimere il valore di questegrandezze in un punto nel senso matematico del ter-mine.

Nel testo per studenti per determinare il punto ab-biamo usato la "regione dello spazio R di forma sfe-rica".

Per chiarire agli studenti il concetto di coerenza sipuò usare anche la seguente allegoria.

Davanti a noi c'è una grande cassa contenente moltemele diverse. Le mele si differenziano per due carat-teristiche: per grandezza e per colore. Vogliamoclassificare le mele. Cominciamo separandole a se-conda della grandezza in 10 casse diverse, un diver-so intervallo di grandezza per ogni cassa. Ora il con-tenuto di ogni cassa è uniforme. In seguito le mele diogni cassa vengono suddivise in altre10 casse a se-conda del colore. In totale ci ritroviamo con 100 cas-se, ognuna con mele uniformi secondo entrambi icriteri, grandezza e colore.

La similitudine tra mele e luce è sorprendentementevalida. Per esempio ci rendiamo conto che per otte-nere dei mucchietti di mele ordinati a partire da unmucchio di mele diverse, l'unico sistema consistenel togliere le mele che non soddisfano il criterio

scelto. Non si può trasformare una mescolanza dimele in mele tutte uguali, così come non si può tra-sformare luce incoerente in luce coerente.

Per contro, è possibile coltivare dei meli che produ-cano un solo tipo di mele. L'analogo succede con laluce. Possiamo usare una sorgente di luce che gene-ra luce coerente, vale a dire un laser.

5. La densità della radiazione

Nel paragrafo 21.4 analizziamo qualitativamente ladistribuzione della luce in un determinato punto infunzione dell'angolo e della lunghezza d'onda. Lagrandezza fisica in questione è detta densità spet-trale di radiazione: la densità della corrente di ener-gia per angolo solido e per intervallo di lunghezzad'onda. Questa grandezza è particolarmente adattaalla descrizione dei campi di radiazione. L'ideale èimmaginare il campo rappresentato in uno spazio asei dimensioni: come funzione di tre coordinatespaziali e di tre coordinate angolari. Ancora più coe-rente sarebbe esprimere la sua distribuzione nellospazio delle fasi - tre coordinate spaziali e tre coor-dinate di quantità di moto.

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22. La formazione di immagini1. Alcuni argomenti mancanti

Nel tentativo di snellire l'ottica geometrica, con unacerta prudenza, abbiamo tolto dal corso alcuni argo-menti e concetti.

Così mancano per esempio immagine reale e vir-tuale, lente convergente, lente divergente, lenteconcava e lente convessa.

Abbiamo anche rinunciato a spiegare la costruzionedi immagini con l'aiuto di punto di fuga, raggi paral-leli e linee guida. Crediamo che l'impegno necessa-rio sia troppo alto se paragonato all'importanzadell'argomento. Inoltre, sappiamo per esperienza(con molti studenti di fisica agli esami intermedi)che anche chi padroneggia i principi del metodo, siarena spesso al primo ostacolo di tipo pratico.

2. Sistemi ottici con due lenti

Non è facile capire perché a volte può essere indi-spensabile utilizzare più lenti per la formazione diun'immagine. Dopotutto con una sola lente è possi-bile realizzare immagini con un ingrandimentoqualsiasi.

Anche quando uno studente è in grado di descriverecorrettamente il percorso dei raggi in un microsco-pio o in un cannocchiale, c'è da temere che non abbiacapito i motivi che rendono necessario l'uso di duelenti.

Se non fossero parte del programma, avremmo ri-nunciato volentieri a trattare il microscopio e il can-nocchiale.

23. I colori1. Il quasi sconosciuto spazio cromatico

Lo spazio cromatico tridimensionale causa unostrano fenomeno: malgrado sia facile convincersiche ogni impressione cromatica sia descrivibile de-finendo tre caratteristiche, la maggior parte dellepersone non sa che le percezioni cromatiche forma-no uno spazio tridimensionale. Lo si nota ad esem-pio nelle difficoltà solitamente incontrate nel de-scrivere i colori. Quando si parla di colori si ritienenormale aspettarsi delle affermazioni soggettive eche le affermazioni sui colori abbiano una validitàlimitata - influenzate dai più svariati effetti ottici.Sembrerebbe impossibile fare delle affermazioniprecise riguardo alla percezione dei colori.

Gli effetti ottici ci sono davvero, e l'insegnamentodella percezione dei colori presenta anche aspettimolto complessi. Ma ha anche aspetti indipendentida ogni soggettività. Per esempio il fatto che due im-pressioni cromatiche ritenute uguali da una certapersona, saranno ritenute uguali anche da qualcunaltro (che non sia daltonico). Anche le leggi diGraßmann (Lang 1978), che implicano la tridimen-sionalità dello spazio delle percezioni cromatiche,ne sono un esempio.

La teoria dello spazio cromatico tridimensionale haassunto particolare importanza da quando esistonola fotografia a colori e la televisione a colori. E daquando ci sono dei calcolatori che possono generaresu uno schermo una vastissima gamma di colori,sperimentare con lo spazio cromatico risulta anchemolto agevole.

2. La topologia della scala cromatica

Tra le altre cose lo spazio cromatico è interessante inquanto uno dei suoi assi di coordinate, la tonalità, èchiuso su sé stesso. In fisica si conoscono poche sca-le con questa caratteristica. Un altro esempio, abba-stanza banale, è la scala degli angoli. Un altro esem-pio, molto meno intuitivo, sono le dimensioni spa-ziali in un universo chiuso.

3. I nomi propri dei colori

Il fatto che molto spesso i colori siano designati danomi propri è un altro indizio di quanto poco si co-nosca lo spazio cromatico. Spesso il nome di un co-lore deriva dal processo di produzione del coloran-te, come il giallo cadmio, il verde ossido di cromo oil nero seppia, e spesso il nome deriva da qualcosache possiede quel colore, come il verde oliva, il blugenziana, il rosso vino o l'antracite. Per i nuovi colo-ri alla moda si inventano spesso nomi nuovi.

Agli studenti appare sorprendente poter determina-re in modo univoco e con tre soli valori un colore"indefinibile".

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24. Trasformazioni di sostanze e po-tenziale chimico1. L'analogia con la meccanica, l'elettrologia e latermologia

Trattiamo la fisica chimica dallo stesso punto di vi-sta della meccanica, dell'elettrologia e della termo-logia: i processi vengono descritti mediante corren-ti. Se una corrente è dissipativa diciamo che viene o-stacolata da una resistenza. La differenza dei valoridella corrispondente grandezza intensiva funge daspinta naturale di una corrente. La spinta è necessa-ria per vincere una resistenza.

Nel caso della chimica, invece dell'intensità dellacorrente, abbiamo il tasso di trasformazione. La ten-sione chimica, cioè le differenza di potenziale chi-mico, funge da spinta per una reazione chimica.

Naturalmente avremmo potuto includere anche levere e proprie correnti di sostanza. Così facendo sisarebbero potuti trattare i processi di diffusione: unadifferenza di potenziale chimico sarebbe stata lacausa di una corrente di sostanza (di diffusione).

Esattamente come vi sono le resistenze meccanica,elettrica e termica, così nella chimica c'è una resi-stenza di reazione.

2. Il potenziale chimico come grandezza fisica

Introdurre il potenziale chimico come grandezza fi-sica è appropriato. In effetti già si aggira nei testiscolastici di chimica - ma senza essere mai nomina-to e senza che gli si assegnino dei valori.

Così si classificano i metalli a seconda della lorotendenza a reagire con il diossigeno e li si definiscepiù o meno nobili. Le coppie redox vengono ordina-te in una lista. La capacità di un atomo di reagire congli elettroni viene descritta dall' "elettronegatività".In tutti questi casi il concetto è lo stesso: la descri-zione quantitativa o qualitativa di una tensione chi-mica (Job 1981). Tutte queste proprietà e valori pos-sono essere letti su un'unica tabella, la tabella deipotenziali chimici.

3. Le domande della chimica

Questa unità didattica ha lo scopo di rispondere adelle domande semplici e importanti con le quali unchimico si trova confrontato quando lavora su de-terminate reazioni chimiche:

In che direzione si svolge la reazione?

Qual è la velocità della reazione e come la si può ac-celerare o inibire?

Quanta energia si può ricavare nello svolgersi dellareazione?

Quanta entropia ("calore") viene assorbita o cedutadurante la reazione?

4. Mescolanze additive e sottrattive

Non usiamo le definizioni "additiva" e "sottrattiva"riferite alle mescolanze di colori, perché non credia-mo che aiutino la comprensione, in quanto suggeri-scono che si tratti di processi analoghi. In realtà lacosiddetta mescolanza additiva di colori è la com-posizione di luce di due o più tipi, quindi un proces-so che sarebbe più appropriato definire mescolanzadi luce. Non c'è nessuna regola fissa che metta in re-lazione la percezione cromatica delle singole com-ponenti e quella della luce risultante. Per contro nel-la cosiddetta mescolanza sottrattiva di colori non simescola proprio niente, si applicano solo dei filtrisuccessivi. Non c'è una regola fissa che metta in re-lazione la percezione cromatica della luce che attra-versa un filtro e quella della luce che ha attraversatodiversi filtri in successione. Per esempio, interpo-nendo un filtro blu e uno giallo alla luce solare puòrisultare in un colore verde, nero o un altro colore, aseconda dello spettro di assorbimento dei due filtri.

Parlando di mescolanza additiva e sottrattiva si puòfacilmente dare l'impressione che si il tutto si riducaa mescolare coloranti. In realtà il colore di un miscu-glio di coloranti dipende sia dalla mescolanza di lu-ce che dall'effetto filtrante dei pigmenti.

5. La metrica dello spazio cromatico

La nostra descrizione dello spazio cromatico è qua-litativa, vuol dire che non definiamo nessuna metri-ca. Da un lato sarebbe troppo complicato e dall'altronon è nemmeno necessario, visto che le affermazio-ni più importanti si possono ricavare anche senzametrica. Le 12 tonalità di colore che abbiamo sceltoe alle quali abbiamo dato un nome, nel caso di unatrattazione nell'ambito della metrica dovrebbero es-sere definite con più precisione. A lezione, invece,la scala delle tonalità cromatiche viene definitasemplicemente mostrando i colori citati. (Con l'aiu-to dei filtri in dotazione ai proiettori da laboratorio sidovrebbero già avere a disposizione sei colori.)

Il motivo per cui abbiamo dato un nome a esatta-mente 12 colori del cerchio cromatico è il seguente.Il numero dovrebbe essere in ogni caso divisibileper tre, in modo che ognuno dei tre colori delloschermo di un televisore abbia un proprio nome.Con sei colori avremmo potuto definire i tre coloridello schermo e i loro complementari: gialloverde -blu - rosso e turchese - porpora - arancione (i coloricorrispondenti ai filtri in dotazione). Lo svantaggiosarebbe l'assenza dalla lista di colori importanti co-me il giallo e il verde. Di conseguenza abbiamo ulte-riormente raddoppiato il numero dei colori.

6. Bibliografia

LANG, H.: Farbmetrik und Farbsehen, OldenbourgVerlag, München (1978).

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Un'ulteriore domanda da aggiungere alla lista è: co-me si può influenzare la direzione di svolgimento diuna reazione? È equivalente alla domanda: come sipuò modificare l'equilibrio chimico? Nel nostromodello didattico rinunciamo a rispondere a questadomanda. Per poterlo fare dovremmo trattare la di-pendenza del potenziale chimico da pressione etemperatura, un argomento di per sè non troppo dif-ficile (Job 1978) ma che renderebbe troppo ampial'unità didattica "fisica chimica" nell'ambito di uncorso di fisica.

4. I valori del potenziale chimico

Come si ottengono i valori di potenziale chimico?

La risposta a questa domanda è del tutto analoga allarisposta alla domanda più generica: come si otten-gono i valori di una qualsiasi grandezza fisica? Èuna questione di procedimento di misurazione.Dobbiamo però distinguere chiaramente tra l'indi-cazione di un procedimento di misurazione fondatosulla definizione della grandezza, e che equivalequindi ad una definizione operativa della grandezzastessa, e l'indicazione di un procedimento pratico,tecnico.

Così la temperatura è definita dalla relazione

P = TIS

Il procedimento di misurazione che ne risulta consi-ste nel misurare l'intensità IS di una corrente dientropia, l'intensità P della corrente di energia corri-spondente alla corrente di entropia e nel dividere Pper IS.

I metodi pratici per misurare la temperatura sonoperò completamente diversi: si misura l'allunga-mento di una colonnina di liquido, una resistenza e-lettrica o una tenstione termica. Naturalmente lescale dei rispettivi apparecchi di misurazione vannotarate rispetto all'equazione che definisce la tempe-ratura.

Nella misurazione delle tensioni chimiche si proce-de in modo analogo. In linea di principio sono misu-rabili sulla base dell'equazione che le definisce

P = (µ(A) - µ(B)) · In(R)

In pratica invece la misurazione è molto diversa. Imetodi pratici sono alquanto diversi tra loro (Job1981). Ciò dipende dal fatto che si ha a che fare conun gran numero di reazioni.

In questo corso ci limitiamo alla discussione dell'e-quazione di definizione. I valori di µ che ci servo-no li ricaviamo dalle tabelle. (Lo stesso vale, tral'altro, per i valori della quantità di sostanza. Li otte-niamo via la massa molare m/n, per i cui valori ciaffidiamo alla tavola periodica.)

Questo procedimento non è molto diverso da quelloapplicato nel caso di altre grandezze fisiche. Spessoi valori delle grandezze fisiche non sono ricavati

dalle tabelle, ma grazie ad apparecchi di misurazio-ne del cui funzionamento ci fidiamo senza cono-scerlo nel dettaglio: misuriamo la temperatura conun moderno termometro digitale, misuriamo lamassa con una bilancia magnetica e misuriamo in-tervalli di tempo con un orologio al quarzo. Nel cor-so non viene discusso il funzionamento di nessunodi questi apparecchi.

È comunque importante fare in modo che gli stu-denti siano portati a fidarsi di questi apparecchi. Lafiducia si ottiene cominciando ad effettuare le misu-razioni in situazioni per le quali gli studenti hannogià delle fondate aspettative sui risultati che si otter-ranno. Le aspettative sono poi confermate dalle mi-surazioni.

Allo stesso modo costruiamo la fiducia nelle tabelledel potenziale chimico. Inizialmente usiamo i valoridelle tabelle per determinare la direzione di reazioniche gli studenti già conoscono.

5. Lo zero del potenziale chimico

Il potenziale chimico è una grandezza che, come latemperatura, ha uno zero assoluto. Fintanto che sitrattano solo le reazioni chimiche, quindi non rea-zioni nucleari o tra particelle elementari, è ragione-vole e vantaggioso scegliere tanti zeri quanti sonogli elementi chimici.

Per poter descrivere anche le reazioni che coinvol-gono degli ioni, oltre agli elementi chimici dobbia-mo includere anche una particella elettricamentecarica. È comune fissare a 0 gibbs il potenziale chi-mico dello ione di idrogeno H+ in soluzione acquo-sa a concentrazione un molare.

6. La quantità di sostanza come grandezza fon-damentale

La grandezza quantità di sostanza n è per il chi-mico una grandezza fondamentale. Malgrado ciò,nei corsi tradizionali viene introdotta con una certareticenza. Serve come misura di quantità, ma nonappare in nessuna relazione fisica.

Nel nostro corso invece assume un ruolo molto im-portante. Di conseguenza è necessario introdurlacon molta cura.

7. Bibliografia

JOB, G.: Das chemische Potential im Physik- undChemie-Elementarunterricht. Konzepte eineszeitgemäßen Physikunterrichts, Heft 2, Pag. 67.Hermann Schroedel Verlag KG, Hannover 1978.

JOB, G.: Die Werte des chemischen Potentials.Konzepte eines zeitgemäßen Physikunterrichts,Heft 4, Pag. 95. Hermann Schroedel Verlag KG,Hannover 1981.

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25. Quantità di sostanza ed energia1. Celle elettrochimiche

Le celle elettrochimiche sono conosciute con varinomi. Alcuni nomi richiamano il loro funzionamen-to, per esempio cella combustibile, altri ricordano ilnome del loro inventore, come la pila Leclanché, al-tri ancora riguardano la loro costruzione, come cellaalcalina e infine il nome di alcune suggerisce chepossono funzionare in due sensi: gli accumulatori.

Abbiamo cercato di fare ordine nella molteplicità didefinizioni di questi apparecchi: il concetto che leaccomuna è quello della "cella elettrochimica".Quando la cella riceve energia elettrica (energia conil portatore elettricità) le chiamiamo "pompe di rea-zione". Quando cedono energia elettrica le chiamia-mo "pompe di elettricità".

Non è nostra intenzione aggiungere nuovi elemential panorama di nomi per altro già sufficientementericco. Questi nomi servono solamente a facilitare lacomprensione della funzione delle celle. Sono nomiper uso domestico.

Naturalmente questi nomi servono a evidenziaredelle analogie. La definizione di pompa elettrica ègià stata usata nell'elettrologia per descrivere tuttiquegli apparecchi che cedono energia con il porta-tore elettricità. Anche la dinamo e la cella solare so-no pompe di elettricità. Analogamente in termolo-gia abbiamo parlato di pompa di entropia. Il terminetecnico in questo caso è pompa termica. E nellameccanica avevamo visto come i motori sono dellepompe di quantità di moto.

2. L'irreversibilità delle celle elettrochimiche

Nella descrizione delle celle elettrochimiche igno-riamo la produzione di entropia; facciamo come sele celle lavorassero in modo reversibile. Lo faccia-mo per lo stesso motivo per cui ignoriamo la produ-zione di entropia in una bobina, in un motore elettri-co o in un paranco: la produzione di entropia non è e-lemento essenziale nella descrizione del funziona-mento di questi apparecchi e la descrizione del lorofunzionamento ne risulta semplificata.

In gran parte la produzione di entropia dipende dalprocesso di conduzione nell'elettrolita. La si può ri-durre quasi a piacimento: la resistenza della compo-nente esterna della corrente deve essere molto piùgrande della resistenza della cella.

26. Bilancio termico delle reazioni1. Il bilancio entropico di reazioni condotte inmodo reversibile

La discussione del bilancio entropico di una reazio-ne sarebbe molto più semplice se fosse possibile far-la sulla base di una reazione elettrochimica dallosvolgimento reversibile. Avremmo però bisogno diuna reazione elettrochimica che prevede una dimi-nuzione della temperatura.

In linea di massima reazioni di questo tipo esistono.Ma una reazione di questo tipo necessiterebbe di undecorso estremamente lento. In quel caso però la di-minuzione di temperatura sarebbe troppo piccolaper essere misurabile. Se lasciamo che la reazioneavvenga a un ritmo ragionevolmente rapido la tem-peratura non diminuisce ma al contrario aumenta, acausa dell'elevata produzione di entropia.

2. Reazioni esotermiche ed endotermiche

La suddivisione delle reazioni in esotermiche ed en-dotermiche si fonda su un criterio molto evidente,cioè se i prodotti della reazione sono più caldi deireagenti o no. Questo criterio è però, cosa ben nota aogni chimico, molto superficiale.

Non dice molto sulla possibilità o meno di guada-gnare energia da una reazione e nemmeno sulla di-rezione che la reazione seguirebbe spontaneamen-te. Il motivo è che il calore di reazione ha due causeben distinte. Da un lato dipende dalle capacità ter-miche dei reagenti e dei prodotti, dall'altro dalla ten-sione chimica della reazione.

Se escludiamo le transizioni di fase, le reazioni en-dotermiche sono abbastanza rare, quindi si potrebbeanche rinunciare a trattarle nel corso. Se lo si fa, sidevono separare chiaramente i due diversi contribu-ti al calore di reazione.

3. Transizioni di fase

È possibile trattare le transizioni di fase come rea-zioni chimiche, descriverle con lo strumento "po-tenziale chimico". Sarebbe interessante in quanto inquesto caso le reazioni endotermiche sono all'ordi-ne del giorno. Il "freddo da evaporazione" è un feno-meno noto a tutti.

Abbiamo rinunciato a trattare le transizioni di fasein questo modo per due motivi.

Innanzitutto perché renderebbe indispensabile latrattazione della dipendenza del potenziale chimicodalla temperatura - cosa che nel nostro corso non av-viene.

In secondo luogo perché le transizioni di fase più co-nosciute sono dei cattivi esempi di descrizione direazione con il potenziale chimico come spinta.Nelle transizioni da solido a liquido, da liquido agassoso e viceversa, la resistenza di reazione è così

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piccola che praticamente non si genera nessuna ten-sione chimica. Quindi le due fasi sono sempre in e-quilibrio chimico. Di conseguenza, per rendereplausibili la presenza di una spinta e di una resisten-za si dovrebbero trattare fenomeni un po' esotici co-me la soprafusione e il sottoraffreddamento.

27. Fisica relativistica1. Cinematica relativistica e dinamica relativi-stica

L'obbiettivo più importante di questo capitolo è mo-strare che massa ed energia sono la stessa grandez-za. Questa è una delle affermazioni più importantidella dinamica relativistica.

Ciò che rende la teoria della relatività così affasci-nante per molte persone è però qualcos'altro: feno-meni della cinematica relativistica come la contra-zione delle lunghezze, la dilatazione del tempo, ilparadosso dei gemelli, ecc. Non trattiamo questitemi per due motivi.

Prima di tutto la cinematica relativistica è troppo in-garbugliata - così ingarbugliata da creare problemianche a fisici esperti. Di conseguenza è semplice-mente troppo difficile per un corso di questo livello.

Inoltre è un argomento troppo "improduttivo". Cisono ben pochi fenomeni sufficientemente impor-tanti da giustificare la trattazione delle cinematicarelativistica.

Invece i fenomeni della dinamica relativistica chesono trattati nel corso sono semplici e hanno impor-tanti conseguenze alle quali ci si rifà in capitoli suc-cessivi.

2. L'exergia

Gli argomenti discussi nel paragrafo sono trattati daalcuni autori con l'aiuto del concetto di exergia.Siamo decisamente contrari all'introduzione di que-sta grandezza.

Al contrario dell'energia, la grandezza exergia non èlocalizzabile. Non si può dire in quale sistema siacontenuta.

Inoltre il suo valore dipende dall'ambiente nel qualeè inserito il sistema considerato. La scelta dell'am-biente da considerare è però sempre il risultato diuna decisione arbitraria (Herrmann 1987).

3. Bibliografia

HERRMANN, F.: "Plädoyer für die Abschaffungder Exergie", DPG-Tagungsband, FachaussschußDidaktik der Physik, 1987.

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28. Onde1. Le onde come processo periodico

Spesso le onde sono introdotte come processo pe-riodico nello spazio e nel tempo. Spesso si sotto-linea anche che un'onda può essere considerata uninsieme di oscillazioni accoppiate. La macchina deipendoli accoppiati evidenzia in modo particolarequesta concezione. Riteniamo che introdurre leonde in questo modo porti a sottolineare troppo unacaratteristica secondaria e a tralasciare una caratte-ristica importante.

In effetti la periodicità è una caratteristica di un tipoparticolare di onde. Molte onde molto importantipresenti in natura non sono affatto periodiche. Peresempio, la lunghezza di coerenza della luce solareo della luce di una lampadina a incandescenza non èpiù grande della lunghezza d'onda media. Quindi inquesto caso non c'è quasi traccia di periodicità. An-che la maggior parte delle onde sonore che giungo-no alle nostre orecchie non sono periodiche. Il fattoche il fisico veda subito dappertutto una periodicità,dipende dalla sua abitudine di fare mentalmente unascomposizione di Fourier di ogni onda. Si pensiperò che la scomposizione di un'onda in compo-nenti può essere fatta anche in altri modi.

Ciò che a noi sembra molto più importante della pe-riodicità di certe onde è il fatto che un'onda è unsistema fisica autonomo. Alla "propagazione" diun'onda è legato il trasporto di molte grandezzefisiche: energia, quantità di moto, quantità di motoangolare, entropia. In un corso di questo livello sidiscute solo dell'energia. Ma parliamo già dell'ondacome parleremmo di un corpo qualsiasi, preferendodire che l'onda "si muove" o "viaggia" invece di "sipropaga" o "si diffonde".

2. Il portatore dell'onda

Per sottolineare che l'onda è una struttura autonoma,nelle onde meccaniche diamo importanza alla di-stinzione tra il moto dell'onda e quello del portatoredell'onda. Di solito la velocità dell'aria che portaun'onda sonora viene detta velocità acustica. Noipreferiamo dire che è la velocità del portatore del-l'onda sonora.

Sottolineare il ruolo del portatore di un'onda mecca-nica rende ovvio chiedersi quale sia il portatore diun'onda elettromagnetica. Solitamente questa do-manda viene evitata (anche a livello universitario)per schivare la discussione sull'etere. Noi affrontia-mo coscientemente la questione e diamo la rispostadella fisica moderna (nei limiti concessi in un corsodi questo livello): le onde elettromagnetiche sonodegli stati eccitati del vuoto. O, in altre parole: ilvuoto è lo stato fondamentale del sistema "campoelettromagnetico".

La parola "vuoto" non è però del tutto appropriata.È utile nella misura in cui descrive lo stato di

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assenza di eccitazione. Sarebbe però meglio avere adisposizione un termine che esprima la presenza diqualcosa, non l'assenza. Nel passato tutto era piùfacile: fino a buona parte del XX° secolo il portatoredell'onda si chiamava "etere" (Mie 1942). Purtrop-po questa parola si porta appresso un bagaglio taleda renderne impossibile l'uso, malgrado tutta labuona volontà: fino al volgere del secolo le ondeelettromagnetiche erano descritte come onde mec-caniche dell'etere. Invece di adattare il concetto dietere alle nuove esigenze introdotte con la teoriadella relatività, si è optato per l'eliminazione dallafisica di questa parola. E si usa il termine vuoto perdescrivere qualcosa al quale non si adatta piena-mente.

3. Onde elettromagnetiche in un corso di questolivello

Di solito si ritiene che le onde elettromagnetichesiano un argomento troppo difficile per un corso diquesto livello. In effetti è così se si tenta di intro-durle sulla base della loro descrizione nei testi dilivello universitario. Ma considerando l'importanzadelle onde elettromagnetiche in natura e nella tecni-ca, è auspicabile cercare di sviluppare una versioneche permetta di trattare l'argomento già in un corsodi questo livello.

La trattazione proposta deve la sua semplicità alleseguenti differenze rispetto alla formulazione tipicadel livello universitario (che in sostanza è la rappre-sentazione di Hertz).

- Nella discussione sulla generazione delle ondeci limitiamo a considerare il campo magnetico.

- Come antenna non scegliamo il dipolo ma unlungo filo.

- Non presupponiamo che l'antenna stessa sia unrisonatore. È più facile anche spiegare la genera-zione del suono da un altoparlante (senza oscil-lazioni proprie) che da una canna d'organo (conoscillazioni proprie).

4. Esperimenti di interferenza

Introduciamo l'interferenza della luce con il piùsemplice degli esperimenti possibili: l'esperimentodel doppio specchio di Fresnel. Non lo facciamo conl'esperimento della doppia fenditura, più complica-to di quello di Fresnel per due motivi:

- non si ha a che fare con onde piane ma con ondesferiche. Il luogo geometrico di annullamento del-l'onda non è una serie di piani, come nell'esperi-mento di Fresnel, ma una serie di iperboloidi.

- la generazione delle onde sferiche è legata alladiffrazione, un fenomeno che non viene trattato.

Si potrebbe, e a volte viene addirittura proposto dauno studente, sostituire il doppio specchio con un

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dispositivo ancora più semplice: due laser i cui raggisi intersecano con un angolo molto piccolo.

Naturalmente l'esperimento non funziona: visto chele oscillazioni dei due laser sono indipendenti l'unadall'altra, i laser finiscono sempre per essere "fuoritempo". In media rimangono "a tempo" per un inter-vallo che dura

lunghezza di coerenza / velocità della luce,

rapporto di ordine di grandezza uguale a 1 ns. Ognivolta che i laser "perdono il ritmo", la figura di inter-ferenza si sposta. Naturalmente questi spostamentisono troppo rapidi per essere osservati a occhionudo.

Quindi se uno studente dovesse proporre questa va-riante si dovrebbe dire che la proposta è buona, mache non è tecnicamente realizzabile: i laser non sonosufficientemente precisi.

Con due antenne paraboliche a onde radio alimenta-te dallo stesso alimentatore ad alta tensione l'esperi-mento funzionerebbe.

5. Bibliografia

MIE, G.: Lehrbuch del Elektrizität und der Magne-tismus. Ferdinand Enke Verlag, Stuttgart, 1948,Pag. 55.

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29. Fotoni1. La luce come sostanza

In relazione alla luce e ai suoi componenti elemen-tari, i fotoni, si sente spesso una concezione perlo-meno fuorviante, ma a guardare meglio propriosbagliata: la luce è una forma di energia, la radia-zione elettromagnetica è pura energia, i fotoni sonoquanti di energia. Affermazioni di questo generesuggeriscono che chi le fa confonde una grandezzafisica, l'energia, con un sistema fisico, il campo elet-tromagnetico. Un sistema fisico è descritto da tuttauna serie di grandezze fisiche e dalle loro relazioni.Di conseguenza affermare che la luce o la radiazio-ne elettromagnetica sono pura energia è altrettantosbagliato dell'affermazione che un gas ideale è puraenergia o che gli elettroni sono pura energia. Esatta-mente come un gas ideale o un qualsiasi altro si-stema, anche la luce oltre all'energia ha quantità dimoto, quantità di moto angolare, entropia e quantitàdi sostanza oltre ad avere una pressione, una tempe-tatura e un potenziale chimico.

Durante la lezione è importante spiegare che la luceè qualcosa che presenta molte analogie con una so-stanza, in effetti possiamo dire che la luce è unasostanza. Esattamene come i componenti elementa-ti della sostanza elio sono gli atomi di elio o quellidell'acqua sono le molecole d'acqua, i componentielementari della "sostanza luce" sono i fotoni. È perchiarirlo che cominciamo il capitolo sui fotoni conun paragrafo sulle reazioni fotochimiche. Ciò servea evidenziare come la luce sia un partner di reazionealtrettanto serio di altre sostanze "materiali".

Il fatto che nella stesura di un'equazione di reazione,la luce, descritta con il simbolo γ, non appaia inentrambi i termini dell'equazione, come fanno glielementi chimici, non deve disturbare. Il motivo èche durante le reazioni la luce viene prodotta o an-nientata. Nelle reazioni nucleari gli studenti do-vranno comunque abituarsi al fatto che a sinistra e adestra di un'equazione di reazione non ci sia lo stes-so numero di atomi.

Per evitare il sorgere della concezione errata dellaluce come pura energia, è importante anche che nel-l'equazione di reazione la luce non sia rappresentatadal simbolo hν, visto che hν non è il nome di unasostanza ma un valore di energia.

2. La grandezza dei fotoni

Cosa si intende con grandezza di un oggetto? Larisposta sembra semplice: la distanza tra l'inizio e lafine. La domanda può essere generalizzata: cosa siintende per forma di un oggetto? La risposta è: laforma del suo contorno. Questo è ciò che intendia-mo quando parliamo di grandezza di un oggetto:qual è la sua forma?

Ora, che forma ha un fotone? Per rispondere a que-sta domanda dobbiamo sapere dove inizia e dovefinisce un fotone, dov'è il suo contorno. Qui si dirà

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comunque dare un'altra risposta che renda giustiziaalla domanda. Nella teoria dei fotoni, qual è quellagrandezza fisica che caratterizza i fotoni e che ha ledimensioni di una lunghezza? I candidati sono due:la lunghezza d'onda e la lunghezza di coerenza.

La lunghezza d'onda può essere scartata subito.Secondo il nostro modello il fotone è una strutturaestesa nelle tre dimensioni, ma la lunghezza d'ondaè una grandezza unidimensionale.

Per contro, la lunghezza di coerenza è una buonamisura della grandezza di un fotone, o più precisa-mente: l'area di coerenza tridimensionale. Ha unaforma definita e misurabile. Quindi interpretiamol'area di coerenza di una particella come lo spaziooccupato dalla particella. La forma dell'area di coe-renza è la forma della particella.

Questa definizione è generalizzabile. Più avanti laapplicheremo anche agli elettroni.

Un altro modo di dire la stessa cosa: la forma di unaparticella, di un fotone o di un elettrone, è data dallarelazione di indeterminazione. L'area di indetermi-nazione della posizione viene interpretata come laparte di spazio occupata dalla particella.

L'indeterminazione della posizione di una particel-la è una misura della grandezza della particella.

Una conseguenza di questa definizione:

La grandezza di un fotone (o di un elettrone) dipen-de dallo stato in cui si trova.

Facciamo alcuni esempi di forma di un fotone inquesto senso. I fotoni della luce solare sulla Terra econ cielo sereno hanno una lunghezza di 1 µm circae un'estensione perpendicolare alla direzione delmoto di 40 µm circa. I fotoni di luce proveniente daun laser sono invece lunghi e sottili: larghi come ilraggio laser, cioè circa 1 mm, e lunghi come la lun-ghezza di coerenza, cioè per esempio 10 cm. I fotonidi un'emittente radiofonica sono molto più grandi,coprono tutto l'area di ricezione.

3. Il dualismo onda-corpuscolo

Il problema dell'interpretazione tradizionale dellameccanica quantistica, che vede un "microoggetto"manifestarsi a volte come onda e a volte come cor-puscolo, da noi non si pone più. Lo vogliamo spie-gare prendendo come esempio di microoggetto l'e-lettrone, la particella meglio conosciuta dalla mag-gior parte dei fisici. Ciò che diremo vale però ancheper i fotoni e per le altre particelle.

Secondo la meccanica quantistica, la natura ondula-toria di un elettrone si manifesta più chiaramentequando l'elettrone si trova in uno stato di quantità dimoto ben determinata (e cioè con un numero d'ondadeterminato). In quel caso la posizione ècompletamente indeterminata . La natura corpusco-lare si manifesta chiaramente quando il sistema è inuno stato con posizione determinata e quantità dimoto completamente indeterminata.

che non si può dire dove inizia e dove finisce un fo-tone, e tanto meno dove sia il suo contorno. Quindiun fotone non ha una forma. Il concetto di grandezzanel senso di estensione spaziale nasce dall'espe-rienza del mondo macrofisico. Questo stesso con-cetto non è applicabile al mondo microfisico, inparticolare alla fisica quantistica. Di conseguenzachiedersi quale sia la grandezza di un fotone è altret-tanto privo di senso che chiedersi quale sia il coloredel nucleo di un atomo.

Ma se escludiamo questo concetto, per coerenzadovremmo radiare dal repertorio delle affermazionianche tutta una serie di altre domande con le rispet-tive risposte. Quando parliamo di fotoni lo facciamosempre sulla base di un modello. Così diciamo peresempio che un fotone viene emesso da una sorgen-te e poi assorbito da un altro corpo. Il modello usatoin questo caso è quello dell'individuo identificabileche si muove nello spazio. Non vogliamo perorarel'abbandono di questo modello. Ma se accettiamoquesto modello diamo per scontato che il fotone ab-bia una grandezza - in particolare che è molto pic-colo.

Affermare che un fotone si muove da una sorgente aun assorbente ha senso solo se il fotone è più piccolodella distanza tra sorgente e assorbente. Se questadistanza è di 10 cm, ne consegue che il fotone debbaessere più corto di 10 cm. Ma la sorgente e l'assor-bente possono trovarsi a una distanza di 1 mm o di1 µm. Quindi viene sottinteso, senza dirlo esplicita-mente, che il fotone è più corto di 1 µm.

In alcuni testi scolastici si può addirittura leggereche le particelle elementari sono puntiformi. Non èun'affermazione molto sensata. Anche se durante lamisurazione delle dimensioni di un elettrone si do-vesse determinare che il suo diametro è inferiore a10-30 m, una struttura con un diametro di 10-30 m èben lungi dall'essere puntiforme. Il punto è un con-cetto metafisico, un prodotto della nostra mente. Inlinea di principio è impossibile verificare o smentireche una particella sia puntiforme.

La nostra conclusione: anche senza ammetterlo sidà credito alla teoria secondo la quale i fotoni sianopiccolissimi. In ogni caso si parla in modo che glistudenti siano portati a crederlo, visto che usando ilmodello dell'individuo in moto, chiedersi quali sia-no forma e dimensioni diventa legittimo. E se nondiamo noi una risposta, gli studenti si rispondono dasoli. Quindi perdiamo il controllo del processo diapprendimento su un punto importante.

Se lasciamo che i fotoni si muovano nello spaziodobbiamo dire agli studenti quali sono la loro formae la loro grandezza.

Ma che grandezza hanno? O meglio: il modello per-mette di assegnare loro una grandezza?

Per un fisico rispondere a questa domanda non è perniente difficile. Anche se dire dove siano l'inizio e lafine di un fotone, nel senso della nostra esperienzamacroscopica, ci mette in imbarazzo, possiamo

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Ma onda e corpuscolo sono due concetti che fannoparte di un modello. Il corpuscolo perfetto è pun-tiforme. Ha una posizione identificata da un solopunto nello spazio. (In questo è molto diverso da uncorpo macroscopico, la cui posizione non può maiessere identificata da un solo punto visto che occupasempre una certa regione dello spazio.)

Invece l'onda perfetta è sinusoidale e infinitamenteestesa. In questo caso la sua quantità di moto èidentificata da un solo punto nello spazio dellaquantità di moto.

In uno stato qualsiasi dell'elettrone, nessuno dei duemodelli si adatta in modo assoluto. E se l'elettrone ècoinvolto in un processo durante il quale il suo statocambia, per esempio se passa da uno stato di posi-zione completamente determinata a uno stato diquantità di moto completamente determinata, ov-viamente sorge un problema se tentiamo di applica-re uno dei modelli estremi "corpuscolo" (punto nel-lo spazio della posizione) o "onda" (punto nellospazio della quantità di moto). Si cerca di aggirarel'ostacolo con la scappatoia del "dualismo onda-corpuscolo".

Il problema scompare se sin dall'inizio si evita diapplicare i modelli non adatti del "corpuscolo punti-forme" e della "onda sinusoidale infinitamente este-sa" e invece si definisce come grandezza della parti-cella la regione dello spazio occupata dalla funzionedi stato.

Per altro noi non usiamo la parola "particella" peruna struttura puntiforme. La usiamo indipendente-mente dallo stato in cui si trovano l'elettrone o il fo-tone.

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30. Atomi1. Il modello tradizionale dell'atomo

Secondo il modello tradizionale, l'atomo è fatto diun nucleo attorno al quale ruotano gli elettroni. Ma ilmoto degli elettroni non avviene su della orbite benprecise, a volte si dice che il concetto di orbita è su-perato. Almeno per la scuola consideriamo inadattoquesto modello. È sicuramente accettabile che unmodello non corrisponda del tutto alla realtà, è addi-rittura caratteristico per ogni modello descrivereesattamente solo certi aspetti della realtà. Ma da unmodello si può esigere che sia armonioso, che noncontenga della contraddizioni. E il modello tradi-zionale dell'atomo non soddisfa questa esigenza.Dobbiamo immaginare l'elettrone come un corpus-colo in moto e contemporaneamente accettare chenon percorra un'orbita. Ma allora come immaginareil moto di questo corpuscolo?

2. Elettronio ed elettrone

Per l'elettrone usiamo lo stesso modello che per ilfotone: l'elettrone è una struttura estesa. La suaforma è descritta dalla sua funzione di stato. Di con-seguenza la sua forma dipende dal suo stato. Quan-do è in uno stato di posizione determinata l'elettroneè molto piccolo, quando è in uno stato di quantità dimoto determinata è molto grande. Per descrivere unelettrone del genere ci serve un nome per qualcosache nel modello tradizionale manca: un nome per lasostanza di cui é fatto l'elettrone. Abbiamo deciso dichiamare elettronio questa sostanza.

L'introduzione di questo nome facilita la descrizio-ne della struttura dell'atomo: l'atomo è composto daun nucleo piccolo e pesante e da un guscio grande eleggero. Il guscio è fatto di elettronio. Al centro ladensità del guscio è elevata, andando verso l'esternodiminuisce. Non c'è un bordo ben delineato. Se pro-viamo a estrarre un po' di elettronio dall'atomo os-serviamo che si ottengono sempre delle porzioniben precise: una certa quantità di elettronio (comemisura della quantità si sceglie la massa) o un suomultiplo intero. Questa quantità elementare di elet-tronio prende il nome di elettrone.

Negli stati dell'atomo che la meccanica quantisticachiama stati propri dell'energia, la distribuzione, equindi la forma, dell'elettronio è costante nel tempo:l'elettronio non si muove.

Crediamo che questo modo di trattare gli elettroninella sostanza non rappresenti nulla nuovo. I fisiciatomici, i chimici e i cristallografi lavorano costan-temente con questo modello. Ma invece di parlare dielettronio parlano di orbitali o di distribuzione delladensità degli elettroni. Si capisce dal loro modo diparlare che manca loro solo una parola per descrive-re la sostanza di cui parlano.

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3. Probabilità di presenza e probabilità di transi-zione

Tradizionalmente il quadrato della funzione di statodell'elettrone ψ viene interpretato come densità del-la probabilità di presenza della particella. Come siarriva a questa interpretazione?

Vogliamo descrivere il processo detto misurazionedella posizione, prima nel linguaggio della teoria,poi nel linguaggio del modello tradizionale e infinein quello del nostro modello a elettronio.

Nella misurazione della posizione di un elettrone(per esempio l'elettrone di un atomo di idrogeno),l'elettrone passa da uno stato di energia determinatae posizione indeterminata, come la funzione 1s, auno stato di posizione determinata ed energia inde-terminata. In questo stato il quadrato del valore as-soluto della funzione di stato, |ψ(x,y,z)|2, è unafunzione delta.

Ora l'interpretazione nel modello tradizionale: se ri-petiamo molte volte la misurazione della posizionedi un elettrone nello stato fondamentale 1s, ottenia-mo valori diversi con una distribuzione della lorofrequenza descritta da |ψ1s|2. Visto che si presumeche già prima della misurazione le particelle fosseropuntiformi, siamo costretti a interpretare il processodi misurazione nel modo seguente: prima dellamisurazione le particelle ruotano freneticamenteattorno al nucleo (anche se, come già detto, senzaseguire un'orbita precisa). Hanno una certa pro-babilità di trovarsi nelle diverse posizioni. La misu-razione della posizione ci dice dove si trovava laparticella all'istante effettivo della misurazione. Laparticella rende identificabile la sua posizione.

E per finire l'interpretazione nel modello a elettro-nio: in questo modello il processo non dovrebbenemmeno essere definito una misurazione della po-sizione ma una transizione da uno stato in cui l'elet-trone è grande in uno stato in cui è piccolo. Durantela transizione si ritrae in una piccola regione dellospazio. Se ripetiamo molte volte il procedimentoconstatiamo che l'elettrone può ritrarsi in puntidiversi. La probabilità di trovare l'elettrone in unacerta posizione dopo il processo è espressa da|ψ1s|2, cioè dalla densità dell'elettronio prima dellatransizione. Quindi |ψ1s|2 viene interpretata comedensità di una probabilità di transizione.

4. Il modello a gusci

Per spiegare le proprietà degli atomi, in particolarela periodicità dei raggi atomici e dell'energia di io-nizzazione in funzione del numero atomico, usiamovolentieri il modello a gusci. Se costruiamo un ato-mo con più elettroni aggiungendo alternativamenteun protone (e anche uno o due neutroni) al nucleo eun elettrone al guscio, secondo questo modellol'atomo cresce a gusci successivi. Immaginiamoogni elettrone come un individuo aggiunto all'ato-mo dell'esterno, e questa aggiunta avviene in modo

che i vari gusci si riempiono l'uno dopo l'altro. Ognivolta che un guscio è pieno l'energia di ionizzazio-ne ha un massimo, gli atomi con gusci pieni sonoparticolarmente stabili. Il raggio dell'atomo dovreb-be avere un minimo quando il guscio più esterno èpieno e un massimo quando il guscio più esternocontiene un solo elettrone. In realtà si osservano imassimi, mentre i minimi sono al posto sbagliato.Malgrado ciò il modello a gusci va sicuramenteconsiderato come un modello valido.

Ma alcuni autori sembrano non accontentarsi delleprove osservative in favore del modello. Adduconodimostrazioni che in effetti non lo sono o che sonoaddirittura false - con il risultato che gli studenti sicreano un'immagine sbagliata dell'aspetto degli ato-mi, più precisamente della distribuzione della den-sità elettronica o distribuzione dell'elettronio, comela chiamiamo noi.

Evidentemente si vorrebbe dimostrare che in un ato-mo con più elettroni la densità elettronica oscilla dalcentro verso l'esterno, cioè che in un atomo sia pos-sibile osservare i vari gusci. In altre parole: che inuna certa misura sia possibile riconoscere i singolielettroni.

La distribuzione della densità elettronica in un ato-mo, è una funzione monotona che decresce rapida-mente verso l'esterno, fig. 30.1a. Non si riesce avedervi nessun guscio. Ma i gusci si possono crearecon un artificio matematico. Invece di riportare ladensità ρ in funzione del raggio, cioè la funzioneρ(r), si integra questa funzione su tutto l'angolosolido e si riporta il risultato in funzione di r.Visto che gli atomi hanno praticamente sempre unasimmetria sferica, il risultato è semplicemente ilprodotto r2·ρ(r). Per atomi con un numero atomi-co elevato questa funzione presenta effettivamentealcune oscillazioni, fig. 30.1b, che però trasmettonoun'immagine ingannevole della distribuzione delladensità elettronica. Lo si nota chiaramente appli-cando lo stesso procedimento a un modello diversodi atomo: una sfera massiccia. Per una sfera ladensità in funzione del raggio ρ(r) è costante,come mostra la fig. 30.2a. La fig. 30.2b mostra lafunzione r2·ρ(r) . In questa immagine la reale di-stribuzione della densità è praticamente irriconosci-bile. Più che altro questa immagine mostra come inuna sfera ci sia più massa all'esterno che all'interno.

È invece del tutto falsa la rappresentazione tridi-mensionale della funzione r2·ρ(r) sotto forma dicorpo.

5. Densità dell'elettronio e funzione d'onda

Per un sistema a un elettrone, quindi per l'atomo diidrogeno, la densità elettronica (densità dell'elettro-nio nel nostro linguaggio) ρ(r) è semplicemente ilquadrato del valore assoluto della funzione d'onda:

ρ(r) = |ψ1s(r)|2

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Sostanzialmente la distribuzione della densità elet-tronica contiene le stesse informazioni della funzio-ne d'onda. Non così per sistemi con più elettroni. Inquesto caso la funzione d'onda dipende da tantevariabili quanti sono gli elettroni. Per contro la di-stribuzione elettronica è ancora una funzione diun'unica variabile di posizione. Quindi la funzioned'onda contiene molte più informazioni della densi-tà elettronica. Di conseguenza dalla densità dell'e-lettronio non è possibile ricavare molte delle pro-prietà degli atomi, come per esempio il tipo dilegame con altri atomi.

6. L'atomo vuoto

Il modello degli elettroni puntiformi ha un altro di-fetto. Spesso si sottolinea come gran parte dellospazio occupato da un atomo sia vuoto. È un'affer-mazione di significato dubbio, in contrasto conquanto indicato dalla funzione d'onda dell'elettrone.Il vuoto è conseguenza dell'interpretazione deglielettroni come puntiformi, ma se lo sono gli elettro-ni allora devono esserlo anche tutte le altre particel-le elementari, in particolare i quark. Però allora tuttoquanto lo spazio è vuoto. Cosa devono pensare glistudenti di un'affermazione del genere?

Nel modello a elettronio lo spazio occupato dall'ato-mo non è per niente vuoto. Vi si trova una sostanza,l'elettronio, con una densità di massa e una densitàdi carica ben definite.

7. Diminuzione esponenziale

La crescita o la diminuzione esponenziale sono si-curamente fenomeni universali e molto importanti.In fisica l'esempio paradigmatico di applicazionedella funzione esponenziale è il decadimento radio-attivo. Per molti studenti è anche l'unico esempiocon cui avranno mai a che fare. In questo modo na-sce la curiosa impressione che in natura la funzioneesponenziale appaia solo in relazione alla relatività.Per contrastare questa impressione la introduciamogià per descrivere il decadimento degli stati eccitatidegli atomi.

Anche il fatto che l'andamento di un processo si pos-sa definire mediante delle probabilità è un feno-meno di fondamentale importanza. E anche questofatto solitamente è messo in relazione unicamente aldecadimento radioattivo. Per sottolineare l'impor-tanza delle affermazioni probabilistiche, trattiamoin modo dettagliato il decadimento degli atomieccitati.

8. Applicazioni della fisica atomica

Una delle applicazioni della fisica atomica da noitrattate è l'analisi spettrale. Un altro fenomeno piùimportante, perché più pertinente alla vita di tutti igiorni, spiegabile grazie alla fisica atomica è l'emis-sione di luce da parte dei gas. Per questo motivotrattiamo in modo approfondito le lampade a gas e lefiamme.

Fig. 30.1. (a) Densità ρ dell'elettronio in funzione della di-stanza dal nucleo in un atomo di carbonio. (b) La grandezza ρ · r2 in funzione della distanza dal nucleo per un atomo dicarbonio.

Fig. 30.2. (a) Densità della massa ρ in funzione della distanzadal centro in una sfera massiccia e omogenea. (b) La gran-dezza ρ · r2 in funzione della distanza dal centro per lastessa sfera.

r

r

r

r

ρρ

ρ · r2 ρ · r2

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31. I solidi1. L'elettronio nei solidi

Il modello dell'elettronio si può applicare facil-mente ai solidi. Anche in questo caso di può dire cheil modello coincide con la concezione della strutturamicroscopica dei solidi tipica della fisica. Ladistribuzione della densità dell'elettronio nei solidiè misurata grazie alla diffrazione dei raggi X ed ècalcolata dai teorici.

Confrontiamo nuovamente il modello tradizionaledell'elettrone puntiforme con il modello dell'elet-tronio. Trascuriamo il moto termico dei nucleiatomici.

Nel modello tradizionale un solido ha l'aspettoseguente: degli elettroni puntiformi ruotano attornoal nucleo atomico. Si muovono in modo moltocurioso, percorrendo tutto lo spazio a disposizionenei dintorni del nucleo, con la probabilità massimadi essere localizzati attorno al nucleo stesso. Nondobbiamo immaginarci delle orbite e, se lo faccia-mo comunque, dobbiamo pensare a delle orbite azig zag alquanto contorte. Visto che gli elettronisono puntiformi, il solido è vuoto.

Nel modello dell'elettronio non si muove nulla. Tra inuclei atomici si trova l'elettronio. Ha la sua densitàmassima in corrispondenza dei nuclei. Se ci siallontana dal nucleo, le densità diminuisce molto.Malgrado ciò tutto lo spazio all'interno di un solido èriempito di elettronio.

2. Modello a bande e scala di energia

Come per il singolo atomo, anche per un solido leeccitazioni sono legate a una variazione delledensità dell'elettronio. Ma mentre in un atomo puòassumere solo determinate forme ben definite ediverse tra loro, nel caso del solido l'elettronio puòassumere molte forme e passare dall'una all'altra inmodo continuo. Di conseguenza anche i valori dienergia di eccitazione coprono degli intervallicontinui. Questi intervalli di energie (e forme)ammesse, si alternano con delle energie proibite:energie che il solido non può assorbire.

Caratterizziamo un solido grazie al suo spettro dienergia o, come diciamo noi, alla sua scala di ener-gia. Basandoci sulla scala di energia siamo in grado,come già per il singolo atomo, di fare molte affer-mazioni importanti.

Quando parliamo di energie permesse nella scala dienergia, intendiamo quei valori di energia che ilsolido può immagazzinare. Non ci chiediamo se lostato corrispondente comporta un'eccitazione di unsolo elettrone o un'eccitazione collettiva. Diconseguenza la scala di energia non dipende dalmodello. Riporta semplicemente dei valori dienergia determinati sperimentalmente.

La scala di energia è una descrizione del solido piùsemplice e più limitata dello schema a bande. Lo

schema a bande consiste nel riportare l’energia infunzione del luogo.

3. Le proprietà ottiche dei solidi

In margine al capitolo sulla fisica dei solidi sarebbeauspicabile una trattazione completa delle proprietàottiche della materia: tutto ciò che percepiamoquando osserviamo la superficie di un corpo.

Per una descrizione completa delle proprietà ottichedella materia ci vogliono due funzioni: parte reale eparte immaginaria dell'indice di rifrazione com-plesso. Nell'ambito del nostro corso però, abbiamoa disposizione solo una di queste funzioni, oltretuttosolo nella forma rudimentale della scala di energia.Quindi non possiamo spiegare tutte le proprietàottiche. In particolare la scala di energia nonpermette di spiegare i fenomeni della riflessione edella rifrazione.

Per contro molti altri fenomeni si possono spiegarebene, e noi abbiamo fatto uso di questa opportunità.Così spieghiamo perché i metalli assorbono la lucevisibile, perché la maggior parte dei non-metalli ètrasparente, perché altri composti tra metalli e non-metalli, come il solfuro di cadmio, sono trasparentie colorati, perché i semiconduttori sono trasparentiagli infrarossi, perché le sostanze nere sono nere equelle bianche sono bianche.

4. I solidi come sorgente luminosa

Esattamente come i gas anche i solidi possonoemettere luce quando il sistema di elettroni passa dauno stato eccitato a uno stato eccitato di energiainferiore. Esattamente come per i gas l'eccitazionepuò avvenire in vari modi:

1. con elettroni veloci (esempio: il tubo catodico);

2. con fotoni: (esempio: la sostanza fluorescentesulla superficie interna di una lampada al neon);

3. con una reazione chimica (esempio: la reazione dielettroni e buchi nello strato limite p-n in un diodoluminoso);

4. riscaldando (esempio: l'incandescenza)

Se c'è tempo vale la pena trattare i vari meccanismi ericordare come un gas possa essere portato a emet-tere luce negli stessi quattro modi. Nel testo per stu-denti ci siamo limitati alla descrizione dell'incande-scenza.

I corpi incandescenti sono tra le nostre sorgenti diluce più importanti: il filo di una lampadina adincandescenza o le particelle di carbonio nella fiam-ma di una candela.

Stranamente a questo argomento solitamente vienededicato poco spazio. Da un maturando ci si aspettache sappia spiegare il funzionamento di un laser, mala descrizione microscopica dell'incandescenza nonviene affrontata.

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per cominciare ci sono molti più buchi e relativi statii cui contributi al trasporto andrebbero presi inconsiderazione. Per di più questi buchi hanno massemolto diverse, anche negative.

Analogamente, il trasporto di carica in una bandaquasi completamente occupata da elettroni è des-critto con i buchi: sono meno numerosi degli elettro-ni e hanno una massa efficace univoca e positiva.

Come si vede da queste considerazioni, non è deltutto corretto dire che grazie all’effetto Hall si puòcapire se si ha a che fare con un conduttore a elettro-ni o a buchi. Infatti ogni trasporto si può descriverein un modo o nell’altro. Piuttosto l’effetto Hall fa ca-pire se una banda è più o meno occupata da elettroni.

Passiamo ora al modello a elettronio: per descrivereil trasporto di carica elettrica non dobbiamo neces-sariamente scegliere tra elettroni o buchi, possiamoanche pensare a una loro combinazione. È ciò che sifa parlando di addensamenti e rarefazioni. Anchequesta descrizione fornisce il valore corretto dellacorrente totale attraverso il solido. (Laukenmann1996)

6. Il diodo semiconduttore

Il diodo semiconduttore è un argomento difficile, adire il vero troppo difficile per un corso di questolivello. Di conseguenza la nostra trattazione è piùuna descrizione del funzionamento di un diodo cheuna spiegazione. Una vera spiegazione del suofunzionamento non è possibile con i soli mezzidell’elettrologia. La corrente del portatore di caricanel diodo non dipende solo da un gradiente delpotenziale elettrico, ma anche da un gradiente delpotenziale chimico: è l’andamento del potenzialechimico il responsabile per la corrente totale.

7. Il transistor

Ci limitiamo alla descrizione di un transistor a effet-to di campo. Solitamente si privilegia il transistorbipolare, ma ciò dipende dal fatto che è statosviluppato prima e che si è affermato molto primadell'apparizione del transistor a effetto di campo. Algiorno d'oggi però il transistor a effetto di camponon è più un componente esotico e si sta affermandosempre più anche nei processori per computer.Quindi dal punto di vista delle applicazioni, trattareil transistor a effetto di campo è altrettanto giusti-ficato che trattare il transistor bipolare. Di conse-guenza la scelta dovrebbe essere basata sui vantaggididattici - e il transistor a effetto di campo ne escedecisamente favorito.

Al contrario del transistor bipolare e del diodo, ilfunzionamento del transistor a effetto di campodipende unicamente da fenomeni elettrici, puòessere capito interamente grazie all'elettrologia.

Inoltre, anche se si è capito il diodo, la spiegazionedel funzionamento di un transistor bipolare è

5. Le proprietà elettriche dei solidi

Il modello più diffuso per la descrizione dellaconducibilità elettrica è il modello di Drude: ci silimita a considerare gli elettroni liberi, che vengonodescritti come un gas, cioè come particelle in movi-mento. Il modello di Drude è molto pratico. E ciò èsorprendente, in quanto è difficile capire come maigli elettroni debbano potersi muovere liberamenteall’interno di un solido. Uno dei difetti del modello èche si adatta male ad altri modelli usati nella descri-zione degli atomi: per la descrizione dei fenomenielettrici nei semiconduttori e per il modello a bande.Nell’ambito di un corso di fisica di questo livellovogliamo a tutti costi limitarci all’uso di un solomodello, quindi descriviamo anche la conduzionemetallica con il modello dell’elettronio.

Il trasporto di carica è descritto nel modo seguente:nei metalli è possibile causare una deformazionedell’elettronio, cioè una variazione della distribu-zione di densità rispetto allo stato fondamentale,con una quantità di energia piccola a piacere. Questavariazione consiste in un addensamento e una rare-fazione (sempre rispetto alla distribuzione delladensità allo stato fondamentale). Sia l’addensa-mento che la rarefazione possono essere spostatiall’interno del solido mediante applicazione di uncampo elettrico e così facendo si trasporta elettro-nio, quindi anche carica elettrica.

Chi non è abituato a pensare in termini di elettroni edifetto di elettroni, potrebbe chiedersi quale sia larelazione tra i nostri addensamenti e le nostre rarefa-zioni con i ben noti elettroni e buchi del modello abande.

Cominciamo da qualche osservazione generalesugli elettroni e sui buchi. Questi concetti sono usatiper descrivere il trasporto di carica elettrica. Consi-deriamo una certa banda responsabile per il sud-detto trasporto. Possiamo sempre scegliere tra unadescrizione del trasporto mediante elettroni omediante buchi, il risultato è lo stesso. Ma la massaefficace dell’elettrone dipende dall’energia. Allimite inferiore della banda ha un valore diverso cheal limite superiore. Per la precisione, la massa effi-cace dell’elettrone è positiva al limite inferiore dellabanda e negativa al limite superiore. Per i buchi valeil contrario: la loro massa è positiva al limite supe-riore e negativa a quello inferiore.

Il fatto che la massa efficace non sia costante disolito rende complicata la descrizione del processodi trasporto. Però ci sono situazioni dove ladescrizione è molto semplice.

Se una banda è occupata da pochi elettroni, la loromassa è positiva e sostanzialmente costante. Inquesto caso gli elettroni si comportano comeelettroni liberi. Di conseguenza il trasporto dielettricità in una banda del genere sarà descritto congli elettroni.

Una descrizione con i buchi darebbe lo stessorisultato, ma risulterebbe ben più complicata. Tanto

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del funzionamento di un transistor bipolare èparzialmente insoddisfacente. In linea di massimaquando spieghiamo a uno studente il funziona-mento di un apparecchio vorremmo dargli la sensa-zione che quell'apparecchio avrebbe potuto inven-tarlo lui. Non crediamo che con il transistor bipolaresi possa avere questa impressione.

A volte si sente dire, anche da docenti, che la spie-gazione di una buona vecchia valvola triodo fossepiù semplice di quella di un transistor (bipolare).Questa idea nasce dal fatto che sulla griglia dellavalvola non scorre corrente. Per controllare la cor-rente anodica basta variare il potenziale dellagriglia. Un transistor a effetto di campo è altrettantosemplice, anzi, ancora più semplice visto che inquesto caso non c'è bisogno di riscaldare un catodo.Il transistor a effetto di campo è per così dire larealizzazione ideale di un interruttore che può esse-re aperto o chiuso variando un valore di potenziale.

Il fatto che la corrente può essere controllata sem-plicemente variando il potenziale del gate permetteanche la semplificazione dei circuiti: ci voglionomeno resistori. Di conseguenza i circuiti diventanopiù facili da interpretare.

Non abbiamo trattato nessuna applicazione deitransistor come amplificatori. Per farlo dovremmodiscutere di linee caratteristiche, ciò che comporte-rebbe un impegno molto maggiore. Nella maggiorparte delle sue applicazioni, e tra loro tutte quelledella tecnica digitale, i transistor fungono da inter-ruttori, cioè da componenti binari.

8. Bibliografia

LAUKENMANN, M.: Dissertation, UniversitätKarlsruhe, 1995.

32. Nuclei atomici1. L'analogia tra fisica nucleare e chimica

Tra fisica nucleare e chimica, così come tra fisicadel nucleo e fisica della nube elettronica, c'è un'a-nalogia che va oltre ciò che i libri di testo lascianointendere. Spesso, in fisica nucleare dei concetti giàpresenti nella chimica sono reintrodotti con nuovinomi. Dei processi già trattati nel corso di chimicasono trattati nuovamente in quello di ficisa nucle-are, ma in modo tale da non permettere di riconosce-re che si tratta dei processi già visti a chimica. Eccoalcuni esempi:

La grandezza che in chimica viene chiamata tasso ditrasformazione ed è misurata in mol/s, in fisica nu-cleare si chiama attività e si misura in Becquerel -seppure se ne parli solo in relazione a determinatereazioni.

La rappresentazione simbolica delle equazioni direazione è diversa. La reazione che in chimica è rap-presentata da

A + B → C + D,

secondo le convenzioni della fisica nucleare è des-critta da

A(B,C)D,

una rappresentazione che tende a suggerire come lesostanze A e B avrebbero un ruolo diverso nellareazione, così come i prodotti C e D. L'originestorica di questa, da un punto di vista modernoinfelice, scrittura è facilmente riconoscibile: nascequando le reazioni nucleari si interpretavano comeuna trasformazione degli elementi con il concorsodi una radiazione. Le particelle della radiazione nonerano considerate dei partner della reazione.

La diminuzione esponenziale di una quantità dinuclei eccitati o di nuclei che decadono, ha il suoanalogo nella diminuzione degli stati eccitati dellanube elettronica o nella diminuzione della concen-trazione di una sostanza che decade chimicamente.

La fisica nucleare è stata particolarmente solertenell'inventare nomi particolari per determinati pro-cessi. Ad esempio, le reazioni di decadimento, fis-sione e fusione sono descritti come processi fonda-mentalmente diversi. Così facendo si ignora il fattoche possono essere descritti usando gli stessi mezzi.

2. "Residui" dell'evoluzione storica

La complessa evoluzione storica che ha portato allanascita del relativamente semplice campo della "fi-sica nucleare" ha lasciato molte tracce nell'insegna-mento. Molti delle vie tortuose dello sviluppo stori-co sono ripercorse nell'insegnamento e così sonointrodotti molti concetti superflui comprensibilisolo nel loro contesto storico.

I primi passi della fisica nucleare furono compiutiquando si scopritono nuove forme di radiazione - in

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un tempo quando in fisica le radiazioni erano unargomento di moda nella ricerca. Comprensibil-mente ogni nuovo tipo di radiazione riceveva unnome prima ancora di essere spiegata. Così si puòspiegare come ancora oggi si parli di raggi α, β eγ, anche se ormai sappiamo di cosa si tratta: dinuclei di elio veloci, di elettroni veloci e di radiazio-ne elettromagnetica. Ognuna delle tre sostanze nonè altro che il prodotto di reazione di determinatereazioni nucleari. Ma ci sono molti altri prodotti direazione del genere.

3. Apparecchi di misurazione delle radiazioni

Di soliti nell'ambito della fisica nucleare si spendemolto tempo per spiegare il funzionamento degliapparecchi di detezione e misurazione delle radia-zioni. Riteniamo che l'argomento non sia sufficien-temente importante, soprattutto in un corso diquesto livello. La descrizione di questi apparecchi èin concorrenza con quella di numerosi altri apparec-chi. Il cronometro al quarzo, il termoelemento, ilsensore a infrarossi e molti altri apparecchi di misu-razione sono più importanti, eppure di loro gli stu-denti imparano poco.

4. Esperimenti con raggi alfa, beta e gamma

Nell'insegnamento della fisica nucleare è comunestudiare la natura e le proprietà di vari tipi di radia-zione: la carica delle particelle e il raggio d'azionedella radiazione in diversi materiali.

Si potrebbe giustificare dicendo che sono questioniimportanti. Da un lato danno delle indicazioni sullanatura delle radiazioni nucleari, dall'altro sono im-portanti per capire gli effetti biologici delle radia-zioni. Noi crediamo che il vero motivo sia daricercare nell'evoluzione storica. Nei primi tempidella fisica nucleare le radiazioni erano semplice-mente l'unica cosa nota.

Non dimentichiamo che la netta maggioranza deiprodotti delle reazioni nucleare non sono osserva-bili durante una lezione.

Per quanto riguarda il raggio d'azione delle radia-zioni: ci sono molte altre "radiazioni" del cui raggiod'azione non ci preoccupiamo. Non sarebbe forsealtrettanto interessante studiare il raggio d'azionedei raggi infrarossi, dei raggi X o delle microonde?

5. La materia nucleare

Nel Karlsruher Physikkurs si fa ampio uso di unmodello: il modello della sostanza distribuita inmodo continuo. Rappresentiamo i campi elettrici, icampi magnetici, la luce, gli elettroni ("elettronio"),ma anche le grandezze estensive, immaginando diparlare di una sostanza.

È ragionevole procedere allo stesso modo con lamateria di cui sono fatti i nuclei atomici. Sottoli-neiamo che la sostanza è omogenea, cioè che nelnucleo i protoni e i neutroni non sono separati. Sa-rebbe ragionevole anche darle un nome, per esem-pio nucleonio. Vi abbiamo rinunciato in quanto nelcorso non appare spesso e perché diamo maggiorvalo-re a evitare di introdurre troppi nuovi concetti.

6. La forma dei nuclei eccitati

Esattamente come nel caso della nube elettronicainterpretiamo la funzione detta densità della proba-bilità di presenza come distribuzione della densitàdell'elettronio, così determiniamo la distribuzionedella densità (e di conseguenza grandezza e formadel nucleo) mediante la "densità della probabilità dipresenza" dei nucleoni. Una delle conseguenze èche il nucleo eccitato non è descritto come unagocciolina oscillante o rotante, come avvieneinvece nel modello a goccia. Un nucleo eccitato hapiuttosto una forma precisa e costante nel tempo,come d'altronde altri stati stazionari. Esattamenecome la nube elettronica, il nucleo "scatta" in varieforme. A ogni forma corrisponde un'energia.

7. Grandezza e densità delle nube elettronica edel nucleo atomico

Le distribuzioni della densità della nube elettronicae del nucleo atomico sono molto diverse tra loro.

La densità dell'elettronio nella nube elettronica de-cresce fortemente dal centro verso l'esterno. Percontro, la densità del nucleo è pressocché costante.

Anche il confronto tra la grandezza e la densità diatomi con numero atomico molto diverso, dà risul-tati estremamente differenti. Il diametro dell'atomo,cioè il diametro della nube elettronica, rimane gros-so modo costante. Fluttua parecchio, ma in media ildiametro di atomi con un alto numero atomico non èsensibilmente maggiore del diametro degli atomicon numero atomico più piccolo. Così un atomod'oro è più o meno grande quanto un atomo di litio.Naturalmente ciò significa che l'elettronio dell'ato-mo d'oro e di quello di litio hanno densità moltodiverse.

Per la materia nucleare è tutt'altra cosa. In questocaso è la densità a essere più o meno costante pertutti gli atomi. Ma ciò significa che il volume delnucleo è proporzionale al numero di nucleoni.

8. Energia di legame o energia di separazione

Riteniamo che l'espressione "energia di legame" diaadito a delle difficoltà di comprensione. Suggerisceche si tratti di un'energia necessaria per tenere legatele parti di un nucleo. Invece è un'energia che vieneliberata quando un nucelo si lega. Quindi l'energia

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di legame è un'energia che il nucleo non possiede.Ma allora è un'energia negativa? Per evitare doman-de del genere preferiamo parlare di energia di sepa-razione: l'energia necessaria per separare le parti diun nucleo. Con questa definizione appare ovvio chequesta energia è positiva.

Inoltre questa definizione è costruita in modo analo-go all'energia di ionizzazione: l'energia necessariaper ionizzare un atomo.

9. La tabella delle energie di separazione

Per poter predirre se una reazione nucleare avverrào meno o, più precisamente, per sapere in qualedirezione avverrà, le energie di legame dei nucleicoinvolti devono essere note. Quindi gli studentidevono avere a disposizione una tabella che riporti ivalori corrispondenti. Ci sono vari modi di allestireuna tabella del genere. Si elencano:

- le energie di riposo dei nuclei;

- le energie di legame per nucleone;

- le energie di separazione, cioè le energie neces-sarie per scomporre totalmente il nucleo in protonie neutroni.

Abbiamo optato per la terza soluzione. La primapossibilità, cioè lavorare con le energie di riposo, èconcettualmente la soluzione più semplice, ma ha losvantaggio che la tabella corrispondente deve con-tenere numeri con molte cifre. In tutti i bilanci appa-rirebbero delle differenze tra numeri molto grandi.Di conseguenza il procedimento non sarebbe certomolto economico.

Abbiamo rinunciato all'introduzione di una tabellacon le "energie di legame per nucleone" (o energiedi separazione per nucleoni) perché riteniamoquesta grandezza troppo poco chiara. La scomposi-zione di un nucleo avviene per tappe e per ogninucleone tolto dal nucleo cambia l'energia diseparazione necessaria.

Quindi la nostra tabella contiene solo l'energia di se-parazione totale da fornire al nucleo per scomporlocompletamente in protoni e neutroni.

10. Il prefisso "anti-"

Con il termine antiparticella viene espressa una re-lazione: una certa particella è l'antiparticella diun'altra. L'antiprotone è l'antiparticella del protone,il protone è l'antiparticella dell'antiprotone. Quindiil termine antiparticella ha un significato simile allaparola partner. Non ci può essere un solo partner, cisono solo partner di qualcun'altro.

Ma il prefisso "anti-" ha anche un significato asso-luto, in particolare quando precede il nome di unaparticella, come nel caso dell'antiprotone, dell'anti-neutrone, dell'antineutrino...

11. I nomi delle famiglie di particelle

Dalla nascita di una nuova area della fisica conse-gue la definizione di nuovi termini tecnici. Più sonoquesti termini tecnici, più sarà possibile esprimerein modo sintetico determinati comportamenti. Manel comtempo tutti questi termini tecnici comporta-no l'aumento delle definizioni da imparare.

In fisica nucleare la profilerazione di nomi per laclassificazione delle particelle era particolarmentemarcata. Ogni particella ha un nome proprio. Alcu-ne ne hanno addirittura due, uno originale e uno cheesprime la loro caratteristica di antipartner, peresempio positrone e antielettrone. Inoltre le parti-celle sono raggruppate in famiglie.

Se partecipano alla forza nucleare forte si chiamanoadroni. Se certi numeri quantici (il numero bario-nico e il numero leptonico) hanno determinati valo-ri, si chiamano barioni, leptoni, mesoni, particelle oantiparticelle. I barioni che formano il nucleo degliatomi, e le loro antiparticelle, si chiamano nucleoni.

Tra i nomi di famiglie di particelle citati, usiamosolo particella e antiparticella. Il nome mesone nonci serve perché non trattiamo reazioni che vedonocoinvolti dei mesoni. Il nome adrone non ci serveperché non trattiamo la forza nucleare forte. Ma ab-biamo rinunciato anche all'uso dei nomi nucleone,barione e leptone.

Da noi nucleone sarebbe semplicemente un nomeche comprende le particelle protone e neutrone.Riassumere questi due nomi in una nuova famiglianon ci sembra giustificato dalla conseguente sem-plificazione nella descrizione di un nucleo atomico.Lo stesso vale per i nomi barione e leptone.

12. Numero barionico e numero leptonico

Per stabilire se una reazione nucleare è possibile omeno, verifichiamo tra le altre cose che nella reazio-ne il numero barionico e il numero leptonico sianoconservati. Entrambe queste grandezze estensivesottostanno a una legge di conservazione. I nominumero barionico e numero leptonico però nonmettono in evidenza il fatto che si tratti di grandezzeestensive e, a dire il vero, nemmeno che si tratti digrandezze fisiche. I loro nomi suggeriscono chesiano semplicemente di numeri: il numero di ba-rioni e di leptoni. Invece per alcune particelle questegrandezze possono assumere anche valori negativi,escludendo che possano essere dei semplici numeri.

Per questo motivo preferiamo altri nomi: carica ba-rionica e carica leptonica. Con questa scelta abbia-mo dei nomi costruiti in analogia a quello dellacarica elettrica, con il quale gli studenti hanno suf-ficiente dimestichezza da trovare del tutto naturaleche le grandezze corrispondenti possano assumereanche valori negativi.

A differenza della carica elettrica la carica barionicae quella leptonica non hanno un'unità di misura e i

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loro valori sono sempre un multiplo della caricabarionica o leptonica elementare. Per sottolinearecomunque l'analogia, in tabella 32.3 anche i valoridi carica elettrica sono espressi come multipli dellacarica elementare.

13. Antimateria

La cosiddetta antimateria viene spesso mistificata,anche nei racconti di fantascienza: si è portati apensare che si tratti in tutti i sensi del contrario dellamateria. In particolare si discute spesso la possibili-tà che abbia massa negativa. Il nome antimateria,che purtroppo è ormai impossibile cambiare, contri-buisce sicuramente all'equivoco. Di conseguenzainsistiamo in modo particolare sul fatto che la dif-ferenza tra particelle e antiparticelle stia unicamen-te nel segno di alcune grandezze fisiche. Invece didare l'impressione che un'antiparticella sia per cosìdire la negazione di una particella, cerchiamo ditrasmettere un'altra idea: particella e antiparticellaformano una coppia di particelle che si somiglianosotto molti punti di vista.

14. Reattore nucleare e reattore a fusione

Solitamente questi impianti sono presentati in mododa dare l'impressione di essere dei metodi moltoparticolari per "liberare energia" usando due reazio-ni nucleari fondamentalmente diverse.

Noi invece cerchiamo di spiegare i processi nei duetipi di reattore come qualcosa di molto simile. Inentrambi avvengono delle reazioni nucleari, e lacausa è la stessa: perché l'energia di riposo degliedotti è maggiore di quella dei prodotti. Ma i proces-si in entrambi i tipi di reattore sono fortemente ini-biti, la resistenza di reazione è così elevata da impe-dirne lo svolgimento in condizioni normali. Peraumentare la velocità di reazione si applicano imetodi ben noti in chimica: nel reattore nucleare siusano dei neutroni come catalizzatori, nel reattore afusione Tokamak si accelera la reazione aumentan-do la temperatura. Anche la fusione nucleare puòessere accelerata usando un catalizzatore: i muoni.

15. Il Sole

Per tutto quanto avviene sulla Terra il Sole è così im-portante che in effetti la sua trattazione dovrebbeessere uno degli argomenti più importanti di qual-siasi corso di scienze naturali. Invece se ne parlaspesso in maniera marginale: come lampada, cheillumina la Terra e quanto vi avviene, o come impor-tante sorgente di energia.

Anche in questo caso le origini di questa sottovalu-tazione dell'importanza di un argomento sono sicu-ramente storiche. Le nostre conoscenze dei processiche avvengono nel Sole sono relativamente recenti

e provengono da ricerche effettuate nell'ambitodella fisica nucleare e delle particelle di livello uni-versitario. Ciò ha portato a ritenere che la afferma-zioni riguardanti il Sole siano materia complessa edifficile e da riservare a un corso di livello ben piùavanzato. Non è del tutto vero, infatti le ricerche infisica solare hanno dato dei risultati molto semplici:

- La distribuzione della densità del Sole è moltointeressante e di facile comprensione.

- Il motivo per cui il Sole è tanto caldo è sorprenden-temente facile da spiegare. Il confronto tra il Sole euna bomba a idrogeno genera l'impressione erratache il Sole sia caldo per lo stesso motivo per cui sigenera calore in presenza di un'esplosione. Nei fattile reazioni nel Sole sono, almeno per un aspetto,radicalmente diverse da quelle in una bomba aidrogeno: avvengono in modo estremamente lento.Solo così possiamo spiegare come mai il Sole esisteda così tanto tempo.

- Spesso si suggerisce che per capire il funziona-mento del Sole si deve capire il ciclo Bethe-Weiz-säcker. Invece in chimica ci si accontenta di cono-scere la reazione netta. Chi è in grado di descrivereesattamente le singole reazioni che avvengono nellacombustione della benzina?

16. Reazioni nucleari e reazioni chimiche

In fisica nucleare come in chimica, alcune domandesono sempre in primo piano. Abbiamo in mente unadeterminata reazione e ci chiediamo per prima cosase la reazione può avvenire e, per secondo, a chevelocità avviene (se lo fa). Per rispondere a questedomande, sia in fisica nucleare che in chimica, siprocede allo stesso modo. Visto che di solito nellapresentazione delle due materie questa analogia nonè sempre chiara, vogliamo confrontare i modi diprocedere della chimica e della fisica nucleare.

L'allestimento di una reazione

Nell'allestimento dell'equazione di una reazionechimica vanno seguite alcune regole: il numero diatomi di ogni tipo di elemento a sinistra dell'equa-zione deve coincidere con quello a destra. Nellaterminologia fisica si tratta di soddisfare una leggedi conservazione. Di fatto nell'ambito dei processidi cui si occupa la chimica vale la conservazione delnumero e del tipo di atomi. Questa non è una legge diconservazione di valore generale. Vale solo inchimica e, proprio in quanto la sua validità non ègeneralizzabile, non è formulata come una legge diconservazione.

Ma anche in fisica si lavora spesso con delle gran-dezze conservate solo parzialmente. Ad esempio inmeccanica si applica spesso la conservazione dell'e-nergia meccanica nei processi non dissipativi. Inmolti processi termodinamici si può considerare

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l'entropia una grandezza conservata, per esempionella trattazione dei movimenti d'aria nell'atmosfe-ra. Anche nel caso di grandezze della cui conserva-zione siamo convinti, non possiamo escludere cheun giorno si scoprano dei processi nei quali non si-ano conservate. Un esempio è il numero barionico.Finora è sempre stato ritenuto una grandezza as-solutamente conservata: non si è mai osservato ildecadimento di un protone che violasse la conserva-zione del numero barionico. Malgrado ciò si conti-nua a cercare un processo che la violi, visto che lateoria permette questa violazione.

Quindi in chimica è legittimo parlare della conser-vazione del numero e del tipo di atomi.

Allestendo l'equazione di una reazione chimica sideve rispettare un'altra legge di conservazione:quella della carica elettrica.

Nell'allestimento di una reazione nucleare si proce-de allo stesso modo. In questo caso il numero degliatomi di un elemento non è più conservato, ma cisono altre grandezze conservate che ci permettonodi allestire l'equazione di reazione. Le leggi di con-servazione della fisica nucleare sono quelle dellacarica elettrica, del numero barionico e del numeroleptonico (o delle cariche elettrica, barionica e lep-tonica).

In quale direzione può avvenire la reazione?

In chimica si confrontano i potenziali chimici degliedotti e dei prodotti. La reazione avviene sponta-neamente dal potenziale più alto verso quello piùbasso.

Si può procedere allo stesso modo anche per le rea-zioni nucleari. Mentre la chimica permette di fissarearbitrariamente lo zero di tanti potenziali chimiciquanti sono gli elementi, per le reazioni nucleari sideve lavorare con i valori assoluti dei potenzialichimici. (Il motivo è proprio che gli elementi chimi-ci si possono trasformare l'uno nell'altro.) I valoriassoluti del potenziale chimico sono, con una buonaapprossimazione, uguali all'energia di riposo mola-re delle sostanze. E la differenza dei potenzialichimici in una reazione nucleare è sostanzialmenteuguale alla differenza tra le energie di riposo molaridelle sostanze a sinistra e a destra dell'equazione direazione. Solo in condizioni molto estreme si hannodelle variazioni dovute a temperature o pressionimolto elevate. Invece di determinare la direzione diuna reazione sulla base dei potenziali chimici, si puòdeterminare a partire dalle energie di riposo.

Dovevamo scegliere tra i due metodi. In favore deipotenziali chimici giocava il fatto che il procedi-mento risulta identico a quello usato in chimica.Abbiamo comunque optato per le energie di riposo.Il potenziale chimico appare in ogni caso comegrandezza nel caso in cui la reazione avvenga tramolte particelle, e in chimica è quasi sempre così.Per contro, nella fisica nucleare i tassi di trasfor-

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mazione sono quasi sempre molto piccoli e l'accen-to è posto sul processo di reazione elementare.Includere il bilancio energetico nello stabilire la di-rezione di una reazione appare adatto anche perchénella discussione delle reazioni nucleari la conser-vazione di grandezze estensive ha comunque unruolo importante. Quindi il bilancio energetico diuna reazione è semplicemente un altro bilancio ac-canto a quello della carica elettrica, del numero ba-rionico e del numero leptonico. Naturalmente siperde di vista il fatto che in una reazione spontanea ilprocesso principale è la produzione di entropia. Ineffetti la produzione di entropia è la spinta princi-pale di un processo spontaneo.

Il tasso di trasformazione

Il tasso di trasformazione della chimica, misurato inmol/s, indica quanto redditizia sia una reazione.Anche per le reazioni nucleari c'è bisogno di unagrandezza del genere. Purtroppo esiste già un con-cetto ben affermato: l'attività. Ma l'attività si usasolo per la descrizione di certi tipi di reazione: icosiddetti decadimenti radioattivi - in simboli chi-mici A → B + C. Anche l'unità di misura è diversa,invece delle mol/s si usa il Becquerel, cioè il numerodi decadimenti al secondo.

Preferiamo usare anche in questo caso l'espressionetasso di trasformazione. L'unità di misura Becque-rel sarà quindi solo un'unità di misura più piccolaper la stessa grandezza fisica. Per le reazioni nucle-ari usiamo comunque un'unità di misura diversa inquanto i tassi di trasformazione sono spesso cosìpiccoli che nemmeno i prefissi come pico e femtobastano per esprimerli.

In ogni caso in fisica nucleare si usa comunqueun'altra misura per il tasso di trasformazione di unareazione: il tempo di dimezzamento. Con il simbolon per la quantità di sostanza della sostanza chedecade, dn/dt per il tasso di trasformazione e T1/2per il tempo di dimezzamento, otteniamo

dn = – n

ln 2

dt T1/2

Con l'introduzione del tempo di dimezzamento si dàl'impressione che questa grandezza sia caratteristi-ca della fisica nucleare e che, di conseguenza, anchele relative diminuzioni esponenziali della quantitàdi una sostanza siano una particolarità della fisicanucleare. Per evitare di dare questa impressione,introduciamo il concetto di tempo di dimezzamentoe di diminuzione esponenziale già parlando di fisicaatomica. In effetti la transizione della nube elettro-nica da uno stato eccitato allo stato fondamentale èun processo dello stesso tipo della transizione di unnucleo da uno stato eccitato allo stato fondamentale.

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17. La carta dei nuclidi

Introdurre così presto la carta dei nuclidi puòsembrare sorprendente. Dopotutto gli studenti nonpossono ancora sapere dove si ha a che fare con inumerosi nuclidi. Inoltre viene loro detto che inmaggioranza questi nuclidi sono instabili. Ma alloracome è possibile che i nuclidi esistano? Se gli stu-denti dovessero porre questa domanda, si può ragio-nevolmente rimandare l'argomento osservando chemolte molecole sono instabili nei confronti dellereazioni chimiche e che ciò non stupisce nessuno. Ese qualcuno chiedesse come sono state prodottequelle molecole, la risposta è: sono state sintetiz-zate in innumerevoli modi, la maggior parte dallanatura, in minima parte dagli uomini, in laboratorioo nelle fabbriche. Alcuni di questi processi di sintesivengono trattati nel corso di chimica. La stessa cosavale per i nuclei atomici. Anche i nuclei instabilisono prodotti in molti modi diversi, sia naturali cheartificiali, e alcuni di questi processi saranno discus-si a lezione.

18. Nuclidi stabili e nuclidi instabili

La questione della stabilità dei nuclidi è per certiversi una questione di definizione. Alcuni nuclidi,soprattutto i più leggeri, non possono decadere.Ogni reazione dove la carica elettrica, il numero ba-rionico e il numero leptonico sono conservati, portaa prodotti di reazione la cui energia è maggiore diquella del nucleo iniziale. Quindi la reazione nonpuò avvenire "da sola", senza apporto di energia.Molti altri nuclidi definiti stabili nella carta deinuclidi, in questo senso non sono stabili. Non deca-dono solo in quanto la resistenza di reazione è moltoalta. In altre parole il loro tempo di dimezzamento èmolto molto lungo. Si è stabilito che i nuclidi con untempo di dimezzamento rispetto al loro decadimen-to superiore a circa 1015 anni, si definiscono stabili.

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1. Energia e portatori di energiaParagrafo 1.2

Con apparecchi in dotazione o portati da casa, as-semblare un sistema sorgente-ricevitore, p. es.

pila - cavo - lampadina

bombola a gas - tubo - lampada da campeggio (o for-nello da campeggio)

asciugacapelli (o ventilatore) - girandola

motore elettrico - corda (cinghia di trasmissione) -un qualche giocattolo

motore elettrico - albero motore - un qualche giocat-tolo

lampadina - cellula solare

trasmissione idraulica di energia con i Fischertech-nik o i Lego

trasmissione pneumatica o idraulica di energia condue stantuffi collegati da un tubo

Affinché la struttura "sorgente - conduttore - rice-vitore" sia chiaramente riconoscibile, nell'esperi-mento il conduttore deve sempre essere molto lungorispetto alle dimensioni di sorgente e ricevitore.Quindi collegheremo una lampadina a una pila conqualche metro di cavo e una lampada da campeggioalla bombola con un tubo di diversi metri.

Paragrafo 1.3

Nei limiti imposti dal materiale a disposizione, co-struire una catena con alcuni trasferitori di energia.

C. Esperimenti

2. Correnti di liquidi e gasParagrafo 2.1

Misurare diverse pressioni o leggere diversi valoridi pressione:

-pneumatico d'auto (manometro da grande ma-gazzino)

-conduttura dell'acqua (manometro con una por-tata di circa 10 bar)

-bombola a gas

-campana a vuoto

-pressione atmosferica (con un barometro)

Paragrafo 2.3

1. In un sottile tubo lungo circa 3 m si fanno deipiccoli fori (diametro 1 mm) a distanza di 1m l'unodall'altro. Si allaccia il tubo a un rubinetto che vieneaperto. Da ogni foro sprizza una fontanella. L'altez-za della fontanella è una misura della pressione neltubo. La pressione diminuisce allontanandosi dalrubinetto. Quindi l'acqua scorre da punti a pressionepiù alta verso punti a pressione più bassa.

2. Lasciamo entrare aria in una campana a vuoto.

3. Due pneumatici d'auto più diversi possibile egonfiati a pressioni diverse, vengono collegati conun tubo. L'aria fluisce fino a quando le pressionisono uguali. Occorrono due adattatori per collegareil tubo alle valvole (negozio di accessori per auto).

Paragrafo 2.4

Mostrare diverse pompe, mentre funzionano esmontate. Per esempio la pompa centrifuga di unavecchia lavatrice o una pompa che si può comperarecome accessorio per un trapano a percussione.

Paragrafo 2.5

1. Con un recipiente graduato e un cronometromisurare l'intensità della corrente d'acqua con il ru-binetto aperto.

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2. L'intensità della corrente d'aria che fuoriesce daun pneumatico viene misurata usando quest'aria pergonfiare un sacchetto di plastica di capacità nota.

Paragrafo 2.6

Per l'analisi qualitativa della dipendenza dell'inten-sità di corrente dalla differenza di pressione, cosìcome dalla lunghezza e dal diametro del conduttore,si riempie un sacchetto di plastica con l'aria che esceda un pneumatico. Un regolatore di portata presodalla strumentazione del laboratorio di chimica èadatto a evidenziare la corrente.

Paragrafo 2.7

1. Il tempo necessario per riempire il sacchetto diplastica è una misura dell'intensità di corrente e vie-ne cronometrato. Confrontare due a due i seguentiesperimenti (indicati con (a) e (b)):

- Da un pneumatico aria a pressione elevata (a)e da un altro aria a pressione bassa (b); basta faruscire poca aria per volta; entrambe le volte conlo stesso tubo.

- Un tubo lungo (circa 3 m) (a) e uno corto(circa 0,2 m) (b); i tubi devono essere moltosottili (diametro interno circa 3 mm); hanno lostesso diametro; la pressione nei pneumatici è lastessa.

- Tubo sottile (a) e tubo spesso (b); i tubi hannola stessa lunghezza (circa 3 m), la pressione neipneumatici è la stessa.

2. Per mostrare la dipendenza della resistenza dalunghezza e sezione del conduttore, possiamo farsoffiare gli studenti in cannucce di grossezza e lun-ghezza diverse.

Paragrafo 2.8

1. Se non è ancora stato fatto nel capitolo 1: tra-smissione idraulica o pneumatica di energia con iFischertechnik o i Lego oppure con due stantufficollegati da un tubo.

2. In un modellino di macchina a vapore si allacciaun tubo nel punto dove l'acqua entra nella caldaia eun altro tubo allo scarico del vapore. Facciamo fun-zionare la macchina inserendola tra:

- un pneumatico gonfio e l'ambiente;

- un pneumatico gonfio e uno sgonfio;

- l'ambiente e una campana a vuoto.

Si lascia funzionare la macchina fino a quando siinstaura un equilibrio delle pressioni.

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3. Quantità di moto e correnti diquantità di motoI requisiti più importanti per un gran numero diesperimenti nella prima fase della meccanica sonotre tipi di "veicoli". Si differenziano soprattutto perquanto riguarda l'attrito:

1. Diversi piccoli veicoli con molto poco attrito. Ipiù adatti sono le slitte su una rotaia a cuscino d'aria.Quando, nella descrizione degli esperimenti ci rife-riamo a questi veicoli poveri di attrito, diciamosempre "slitta".

2. Due veicoli il cui attrito non sia trascurabile nel-l'esperimento ma sia invece grande abbastanza perpermettere alla quantità di moto di manifestarsicome una grandezza veramente percepibile. Sareb-be bello se uno studente potesse salire o sedersi suun veicolo del genere. A seconda della situazioneparliamo di "carrello" o "vagone". In caso dibisogno si possono naturalmente utilizzare ancheveicoli più piccoli. Un'altra possibilità è di usare itavoli a rotelle da laboratorio. Lo svantaggio diquesti tavoli è che di solito quando sono spinti nonvanno diritti.

3. Il terzo tipo di corpi in moto che usiamo non puònemmeno essere definito veicolo: un corpo il cuiattrito con la superficie di appoggio sia intenzional-mente molto alto. Si può usare una scatola di cartoneriempita di libri.

Paragrafo 3.2

1. Dimostrazione con corpi che contengono moltaquantità di moto e altri che ne contengono poca.

2. Una slitta si muove da sinistra verso destra sen-za cambiare la sua velocità.

3. Urto elastico tra una slitta in moto e una ferma.

4. Urto anelastico tra una slitta in moto e una fer-ma.

5. Urto anelastico tra una slitta in moto e due slit-te ferme agganciate tra loro.

6. Urto anelastico tra una slitta in moto e 3, 4,ecc. slitte ferme.

7. Urto anelastico tra una slitta e la fine della ro-taia (urto anelastico tra un carrello e la parete).

8. Una slitta si muove su una rotaia. Prima cheraggiunga l'estremità spegniamo la soffiatrice inmodo che si appoggi sulla rotaia.

9. Lasciamo andare un carrello finche si ferma.

10. Urto anelastico tra due slitte che si muovonoalla stessa velocità ma in direzioni opposte.

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Paragrafo 3.3

1. Una persona (insegnante, studente) tira un car-rello con una corda e lo mette in moto verso destra.

2. Una persona è seduta su un carrello e tira conuna corda un altro carrello il cui peso è grosso modouguale al primo carrello, persona inclusa.

3. Una persona è in piedi su uno skateboard e condue corde tira verso di sé due carrelli.

4. Un'automobilina telecomandata è su un cartoneappoggiato su dei rulli (p.es. delle cannucce). Siaccende il motore. L'auto si mette in moto in unadirezione e il cartone nell'altra.

5. Due slitte, una delle quali equipaggiata con unrespingente elastico (una molla), sono collegate conuna cordicella in modo che la molla sia compressa.La cordicella viene tagliata o bruciata.

Paragrafo 3.4

1. Un carrello viene messo in moto verso destracon una sbarra, viene cioè caricato con quantità dimoto positiva. Una volta si tira dal davanti, unavolta si spinge da dietro.

2. Un carrello viene caricato di quantità di motocon una corda tirando dal davanti. Spingere èinutile.

3. Un magnete a sbarra o a ferro di cavallo vienemontato su una slitta. Si mette in moto la slittaspingendo da dietro con un altro magnete (avvici-nando i poli uguali).

4. Su un carrello viene appoggiata una pesantesbarra (o una tavola). La sbarra sporge sul latosinistro. Si carica il carrello di quantità di motospingendo l'estremità sospesa della sbarra. Lasbarra deve scivolare sul carrello.

5. Su un piccolo veicolo (slitta o carrello) vienemontato un palloncino gonfio. Si apre il palloncino.Il carrello si mette in moto grazie alla reazionedell'aria che fuoriesce.

Paragrafo 3.6

Si riempie d'acqua un secchio bucato. Il livello del-l'acqua inizialmente sale. Alla fine la corrente d'ac-qua che esce dal foro è uguale a quella che entra nelsecchio.

Paragrafo 3.7

Un pezzo di legno viene gettato su una tavola ap-poggiata su dei rulli, in modo che la tavola si mettain moto.

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Paragrafo 3.8

1. Un carrello viene messo in moto con una sbarrafissata al carrello.

2. Un carrello viene messo in moto tirandolo conuna corda elastica.

3. Un carrello viene messo in moto spingendolocon una molla d'acciaio.

Paragrafo 3.9

1. Con una corda si trascina sul pavimento unascatola di cartone.

2. La scatola di cartone e la persona sono su unatavola appoggiata su dei rulli. Come rulli si possonousare dei manici di scopa o dei tubi dell'acqua.

3. La scatola di cartone e la persona sono su duetavole. Su una delle tavole è fissato un pezzo digommapiuma, nella corda è inserita una molla.Mentre la scatola di cartone viene tirata a velocitàpiù o meno costante la molla è chiaramenteallungata e la gommapiuma chiaramentecompressa.

4. Blocchiamo la scatola di cartone, per esempiocon un chiodo fissato nella tavola.

5. Blocchiamo la corda inchiodandola alla tavola.

6. Mostrare in molte costruzioni statiche che c'èsempre una parte sottoposta a trazione e un'altra acompressione.

Esempi:

- Uno studente con tende un estensore (trazionenell'estensore, compressione nel corpo dello stu-dente).

- Due studenti sono seduti su due tavoli con leruote. Si prendono le mani e tirano mentre con legambe spingono i tavoli (trazione nelle mani.compressione nelle gambe).

- Costruzione con materiale per stativi e unamolla, che rappresenta un circuito di quantità dimoto chiuso e non ramificato, Fig. 3.1.

Paragrafo 3.10

1. Mostrare dei dinamometri a molla. Lasciare chegli studenti giochino con dei dinamometri (nontroppo sensibili).

2. Una lunga corda è tesa attraverso tutta l'aula,Fig. 3.2. La carrucola e il peso servono a tendere lacorda, cioè a mantenere una corrente di quantità dimoto x, e non sono oggetto d'esame. Si misura la

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corrente di quantità di moto nella corda.Sottolinea-re che si procede nel modo seguente: prima si tagliail conduttore della corrente di quantità di moto. Ledue estremità ottenute vengono collegate agliallacciamenti dell'apparecchio che misura l'intensi-tà di corrente. (Si procede in modo analogo per lamisurazione dell'intensità di corrente di unaqualsiasi altra grandezza estensiva.)

3. Accelerare un carrello con una forza il più pos-sibile costante. La forza viene misurata.

4. Nella costruzione in Fig. 3.2 si inseriscono duedinamometri. Il valore segnato dell'intensità dellacorrente di quantità di moto è lo stesso di prima.

5. Nella corda in Fig. 3.2 si crea una ramificazione(come in Fig. 3.47b nel testo per studenti). Misurarele intensità delle correnti di quantità di moto.

Paragrafo 3.12

1. Con un elastico e un righello si definisce l'unitàdell'intensità di corrente. Con altri elastici si realiz-zano i multipli dell'unità.

2. Usando le unità dell'intensità di corrente si taraun estensore.

3. Con una corda elastica si accelera un carrello.Sul prolungamento della corda viene misurata l'in-tensità della corrente di quantità di moto che fluisceal carrello.

70

4. Con l'aiuto delle unità di intensità di corrente sidetermina la relazione F-s per una molla d'ac-ciaio.

Paragrafo 3.14

1. Considerare, esaminare e discutere diversi mi-suratori di velocità, p.es.:

- tachimetro di una bicicletta

- anemometro di una stazione meteorologica

- manica a vento di un eliporto

2. Con i pezzi di un gioco di costruzione tecnico,costruire un veicolo con un misuratore di velocitàche funzioni secondo il principio del regolatore cen-trifugo.

3. La velocità costante di una slitta su una rotaia acuscino d'aria viene determinata con una misura-zione spazio percorso-tempo. In questo modo glistudenti hanno a che fare per la prima volta con lebarriere fotoelelettriche.

Paragrafo 3.15

Gli esperimenti sono descritti nel testo per studenti.

Fig. 3.1. Circuito di quantità di moto chiuso e non ramificato,fatto con materiale per stativi.

Fig. 3.2. Nella corda fluisce una corrente di quantità di motola cui intensità rimane costante se si cambia leggermente lalunghezza della corda.

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4. Il campo gravitazionaleParagrafo 4.1

Costruire un circuito di quantità di moto come mo-strato in Fig. 4.1 del testo per studenti.

Paragrafo 4.2

1. Si lasciano cadere degli oggetti e se ne appendonoaltri a dei dinamometri.

2. Mostrare nuovamente un esperimento di tra-smissione di quantità di moto con un campomagnetico.

3. Si fissa al pavimento una molla rigida o unacorda elastica. Uno studente, ev. seduto su unasedia, tende con una mano la molla rispettivamentela corda elastica in direzione verticale. Nell'altramano tiene un peso. Tutto è fatto in modo che leforze che lo studente percepisce a destra e a sinistrasiano uguali. Lo si può anche pregare di chiudere gliocchi e convincersi che il peso e la molla sianoscambiati. È sorprendente quanto bene riesca.(Ovviamente lo nota solo chi fa l'esperimento.)

L'obiettivo dell'operazione è permettere allo stu-dente di immaginarsi il campo gravitazionale inmodo molto concreto.

Paragrafo 4.3

A un dinamometro si appende un peso dalla massanota, poi due, tre, ecc. Si legge il valore segnato daldinamometro.

Paragrafo 4.4

1. Due oggetti di massa chiaramente diversa manon troppo leggeri, vengono lasciati cadere contem-poraneamente da un'altezza non troppo elevata. Sisentono gli impatti nello stesso momento.

71

2. Un esperimento impegnativo: in un punto qual-siasi della caduta di una sfera in caduta libera, si mi-surano:

1. la sua velocità

2. il tempo di caduta.

Si ripete l'esperimento a diverse altezze. Il risultatodovrebbe soddisfare l'equazione v = g ⋅ t.

3. Si fanno i noti esperimenti di caduta con il tuboa vuoto.

Paragrafo 4.5

1. Un palloncino gonfio e un oggetto pesante ven-gono lasciati cadere contemporaneamente.

2. Una sfera molto leggera e una molto pesantedello stesso diametro, vengono lasciate cadere con-temporaneamente dalla stessa altezza.

Paragrafo 4.6

1. Fare l'esperimento, descritto nel testo per stu-denti, con i due blocchi che trattengono una tavola.

2. Qualcuno (insegnante, studente) salta dal tavolocon in mano due pesanti valigie. Durante la caduta ilpeso delle valigie non si percepisce.

3. Fare l'esperimento facilmente realizzabile de-scritto in Fig. 4.1: due elastici vengono fissati sulfondo interno di una scatola di conserva. Alle altreestremità degli elastici vengono fissati due piccolioggetti metallici. Le lunghezze degli elastici sonotali da non superare il bordo della scatola. Possiamoperò porre i due oggetti oltre il bordo della scatola inmodo che gli elastici siano tesi. Se lasciamo caderela scatola così preparata, sentiamo chiaramente chei due oggetti sono tirati all'interno della scatola. Na-turalmente l'effetto si manifesta anche se la scatola èlanciata in alto.

4. Un esperimento da fare all'aperto: un cartonedel latte da 1 litro viene riempito d'acqua. Lo silancia in aria con l'apertura verso il basso. Durante illancio si tiene chiusa l'apertura. Mentre il cartonevola, l'acqua non esce.

Paragrafo 4.7

1. Determinare la densità di un corpo geometric-mente semplice, pesandolo e misurandone le di-mensioni.

2. Determinare la densità di un liquido pesando emisurando il volume.

3. Determinare la densità di un corpo solido egeometricamente irregolare. Si ottiene il suovolume immergendolo in acqua e misurando ilvolume dell'acqua spostata.Fig. 4.1. Durante la caduta libera, i pesi sono tirati degli elasti-

ci all'interno della latta.

elastici

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4. Determinare la densità dell'aria a condizioninormali. Un recipiente in cui si possa fare il vuotoviene pesato due volte: una volta prima e una dopoaver tolto l'aria.

Paragrafo 4.8

1. Verificare quali corpi o sostanze galleggiano suquali altre. Si provino tutte le combinazioni possibi-li di "corpi" solidi, liquidi e gassosi.

2. Come descritto nel testo per studenti (Fig. 4.18) sistratificano in un recipiente tetracloruro di carbonio(o tricloroetilene), acqua e benzina e poi si mettononel recipiente dei corpi solidi che galleggiano allimite tra i vari liquidi, uno che galleggia in superfi-cie e uno che affonda del tutto. (Come corpi che gal-leggiano tra acqua e benzina si possono utilizzaresvariate materie plastiche. Tra il tricloroetilene el'acqua galleggia il materiale di cui sono fatte le pre-se elettriche.)

3. Verificare se un liquido che si mescola all'ac-qua, p.es. l'alcol, galleggia sull'acqua riempiendoun sacchetto di plastica e immergendolo in acqua.

Paragrafo 4.9

1. Dimostrare che la pressione gravitazionale au-menta verso il basso con l'esperimento di Fig. 4.19del testo per studenti.

2. Un tubo viene riempito d'acqua e una delle dueestremità sigillata. All'estremità chiusa si collega unmanometro. Il tubo viene tenuto verticale. Più spa-zio a disposizione c'è (in direzione verticale) piùsarà marcata la sovrapressione dell'acqua.

3. Con un manometro molto sensibile si confron-tano la pressione atmosferica al piano più alto equello più basso dell'edificio scolastico.

72

5. Quantità di moto e energiaParagrafo 5.1

Fare l'esperimento descritto in Fig. 5.4 del testo perstudenti. Si misurano le velocità delle tre corde.

Paragrafo 5.2

1. Si tende una molla e si agganciano le sue estre-mità. Una delle estremità viene liberata. La molla simuove in modo brusco e disordinato. Interpretiamoquesto movimento come un segno della presenza dienergia nella molla.

2. Una lunga molla è fissata da una parte allaparete, dall'altra a una corda. Si tende la mollaavvolgendo la corda con un motore elettrico. Poi silascia distendere la molla lasciando lavorare ilmotore come una dinamo. Alla dinamo è collegatauna lampadina.

3. Un veicolo urta la parete rompendo qualcosa:una scatola di cartone o un oggetto di vetro. Inter-pretiamo questa distruzione come un segno dellapresenza di energia nel veicolo.

4. Una persona va in bicicletta. Smette di pedalarequando la dinamo è inserita. Il fatto che la luce restiaccesa è un segno della cessione di energia da partedella bicicletta.

5. Un veicolo in moto tende una molla, vedi Fig.5.8 nel testo per studenti. Il veicolo si muove unavolta verso destra, una volta verso sinistra.

6. L'estremità di una molla tesa viene fissata a unveicolo, il veicolo viene lasciato andare. La molla sidistende e il veicolo si mette in moto.

7. Con un motore elettrico e un rotolo di spago sisolleva un oggetto. Poi l'oggetto viene lasciato an-dare lasciando lavorare il motore come una dinamo.A questa dinamo è collegata una lampadina.

8. Un oggetto viene appeso a una molla. L'ogget-to si muove verso il basso e tende la molla.

Paragrafo 5.3

Costruire un oscillatore come quello mostrato inFig. 5.12 del testo per studenti.

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6. La quantità di moto come vettoreParagrafo 6.1

Si fanno muovere due piccoli veicoli, p.es. auto-mobiline giocattolo. Una volta i due veicoli hannovelocità dello stesso modulo e stessa direzione, unavolta le direzioni sono uguali ma i moduli diversi,poi i moduli sono uguali e le direzioni diverse e infi-ne sia modulo che direzione sono diversi. Solo nelprimo caso le velocità sono uguali.

Paragrafi 6.2 - 6.3

1. Per fare l'esperimento abbiamo bisogno di unapparecchio che possa ricevere quantità di moto indue direzioni diverse. Un tavolo a rotelle non èmolto adatto perché si gira facilmente: oltre aidiversi tipi di quantità di moto, può ricevere anchequantità di moto angolare e questo perturba l'esperi-mento.

Un tavolo a cuscino d'aria è più adatto perché non c'èil disturbo dell'attrito. Resta però il problema che icorpi ricevono anche quantità di moto angolare. Sefacciamo urtare anelasticamente due slitte in modoche restino agganciate, a meno che si operi con mol-ta abilità, dopo l'urto la coppia di slitte ruota.

2. Non è troppo difficile costruire un apparecchioadatto al nostro scopo: un foglio di compensato èmontato su due coppie di binari tra loro perpendico-lari, in modo da muoversi facilmente in direzione x ey ma senza poter ruotare, Fig. 6.1.

Sul compensato possono muoversi dei piccoli vei-coli: un trenino giocattolo o un'auto telecomandata.Oppure si fa rotolare una sfera o più sfere su binariposati sulla tavola.

3. Per dimostrare che la quantità di moto che fluiscepuò avere direzioni diverse rispetto alla direzionedel conduttore, bastano esperimenti più semplici:un veicolo con le ruote bloccate in una direzioneviene caricato di quantità di moto con una sbarra. Insostanza facciamo l'esperimento di Fig. 6.5 nel testoper studenti. Prima di ogni tentativo si deve solo sta-

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re attenti a orientare il veicolo nella direzione dellaquantità di moto che riceve.

4. Caricare di quantità di moto un veicolo, spin-gendolo o tirandolo con una sbarra non diritta. Sipuò assemblare una sbarra del genere con materialeper stativi.

Paragrafo 6.5

1. Con l'aiuto di una corda in cui è inserito un di-namometro, si tira un veicolo non troppo leggero.Una volta nella direzione di marcia, una volta per-pendicolarmente e una volta in una qualsiasidirezione obliqua. Si osserva qualitativamente lareazione del veicolo.

2. Una rotaia viene montata un po' inclinata e un-carrelo o una slitta la discende accelerando. Siriporta la velocità in funzione del tempo.

Paragrafo 6.6

L'esperimento adatto è banale ma ciononostantenon superfluo: si fissa una corda a un qualsiasi og-getto che scivola facilmente. Tirando brevemente lacorda si mette in moto l'oggetto su un tavolo oriz-zontale. Si nota che la direzione della quantità dimoto che l'oggetto riceve è la stessa direzione dellacorda.

Paragrafo 6.7

In tre corde tese che confluiscono in un nodo vengo-no inseriti dei dinamometri. La somma dei tre vetto-ri intensità di quantità di moto è nulla.

Fig. 6.1. Il foglio di compensato è isolato da terra per la quan-tità di moto lineare. La quantità di moto angolare invece, de-fluisce a terra.

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7. Momento meccanico e baricentroParagrafo 7.1

1. Costruire i dispositivi delle Figg. 7.1, 7.3, 7.4 e7.6 del testo per studenti.

2. Si costruiscono dei paranchi con i mezzi a dis-posizione e si misurano le intensità della corrente diquantità di moto nella corda di trazione e in quella dicarico.

3. In un grande magazzino o in un negozio spe-cializzato si possono trovare dei paranchi per relati-vamente pochi soldi. Con un paranco del genere sisolleva un carico pesante. A causa dell'attrito inten-so di questi paranchi, le relazioni ottenute a lezionenon si possono verificare quantitativamente.

Paragrafo 7.3

1. Costruire un dispositivo simile a quello in Fig.7.16 del testo per studenti. Il dispositivo può essereappoggiato sul tavolo in modo che si possa spostarefacilmente. Si deve fare in modo che lasciandolopenzolare verso il basso il suo peso sia trascurabile.

2. Costruire un dispositivo simile a quello in Fig.7.21 del testo per studenti (naturalmente con un ca-rico inferiore). Per misurare le intensità dellecorrenti di quantità di moto nei punti B e C, la sbarraviene appesa in quei punti a due dinamometri.

3. Una leva di inversione come quella descritta inFig. 7.25 del testo per studenti può essere costruitacon il materiale di una scatola per costruzioniMärklin. In entrambe le corde si inseriscono deidinamometri.

Paragrafo 7.4

1. Sperimentare con un dispositivo simile a quelloin Fig. 7.32 del testo per studenti: bracci della levauguali e stessi pesi, bracci uguali e pesi diversi,equilibrio con bracci di diversa lunghezza.

2. Mostrare che un bilanciere libero di ruotare at-torno al proprio centro è in equilibrio in qualsiasi o-rientamento. (Il bilanciere può essere costruito conil materiale a disposizione o con i pezzi della Lego,Märklin o Fischertechnik)

3. Determinare il baricentro di un corpo trovandoun asse con il quale il corpo è in equilibrio indipen-dentemente dall'orientamento. Il corpo dovrebbepermettere di inserire degli assi in molti modidiversi. I Lego si prestano allo scopo.

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Paragrafo 7.5

Determinare il baricentro di un corpo appendendoloin vari punti e marcando ogni volta con il filo apiombo la verticale che passa per il punto di sospen-sione.

Paragrafo 7.6

1. Si prenda un oggetto molto pesante a forma diparallelepipedo e molto più lungo che largo, p. es.un mobile. Mostrare che è molto più facile ribaltarloquando è "in piedi" che quando è "sdraiato".

2. Mostrare come si usa una bilancia a piatti.

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8. Quantità di moto angolare e cor-renti di quantità di moto angolareParagrafo 8.1

1. Mostrare due ruote di grandezza diversa che gi-rano più o meno alla stessa velocità, p.es. un volanoe una ruota Märklin.

2. Per questo esperimento ci vogliono due volaniche possono essere collegati con una frizione a sci-volamento. I volani da laboratorio sono adatti alloscopo. Visto che di solito se ne ha uno, solo se nedovrà prendere uno in prestito. Una "frizione" puòessere facilmente autocostruita. Si conduce l'esperi-mento descritto nel testo per studenti.

3. Far defluire a terra la quantità di moto angolaredi una ruota che gira, frenandola con le mani.

Paragrafo 8.2

Fare l'esperimento con sgabello girevole e volanodescritto nel testo per studenti.

Paragrafo 8.3

Con i pezzi della Märklin si costruisce un bilanciereche può ruotare attorno a un asse, vedi Fig. 8.15 neltesto per studenti. Eseguire l'esperimento descrittonel testo per studenti.

Paragrafo 8.4

A un volano viene fissata perpendicolarmente unasbarra piatta e elastica come un righello di plastica.Si carica il volano di quantità di moto angolare ruo-tando l'estremità libera del righello. Si osserva latorsione.

Paragrafi 8.5 e 8.6

Mostrare che la quantità di moto angolare che flui-sce da un motore alla macchina azionata dal motore,ha bisogno di un percorso di ritorno. Ci sono moltepossibilità. Un esempio: servono un trapano e unmotorino elettrico da usare come dinamo. Alla dina-mo è fissata una lampadina collegata elettricamentecon la dinamo stessa. L'albero motore della dinamoviene fissato nel mandrino del trapano. La dinamo ela lampadina devono essere ben centrate per evita-re che la Terra eserciti un momento meccanico sultelaio della dinamo. Se si accende il trapano,dinamo e lampadina girano assieme. La lampadinanon si accende. Visto che il circuito di quantità dimoto angolare non è chiuso, non può esserci untrasporto di energia. Se teniamo fermo il telaio delladinamo, la quantità di moto angolare trova una viadi ritorno e il trasporto funziona.

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9. Pressione e trazioneParagrafo 9.1

Si blocca in un morsetto una specie di sandwich fat-to da tre piccole lastre di legno e da due dischi di po-listirolo. La sequenza è legno - polistirolo - legno -polistirolo - legno. Uno dei pezzi di polistirolo hauna sezione ridotta, l'altro più grande. Se stringiamoil morsetto, il pezzo di polistirolo con la sezione mi-nore si schiaccia per primo. Evidentemente la pres-sione è maggiore che nell'altro pezzo di polistirolo.

Paragrafo 9.2

1. Usando delle morse, si stringe un piccolo oggettocubico in modo che in tre direzioni perpendicolari cisiano pressioni diverse.

2. Un lungo pezzo di gommapiuma viene usatocome ponte, Fig. 9.12 nel testo per studenti. Cari-candola al centro si vede che nel senso della lun-ghezza, la gommapiuma è schiacciata in alto e dila-tata in basso. In caso di bisogno si può usare ancheuna spugna.

3. Mostrare che in direzioni diverse il legno sop-porta sollecitazioni diverse.

Paragrafo 9.3

Determinare la densità di varie sostanze con metodidiversi.

Paragrafi da 9.5 a 9.7

Fare i noti esperimenti con i mezzi a disposizione.

Paragrafo 9.8

1. A uno stantuffo viene allacciato un manometroin grado di misurare pressioni inferiori alla pres-sione normale. All'inizio lo stantuffo è totalmenteinserito nel cilindro. Estraendo lo stantuffo lapressione diminuisce ma resta positiva.

2. In uno stantuffo si trova solo acqua, senza aria.L'acqua è stata precedentemente fatta bollire per eli-minare i gas sciolti. Si tira con forza lo stantuffo e sinota che sforzandosi è possibile estrarlo parzial-mente. Così facendo si forma una bolla. Se lasciamoandare lo stantuffo la bolla scompare.

3. Mostrare una pompa di aspirazione.

4. Mostrare gli effetti oggetto dell'esercizio 2 edel-l'esercizio 3.

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Paragrafo 9.9

1. Realizzare un trasporto idraulico o pneumaticodi energia con l'aiuto di due stantuffi collegati da unlungo tubo.

2. Lo stesso esperimento con stantuffi di sezionediversa. Mostrare che per entrambi il prodotto A∆x ha lo stesso valore.

3. Si usino i mezzi a disposizione per mostrareche F1/F2 = A1/A2.

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10. Entropia e correnti di entropiaParagrafo 10.1

1. Misurazione della temperatura di diversi corpicon diversi apparecchi, p. es.:

- con un termometro a mercurio la temperaturadel-l'acqua calda e fredda del rubinetto, latemperatura dell'aria sul pavimento e sul soffittodell'aula.

- con un termometro elettrico la temperatura indiversi punti di una fiamma di becco Bunsen, latemperatura dell'aria liquida.

2. Come descritto nel testo per studenti, si travasaacqua calda in diversi bicchieri

Paragrafo 10.2

1. Fare l'esperimento delle temperature che si u-guagliano descritto nel testo per studenti.

2. Misurare con il termometro elettrico la tempe-ratura di diversi oggetti dell'aula: oggetti di metallo,legno, calcestruzzo, ecc. Per ottenere un buon con-tatto termico durante la misurazione, si versa unagoccia d'olio sul punto dove si misura (l'acqua per-turberebbe l'equilibrio termico a causa dell'evapo-razione).

Paragrafo 10.3

1. Se possibile, portare un frigorifero in classe,metterlo in funzione e identificare la pompa dicalore, l'entrata e l'uscita per l'entropia.

2. Se si ha a disposizione una pompa di caloremetterla in funzione e spiegare ciò che è possibilecon quanto fatto finora a lezione.

Paragrafo 10.4

Qui facciamo solo un Gedankenexperiment: unmattone viene raffreddato con macchine del freddosempre migliori.

Paragrafo 10.5

1. Anche se in ogni lampadina e nella maggiorparte delle apparecchiature elettriche vieneprodotta entropia, eseguiamo il seguenteesperimento: facciamo passare una correnteelettrica molto forte attraverso un cavo moltosottile, per farlo diventare incandescente.

2. In un trapano a mano elettrico si fissa una puntasmussata o semplicemente un grosso chiodo. Poi siprova a perforare un sasso o un pezzo di cemento. Lapunta di trapano, o il chiodo, diventa incandescente.

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3. Mostrare alcuni processi irreversibili e (quasi)reversibili:

Si lascia cadere un oggetto. La caduta è reversibile,l'impatto è irreversibile.

Il docente si nasconde dietro la cattedra e lanciaverso l'alto un oggetto in modo che gli studenti nonvedano nè il lancio nè l'impatto alla ricaduta. Laparte del processo vista dagli studenti è (quasi) re-versibile.

Il moto di un pendolo è più o meno reversibile. Se loosserviamo solo per breve tempo, l'irreversibilitànon si percepisce. (Da un breve spezzone di un filmnel quale si vede un pendolo, non si può capire se ilfilm è proiettato al contrario o no.)

Paragrafo 10.7

1. Esaminare qualitativamente la conducibilità ter-mica di alcuni materiali solidi.

2. Un esperimento sulla conducibilità termica del-l'acqua: in una provetta c'è acqua fredda e sul fondodella provetta un pezzo di ghiaccio. Per impedire alghiaccio di risalire, lo si appesantisce con un po' difilo di ferro. Ora teniamo la provetta inclinata sopraun becco Bunsen, in modo che la parte superiore siriscaldi. L'acqua nella parte superiore comincia abollire mentre il ghiaccio sul fondo non si scioglie.Si misura la temperatura in cima e in fondo allaprovetta. (Dobbiamo tenere il ghiaccio in basso eriscaldare in alto per ottenere una stratificazionestabile dell'acqua, cioè per impedire la convezionenaturale.)

3. Alcuni materiali sono più freddi al tatto di altrimateriali alla stessa temperatura. Al riguardo ven-gono fatti i seguenti esperimenti: un pezzo di ferro euno di legno vengono raffreddati (direttamente nelfrigorifero o in una miscuglio di acqua e ghiaccio) epoi toccati da diversi studenti. Il ferro sembra piùfreddo. Entrambi gli oggetti vengono poi riscaldatiin acqua bollente e toccati nuovamente. Questavolta il ferro sembra più caldo.

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11. Entropia e energiaParagrafo 11.2

Definiamo una "tabella di taratura" per un riscalda-tore a immersione: determiniamo l'intensità dellacorrente di entropia che il riscaldatore cede all'ac-qua, per valori diversi di temperatura. Con l'aiuto diun wattmetro misuriamo l'intensità della corrente dienergia che affluisce al riscaldatore. (Il valore indi-cato dal wattmetro non è molto affidabile). Ci con-vinciamo che l'intensità della corrente di energianon dipende dalla temperatura. Poi dividiamo l'in-tensità della corrente di energia per diverse tempe-rature assolute tra 273 K e 373 K (a intervalli di circa20 K) e otteniamo così i valori di intensità della cor-rente di entropia per le temperature corrispondenti.

Paragrafi 11.4 e 11.5

Si mostrano alcune macchine termiche o "motoritermici" cercando ogni volta di individuare dovel'entropia entra nella macchina a temperatura ele-vata e da dove ne esce a temperatura più bassa. Aseconda delle situazioni si discutano i dettagli difunzionamento della varie macchine.

1. La macchina Stirling

Si mostra sia il funzionamento come pompa di calo-re che come motore termico. Quando lavora comepompa di calore, mostriamo che l'uscita per l'entro-pia è altrettanto importante dell'entrata: riduciamoil riscaldamento in modo tale che la macchina lavoriappena e poi chiudiamo l'acqua di raffreddamento.Dopo pochi minuti la macchina si ferma. Seapriamo di nuovo l'acqua di raffreddamento sirimette in funzione.

2. L'elemento Peltier

I moduli Peltier si possono acquistare nei negozi dielettronica. Al modulo viene allacciato un piccolomotore elettrico. Il modulo viene azionato peresempio tra un bicchiere con acqua fredda e uno conacqua calda. Un'altra possibilità: una parte del mo-dulo viene raffreddata con un blocco di metallofreddo, l'altra messa in contatto con un ferro da stiro.

3. La macchina a vapore

Vale la pena mostrare una comune macchina a va-pore giocattolo, visto che la maggior parte deglistudenti non ha mai visto una macchina a vapore infunzione. Con una macchina a vapore a condensato-re si potrebbe compiere un esperimento molto piùbello, purtroppo sono rare le scuole che ne possiedo-no una. Anche in questo caso chiudiamo l'acqua diraffreddamento. Si può vedere molto bene come lapressione nel condensatore aumenti fino a uguaglia-re la pressione nella caldaia. Naturalmente la mac-china si ferma. Riaprendo l'acqua di raffreddamentola macchina ricomincia a funzionare, e lo fa moltorapidamente.

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4. Il motore a scoppio

Usiamo un motore di motorino. Con un tubo condu-ciamo i gas di scarico fuori dalla finestra. Si appro-fitti dell'occasione per spiegare il funzionamentodelle varie parti di un motore a scoppio. (Si smontiper esempio la candela, lasciandola però collegatain modo da vedere la scintilla di accensione.)

C'è tutta una serie di giocattoli che funzionanosecondo il principio della macchina termica:

5. la barchetta a vapore

6. il motore a elastico

Una ruota con degli elastici al posto dei raggi vieneriscaldata su un lato con una lampada a incande-scenza. Sul lato caldo gli elastici si contraggono. Ilbaricentro della ruota si sfasa rispetto all'asse e laruota comincia a girare.

Paragrafo 11.6

Si misura la perdita di energia di diversi apparecchi.

1. Alimentatore, trasformatore

Ovviamente l'apparecchio deve essere caricato.Con il wattmetro misuriamo l'intensità della corren-te di energia all'entrata e all'uscita. Si può mostrareche la perdita dipende dal carico.

2. Cavo di prolunga

Con un wattmetro si misura la perdita di un cavo diprolunga molto lungo, p.es. 50 m. (La perdita è mol-to piccola.)

3. Dinamo

Si arrotola una corda sull'albero di una dinamo, o diun motore elettrico utilizzabile come dinamo.Appendiamo un peso alla corda. Lasciamo cadere ilpeso in modo che azioni l'albero della dinamo. Alladinamo è allacciato un consumatore di energia elet-trica. L'intensità della corrente di energia che vi af-fluisce viene determinata via forza e velocità, quelladella corrente che defluisce con un wattmetro.

4. Puleggia

Si appende una puleggia. Al gancio (che si muovelentamente) si aggancia un peso. Alla corda (che simuove rapidamente) si aggancia un dinamometro.Ora tiriamo l'altra estremità del dinamometro. Co-noscendo il rapporto della puleggia, possiamotrovare anche il rapporto tra le velocità. Via forza evelocità si determinano le intensità delle correnti dienergia. Una grossa puleggia da cantiere è partico-larmente adatta allo scopo.

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Paragrafo 11.7

Si determina la temperatura dell'acqua come fun-zione dell'entropia fornita con un riscaldatore a im-mersione. L'esperimento è attuabile senza problemise viene svolto a temperatura ambiente: la perdite dicalore sono trascurabili.

Si versano circa 5 l d'acqua in un secchio di plastica.Riscaldiamo l'acqua con il riscaldatore a immersio-ne tarato (vedi esperimento per il paragrafo 11.2). Simisura la temperatura e si determina il tempo neces-sario affinché la temperatura dell'acqua aumenti di2 K. Prendiamo l'intensità della corrente di entropiadalla tabella di taratura del riscaldatore a immersio-ne e calcoliamo per ogni intervallo di tempo la quan-tità di entropia fornita.

Dividiamo l'entropia trovata per la massa dell'acquae confrontiamo con il grafico nel testo per studenti.

Ripetiamo l'esperimento con un altro liquido, per e-sempio olio commestibile.

Paragrafo 11.8

Si determina la capacità termica specifica dell'ac-qua. Si riscalda con il riscaldatore a immersione, simisura l'intensità della corrente di energia con ilwattmetro e si misura la temperatura in funzione deltempo.

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12. Transizioni di faseParagrafo 12.1

1. Riscaldare acqua in una beuta con un beccoBunsen e misurare la temperatura. La temperaturanon sale oltre i 100 °C malgrado un ulteriore apportodi entropia. Durante l'ebollizione misurare anche latemperatura del vapore sopra l'acqua.

2. Si porta a ebollizione dell'acqua in una beuta esi conduce il vapore in un tubicino di vetro orizzon-tale. Riscaldiamo il tubicino con un secondo beccoBunsen e misuriamo la temperatura del vapore chene esce. Si raggiungono facilmente temperaturefino a 150 °C.

3. Misuriamo l'entropia di evaporazione specifica:con un riscaldatore a immersione facciamo evapo-rare una certa quantità d'acqua. Determiniamo lamassa dell'acqua evaporata pesando l'acqua liquidaall'inizio e alla fine dell'esperimento. L'entropia siottiene via corrente di entropia, tempo e tempera-tura (373 K).

4. Riscaldiamo acqua condensando del vapore efacciamo il bilancio dell'entropia: versiamo acqua acirca 80 °C in un vasetto da yogurt. In quest'acquaconduciamo del vapore, ottenuto per esempio gra-zie a una macchina per il caffè, fino a quando la tem-peratura raggiunge circa i 90 °C. Prima di usare ilvapore ne lasciamo uscire un po' per evitare chedurante l'esperimento ci sia ancora vapore che con-densa nel tubo. Misuriamo la temperatura dell'ac-qua all'inizio e alla fine dell'esperimento. Con la dif-ferenza di massa calcoliamo l'entropia ceduta dalvapore durante la condensazione. La confrontiamocon l'entropia calcolata a partire dall'aumento ditemperatura.

5. Mostrare la transizione di fase tra zolfo rombico emonoclino che avviene a 95 °C.

Paragrafo 12.2

Riempiamo un pallone a fondo sferico con acquacalda e togliamo l'aria rimasta con una pompa avuoto. Contemporaneamente misuriamo la tempe-ratura. L'acqua comincia a evaporare anche se latemperatura è inferiore a 100 °C.

Paragrafo 12.3

1. Preparare una miscela refrigerante: mescolaresale da cucina e ghiaccio sbriciolato in un rapporto1 : 3. Misurare la temperatura.

2. Mostrare il "freddo da evaporazione" dell'etere:imbevere d'etere un po' di ovatta e misurare latemperatura. Soffiando riusciamo ad abbassareulteriormente la temperatura.

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13. I gasParagrafo 13.1

1. Mostrare che l'aria che entra in un recipientevuoto occupa tutto lo spazio a disposizione, l'acquainvece no.

2. Un cilindro contiene aria. Vi si può spingere unpistone. Se invece il cilindro contiene acqua non siriesce a spingere il pistone. Se nel liquido è immersoun corpo solido succede la stessa cosa.

3. Dimostrare l'elevata espansione termica dell'a-ria, paragrafo 13.4 nel testo per studenti.

Paragrafo 13.2

1. Riscaldare l'aria contenuta in un recipiente alquale è allacciato un manometro.

2. In un cilindro chiuso è montato un sensore perla temperatura. Si comprime l'aria e si osserva l'au-mento della temperatura.

3. L'aumento di temperatura che osserviamo com-primendo un gas, non è molto consistente. Sarebbemolto più grande se il sensore e le pareti del cilindronon assorbissero così tanta entropia. Grazie a untrucco però, possiamo ottenere un aumento di tem-peratura abbastanza grande:

Inseriamo un sensore per la temperatura al foro d'u-scita di una pompa di bicicletta. Applichiamo unaguarnizione in modo che l'apertura non sia sigillatacompletamente. Se ora spingiamo rapidamente ilpistone nel cilindro, dapprima si riscalda l'aria.Molto in fretta però, l'aria cede entropia alle paretidel cilindro e al sensore per poi uscire. Diamo oraun'altra pompata. Ancora una volta l'aria cede en-tropia al sensore prima di defluire. L'esperimento sisvolge così: pompiamo rapidamente più volte diseguito. In questo modo si raggiungonotemperature superiori a 100 °C.

4. Una versione semplificata dell'esperimento pre-cedente che ogni studente può fare da solo: usiamola pompa tenendo il pollice sul foro d'uscita in modoche l'aria possa defluire solo alla fine di ogni pompa-ta, cioè quando è già molto compressa. Dopo alcunepompate l'aria è così calda da rendere la temperaturainsopportabile per il pollice.

Lo stesso effetto è responsabile del surriscaldamen-to della valvola quando si gonfia una ruota di bici-cletta.

Paragrafo 13.3

Se non è ancora stato fatto, presentare una macchinaa vapore e un motore a benzina. Per esempio esami-nando il motore dell'auto del docente: dove sono i

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tubi di entrata e uscita, carburatore, pompa dellabenzina, candele, bobina di accensione, spinteroge-no. Se possibile mostrare il bilancere che comandal'apertura delle valvole.

Paragrafo 13.5

Mostrare un modello di impianto di riscaldamentocentrale.

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14. La luceParagrafo 14.1

Un blocco di metallo di circa 2 kg viene riscaldatocon un becco Bunsen fino a circa 300 °C e in seguitoposato o appeso in una campana a vuoto, in modo daridurre al minimo le perdite di calore dovute a con-duzione (p. es. appoggiandolo su delle puntine dadisegno). Non si posa o appende l'oggetto al centroma vicino alla parete della campana. Si fa il vuoto.La parete nei pressi dell'oggetto diventa sensibil-mente più calda.

Paragrafo 14.2

1. Scomporre con un prisma la luce di una lampadaad arco. Alle estremità dello spettro visibile si intui-scono le radiazioni IR e UV.

2. Sperimentare con il telecomando di un televisore:si collima la radiazione emessa dall'apparecchio e sifa riflettere su una lastra metallica la radiazione IR.

3. Trasmettere su una lunga distanza la radiazioneIR emessa da un oggetto, con l'aiuto di due specchiparabolici: uno specchio per rendere parallela laradiazione emessa dall'oggetto, uno per concentrarela radiazione sul ricevitore. Come sorgente si puòusare un pezzo di metallo riscaldato con un beccoBunsen, come ricevitore la sonda del termometro.Si aggiusta il dispositivo con la luce visibile.

Paragrafo 14.5

Con un po' di nastro isolante fissiamo la sonda deltermometro a una lampadina il cui filamento sia ap-pena incandescente. Si aspetta che la temperaturanon cambi più. Poi si migliora il rivestimento termi-co avvolgendo la lampadina con uno straccio e siaspetta ancora. La temperatura aumenta.

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16. Elettricità e correnti elettricheParagrafo 16.1

1. Costruire semplici circuiti elettrici con differentisorgenti di energia (batteria, alimentatore, dinamo,cellula solare) e con differenti ricevitori di energia(lampadina, motore).

2. Esaminare vari oggetti per capire quali condu-cono la corrente elettrica e quali no.

3. Al fine di verificare se la sorgente di energiadeve innanzitutto riempire di elettricità i cavi elet-tricità, si allaccia una lampadina a una batteria conun cavo molto lungo. La lampadina si accende senzaritardo.

Paragrafo 16.2

Misurare l'intensità della corrente elettrica in unpunto qualsiasi di un circuito. Poi la si misura in altripunti dello stesso circuito. Infine misurarla con di-versi amperometri in serie.

Paragrafo 16.3

Verificare la regola dei nodi.

Paragrafo 16.4

1. Misurare la tensione elettrica tra i collegamentidi diverse batterie e alimentatori, una cellula solare,una dinamo e una presa.

2. Collegare un voltmetro a diversi punti di uncircuito.

3. Misurare la tensione con diversi voltmetri inparallelo.

4. Collegare un voltmetro a una batteria e misura-re l'intensità della corrente che lo attraversa.

Paragrafo 16.5

1. Mettere a terra una volta il polo positivo e unavolta il polo negativo di una batteria, misurando latensione tra la terra e l'altro polo.

2. Misurare la tensione tra la presa di terra dellacattedra e la conduttura dell'acqua.

3. Allacciare il polo di una batteria al collegamen-to di un alimentatore che si trovi a una tensione ab-bastanza elevata, poi misurare il potenziale (= latensione rispetto a terra) dell'altro polo della batte-ria.

Paragrafo 16.6

1. Allacciare in serie una lampadina e un motoreelettrico a un alimentatore regolabile e misurarel'intensità della corrente e la tensione. Regolare la

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tensione a un valore elevato. Frenare il motore e mo-strare che l'intensità della corrente non dipende solodalla tensione ma anche dal carico al quale è sotto-posto il motore.

2. Collegare l'una dopo l'altra due lampadine di-verse a un alimentatore, facendo in modo che la ten-sione sia la stessa in entrambi i casi.

Paragrafo 16.7

Verificare con delle misurazioni le soluzioni di al-cuni degli esercizi proposti. In particolare, mostrareche quando si interrompe il circuito il potenziale delcollegamento a destra della lampadina in fig. 16.40sale da 0 V allo stesso valore dell'altro collega-mento.

Paragrafo 16.8

Determinare la curva caratteristica I-U per

- una lampadina;

- un diodo;

- un motore elettrico (con diversi carichi);

- un filo molto lungo e sottile;

- un resistore;

- più resistori allacciati in serie e in parallelo.

Paragrafo 16.10

1. Costruire la sorgente di tensione alternata infig. 16.57 del testo per studenti. Misurare il poten-ziale del conduttore superiore (= tensione rispetto aterra) alternando la posizione dell'interruttore e u-sando un voltmetro con lo zero al centro della scala.

2. Rappresentare il potenziale dei poli di una pre-sa in funzione del tempo con l'aiuto di un oscillosco-pio.

3. Rappresentare graficamente una funzione sinu-soidale. Per ricavare i valori si usi una normale cal-colatrice.

4. Esperimenti con un generatore sinusoidale:

È necessario usare un generatore sinusoidale chefornisca una corrente elettrica intensa e la cui fre-quenza possa essere ridotta fino a valori molto bassi(~ 1 Hz).

Allacciare una lampadina e aumentare progressiva-mente la frequenza, partendo da 1 Hz.

Alimentare una lampadina con una frequenza supe-riore ai 20 Hz e un'altra, identica, con una sorgente atensione costante. Regolare il valore della tensionein modo che le lampadine brillino con la stessa in-tensità. Confrontare la tensione della seconda sor-gente con il valore massimo di quella del generatoresinusoidale.

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5. Misurare tensioni alternate con un voltmetro atensione alternata. Misurare il potenziale di entram-bi i poli di una presa (tensione rispetto a terra).

Paragrafo 16.11

1. Misurare l'intensità della corrente elettrica chefluisce attraverso una persona (a tensione moltobassa). Analizzare l'intensità della corrente quandoil contatto con le mani è più o meno buono. Analiz-zare l'influsso dell'umidità.

2. Esaminare una prolunga: i collegamenti di terradi spina e presa sono allacciati.

Esaminare il collegamento tra la messa a terra e il te-laio di un apparecchio elettrico.

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17. Elettricità ed energiaParagrafo 17.1

1. Costruire il circuito in fig. 17.1 del testo perstudenti.

2. Misurare alcune intensità di corrente di energiacon un wattmetro.

3. Misurare delle quantità di energia con un "con-tatore di corrente".

4. Leggere i valori in volt e in watt stampati suvari apparecchi elettrici.

Paragrafo 17.2

Una lampadina da 6 V - 30 W viene allacciata a uncavo molto lungo. Il cavo sia sufficientemente lun-go e sottile da causare un calo di tensione misurabi-le.

Inserire un amperometro e un voltmetro, ma inizial-mente solo ai capi della lampadina. Regolare il valo-re della tensione dell'alimentatore in modo che latensione della lampadina sia quella ideale per il suofunzionamento. Solo a quel punto leggere il valoredi tensione dell'alimentatore.

Misurare anche la tensione ai capi di uno o di en-trambi i conduttori.

Togliere la lampadina dal portalampada. La tensio-ne alla fine del cavo sale al valore indicato dall'ali-mentatore. La tensione tra i capi del conduttorescende a zero. (Non fluisce nessuna corrente, quindinon c'è nessuna spinta.)

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18. Il campo magneticoParagrafo 18.1

1. Dimostrare l'attrazione e la repulsione tra polimagnetici.

2. Sperimentare con un magnete permanente e deipezzi di ferro dolce, per esempio dei chiodi.

3. Riscaldare un magnete di ceramica alla fiammadi un becco Bunsen. Il magnete perde la sua magne-tizzazione.

4. Magnetizzare un ferro da calza.

Paragrafo 18.2

Per alcuni degli esperimenti descritti si tenga pre-sente che alcuni magneti "a ferro di cavallo" reperi-bili in commercio non sono composti interamenteda materiali magnetici duri. Quindi, in questi ma-gneti i poli si possono spostare liberamente.

1. Figg. 18.6 e 18.7 del testo per studenti. Vistoche le cariche magnetiche dei magneti non sonoesattamente uguali e che i poli possono non essereesattamente sulle superfici terminali del magnete, èprobabile che le cariche magnetiche non si annulli-no completamente. Di conseguenza usiamo un pez-zo di ferro abbastanza pesante, come il nucleo di untrasformatore. Oggetti più leggeri potrebbe essereattratti anche dai magneti uniti.

2. Esaminare la distribuzione dei poli in magnetipiù complessi, per esempio magneti con più di duepoli.

Paragrafo 18.3

Rompere un ferro da calza magnetizzato per mo-strare che si formano dei nuovi poli. Allineare deimagneti a sbarra per mostrare che i poli magneticiscompaiono.

Paragrafo 18.4

1. Dimostrare con diversi esperimenti che per tra-sferire quantità di moto da un corpo all'altro ci vuoleun collegamento. (Vedi testo per studenti.)

2. Trasmettere quantità di moto da un carrello (oda una slitta) a un altro attraverso il campo magneti-co. Per farlo, sui carrelli vengono montati dei ma-gneti permanenti.

3. Un esperimento semplice ma suggestivo: aglistudenti viene chiesto di avvicinare il più possibile ipoli omonimi di due magneti molto intensi. Si per-cepisce chiaramente che tra i magneti c'é qualcosa.

Paragrafo 18.5

1. Mostrare la distribuzione delle direzioni di uncampo magnetico con l'aiuto di un ago di bussola.

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2. Rendere visibile la distribuzione del campo ma-gnetico servendosi di limatura di ferro.

Paragrafo 18.6

1. Collegare i poli di un magnete a ferro di caval-lo con una sbarra di ferro dolce. L' "anello" risultan-te non attira più dei chiodi (pesanti).

Paragrafo 18.7

1. Mostrare che il campo magnetico penetra incerte sostanze e non in altre, per esempio con il dis-positivo descritto nel testo per studenti.

2. Avvicinare dei pezzi di ferro dolce a un ma-gnete intenso e analizzare la distribuzione dei polinel ferro dolce, per esempio verificando quali puntidel ferro dolce attirano dei chiodi (v. testo per stu-denti, figg. 18.26 e 18.27).

Paragrafo 18.9

1. Due fili appesi molto vicini l'uno all'altro e at-traversati da una corrente elettrica si attirano o si re-spingono a dipendenza della direzione delle corren-ti. Per ottenere delle correnti intense si utilizzi comesorgente una batteria d'automobile.

2. Esaminare la distribuzione delle direzioni delcampo magnetico nelle vicinanze di un filo attraver-sato da una corrente elettrica.

3. Mostrare che avvolgendo un filo per formareuna bobina si può ottenere un campo magnetico piùdenso senza variare l'intensità della corrente.

4. Analizzare il campo di una bobina cilindricacon l'aiuto di limatura di ferro o di un ago di bussola.

Paragrafo 18.10

1. Figg. 18.36 e 18.37 del testo per studenti e iltesto corrispondente.

2. Mostrare che invertendo la direzione della cor-rente in un elettromagnete, i poli nel nucleo di ferrosi invertono.

3. Mostrare l'interazione tra

- un elettromagnete e un magnete permanente(vedi fig. 18.40);

- un elettromagnete e un pezzo di ferro dolce (ve-di fig. 18.41);

- due elettromagneti (vedi fig. 18.42),

4. Mostrare dei modelli, eventualmente autoco-struiti, di diversi apparecchi contenenti elettroma-gneti, come un campanello elettrico, un amperome-tro o una serratura automatica di sicurezza.

5. Costruire un circuito con un relais.

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Paragrafo 18.11

1. Costruire un modello del motore elettrico "ma-nuale" descritto nel testo per studenti. Se ne possonofare diverse versioni, per esempio con tre bobineche possono essere accese o spente l'una dopo l'al-tra.

2. Mostrare il modello di motore elettrico in dota-zione.

Paragrafo 18.12

Appendere un magnete a sbarra in modo che sia li-bero di ruotare. Si orienta in direzione nord-sud.

Paragrafo 18.13

1. Un voltmetro viene collegato a una bobina. In-serire un magnete nella bobina e poi estrarlo. Corto-circuitare la bobina con un amperometro e ripeterel'esperimento.

2. Ripetere l'esperimento con bobine dal diversonumero di avvolgimenti e con magneti di intensitàdiversa.

3. Invece di un voltmetro collegare un oscillosco-pio e muovere il magnete molto in fretta.

4. Invece di muovere il magnete permanente, ac-cendere e spegnere l'elettromagnete.

5. Muovere la bobina di induzione su un nucleodi ferro. Aggiungere dei pezzi di ferro dolce alle e-stremità del nucleo di ferro in modo da formare una"U". La "U" può essere prolungata aggiungendo suogni lato altri pezzi di ferro dolce. Così facendo l'e-sperimento ha un effetto ancora maggiore. Si spostail magnete permanente tra le due estremità prolun-gate del nucleo di ferro dolce. Viene indotta una ten-sione anche se il campo del magnete permanentenon si estende fino alla bobina.

Paragrafo 18.14

1. Utilizzare il modello autocostruito di motoreelettrico come generatore.

2. Mostrare il modello di generatore in dotazione.

Paragrafo 18.15

1. Vedi fig. 18.55 e il testo corrispondente.

2. Dimostrare la validità della relazione

U1/U2 = n1/n2.

3. Servendosi di un buon trasformatore mostrareche, con buona approssimazione, vale

U1I1 = U2I2

Lo si faccia con il trasformatore sottoposto a un cari-co medio.

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Paragrafo 18.16

Vedi fig. 18.58 e il testo corrispondente.

Paragrafo 18.17

1. Rilasciare un superconduttore sopra un campomagnetico con un incavo. Il superconduttore restasospeso.

2. Mettere il "superconduttore" sopra il magnetequando è ancora un conduttore normale e solo in se-guito raffreddarlo. Si solleverà da solo.

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19. ElettrostaticaParagrafo 19.2

Dimostrazione del moto degli ioni che trasportanola corrente elettrica. Si osserva che il confine tra gliioni di permanganato (viola) e gli ioni di nitrato (in-colore) si sposta.

Paragrafo 19.3

Tentare di accumulare carica elettrica in un cavo.Dapprima semplicemente allacciando il cavo a uncollegamento di una batteria o di un comune ali-mentatore a bassa tensione mentre l'altro collega-mento della batteria o dell'alimentatore è messo aterra. Tentiamo di evidenziare la presenza della ca-rica con una lampadina. Poi si aumenta la tensione,si migliora l'isolamento e si usa uno strumento piùsensibile - una lampadina fluorescente - fino a rile-vare un leggero accumulo di carica.

Paragrafo 19.4

Compiere i noti esperimenti di attrazione e repulsio-ne di corpi elettricamente carichi e dell'influenza.

Paragrafo 19.5

1. Esperimento con il condensatore descritto neltesto per studenti: mostrare che la capacità aumentaal diminuire della distanza tra le piastre.

2. Smontare un condensatore a carta metallizzata.

Paragrafo 19.6

1. Compiere diversi esperimenti con un condensa-tore di capacità molto elevata. La capacità minimadovrebbe essere di 10 millifarad, meglio ancora se100 millifarad o 1 farad. Caricare il condensatorecon un alimentatore e scaricarlo attraverso una lam-padina. Collegare il condensatore a un motore chepossa lavorare anche come dinamo. (Il motore do-vrebbe avere un buon rendimento (80%). Il motori-no di un videoregistratore è particolarmente adattoallo scopo.) Ruotare manualmente l'asse del motorein una certa direzione e lasciarlo andare. Continua agirare nella stessa direzione. Se lo si ferma per un i-stante si rimette subito in moto.

2. Registrare la tensione tra le piastre di un con-densatore in funzione del tempo con una corrente dicarica costante.

La capacità del condensatore dovrebbe essere di al-meno 10 millifarad.

Usare un alimentatore che possa lavorare alternati-vamente a tensione o a corrente costante. Regolarela tensione al valore massimo voluto e la corrente alvalore desiderato. Durante la fase di carica misuraresia la tensione che la corrente (costante).

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Se non si ha a disposizione un alimentatore a corren-te stabilizzata, ci si serva di un normale alimentatorea tensione continua. Regolare la tensione a un valoreben al di sopra di quella che si vuole ottenere per ilcondensatore e inserire nel circuito una resistenza divalore elevato, come nella figura. Spegnere la sor-gente di tensione appena il condensatore si trova al-la tensione desiderata. Anche in questo caso si ottie-ne una corrente pressoché costante.

Dall'intensità della corrente e dal tempo di carica sicalcola la carica sulle piastre alla fine del processodi carica, da tensione e carica si calcola la capacità.

Paragrafo 19.7

1. Esperimenti con il tubo catodico in dotazione.Mostrare come il raggio può essere deviato elettri-camente e magneticamente.

2. Esaminare la struttura dello schermo di un tele-visore a colori.

Fig. 19.1. La resistenza fa in modo che la corrente sia costante

200V

2 mA

100 kΩ

40 mFalimentatore

A

V

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20. La tecnica dei datiParagrafo 20.1

1. Costruire diversi dispositivi di trasporto daticon amplificatore:

microfono - amplificatore - altoparlante

circuito con relais (fig. 20.7 nel testo per studenti)

amplificatore ottico (fig. 20.9)

2. Mostrare che la quantità di energia che rag-giunge il ricevitore dipende fortemente dal fatto cheil portatore di dati venga immesso in un conduttorepiuttosto che emesso in tutte le direzioni. L'esperi-mento si può fare con la luce e con il suono.

Luce: come segno si usa solo "chiaro" o "scuro". Latrasmissione di luce attraverso un canale ben deli-mitato si può realizzare con una fibra ottica o colli-mando il fascio di luce mediante lenti o uno spec-chio concavo.

Suono: la sorgente è una persona che parla. Dappri-ma la persona parla normalmente, poi usando un tu-bo alla cui altra estremità si trova il ricevitore, cioèl'orecchio di un'altra persona.

Paragrafo 20.2

1. Mostrare un computer, diversi dispositivi di in-put, output e memorie esterne.

2. Costruire un semplice circuito con un transistora effetto di campo: il transistor serve ad accendere ospegnere una lampadina oppure un motore.

3. Mostrare alcuni chips, anche smontati.

4. Gli studenti lavorano con alcuni programmi:giochi elettronici, elaboratori di testo, programmi digrafica o musica...

5. Far eseguire al computer dei semplici program-mi (in BASIC o utilizzando le possibilità di pro-grammazione di applicazioni come Excel)

6. Gli studenti scrivono ed eseguono dei sempliciprogrammi.

7. Su un tavolo vengono allineati da quindici aventi oggetti che tutti conoscono, coperti con un te-lo. Si toglie il telo per 1 secondo in modo che unapersona li possa vedere. Quanti ne saprà elencare?L'esperimento può essere fatto con tutti gli studenti:si preparano gli oggetti in laboratorio e, a turno, ognistudente entra, vede gli oggetti e scrive quelli che ri-corda. In seguito si confronta. Di solito sono in gra-do di citarne fino a otto.

Paragrafo 20.3

Fare e discutere i seguenti giochi:- indovinare un numero con delle domande sì/no;- indovinare una parola con delle domante sì/no

(vedi esercizio 3);- Master Mind.

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21. La luceParagrafo 21.1

Mostrare diverse sorgenti di luce, compreso il laser.

Paragrafo 21.2

1. Misurazione della velocità della luce.

2. Mostrare che un raggio laser è rettilineo cospar-gendo di polvere di gesso il suo percorso.

3. Mostrare che un raggio laser non si può vedere.

4. Mostrare che due raggi di luce intersecandosinon si influenzano.

5. Scomporre un raggio di luce bianca usando unprisma.

6. Dimostrare la presenza di luce infrarossa e ul-travioletta alle estremità dello spettro visibile.

Paragrafo 21.3

1. L'aula viene oscurata. Usare una sorgente lumi-nosa che produce un intenso raggio di luce bianca.Coprire la sorgente affinché esca solamente un fa-scio di luce. Orientare il fascio perpendicolarmentea

- una parete bianca;

- uno specchio;

- una lastra di vetro;

- una lastra opaca.

Di volta in volta si osserva: 1. il punto di impatto delraggio primario, 2. l'illuminazione dell'aula causatadalla luce riflessa.

2. Variare l'angolo di incidenza della luce.

3. Inserire delle lastre colorate sul percorso dellaluce bianca, anche più di una. Studiare la luce che at-traversa le lastre e la luce riflessa con un filtro inter-ferenziale.

4. Osservare le superfici più disparate in condi-zioni di illuminazione naturale e discutere cosa suc-cede alla luce; superfici che si differenziano perbrillantezza, colore e trasparenza.

Paragrafo 21.4

Per analizzare la distribuzione della luce in corris-pondenza del volume di spazio V, è sufficienteguardare in tutte le direzioni attraverso un piccolotubo di cartone a partire da V. (Attenzione! Questometodo non va mai usato con la luce laser.) La gran-dezza osservata (qualitativamente) è la densità diradiazione.

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Paragrafo 21.5

Eseguire i noti esperimenti sulla legge di riflessio-ne.

Paragrafo 21.6

Eseguire i noti esperimenti sulla riflessione di unospecchio piano.

Paragrafo 21.7

1. Oscurare l'aula e accendere la lavagna lumino-sa. Interporre uno specchietto nel raggio di luce del-la lavagna luminosa e dirigerlo verso la parete difondo dell'aula. Usare altri specchietti e concentrarenello stesso punto sulla parete i rispettivi raggi di lu-ce. Gli specchietti vanno orientati individualmente.Con la mano non si riesce a tenerli abbastanza fermi.

2. Concentrare i raggi paralleli di luce solare conuno specchio parabolico più grande possibile.

3. Oscurare l'aula. Nel punto focale di uno spec-chio parabolico si mette una candela. Dirigere il fa-scio di luce parallela verso l'angolo opposto dell'au-la. Tenendolo nella zona illuminata è possibile leg-gere un libro.

4. Mostrare che la luce diurna diffusa non si puòconcentrare quando il cielo è coperto.

Paragrafi 21.8-21.10

Eseguire i noti esperimenti di rifrazione, riflessionetotale e con il prisma.

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22. La formazione di immaginiParagrafo 22.1

Mostrare alcuni immagini l'una accanto all'altra: unposter, un'immagine proiettata, un'immagine sulloschermo di un televisore e un ologramma.

Paragrafo 22.2

1. Gli studenti costruiscono una camera oscura.

2. L'aula viene trasformata in una camera oscura.

Paragrafi 22.4 e 22.5

Aprire due fori in una camera oscura in modo tale daottenere due immagini parzialmente sovrapposte.Con l'aiuto di un prisma far coincidere le immagini.Mostrare che le immagini coincidono solo se loschermo si trova a una distanza ben precisa.

Usare un unico grande foro (almeno 10 cm di dia-metro) e una lente con una grande lunghezza focale.Ora l'immagine è contemporaneamente luminosa ea fuoco. Mostrare che l'immagine è a fuoco soloquando lo schermo si trova a una distanza ben preci-sa.

Paragrafo 22.6

1. Mostrare che a ogni distanza a dell'oggetto cor-risponde una certa distanza b dell'immagine e cheb diminuisce all'aumentare di a.

2. Mostrare che b tende ad assumere un valoreminimo quando a diventa molto grande e che bdiventa molto grande quando a si avvicina a un de-terminato punto davanti alla lente.

3. Mostrare che con una lente si può rendere pa-rallela la luce di una sorgente puntiforme e che sipuò concentrare in un punto la luce parallela. Si puòcompiere il seguente esperimento: usando una lentedi Fresnel abbastanza grande (quella della lavagnaluminosa può essere smontata facilmente) nell'aulaoscurata si produce un fascio di luce parallela a par-tire da una candela. Il fascio può essere spedito at-traverso l'aula e vi si può leggere il giornale.

Paragrafo 22.7

Studiare qualitativamente la relazione tra la curva-tura della superficie di una lente e la sua lunghezzafocale.

Paragrafo 22.8

Eseguire i noti esperimenti sulla composizione del-le lenti.

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Paragrafo 22.9

Mostrare la relazione tra il diametro della lente e laprofondità di campo.

Paragrafo 22.10

Confrontare l'immagine ottenuta con una delle lentiin dotazione e quella ottenuta con l'obiettivo di unamacchina fotografica.

Paragrafo 22.11

1. Mostrare le varie funzioni di una macchina fo-tografica.

2. Mostrare la differenza tra l'immagine ottenutacon un teleobiettivo e con un grandangolare.

Paragrafi 22.12 - 22.18

Presentare i vari apparecchi ottici discussi, aprirli,per quanto possibile, e costruire dei modelli con ilmateriale in dotazione.

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23. I coloriParagrafo 23.1

1. Raccogliere oggetti dai colori più disparati: peresempio campioni di pittura o di carta colorata, go-mitoli di lana, pennarelli. Lasciare che siano gli stu-denti a metterli in ordine. Solitamente il primo ten-tativo fallisce in quanto gli studenti tendono a orga-nizzarli in modo unidimensionale.

Scegliere solo i colori saturi. Ora è possibile ordi-narli in modo unidimensionale.

Poi scegliere i colori di diversa luminosità e satura-zione ma della stessa tonalità. Già per ordinare que-sti colori servono due dimensioni.

2. Con l'aiuto di un computer rappresentare diver-se sezioni dello spazio cromatico. Normalmente ilcomputer dovrebbe avere il cerchio cromatico comeROM.

Paragrafo 23.2

1. Illustrare i concetti di tonalità cromatica, satu-razione e luminosità con l'aiuto del miscelatore dicolori in dotazione.

2. Generare luce bianca mescolando colori in varimodi:

- rosso + gialloverde + blu

- porpora + turchese + arancione

- rosso + turchese

- gialloverde + porpora

- arancione + blu

Paragrafo 23.3

1. Mescolare colori con l'aiuto di un disco di New-ton o un dispositivo simile.

2. Mostrare in classe lo schermo di un televisoreo di un computer, osservando i pixels con l'aiuto diuna lente.

Paragrafi 23.5 e 23.6

Purtroppo uno spettrometro è così costoso che dif-ficilmente una scuola se lo può permettere. Scom-porre la luce con un prisma ha il vantaggio di evi-denziare un fenomeno molto interessante. La rap-presentazione dello spettro come banda colorata èperò anche causa di equivoci, per via della nostra ca-pacità di vedere a colori. Infatti non vediamo solouna scomposizione a ventaglio della luce - la distri-buzione della quantità di luce in funzione dell'ango-lo di deviazione contiene già tutta l'informazionesullo spettro -, ma vediamo anche che questo "ven-taglio" è colorato. Una rappresentazione graficadella densità della corrente di energia in funzione

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24. Trasformazioni di sostanze e po-tenziale chimicoParagrafo 24.1

1. Pesare una mole di diverse sostanze e disporlel'una accanto all'altra. Nel senso della chimica lequantità sono uguali.

2. Pesare 1/4 di mole di ferro e di zolfo e mescolarlein un mortaio. Versare in una provetta e riscaldarecon un becco Bunsen. Togliere il becco Bunsen ap-pena il miscuglio comincia ad ardere. Attenzione:indossare gli occhiali protezione! Analizzare i rea-genti e i prodotti della reazione (per esempio le pro-prietà magnetiche).

Paragrafo 24.2

Porre un piccolo bruciatore ad alcol su una bilanciae determinare la diminuzione di massa in funzionedel tempo. Ricavarne la velocità di trasformazionedella combustione.

Paragrafo 24.3

1. La reazione

Cu + ZnO ↔ Zn + CuO

si svolge spontaneamente verso destra o verso sini-stra? Prima proviamo a far reagire Cu e ZnO, poi Zne CuO. Solo nel secondo caso avviene una reazione.Quindi il potenziale chimico delle sostanze dellaparte destra è maggiore di quello delle sostanze del-la parte sinistra. (vedi sotto, paragrafo 24.4, espe-rimento 3 (b)).

2. Far reagire acqua e carburo di calcio in etino eidrossido di calcio. Usare una fiamma per dimostra-re la presenza di etino (forte produzione di fuliggi-ne)

Paragrafo 24.4

1. Soffiare in successione polvere di rame, di fer-ro e di magnesio sulla fiamma del becco Bunsen. Ilmagnesio ha la reazione più intensa, seguito dal fer-ro e dal rame. La sequenza rispecchia le tensionichimiche.

2. Sciogliere magnesio, zinco e rame (non polve-rizzati) nell'acido cloridrico. La produzione didiidrogeno è molto intensa con il magnesio, moltomeno con lo zinco e impercettibile con il rame. Lasequenza rispecchia le tensioni chimiche.

3. Ridurre CuO con ferro, zinco e magnesio:

(a) miscelare 1,6 g di polvere di ossido di rame (ne-ra) e 0,8 g di polvere di ferro (grigia). Riscaldare inuna provetta fino all'incandescenza, poi togliere im-mediatamente dalla fiamma. (Indossare gli occhialiprotezione!)

della lunghezza d'onda, così come viene fornita daun moderno spettrometro, in questo caso è molto piùchiara.

Con i mezzi a nostra disposizione studiamo la com-posizione spettrale della luce di diverse sorgenti:Sole, lampadina a incandescenza, lampada spettra-le, lampadine con diversi filtri colorati.

Constatiamo che mescolanze di luci di diversa com-posizione spettrale possono essere all'origine dellastessa impressione cromatica. Ovviamente ciò èparticolarmente evidente per la luce bianca.

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(b) miscelare 2 g di polvere di ossido di rame e 1,6 gdi polvere di zinco, riscaldare in una provetta finoall'incandescenza. (Indossare gli occhiali protezio-ne!)

(c) miscelare una punta di spatola di polvere di ossi-do di rame con una di polvere di magnesio, metterela miscela in un piattino di porcellana e accenderecon la fiamma del becco Bunsen. (Indossare occhia-li e guanti di protezione!)

La riduzione di CuO con magnesio è la più violenta,seguono nell'ordine lo zinco e il ferro. La sequenzarispecchia le tensioni chimiche.

Paragrafo 24.5

1. Reazioni con una piccola resistenza di reazionesono:

(a) Se non ancora mostrata: produzione di etino dacarburo di calcio e acqua (vedi sopra, paragrafo24.3, esperimento 2).

(b) NH3 + HCl → NH4Cl

Avvicinare molto i colli delle bottiglie aperte conte-nenti acqua ammoniacale e acido cloridrico concen-trato. Si forma un fumo bianco di cloruro d'ammo-nio.

(c) 2Na + 2H2O → 2Na+ + 2OH- + H2

Riempire per metà una bacinella di vetro con acquae gettarvi con una pinzetta un pezzetto di sodio ta-gliato di fresco, non più grande di un pisello. Per evi-tare che il sodio si appiccichi alla parete del reci-piente, aggiungere all'acqua un po' di detersivo. In-dossare occhiali e guanti di protezione!

2. Ridurre la resistenza di reazione mescolando erimestando.

(a) Ba(OH)2 · 8H2O + 2NH4NO3

→ 2NH3 + 10H2O + Ba(NO3)2

La reazione non si avvia fino a che si è rimestato perbene. Si capisce che la reazione sta avvenendo

- dall'odore

- dal fatto che la miscela diventa liquida

- dal raffreddamento.

(b) Gettare dei pezzetti di KOH in acqua. Restano i-nerti sul fondo. Rimestando però si sciolgono infretta.

3. Ridurre la resistenza di reazione riscaldando.Molte reazioni possono essere usate come esempio,per esempio:

Mescolare 1,6 g di polvere di rame e 0,8 g di polveredi zolfo, mettere la miscela in un piattino di porcel-lana e accenderla con un filo incandescente. La rea-zione è molto violenta. Indossare occhiali e guantidi protezione!

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4. Ridurre la resistenza di reazione con un cataliz-zatore.

2H2O2 → 2H2O + O2

Versare in una provetta una soluzione di perossidodi idrogeno (perossido di idrogeno diluito con ac-qua) e aggiungere un po' di spugna di platino. Attor-no alla spugna di platino si forma immediatamentedel gas. Dimostrare con la prova del filo incande-scente che si tratta di diossigeno. Appena si toglie laspugna di platino dalla soluzione, la reazione si in-terrompe. Non si nota nessun cambiamento dellaspugna di platino.

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25. Quantità di sostanza ed energiaParagrafo 25.1

Mostrare l'elettrolisi. Esistono varie possibilità perfarlo. In ogni caso si elettrolizzi l'acqua.

Paragrafo 25.2

1. Un accumulatore a piombo viene caricato, sca-ricato, caricato, ecc. in rapida sequenza.

2. Mostrare altre celle elettrochimiche.

3. Mostrare una cella combustibile idrogeno-ossi-geno.

26. Bilancio termico delle reazioniParagrafo 26.1

1. Mostrare delle reazioni esotermiche, tra le altreuna reazione di soluzione, per esempio KOH in ac-qua. Misurare la temperatura.

2. Mostrare delle reazioni endotermiche. Un buonesempio è

Ba(OH)2 · 8H2O + 2NH4NO3

→ 2NH3 + 10H20 + Ba(NO3)2

Mostrare anche una reazione di soluzione endoter-mica, per esempio KNO3 in acqua. Misurare la tem-peratura.

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28. OndeParagrafi 28.1 - 28.3

1. Una corda lunga 10 - 20 m viene stesa sul pavi-mento. Si solleva leggermente una delle estremità ela si muove su e giù una sola volta. Non c'è onda. Poisi ripere il movimento ma molto in fretta. Dallasorgente parte un'onda.

2. Una molla d'acciaio lunga circa 5 m viene stesasul pavimento. Un'estremità viene fissata a qualco-sa, l'altra mossa lentamente avanti e indietro (nelladirezione della molla). Non c'è onda. Poi si ripete ilmovimento ma molto in fretta. Dalla sorgente parteun'onda. Per evidenziare il moto dell'onda si fissanoin alcuni punti della molla dei pezzetti di cartone.Appena l'onda transita da uno di questi punti, il car-tone si muove avanti e indietro.

La molla viene appoggiata sul pavimento in modoche l'attrito sia grande abbastanza da impedireall'onda riflessa di disturbare l'osservazione. È pos-sibile che si debba smorzare ulteriormente il movi-mento dell'estremità, per esempio con una spugna.

Se la molla fosse appesa, si vedrebbe l'onda che lapercorre avanti e indietro per diverse volte.

3. Un pezzo di grondaia lungo circa 2 m vienechiuso su entrambi i lati e riempito d'acqua. Persmorzare l'onda, in una delle estremità viene im-merso uno straccio. All'altra estremità si immerge,dapprima lentamente poi più in fretta, un corpo diforma cilindrica (in modo che si addatti alla formadella grondaia).

Paragrafo 28.4

1. Mostrare varie oscillazioni meccaniche, anchenon armoniche. Un metodo semplice per realizzareun'oscillazione non armonica consiste nel montaredue molle sulle estremità di una slitta che poi vienefatta scivolare su un binario a cuscino d'aria.

2. Misurare la durata dell'oscillazione armonica diun pendolo o di quella non armonica di una slitta conle molle su un binario a cuscino d'aria.

Paragrafo 28.5

1. Generare un'onda armonica con i mezzi a dispo-sizione. Una possibilità: posare la molla lunga sulpavimento, fissarne un'estremità, montare l'altraestremità sull'eccentrico di un trapano. Accendendoil trapano si crea un movimento in avanti e indietro.Per evitare il formarsi di un'onda stazionaria l'altraestremità deve essere smorzata.

2. Discutere la cinematica dell'onda sinusoidalegrazie al modello di proiezione (filo a spirale cheruota).

Paragrafo 28.6

1. Spiegare con il modello di proiezione comel'onda avanza di una lunghezza d'onda per ogniperiodo dell'oscillazione.

Paragrafo 28.7

1. Collegare un altoparlante con la membrana visi-bile a un generatore di tensione continua. Si vedeche aprendo e chiudendo l'interruttore la membranasi muove. Inoltre, ogni volta si sente un clic.

2. Compiere l'esperimento con il campanello e lacampana di vetro.

3. Allacciare un altoparlante a un generatore difunzione di potenza non troppo bassa. Regolare ilgeneratore di funzione su "tensione rettangolare".Cominciare con una frequenza molto bassa. Si per-cepisce una serie di clic. Aumentare la frequenza. Apartire da 20 Hz circa, i singoli clic nono sono piùdistinguibili e si sente un suono continuo. L'altezzadel suono aumenta se si aumenta la frequenza.

Regolare il generatore di funzione su "tensionesinusoidale". Si sente un suono sinusoidale puro.

4. Allacciare un microfono a un oscilloscopio. Os-servare l'andamento nel tempo dell'oscillazionesonora di diversi suoni e rumori. Esaminare in par-ticolare la voce umana e il suono di diversi strumentimusicali.

5. Misurare la velocità del suono con una misura-zione spazio-tempo.

Paragrafo 28.8

Emissione e ricezione di onde elettromagnetiche:

Generare una scintilla di scarica con un generatore asfregamento. I tempi di carica e scarica della corren-te elettrica lungo il percorso della scintilla sonomolto brevi. (Le scintille generate a bassa tensione,per esempio caricando e poi cortocircuitando uncondensatore di 80 µF a 300 V, sono molto spettaco-lari ma non adatte allo scopo, in quanto i tempi dellevariazioni di corrente sono troppo lunghi.)

All'altra estremità dell'aula si mette un'oscillosco-pio molto sensibile la cui entrata è collegata allapresa di terra mediante un pezzo di cavo elettrico. Ilcavo funge da bobina di ricezione.

Ogni volta che si produce una scintilla, sullo scher-mo dell'oscilloscopio si osserva un segnale.

Come ricevitore si può usare anche un apparecchioradio sintonizzato sulle onde corte, medie o lunghe.L'arrivo dell'onda si manifesta con un clic. (Con laricezione in FM, cioè in modulazione di frequenza,un segnale di grande ampiezza non produce unsegnale udibile.)

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Paragrafo 28.9

1. Generare due onde in direzioni opposte in unacorda posata sul pavimento. La deviazione dellacorda è in direzione parallela al pavimento e perpen-dicolare alla direzione della corda. Effettuare l'es-perimento con impulsi sullo stesso lato della corda esu lati opposti. Le onde si attraversano.

Il forte attrito tra corda è pavimento è necessario af-finché l'esperimento non sia perturbato dalla pre-senza di onde riflesse.

2. Muovere periodicamente entrambe le estremitàdella corda in direzione perpendicolare a quella del-la corda. Da ogni estremità parte un'onda periodicasmorzata. Nella zona centrale si riconosce un'ondastazionaria.

3. Un'estremità della corda viene fissata, l'altramossa periodicamente. L'onda prodotta viene ri-flessa all'estremità fissa. Nei dintorni della zona diriflessione si riconosce un'onda stazionaria.

4. I processi descritti nei punti 1., 2. e 3. si possonnosimulare bene con un computer. Il vantaggio del-l'osservazione sullo schermo è la possibilità di os-servarli al rallentatore.

5. Collegare un altoparlante a un generatore difunzione che fornisce una tensione sinusoidale. Po-sizionare l'altoparlante di fronte a una parete. Muo-vere un microfono collegato a un oscilloscopio nel-la zona tra l'altoparlante e la parete. Si riconoscono ipunti dove le onde sonore incidente e riflessa si am-plificano e dove si smorzano.

6. Mostrare l'annullamento prodotto dalla riflessio-ne di onde elettromagnetiche decimetriche.

7. Fissare un'estremità della corda alla parete ereggere in mano l'altra estremità. La corda non toccail pavimento. Muovendo periodicamente su e giùl'estremità, si generano le oscillazioni proprie dellacorda: cominciare dall'oscillazione fondamentale epoi passare alle armoniche.

8. Generare le oscillazioni proprie in una cordaelastica grazie a un motore elettrico con eccentrico.Osservarle con uno stroboscopio.

9. Spiegare l'interferenza di onde piane su un proiet-tore. Spiegare in particolare come le zone di annul-lamento sono più lontane tra loro quando l'angolotra le direzioni di propagazione è molto piccolo.

10. Mostrare l'interferenza della luce con l'esperi-mento del doppio specchio di Fresnel.

29. FotoniParagrafo 29.1

1. "Accendere" un bastoncino luminescente nell'au-la oscurata.

2. "Caricare" con luce visibile una pellicola sensibi-le agli infrarossi (negozio di materiale elettronico).Poi, al buio, irraggiarla con luce infrarossa (peresempio con il telecomando di un televisore). Lapellicola produce luce visibile. Quindi può essere indue stati A e B, in altre parole: le sostanze A e B pos-sono trasformarsi l'una nell'altra:

A + γvisibile ↔ B + γinfrarossa

3. La pellicola fotografica reagisce con la luce vi-sibile. Da AgBr si ottengono Br2 e argento. Conun'esposizione molto lunga si osserva l'anneri-mento dovuto all'argento anche senza sviluppare lapellicola. Se c'è il tempo, spiegare nel dettaglio iprocessi di sviluppo e fissaggio.

4. Caricare di luce le lancette fosforescenti di unorologio o solfuro di zinco in polvere. Al buio av-viene una reazione che emette luce.

Paragrafo 29.2

Un fotomoltiplicatore reagisce con singoli fotoni.Normalmente nella normale strumentazione dalaboratorio non c'è un fotomoltiplicatore. L'esperi-mento è però così bello da spingerci a consigliarnel'acquisto. Il modello più a buon mercato è suffi-ciente.

A causa della sua estrema sensibilità, un fotomolti-plicatore acceso (cioè sotto tensione) deve essereesposto a intensità luminose molto basse, pena larottura. Di conseguenza è consigliabile procurarsiun alimentatore con una protezione per l'intensitàluminosa. Fotomoltiplicatore e alimentatore posso-no essere acquistati per una cifra complessiva dimigliaio di Euro circa.

Per osservare gli impulsi di luce come mostrati neltesto per studenti, si utilizza una sorgente di lucemolto indebolita. L'esperimento va effettuato in unlocale totalmente oscurato. Il fotomoltiplicatoreviene coperto con un panno nero. Il panno lasciapassare ancora troppa luce, quindi tra sorgente diluce e fotomoltiplicatore viene inserito un vetrocoperto di fuligine. Per stendere lo strato di fuliginesul vetro si usa la fiamma di una candela e si fa inmodo che lo strato non abbia uno spessore omog-eneo. Quindi in punti diversi avrà un diverso gradodi assorbimento. Spostando lateralmente il filtro sipotrà variare la quantità di luce che colpisce il foto-moltiplicatore.

La detezione del segnale all'uscita del fotomoltipli-catore può essere effettuata con un oscilloscopio.L'esperimento è ancora più bello però se il segnaleviene disegnato. Un'interfaccia per computer èadatta allo scopo.

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Paragrafo 29.6

Se non si è ancora mostrata l'interferenza della lucecon l'esperimento del doppio specchio di Fresnel,farlo a questo punto.

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30. AtomiGli esperimenti sulla struttura microscopica dellamateria sono per la maggior parte costosi e impe-gnativi. Di conseguenza, solitamente la scelta degliesperimenti da effettuare a lezione non è basata suciò che si vorrebbe mostrare, ma piuttosto su ciò chesi riesce a fare con un impegno ragionevole. Il nu-mero di esperimenti a disposizione è quindi inferio-re rispetto allo studio della fisica del macromondo.

Per compensare parzialmente questa carenza, avolte facciamo degli esperimenti-modello o esperi-menti illustrativi invece di dimostrativi.

Paragrafo 30.3

1. Deformare con le mani un palloncino gonfio.Se lo si lascia andare riprende la forma iniziale. Unatomo si comporta allo stesso modo, a condizione dinon deformarlo troppo.

2. Nei negozi di giocattoli si può trovare un giocatto-lo che serve a illustrare l'eccitazione e il ritorno allostato iniziale di un atomo. Si tratta di un oggetto digomma a forma di calotta semisferica dal diametrodi circa 6 cm. Si preme la calotta, "rovesciandola" inmodo che abbia ancora una forma grossomodo sfe-rica, la si appoggia sul pavimento e si aspetta. Dopopochi secondi l'oggetto riprende di scatto la suaforma iniziale facendo un "salto".

Paragrafo 30.4 e 30.5

L'esperimento è spesso parte del materiale da labo-ratorio. Da un fascio di luce bianca, il vapore di so-dio rinchiuso in un recipiente di vetro assorbe la lucegialla corrispondente alla linea del sodio. Il sodioemette luce gialla in tutte le direzioni.

Paragrafo 30.6

Purtroppo le ditte di materiale didattico non offronoesperimenti che mostrino il decadimento esponen-ziale degli stati elettronici eccitati. Quindi optiamoper un esperimento-modello.

Si vuole mostrare in che modo diminuisce il gradodi occupazione di uno stato eccitato quando la pro-babilità che un sistema compia una transizione dauno stato eccitato allo stato fondamentale, rimanecostante nel tempo. La funzione corrispondente èdetta esponenziale.

Tutti gli studenti si dispongono su un lato dell'aula.Quando si dà l'ordine, ognuno di loro lancia una mo-neta. Tutti quelli che ottengono "croce" si spostanodall'altra parte dell'aula, gli altri restano dove sono epartecipano al prossimo lancio, e così via.

Si riporta il numero di studenti rimasti dopo ognilancio in funzione del numero di lanci effettuati.

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Con un esperimento di lancio di un dado si puòsimulare anche il ritorno allo stato fondamentale diun atomo in uno stato di eccitazione a un livello su-periore.

Il docente sale su un tavolo. Da lì può tornare sul pa-vimento in due modi: con un solo balzo o scegliendouna sedia come stazione intermedia. Decide con illancio di un dado quale percorso scegliere, peresempio così: se lancia un uno o un due compie unsolo balzo, se lancia un tre, un quattro, un cinque oun sei, passa prima dalla sedia.

Paragrafo 30.9

Osservare lo spettro di emissione di vari tubi a gas.(Si osservano i tubi attraverso un prisma di Amici.) Igas vengono identificati confrontando gli spettriosservati con gli spettri riportati sulle fonti biblio-grafiche.

Paragrafo 30.10

Versare del sodio (sotto forma di sale da cucina) odel litio su una fiamma. La fiamma diventa rispet-tivamente gialla o rossa.

Mostrare che la fiamma di idrogeno non si vede.Mostrare che la fiamma di metano (gas naturale) èbluastra.

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31. I solidiParagrafo 31.1

Impilare palline da tennis o da ping pong su un tavo-lo, una volta in un "reticolo cristallino" ordinato,un'altra a casaccio.

Paragrafo 31.2

Ci sono dei palloncini gonfiabili a forma di tubo convari restringimenti a distanze regolari. Posiamo sultavolo svariati palloncini di questo tipo, prima unoaccanto all'altro, poi uno sopra l'altro, per dare aglistudenti un'idea della struttura spaziale dell'elet-tronio in un cristallo.

Pragrafo 31.4

1. Montare due specchi e lasciare che gli studentiguardino tra gli specchi come descritto nel testo perstudenti.

2. Sfregare con un panno bianco e una polvereabrasiva una superficie di alluminio lucida. Il pannoannerisce.

3. Ritagliare un piccolo foro in una scatola di car-tone. L'interno della scatola deve essere bianco. Ac-canto al foro disegnare con un pennarello nero unamacchia della stessa grandezza del foro. Il foroappare più nero della macchia.

Paragrafo 31.5

1. Sbriciolare degli oggetti trasparenti. La polvereottenuta è bianca.

2. Mostrare agli studenti un pezzo di silicio.

3. Mostrare agli studenti dei cristalli di solfuro dicadmio. Sbriciolare alcuni cristalli di CdS. La pol-vere è giallo intenso.

Paragrafo 31.6

1. Riscaldare contemporaneamente (in modo cheabbiano più o meno la stessa temperatura) diversipiccoli oggetti su una fiamma. Quelli bianchi e quel-li trasparenti ardono, quelli neri no.

La fiamma deve essere calda e abbastanza grande.Un becco Bunsen non è molto adatto. Meglio usaredue becchi Bunsen o la fiamma di una saldatrice.

Come oggetti bianchi o trasparenti si possono usareghiaia bianca, quarzo o zaffiro. Alcuni oggetti sonoinadatti malgrado siano bianchi o trasparenti: gessoo vetro comune. Il motivo è che contengono delleimpurità. Inoltre il vetro non è adatto perché a questetemperature fonde.

Come oggetti assorbenti si possono usare dellaghiaia nera, un pezzo di ferro, un pezzo di carbone diuna lampada ad arco a carbone e un pezzo di silicio.

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Paragrafo 31.8

Inserire un fotoconduttore (LDR = light dependentresistor) in un circuito e mostrare che quando è illu-minato la resistenza diminuisce.

Paragrafo 31.9

1. Mostrare il funzionamento di

- un diodo raddrizzatore;- un fotodiodo;- un diodo luminoso;- una cellula solare.

2. Tutte e quattro le funzioni di un diodo possonoessere dimostrate anche con un unico esemplare.Usare un diodo luminoso non troppo piccolo.

Ovviamente può essere usato come diodo raddriz-zatore.

Per mostrare il suo comportamento da fotodiodo(cioè da sensore per la luce) lo si collega a unasorgente di tensione nel senso di non conduzione.Mostrare con un amperometro molto sensibile cheilluminandolo scorre un po' di corrente.

Diodo luminoso lo è già. Collegarlo nel senso diconduzione, senza dimenticare di inserire in serieuna resistenza protettiva.

Collegando il diodo direttamente, cioè senza unasorgente di tensione, a un voltmetro (con resistenzainterna elevata), si può osservare che quando lo siillumina c'è uno sbalzo di tensione di circa 1 volt.

Paragrafo 31.10

Inserire un MOSFET (metal-oxide semiconductorfield effect transistor) in un circuito con un piccolomotore elettrico o una lampadina (collegare Sourcee Drain). Variando il potenziale elettrico dell'allac-ciamento Gate si può accendere o spegnere il mo-tore rispettivamente la lampadina. È sufficientemettere in contatto con un dito la Gate e il polo posi-tivo o quello negativo della sorgente di tensione.L'esperimento mostra chiaramente che attraverso laGate non scorre corrente.

96

32. Nuclei atomiciIn generale con il materiale da laboratorio si posso-no eseguire parecchi esperimenti di fisica nucleare.Però consigliamo di non affidarsi eccessivamente aquesti esperimenti. Quasi tutti sfruttano una classeparticolare di reazioni nucleari che diventa perce-pibile malgrado un tasso di trasformazione moltoridotto grazie al fatto che le singole particelle si ma-nifestano sotto forma di radiazione. In questo modoquesto tipo di reazioni riceve un'attenzione secondonoi non meritata.

Paragrafo 32.9

Mostrare con un contatore Geiger che ci sono sem-pre delle particelle ad alta energia che si aggiranoper l'ambiente naturale. Mostrare che un "preparatoradioattivo" emette molte particelle del genere. Se siha a disposizione un vecchio orologio con le cifreluminose, mostrare che queste cifre luminose sonoradioattive. Consigliamo di non approfondire ulte-riormente le proprietà dei raggi α, β e γ.

Paragrafo 32.10

Se si ha a disposizione un esperimento sulla misu-razione del tempo di dimezzamento, effettuarlo aquesto punto.

Se non si è ancora fatto, fare l'esperimento-modellodescritto per il paragrafo 30.6.

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6. Dinamo - motore elettrico; lampadina - cellulasolare; turbina idraulica - pompa idraulica

Paragrafo 1.4

Al livello 1 la corrente di energia che fluisce nel-l’apparecchio ha un’intensità di 500 joule al secon-do, al livello 2 un’intensità di 1000 joule al secondo.

1. Energia e portatori di energiaParagrafo 1.2

1. Lampadina, motore elettrico, asciugacapelli, for-no elettrico.

2. Motore elettrico, turbina idraulica, ruota a ven-to, motore a benzina.

3. Portatori di energia del tipo "vuoto a rendere”:elettricità, acqua di un impianto di riscaldamentocentrale, olio idraulico; portatori di energia del tipo“vuoto a perdere”: benzina, aria compressa, luce.

Paragrafo 1.3

1. Luce - elettricità; aria in movimento - elettricità

2. Forno elettrico; turbina idraulica

3. (Carbone) - centrale a carbone - (elettricità) -motore elettrico - (quantità di moto angolare) -pompa idraulica - (acqua in movimento)

4. Fig. 1.1

5. Dinamo; Fig. 1.2

D. Soluzioni degli esercizi

aspira-polvere

ENERGIA ENERGIA

aria in movimentoelettricità

ventolaENERGIA

quantità dimoto angolare

motoreelettrico

ENERGIAENERGIA

elettricitàaria in mo-

vimento

Fig. 1.1. Paragrafo 1.3, esercizio 4

lampadinaENERGIA

luceelettricità

ENERGIAruota avento

ENERGIA ENERGIA

aria in mo-vimento quantità di

moto angolare

dinamo

Fig. 1.2. Paragrafo 1.3, esercizio 5

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2. Correnti di liquidi e gasParagrafo 2.2

2. 1 bar.

Paragrafo 2.3

(a) L’aria fluisce dal pneumatico piccolo a quellogrande fino a quando le pressioni sono uguali(equilibrio di pressione).

(b) La pressione risultante è più vicina a 1 bar.

(c) Nel pneumatico grande.

Paragrafo 2.5

1. 6 L/min.

2. No. Oltre che dall’intensità della corrente, lavelocità di scorrimento dipende anche dalla sezionedel tubo.

3. 10 m3/s.

Paragrafo 2.6

(a) Anche 10 L/s. Tutta l’acqua che entra nel tubo dasinistra deve uscire da destra.

(b) La resistenza del tubo tra la strozzatura e l’estre-mità destra è inferiore che tra l’estremità sinistra e lastrozzatura perché la parte destra del tubo è più cortae più grossa. Affinché nella parte destra fluisca unacorrente della stessa intensità che nella parte sini-stra, basta una spinta più piccola, una differenza dipressione inferiore.

98

3. Quantità di moto e correnti di quan-tità di motoParagrafo 3.1

1. Lunghezza (l), metro (m); area (A), metro qua-drato (m2); intensità della corrente di energia (P),watt (W); intensità della corrente elettrica (I), am-père (A).

2. E = 12 MJ; v = 1,5 km/s; p = 110 kPa.

3. v = 20 m/s.

4. Caloria, CV, braccio, pollice

Paragrafo 3.2

1. La quantità di moto totale è 1500 Hy. In ognivagone ci sono 300 Hy.

2. Prima dell’urto: due vagoni contengono 6000Hy ciascuno, il terzo 0 Hy. Dopo l’urto: ognuno deitre vagoni contiene 4000 Hy.

3. Dal carrello a sinistra 10 Hy passano a quello adestra cosicchè dopo l’urto il carrello a sinistra ha -5Hy e quello a destra +5 Hy.

4. Quantità di moto totale: (500 - 200) Hy = 300Hy. Dopo l’urto ogni vagone ha +100 Hy. I vagoni simuovono verso destra.

5. Quantità di moto dopo l’impatto: -1 Hy. Diffe-renza di quantità di moto: 2 Hy. Attraverso il muro 2Hy fluiscono a terra.

Paragrafo 3.4

1. Due sbarre unite. Se sottoposte a trazione sistaccano.

2. L’auto scivola, mantiene la sua quantità di moto.Normalmente il collegamento tra ruote e strada de-ve condurre la quantità di moto. Con il ghiaccio nonlo fa. Quindi la quantità di moto non può defluire aterra.

3. Le ruote girano a vuoto. Visto che il collegamentoconduttore di quantità di moto tra le ruote e la stradaè interrotto, il motore non può pompare quantità dimoto nell’auto.

Paragrafo 3.5

1. L’aria in movimento cede quantità di moto allabarca.

2. La quantità di moto viene ceduta all’acqua at-traverso le pareti della nave. Tra le pareti della navee l’acqua c’è attrito.

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Paragrafo 3.6

1. (a) Il motore pompa quantità di moto da terranell’auto. (b) La quantità di moto defluisce lenta-mente a terra e all’aria. (c) La quantità di moto de-fluisce a terra rapidamente. (d) Tutta la quantità dimoto che il motore pompa nell’auto defluisce a terrae nell’aria.

2. Perché la quantità di moto né affluiva né defluiva.

Paragrafo 3.8

1. Dall’auto a terra fluisce quantità di moto nega-tiva, quindi positiva da terra all’auto. La velocità delterreno è 0 m/s, quella dell’auto è negativa. Quindila velocità dell’auto è minore e, in accordo con laregola, la quantità di moto fluisce dal corpo a veloci-tà maggiore verso il corpo a velocità minore.

2. La quantità di moto negativa del carrello au-menta, cioè quella positiva diminuisce. La quantitàdi moto (positiva) fluisce dal carrello attraverso lebraccia della persona e poi a terra. Quindi nellebraccia la quantità di moto fluisce verso destra.

3. Il gancio di traino è sottoposto a trazione, Fig.3.1.

Paragrafo 3.9

1. Da terra, attraverso le ruote posteriori, nel trat-tore, da lì all’albero attraverso la corda e poi nuova-mente a terra.

2. Da terra nel palo a destra, risale nel palo finoalla corda, attraverso la corda al palo a sinistra,scende nel palo e torna a terra. La corda è sottopostaa trazione, la Terra a pressione.

3. Per esempio un pneumatico che ruota galleg-giando nello spazio. In natura: gli anelli di Saturnoma anche la Terra che gira.

Paragrafo 3.10

1. F = p/t = 200 Hy/10 s = 20 Hy/s = 20 N

2. p = F⋅ t = 6000 N ⋅ 5 s = 30 000 Hy

3. FC = 400 N, FD = 600 N

99

4. Dalla cassa a sinistra 100 N; dalla cassa a destra200 N.

5. p(t) è una retta che passa per l’origine.

Paragrafo 3.121. s = F/k

a) s = 12 N / (150 N/m) = 0,08 mb) s = 24 N / (150 N/m) = 0,16 m

2. a) Per F = 15 N, s = 0,32 m;per F = 30 N, s = 0,4 m.

b) Per s = 0,2 m, F = 4 N.c) Man mano che l’allungamento aumenta di-venta sempre più difficile tendere la corda.

3. Alle estremità di una molla si lega una cordapiù lunga della lunghezza a riposo della molla. Setendiamo il dispositivo, in un primo tempo lacorrente di quantità di moto fluisce attraverso lamolla: vale la legge di Hooke. Appena la corda sitende non si riesce più ad allungare ulteriormente.La corrente di quantità di moto aumenta senza che lacorda (e quindi la molla) si allunghi.

4. Chiamiamo le due molle A e B. Quindi abbiamoFA = kAsA e FB = kBsB. Visto che le molle sonoattraversate dalla stessa corrente di quantità dimoto, FA = FB , quindi kAsA = kBsB. Ma visto chesA = 4sB, allora kB = 4kA.

Paragrafo 3.13

Usare 20 pezzi di spago contemporaneamente. Lasezione del conduttore diventa 20 volte più grandeche con uno solo. Ogni pezzo di spago è attraversatoda una corrente massima di 100 N.

Paragrafo 3.141. Dati: t = 40 min = 2/3 h

s = 10 kmCercato: v

2. Dati: t = 92 min = 92/60 h = 1,533 hs = 185 km

Cercato: v

= 120,7 . 0,2778 m/s = 33,5 m/s

3. Dati: t = 10 min = 1/6 hv = 90 km/h

Cercato: sv = s/t ⇒ s = v.ts = 90 . (1/6) km = 15 km

vst

=10 km

=2 / 3 h

15 km/h=

vst

=185 km

=1,533 h

120,7 km/h=

Fig. 3.1. Paragrafo 3.8, esercizio 3

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4. Dati: v = 800 km/hs = 1600 km

Cercato: t

v = s/t ⇒ t = s/v

5. Dati: v = 300 000 km/ss = 150 000 000 km

Cercato: t

Paragrafo 3.15

1. Dati: m = 12 t = 12 000 kgv = 90 km/h = 25 m/s

Cercato: pp = mv = 12 000 kg . 25 m/s = 300 000 Hy = 300 kHy

2. Dati: v = 20 m/sm = 420 g = 0,42 kg

Cercato: pp = mv = 0,42 kg . 20 m/s = 8,4 Hy

3. Dati: v = 30 m/sm = 50 g = 0,05 kg

p = mv = 0,05 kg . 30 m/s = 1,5 Hy

Questa è la quantità di moto della palla primadell’urto. Visto che la palla rimbalza, dopo l’urto hauna quantità di moto -1,5 Hy. Il muro ha ricevuto ladifferenza1,5 Hy -(-1,5 Hy) = 3 Hy

4. Dati: m = 150 kgF = 15 Nt = 5 s

Cercato: vF = p/t ⇒ p = F . t = 15 N . 5 s = 75 Hy p = mv ⇒ v = p/m = 75 Hy/(150 kg) = 0,5 m/s

5. Dati: F = 200 kN = 200 000 Nt = 30 sv = 54 km/h = 15 m/s

Cercati: p,mp = F . t = 200 000 N . 30 s = 6 000 000 Hy

= 6 MHy p = mv ⇒ m = p/vm = 6 000 000 Hy/(15 m/s) = 400 000 kg = 400 t

t1600 km

=800 km/h

2 h=

t150 000 000 km

=300 000 km/s

500 s= 8 min≈

100

6. Dati: m = 42 kgF = 20 Nt = 3 sv = 1,2 m/s

p = F . t = 20 N . 3 s = 60 HyIn 3 s nel carrello fluiscono 60 Hy. p = mv = 42 kg . 1,2 m/s = 50,4 HyLa differenza di 9,6 Hy deve essere defluita a terra acausa dell’attrito.

7. Dati: diametro del tubo d = 0,1 mlunghezza l = 2 km = 2000 mv = 0,5 m/st = 2 s

Calcolo del volume in litri:V = π (d/2)2l = π (0,05)2 . 2000 m3

= 15,708 m3 = 15 708 LVisto che 1 L d’acqua ha una massa di kgm = 15708 kg. p = mv = 15 708 kg . 0,5 m/s = 7 854 Hy

La quantità di moto defluisce a terra attraverso lavalvola..

Calcolo dell’intensità della corrente di quantità dimoto (della forza sulla valvola):

F = p/t = 7854 Hy/2 s = 3927 N

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4. Il campo gravitazionaleParagrafo 4.3

1. Dati: m = (p.es.) 40 kggTerra = 10 N/kggLuna = 1,62 N/kggSN = 1 000 000 000 000 N/kg

Cercato: FF = m . gTerra: F = 40 kg . 10 N/kg = 400 NLuna: F = 40 kg . 1,62 N/kg = 64,8 Nstella di neutroni: F = 40 kg . 1012 N/kg

= 40 000 000 000 000 N

2. Dati: F = 300 Ng = 1.62 N/kg

Cercato: mF = m . g ⇒ m = F/g = 300 N/1,62 (N/kg) = 185,2 kg

Paragrafo 4.4

1. Dati: m = (p.es.) 40 kgt = 0,77 s

Cercati: p, vp = m . g . t = 40 kg . 10 N/kg . 0,77 s = 308 Ns = 308 Hyv = g . t = 10 N/kg . 0,77 s = 7,7 m/s

2. Dati: t = 0,5 sgTerra, gLuna, gSole

Cercato: vv = g . tvTerra = 5 m/s, vLuna = 0,81 m/s, vSole = 137 m/s

3. Dato: v = 15 m/sv = g . t ⇒ t = v/g = 15 (m/s)/10 (N/kg) = 1,5 s

= tempo fino all’inversioneTempo totale tTot = 2 . t = 3 s

4. Dato: tTot = 5 sDurata della caduta t = tTot/2 = 2,5 sv = g . t = 10 (N/kg) . 2,5 s = 25 m/s

Paragrafo 4.5

Nella palla affluisce dalla Terra una corrente diquantità di moto di

F = m . g = 0,8 kg . 10 N/kg = 8 N

Dalla Fig. 4.7 leggiamo: v = 20 m/s

101

Paragrafo 4.6

1. L’astronauta mette in moto i due oggetti in mo-do che abbiano la stessa velocità. Per quello pesanteci vuole più quantità di moto.

2. Gli astronauti accendono i razzi. Dai razzi agliastronauti fluisce quantità di moto. Questa correntedi quantità di moto è percepibile come sensazione dipeso.

Paragrafo 4.71. Dati: V = 1,6 L

m = 1,3 kgCercato: ρ

ρ = m/V = 1,3 kg/0,0016 m3 = 812,5 kg/ m3

2. Dati: m = 2,2 kgρ = 2600 kg/m3 (dalla tabella)

Cercato: VV = m /ρ = 2,2 kg/(2600 kg/m3)

= 0,00085 m3 = 0,85 L

3. Dati: V = 40 Lρ = 720 kg/m3 (dalla tabella)

Cercato: m

m = ρ V = (7200 kg/ m3 ) . 0,04 m3 = 28,8 kg

4. Dati: m = 8,2 kgρ = 8960 kg/m3 (dalla tabella)lunghezza l = 1,2 mlarghezza b = 0,8 m

Cercato: spessore s

V = m/ρ = 8,2 kg/(8960 kg/m3) = 0,000 915 m3 = 0,915 L = 915 cm3

V = l . b . s ⇒ s = V /(l . b)

= 915 cm3/(120 cm . 80 cm)= 0,095 cm = 0,95 mm

Paragrafo 4.8

1. Il ferro galleggia sul mercurio perché la densitàdel ferro è minore di quella del mercurio.

2. Il pallone scende perché la densità del diossidodi carbonio è maggiore di quella dell’aria.

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5. Quantità di moto e energia

Paragrafo 5.1

1. Dati: v = 20 km/h = 5,6 m/sF = 900 N

Cercato: P

P = v . F = 5,6 m/s . 900 N = 5040 W

La quantità di moto fluisce a terra attraverso leruote. L’energia è consumata nella produzione dicalore nei pneumatici e nei cuscinetti delle ruote.

2. Dati: s = 35 kmF = 900 N

Cercato: EE = F . s = 900 N . 35 km = 31 500 kJ

3. Dati: v = 10 m/sP = 800 W

Cercato: FP = v . F ⇒ F = P/v = 800 W/(10m/s) = 80 N

4. Dati: m = 50 kgv = 0,8 m/sh = 5 m

Cercati: P, t, EForza di gravità: F = m . g = 50 kg . 10 N/kg

= 500 NP = v . F = 0,8 m/s . 500 N = 400 Wv = h/t ⇒ t = h/v = 5 m/(0,8 m/s) = 6,25 sP = E/t ⇒ E = P . t = 400 W . 6,25 s = 2500 J

= 2,5 kJ

Paragrafo 5.3

1. Energia: dal vagone nel respingente e dal re-spingente indietro al vagone.

Quantità di moto: dal vagone a terra attraverso ilrespingente e questo fino a che il vagone ha tantaquantità di moto positiva quanta ne aveva di negati-va all’inizio.

2. Energia: nella la caduta dal campo gravitazionalealla palla, nel rimbalzo ridistribuzione nella palla,nella salita dalla palla al campo gravitazionale.

Quantità di moto: nella caduta dalla Terra alla pallaattraverso il campo, nel rimbalzo dalla palla allaTerra, nella risalita nuovamente dalla Terra allapalla.

3. Energia: al di sotto della posizione di equilibriol’energia va dalla corda elastica al campo gravita-zionale e al corpo. Sopra la posizione di equilibriova dalla corda elastica e dal corpo al campo gravita-zionale. Nella discesa il contrario.

102

Quantità di moto: sempre dalla Terra al corpo attra-verso il campo gravitazionale. Dal corpo torna sem-pre alla Terra attraverso la corda elastica e il soste-gno. Al di sotto della posizione di equilibrio però,attraverso la corda elastica ne defluisce più di quan-ta ne affluisce dal campo gravitazionale e la quantitàdi moto del corpo diventa negativa. Al di sopra dellaposizione di equilibrio dalla corda ne defluisce me-no di quanta ne affluisce dal campo e la quantità dimoto negativa del corpo diminuisce di nuovo. Nelladiscesa il contrario.

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6. La quantità di moto come vettoreParagrafo 6.1

1. vedi Fig. 6.1

2. vedi Fig. 6.2

3. Modulo: 2400 Hy 900 Hy 2100HyDirezione: 210° 300° 180°

Paragrafo 6.2

1. Al rimorchio: il vettore intensità di correntepunta verso destra; dal rimorchio: il vettoreintensità di corrente punta verso sinistra

103

2. (a) Al carrello fluisce quantità di moto a 0°(b) La corrente di quantità di moto segue la

spirale(c) Vettore intensità di corrente verso destra

3. (a) F = m . g = 0,3 kg . 10 N/kg = 3 N(b) Quantità di moto a 270°(c) La freccia punta verso il basso.

Paragrafo 6.3

1. Dati: m = 0,1 kgpinizio = 0,5 Hy

(a) Il sasso riceve 0,1 kg . 10 N/kg = 1 Hy/s, valea dire 1 Hy ogni secondo. È quantità di moto a 270°(b) Fig. 6.3

(c)

2. Dati. m = 0,3 kgvinizio = 5 m/s

(a) p = m . v = 0,3 kg . 5 m/s = 1,5 Hy(b) Quando il sasso ha un angolo di caduta di 45° haricevuto dalla Terra esattamente 1,5 Hy. La suaquantità di moto totale è quindi:

3. Dati. m = 3 kgpinizio = 12 Hy a 45°

La sfera ha un angolo di caduta di 45° quando dallaTerra ha ricevuto una quantità di moto di

La corrente di quantità di moto ha l’intensitàF = m . g = 3 kg . 10 N/kg = 30 N.Quindi si ottienet = p/F = 17 Hy / 30 N = 0,57 s

4. Dati: m = 1 200 000 kgv = 70 km/h = 19,4 m/s

p = m . v = 1 200 000 kg . 19,4 m/s = 23,3 MHy

vedi Fig. 6.4a

p = (1,5 Hy) 2 + (1,5 Hy) 2 = 2,1 Hy√

p = (12 Hy) 2 + (12 Hy) 2 = 17 Hy√

10 Hy 500 Hy

Fig. 6.1. Paragrafo 6.1, esercizio 1

1 Hy

p1→

p2→

Fig. 6.2. Paragrafo 6.1, esercizio 2

0,5 Hy

Fig. 6.3. Paragrafo 6.3, esercizio 1

10 MHy

quantità di moto da terra

10 kHy

quantità di moto da terra

Fig. 6.4. Paragrafo 6.3, esercizi 4 e 5

p = (0,5 Hy) 2 + (1 Hy) 2 = 1,12 Hy√

a b

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5. Dati: m = 1400 kgv1 = 30 km/h = 8,33 m/sv2 = 50 km/h = 13,9 m/s

vedi Fig. 6.4bp = 22 656 Hy (valore calcolato)

6. La palla riceve quantità di moto dal portiere.Durante il volo riceve quantità di moto a 270° dallaTerra, inoltre cede quantità di moto all’aria. Questaquantità di moto è dello stesso tipo della quantità dimoto che possiede in quell’istante. Poi la palla rice-ve quantità di moto dal giocatore con un modulodoppio di quello che aveva quando lo ha raggiunto.La direzione di questa quantità di moto è opposta aquella che aveva un attimo prima.

Paragrafo 6.5

1. La direzione 0° è a destra. Il collegamento èimpermeabile alla quantità di moto a 0° epermeabile alla quantità di moto a 90°.

2. Il collegamento è impermeabile alla quantità dimoto che giace sul piano del telaio e permeabile allaquantità di moto la cui direzione è perpendicolare aquesto piano.

Paragrafo 6.6

1. La costruzione dà circa 17,5 N.

2. La costruzione dà circa 470 N.

Paragrafo 6.7

1. La costruzione dà circa 28 000 N.

2. La costruzione dà circa 290 N per le correnti diquantità di moto in ogni corda. Quindi le corde sirompono.

104

7. Momento meccanico e baricentroParagrafo 7.1

1. vedi Fig. 7.1

2. FC = 100 kg . 10 N/kg = 1000 N FT = (1/4) . 1000 N = 250 N

3. Le intensità delle correnti nelle corde oblique equindi anche nella corda di trazione, sono moltoalte. Non si guadagna niente.

Paragrafo 7.2

1. La puleggia in basso sale di 1m, quella in mezzodi 2 m. Si devono riavvolgere 4 m della corda di tra-zione.E = s . F = 1 m . 100 kg . 10 N/kg = 1000 J

2. Il carico si solleva di 0,25 m.E = 0,25 m . 20 kg . 10 N/kg = 50 J

3. Dati: m = 200 kgvsin = 0,2 m/svdes = 0,4 m/s

Cercati: Fsin, Fdes, Psin, Pdes

Corda di carico:FC = m . g = 200 kg . 10 N/kg = 2000 NCorda di trazione:FT = FC / 4 = 500 N = Fsin = Fdes

Psin = vsin . Fsin = 0,2 m/s . 500 N = 100 W

Pdes = vdes . Fdes = 0,4 m/s . 500 N = 200 W

Paragrafo 7.3

1. Dati: rD = 25 cmrS = 5 cmFS = 50 N

Cercato: FD

FD = FS (rS / rD) = 50 N . 0,2 = 10 N

2. Chiamiamo A (a sinistra) e B (a destra) i duepunti d’appoggio e scegliamo A come fulcro.

Fig. 7.1. Paragrafo 7.1, esercizio 1

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Dati: m = 9000 kga) rD = 6 m b) rD = 4 m

rS = 12 m rS = 12 mFD = m . g = 9000 kg . 10 N/kg = 90 000 Na) FB = FS = FD ( rD/rS)

= 90 000 N . (6 m/12 m) = 45 000 NFA = FD - FB = 90 000 N - 45 000 N = 45 000 N

b) FB = FS = FD ( rD/rS) = 90 000 N . (4 m/12 m) = 30 000 N

FA = FD - FB = 90 000 N - 30 000 N = 60 000 N

3. Dati: rD = 5 cm + 15 cm = 20 cmrS = 5 cmFS = 80 N

Cercati: FD FD = FS ( rS/rD) = 80 N . 0,25 = 20 N

4. FD = m . g = 120 kg . 10 N/kg = 1200 NFB = 1200 N . (80 cm/80 cm) = 1200 NFB = 1200 N . (160 cm/80 cm) = 2400 N

5. Dati: rD = 1,2 m + 0,4 m = 1,6 mrS = 0,4 mFD = 80 N

Cercato: FS

FS = 80 N . (1,6 m/0,4 m) = 320 N

6. Con la mano non si riesce a stringerlo beneperché il momento meccanico è più piccolo.

Paragrafo 7.41. Momento meccanico destrorso = rD . FD

= 2,1 m . 45 kg . 10 N/kg = 945 NmMomento meccanico sinistrorso = rS . FS

= 0,82 m . 150 kg . 10 N/kg = 1230 NmLa sbarra non è in equilibrio, ruota in senso antiora-rio.

2. Momento meccanico destrorso = = 1,5 m . 50 kg . 10 N/kg = 750 NmMomento meccanico sinistrorso = = 0,15 m . 250 kg . 10 N/kg = 375 Nm

La ragazza ce la fa.

Paragrafo 7.5

1. Al centro del mozzo

2. Al centro della Terra

4. La distanza tra baricentro e centro della Luna èuguale a 100 volte la distanza tra baricentro e centrodella Terra rT. Quindi:

rT = 380 000 km / 101 = 3763 km.

Il baricentro è dentro la Terra.

105

Paragrafo 7.6

2. Il baricentro si trova sotto il punto d’appoggiodel turacciolo. La posizione è di equilibrio stabile.

Paragrafo 7.7

1. Una sfera che può rotolare su un piano orizzon-tale; un veicolo che può muoversi su una superficieorizzontale; una ruota che può ruotare attorno a unasse.

2. Il baricentro di una bicicletta che cade si abbassa,quello di un’auto che si rovescia si alza.

3. No. L’angolo in basso a destra del corpo scende.

4. No. Per ribaltarsi il baricentro all’inizio dovrebbesalire.

5. Con i pesi cerchiamo l’equilibrio. Per trovarela massa cercata moltiplichiamo la massa dei pesiper il quoziente tra il braccio sinistro e quello destro.Il vantaggio di questa bilancia: bastano dei pesi piùpiccoli.

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8. Quantità di moto angolare e corren-ti di quantità di moto angolareParagrafo 8.1

Vedi tabella 8.1

Paragrafo 8.2

Se all’inizio le ruote girano in senso opposto duran-te la frenata la persona e lo sgabello restano fermi.Se all’inizio le ruote girano nello stesso senso la per-sona e lo sgabello cominciano a girare nello stessosenso delle ruote.

Paragrafo 8.3

1. Nei veicoli: per impedire che la quantità dimoto longitudinale defluisca e per la propulsione;per la trasmissione di energia con le cinghie di tra-smissione; nei paranchi; nel cambio.

2. Macchina a vapore, motore d’automobile, mac-china da cucire, automobilina giocattolo,giradischi, registratori e videoregistratori.

3. Va in pezzi. (Quando la rotazione è veloce, al-l’interno della ruota fluiscono correnti di quantità dimoto molto intense.)

106

Paragrafo 8.4

1. Vedi Fig. 8.1a. Si gira la manovella. Se l’acquaconduce la quantità di moto angolare il recipientepieno d’acqua comincerà a girare.

2. Vedi Fig. 8.1b. Si gira la manovella. Il secondomagnete segue la rotazione.

3. Fig. 8.2. Il ventilatore a sinistra comincia agirare.

4. Albero a gomiti, albero a camme, albero ditrasmissione, albero cardanico

5. Gli alberi più spessi sopportano correnti diquantità di moto angolare più intense di quellisottili.

Paragrafo 8.5

1. Dall’albero motore, attraverso l’elica del venti-latore, l’aria, la Terra e il telaio del motore, di nuovoall’albero motore.

2. Mano destra - matita - temperamatite - manosinistra - corpo - mano destra

Paragrafo 8.6

1. Vedi Fig. 8.3

2. Tutti i tipi di motori e turbine. Si riconosconodall’albero motore ruotante che serve ad azionarequalcosa.

Fig. 8.1. Paragrafo 8.4, esercizi 1 e 2

N

N

S

S

Fig. 8.2. Paragrafo 8.4, esercizio 3

motore

Tabella 8.1

Più la velocità di un corpo èelevata, più quantità di motocontiene.

Più la velocità angolare di uncorpo è grande, più quantitàdi moto angolare contiene.

Più la massa di un corpo ègrande, più quantità di motocontiene.

La quantità di moto puòpassare da un corpo a unaltro.

Più la massa di un corpo ègrande, più quantità di motoangolare contiene.

La quantità di moto angolarepuò passare da un corpo a unaltro.

La quantità di moto si puòdistribuire su più corpi.

Se un veicolo si muove conattrito in modo da fermarsispontaneamente, la suaquantità di moto defluisce aterra.

La quantità di moto puòassumere valori positivi enegativi.

La quantità di moto di uncorpo è positiva se il corpo simuove verso destra, negativase si muove verso sinistra.

La quantità di moto angolaresi può distribuire su piùcorpi.

Se una ruota non è priva diattrito e si fermaspontaneamente, la suaquantità di moto angolaredefluisce a terra.

La quantità di moto angolarepuò assumere valori positivie negativi.

Pieghiamo le dita della manodestra in modo che puntinonella direzione dellarotazione. Se il pollice puntanella direzione x positiva laquantità di moto angolare èpositiva, se punta nelladirezione x negativa laquantità di moto angolare ènegativa.

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3. Trapano, sega circolare, macinacaffè, cesoie. Siriconoscono dall’albero che permette di azionarle.

4. Dalla manovella.

107

9. Pressione e trazioneParagrafo 9.11. Dati: F = 420 N

A1 = 2 cm2

A2 = 3 cm2

A3 = 3 cm2

Cercati: p1, p2, p3

2. Dati: m = 12 kgA = 1,5 cm2

Cercati: p1, p2, p3

F3 = m . g = 12 kg . 10 N/kg = 120 NF1 = F2 = F3/2 = 60 N

3. Stimiamo l'intensità della corrente di quantitàdi moto in F = 40 N. Il diametro della puntina èdi circa d = 1 mm2.La sezione è

e così otteniamo

Se la sezione della punta diventa 10 volte più picco-la, si ottiene una pressione di 500 MPa = 5000 bar.

4. Dalla massa del martello m = 1 kg e dalla suavelocità stimata v = 2 m/s, si ottiene una quantitàdi moto p = 1 kg . 2 m/s = 2 Hy. Stimiamo che il tra-sferimento di quantità di moto duri 0,01 s. Con F =p/t si ottiene

Se la punta del chiodo ha una sezione di 0,1 mm2 =0,000 000 1 m2, la pressione è:

-420 N

0,0002 m 2- 2,1 MPa=p1 =

p2 = -420 N

0,0003 m 2- 1,4 MPa=p3 =

turbinaidraulica

ENERGIA ENERGIA

acqua sottopressione

ruota avento

ENERGIA ENERGIA

aria inmovimento

pompaidraulica

ENERGIA ENERGIA

acqua

ruota diventilatore

ENERGIA ENERGIA

ariaquantità dimoto angolare

quantità dimoto angolare

quantità dimoto angolare

quantità dimoto angolare

Fig. 8.3. Paragrafo 8.6, esercizio 1

-120 N

0,00015 m 2- 800 kPa=p3 =

p1 = -60 N

0,00015 m 2- 400 kPa=p2 =

d2

≈ 0,8 mm2 = 0,000 000 8 m2A = π2

( )

40 N0,000 000 8 m 2

= 50 MPa = 500 barp =

2 Hy0,01 s = 200 NF =

= 2000 MPa = 20 kbarp =200 N

0,000 000 1 m 2

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Paragrafo 9.2

1. Stoffe, tessuti

2. Cemento, rocce ma anche sabbia e ghiaia

3. Legno, certi tessuti, mica, grafite

Paragrafo 9.5

1. Dati: h = 4 mρ = 1000 kg/m3

Cercati: pG, p pG = ρ . g . h = 1000 kg/m3 . 10 N/kg . 4 m

= 40 000 Pa = 0,4 bar p = pG + 1 bar = 1,4 bar

2. Dati: h = 11 000 mρ = 1000 kg/m3

Cercato: pG

pG = 1000 kg/m3 . 10 N/kg . 11 000 m = 110 000 000 Pa = 1100 bar

3. Dati: h1 = 0,5 mh2 = 0,3 mρ1 = 1000 kg/m3

ρ2 = 13 550 kg/m3

Cercato: pG

pG = pG,1 + pG,2 = 1000 kg/m3 . 10 N/kg . 0,5 m+ 13 550 kg/m3 . 10 N/kg . 0,3 m

= 5000 Pa + 40 650 Pa = 45 650 Pa

Paragrafo 9.6

1. Scorre acqua dal recipiente a sinistra a quello adestra fino a quando i livelli sono uguali.

2. All’altezza del tubo di collegamento le pressionigravitazionali dell’alcol e dell’acqua devono essereuguali: pG,alcol = pG,acqua

La pressione gravitazionale dell’alcol è: pG,alcol = 790 kg/m3 . 10 N/kg . 0,3 m= 2370 Pa

Quindi anche pG,acqua = 2370 Pa.Da pG,acqua = ρacqua . g . hacqua

segue:

La differenza di altezza è halcol - hacqua = 7 cm.

hacqua =

pG, acqua

ρ acqua g=

2370 m1000 10

= 0,23m. .

108

Paragrafo 9.7

1. Dati: ρHg = 13 550 kg/m3

ρFe = 7900 kg/m3

V = 5 cm3

Cercati: mFe - mHg , FA

mFe = ρFe .V = 7900 kg/m3 . 0,000 005 m3 = 0,0395 kg = 39,5 g

mHg = ρHg .V = 13 550 kg/m3 . 0,000 005 m3 = 0,06775 kg = 67,75 g

mFe - mHg = 39,5 g - 67,75 g = - 28,25 g

Il pezzo di ferro sembra più leggero di 67,75 g, sem-bra avere una massa negativa. Quindi, invece di af-fondare risale in superficie.FA = mHg

. g = 0,06775 kg . 10 N/kg = 0,6775 N

2. Dati: m = 150 000 kgρgranito = 2600 kg/m3

Cercati: macqua , FAPrima calcoliamo il volume del blocco di granito:

La massa dell’acqua spostata èmacqua = ρacqua .V

= 1000 kg/m3 . 57,7 m3 =57 700 kg

Il blocco di granito sembra più leggero di 57,7 t.

FA = macqua . g

= 57 700 kg . 10 N/kg = 577 000 N

3. Dati: msasso - macqua = 1,4 kgρsasso = 2400 kg/m3

Cercato: msasso

Calcoliamo il volume del sasso:msasso - macqua = ρsasso . V - ρacqua . V

= ( ρsasso - ρacqua ) . V

msasso = ρsasso .V

= 2400 kg/m3 . 0,001 m3 = 2,4 kg

4. Una volta riemerso, il legno sposta meno acquadi prima, la spinta verso l’alto diminuisce. Continuaa salire finché la spinta diventa 0 N.

5. 1500 t

6. Nell’acqua di mare la nave emerge un po’ dipiù.

V =m

ρ =150 000 kg2600 kg/m 3 = 57,7 m 3

V =m

sasso - macqua

ρ sasso - ρ acqua

=1,4 m3

2400 -1000= 0,001 m3

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Paragrafo 9.8

1. Un po’ di acqua entra e comprime l’aria. Inquesto modo la pressione dell’aria sale fino aquando l’aumento uguaglia la pressione gravita-zionale sulla superficie dell’acqua all’interno delbicchiere.

2. Se l’acqua non salisse con il bicchiere, sopra lasua superficie si creerebbe uno spazio a una pressio-ne di 0 bar. Visto che all’esterno la pressione è 1 bar,l’acqua sarebbe immediatamente spinta in questospazio.

3. Se ci spostiamo nell’acqua dal basso verso l’alto,la pressione gravitazionale diminuisce. In superfi-cie la pressione gravitazionale è 0 bar. Se saliamoancora, la pressione gravitazionale diventa negati-va. Per il punto A si ottiene:

pG,A = - ρacqua . g . 1 m

= - 1000 kg/m3 . 10 N/kg . 1 m = - 10 000 Pa

Ovviamente la pressione totale resta positiva

patm + pG,A = 100 000 Pa - 10 000 Pa = 90 000 Pa

In B anche la pressione gravitazionale è di nuovopositiva. La distanza dalla superficie è 1 m.

pG,B = ρacqua . g . 1 m

= 1000 kg/m3 . 10 N/kg . 1 m = 10 000 Pa

In questo caso la pressione totale diventa

patm + pG,B = 100 000 Pa + 10 000 Pa = 110 000Pa.

Se apriamo il rubinetto l’acqua esce perché la pres-sione all’esterno è di soli 100 000 Pa.

Paragrafo 9.9

1. Dati: p = 150 bar = 15 000 000 PaA = 5 cm2 = 0,000 5 m2

v = 20 cm/s = 0,2 m/sCercati: P, F

F = A . p = 0,000 5 m2 . 15 000 000 Pa = 7500 NP = v . F = 0,2 m/s . 7500 N = 1500 W

2. Dati: p = 80 bar = 8 000 000 Pad = 1 mP = 12 MJ

Cercato: v

A = π(d/2)2 = 0,785 m2 P = v . A . p ⇒

v = =P

A . p12 000 000 J

20,758 m . 8 000 000 Pa= 1,9 m/s

109

10. Entropia e correnti di entropiaParagrafo 10.1

1. C'è più entropia nel locale A visto che i valori ditemperatura e massa dell'aria sono superiori che peril locale B.

2. In ogni tazza viene versato 1/6 del caffè, nellacaffettiera ne restano i 3/6. Quindi ogni tazza contie-ne una quantità di entropia di

Stazza = 3900/6 Ct = 650 Ct

e la caffettiera

Scaffettiera = 3900/2 Ct= 1950 Ct.

Paragrafo 10.2

1. (a) Perché la temperatura della piastra è più al-ta di quella della pentola. (b) Perché la temperaturadel sottopentola è più bassa di quella della pentola.(c) In un primo momento la temperatura del tavolo èpiù alta di quella della bottiglia. Quindi fluisce en-tropia dal tavolo alla bottiglia e la temperatura deltavolo diminuisce.

2. Fluisce entropia dal blocco grande a quello pic-colo. La temperatura finale è più vicina a 120 °C.

3. (a) No. (b) Fluisce entropia dal blocco piccoloa quello grande. La temperatura del blocco piccolodiminuisce e quella del blocco grande aumenta finoa quando sono uguali. (c) Il blocco grande perché hauna massa maggiore.

Paragrafo 10.3

2. La pompa di calore estrae entropia dall'internodel frigorifero e dalla porta aperta ne entra altrettan-ta. (L'analoga situazione elettrica è un corto circui-to.)

Paragrafo 10.4

1. 273,15 K; 298,15 K; 373,15 K; 90,15 K;77,35 K; 4,25 K; 0 K.

2. – 259,2 °C; – 252,8 °C; – 218,8 °C; – 210 °C.

3. S ≈ 500 Ct

Paragrafo 10.5

1. Nella lampada entra luce provieniente dagli og-getti circostanti. Poco a poco la batteria si riempie.

2. Nello scappamento entrano vapore acqueo eanidride carbonica. Il radiatore raffredda l'aria chelo attraversa e riscalda l'acqua di raffreddamento.Dal motore esce una miscela di aria e benzina chevengono separate nel carbutore. Dal filtro dell'ariaesce aria fresca, la pompa della benzina riempie po-co a poco il serbatoio di benzina.

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3. Aria calda entra in contatto con i freni. I frenisi raffreddano e la bicicletta si muove più veloce-mente, per la precisione all'indietro.

Paragrafo 10.7

1. (a) Le pareti devono essere spesse. (b) La su-perficie totale delle pareti esterne deve essere pic-cola. (c) Le pareti devono essere fatte di un materi-ale con una grande resistenza termica.

2. (a) Il materiale di cui è fatto il calorifero è sot-tile. (b) La superficie (cioè la sezione del condutto-re di calore) è grande. (c) Il materiale è un buonconduttore termico.

Altri apparecchi che sfruttano una buonaconducibilità termica: il radiatore di un'automobi-le, la testa del cilindro di motori a scoppio raffred-dati ad'aria, lo scambiatore di calore sul retro di unfrigorifero.

Paragrafo 10.8

1. Attraverso le pareti, le finestre e le porte chiu-se perdite per conduzione; attraverso le fessure at-torno a porte e finestre perdite per convezione.

2. Per convezione dalla fiamma di combustionedella benzina alle pareti interne del cilindro; da lì,per conduzione ai tubi dell'acqua di raffreddamen-to; con l'acqua di raffreddamento, per convezionedal motore al radiatore; per conduzione dalla pare-te interna dei tubi del radiatore all'esterno; da lì inavanti convettivamente con l'aria.

3. Con l'acqua di raffreddamento del motore, l'en-tropia giunge a una specie di radiatore. Lì passaall'aria che viene soffiata nell'abitacolo.

110

11. Entropia e energiaParagrafo 11.1

1. Vedi figura 11.1

2. L'entropia viene prodotta nell'impatto dei cubet-ti con il suolo. L'energia proviene dal campo gravi-tazionale.

Paragrafo 11.21. Dati: T = (273 + 20)K = 293 K

IS = 35 Ct/s Cercato: PP = T . IS = 293 K . 35 Ct/s = 10 255 W ≈ 10 kW

2. Dati: T = (273 + 90)K = 363 KIS = 60 Ct/s

Cercato: PP = T . IS = 363 K . 60 Ct/s = 21 780 W ≈ 22 kW

3. Dati: T = (273 + 300)K = 573 KP = 1000 W

Cercato : IS P = T . IS ⇒ IS = P/T = 1000 W/573 K = 1,7 Ct/s

4. Dati: TA –TB = 10 KIS = 500 Ct/s

Cercato: PP = (TA –TB) . IS = 10 K . 500 Ct/s = 5000 W

5. (a) Dati: TA -TB = 25 KIS = 30 Ct/s

Cercato: PP = (TA –TB) . IS = 25 K . 30 Ct/s = 750 W

(b) Dati: T = (273 + 25)K = 298 KIS = 30 Ct/s

Cercato: PP = T . IS = 298 K . 30 Ct/s = 8940 W

ENERGIAENERGIA

entropia

facciainferiore

dellacassaquantità di

moto

Fig. 11.1. Paragrafo 11.1, esercizio 1

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Paragrafo 11.31. Dati: P = 20 kW

T1 = (273 - 5)K = 268 KT2 = (273 + 20)K = 293 K

Cercati: IS2, IS1, IS prodotta

P = T . IS ⇒ IS = P/T(a) IS2 = P/ T2 = 20 kW/293 K = 68,3 Ct/s(b) IS1 = P/ T1 = 20 kW/268 K = 74,6 Ct/s(c) IS prodotta = IS1 - IS2 = (74,6 - 68,3) Ct/s = 6,3 Ct/s

2. Dati: P = 1000 WT1 = 373 KT2 = 1000 K

Cercati: IS2, IS1, IS1 -– IS2

P = T . IS ⇒ IS = P/T(a) IS2 = P/ T2 = 1000 W/1000 K = 1 Ct/s(b) IS1 = P/ T1 = 1000 W/373 K = 2,7 Ct/s(c) IS1 - IS2 = 1,7 Ct/s

Paragrafo 11.51. Dati: ϑA = 150 °C

ϑB = 50 °CIS = 100 Ct/s

Cercato: PTA -TB = 100 KP = (TA –TB) . IS = 100 K. 100 Ct/s = 10 kW

2. Dati: P = 1000 MWTA = 750 KTB = 310 K

Cercati: IS, P1

TA -TB = 750 K - 310 K = 440 KP = (TA –TB) . IS ⇒ IS = P/(TA –TB)IS = 1000 MW/440 K = 2,27 MCt/sPB =TB . IS = 310 K. 2,27 MCt/s = 704 MW

3. Si potrebbe far funzionare un motore termico:

- tra l'acqua di un freddo lago di montagna e l'ac-qua più calda di un lago nella valle;

- tra l'acqua del mare all'equatore e l'acqua delmare al Polo Nord;

- tra un iceberg trascinato con delle navi finoall'equatore e la tiepida acqua del mare;

- tra la Terra e lo spazio (che ha una temperaturadi 2,7 K);

- tra un vulcano e l'acqua del mare;

- tra l'acqua alla superficie del mare e l'acqua piùfredda alle grandi profondità.

111

Paragrafo 11.6

1. Dati: Pentrata = 20 kWPuscita = 18 kW

Cercato: VPV = (20 - 18) kW = 2 kW

V = (PV /Pentrata ) . 100 %

= (2 kW/20 kW) . 100 % = 10 %

2. Dati: V = 40 %Pentrata = 10 WT = 300 K

Cercati: Puscita , IS prodotta

V = (PV /Pentrata ) . 100 %

⇒ PV = (V/100 %) . Pentrata

= (40/100) . 10 W = 4 WPuscita = Pentrata - PV = 10 W - 4 W = 6 WIS prodotta = PV /T = 4 W/300 K = 0,013 Ct/s

3. Dati: V = 8 %Puscita = 46 kWT = 300 K

Cercati: Pentrata , PV, IS prodotta 46 kW corrispondono al 92 % di Pentrata .Pentrata /Puscita = Pentrata /46 kW = 100 %/92 %

Pentrata = 46 kW . (100/92) = 50 kWPV = Pentrata – Puscita = (50 – 46) kW = 4 kWIS prodotta = PV /T = 4000 W/300 K = 13,3 Ct/s

Paragrafo 11.7

1. Dati: Figg. 11.20(a) e (c)∆S = 80 Ct

Cercati: ∆T Cu , ∆T Al

Dai grafici leggiamo:∆T Cu = 70 K e ∆T Al = 27 KIl rame si riscalda di più.∆T Cu / ∆T Al = 70 K/27 K ≈ 2,6

2. Dati: Fig. 11.20 (e)ϑ1 = 20 °Cϑ2 = 100 °Cm = 100 kg

Cercato: ∆SLeggiamo dal grafico:∆S = 1030 Ct per 1 kgda cui segue∆S = 103 000 Ct = 103 kCt per 100 kg

Paragrafo 11.8

1. Dati: m = 0,5 kgP = 500 W = 500 J/sϑ1 = 25 °Cϑ2 = 100 °C

Cercato: t∆E = cm ∆T

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P = ∆E/t ⇒ t = ∆E/P ⇒ t = c m ∆T /P

= 4180 J/(kg . K) . 0,5 kg . 75 K/500 (J/s) = 313,5 s ≈ 5 min

2. Dati: Intensità della doccia = 0,1 kg/st = 5 min = 300 sϑ1 = 15 °Cϑ2 = 45 °C

Cercato: ∆E

m = 0,1kg/s . 300 s = 30 kg∆E = cm ∆T

= 4180 J/(kg . K) . 30 kg . 30 K = 3,76 MJ

112

12. Transizioni di fase

Paragrafo 12.1

1. Dalla Fig. 12.3 leggiamo:A 100 °C sono contenuti- 4600 Ct in 1 kg di acqua liquida;- 10 700 Ct in 1 kg di acqua gassosa.f = 10700/4600 ≈ 2,3L'acqua gassosa contiene 2,3 volte più entropia del-l'acqua liquida.

2. Dati: m = 10 kgϑ = 90 °C

Dalla Fig. 11.20 (e) leggiamo che ci vogliono circa115 Ct per portare 1 kg d'acqua da 90 °C a 100 °C.Per far evaporare 1 kg d'acqua ci vogliono 6000 Ct. Cercato: ∆S∆S = ∆Sriscaldare + ∆Sevaporare

∆Sriscaldare = 115 . 10 Ct = 1150 Ct

∆Sevaporare = 10 . 6000 Ct = 60 000 Ct∆S = (1150 + 60 000) Ct = 61 150 Ct

3. Dato: ∆Sfondere = 6000Ct Cercato: m

Per fondere 1 kg di ghiaccio ci vogliono 1200 Ct.Con 6000 Ct possiamo fondere(6000/1200)kg = 5 kg di ghiaccio.

4. Dati: Variazione di temperatura da20 °C a 0 °Cmassa della limonata = 0,25 kg

Cercato: massa del ghiaccio fuso

Per raffreddare 1 kg d'acqua da 20 °C a 0 °C, dobbia-mo toglierle 280 Ct (vedi Fig. 11.20(e) nel testo perstudenti). Per raffreddare 0,25 kg d'acqua da 20 °C a0 °C dobbiamo toglierle (280/4) Ct = 70 Ct. Questi70 Ct servono a fondere il ghiaccio. Ci vogliono1200 Ct per fondere 1 kg di ghiaccio. Con 70 Ct pos-

siamo fondere 1 kg . (70/1200) = 58,3 g.

5. Dati: Variazione di temperatura da15 °C a 60 °Cmassa del latte = 0,2 kg

Cercato: massa del vapore

Leggiamo dalla Fig. 11.20(e) che ci vogliono circa620 Ct per portare 1 kg d'acqua da 15 °C a 60 °C. Per

0,2 kg ci vogliono 620 . 0,2 Ct = 124 Ct. Conden-sando, 1 kg di vapore cede 6000 Ct. Quindi, ne ab-biamo bisogno circa

1 kg . (124/6000) ≈ 20 g.

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13. I gasParagrafo 13.1

1. La gomma riesce ad assorbire le irregolarità delfondo stradale in quanto viene compressa da questeirregolarità - ad esempio un sassolino. Visto chel'acqua è incomprimibile, una gomma piena d'acquanon riuscirebbe ad assorbire le irregolarità del fon-do stradale.

2. L'aria nella mongolfiera si espande a pressionecostante. In questo modo la sua densità diminuisce.(Una parte dell'aria fuoriesce). Così la densità del-l'aria nella mongolfiera è inferiore a quella dell'ariacircostante. L'aria nella mongolfiera e la mongolfie-ra salgono.

Paragrafo 13.2

1. (a) Si vedono delle bollicine. Dalla bottiglia e-sce aria. Inizialmente l'aria raffreddata era a pressio-ne normale. Dopo averla chiusa le viene fornita ent-ropia a V = cost. Secondo (2a) la pressione aumenta.La pressione nella bottiglia diventa quindi maggio-re della pressione circostante. Aprendo la bottigliaesce dell'aria in modo da equilibrare la pressione.

(b) Nella bottiglia entra acqua. L'aria riscaldata era apressione normale. Mentre è chiusa, cioè a V = cost,le viene tolta entropia. Secondo (2b) la pressione di-minuisce e diventa più bassa della pressione circo-stante. Aprendo la bottiglia l'acqua viene premutaverso l'interno in modo da equilibrare la pressione.

2. La temperatura aumenta in entrambi i gas. Nelgas a V = cost. l'aumento di temperatura è mag-giore. Il processo con p = cost. può essere suddi-viso in due tappe. Dapprima forniamo entropia algas a V = cost In questo modo aumentano pressionee temperatura. Questo è esattamente il processo alquale sottoponiamo l'altro gas. Poi lasciamo espan-dere il gas fino a quando la pressione è tornata al va-lore iniziale. Secondo (3b) la temperatura diminui-sce.

3. Secondo (2a), fornendo entropia a V = cost. latemperatura aumenta. Secondo (3b), se a S = cost.il volume aumenta, la temperatura diminuisce.Quindi, apporto di entropia e aumento del volumehanno effetti opposti sulla temperatura. Se l'aumen-to di volume è sufficiente, "vince" sull'apporto dientropia e la temperatura diminuisce.

Paragrafo 13.3

1. Consideriamo la Fig. 13.10. Durante l'espan-sione il pistone si sposterebbe pochissimo. Di con-seguenza non cederebbe energia. Inoltre, durantel'espansione la temperatura del liquido non diminu-irebbe. Dopo la fase di espansione, con l'entropiadefluirebbe anche quasi tutta l'energia che primacon lei era affluita.

113

2. In un motore diesel la miscela aria - carburanteviene compressa maggiormente. In questo modo,secondo (2a), la temperatura assume un valore cosìalto che la miscela prende fuoco.

3. Quando il pistone è spinto fino in fondo il ci-lindro è ancora pieno di vapore ad alta pressione. A-prendo lo scarico questo vapore viene liberato, spre-cando la molta energia che potrebbe ancora cedere.

Paragrafo 13.5

1. Riscaldiamo acqua in una pentola. L'entropia èfornita sul fondo della pentola e viene nuovamenteceduta attraverso le pareti e dalla superficie dell'ac-qua, dove viene utilizzata per l'evaporazione.

2. I gas della fiamma, a causa della loro tempera-tura elevata, hanno una densità inferiore all'aria cir-costante. Quindi scorrono verso l'alto, trascinandonaturalmente anche le particelle solide che si trova-no nella fiamma.

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14. La luceParagrafo 14.3

a) La temperatura è tra TA e TB.

b) Una corrente di energia scorre da A a B e una da Ba A. Quella da A a B è più intensa di quella da B a A.Una corrente di energia scorre da A a C e una da C aA. Quella da A a C è più intensa di quella da C a A.Una corrente di energia scorre da C a B e una da B aC. Quella da C a B è più intensa di quella da B a C.

Paragrafo 14.6

Si tratta del paracadute che viene aperto. Così comel'intensità della corrente di quantità di moto che de-fluisce dal paracadute dipende dalla velocità del pa-racadute, l'intensità della corrente di entropia chedefluisce dalla Terra dipende dalla temperatura del-la Terra.

Il valore assunto dalla velocità del paracadute, fa sìche la quantità di moto del paracadute, e quindi lasua velocità, non cambino più.

Il valore assunto dalla temperatura della Terra, fa sìche l'entropia della Terra, e quindi la sua temperatu-ra, non cambino più.

Entrambi i processi sono degli equilibri dinamici.

114

15. Dati e portatori di datiParagrafo 15.1

1. Antenna ricevente - (elettricità) - televisore; pia-noforte - (suono) - orecchio; antenna emittente -(onde elettromagnetiche) - antenna ricevente.

2. Altoparlante, sirena, strumento musicale.

3. Fotodiodo, videocamera, macchina fotografica.

4. Raggi infrarossi = onde elettromagnetiche.

5. Elettricità - luce; onde elettromagnetiche - suo-no.

6. Antenna emittente, microfono.

7. (Elettricità) - tabellone luminoso allo stadio -(luce) - radiocronista - (suono) - microfono - (elet-tricità) - antenna emittente - (onde elettromagneti-che) - apparecchio radio - (suono).

Paragrafo 15.3

1. 5000 ≈ 4096 = 212. Un codice di avviamentopostale porta circa 12 bit.

2. Un po' più di 13 bit.

3. Quasi 11 bit.

4. 25 = 32 segni.

5. L'albero si ramifica in 27 terminazioni, fig. 15.1.

Visto che 24 = 16 < 27 < 32 = 25, con tre segni siricevono tra 4 e 5 bit.

6. Un segno della sorgente B porta 1 bit in più diun segno della sorgente A.

7. Per identificare la carta, il mago ha bisogno di4 bit. Ogni volta che uno spettatore indica uno deiquattro mazzetti il mago riceve 2 bit. Quando rimet-te assieme i quattro mazzetti il mago fa in modo chequello indicato dallo spettatore sia il secondo con-tando dall'alto verso il basso. Dopo la prima indica-zione, la carta cercata è la quinta, sesta, settima odottava, dopo la seconda indicazione è al sesto postopartendo dall'alto.

Fig. 15.1. Paragrafo 15.3, esercizio 5

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Paragrafo 15.4

1. 180 battute al minuto = 3 segni al secondo;

IH = 3 · 7 bit/s = 21 bit/s.

2. IH = H/t ⇒

t = H/IH = (40 · 70 · 7) bit/(2400 bit/s) ≈ 8 s.

Paragrafo 15.5

2. Quantità di dati di un dischetto = 4 bit; quantitàdi dati di un'immagine = 60 · 80 · 4 bit = 19 200 bit.

3. 18 · 20 bit = 360 bit.

16. Elettricità e correnti elettricheParagrafo 16.3

1. I = 0,8 A. La corrente defluisce dal nodo.

2. I = 50 A. La corrente affluisce al nodo.

3. Complessivamente le correnti in P e Q devonoavere un'intensità di 3 A e scorrere verso destra.

4. Vedi fig. 16.1.

5. Tutti gli amperometri indicano 1,6 A.

6. L'intensità della corrente in P è 11 A. Vedi fig.16.2.

Paragrafo 16.5

1. ϕ1 = 4,5 V, ϕ2 = 0 V ϕ3 = –4,5 V.

2. ϕ1 = 0 V, ϕ2 = –12 V ϕ3 = 0 V.

3. U1 = 18 V, U2 = 9 V, U3 = 9 V.

4. Vedi fig. 16.3.

5. Circuiti in aeroplani, razzi, satelliti, automobili,biciclette.

Paragrafo 16.7

1. I valori del potenziale sono 0 V, 5 V e 9 V.

2. Lampadina di sinistra: I = 1,6 A; lampadina didestra: I = 0 A.

3. ϕA = –20 V, ϕD = 40 V, Ubatteria = 60 V. Conl'interruttore aperto: ϕA = ϕB = ϕC = ϕD = 0 V.

4. (a) ϕP = 12 V, UL1 = 12 V, UL2 = 0 V.

(b) ϕP = 6 V, UL1 = 6 V, UL2 = 6 V.

La corrente attraverso la lampadina L1 è più intensaquando l'interruttore è chiuso, visto che la tensionesu L1 è maggiore.

La corrente attraverso la lampadina L2 è più intensaquando l'interruttore è aperto. Con l'interruttorechiuso l'intensità della corrente è 0 A.

5. (a) ϕ1 = 0 V, ϕ2 = 150 V, ϕ3 = ϕ4 = 75 V.

(b) ϕ1 = ϕ4 = 0 V, ϕ2 = ϕ3 = 150 V.

Quando l'interruttore è aperto, solo la lampadina didestra è accesa.

6. (a)ϕ1 = 0 V,ϕ2 =ϕ3 = 9 V, ϕ4 = 18 V, ϕ5 = 9 V.

(b)ϕ1 = 0 V, ϕ2 = 9 V, ϕ3 = –3 V, ϕ4 = 6 V,ϕ5 = 3 V.

Paragrafo 16.81. Dati: U = 20 V

I = 4 mACercato: R

R = U/I = 20 V/4 mA = 5 000 Ω = 5 kΩ.

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2. Dati: R = 2 kΩU = 120 V

Cercato: I

I = U/R = 120 V/2 kΩ = 60 mA.

3. Dati: R = 1 MΩI = 0,1 mA

Cercato: U

U = R ⋅ I = 1 MΩ ⋅ 0,1 mA = 100 V.

4. Dati: U = 35 VI = 5 AU1 = 10 V

Cercati: R1, U2, R2

Fig. 16.2. Paragrafo 16.3, esercizio 6

M

P

A

A

A

Fig. 16.1. Paragrafo 16.3, esercizio 4

Fig. 16.3. Paragrafo 16.5, esercizio 4

M

VV

R1 = U1 /I = 10 V/5 A = 2 Ω.U2 = U - U1 = 25 V.R2 = U2 /I = 25 V/5 A = 5 Ω.

5. Dati: U = 12 VR1 = R2 = R3 = 100 Ω

Cercati: U1, U2, U3, I1, I2, I3, I

U3 = 12 V, U1 = U2 = 6 V.I1 = I2 = 6 V/100 Ω = 0,06 A.I3 = 12 V/100 Ω = 0,12 A.I = I1 + I3 = 0,18 A.

6. Sinistra: resistore da 200 kΩCentro: diodoDestra: resistore da 5 Ω

7. La resistenza è di 50 Ω. Collegando in paralle-lo n resistenze dello stesso valore la resistenza to-tale è 1/n del valore delle singole resistenze.

8. La resistenza è di 200 Ω. Collegando in serie nresistenze dello stesso valore la resistenza totale è nvolte il valore delle singole resistenze.

Paragrafo 16.11

1. L'asciugacapelli è ancora umido. L'acqua po-trebbe creare un collegamento tra la mano che reggel'asciugacapelli è una parte che si trova a potenzialeelevato.

2. Se il conduttore rovinato è il polo che si trovasempre a 0 V non succede niente. Se è l'altro polo c'èun cortocircuito.

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17. Elettricità ed energiaParagrafo 17.11. Dati: U = 12 V

I = 3,75 ACercato: P

P = U⋅ I = 12 V⋅ 3,75 A = 45 W

2. Dati: U = 12 VP = 21 W

Cercato: I

P = U⋅ I ⇒ I = P/U = 21 W/12 V= 1,75 A

3. Dati: I = 2,4 AU1 = 2 VU2 = 6 V

Cercati: Ptotale, P1, P2

Ptotale = (2 V+6 V)⋅ 2,4 A = 19,2 WP1 = 2 V⋅ 2,4 A = 4,8 WP2 = 6 V⋅ 2,4 A = 14,4 W

4. Dati: U = 12 VI1 = 2 AI2 = 3 A

Cercati: Ptotale, P1, P2

Ptotale = 12 V⋅ (2 A+3 A) = 60 WP1 = 12 V⋅ 2 A = 24 WP2 = 12 V⋅ 3 A = 36 W

5. Dati: U1 = 12 VU2 = 9 VI = 1,5 A

Cercati: Pmotore, P1, P2

Umotore = U1 + U2 = 21 VPmotore = 21 V⋅ 1,5 A = 31,5 WP1 = 12 V⋅ 1,5 A = 18 WP2 = 9 V⋅ 1,5 A = 13,5 W

6. UAB = 3 VLa pila più in alto si svuota a un ritmo doppio rispet-to alle altre due.Sorgente totale:P = 3 V⋅ 10 mA = 30 mWPila più in alto:P = 1,5 V⋅ 10 mA = 15 mWOgnuna della altre due pile:P = 1,5 V⋅ 5 mA = 7,5 mW

7. Dati: I = 60 mAE = 20 kJ

Cercati: P, t

U = 3⋅ 1,5 V = 4,5 VP = U⋅ I = 4,5 V⋅ 60 mA = 0,27 Wt = E/P = 3⋅ 20 kJ/0,27 W ≈ 222 000 s ≈ 62 h

9. Dati: U = 80 VR = 2 kΩ

Cercati: I, P

I = U/R = 80 V/2 kΩ = 40 mAP = U⋅ I = 80 V⋅ 40 mA = 3,2 W

10. Dati: R = 2 ΩIR = 10 APL = 100 W

Cercati: U, IL, I

U = R⋅ IR = 2 Ω ⋅ 10 A = 20 VIL = PL /U = 100 W/20 V= 5 AI = IR + IL = 10 A + 5 A = 15 A

Paragrafo 17.2

1. Dati: US = 200 VRC = 2⋅ 0,5 Ω = 1 ΩI = 8 A

Cercati: PS , PC , PM

PS = US⋅ I = 200 V⋅ 8 A = 1600 WUC = RC⋅ I = 1 Ω ⋅ 8 A = 8 VPC = UC⋅ I = 8 V⋅ 8 A = 64 WPM = PS - PC = 1600 W - 64 W = 1536 W

2. Dati: I, Ulampadina, Rconduttore Cercati: Uconduttore, Ualimentatore, Pconduttore

(a)Uconduttore = Rconduttore⋅ I = 1 Ω ⋅ 5 A = 5 VUalimentatore = 12 V+ 2⋅ 5 V = 22 VPconduttore = Uconduttore ⋅ I = 10 V⋅ 5 A = 50 W

(b)Uconduttore = 1 Ω ⋅ 2,5 A = 2,5 VUalimentatore = 24 V+2⋅ 2,5 V = 29 VPconduttore = Uconduttore ⋅ I =5 V⋅ 2,5 A = 12,5 W

Più è alta la tensione utilizzata nel trasporto di ener-gia, minore sarà la perdita nel conduttore.

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18. Il campo magneticoParagrafo 18.1

Si prende un terzo magnete e lo avvicina ai poli deglialtri due, uno alla volta. In questo modo ci si rendeconto che il comportamento dei due magneti è deltutto identico.

Paragrafo 18.31. Vedi fig. 18.12. Vedi fig. 18.2a3. Vedi fig. 18.2b4. Vedi fig. 18.35. Rompere l'anello. Se nei punti di rottura ci so-no dei poli, l'anello era magnetizzato.

Paragrafo 18.6Vedi fig. 18.4Paragrafo 18.7Vedi fig. 18.5Paragrafo 18.9

1. Avvolgere due fili per formare una bobina. Colle-gare tra loro una delle estremità dei fili e collegare lealtre estremità alla sorgente di energia, in modo chela corrente scorra nei fili in direzioni opposte. L'ef-fetto di uno dei fili viene annullato dall'effetto del-l'altro.

2. Il campo genera attrazione tra due avvolgimen-ti consecutivi e spinge verso l'esterno le varie partidi un singolo avvolgimento.

Paragrafo 18.10

1. Lo scambio di un trenino elettrico, lo scambiodelle rotaie del tram, il magnete della gru di un depo-sito di rottami.

2. Come un normale campanello a corrente conti-nua, ma senza l'interruttore di corrente.

3. Il magnete permanente tenderebbe a ruotare inavanti e indietro molto rapidamente, ma ha troppainerzia per poterlo fare. Sostituendo il magnete per-manente con un pezzo di ferro dolce si ottiene unamperometro a corrente alternata.

Fig. 18.1. Paragrafo 18.3, esercizio 1

Fig. 18.2. Paragrafo 18.3, esercizi 2 e 3

Fig. 18.3. Paragrafo 18.3, esercizio 4

a b

Paragrafo 18.11

1. Il motore non si mette in moto da solo e puòruotare solo a una determinata frequenza: circa 50giri al secondo.

2. I magneti fissi sono degli elettromagneti. Il col-legamento alla sorgente di energia è fisso, vale a di-re che la polarità non viene continuamente invertita.Il rotore è uguale a quello in fig. 18.46.

Paragrafo 18.12

1. A causa del campo magnetico terrestre nei pezzidi ferro si formano dei poli. Di conseguenza il cam-po magnetico terrestre viene modificato.

2. Gli aghi si dispongono paralleli l'uno all'altro.La direzione nella quale puntano non è più necessa-riamente nord-sud.

Paragrafo 18.13

1. I magneti devono essere mossi più in frettapossibile; i magneti devono essere più intensi possi-bile (con la maggior carica magnetica possibile); labobina deve avere il maggior numero di avvolgi-menti possibile

2. Un breve impulso di tensione seguito da unbreve impulso di tensione del segno opposto.

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119

Paragrafo 18.15

1. Dati: numero di avvolgimenti:1000, 5000U1 = 220 V

Cercato: U2U1 /U2 = n1 /n2 ⇒ U2 = (n2 /n1) U1

Con n2 /n1 = 5000/1000 = 5 si ottiene U2 = 1100 V. Con n2 /n1 = 1000/5000 = 0,2 si ottiene U2 = 44 V.

2. Dati: U1 = 220 VU2 = 11 VI2 = 2 A

Cercati: n1 / n2I1

n1 /n2 = U1 /U2 = 220 V/11 V = 20

Il numero di avvolgimenti della bobina secondaria èun ventesimo degli avvolgimenti della bobina pri-maria.

U1 I1 = U2 I2 ⇒ I1 = U2 I2 /U1

= 11 V. 2 A/220 V = 0,1 A

Fig. 18.4. Paragrafo 18.6

Fig. 18.5. Paragrafo 18.7

a b

linee di magnetizzazione

linee di magnetizzazione

linee dicampo

3. Dati: n1 = 1000n2 = 10 000U1 = 220 VI1 = 0,1 A

Cercati: U2, I2

U2 = (n2 /n1) U1

= (10 000/1000) . 220 V = 2200 V

I2 = U1 I1 /U2

= 220 V . 0,1 A/2200 V = 0,01 A = 10 mA

4. I conduttori in entrata devono essere molto spessiaffinché sopportino una corrente di 10 000 A senzasurriscaldarsi. I conduttori in uscita devono essereben isolati per sopportare una tensione di 10 000 Vsenza produrre scintille. È più conveniente usareconduttori ben isolati (pali dell'alta tensione) piutto-sto che conduttori molto spessi.

N (+)S (–)

NS

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19. ElettrostaticaParagrafo 19.2

1. La corrente elettrica scorre verso destra. La suaintensità è 0,5 A + 0,3 A = 0,8 A

2. 2 C/(1,6 · 10-19 C) = 1,25 . 1019

Paragrafo 19.4

1. Durante il contatto, da B ad A fluisce portatoredi carica negativa, cosicché la carica netta di B è ne-gativa. Ora entrambe le sfere sono caricate positiva-mente e il campo le respinge.

2. Si osservano attrazione e repulsione anche quan-do gli oggetti carichi non sono di un materiale ma-gnetizzabile, per esempio di alluminio.

3. Durante il contatto con B, la sfera A si caricacon elettricità di B. Di conseguenza A viene respintada B ed entra in contatto con la sfera C. Qui A si sca-rica e poi si carica con elettricità di C, dopo di cheviene spinta nuovamente verso B. Quindi la sfera Aoscilla tra B e C.

Paragrafo 19.61. Dati: I = 0,002 A

U = 240 Vt = 120 s

Cercati: Q, C

Q = I . t = 2 mA.120 s = 240 mCC = Q/U = 240 mC/240 V = 1 mF

2. Dati: C = 0,000 08 U = 150 VCercato: Q

Q = C . U = 0,000 08 F . 150 V = 0,009 C

Paragrafo 19.7

1. Dati: U = 20 000 VI = 0,0002 A

Cercato: P

P = U . I = 20 000 V.0,000 2 A = 4 W

2. Contrassegniamo i punti dello schermo con lelettere r, g, b (le iniziali di rosso, gialloverde e blu).

colore percepito punti accesi

rosso rgialloverde gblu bgiallo r, gturchese g, barancione r, g (debole)nero -bianco r, g, bmarrone r (debole), g (debole)

120

20. La tecnica dei datiParagrafo 20.1

1. Giradischi - altoparlante; telecamera - antennaemittente; microfono - orecchio; conversazione te-lefonica.

2. Quando ripete a voce alta qualcosa che gli èstato bisbigliato.

Paragrafo 20.2

1. Perché dal numero che appare sullo schermonon si può risalire in modo univoco al numero im-messo; per esempio 9 = 32 e 9 = (-3)2.

2. No, perché dal valore di x3 si può risalire al va-lore di x.

Paragrafo 20.3

1. La prima domanda potrebbe essere: "è un nu-mero pari?", oppure "è un numero minore di quat-tro?". Con la risposta alla domanda "è il sei?" Lillyriceve meno di 1 bit in quanto la risposta "no" è piùprobabile della risposta "sì".

2. Il numero minimo di domande sì/no è 5, vistoche la persona che pone le domande in totale riceve5 bit.

3. Poniamo che A possa scegliere tra 30 000 pa-role diverse (ordine di grandezza dei sostantivi in unvocabolario). Visto che 30 000 ≈ 215, applicandola strategia migliore B dovrà porre 15 domande sì/no. Affinchè siano equiprobabili, B non dovrà co-minciare con domande del tipo: "la parola è penna-rello?", ma per esempio con: "è qualcosa di vivo?",oppure: "è qualcosa che in questo momento possovedere?".

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21. La luceParagrafo 21.3

1. Una piccola parte della luce viene riflessa. Ciòdà alla mela il suo aspetto lucido. Tutto il resto, ros-so escluso, viene assorbito. La luce rossa viene ri-flessa e diffusa.

2. Tutta la luce viene assorbita, escluso il verde.La luce verde in parte attraversa la foglia, il restoviene riflesso e diffuso.

3. Il pullover assorbe tutti i tipi di luce escluso ilrosso, quindi assorbe anche la luce dell'insegna pub-blicitaria.

4. La maggior parte della luce viene riflessa. Unapiccola frazione riesce a passare senza essere diffu-sa.

5. La luce o viene assorbita o continua diritta. Neidiversi punti della diapositiva vengono assorbiti tipidi luce diversi.

6. La luce viene o assorbita o riflessa e diffusa.Quale tipo di luce viene assorbito dipende dal puntodella cartolina che viene considerato.

7. In brevissimo tempo la luce viene assorbita dallato interno dei sacchi.

Paragrafo 21.4

1. Da tutte le direzioni arriva luce di tutti i tipi.

2. Da due direzioni tra loro perpendicolari arrivaluce di tutti i tpi.

3. Luce di un unico tipo e proveniente da un'unicadirezione.

121

Paragrafo 21.5

1. Vedi fig. 21.1

2. Vedi fig. 21.1

Paragrafo 21.6

Vedi fig. 21.2

Paragrafo 21.7

Vedi fig. 21.3

Fig. 21.1. Paragrafo 21.5, esercizi 1 e 2

A

B

AB

Fig. 21.2. Paragrafo 21.6

Fig. 21.3. Paragrafo 21.7

Fig. 21.4. Paragrafo 21.8, esercizio 1

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Paragrafo 21.8

1. Vedi fig. 21.4

2. Vedi fig. 21.5

Paragrafo 21.9

1. Vedi fig. 21.6

2. Vedi fig. 21.7

122

Paragrafo 21.10

1. Vedi fig. 21.8

2. Vedi fig. 21.9

Fig. 21.5. Paragrafo 21.8, esercizio 2

Fig. 21.6. Paragrafo 21.9, esercizio 1

Fig. 21.7. Paragrafo 21.9, esercizio 2

Fig. 21.8. Paragrafo 21.10, esercizio 1

Fig. 21.9. Paragrafo 21.10, esercizio 2

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22. La formazione di immaginiParagrafo 22.1

1. La diapositiva si vede male perché non disper-de la luce che riceve. Per osservarla meglio la guar-diamo sullo sfondo di una superficie luminosa omo-genea, come il cielo o un foglio di carta ben illumi-nato.

2. La luce proveniente dal proiettore verrebbe ri-flessa da ogni punto dello specchio in una sola dire-zione. Con il proiettore vedremmo la parte oppostadel locale.

Paragrafo 22.2

1. Nel nostro occhio la luce non viene dispersa.

2. Non vedremmo niente. La luce proveniente dallasorgente puntiforme viene riflessa e finisce da qual-che parte su una parete della camera oscura.

Paragrafo 22.31. Dati: a = 100 m

b = 16 cmB = 8 cm

Cercato: A

A = Ba/b = 50 m

2. Dati: A = 157 mb = 20 cmB = 2 cm

Cercato: a

a = Ab/B = 1570 m3. È alto 4 m.

123

Paragrafo 22.4

Vedi fig. 22.1. Unendo tutti gli specchi otterremmouno specchio concavo.

Paragrafo 22.6

Con la lente formiamo l'immagine della fiammadella candela posta molto distante dalla lente. La di-stanza dell'immagine corrisponde alla lunghezzafocale.

Con una parte della luce della candela formiamo unfascio di luce parallela. La distanza tra lente e can-dela corrisponde alla lunghezza focale.

Paragrafo 22.8

1. -1 dt.

2. Per una lente vale

D = 1/f = 1/(0,4 m) = 2,5 dt.

Il potere diottrico delle due lenti combinate é 5 dt.Quindi per la lunghezza focale del sistema di lentiotteniamo f = 1/(5 dt) = 0,2 m.

3. D1 = 1 / (0,2m) = 5 dt, D2 = 1 / (0,5m) = 2 dt,D3 = -2 dt.

D = D1 + D2 + D3 = 5 dt

4. La combiniamo con una lente il cui potere diot-trico sia conosciuto e positivo, in modo da ottenereun sistema di lenti con potere diottrico positivo. Mi-suriamo la lunghezza focale, e quindi il potere diot-trico, del sistema. Dal potere diottrico del sistemasottraiamo il potere diottrico della seconda lente, ot-tenendo il potere diottrico cercato.

Paragrafo 22.11

1. Tempo di esposizione breve quando c'è moltaluce; tempo di esposizione lungo quando c'è pocaluce.

2. Diaframma poco aperto: grande profondità dicampo; si può fare solo quando c'è molta luce. Dia-framma molto aperto: poca profondità di campo;non c'è bisogno di molta luce.

3. Con il diaframma molto aperto la profondità dicampo è ridotta; la regolazione della distanza deveessere effettuata con maggior cura.

5. Un grandangolare. Dal punto di vista del foto-grafo gli ospiti sono distribuiti su un angolo moltoampio.

6. Un teleobiettivo. Ci si allontana dalla personafino a quando nell'immagine essa ci appare grandecome con l'obiettivo normale. Rispetto alla lun-ghezza focale dei due obiettivi, ora le montagne ap-paiono più grandi.

Fig. 22.1. Paragrafo 22.4

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7. Così un oggetto che riempie l'immagine di unamacchina fotografica per piccolo formato riempiràanche l'immagine della macchina fotograficacompatta.8. Dati: A = 10 m

a = 200 mb = 50 mm (180 mm)

Cercato: B

obiettivo normale: B = 2,5 mmteleobiettivo: B = 9 mm

Paragrafo 22.13

1. Le lenti degli occhiali di un miope sono piùsottili al centro che ai bordi, quelle di un presbite so-no più spesse al centro.

2. L'immagine si può ottenere solo se sono gli oc-chiali di una persona presbite.

3. L'immagine ha la forma di un disco. È l'imma-gine del Sole.

Paragrafo 22.14

1. Grazie al condensatore tutta la luce che attra-versa la diapositiva viene già condotta fino all'obiet-tivo. Più di così non si può fare.

2. Più grande è l'obiettivo, maggiore è la quantitàdi luce riflessa dall'originale che viene usata per for-mare l'immagine sulla parete.

3. In questo caso la distanza dell'oggetto è quasiuguale alla lunghezza focale. Con

b = 5 m, B = 2,40, A = 24 mm

si ottiene a = f = 50 mm.

Paragrafo 22.15

1. Delle tremolanti strisce verticali.

2. Invece di 24 volte, interrompiamo il percorsodella luce 48 volte al secondo. Ma solo duranteun'interruzione su due la pellicola viene trascinata.

Paragrafo 22.18

1. Orientiamo l'antenna in modo da avere la migliorricezione possibile. Dalla posizione dell'antennapossiamo dedurre la direzione nella quale si trova ilsatellite.

2. Il diametro del telescopio è circa 750 volte piùgrande di quello della pupilla. La sua superficie è7502 = 562 500 volte più grande. Quindi il tele-scopio raccoglie 562 500 volte più luce dell'occhio.

124

23. I coloriParagrafo 23.1

1. Per esempio con un cubo. Tre spigoli perpendico-lari tra loro formano gli assi per le coordinate cor-rispondenti a tonalità, saturazione e luminosità.

2. La scala della tonalità cromatica non ha né ini-zio né fine, è richiusa su se stessa. La scala della sa-turazione ha un inizio e una fine: comincia alla mas-sima saturazione e finisce con il bianco. La scaladella luminosità ha un inizio - oscurità totale - manon una fine, visto che in teoria la luminosità dellaluce può essere aumentata a piacimento.

3. La misura degli angoli.

4.

Paragrafo 23.3

1.

2. I colori a saturazione massima sul bordo delcerchio cromatico non si possono riprodurre. (Conl'eccezione dei tre colori di base dei pixel.)

Paragrafo 23.4

tonalità luminosità saturazione

panino

cacao in polvere

giallo-arancione

rosso-arancione

alta

bassa

media

forte

cioccolata

cola

carciofo

pelle

rosso-arancione

arancione

alta

molto bassa

turchese

rosso-arancione

alta

alta

debole

media

debole

debole

grondaia zincata

ruggine

blu

rosso

media

bassa

molto debole

media

rosso gialloverdo blu

giallo

viola

chiaro

chiaro

chiaro

scuro

scuro

chiaro

rosa

verde oliva

ocra

grigio scuro

chiaro

scuro

medio

medio

chiaro

medio

chiaro

medio

medio

scuro

medio

medio

arancione turchese porpora

rosso

blu

chiaro

scuro

scuro

chiaro

chiaro

chiaro

rosa

bianco

marrone

nero

chiaro

chiaro

medio

chiaro

medio

scuro

scuro

scuro

chiaro

chiaro

scuro

scuro

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125

24. Trasformazioni di sostanze e po-tenziale chimicoParagrafo 24.1

1.H2O: m/n = 18,01494 g/mol ≈ 0,018 kg/molO2: m/n = 31,998 g/mol ≈ 0,032 kg/molCO2: m/n = 44,009 g/mol ≈ 0,044 kg/molAg2S: m/n = 247,804 g/mol ≈ 0,248 kg/molPb(NO3)2: m/n = 331,198 g/mol ≈ 0,331 kg/molC12H22O11: m/n = 342,296 g/mol ≈ 0,342 kg/mol

2. m/n = 0,342 kg/mol

n = 0,29 mol

3. 1 l d'acqua pesa 1 kg.

m/n = 0,018 kg/mol

4. Per il propano m/n = 0,044 kg/mol

Paragrafo 24.2

1. 4Fe + 3O2 → 2Fe2O38 mol Fe + 6 mol O2 → 4 mol Fe2O3

2. (a) Per C m/n = 12,011 g/mol.

(1/3)mol CO2 + (2/3)mol Mg → (1/3)mol C + (2/3)mol MgO(b) CO2: m/n = 44 g/mol m = n . 44 g/mol = (1/3)mol . 44 g/mol = 14,7 g Mg: m/n = 24,3 g/molm = n . 24,3 g/mol = (2/3)mol . 24,3 g/mol= 16,2 g(c) CO2: n = (1/3)molNumero di molecole:

(1/3) . 6,022 . 1023 = 2,0 . 1023

(d) 1 mol CO2 + 2 mol Mg → 1 mol C + 2 mol MgO

corrisponde a una trasformazione di 1 mol. Nel no-stro caso ne viene trasformato 1/3.→ n(R) = 1/3 mol

nm

= = ⋅0 342

0 10 342, kg/mol

, kg, kg

mol

n = ⋅ =1

0 01855 5

kg, kg

mol , mol

nm

=

= ⋅ =

0 044

120 044

273

, kg/mol

kg, kg

mol mol

nm

= = ⋅ =12

412

1 3g/mol

gg

mol ( / )mol

Paragrafo 23.6

1. Vedi fig. 23.1

2. Vedi fig. 23.2

Fig. 23.1. Paragrafo 23.6, esercizio 1

400 400600 600800 800nm nm

Fig. 23.2. Paragrafo 23.6, esercizio 2

400 400

400

600 600

600

800 800

800

nm

nm

nm

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3. CH4 + 2O2 → CO2 + 2H2O→ Se ogni secondo si producono 2 mol d'acqua, iltasso di trasformazione è di 1 mol/s. Nel nostro casose ne produce un ventesimo. → In(R) = 0,05 mol/s

4. Dopo 100 km di strada si ottengono 10 L d'acqua.Visto che la velocità è 50 km/h e che 1 L d'acqua pe-sa 1 kg, i10 kg d'acqua sono stati prodotti in 2 h:

t = 2 h = 7200 sm = 10 kg

Da m/n = 0,018 kg/mol segue

2C8H18 + 25O2 → 16CO2 + 18H2O18 mol d'acqua corrispondono a una trasformazionedi 1mol.

Paragrafo 24.3

1. Sostanze di sinistra: A, sostanze di destra: B.(a) µ(A) – µ(B) = 1138 kG(b) µ(A) – µ(B) = 117 kG(c) µ(A) – µ(B) = 3385,65 kG(d) µ(A) – µ(B) = -5797,78 kG(e) µ(A) – µ(B) = 188,62 kG

Le reazioni a, b, c ed e sono possibili, la reazione dno.

2. CuO + Zn → Cu + ZnO µ(A) – µ(B) = 188,62 kG

CuO +Mg → Cu + MgO µ(A) – µ(B) = 439,26 kG

CuO + Fe → Cu + FeO µ(A) – µ(B) = 115,44 kG

3.

I2(solido) → I2(soluzione) µ(A) – µ(B) = -16,40 kG

KOH → K+ + OH– µ(A) – µ(B) = 61,5 kG

NH4Cl → NH4+ + Cl– µ(A) – µ(B) = 7,44 kG

n = ⋅ =10

0 018555 56

kg, kg

mol , mol

n(R),

mol , mol= =555 56

1830 86

In

tn(R)(R)

, mols

, mol/s

=

= =30 86

72000 00429

NH3(gassoso) → NH3(soluzione)

µ(A) – µ(B) = 10,09 kG

AgCl → Ag+ + Cl– µ(A) – µ(B) = –55,66 kG

Solo di KOH, NH4Cl e NH3 si può ottenere unasoluzione monomolare.

Paragrafo 24.5

3. La reazione è inibita. Altrimenti l'esplosivo scop-pierebbe spontaneamente e non si potrebbe imma-gazzinare.

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127

25. Quantità di sostanza ed energiaParagrafo 25.2

1. 2NaCl → 2Na + Cl2

Per il sodio

m/n = 0,023 kg/mol

µ(A) – µ(B) = 384 kGE = (µ(A) – µ(B)) . n = 384 kG . 43,5 mol = 16 700 kJ = 16,7 MJ

2. Pb + Cl2 → PbCl2

n = 2 molµ(A) – µ(B) = 314 kG

E = 2 mol . 314 kG = 628 kJ

Paragrafo 25.3

1. CH4 + 2O2 → CO2 + 2H2O

µ(A) – µ(B) = 818 kG

P = (µ(A) – µ(B)) . In(R) = 818 kG . 1 mol/s = 818 kJ/s = 818 kW

2. µ(A) – µ(B) = 394 kG (a) P = (µ(A) – µ(B)) . In(R) → In(R) = P/(µ(A) – µ(B)) = 100W/394 kG = 0,00025 mol/s

(b) Per il PbSO4 m/n = 303,25 g/mol.

n(R) = n/2 = 3,3 mol

E = (µ(A) – µ(B)) . n(R) = 394 kG . 3,3 mol = 1300 kJ

n = =1

0 02343 5

kg, kg

mol , mol

n = =2000

303 256 6

g, g

mol , mol

26. Bilancio termico delle reazioniParagrafo 26.1

1. 2C8H18 + 25O2 → 16CO2 + 18H2O

Per l'ottano m/n = 114,2 g/mol.

n(R) = n/2 = 4,38 molµ(A) – µ(B) = 10592 kG

2. 4Fe + 3O2 → 2Fe2O3

Per il ferro m/n = 55,847 g/mol.

n(R) = n/4 = 4,48 molµ(A) – µ(B) = 2 · 742,24 kG = 1484,48 kG

Paragrafo 26.2

1. 4Fe + 3O2 → 2Fe2O3

Consideriamo una reazione che trasformi 1 mol. µ(A) – µ(B) = 1484,48 kG

S(A) – S(B) = 549,41 CtS(A) – S(B) + Sprodotta = 549 Ct + 4980 Ct =5529 CtVengono ceduti 5529 Ct.

2. CaCl2 → Ca+++ 2Cl–

µ(A) – µ(B) = 65,37 kG

S(A) – S(B) = 56,07 CtS(A) – S(B) + Sprodotta = 275,43 CtRestano 275,43 Ct per mole. La soluzione si scalda.

3. NaBr → Na++ Br–

µ(A) – µ(B) = 16,6 kG

S(A) – S(B) = 99,71 CtS(A) – S(B) + Sprodotta = 155,4 CtRestano 155,4 Ct per mole. La soluzione si scalda.

n = =1000114 2

8 76g

, gmol , mol

SerzeugtkGK

, mol kCt= ⋅ =10592

2984 38 156Sprodotta

n = =1000

55 84717 9

g, g

mol , mol

Serzeugt, kG

K, mol , kCt= ⋅ =

1484 48298

4 48 22 3Sprodotta

Serzeugt, kG

Kmol Ct= ⋅ =

1484 48298

1 4980Sprodotta

Serzeugt, kG

Kmol , Ct= ⋅ =

65 37298

1 219 36Sprodotta

Serzeugt, kG

Kmol , Ct= ⋅ =

16 6298

1 55 7Sprodotta

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4. KNO3 → K++ NO3–

µ(A) - µ(B) = 1,47 kG

S(A) – S(B) = –116,02 CtS(A) – S(B) + Sprodotta = –111,09 CtPer mantenere la temperatura mancano 111,09 Ct.La soluzione si raffredda.

Serzeugt, kG

Kmol , Ct= ⋅ =

1 47298

1 4 93Sprodotta

27. Fisica relativisticaParagrafo 27.2

1. E = 500 kJ

Un'auto consuma circa 10 L/100 km, cioè circa10 kg/100 km. Da v = 100 km/h segue che consu-ma circa 100 kg/h, o100 kg/h = 100 kg/3600 s ≈ 3 · 10–3 kg/s.Il processo di accelerazione dura circa 10 s. In quel-l'intervallo di tempo l'auto si alleggerisce di 3 · 10–3 kg/s · 10 s = 3 · 10–2 kg.Questa diminuzione è circa 5 · 109 volte maggioredell'aumento calcolato prima.

2. Su un metro quadrato, ogni secondo giungono1000 J.

Quindi

e si ottiene

3.

Ogni secondo il Sole perde 4,2 · 106 kg.

mE

k= =

⋅≈ ⋅

5009 10

5 6 101612kJ

J/kgkg, ±

mE

k= =

⋅≈ ⋅

19 10

1 1 101614000J

J/kgkg, ±

m

t= ⋅ −1 1 10 14, kg/s

tm

=⋅

=⋅

= ⋅

⋅ ⋅ ≈ ≈

− −1 1 100 001

1 1 100 9 10

10

14 1411

7

,,

,,

kg/skgkg/s

s

= 9000 s = 25 10 h 10 d 2700 Jahre6 6

mE

k= =

⋅⋅

≈ ⋅39 10

4 2 10166,8 10 J

J/kgkg

23

,

anni

· 10-12 kg

· 10-14 kg

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28. OndeParagrafo 28.3

A differenza di una vera e propria onda, nell'ondadei tasselli del domino non viene trasportata energiadall'inizio alla fine della fila. Ogni tessera ricevel'energia dal campo gravitazionale.

Analogamente a una vera e propria onda, anchel'onda del domino ha un portatore e una velocità.

Paragrafo 28.4

1. Altalena: posizione e velocità dell'altalena.

Tram che viaggia avanti e indietro tra i due capoli-nea: posizione del tram.

Corda di violino: posizione e velocità del centrodella corda.

Bosco: colore delle foglie durante l'anno.

Paragrafo 28.5

2. Da pochi millimetri a parecchi metri.

Paragrafo 28.6

1. λ= v/f = (300 m/s)/440 Hz = 0,7 m

2. λ= v/f = (300 000 km/s)/98,4 MHz = 3 m

Paragrafo 28.7

1. Altoparlante, voce, strumenti musicali, tempora-le, esplosione.

2. 150 Hz

3. 15 m e 15 mm

4. La frequenza resta uguale, la lunghezza d'ondaaumenta.

5. Circa 3000 m.

Paragrafo 28.8

1. Nel lampo scorre per breve tempo una correntemolto intensa. Il campo magnetico della correntevaria molto in fretta. Si allontana dal lampo, viaggiacome un'onda e induce una corrente elettrica nel-l'antenna del televisore.

2. Antenna di emittenti radiofoniche e televisive,antenna parabolica delle torri per telecomunica-zioni, forno caldo, sorgenti luminose, tubi a raggi X,sostanze radioattive.

Paragrafo 28.9

1. Il vento non è un'onda. Due "venti" non possonointersecarsi senza disturbo.

2. Qualcosa a metà strada tra un'onda normale eun'onda stazionaria: da un lato si nota una propaga-zione come in un'onda normale, dall'altro tuttal'onda diventa periodicamente più grande e piùpiccola, come un'onda stazionaria.

3. Dati: l = 1 mv = 6m/s

λmax= 2l = 2 m

Affinché si formino due nodi deve valere

l = 3/2λ, quindi λ = 2/3l = 2/3 m.

Da v = λ f segue

f = v /λ = 9 Hz

4. Se le onde oscillano "in fase": un'onda conampiezza doppia rispetto all'ampiezza delle ondesingole.

Se le onde oscillano "in controfase": annulla-mento totale e continuo.

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29. FotoniParagrafo 29.4

1.

a) E = h · f = 6,6 · 10–34 Js · 9,84 · 107 Hz

= 6,494 · 10–26 J

b)

c) ESWF3/Evisibile = pSWF3/pvisibile ≈ 10–7

EX/Evisibile = pX/pvisibile ≈ 104

2. a) Dal getto d'acqua alla palla scorre una correntedi quantità di moto negativa (direzione positiva ver-so l'alto). La quantità di moto positiva che riceve dalcampo gravitazionale e quella negativa dal gettod'acqua si annullano.

b) Dal raggio di luce alla pallina scorre una correntedi quantità di moto negativa. La quantità di moto po-sitiva che riceve dal campo gravitazionale e quellanegativa dal raggio di luce si annullano.

c) Ogni secondo la pallina riceve

p = 7 · 10–11 Hy

dal campo gravitazionale.

Un fotone porta (vedi testo per studenti)

pfotone = 8,25 · 10–28 Hy.

n = p

= 7·10–11

≈ 1017

pfotone 8,25 · 10–28

Ogni secondo la pallina deve essere colpita da circa1017 fotoni. (Il numero esatto dipende da come laluce viene riflessa dalla pallina.)

ph f

c

E

c=

⋅= =

⋅⋅

= ⋅−

−6 494 103 10

2 16 1026

834,

,J

m/sHy

Eh c

=⋅

=⋅ ⋅ ⋅

⋅= ⋅

−−

λ6 6 10 3 10

1 5 101 32 10

34 8

1015,

,,

Js m/sm

J

ph

= =⋅⋅

= ⋅−

−−

λ6 6 101 5 10

4 4 1034

1024,

,,

Jsm

Hy

130

30. AtomiParagrafo 30.1

Paragrafo 30.4

1.

2. L'energia di ionizzazione dell'atomo di sodio è0,8 · 10–18 J (vedi testo per studenti).

Si tratta di luce UV.

12 0000 24

km50 000

km = 240 m= ,

Eh c

=⋅

=⋅ ⋅ ⋅

⋅= ⋅

−−

λ6 6 10 3 10

2 85 106 95 10

34 8

719,

,,

Js m/sm

J

λ =⋅

=⋅ ⋅ ⋅

⋅= ⋅

=

−−h c

E

6 6 10 3 100 8 10

2 475 1034 8

187,

,,

Js m/sJ

m

247,5 nm

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31. Corpi solidiParagrafo 31.2

m/n = 58,5 g/mol

ρ = m/V = 2,16 g/cm3

1 mol corrisponde a 6,02 · 1023 particelle

Z = numero di particelle

ZNaCl = 2,2 · 1019

molecole = 4,4 · 1019

atomi

V mm3 mm3

Paragrafo 31.10

Con il polo negativo all'elettrodo di controllo.

m V

m n

n

V

//

,,

,= = =

= ⋅

2 1658 5

0 03693

molcm

mol/cm

36,9 10 mol/mm

3

±6 3

131

32. Nuclei atomiciParagrafo 32.1

1. VA = 8 · VB

rA = 2 · rB

2. ρ = 1014 g/cm3 = 1017 kg/m3

r = 5000 m

Paragrafo 32.2

2. Per gli elementi leggeri il rapporto tra il numero diprotoni e di neutroni è circa 1, per gli elementi pe-santi è minore di 1.

3. Ci sono circa 286 nuclidi stabili.

4. Il nuclide stabile più pesante è l'uranio 92 238 U.

5. Gli isotopi stabili del neon sono: 10 20 Ne, 10

21 Ne e

10 22 Ne.

6. Tecnezio (numero atomico 43).

7. Lo xenon ha 36 isotopi, 9 dei quali sono stabili.

Paragrafo 32.3

1. mTl = 350 · 10–27 kg = 3,5 · 10–25 kg

a) E = 10–18 J

meccitazione = E

= 10–18

≈ 10–35 kg k 9 · 1016 J/kg

meccitazione =

10–35 ≈ 3 · 10–11

mTl 3,5 · 10–25

b) E = 10–14 J

meccitazione = E

= 10–14

≈ 10–31 kg k 9 · 1016 J/kg

meccitazione =

10–31 ≈ 3 · 10–7

mTl 3,5 · 10–25

2. L'ordine di grandezza di 1 mol di sostanza è100 g. A causa dell'eccitazione la sostanza diventapiù pesante di 1/107, in altre parole la sua massavaria di 100g/107 = 10 µg. Ma nella migliore delleipotesi la bilancia della scuola reagisce a variazionidi almeno 100 µg.

V r

m V

= ≈ ⋅

= ⋅ = ⋅ ⋅ = ⋅

43

5 10

10 5 10 5 10

3 12

17 12 29

π

ρ

m

kgm

m kg

3

33

= 36,9 ·10-6 mol/mm3

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Paragrafo 32.4

2. Di solito aggiungendo un neutrone a un nucleosi guadagna energia. Solo con l'elio 2

4He si deveaggiungere energia.

Paragrafo 32.7

2. p + p– → e + e–

p + p– → 2e + 2e–

p + p– → n + n–

Paragrafo 32.8

1.

Il deuterio non può decadere in nessuno dei tre modiproposti.

2.

pn → p + n

– ES – 0,36 0

∆E – 0,36 pJ

pn → 2p + e + ν _

E di riposo n 150,525 p 150,320

particelle e 0,082

– ES – 0,36 0

somma 150,165 150,402

∆E – 0,237 pJ

pn → 2n + e _ + ν

E di riposo p 150,320 n 150,525

particelle e _

0,082

– ES – 0,36 0

somma 149,96 150,607

∆E – 0,647 pJ

p19n21 → p9n11 + p10n10

– ES – 54,72 – 24,74 – 25,74

somma – 54,72 – 50,48

∆E – 4,24 pJ

p19n21 → p2n2 + p17n19

– ES – 54,72 – 4,53 – 49,15

somma – 54,72 – 53,68

∆E – 1,04 pJ

132

Le ultime due reazioni rappresentano un possibiledecadimento dell'isotopo di potassio.

3.

Nessuna delle due reazioni è possibile.

4.

Oltre al nucleo di elio vengono prodotti anche dueantielettroni e due neutrini.

p19n21 → p20n20 + e + ν _

E di riposo n 150,525 p 150,320

particelle e 0,082

– ES – 54,72 – 54,80

somma 95,805 95,602

∆E 0,203 pJ

p19n21 → p18n22 + e _ + ν

E di riposo p 150,320 n 150,525

particelle e _

0,082

– ES – 54,72 – 55,08

somma 95,6 95,527

∆E 0,073 pJ

p6n8 → p2n4 + p4n4

– ES – 16,87 – 4,69 – 9,05

somma – 16,87 – 13,74

∆E – 3,13 pJ

p6n8 → 2p3n4

– ES – 16,87 – 2 · 6,29

somma – 16,87 – 12,58

∆E – 4,29 pJ

4p → p2n2 + 2e _ + 2ν

E di riposo p 2 · 150,320 n 2 · 150,525

particelle e _

2 · 0,082

– ES 0 – 4,53

somma 300,64 296,684

∆E 3,956 pJ

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Paragrafo 32.9

1. a)

Il decadimento del 29 61 Cu produce un e

_.

b)

Il decadimento del 29 66 Cu produce un e.

c) Il decadimento nel quale viene prodotto un elet-trone non può essere esaminato perché la tabellanon riporta l'energia di separazione del p91n137.

p29n32 → p30n31 + e + ν _

E di riposo n 150,525 p 150,320

particelle e 0,082

– ES – 85,18 – 84,15

somma 65,345 66,252

∆E – 0,907 pJ

p29n32 → p28n33 + e _ + ν

E di riposo p 150,320 n 150,525

particelle e _

0,082

– ES – 85,18 – 85,66

somma 65,345 64,947

∆E 0,398 pJ

p29n32 → p27n30 + p2n2

– ES – 85,18 – 79,83 – 4,53

somma – 85,18 – 84,36

∆E – 0,82 pJ

p29n37 → p30n36 + e + ν _

E di riposo n 150,525 p 150,320

particelle e 0,082

– ES – 92,33 – 92,63

somma 58,195 57,772

∆E 0,423 pJ

p29n37 → p28n38 + e _ + ν

E di riposo p 150,320 n 150,525

particelle e _

0,082

– ES – 92,33 – 92,42

somma 57,99 58,187

∆E – 0,197 pJ

p29n37 → p27n35 + p2n2

– ES – 92,33 – 86,63 – 4,53

somma – 92,33 – 91,16

∆E – 1,17 pJ

133

Il decadimento del 90 228 Th produce un 2

4HeN.

2.

Un elettrone del guscio reagisce con un neutrone delnucleo. Il neutrone prodotto resta nel nucleo, il neu-trino lascia l'atomo e si allontana.

3.a) A è sopra la linea dei nuclidi stabili. B è sotto adestra in diagonale rispetto ad A.b) C è sotto la linea dei nuclidi stabili. D è sopra asinistra in diagonale rispetto a C.c) Nella carta dei nuclidi E è in alto a destra. F è dueposti sotto e due posti a sinistra di E.

Paragrafo 32.10

92 238 U: 99,28%

92 235 U: 0,72%

m = 238

gn mol

ntotale = m

= 1 kg

mol = 4,2 mol 238 g/mol 0,238 kgn235 = 0,072 · 4,2 mol = 0,03 mol

In = 5,76 · 105 Bq = 5,76 · 105 · 1 · 10-23

mol6 s

= 0,96 · 10-18 mol/s

Indichiamo con n' l'1% della quantità di 92 235 U.

p90n138 → p89n139 + e _ + ν

E di riposo p 150,320 n 150,525

particelle e _

0,082

– ES – 279,27 – 279,05

somma – 128,95 – 128,443

∆E – 0,507 pJ

p90n138 → p88n136 + p2n2

– ES – 279,27 – 275,62 – 4,53

somma – 279,27 – 280,15

∆E 0,88 pJ

p26n29e26 → p25n30e25 + ν

carica elett. 26 – 26 25 – 25

carica bar. 26 + 29 25 + 30

carica lept. 26 25 + 1

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t = n'

= 3 · 10-4 mol

= 3,125 · 1014 s In 0,96 · 10-18 mol/s

= 0,868 · 1011 h = 3,6 · 109 d = 107 anni

Paragrafo 32.11

1. 25 000 anni

2. 6 anni

3. 1 mese

4.0 anni A: 100% B: 0% C: 0%2 anni A: 0% B: 100% C: 0%

1 000 000 anni A: 0% B: 0% C: 100%5. Anche il tasso di trasformazione è dimezzato.

Paragrafo 32.12

1. Vedi esercizio 4 del paragrafo 32.8. Nella forma-zione di un nucleo di 2

4He l'energia ceduta equivale a3,956 pJ.

1 mol contiene 6,022 · 1023 nuclei. Quindi l'energiaEHe ceduta nella formazione di 1 mol è:

EHe = 6,022 · 1023 · 3,956 · 10-12 J = 2,38 · 1012 J

Confrontiamo con la reazione

2H2 + O2 → 2H2O

La tensione chimica della reazione è:

µ(A) – µ(B) = 474,36 kG

Se viene bruciata 1 mol di H2 la trasformazione dellareazione è n(R) = 0,5 mol. Quindi l'energia EH ce-duta è:

EH = [µ(A) – µ(B)] · n(R)

= 474,36 · 0,5 kJ = 237 kJ

Il rapporto delle due energie è:

EHe =

2,38 · 1012 J ≈ 107

EH 2,37 · 105 J

2. La corrente di energia media in un corpo umano èdi 100 W. Quasi tutta l'energia è usata per produrreentropia. Come volume di un corpo umano prendia-mo 100 L, quindi otteniamo:

P = 1

W

V L

Per il Sole

P = 0,01

W

V L

Quindi 1 L di corpo umano emette 100 volte piùenergia di 1 L di Sole.

134

Paragrafo 32.13

1. La produzione di energia nella reazione di deca-dimento dell'uranio è stata calcolata a pag. 100 deltesto per studenti:

∆Euranio = 32,07 pJ.

∆Ebario = 0,523 pJ

∆Euranio =

32,07 ≈ 61

∆Ebario 0,523

2.

Ba La Ce Pr

30 s molto poco molto poco molto poco18 min medio medio poco molto poco

5 d molto poco poco molto poco1 a molto poco molto poco poco molto

p56n85 → p57n84 + e + ν _

E di riposo n 150,525 p 150,320

particelle e 0,082

– ES – 188,09 – 188,49

somma – 37,565 – 38,088

∆E 0,523 pJ