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H2738_I DESIDERI DEL PRINCIPE

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Penny Jordan

I DESIDERI DEL PRINCIPE

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Passion and the Prince

Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2011 Penny Jordan

Traduzione di Marta Draghi

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà

Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony

ottobre 2012

Questo volume è stato stampato nel settembre 2012 presso la Rotolito Lombarda - Milano

COLLEZIONE HARMONY

ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 2738 del 16/10/2012

Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Alzando gli occhi dalla macchina fotografica, Lily pro-vò un certo orrore per la scena che aveva di fronte. Mo-delli e modelle seminudi – le ragazze scheletriche e con le labbra imbronciate che chiacchieravano o bevevano dell'acqua con la cannuccia, per non rovinare il trucco, e i ragazzi con i loro corpi abbronzati e palestrati – si sottoponevano alle attenzioni dei vari truccatori e par-rucchieri che ronzavano loro intorno. Le dita scorreva-no veloci sui telefonini, la pelle abbronzata risaltava sulla biancheria che i modelli indossavano per il servi-zio fotografico. Una musica assordante rimbombava nella piccola stanza nonostante molti stessero ascoltan-do il proprio iPod. In altre parole, un normalissimo e caotico set fotografico. «È arrivato l'ultimo modello?» chiese all'hairstylist, che rispose scuotendo la testa. «Non possiamo aspettare ancora. Lo studio è libero soltanto oggi, dovremo usare due volte un altro model-lo.» «Se vuoi, posso scurire i capelli di uno dei ragazzi biondi» suggerì la stylist, allungando una mano per non far cadere lo stand della biancheria urtato dal passaggio di uno dei modelli. Guardandosi intorno, Lily provò una fitta al cuore. Era cresciuta in quel mondo – fino a che non aveva de-ciso di rifiutarlo e allontanarsene – e ora non le piaceva

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per niente, quasi odiando tutto ciò che esso rappresenta-va. Potendo scegliere, quell'affollato e squallido studio dall'odore fin troppo familiare – un mix di feromoni maschili, sudore, ansie femminili, sigarette e sostanze illegali – era l'ultimo posto in cui avrebbe voluto trovar-si. Facendosi strada in mezzo a un gruppetto di model-le, posò la macchina fotografica su un tavolino e si av-vicinò a controllare la posa di una ragazza dallo sguar-do scuro e diffidente, chiedendosi quanti giovani spe-ranzosi erano entrati in quel mondo credendo di poter ottenere subito un contratto per una famosa rivista di moda, solo per scoprirne il lato più squallido. Troppi. I servizi fotografici di quel genere erano proprio uno degli aspetti meno affascinanti per chi lavorava nel mondo della moda, un mondo lontano da quello che succedeva nelle riviste patinate che non avevano pro-blemi di budget. Non avrebbe voluto farlo. Era a Milano per una ra-gione del tutto diversa, ma non era mai riuscita a rifiu-tare una richiesta di aiuto da parte del suo fratellastro, e lui ne approfittava. La madre di Rick – seconda moglie di suo padre – era sempre stata molto carina con lei e le sembrava suo dovere ripagare quella gentilezza aiutan-do il ragazzo. Ma, come non poteva ignorare il proprio senso del dovere, allo stesso tempo non riusciva a di-menticare tutto ciò che il loro defunto padre era stato. Aveva fatto di tutto per dissuadere Rick dal seguire le orme del genitore famoso ed equivoco, ma inutilmente. Rick era deciso a diventare un fotografo di moda. Soddisfatta della posa della modella, tornò alla mac-china fotografica, però dovette interrompersi irritata perché la porta si spalancò all'improvviso, creando una luce non voluta allo scatto e facendo entrare un busto maschile in abito elegante.

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Il modello in ritardo era finalmente arrivato – rovi-nandole le foto... Esasperata, spostò una ciocca di fluenti capelli bion-di e – senza distogliere lo sguardo dalla macchina foto-grafica – gli disse: «Sei in ritardo. E sei in mezzo allo scatto». Solo l'improvviso silenzio piombato nella stanza le fece pensare che qualcosa non andava – provocandole una serie di brividi di ansia lungo la schiena. Fece un passo indietro e alzò lo sguardo, incontrando immedia-tamente quello freddo e ostile dell'uomo che era appena entrato. Un uomo alto, dai capelli scuri, le spalle larghe e un abito decisamente costoso, il cui linguaggio corpo-reo non faceva che sottolineare la stessa fredda ostilità – e un certo altezzoso sdegno – che gli leggeva negli occhi. Lily sentì i propri occhi spalancarsi involontariamen-te di fronte a quell'uomo e il cuore batterle incerto nel petto. Chiunque fosse, non era certo un modello. Anche se in boxer sarebbe stato... magnifico, si disse, con una fitta allo stomaco che la prese del tutto alla sprovvista. Se qualcuno glielo avesse chiesto, avrebbe detto – e ci credeva veramente – di essere abituata alla bellezza maschile e che, secondo lei, l'attrazione ses-suale era solo un crudele inganno di madre natura, ne-cessaria per la continuazione della specie ma da evitare il più possibile. Era cresciuta in un mondo in cui la bel-lezza era un bene di scambio abusato e sopravvalutato, e proprio per questo lei cercava in tutti i modi di non far risaltare la propria. Con il suo Sì? rivolto a quell'uomo avrebbe voluto suonare risoluta e distaccata, ma al posto delle scuse per averle rovinato lo scatto e di una spiegazione per l'interruzione, ricevette invece uno sguardo ancora più ostile, fatto di silenzioso e infastidito contegno che le diede i brividi.

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L'uomo non aveva degnato di uno sguardo le model-le praticamente svestite che, invece, lo stavano tutte fis-sando – e non c'era da meravigliarsene. Faceva apparire i giovani modelli presenti come dei ragazzini – ciò che in fondo erano – nonostante i loro muscoli. Era straor-dinariamente bello – bello ma gelido. E, sospettò Lily, piuttosto prevenuto. Trasudava un certo rude orgoglio maschile misto a potere sensuale, anche se quella strana durezza nell'espressione le faceva pensare che qualun-que cosa lo avesse portato lì non sarebbe stata piacevo-le – almeno per qualcuno. Ma non per lei. Non poteva essere lì per lei. Perché allora la sua presenza le aveva risvegliato tutti i possibili campanelli di allarme? Era la figlia dei suoi genitori, si disse. E questo signi-ficava che in un modo o nell'altro anche lei – come sua madre – doveva essere vulnerabile a quel genere di tra-volgente sensualità maschile. E altrettanto capace di u-sare la propria bellezza per sfruttarla commercialmen-te? Si sforzò di reprimere una strana sensazione che la fece rabbrividire – come il tocco indesiderato di un uo-mo. Non avrebbe mai ripetuto gli errori di sua madre! Era lì per fare un lavoro, non per cedere di fronte alle proprie insicurezze. Qualunque cosa lo avesse condotto in quello squalli-do studio, non era certo per la speranza di fare il model-lo. Il suo volto aveva i lineamenti marcati e imponenti di un busto rappresentato su un'antica moneta romana. Poteva essere il genere di volto che avrebbe trascinato eserciti di uomini in guerra e innumerevoli donne a let-to. Ma in quel momento aveva un'espressione talmente sprezzante che, se fosse stata catturata dalla macchina fotografica, avrebbe fatto correre a nascondersi i poten-ziali acquirenti anziché invogliarli a comprare l'articolo proposto. Aveva intenzione di dire qualcosa per rompere la ge-lida tensione che aveva creato?

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Lily fece un respiro profondo, e ripeté decisa: «Sì?». Un altro sguardo gelido. Non pareva nemmeno un essere umano, distaccato dalla vulnerabilità emotiva che colpiva normalmente la razza umana, per nulla tur-bato dalla tensione quasi palpabile che si era creata nel-la stanza. «È lei la responsabile qui?» Aveva una voce più calma di quanto si sarebbe a-spettata, ma carica della stessa autorità che trasudava dalla sua presenza, e un tono decisamente aspro. Lily diede un'occhiata preoccupata alla stanza e ai modelli. La visita non era certo amichevole, ed essendo lì al posto del fratellastro sapeva di doversene prendere la responsabilità. «Sì» confermò. «C'è qualcosa di cui le voglio parlare – in privato.» Un sommesso mormorio si diffuse nella stanza. Lily avrebbe voluto rispondere che non avevano nulla da dirsi, e certamente non in privato, ma le venne il vago sospetto che forse suo fratello aveva fatto qualcosa per far arrabbiare quell'uomo. «D'accordo» replicò. «Ma dovrà farlo in fretta. Co-me vede, stiamo facendo un servizio fotografico.» Lo sguardo di violento disprezzo le fece fare un pas-so indietro, prima di avvicinarsi con riluttanza alla por-ta che lui stava tenendo aperta per farla passare. Un ge-sto di buona educazione un po' all'antica, o piuttosto quello di una guardia che non voleva farsi scappare il prigioniero? Lo studio si trovava in un vecchio edificio, e la porta era sufficientemente robusta da tenere fuori i commenti e le domande che si sarebbero fatti all'interno. Lily si fermò sul piccolo pianerottolo in cima alle scale, tenen-dosi il più vicina possibile alla porta. In uno spazio così ridotto, non c'era possibilità di fu-ga – lui bloccava il passaggio sulle scale.

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«Mi chiami pure sessista e antiquato» esordì l'uomo, «ma scoprire che è una donna a procurare giovani corpi e ad approfittarne economicamente è ancor più ripu-gnante che non se lo facesse un uomo. E quella donna è lei, vero? È lei la donna che vive della vanità e della stupidità degli altri, nutrendoli di false speranze e sogni impossibili.» Lily lo fissava incredula. Quell'accusa la riempiva di disgusto, accompagnato dallo shock di sentirla da uno sconosciuto. Pensò che forse era uno squilibrato, ma il suo sesto senso le disse che in realtà era perfettamente sano di mente. Si passò una mano fra i capelli – come sempre quan-do si sentiva insicura – e gli disse con voce scossa: «Non ho idea di cosa stia parlando, ma credo stia com-mettendo un errore». «Lei è una fotografa e va alla ricerca di giovani idioti promettendo loro una scintillante carriera di modelli che – lei sa bene – finirà per distruggere la loro vita.» «Questo non è vero» si difese Lily, in un tono trabal-lante e per nulla convinto. In fin dei conti, quello che l'uomo stava dicendo non era esattamente ciò che lei provava nei confronti del business delle modelle? Fece un respiro profondo, decisa a dirglielo, ma pri-ma che potesse parlare lui continuò aspro: «Non ha nessuna vergogna? Nessun senso di colpa per ciò che fa?». Senso di colpa? Ecco la parola che più di tutte riusci-va a risvegliare in lei una valanga di oscuri ricordi – co-me una freccia avvelenata diretta alle sue emozioni me-no protette. Doveva allontanarsi da quell'uomo, ma non riusciva. Era intrappolata con lui su quel piccolo piane-rottolo. Con gli occhi della mente vide il panico trasfor-marsi in un balzo selvaggio per fuggire da lì, nel desi-derio di arrotolarsi in una pallina così piccola da non poter essere vista – o tanto meno toccata.

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Ma quella era solo la sua immaginazione. In realtà, non aveva alcuna via di fuga. «Questo mondo in cui lei sta cercando di trascinare Pietro – mio nipote – è fatto di crudeltà e corruzione, in cui giovani corpi sono usati e abusati da coloro che ne desiderano la bellezza per i propri obiettivi debosciati.» Suo nipote? Il cuore di Lily batteva selvaggio. Ogni parola pronunciata da quell'uomo riapriva una nuova ferita nelle sue emozioni, lacerando il sottilissimo strato di fragilità – l'unica cosa che aveva per proteggerle. «Non ho idea di quanti giovani siano stati vittima delle sue promesse di fama e ricchezza, ma posso dirle questo: mio nipote non sarà uno di loro. Grazie al cielo, ha avuto il buon senso di raccontare alla sua famiglia del modo in cui lo avete avvicinato con la promessa di un lavoro come modello e di tanti soldi.» Lily aveva la gola secca. Quell'aspetto del lavoro di suo padre non le era mai piaciuto, sapendo bene ciò che persone senza scrupoli potessero far vivere a quei gio-vani e ingenui modelli. Ed essere ora accusata di una cosa del genere fu così sconvolgente da privarla di ogni capacità di difendersi. «Si riprenda i suoi soldi» le disse sbattendole in fac-cia una manciata di euro. «Soldi sporchi... Quanti schi-fosi predatori intendeva presentare a mio nipote al party a cui lo ha invitato dopo il servizio fotografico? Aspetti, mi lasci indovinare. Il più possibile, immagino. Perché questo è il suo lavoro, giusto?» Rick aveva forse invitato quel ragazzo al party? Il cuore di Lily ebbe un ulteriore sussulto. Rick era un ra-gazzo molto socievole; era normale per lui uscire a bere qualcosa dopo i servizi fotografici. Oltretutto, era la set-timana della moda, e a Milano erano radunati tutti i no-mi importanti di quel mondo... ma anche i personaggi peggiori, quelli che... Provò un brivido di repulsione e le venne la pelle

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d'oca al solo ricordo delle proprie paure. Voleva respi-rare aria fresca. Voleva fuggire dal passato che quel-l'uomo e quell'ambiente le avevano riportato alla me-moria. «Quelle come lei mi disgustano. Forse all'apparenza avete un genere di bellezza che fa girare gli uomini per la strada, ma non è sufficiente per coprire la vostra cor-ruzione.» Doveva assolutamente respirare aria fresca. Altri-menti sarebbe svenuta. Pensa a qualcos'altro, si disse. Pensa al presente, non al passato. Concentrati su qual-cos'altro. Lo sforzo di cercare di concentrarsi la fece oscillare lievemente. E, immediatamente, lui l'afferrò tenendola salda. La sua mente sapeva la verità, ma il suo corpo stava rispondendo a un messaggio del tutto diverso, che le fece esclamare con feroce angoscia: «Non mi toc-chi!». La reazione all'idea di essere imprigionata fu istinti-va e immediata, scatenata dal profondo, mentre entrava nel panico e usava la mano libera per cercare di togliere le dita di lui dal suo polso. Lui, per tutta risposta, serrò la presa attirandola a sé. Stretta contro quel corpo, Lily attese che le familiari sensazioni di nausea e terrore la travolgessero, e invece – incredibilmente – i suoi sensi le mandavano messaggi di consapevolezza del corpo di quell'uomo, talmente in-soliti per lei da immobilizzarla per lo shock. Com'era possibile che, anziché riempirla di disgusto, quel fresco aroma di dopobarba stesse risvegliando in lei il desiderio di avvicinarsi ulteriormente? Com'era possibile che la solida forza di quel corpo maschile le sembrasse in qualche modo piacevole? Come se il suo corpo l'approvasse anziché temerla. Come se avesse a-perto la porta di un mondo alla rovescia – un paese del-le meraviglie in cui ciò che si era aspettata di provare

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era stato rimpiazzato dall'imprevisto. Il più totale im-previsto, si disse mentre guardava intontita la propria mano spiattellata contro quel petto, la propria pelle chiara contro lo scuro tessuto del suo abito. Erano passati solo pochi secondi – ma un'eternità per le sue emozioni. Ora, oltre alla confusione di ciò che stava provando, sentiva anche un crescente senso di ur-genza. Un desiderio, anzi, un bisogno di liberarsi dall'intimità di quella presa. E non perché avesse paura di lui, ma perché temeva le proprie sensazioni nei suoi confronti. C'era uno strano sguardo nei suoi occhi, una sorta di incredulità scioccata e furiosa, come se ci fosse qualco-sa che non riusciva a cogliere a pieno. «Mi lasci andare.» Quelle parole, eco del passato, ebbero un effetto gal-vanizzante su di lui, facendogli cancellare immediata-mente quello sguardo per sostituirlo con una vera e pro-pria rabbia. Molto meglio. La rabbia significava che e-rano nemici, benché per Lily fosse ovvio che, chiunque fosse quell'uomo, non era certo abituato alle donne che lo rifiutavano. Il suo sguardo era un pericoloso vulcano di oro fuso, fisso su di lei quasi a volerla imprigionare. Sentì che iniziava a tremare, colma di debolezza. Picco-li brividi traditori si sprigionavano in tutto il corpo a partire dal punto di contatto con la sua mano. Consape-volezza sessuale? Desiderio sessuale? Da parte sua? Per quell'uomo che nemmeno conosceva – un estraneo che le aveva già mostrato il proprio disprezzo? Come pote-va avere su di lei un effetto tanto intenso da impedirle di dirgli quanto si stesse sbagliando? La lasciò andare bruscamente, allontanandola e scen-dendo i gradini due alla volta, mentre lei riprendeva fia-to e tentava di girare la maniglia della porta con mani tremanti. Era di nuovo in salvo, nello studio. Ma sapeva bene

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che non si sarebbe mai sentita del tutto al sicuro. In una manciata di secondi e per colpa di un gesto maschile automatico e istintivo, la bolla protettiva in cui si era avvolta per difendersi dagli uomini era svanita. Nella presa di quell'uomo aveva provato una consapevolezza di lui come maschio che aveva colpito l'essenza di ogni sua convinzione, rivelandole una vulnerabilità che si era ripromessa di non conoscere mai. Come poteva es-sere successo così in fretta e in modo così inaspettato? Così inaccettabile? Come un fulmine a ciel sereno. Non ne aveva idea, e non voleva nemmeno saperlo. Intende-va solamente ignorarlo e dimenticarsene. Ancora stordita, si sforzò di tornare a concentrarsi sul lavoro che doveva svolgere. «Cos'è successo?» chiese lo stilista curioso. «Nulla. Solo un piccolo errore.» Anche se il vero errore era solo da parte sua. Sistemò la macchina fotografica con mani tremanti. Fra i suoi primi ricordi c'era la sensazione di essere ca-pace di sentirsi al sicuro dietro la macchina fotografica, mentre giocava nello studio del padre, dove spesso da bambina veniva lasciata sola dai genitori, troppo impe-gnati con la propria vita per occuparsi di lei. La mac-china fotografica rappresentava la sicurezza in così tan-ti modi. Era un mantello magico dietro cui nascondersi e proteggersi. Ma non quel giorno. Non in quel mo-mento. Guardando attraverso l'obiettivo, anziché una modella in posa pronta per la foto, vedeva solo l'imma-gine dell'uomo che le aveva appena rubato il senso di protezione e sicurezza. Chiuse gli occhi un istante. In fondo, non era successo nulla che alterasse davve-ro la sua vita. Si sentiva come se fosse stata trascinata nell'occhio di un ciclone, ma ora quel ciclone era passa-to e lei era di nuovo al sicuro. Ma lo era davvero? O era solo ciò che desiderava?

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Anzi, ciò che aveva bisogno di credere? Le arrivò un messaggio al cellulare e automatica-mente lo lesse, con dei movimenti impacciati che tradi-vano l'effetto che quell'uomo aveva avuto sul suo siste-ma nervoso. Era Rick, le diceva che stava volando a New York per un'opportunità che gli era capitata all'im-provviso. PS, diceva, lo studio è prenotato a tuo nome. Pagheresti il conto? Lily raddrizzò la schiena, scostandosi i capelli dal vi-so. Quella era la realtà – la realtà della sua vita e delle sue relazioni. Quel che era appena successo non era nulla, non significava nulla. E doveva essere dimentica-to, come se non fosse mai successo. Non contava nulla. Non poteva contare. Per qualche ragione si era aperto un varco nella protezione che si era costruita intorno e lei vi era scivolata dentro. Tutto lì. Non ne era caduta fuori, non si era persa per sempre, incantata dall'oscura magia del tocco di uno sconosciu-to. Aveva del lavoro da fare, si disse. Un lavoro vero – non certo questo favore a Rick. Il vero motivo per cui si trovava a Milano non aveva nulla a che vedere con il mondo della moda, e non era legato in nessun modo a suo padre. Lei aveva il proprio mondo, e il proprio po-sto in quel mondo. Il suo mondo sicuro, protetto e pro-tettivo – nel quale non sarebbe mai stato ammesso un uomo che riusciva a sconvolgerle i sensi al punto da renderli prigionieri. Marco fece un cenno al suo assistente, porgendogli i documenti appena firmati, ma con la mente ancora con-centrata sulla telefonata appena ricevuta dalla sorella. La donna sperava che prendesse il figlio Pietro a lavo-rare con lui una volta finita l'università, con l'obiettivo che un giorno entrasse nel consiglio di amministrazione dell'impresa di famiglia, un vasto impero costruito da

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numerose generazioni di nobili e commercianti lombar-di. Marco vi aveva contribuito con l'acquisizione di una banca commerciale che a soli trent'anni lo aveva reso milionario. Ora che ne aveva trentatré aveva distolto la propria attenzione e il proprio intelletto dal futuro per concentrarsi invece sul passato, e in particolare sull'ere-dità artistica lasciata dai suoi antenati e da altre antiche famiglie della regione, finanziando e sponsorizzando giovani artisti. Marco non era mai riuscito a capire da chi la sorella avesse preso quella sua intensità emotiva. I loro genito-ri – entrambi deceduti – erano state figure piuttosto di-stanti, aristocratici e rigidamente formali nella loro vita. L'educazione dei figli era stata affidata a delle tate e poi a dei buoni collegi. La madre non era certo il tipo da scomporsi in alcun modo per i figli, tanto meno con un contatto fisico. Era stata l'esatto opposto della tipica mamma italiana. Sì, orgogliosa di entrambi, ma non certo una che li abbrac-ciasse o li baciasse. Non che gli fosse mancato qualcosa durante l'infanzia, a suo ricordare. Il suo spazio, la giu-sta distanza dalle altre persone erano fondamentali per lui. Tuttavia, poteva comprendere la preoccupazione della sorella per il figlio Pietro – anche se la sua mente razionale non riusciva ad accettare che lei ne prendesse le difese per aver accettato dei soldi in cambio di un presunto lavoro come modello. Il suo povero figliolo a-veva bisogno di una rendita più generosa, gli aveva det-to, accusando addirittura Marco del fatto che il ragazzo avesse sentito il bisogno di assumersi un tale rischio, visto che proprio Marco aveva insistito perché Pietro gestisse una somma di denaro così ridicola. Ovviamen-te la sorella si era affrettata a dirgli quanto gli fosse gra-ta per essere intervenuto andando a parlare con la per-sona cattiva che aveva avvicinato il suo prezioso bam-

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bino. Dopotutto, sapevano entrambi cosa poteva succe-dere ai giovani innocenti che si ritrovavano coinvolti nel sordido mondo della moda. Marco posò lo sguardo sulla cornice d'argento che a-veva sopra la scrivania. Olivia, la ragazza nella foto, era molto giovane – aveva appena compiuto sedici anni. Il volto era illuminato da un timido sorriso, con lunghi ricci scuri che le cadevano sulle spalle. Sembrava inno-cente e malleabile, incapace di imbrogliare o tradire chiunque. La sua era la bellezza di un bocciolo di rosa – bellissima, ma non ancora pienamente matura. Olivia la maturità non l'aveva mai raggiunta. La rabbia tornò a bruciare in lui, una rabbia sempre più intensa, mista al fastidioso ricordo della scossa di desiderio di poche ore prima nei confronti della donna verso cui meno se lo sarebbe aspettato. Ma si era tratta-to solamente di un brevissimo momento di debolezza, si disse. La semplice conseguenza del fatto che il suo letto era vuoto da quasi un anno ormai, dopo che si era rifiutato di impegnarsi seriamente con la sua ultima conquista. Si alzò avvicinandosi alla finestra. Non ci teneva molto a vivere in città – tanto meno a Milano. Ma per motivi di affari era quasi necessario tenervi un apparta-mento. Una delle sue tante proprietà – alcune comprate di persona altre appartenute alla famiglia ed ereditate negli anni. Se mai avesse dovuto sceglierne una, avrebbe dato la preferenza al magnifico castello costruito da uno dei suoi antenati che, a sua volta, era stato un collezionista di splendide opere d'arte. Quando il Britain's Historical Preservation Trust, una fondazione culturale britannica, lo aveva contattato chiedendo il suo aiuto per l'allestimento di una mostra presso una villa inglese di ispirazione italiana che rac-contasse la storia dell'amore degli inglesi per la pittura,

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la scultura e l'architettura italiana, Marco inizialmente si era mostrato piuttosto scettico. Rassicurandolo sul modo in cui il progetto sarebbe stato gestito, lo avevano convinto a farsi coinvolgere, al punto da offrirsi di ac-compagnare l'archivista inviata dalla fondazione per un primo giro esplorativo delle ville italiane, meta ottimale per ciò che intendevano rappresentare nella loro mo-stra. La dottoressa Wrightington avrebbe visitato una se-rie di proprietà selezionate in collaborazione con la fon-dazione, e Marco l'avrebbe accompagnata. Il tour dove-va iniziare con un ricevimento a Milano, dopo il quale sarebbero partiti alla volta della loro prima meta – alcu-ne ville sulle rive del lago di Como. Sapeva ben poco della dottoressa Wrightington, se non che la sua tesi di dottorato riguardava l'antico legame storico fra l'arte i-taliana, i suoi artisti e i ricchi britannici che nel corso dei loro viaggi visitavano i grandi studi artistici di Ro-ma e Firenze, acquistandone le opere e portandole in Inghilterra con il desiderio di ricreare nelle proprie case il design e l'architettura italiani. Il tour si sarebbe con-cluso in una delle sue proprietà, il Castello di Lucchesi in Lombardia. Marco guardò l'orologio – semplice e senza alcun lo-go riconoscibile. La sua eleganza era sufficiente a de-clamarne lo status per coloro in grado di riconoscerlo. Aveva un'ora prima di dover dare il benvenuto alla dot-toressa Wrightington al ricevimento che aveva organiz-zato in suo onore presso il castello un tempo appartenu-to agli Sforza – i duchi di Milano – e ora diventato mu-seo aperto al pubblico. Anche la sua famiglia era stata alleata degli Sforza qualche secolo prima – un'alleanza che aveva portato benefici a entrambe le famiglie.

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Il sogno di Tally e Sander non poteva durare in eterno, ma proprio quando pensano che... Seconda parte de LA PROMESSA DEI VOLAKIS.

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Riservata, elegante, ferita. Questa è Annabelle Wolfe, la Regina di Ghiaccio. Settima puntata de I FAMIGERATI WOLFE.

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- Nella tenda dello sceicco

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Lo sceicco Amir ha giurato di redimere il nome della propria famiglia, così l'ultima cosa di cui ha bisogno... Tornano I PRINCIPI DEL DESERTO.

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- Piacevole vendetta di J. James

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Dopo anni di abbandono, il ritorno a casa di Jacob scuote Wolfe Manor dalle fondamenta. Ultimo episodio de I FAMIGERATI WOLFE.

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Il principe e sceicco Raja al-Somari sa che i suoi desideri vengono do-po il bene del suo popolo... Lasciati rapire da I PRINCIPI DEL DESERTO.

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Ha una vita assolutamenteperfetta, che non cambierebbedi una virgola. E invece lui sta tornando,per rivoluzionare tutto…in meglio.

SUSAN WIGGS fi rma unviaggio nei più reconditi recessi del cuore, tra legami di famigliae ricompense d’amore, perritrovarsi � nalmente e casa.

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Page 22: H2738_I DESIDERI DEL PRINCIPE

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