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HESSE. NARCISO E BOCCADORO Titolo originale: NARZISS UND GOLDMUND Traduzione di C. Baseggio Prima edizione: Berlino 1930 Prima edizione italiana: Milano 1933 1957 by Hermann Hesse, Montagnola CAPI~OLO I Davanti all'arco d'ingresso, retto da colonnette gemelle, del convento di Mariabronn, sul margine della strada c'era un castagno, un solitario figlio del Sud, che un pellegrino aveva riportato da Roma in tempi lontani, un nobile ca- stagno dal tronco vigoroso; la cerchia dei suoi rami si chi- nava dolcemente sopra la strada, respirava libera e am- pia nel vento; in primavera, quando intorno tutto era gi… verde e anche i noci del monastero mettevano gi… le loro foglioline rossicce, esso faceva attendere ancora a lungo le sue fronde, poi quando le notti eran pi— brevi, irradiava di tra il fogliame la sua fioritura esotica, d'un verde bian- chiccio e languido, dal profumo aspro e intenso, pieno di richiami, quasi opprimente; e in ottobre, quando l'altra frutta era gi… raccolta e il vino nei tini, lasciava cadere al vento d'autunno i frutti spinosi dalla corona ingiallita: non tutti gli anni maturavano; per essi s'azzuffavano i ra- gazzi del convento, e il sottopriore Gregorio, oriundo del mezzod•, li arrostiva in camera sua sul fuoco del camino_ Esotico e delicato, il bell'albero faceva stormir la sua chio- ma sopra l'ingresso del convento, ospite sensibile e facil- mente infreddolito, originario d'altra zona, misteriosamen- te imparentato con le agili colonnette gemelle del portale e con la decorazione in pietra degli archi delle finestre, dei cornicioni e dei pilastri, amato da chi aveva sangue latino nelle vene e guardato con curiosit…, come uno stra- niero, dalla gente del luogo. Sotto l'albero esotico eran gi… passate parecchie gene- raziOni di scolari: le loro lavagnette sotto il braccio, chiac- chierando, ridendo, giocando, litigando, scalzi o calzati se- condo la stagione, un fiore in bocca, una noce fra i denti o una palla di neve in mano. Ne venivan sempre di nuo- vi: ogni paio d'anni erano altri visi; i pi— s'assomiglia- vano: biondi e ricciuti. Parecchi rimanevano, diventavano novlzi, diventavano monaci, ricevevano la tonsura, porta- vano tonaca e cordone, leggevano libri, istruivano i ra- gazzl, mvecchiavano, morivano. Altri, terminati gli anni di scuola, venivano ricondotti a casa dai genitori: in ca- stelli feudali, in dimore di commercianti e d'artigiani, cor- revano il mondo, dediti ai loro passatempi e alle loro pro- fessloni; rltornavano qualche volta in visita al convento, fatti uomini portavano i loro figlioletti come scolari ai padri, sostavano un poco a guardar sorridenti e pensierosi l castagno, Sl perdevano di nuovo. Nelle celle e nelle sale del monastero, fra le pesanti ar- cate rotonde delle finestre e le doppie svelte colonne di pietra rossa, si viveva, s'insegnava, si studiava, si ammi- nistrava, si governava; arti e scienze d'ogni genere, pie e mondane, chiare ed oscure, erano l… coltivate e passavano in retaggio di generaZione in generazione. Si scrivevano

Hesse Narciso.e.boccadoro

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Page 1: Hesse Narciso.e.boccadoro

HESSE.NARCISO E BOCCADOROTitolo originale:NARZISS UND GOLDMUNDTraduzione di C. BaseggioPrima edizione: Berlino 1930Prima edizione italiana: Milano 19331957 by Hermann Hesse, Montagnola

CAPI~OLO I

Davanti all'arco d'ingresso, retto da colonnette gemelle,del convento di Mariabronn, sul margine della strada c'eraun castagno, un solitario figlio del Sud, che un pellegrinoaveva riportato da Roma in tempi lontani, un nobile ca-stagno dal tronco vigoroso; la cerchia dei suoi rami si chi-nava dolcemente sopra la strada, respirava libera e am-pia nel vento; in primavera, quando intorno tutto era gi…verde e anche i noci del monastero mettevano gi… le lorofoglioline rossicce, esso faceva attendere ancora a lungole sue fronde, poi quando le notti eran pi— brevi, irradiavadi tra il fogliame la sua fioritura esotica, d'un verde bian-chiccio e languido, dal profumo aspro e intenso, pieno dirichiami, quasi opprimente; e in ottobre, quando l'altrafrutta era gi… raccolta e il vino nei tini, lasciava cadereal vento d'autunno i frutti spinosi dalla corona ingiallita:non tutti gli anni maturavano; per essi s'azzuffavano i ra-gazzi del convento, e il sottopriore Gregorio, oriundo delmezzod•, li arrostiva in camera sua sul fuoco del camino_Esotico e delicato, il bell'albero faceva stormir la sua chio-ma sopra l'ingresso del convento, ospite sensibile e facil-mente infreddolito, originario d'altra zona, misteriosamen-te imparentato con le agili colonnette gemelle del portalee con la decorazione in pietra degli archi delle finestre,dei cornicioni e dei pilastri, amato da chi aveva sanguelatino nelle vene e guardato con curiosit…, come uno stra-niero, dalla gente del luogo.

Sotto l'albero esotico eran gi… passate parecchie gene-raziOni di scolari: le loro lavagnette sotto il braccio, chiac-chierando, ridendo, giocando, litigando, scalzi o calzati se-condo la stagione, un fiore in bocca, una noce fra i dentio una palla di neve in mano. Ne venivan sempre di nuo-

vi: ogni paio d'anni erano altri visi; i pi— s'assomiglia-vano: biondi e ricciuti. Parecchi rimanevano, diventavanonovlzi, diventavano monaci, ricevevano la tonsura, porta-vano tonaca e cordone, leggevano libri, istruivano i ra-gazzl, mvecchiavano, morivano. Altri, terminati gli annidi scuola, venivano ricondotti a casa dai genitori: in ca-stelli feudali, in dimore di commercianti e d'artigiani, cor-revano il mondo, dediti ai loro passatempi e alle loro pro-fessloni; rltornavano qualche volta in visita al convento,fatti uomini portavano i loro figlioletti come scolari aipadri, sostavano un poco a guardar sorridenti e pensierosil castagno, Sl perdevano di nuovo.

Nelle celle e nelle sale del monastero, fra le pesanti ar-cate rotonde delle finestre e le doppie svelte colonne dipietra rossa, si viveva, s'insegnava, si studiava, si ammi-nistrava, si governava; arti e scienze d'ogni genere, pie emondane, chiare ed oscure, erano l… coltivate e passavanoin retaggio di generaZione in generazione. Si scrivevano

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e commentavano libri, si meditavano sistemi, si racco-glievano opere di scrittori antichi, si miniavano mano-scritti, si coltivava la fede del popolo, si sorrideva dellafede del popolo. Dottrina e religiosit…, semplicit… e scal-trezza, sapienza dei Vangeli e sapienza dei greci, magiablanca e nera, tutto aveva la sua fioritura, per tutto c'eraposto: per l'isolamento e per la penitenza come per la vitasoclevole e per il benessere; il prevalere di questa o quellatendenza dipendeva dalla persona dell'abate in carica e dal-la corrente dominante del tempo. In alcuni periodi il con-vento era rinomato e frequentato per i suoi esorcisti e co-noscitori di demoni, in altri per la sua musica eccellente,ora per un santo padre che praticava guarigioni e miraco-li, e ora per i suoi intingoli di luccio e per i suoi pasticcidi fegato di cervo: ogni cosa aveva la sua epoca. E nellaschiera dei monaci e degli scolari, di quelli pii e di quellitiepidi, degli astinenti e dei prosperosi, fra i tanti che ve-mvano, vlvevano e morivano, c'era sempre stato questo oquell'individuo singolare, che tutti amavano o che tutti te-mevano, uno eletto, del quale si continuava a parlare alungo, quando i suoi contemporanei eran gi… dimenticati.

Anche in quel momento c'erano nel monastero di Maria-bronn due personalit… singolari: un vecchio e un giovane.Fra i molti frati che sciamavano per i dormitori, per le

chiese e per le aule scolastiche, due ce n'erano di cui tuttiparlavano, a cui tutti guardavano: l'abate Daniele, il vec-chio, e l'allievo Narciso, il giovane, che aveva cominciatoda poco il noviziato, ma per le Sue doti particolari, controogni tradizione, era gi… impiegato come insegnante, special-mente di greco. Questi due, l'abate e il novizio, avevanoautorit… nel convento, attiravano l'attenzione e la curiosit…,erano ammirati, invidiati e in segreto anche calunniati.

L'abate era generalmente amato, non aveva nemici; tut-to in lui era bont…, semplicit…, umilt…. Solo gli eruditi delconvento mescolavano al loro affetto un po' di degnazio-ne, poich‚ l'abate Daniele poteva essere un santo, ma cer-to un dotto non era. Egli possedeva quella semplicit… cheŠ saggezza, ma il suo latino era modesto, e il greco nonlo sapeva affatto.

Quei pochi che all'occasione sorridevano della semplicit…dell'abate erano tanto pi— incantati di Narciso, il fanciulloprodigio, il bel giovane dal greco elegante, dall'inappunta-bile contegno cavalleresco, dallo sguardo calmo e penetran-te di pensatore, dalle labbra severe e ben disegnate. Glieruditi amavano in lui la straordinaria conoscenza del gre-co, quasi tutti la nobilt… e la finezza; molti ne erano inna-morati. Ma la sua taciturnit…, il suo dominio sopra se stes-so, le sue maniere eccessivamente compiute urtavano taluni.

Abate e novizio portavano ciascuno a modo suo il desti-no dell'eletto, ciascuno a modo suo dominava e soffriva.Sentivano fra loro un'afffinit… e un'attrazione reciproca pi—torte che verso tutti gli altri ospiti del convento; e tutta-via non riuscivano ad avvicinarsi, a scaldarsi l'uno accan-to all'altro. L'abate trattava il giovane con la massima sol-lecitudine, col massimo riguardo, aveva cura di lui comedi un fratello eccezionale, delicato, forse precocemente ma-turo, forse esposto a pericoli. Il giovane accoglieva con at-

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teggiamento irreprensibile ogni ordine, ogni consiglio, ognielogio dell'abate, non contraddiceva mai, non si mostravamai indispettito, e se era vero il giudizio dell'abate su dilui, se il suo unico difetto era l'orgoglio, sapeva nascon-derlo meravigliosamente. Non si poteva dir nulla controdi lui: era perfetto, era superiore a tutti. Ma pochi gli di-ventaVano amici davvero, tranne gli eruditi; la sua distm-zione lo circondava come un'atmosfera di gelo.--Narciso,--gli disse un giorno l'abate dopo una con-fessione, -- devo dichiararmi colpevole di un giudizio se-vero a tuo riguardo. Ti ho ritenuto spesso orgoglioso e for-se ti ho fatto torto. Sei molto solo, mio giovane fratello,sei Isolato, hai ammiratori, ma non amici. Io vorrei averoccaslone di biasimarti qualche volta, ma non c'Š motivo.Vorrei che tu fossi qualche volta scortese, come lo sonofacilmente i giovani della tua et…. Tu non lo sei mai. Qual-che volta sono preoccupato per te, Narciso.

Il glovane alz• i suoi occhi scuri in viso all'abate.

--lo desidero molto, reverendo padre, di non darvipreoccupazioni. Pu• essere ch'io sia orgoglioso, reverendopadre. Vi prego, punitemi. A volte sento io stesso il desi-derio di punirmi. Mandatemi in un eremitaggio, padre, ofatemi compiere servizi umili.

--Tanto per una cosa quanto per l'altra sei troppo gio-vane, caro fratello, -- disse l'abate. -- Inoltre hai attitu-dini eccellenti per le lingue e per la speculazione, figliolo;sarebhe uno sprecare questi doni divini, se io volessi im-porti dei servizi umili. Probabilmente diventerai un maestroe uno scienziato. Non lo desideri anche tu?

-- Perdonate, padre, non mi rendo conto con tanta pre-cislone dei miei desideri. Le scienze mi daranno semprepiacere: come potrebbe essere altrimenti? Ma non credoche esse debbano diventare il mio unico campo. Non sonosempre i desideri a determinare il destino e la missione diun uomo: ci pu• essere qualcos'altro, di predestinato.

L'abate ascoltava, facendosi serio. Tuttavia un sorrisoilluminava il suo volto canuto, mentre diceva: --Per queltanto che ho imparato a conoscere gli uomini, incliniamotutti, specialmente in giovent—, a confondere la provviden-za COi nostri desideri. Ma poich‚ tu credi di conoscere find'ora la tua destinazione, dimmi, a che cosa credi di esseredestmato ?

Narciso socchiuse gli occhi scuri, che scomparvero sottole lunghe ciglia nere. Tacque.

--Parla, figliolo, -- ammon• l'abate dopo aver attesoa lungo. A voce bassa, con lo sguardo chino, Narciso co-minci• a parlare.

--Credo di sapere, reverendo padre, che innanzi tuttosono destinato alla vita claustrale. Diventer•, credo, mona-co, sacerdote, sottopriore e forse abate. Non lo credo per-ch‚ lo desideri. Il mio desiderio non mira a cariche. Mami verranno imposte.

Rimasero a lungo silenziosi.

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--Perch‚ hai questa convinzione? -- domand• esitan-do il vegliardo. --Quale tua particolarit…, oltre alla dot-trina, ti d… questa convinzione?

-- La particolarit…, -- rispose Narciso lentamente, --di possedere un'intuizione dell'indole e della vocazione de-gli uomini; non solo della mia, ma anche di quella deglialtri. Questa propriet… mi costringe a servire gli altri, do-minandoli. Se non fossi nato per la vita monastica, dovreidiventare un giudice o un uomo di stato.

--Pu• darsi,--assent• l'abate.--Hai gi… sperimenta-to codesta tua capacit… di conoscere gli uomini e il lorodestino ?

-- L'ho sperimentata.

-- Sei disposto a darmi un esempio?

-- Sono disposto.

-- Bene. Poich‚ non vorrei penetrare nei segreti dei no-stri fratelli a loro insaputa, vuoi dirmi che cosa credi disapere sul conto mio, sul conto del tuo abate Daniele?

Narciso alz• le palpebre e guard• l'abate negli occhi.

-- Lo comandate, reverendo padre?

-- Lo comando.

-- Mi Š penoso parlare, padre.

-- Anche a me Š penoso, mio giovane fratello, costrin-gerti a parlare. Tuttavia lo faccio. Parla!

Narciso chin• il capo e mormor•: --E poco quello cheso di voi, venerato padre. So che siete un servo di Dio, ilquale preferirebbe custodir le capre o suonare la campa-nella in un eremo e ascoltar la confessione dei contadinganzich‚ dirigere un grande convento. So che avete un amo-re particolare per la santa Madre di Dio e che a lel dipreferenza rivolgete le vostre preghiere. Talvolta pregate,perch‚ le scienze greche e le altre che si coltlvano In que-sto monastero non rechino turbamento e pericolo alle ani-me di coloro che vi sono affidati. Talvolta pregate, perch‚non vi scappi la pazienza col sottopriore Gregorio. Talvol-ta pregate che vi sia concessa una fine serena. E sareteesaudito, credo, e avrete una fine serena.

Nel piccolo parlatorio dell'abate si fece silenzio. Final-mente il vegliardo parl•.-- Sei un sognatore e hai delle visioni,--disse con be-nevolenza. --Anche le visioni pie e buone possono ingan-nare; non fidartene, come neppur io me ne fido... Saprestivedere, o fratello sognatore, che cosa penso in cuor mioa questo proposito?

-- Posso vedere, padre, che pensate molto benevolmentein proposito. Pensate: ® Questo giovane scolaro corre qual-che pericolo, ha delle visioni, forse ha meditato troppo. Po-trei imporgli una penitenza, che non gli far… male. Maquella stessa penitenza la imporr• anche a me "... Ecco

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quello che pensate ora.

L'abate si alz•. Sorridendo fece cenno al novizio di con-gedarsi.

--Va bene, --disse. --Non prender troppo sul seriole tue visioni, giovane fratello. Dio richiede qualcos'altroda noi, che aver delle visioni. Ammettiamo che tu abbialusingato un vecchio, promettendogli una morte benigna.Ammettiamo che il vecchio abbia per un momento ascol-tato volentieri questa promessa. Ora basta. Reciterai unrosario, domani dopo la prima messa: lo reciterai conumllt… e devozione, non superficialmente, e io far• altret-tanto. Ora va, Narciso, abbiamo chiacchierato abbastanza.

Un'altra volta l'abate Daniele dovette comporre un dis-sidio fra il pi— giovane dei padri insegnanti e Narcisoperch‚ non potevano accordarsi su di un punto del pro-gramma didattico: Narciso insisteva con molto calore sul-la necessit… d'introdurre nell'insegnamento alcuni muta-menh, che sapeva anche giustificare con ragioni convincen-tl; ma padre Lorenzo, per una specie di gelosia, nonvoleva acconsentlre, e a ogni nuova discussione seguivanogiorni di silenzio imbronciato, finch‚ Narciso, sentendo diaver ragione, ritornava sull'argomento. Finalmente padreLorenzo, un po' offeso, disse: --Ebbene, Narciso, faccia-mola finita con questa discussione. Tu sai che spctterebbea me decidere e non a te; tu non sei mio collega, ma mioassistente e devi uniformarti alla mia volont…. Ma poich‚dal tanta importanza alla cosa e io ti sono bens• superioreper autorit… ma non per sapere e per ingegno, non voglioprendere io stesso la decisione; esporremo la questione alnostro padre abate e lasceremo decidere a lui

Cos• fecero, e padre Daniele ascolt• con paziente benevolenza la disputa dei due eruditi sulla loro concezionedell'insegnamento della grammatica. Quando ebbero espo-sto minutamente e motivato ciascuno le proprie idee, ilvecchio li guard• sereno, scuotendo un poco la testa canu-ta, e disse: --Cari fratelli, voi non pensate certo che iodi queste cose m'intenda tanto quanto voi. E lodevole daparte di Narciso che la scuola gli stia cos• a cuore e ch'eghaspiri a migliorare i programmi d'insegnamento. Ma se ilsuo superiore Š di un'altra opinione, Narclso deve tacere eubbidire, e tutti i miglioramenti della scuola non compen-serebbero il danno, se per causa loro l'ordine e l'obbedien-za venissero turbati in questa casa. Biasimo Narciso di nonaver saputo cedere. E a tutti e due, miei giovani dotti, au-guro che non vi manchino mai superiori pi— ignoranti divoi; non c'Š nulla di meglio contro l'orgoglio--. Con que-sto scherzo bonario li conged•. Ma non dimentic• nei gior-ni seguenti di tener d'occhio i due insegnanti, per vederese si fosse ristabilito fra loro un buon accordo.

Or avvenne che un viso nuovo fece la sua comparsa nelconvento, dove di visi se ne vedevan giungere e partire tan-ti: e il nuovo ospite non era di quelli che passano inosser-vati e si dimenticano presto. Era un ragazzo, che suo pa-dre aveva gi… annunciato da tempo e che un giorno diprimavera arriv• per studiare alia scuola del convento. Pa-dre e figlio legarono i cavalli al castagno e dal portale sifece loro incontro il frate portinaio.

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Il ragazzo guard• su all'albero ancora brullo.--Un al-bero come questo, -- disse, -- non l'ho mai veduto_ Unbell'albero, strano! Mi piacerebbe sapere come si chiama.

Il padre, un signore maturo, dal volto preoccupato e unpo' contratto, non si cur• delle parole del figlio. Ma

portinaio, al quale il ragazzo piacque subito molto, soddi-sfece la sua curiosit…. Il ragazzo lo ringrazi• gentilmente,gli diede la mano e disse: --lo mi chiamo Boccadoro edebbo venire a scuola qui --. Il frate sorrise, cordiale, eprecedette i nuovi arrivati sotto il portale e su per la gran-de scalinata di pietra. Boccadoro entr• senza sgomento nelmonastero: sentiva di aver incontrato gi… due esseri di cuipoteva farsi amico, l'albero e il portiere.

I visitatori furono ricevuti prima dal padre direttoredella scuola, e verso sera anche dall'abate. All'uno e all'al-tro il padre di Boccadoro, funzionario imperiale, present•

suo figlio; fu invitato a rimanere qualche tempo ospite delconvento, ma accolse l'invito solo per una notte, dichiaran-do di dover ripartire l'indomani. Offerse al convento unodei suoi due cavalli, e il dono fu accettato. La conversazio-ne coi monaci si svolse cortese e fredda; ma tanto l'abatequanto il direttore guardarono subito con simpatia quelbel ragazzo fine, che taceva con deferenza. Il giorno se-guente lasciarono partire senza rammarico il padre, e trat-tennero volentieri il figlio_ Boccadoro fu presentato ai mae-stri e gli fu assegnato un letto nel dormitorio degli scola-ri. Quando il padre ripart• sul suo cavallo, egli lo salut•rispettoso e col viso rattristato, poi rimase immobile a se-guirlo con gli occhi, fin che scomparve fra il granaio e ilmulino sotto lo stretto portone ad arco del cortile esternodel convento. Allora si volt• e una lacrima gli luccicavasulle lunghe ciglia bionde; lo accolse subito il portiere, bat-tendogli affettuosamente la mano sulla spalla.

-- Signorino,--disse a mo' di conforto,--non devi es-ser triste. Quasi tutti in principio hanno un po' di nostal-gia per il babbo, per la mamma, per i fratelli. Ma vedrai:si vive anche qui, e tutt'altro che male.

--Grazie, frate portinaio, -- rispose il ragazzo. -- lonon ho n‚ fratelli n‚ mamma, ho solo il babbo.

--In compenso trovi qui compagni, dottrina, musica,nuovi giochi che non conosci ancora, e una cosa e l'altra,vedrai. E quando hai bisogno di qualcuno che ti vogliabene, vieni da me.

Boccadoro lo guard• sorridendo. -- Oh, vi ringraziomolto! E se volete farmi un piacere, mostratemi subito, viprego, dov'Š il nostro cavallino, che mio padre ha lasciatoqui. Vorrei salutarlo e vedere se sta bene anche lui.

Il portinaio lo accompagn• tosto nella stalla presso ilgranaio, Nella penombra tiepida c'era un forte odor dicavalli, di sterco e d'orzo, e in uno dei reparti Boccadorotrov• il sauro che l'aveva portato fin l•. Il cavallo avevagi… riconosciuto il padroncino e tendeva la testa verso dilui; il ragazzo mise le braccia intorno al collo dell'animale,accost• la guancia alla sua fronte larga e chiazzata di bian-

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co, l'accarezz• affettuosamente e gli sussurr• all'orecchio:-- Buon giorno, Bless, cavallino mio, mio bravo; stai be-ne? Mi vuoi bene ancora? Hai anche tu da mangiare?Pensi anche tu a casa? Bless, piccolo, caro, che bella cosa

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che tu sia rimasto qui! Verr• spesso a trovarti, a vederedi te--. Tolse dal risvolto della manica un pezzo di pa-ne che aveva messo da parte a colazione, lo sbriciol• e lodiedc da mangiare al cavallo. Poi salut• Bless e segu• ilportiere attraverso il cortile, vasto come la piazza del mer-cato di una grande citt… e piantato in parte a tigli. All'in-gresso interno ringrazi• il frate e gli diede la mano, mapoi s'accorse di aver dimenticato la strada che conducevaalla sua aula e che gli avevano mostrata il giorno prima:rise un poco, arross• e preg• il portiere di guidarlo; quegliacconsent• volentieri. Entr• allora nella classe, dove unadozzina di ragazzi e giovinetti stavan seduti nei banchi, el'assistente Narciso si volt• verso di lui.

-- Sono Boccadoro, -- disse, -- il nuovo scolaro.

Narciso salut• brevemente, senza sorridere: gl'indic• unposto nel banco posteriore e prosegu• la lezione.

Boccadoro sedette. Era stupito di trovare un insegnantecos• giovane, maggiore di lui di pochi anni appena, erastupito e lieto di trovare questo giovane maestro cos• bel-lo cos• distinto, cos• serio e insieme cos• attraente e ama-biie. Il portinaio era stato gentile con lui, l'abate l'avevaaccolto tanto benevolmente, l… nella stalla c'era Bless, unpezzetto di patria: ed ecco ora questo maestro straordina-riamente giovane, serio come un erudito, e fine come unprincipe, con una voce cos• dominata, fredda, positiva, av-vincente. Pieno di gratitudine, Boccadoro diede ascolto aquello di cui si parlava, senza tuttavia comprendere subi-to. Prov• un senso di benessere. Era arrivato in mezzo agente buona ed amabile, ed era pronto ad amarla e a faredi tutto per guadagnarsene l'amicizia. Il mattino, a letto,appena desto, s'era sentito oppresso, ed era ancora stancodel lungo viaggio, e alla partenza del padre aveva piantoun poco. Ma ormai tutto andava bene; era contento. Con-tinuava ad osservare il giovane maestro, compiacendosi del-la sua figura diritta e slanciata, del suo occhio freddo elampeggiante, delle sue labbra energiche che spiccavan lesillabe con precisa chiarezza, della sua voce alata, instan-cabile.

Ma quando la lezione fu terminata e gli scolari si alza-ronO chiassosi, Boccadoro sussult• e s'accorse un po' con-fuso di aver dormito. E non fu il solo ad accorgersene, an-che i suoi vicini di banco l'avevano notato ed avevan pas-

sato la parola agli altri. Non appena il giovane maestroebbe lasciato l'aula, i compagni presero a tirare e urtareBoccadoro da tutte le parti.

--Dormito abbastanza? -- domand• uno, sogghi-gnando.

--Uno scolaro scelto!--motteggi• un altro.--Ne ver-

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r… fuori un bel luminare della Chiesa. S'addormenta comeun tasso proprio alla prima lezione!

--Mettetelo a letto, il piccolo,--propose uno; e lo af-ferrarono per le braccia e per le gambe per portarlo viafra le risa generali.

Svegliato da tanto strepito, Boccadoro and• sulle furie;cominci• a dibattersi cercando di liberarsi; ricevette cazzot-ti e infine fu lasciato cadere, mentre uno lo tratteneva an-cora per un piede. Si liber• da questo con uno strattone,si gett• sul primo che gli capit• e impegn• subito con luiuna lotta violenta. Il suo avversario era un pezzo di ra-gazzo e tutti stettero ad osservare il duello con avida cu-riosit…. Quando videro che Boccadoro non soccombeva eassestava dei buoni pugni al colosso, molti fra i compagnigli furono subito amici, prima ancora ch'egli conoscesseuno di loro per nome. Ma a un tratto tutti si disperseroprecipitosamente; erano appena scomparsi che entrava pa-dre Martino, il direttore, e si trovava di fronte all'unicoragazzo rimasto. Lo guard• stupito; gli occhi azzurri delfanciullo brillavano confusi nel viso acceso e un po' pesto.

--Be', che ti Š accaduto?--domand•.--Tu sei Boc-cadoro, no? Ti hanno fatto qualcosa, quei furfanti?

-- Oh no, -- rispose il ragazzo, -- l'ho messo fuoricombattimento.

--Chi poi?

--Non so. Non conosco ancora nessuno. Uno ha fattola lotta con me.

--Ah? Ha cominciato lui?

--Non so. No, credo d'aver cominciato io. Mi hannocanzonato, e io sono andato in collera.

--Bravo, cominci bene, ragazzo mio! Tieni a mente:se tu fai a pugni ancora una volta qui in classe, sarai pu-nito. Ed ora spicciati a venire a cena, avanti!

Sorridendo, segu• con lo sguardo Boccadoro, che corre-va confuso e cercava, strada facendo, di ravviarsi con ledita i biondissimi cal~elli scompigliati.

Boccadoro era persuaso che la prima azione della sua~ita di convento fosse stata una sciocchezza molto sconve-niente, e quando cerc• e raggiunse i suoi compagni a ce-na, si sentiva alquanto mortificato. Invece fu a®olto conrispetto e cordialit…, si riconcili• cavallerescamente col suonemico, e si sent• subito benvenuto in quella cerchia.Pur essendo in buoni rapporti con tutti, Boccadoro stent•a trovare un vero amico; fra i suoi compagni non c'eranessuno al quale si sentisse affine o che destasse in lui unapartlcolare simpatia. Gli altri poi erano sorpresi che l'ener-glCo pugflatore nel quale avevano creduto di trovare unplacevole attaccabrighe fosse invece un collega molto paci-fico, che pareva aspirare soprattutto alla gloria di scolaromodello.

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C'erano due uomini nel convento, che attiravano il cuo-re di Boccadoro, che gli piacevano, che occupavano i suoipensieri e per i quali sentiva ammirazione, affetto e rispet-to: l'abate Daniele e l'assistente Narciso. L'abate Danielegli sembrava quasi un santo: la sua semplicit… e la suabonti, il suo sguardo chiaro e pieno di sollecitudine, il suomo:lo di comandare e di governare, umile come se prestas-se un servizio, i suoi gesti calmi e buoni, tutto questo loattirava straordinariamente. Avrebbe desiderato diventarefl servitore personale di quel sant'uomo, stargli sempre vi-cino, ubbidiente e servizievole, e offrire a lui come tributocostante tutto il suo giovanile ardore di devozione, e im-parare da lui una vita pura, nobile, santa. Poich‚ Bocca-doro aveva intenzione non solo di terminare la scuola, madi rlmanere possibilmente in convento per sempre e di con-sacrare la sua vita a Dio; questa era la sua volont…, que-sto era fl desiderio e il comando di suo padre, e questocerto era deshnato e chiesto anche da Dio. Nessuno pare-va accorgersene guardando quel bel ragazzo fiorente, eppu-re su di lul gravava una tara, una tara d'origine, un segre-to compito d'espiazione e di sacrificio. Anche l'abate nonse n'accorgeva, quantunque il padre di Boccadoro gli aves-se fatto alcune allusioni ed espresso chiaramente il deside-rio che suo figlio rimanesse in quel convento per sernprePareva che qualche macchia segreta oscurasse la nascita dBoccadoro, che qualche colpa taciuta richiedesse espiaZio-ne. Ma il padre era piaciuto poco all'abate, il quale alleparole di lui e alla sua aria d'importanza aveva contrap-posto una cortese freddezza, senza dare gran peso alle sueallusioni.

L'altro che aveva destato l'affetto di Boccadoro possede-va occhio pi— acuto e intuito pi— penetrante, ma si tenevariserbato. Narciso aveva subito compreso quale magnificouccello d'oro gli fosse volato incontro. Solitario com'eranella sua superiorit…, aveva subito sentito in Boccadorol'anima affine, bench‚ sembrasse il suo opposto in tutto.Se Narciso era scuro e magro, Boccadoro era radioso e flo-rido. Se Narciso sembrava un pensatore e un analizzatore,Boccadoro sembrava un sognatore e un'anima di fanciullo.Ma c'era al di sopra dei contrasti qualcosa che li accomu-nava: entrambi erano nature superiori, entrambi si distm-guevano dagli altri per doti e caratteristiche palesi, entram-bi avevano ricevuto un monito particolare dal destmo

Narciso s'interessava vivamente a quella giovane anlma,di cui aveva subito riconosciuto l'indole e la sorte. Bocca-doro ammirava ardentemente quel suo maestro bello e dal-l'intelligenza superiore. Ma Boccadoro era timido; per gua-dagnarsi le simpatie di Narciso non trovava altro modoche sforzarsi fino all'estenuazione d'essere uno scolaro at-tento e docile. E non lo tratteneva soltanto la timidezza.Lo tratteneva anche il senso che Narciso fosse un pericoloper lui. Egli non poteva avere per ideale e per modello ilbuono ed umile abate e insieme il saputo, dotto, perspica-ce Narciso. E nondimeno tendeva con tutte le forze spiri-tuali della sua giovinezza a questi due ideali, inconcilia-bili. Spesso ne soffriva. A volte, nei primi mesi della suavita scolastica, si sentiva il cuore cos• turbato e combat-tuto fra opposti affetti, che gli veniva una gran tentazio-ne di fuggire o di sfogare con i compagni il suo tormentoe la sua collera interiore, Spesso bastava una piccola can-zonatura o l'insolenza di un compagno per farlo montare

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improvviSamente, lui cos• buono, su tutte le furie, e solocon uno sforzo estremo riusciva a contenersi e a voltar lespalle in silenzio, con gli occhi chiusi, pallido come uncencio Allora andava a cercare nella stalla il cavallo

Bless, appoggiava il capo sul suo collo, lo baciava, pian-geva accanto a lui. A poco a poco la sua sofferenza creb-be e divenne palese. Le sue guance s'allungavano, spesso ilsuo sguardo era spento: il suo riso, a tutti caro, si facevasempre meno frequente.

Non sapeva egli stesso quel che gli succedeva. Desidera-va e voleva smceramente essere un bravo scolaro venirammesso presto al noviziato e diventar poi un pio e tran-quillo fratello dei padri; era convinto che tutte le sue for-ze e le sue doti tendessero a questa meta placida e pia enon conosceva altre aspirazioni. Perci• gli sembrava stra-no e triste che questa meta semplice e bella fosse cos• dif-ficile da raggiungere. Com'era stupito e scoraggiato, nelconstatare talvolta in se stesso tendenze e stati d'animo ri-provevoli: distrazione e svogliatezza nello studio, sogni efantasie o sonnolenza durante le lezioni, ribellione e anti-patla verso il maestro di latino, permalosit… e irosa impa-zlenza con i compagni! Ma ci• che lo turbava di pi— erache fl suo affetto per Narciso non riuscisse a conciliarsicon l'affetto per l'abate Daniele. Intanto qualche volta glipareva di sentire con intima certezza che anche Narciso glivoleva bene, s'interessava a lui, lo sorvegliava.

Narciso pensava infatti al ragazzo pi— assai che questinon sospettasse. Desiderava farselo amico, presentiva inquel giovinetto bello, caro, radioso, il suo opposto e il suocomplemento; avrebbe voluto attirarlo a s‚, guidarlo, il-lummarlo, accrescere le sue forze e portarle a fioritura. Masi tratteneva per diverse ragioni, e di quasi tutte si ren-deva conto. ln primo luogo lo legava e lo frenava l'orro-re per quegli insegnanti e quei monaci, che non di rados'innamoravano di scolari o di novizi. Egli stesso avevasentito pi— volte con ripugnanza sopra di s‚ cupidi occhidi uomini attempati. Pi— volte aveva opposto alle loro gen-hlezze e alle loro moine una tacita difesa. Ora li compren-deva meglio... anch'egli sentiva la tentazione d'innamorarsidel bel Boccadoro, di provocare il suo riso simpatico, dipassare affettuosamente la mano fra i suoi chiari capelliblondi Ma non l'avrebbe mai fatto, mai. Inoltre in qualit…di asslstente con funzioni di insegnante, ma senza la rela-hva carlca ed autorit…, era abituato a comportarsi, di fron-te a quel ragazzi di pochi anni minori di lui, come se fossemagglore di vent'anni: era abituato ad astenersi severa-

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mente da ogni preferenza per chicchessia e ad imporsi unaparticolare giustizia e sollecitudine verso quelli che gli era-no antipatici. Egli serviva lo spirito, allo spirito dedicavala sua vita austera, e solo nei momenti di minor vigilanzasi permetteva la compiacenza dell'orgoglio, del saper me-glio e dell'essere pi— intelligente degli altri. No, per quan-ta seduzione avesse per lui un'amicizia con Boccadoro, essaera un pericolo e non doveva intaccare il nucleo della suavita. Il nucleo e il senso della sua vita erano di servire lospirito, il verbo, erano di guidare con tranquilla superio-rit… i suoi scolari - e non solo i suoi scolari - ad alte mete

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spirituali, rinunciando al proprio interesse.

Da pi— d'un anno ormai Boccadoro era scolaro del con-vento di Mariabronn; sotto i tigli del cortile e sotto il belcastagno, gi… cento volte aveva giocato coi camerati, a rin-corrersi, al pallone, ai briganti, a lanciar palle di neve; eravenuta la primavera, ma Boccadoro si sentiva stanco e de-bole, spesso gli doleva il capo, e a scuola faceva faticaa star desto e attento.

Una sera gli si avvicin• Adolfo, quello scolaro con cui ilprimo incontro era stato uno scambio di pugni e insiemeal quale quell'inverno aveva cominciato a studiare Euclide.Era l'ora di ricreazione dopo cena, in cui era permessogiocare nei dormitori, chiacchierare nelle aule e anche pas-seggiare nel cortile esterno del convento.

-- Boccadoro,--gli disse Adolfo, mentre lo trascinavagi— per le scale, --voglio raccontarti una cosa, una cosaallegra. Ma tu sei uno scolaro modello e vuoi certo diven-tar vescovo.. dammi prima la tua parola che sarai soli-dale e non mi denuncerai ai maestri.

Boccadoro diede senz'altro la sua parola. C'era un ono-re di convento e c'era un onore di scolari: talvolta si tro-vavano in conflitto, egli lo sapeva bene, ma, come sempre,le leggi non scritte erano pi— forti di quelle scritte, e Boc-cadoro non si sarebbe mai sottratto, fin tanto ch'era sco-laro, alle leggi e ai concetti d'onore della scolaresca.

Adolfo lo trascin• fuori dal portale sotto gli alberi, egli bisbigli• che c'era un gruppetto di buoni e arditi com-pagni, al quale egli apparteneva, che avevano raccolto dal-le generazioni passate l'usanza di ricordarsi qualche voltache non erano monaci e di uscire una sera dal conventoper recarsi al villaggio. Era un divertimento e un'avventu-

ra, a cui un ragazzo che si rispetti non doveva sottrarsi;nella notte sarebbero ritornati.

--Ma allora il portone Š chiuso,--obiett• Boccadoro.

Certo, era chiuso, e questo appunto costituiva il diverti-mento. Ma sapevano rientrare da vie segrete senza farsivedere; non era la prima volta.

Boccadoro ricord•. La frase ® andare al villaggio " eragii arrivata al suo orecchio; con quelle parole s'intendevauna scappata notturna degli allievi, in cerca di segreti pia-ceri ed avventure d'ogni genere; ed era severamente proi-bita e punita dalla regola del convento. Boccadoro si sgo-ment•. ® Andare al villaggio ¯ era peccato, era proibito.Ma egli comprendeva benissimo che appunto per questofra ® ragazzi che si rispettano ¯, poteva far parte dell'ono-re di uno scolaro l'affrontare il pericolo, e che era segnodi una certa distinzione essere invitato a quell'avventura.

Avrebbe preferito dir di no, tornare indietro e correre aletto. Era tanto stanco e non si sentiva bene, aveva avutomal di capo tutto il pomeriggio. Ma si vergognava un pocodavanti a Adolfo. E chiss…, forse l… fuori, nell'avventurac'era qualcosa di bello e di nuovo, qualcosa che poteva fardimenticare il dolor di capo, il torpore ed ogni sorta di

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malessere. Era una scappata nel mondo, furtiva e proibi-ta, Š vero, non troppo gloriosa, ma forse una liberazione,un'esperienza. Nicchi• un poco, mentre Adolfo faceva ditutto per persuaderlo, poi a un tratto scoppi• a ridere edisse di s•.

Si dileguarono inosservati sotto i tigli nell'ampio cortilegi… buio, il cui portone esterno a quell'ora era chiuso. Ilcompagno lo condusse nel mulino del convento, dove nelcrepuscolo e nel continuo fragore delle ruote era facile in-trufolarsi senza farsi udire n‚ vedere. Da una finestra pas-sarono, gi… in piena oscurit…, su di un umido e sdrucciole-vole deposito d'assi di legno, ne portarono via una, chedovettero gettare sopra il torrente per passare dall'altraparte. Ed eccoli fuori sulla strada maestra, che rilucevascialba e scomparivl nel bosco nero. Tutto questo era ec-citante e misterioso e piacque molto al ragazzo,

Al margine del bosco stava gi… un compagno, Corrado,e dopo una buona attesa ne giunse a gran passi un altroil lungo Everardo. Marciarono cos• in quattro attraversoil bosco; sopra di loro si levavano frusciando gli uccellinotturni, qualche stella si mostrava umida e lucente fra lenubi quiete. Corrado chiacchierava e faceva dello spirito,gli altri univano di tanto in tanto le loro risate, ma lanotte alitava sopra di loro solenne e inquietante, accele-rando il ritmo dei loro cuori.

Di l… dal bosco raggiunsero in un'oretta il villaggio. Tut-to pareva gi… addormentato; i bassi comignoli emergeva-no pi— chiari dai cupi costoloni della travatura: non unaluce brillava. Adolfo precedeva; strisciarono silenziosi at-torno ad alcune case, scavalcarono una siepe, si trovaronoin un giardino, calpestarono la terra molle delle aiuole, in-cespicarono in alcuni gradini e si fermarono al muro diuna casa. Adolfo buss• ad un'imposta, aspett•, buss• an-cora; dentro si ud• del rumore e subito s'accese una luce,l'imposta s'aperse e l'uno dietro l'altro entrarono in unacucina dal nero camino e dal pavimento di terracotta. Sulfocolare c'era una piccola lampada ad olio e sull'esiguolucignolo ardeva una debole fiamma vacillante. Una servadi contadini, magra, diede la mano ai giovani invadenti,e dietro di lei usc• dall'oscurit… una fanciullina dalle lun-ghe trecce scure. Adolfo aveva portato dei doni; una mez-za pagnotta di pan bianco del convento e qualcos'altro inun sacchetto di carta: Boccadoro immagin• che fosse unpo' d'incenso rubato o di cera da candele o qualcosa di si-mile. La ragazzina dalle trecce usc• senza lume, a tastoni,dalla porta, rimase via a lungo, poi ritorn• con un boccaledi terracotta grigia a fiori azzurri, che porse a Corrado.Egli bevve e pass• il bicchiere agli altri, che seguirono ilsuo esempio: era forte mosto di sidro.

Alla minuscola fiamma della lampada sedettero, le dueragazze sopra duri sgabelli e intorno a loro, per terra, gliscolari. Parlavano a voce bassa, bevendo di quando inquando il mosto; Adolfo e Corrado tenevano la conversa-zione. Ogni tanto uno s'alzava e accarezzava i capelli e lanuca della ragazza magra, le sussurrava parole all'orecchio;la piccola rimaneva impassibile. Forse, pens• Boccadoro, lagrande era la serva e la graziosa piccola la figlia di casa.Del resto, era indifferente, non gli importava nulla, poich‚non sarebbe mai pi— ritornato l•. La scappata furtiva e la

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passeggiata notturna attraverso il bosco erano state belle:qualcosa d'inconsueto, di eccitante, di misterioso, ma sen-za pericoli. Era bens• proibito, ma la trasgressione del di-

vieto non opprimeva troppo la coscienza. Quello invece cheaccadeva l•, quella visita notturna alle ragazze, era cosapi— che proibita, egli lo sentiva, era peccato. Per gli altriforse anche questo non rappresentava che una piccola ma-rachella, ma per lui no; a lui, che si sapeva destinato allavita monastica e all'ascesi, non era permesso di giocarecon le ragazze. No, non sarebbe pi— tornato. Ma il suocuore batteva forte e inquieto nella penombra della miseracucina.

I suoi compagni facevano gli eroi davanti alle ragazzee Si davano importanza, intercalando alla conversazionefrasi latine. Tutti e tre pareva godessero le grazie dellaservetta; le si avvicinavano di quando in quando con leloro plccole goffe moine, di cui la pi— tenera era un timi-do baclo. Pareva che sapessero esattamente ci• ch'era loropermesso m quel luogo. E poich‚ tutta la conversazionedoveva svolgersi in tono di bisbiglio la scena aveva inverit… qualche cosa di comico; ma Boccadoro non lo sen-tiva. Se ne stava rannicchiato per terra, con lo sguardofisso nella fiammella del lumino sospeso, senza pronuncia-re una parola. Talvolta, guardando di traverso con unacerta avidit…, afferrava una delle tenerezze che gli altri siscambiavano. Poi fissava rigido dinanzi a s‚. Avrebbe pre-ferito non guardar altro che la piccola dalle trecce, maquesto appunto proibiva a se stesso. Ogni volta per• chela sua volont… cedeva e I suo sguardo, sviandosi, andavaa posarsi sul dolce viso silenzioso della fanciulla, trovavaImmancabilmente gli occhi scuri di lei che lo fissavano co-me affascinati.

Era passata forse un'ora - Boccadoro non aveva maivissuto un'ora cos• lunga - le parole e le tenerezze degliscolari erano esaurite; si fece silenzio e segu• un certo im-barazzo. Everardo cominci• a sbadigliare. Allora la ragaz-za maggiore li invit• a partire. Tutti s'alzarono, tutti lediedero la mano, Boccadoro per ultimo. Poi tutti diederola mano alla piccola, Boccadoro per ultimo. Poi Corradosalto per primo dalla finestra, lo seguirono Everardo eAdolfo. Quando anche Boccadoro stava scavalcando, sisenti trattenere da una mano sulla spalla: Non pot‚ fer-marsi; solo quando fu fuori e in piedi, si volt• esitante.Dalla finestra Sl sporgeva la piccola dalle trecce.

--Boccadoro! -- sussurr•. Egli rimase immobile.

N~RC150 E BOCCADORO

-- Verrai ancora? --domand• lei. La sua voce timidaera come un soffio.

Boccadoro scosse il capo. Ella stese le mani, gli prese latesta egli sent• sulle sue tempie il calore di quelle piccolemani. Ella si sporse in fuori finch‚ i suoi occhi scuri sitrovarono proprio vicini a quelli di lui.

-- Vieni ancora! -- sussurr•: e la sua bocca sfior• labocca di lui in un bacio infantile.

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Egli corse in fretta dietro gli altri, attravers• il giardi-netto, inciamp• nelle aiuole, fiut• odor di terra umida edi concime, si graffi• una mano contro un cespuglio di ro-se, s'arrampic• sulla siepe e via di galoppo fuori del vil-laggio, verso il bosco. "Mai pi—!" diceva imperiosa la suavolont…. "Domani ancora!" supplicava il cuore singhloz-zante.

Nessuno incontr• i nottambuli, che ritornarono indi-sturbati a Mariabronn, attraverso il torrente, il mulmo, lapiazza dei tigli, e per vie segrete, di tettoia in tettoia, rlen-trarono dalle finestre bifore nel convento e nel dormitorlo.

Alla mattina il lungo Everardo dovette essere sveghatocoi pugni, tanto pesante era il suo sonno. Tutti furonopuntuali alla prima messa, alla colazione, in classe; maBoccadoro aveva cos• brutta cera, che padre Martino glidomand• se fosse malato. Adolfo gli gett• un'occhiata am-monitrice ed egli disse che non aveva nulla. Ma alla lezio-ne di greco verso mezzogiorno, Narciso non gli tolse gliocchi di dosso. Anch'egli s'accorse che Boccadoro era ma-lato, ma non disse nulla e l'osserv• attentamente. Finita lalezione, lo chiam• a s‚. Per non attirar l'attenzione degliscolari, lo mand• con un incarico in biblioteca. L… lo segu•.

--Boccadoro.--disse, --posso aiutarti? Vedo che seiangustiato Forse sei malato. Allora ti mettiamo a letto, timandiamo una minestrina da malati e un bicchiere di vi-no. Oggi non hai testa per il greco.

Attese a lungo una risposta. Il ragazzo lo guardava, pal-lido, con gli occhi smarriti, chinava il capo, lo rialzava,contraeva le labbra, voleva parlare, non poteva. A un trat-to cadde da un lato, appoggi• il capo su di un leggio, frale due piccole teste d'angelo in legno di quercia che l'or-navanO da una parte e dall'altra, e scoppi• in un tal pian-to, che Narciso si sent• imbarazzato e distolse un momen-to lo sguardo, prima di sollevare il ragazzo singhiozzante.-- Ma s•,--disse in un tono cos• affettuoso come Boc-cadoro non l'aveva mai udito parlare, -- ma s•, amice,piangi pure, dopo starai meglio. Qua, siedi, non c'Š biso-gno che tu parli. Vedo che non ne puoi pi—; forse hai fa-ticato tutta mattina a tenerti su, a non lasciar scorgerenulla; sei stato molto bravo. Ora piangi pure; Š il meglioche tu possa fare. No? Gi… finito? Gi… in piedi? Bene,allora andiamo in infermeria, ti metterai a letto e questasera starai molto meglio. Vieni!

Lo condusse, evitando le aule, in una camera per gliammalati, gl'indic• uno dei due letti vuoti, e, mentre Boc-cadoro cominciava docilmente a svestirsi, usc• per annun-ciare al direttore che il ragazzo era malato. Ordin• anche,come aveva promesso, una minestrina, e un bicchiere divino aromatico; questi due bene~cia, molto usati in con-vento, erano assai graditi dalla maggior parte dei malatidi poco conto.

Boccadoro, disteso sul letto, cercava di rimettersi dalsuo smarrimento. Un'ora prima forse avrebbe saputo spie-garsi quale fosse la causa di una cos• indicibile stanchezzaquale tremenda tensione dell'animo gli rendesse la testavuota e gli facesse bruciar gli occhi. Era lo sforzo violen-to, rinnovato ad ogni istante e ad ogni istante fallito, di

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dimenticare la sera precedente... o meglio non la sera, nonla folle e bella scappata dal convento chiuso, non la pas-seggiata nel bosco n‚ lo sdrucciolevole ponticello di fortu-na sul nero torrente del mulino, o l'uscire e l'entrare sca-valcando siepi e finestre, ma uniCamente quel momentopresso la finestra scura della cucina, il respiro e le paroledella fanciulla, il contatto delle sue mani, il bacio dellesue labbra.

Ma ora s'era aggiunto qualcosa di nuovo, un nuovo sgo-mento, una nuova esperienza. Narciso s'era occupato dilui, Narciso gli voleva bene, Narciso gli aveva dimostratopremura.. quel giovane cos• fine, distinto, intelligente, dal-la bocca sottile e lievemente beffarda! E lui, lui davanti aquell'essere superiore s'era lasciato andare, s'era mostratoconfuso, balbettante, singhiozzante! Invece di cattivarselocon le armi pi— nobili, col greco, con la filosofia, con l'eroi-smo dello spirito e la dignit… dello stoicismo, s'era acca-sclato dinanzi a lui, debole da far piet…! Non se lo sareb-be mai perdonato, non avrebbe pi— potuto guardar Nar-ciso negli occhi senza arrossire.

Ma il pianto aveva allentato la grande tensione; il Si-lenzio della camera solitaria e il buon letto facevano bene,la disperazione aveva perduto una buona met… della suaforza. Dopo un'oretta entr• un frate inserviente, recandouna minestra di farina un pezzetto di pan bianco e unbicchierino di vin rosso, che gli scolari solevano riceveresolo nei giorni di festa. Boccadoro mangi• e bevette: vuo-t• il piatto a met…, lo allontan•, ricominci• a pensare, mala testa non funzionava; riprese il piatto, ingoi• qualchealtra cucchiaiata. E quando un po' pi— tardi la portas'aperse piano ed entr• Narciso per vedere il malato, que-sti giaceva immerso nel sonno e le sue guance erano rl-tornate rosee. Narciso l'osserv• a lungo, con affetto, concuriosit… indagatrice ed anche con un po' d'invldia. Videche Boccadoro non era malato; l'indomani non sarebbestato pi— necessario mandargli del vino. Ma sent• ancheche il ghiaccio era rotto, che sarebbero diventati amlcnQuel giorno era stato Boccadoro ad aver bisogno di lui,dei suoi servigi. Un'altra volta forse egli stesso sarebbestato debole e avrebbe avuto bisogno di un aiuto, di unaffetto. E da quel ragazzo avrebbe potuto accettarlo, quan-do fosse venuto il momento.Strana amicizia fu quella che s'inizi• fra Narciso eBoccadoro; piaceva a pochi, e talvolta pareva dispiacessea loro stessi.

Narciso, il pensatore, ebbe da principio la parte pi— dif-ficile. Per lui tutto era spirito, anche l'amore, non gli eradato abbandonarsi spensieratamente ad un'attrazione. Inquell'amicizia egli era lo spirito reggente, e per molto tem-po fu ll solo a riconoscerne con chiarezza il destino laportata e il significato. Per molto tempo, in pieno affettoegli rimase solitario; sapeva che non sarebbe riuscito apossedere davvero l'amico se non dopo averlo condotto al-la conoscenza. Fervido e ardente, Boccadoro s'abbandona-va alla nuova vita come per gioco, senza rendersi contodi nulla; cosciente e responsabile, Narciso accettava l'altodestino.

Per Boccadoro fu innanzi tutto una liberazione e unaguarigione. Il suo giovanile bisogno d'amore era stato po-

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tentemente destato dalla vista e dal bacio di una grazio-sa fanciulla, e soffocato subito senza speranza. Poich‚ infondo all'anima egli sentiva che tutto il sogno della suavita fino a quel giorno, tutto quello in cui aveva creduto,a cui si riteneva destinato e chiamato, era stato compro-messo alla radice dallo sguardo di quegli occhi scuri. De-stinato dal padre alla vita monastica, disposto con tuttala sua volont… ad accettarla, proteso col fervore del primoslancio giovanile verso un pio ideale di eroismo ascetico,egll aveva sentito in modo irresistibile, al primo incontrofugace, al primo appello che la vita aveva rivolto ai suoisensi, al primo saluto del sesso femminino, che l• stava ilsuo nemico e il suo demone, che la donna era il suo peri-colo. Ed ecco il destino porgergli una salvezza, ecco nel

momento pi— grave venirgli incontro quell'amicizia e of-frire al suo desiderio un giardino rigoglioso, al suo cultoun nuovo altare. Qui gli era permesso di amare, gli erapermesso di darsi senza peccato, di donare il suo cuore adun amico ammirato, maggiore e pi— saggio di lui, di tra-sformare e di spiritualizzare le fiamme pericolose dei sensiin nobili fuochi d'offerta.

Ma subito nella primavera di quest'amicizia egli si trov•ad urtare in ostacoli strani, in freddezze inattese ed enig-matiche, in esigenze che lo sgomentavano. Perch‚ egli eraben lungi dal considerare l'amico come il suo contrappo-sto. Gli pareva che bastasse l'amore, la dedizione sincera,per fare di due esseri uno solo, per cancellare le differen-ze, per superare i contrasti. Ma com'era austero e sicuro,com'era chiaro e inesorabile quel Narciso! Pareva ch'eglinon conoscesse n‚ desiderasse un innocente abbandono re-ciproco, un cammino comune e grato sul terreno dell'ami-cizia. Pareva ch'egli ignorasse e non ammettesse vie senzameta, vagabondaggi sognanti. Aveva bens• mostrato la suasollecitudine per Boccadoro, quando questi sembrava ma-lato, e lo aiutava e lo consigliava fedelmente in tutte lecose di scuola e di studio, gli spiegava difficili passi d

bri, lo illuminava nel campo della grammatica, della lo-gica, della teologia; ma non sembrava mai soddisfatto del-l'amico e d'accordo con lui, spesso sembrava perfino chelo deridesse un poco, che non lo prendesse sul serlo. Boc-cadoro sentiva bene che non si trattava di semplice pedan-teria di maestro, di un'ostentazione di superiorit… da partedel pi— anziano e del pi— assennato; sentiva che c'era qual-cosa d'altro, qualcosa di pi— profondo, di pi— importante.Ma non riusciva ad afferrarlo, e la sua amiCizla lo ren-deva spesso triste e perplesso.

In realt… Narciso conosceva perfettamente l'amico, nonera cieco alla sua fiorente bellezza, alla sua forza naturale,alla sua rigogliosa pienezza di vita, Non era affatto unmaestrO pedante, che volesse nutrir di greco una glovaneanima fervida e rispondere con la logica ad un amore in-nocente Piuttosto amava troppo il biondo giovinetto, e perlui questo era un pericolo, perch‚ amare per lui non erauno stato naturale, ma un miracolo. A lui non era lecitoinnamorarSi, appagarsi della vista gradevole di quei begliocchi, della vicinanza di quella biondezza luminosa e flo-

rida; egli non doveva permettere al suo amore d'indugiareanche un solo momento nei sensi. Poich‚ se Boccadoro si

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sentiva destinato a diventar monaco ed asceta e a tendereper tutta la vita verso la santit…, Narciso era veramentedestinato a quella vita. A lui era permesso d'amare in unaforma sola, nella pi— elevata. Del resto, alla vocazione diBoccadoro per la vita ascetica Narciso non credeva. Egliaveva una singolare capacit… di leggere nell'animo degliuomini e in questo caso, amando, leggeva con tanta mag-gior chiarezza. Vedeva la natura di Boccadoro e, malgra-do fosse l'opposto della sua, la comprendeva a fondo, per-ch‚ ne era l'altra met…, la met… perduta. Vedeva questanatura racchiusa entro una dura corazza d'immaginazionidi errori d'educazione, di parole paterne, e da tempo in-tuiva tutto il segreto, non complicato, di quella giovanevita. Il suo compito gli era chiaro: svelare questo segretoa colui che lo portava in s‚, liberarlo dalla sua corazzarestituirgli la sua vera natura. Sarebbe stato difficile, e lacosa pi— penosa era che ci• gli sarebbe forse costato laperdita dell'amico.

Il cammino per accostarsi alla meta fu di una lentezzaestrema. Passarono mesi, prima che fosse possibile anchesolo attaccare seriamente il discorso e giungere ad una di-scussione sostanziale. Tanto eran lontani l'uno dall'altronon ostante tutta la loro amicizia, tanto era ampio l'arcoteso fra di loro! Un veggente e un cieco: cos• cammina-vano a fianco; e se il cieco ignorava la sua cecit…, il sol-llevo era solo suo.

La prima breccia fu aperta da Narciso, quando cerc•d'indagare la vicenda che aveva spinto, in un'ora di de-bolezza, il ragazzo sconvolto verso di lui. L'indagine fumeno difficile di quel che avesse pensato. Boccadoro senti-va da un pezzo il bisogno di confessare l'esperienza diquella notte; ma non c'era nessuno, fuorch‚ l'abate, in cuiavesse abbastanza confidenza, e l'abate non era il suo con-fessore. Quando dunque Narciso, in un momento che gliparve favorevole, ricord• all'amico quell'inizio della lorounione ed accenn• lievemente al segreto, l'altro disse sen-za ambagi: --Peccato, che tu non abbia ancora ricevutogli ordini e non possa ancora confessare; mi sarei liberatovolentieri di quella faccenda in confessione ed avrei ac-

cettato volentieri una penitenza. Ma al mio confessore nonsono stato capace di dirla.

Prudente e scaltro, Narciso continu• a indagare; latraccia era trovata.

--Ricordi anche tu,--prov• a dire,--quella mattinache sembravi malato non l'hai dimenticata, poich‚ allorasiamo diventati amici. Io ho dovuto ripensarci spesso. For-se non te n'accorgesti, ma io allora rimasi veramente im-barazzato.

--Tu imbarazzato? -- esclam• l'amico incredulo. --Ma l'imbarazzato ero io! Ero io che stavo l• senza riuscirea metter fuori una parola e inghiottivo saliva, fin che scop-piai a piangere come un bambino! Vergogna, ne arrossiscoancora oggi credevo che non sarei pi— stato capace dicomparire ai tuoi occhi. Lasciarmi vedere da te cos• mise-ramente debole !

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Narciso procedette tastando.

--Capisco, -- disse, -- che sia stata per te una cosaspiacevole. Un pezzo di ragazzo gagliardo come te, pian-gere davanti a un amico, maestro per giunta: non eradegno della tua natura. Ebbene, io allora ti ritenni proprlomalato. Anche un Aristotele, se Š sconvolto dalla febbre,pu• comportarsi in modo strano. Invece non eri affattomalato! Non c'era ombra di febbre! E di questo ti vergo-gni. Nessuno si vergogna di lasciarsi vincere da una feb-bre, nevvero? Ti vergogni, perch‚ avevi ceduto a qual-cos'altro, perch‚ qualcos'altro ti aveva sopraffatto. Era av-venuta dunque una cosa molto strana?

Boccadoro esit• un poco, poi disse lentamente: -- S•,era avvenuta una cosa strana. Ammettiamo che tu sia ilmio confessore, una volta bisogna pur che la dica!

A capo chino raccont• all'amico la storia di quella notte.

Narciso osserv• sorridendo: -- E vero, ® andare al vil-laggio ¯ Š una cosa proibita. Ma tante cose proibite sifanno e poi ci si ride sopra, oppure si confessano e tuttoŠ finito e uno non ci pensa pi—. Perch‚ non avresti do-vuto commettere anche tu, come quasi ogni scolaro, co-deste sciocchezze? P poi cos• grave?

Boccadoro proruppe adirato, senza ritegno: --Parli pro-prio come un maestro di scuola! Sai benissimo di che sitratta! Naturalmente non vedo un gran peccato nel bur-larsi una volta tanto delle regole del convento e nel par-

tecipare a una scappata da scolari, per quanto anche que-sto non sia precisamente un esercizio preparatorio alla vitamonastica.

--Alt! -- esclam• Narciso severo. -- Non sai, amicomio, che per molti pii padri proprio questi esercizi furononecessari? Non sai che una vita di libertinaggio pu• essereuna delle vie pi— brevi per giungere ad una vita di san-tlt… ?

--Ah, sta zitto!--protest• Boccadoro.--Volevo dire:non era quel tantino di disubbidienza, che opprimeva lamia coscienza. Era qualcos'altro. Era la ragazza. Era unsentimento che non so descriverti! Sentivo che se avessiceduto a quell'adescamento, se avessi solo steso la manoper toccare la ragazza, non avrei pi— potuto tornare in-dietro, che allora il peccato mi avrebbe inghiottito comela bocca dell'mferno e non mi avrebbe pi— restituito. Eaddio bei sogni, addio virt—, addio amore di Dio e delBene!

Narciso fece un cenno del capo, sopra pensiero.

--L'amore di Dio,--disse lentamente cercando le pa-role,--non Š sempre una cosa sola con l amore del BeneAh, se fosse cos• semplice! Ci• che Š bene, lo sappiamosta nei comandamenti. Ma Dio non Š solo nei comanda-menti, caro; questi non sono che la pi— piccola parte dilui. Tu puoi attenerti ai comandamenti ed essere lonta-nissimo da Dio.

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--Ma non mi capisci? --gemette Boccadoro.

--Certo che ti capisco. Tu senti nella donna, nel sessola quintessenZa di ci• che chiami ® mondo ¯ e ® peccato ¯.Di tutti gli altri peccati o ti senti incapace, o ti pare chese h commettessi non ti opprimerebbero tanto, li potresticonfessare e riparare. Solo quel peccato, no!

-- Ecco, proprio cos• sento.

--Vedi che ti capisco. E non hai tutti i torti: la sto-ria di Eva e del serpente non Š in verit… una favola oziosa.Eppure non hai ragione, caro. Avresti ragione, se fossiI abate Daniele o il tuo patrono, san Crisostomo, se fossiun vescovo o un sacerdote o anche solo un piccolo sem-phce monaco. Ma tu non sei nulla di tutto questo. Seiuno scolaro, e se anche hai il desiderio di rimanere persempre in convento, o se tuo padre ha questo desiderioper te, non hai per• fatto ancora alcun voto, non hai

preso ancora nessun ordine. Se oggi o domani fossi se-dotto da una bella ragazza e cedessi alla tentazione, nonromperesti nessun giuramento, non violeresti nessun voto.

--Non un voto scritto! --esclam• Boccadoro eccltato.-- Ma un voto non scritto, il pi— sacro che io porti inme. Non puoi capire che ci• che vale forse per altri, perme non vale? Neppur tu hai preso gli ordim, neppur tuhai fatto un voto ma non ti permetterestl mai di toccareuna donna! O m inganno? Non sei cos•? Non sei quelloche io ti credevo? Non hai forse fatto anche tu da unpezzo in cuor tuo il giuramento non ancor prestato a pa-role davanti ai superiori, e non ti senti legato da questoper sempre ? Non sei dunque simile a me ?

--No, Boccadoro, non sono simile a te, non come tucredi. E vero che anch'io porto in cuore un voto inespres-so in questo hai ragione. Ma simile a te non sono affatto.T; dico oggi una parola, di cui ti rammenterai un giorno.Ti dico: la nostra amicizia non ha altro scopo e altrosenso che quello di mostrarti come tu sia completamentedissimile da me!

Boccadoro rimase sconcertato: Narciso aveva parlatocon uno sguardo e con un tono che non ammettevano con-traddizione. Tacque. Ma perch‚ Narciso pronunciava quel-le parole? Perch‚ il voto inespresso di Narciso dovevaessere pi— sacro del suo? L'amico non lo prendeva dun-que sul serio, vedeva in lui soltanto un fanciullo? Iturbamenti e le tristezze di quella singolare amiciZla rlco-minciavano.

Narciso non aveva pi— dubbi sulla natura del segretodi Boccadoro. Eva, la madre primigenia, vi era celata. Macom'era possibile che in un giovane cos• bello, sano e fio-rente, il risveglio del sesso urtasse contro un'oshllt… tantoaccanita? Ci doveva essere un demone all'opera, un ne-mico segreto, ch'era riuscito a scindere quella magnificanatura e a metterla in contrasto con i suoi Istinti orlgl-nari. Ebbene, il demone doveva esser trovato, evocato, mes-so in luce: poi l'avrebbero vinto.

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Intanto Boccadoro era sempre pi— evitato e lasciato indisparte dai compagni, o meglio essi si sentivano abban-donati e in certo modo traditi da lui. Nessuno vedevadi buon occhio la sua amicizia con Narciso. I maligni lascreditavano come contro natura, ed erano specialmente

quelli innamorati di uno dei due giovani. Ma anche glialtri, per i quali era evidente che non si poteva sospettareuna colpa in quella relazione, scuotevano il capo. Nessunovoleva concedere a quei due di essere amici; pareva cheunendosl fra di loro essi si fossero orgogliosamente isolatidagll altrl, come aristocratici per i quali gli altri fosserod'un hvello troppo inferiore; e ci• non era collegiale, nonera claustrale, non era cristiano.

All'orecchio dell'abate Daniele giunsero voci, accuse, ca-lunnie. In oltre quarant'anni di vita claustrale egli avevaassistito a molte amicizie fra giovani: facevano parte delquadro del convento, erano un grazioso supplemento, avolte un passatempo, a volte un pericolo. L'abate si man-tenne in disparte, con gli occhi aperti, ma senza immi-schiarsi. Un'amicizia cos• fervida e cos• esclusiva era unacosa rara, certo non scevra di pericolo, ma, poich‚ eglinon dubitava un istante della sua purezZa, lasciava chegll eventi seguissero il loro corso. Se Narciso non si fossetrovato in una posizione d'eccezione fra scolari e inse-gnantl, l'abate non avrebbe esitato a ordinare una sepa-razlone fra i due. Non era bene per Boccadoro staccarsidal compagni, mantenendo stretti rapporti esclusivamentecon uno maggiore di lui, con un maestro. Ma era giustoche Narciso, il giovane eccezionale dalle doti straordina-rle, che gli altri insegnanti consideravano spiritualmentepari a loro, anzi superiore, venisse rimosso dalla sua car-nera prlvllegiata e privato dell'attivit… didattica? Se nonavcsse fatto buona prova come maestro, se la sua ami-clzla l'avesse indotto a qualche trascuratezza e parzialit…l'abate lo avrebbe immediatamente richiamato. Ma nonesisteva nulla contro di lui, nulla fuorch‚ voci, fuorch‚ lagelosa diffidenza degli altri. Inoltre l'abate sapeva dellesingolari attitudini di Narciso a penetrare e conoscere gliuomini. Non sopravvalutava queste doti, forse un po' pre-suntuose, altre gli sarebbero state pi— gradite nel giovanema non dubitava che questi avesse riscontrato nello sco-laro Boccadoro una individualit… d'eccezione e che loconoscesse molto meglio di lui e di qualsiasi aitro. In luiabate, Boccadoro non aveva suscitato altra impressionea parte la grazia seducente della sua persona, che quelladi un certo zelo prematuro, perfino un po' saccente, concui gi… allora, ch'era semplice ospite e scolaro, pareva si

sentisse membro del convento e gi… quasi confratello. L'a-bate non credeva di dover temere che Narciso favorisseed eccitasse ancor pi— quello zelo commovente, ma Im-maturo. Piuttosto c'era da temere per Boccadoro che l'ami-co gli comunicasse una certa presunzione spirituale e uncerto orgoglio di erudito; ma, dato lo scolaro, il pericolonon sembrava grande; si poteva aspettare. Se pensavaquanto era pi— semplice, pi— pacifico e pi— comodo perun rettore dirigere individui mediocri invece che naturegrandi e forti, doveva sospirare e sorridere insieme. No,non voleva lasciarsi prendere lui pure dalla diffidenza,non voleva mostrarsi sconoscente per il privilegio di aver

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affidate alle sue cure due nature di eccezlone.

Narciso rifletteva molto sul conto dell'amico. La suaparticolare capacit… di comprendere e sentire l'indole e ladestinazione degli uomini lo aveva illuminato da un pezzosulla natura di Boccadoro. Tutto ci• che vi era di vitalee di radioso in questo giovane parlava chiaro: egli por-tava tutti i segni di un uomo forte, riccamente dotato neisensi e nell'anima, forse di un artista, in ogni caso di unindividuo straordinariamente capace di amare, il cui de-stino e la cui felicit… consistevano nell'essere infiammabilee nel sapersi donare. Perch‚ dunque questa creatura d'amo-re, quest'uomo dai sensi fini e ricchi, che poteva sentlreed amare con tanta intensit… il profumo d'un fiore, unsole mattutino, un cavallo, un volo d'uccello, una musica,perch‚ dunque aveva la mania d'essere un sacerdote dellospirito, un asceta? Narciso si stillava il cervello in cercad'una spiegazione. Sapeva che il padre di Boccadoro avevafavorito questa mania. Ma poteva averla suscitata? Conquale incantesimo aveva stregato il figlio, perch‚ questicredesse ad una destinazione e ad un dovere simile? Cheuomo poteva essere quel padre? Per quanto egli avesseportato pi— volte con intenzione il discorso su di lui, eBoccadoro ne avesse parlato non poco, Narciso non riu-sciva ad immaginarsi questo padre, non riusciva a ve-derlo. Non era cosa strana e sospetta? Quando Boccadoroparlava di una trota pescata da ragazzo, quando descri-veva una farfalla, imitava un grido d'uccello, raccontavadi un compagno, di un cane o di un mendicante, si pre-sentavanO immagini, si vedeva qualche cosa. Quando par-lava di suo padre, non si vedeva nulla. No, se questopadre fosse stato davvero una figura cos• importante, po-tente, dominante nella vita di Boccadoro, egli lo avrebbesaputo descrlvere In altro modo, avrebbe saputo offrirealtre immagini di lui! A Narciso questo padre non ispi-rava molta fiducia, non gli piaceva; talvolta dubitava per-smo che fosse veramente il padre di Boccadoro. Era undolo vuoto. Ma donde attingeva tanta potenza? Comeaveva potuto riempire l'anima di Boccadoro di sogni, ch'e-rano cos• estranei alla sua natura intima?

Anche Boccadoro si lambiccava il cervello. Per quantosl senhsse sicuro dell'affetto cordiale del suo amico avevapur sempre il senso penoso di non essere preso abbastanzasul serlo da lui, di essere sempre trattato un po' comeun bambino. E che significava l'insistenza dell'amico nelfargll mtendere che non era simile a lui7

Questo travaglio del pensiero non esauriva tuttavia legiornate di Boccadoro. Egli non era capace di stillarsi alungo ll cervello. C'era altro da fare durante la lungaglornata. Spesso andava ad appiattarsi accanto al frateportmalo, con cui era in ottimi rapporti. Riusciva semprecon le preghlere e con l'astuzia a procurarsi l'occasione dicavalcare un'ora o due sul suo Bless, ed era molto ben-voluto dai pochi vlcini del convento, specialmente dal mu-gnaio; spesso col garzone di quest'ultimo appostava lalontra, oppure cuocevano focacce con la farina fine deiprelati, che Boccadoro riconosceva ad occhi chiusi fra tuttele altre qualit… di farina, solo dall'odore. Pur stando mol-to insieme con Narciso, gli rimanevano parecchie ore dadedicare alle sue vecchie abitudini e ai suoi piaceri Anchei servizi divini erano per lui il pi— delle volte una gioia

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cantava volentieri nel coro degli scolari, recitava volen-tlerl un rosario davanti ad un altare preferito, ascoltavafl bel latino solenne della messa, vedeva nelle nubi d'in-censo luccicare l'oro degli arredi e degli ornamenti e sullecolonne le placide e venerande figure dei santi, gli evan-gehstl con gli animali e sant'Jacopo col cappello e lablsaccia da pellegrino.

Da queste figure di pietra e di legno si sentiva attrattoamava pensarle in misterioso rapporto con la sua personacome una specie di padrini immortali e onniscienti, di pro-tettori, di gulde della sua vita. Cos• sentiva un amore euna dolce relazione segreta con le colonne e i capitelli

delle finestre e delle porte, con gli ornamenti degli altari,con quei tondini e quelle corone ben profilate, con queifiori e quelle foglie lussureggianti, che spuntavan fuoridalla pietra delle colonne e s'intrecciavano, cos• parlantied espressive. Gli pareva un mistero intimo e prezioso,che oltre alla natura, alle sue piante e ai suoi animall cifosse anche questa seconda natura, silenziosa, fatta dagliuomini, queste figure umane, questi animali, queste plantedi pietra e di legno. Non di rado passava una delle sueore libere a riprodurre sulla carta tali figure e teste d'ani-mali e fasci di foglie, e talvolta cercava di disegnare anchedal vero fiori cavalli, volti umani.

E amava molto i canti liturgici, specialmente gli innia Maria. Gli piaceva il ritmo severo e fermo di questicanti, il ripetersi delle loro invocazioni e delle loro esal-tazioni. Seguiva adorando il loro significato sublime, op-pure, dimenticando il senso, amava le misure solenni d?quei versi e si lasciava invadere tutto da essi, dai suonlprofondi e prolungati, dalle vocali piene e sonore, dairitornelli pii. In fondo al cuore non amava l'erudizione,la grammatica e la logica, quantunque avessero anch'essela loro bellezza; amava di pi— il mondo d'immagml e dsuoni della liturgia.

Di tanto in tanto interrompeva anche per qualche mo-mento quello stato di freddezza che lo separava ormaidai suoi compagni. A lungo andare lo irritava e lo an-noiava sentirsi attorno degli estranei; ed ora riusclva afar ridere un vicino di banco imbronciato, ora a far chiac-chierare un vicino di letto taciturno, e per un po' di temposi sforzava di essere cordiale e riguadagnava un paio d'oc-chi, un paio di visi, un paio di cuori. Due volte con questiriavvicinamenti ottenne, contro ogni sua intenzione, di es-sere di nuovo invitato ad ® andare al villaggio ¯ Sussult•e si ritir• immediatamente. No, non andava pm al vll-laggio; era riuscito a dimenticare la fanciulla dalle trecce,a non pensarci pi— o quasi plu.C~PITOLO IV

I tentativi di Narciso per scoprire il segreto di Bocca-doro erano rimasti per molto tempo senza effetto. Permolto tempo egli si era sforzato apparentemente invanodi destare quell'anima, d'insegnarle il linguaggio con cuiil suo segreto avrebbe potuto com~unicarsi.

Quello che l'amico gli aveva raccontato della sua ori-gine e della sua casa, non aveva dato nessuna immagineconcreta. C'era l'ombra amorfa di un padre rispettato, e

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pOi la leggenda di una madre gi… da tempo scomparsa omorta, di cul altro non era rimasto che un nome scialbo.A poco a poco Narciso, esperto di legger nelle anime,aveva riconosclUto nell'amico uno di quegli individui, peri quali un tratto della loro vita Š andato perduto e chesotto la pressione di una sventura o di un incantesimosono stati costretti a dimenticare una parte del loro pas-sato. Egli comprese che in questo caso il semplice inter-rogare ed istruire non serviva a nulla; s'accorse anche diaver creduto troppo nel potere della ragione, e di averdetto molte cose invano.

Ma non era rimasto vano l'affetto che lo legava al-l'amico, non vana la consuetudine dello star molto insie-me. Nonostante la profonda differenza delle loro natureavevano imparato molto l'uno dall'altro; a poco a pocoera nato fra loro, accanto al linguaggio della ragione, unImguaggio d'anime e di cenni, cos• come fra due residenzepuo correre una strada maestra per le vetture e per i ca-valieri, ma accanto si formano tante altre piccole vielaterali: viottoli per i bimbi che giocano, sentieri nascostiper mnamorati, stradelline appena visibili di cani e di gatti.A poco a poco l'animata fantasia di Boccadoro s'era insi-nuata per magiche vie nei pensieri dell'amico e nel lorolinguaggio; e questi dal canto suo aveva imparato a com-prendere e a sentire, senza parole, molta parte della na-tura di Boccadoro. Maturavano lentamente, nella luce del-l'amore, nuovi vincoli fra anima ed anima; le parole ven-nero dopo. Cos• un giorno - era vacanza e i due amicistavano insieme nella biblioteca - s'intavol• fra loro, inat-teso da entrambi, un discorso che li port• a un tratto nelcuore della loro amicizia e la illumin• di nuove luci.

Avevano parlato dell'astrologia, che nel convento nonsi studiava, anzi era proibita, e Narciso aveva detto cheessa era un tentativo di mettere ordine e sistema nellemolte e diverse specie di uomini, di destini, di vocazioni.Boccadoro interruppe: --Tu parli sempre delle diversit…...a poco a poco mi sono convinto che questa Š la tua specia-lit…. Quando parli della grande differenza che c'Š ad esem-pio fra te e me, mi par sempre ch'essa non consista in altroche nella tua singolare mania di trovar differenze!

Narciso: -- Certo, tu cogli proprio nel segno. E cos•!Per te le differenze non hanno molta importanza, a meinvece sembrano l'unica cosa importante. Io sono per na-tura un erudito, la mia vocazione Š la scienza. E scienzaaltro appunto non Š, per citare le tue parole, che la maniadi trovar differenze. Non si potrebbe designare meglio lasua essenza. Per noi uomini di scienza nulla Š importantese non lo stabilire delle diversit…: scienza significa arte didistinguere. Trovare ad esempio in ogni uomo le caratteri-stiche che lo distinguono dagli altri significa conoscerlo.

Boccadoro: -- Va bene. Uno ha delle scarpe da con-tadino ed Š un contadino, un altro ha una corona in capoed Š un re. Certo sono differenze. Ma le vedono anche ibambini pur senza tutta la vostra scienza.

Narciso: --Ma se tanto il contadino quanto il re in-dossano vesti d'oro, il bambino non li distingue pi—.

Boccadoro: -- Neppur la scienza.

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Narciso: -- Forse s•. Essa non Š certo pi— intelligentedel bambino, te lo concedo, ma Š pi— paziente; non rilevasoltanto le caratteristiche pi— grossolane.

Boccadoro: -- Anche un bambino intelligente ricono-scer… il re dallo sguardo o dal portamento. Insomma voieruditi siete orgogliosi e ci giudicate sempre pi— stupididi voi; si pu• essere molto intelligenti anche senza tutta1:l vr~Ctra scienza

Narciso: -- Mi fa piacere che tu cominci a compren-dere questo. Fra poco comprenderai allora altres• che ionon penso all'intelligenza quando parlo della differenzafra te e me. Non dico: tu sei pi— intelligente o pi— stu-pldo, mlghore o peggiore. Dico soltanto: sei diverso.

Boccadoro: --Questo si capisce. Ma tu non parli solodi differenze di caratteristiche, parli anche spesso di dif-ferenze di destino, di vocazione. Perch‚ ad esempio tudovresti avere una vocazione diversa dalla mia? Sei uncristiano come me, sei deciso come me a scegliere la vitamonastica, sei figlio come me del buon Padre che sta incielo. La nostra meta Š la stessa: la beatitudine eterna.La nostra destinazione Š la stessa: il ritorno a Dio.

Narciso: --Benissimo. Nel trattato della dogmatica cer-to un uomo Š esattamente uguale all'altro, ma nella vitano. A me pare: il discepolo prediletto del Redentore, sulpetto del quale egli riposava, e quell'altro discepolo chelo trad•... quei due non avevano forse la stessa vocazione?

Boccadoro: -- Sei un sofista, Narciso! Per questa vianon ci avviciniamo.

Narciso: -- Per nessuna via ci avviciniamo.

Boccadoro: --Non dir cos•!

Narciso: -- Parlo sul serio. Non Š il nostro compitoquello d'avvicinarci, cos• come non s'avvicinano fra loroil sole e la luna, o il mare e la terra. Noi due, caroamico, siamo il sole e la luna, siamo il mare e la terraLa nostra meta non Š di trasformarci l'uno nell'altro, madi conoscerci l'un l'altro e d'imparar a vedere ed a rispet-tare nell'altro ci• ch'egli Š: il nostro opposto e il nostrocomplemento.

Boccadoro, colpito, teneva il capo chino: il suo voltos'era fatto triste.

Finalmente disse: -- E per questo che tante volte nonprendi sul serio i miei pensieri ?

Narciso esit• un poco a rispondere. Poi disse con vocechiara e dura: -- per questo. Devi abituarti, caro Boc-cadoro, a che io prenda sul serio soltanto te stesso. Cre-dimi, io prendo sul serio ogni suono della tua voce, ognigesto, ogni sorriso tuo Ma i tuoi pensieri, li prendomeno sul serio. Prendo sul serio quello che riconosco inte di essenziale e di necessario. Perch‚ vuoi che presti

2ss

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particolare attenzione proprio ai tuoi pensieri, quando haitante altre doti?

Boccadoro sorrise con amarezza.--Lo dicevo bene, chemi hai sempre considerato soltanto un bambino!

Narciso insistette: --Una parte dei tuoi pensieri li con-sidero infantili. Ricorda quel che dicevamo dianzi: unfanciullo intelligente non Š di necessit… pi— sciocco di unerudito. Ma se il fanciullo vuol parlare di scienza conl'erudito, questi non lo prende sul serio.

Boccadoro esclam• con impeto: --Anche quando nonparlo di scienza tu sorridi di me! Tutta la mia religiosit…,ad esempio, i miei sforzi per progredire negli studi, la miaaspirazione alla vita monastica, per te non sono altro chefanciullaggini!

Narciso lo guard•, grave: -- lo ti prendo sul serioquando sei Boccadoro. Ma tu non sei sempre Boccadoro.Io non mi auguro altro se non che tu divenga Boccadoroin tutto e per tutto. Tu non sei un erudito, tu non sei unmonaco... per far un erudito e un monaco basta una stoffameno preziosa della tua. Tu credi che ti giudichi troppopoco erudito, troppo poco logico, o troppo poco pio. No,per me sei troppo poco te stesso.

Boccadoro s'era rltirato da quel colloquio stupito e per-sino offeso, ma pochi giorni dopo mostr• egli stesso ildesiderio di continuarlo. Questa volta Narciso rmsc• adargli, della differenza fra le loro nature, un'immaginech'egli pot‚ comprendere meglio.

Narciso aveva parlato con calore, sentiva l'amico piuaperto, quel giorno, e pi— pronto ad accogliere le sue pa-role: sentiva di far presa su di lui. E si lasci• indurredal successo a dire pi— di quel che fosse nelle sue inten-Zioni, si lasci• trasportare dalle sue stesse p~arole.

--Vedi, -- disse, -- c'Š un punto solo in Cui ti sonosuperiore: io sono sveglio, mentre tu lo sei soltanto amezzo, anzi a volte dormi del tutto. Per me, sveglio Š chiconosce con l'intelletto e con la coscienza se stesso, leproprie forze intime e irrazionali, i propri istinti e le pro-prie debolezze e sa tenerne conto. Questo tu devi impa-

rare: ecco il senso che pu• esserci per te nell'avermi in-

contrato In te, Boccadoro, lo spirito e la natura, la co-

scienza e il mondo dei sogni sono lontanissimi fra loro.

Hai dimenticato la tua infanzia, e dalle profondit… della

tua anima essa ti cerca. Ti far… soffrire finch‚ non leavrai dato ascolto... Basta! Nell'essere sveglio, ripeto, sonopl— forte di te, in questo ti sono superiore e ti posso aiuta-re; in tutto il resto, caro, sei tu superiore a me... o megliolo sarai non appena avrai trovato te stesso.

Boccadoro aveva ascoltato con stupore, ma alle parole

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® hai dimenticato la tua infanzia ¯ aveva sussultato comecolpito da una freccia. Narciso, che per abitudine, mentreparlava, spesso teneva a lungo chiusi gli occhi o li fis-sava innanzi a s‚, come se in tal modo trovasse megliole parole, non s'era accorto di nulla. Non aveva vedutoil volto dell'amico contrarsi improvvisamente e come av-vizzirsi.

--Superiore... io a te! --balbett• Boccadoro tanto perdir qualcosa; era come irrigidito.

--Certo, -- continu• Narciso. -- Le nature come latua, dotate di sensi forti e delicati, gli ispirati, i sognatori,I poeti, gli amanti sono quasi sempre superiori a noi uomi-ni di pensiero. La vostra origine Š materna. Voi vivetenella pienezza, a voi Š data la forza dell'amore e dellaesperienza viva. Noi spirituali, che pur sembriamo spessoguldarvi e dirigervi, non viviamo nella pienezza, viviamonell'aridit…. A voi appartiene la ricchezza della vita, a voiil succo dei frutti, a voi il giardino dell'amore, il belpaese dell'arte. La vostra patria Š la terra, la nostra Šl'Idea. Il vostro pericolo Š di affogare nel mondo dei sensi,il nostro Š di asfissiare nel vuoto. Tu sei un artista, io unpensatore Tu dormi sul petto della madre, io veglio neldeserto. A me splende il sole, a te la luna e le stelle, ituoi sogni sono di fanciulle, i miei di ragazzi...

Boccadoro aveva ascoltato con gli occhi spalancati, men-tre Narciso parlava in una specie d'inebbriamento ora-torio. Molte delle sue parole l'avevano colpito come spadealle ultime impallid•, chiuse gli occhi, e, quando Narcisose n accorse e lo interrog• spaventato, rispose pallidissimocon la voce spenta: --Mi Š capitato una volta di acca-sciarmi e di piangere davanti a te... ricordi? Non deveripetersi, non me lo perdonerei mai... e neppure a te! Orava via subito e lasciami solo, mi hai detto parole terribili.

Narciso era costernato. S'era lasciato trasportare dallesue parole, aveva avuto la sensazione di parlare megliodel solito. E s'accorgeva con stupore che qualcuna di que-

ste parole aveva scosso profondamente l'amico, che in qual-che punto egli aveva toccato sul vivo. Gli rincresceva dilasciarlo solo in quel momento; esit• qualche secondo, mala fronte corrugata di Boccadoro gli impose d'uscire, ecorse via confuso, per concedere all'amico la solitudine dicui aveva bisogno.

Questa volta la tensione dell'animo di Boccadoro nonsi risolse in lacrime. Con la sensazione di essere feritoprofondamente e senza speranza, come se l'amico gli aves-se inferto a un tratto un pugnale nel petto, rimase im-mobile, col respiro affannoso, col cuore mortalmente op-presso, pallido come un cadavere, con le mani inerti. Erala stessa angoscia d'allora, solo di qualche grado pi— in-tensa, era lo stesso senso di soffocamento interiore, l'im-pressione di dover vedere qualcosa di terribile, di asso-lutamente insopportabile. Ma nessun singhiozzo liberatorelo aiut• questa volta a superare l'angoscia. Santa Madredi Dio, che era mai? Era avvenuto qualcosa? L'avevanoammazzato? Aveva egli ucciso? Che cosa era stato dettodi terribile?

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Respirava a stento, come un avvelenato: aveva una sen-sazione quasi straziante di dover liberarsi da qualcosa dimicidiale, che stava in fondo al suo essere. Coi movimentidi uno che nuoti, si lanci• fuori della stanza, fugg• inco-sciente negli angoli pi— tranquilli e pi— deserti del con-vento, per corridoi e scale, finch‚ usc• fuori all'aperto.Era giunto nel rifugio pi— interno del monastero, nel chio-stro, sopra le poche aiuole verdi splendev.a luminoso ilcielo, un profumo di rose attraversava in dolci e lenteondate l'aria umida e fresca emanante dalla pietra

Narciso, senza immaginarlo, aveva fatto in quell'ora ci•che da tempo era la meta dei suoi desideri: aveva chia-mato per nome il demone che possedeva il suo amico, loaveva colto. Qualcuna delle sue parole aveva toccato nelcuore di Boccadoro il segreto, ch'era scattato in un im-peto di dolore selvaggio. Narciso s'aggir• per il conventoin cerca dell'amico, ma non lo trov•.

Boccadoro stava sotto una delle pesanti arcate, che daicorridoi mettevano nel giardinetto del chiostro; dall'altodi ciascuna delle colonne tre teste di pietra, teste di canio di lupi, lo fissavano con gli occhi spalancati. La feritagli straziava l'anima, senza trovare una via verso la luce,

verso la ragione. Un'angoscia mortale gli stringeva la golae lo stomaco. Alzando meccanicamente lo sguardo, videsopra di s‚ uno dei capitelli con le tre teste d'animali, esubito ebbe l'impressione che i tre mostri fossero nelle sueviscere, coi loro occhi fissi, e gli abbaiassero dentro.

"Ora devo morire," sent• rabbrividendo. E subito dopo,tremante d'angoscia: "Ora perdo la ragione, ora le be-stiacce mi mangiano".

Con un sussulto cadde ai piedi della colonna; la soffe-renza era troppo grande, aveva raggiunto il limite estremo.Lo avvolse un deliquio; il viso infossato sul petto, si per-dette nei desiderati meandri del non essere.

L'abate Daniele aveva avuto una giornata poco piace-vole: due dei monaci anziani erano andati da lui, ecci-tati, litigando e accusandosi a vicenda, furenti l'un control'altro per il ripetersi di vecchie e futili gelosie. Egli liaveva ascoltati, fin troppo a lungo, li aveva ammoniti,ma senza effetto, infine li aveva congedati severamente,imponendo a ciascuno una penitenza abbastanza dura; main cuore gli era rimasto il senso che l'opera sua era statavana Esausto, s'era ritirato nella cappella della chiesainferiore, aveva pregato, s'era rialzato senza trovare ristoro.Poi, attratto dalla mite fragranza delle rose, era entratoun momento nel chiostro per aspirarne il profumo. E l•trov• lo scolaro Boccadoro, svenuto sull'impiantito. Loguard• con tristezza, spaventato dal pallore esangue diquel volto di solito fiorente di giovinezza. Cattiva giornatadavvero, ci mancava ancor questo! Tent• di sollevare ilragazzo, ma il peso era troppo grave per le sue forze. Eil vecchio se n'and• sospirando; chiam• due frati pi— gio-vani, perch‚ lo portassero su, e mand• insieme a loro pa-dre Anselmo, esperto in medicina. Intanto fece cercareNarciso, che fu presto trovato e si present•.

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-- Sai gi…? --gli domand•.

--Di Boccadoro? S•, reverendo padre, ho sentito orora che Š ammalato o che gli Š capitato un accidente: lohanno portato su a braccia.

-- S•, l'ho trovato io nel chiostro, dove veramente nonaveva nulla da cercare. Non gli Š capitato nessun acci-dente, c svenuto. La cosa non mi piace. Mi sembra che tudebba in qualche modo esserne a parte: Š il tuo intimo.Perci• ti ho fatto chiamare. Parla.

Narciso, dominando come sempre il suo contegno e lesue parole, rifer• brevemente il colloquio con Boccadoroe l'impressione violenta, inattesa, che quegli ne avevaricevuta. L'abate scosse il capo, non senza un certo mal-contento.

-- Sono curiosi colloqui! -- disse, sforzandosi di rima-ner calmo. -- 11 discorso che mi hai riferito si potrebbechiamare una violazione dell'anima altrui; Š un discorso,direi, da padre spirituale. Ma tu non sei il padre spiri-tuale di Boccadoro. Tu non hai nemmeno cura d'anime,non sei ancora stato ordinato sacerdote. Come mai assumicon uno scolaro il tono del direttore di coscienza e gliparli di cose che riguardano solo quest'ultimo? Le conse-guenze, come vedi, sono state cattive.

-- Le conseguenze, -- rispose Narciso in tono mite,ma risoluto, -- non le conosciamo ancora, reverendo pa-dre. Io sono rimasto un po' spaventato per l'effetto vio-lento del nostro colloquio ma non dubito che le conse-guenze saranno buone per Boccadoro.

--Lo vedremo. Ma ora parliamo del tuo operato. Checosa ti ha indotto a tenere a Boccadoro simili discorsi?

-- Come sapete, egli Š mio amico. Ho una speciale sim-patia per lui e credo di comprenderlo molto bene. Voidite che io gli ho parlato come un padre spirituale; no,non ho voluto arrogarmi nessuna autorit… di questo ge-nere, ho creduto soltanto di conoscerlo meglio di quantoegli si conosca.

L'abate alz• le spalle.

-- Lo so che questa Š la tua specialit…. Speriamo chetu non abbia provocato nulla di male... E malato, Bocca-doro? Voglio dire, ha qualche disturbo? E cagionevole?Dorme male? Non mangia? Ha qualche sofferenza?

-- No, fino ad oggi era sano. Sano di corpo.

-- E nel resto ?

--Nell'anima Š malato, non c'Š dubbio. Sapete ch'egliŠ nell'et… in cui cominciano le lotte con l'istinto sessuale.

--Lo so. Ha diciassette anni?

--Ne ha diciotto.

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-- Diciotto. Gi…. Abbastanza tardi. Ma queste lotte sonocosa naturale, attraverso cui passano tutti. Non si pu•chiamarlo per questo malato nell'anima.

--No, reverendo padre, per questo solo no. Ma Boc-

cadoro era gi… malato prima, gi… da tempo, perci• questelotte sono per lui pi— pericolose che per altri. Egli soffre,credo, perch‚ ha dimenticato una parte del suo passato.

--Ah? E quale parte?

-- Sua madre e tutto quello che si riferisce a lei. Nonne- so nulla neppur io; so soltanto che l… dev'essere l'ori-gine della sua malattia. Boccadoro probabilmente non saaltro di sua madre, se non che l'ha perduta presto. Masi ha l'impressione che si vergogni di lei. Eppure da leideve aver ereditato la maggior parte delle sue doti, poi-ch‚ quello che dice di suo padre non ce lo fa apparirtale da avere un figlio cos• bello, cos• ben dotato e ori-ginale. Tutto questo non mi Š stato riferito, lo arguiscoda indizi.

L'abate, il quale da principio aveva sorriso fra s‚ diquei discorsi, che gli parevano saccenti e presuntuosi, ea cui tutta la faccenda riusciva molesta e penosa, comin-ci• a riflettere. Ripens• al padre di Boccadoro, a quel-l'uomo un po' affettato, che non ispirava troppa fiducia,e, forzando la memoria, ricord• anche a un tratto comeegli avesse parlato a proposito della moglie. Aveva dettoch'era stato da lei disonorato, che gli era scappata, ech'egli si era sforzato di soffocare nel figlioletto il ricordomaterno e i vizi che dalla madre poteva aver ereditati.Vi era riuscito: e il ragazzo si dichiarava disposto, perespiare i falli della mamma, a offrire la sua vita a Dio.

Narciso non era mai piaciuto cos• poco all'abate comein quel momento. E tuttavia... come aveva indovinato bene,quel ruminatore di pensieri, come sembrava conoscer benedavvero Boccadoro!

Infine, interrogato ancora su ci• ch'era avvenuto quelgiorno, Narciso disse: -- Non era nelle mie intenZioniprovocare la scossa violenta, che oggi ha sopraffatto Boc-cadoro. Io gli ho osservato ch'egli non conosce se stesso,che ha dimenticato la sua infanzia e sua madre. Qual-cuna delle mie parole deve averlo colpito, dev'essere pe-netrata nella tenebra, contro la quale lotto gi… da tantotempo. Era come esanimato, mi guardava, quasi non co-noscesse pi— n‚ me n‚ se stesso. Io gli dissi tante volteche dormiva, che non era desto del tutto. Ora Š statosvegliato, non ne dubito.

Narciso fu congedato, senza ammonizione, ma col di-vieto, per il momento, di visitare il malato.

Intanto padre Anselmo aveva fatto coricare lo svenutosu di un letto e s'era seduto al suo capezzale. Non gliparve consigliabile richiamarlo bruscamente alla coscienzacon mezzi violenti. L'aspetto del ragazzo non promettevanulla di buono. Il vecchio dal volto rugoso e bonario loguardava benevolmente. Per il momento si limit• a sen-

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tirgli il polso e ad ascoltare il cuore. Certo, pens•, il ra-gazzo aveva mangiato qualche porcheria, del sale d'ace-tosella o qualche altra sciocchezza; eran cose che capi-tavano. La lingua non si poteva vedere. Egli voleva benea Boccadoro, ma non poteva soffrire il suo amico, quelmaestro troppo giovane e precoce. Ecco ora i frutti diuna simile amicizia: certo Narciso aveva la sua parte dicolpa in questa corbelleria. Che bisogno aveva un ragazzocos• sano, dagli occhi chiari, un cos• caro e schietto figliodella natura, di mettersi insieme con quell'erudito orgo-glioso, con quel grammatico, per Cui il suo greco era pi—importante di tutto ci• ch'Š vivo al mondo?

Quando dopo parecchio tempo la porta s'apr• ed entr•l'abate il padre era ancora seduto, con lo sguardo fissosul voito del ragazzo privo di sensi. Che volto simpatico,giovane, ingenuo! E dovergli ora star accanto per soccor-rerlo, e forse non potere! Certo la causa poteva essere unacolica: avrebbe prescritto del vino caldo, forse del rabar-baro. Ma pi— guardava quel viso verdastro e contratto,pi— i suoi sospetti prendevano un'altra piega, pi— preoc-cupante. Padre Anselmo aveva esperienza. Pi— d'una voltanel corso della sua lunga vita gli era capitato di vederedegli ossessi. Esitava a formulare il sospetto perfino incuor suo. Avrebbe atteso, sorvegliato. Ma, pensava conirritazione, se quel povero ragazzo era stato davvero stre-gato, non dovevano cercar lontano il colpevole: e questil'avrebbe vista brutta!

L'abate s'avvicin•, guard• il malato, gli sollev• pianouna palpebra

--Si pu• destarlo? -- domand•.

--Vorrei aspettare ancora. Il cuore Š sano. Non biso-gna lasciargli avvicinare nessuno.

--C'Š pericolo?

--Non credo. Nessuna ferita, nessuna traccia di colpi

o di caduta. E svenuto: forse Š stata una colica. I dolorimolto forti fanno perdere i sensi. Se fosse un avvelena-mento, verrebbe la febbre. No, si risveglier… e rimarr…in vita.

--Non potrebbe derivare da una scossa morale?

--Non dico di no. Si sa qualcosa? Ha avuto forseun forte spavento? Un annuncio di morte? Una disputaviolenta, un'offesa? Allora tutto sarebbe spiegato.

--Non sappiamo Badate che nessuno lo avvicini. Viprego di rimanere finch‚ Š desto. Se peggiorasse, chiama-temi, foss'anche di notte

Prima di uscire il vegliardo si chin• ancora una voltasul rr.alato; pens• a suo padre, pens• al giorno in cui gliavevano condotto quel bel ragazzo biondo e sereno, chetutti avevano subito preso a benvolere. Anche a lui avevafatto un'ottima impressione. Ma Narciso aveva ragione:quel figliolo non assomigliava proprio in nulla a suo pa-dre! Ah, quante preoccupazioni dappertutto! Com'Š insuf-

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ficiente tutta la nostra opera! Non aveva forse egli stessotrascurato in qualche modo quel povero ragazzo? Gli ave-va dato il confessore adatto? Era giusto che nessuno inconvento conoscesse bene quello scolaro quanto Narciso?E poteva giovargli questo amico, che faceva ancora il no-viziato, che non era ancor frate n‚ aveva ricevuto gliordini e le cui idee ostentavano tutte una superiorit… cos•sgradevole, quasi ostile? Dio sa se anche Narciso nonaveva avuto da tempo un trattamento sbagliato? Dio sase dietro la maschera dell'obbedienza egli non celava delmale, se non era forse un pagano? E di quel che i duegiovani sarebbero diventati un giorno, era responsabileanche lun

Quando Boccadoro rinvenne, era buio. Sentiva la testavuota e aveva le vertigini. Sentiva di essere in un letto,ma non sapeva dove e non stette neppure a pensarci: gliera indifferente. Ma dov'era stato? Di dove veniva? Daqual mondo strano di esperienze? Era stato altrove, moltolontano, aveva visto qualcosa, qualcosa di straordinariodi splendido, di terribile e d'indimenticabile... e tuttaviaaveva dimenticato. Ma dove? Che cos'era spuntato l… da-vanti a lui, cos• grande cos• doloroso, cos• delizioso, epoi di nuovo scomparsoi Tese l'orecchio verso il fondodella sua anima, l… dove qualcosa si era sprigionato in

quel giorno, dove qualcosa era avvenuto... che cosa? Unconfuso groviglio d'immagini gli turbin• davanti, vide delleteste di cani, tre teste di cani, ed aspir• il profumo dellerose. Oh, com'era stato male! Chiuse gli occhi. Si riad-dorment•.

Si svegli• di nuovo e, mentre il mondo dei sogni Sidileguava rapidamente, vide, ritrov• l'immagine e trasal•come per una volutt… dolorosa. Vide: era diventato veg-gente. Vide Lei. Vide la grande, radiosa figura dalla boccafiorente, dai fulgidi capelli. Vide sua madre. Al tempostesso credette di udire una voce: ® Hai dimenticato latua infanzia ¯. Di chi era quella voce? Tese l'orecchio, pen-s• trov•. Era Narciso. Narciso? E in un attimo, con uncoipo brusco, tutto ritorn• presente: ricord•, seppe. Oh!mamma, mamma! Montagne di macerie, mari d'oblio era-no rimossi scomparsi, con superbi occhi azzurri e lumi-nosi la Perduta lo guard• di nuovo, l'ineffabilmente Amata.

Padre Anselmo, che s'era assopito nella poltrona ac-canto al letto, si dest•. Ud• il malato muoversi, respirare.S'alz• cauto.

--Chi c'Š? -- domand• Boccadoro.

-- Sono io, non aver paura. Faccio luce.

Accese la piccola lampada sospesa e il chiarore si dif-fuse sopra il suo volto rugoso e benevolo.

-- Sono malato? -- domand• il giovane.

-- Sei svenuto, figliolo mio. Dammi la mano, sentiamoil polso. Come ti senti ?

--Bene. Grazie, padre Anselmo. Siete molto buono.

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Non mi sento pi— nulla, sono solo stanco.

--Certo sarai stanco. Presto ti riaddormenterai; primabevi un sorso di vino caldo, Š qui pronto. Vuotiamo in-sieme un bicchiere, ragazzo mio. Alla nostra buona ami-cizia!

Aveva avuto cura di tener pronto, entro un reciplented'acqua calda, un boccaletto di vino bollito con aroml.

--Abbiamo dormito un bel pezzetto tutti e due! --disse ridendo il medico.--Un bravo infermiere, penserai,che non sa tenersi desto! Via, siamo uomini. Ora, pic-cino, beviamo un po' di questo filtro magico; nulla di pi—delizioso che una piccola bevuta di nascosto nella notte.Dunque, salute!

Boccadoro rise, tocc• il bicchiere e assaggi•. Il vinocaldo era drogato con cannella e garofano e addolcitocon lo zucchero; egli non ne aveva mai bevuto. Gli vennein mente che gi… una volta era stato malato e allora s'eraoccupato di lui Narciso; questa volta era padre Anselmoa prestargli le sue cure. La cosa gli piacque molto, eragradevolissimo e curioso essere l• in letto, alla luce diquella lampadina, e bere col vecchio padre un bicchieredi dolce vin caldo nel cuor della notte.

--Hai dolor di ventre? -- domand• il vecchio.

--No.

--To', pensavo che dovessi avere una colica, Bocca-doro. Allora non Š questo. Mostra la lingua. E bella: unavolta di pi— il vostro vecchio Anselmo non ha capito nulla.Domani resti a letto tranquillo, poi vengo io e ti visito.E il tuo vino l'hai gi… finito? Cos•, ti faccia buon pro!Lasciami vedere se ce n'Š ancora. Per un mezzo bicchiereciascuno basta, se ce lo dividiamo con equit…... Ci haiprocurato un bello spavento, Boccadoro! Disteso l… nelchiostro come un cadaverino! Davvero non hai mal diventre ?

Risero e si divisero onestamente il resto del vino aro-matico; padre Anselmo disse le sue barzellette, mentreBoccadoro lo guardava riconoscente e divertito, con gliocchi ritornati chiari. Poi il vecchio and• a coricarsi. Boc-cadoro rimase sveglio ancora un poco; pian piano le im-magini risalirono dal fondo della sua anima, rifiammeg-giarono le parole dell'amico, riapparve la donna biondae radiosa, la madre; e la visione lo percorse tutto comeun vento caldo, come una nube di vita, di ardore, di te-nerezza e di monito profondo. O mamma! Come, comeaveva potuto dimenticarla?

C~PITOLO V

Fino allora Boccadoro aveva saputo qualcosa di suamadre, ma solo dai racconti altrui; l'immagine di lei gliera sfuggita e del poco che credeva di saperne aveva ta-ciuto a Narciso la massima parte. La mamma era cosadi cui non si doveva parlare, di cui ci si vergognava. Erastata una ballerina, una bella e selvaggia creatura, d'ori-gine distinta, ma pagana e non buona; il padre di Bocca-

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doro l'aveva raccolta, cos• raccontava, dalla miseria edalla vergogna, nel dubbio che fosse pagana, l'aveva fattabattezzare e istruire nella religione; l'aveva sposata e ri-dotta una donna per bene. Sennonch‚ dopo alcuni anni dimansuetudine e di vita regolare si era risvegliato in leiil ricordo delle sue antiche arti ed abitudini ed ella avevacominciato a dar scandalo, a sedurre uomini, a rimanerfuori di casa giornate e settimane intere; aveva acquistatofama di strega e infine, dopo essere stata pi— volte rag-giunta e riportata a casa dal marito, era scomparsa persempre. La sua fama rimase viva ancora per qualche tem-po fama cattiva, guizzante come la coda di una cometa,poi si spense. Suo marito si rimise lentamente da queglianni d'inquietudine, di spavento, di vergogna, di continuesorprese; e invece della moglie mal riuscita, prese a edu-care il figlioletto, somigliantissimo alla madre nella figurae nel volto; rimase profondamente contristato, divent• bi-gotto e coltiv• in Boccadoro la convinzione ch'egli dovesseoffrire la sua vita a Dio per espiare le colpe materne.

Questo era press'a poco ci• che il padre soleva raccon-tare della moglie scomparsa, bench‚ non amasse parlarne;e qualche allusione in proposito aveva fatto anche all'a-bate nell'afffidargli il figlio. Tutto ci• era noto anche aBoccadoro come un'orribile leggendaj ma egli aveva im-

parato ad allontanarla da s‚, quasi a dimenticarla. Avevapoi dimenticato e perduto del tutto l'immagine vera dellamadre, quella che non nasceva dai racconti del padre edei servi o dalle voci oscure e cattive intorno a lei, mache costituiva il suo ricordo personale: la madre, qualeera stata realmente per lui nella vita. Ed ecco ora risor-gere quell'immagine, l'astro dei suoi primi anni.

--E incomprensibile come avessi potuto dimenticarla,--disse un giorno all'amico.--lo non ho mai amato nes-suno in vita mia come mia madre, cos• incondizionata-mente, cos• ardentemente, non ho mai venerato e ammi-rato nessuno come lei; rappresentava per me il sole e laluna. Dio sa come fu possibile offuscare nella mia animaquell'immagine radiosa e trasformarla a poco a poco inquella strega cattiva, pallida, diafana, ch'ella era per miopadre e fu durante tanti anni per me.

Narciso aveva hnito da poco il suo noviziato e avevapreso l'abito. Il suo contegno verso Boccadoro s'era sin-golarmente mutato. Boccadoro, che prima aveva spessorespmto i cenni e i moniti dell'amico come una molestapretesa di saperne di pi— e di volerlo migliorare, dopo ilgrande avvenlmento era pieno di stupita ammirazione perla sua sapienza. Quante parole di lui s'erano avverate co-me profezie! Come gli aveva visto in fondo all'animoquello scrutatore inquietante, come aveva indovinato ilsegreto della sua vita, la sua ferita nascosta! Con quantaintelligenza lo aveva guarito!

Il giovane sembrava guarito davvero. Non solo quellosvenimento non aveva avuto cattive conseguenze, ma siera come dileguato anche quel certo che di non schietto,di non serio, di saccente, che si notava prima nella perso-nalit… di Boccadoro, quel prematuro monachismo, quelcredersi obbligato a servir Dio proprio in convento. Ilgiovane sembrava diventato pi— giovane e al tempo stesso

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pi— maturo, da quando aveva trovato se stesso. Tutto ci•egli doveva a Narciso.

Ma Narciso da qualche tempo teneva con l'amico uncontegno singolarmente cauto; lo guardava con grandemodestia, senza pi— alcun senso di superiorit…, senza pi—volerlo ammaestrare, mentre l'altro aveva tanta ammira-zione per lui. Vedeva Boccadoro nutrito da fonti miste-riose, di forze che a lui erano estranee; egli aveva potuto

favorire il loro sviluppo, ma non gli era dato di parte-cipare ad esse. Vedeva con gioia l'amico liberarsi dallasua guida, e pur talvolta era triste. Sentiva di essere ungradino superato, una scorza che si butta via; vedeva av-vicinarsi la fine di quell'amicizia, ch'era stata tanto perlui. Sapeva sempre sul conto di Boccadoro pi— di quelche ne sapesse Boccadoro stesso, poich‚ se questi avevaritrovato la sua anima ed era pronto a seguirne l'appello,non presentiva ancora dove essa l'avrebbe condotto; Nar-ciso lo presentiva ed era impotente, la via del suo benia-mino conduceva in paesi, su cui egli non avrebbe mai po-sto il piede.

La passione di Boccadoro per le scienze era molto di-minuita. Anche la sua smania di disputa nei colloqui conl'amico era passata; si vergognava ripensando a certe loroconversazioni d'un tempo. Intanto in Narciso, sia col com-pimento del noviziato, sia in seguito alle vicende conBoccadoro, s'era destato un bisogno di vita ritirata, diascesi, di eserciZi spirituali, una tendenza ai digiuni e allelunghe orazioni, alle confessioni frequenti, alle penitenzevolontarie; e Boccadoro poteva capire questa tendenza, po-teva quasi dividerla. Dopo la guarigione il suo istintos'era molto afffinato; pur non sapendo ancor nulla dellesue mete future, sentiva con una chiarezza sicura, spessoinquietante, che il suo destino si stava preparando, che uncerto periodo d'innocenza e di tranquillit… ben protettaera ormai passato per lui e che tutto in lui era teso epronto. Spesso il presentimento era delizioso, lo tenevasveglio met… della notte, come un dolce innamoramento;spesso anche era cupo e profondamente angoscioso. Lamadre era ritornata a lui, colei ch'era da tanto tempo per-duta; ed era una grande felicit…. Ma dove lo conducevail suo richiamo allettatore? Nell'incerto, in una rete diseduzioni, nell'angustia, forse nella morte. Indubbiamentenon lo conduceva nella sicurezza placida e silente di unacella monastica, nella comunit… di un chiostro per tuttala vita; il suo appello non aveva nulla di comune conquei comandamenti paterni, che per tanto tempo egli ave-va scambiato per suoi propri desideri. Questo sentimento,Spesso forte, angoscioso e scottante come una violenta sen-sazione fisica, alimentava la religiosit… di Boccadoro. Edegli sfogava la piena della sua passione, ch'era tutta un

anelito verso sua madre, in lunghe preghiere alla santaMadre di Dio. Spesso per• le orazioni si perdevano dinuovo in sogni: sogni splendidi e strani, di giorno, in unaspecie di dormiveglia, sogni di lei, a cui tutti i suoi sensipartecipavano. E lo avvolgeva allora il profumo di quelmondo materno che guardava misterioso con occhi d'eni-gma e d'amore, che mormorava profondo come il mare ecome il paradiso, che vezzeggiando balbettava suoni senza

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senso, o meglio traboccanti di senso e lusinganti come ca-rezze, che aveva sapor di zucchero e di sale che sfioravacon serica chioma le labbra e gli occhi anelanti. E nonsolo tutti gli incanti erano nella madre, non solo il dolcesguardo azzurro dell'amore, il sorriso soave promettentefelicit…, la carezza del conforto; in lei, sotto veli di graziaerano anche ogni orrore e ogni tenebra, ogni brama, ogniansia, ogni colpa, ogni miseria, ogni nascita e ogni leggedi morte.

Il giovane sprofondava in questi sogni, in queste tramea mille fili dei suoi sensi animati. Non solo risorgeva inessi con tutto il suo fascino il passato diletto: infanzia eamor materno, ladioso e aureo mattino di vita; ma s'er-geva anche minaccioso e promettente, allettante e perico-loso, l'avvenire. A volte quei sogni, in cui la madre, laMadonna e l'amante eran tutt'uno, gli apparivano poi co-me orrendi delitti e sacrilegi, come peccati mortali ine-spiabili; altre volte trovava in essi ogni redenzione, ogniarmonia. La vita lo fissava piena di mistero, mondo tene-broso e imperscrutabile, selva aspra e spinosa, irta di fan-tastici pericoli... ma eran misteri della madre, venivanoda lei, conducevano a lei, erano il piccolo cerchio scuroil piccolo abisso minaccioso entro il suo occhio fulgido.

Molta infanzia obliata riamorava in questi sogni ma-terni; da profondit… infinite e perdute sbocciavano i fio-rellini del ricordo, splendevan lucenti olezzavan presaghi:ricordi di sentimenti, forse di esperienze forse di sognidell'et… infantile. Talvolta si sognava di pesci, che nuota-vano verso di lui neri e argentei, freddi e lucidi, gli en-travano nel corpo, lo attraversavano, e venivano da unmondo pi— bello, messaggeri di liete novelle di felicit…pol scomparivano come guizzanti fantasmi, non c'eran pi—e invece di un messaggio avevano portato nuovi misteri.Spesso sognava pesci che nuotavano e uccelli che vola-

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vano, ed ogni pesce od uccello era una sua creatura, di-pendeva da lui, docile, come il suo respiro, raggiava dalui come uno sguardo, come un pensiero, e ritornava alui. Spesso sognava un giardino, un giardino incantato,con alberi favolosi, fiori giganteschi, grotte azzurre cupee profonde; fra l'erbe occhieggiavano pupille scintillantld'animali sconosciuti, sui rami strisciavano viscidi e ner-vosi serpenti, dai tralci e dai cespugli pendevano baccheenormi, umide e brillanti, che a coglierle gli si gonfiavanonella mano e spandevano un succo caldo come sangue,oppure avevano occhi e li movevano con astuto languore;s'appoggiava ad un albero tastando, afferrava un ramoe vedeva sentiva fra il ramo e il tronco un incresparslaggrovigliato e folto di peli, come quelli che s'annidanonella cavit… d'una ascella. Una volta sogn• di se stesso,o del santo di cui portava il nome, sogn• di Crisostomodalla bocca d'oro, e dalla bocca d'oro uscivan parole ele parole erano uccellini sciamanti, che volavano via astormi agitando l'ali.

Una volta sogn• d'essere adulto, ma seduto per terracome un bimbo: aveva dinanzi dell'argilla e come unbimbo la impastava foggiando figure: un cavallino, untoro, un ometto, una donnina. Il gioco lo divertiva, e a

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quegli animali e a quegli uomini faceva delle parti geni-tali ridicolmente grandi: in sogno gli pareva una cosamolto spiritosa. Poi si stanc• e cammin• oltre; ma sent•dietro di s‚ qualcosa che viveva, qualcosa di grande e disilenzioso che s'avvicinava; si volt• e con profondo stu-pore, con spavento, ma non senza gioia, vide che le suepiccole figure d'argilla eran diventate grandi e vive. Comeenormi e muti giganti gli passaron di fianco e continua-rono la loro marcia, ingrandendo sempre, giganteschi esilenziosi, e inoltrandosi nel mondo, alti come torri.

In questo mondo di sogni Boccadoro viveva pi— che inquello della realt…. Il mondo reale (aula scolastica, cor-tile del convento, biblioteca, dormitorio e cappella) nonera che una superficie, una sottile membrana tremante so-pra il mondo trascendente delle immagini e dei sogni. Unnulla bastava a forare questa membrana sottile: qualcosadi misteriOSo nel suono di una parola greca in mezzo adun'arida lezione, un'ondata di profumo dalla bisaccia incui padre Anselmo raccoglieva erbe per i suoi studi bo-

tanici, la vista d'un tralcio di pietra che spuntava dal ca-pitello della colonna d'un arco di finestra... bastavano que-sti piccoli stimoli per forare la membrana della realt… eper scatenare, dietro la placida aridit… di questa, il tumul-to d'abissi, di fiumane e di vie lattee, che s'agitava in quelmondo immaginario dell'anima. Una iniziale latina diven-tava il volto olezzante della madre, un tono prolungatonell'Ave diventava la porta del paradiso, una lettera grecasi trasformava in un cavallo in corsa, in un serpente ches'inalbera e poi striscia via quieto in mezzo ai fiori: edecco gi… ritornare al suo posto l'arida pagina della gram-matica .

Boccadoro parlava raramente di questo suo mondo disogni; solo poche volte ne fece cenno a Narciso.

-- lo credo, -- gli disse un giorno, -- che un petalodi fiore o un vermiciattolo sul nostro cammino dica e con-tenga molto pi— di tutti i libri dell'intera biblioteca Conle lettere e con le parole non si pu• dir nulla. Taivoltascrivo una lettera greca, un ti~eta o un omeg.a, e girandoappena un pochino la penna vedo la lettera che guiZza;Š un pesce, mi ricorda in un attimo tutti i ruscelli e ifiumi del mondo, tutto ci• ch'esiste di fresco e'di umidol'oceano di Omero e l'acqua su cui camminava Pietro, op-pure la lettera diventa un uccello, mette la coda, rizza lepenne, Si gonfia, ride, vola via... Ebbene, Narciso, tu nondai molta importanza a lettere di questo genere, vero?Ma io ti dico: con esse Dio scrisse il mondo.

-- Do loro molta importanZa, -- disse Narciso contristezza. -- Sono lettere magiche: con esse si possonoscongiurare tutti i demoni. Certo, per l'uso delle scienzenon vanno. Lo spirito ama ci• che Š saldo, formato, vuolepoter essere sicuro dei suoi segni, ama ci• che Š, non ci•che diviene, il reale e non il possibile. Non tollera cheun omega diventi un serpente o un uccello. Lo spirito nonpu• vivere nella natura, ma solo di fronte ad essa, comesuo contrapposto. Mi credi ora, Boccadoro, che tu nondiverrai mai un erudito?

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Oh s•, Boccadoro lo credeva da un pezzo, era perfetta-mente d'accordo.

-- Non ho pi— affatto il ticchio di aspirare al vostrospirito, -- disse quasi ridendo. --Mi avviene con lo spi-rito e con la dottrina press'a poco come m'Š avvenuto con

mio padre: credevo di amarlo molto, di essere simile alui, giuravo su quello che diceva. Ma non appena miamadre fu di nuovo presente alla mia anima, tornai a sa-pere ci• che Š davvero l'amore, e di fronte all'immaginedi lei quella di mio padre divenne a un tratto piccina, tri-ste, quasi ingrata. Ed ora io tendo a considerare paterno,contrario e ostile alla madre, tutto ci• che Š spirituale, elo disprezzo un poco.

Parlava scherzando, ma non riusc• a rasserenare il vol-to triste dell'amico. Narciso lo guardava in silenzio, il suosguardo era come una carezza. Poi disse: -- Tl capiscobene. Ora non abbiamo pi— bisogno di disputare; tu tisei svegliato e ora hai anche riconosciuto la differenza frate e me, la differenza fra origini materne e paterne, fraanima e spirito. E presto riconoscerai anche che la tuavita in convento, che la tua aspirazione a una vita mo-nastica era un errore, una trovata di tuo padre, il qualevoleva con ci• purificare la memoria di tua madre o an-che solo vendicarsi di lei. O credi ancora che la tua vo-cazione sia di rimanere tutta la vita in un chiostro?

Boccadoro osservava pensieroso le mani del suo amico,quelle mani aristocratiche, rigide e pur delicate, magre ebianche. Nessuno poteva mettere in dubbio che fosseromani d'asceta e di scienziato.

--Non so, -- disse cDn quella voce cantante, un po'lenta, che gli era venuta da qualche tempo e che indu-giava a lungo su ogni suono.--Non so davvero. Tu giu-dichi un po' severamente mio padre. Egli non ha avutola vita facile. Ma forse hai ragione anche in questo. Sonoqui da pi— di tre anni e non Š ancora venuto a trovarmi.Spera che io rimanga qui per sempre. Forse sarebbe il meglio, l'ho sempre desiderato anch'io. Ma Oggl non so pluche cosa veramente voglia e desideri. Prima tutto era sem-plice, semplice come le lettere dell'alfabeto nel libro dilettura. Ora nulla pi— Š semplice, neppur le lettere. Tuttoha acquistato pi— significati e pi— volti. Non so che sar…di me, non posso pensare ora a queste cose

--E non devi nemmeno, -- soggiunse Narciso. -- Sivedr… bene dove conduce la tua strada. Ha commciato ariportarti verso tua madre e ti avviciner… ancor pi— a lei.Quanto poi a tuo padre, non lo giudico troppo severa-menre. Vorresti ritorn~re ,l lui?

--No, Narciso, no certo. Altrimenti lo farei appenaterminata la scuola, o gi… ora. Poich‚ se non devo di-ventare uno scienziato, di latino, greco e matematica hogi… studiato abbastanza. No, non voglio ritornare da miopadre. . .

Guard• pensieroso davanti a s‚ e a un tratto esclam•:-- Ma come fai tu a dirmi sempre delle parole, o a ri-

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volgermi delle domande che m'illuminano e mi rendonochiaro a me stesso? Anche ora Š stata la tua domanda, sevorrei ritornare da mio padre, a farmi improvvisamentesentire che non voglio. Come fai? Sembra che tu sappiatutto. Spesso mi hai detto, sul conto tuo e mio, paroleche al momento non ho compreso affatto e che poi han-no acquistato tanta importanza per me! Sei stato tu achiamare materna la mia origine, a scoprire che io erosotto un incantesimo e avevo dimenticato la mia infanzia!Chi t'ha appreso a conoscere gli uomini cos• bene? Nonposso impararlo anch'io?

Narciso scosse il capo sorridendo

--No, caro, tu non puoi. Ci sono uomini che possonoimparare molte cose, ma tu non sei di quelli. Tu nonsarai mai uno studioso. E a che scopo del resto? Non nehai bisogno. Tu hai altre doti. Sei pi— ricco di me e seianche pi— debole; tu avrai una strada pi— bella e pi— diffi-cile della mia. Talvolta non volevi capirmi, spesso t'im-pennavi come un puledro, non fu sempre facile con tee dovetti anche farti del male. Dovetti destarti perchedormivi. Anche quando ti ricordai tua madre, questo atutta prima ti fece male, molto male, e ti trovarono perterra come morto nel chiostro. Era necessario... No, noncarezzarmi i capelli! Lascia stare! Non posso sopportarlo.

-- Dunque io non posso imparare nulla? Rimarr• sem-pre ignorante, come un bambino?

--Ci saranno altri, da cui potrai imparare. Quello chepotevi imparare da me, o bambino, Š finito.

--Oh no!--esclam• Boccadoro.--Non siamo diven-tati amici per questo! Che amicizia sarebbe, se dopo unbreve periodo di tempo avesse raggiunto il suo scopo epotesse cessare senz'altro? Ne hai dunque abbastanza dime? Ti son forse venuto in uggia?

Narciso passeggiava concitato in su e in gi—, con gliocchi a terra; poi si ferm• davanti all'amico.

Lascia andare, -- disse con dolcezza, -- sai beneche non mi sei venuto in uggia.

Lo guard• esitante, poi riprese a passeggiare avanti eindietro, s'arrest• un'altra volta e fiss• Boccadoro, con losguardo fermo nel volto duro e scarno. E con voce som-messa, ma ferma e dura, disse: -- Ascolta, Boccadoro!La nostra amicizia Š stata buona; ha avuto uno scopo el'ha raggiunto, ti ha destato. Io spero che non sia finita;spero che si rinnover… ancora e sempre e condurr… a nuo-ve mete. Per il momento una meta non c'Š. La tua Š In-certa, io non posso n‚ guidarti n‚ accompagnarti verso diessa. Interroga tua madre, interroga la sua immagine,ascoltala! La mia meta invece non Š incerta, Š qul, nelconvento, mi chiama a ogni ora. Io posso essere tuoamico ma non posso essere innamorato. Sono monaco, hofatto il voto. Prima di essere consacrato mi far• esonerareper molte settimane dall'insegnamento e mi ritirer• a fareesercizi e astinenza. In questo periodo non parler• di cosedel mondo, neanche con te.

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Boccadoro cap•. Disse con tristezza: -- Farai dunquequello che avrei fatto anch'io, se fossi entrato nell'ordineper sempre. E quando avrai terminato gli esercizi, quandoavrai digiunato e pregato e vegliato abbastanza... qualesar… poi la tua meta?

--Lo sai, -- rispose Narciso.

--Va bene. Fra qualche anno sarai primo maestro, for-se anche gi… direttore di scuola. Migliorerai l'istruzione,ingrandirai la biblioteca. Forse scriverai libri anche tu?No? Ebbene, no. Ma dove sar… la meta?

Narciso sorrise appena. -- La meta? Forse morir• di-rettore di scuola, o abate, o vescovo. E indifferente. Lameta Š questa: mettermi sempre l… dove io possa servlrmeglio, dove la mia indole, la mia qualit…, le mie dotitrovino il terreno migliore, il pi— largo campo d'azione.Non c'Š altra meta.

Boccadoro: -- Non c'Š altra meta per un monaco?

Narciso: -- Oh s•, ce ne sono. Per un monaco pu•essere scopo della vita studiar l'ebraico, commentare Ari-stotele, o decorare la chiesa del convento, o ritirarsi ameditare, o cento altre cose. Per me queste non sono me-te. Io non voglio n‚ accrescere la ricchezza del convento,n‚ riformare l'Ordine o la Chiesa. Io voglio nei limiti del-

le mie possibilit… servire lo spirito, cos• come lo intendoio, null'altro. Non Š una meta?

Boccadoro medit• a lungo la risposta.

-- Hai ragione, -- disse. -- Ti sono stato molto diostacolo nel cammino che ti conduce alla meta?

-- D'ostacolo? O Boccadoro, nessuno mi ha aiutatopi— di te. Mi hai presentato delle difficolt…, ma io nonsono nemico delle difficolt…. Ho imparato da esse, in par-te le ho superate.

Boccadoro lo interruppe, quasi scherzando: -- Le haisuperate in un modo curioso! Ma dimmi un po': quandoml hal alutato, guldato, hberato, quando hai risanato lamia anima... hai servito davvero lo spirito? Forse hai sot-tratto al convento un novizio zelante e volonteroso, e haicreato allo spirito un avversario, uno che far… e creder…e si sforzer… di raggiungere proprio il contrario di quelloche tu giudichi buono !

--Perch‚ no? -- disse Narciso con seriet… profonda.-- Amico mio, mi conosci ancora cos• poco! Ho distruttoforse in te un futuro monaco e in compenso ti ho apertouna via per un destino non comune. Se anche domani tudessi fuoco a tutto il nostro convento o proclamassi nelmondo qualche pazza dottrina eterodossa, io non mi pen-tlrel neppure un momento di averti aiutato a trovare quel-la via.

Pos• affettuosamente le mani sulle spalle dell'amico

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--Vedi, piccolo Boccadoro, la mia meta comprende an-che questo: divenga io maestro o abate, confessore o al-tro, non vorrei mai trovarmi nella condizione d'incontrareun uomo forte, valente e singolare, e di non comprenderlo,di non saperlo alutare a schiudersi, a prosperare. E ti dicoancora: qualunque cosa avvenga di te e di me, comunqueSl svolga la nostra vlta, non accadr… mai che, nel momen-to in cui mi chiami seriamente e senta d'aver bisogno dime, mi trovi sordo al tuo appello. Mai!

Suonavano come parole d'addio ed era infatti quasi unapregustazione del congedo. Boccadoro, osservando l'amicoche gli stava dinanzi, il volto risoluto, l'occhio fisso a unameta, ebbe la sensazione precisa che ormai non eran pi—fratelli, camerati, pari: che le loro vie si erano gi… sepa-rate. Quel glovane che gli stava dinanzi non era un so-gnatore In attesa di un appello del destino; era un mo-

naco, si era impegnato, apparteneva a un ordinamento ea un dovere preciso, era un servo e un soldato dell'Or-dine, della Chiesa, dello Spirito. Egli invece - la cosa gliera diventata ormai chiara - non apparteneva a quel mon-do, egli era senza patria, lo attendeva un mondo scono-sciuto. Cos• era capitato un giorno anche a sua madre.Aveva abbandonato la casa e il focolare, il marito e ilfiglio, la comunit… e l'ordine, il dovere e l'onore, e s'eralanciata alla ventura; forse da un pezzo era naufragata.Ella non aveva avuto una meta, come non ne aveva lui.Le mete eran riservate ad altri, a lui no. Oh, come Nar-ciso aveva visto bene tutto questo gi… da tanto tempo,come aveva avuto ragione!

Poco dopo quel giorno Narciso era come scomparso,sembrava divenuto a un tratto invisibile. Un altro mae-stro impartiva le sue lezioni, il suo leggio in bibliotecarimaneva vuoto C'era ancora, non era invisibile- del tut-to, a volte si poteva scorgerlo attraversare il chiostro, avolte si poteva udirlo mormorar preghiere in una dellecappelle, inginocchiato sul pavimento di pietra; si sapevache aveva iniziato i grandi esercizi, che digiunava e nellanotte s'alzava tre volte a pregare. C'era ancora, eppureera passato in un altro mondo; si poteva vederlo, di ra-do, ma non raggiungerlo, non aver nulla di comune conlui, non parlargli. Boccadoro sapeva: Narciso sarebbe ri-comparso, avrebbe ripreso il suo posto di lavoro, il suoseggio in refettorio, avrebbe ricominciato a parlare... madel passato non sarebbe ritornato nulla, Narciso non gliavrebbe appartenuto pi—. Meditando questi pensieri, si ren-deva conto anche di un'altra cosa: che solo in virt— diNarciso egli aveva apprezzato e amato il convento e lavita monastica, la grammatica e la logica, lo studio e lospirito Lo aveva allettato il suo esempio: diventare comeNarciso era stato il suo ideale. C'era, Š vero, anche l'aba-te, anche lui egli aveva venerato, amato, anche in lui ave-va visto un esempio sublime. Ma gli altri, i maestri, i com-pagni, il dormitorio, il refettorio, la scuola, gli esercizi, iservizi divini tutto il convento... senza Narciso non gliimportava p;— nulla. Che faceva ancora l•? Aspettava:rimaneva sotto il tetto del convento come un viandanteindeciso si ferma, quando piove, sotto un tetto od un al-bero, solo per aspettare, solo come ospite, solo per timoredell'inospitalit… di una terra straniera.

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La vita di Boccadoro in quel periodo non era pi— cheun indugiare e un prender congedo. Visitava tutti i luoghiche gli erano diventati cari o che avevano un significatoper lui. S'accorgeva con singolare sorpresa come pochi fos-sero gli uomini e i volti dai quali gli riuscisse penoso stac-carsi. C'era Narciso, c'era il vecchio abate Daniele, ed an-che il caro e buon padre Anselmo, e forse anche il gio-viale portiere e l'allegro vicino, il mugnaio... ma anchequesti erano gi… diventati quasi irreali. Pi— penoso gli sa-rebbe stato prender congedo dalla grande Madonna dipietra nella cappella, dagli apostoli del portale. Si ferma-va a lungo davanti a loro, ed anche davanti ai begli in-tagli del coro, al pozzo nel chiostro, alla colonna con letre teste d'animali; s'appoggiava ai tigli del cortile, algrande castagno. Tutto questo un giorno sarebbe stato perlui un ricordo, un piccolo libro illustrato nel cuore. Gi…allora, mentre ci viveva ancora in mezzo, cominciava asfuggirgli, perdeva di realt…, diventava fantasma, si tra-sformava in passato. Con padre Anselmo, che se lo tenevavolentieri al fianco, andava in cerca d'erbe, presso il mu-gnaio del convento osservava il lavoro dei garzoni e silasciava talvolta invitar a bere un bicchier di vino e amangiar pesci fritti; ma tutto era gi… estraneo e quasi unricordo. Cos• come il suo amico Narciso s'aggirava bens•nel crepuscolo della chiesa e viveva nella cella della peni-tenza, ma per lui era diventato un'ombra tutto quelloche gli stava intorno non aveva pi— realt… sapeva d'au-tunno e di passato.

Di vivo e di reale non c'era pi— nulla fuorch‚ la suavita interiore, il battito ansioso del cuore, il doloroso pun-golo della nostalgia, le delizie e le angosce dei suoi sogni.A loro apparteneva, a loro s'abbandonava. In piena let-tura o in pieno studio, in mezzo ai suoi compagni di scuo-la, egli poteva immergersi in se stesso e dimenticar tuttOabbandonandosi alle correnti e alle voci della sua animache lo trasportavano lontano, in pozzi profondi pieni dicupe melodie, in abissi variopinti pieni di favolose avven-ture, dove i suoni risonavano tutti come la voce della ma-dre, dove i mille occhi eran tutti gli occhi della madre.

Un giorno padre Anselmo chiam• Boccadoro nella suafarmacia, il grazioso sempliciario deliziosamente profuma-to. Boccadoro era pratico del luogo. Il padre gli mostr•una pianta seccata, ben custodita fra due fogli di cartae gli domand• se la conoscesse e se sapesse descrivere esat-tamente come si presentava fuori nei campi. S•, Bocca-doro sapeva: si chiamava erba di san Giovanni. Dovettedescriverne minutamente tutte le caratteristiche. Il vec-chio monaco fu soddisfatto e diede al giovane l'incaricodi raccogliere nel pomeriggio un bel fascio di quell'erba,indicandogli i luoghi dove cresceva di preferenza.

--In compenso guadagni un pomerlggio di vacanza,mio caro, credo che non avrai nulla in contrario e chenon ci perderai nulla. Anche la conoscenza della natura Šuna scienza, non soltanto la vostra insulsa grammatica.

Boccadoro fu molto riconoscente per il graditissimo in-carico di erborizzare un paio d'ore, invece di starsene se-duto sui banchi della scuola. Perch‚ la gioia fosse com-pleta, ottenne dal frate stalliere il cavallo Bless, e subito

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dopo la mensa and• a prendere nella stalla l'animale, chelo salut• festosamente, mont• in sella e part• al trotto,felice, nella giornata calda e luminosa. Cavalc• un'orettao pi— senza meta, godendo l'aria e il profumo dei campl,e sopra tutto la gioia del cavalcare, poi si ricord• del suocompito e cerc• uno dei posti che padre Anselmo gli ave-va descritti. Ivi sotto un acero ombroso leg• il cavallo,chiacchier• con lui gli diede del pane, poi si mise allaricerca delle piante. Alcuni tratti di campo eran tenuti inmaggeSe coperti di erbacce d'ogni genere; piccole piantestente di papavero, con gli ultimi fiori pallidi e gi… moltecapsule di semi mature, spuntavano in mezzo a rami sec-

chi di vecce, a cicoria azzurra e rigogliosa e a poligonoscolorito; qualche mucchio di ciottoli ammonticchiato fraun campo e l'altro era abitato da lucertole, ed ecco i pri-mi arbusti gialli e fioriti dell'erba di san Giovanni. Boc-cadoro cominci• a coglierli. Quando n'ebbe in mano unbel fascio, sedette sulle pietre a riposare Faceva caldo edegli volgeva lo sguardo con desiderio all'oscurit… ombrosadi un bosco lontano, ma non voleva scostarsi troppo dallesue piante e dal cavallo, che, di l• dov'era, poteva scorgereancora. Rimase seduto sui ciottoli caldi, si tenne quietoquieto per veder ricomparire le lucertole fuggite, annus•l'erba di san Giovanni e guard• contro luce le fogliolineper osservarne i cento minuscoli trafori.

Curioso! pens•; in ciascuna delle mille piccole foglio-line Š trapunto questo minuscolo firmamento, fine comeun ricamo! Curioso e incomprensibile tutto, le lucertole, lepiante, anche le pietre, tutto! Padre Anselmo, che avevaper lui tanta simpatia, non poteva andare ormai pi— acogliersi l'erba di san Giovanni; aveva le gambe malate,e cerh giorni non poteva muoversi: la sua arte medicanon era in grado di guarirlo. Forse sarebbe morto prestoe le erbe avrebbero continuato a profumare il suo sem-pliclarlo, ma il vecchio padre non ci sarebbe stato pi—Forse invece sarebbe vissuto ancora a lungo, dieci, vent'anni, e avrebbe avuto sempre i suoi capelli bianchi eradi e quel curlosi fasci di rughe intorno agli occhi; madi lul, Boccadoro, che sarebbe stato fra venti anni? Ahcome tutto era incomprensibile e triste in fondo, anche seera bello! Non si sapeva nulla. Si viveva, si vagava sullaterra, si cavalcava per i boschi, e tante cose guardavanocos• provocanti e promettenti e ispiratrici di desiderio:una stella serotina, una campanula azzurra, un lago verdedi canne, l'occhio di un uomo o di una mucca, e a volteera come se qualcosa di non mai veduto e pur da tantotempo agognato dovesse avvenire a un tratto e un velocadere; ma poi tutto passava e non avveniva nulla el'enigma non era risolto e il segreto incanto non era rottoe mfine si diventava vecchi e si appariva scaltriti comepadre Anselmo o saggi come l'abate Daniele e forse nonSl sapeva ancora nulla e si aspettava sempre, con l'orec-chio teso.Raccolse un guscio di chiocciola vuoto, che tinn• lieve-

mente fra i ciottoli, tutto caldo dal sole. Boccadoro con-templ• assorto le curve della conchiglia, la spirale intac-cata, il capriccioso assottigliamento della coroncina, la ca-vit… vuota coi suoi riflessi madreperlacei. Chiuse gli occhiper sentire le forme solo col tocco delle dita; era una sua

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vecchia abitudine, un suo gioco favorito. Girando la chioc-ciola fra le dita sciolte, la tastava, carezzandone le forme,senza premere, incantato dalla meraviglia della struttura,dalla magia del corporeo. Questa, pensava come in sogno,era una delle deficienze della scuola e della dottrina: unatendenza dello spirito pareva quella di vedere e rappre-sentare tutto come se fosse piano e avesse solo due di-mensioni. Gli sembrava che ci• designasse in certo modouna insufficienza e una mancanza di valore di tutta lafacolt… intellettuale; ma non seppe fissare pi— oltre il pen-siero: la chiocciola gli sfugg• dalle dita, ed egli si sent•stanco e assonnato. Con la testa piegata sulle sue erbe,che appassendo cominciavano a diffondere un profumosempre pi— intenso, s'addorment• al sole. Sulle sue scar-pe correvano le lucertole, sulle sue ginocchia avvizzivanole piante, sotto l'acero Bless impaziente attendeva.

Dal bosco lontano s'avanzava qualcuno: una giovanedonna con un vestito azzurro stinto, un fazzoletto rossolegato intorno ai capelli neri, un viso abbronzato dal soleestivo La donna s'avvicinava, un fascio d'erbe in mano,un piccolo garofano selvatico rosso vivo in bocca. Videil giovane seduto, l'osserv• a lungo di lontano, curiosa ediffidente, s'accorse che dormiva, s'avvicin• cauta sui bru-ni piedi nudi, si ferm• proprio davanti a Boccadoro e loesamin•. La sua difffidenza spar•: il bel ragazzo dormentenon mostrava nulla di pericoloso, le piaceva molto... comemai era capitato l• sui maggesi? Vide sorridendo che ave-va colto fiori: eran gi… quasi appassiti.

Boccadoro apr• gli occhi, ritornando da foreste di sogno.La sua testa era appoggiata mollemente sul grembo di unadonna, nei suoi occhi assonnati e stupiti guardavan davicino altri occhi, caldi e bruni. Non si spavent•, nonc'era pericolo; dai due astri caldi e bruni scendeva unaluce benigna La donna allora sorrise al suo sguardo at-tonito, sorrise affettuosa, e lentamente cominci• a sorri-dere anche lui. Sulle sue labbra sorridenti scese la boccadi lei, si salutarono con un dolce bacio, che richiam• im-

provviso a Boccadoro il ricordo di quella sera nel villag-gio e della fanciulletta dalle trecce. Ma il bacio non finivaLa bocca della donna indugiava sulla sua, continuava iigioco, stuzzicando, adescando, finch‚ afferr• le labbra dilui con bramosa violenza e gli scosse il sangue, destandolofin nel profondo. Nel gioco lungo e muto la donna brunaammaestr• a poco a poco il ragazzo e si diede a lui, lolascl• cercare e trovare, lo fece ardere e plac• il suo ar-dore. La breve incantevole beatitudine dell'amore s'inarc•sopra di lui, s'accese come una vampa d'oro, declin• e sispense. Egli giacque con gli occhi chiusi, la testa abban-donata in seno alla donna. Non una parola era stata pro-nunciata. La donna stette quieta, gli carezz• i capelli, lolasci• ritornare a poco a poco in s‚. Finalmente egli apr•

gll occhi.

-- Tu! -- disse. -- Tu! Chi sei?

-- Sono la Lisa, -- rispose.

--Lisa, -- ripet‚ lui, gustando il nome. -- Lisa, seicara.

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Ella avvicin• la bocca al suo orecchio e vi sussurr•:-- Dl', Š stata la prima volta? Prima di me non hai an-cor voluto bene a nessuna ?

Egli scosse il capo. Poi a un tratto balz• in piedi, gett•uno sguardo intorno a s‚, sui campi e in cielo.

--Oh, -- esclam•, -- il sole Š gi… basso. Debbo tor-nare Indietro.

-- E dove ?

-- Al convento, da padre Anselmo.

--A Mariabronn? Sei di l…? Non vuoi dunque rima-nere ccn me?

--Mi piacerebbe molto.

--E rimani allora!

--No, sarebbe scorretto. Debbo raccogliere ancora diquest'erba .

-- Vivi dunque al convento ?

-- S•, sono scolaro. Ma non ci voglio pi— restare. Possovenir da te, Lisa? Dove abiti, dove stai di casa?

--Non abito in nessun luogo, tesoro. Ma non vorrestidirmi il tuo nome?... Ah, Boccadoro ti chiami? Dammiancora un bacio, piccolo Boccadoro, e poi va pure.

--Non abiti in nessun luogo? E dove dormi allora?

--Se vuoi, con te nel bosco o sul fieno. Vieni sta-notte?

--Oh, s•! Dove? Dove ti trovo?

--Sai fare il grido di una civettina?

--Non ho mai provato

-- Prova!

Egli prov•. Ella rise, soddisfatta.

--Allora stanotte esci dal convento e fa questo grido,io sar• nelle vicinanze. Ti piaccio dunque, piccolo Boc-cadoro, bambinello mio?

--Ah, mi piaci molto, Lisa. Verr•. Addio, ora debboandare.

Boccadoro giunse al convento nel crepuscolo, sul ca-vallo fumante. Fu lieto di trovare padre Anselmo moltoaffaccendato, perch‚ a un frate che s'era divertito a guaz-zare scalzo nel ruscello era entrato un coccio nel piede.

Ora si trattava di trovare Narciso. Interrog• uno dei

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frati che servivano nel refettorio. No, gli dissero, Narcisonon veniva a cena, era giorno di digiuno per lui e in quelmomento probabilmente dormiva, perch‚ di notte osser-vava le vigilie. Boccadoro corse. Durante i lunghi eserciziil suo amico dormiva in una delle celle per i penitentinell'interno del convento Senza riflettere un attimo eglicorse l…. Origli• alla porta: non si udiva nulla. Entr• pia-no. Era severamente proibito, ma in quel momento nonimportava.

Sullo stretto giaciglio era disteso Narciso. Nella lucecrepuscolare somigliava a un morto, cos• coricato comeera sul dorso, rigido, il volto pallido e affilato, le bracciaincrociate sul petto: ma non dormiva e aveva gli occhiaperti. Guard• Boccadoro in silenzio, senza un rimpro-vero, ma senza muoversi ed evidentemente cos• assorto inun altro tempo e in un altro mondo, che fatic• a ricono-scere l'amico ed a comprendere le sue parole.

--Narciso! Perdonami perdonami, caro; se ti distur-bo, non Š per un capriccio. So che tu non dovresti parlarecon me in questo momento, ma fallo ugualmente, te neprego.

Narciso ritorn• in s‚, batt‚ un momento le palpebre,come se facesse uno sforzo per svegliarsi.

--E necessario? --domand• con voce spenta.

-- S•, Š necessario. Vengo per dirti addio.

--Allora Š necessario. Non voglio che tu sia venutoinvano. Qua, siediti accanto a me. C'Š un quarto d'ora ditempo, poi comincia la prima vigilia.

S'era drizzato a sedere, sparuto, sul nudo tavolaccio;Boccadoro gli si mise vicino.

-- Perdonami! -- disse, sentendosi rimorder la coscien-za. La cella, il misero giaciglio, il volto di Narciso este-nuato dalle veglie e dalle penitenze, il suo sguardo semi-assente, tutto gli mostrava chiaramente quanto egli sto-nasse in quel luogo.

--Non c'Š nulla da perdonare. Non farti riguardo perme, io sto bene. Vuoi prendere congedo, dici? Vai via dun-que ?

Vado, )DDi ct~o Ah non DOSSO raCcontart T-lt-to si Š deciso COS• all'improvviso!e qui tuo padre, o un suo messagglo'

-- No, nulla. La vita stessa Š venuta a me. Me ne va-do, senza padre, senza permesso. Ti faccio disonore, Nar-CISO, scappo.

Narciso chin• gli occhi sulle proprie dita lunghe ebianche, che uscivano affilate e spettrali dalle maniche del-la tonaca. Non nel volto, severo ed esausto, ma nella vocesi poteva indovinare un sorriso, mentre diceva: --Abbia-mo pochissimo tempo, caro. Dl' solo il necessario, e dillocon chiarezza e brevit…... O debbo dirtelo io, quel che tiŠ capitato?

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-- Dillo, -- preg• Boccadoro.

-- Sei innamorato, piccolo mio, hai conosciuto unadonna.

--Come fai a sapere anche questo?

-- Me lo faciliti tu stesso. Il tuo stato, amice, ha tuttele caratteristiche di quel genere di ebbrezza, che si chiamainnamoramento. Ma ora parla, ti prego

Boccadoro appoggi• timidamente la mano sulla spalladell'amico.

-- Ormai l'hai detto. Ma questa volta non l'hai dettobene, Narciso, non Š esatto. E tutt'altra cosa. Ero fuorinei campi e dormivo sotto la canicola, quando mi sve-gliai e mi trovai con la testa sulle ginocchia di una belladonna; sentii subito che mia madre era venuta per por-tarmi con s‚. Non che io abbia preso questa donna permia madre: aveva ,li occhi castani scuri e i caDelli neri,

mentre mia madre era bionda come me e aveva tutt'altroaspetto. Ma pure era lei, era il suo appello, era un mes-saggio suo. Uscita come dai sogni del mio cuore, ecco aun tratto una bella donna straniera, che mi tiene il capoin grembo e mi sorride come un fiore ed Š tanto affettuosacon me: al primo suo bacio mi sentii struggere e provaiuna sofferenza strana. Tutta la mia nostalgia, tutti i mieisogni, ogni mia dolce ansia, ogni segreto in me assopitosi dest•, e tutto fu trasformato, incantato: tutto aveva ac-quistato un senso. Mi ha insegnato che cos'Š una donnae qual Š il suo mistero. In una mezz'ora mi ha reso diparecchi anni pi— maturo. Ora so molte cose. Anche diquesto mi sono reso conto a un tratto: che non possorimanere pi— in questa casa, neppur un giorno. Me nevado appena vien notte.

Narciso ascolt• e fece un cenno affermativo.

-- E venuto all'improvviso, -- disse, -- ma Š press'apoco quello che io m'aspettavo. Penser• molto a te. Mimancherai, amice. Posso fare qualche cosa per te?

--Se ti Š possibile, dl' una parola al nostro abate, chenon mi condanni del tutto E l'unico nel convento, oltrea te, il cui giudizio non mi sia indifferente. Lui e tu.

--Lo so... Hai qualche altro desiderio?

--Una preghiera, s•. Se penserai a me in seguito, pre-ga qualche volta per me! E... grazie!

-- Di che, Boccadoro?

-- Della tua amicizia, della tua pazienza, di tutto. An-che di avermi ascoltato oggi, che pur Š penoso per te. An-che di non aver tentato di trattenermi.

--Com'era possibile che ti volessi trattenere? Sai qualŠ il mio pensiero... Ma dove andrai, Boccadoro? Hai una

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meta? Vai da quella donna?

--Vado con lei, s•. Una meta non l'ho. una stra-niera, una vagabonda, a quanto pare, forse una zingara.

-- Bene. Ma dimmi, caro, sai che il tuo cammino in-sieme con lei sar… forse brevissimo? Non dovresti fartroppo assegnamento, credo, su quella donna. Pu• averdei parenti, un marito; chiss… come verrai accolto!

Boccadoro si appoggi• all'amico.

--Lo so -- disse, -- quantunque finora non ci abbiaancor pensato. Te l'ho gi… detto: una meta non l'ho.Anche quella donna, ch'Š stata tanto affettuosa con me,non Š la mia meta. Vado da lei, ma non vado per lei.Vado, perch‚ devo, perch‚ una voce mi chiama.

Tacque e sospir•, e rimasero cos• seduti, l'uno appog-giato all'altro, tristi e pur felici nel sentimento della loroamicizia indistruttibile. Poi Boccadoro continu•: -- Nondevi credere che io sia del tutto cieco e ignaro. No. Vadovolentieri, perch‚ sento ch'Š necessario e perch‚ oggi hoavuto una cos• meravigliosa esperienza. Ma non m'im-magino certo di correre incontro soltanto alla felicit… eal piacere. Penso che il cammino sar… difficile. Ma sar…anche bello, spero. E tanto bello appartenere a una donna,darsi a lei! Non rider di me, se par sciocco quello chedico. Ma vedi: amare una donna, darsi a lei, avvolgerlatutta in s‚ e sentirsi avvolti da lei, non Š la stessa cosache tu chiami ® essere innamorati ¯, e che un pochinoschernisci. Non Š da schernire. Per me Š la via che con-duce alla vita, al senso della vita... Ah, Narciso, debbolasciarti! Ti ringrazio di avermi sacrificato oggi un pocodel tuo sonno. Mi fa tanta pena staccarmi da te!

--Non affliggere il tuo cuore e il mio! Non ti dimen-ticher• mai. Ritornerai: te ne prego, ti aspetto. Se un gior-no dovessi trovarti a mal partito, vieni da me o chiama-mi... Addio, Boccadoro, Dio sia con te!

Si era alzato. Boccadoro lo abbracci•. Conoscendo la ri-trosia dell'amico per le tenerezze, non lo baci•, gli carez-z• soltanto le mani.

La notte calava: Narciso chiuse la cella dietro di s‚ es'avvi• alla chiesa: i suoi sandali risonavano sull'impian-tito. Boccadoro segu• con occhio affettuoso la figura allam-panata fino in capo al corridoio, dove scomparve comeun'ombra, inghiottita dalla tenebra della porta che met-teva nella chiesa, assorbita e reclamata da esercizi, da do-veri e da virt—.

Oh, com'era curioso, com'era infinitamente strano, con-fuso e sconcertante tutto questo! Venire dall'amico colcuore traboccante, con tutta l'effervescenza dell'ebbrezzad'amore, proprio nell'ora in cui egli, assorto in medita-zioni, consumato dai digiuni, e dalle veglie, crocefiggevae sacrificava la sua giovent—, il suo cuore, i suoi sensi, esi sottoponeva alla pi— severa scuola d'obbedienza, per ser-vire soltanto lo spirito e diventare veramente minilter ver-bi divi~zi! Narciso era l… disteso, spossato e spento, conil volto pallido e le mani dimagrite, un morto a vederlo;

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eppure come aveva accolto subito l'amico, con la mentechiara e il gesto affettuoso, e all'innamorato, che aveva an-cora indosso il profumo di una donna, aveva prestatol'orecchio e sacrificato lo scarso riposo fra due penitenze!Strano e meravigliosamente bello era che ci fosse anchequesto genere d'amore, cos• disinteressato, cos• spiritua-lizzato. Come diverso da quell'altro amore, l…, sul campoinondato di sole, quel gioco dei sensi ebbro e irresponsa-bile! Eppure l'uno e l'altro erano amore. Ah, ed ora Nar-ciso era scomparso, dopo avergli mostrato ancora una vol-ta in quell'ultima ora, e chiaramente, come erano diversil'uno dall'altro, come non si assomigliavano. Narciso sta-va prostrato davanti all'altare sulle ginocchia stanche, pre-parato e purificato per una notte di preghiera e di contem-plazione, in cui non gli erano concesse pi— di due ore diriposo e di sonno, mentre lui, Boccadoro, fuggiva per tro-vare in qualche luogo sotto gli alberi la sua Lisa e ripe-tere con lei quei giochi dolci e bruti! Narciso avrebbe sa-puto dire cose interessanti in proposito. Ebbene: lui, Boc-cadoro, non era Narciso. A lui non spettava indagarequesti intricati enigmi belli e terribili, e dir su di essicose importanti. A lui non spettava altro che proseguireper le sue folli vie alla ventura. A lui non spettava altroche darsi ed amare, amare l'amico orante nella chiesanotturna, non meno della bella donna giovane e ardenteche lo attendeva.

Quando, col cuore agitato da mille sentimenti in lotta,s'allontan• furtivo sotto i tigli del cortile cercando l'usci-ta attraverso il mulino, non pot‚ far a meno di sorridereall'improvviso ricordo della sera in Cui per la stessa viasegreta aveva lasciato il convento insieme a Corrado, per® andare al villaggio ¯. Con quanta agitazione e segretapaura s'era indotto allora alla piccola scappata proibi-ta! Ed ecco che ormai s'allontanava per sempre, seguendovie ben pi— proibite e pericolose, e non aveva paura, nonpensava al portiere n‚ all'abate n‚ ai maestri.

Questa volta non c'erano assi presso il torrentello; do-vette passare senza ponte. Si spogli• e gett• i vestiti sul-l'altra sponda, quindi scese nell'acqua fredda che gli sa-liva fino al petto e attravers• a guado la forte corrente.

Mentre dall'altra parte si rivestiva, i suoi pensieri tor-

narono a Narciso. Sent• con chiarezza umiliante che inquel momento egli faceva precisamente ci• che l'altro ave-va preveduto e a cui l'aveva condotto. Rivide con straor-dinaria lucidit… quel Narciso saggio e un po' beffardoche lo aveva sentito dire tante sciocchezze; quello che inun'ora grave, facendolo soffrire, gli aveva aperto gli oc-chi. Alcune delle parole che Narciso gli aveva dette al-lora gli risonarono distintamente all'orecchio: "Tu dor-mi sul petto della madre, io veglio nel deserto. I tuoi so-gni sono di fanciulle, i miei di ragazzi".

Il suo cuore rabbrivid• un attimo; era cos• terribilmen-te solo, l• nella notte! Dietro di lui stava il convento: ap-pena una parvenza di patria, ma pur cara per lunga con-suetudine!

Sent• per• anche un'altra cosa: che ormai Narciso nonera pi— per lui la guida ammonitrice e sapiente, il risve-

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gliatore. Ormai sentiva di aver varcato la soglia di unpaese, in cui avrebbe trovato da s‚ la sua vita, in cui nes-sun Narciso poteva guidarlo pi—. Fu lieto di questa nuo-va coscienza; era stato penoso e umiliante per lui il ri-cordo di quel periodo di soggezione! Ormai era veggente,non era pi— un fanciullo e uno scolaro. Come faceva be-ne questo sentimento! Eppure... com'era doloroso pren-der congedo! Sapere l'amico inginocchiato nella chiesanon potergli dare nulla, non poterlo aiutare, essere qual-cosa per lui! E per tanto tempo, forse per sempre esserseparato da lui, non saperne nulla, non udir pi— la suavoce, non veder pi— il suo occhio nobile e bello!

Si strapp• di l… e segu• il viottolo sassoso. Quando sifu allontanato d'un centinaio di passi dalle mura delconvento, si ferm•, prese fiato e lanci• meglio che pot‚il grido della civetta. Un grido uguale rispose, gi— per iltorrente, da lontano.

"Ci chiamiamo come gli animali," non pot‚ far a me-no di pensare: e ricord• l'ora d'amore passata nel po-meriggio; solo allora si rese conto che fra lui e Lisa nonerano state scambiate parole che da ultimo, alla fine del-le loro tenerezze, e anche allora pochissime e insignifi-canti. Che lunghi colloqui invece aveva avuto con Nar-ciso! Ma ormai, cos• gli parve, era entrato in un mondodove non si parlava, dove ci si attirava l'un l'altro colgrido della civetta, dove le parole non avevano signifi-

cato. Era contento, non aveva pi— bisogno di parole odi pensieri, solo di Lisa aveva bisogno, di quel palparee frugar cieco e muto, di quello struggimento anelante...

Lisa era l…. Gi… gli veniva incontro dal bosco. Egli ste-se le mani per sentirla, le tast• con tenerezza il capo, icapelli, il collo e la nuca, la vita snella e le anche ro-buste. La cinse con un braccio e continu• il camminocon lei senza parlare, senza domandare: dove? Ella pro-cedeva sicura nella foresta notturna, s• ch'egli le stavaal fianco a fatica; pareva ci vedesse nel buio come unavolpe o una martora; camminava senza urtare, senZa in-ciampare. Egli si lasciava condurre, nella notte, nel bo-sco, nel paese cieco e misterioso, senza parole, senza pen-sieri. Non pensava pi—, neppure al convento abbando-nato, neppure a Narciso.

Percorsero silenziosi un tratto di selva buia, a voltesopra un morbido cuscino di musco, a volte su dure co-ste di radici, a volte fra rade chiome d'albero brillavasopra di loro il cielo sereno, a volte era tenebra fitta;gli battevan sul volto i rami dei cespugli, i rovi gli trat-tenevan le vesti. Ella sapeva cavarsela sempre, di rado sifermava, di rado indugiava. Dopo un lungo tratto giun-sero fra alcuni pini isolati e distanti gli uni dagli altri;il pallido cielo notturno si stendeva libero e vasto, il bo-sco era finito, una valle prativa li accolse, con un dol-ce profumo di fieno. Passarono a guado un piccolo ru-scello che scorreva tacito; l• all'aperto il silenzio era an-cora pi— intenso che nella foresta: non pi— fruscii dicespugli, non pi— guizzi d'animali notturni, non pi— scric-chiolio di legni secchi.

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Presso un grosso fastello di fieno Lisa si ferm•.

--Restiamo qui--disse.

Sedettero entrambi sul fieno, tirando finalmente il fia-to e godendo il riposo, perch‚ erano un po' stanchi. Sicoricarono, ascoltarono il silenzio, sentirono le loro fron-ti asciugarsi e i loro volti rinfrescarsi a poco a poco.Boccadoro se ne stava rannicchiato, gustando quella gra-devole sensazione di stanchezza, piegava e stendeva leginocchia per gioco, aspirava in lunghe boccate la nottee l'aroma del fieno, non pensava n‚ al passato n‚ all'av-venire Solo a grado a grado si lasci• attirare e amma-liare dal profumo e dal calore della sua bella e risposevia via alle carezze delle sue mani e sent• felice ch'ellacominciava a infiammarsi e gli si stringeva sempre pi—vicina No, qui non c'era bisogno di parole n‚ di pen-siero. Egli sentiva chiaramente tutto ci• ch'era bello eimportante, la forza della giovinezza e la bellezza sem-plice e sana di un corpo di donna, il suo scaldarsi e ilsuo fremere di desiderio; sentiva anche chiaramente chequesta volta ella voleva essere amata in un modo diversodalla prima, che non voleva sedurlo e istruirlo, ma aspet-tare il suo attacco e la sua brama. In silenzio si lasci•percorrere tutto da quelle correnti, sent• felice il divam-par tacito e lento del fuoco che s'era acceso in loro eche faceva del loro piccolo giaciglio il centro palpitantee ardente di tutta la notte silenziosa.

Quando si chin• sul volto di Lisa e cominci• a bacia-re nel buio le sue labbra, vide a un tratto gli.occhi e lafronte di lei rilucere in un mite chiarore, osserv• stupitoe s'accorse che la luce crepuscolare si diffondeva e s'in-tensificava. Allora comprese e si volt•: dal margine deiboschi neri ed immensi saliva la luna. Vide la luce bian-ca e dolce spandersi meravigliosamente sulla fronte esulle gote, sul collo chiaro e florido della donna, e mor-mor• incantato: -- Come sei bella!

Ella sorrise come di un dono, egli si drizz• a sederele scost• delicatamente la veste dal collo, l'aiut• a libe-rarsene, finch‚ le spalle e il seno brillarono nel frescochiaror lunare. Con gli occhi e con le labbra segu• esta-siato le ombre delicate, contemplando e baciando vintadal fascino, ella rimaneva immobile, con lo sguardo chi-no e un'espressione solenne, come se in quel momentola sua bellezza si rivelasse per la prima volta anche a lei.

Mentre nella campagna l'aria si faceva fresca e d'orain ora la luna saliva pi— alta, gli amanti riposavano sulloro giaciglio dolcemente illuminato, perduti nei loro gio-chi, e insieme s'assopivano e s'addormentavano, e al ri-sveglio si volgevano di nuovo l'uno all'altro, riaccenden-dosi e riallacciandosi, - poi s'addormentavano di nuovo.Dopo l'ultimo amplesso giacquero esausti; Lisa, affon-data nel fieno, respirava penosamente, Boccadoro, supi-no, fissava immobile il pallido cielo lunare; saliva dall'a-nima d'entrambi la grande tristezza, alla quale trova-rono rifugio nel sonno. Dormirono profondamente, di-speratamente, dormirono con avidit…, come se fosse perl'ultima volta, come se fossero condannati a essere poisvegli in eterno e dovessero in quelle ore raccogliere ins‚ tutto il sonno dell'universo.

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Destandosi, Boccadoro vide Lisa intenta a ravviarsi icapelli neri. La guard•, distratto e ancora in dormive-glia.

--Sei gi… desta? -- disse infine.

Ella si volt• di scatto, come spaventata.

--Debbo andarmene ora, -- disse un po' oppressa eimbarazzata.--Non volevo svegliarti.

--Ma ora sono sveglio. Dobbiamo gi… incamminarci?Abbiamo forse una patria?

-- lo no, -- disse Lisa. -- Ma tu appartieni al con-vento.

-- Non appartengo pi— al convento, sono come te, so-no solo e non ho meta. Verr• con te, si capisce.

Ella guard• da un lato.

--Boccadoro, tu non puoi venire con me. Io devo an-dare da mio marito; mi batter… perch‚ sono rimasta fuo

ri la notte Gli dir• che mi sono smarrita. Ma' natural-mente non lo creder….

In quel momento Boccadoro ricord• che Narciso glie-l'aveva predetto. Ed era proprio cos•.

S'alz• e le diede la mano.

-- Ho sbagliato i miei conti, -- disse; -- avevo cre-duto che saremmo rimasti insieme... Ma davvero volevilasciarmi dormire e scappar via senza dirmi addio?

--Ah, credevo che saresti andato in collera e che for-se mi avresti battuta. Che mi batta mio marito, si sa,Š giusto. Ma non volevo prender busse anche da te.

Egli trattenne la sua mano.

--Lisa,--disse,--io non ti batter•, n‚ oggi n‚ mai.Non vorresti rimanere con me invece che con tuo ma-rito, se egli ti d… le busse?

Ella diede uno strappone per liberarsi la mano.

--No, no, no, --grid• con voce piagnucolosa. E poi-ch‚ Boccadoro sent• che il Cuore della donna anelava astaccarsi da lui e ch'ella preferiva ricever percosse dal-l'altro che da lui buone parole, lasci• andare la mano; el-la cominci• a piangere. Ma intanto si mise a correre. Conle mani sugli occhi lacrimosi, corse via. Egli non dissepi— nulla e la segu• con lo sguardo. Gli faceva pena ve-derla fuggire cos• sui prati falciati, chiamata e attiratada qualche potenza, da una potenza sconosciuta, che glidiede parecchio da pensare.

Gli faceva pena, ma anche per se stesso sentiva unpoco piet…; non aveva avuto fortuna, a quanto pareva;

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eccolo l• solo e un po' intontito, abbandonato, piantato inasso. E intanto era ancora stanco e avido di sonno, nonsi era mai sentito cos• esausto. C'era tempo anche pi—tardi di sentirsi infelice. E gi… s'era riaddormentato. Nonritorn• a se stesso che quando il sole gi… alto gli bruci•le membra.

Ormai aveva riposato; s'alz• in fretta, corse al ru-scello, si lav• e bevve. Molti ricordi allora gli affollaro-no la mente, molte immagini di quella notte d'amore,molte sensazioni tenere e deliziose lo avvolsero del loroprofumo come fiori esotici E vi ripensava mentre inizia-va gagliardo la sua marcia, e risentiva tutto, gustava,odorava, lastava tutto ancora, ancora. Quanti sogni labruna donna straniera gli aveva tradotto in realt…, quan-

te gemme aveva fatto sbocciare, quanti desideri ardentiaveva placati e quanti ne aveva destati!

Davanti a lui si stendevano campi e lande, maggesiinariditi e boschi cupi; forse al di l… c'erano cascine emulini, forse un villaggio, una citt…. Per la prima voltail mondo gli si apriva dinanzi, in attesa, pronto ad ac-coglierlo, a fargli del bene e a fargli del male. Egli nonera pi— uno scolaro che vede il mondo dalla finestra, ilsuo cammino non era pi— una passeggiata che finisce im-mancabilmente nel ritorno. Il grande mondo era final-mente diventato reale, egli era una parte di esso, in essostava il suo destino; cielo e clima del mondo eran cielo eclima suoi. Ed egli era piccolo nel grande universo ecorreva piccolo come una lepre, come un insetto, attra-verso i; suo azzurro e il suo verde infinito. Non pi— cam-pana che chiamasse alla levata, all'entrata in chiesa, allalezione, alla mensa!

Oh, come aveva fame! Una mezza pagnotta di pand'orzo, una scodella di latte, una minestra di farina... ma-gici ricordi! 11 suo stomaco s'era destato come un lupo.Pass• accanto ad un campo di grano: le spighe eran qua-si mature, le sgran• con le dita e coi denti, mastic• conavidit… i piccoli chicchi lubrici; ne colse ancora, se neriemp• le tasche. Poi trov• delle nocciole ancora moltoverdi e addent• con gioia i gusci, schiantandoli; anche diqueste fece provvista.

Ricominciava la foresta, una pineta interrotta da quer-ce e da frassini, c'eran mirtilli in quantit…, qui sost•,mangi•, si rinfresc•. Fra l'erba rada e dura del boscospuntavano campanule azzurre; farfalle brune e lucentis'alzavano a volo e scomparivano capricciose a zig-zag.In un bosco simile aveva abitato santa Genoveffa. La suastoria gli era sempre piaciuta. Oh, come l'avrebbe incon-trata volentieri! Oppure ci poteva essere nel bosco qual-che eremo, con un vecchio padre barbuto in una caver-na o in una capanna di corteccia. Forse in quel boscoabitavano anche i carbonai, li avrebbe salutati volentieri.Ci potevano essere perfino dei briganti, a lui non avreb-bero fatto nulla. Sarebbe stato bello incontrare un essereumano, chiunque fosse. Ma lo sapeva bene: forse pote-va camminare a lungo nel bosco, tutto quel giorno e poiI mdomam e poi pi— giorni ancora, senza incontrare nes-suno. Anche questo bisognava accettare, se era destino

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Non si poteva pensar molto, bisognava lasciar venire ogmcosa come voleva.

Ud• il batter d'un picchio e tent• di sorprenderlo; do-po essersi affaticato a lungo invano, finalmente riusc• adavvistarlo e stette per qualche tempo a osservarlo, mentresolitario, attaccato a un tronco, lo martellava muovendoavanti e indietro la testina operosa. Peccato non poterparlare con gli animali! Sarebbe stato bello chiamare ilpicchio e dirgli qualche parola gentile e forse apprenderequalche cosa della sua vita fra gli alberi, del suo lavoro,della sua gioia. Oh, potersi trasformare! Gli venne inmente che tante volte nelle ore d'ozio aveva disegnato etracciato col gesso figure sulla sua lavagna, fiori, foglie,alberi, animali, teste umane. E spesso aveva giocato alungo cos•, creando, come un piccolo dio, creature secon-do la sua volont…: nel calice d'un fiore aveva disegna-to gli occhi e una bocca, ad un ciuffo di foglie che spun-tavano fuori da un ramo aveva dato forma di dita, incima ad un albero aveva messo una testa. E in questogioco aveva passato spesso ore felici, incantato, incanta-tore, tracciando linee e lasciandosi sorprendere egli stes-so da quel che ne usciva: la foglia d'un albero, il musod'un pesce, la coda d'una volpe, il sopracciglio d'un uo-mo. Oh, pensava, potersi trasformare come Sl trasforma-vano allora le linee disegnate per gioco sulla sua tavo-letta! Boccadoro sarebbe diventato cos• volentieri un plC-chio, forse per un giorno, forse per un mese: avrebbeabitato sulle cime, sarebbe corso su per i tronchi lisci,avrebbe picchiato col becco forte nella corteccia, facen-dosi puntello con le penne della coda, avrebbe parlato illinguaggio dei picchi e tratto tante buone cose dalla cor-teccia. Come sonava dolce e vigoroso il martellar del pic-chio nel legno risonante!

Molti animali si trovarono sul cammino di Boccadoro.Incontr• lepri, che al suo avvicinarsi sbucavano a un trat-to dal fogliame, lo fissavano, poi via di corsa con le orec-chie abbassate e un chiaror di pelo sotto la coda. In unapiccola radura trov• una lunga serpe, che non fugg•:non era viva, c'era soltanto la sua pelle vuota; egli laraccolse e l'osserv•: un bel disegno grigio e marrone cor-re dorso e i r~n lel sole la traversavano: era

sottile come una ragnatela. Vide merli neri col beccogiallo, che guardavano fisso, concentrando gli occhi ne-ri rotondi e impauriti, e fuggivano radendo terra. Pet-tirossi e fringuelli volavano in quantit…. A un certo pun-to nel bosco c'era una buca, una pozza piena d'acqua ver-de e densa, sulla quale correvano alla rinfusa, affaccen-dati e come ossessi, ragni dalle gambe lunghe, che pa-revano intenti a un gioco incomprensibile; e sopra si li-bravano alcune libellule con l'ali d'un azzurro cupo. Euna volta, gi… verso sera; vide qualcosa... o meglio nonvide nulla fuorch‚ un .agitarsi e un grufolar tra il fo-gliame, ud• uno schiantar di rami, uno sguazzar nella ter-ra umida e un grosso animale dalla corporatura pesantecorrer via quasi invisibile, frangendo la sterpaglia: forseun cervo, forse una scrofa, non sapeva. Rimase a lungoimmobile, ansante per lo spavento, segu• con l'orecchio,agitato, la corsa dell'animale e rest• un pezzo in ascoltocol batticuore, dopo che tutto era tornato quieto.

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Non trov• modo d'uscire dalla foresta, dovette pernot-tarvi. Mentre si cercava un giaciglio e si fabbricava unletto di musco, si sforzava d'immaginare che sarebbe av-venuto, se non avesse pi— trovato una via d'uscita daiboschi e avesse dovuto rimaner dentro per sempre. E pen-s• che sarebbe stata una grande disgrazia. Viver di bac-che era possibile e anche dormire sul musco: inoltresarebbe certo riuscito a fabbricarsi una capanna, forseanche a far fuoco. Ma restar sempre e poi sempre solo eabitare fra gli alberi che dormono silenziosi e vivere fragli animali che fuggono e con cui non si pu• parlare,doveva essere insopportabilmente triste. Non vedere ani-ma viva, non dir buongiorno e buonanotte a nessuno nonpoter guardare nel viso e negli occhi di un proprio si-mile, non contemplar pi— donne e fanciulle, non sentirepi— un bacio, non abbandonarsi pi— al delizioso gioco se-greto delle labbra e delle membra, oh, era inconcepibile!Se questo fosse stato il suo destino, pensava, avrebbetentato di diventare un animale, un orso o un cervo, siapur rinunciando alla beatitudine eterna. Essere un orsoe amare un'orsa non sarebbe poi male, molto meglio perlo meno che conservare ragione, linguaggio e tutto il resto,e con ci• passar la vita solo e triste e senz'amore.

Nel suo letto di musco, prima d'addormentarsi, ascol-

tava curioso e inquieto i mille rumori notturni, misterio-si e incomprensibili della foresta. Erano ormai i suoi ca-merati, doveva viver con loro, abituarsi a loro, con loromisurarsi e andar d'accordo; apparteneva ormai alla fa-miglia delle volpi e dei caprioli, degli abeti e dei pini, conloro doveva vivere, con loro dividere l'aria e il sole easpettare il giorno e patir la fame, essere insomma loroospite.

Poi s'addorment• e sogn• bestie e uomini: egli era unorso, che divorava Lisa fra baci e carezze. Nel cuor dellanotte si svegli• spaventato, non sapeva perch‚: sentivaun'angoscia infinita e ne cerc• a lungo la ragione, turba-to. Gli venne in mente che quel giorno e il giorno innan-zi aveva dimenticato la preghiera della sera. S'alz•, s'in-ginocchi• presso il giaciglio e recit• due volte la sua ora-zione, per quel giorno e per quello precedente. Poco dopoera riaddormentato.

Al mattino si guard• intorno nel bosco, stupito: avevadimenticato dov'era. La paura della foresta incomincl• ascemare, con nuova gioia s'affid• a quella vita, pur con-tinuando a camminare e regolandosi col sole. Una voltagiunse in un tratto di selva perfettamente piano, con po-chi alberi a basso fusto; gli altri eran tutti grossi abetibianchi, annosi e diritti. Dopo aver marciato un poco fraquelle colonne, gli vennero in mente le colonne dellagrande chiesa del convento, di quella chiesa sotto il cuiportale nero aveva visto scomparire il suo amico Nar-ciso.. Quanto tempo era passato? Proprio due giorni sol-tanto?

Solo dopo due giorni e due notti giunse in capo allaforesta. Riconobbe con gioia i segni della vicinanza uma-na: terra coltivata, strisce di campo a segala e ad avena,prati attraversati qua e l… da stretti sentieri per brevetratto visibili. Boccadoro colse della segala e la mastic•;

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la campagna lavorata lo guardava sorridente, tutto gli fa-ceva un'impressione umana e cordiale dopo il lungo an-dare per la selva incolta: il sentierino, l'avena, i fiorda-lisi sfioriti e sbiancati. Finalmente avrebbe riveduto gliuomini. Dopo un'oretta pass• vicino ad un campo, sulciglio era drizzata una croce: s'inginocchi• e preg• Svol-tando dalla sporgenza di un colle si trov• all'improvvisodavanti a un tiglio ombroso, ud• estasiato la melodia d'u-

na fontana, che da un tubo di legno versava la sua ac-qua entro un lungo trogolo pure di legno; bevette l'ac-qua fresca, squisita, e vide con gioia spuntar Su dai sam-buchi, che avevan gi… le bacche scure, alcuni tetti di pa-glia. Ma pi— di tutti questi segni amichevoli, lo com-mosse il muggito di una mucca, che gli son• all'orec-chio dolce, caldo e ospitale come un saluto e un ben-venuto.

S'avvicin• esplorando alla capanna dalla quale era par-tito il muggito. Davanti alla porta di casa sedeva nellapolvere un ragazzetto dai capelli rossicci e dagli occhicelesti, con accanto un vaso di terracotta pieno d'acqua:e con la polvere e con l'acqua faceva una pasta che gi…aveva inzaccherato le sue gambe nude. Serio e felice, pre-meva quella poltiglia fra le mani, la guardava colar fuo-ri dalle dita, ne faceva delle palle e per impastare e pla-smare s'aiutava anche col mento.

--Buongiorno, piccolo,--disse Boccadoro cordialmen-te. Ma il bambino, appeha levati gli occhi e scorto unostraniero, spalanc• la boccuccia, contrasse il visetto ton-do e strillando si precipit• carponi nella capanna. Bocca-doro lo segu• nella cucina; era cos• buia che a lui, cheveniva dalla luce viva del mezzod•, da principio non riu-sc• di scorgere nulla. A ogni buon conto fece un salutocortese, ma non ebbe risposta; a poco a poco per• sopragli strilli del bimbo spaventato si fece udire una tenuevoce senile, che cercava di consolare il piccolo. Infine sialz• nell'ombra e s:avvicin• una vecchietta, che, riparan-dosi gli occhi con la mano, osserv• l'ospite.

--Salute, mamma, -- disse Boccadoro, -- e che tuttii santi benedicano la tua faccia buona; son tre giorni chenon vedo un viso umano.

La vecchietta guardava melensa, con occhi presbiti.

--Che vuoi? --domand• incerta.

Boccadoro le diede la mano e carezz• un poco la sua.

-- Salutarti voglio, nonnina, e riposare un tantino eaiutarti ad accendere il fuoco. Se mi vuoi dare un pez-zo di pane, non lo rifiuto, ma non c'Š fretta per questo.

Vide una panca di legno addossata alla parete e se-dette, mentre la vecchia tagliava una fetta di pane peril bambino, che guardava ora lo straniero con curiosaattenzione pronto per• ad ogni istante a piangere e a

correl via. La vecchia tagli• un'altra fetta della pagnot-ta e la port• a Boccadoro.

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--Grazie mille,--disse questi. --Dio ti compenser….-- Hai lo stomaco vuoto? -- domand• la donna.

-- Questo no, Š pieno di mirtilli.

-- Be', mangia allora! Da dove vieni?

-- Da Mariabronn, dal convento.

-- Sei un prete?

--Questo no. Uno scolaro. In viaggio.

Ella lo guard• fra tonta e canzonatoria e scosse un po-co la testa sul collo magro e rugoso. Lo lasci• masticareun paio di bocconi e riport• fuori il piccolo al sole. Poitorn•, curiosa, e domand•: -- Sai qualche novit…?

--Non un gran che. Conosci padre Anselmo?

--No, che c'Š di lui?

-- malato.

-- Malato? deve morire?--Non so. Ha male alle gambe. Non pu• camminar

Deve morire?

-- Non so, forse.

--Be', lascialo morire. Io devo cuocere la minestra.Aiutami a tagliare trucioli. -- Gli diede un ciocco d'a-bete asciugato per bene sul focolare, e un coltello. Eglile tagli• trucioli quanti ne volle e stette a guardare, men-tre ella li metteva nella cenere e si chinava sopra e s'affan-nava a soffiare, finch‚ prendevano fuoco; poi accatast•secondo un SuO ordine segreto e preciso legni d'abete edi faggio, il fuoco divamp• luminoso sul focolare aper-to, ella mise sulle fiamme una grande pentola nera, che,appesa ad una catena fuligginosa, penzolava dalla cappadel cammo.

Boccadoro, dietro suo ordine, and• ad attinger acquaalla fontana, spann• la scodella del latte, sedette di nuo-vo nella penombra fumosa e stette a guardare il giocodelle fiamme, sopra le quali appariva e spariva nel rossobagliore il viso rugoso ed ossuto della vecchia; intantoudiva dietro un assito la mucca che frugava e tirava col-pi nella greppia. Gli piaceva molto. Il tiglio, la fontana,il guiZzar delle fiamme sotto la pentola, lo sbuffare e ilruminar della mucca e i suoi colpi contro la parete, lastanza semibuia con la tavola e la panca, l'affaccendarsi

della vecchietta, tutto questo era bello e buono, sapevadi cibo e di pace, di esseri umani e di calore, di patria.Anche due capre c'erano, e la donna gli disse che dietroavevano anche un porcile; e la vecchia era la nonna delcontadino e la bisnonna del piccolo. Questi si chiamavaKuno, di tanto in tanto entrava in cucina e, bench‚ nondicesse una parola e guardasse un po' impaurito, non

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plangeva pi—.

Venne il contadino con sua moglie; furono molto stu-piti di trovare uno straniero in casa. Il contadino sta-va gi… per gridare e, diffidente, trasse il giovane per unbraccio sulla porta, per vedere il suo volto alla luce delgiorno; ma poi rise, gli batt‚ benevolo la mano sullaspalla e lo invit• a mangiare. Sedettero e ciascuno intinseil suo pane nella comune scodella di latte, finch‚ il lattediminu• e il contadino vuot• il resto.

Boccadoro domand• se poteva rimanere fino all'indo-mani e dormire sotto il loro tetto. No, rispose l'uomo,perch‚ non c'era posto, ma fuori c'era ancora tanto fienodappertutto, avrebbe trovato certo un giaciglio.

La contadina aveva il piccolo accanto e non partecipa-va alla conversazione, ma durante il pasto i suoi occhicuriosi presero possesso del giovane straniero. I capellie lo sguardo di lui le avevano fatto subito impressione,poi osserv• con piacere il suo collo bianco e fine, le suemani distinte e lisce e i loro movimenti agili e armoniosi.Come era bello e aristocratico quello straniero, e cos• gio-vane! Ma quello che pi— l'attirava e la innamorava era lavoce di lui, quella voce giovane e maschia, che cantavamisteriosamente, che irradiava calore, che seduceva blan-da, che sonava come una carezza. Avrebbe voluto sentirequella voce ancora per un pezzo.

Dopo mangiato, il contadino s'affaccend• nella stallaBoccadoro era uscito dalla casa, s'era lavato le mani al-la fontana e sedeva sul bordo basso, rinfrescandosi e ascol-tando l'acqua. Era indeciso; non aveva pi— nulla da cer-care l•, eppure gli rincresceva di doversene andare. Al-lora venne fuori la contadina con un secchio in mano, lomise sotto lo zampillo, finch‚ trabocc•. Disse a mezza vo-ce: --Se stasera sei ancora qui vicino, ti porter• da man-giare Laggi—, dietro quel lungo campo d'orzo, c'Š del fieno, che raccoglieranno solo domani. Vuoi fermarti l…?

Egli le guard• il viso lentigginoso, vide le sue bracciaforti afferrare il secchio, sent• lo sguardo caldo dei suoigrandi occhi chiari. Le sorrise e accenn• di s•. Gi… ellase n'andava col secchio pieno e scompariva nel buio del-la porta. Egli rimase seduto, grato e contento, ascoltandol'acqua corrente. Un po' pi— tardi entr• nella cucina, cer-c• il contadino, diede la mano a lui e alla nonna e rin-grazi•. C'era odor di fuoco nella capanna, di fuliggine edi latte. Poc'anzi era per lui ancora un asilo, un foco-lare domestico, e gi… ridiventava terra straniera. Salut•e usc•.

Al di l… delle capanne trov• una cappella e vicino unbel boschetto, un gruppo di forti querce annose, sotto lequali l'erba era bassa. Rimase l• all'ombra, passeggiando insu e in gi— fra i grossi tronchi. Strana cosa, pensava,eran le donne e l'amore; non avevan bisogno davvero diparole. Alla contadina n'era occorsa una sola per indi-cargli il luogo dell'appuntamento, tutto il resto non l'a-veva detto con parole. E con che allora? Con gli occhi,s•, e con un certo suono nella voce un po' velata e conqualche altra cosa ancora, con un profumo forse, con unaemanazione delicata e sottile della pelle, dalla quale uo-

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mini e donne riconoscono subito la reciproca brama. Cu-rioso: era una specie di delicato linguaggio segreto; ecome l'aveva imparato presto! Si rallegrava pensando al-la sera, si domandava con curiosit… come sarebbe stataquella donna alta e bionda, che sguardi, che toni, chemembra, che doti, che baci avrebbe avuto... Certo tutt'al-tri che Lisa. Dov'era in quel momento la Lisa, coi suoicapelli neri e lisci, con la sua pelle bruna, con i suoi bre-vi sospiri? L'aveva picchiata il marito? Pensava ancoraa lui? Aveva gi… trovato un nuovo amante, com'egli ave-va trovato una nuova donna? Come tutto andava ve-loce, e da ogni parte si trovava la felicit…, come tuttoera bello e caldo e stranamente fugace! Era peccato, eraadulterio; poc'anzi si sarebbe lasciato u.ccidere piuttostoche commettere un peccato simile. Ed ecco la seconda don-na che egli attendeva, e la sua coscienZa era tranquilla.CioŠ, tranquilla forse no; ma non l'adulterio, non la vo-lutt… di quando in quando la turbavano e la opprime-vano. Era qualcos'altro, non sapeva definirlo con un no-me. Era il sentimento di una colpa che non si Š com-

messa, ma che si Š portata al mondo con la nascita. For-se era questo ci• che nella teologia si chiamava peccatooriginale? Poteva darsi. S•, la vita stessa portava con s‚qualcosa come una colpa... perch‚, altrimenti, un esserecos• puro e cos• sapiente come Narciso si sarebbe sotto-posto a penitenze come un condannato? E perch‚ eglistesso, Boccadoro, avrebbe dovuto sentire in qualche se-greto recesso della sua anima questa colpa? Non era for-se felice? Non era giovane e sano, non era libero comel'uccello nell'aria? Non lo amavano le donne, non erabello sentire di poter dare loro come amante lo stessoprofondo piacere ch'egli provava? E perch‚ allora nonera felice del tutto? Perch‚ nella sua giovane felicit…,come nella virt— e nella saggezza di Narciso, doveva in-sinuarsi di quando in quando questa strana sofferenza,quest'ansia sommessa, questo rammarico per la transito-riet… umana? Perch‚ doveva tante volte tormentarsi ilcervello a forza di pensare, pur sapendo di non essere unpensatore?

Eppure era bello vivere. Colse nell'erba un fiorellinovioletto, lo avvicin• all'occhio, guard• entro il piccolo ca-lice, dove scorrevano vene e vivevano minuscoli sottilis-simi organi; come nel grembo di una donna o nel cer-vello di un pensatore fremeva la vita, tremava la gioia.Oh, perch‚ non si sapeva proprio nulla? Perch‚ non sipoteva parlare con quel fiore? Ma se neppure due uo-mini riuscivano a parlarsi davvero, e ci voleva gi… perquesto un caso fortunato, una particolare amicizia e di-sposizione! No, era fortuna che l'amore non avesse biso-gno di parole; altrimenti sarebbe stato pieno di malin-tesi e di pazzie. Ah, come l'occhio di Lisa, socchiuso nel-la pienezza della volutt…, era quasi franto e non mostra-va pi— che un po' di bianco nel taglio delle palpebreconvulse.. mille parole di dotti e di poeti non sarebberoriuscite ad esprimerlo! Nulla, nulla si poteva esprimere,escogitare e tuttavia si aveva sempre in s‚ il bisognoprepotente di parlare, l'eterno impulso a pensare!

Osserv• con quanta grazia e con quanta intelligenzale foglie della piantina erano ordinate intorno allo ste-

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lo. I verSi di Virgilio eran belli, egli li amava; ma pi—d'uno non aveva neppur la meta della chiarezza e dellasapienza, dell'ingegnosa bellezza di quella spirale, secon-

do cui le minuscole foglioline si ordinavano su per lostelo. Quale godimento, quale felicit…, che opera incan-tevole, nobile, ingegnosa, se un uomo fosse stato capacedi creare un solo fiore come quello! Ma nessuno era ca-pace, nessun eroe e nessun imperatore, nessun papa e nes-sun santo.

Quando il sole cal•, si mise in cammino per cercare illuogo indicato dalla contadina. L… aspett•. Era belloaspettare cos•, sapendo che una donna era in istradae non recava altro cke amore. Ella giunse con un pan-no di lino, in cui aveva avvolto un grosso pezzo di pa-ne e una fetta di lardo. Lo snod• e glielo mise davanti.

--Per te, --disse.--Mangia!

-- Dopo, -- rispose lui. -- Non ho fame di pane, hofame di te. Oh, mostra ci• che mi hai portato di bello!

Molto di bello gli aveva portato: labbra forti e asse-tate, denti forti e brillanti, braccia forti, arrossate dal so-le; ma sotto il collo e gi— per la persona era bianca e te-nera. Parole ne sapeva poche, ma in fondo alla sua golacantava una musica dolce e allettatrice; e quando sent•sul suo corpo le mani di lui, mani delicate, affettuose esensibili, quali non aveva mai conosciute, la sua pelle rab-brivid• e nella sua gola si modul• un suono come quel-lo di un gatto che fa le fusa. Sapeva pochi giochi, me-no di Llsa, ma era meravigliosamente vigorosa, stringe-va come se volesse spezzare il collo al suo amante. Eraun amore infantile e cupido, semplice e, malgrado tuttala forza, ancora pudico; Boccadoro fu felice con lei.

Poi ella se n'and• sospirando, si stacc• con pena, nonpoteva rimanere.

Boccadoro rest• solo, felice e triste insieme. Solo pi—tardi si ricord• del pane e del lardo e mangi• in solitu-dine; era gl… notte alta.

C~P•TOLO Vlll

Boccadoro aveva gi… camminato a lungo, di rado per-nottando due volte nello stesso luogo, dappertutto desi-derato e favorito dalle donne, abbronzato dal sole, dima-grito dal vagabondaggio e dalla scarsit… del cibo. Moltedonne l'avevano lasciato all'alba e alcune se n'erano an-date piangendo; pi— d'una volta egli aveva pensato: "Per-ch‚ nessuna rimane con me? Perch‚, se mi amano e peruna notte d'amore violano la fede coniugale... perch‚ ri-tornano subito tutte ai loro mariti, dai quali spesso te-mono d'esser picchiate?". Nessuna l'aveva pregato sul se-rio di rimanere, nessuna l'aveva mai pregato di prender-la seco ed era stata pronta per amore a dividere con luile gioie e le angustie della vita errabonda. Veramente eglinon aveva rivolto a nessuna quell'invito, a nessuna avevasuggerito quell'idea; se interrogava il suo cuore, vedevache la libert… gli era cara e non ricordava una donnaamata, di cui avesse sentito ancora la nostalgia fra le

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braccia di quella che le era succeduta. E tuttavia gli riu-sciva strano e un poco triste che l'amore si mostrasse sem-pre cos• fugace, quello delle donne come il suo, e con lastessa rapidit… con cui divampava fosse anche sazio. Eragiusto questo? Era cos• sempre e dappertutto? O dipen-deva da lui, forse era nella sua natura che le donne lodesiderassero e lo trovassero bello, ma non aspuasseroad altra comunanza con lui che non fosse quella brevee senza parole di una notte nel fieno o sul musco? Eraperch‚ viveva da vagabondo e i sedentari provavano or-rore per la vita dei senza-patria? O dipendeva propriosolo da lui dalla sua persona, che le donne lo desideras-sero come una bella bambola, ma poi ritornassero ai lorouomini, anche se l… le attendevano le busse?

Non si stancava d'imparar dalle donne. Pi— l'attirava-no invero le fanciulle, le giovanissime, che non avevanoancora marito e non sapevano nulla; di esse poteva inna-morarsi con ardore; ma erano quasi sempre irraggiun-gibili, cos• amate, timide e ben protette! Ma imparavavolentieri anche dalle donne. Ognuna gli lasciava qual-cosa, un gesto, un modo di baciare, un gioco speciale,una particolare maniera di darsi o di difendersi. Bocca-doro accondiscendeva a tutto, era insaziabile e docile co-me un bimbo, aperto a ogni seduzione: e per questo ap-punto seducente egli stesso. La sua bellezza da sola nonsarebbe bastata a condurgli cos• facilmente le donne, eraquel suo candore infantile, quella sua innocenza curio-sa della brama, quell'essere aperto e meravigliosamentepronto a ci• che una donna poteva desiderare da lui.Senza saperlo, egli era presso ogni donna amata proprioCOSi come essa lo desiderava e lo sognava, con l'una de-licato e paziente nell'attesa, con l'altra impetuoso e in-traprendente, ora ingenuo come un ragazzo iniziato perla prlma volta, ora raffinato ed esperto. Era pronto algioco e alla lotta, al sospiro e al riso, al pudore e allaspudoratezza; non faceva nulla a una donna ch'ella nonbramasse, nulla ch'ella non provocasse da lui. Questo eraci• che ogni donna dai sensi accorti intuiva subito inBoccadoro, questo lo rendeva il suo beniamino.

Egli intanto imparava. In breve non impar• solo mol-te qualit… e molte arti d'amore, accogliendo in s‚ le espe-rienze di molte amanti. Impar• anche a vedere le donnenella loro variet…, a sentirle, a tastarle, a odorarle: ac-quist• un orecchio finissimo per ogni sorta di voce e pi—d'una volta dal suo semplice suono sapeva indovinare consicurezza il genere della donna e la sua capacit… d'a-mare. Con sempre nuovo rapimento contemplava gli in-finiti modi diversi come una testa poteva reggersi sul col-lo, una capigliatura staccarsi dalla fronte, una rotula muo-versi entro il ginocchio. Al buio, ad occhi chiusi, col tat-to delicato delle dita imparava a distinguere una chiomafemminile o una qualit… di pelle o di pelurie dall'altra.Cominci• per tempo ad accorgersi che forse il senso delsuo vagabondaggio stava proprio in questo, che forse egliera sospmto da una donna all'altra appunto perch‚ po-tesse imparare a esercitare con sempre maggior finezza,

variet… e profondit…, questa capacit… di conoscere e di di-stinguere. Forse era guesto il suo destmo: Imparare aconoscere le donne e l'amore in mille modi e in mille

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forme diverse fino alla perfezione, cos• come taluni mu-sicisti sanno sonare non un solo strumento, ma tre, quat-tro, molti. A quale scopo ci• dovesse servire, dove con-ducesse, certo non sapeva; sentiva solo di essere in cam-mino Se per il latino e per la logica aveva certe attitu-dini - non per• doti rare, singolari e sorprendenti - perl'amore, per il gioco con le donne era eccezionalmentedotato, qui imparava senza fatica, qui non dimentlcavanulla, qui le esperienze si accumulavano e si ordmavanoda s‚.

Un giorno, quando gi… da un anno o due vagava peril mondo, Boccadoro giunse al castello di un aglato ca-valiere, che aveva due figlie giovani e belle. Era il prm-cipio d'autunno, presto le notti sarebbero diventate fred-de, nell'autunno e nell'inverno passati aveva fatto la suaesperienza, e non senza preoccupazione pensava ai mesventuri, nell'inverno la vita del vagabondo era dura. Chle-se cibo e asilo per la notte. Fu accolto cortesemente, equando il cavaliere ud• che lo straniero aveva studiatoe sapeva il greco, lo fece passare dalla tavola dei servl allasua e lo tratt• quasi come suo pari. Le due figlie tenevanogli occhi bassi: la maggiore aveva diciotto anni, la mlnoresedici appena: Lidia e Giulia.

Il giorno dopo Boccadoro voleva proseguire: non c'eraper lui nessuna speranza di poter conquistare una di quel-le belle e bionde damigelle, e altre donne, per cul rlma-nere, non se ne vedevano. Ma dopo la prlma colazione llcavaliere lo prese da parte e lo condusse m una stanzach'egli si era arredata per scopi speciali. Il vecchio parlocon modestia al giovane della sua passione per la dot-trina e per i libri gli mostr• un piccolo cofano pieno discritti, da lui raccolti, uno scrittoio che s'era f atto co-struire e una provvista di bella carta e pergamena. Que-sto bravo cavaliere era stato a scuola in giovent—: poi,come Boccadoro venne a sapere a poco a poco, Si eradato tutto alla vita guerresca e mondana, finch‚, grave-mente malato, un avvertimento divino l'aveva indotto aunirsi a una schiera di pellegrini e ad espiare cos• la suagiovent— peccaminosa. Era andato a Roma e perfino a

Costantinopoli, al ritorno aveva trovato il padre morto ela casa vuota, vi aveva fissato la sua dimora, s'era spo-sato, aveva perduto la moglie e allevato le figliole, e, poi-ch‚ ormai cominciava la vecchiaia, s'era accinto a scri-vere una minuta relazione del suo pellegrinaggio. Ave-va gi… messo insieme parecchi capitoli, ma - confess• alglovane- il suo latino era molto deficiente e lo inceppa-va ad ogni passo. Offerse dunque a Boccadoro un abitonuovo e libero asilo, se voleva correggergli in bella copiaCiO che aveva scritto fino allora, e poi aiutarlo a conti-nuare.

Era autunno: Boccadoro sapeva quel che ci• signifi-cava per un vagabondo. Anche l'abito nuovo era assaideslderabile. Ma sopra tutto piacque al giovane la pro-spettiva di rimanere ancora a lungo nella stessa casa conle due belle sorelle. Accett• senza esitare Dopo pochigiorni la dispensiera del castello doveva aprire l'arma-dio delle stoffe; trovarono un bel panno marrone, concui fecero confezionare un abito ed un berretto per Boc-cadoro. Veramente il cavaliere aveva pensato al nero, ad

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una specie di veste da magister, ma il suo ospite non nevolle sapere e riusc• a dissuaderlo. Venne fuori cos• un

tore, che gli stava benPIo ida paggiO e un po' da CacciaAnche col latino non and• male. Rilessero insieme ci•ch'era stato scritto fino allora, e Boccadoro non solo cor-resse i molti vocaboli inesatti ed errati, ma qua e l… tra-sform• anche le brevi frasi impacciate in eleganti perio-di latini, con solide costruzioni e una perfetta eonseeJ~tiotem por~m. Procur• cos• un gran godimento al cavaliereche non gli era avaro di lodi. Ogni giorno passavano al-meno due ore a quel lavoro.

Nel castello - una specie di grande masseria fortificata- Boccadoro trov• pi— d'un passatempo: prese parte al-la caccla e dal cacciatore Enrico impar• a tirar con labalestra, fece amicizia coi cani e pot‚ cavalcare a suoplaclmento. Di rado lo si vedeva solo; o parlava con uncane o con un cavallo, oppure col cacciatore Enrico o conla dispenslera Lea, una grossa vecchia che aveva unavoce maschile e una gran voglia di ridere e di scherzareo mfine col guardiano dei cani o con un pastore. Con lamoglle del mugnaio, che abitava vicinissima, non sarebbe

stato difficile fare all'amore, ma egli si teneva riserbatoe faceva l'ingenuo.

Delle due figlie del cavaliere era entusiasta. La mino-re era la pi— bella, ma cos• sdegnosa che non diceva qua-si una parola con Boccadoro. Egli trattava ambedue colmassimo riguardo ed ossequio, ma l'una e l'altra sentl-vano la sua vicinanza come una corte assidua. La plugiovane si chiudeva tutta, fiera per timidezza. La mag-giore, Lidia, aveva trovato con lul un tono speclale, frarispettoso e canzonatorio, e lo trattava come una besharara d'erudito, rivolgendogli molte domande curiose, in-formandosi della vita del convento, ma sempre con unfare da gran dama superiore e un po' beffarda. Egll ac-condiscendeva a tutto; trattava Lidia come una dama,Giulia come una monachella, e quando, dopo cena, rlu-sciva con la sua conversazione a trattenere le fanciullea tavola un po' pi— a lungo del solito, o quando Lldia incortile o in giardino gli rivolgeva talvolta la parola e Slpermetteva qualche piccolo scherzo, era contento e sen-tiva d'aver fatto un progresso.

In quell'autunno le foglie indugiarono a lungo suglialti frassini del cortile, in giardino rimasero fioriti a lun-go gli asteri e le rose. Un giorno arriv• una visita; giun-sero a cavallo un signore di un possedimento vlCmo, consua moglie ed un palafreniere; la giornata mite ll avevaindotti ad una gita pi— lunga del consueto e cos• eranoarrivati fin l… e chiedevano alloggio per la notte. Furonoaccolti molto cortesemente e subito il letto di Boccadorofu trasportato dalla camera dei forestieri nello studio, lacamera fu messa in ordine per i visitatorl, vennero am-mazzati alcuni polli e cercati pesci al mulino. Boccado-ro partecip• con gioia al festoso trambusto e sublto s ac-corse d'attirare l'attenzione della signora straniera. La vo-ce e qualcosa nello sguardo di lei gli avevano appena rl-velato la sua compiacenza e la sua brama, che egli notoanche, con crescente attenzione, operarsi un mutamento

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in Lidia: divent• chiusa e taciturna e comincl• a os-servare lui e la dama. Quando durante la cena festosail piede della signora prese a giocare sotto la tavola colpiede di Boccadoro, egli rimase incantato non tanto diquel gioco quanto dell'ansia cupa e silenziosa, con cuiLidia lo seguiva con occhi curiosi e fiammeggiantl. In-fine egli lasci• cadere con intenzione un coltello per ter-ra, Si chino sotto la tavola e sfior• con una carezza il pie-de e la gamba della dama: vide Lidia impallidire e mor-dersi le labbra; continu• a raccontare aneddoti di con-vento e sent• che la straniera pi— che le storie ascoltavaintensamente la sua voce insinuante. Anche gli altri sta-vano attenti, il suo padrone con benevolenza, l'ospite convolto impassibile, ma toccato anch'egli dal fuoco che ar-deva nel giovane. Lidia non l'aveva mai udito parlareCOS•: era come sbocciato, c'era un fremito di volutt… nel-l'aria, I suoi occhi brillavano, nella sua voce cantava lafellcit…, implorava l'amore. Le tre donne lo sentivano cia-scuna in modo diverso: la piccola Giulia con violenta ri-luttanza e resistenza; la moglie del cavaliere con soddi-sfazlone ragglante; Lidia con un doloroso tumulto delcuore, che ondeggiava fra l'intimo desiderio, una blan-da resistenza e la pi— viva gelosia, e che le allungava ilvolto e le faceva ardere gli occhi. Boccadoro sentiva tut-te queste ondate che rifluivano a lui come risposte segre-te alle sue seduzioni; i pensieri d'amore, di dedizione, direslstenza, di lotta reciproca gli volavano intorno come

Dopo cena Giulia si ritir•; era gi… notte avanzata; conla sua candela nel candeliere di terracotta lasci• il terraz-zo, fredda come una piccola monaca, Gli altri rimaseroancora un'ora, e mentre i due signori parlavano del rac-colto, dell'imperatore e del vescovo, Lidia ascoltava, tut-ta accesa, un negligente chiacchierio, a proposito di nul-la, fra Boccadoro e la dama, e vedeva intessersi fra isuoi fili lenti una fitta e dolce rete di domande e di ri-sposte, di sguardi, di accenti, di piccoli gesti, ciascuno deiquali era carico di significato e rovente di ardore. Lafanciulla aspirava l'atmosfera con avidit… e insieme conorrore, e, quando scorgeva o intuiva che il ginocchio diBoccadoro sfiorava sotto la tavola quello della stranie-ra, sentlva il contatto sul suo proprio corpo e sussultava.Poi non dorm•, e per met… della notte stette in ascoltocol batticuore, convinta che i due si sarebbero trovati in-sieme. Complet• nella sua immaginazione quello che aloro era vletato, li vide abbracciati, ud• i loro baci, e tre-mo persino d'agitazione, temendo e desiderando al tempostesso che il cavaliere ingannato sorprendesse gli aman-

ti e trafiggesse col suo pugnale il cuore di quell'abomi-nevole Boccadoro.

La mattina seguente il cielo era coperto, soffiava nvento umido, e l'ospite, respingendo ogni invito di rlma-nere pi— a lungo, insistette per partire subito. Lidia erapresente quando gli ospiti salirono a cavallo, strinse lorola mano, disse parole d'addio: ma non sapeva quel chefaceva, tutti i suoi sensi erano concentratl nello sguardocon cui osserv• la dama posare il plede, mentre monta-va in sella, fra le mani di Boccadoro, e la destra di lul,larga e ferma, afferrare la scarpa e strmgere per un mo-mento con forza il piede della donna.

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Partiti gli ospiti, Boccadoro dovette ritirarsi nello stu-dio a lavorare. Dopo una mezz'ora ud• risonare in bassola voce imperiosa di Lidia e condurre innanzi un caval-lo, il cavaliere s'affacci• alla finestra e guard• gi— sor-ridendo e scuotendo la testa; poi entrambi seguirono conlo sguardo Lidia, mentre usciva a cavallo dal cortfle.Quel giorno il loro latino non avanz• di molto; Bocca-doro era distratto; il suo signore, benevolo, lo conged•prima del solito.

Sceso nel cortile, usc• inosservato sul suo cavallo, in-contro al vento d'autunno fresco ed umido, nella cam-pagna scolorita; serrando sempre pi— il trotto, sent• ilcavallo scaldarsi sotto di- s‚ e il suo stesso sangue mfo-carsi. Per campi di stoppie e di maggese, per la landae per tratti di palude coperti di canne e setoloni, caval-c• respirando a pieni polmoni nella giornata grigia, tra-versando vallette di ontani e pinete imporrite, poi di nuo-vo sulla landa bruna e deserta.

Sulla cresta alta di un colle, nitida contro il cielo nu-voloso color di cenere, scoperse la figura di Lidia, erettasopra il cavallo che trottava lento. Egli Si lana• verso dilei; appena ella si vide inseguita, spron• il suo cavallo esi diede alla fuga. Ora scompariva, ora riapparlva con

capelli al vento. Egli le dava la caccia come ad una pre-da, e gli rideva il cuore, mentre con piccoli gridi affettuo-si eccitava il cavallo, con occhi sereni coglieva a volo lecaratteristiche del paesaggio, i campi acquattati, i boschet-ti di ontani, i gruppi d'aceri, le rive fangose degli stagni;

ma poi riconduceva lo sguardo alla sua meta, alla bel-

la fuggitiva. Presto l'avrebbe raggiunta.

Quando Lidia lo sent• vicino, rinunci• alla fuga e mi-se il cavallo al passo. Non si volt• verso l'inseguitore.Fiera, apparentemente indifferente, continu• a cavalcarecome se nulla fosse stato, come se fosse sola. Egli spin-se il cavallo accanto al suo e i due animali proseguiro-no tranquilli l'uno di fianco all'altro, ma cavalli e cava-lieri erano riscaldati dalla corsa.

--Lidia! -- chiam• sottovoce.

Ella non diede risposta.

--Lidia!

Ella rimase muta.

--Com'era bello, Lidia, vederti cavalcare da lontano~I tuoi capelli vo`lavano dietro di te come una saetta d'oro. Com'era bello! Ah, che meraviglia che tu sia fuggi-ta da me! Cos• ho veduto per la prima volta che mi vuoiun po' di bene. Non lo sapevo, ancora ieri sera ero indubbio. Solo quando hai cercato di sfuggirmi, l'ho capi-to a un tratto. Bella, cara devi essere stanca, smontiamol

Balz• rapido dal cavalio e nello stesso istante afferrole redini di lei, perch‚ non gli scappasse un'altra voltaElla lo guard• pallidissima e, quand'egli la depose a ter

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ra, scoppi• in lacrime. Con ogni riguardo egli la con-dusse qualche passo avanti, la fece sedere sull'erba ina-ridita e le s'inginocchi• accanto. Ella lottava coi sin-ghiozzi, lottava energicamente, finch‚ riusc• a dominarli.

-- Ah, come sei cattivo! --cominci•, quando pot‚ par-lare. Riusciva a stento a metter fuori le parole.

-- Sono cos• cathvo?

-- Sei un seduttore di donne, Boccadoro. Lasciami di-menticare quello che mi hai detto dianzi; erano paroleimpertinenti, a te non s'addice di parlarmi cos•. Comepuoi credere che io ti voglia bene? Dimentichiamo que-sto! Ma come posso dimenticare ci• che ho dovuto ve-dere ieri sera?

-- leri sera? E che cos'hai veduto?

--Ah, non far cos•, non mentire cos•l Era orribile eimpudente quello che facevi con quella Signora davantiai miei occhi! Non hai vergogna? Perfino la gamba le ac-carezzastl, sotto la tavola, sotto la nostra tavola! Davantia me, davanti ai miei occhi! E ora che quella se n'Š an-data, vleni a tender lacci a me! Non sai davvero che co-sa sia la vergogna.

Gi… da un po' Boccadoro si era pentito delle parole chele aveva dette prima di farla scender da cavallo. Chesciocchezza era stata! Le parole non erano necessarie nel-l'amore, avrebbe dovuto tacere.

Non disse pi— nulla. Rimase inginocchiato davanti alei e, poich‚ lo sguardo con cui ella lo fissava era cos•beilo e infelice, il dolore di lei gli si comunic•; anch'eglisent• che c'era qualcosa di cui dolersi. Ma non ostantetutto ci• ch'ella aveva detto, egli vedeva nel suo occhiol'amore, e anche la sofferenza che le contraeva le labbraera amore. Egli credeva al suo occhio pi— che alle sueparole

Ma Lidia aveva atteso una risposta. Poich‚ non venne,le sue labbra si fecero ancor pi— sdegnose; lo guard• congli occhi umidi e ripet‚:

--Non hai dunque proprio pudore?

-- Perdona, -- rispose lui umile, -- noi parliamo oradi cose di cui non si dovrebbe parlare. E colpa mia, per-donami! Tu domandi se non ho pudore. S•, certo ne ho.Ma ti voglio bene, vedi, e l'amore non conosce pudore.Non essere in collera!

Pareva quasi ch'ella non udisse. Immobile, faceva quel-la bocca amara e fissava lo sguardo lontano, come se fos-se sola. Egli non si era mai trovato in una situazione si-mile. Dipendeva dall'aver parlato.

Appoggi• dolcemente il volto sul ginocchio di lei e ilcontatto gli fece subito bene. Ma era un po' perplessoe triste e anch'ella continuava ad apparire triste: sedevaimmobile, taceva e guardava lontano. Quanto imbarazzo,

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quanta mestizia! Ma il ginocchio accolse benevolo la suaguancia, non lo respinse. E il suo volto rimase, con gliocchi chiusi, su quel ginocchio, la cui forma nobile e al-lungata gli s'impresse dentro a poco a poco. Boccadoropensava con gioia e commozione alla corrispondenza cheesisteva fra la forma elegante e giovanile del ginocchiodi Lidia e le unghie, belle fortemente arcuate delle suedita. Riconoscente si strinse a quel ginocchio, lasci• chela sua guancia e la sua bocca parlassero con lui.

Allora sent• la mano di lei posarsi timida e lieve comeuna piuma sopra i suoi capelli. Cara mano! pens• mentresentiva sul suo capo la carezza delicata, infantile. Egliaveva gi… pi— volte osservato e ammirato quella mano,NARCISO E BOCCADORO 311

lice di amarti... Come andr… a finire? io non ci penso.Sono contento quando ti vedo cavalcare e quando sentola tua voce e quando le tue dita mi accarezzano i capel-li. Sar• contento quando ti potr• baciare.

--Si pu• baciare solo la propria sposa, Boccadoro.Non ci hai mai pensato?

la conosceva quasi come la propria, conosceva le dita lun-ghe e agili dalle unghie lunghe rosee e ben arcuate. Inquel momento le dita lunghe e tenere parlavano timide conle ciocche dei suoi capelli. Il loro linguaggio era infantilee trepldo, ma era amore. Riconoscente, egli affond• il capoIn quella mano, ne sent• la palma con la nuca, con leguance.

Allora ella disse: -- E ora d'andare!

Egli sollev• il capo, la guard• teneramente, baci• condolcezza le sue dita sottili.

--Ti prego, alzati, -- disse lei, -- dobbiamo anda-re a casa.

Egli obbed• subito, si alzarono, salirono sui loro caval-li, partirono.

Il cuore di Boccadoro era al colmo della felicit…. Co-me era bella Lidia, cos• infantilmente pura e delicata!Non l'aveva ancora baciata, eppure gli pareva d'aver ri-cevuto un dono ed era tutto pieno di lei. Andarono digaloppo, e solo quand'erano gi… quasi a casa e stavanoper entrare nel cortile ella esclam• sgomenta: -- Nonavremmo dovuto arrivare tutti e due insieme, Che scioc-chi!

E all'ultimo istante, mentre scendevano dai cavalli egi… accorreva un garzone di stalla, sussurr• all'orecchiodi Boccadoro, rapida e ardente:

--Dimmi se stanotte sei stato presso quella donna! --Egli scosse ripetutamente la testa e s'accinse a toglier leredini dal suo cavallo.

Nel pomeriggio, quando il padre fu uscito, ella com-parve nello studio.

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-- E proprio vero? -- domand• subito con passione;ed egli cap• immediatamente ci• che intendeva.

-- Perch‚ allora hai giocato con lei, cos• vergognosa-mente e l'hal fatta innamorare?

--Tutto era diretto a te,--diss'egli.--Credimi, avreipreferito mille volte carezzare il tuo piede che il suo. Mail tuo piede non Š mai venuto a me sotto la tavola, nonmi hai domandato se ti voglio bene.

--Mi vuoi bene davvero, Boccadoro?

-- Oh s•!

--Ma come andr… a finire?

-- Non lo so, Lidia. E neppur me ne curo. Sono fe-

--No, non ci ho mai pensato. E perch‚ dovrel lu saicome me che non puoi diventare mia sposa.

-- E cos•. E poich‚ tu non puoi diventare mio mari-to e rimanere sempre con me, hai fatto molto male a par-larmi d'amore. Hai forse creduto di potermi sedurre?

--Non ho creduto e pensato nulla, Lidia; io pensoin genere molto meno di quel che tu creda. Non deside-ro altro se non che tu mi voglia baciare. Parliamo trop-po. Gli amanti non parlano. Io credo che non mi VuOibene.

- Stamattina hai detto il contrario.- E tu hai fatto il contrario!

--lo? Che vuoi dire?

-- Prima di tutto sei scappata di galoppo quando mihai visto giungere. Allora io ho creduto che tu mi amas-si. Poi non hai potuto fare a meno di piangere, e io hocreduto che fosse perch‚ mi volessi bene. Poi, quandola mia testa era appoggiata al tuo ginocchio, mi hai ac-carezzato, e io ho creduto che fosse amore. Ma ora nondimostri di volermi bene.

--lo non sono come la donna di cui ieri accarezzaviil piede, tu sembri abituato a donne di quella fatta.

--No, grazie a Dio, tu sei molto pi— bella e pi— finedi lei

--Non voglio dir questo.

--Oh, ma Š cos•. Sai tu come sei bella?

-- Ho uno specchio.

--Ci hai mai veduto la tua fronte, Lidia, e poi le spal-le, e poi le unghie, e poi le ginocchia? E hai veduto co-me tutto questo si assomiglia ed Š in armonia, come tuttoha la stessa forma, una forma lunga, distesa, definita emolto slanciata? L'hai veduto?

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--Come parli! Veramente non l'ho mai veduto, maora che lo dici so ci• che intendi. Senti, sei un gran se-duttore, ora tenti di rendermi vana.

-- Peccato, non riesco proprio a contentarti. Ma per-

ch‚ debbo tenerci a renderti vana? Sei bella e vorreimostrarti che te ne sono grato. Tu mi constringi a dir-telo a parole; potrei dirtelo mille volte meglio che conle parole. A parole non ti posso dar nulla. A parole nonposso neppure imparar nulla da te, n‚ tu da me.

--E che cosa dovrei imparare da te?

--lo da te, Lidia, e tu da me. Ma non vuoi. Tu vuoiamare solo colui di cui sarai sposa. Egli rider…, quandovedr… che non hai imparato nulla, neppure a baciare.

--Ah, nel baciare dunque vorresti istruirmi, signor ma-gister?

Egli le sorrise, Se anche le sue parole non gli piace-vano, poteva tuttavia sentire dietro quel tono saputo, unpo violento e artificioso, la sua verginit… che, assalitadalla concupiscenza, se ne difendeva con sgomento.

Egli non rispose pi—. Le sorrise, cattiv• con gli occhilo sguardo inquieto di lei, mentr'ella non senza resistenzacedeva al fascino, avvicin• lentamente il proprio volto alsuo, finch‚ le labbra si toccarono. Sfior• lieve la bocca dilei, che rispose con un piccolo bacio infantile e poi s'apersecome in doloroso stupore, quand'egli non le permise distaccarsi. Con dolce insistenza egli segu• la bocca che fug-giva, finch‚ questa ritorn• esitante verso di lui, e senzaviolenza, insegn• alla fanciulla ammaliata come si ricevee come si d… un bacio, finch‚ ella, esausta, lasci• cadereil viso sulla sua spalla. Egli non la scosse, aspir• feliceil profumo dei suoi folti capelli biondi, le mormor• al-l'orecchio parole tenere e consolanti e in quel momento siramment• del giorno in cui, scolaro ignaro, era stato ini-ziato al mistero dalla zingara Lisa. Come erano neri i suoicapelli, com'era bruna la sua pelle e come bruciava ilsole, e l'erba vizza di san Giovanni come odorava! Quan-to tempo era passato, da quale lontananza gli ribalenavadavanti! Com'era appassito presto ci• che poc'anzi fiorivaancora!

Lidia si drizz• lentamente, col viso trasformato, i suoiocchi innamorati lo guardavano grandi e seri.

--Lasciami andare, Boccadoro, -- disse, -- sono statatanto tempo con te. Oh, caro, caro!

Ogni giorno trovarono la loro ora segreta, e Boccadorosl lasclava guidare interamente dall'amante: quell'amoredi fanciulla lo rendeva meravigliosamente felice e lo com-

moveva. Talvolta per un'ora intera ella non voleva faraltro che tenere le mani di lui nelle sue e guardarlo ne-gli occhi, poi si congedava con un bacio infantile. Altrevolte baciava con abbandono, insaziabile, ma non tolle-rava di essere toccata. Una volta, arrossendo intensamente

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e con uno sforzo su se stessa, nel desiderio di procurargliuna grande gioia gli lasci• contemplare un seno; lo estras-se timida dalla veste; quand'egli, in ginocchio, l'ebbe ba-ciato, lo ricoperse con cura, sempre rossa fino ai capelli.Parlavano anche, ma in un modo nuovo, non pi— comeil primo giorno; inventavano nomi l'uno per l'altro, ellagli raccontava volentieri della sua infanzia, dei suoi sognie dei suoi giochi. Spesso parlava anche di quel loro amore,che le sembrava ingiusto, poich‚ egli non poteva sposarla;ne parlava triste e rassegnata e adornava il suo amore colsegreto di quella tristezza come un velo nero. Per la primavolta Boccadoro si sentiva non solo desiderato, ma amatoda una donna.

Un giorno Lidia disse: --Sei tanto bello e sembri tantosereno, ma in fondo ai tuoi occhi non c'Š serenit…, c'Š solotristezza; come se i tuoi occhi sapessero che la felicit… nonesiste, che ogni cosa bella e cara non rimane a lungopresso di nol. Tu hai gli occhi pi— belli che ci possanoessere e i pi— tristi. Credo che sia perch‚ non hai patria.Sei venuto a me dai boschi, un giorno riprenderai il tuocammino e tornerai a dormire sul musco e a vagare peril mondo... Ma la mia patria dov'Š? Quando partirai, avr•bens• ancora un padre e una sorella, una camera ed unafinestra, dove sedere pensando a te; ma una vera patrianon l'avr• pi—.

Egli la lasciava dire, a volte sorrideva, a volte rima-neva turbato. Non la consolava mai con parole, solo conlievi carezze, tenendo la testa di lei sul suo petto e mor-morando sommesso magici suoni vuoti di senso, comequelli che le nutrici mormorano ai bimbi per acquetarli,quando piangono.

Un giorno Lidia disse: -- Vorrei un po' sapere, Boc-cadoro, che cos'avverr… di te; tante volte ci penso. Nonavrai una vita comune n‚ facile. Ah, pur che ti vada bene!Qualche volta penso che dovresti diventar poeta, uno cheha sogui e visioni e sa esprimerli bene. Ah, tu girerai tuttoil mondo, e tutte le donne ti ameranno, ma tu resterai

solo. Ritorna piuttosto al convento dall'amico di cui mlhai raccontato tante cose! lo pregher• per te, perch‚ tunon debba un giorno morire solo nel bosco.

Cos• parlava talvolta, seria e pensosa, gli occhi smar-riti. Ma poi sapeva ridere ancora e cavalcare con lui perla campagna nell'autunno avanzato, o proporgli indovi-nelli scherzosi e tempestarlo di fronde secche e di ghiandelucenti.

Una sera Boccadoro era nel suo letto, in attesa delsonno 11 suo cuore era greve: greve e forte gli pulsavanel petto, con una sensazione dolce e dolorosa, traboc-cante d'amore, traboccante di tristezza e di perplessit….Sentiva il vento novembrino scuotere il tetto; era ormaiabituato ad aspettare a lungo prima che giungesse il son-no, Recitava fra s‚, come soleva ogni sera, un inno aMaria:

Tota pul~bra e, Maria,et maeula originalis non est in te.Tu laetitia Israel,

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Tu advo~ata pe~atorum!

L'inno penetrava nella sua anima con la sua musica pla-cida, mentre fuori cantava il vento, cantava del peregrinarsenza pace, della foresta, dell'autunno, della vita dei va-gabondi. Egli pensava a Lidia e pensava a Narciso e asua madre; gonfio ed oppresso era il suo cuore inquieto.

A un tratto sussult• e sbarr• gli occhi incredulo: laporta della camera s'era aperta, nel buio entrava una figuraavvolta in una lunga camicia bianca, entrava silenziosaLidia, a piedi nudi sull'impiantito, chiudeva piano la portae si metteva a sedere sul suo letto.

-- Lidia -- bisbigli• lui, -- colombina mia, mio fio-rellino bianco! Lidia, che fai?

--Vengo da te, -- rispose, -- solo per un momento.Voglio vedere una volta come sta nel suo lettino il mioBoccadoro, il mio cuor d'oro.

Si coric• accanto a lui e rimasero in silenzio, mentre iloro cuori battevano forte. Ella si lasci• baciare, lasci•che le mani di lui giocassero ammirate con le sue mem-bra: di pi— non era permesso. Dopo un poco allontan•dolcemente da s‚ quelle mani, lo baci• su~li occhi, si alz•

tacita e spar•. La porta cigol•, nell'armatura del tetto ilvento scricchiolava e soffiava. Tutto era pieno di magia,di mistero, di ansiet…, di promessa, di minaccia. Bocca-doro non sapeva quel che pensasse o facesse. Quando dopoun assopimento inquieto si ridest•, il suo guanciale erabagnato di lacrime.

Ritorn• dopo alcuni giorni, il dolce fantasma bianco,e rimase presso di lui un quarto d'ora, come la primavolta. Cinta dalle sue braccia, gli sussurrava all'orecchio:aveva tante cose da dire, che le facevano pena. Egli l'ascol-tava affettuoso, sostenendo il corpo di lei col braccio sini-stro e carezzandole con la destra le ginocchia.

--Mio Boccadoro, --diss'ella con voce smorzata e conla bocca sulla guancia di lui, -- Š cos• triste che io nonpossa diventare mai tua! Non durer… pi— a lungo la nostrapiccola felicit…, il nostro piccolo segreto. Giulia ha gi…qualche sospetto, presto mi costringer… a rivelarglielo. Op-pure se n'accorger… il babbo. Se egli mi trovasse qui vicinoa te, mio uccellino d'oro, la tua Lidia la vedrebbe brutta;se ne rimarrebbe con gli occhi pieni di lacrime a guardarsu verso gli alberi e vedrebbe il suo diletto, appeso l… inalto ciondolare al vento. Ah, senti, fuggi piuttosto, fuggisubiito, prima che mio padre ti faccia legare e impiccare.Ho gi… visto impiccare un uomo, un ladro. Non voglioveder te, fuggi piuttosto e dimenticami; pur che tu nondebba morire. Doruccio, che gli uccelli non vengano abeccare i tuoi occhi azzurri! Ma no, mio tesoro, non deviandartene... ah, che far• se mi lasci sola?

--Non vuoi venire con me, Lidia? Fuggiamo insieme,il mondo Š grande!

--Sarebbe molto bello, -- disse lei con voce dolente,

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-- ah, tanto bello percorrere con te il mondo intero! Manon posso. Non posso dormire nel bosco e vivere davagabonda e avere fili di paglia nei capelli; non posso.E non posso nemmeno disonorare mio padre... No, nondir nulla, non sono immaginazioni. Non posso! Non sareicapace come non potrei mangiare in un piatto sudicio odormire nel letto di un lebbroso. AhimŠ, a noi Š vietatotutto ci• che sarebbe buono e bello, noi due siamo natiper soffrire. Doruccio, mio povero piccolo, dovr• finire colvederti impiccato. Ed io, io verr• rinchiusa e poi man-data in un convento. Mio :lro devi lasciarmi e tornar adormire con le zingare e con le contadine. Ah, va, vaprima che ti prendano e ti leghino! Non saremo maifelici mai.

Egii le sfiorava lieve le ginocchia e tentando una deli-cata e intima carezza chiedeva: --Fiorellino mio, potrem-mo essere tanto felici! Non me lo permetti?

Ella respinse la mano di lui, senza indignazione ma conforza, e si scost• un poco.

-- No, -- disse, -- no, questo non ti Š permesso. Ame Š proibito. Tu, piccolo zingaro, forse non lo capisci.Io faccio male, sono una ragazza cattiva, io reco diso-nore a tutta la casa. Ma in qualche segreto recesso dellamia anima sono ancora fiera, e l… nessuno pu• entrare.Devi lasciarmi questo, altrimenti non potr• pi— venire quiin camera tua.

Egli non avrebbe mai trasgredito un divieto, un desi-derio, un cenno suo. Era meravigliato egli stesso di quan-to potere ella avesse su di lui. Ma soffriva. I suoi sensirestavano inappagati e il suo cuore si ribellava spessocon violenza a quella soggezione. Talvolta si sforzava diliberarsi. Talvolta faceva la corte con ricercata galanteriaalla piccola Giulia; e del resto era assolutamente neces-sario mantenere buoni rapporti con questa persona impor-tante, ingannandola fin dov'era possibile. Curiosa l'impres-sione che gli faceva questa Giulia, che ora aveva l'inge-nuit… d; una bambina e ora pareva onnisciente! Senza dub-bio era pi— bella di Lidia, era di una bellezza non co-mune, e questa, unita con quella sua ingenuit… infantileun po' saccente, aveva per Boccadoro una grande attrat-tiva: spesso era vivamente innamorato di Giulia. E pro-prio da questa forte attrattiva che la sorella esercitavasui suoi sensi, egli riconosceva spesso con stupore la diffe-renza fra la brama e l'amore. Da principio aveva guar-dato le due sorelle con gli stessi occhi, entrambe gli eranoparse appetibili, ma Giulia pi— bella e pi— seducente; adentrambe senza distinzione aveva fatto la corte, da en-trambe non aveva tolto gli occhi di dosso. Ma poi qualepotere aveva acquistato Lidia su di lui! Ormai egli l'ama-va tanto, da rinunciare per amore perfino a possederlainteramente. L'anima della fanciulla gli si era rivelata egli era diventata cara: nell'infantilit…, nella tenerezza, nel-l'inclinazione alla tristezza pareva simile alla sua; spessoera profondamente stupito e incantato nel constatare comequell'anima corrispondesse al corpo che l'ospitava; qua-lunque cosa Lidia facesse, qualunque desiderio o giudizioesprimesse, la sua parola e l'atteggiamento della sua ani-ma erano perfettamente improntati al taglio dei suoi occhie alla forma delle sue dita!

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Questi momenti, in cui egli credeva di scorgere le formefondamentali e le leggi secondo cui era plasmato l'esseredi Lidia, anima e corpo, avevano spesso suscitato in Boc-cadoro il desiderio di fissare e riprodurre qualcosa di quel-la figura; e aveva tentato di disegnare a memoria, contratti di penna, sopra foglietti che teneva ben celati, ilprofilo della sua testa, la linea delle sue sopracciglia, iasua mano, il suo ginocchio.

Con Giulia la situazione s'era fatta un po' critica. Evi-dentemente ella intuiva l'ondata d'amore in cui nuotavala sorella maggiore, e i suoi sensi si volgevano pieni dicuriosit… e di desiderio a quel paradiso, senza che il sucintelletto caparbio volesse ammetterlo. A Boccadoro mo-strava una freddezza e un'avversione esagerata, ma neimomenti d'oblio poteva guardarlo con ammirazione e cu-pida curiosit…. Con Lidia era spesso molto affettuosa, tal-volta andava perfino a trovarla nel letto e respirava alloracon segreta avidit… nella zona dell'amore e del sesso, sfio-rando maliziosa il mistero proibito e vagheggiato. Altrevolte invece lasciava capire in modo quasi offensivo chesapeva del fallo segreto di Lidia e lo disprezzava. Provo-cante e perturbatrice, la bella e capricciosa creatura guiz-zava fra i due amanti come una fiamma irrequieta; neisogni avidi gustava furtivamente della loro intimit…, orasi fingeva ignara, ora lasciava scorgere una pericolosa con-.sapevolezza; in brevissimo tempo s'era trasformata da unabambina in una potenza. Chi ne soffriva di pi— era Lidia;Boccadoro, fuorch‚ ai pasti, vedeva di rado la piccola.Lidia inoltre non poteva non accorgersi che Boccadoro nonera insensibile alle grazie di Giulia; talvolta vedeva losguardo di lui posarsi sulla sorella con un godimento pie-no d'ammirazione. Non osava dir nulla, tutto era cos•scabroso, cos• pericoloso! Specialmente non bisognava contrariare e offendere Giulia; ah, ogni giorno ed ogni oraIl loro amore poteva essere scoperto e la loro felicit…, cos•dii~cile e inquieta avere una fine, forse terribile.

A volte Boccadoro si meravigliava di non essersene an-dato da un peZZo. Era diffficile vivere cos• come vivevaallora: amato, ma senza speranza, n‚ di una felicit… per-messa e durevole, n‚ di quei facili appagamenti, a cuierano stati fino allora abituati i suoi desideri amorosi; congli istinti sempre eccitati e affamati, ma non mai placati,e per di pi— in continuo pericolo. Perch‚ rimaneva l• esopportava tutto, tutte quelle complicazioni e quei senti-menti aggrovigliati? Non erano sentimenti, esperienze estati d'animo da sedentari, da legittimi, da gente amantedelle stanze riscaldate? Non aveva egli il diritto del va-gabondo senza esigenze, di sottrarsi a quelle complicatedelicatezze e di ridersene? S•, aveva questo diritto, ed eraun pazzo a cercare l• una specie di patria e a pagarla contante sofferenze, con tanti imbarazzi. E tuttavia lo facevae soffriva, soffriva volentieri, e in cuor suo si sentivafelice. Era sciocco e diffficile, complicato e faticoso viverein quel modo, eppure era una meraviglia! Meravigliosaera la tristezza cupa e pur bella di quell'amore, la suafollia senza speranza; belle quelle notti insonni, con lamente agitata e col cuore oppresso; bello e delizioso tutto,come l'espressione dolorosa delle labbra di Lidia, come ilsuono perduto, rassegnato della sua voce, quando parlavadel suo amore e della sua ansia. In poche settimane quel-

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l'espressione di dolore s'era diffusa sul suo volto giova-nile, e gli era diventata consueta; Boccadoro avrebbe tantovoluto ritrarre le linee di quel volto; e sentiva che an-ch'egli in quelle poche settimane era diventato diverso epi— uomo: non pi— saggio di prima, ma pi— esperto; nonpi— felice, ma pi— maturo e pi— ricco nell'anima. Nonera pi— un ragazzo.

Con la sua voce dolce e smarrita Lidia gli diceva: --Non devi esser triste, non devi esserlo per causa mia;io vorrei solo farti lieto e vederti felice. Perdonami d'avertireso triste, d'averti comunicato la mia ansia e la mia pena!Di notte faccio sogni cos• strani! Cammino sempre in undeserto, cos• vasto e cos• tetro che non so dire, camminoe cammino e ti cerco, ma tu non ci sei e io so che ti hoperduto e che sempre, sempre dovr• andare cos•, sola. Poi,quando mi sveglio, penso: oh gioia! oh meraviglia! egliŠ qui, lo vedr• ancora, forse per qualche settimana, forseper qualche giorno, non importa, ma Š ancora qui!

Una mattina Boccadoro si dest• nel suo letto pocodopo l'alba e rimase un pezzo a meditare, mentre ancoragli aleggiavano intorno, sconnesse, le immagini d'un sogno.Aveva sognato di sua madre e di Narciso: vedeva an-cora distintamente le due figure. Quando si fu liberatodalle fila del sogno, lo colp• una luce strana, un chiarorenuovo, che entrava dalla stretta apertura della finestra.Balz• in piedi e corse al davanzale: vide questo, il tettodella scuderia, l'ingresso del cortile e tutta la campagnafuori risplender bianchi azzurrognoli nel manto della pri-ma neve dell'anno. Lo colp• il contrasto fra l'inquietu-dine del suo cuore e la placida rassegnazione del mondoinvernale: come campi e boschi, colli e lande s'abbando-navano tranquilli, con mansuetudine commovente, al sole,al vento, alla pioggia, alla siccit…, alla neve; con che dolcee bella pazienza aceri e frassini portavano il loro caricoinvernale! Non era possibile divŠntar come loro, imparareda loro? Usc• pensieroso nel cortile, guazz• nella neve, latast• con le mani, pass• nel giardino e guard• di l… dallasiepe imbiancata, ai rosai curvi sotto l'insolito peso.

A colazione mangiarono una minestra di farina; tuttiparlavano della prima neve, tutti, anche le ragazze eranogi… state fuori. Quell'anno la neve giungeva tardi, era gi…vicino Natale. Il cavaliere raccontava dei paesi del Sud,dove la neve non cadeva mai. Ma ci• che doveva rendereindimenticabile a Boccadoro quel primo giorno d'invernoaccadde quando gi… s'era fatta notte da un pezzo.

Le due sorelle quel giorno avevano avuto un litigio, dicui Boccadoro non sapeva nulla. La notte, quando tuttala casa fu immersa nel silenzio e nella tenebra, Lidia ven-ne da lui come al solito, gli si mise accanto senza dirparola e gli appoggi• la testa sul petto, per sentir battereil suo cuore e per attinger conforto dalla sua vicinanza.Era turbata e inquieta, temeva che Giulia la tradisse, manon sapeva decidersi a parlarne al suo diletto e a met-terlo in ansia. Giaceva cos• silenziosa sul cuore di lui, loudiva sussurrare di tanto in tanto qualche parolina affet-tuosa e sentiva la sua mano fra i capelli.

Ma a un tratto - non era ancor passato molto tempo

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- ella sussult• atterrita e si drizz• a sedere con gli occhisbarrati, Anche Boccadoro si spavent• non poco, quandovide aprirsi la porta della camera ed entrare una figura,

che nello sgomento non riconobbe subito. Solo quandol'apparizione fu vicina al letto e si chin• sopra. di esso,vide col cuore oppresso che era Giulia. Ella scivol• fuorida un mantello, gettato sopra la semplice camicia, e lolasci• cadere in terra, Con un gemito, come se avessericevuto una coltellata, Lidia ricadde indietro, aggrappan-dosi a Boccadoro.

Giulia, con un tono di scherno e di gioia maligna, macon voce malsicura, disse: -- Non mi piace restare incamera cos• sola. O mi prendete con voi e stiamo a lettoin tre, o vado a svegliare il babbo.

-- Ma s•, vieni pure, -- disse Boccadoro gettando in-dietro la coperta. --Altrimenti ti gelano i piedi. -- Ellasal• sul lettino stretto ed egli riusc• a farle un po' di postoa stento, perch‚ Lidia aveva affondato il viso nel cuscinoe giaceva immobile. Alfine furono coricati tutti e tre, Boc-cadoro con una fanciulla per parte, e per un momentoegli non pot‚ esimersi dal pensare quanto quella situa-zione, solo poco tempo prima, avrebbe corrisposto ai suoidesideri. Con una strana inquietudine, ma con segreta vo-lutt…, sentiva il contatto dei fianchi di Giulia.

-- Dovevo pur vedere una volta, -- ricominci• lei, --come si sta nel tuo letto, che mia sorella visita tantovolentieri.

Boccadoro per acquetarla le sfior• i capelli con la guan-cia e con mano lieve le carezz• le anche e le gino®hia,come si fa con un gattino; ed ella s'abbandon• tacita ecuriosa a quella mano tentatrice, avvinta e raccolta nesent• il fascino, non oppose resistenza. Intanto per•, du-rante questa specie di scongiuro, egli si preoccupava diLidia, le mormorava all'orecchio le consuete, sommesse noted'amore, inducendola cos• a poco a poco a sollevare al-meno il viso e a volgerlo verso di lui. Allora, senza farrumore, le baci• la bocca e gli occhi, mentre dall'altraparte la sua mano teneva la sorella sotto l'incantesimo,e la coscienza di quanto fosse penosa e bizzarra tutta lasituazione cresceva in lui fino a diventare insopportabile.Quella mano gl'insegnava tante cose! Mentre faceva co-noscenza con le belle membra di Giulia, immobili nel-l'attesa, egli sentiva per la prima volta non solo la bel-lezza senza speranZl del suo amore per Lidia, ma ancheil lato ridico!o ii esso. Egli avrebbe dovuto, cos• gli pa-

reva mentre con le labbra sfiorava Lidia e con l… manoGiulia, avrebbe dovuto costringere Lidia a darglisi, op-pure proseguire per il suo cammino. Amarla e rinunciarea lei era stata un'assurdit… e un'ingiustizia.

--Cuor mio,--le sussurr• all'orecchio,--noi soffria-mo delle pene inutili. Come potremmo esser felici tutti etre! Facciamo dunque quello che vuole il nostro sangue!

Ella si ritrasse con orrore e la brama di lui cerc• rifu-gio presso la sorella; questa, lusingata dalla sua mano,

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rispose con un lungo sospiro tremante di volutt….

A quel sospiro, il cuore di Lidia si contrasse di gelo-sia come se vi avessero stillato dentro veleno. Ella si rizz•a un tratto, gett• via le coperte, balz• in piedi ed escla-m•: -- Giulia, andiamo!

Giulia trasal•; la violenza incauta di quel grido, chepoteva tradirli tutti, bast• a mostrarle il pericolo; s'alz•in silenzio.

Ma Boccadoro, offeso e deluso in tutti i suoi istinti, l'ab-bracci• in fretta, la baci• e le sussurr• con ardore: --Domani, Giulia, domani!

Lidia attendeva ritta e scalza, mentre le dita dei piedile si contraevano per il freddo sul pavimento di pietra.Raccolse da terra il mantello di Giulia e glielo avvolseintorno alle spalle, con un gesto umile e sofferente, chemalgrado l'oscurit… non sfugg• all'altra, la commosse e.laconcili•. Le due sorelle guizzarono via dalla camera, ta-cite e furtive. Boccadoro le segu• con l'orecchio, combat-tuto da opposti sentimenti, e respir• quando la casa rispro-fond• nel silenzio.

Cos• i tre giovani, dopo essere stati insieme in unasituazione strana e contro natura, si ritrovarono soli epensosi; giacch‚ anche le due sorelle, raggiunta la lorocamera, non si sentirono di venire ad una spiegazione, marimaSero sveglie ciascuna nel suo letto, silenziose e sde-gnose.

Pareva che uno spirito di sventura e di contraddizione,che il demone dell'assurdit…, dell'isolamento e dello smar-rimcnto si fosse impadronito della casa. Boccadoro s'ad-dorment• solo dopo mezzanotte, Giulia verso il mattino.Lidia rimase desta ed angustiata finch‚ la luce scialba delgiorno si diffuse sopra la neve. Tosto s'alz•, si vest•, s'in-ginocchi• davanti al suo piccolo Redentore di legno e

preg• a lungo; appena ud• sulle scale il passo di suopadre, usc• e gli chiese un colloquio. Senza tentar di di-stinguere fra la preoccupazione per la virt— adolescente diGiulia e la propria gelosia, s'era risolta a por fine adogni cosa. Boccadoro e Giulia dormivano ancora, che gi…il cavaliere sapeva tutto ci• che Lidia aveva creduto dicomunicargli. Della partecipazione di Giulia all'avventuranon aveva detto nulla.

Quando Boccadoro si present• nello studio all'ora con-sueta, vide che il cavaliere, di solito intento alle sue scrit-ture, in scarpe da casa e abito di feltro, s'era messo glistivali, la giubba ed aveva cinto la spada; cap• subito diche si trattava.

--Mettiti il berretto,--disse il cavaliere,--debbo fareun giro con te.

Boccadoro prese dal chiodo il berretto e segu• il suosignore gi— per le scale, attraverso il cortile e fuori delportone. Le loro suole scricchiolavano sulla neve lieve-mente gelata, in cielo indugiava ancora l'aurora. Il ca-valiere precedeva in silenzio, il giovane seguiva, volgendo

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pi— volte gli occhi indietro verso il castello, verso la fine-stra della sua camera, verso il tetto ripido, coperto dineve, finch‚ tutto scomparve e non pot‚ scorgere pi— nulla.Mai pi— avrebbe riveduto quel tetto e quelle finestre, maipi— quello studio e quellfl camera da letto, mai pi— ledue sorelle. Da tempo s'era abituato all'idea di una par-tenza improvvisa, tuttavia il cuore gli si stringeva dolo-rosamente. Quel distacco gli riusciva amaro, gli facevamale.

Camminarono cos• per un'ora, il signore davanti, en-trambi senza parlare. Boccadoro cominci• a pensare alsuo destino. Il cavaliere era armato, forse lo avrebbe uc-ciso. Ma egli non ci credeva. Il pericolo era minimo; nonaveva che da scappare e il vecchio sarebbe rimasto l… conla sua spada, senza poter far nulla. No la sua vita nonera in pericolo. Ma quell'andare cos• in silenzio dietroquell'uomo solenne e offeso, quell'esser condotto via cos•senza una parola, gli diventava di passo in passo pi—penoso. Finalmente il cavaliere s'arrest•.

--Ora continuerai solo, -- disse con voce spezzata, --sempre in questa direzione, e riprenderai la tua vita diva~abondo. alla quale eri ni hitl ltr, .S~o dovessi un

giorno ricomparire nelle vicinanze della mia casa, sarest'ucciso. Non voglio vendicarmi; avrei dovuto essere pi—prudente e non lasciare un uomo cos• giovane a contattacon le mie figliole. Ma se tu osassi ritornare, la tua vitasarebbe perduta. E ora va, che Dio ti perdoni!

Rimase cos•, e nella luce scialba del mattino nevoso isuo viso incorniciato dalla barba grigia sembrava spentoRimase come un fantasma e non si mosse, fin che Bocca-doro fu scomparso dietro la cresta del primo colle. I ba-gliori rosati nel cielo nuvoloso erano svaniti; il sole non~nllnto cominci• a nevicare lent~mf ntl niccoli fiocchiCAPI~OLO IX

Boccadoro conosceva la regione, percorsa tante volte acavallo: sapeva che di l… dalla palude gelata c'era ungranaio del cavaliere, e pi— oltre una casa colonica, doveera conosciuto, in uno di questi due luoghi avrebbe potutosostar‚ e pernottare. Per dopo avrebbe provveduto il oo-mani. A poco a poco lo riprenoeva quel senso della libert…e della terra straniera, a cui da qualche tempo s'era disa-bituato. Molto allettante non era, la terra straniera, inquella giornata d'inverno gelida e accigliata, sapeva distento, di fame, di tribolazione, e tuttavia dalla sua va-stit…, dalla sua grandezza ed inesorabile asperit… venivaal cuore viziato e sconvolto di Boccadoro un suono ras-sicurante e quasi di conforto.

Cammin• finch‚ fu stanco. Ho ormai finito d'andarea cavallo" pens•. Oh, mondo immenso! La neve cadevarada, lontano i dossi selvosi e le nubi si confondevanoin un solo grigiore; regnava un silenzio immobile e infi-nito, fino in capo all'universo. Che n'era mai di Lidia, diquel povero timido cuore? Gli faceva tanta pena; pen-sava a lei con tenerezza, mentre, seduto in mezzo allapalude deserta, sostava sotto un frassino brullo e solitario.Infine il freddo lo cacci• via; s'alz• con le gambe irrigi-

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dite, le costrinse a poco a poco ad un passo di marcia;la scarsa luce della giornata fosca pareva gi… declinare.Nella lunga corsa per la campagna deserta gli venneromeno i pensieri. Non era pi— il caso di pensare o di col-tivar sentimenti, per quanto dolci e belli fossero; bisognavamantener caldo il corpo, raggiungere un asilo per la notte,sopravvivere in quel freddo inospitale, come una martorao una volpe, e possibilmente non morire subito l• nell'a-perta campagna; tutto il resto non era importante.

Credette d'udire in lontananza uno scalpitar di cavallo esi guard• attorno stupito. Possibile che lo inseguissero?Afferr• il piccolo coltello da caccia che teneva in tasca eprepar• aperto il fodero di legno. In quel momento scorseil cavaliere e riconobbe da lontano un cavallo della stalladel suo signore, che puntava ostinatamente su di lui. Fug-gire sarebbe stato inutile, rimase dunque in attesa, senzavera e propria paura, ma con ansiosa Curiosit… e con uncerto batticuore. Un'idea fulminea gli travers• la mente:"Se riuscissi ad uccidere questo cavaliere, sarei un signore;avrei un cavallo e mi sentirei padrone del mondo!". Maquando nel cavaliere riconobbe il giovane stalliere Gianni,con quegli occhi azzurri chiari come l'acqua e con quelviso di buon ragazzo impacciato, non pot‚ fare a menodi ridere; per ammazzare quel caro e buon figliolone,bisognava avere un cuore di sasso! Lo salut• con cor-dialit… e salut• anche affettuosamente il cavallo Annibale,che lo riconobbe subito; gli accarezz• il collo umido ecaldo.

--Dove vai, Gianni? -- domand•.

-- Da te, -- rise il ragazzo coi denti brillanti. -- Haigi… fatto un bel pezzo di strada! Ecco, non posso fer-marmi, debbo solo salutarti e consegnarti questo.

-- Salutarmi da parte di chi?

-- Della signorina Lidia. Una bella giornata ci hai pro-curato, lagi~ter Boccadoro! Sono contento di essermelasvignata per un poco. Ma il signore non deve accorgersiche sono uscito, e con questa commissione! Mi costerebbela testa! Prendi dunque!

Gli porse un pacchetto, che Boccadoro ritir•.

-- Dl', Gianni, non hai in tasca per caso un pezzo dipane? Dammelo!

-- Pane? Una crosta debbo avercela ancora.-- Si fru-g• nelle tasche e ne cav• fuori un pezzo di pan nero. Poifece per ripartire.

-- E che cosa fa la signorina? -- domand• Boccadoro.--Non ti ha incaricato di nulla? Non hai una letterina?

--Nulla. L'ho veduta un momento solo. Temporale incasa, sai; il signore corre in su e in gi—, come re Saul.Dunque, ho da consegnarti codesto pacchetto, null'altro.Debbo tornare indietro.

-- Senti ancora un momento solo! Tu, Gianni, non

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potresti cedermi il tuo coltello da caccia ? Io ne ho unopiccolo. Se vengono i lupi, o che so io.,. sarebbe meglioche avessi in mano qualcosa di solido.

Ma di questo Gianni non volle assolutamente sapere.Gli rincresceva moltissimo che potesse capitar qualcosa amagi~ter Boccadoro, ma il suo coltello, no, non lo avreb-be ceduto mai, neanch per denaro, neanche in cambiod'un altro, oh no, glielo avesse chiesto perfino santa Ge-noveffa! Ecco, e ora doveva andare, e gli augurava buonafortuna, e gli rincresceva tanto.

Si strinsero la mano, il ragazzo ripart• a cavallo, Boc-cadoro lo segu• con gli occhi e con una strana sensa-zione di dolore al cuore. Poi sciolse l'involto, rallegran-dosi della bella cinghia di cuoio con cui era legato. Den-tro trov• un giubbetto a maglia di lana grigia e forte,evidentemente un lavoro che Lidia aveva fatto per lui; e,ben avvolto nella lana, c'era anche qualcosa di duro, unpezzo di prosciutto, e nel prosciutto era aperta una pic-cola fessura, in cui stava un ducato d'oro lucente. Discritto nulla. Boccadoro rimase l• nella neve, coi doni diLidia in mano, perplesso, poi si tolse la giacca e s'infil•il giubbetto di lana: teneva un bel caldo gradevole. Ri-mise in fretta la giacca, nascose la moneta d'oro nellatasca pi— sicura, si allacci• la cinghia intorno e continu•il suo cammino attrdverso i campi; era ora di raggiungereun luogo di sosta, si sentiva stanco. Ma dal contadino nonvoleva andare, sebbene l… avrebbe avuto pi— caldo e certoanche del latte; non aveva voglia di chiacchierare e diessere interrogato. Pass• la notte nel granaio e il mattinoper tempo riprese la marcia, sospinto dal freddo e dalvento gelido. Per molte notti sogn• il cavaliere e la suaspada e le due sorelle; per molti giorni la solitudine ela tristezza gli oppressero il cuore.

Una delle notti seguenti trov• asilo in un villaggiopresso poveri contadini, che non avevano pane ma unazuppa di miglio. Qui l'aspettavano nuove esperienze. Lacontadina di cui era ospite partor• nella notte e Bocca-doro assistette: eran corsi a chiamarlo sul suo paglieric-cio, perch‚ prestasse aiuto; in realt… non trov• altro dafare che tener il lume mentre la levatrice s'affaccendava.Era la prima volta ch'egli assisteva ad un parto; fissavacon occhi ardenti e stupiti il volto della donna e si sent•

arricchito a un tratto di una nuova esperienza. Ci• chescorse in quel volto di partoriente parve almeno a lui de-gno del pi— vivo interesse. Alla luce della fiaccola dipinastro, mentre osservava con grande curiosit… il voltodella donna in preda alle doglie, ebbe una rivelazioneinattesa: le linee di quel volto contratto che gridava eranoben poco dissimili da quelle ch'egli aveva viste in altrivolti di donne nel momento dell'ebbrezza d'amore! L'e-spressione della grande sofferenza nel volto umano erapi— violenta e pi— sfigurante che l'espressione di un gran-de godimento... ma in fondo non era diversa: lo stessocontrarsi in una specie di smorfia, lo stesso accendersi espegnersi. Questa rivelazione, che dolore e piacere potes-sero essere simili come fratelli, lo sorprese in modo strano,senza che ne comprendesse il perch‚.

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Qualcos'altro ancora gli Cdpit• in quel villaggio. Peramor di una vicina, incontrata la mattina dopo la nottedel parto e che rispose subito all'interrogazione dei suoiocchi innamorati, rimase un'altra notte nel villaggio erese felice la donna, poich‚ era la prima volta dopo tantotempo, dopo tutti gli amori eccitanti delle ultime setti-mane e le loro delusioni, che il suo istinto si trovava dinuovo appagato. Quell'indugio condusse a una nuova vi-cenda; perch‚ il giorno seguente nello stesso villaggioincontr• un compagno, un perticone avventuroso di nomeVittore, dall'aspetto fra il prete e il brigante, che lo sa-lut• con squarci di latino e si present• per un gollardovagante, quantunque l'et… dello studente l'avesse passatada un pezzo.

Quest'uomo dalla barbetta aguzza salut• dunque Bocca-doro con una certa cordialit… e con quel gaio spirito delvagabondo, che conquist• subito il giovane camerata. Allasua domanda dove fosse stato scolaro e qual meta avesseil suo viaggio, il curioso fratello esclam•:

--Di accademie ne ho frequentate abbastanza, per l'a-nima mia poveretta; sono stato a Colonia ed a Parigi, esulla metafisica della salsiccia di fegato poche volte furonodette cose cos• sostanziali come le esposi io nella mia tesidi laurea a Leida. Da allora, arniCe, corro come un mi-sero porco per le terre tedesche, con la cara anima tor-turata da fame e sete incommensurabili; sono chiamato lospauracchio dei contadini, e la mia professione Š d'inse-gnare il latino alle donne giovani e di far passare perincanto le salsicce dal camino nel mio ventre La miameta Š il letto della moglie del sindaco, e, se non sar•mangiato prima dalle cornacchie, difficilmente mi sar…risparmiato l'obbligo di dedicarmi alla fastidiosa carrieradell'arcivescovo. Ma Š meglio, mio piccolo collega, viveregiorno per giorno, e in fin dei conti un arrosto di leprenon s'Š mai sentito cos• bene come nel mio povero sto-maco. Il re di Boemia Š mio fratello, e il padre di noitutti nutre lui come me; il pi— per• lo lascia fare a me,e l'altro ieri, spietato come sono i padri, voleva adope-rarmi malamente per salvare la vita a un lupo semiaffa-mato. Se non avessi ammazzato la belva, signor collega,non ti sarebbe mai toccato l'onore di fare la mia simpa-tica conoscenza. 11 saeeula aeeulort~m amen.

Boccadoro, ancora poco avvezzo a quel l'allegria dispe-rata e al latino dei goliardi vaganti, aveva una certa pau-ra di quel lungo tanghero ispido e delle risate poco gra-devoli con cul accompagnava i propri scherzi; tuttaviac'era in quel vagabondo indurito alle fatiche qualcosache gli piaceva; e si lasci• facilmente persuadere a conti-nuare il cammino insieme, perch‚, vera o sballata chefosse la storia del lupo ammaZzato, in ogni caso in duesi era pi— forti e c'era meno da temere Ma prima di pro-seguire, frate Vittore voleva parlar latino coi contadinicome diceva lui, e prese alloggio nella modesta casa d'unodi loro. Egli non faceva come aveva fatto fino allora Boc-cadoro nelle sue peregrinazioni, quand'era stato ospite neicasolari o nei villaggi; egli girava di capanna in capanna,attaccava discorso con ogni donna, ficcava il naso in ognistalla e in ogni cucina e non pareva disposto a lasciarla borgata prima che ciascuna casa gli avesse pagato ilsuo tributo. Raccontava ai contadini della guerra in Italia

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e cantava presso il focolare la canzone della battaglia diPavia, raccomandava alle nonne rimedi contro la gotta econtro la caduta dei denti, pareva che sapesse tutto, chefosse stato dappertutto, e intanto si riempiva la camiciasopra la cintura, fino a farla scoppiare, di pezzi di pane,di noci, di fette di pera regalate. Boccadoro lo guardavastupito compiere instancabile la sua campagna e cra spa-ventare la gente, ora conquistarla con le lusinghe, far lospaccone per sbalordire, storpiar latino e atteggiarsi aScienziato, impressionare con un linguaggio pittoresco eimpudente da ciurmatore, e, intanto che raccontava o spac-ciava discorsi eruditi, registrarsi con gli occhi acuti e vigiliogni volto, ogni cassetto che si apriva, ogni scodella eogni pagnotta. Boccadoro s'accorgeva ch'era un vagabon-do navigato e scaltrito, un uomo che aveva molto vedutoe vissuto, che aveva patito la fame e il freddo e nelladura lotta per una misera vita pericolante s'era fatto ac-corto e sfrontato. Tali dunque diventavano quelli chevivevano a lungo da vagabondi, sarebbe un giorno dive-nuto anch'egli cos•?

L'indomani si misero in cammino e per la prima voltaBoccadoro speriment• il vagabonoaggio in due. Dopo tregiorni •i marcia in comune, aveva imparato diverse coseda Vittore. L'abitudine divenuta istinto di riferir tutto aitre grandi bisogni del vagabondo.- assicurarsi contro ilpericolo della vita, trovare un asilo per la notte e pro-curarsi il cibo- aveva insegnato molte cose a quell'uomoche girava il mondo da tanti anni. Riconoscere la vici-nanza di abitazioni umane dai segni meno appariscenti,anche d'inverno, anche di notte, ed esplorare palmo apalmo ogni angolo di bosco e di campagna in cerca diun luogo adatto per sostare o per dormire, fiutare istan-taneamente, appena varcata la soglia di una stanza, flgrado di benessere o di miseria del proprietario, comepure il grado del suo buon cuore, o della sua Curiosit…,o della sua paura: eran tutte arti in cui Vittore era diven-tato maestro. E cos• istruiva spesso il suo giovane com-pagno Un giorno questi gli rispose che a lui non piacevaavvicinarSi alla gente con riflessione cos• calcolata e che,sebbene non conoscesse tutte quelle arti, poche volte allasua preghiera cortese gli era stato negato il diritto d'ospi-talit…, il lungo Vittore si mise a ridere e gli disse in tonobonario: -- Vedi, piccolo Boccadoro, a te pu• darsi chevada bene, sei giovane, bello e hai un aspetto cos• inno-cente, ch'Š un ottimo biglietto d'alloggio. Piaci alle donne,e gli uomini pensano: ® O Dio, costui Š innocuo, costuinon fa male a nessuno! ¯. Ma guarda, fratellino, che sidiventa vecchi che sulla faccia da bambino cresce la barbae si formano ie rughe, che i pantaloni si lacerano, e all'im-provviSO Ci s'accorge d'essere ospiti brutti e sgraditi, einvece della giovinezza e dell'innocenza non parla pi—

dagli occhi che la fame: allora uno dev'essersi indurito eaver imparato qualcosa dal mondo, altrimenti ben prestogiace sul letamaio e i cani gli orinano addosso. Del resto,non mi pare che tu sia destinato a girovagare un pezzo,hai mani troppo fini e riccioli troppo belli, tornerai adappiattarti in qualche luogo dove si vive pi— comoda-mente, in un dolce e tiepido talamo, o in un bel conven-tino grasso, o in uno studio ben riscaldato. Vesti ancheabiti cos• eleganti, che ti si potrebbe prendere per un

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glovane gentfluomo.

E ridendo sempre, pass• la mano sui vestiti di Bocca-doro; questi la sent• cercare e tastare su tutte le tasche ele cu-iture; si ritrasse, pensando al suo ducato. Raccont•del soggiorno in casa del cavaliere e come avesse guada-gnato il bell'abito scrivendo latino. Ma Vittore volle sa-pere perch‚ aveva lasciato un nido cos• caldo proprio nelcuore del rigido inverno, e Boccadoro, non abituato amentire, gli narr• un poco delle due figlie del cavaliere.Scoppi• allora il primo dissidio fra i due compagni. Vit-tore dichiarava che Boccadoro era stato un asino senzapari ad andarsene cos• e ad abbandonare il castello conle ragazze al buon Dio. Bisognava rimediare, ci avrebbepensato lui. Avrebbero ricercato il castello, naturalmenteBoccadoro non doveva farsi vedere, ma lasciasse pur prov-vedere a lui. Bastava che scrivesse una letterina a Lidia,cos• e cos•, e con questa egli, Vittore, sarebbe andato alcastello e, per le ferite del Redentore, non ne sarebbeuscito senza portar fuori qualcosa di denaro e di viveri.E via dicendo. Boccadoro protest• e fin• con l'andar sullefurie; si rifiut• di ascoltare una parola di pi— su quell'ar-gomento o di rivelare al compagno il nome del cavalieree la via per arrivare a lui.

Vittore, vedendolo cos• adirato, torn• a ridere e preseun fare bonario.

--Be', -- disse, -- non romperti i denti! Io ti dicosolo che ci lasci sfuggire un buon bottino, ragazzo mio,e questo in verit… non Š molto gentile e collegiale daparte tua. Ma tu non vuoi, basta, tu sei un nobiluomo,ritornerai a cavallo nel tuo castello e ti sposerai la signo-rina! Ragazzo, quante nobili sciocchezze hai per la testa!Be', andiamo pure avanti e geliamoci le dita dei piedi!

Boccadoro rimase di cattivo umore e taciturno fino a

sera, ma, poich‚ in quel giorno non avevano trovato al-cuna abitazione o traccia d'uomo, fu grato a Vittore quan-do lo vide cercare un posto per passar la notte e costruirefra due tronchi sul margine del bosco una specie di riparoallestendo un giaciglio di rami d'abete accatastati. Man-giarono pane e formaggio dalle tasche piene di Vittore,Boccadoro si vergogn• della sua collera e si mostr• gen-tile e servizievole; offerse al compagno la sua giacca dilana per la notte e stabilirono insieme di far la guardiaa turno, per via degli animali; e Boccadoro volle vegliareper primo, mentre l'altro si coricava sui rami d'abete. Ri-mase a lungo appoggiato a un tronco di pino, senza muo-versi, per non impedire all'altro di addormentarsi. Poicominci• a camminare in su e in gi—, perch‚ aveva freddo.E percorse cos• distanze sempre maggiori, mentre vedevale cime degli abeti puntarsi aguzze contro il cielo pal-lido e sentiva con solennit… e con un poco d'inquietudineil silenzio profondo della notte invernale e il battito soli-tario del suo cuore caldo e vivo nella quiete fredda emuta; poi, ritornando senza far rumore, ascoltava il re-spiro del compagno dormiente. Pi— forte che mai lo pe-netr• il sentimento del vagabondo, che non ha costruitomura di case, di castelli o di conventi fra s‚ e la grandepaura, che cammina solo soletto per il mondo incompren-

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sibile ed ostile, solo fra le stelle fredde e beffarde, fra glianimali in agguato, fra gli alberi pazienti e fermi.

No, pensava, egli non sarebbe mai diventato come Vit-tore, anche se avesse continuato per un pezzo la vita delgirovago. Quel modo di difendersi dall'ignoto spaventosonon avrebbe potuto impararlo, n‚ quell'insinuarsi astutoe furtivo, e neppure quel genere di buffoneria chiassosae sfacciata, quell'allegria disperata e parolaia del fanfa-rone. Forse quell'uomo accorto e sfrontato aveva ragione,forse Boccadoro non sarebbe diventato mai del tutto si-mile a lui, un vero e proprio giramondo, e un giorno sisarebbe rincantucciato entro delle mura. E tuttavia sareb-be rimasto sempre senza patria e senza meta, non si sa-rebbe sentito mai veramente protetto e sicuro, il mondolo avrebbe sempre circondato con la sua bellezza enigma-tica e inquietante, sempre egli avrebbe dovuto tender l'o-recchio a quel silenzio, in mezzo al quale il battito delcuore era cos• timido e fragile. Poche stelle si scorge-

vano in cielo; non un alito di vento; ma in alto le nubiparevano agitate.

Dopo parecchio tempo Vittore si svegli• - egli nonaveva voluto destarlo - e lo chiam•.

--Vieni, -- grid•, -- ora devi dormire tu, altrimentidomanl non sei m gamba.

Boccadoro ubbid•, si coric• sul giaciglio e chiuse gliocchi. Era stanco, ma non dorm•: lo tenevano desto

pensieri, e oltre ai pensieri un senso che non confessavaa se stesso, un senso d'inquietudine e di dimdenza, chegl'ispirava il suo compagno, Gli pareva incomprensibile diaver potuto parlare di Lidia a quell'uomo rozzo dal risosguaiato, a quel burlone, a quello sfacciato mendicante'Era irritato contro di lui e contro se stesso e andava pensando al modo e all'occasione migliori di separarsi da lui.

Doveva per• essersi un poco assopito, perch‚ sussult•sorpreso nel sentire su di s‚ le mani di Vittore, che glitastavano caute i vestiti. In una tasca aveva il suo coltel-lo, nell'altra il ducato; Vittore avrebbe senza dubbio ru-bato l'uno e l'altro, se li avesse trovati. Egli finse di dor-mlre, si gir• e rigir• come in preda al sonno, agit• lebraccia e Vittore si ritir•. Boccadoro rimase irritatissimocontro di lui e decise di lasciarlo l'indomani.

Ma quando, forse un'ora dopo, Vittore si chin• di nuo-vo sopra Boccadoro e ricominci• a tastare, quegli divennefreddo dall'Ira. Senza muoversi apr• gli occhi e disse condisprezzo: -- Vattene ora, qui non c'Š nulla da rubare.

Nello spavento del sentirsi apostrofato, il ladro afferr•il collo di Boccadoro e cominci• a stringere. Poich‚ questisi difendeva e si ribellava, l'altro strinse pi— forte, ingi-nocchiandoglisi sul petto. Boccadoro, che non poteva pi—respirare, si dibatteva violentemente con tutto il corpo,ma, non riuscendo a liberarsi, fu colto a un tratto dalterrore della morte, che lo rese chiaro ed accorto. Misela mano in tasca, estrasse, mentre l'altro continuava astringere, il piccolo coltello da caccia e lo inferse brusca-

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mente e alla cieca, pi— volte, nell'individuo inginocchiatosopra di lui. Dopo un momento le mani di Vittore si al-lentarono, Boccadoro respir• e tirando il fiato profonda-mente, ingordamente, assapor• la sua vita salva. Cerc•allora d'alzarsi e il lungo corpo del compagno s'abbatt‚su di lui floscio e molle, con un terribile gemito, mentre

il suo sangue inondava il volto di Boccadoro. Allora fi-nalmente questi riusc• a levarsi in piedi. E nella griglaluce notturna vide il lungo compagno stramazzato al suo-lo; quando fece per toccarlo, le sue dita guazzarono nelsangue. Gli alz• il capo, ma esso ricadde pesante e mollecome un sacco. Dal petto e dal collo continuava a gron-dar sangue, dalla bocca la vita se ne andava in gemltivaghi, sempre pi— fiochi.

'`Ora ho ammazzato un uomo" pens• Boccadoro: econtinu• a ripeterselo, mentre, inginocchiato sul morente,vedeva diffonderglisi sul volto il pallore. -- Cara Madredi Dio, ora l'ho ucciso, -- sent• la sua voce mormorare.

Improvvisamente gli divenne insopportabile rimanere inquel luogo. Raccolse il suo coltello, lo asciug• nella ma-glia che l'altro indossava e ch'era stata lavorata dallemani di Lidia per il suo diletto, lo ripose nel fodero dilegno, quindi in tasca, balz• in piedi e corse vla con quan-ta forza aveva nei garretti.

La morte dell'allegro goliardo gli pesava sull'anima; ap-pena fu giorno, si lav• via con la neve, rabbrividendo,tutto il sangue che aveva versato e vag• ancora un giornoe una notte senza meta e in preda all'angoscia. Ma infinela sofferenza del corpo lo scosse e pose termine al suopentimento affannoso.

Sperduto nella regione deserta e sepolta sotto la neve,senza tetto, senza via, senza cibo e quasi senza sonno,egli si trov• in grave angustia. Ia fame urlava nel suocorpo come una belva feroce; pi— d'una volta si getto perterra esausto in mezzo alla campagna, chiuse gh occhi esi diede perduto; non aveva pi— altro desiderio che di ad-dormentarsi e morire nella neve. Ma poi si sentiva dinuovo sospinto innanzi e correva avido e disperato incerca della vita, e nella miseria pi— penosa lo ristorava elo inebbriava la forza insensata e selvaggia di chi nonvuol morire, la straordinaria potenza del puro e sempliceistinto della vita. Dal ginepro coperto di neve coglieva conle mani livide dal gelo le piccole bacche inaridite e ma-sticava quel cibo crudo e amaro, mescolato con gll aghidegli abeti; aveva un sapore aspro ed eccitante; poi m-goiava neve a manate per placar la sete. Ansante, soffian-dosi sulle mani irrigidite, sedeva in cima a un colle peruna breve sosta e scrutava avido da ogni parte: nulla

si vedeva fuor che landa e selva, nessuna traccia d'uomoQualche cornacchia volava sopra di lui, egli le seguivacon lo sguardo Irato. No, non dovevano averlo in pastono, fin tanto che un resto di forza gli rimaneva nelle gam-be e una scintilla di calore nel sangue. S'alzava e ripren-deva la gara inesorabile con la morte. Correva e correvae nella febbre dell'esaurimento e dell'ultimo sforzo stranipensieri s'impossessavano di lui; teneva folli dialoghi con

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se stesso, ora taciti, ora ad alta voce. Parlava con Vittorel'ucciso, gli parlava aspro e beffardo! ® Be', o astuto fra-tello, come va? Ti splende la luna attraverso alle budellagiovanotto, ti tiran le orecchie le volpi? Dici d'aver uccisoun lupo? Gli hai morsicato la gola o gli hai strappato lacoda eh? Volevi rubare il mio ducato, vecchio ingordo!Ma guarda un po', il piccolo Boccadoro ti ha sorpreso, ehvecchio mio, e ti ha fatto solletico alle costole? E aveviancora tutti i sacchi pieni di pane, di salsiccia e di for-magglo, porco, mangione! ¯ Simili discorsi scherzosi spu-tava e abbaiava per conto suo, ingiuriava il morto, trion-fava di lui, lo scherniva per essersi lasciata ammazZarel babbeo, lo stupido spaccone!

Ma poi i suoi pensieri ed i suoi discorsi s'allontanavanodal povero e lungo Vittore. E si vedeva davanti Giuliala bella piccola Giulia, cos• come l'aveva lasciata quellanotte; le gridava un'infinit… di parole tenere e cercava disedurla con moine insensate e spudorate: che venisse dalul, che si lasciasse cadere la camicina, che salisse con luiin cielo, un'ora ancora prima della morte, un momentinoprima ch'egll crepasse miseramente. Parlava, supplichevo-le e provocante, coi piccoli seni di lei, con le sue gambe,con la pelurla bionda e crespa sotto le sue ascelle.

Poi, mentre procedeva rigido e inciampando nell'ericasecca e coperta di neve, ebbro di sofferenza, trionfante gra-zie al divampare a sprazzi della bramosia di vivere, rico-minciava a bisbigliare; e allora parlava con Narciso e glicomunicava le sue nuove idee, la sua nuova sapienza, isuoi scherzi.

® Hai paura, Narciso, ¯ gli diceva, ® hai orrore hai ve-duto qualcosa? S•, reverendo, il mondo Š pieno di mortepleno di morte; essa sta su ogni siepe, dietro ogni alberoe non vi giova costruir mura e dormitori e cappelle echiese, essa guarda dentro dalla finestra e ride e conosce

perfettamente ciascuno di voi; nel cuor della notte lasentite ridere dietro le vostre finestre e pronunciare i vo-stri nomi. Cantate pure i vostri salmi e bruaate per benele candele sull'altare e recitate i vostri vespri e i vostrlmattutini e raccogliete erbe nel laboratorio e raccoglletelibri nella biblioteca! Digiuni, amico? Ti privl del sonno.Ti aiuter… ben lei, madonna Morte, e ti privera di tutto,fino alle ossa. Corri, carissimo, corri m fretta, la sul cam-po c'Š il babau, corri e tieni bene insieme le ossa, voglionostaccarsi, non rimarranno con noi. Ah, le nostre povereossa! Ah, la nostra povera gola e il nostro stomaco! Ah,quel povero briciolo di cervello che abblamo sotto ll cra-nio! Tutto se n'andr…, tutto al diavolo, sull'albero stannole cornacchie, le brutte tonache nere. ¯

Per un pezzo il misero errante non seppe piu dove an-dasse, dove fosse, che dicesse, se giacesse per terra o stes-se in piedi. Cadeva sui cespugli, correva contro gli alberi,precipitava nella neve e fra le spine. Ma l'istinto m luiera forte e lo spingeva avanti, continuamente, nella suafuga cieca. Quando stramazz• per l'ultima volta e rimasedisteso per terra, era nello stesso piccolo villaggio dovealcuni giorni prima aveva incontrato il goliardo vagante,dove di notte aveva tenuto la fiaccola di pinastro sopra

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la donna partoriente. L… rimase disteso e la gente accorsee fece circolo intorno e chiacchier•; egli non udiva plunulla. La donna che gli aveva concesso il suo amore loriconobbe e si spavent• vedendolo in quello stato, ebbecompassione di lui, lasci• gridare il marito e trascin• Boc-cadoro mezzo morto nella stalla.

Non pass• molto tempo che Boccadoro fu di nuovo ingamba e pronto a riprendere il cammino. Il calore dellastalla, il sonno, e il latte di capra, che la donna gli por-tava da bere, gli ridiedero la coscienza e il vigore; soloche tutto quanto gli era capitato in quegli ultlmi templsi era come allontanato in un passato remoto. La marciacon Vittore, la notte fredda e paurosa nel bosco sotto que-gli abeti, la lotta telribile sul giaciglio, la morte spaven-tosa del compagno, i giorni e le notti di freddo, di famee di delirio, tutto era ormai lontano, quasl dimenticato;ma dimenticato non era, solo superato, solo passato. Qual-cosa rimaneva che non si poteva esprimere, qualcosa diterribile e anche di prezioso, qualcosa di sprofondato ma

d'inobliabile, un'esperienZa, un gusto sulla lingua, un cer-chio mtorno al cuore. In due anni appena egli aveva co-nosciuto smo in fondo la gioia e il dolore della vita va-gabonda: la solitudine, la libert…, l'ansioso tender l'orec-chio ai rumori della foresta e degli animali, l'amore giro-vago e infedele, l'amarezza spesso mortale degli stenti. Pergiornate intere era stato ospite dei campi estivi, giornatee settlmane aveva passato nella foresta, giornate nella ne-ve, giornate nell'attesa paurosa della morte e nella vici-nanza della morte, e di tutte queste esperienze la pi— forte,la pi— strana era stata quella di difendersi contro la mor-te, di sapersi piccolo, misero e minacciato, eppure di sen-tire in s‚ nell'ultima lotta disperata quella forza bella eterribile, quella meravigliosa tenacit… della vita. Questoaveva lasciato un'eco, questo gli era rimasto scritto nelcuore, come i gesti e le espressioni della volutt…, ch'erancos• simili a quelli di una partoriente e di un morente.Come aveva gridato e contratto il viso quella partoriente,e com'era stramazzato il compagno Vittore, versando afiotti il suo sangue, cos• rapido e silenziosol Oh, ed eglistesso come aveva sentito la morte in agguato intorno as‚ nei giorni di fame, e che male gli aveva fatto la fame,e che freddo aveva avuto, che freddo! E come aveva lot-tato contro la mort`e, che colpi le aveva dato, con qualeangoscla e con quale irata volutt… s'era difeso! Gli parevache dopo queste esperienze non ci fosse pi— gran che daImparare. Con Narciso avrebbe forse potuto parlarne, connessun altro.

Quando Boccadoro, sul suo pagliericcio nella stalla, ri-torn• per la prima volta completamente in s‚, s'accorseche non aveva pi— il ducato in tasca. L'aveva forse per-duto nella marcia spaventosa, barcollante e quasi inco-sciente dell'ultima giornata di fame? Ci pens• e ripens•a lungo. Quel ducato gli era caro, non voleva darlo per-duto. Il denaro per lui non aveva molta importanza, eglinon ne conosceva quasi il valore. Ma quella moneta d'orogli era preziosa per due ragioni. Era l'unico regalo di Li-dia che gli fosse rimasto, perch‚ la giacca di lana era l…con Vittore nella foresta, inzuppata di sangue. E poi erastata proprio quella moneta d'oro ch'egli non aveva volutolasciarsi rubare, per essa si era difeso contro Vittore, per

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essa, posto alle strette, lo aveva ucciso. Se ora il ducato

era perduto, tutta l'avventura di quella notte orrenda per-deva in certo modo ogni senso e ogni valore. Dopo averriflettuto a lungo, fece le sue confidenze alla contadina.

-- Cristina, -- le sussurr•, -- io avevo in tasca unamoneta d'oro ed ora non c'Š pi—.

-- Ah, te ne sei accorto? --fece lei con un sorriso sin-golarmente affettuoso e furbo insieme; egli ne rimase cos•incantato, che non ostante la debolezza le gett• le bracclaal collo.

--Che curioso ragazzo sei mai, -- disse la donna contenerezza,--cos• intelligente e fine, e al tempo stesso COSistupido! Si gira il mondo con un ducato sclolto nella ta-sca aperta? O bambino, caro pazzerello! La tua monetad'oro la trovai io, appena ti ebbi coricato qul sulla paglla.

--- Tu? E dov'Š ora?

--Cercala,--rispose quella ridendo; e lo lasci• cerca-re davvero un bel po', prima di mostrargli ll punto dellagiacca dove glielo aveva solidamente CUCltO. Agglunse unabuona dose di consigli materni, ch'egll s'affrett• a dimen-ticare; ma non dimentic• quel servlzio d amore e quelsorriso furbo e bonario nel volto di contadma. Fece ditutto per mostrarle la sua gratitudme, e, quando dopobreve tempo fu di nuovo in grado di marciare e volle rl-prendere il cammino, ella lo trattenne, perch‚ in quei gior-ni cambiava la luna e certo il tempo si sarebbe fatto plUmite Cos• avvenne. Quand'egli ripart•, la neve giaceva sulsuolo grigia e malata, l'aria era pregna d'umidit…, m altosi sentiva gemere il vento australe.CAPITOLO X

Il ghiaccio ricominci• a spingere i fiumi in basso, sottole foglie morte tornarono ad olezzar le viole, Boccadororiprese la sua corsa in mezzo all'alternarsi vivace dellestagioni, si riemp• gli occhi insaziabili di boschi di montie di nubi, cammin• di casolare in casolare, di villaggiovillaggio, di donna in donna, pi— d'una volta nella serafresca sedette col cuore oppresso e triste ai piedi d'unafinestra llluminata, il cui rosso bagliore irradiava, dolcee Irraggiunglbile per lui, tutto ci• che poteva esservi sullaterra di fehcit…, di calore domestico, di pace. Tutto si ri-peteva C10 ch'egli credeva ormai di conoscere bene, ep-pure tutto a ogni ritorno appariva diverso: il lungo va-gare per campi e lande o per strade sassose, il dormired'estate nella foresta, il gironzolar nei villaggi dietro leschiere delle giovanette, che tenendosi per mano ritorna-vano a casa dopo aver voltato il fieno o colto i luppolifl prlmo brlvido dell'autunno, i primi freddi cattivi... tuttOritornava, una volta, due volte, e il nastro variopinto scor-reva davanti ai suoi occhi infinito.

Molte piogge e molte nevi eran cadute su Boccadoroquando un giorno, salito su per un bosco di faggi dira-dato ma gi… verde di tenere gemme, dall'alto della crestadi un monte vide stendersi dinanzi a s‚ un nuovo pae-saggio, che rallegr• i suoi occhi e suscit• nel suo cuore

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un'ondata di presentimenti, di desideri e di speranze Daglorni egli si sapeva vicino a questa regione e l'aspettava

m quell'ora meridiana essa lo sorprese e ci• che l'occhioraccolse in quel primo incontro conferm• e rafforz• lesue aspettahve. Fra i tronchi grigi e i rami lievementeondegglanh vide gi— una valle bruna e verde, in mezzoalla quale luccicava vitreo e azzurrognolo un grande fiu-

me. Ormai, egli lo sapeva, era finito per un pezzo quelgirovagare senza strade per regioni tutte landa, foresta esolitudine, dove solo di rado si poteva incontrare un ca-solare o un piccolo povero villaggio. Laggi— scorreva flfiume e lo fiancheggiava una delle strade pi— belle e piucelebri della Germania, laggi— c'era un paese ricco e uber-toso, l… navigavano zattere e barche e la strada conducevaa bei villaggi, castelli, conventi e ricche citt…, e chi volevapoteva viaggiare per giorni e settimane su quella strada,senza temere ch'essa si perdesse a un tratto, come le ml-sere straducole di campagna, in una selva o in un'umldapalude. Veniva qualcosa di nuovo e Boccadoro se ne ral-

Gi… la sera di quel giorno era in un bel villaggio, sullastrada maestra tra il fiume e i rossi vigneti; le grazlosetravature delle case a comignolo eran dipinte di rosso,c'erano portoni d'ingresso a volta e viottoli di pietra mscalinata, una fucina gettava sulla strada rosso bagllor difuoco e sonori rintocchi d'incudine. Il nuovo arrlvato Siaggir• curioso in ogni via e in ogni angolo, fiut• alleporte delle cantine l'odor di botti e di vino e sulla rivadel fiume il profumo fresco dell'acqua che sa di pesce, os-serv• la casa di Dio e il camposanto e non manco diguardarsi attorno in cerca d'un buon granaio, dove salireeventualmente per la notte. Prima per• volle provare achieder cibo nella casa parrocchiale. Trov• un parrocograssotto, con la testa rossa, che lo interrog• e al quale,con alcune omissioni e con un po' di fantasia, egll rac-cont• la sua vita; dopo di che fu accolto gentilmente, nu-trito di buon cibo e di buon vino, e dovette passar la serain lunghi conversari col sacerdote. Il giorno dopo contl-nu• il suo viaggio sulla strada che seguiva il fiume. Videzattere e barconi, raggiunse veicoli, alcuni lo raccolseroper un tratto, e le giornate primaverili fuggivano rapldee fitte d'immagini, l'ospitavano villaggi e cittadine, sorrl-devano donne dietro siepi e giardini o, inginocchiate sullaterra bruna, attendevano alla piantagione, e a sera canta-vano fanciulle per le strade dei villaggi.

In un mulino una servetta gli piacque tanto, che rimasedue giorni sul luogo a farle la corte. Ella rideva e chiac-chierava volentieri e a lui pareva che la pi— bella cosasarebbe stata diventar garzone mugnaio e rimanere sem-

pre l…. Sedeva coi pescatori, aiutava i carrettieri a dar damangiare ai cavalli ed a strigliarli, riceveva in compensopane e carne e il permesso di viaggiare con loro. Dopotanta solitudine quel mondo socievole di gente che viag-giava, dopo tanto meditar fra s‚ e s‚ quella serenit… inmezzo a uomini loquaci e soddisfatti, dopo tanta indigen-za quel saziarsi ogni giorno di cibo abbondante gli facevabene, e si lasciava portar volentieri da quell onda lieta.Essa lo prendeva con s‚, e pi— s'avvicinava alla citt… ve-scovile pi— la strada si faceva popolosa ed allegra.

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Un giorno ch'era in un villaggio, sull'imbrunire and• afare una passeggiata in riva al fiume, sotto gli alberi gi…coperti di foglie. L'acqua scorreva calma e maestosa, sottole radici delle piante rumoreggiava e gemeva la corrente,su dal colle sorgeva la luna, gettando luci sul fiume edombre sotto gli alberi. Trov• una ragazza seduta che pian-geva: aveva litigato con l'innamorato, che se n'era anda-to, lasclandola sola. Boccadoro le si sedette accanto eascolt• i suoi lagni, le accarezz• la mano, le raccont• dellaforesta e del caprioli, la consol• un poco, riusc• a farlasorrldere, finch‚ ella accett• anche un bacio. Ma a questOpunto ritorn• l'amato bene a cercarla, si era calmato epentito del litigio. Appena vide Boccadoro seduto accantoalla ragazza, si lanci• su di lui coi pugni tesi e quegliebbe da fare a difendersi; finalmente per• Boccadoro misel'avversario fuori combattimento e il giovanotto corse alvfllagglo Imprecando; la ragazza era scappata da unpezzo.

Boccadoro, che non aveva troppa fiducia nella pacelasci• in asso il suo asilo notturno e prosegu• il camminoper met… della notte al chiaro di luna, in un mondo diargento e di silenzio, contento, lieto delle sue gambe ro-buste, fin che la rugiada gli lav• via dalle scarpe la pol-vere bianca ed egli, stanco a un tratto, si coric• sottol'albero pi— vicino e s'addorment•. Era giorno da un pez-zo, quando lo svegli• un solletico sul volto; assonnato, vipass• sopra la mano e si riaddorment•; poco dopo fu dinuovo svegliato dallo stesso solletico; era una ragazza dicontadini, che lo guardava e lo stuzzicava con la puntadi un salciuolo. Egli s'alz• barcollando, si sorrisero ed ellalo condusse in una rimessa, dove si poteva dormir meglio.L• dormuono un poco l'uno accanto all'altra, poi ella cor-

se via e ritorn• con un secchiello di latte, ancora caldodella mucca. Egli le don• un nastro azzurro per i capelll,che aveva trovato poco prima lungo la strada e s'era mes-so in tasca; si baciarono ancora una volta, poi egli rlpart•.La ragazza si chiamava Francesca; gli rincrebbe d'abban-donarla.

La sera di quel giorno trov• asilo in un convento; lamattina assistette alla messa; il cuore gli si gonfi• strana-mente di mille ricordi, l'aria fredda della pietra, splrantedalle volte, sapeva di patria e lo commoveva, come ll ru-more dei sandali sugl'impiantiti. Fimta la messa e fattosisilenzio nella chiesa del convento, Boccadoro rimase mginocchio, con una strana agitazione in cuore; di notteaveva fatto molti sogni. Sentiva il desiderio di sgravarsiin qualche modo del suo passato, di mutar vita in qual-che modo, non sapeva perch‚; forse lo commoveva soloil ricordo di Mariabronn e della sua gioventu pla. Sentiil bisogno di confessarsi e di purificarsi; aveva tanti plC-coli peccati, tanti piccoli vizi, ma pi— grave di tutto glipesava sulla coscienza la morte di Vittore, perito per ma-no sua. Trov• un padre e gli fece la sua confessione, parl•di questo e di quello, ma sopra tutto delle coltellate nelcollo e nella schiena del povero Vittore. Oh, da quantotempo non si confessava! 11 numero e la gravit… dei suoipeccati gli parevano notevoli, era pronto ad accettare unasevera penitenza. Ma ii confessore pareva conoscere la Vl

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ta del vagabondo; non inorrid•, ascolt• tranquillo, biasimoe ammon• serio e benevolo, senza pensare a condanna.

Boccadoro s'alz• alleggerito, recit• all'altare le orazloniprescrittegli dal padre e gi… stava per lasciare la chiesa,quando un raggio di sole penetr• dalla finestra nel tem-pio egli lo segu• con lo sguardo e vide allora in una cap-pelia laterale una figura, che gli parl• e lo attir• straordi-nariamente; si volse ad essa con occhi innamoratl e lacontempl• con devota e profonda commozione. Era unaMadre di Dio in legno; la delicata soavit… con cul stavachina, il modo come il manto azzurro le cadeva glu dallespalle esili, com'ella stendeva la mano fine e vlrgmea,come gli occhi brillavano e la bella fronte s'incurvava so-pra una bocca dolorosa, tutto questo era cos• vivo, cos•bello profondo e animato, come gli pareva di non averveduto mai. Non si saziava di contemplare quella bocca,

quel movimento dolce e affettuoso del collo. Gli parevadi vedere l… realizzato qualcosa che gi… tante e tante volteaveva veduto nei sogni e nei presentimenti, a cui tante etante volte aveva anelato. Si voltava per andarsene, mapoi era costretto a tornare indietro.

Quando finalmente volle andare davvero, si trov• allespalle il padre, da cui s'era confessato.

--Ti sembra bella? -- domand• amichevolmente.

--Ineffabilmente bella, -- rispose Boccadoro.

--Molti lo dicono, -- disse il sacerdote. -- Altri in-vece sostengono che non Š una vera Madre di Dio, che Štroppo moderna e mondana e che tutto Š esagerato e nonŠ vero. Si sentono molte dispute in proposito. A te piacedunque, sono contento. Si trova solo da un anno nellanostra chiesa, l'ha donata un benefattore del nostro con-vento fatta da maestro Nicola.

--Maestro Nicola? Chi Š, dov'Š? Lo conoscete? Ohvi prego, ditemi qualcosa di lui! Dev'essere un uomo me-ravigliosamente dotato chi sa creare un'opera simile

--Non so molto di lui. intagliatore in legno nellanostra citt… vescovile, a una giornata di viaggio da quie ha gran fama come artista. Gli artisti di solito non sonosanti, e anch'egli probabilmente non lo Š, ma un uomodotato e di grande ingegno, certo. Io l'ho veduto qualchevolta...

--Oh, l'avete veduto! Oh, che aspetto ha?

--Figlio mio, mi sembri addirittura entusiasta di lui.Ebbene, va a cercarlo e portagli un saluto di padre Bo-nifacio.

Boccadoro ringrazi• con effusione. Il padre se n'and•sorridendo, egli invece rimase ancora a lungo davanti aquella figura misteriosa, il cui petto sembrava respirassee nel cui volto c'erano insieme tanto dolore e tanta dol-cezza, ch'egli si sentiva stringere il cuore.

Usc• dalla chiesa trasformato, i suoi passi lo portarono

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in un mondo completamente mutato. Dal momento in cuiaveva ammirato la dolce e santa figura di legno, Bocca-doro possedeva quello che non aveva posseduto mai, chetante volte aveva deriso negli altri, oppure invidiato: unameta! Aveva una meta e forse l'avrebbe raggiunta, e al-lora forse tutta la sua vita dissoluta avrebbe acquistatoun alto significato e un valore. Questo nuovo sentimento

lo penetrava di gioia e di timore e gli dava ali ai piedi.La bella e allegra strada maestra su cui camminava nonera pi— quello ch'era stata il giorno innanzi, un teatro fe-stoso ed una comoda dimora, non era pi— che una strada,la via che conduceva alla citt…, la via che conduceva almaestro Egli correva impaziente. Giunse prima ancora disera, vide spiccar le torri dietro le mura, vide stemmi scol-piti ed insegne dipinte sopra la porta, entr• col cuore pal-pitante, senza quasi badare al chiasso e al lieto tumultodelle strade, ai cavalieri in sella, ai carri e alle carrozze.Cavalieri e cocchi, citt… e vescovo non gl'importavano.Alla prima persona che incontr• sotto la porta domand•dove abitava maestro Nicola, e rimase molto deluso chequella non ne sapesse nulla.

Giunse in una piazza circondata di case fastose, moltedelle quali eran dipinte od ornate di decorazioni plastlche.Sopra la porta d'una di esse stava grande e pomposa lafigura di un lanzichenecco, a colori forti e brillantn Nonera bella come la figura che aveva veduto m quella chiesadi convento, ma aveva un certo atteggiamento e un mododi gonfiare i polpacci e di sporgere innanzi il mento bar-buto, che Boccadoro pens• potesse essere opera dello stes-so maestro. Entr• nella casa, buss• a diverse porte, sal•scale... finalmente s'imbatt‚ in un signore vestito di vel-luto con risvolti di pelliccia e gli domand• dove potevatrovare maestro Nicola. Che mai voleva da lui? domand•il signore di rimando; e Boccadoro riusc• a stento a do-minarsi e a rispondere solo che aveva una commissioneda fargli. Il signore gli disse allora il nome della via doveabitava il maestro, e quando Boccadoro, a forza di do- !mandare, riusc• a trovarla, s'era fatta notte. Affannato mafelice, si ferm• dinanzi alla casa del maestro, guard• sualle finestre e poco manc• che non corresse dentro. Magli venne in mente ch'era gi… tardi, ch'egli era tutto su-dato e impolverato dalla marcia della giornata, si domm•e attese. Ma rimase ancora a lungo davanti alla casa.Vide una finestra illuminarsi e, proprio quando si voltavaper andarsene, scorse una figura che s'avvicinava al davan-zale, una bellissima fanciulla bionda, coi capelli illumlnatidalla luce mite della lampada che pendeva dietro di lei.

La mattina dopo, quando la citt… si ridest• e ricomin-ciarono i suoi mille rumori, Boccadoro si lav• V150 e maninel convento dov'era stato ospite quella notte, si scosse lapolvere dai vestiti e dalle scarpe, ricerc• la via del mae-stro e buss• al portone di casa. Venne una domestica, chenon voleva introdurlo subito, ma egli riusc• a intenerirela vecchia, fin che ella lo condusse dentro. In una piccolasala, ch'era la sua officina, stava il maestro in grembiuleda lavoro: un uomo alto e barbuto, che a Boccadoroparve avere quaranta o cinquant'anni. Egli guard• il fo-restiero con gli occhi azzurri chiari e penetranti e doman-d• brevemente che cosa desiderasse. Boccadoro rifer• il

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saluto del padre Bonifacio.

--Nient'altro?

-- Maestro, -- disse Boccadoro col fiato oppresso, --ho visto l… nel convento la vostra Madonna. Ah, nonguardatemi cos• arcigno; null'altro che amore e venera-zione mi conducono da voi. Io non sono pauroso, ho vis-suto a lungo da vagabondo, ho sperimentato la forestala neve e la fame, non c'Š uomo di cui possa aver paura.Ma di voi ho paura. Oh, ho un desiderio solo e grande,che mi rlemple ll cuore cos• da farmi male.

--Che sorta di desiderio?

--Vorrei diventare vostro scolaro e imparare da voi.

--Non sei il solo, giovanotto, ad avere questo desi-derio. Ma a me non piace tenere apprendisti e due aiu-tanti li ho gi…. Da dove vieni tu, e chi sono i tuoi geni-

--Non ho genitori, non vengo da nessun luogo. Fuiscolaro in un convento, dove imparai il latino e il greco,poi scappai, e per anni ed anni ho girato il mondo, finoa oggi.

-- E perch‚ pensi di diventare un intagliatore? Hai gi…provato a far qualcosa di simile? Hai dei disegni?

-- Ho fatto molti disegni, ma non li ho pi—. Vi possoper• dire perch‚ vorrei imparare quest'arte. Mi sono fattomolte idee, ho visto molti volti e molte figure, ci ho ri-pensato a lungo e alcun: di questi pensieri hanno conti-nuato a tormentarmi e non mi hanno lasciato pace. Sonorimasto colpito nell'osservare come in una figura ritornisempre in tutte le sue parti una certa forma, una certalinea, come una fronte corrisponda al ginocchio, una spal-la all'anca, e come tutto questo in fondo sia una cosa solacon l'essenza e con l'anima dell'uomo, che ha quel datoginocchio, quella data spalla e quella fronte. E un'altracosa mi ha colpito, me n'accorsi una notte in cui dovettiprestar aiuto presso una partoriente: che la massima sof-ferenza e la suprema volutt… hanno un'espressione perfet-tamente simile.

Il maestro guard• lo straniero con occhio penetrante.-- Sai quello che dici?

-- S•, maestro, lo so. Proprio questo fu ci• che trovaiespresso con mio sommo incanto e stupore nella vostraMadonna, per questo sono venuto. Oh, su quel viso belloe soave c'Š tanto dolore, ma quel dolore s'Š trasformatoal tempo stesso in pura felicit… e in sorriso. Quando vidiquel volto, pass• come una vampata nelle mie membra,tutti i miei pensieri e i miei sogni di tanti anni mi appar-vero confermati e all'improvviso non furon pi— vani, ioseppi a un tratto quello che dovevo fare e dove dovevoandare. Caro maestro Nicola, vi prego con tutto il cuore,lasciatemi imparare da voi!

Nicola, senza mutare l'espressione arcigna del volto,aveva ascoltato attentamente.

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--Giovanotto,--disse,--tu sai parlare d'arte in mo-do sorprendente, e mi stupisce anche che alla tua et… tupossa dire tante cose sulla volutt… e sulla sofferenza. Mipiacerebbe discorrere una sera con te di queste cose da-vanti a un bicchier di vino. Ma vedi: scambiare conver-sazioni piacevoli e intelligenti non Š lo stesso che viveree lavorare insieme un paio d'anni. Questa Š un'officina equi si lavora, non si chiacchiera; qui non importa ci• cheuno ha meditato e sa dire, importa solo ci• che uno safare con le sue mani. Mi pare che le tue intenzioni sianoserie, perci• non voglio mandarti via cos• senz'altro. Ve-diamo se sai fare qualche cosa. Hai gi… plasmato con lacreta o con la cera?

Boccadoro pens• subito a un sogno di molto tempoprima, in cui aveva impastato con la creta delle figurine,che poi s'erano alzate ed eran diventate giganti. Ma nonne disse nulla e dichiar• che non s'era mai provato insimili lavori.

-- Bene. Allora disegnerai qualche cosa. L… c'Š una ta-vola, vedi, della carta e del carbone. Siediti e disegna;

non aver fretta; puoi rimanere fino a mezzogiorno o an-

che fino a sera. Forse allora potr• vedere quali sono letue attitudini. Ecco, ora abbiamo parlato abbastanza; iovado al mio lavoro, tu va al tuo.

Boccadoro sedette sulla seggiola che Nicola gli avevaindicata, davanti alla tavola da disegno. Non s'affrett•,prima stette ad aspettare, quieto come uno scolaro timido,osservando con affettuosa curiosit… il maestro, che gli vol-geva quasi le spalle e continuava a lavorare a una figurinadi creta. Guardava attentamente quell'uomo che, nella te-sta severa e gi… un po' incanutita e nelle mani d'arteficedure ma nobili e vive, possedeva cos• meravigliose forzemagiche. Aveva un aspetto diverso da quello che Bocca-doro s'era immaginato; pi— vecchio, pi— modesto, pi— fred-do, molto meno raggiante e cattivante, e nient'affatto fe-lice. Lo sguardo scrutatore, inesorabilmente acuto, era ri-volto in quel momento al suo lavoro, e Boccadoro, libe-rato da esso, poteva abbracciare la figura del maestro inogni suo particolare. Quell'uomo, pensava, avrebbe potutoessere anche uno scienziato, uno st~udioso taciturno e au-stero, dedicatosi a un'opera che molti suoi predecessoriavevano iniziata e ch'egli doveva un giorno lasciare aisuoi posteri, un'opera tenace, duratura, infinita, in cuieran raccolti il lavoro e la dedizione di molte generazioni.Questo almeno era ci• che l'osservatore leggeva nella testadel maestro; molta pazienza, molto studio e riflessione,molta modestia e conoscenza del dubbio valore d'ogni la-voro umano vi stavano scritti, ma anche fede nel propriocompito. Il linguaggio delle mani invece era diverso: fraesse e la testa c'era un contrasto. Quelle mani s'affonda-vano nella creta che plasmavano, con dita ferme ma sen-sibilissime, trattavano l'argilla come le mani di un amantetrattano la donna amata che gli s'abbandona: innamorate,piene di un sentimento delicato e vibrante, bramose, senZatuttavia far distinzione fra il prendere e il dare, cupide epie al tempo stesso, e sicure, magistrali, come per anti-chissima e profonda esperienza. Boccadoro osservava ra-pito e ammirato quelle mani benedette. Avrebbe volentieri

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disegnato il maestro, se non ci fosse stato quel contrastofra il volto e le mani, che lo paralizzava.

Dopo ch'ebbe contemplato per un'ora buona l'artista chelavorava dinanzi a lui, cercando d'indagarne il mistero,un'altra immagine cominci• a delinearsi nella sua animae diventar visibile, l'immagine dell'uomo ch'egli conoscevameglio di tutti, che aveva molto amato e profondamenteammirato e quest'immagine era tutta d'un pezzo, senzacontraddizioni, quantunque avesse anch'essa variet… di trat-ti e rivelasse molte lotte. Era l'immagine del suo ami-co Narciso. Sempre pi— si concretava in unit… e pienezza,sempre pi— chiara si manifestava la legge intima di quel-l'essere amato: la nobile testa foggiata dallo spirito, labella bocca serrata e l'occhio un po' triste resi energici earistocratici dall'assoluta dedizione allo spirito, le spalleesili, il collo lungo, le mani delicate e fini, animate dallalotta per spiritualizzarsi. Da allora, da quando s'era stac-cato dal convento, non aveva mai visto l'amico con tantachiarezza, non aveva mai posseduto in s‚ cos• completal'immagine di lui.

Come in sogno, senza volont…, eppure animato da unapreparazione e da una necessit… intima, Boccadoro comin-ci• a disegnare cauto, deline• con dita amorose e rispet-tose la figura che aveva in cuore, e dimentic• il maestro,se stesso e il luogo dov'era. Non s'accorse che la luce nel-la stanza si spostava a poco a poco, che il maestro gligettava di tanto in tanto un'occhiata. Come un atto diofferta eseguiva il compito che gli era toccato, che il suocuore gli aveva imposto: innalzare l'immagine dell'amicoe conservarla cos•, come viveva in quel momento nella suaanima. Senza farci sopra dei pensieri, sentiva l'opera suacome il pagamento di un debito, come un ringraziamento.

Nicola s'avvicin• alla tavola da disegno, dicendo: --Emezzogiorno; io vado a tavola, puoi venire con me. Lasciavedere... hai disegnato qualche cosa?

Si mise dietro a Boccadoro e gett• lo sguardo sul gran-de foglio disegnato, poi, spingendo il giovane da unaparte, lo prese con cura fra le mani esperte. Boccadoros'era destato dal suo sogno e fissava il maestro con an-siosa aspettativa. Questi era l…, col disegno fra le mani, el'osservava attentamente con lo sguardo acuto dei suoichiari occhi azzurri e severi.

-- Chi Š questo che hai disegnato? -- domand• dopoqualche tempo.

-- E il mio amico, un giovane monaco ed erudito.

-- Bene, lavati le mani, l… in cortile c'Š la fontana. Poiandiamo a mangiare. I miei aiutanti non sono qui, lavo-rano altrove.Boccadoro ubbid•, trov• il cortile e la fontana, si lav•le mani e chiss… che cosa avrebbe dato per conoscere ipensieri del maestro. Quando ritorn•, questi era uscito;lo ud• affaccendarsi nella stanza accanto; poi ricomparve,s'era lavato anche lui e invece del grembiule indossavauna bella giubba di panno, che gli dava un aspetto mae-stoso e solenne. Precedette Boccadoro su per una scala conla balaustra di noce, le cui colonnette portavano piccole

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teste d'angelo scolpite; attravers• un atrio pieno di statueantiche e moderne ed entr• in una bella stanza col pa-vimento, le pareti e il soffitto di legno duro; nell'angolodella finestra c'era una tavola apparecchiata. Entr• di cor-sa una giovinetta che Boccadoro riconobbe: era la bellafanciulla della sera prima.

--Elisabetta, -- disse il maestro, -- devi mettere unposto di pi—, ho condotto un ospite. E... veramente il suonome non lo so ancora.

Boccadoro lo disse.

--Boccadoro, dunque. Possiamo mangiare?

-- Subito, babbo.

La fanciulla mise un piatto, usc• e ritorn• poco dopocon la domestica che portava il pranzo: carne di maiale,lenticchie e pan bianco. Durante il pasto il padre parl•di questo e di quello con la fanciulla, Boccadoro rimasesilenzioso, mangi• un poco e si sent• malsicuro ed op-presso. La ragazza gli piaceva molto: era una bella fi-gura imponente, alta quasi come suo padre, ma se ne stavatutta pudica e inaccessibile come in una campana di vetroe non rivolgeva n‚ una parola n‚ uno sguardo al fore-stiero,

Dopo mangiato il maestro disse: -- lo voglio riposareancora mezz'ora. Tu va nell'officina o fa un giretto fuoripoi parleremo di quella faccenda

Boccadoro salut• e usc•. Era passata un'ora e pi— dache il maestro aveva visto il suo disegno, e non ne avevaancora detto una parola. E dover aspettare ancora mez-z'ora! Be', non c'era niente da fare, aspett•. Non and•nell'officina, non voleva rivedere il suo disegno in quelmomento. Scese in cortile, sedette sulla vasca della fon-tana e stette a guardare il filo d'acqua che scorreva inin-terrottamente dalla canna e cadeva nella profonda vascadi pietra, sollevando minuscole onde e portando seco con-tinuamente un poco d'aria, che continuamente ripullulavadal fondo alla superficie in bianche perle. Nello specchioscuro della fontana vide la propria immagine e pens• chequel Boccadoro che lo guardava dall'acqua non era pi—da un pezzo il Boccadoro del convento o quello di Lidiae neppur pi— il Boccadoro delle foreste. Pens• che ogniuomo corre senza posa e si trasforma e infine si dissolve,mentre la sua immagine creata dall'artista rimane sempreimmutabilmente la stessa.

Forse, pens•, la radice d'ogni arte, e fors'anche d'ognispirito, Š la paura della morte. Noi la temiamo, abbiamoorrore della caducit…, vediamo con tristezza i fiori appas-sire e le foglie cadere e sentiamo nel nostro cuore la cer-tezza che anche noi siamo caduchi e presto avvizziremoSe dunque come artisti creiamo figure o come pensatoncerchiamo leggi e formuliamo pensieri, lo facciamo persalvare qualche cosa della grande danza macabra, per sta-bilire qualche cosa che abbia una durata pi— lunga di noistessi. La donna che ha servito di modello al maestro perla sua bella Madre di Dio Š forse gi… avvizzita o morta,e presto sar… morto anche lui; altri abiteranno nella sua

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casa, altri mangeranno alla sua tavola... ma la sua operarimarr… nella tacita chiesa del convento briller… ancoradopo cent'anni e pi— e rester… sempre bella e sorrider…sempre con la stessa bocca, che Š cos• fiorente e triste

insleme.

Ud• il maestro che scendeva la scala e corse nell'offi-cina. Maestro Nicola passeggi• in su e in gi—, guard• pi—volte il disegno di Boccadoro, si ferm• infine alla finestrae disse col suo fare un po' esitante ed asciutto: -- Danoi l'usanza Š che un apprendista studi per lo meno quat-tro anni e che suo padre paghi al maestro una sommaper l'insegnamento.

Poich‚ fece una pausa, Boccadoro pens• che il maestrotemesse di non ricever denaro da lui. Immediatamentetrasse di tasca il suo coltello, tagli• la cucitura intorno alducato nascosto e lo cav• fuori. Nicola lo guard• stupitoe, quando Boccadoro gli porse la moneta, si mise a ridere.

--Ah, questo intendevi? --disse ridendo. --No, gio-vanotto, puoi tenere il tuo denaro. Ascoltami. Ti ho dettoqual Š l'usanza per gli apprendisti nella nostra corpora-Zione Ma n‚ io sono un maestro comune, n‚ tu un ap-prendista comune. Questi sogliono cominciare la loro scuo-la a tredici, quattordici o al massimo quindici anni, e lamet… del tempo che passano presso il maestro debbonoservire come garzoni e far da bidelli. Ma tu sei gi… ungiovanotto e per l'et… potresti da un pezzo essere lavoran-te e anche gi… maestro. Un apprendista con la barba nellanostra corporazione non s'Š ancor veduto. E poi t'ho gi…detto che io non voglio tenere apprendisti in casa. Tu nonmi sembri del resto uno che si lasci dar ordini e mandarein giro.

L'impazienza di Boccadoro era giunta al colmo, ciascu-na delle parole assennate del maestro lo metteva alla tor-tura e gli sembrava terribilmente noiosa e pedante. Grid•con veemenza: -- Perch‚ mi dite tutto questo, se nonavete alcuna intenzione di prendermi alla vostra scuola ?

Il maestro continu• impassibile nel tono di prima: --lo ho riflettuto per un'ora sulla tua richiesta, adesso an-che tu devi avere la pazienza di ascoltarmi. Ho visto iltuo disegno. Ha dei difetti ma, non ostante questi, Š bello.Se non lo fosse, ti avrei regalato un mezzo fiorino e tiavrei congedato e dimenticato. Del disegno non vogliodire di pi—. Vorrei aiutarti a diventare un artista, forseci sei destinato. Ma apprendista non puoi ormai pi— di-ventare. E chi non Š stato apprendista e non ha compiutoi suoi anni di scuola, nella nostra corporazione non pu•neppure diventare lavorante e maestro. Questo ti sia dettoprima. Ma un tentativo puoi farlo. Se ti Š possibile rima-nere qualche tempo qui in citt…, puoi venire da me e im-parare qualche cosa. Senza impegno e senza contratto,puoi andartene quando vuoi. Puoi- rompere nella mia offi-cina un paio di coltelli da intaglio e rovinare un paio diceppi, e se si vedr… che non sei un intagliatore ti volgeraiad altro. Sei contento?

Boccadoro aveva ascoltato confuso e commosso.

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--Vi ringrazio di cuore, -- esclam•. -- Sono vaga-bondo e sapr• cavarmela qui in citt… come fuori nei bo-schi. Capisco che non vogliate prendervi cure e responsa-bilit… per me come per uno scolaretto. Ritengo gran for-tuna poter imparare da voi. Vi ringrazio di cuore di vo-lermelo concedere.

CAPI~OLO Xl

Nuove immagini circondarono Boccadoro nella citt… euna nuova vita cominci• per lui. Come la regione e lacitt… lo avevano accolto gaie, seducenti e rigogliose, cos•lo accolse la nuova vita, piena di letizia e di promesse.Se anche il fondo di tristezza e di sapere della sua animarimaneva intatto, alla superficie la vita giocava per luin tutti i suoi colori. Cominci• per Boccadoro il periodopi— lieto e pi— puro. Di fuori gli veniva incontro la riccacitt… vescovile con tutte le sue arti, le sue donne, conmille giochi e mille visioni gradite; di dentro la sua na-tura d'artista, destandosi, gli donava nuovi sentimenti enuove speranze. Con l'aiuto del maestro trov• alloggionella casa di un doratore sulla piazza del mercato del pe-sce, e dal maestro e dal doratore impar• l'arte di trattareil legno e il gesso, i colori, la vernice e l'orpello.

Boccadoro non era di quegli artisti infelici, che pur pos-sedendo alte doti non trovano mai i mezzi buoni per ma-nifestarle, Ci sono infatti di quelli, a cui Š dato sentirecon profondit… e intensit… la bellezza del mondo e portarenella loro anima immagini nobili e sublimi, ma che nontrovano la via di estrinsecare queste immagini e di co-municarle per la gioia degli altri. Boccadoro non soffrivadi questa deficienza. Gli riusciva facile e lo divertiva ado-perare le mani e apprendere le abilit… del mestiere, cos•come gli riusciva facile nelle ore serali imparare da alcunicompagni a sonare il liuto e a danzare la domenica sullepiazze dei villaggi. Imparava con facilit…, gli veniva natu-rale. Certo nell'intaglio doveva mettere tutto il suo Im-pegno e incontrava difficolt… e delusioni e talvolta gli ca-pitava di rovinare un bel pezzo di legno e di tagliarsi ledita con energia. Ma super• presto i principi e acquiSt•~=T

destrezza. Spesso per• il maestro era malcontento di luie gli diceva: -- Fortuna che non sei mio apprendista olavorante, Boccadoro. Fortuna che sappiamo che vieni dal-la strada e dai boschi e che un giorno ci ritornerai. Chinon sapesse che non sei un cittadino e un artigiano, bens•un vagabondo e un fannullone, potrebbe facilmente averla tentazione di pretendere da te quello che ogni maestropretende dai suoi dipendenti. Tu sei un ottimo lavora-tore, se hai la luna buona. Ma la settimana scorsa seiandato a zonzo due giorni. Ieri nell'officina del cortiledove dovevi ripulire i due angeli, hai dormito met… del-la giornata.

Aveva ragione di rimproverarlo cos• e Boccadoro loascoltava in silenzio, senza giustificarsi. Sapeva egli stessodi non essere un uomo diligente, del quale ci si potessefidare. Fin tanto che un lavoro lo interessava, gli impo-neva compiti difficili o gli dava la coscienza e la gioiadella sua capacit…, era un lavoratore zelante. Ma al pe-sante lavoro manuale si sottoponeva malvolentieri e que-

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gli altri lavori non difficili, ma richiedenti tempo e dili-genza, che fanno pur parte del mestiere e voglion essereeseguiti con costanza e pazienza, gli erano spesso insop-portabili. Egli stesso a volte se ne meravigliava. Eranbastati quei pochi anni di vagabondaggio a renderlo pi-gro e incostante? Era l'eredit… di sua madre che cresce-va in lui e prendeva il sopravvento? O dov'era la de-ficienza? Ricordava benissimo i suoi primi anni in con-vento quand'era un ottimo e diligente scolaro_ Perch‚ al-lora si applicava con tanta pazienza, mentre ora non neaveva pi—, perch‚ era riuscito a dedicarsi con instanca-bile zelo alla sintassi latina e a imparare tutti quegli ao-risti greci, che in fondo al cuore non gl'importavano pro-prio nulla? Ci pensava spesso. Era stato l'amore alloraa temprarlo e a dargli ali; il suo studio altro non erastato se non uno sforzo costante per cattivarsi l'animo diNarciso, giacch‚ l'affetto di lui non si poteva conquistareche attraverso la stima e l'approvazione. Allora per unaocchiata d'approvazione dell'amato maestro poteva affa-ticarsi per ore, per giornate intere. Poi la meta agognataera stata raggiunta, Narciso era diventato suo amico e,cosa strana, proprio il dotto Narciso gli aveva mostratOla sua inettitudine a diventar scienziato e aveva evoca-to in lui l'immagine della madre perduta. Invece delladottrina, della vita claustrale e della virt—, i potenti istin-ti originari della sua natura s'erano impadroniti di lui:sesso, amor di donne, bisogno d'indipendenza, spirlto va-gabondo. Infine aveva visto quella figura di Maria scol-pita dal maestro, aveva scoperto in s‚ un artlsta, si eramesso su di una nuova via ed era ritornato sedentario.Ed ora? Dove conduceva la sua strada? Donde veniva-no gli ostacoli?

Per il momento non poteva riconoscerlo. Solo questopoteva capire: che ammirava bens• maestro Nicola, manon lo amava come un tempo aveva amato Narciso, tal-volta anzi si compiaceva di deluderlo e d'indispettirlo.Ci• dipendeva a parer suo dal dissidio che riscontravanella personalit… del maestro. Le figure create dalle manidi Nicola, le migliori per lo meno, erano per Boccadoromodelli venerati, ma il maestro in se stesso non era unmodello per lui.

Accanto all'artista che aveva scolpito quella Madonnadalla bocca pi— bella e pi— dolorosa che si potesse im-maginare, accanto al veggente e al sapiente, le cui manisapevano trasformare per incanto in figure visibili pre-sentimenti ed esperienze profonde, vi era in maestro Ni-cola un altro uomo: un padre di famiglia e un maestrodi corporazione un po' rigido e meticoloso, un vedovo,che viveva silenzioso e dimesso nella sua casa tranquillacon la figlia e con una brutta servente, un uomo che resi-steva energicamente ai pi— forti istinti di Boccadoro eche si era adagiato in una vita quieta, moderata, regola-rissima e decorosa.

Quantunque Boccadoro onorasse il suo maestro e nonsi permettesse d'interrogare altri sul conto di lui o di giu-dicarlo in faccia ad altri, in capo a un anno egli sapevafino al minimo particolare tutto quello che si poteva sa-pere di Nicola. Questo maestro era per lui una perso-na importante, amata e altrettanto odiata, che non glilasciava requie; e lo scolaro penetrava con amore e con

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diffidenza, con curiosit… sempre desta, nei segreti dell'in-dole e della vita di lui. Vedeva ch'egli non teneva incasa n‚ apprendisti n‚ lavoranti, bench‚ ci fosse abba-stanza spazio. Vedeva che usciva solo di rado e di radoinVitava ospiti a casa sua. Osservava che nutriva per la

sua bella figliola un affetto commovente e geloso e cer-cava di tenerla nascosta a tutti. Sapeva anche che die-tro la severa e precoce astinenza del vedovo c'erano an-cora in gioco istinti vivi e che, quando un incarico difuori lo costringeva a mettersi in viaggio, poche giorna-te potevano talvolta trasformarlo e ringiovanirlo in mo-do strano. E una volta aveva anche osservato che Ni-cola, in una cittadina straniera dove ponevano in operaun pulpito scolpito, una sera aveva visitato di nascostouna prostituta, e poi per parecchi giorni era rimasto in-quieto e di cattivo umore.

Con l'andar del tempo oltre a questa curiosit… c'eraqualcos'altro che tratteneva Boccadoro in casa del mae-stro e gli dava da fare. Era la bella figliola, Elisabetta,che gli piaceva molto. Riusciva di rado a vederla, ellanon entrava mai nell'officina ed egli non sapeva capirese la sua ritrosia di fronte agli uomini le fosse solo im-posta dal padre, o se corrispondesse anche alla sua na-tura. Non poteva far a meno di notare che il maestronon l'aveva pi— invitato a tavola e che cercava d'osta-colargli ogni incontro con lei. Elisabetta era una fanciul-la molto preziosa e custodita, lo vedeva bene, e per unamore senza nozze non c'era speranza, chi poi volessesposarla doveva innanzi tutto esser figlio di buona fami-glia, membro di una delle corporazioni superiori e possi-bilmente posseder anche denaro e una casa.

La bellezza di Elisabetta, cos• diversa da quella delledonne vagabonde e delle contadine, aveva attirato fin dalprimo giorno l'attenzione di Boccadoro. C'era qualcosain lei che ancora gli era rimasto ignoto, qualcosa distrano, che lo attraeva violentemente, ma gl'ispirava altempo stesso diffidenza e perfino dispetto: una grandecalma ed innocenza, un'onest… e una pureZa, che noneran tuttavia ingenuit…; dietro tutta la sua cortesia e ilsuo decoro si celava una certa freddezza, un orgoglio,per cui quell'innocenza non lo commoveva e non lo di-sarmava (egli non sarebbe mai stato capace di sedurreuna bambina), ma anzi lo eccitava e lo provocava. Nonappena la figura di lei gli divenne un poco familiare co-me immagine intimd, sent• il desiderio di rappresentarlama non com'era allora, bens• coi tratti ridesti, sensibili esofferenti, non una piccola vergine ma una Maddalena.

Talvolta la sua brama avrebbe voluto vedere quel voltocalmo, bello e immobile, contrarsi e sfogliarsi, sia nella vo-lutt…, sia nella sofferenza, e rivelare cos• il suo segreto.

Vi era poi un altro volto, che dimorava nella sua ani-ma ma non gli apparteneva del tutto, un volto ch'eglidesiderava ardentemente di riuscir a cogliere e rappresen-tare da artista, ma che continuamente gli sfuggiva e glisi velava. Era il volto della madre. Gi… da tempo essonon era pi— quello che gli era ricomparso un giorno dal-le perdute profondit… della memoria dopo i colloqui con

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Narciso. Nelle giornate di vagabondaggio, nelle notti d'a-more, nei momenti di nostalgia, nei momenti di perico-lo e di vicinanza della morte il volto della madre si eraa poco a poco trasformato e arricchito, era diventato pi—profondo e pi— vario; non era pi— l'immagine della pro-pria madre, ma dai tratti e dai colori di questa si erasvolta a poco a poco un'immagine materna impersona-le, l'immagine di un'Eva, di una madre dell'umanit…. Co-me maestro Nicola in alcune Madonne aveva rappre-sentato l'immagine della Madre di Dio addolorata conuna perfezione ed una forza espressiva che a Boccadoroparevano insuperabili, cos• egli stesso sperava di raffi-gurare un giorno, quando fosse pi— maturo e pi— sicurodella sua capacit…, l'immagine della madre del mondo,Eva, quale egli la portava nel cuore come la cosa pi—sacra pi— antica e pi— amata. Ma questa immagine in-tima, che un tempo era stata solo il ricordo della ma-dre sua e del suo amore per lei, continuava a trasfor-marSi e ad arricchirsi. In essa si erano impressi i trattidella zingara Lisa, di Lidia, la figlia del cavaliere, e mol-ti altri volti di donna, e non solo i volti delle donneamate avevano cooperato a trasformare quell'immagineorig•naria e a darle tratti nuovi, ma anche ogni emo-zione, ogni esperienza ed ogni avventura. Questa figurainfatti, se un giorno fosse riuscito a renderla visibile, nondoveva rappresentare un,a donna particolare, ma la vitastessa come madre primigenia. Spesso credeva di vederla,talvolta gli appariva in sogno. Ma di questo volto d'Evae di quello che doveva esprimere egli non avrebbe sapu-to dir altro, se non che doveva mostrare la volutt… del-la vita nella sua intima parentela col dolore e con lamorte.Nel corso di un anno Boccadoro aveva imparato mol-to. Nel disegno aveva raggiunto presto una grande sicu-rezza e oltre all'intaglio Nicola gli faceva talvolta pro-vare anche a modellar la creta. La sua prima opera riu-scita fu appunto una statuetta di creta alta due buonespanne: la figura graziosa e seducente della piccola Giu-lia, della sorella di Lidia. Il maestro lod• il lavoro, manon esaud• il desiderio espresso da Boccadoro di farlafondere in metallo; la figura gli sembrava troppo im-pudica e mondana, perch‚ egli volesse farle da padrino.Poi cominci• il lavoro intorno alla statua di Narciso;Boccadoro la esegu• in legno sotto le spoglie del disce-polo Giovanni, perch‚, se riusciva, Nicola voleva metter-la in un gruppo della crocefissione, che gli era stato or-dinato e al quale lavoravano da tempo esclusivamentei suoi due aiutanti, per lasciare poi al maestro l'ultimotocco .

Boccadoro lavorava alla figura di Narciso con grandeamore; in questo lavoro ritrovava se stesso, la sua na-tura d'artista e la sua anima, ogni volta ch'era uscito dicarreggiata, e non avveniva di rado: amori, feste da bal-lo, bicchierate coi compagni, gioco di dadi e anche rissefrequenti lo travolgevano cos• che per uno o pi— giorniegli disertava l'officina, oppure lavorava distratto e a ma-lincuore. Ma al suo apostolo Giovanni, la cui figura ama-ta e pensosa gli usciva dal legno sempre pi— pura, eglilavorava solo nelle ore in cui si sentiva preparato, condedizione e umilt…. In queste ore non era n‚ lieto n‚ tri-ste, non pensava n‚ alla gioia n‚ alla caducit… della vita;gli ritornava in cuore quel sentimento di rispetto puro e

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luminoso, col quale un tempo si era dato all'amico, lietodi lasciarsi guidare da lui. Non era Boccadoro che crea-va una figura di sua propria volont…, era l'altro piutto-sto, era Narciso che si serviva delle mani dell'artista peruscire dalla transitoriet… e mutabilit… della vita e per rap-presentare l'immagine pura del suo essere.

Cos•, Boccadoro sentiva talvolta con un brivido, na-scevano le vere opere. Cos• era nata la Madonna indi-menticabile del maestro, che pi— d'una domenica egli eratornato a visitare nel convento. Cos•, in questo modo sa-cro e misterioso, erano nate le due o tre statue antichepi— belle, che il maestro aveva su nel vestibolo. Cos• sa-rebbe nata un giorno anche quell'immagine, quell'altra,quell'unica, per lui pi— misteriosa e pi— veneranda an-cora, l'immagine della madre dell'umanit…. Oh, se dal-le mani dell'uomo uscissero solo di queste opere d'ar-te, immagini sante, necessarie, non profanate da una vo-lont… e da una vanit…! Ma non era cos•, egli lo sapevada un pezzo. Si potevano creare anche altre figure, cosegraziose e squisite, fatte con grande maestria, gioia de-gli amatori d'arte, ornamento delle chiese e delle saledi consiglio... belle cose certo, ma non sacre, non vereimmagini dell'anima. Egli conosceva parecchie di questeopere, che con tutta la loro grazia d'invenzione e mal-grado tutta la cura dell'esecuzione non erano in fondoche giochi. œ non solo di Nicola e di altri maestri; consua propria confusione e tristezza, nel suo cuore stesso,nelle sue stesse mani egli aveva sentito come un artistapossa mettere al mondo simili cose graziose, per il pia-cere della propria abilit…, per vanit…, per trastullo.

La prima volta che si rese conto di questo si sent• de-solatamente triste. Ah, per fare graziose figurine d'angelio altri giochetti, sian pur carini, non valeva la pena dessere artisti. Per altri forse, per artigiani, per cittadini,per anime tranquille e soddisfatte poteva anche valer lapena, ma per lui no. Per lui arte ed artisti non valevannulla, se non ardevano come il sole e non avevano la po-tenza delle tempeste, se non portavano che piacere, gra-dimento, piccola felicit…. Egli cercava altro. Dorare conlucente orpello una corona di Maria elegante come unmerletto non era lavoro per lui, anche se ben pagato.Perch‚ maestro Nicola prendeva tutte queste commissio-ni? Perch‚ si teneva due aiutanti? Perch‚ stava ad ascol-tare per ore ed ore, con le misure in mano, quei sena-tori e quei preposti, quando gli ordinavano un portale oun pulpito? Per due ragioni, due ragioni meschine: per-ch‚ teneva a essere l'artista celebre e coperto di com~missioni e perch‚ voleva accumular denaro, denaro nonper grandi imprese o grandi piaceri, ma denaro per suafiglia, ch'era gi… da un pezzo una fanciulla ricca, dena-ro per il corredo di lei, per colletti di pizzo e vesti dibroccato, per un letto matrimoniale in noce, pieno di co-perte e di lenzuola preziose! Come se la bella ragazzanon potesse sperimentare l'amore altrettanto bene in unfienile qualsiasi!

In quelle ore di meditazione s'agitava profondo in Boc-cadoro il sangue della madre, l'orgoglio e il disprezzo delvagabondo per i sedentari e i possidenti. A volte il me-stiere e il maestro gli erano odiosi come i fagiolini colfilo, spesso era sul punto di scappare.

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Anche il maestro s'era gi… pentito pi— d'una volta eamaramente di aver aderito alla preghiera di quel gio-vanotto dal carattere difficile, su cui non si poteva farconto e che aveva messo a dura prova la sua pazienza.Ci• ch'era venuto a sapere del tenore di vita di Bocca-doro, della sua indifferenza per il denaro e per la pro-priet…, della sua prodigalit…, dei suoi molti amori, dellesue risse frequenti, non poteva indurlo a maggior mitez-za: s'era preso in casa uno zingaro, un compagno infi-do. Inoltre non gli era sfuggito con che occhi quel vaga-bondo guardasse sua figlia Elisabetta. Se tuttavia eser-citava con lui maggior pazienza di quel che gli fosse age-vole, non lo faceva per senso di dovere o per imbarazzo;ma per amore dell'apostolo Giovanni, che vedeva na-scere sotto i suoi occhi. Con un sentimento di amore edi affinit… spirituale che non confessava del tutto a sestesso, il maestro osservava quello zingaro, venuto a luidal boschi, scolpire a poco a poco, capricciosamente macon tenacia infallibile, su quel primo disegno cos• com-movente e cos• bello malgrado la sua inesperienza, gra-zle al quale allora egli l'aveva tenuto presso di s‚, lafigura in legno del discepolo. Non ostante tutti i capriccie le interruzloni, un giorno essa sarebbe giunta a c,ompi-mento, il maestro non ne dubitava, e allora sarebbe stataun'opera quale nessuno dei suoi lavoranti avrebbe maipotuto fare, quale poche volte riesce anche ai grandi mae-stri. Per quante cose egli disapprovasse nel suo scolaro,per quanti rimproveri gli rivolgesse, per quanto fosse spes-so furente contro di lui, del suo Giovanni non gli dicevamai una parola.

Quel resto di grazia adolescente e d'ingenuit… fanciul-lesca, che aveva attirato a Boccadoro tante simpatie, eraandato a poco a poco perdendosi negli ultimi anni. Egliera diventato un bell'uomo forte, molto ambito dalle don-ne, poco amato dagli uomini. Anche il suo animo, il suoaspetto intimo, si era molto mutato, da quando Narcisol'aveva destato dal dolce sonno dei suoi anm di conven-to, da quando l'avevano plasmato il mondo e la vltavagabonda. Il grazioso scolaro mlte e benvoluto da tuttl,pio e servizievole, s'era trasformato da tempo in tutt'al-tro uomo. Narciso l'aveva destato, le donne lo avevanreso sapiente, il vagabondaggio gli aveva fatto perder legrazie della prima giovinezza. Amici non ne aveva, il suocuore apparteneva alle donne. Queste potevano conqul-starlo facilmente, bastava uno sguardo di desiderio. Eradifficile ch'egli sapesse resistere a una donna; risponde-va alla minima seduzione. E sebbene avesse un sensomolto delicato della bellezza e amasse sopra tutto le fan-ciulle giovanissime, nello sboccio della loro primavera, silasciava tuttavia commuovere e sedurre anche dalle don-ne meno belle e non pi— giovani. Nelle sale da ballo rl-maneva talvolta accanto ad una ragazza matura e sco-raggiata, che nessuno voleva e che lo conqulstava per levie della compassione non solo, ma anche di una curio-sit… sempre desta. E appena cominciava a darsl ad unadonna - fosse per settimane o soltanto per qualche ora- essa diventava bella per lui ed egli le si dava tutto.L'esperienza gli aveva insegnato che ogni donna e bella epu• donare felicit…, che quella meno apparlsCente e di-sprezzata dagli uomini Š capace di un ardore e di unadedizione inaudite, che quella sfiorita Š ricca di una te-

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nerezza dolce e malinconica pi— che materna, che ognidonna ha il suo segreto e il suo fascino, la cui rivelazlo-ne pu• render felici. In questo tutte le donne erano ugua-li. Ogni mancanza di giovinezza e di bellezza era com-pensata da qualche atteggiamento particolare. Certo nontutte potevano tenerlo avvinto per un'ugual durata di tem-po. Verso la pi— giovane e la pi— bella egli non era diun'ombra pi— affettuoso o pi— grato che verso la brutta,non amava mai a met…. Ma c'erano donne che comincla-vano veramente ad avvincerlo dopo tre o dopo dieci not-ti d'amore, e altre che gi… dopo la prima volta eranoesaurite e dimenticate.

Amore e volutt… gli parevano l'unica cosa che potessedavvero scaldare la vita, e darle un valore. L'ambizionegli era sconosciuta, per lui un vescovo o un mendicantevalevano lo stesso; anche il guadagno e la propriet… nonriuscivano ad interessarlo; li disprezzava, non avrebbe maifatto per essi il minimo sacrificio e gettava via spensiera-tamente il denaro, che in certi periodi guadagnava in ab-bondanza. L'amore delle donne, il gioco dei sessi stavaper lui in cima a tutto e il fondo della sua frequentetendenza alla malinconia e al disgusto aveva origine nel-l'esperienza di quanto sia instabile e fugace la volutt….L'accendersi repentino e incantevole del piacere amoroso,il suo breve ardere appassionato, il suo rapido spegner-si: ecco ci• che per lui conteneva il nocciolo di ogni espe-rienza, ci• che diventava per lui l'immagine di ogni de-lizia e di ogni dolore della vita. A quella tristezza e albrivido provocato dalla fugacit… del piacere egli potevaabbandonarsi con la stessa dedizione che all'amore, eanche quella malinconia era amore. Come l'estasi d'amo-re nel momento della sua massima tensione e felicit… Šsicura di dover scomparire e morire l'istante appresso, co-s• l'intima solitudine e l'abbandono alla tristezza eransicuri d'essere a un tratto inghiottiti dal desiderio, da unnuovo volgersi al lato luminoso della vita. Morte e volut-t… erano una cosa sola. La madre della vita si potevachiamare amore o piacere, si poteva chiamare anche tom-ba e corruzione. La madre era Eva, era la fonte dellafelicit… e la fonte della morte, generava eternamente, uc-cideva eternamente, in lei amore e crudelt… erano unacosa sola, e pi— egli portava in s‚ la sua figura, pi— essa~iventava per lui un simbolo sacro. Egli sapeva non conle parole e con la coscienza, ma con la voce pi— profon-~a del sangue, che la sua vita conduceva alla madre, al-la volutt… e alla morte. Il lato paterno della vita, lo spi-rito, la volont… non erano la sua patria. Quella era la pa-tria di Narciso, e solo allora Boccadoro comprendeva afondo le parole dell'amico e vedeva in lui il proprio con-trapposto e questo appunto voleva rappresentare e ren-dere visibile nella sua figura di Giovanni. Si poteva sen-tire fino alle lacrime la nostalgia di Narciso, si poteva so-gnare meravigliosamente di lui... ma raggiungerlo, diven-tare come lui, non si poteva.

Con un senso misterioso Boccadoro presentiva anche ilsegreto della sua natura d'artista, del suo profondo amo-re per l'arte e a volte del suo odio violento contro di es-sa. Intuiva, senza pensiero, col sentimento, in moltepliciimmagini, che l'arte era un'unionc del mondo paterno ematerno, dello spirito e del sangue; poteva cominclarenella sfera pi— sensuale e condurlo in quella pi— astrat-

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ta, o anche prender le mosse in un puro mondo d'idee efinire nella carne pi— sanguigna. Tutte quelle opere d'ar-te, ch'erano veramente sublimi e non solo bei giochettidi prestigiatore, quelle che erano pregne dell'eterno mi-stero, per esempio quella Madonna del maestro, tutte leopere genuine e indubbie di un artista avevano questoduplice aspetto pericoloso e sorridente, questo caratteremaschile e femminile, questo insieme d'istinto e di puraspiritualit…. Ma pi— di tutte la Madre Eva avrebbe mo-strato un giorno questo doppio volto, se un giorno eglifosse riuscito a rappresentarla.

Nell'arte e nell'essere artista stava per Boccadoro lapossibilit… di una conciliazione dei suoi contrasti pi— pro-fondi, oppure di una figurazione simbolica splendida esempre nuova del dissidio della sua natura. Ma l'artenon era un puro dono, non si poteva avere per niente,costava moltissimo, esigeva sacrifici. Per pi— di tre anniBorcadoro le aveva sacrificato ci• ch'egli conosceva dipi— alto e di pi— indispensabile accanto alla volutt… del-l'amore: la libert…. L'essere libero, il vagare nell'infinito,l'arbitrio della vita . errabonda, la solitudine e l'indipen-denza, tutto questo egli aveva gettato da s‚. Gli altri po-tevano giudicarlo capriccioso, insubordinato e prepotente,quando talvolta abbandonava infuriato l'officina e il la-voro: per lui quella vita era una schiavit—, che spesso loamareggiava fino a diventargli insopportabile. Non al mae-stro egli doveva ubbidire, n‚ all'avvenire, n‚ al bisogno,ma all'arte. L'arte, questa dea apparentemente cos• spiri-tuale, aveva d'uopo di tante cose futili! Di un tetto so-pra il capo, di strumenti, di legni, di creta, di colori, dioro: esigeva lavoro e pazienza. Ad essa egli aveva sa-crificato la libert… selvaggia dei boschi, l'ebbrezza dellospazio, l'aspra volutt… del pericolo, l'orgoglio della mlse-ria e doveva rinnovare continuamente il sacrificio, con lagoia strozzata e la bava alla bocca.

Ritrovava una parte di ci• che sacrificava, e si vendi-cava un poco della schiavit— di quella vita ordinata esedentaria, in alcune avventure che si collegavano conl'amore, nelle risse coi rivali. Tutta l'impetuosit… frenata,

tutta la forza repressa della sua natura si sfogava daquella valvola; egli divenne un noto e temuto rissaiolo.In istrada per recarsi da una ragazza o di ritorno dalballo, essere assalito a un tratto in un viottolo scuro, ri-cevere un paio di bastonate, rivoltarsi fulmineo e passa-re dalla difesa all'attacco, stringere ansando il nemicoboccheggiante, mettergli il pugno sotto il mento, prenderloper i capelli o afferrarlo energicamente alla gola, era cosache gli piaceva moltissimo e guariva per un po' di tem-po i suoi umori tetri. E piaceva anche alle donne.

Tutto ci• riempiva le sue giornate e tutto aveva ancheun senso, fin che durava il lavoro intorno al discepolo Gio-vanni. Questo si protrasse a lungo e gli ultimi tocchi de-licati alla modellazione del volto e delle mani furono da-ti in un raccoglimento pa2iente e solenne. Port• a termi-ne il suo lavoro in uno stanzino per il deposito dei legnidietro l'officina dei lavoranti. Venne finalmen~e la mat-tina in cui la figura fu pronta. Boccadoro prese una sco-pa, spaz20 con cura lo stanzino, tolse delicatamente colpennello l'ultima polvere di legno dai capelli del suo Gio-

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vanni e rimase a lungo davanti ad esso, un'ora e pi—, in-vaso dal sentimento solenne di un avvenimento grandee raro, che poteva forse ripetersi ancora una volta nellasua vita, ma forse poteva anche rimanere unico. Un uo-mo nel giorno delle sue noz2e o in cui venga armato ca-valiere, una donna dopo il primo parto deve sentire qual-cosa di simile agitarsi nel suo cuore, un'alta consacra-zione, una seriet… profonda e insieme gi… il timore segre-to di quel momento, in cui anche quest'esperienza unicae sublime sia vissuta, passata, classificata ed inghiottitadal corso normale della vita.

Immobile guardava l'amico Narciso, la guida dei suoianni giovanili, l• davanti a lui, con la testa alta in ascol-to, nella veste del bel discepolo favorito, con un'espressio-ne di calma, di dedizione e di piet… ch'era come il ger-moglio d'un sorriso. A quel volto bello, pio e spirituale,a quella figura slanciata, quasi librata, a quelle mani lun-ghe, levate in un pio gesto di grazia, il dolore e la mor-te non erano ignoti, quantunque fossero pieni di giovinez-za e di musica intima; ma ignoti erano loro la dispera-zione, il disordine, la rivolta. Lieta o triste che fosse l'a-

nima dietro quei nobili lineamenti, era intonata a pureZ-za, non tollerava dissonanze.

Boccadoro, immobile, osservava l'opera sua. La contem-plazione, cominciata come un'adorazione al monumentodella sua prima giovinez2a e della sua amicizia, fin• conuna tempesta di ansie e di pensieri gravi. Ecco l• la suaopera: il bel discepolo sarebbe rimasto e la sua fiorituradelicata non avrebbe mai avuto fine. Egli invece, che l'a-veva creato, doveva ormai prender congedo dalla propriaopera, gi… l'indomani essa non gli apparterrebbe pi—, nonaspetterebbe pi— le sue mani, non crescerebbe e fiorireb-be pi— sotto di esse, non sarebbe pi— per lui rifugio, con-forto e senso della vita. Egli rimaneva vuoto. E gli pa-reva che il meglio sarebbe stato prender congedo quelgiorno stesso non solo dal suo Giovanni, ma anche dalmaestro, dalla citt… e dall'arte. Egli non aveva pi— nullada fare in quel luogo; non c'erano immagini nella suaanima, che potesse rappresentare. La vagheggiata imma-gine delle immagini, la figura della Madre degll uommlnon gli era ancora raggiungibile, e per lungo tempo. Do-veva rimettersi a lustrare figurine d'angelo, o a Intagha-re ornamenti?

Si strapp• di l… e pass• nell'officina del maestro. Entr•piano e rimase sulla soglia, finch‚ Nicola lo vide e lochiam•.--Che c'Š Boccadoro?

-- La mia statua Š finita. Potreste forse venir un mo-mento a guardarla prima d'andare a tavola.

--Volentieri, vengo subito.

Passarono insieme nello stanzino, lasciando la portaaperta perch‚ ci fosse pi— luce. Nicola non aveva vistola figura da parecchio tempo e aveva lasciato lavorareBoccadoro senza disturbarlo. Ora osservava l'opera con sl-lenziosa attenzione, e il suo volto chiuso si faceva belloe luminoso: Boccadoro vide i suoi occhi azzurri e severi

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diventare sereni.

-- Bene, -- disse il maestro. -- Molto bene. E la tuaprova d'esame, Boccadoro: ora hai finito d'imparare. Mo-strer• la tua figura a quelli della corporazione e chiede-r• che ti diano un diploma di maestro: l'hai meritato.

Boccadoro dava poca importanza alla corporazione, masapeva quale elogio significassero le parole del maestro,e ne fu lieto.

Nicola, rigirando lentamente intorno alla statua delGiovanni, disse con un sospiro: -- Questa figura Š pie-na di religiosit… e di chiarezza, Š seria, ma ricca di feli-cit… e di pace. Si direbbe fatta da un uomo che ha incuore molta luce, molta serenit….

Boccadoro sorrise.

-- Sapete che in questa figura io non ho rappresenta-to me stesso, ma il mio pi— caro amico. Egli vi ha por-tato la chiarezza e la pace, non io. Non sono stato io acreare quell'immagine, egli me l'ha messa nell'anima

-- Pu• darsi, --disse Nicola.--E un mistero, in chemodo nasca una figura come questa. Io non sono preci-samente umile ma debbo dire: ho fatto molte opere chesono di gran iunga inferiori alla tua, non per arte e peraccuratezza, ma per verit…. Via, lo sai tu stesso, un'ope-ra simlle non si ripete. E un mistero.

-- S•, -- disse Boccadoro, -- quando ebbi terminatala figura e la guardai, pensai fra me: un'opera come que-sta non ti riuscir… una seconda volta. Perci•, maestrocredo che presto ritorner• alla vita del vagabondo.

Nicola lo guard• stupito e malcontento.

--Ne riparleremo. Il lavoro per te dovrebbe comin-ciare proprio ora, non Š questo davvero il momento discappare Ma per oggi fai vacanza, e a mezzogiorno sarai

mlo osplte.

A mezzogiorno Boccadoro arriv•, pettinato e lavato, conl'abito della festa. Questa volta sapeva quanta importan-za avesse e che raro favore fosse un invito alla mensa delmaestro. Ma, mentre saliva la scala che conduceva al ve-stibolo tutto adorno di statue, era ben lungi dal sentirein s‚ il rispetto e la timida gioia dell'altra volta, quandoera entrato col batticuore in quelle belle stanze silenziose

Anche Elisabetta era elegante, con una catena ornatadi pietre preziose intorno al collo; e a tavola, oltre alcarpione e al vino, ci fu un'altra sorpresa il maestro gliregal• un borsellino di cuoio con due monete d'oro: ilsuo compenso per la statua eseguita

Questa volta egli non rimase muto, mentre padre e fi-glia chiacchieravano fra loro. Entrambi gli rivolgevano laparola e fu fatto un brindisi. Gli occhi di Bo~cadoro nonstavano oziosi; coglieva l'occasione per osservare atten-tamente la bella ragazza dal viso aristocratico e un poco

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altero, e i suoi sguardi non dissimulavano quanto gli pia-cesse. Ella si mostrava gentile con lui, senza per• arros-sire n‚ riscaldarsi, e ci• lo lasciava deluso. Egli tornavaa sentir vivo il desiderio di costringere quel bel volto im-mobile a parlare e a rivelare il suo segreto.

Dopo tavola ringrazi•, rimase un poco ad ammirare lesculture in legno del vestibolo, poi pass• il pomeriggio azonzo per la citt…, indeciso e sfaccendato. Era stato moltoonorato dal maestro, oltre ogni aspettativa. Perch‚ ci• nonlo rendeva lieto? Perch‚ tutto quell'onore sapeva cos• po-co di festa per lui?

Gli venne un'ispirazione e la segu•: prese a nolo uncavallo e si diresse verso il convento, dove un giorno ave-va visto per la prima volta l'opera del maestro e uditoil nome di lui. Eran passat¡ due anni e gli pareva untempo infinito. Nella chiesa del convento visit• e contem-pl• la Madre di Dio, che ancora una volta lo soggiog•e lo rap•; era pi— bella del suo Giovanni, pari per pro-fondit… intima e misteriosa, ma superiore per arte, per ll-bero slancio etereo. Egli scorgeva ora nell'opera partlco-lari che solo l'artista vede, movimenti lievi e delicati nel-la veste, arditezze nella formazione delle lunghe mam edelle dita, fini accorgimenti nello sfruttare le accidenta-lit… nella struttura del legno... tutte queste belle7ze nonerano nulla in confronto dell'insieme, della semplicit… esincerit… della visione, ma esistevano ed erano molto bel-le, e anche nell'artista pi— ispirato eran possibili soloquando conoscesse a fondo il suo mestiere. Per ragglun-gere di questi effetti, uno doveva avere non soltanto l'a-nima ricca d'immagini, ma anche gli occhi e le mam me-ravigliosamente addestrati ed esercitati. Forse valeva dun-que la pena di metter tutta la propria vlta al servlzlodell'arte, a prezzo della libert…, a prezzo delle grandi espe-rienze, pur di riuscir a produrre qualcosa di cos• bello,non solo vissuto, contemplato e concepito in amore, maanche eseguito con sicura maestria fin nell'ultimo partl-colare? Era una grande queStlOne.

Boccadoro ritorn• in citt… a notte tarda col cavallostanco. C'era ancora aperta un'osteria: mangi• del panee bevette del vino, poi sal• nella sua camera in plaZZa

del mercato del pesce; era in disaccordo con se stesso,

pieno di domande, pieno di dubbi.C~PITOLO Xll

Il giorno dopo Boccadoro non seppe decidersi ad an-dare all'officina. Come gi… in tante altre giornate di cat-hvo umore, cammin• a zonzo per la citt…. Vide le donnee le ragaze che andavano al mercato, sost• specialmen-te presso la fontana, osservando i mercanti di pesce e leloro donne vigorose, mentre offrivano in vendita e decan-tavano la loro merce, mentre estraevano dai loro tini ipesci freddi e argentei, alcuni dei quali s'arrendevanoquleti alla morte, con la bocca dolorosamente aperta e gliocchi d'oro fissi in un'espressione d'angoscia, altri inve-ce Si rlbellavano furenti e disperati. Come gi… tante vol-te, lo prendeva una viva compassione per quelle bestie

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e una trlste indignazione contro gli uomini; perch‚ que-sti erano cos• ottusi e roz2i e inconcepibilmente stolti emiopl, perch‚ tutti quanti non vedevano nulla, n‚ i pe-scatori n‚ le pesclvendole n‚ i compratori che tiravan sulprez2o; perch‚ non vedevano quelle bocche, quegli occhispaventatl a morte e quelle code che si dibattevano vio-lentemente, non vedevano quella tremenda lotta dispe-rata e vana, quell'Insopportabile trasformazione dei mi-sterlosl ammall cos• meravigliosamente belli, che rabbri-vldivano nell'ultlmo lieve tremito sulla pelle morente epOI giacevano mortl e spenti, lunghi e tirati, miseri pezzidi carne per la tavola del ghiottone soddisfatto? Nullavedevano questi uomin¡, nulla sapevano e osservavanonulla parlava loro! Che importava se un povero graziosoanimale s'irrigidiva sotto i loro occhi, o se un maestrOrendeva visibile in un volto santo la speranza, tutta lanobllt…, tutto il dolore e tutta la cupa, stringente ango-scla della vita umana, fino a darne il brivido?... Nulla ve-devano, nulla li commoveva! Tutti erano soddisfatti o af-

faccendati, avevano interesse, avevano fretta, gridavano,ridevano, si ruttavano in faccia, facevan chiasso, facevandello spirito, urlavano per due soldi, e tutti stavano bene,tutti erano in regola, soddisfattissimi di s‚ e del mondo.Porci erano, ah, molto peggio, molto pi— sozzi dei por-ci! Anch'egli, Š vero, era stato spesso in mezzo a loro es'era sentito contento fra i suoi simili e aveva fatto lacorte alle ragazze e aveva mangiato ridendo senza orrorei pesci arrostiti. Ma poi sempre, talora tutt'a un trattocome per incanto, la gioia e la tranquillit… l'avevano ab-bandonato e quell'illusione grassa e corpacciuta era ca-duta dal suo spirito, quella soddisfazione di s‚, quell'im-portanza e quella calma stagnante dell'anima, e s'era sen-tito trascinar via nella solitudine e nella fantastlcherlatormentata, spinto alla vita vagabonda, alla contempla-zione del dolore, della mortc, dell'incertezza d'ogm attl-vit…, costretto a fissar gli occhi nell'abisso. Talvolta al-lora da quel suo disperato abbandono alla visione dell'as-surdo e del pauroso gli era'sbocciata una gioia improv-visa, un innamoramento appassionato, la voglia di canta-re una bella canzone o di disegnare; oppure, odorandoun fiore, giocando con un gatto, gli era tornato l'accordoingenuo con la vita. Anche questa volta sarebbe tornato,domani o dopodomani, e il mondo sarebbe stato di nuo-vo buono e meraviglioso: fino a quando non ritornasseun'altra volta la tristezza, la fantasticheria tormentosa,l'amore opprimente e senza speranza per i pesci morl-bondi, per i fiori che appassiscono, l'orrore per il quietOvivere degli uomini, sozzo ed ottuso, per il loro star abocca aperta e non vedere. In questi momenti il suo pen-siero riandava sempre con penosa curiosit… e con angOsCIaprofonda a Vittore, al goliardo vagante, a cui un glornoaveva piantato il coltello fra le costole e che aveva ab-bandonato, coperto di sangue, sui rami d'abete; e pensa-va e ripensava che mai poteva esser avvenuto di quelVittore: se gli animali l'avevano divorato del tutto, o sequalcosa di lui era rimasto. S•, rimaste eran certo le os-sa e forse qualche ciuffo di capelli. E le ossa... che avver-rebbe di loro, quanto tempo dovrebbe passare, decennio solo anni, prima che anch'esse perdessero la loro for-ma e diventassero terra?Ecco, in quel momento, mentre guardava i pesci con

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compassione e la gente del mercato con disgusto, il cuo-re gonfio d'inquieta tristezza e di amara ostilit… per ilmondo e per se stesso, doveva pensare a Vittore. Forseera stato trovato e sepolto? E se ci• era avvenuto... Iasua carne s'era ormai staccata tutta dalle ossa, tutto eraormai putrefatto, tutto avevano divorato i vermi? C'era-no ancora capelli sul suo cranio e sopracciglia sopra lesue orbite? E della vita di Vittore, ch'era pur stata pie-na d'avventure e di storie, e del gioco fantastico dei suoischerzi e delle sue curiose barzellette... che n'era rimasto?Oltre ai pochi ricordi che conservava di lui il suo ucci-sore, sopravviveva ancora qualcosa di quell'esistenza uma-na, che pure non era stata delle pi— comuni? C'era an-cora un Vittore nei sogni delle donne che l'avevano ama-to? Ah, tutto probabilmente finito e dileguato! E questaera la sorte di tutti e di tutto, fiorire in fretta ed in fret-ta appassire: poi cadeva sopra la neve. Che magnificorigoglio c'era stato in lui stesso, Boccadoro, quando po-chi anni prima era giunto in quella citt…, con l'animapiena d'aspirazioni artistiche e di timida e profonda ve-nerazione per il maestro Nicola! E che cosa era rimastodi tutto questo? Nulla, nulla pi— di quanto rimanessedella lunga figura di brigante del povero Vittore. Se al-lora qualcunq gli avesse detto che sarebbe venuto ungiorno in cui Nicola lo avrebbe riconosciuto suo pari eavrebbe chiesto per lui alla corporazione il diploma dimaestro, egli avrebbe creduto di aver fra le mani tuttala felicit… del mondo. Ed ecco che questo non era or-mal plu che un fiore avvizzito, una cosa arida e senzagioia.

Mentre era immerso in questi pensieri, Boccadoro, ebbe-all'improvviso una visione. Fu un momento solo, il lam-peggiar d'un baleno: vide il volto della Madre primi-genia, chino sopra l'abisso della vita, con un sorriso vagoe uno sguardo bello e crudele, lo vide sorridere alle na-scite, alle morti, ai fiori, alle foglie crepitanti dell'autun-no, sorridere all'arte, sorridere alla putrefazione.

Tutto aveva lo stesso valore per la Madre dei viventi,sopra tutto vagava, come la luna, il suo sorriso inquietan-te, a lel era altrettanto caro Boccadoro con le sue ma-linconiche meditazioni quanto il carpione morente sul sel-ciato del mercato dei pesci, era altrettanto cara la super-

ba e fredda signorina Elisabetta quanto le ossa, dispersenella foresta, di quel Vittore che un giorno gli avrebberubato tanto volentieri il suo ducato.

Gi… il lampo s'era spento e il misterioso volto dellaMadre era scomparso. Ma il suo bagliore scialbo guizza-va ancora in fondo all'anima di Boccadoro, e un'ondatadi vita, di dolore, di opprimente nostalgia tumultuava nelsuo cuore. No, no, egli non voleva la felicit… e la sazle-t… degli altri, dei compratori di pesce, dei cittadini, dellagente affaccendata. Che il diavolo li portasse! Ah, quelviso pallido e balenante, quella bocca piena, matura, d'e-state avanzata, sulle cui labbra grevi era passato comeuna folata di vento e come un raggio di luna quell'in-definibile sorriso di morte!

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Boccadoro and• a casa del maestro: era verso mezzo-giorno; attese fin che ud• Nicola lasciar il lavoro e lavar-si le mani. Allora entr• da lui.

-- Permettetemi di dirvi due parole, maestro: possofarlo mentre vi lavate le mani e indossate la giubba. Hosete d'una boccata di verit…, vorrei dirvi qualcosa cheforse ora so dire e poi non pi—. Mi trovo in uno stato,in cui bisogna che parli con qualcuno, e VOI siete il soloche forse mi pu• capire. Non parlo all'uomo che pos-siede un'officina famosa e riceve onorevoli incarichi dacitt… e da conventi e ha due assistenti e una casa bellae ricca. Parlo al maestro che ha fatto quella Madonnalaggi— nel chiostro, la pi— bella figura che io conoscaQuest'uomo io ho amato e venerato, diventar suo parlmi sembrava la meta pi— alta di questa terra. Ora hocreato anch'io una figura, il Giovanni, non l'ho saputa fa-re cos• perfetta come la vostra Madre di Dio, ma insom-ma Š quel che Š. Non ne ho un'altra da fare, non c'Šnessuna immagine che mi chiami, che mi costringa arappresentarla. O meglio, ce n'Š una, una sacra immagi-ne lontana, che un giorno dovr•, ma che oggi non possoancora rappresentare. Per riuscirvi debbo vivere ancoramolto e arricchirmi d'altre esperienze. Forse potr• fra tre,quattro anni, o fra dieci, o pi— tardi ancora, o anchemai Ma fino a quel momento, maestro, non voglio eser-citar il mestiere e verniciar figure e intagliar pulpiti e con-durre una vita d'artigiano nell'officina e guadagnar de-naro e diventar simile a tutti gli artigiani; non voglio

questo, io voglio vivere e girovagare, sentire l'estate el'inverno, guardare il mondo, sperimentare la sua bellez-za e il suo orrore. Io voglio soffrire la fame e la sete evoglio dimenticarmi, liberarmi di tutto quello che ho vis-suto e imparato qui da voi. Desidererei bens• di poter fa-re un giorno qualcosa di cos• profondamente commo-vente come la vostra Madre di Dio... ma diventare co-me voi, vivere come voi vivete non voglio.

Il maestro che s'era lavato e asciugato le mani, si vol-t• verso Boccadoro e lo guard•. Il suo volto era severo,ma non in collera.

-- Tu hai parlato, -- disse, -- e io ho ascoltato. Ba-sta cos•. Non ti aspetto al lavoro, quantunque ci sia mol-to da fare. Non ti considero come un mio aiutante: tuhai bisogno di libert…. Vorrei discutere di alcune cosecon te, caro Boccadoro: non ora, fra qualche giorno; in-tanto puoi passare il tempo come ti pare. Vedi, io sonomolto pi— vecchio di te e ho parecchie esperienze. Pensoin un altro modo, ma ti capisco e so quello che intendi.Fra un po' di giorni ti far• chiamare. Parleremo del tuoavvenire: ho diversi progetti. Fino allora abbi pazienza!So bene quel che si prova quando si Š terminata un'operache stava a cuore, conosco codesto senso di vuoto. Pas-sa, credimi.

Boccadoro se n'and• insoddisfatto. Il maestro era benintenzionato verso di lui, ma come poteva aiutarlo?

Egli conosceva un punto del fiume, dove l'acqua nonera alta e scorreva sopra un fondo pieno di rottami edi rifiuti; dalle case del sobborgo dei pescatori vi getta-

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vano dentro ogni sorta d'immondizie. Si rec• l…, sedet-te sul muro di sponda e guard• gi— nell'acqua. Egli ama-va molto l'acqua, ogni acqua lo attraeva. E guardandodi lass—, attraverso la corrente cristallina, il fondo cupoe indistinto, si vedevan qua e l… luccicare e scintillarecon un baglior d'oro smorzato e suggestivo, cose irricono-scibili,.forse un vecchio coccio di piatto, o una falce stor-ta gettata via, o un tegolo smaltato, talvolta poteva es-sere anche uno di quei pesci che vivono nella melma, ungrosso capitone od una lasca, che si voltolava laggi— ericeveva per un attimo sulle chiare pinne del ventre esulle scaglie un raggio di luce... non si poteva mai rico-noscere con precisione di che si trattasse, ma aveva sem-

pre un fascino magico e suggestivo quel subitaneo e smor-zato scintillar d'aurei tesori, immersi nel fondo umido enero. Simili a questo piccolo mistero dell'acqua gli pare-va che fossero tutti i misteri veri, tutte le immagini rea-li dell'anima: non avevano contorno, non avevano for-ma, la lasciavano solo presentire come una bella possibili-t… lontana, erano velati ed ambigui. Come l… nella pe-nombra della verde profondit… fluviale brillava col guizzod'un baleno qualcosa d'indefinibile fra l'oro e l'argento,un nulla e pur ricco delle pi— liete promesse, cos• il pro-filo vago d'un uomo, veduto di scorcio, poteva talvoltaannunciare qualcosa d'infinitamente bello o d'immensa-mente triste, oppure come nella notte sotto un carro datrasporto pendeva una lanterna e proiettava sui muri leombre giganti e gigantesche dei raggi delle ruote, questogioco d'ombre poteva per la durata d'un minuto esserpieno di visioni, d'avvenimenti e di storie come tutto Vir-gilio. Della stessa stoffa magica e irreale eran tessuti isogni notturni, un nulla che conteneva in s‚ tutte le im-magini del mondo, un'aCqua nel Cui cristallo stavano leforme di tutti gli uomini, di tutti gli animali, degli an-geli e dei demoni, come possibilit… sempre deste.

Boccadoro si sprofond• di nuovo in quel gioco, fiss•perdutamente il fiume che scorreva, vide tremare sul fon-do bagliori informi, immagin• corone regali e bianchespalle di donne. Una volta, a Mariabronn, si rammenta-va d'aver veduto nelle lettere latine e greche simili for-me di sogno, simili trasfigurazioni magiche; non ne ave-va parlato con Narciso allora? Ah, quando era stato,quante centinaia d'anni addietro? Ah, Narciso! Per ve-der lui, per parlare un'ora con lui, per tenere la sua ma-no, per udire la sua voce calma e saggia, avrebbe datovolentieri i suoi due ducati d'oro.

Ma perch‚ queste cose erano cos• belle, questo rilucerd'oro sotto l'acqua queste ombre e queste intuizioni, tut-te queste visioni irreali e fatate... perch‚ erano cos• inef-fabilmente belle e davano tanta felicit…, se erano pro-prio il contrario di ci• che di bello pu• fare un artista?Giacch‚, se la bellezza di quelle cose indefinibili era sen-za forma e stava soltanto nel mistero, nelle opere del-l'arte avveniva precisamente il contrario, esse eran tutte for-ma, parlavano perfettamente chiaro. Nulla era pi— ineso-rabilmente chiaro e definito della linea di una testa o diuna bocca disegnata o scolpita nel legno. Con una preci-sione matematica egli avrebbe saputo riprodurre in un di-segno il labbro inferiore o le palpebre della Madonna di

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Nicola; l… non c'era nulla d'indefinito, d'illusorio, d'eva-nescente.

Boccadoro s'abbandonava tutto a queste riflessioni. Nonriusclva a spiegarsi come fosse possibile che quanto si po-teva pensare di pi— determinato e di pi— formato agissesull'anima allo stesso modo come ci• che v'era di pi—inafferrabile e di pi— informe. Una cosa per• gli si rive-l• in questa meditazione: perch‚ tante opere d'arte inap-puntabili e ben fatte non gli piacessero e, non ostante unacerta bellezza, gli riuscissero noiose, quasi odiose. Offici-ne, chiese e palazzi erano pieni di queste opere insoppor-tabill, egli stesso aveva lavorato ad alcune di esse. Da-vano una delusione profonda, perch‚ mancava loro l'es-senziale: il mistero. Questo era ci• che avevano in co-mune il sogno e l'opera d'arte pi— perfetta: il mistero.

Boccadoro pensava ancora: un mistero Š appunto quel-lo che io amo, che io inseguo che pi— volte ho vedutobalenarmi dinanzi e che, se mi sar… possibile un giorno,vorrei rappresentare da artista e costringere a rivelarsi Ela figura della grande generatrice, della Madre primige-nia: e il suo mistero non sta, come quello di un'altrafigura, in questa o quella singolarit…, in una particolarepienezza o magrezza, solidit… od eleganza, forza o gra-zia, bens• nell'aver riuniti in s‚ e pacificati i pi— grandicontrastl, altrimenti inconciliabili nel mondo. nascita emorte, bont… e crudelt…, vita e annientamento. Se io aves-Sl escogltato da me questa figura, se fosse solo un giocodel mlo pensiero o un ambizioso desiderio d'artista, po-co importerebbe, io potrei capire le sue manchevolezze edimenticarla. Ma la Madre primigenia non Š un pensieroperch‚ l'ho inventata io, l'ho veduta! Essa vive in mel'ho ripetutamente incontrata, La presentii la prima vol-ta, quando in un villaggio, una notte d'inverno, dovettitenere il lume sopra il letto di una contadina partorien-te: allora l'immagine cominci• a vivere in me. Spesso Šstata lontana e perduta, lungo tempo, ma poi a un trat-to mi rlbalena davantl, anche oggi. L'immagine della miapropria madre, un tempo la pi— cara per me, si Š com-

pletamente trasformata in questa nuova e vi sta dentrocome il nocciolo in una ciliegia.

Sentiva poi chiaramente la sua situazione attuale, l'an-sia innanzi a una decisione. Non meno d'allora, quandoaveva detto addio a Narciso e al convento, Si trovavasu di una via importante: la via verso la Madre. Forseun giorno dalla Madre sarebbe uscita una figura plasma-ta e a tutti visibile, un'opera delle sue mani. Forse l… sta-va la meta, l… era celato il senso della sua vlta. Forse;non lo sapeva. Ma una cosa sapeva: segulre la Madre,essere in cammino verso di lei, attratto, chiamato da lel,era bene, era vita. Forse non avrebbe mai saputo rappre-sentare la sua immagine, forse sarebbe rimasta sempre so-gno, presentimento, attrattiva, aureo balemo di un sacromistero. Ebbene, in ogni caso egli doveva seguirla, a ledoveva affidare il suo destino, era lei la sua stella.

Ed ecco che la decisione s'era fatta imminente, tuttoera diventato chiaro. L'arte era una bella cosa, ma nonera una dea n‚ una meta, non lo era per lui; non l'arteegli doveva seguire, solo il richiamo della Madre. A che

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poteva giovare render sempre plu abfli le sue dita. Inmaestro Nicola si poteva vedere dove ci• conducesse. Con-duceva alla gloria e alla fama, al denaro e alla vita se-dentaria, e a un inaridimento e intristimento di quei sen-si interiori, ai quali soltanto Š accessibile il mistero. Con-duceva alla fattura di leggiadri e preziosi trastulli, a ric-chi altari e pulpiti d'ogni sorta, a immagini di san Seba-stiano e a testine d'angelo graziosamente ricciute, quat-tro talleri al pezzo. Oh, l'oro nell'occhio d'un carpionee la delicata, sottile peluria argentea sull'orlo di un'aladi farfalla erano infinitamente pi— belli, pi— VIVI, pl— de-liziosi di tutta una sala piena di quelle opere d'arte.

Un ragazzo scendeva cantando per la strada m rivaal fiume; tavolta il suo canto ammutoliva ed egli adden-tava un grosso pezzo di pan bianco, che aveva in mano.Boccadoro lo vide e gli chiese un pez2etto del suo pane,ne trasse fuori con due dita un po' di mollica e ne for-m• delle pallottole. Sporgendosi dal parapetto, gett• nel-l'acqua lentamente l'una dopo l'altra le palline di pane,le vide affondare chiare nell'acqua scura, le vide circon-date da teste di pesci accorsi in fretta a sciami, poi scom-parire in una di quelle bocche. A una a una le vide af-

fondare e scomparire, con viva soddisfazione. Poi sent•fame e and• a cercare una delle sue belle, che serviva incasa d'un macellaio e ch'egli chiamava ® signora dellesalslcce e dei prosciutti ¯. Col fischio consueto l'attir• al-la finestra della cucina; aveva intenzione di farsi dare dalei qualche cosa da mangiare, intascarla e consumarla poidi la dal fiume, in uno di quei vigneti la cui terra rossae pmgue splendeva cos• viva sotto i pampini rigogliosie dove m primavera fiorivano i piccoli giacinti az2urri daldelicato profumo della frutta a nocciolo.

Ma pareva che fosse il giorno delle decisioni e delleintuizioni profonde. Quando Caterina comparve alla fi-nestra e sorrise dal viso sodo e un po' rozo, quando gi…egli tendeva la mano per darle il consueto segnale, all'im-provviso si ramment• di tutte le altre volte ch'era stato l•cos• ad aspettare. E con una chiarez2a tediosa vide inprecedenza tutto quello che sarebbe avvenuto nei momen-ti successivi: come ella avrebbe riconosciuto il suo se-gnale e si sarebbe ritratta, per ricomparire poco dopo al-la porta di servizio, con in mano della carne affumicatache egli avrebbe preso, accarez2ando un poco la ragaz2ae stringendola a s‚, com'ella s'aspettava... e gli parve aun tratto infinitamente stupido e brutto quel provocareancora una volta tutto un succedersi meccanico di cosegi… vissute e rappresentarvi la solita parte: ricever lasalsiccia, sentirsi premer contro il petto quel seno robu-sto e premerlo a sua volta un poco in cambio del dono.A un tratto credette di scorgere nel volto buono e roz-zo di lei un'espressione di consuetudine priva d'anima,nel suo sorriso cordiale qualcosa che aveva visto troppospesso, qualcosa di meccanico, senza mistero, indegno dilui. Non descrisse fino in fondo il gesto abituale con lamano, sul volto si gel• il sorriso. L'amava egli ancora,la desiderava sul serio? No, gi… troppe volte era statoli, troppe volte aveva veduto quel sorriso sempre ugua-le e l'aveva ricambiato senza l'impulso del cuore. Ci• cheil giorno mnan2i. avrebbe ancora potuto fare spensierata-mente, a un tratto non gli era pi— possibile. La ragaz2a

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era ancora alla finestra a guardare, ed egli aveva gi… vol-tato le spalle ed era scomparso in fondo al vicolo, deci-so a non mostrarsi mai pi—. Accarezzasse un altro quelseno! Mangiasse un altro quelle buone salsicce! Quanto

si divorava e si dissipava ogni giorno in quella pinguecitt… soddisfatta! Com'eran pigri viziati, schifiltosi queigrassi cittadini, per i quali ogni giorno s'ammazzavanotanti maiali e tanti vitelli e si tiravan su dal fiume tantlpoveri e bei pesci! Ed egli stesso... come s'era viziato eguastato anche lui, com'era diventato schifosamente Sl-mile a quei pingui cittadini! In giro per il mondo, nellacampagna coperta di neve, una prugna secca o una cro-sta di pan vecchio erano ben pi— appetitose che l• nel be-nessere tutto il pranzo di una corporazione. O vita erra-bonda, o libert…, o landa rischiarata dalla luna, o tracclad'animali cautamente osservata nell'erba umida e grlgladel mattino! L• in citt…, presso i sedentari, tutto riusclvacos• facile e costava cos• poco, perfino l'amore. A untratto ne aveva abbastanza, ci sputava sopra. La vlta l•aveva perduto il suo significato, era un osso senza mi-dollo. Era stata bella e aveva avuto un senso fin che llmaestro era stato un modello, Elisabetta una principes-sa; era stata sopportabile, fin ch'egli aveva lavorato alsuo Giovanni. Ormai era finita, il profumo s'era dflegua-to, il fiorellino era appassito. Con un'ondata violenta loafferr• il sentimento della caducit…, che tante volte po-teva tormentarlo cos• profondamente e cos• profondamen-te inebbriarlo. Tutto sfioriva presto, presto era esauritoogni piacere e nulla rimaneva fuor che ossa e polvere. Mano, una cosa rimaneva: la Madre eterna, antichisslma edeternamente giovane, col sorriso d'amore triste e crudele.La rivedeva a momenti: gigantesca con le stelle nei ca-pelli, seduta a sognare sul margine del mondo, coglievagiocando con la mano un fiore dopo l'altro, una vita do-po l'altra e lentamente li lasciava cadere nell'abisso sen-za fondo. . .

In quei giorni, mentre Boccadoro vedeva impallldiredietro di s‚ un tratto di vita sfiorito e vagava per la re-gione familiare in una triste ebbrez2a d'addio, maestroNicola si dava gran pena per provvedere al suo avveniree per rendere sedentario per sempre quell ospite inquieto.Persuase la corporazione ad assegnare a Boccadoro il di-ploma di maestro e medit• il progetto di legarlo dure-volmente a s‚ non come subalterno ma come collabora-tore, di discutere e d eseguire con lui tutte le grandi com-missioni che riceveva e di associarlo al loro reddito. For-

se era un rischio, anche per Elisabetta, poich‚ natural-mente il giovane sarebbe diventato presto suo genero. Mauna figura come il Giovanni anche il migliore di tutti gliassistenti assoldati da Nicola non l'avrebbe mai saputafare, ed egli stesso diventava vecchio e le sue ispirazio-ni e la sua forza creatrice impoverivano; n‚ egli volevavedere la sua celebre officina decadere ad una volgareindustria manuale. Sarebbe stato difficile con quel Bocca-doro; ma bisognava osare.

Cos• il maestro faceva accuratamente i suoi calcoli.Avrebbe fatto restaurare e ingrandire per Boccadoro laparte posteriore dell'officina, gli avrebbe messo in ordine

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la stanza sotto tetto, gli avrebbe regalato anche dei beivestiti nuovi per il suo ricevimento nella corporazione.Chiese poi con cautela l'opinione di Elisabetta, che da quelpranzo in poi s'aspettava qualcosa di simile. E guarda, Eli-sabetta non era contraria. Se il giovanotto era costretto afissare la sua dimora e se il maestro voleva, ella era con-tenta Anche qui dunque nessun ostacolo. E se maestroNicola e la professione non erano ancora riusciti del tut-to a domare quello zingaro, Elisabetta avrebbe saputocompiere l'opera.

Cos• tutte le fila eran tirate e l'esca appesa dietro illaccio per accalappiare l'uccello. E un giorno Boccadoro,che non s'era pi— lasciato vedere, fu mandato a chiamare einvitato di nuovo a mensa. Ricomparve spaz201ato e pet-tinato, sedette di nuovo nella bella stanza un po' tropposolenne, tocc• di nuovo il bicchiere col maestro e con lafigliola del maestro, finch‚ questa si allontan• e Nicolavenne fuori col Suo progetto e con la sua proposta.

-- Mi hai inteso, -- aggiunse alle sue sorprendenti co-municazioni,--e non ho bisogno di dirti che non s'Š maidato che un giovane, senza neppur aver assolto il pe-riodo di scuola prescritto, sia diventato cos• presto mae-stro e abbia trovato subito il nido caldo. La tua fortuna Šfatta, Boccadoro.

Boccadoro guardava il suo maestro, meravigliato e colcuore oppresso; allontan• da s‚ il bicchiere, ancora semi-pieno. S'era atteso che Nicola lo rimproverasse un pocoper i giorni trascorsi in ozio e poi gli proponesse di ri-maner con lui come assistente. Ecco invece come stavano

le cose. Si sentiva triste e imbarazzato di sedere cos• difronte a quell'uomo. Non trov• subito una rlsposta.

Il maestro, con un volto gi… un po' teso e deluso nelnon veder subito accettata con gioia e con umilt… la suacnorevole offerta, s'alz• dicendo:

--Dunque la mia proposta ti giunge inattesa, forseprima vuoi pensarci su. Mi spiace un poco, avevo credu-to di procurarti una gran gioia. Ma per conto mio, pren-diti pur tempo per riflettere.

-- Maestro, -- disse Boccadoro, cercando a fatica leparole, -- non abbiatevene a male! Vi ringrazio con tut-to il cuore della vostra benevolenza e vi ringrazio ancorpi— della pazienza con cui m'avete trattato come sco-laro. Non dimenticher• mai quale debito ho verso di voi.Ma non ho bisogno di tempo per riflettere, mi sono gi…deciso da un pezzo.

--Deciso a che?

-- Era gi… cosa stabilita in me prima che accettassi ilvostro invito e che avessi la minima idea delle vostreonorevoli offerte. Io non rimango pi— qui, torno a gira-re il mondo.

Nicola impallid• e lo guard• con occhi cupi.

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--Maestro, -- supplic• Boccadoro, -- credetemi, nonvoglio offendervi! Vi ho detto la mia decisione Non

pu• pi— mutare. Debbo andarmene, debbo viagglare, deb-bo ritrovare la libert…. Permettete che vi rmgrazi ancorauna volta di Cuore, e separiamoci da amici.

Con le lacrime agli occhi, gli tese la mano Nicola nonla prese; s'era sbiancato in volto e commcl• a camml-nare in su e in gi— per la stanza, sempre piu rapidamen-te; i suoi passi rintronavano dalla collera. Boccadoro nonl'aveva mai veduto cos•.

Poi il maestro s'arrest• a un tratto, si domin• con unterribile sforzo e, senza guardare Boccadoro, sibfl• frai denti: --Bene, allora va! Ma va subito! Che non ti ri-veda pi—, affinch‚ io non faccia e non dica qualche cosa,di cui potrei pentirmi un giorno. Va!

Boccadoro gli tese ancora la mano. Il maestro fecel'atto di sputarci sopra. Allora Boccadoro, ch'era purediventato pallido, volt• le spalle, usc• piano dalla stanza,fuori si mise il berretto, scivol• gi— dalla scala lasciandoscorrer l m~no sulle teste scolpite delle colonnette, dabasso entr• nella piccola officina del cortile, rimase unpoco davanti al suo Giovanni per prender congedo, elasci• la casa con un'amarez2a in cuore, pi— profonda diquella provata, un giorno, nel lasciare il castello del ca-valiere e la povera Lidia.

"Se non altro Š stata una cosa rapida! Se non altronon si son dette parole inutili!" Questo era l'unico pen-siero che lo confortava, mentre varcava la soglia per usci-re, e la strada e la citt… lo guardavano a un tratto conquel volto mutato ed estraneo, che prendono le cose con-suete quando il nostro cuore ha detto loro addio. Si volsea guardare la porta di quella casa... era ormai la porta diuna casa straniera e chiusa per lui.

Giunto nella sua camera, Boccadoro cominci• i prepa-rativi per la partenza. Veramente non c'era molto dapreparare; non c'era altro da fare che prender congedo.Appeso alla parete era un quadro dipinto da lui, una dol-ce Madonna; intorno c'eran cose che gli appartenevano:un cappello della festa, un paio di scarpe da ballo, un ro-tolo di disegni, un piccolo liuto, una serie di figurinedi creta plasmate da lui, alcuni regali delle sue belle: unmaz20 di fiori artificiali, un bicchiere color rosso rubi-no, un vecchio panforte indurito in forma di cuore edaltre simili bazzecole, ognuna delle quali aveva il suo signi-ficato e la sua storia e gli era stata cara; ormai era tuttacianfrusaglia importuna, poich‚ nulla gli era consentitodi portare con s‚. Pot‚ almeno barattare col padrone dicasa il bicchiere color rubino contro un forte e buon col-tello da caccia, che affil• sulla cote in cortile, sbriciol•il panforte e lo diede in pasto ai polli del cortile vicino,regal• la Madonna alla padrona di casa e n'ebbe in cam-bio un dono utile: un vecchio sacco da viaggio in cuoioe un'abbondante provianda per il viaggio. Nel sacco misealcune camicie che possedeva e qualche disegno pi— pic-colo rotolato intorno a un pezzo di manico di. scopa,poi le provvigioni. Il resto della roba dovette rimaner l….

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C'erano parecchie donne nella citt…, da cui sarebbe statoconveniente prender commiato; presso una di queste ave-va dormito ancora la notte innanzi, senza dirle nulladei suoi progetti. S•, c'era sempre qualcosa che s'attac-cava alle calcagna, quando uno voleva mettersi in viag-gio, Non bisognava darvi importanza. Egli non disse ad-dio a nessuno, fuorch‚ alla gente di casa. Lo fece lasera, per poter partire all'alba.

Tuttavia al mattino qualcuno s'era alzato, che, men-tr'egli stava per lasciar la casa senza far rumore, lo in-vit• in cucina a bere una zuppa di latte. Era la figliadi casa, una bambina di quindici anni, una creatura quietae malaticcia con dei begli occhi, ma con un difetto al-l'articolazione del femore, che la faceva zoppicare. Si chia-mava Maria. Con un viso affaticato dalla veglia, palli-dissima, ma vestita e ravviata con cura, gli serv• in cu-cina del latte caldo e del pane, e pareva molto triste perla sua partenza. Egii la ringrazi• e nel dirle addio la ba-ci• pietoso sulla bocca sottile. Devotamente, con gli oc-chi chiusi, ella ricevette il bacio.C~PITOLO Xlll

Nei primi tempi del suo nuovo vagabondaggio, nellaprima avida ebbrezza della riconquistata libert…, Bocca-doro dovette tornar ad imparare la vita senza patria esenza tempo del giramondo. Non soggetti ad alcuno, di-pendenti solo dalle vicende dell'atmosfera e della stagio-ne, senza una meta dinanzi a s‚, senza un tetto sopra dis‚, in possesso di nulla, esposti a tutti gli eventi, i va-gabondi conducono la loro vita semplice e coraggiosa,misera e forte. Sono i figli di Adamo, dell'uomo cacciatodal Paradiso, e sono i fratelli degli animali, degl'inno-centi. Dalla mano del cielo prendono ora per ora ci• chevien loro dato: sole, pioggia, nebbia, neve, caldo e fred-do, benessere e indigenza; per loro non esiste il tempo,la storia, non esiste una mira, e neppur quell'idolo dellosviluppo e del progresso, nel quale credono cosi disperata-mente quelli che hanno una casa. Un vagabondo pu•essere delicato o rozzo, ingegnoso o melenso, coraggiosoo pauroso, ma nel cuore Š sempre un fanciullo, vivesempre come al primo giorno, avanti l'inizio di ogni sto-ria universale, e la sua vita sar… sempre guidata da pochi,semplici istinti e bisogni. Pu• essere intelligente o scioc-co; avere coscienza profonda della fragilit… e caducit…d'ogni vita, della povert… e ansiet… con cui ogni essereporta il suo tantino di sangue caldo attraverso il ghiac-cio degli spazi, o solo seguire puerilmente e avidamentei comandi del suo povero stomaco... sempre egli Š ilcontrapposto e il nemico del possidente e del sedentario,che lo odia, lo disprezza e lo teme, perch‚ non vuole chegli si rammenti tutto questo: la fugacit… d'ogni esisten-za, il continuo avvizzire d'ogni vita, la morte gelida einesorabile. che riempie intorno a noi l'universo.

La semplicit… fanciullesca della vita girovaga, la suaorigine materna, il suo staccarsi dalla legge e dallo spi-rito, il suo abbandonarsi al destino, la vicinanza segretae costante della morte, avevano preso da un peZZo l'ani-ma di Boccadoro, imprimendole il loro marchio profon-do. Ma in lui albergavano anche lo spirito e la volont…,egli era un artista, e ci• rendeva la sua vita pi— riccae pi— difficile. Solo la scissione e il contrasto rendono

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ricca e fiorente una vita. Che sarebbero la ragione e latemperanza senza la conoscenza dell'ebbrezza, che sareb-be il piacere dei sensi, se dietro di esso non stesse la morte,e che sarebbe l'amore senza l'eterna mortale ostilit… deisessi?

Estate e autunno declinarono, vennero i mesi magri,in cui Boccadoro tir• innanzi fra gli stenti, per poi cam-minare inebbriato nella dolce primavera olezzante; le sta-gioni passavano cos• rapidamente e l'alto sole estivo ri-tornava ogni volta a declinare. Un anno succedeva al-l'altro e Boccadoro pareva aver dimenticato che ci fossealtro sulla terra fuorch‚ fame ed amore e quella corsatacita e inquietante delle stagioni; pareva ch'egli fossecompletamente sprofondato nel materno mondo primitivodegli istinti. Ma in ogni sogno, in ogni sosta pensierosacon lo sguardo aperto sulle valli fiorite e sfiorite, egli eratutto contemplazione, era artista, soffriva del tormentosodesiderio di scongiurare con lo spirito l'incantevole non-senso della vita che passa, e di trasformarlo in senso.

Un giorno Boccadoro, che dopo l'avventura cruentacon Vittore aveva sempre vagato da solo, s'incontr• inun compagno, che gli si un• senza quasi ch'egli se neaccorgesse e di cui non si liber• per un pezzo. Questonon era per• del genere di Vittore; era un uomo ancorgiovane, in veste e cappello da pellegrino, che si chia-mava Roberto e aveva la sua residenza sul lago di Co-stanza. Figlio d'artigiani, era andato per qualche tempoa scuola dai monaci di San Gallo e fin da ragaz20 s'eramesso in testa di compiere un pellegrinaggio a Roma;aveva continuato ad accarezzare questo pensiero, fin cheaveva colto la prima occasione di attuarlo. Questa occa-sione era stata la morte del padre, nella cui officina egliaveva lavorato fino allora da falegname. Appena il vec-chio fu sotto terr Rf)h.ortr hi~rf a sua madre e asua sorella che nulla poteva trattenerlo dall'intraprende-re subito il pellegrinaggio a Roma, per appagare il suoImpulso e per espiare i peccati suoi e di suo padre.Invano le donne piansero, invano lo rampognarono, eglifu irremovibile, e invece di provvedere alla madre e allasorella si mise in viaggio senza la benedizione dell'unae fra le irate invettive dell'altra. Lo spingeva innanzi tuttola voglia di girare il mondo, a cui s'univa una specie direligiosit… superficiale, cioŠ una tendenza a dimorare invicinanza di chiese e d'istituzioni ecclesiastiche, una pas-sione per il servizio divino, per i battesimi, i funerali, lemesse, l'incenso e la fiamma delle candele. Sapeva un po'di latino, ma non era la dottrina la meta delle sue aspira-zioni infantili, bens• la contemplazione e l'esaltazione tran-quilla all'ombra della volta d'una chiesa. Da ragazzo erastato chierico ed aveva servito messa con passione.

Boccadoro non lo prendeva molto sul serio, ma avevauna certa simpatia per lui, si sentiva un poco affine nel-l'istintiva tendenza al vagabondaggio e a correr terre stra-niere Roberto dunque era partito contento ed era giun-to anche a Roma, aveva chiesto l'ospitalit… d'innumere-voli conventi e parrocchie, aveva contemplato le Alpi eil Mezzogiorno, e a Roma s'era sentito perfettamente asuo agio fra tutte quelle chiese e quelle istituzioni pie;aveva ascoltato centinaia di messe e fatto devozioni neiluoghi pi— celebri e pi— sacri e ricevuto sacramenti e respi-

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rato pi— incenso di quel che fosse necessario per i suoipiccoli peccati di giovent— e per quelli di suo padre. Erarimasto via un anno e pi—, e, quando infine era tornatoalla casetta paterna, non era stato certo ricevuto come ilfigliol prodigo: la sorella nel frattempo s'era assunta tuttii doveri e i diritti domestici, aveva preso a servizio e poisposato un bravo garzone falegname e governava cos•perfettamente la casa e l'officina che il reduce, dopo unbreve soggiorno, si riconobbe del tutto superfluo, e, quan-do poco dopo parl• di nuovo d'andarsene e di viaggiare,nessuno lo invit• a rimanere. Egli non se ne crucci•, sifece dare dalla madre qualche quattrino, torn• a indos-sare la veste del pellegrino e inizi• un nuovo pellegrinag-gio senza meta attraverso la Germania, viandante fralaico ed ecclesiastico. Gli tintinnavano addosso medagliedi rame, ricordo di noti luoghi di pellegrinaggio, e rosariconsacrati.

Cos• s'imbatt‚ in Boccadoro, cammin• un giorno conlui, con lui scambi• le esperienze del vagabondo, si smarr•nella cittadina pi— vicina, lo incontr• ancora qua e l… efin• col rimanergli a fianco, compagno di viaggio paci-fico e servizievole. Boccadoro gli piaceva molto; cercavadi cattivarselo con piccoli servigi; ammirava il suo sa-pere, la sua audacia, il suo spirito e amava la sua sa-lute, la sua forza e la sua sincerit… Si abituarono l'unoall'altro, poich‚ anche Boccadoro aveva un buon carat-tere. Una cosa sola non tollerava: quando era colto dallasua tristezza o dalle sue fantasticherie, taceva ostinata-mente e neppure guardava l'altro, come se non esistesse;allora non si poteva chiacchierare, n‚ interrogare, n‚ con-solare: bisognava lasciarlo fare e tacere. Roberto l'avevaimparato presto. Da quando s'era accorto che Boccadorosapeva a memoria una quantit… di versi latini e di canti,da quando lo aveva sentito analizzare davanti al portaled'una cattedrale le statue in pietra, da quando l'avevaveduto disegnare con la matita rossa, a grandi e rapiditratti, delle figure in grandezza naturale su di un muroliscio, presso il quale essi riposavano, egli considerava ilsuo Compagno un prediletto da Dio e quasi un mago.Roberto s'accorse poi che Boccadoro era anche un benia-mino delle donne e che ne conquistava parecchie conun'occhiata e con un sorriso; ci• gli piaceva meno, manon poteva esimersi dall'ammirarlo.

Il loro viaggio fu interrotto un giorno in modo inat-teso Giunti in vicinanza d'un villaggio, furono accoltida un gruppetto di contadini armati di randelli, stanghee correggiati; e il capo grid• loro da lontano di ritor-nare subito sui loro passi e di andarsene senza lasciarsipi— vedere, al diavolo, altrimenti li avrebbero ammazzati.Mentre Boccadoro si fermava, desideroso di sapere checosa ci fosse, una sassata lo colpiva al petto. Si volt• incerca di Roberto, ma questi se l'era data a gambe comeun ossesso. I contadini avanzavano minacciosi, e a Bocca-doro non rimase altro da fare che seguire a passo pi—lento il fuggiasco. Roberto lo aspettava tremante sottoun crocefisso che sorgeva In mezzo alla campagna.

--Sei scappato come un eroe! --disse ridendo Bocca-doro. --Ma che cos'hanno nei loro testoni quegli zotici7C'Š forse la guerra? Mettono guardie armate davanti ailoro nido e non vogliono lasciar entrare nessuno! Mi fa

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meraviglia; che cosa ci pu• esser sotto?

N‚ l'uno n‚ l'altro lo sapeva. Solo il mattino seguentein una masseria isolata fecero alcune esperienZe, comin-ciarono a indovinare il mistero. Questa masseria, compo-sta di capanna, stalla e granaio e circondata da un cortileverdeggiante d'erba alta e con molti alberi da frutta, gia-ceva stranamente silenziosa e addormentata: non una voceumana, non un passo, non un grido di bimbo, non unaffilar di falce, nulla s'udiva; nella corte c'era sull'erbauna mucca che muggiva; si capiva ch'era ora di mun-gerla. S'avvicinarono alla casa, bussarono alla porta, nonottennero risposta; andarono verso la stalla era aperta evuota; andarono al granaio, sul cui tetto di paglia lucci-cava al sole il musco verde chiaro: anche l… non trova-rono anima viva. Ritornarono alla casa, meravigliati ecolpiti dalla desolata solitudine di quella dimora, batte-rono ancora coi pugni contro la porta: di nuovo nessunarlsposta. Boccadoro prov• ad aprire e trov• con stuporeche la porta non era chiusa; la spinse verso l'interno edentr• nella stanza buia. -- Buongiorno, -- grid• forte.--Non c'Š nessuno?--Ma tutto rest• silenzioso. Robertoera rlmasto davanti alla porta. Curioso, Boccadoro s'inol-tr•. Nella capanna c'era cattivo odore, un odore strano eripugnante. Il focolare era pieno di cenere, egli vi soffi•dentro; sul fondo, nei ciocchi carbonizzati covavano an-cora le scintille. Allora nella penombra vide qualcuno sulsedile di fondo del camino; qualcuno era l… seduto e dor-mlva; pareva una vecchia. Gridare non serviva a nulla, lacasa sembrava incantata. Tocc• amichevolmente sullaspalla la donna seduta, ella non si mosse s'accorse allorach'era avvolta in una ragnatela, coi fili in parte fissati aicapelli e alle ginocchia. "Costei Š morta" pens• Boccadorocon un lieve brivido; e per convincersi s'affaccend• intornoal fuoco, attizz• e som•, fin che si lev• una fiamma ed eglipot‚ accendere una lunga scheggia di legno. Con questaillumin• il volto della donna seduta. Vide sotto i capelligrigi un cadaverico viso violaceo con un occhio aperto cheluccicava vuoto e plumbeo. La donna era morta l•, sedutasulla seggiola. Via, non si poteva pi— soccorrerla.

Con la scheggia ardente in mano Boccadoro continu•a cercare, e nella stessa stanza, sulla soglia che mettevanella camera posteriore, trov• disteso un altro cadavere,un ragazzo di forse otto o nove anni, col volto gonfioe sfigurato vestito della sola camicia. Giaceva col ventresulla traversa, e le due mani facevan dei piccoli pugnistretti ed irati. "Questo Š il secondo" pens• Boccadoro;come in un brutto sogno and• avanti, nella retrocamera:le imposte qui erano aperte e la luce del giorno entravachiara. Egli spense con precauzione la sua fiaccola e cal-pest• le scintille sul pavlmento.

C'erano tre letti. Uno era vuoto, sotto il lenzuolo gri-gio e ruvido spuntava la paglia. Nel secondo era distesoun altro corpo, un uomo con la barba, rigido, sul dorso,con la testa appoggiata indietro e il mento e la barbavolti all'ins—; doveva essere il contadino. Il suo viso in-fossato riluceva scialbo nei colori inconsueti della morte,un braccio pendeva fino a terra, dove giaceva rovesciatauna brocca di terracotta; l'acqua sparsa, non ancora deltutto assorbita dal suolo, era corsa verso una conca, nellaquale rimaneva ancora una piccola pozza. Nell'altro letto

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giaceva, tutt'avviluppata e sepolta nel lenzuolo e nellaruvida coperta, una donna grande e robusta; il suo voltoera affondato nel letto, i capelli ruvidi e biondi come pa-glia brillavano nella luce chiara. Accanto a lei e con leiabbracciata, come presa e strozzata nel lenzuolo sconvolto,giaceva una giovinetta bionda come la madre, con mac-chie grigio azzurre sul volto cadaverico.

Lo sguardo di Boccadoro andava da un morto all'al-tro. Nel volto della fanciulla, quantunque gi… molto sfi-gurato c'era ancora una traccia dello spavento disperatodella morte. Nella nuca e nei capelli della madre, ches'era avvoltolata tutta cos• violentemente nel giaciglio, sileggeva il furore, l'angoscia, un'appassionata volont… difuga. Specialmente la chioma indomita non poteva asso-lutamente rassegnarsi alla morte. Nel volto del contadinoc'era fierezza e tetro dolore; si vedeva ch'era morto conpena, ma con virile dignit…; il suo viso barbuto si profi-lava nell'aria rigido e fermo, come quello d'un guerrierodisteso sul campo di battaglia. Quest'atteggiamento cal-

mo e fiero nella sua rigidit…, un po' sdegnato, era bello;

certo non era stato meschino e codardo un uomo che ave-va ricevuto la morte a quel modo. Ma commovente era ilpiccolo cadavere del fanciullo, prono sul ventre attraversola soglia; il suo volto non diceva nulla, ma la sua posi-zione li sull'uscio e i suoi piccoli pugni stretti rivelavanomolto: un dolore smarrito, un disperato difendersi controsofferenze inaudite. Proprio vicino al suo capo c'era unforo praticato nella porta. Boccadoro osservava tutto at-tentamente. Senza dubbio l'aspetto della capanna era or-rendo e il puzzo di cadavere nauseava; eppure tutto que-sto aveva per Boccadoro una forza profonda d'attrazione,tutto era pregno di grandiosit… e di destino, cos• vero,cos• non simulato; qualcosa in tutto questo cattivava ilsuo amore e gli penetrava nell'anima.

Fuori, intanto, Roberto cominciava a gridare impazien-te e inquieto. Boccadoro aveva simpatia per Roberto, main quel momento pensava quanto quell'uomo vivo fossemeschino nella sua paura, nella sua curiosit…, in tuttala sua puerilit…, a paragone dei morti. Non gli rispose;si diede tutto alla contemplazione dei morti, con quellastrana mescolanza d'interesse cordiale e di fredda osser-vazione, che hanno gli artisti. Guardava attentamente lefigure giacenti e anche quella seduta, le teste, le manil'atteggiamento in cui s'erano irrigidite. Che silenzio inquella capanna incantata! Che odore strano e terribile!Com'era triste e spettrale quella piccola dimora umana,m cul covava ancora sul camino un resto di fuoco, abitatada cadaveri, tutta pervasa dalla morte! Presto a quelletacite figure la carne sarebbe caduta dalle guance e i topiavrebbero roso loro le dita. Quello che gli altri compivanonella bara e nella tomba, ben nascosti ed invisibili, l'ul-tima funzione e la pi— misera, la decomposizione e laputrefazione, quei cinque la compivano li in casa, nelleloro stanze, alla luce del giorno, con la porta aperta, in-curanti, senza pudori, senza ripari. Boccadoro aveva gi…visto pi— di un cadavere, ma un'immagine simile del la-voro inesorabile della morte non l'aveva mai incontrata.E se la fiss• profondamente nell'anima.

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Finalmente le grida di Roberto fuori della porta lodisturbarono: usci. Il compagno lo guard• inquieto.

--Che c'Š? -- domand• piano, con la voce tremantedi paura. -- Non c'Š dunque nessuno in casa ? Oh, cheocchi fai! Ma parla!

Boccadoro lo misur• con una fredda occhiata.

-- Entra e guardati attorno, Š una curiosa casa coloni-ca. Dopo mungeremo la bella mucca che Š l…. Avanti!

Roberto entr• incerto nella capanna, and• difilato alfocolare, scopr• la vecchia seduta e appena s'accorse ch'eramorta gett• un urlo. Torn• indietro di corsa con gli occhisbarrati,

-- Per amor di Dio! C'Š una donna morta seduta alcamino. Che vuol dire? Perch‚ non c'Š nessuno vicino alei? Perch‚ non la seppelliscono? Oh, Dio! Si sente gi…il fetore.

Boccadoro sorrise.

-- Sei un grande eroe, Roberto; ma sei tornato indie-tro troppo presto. Una vecchia morta, quando Š sedutacos• su di una seggiola, Š certo uno spettacolo strano; mase vai avanti due passi, puoi vedere cose ancora pi— stra-ne. I cadaveri sono cinque, Roberto. Sui letti ne sono di-stesi tre, e un ragazzino giace morto attraverso la soglia.Tutti sono morti. L'intera famiglia Š l… irrigidita, la casaŠ spopolata. Ecco perch‚ nessuno ha munto la mucca.

L'altro lo guard• inorridito, poi a un tratto grid• convoce soffocata: -- Oh, adesso capisco anche i contadini,che ieri non vollero lasciarci entrare nel loro villaggio.Oh Dio ora tutto mi si spiega. i la peste! Per la mia po-vera anima, Š la peste, Boccadoro! E tu sei stato tantotempo l… dentro, e magari hai toccato i morti! Via, nonavvicinarti a me, certo sei infetto. Mi rincresce, Bocca-doro, ma io debbo andarmene, non posso rimanere ac-canto a te.

Stava gi… per darsela a gambe, ma fu trattenuto per lafalda del suo mantello di pellegrino. Boccadoro lo guard•severo con un muto rimprovero e lo tenne inesorabil-mente stretto, mentre quegli si dibatteva e si ribellava.

-- Ragazzo mio, -- disse in tono fra amichevole ebeffardo, --sei pi— intelligente di quel che si crederebbe;forse hai ragione. Ebbene, lo sapremo alla prossima mas-seria o al villaggio. E probabile he in questa regione Cisia la peste. Vedremo se noi riusciremo a cavarcela. Malasciarti scappare, piccolo Roberto, non posso. Guarda, iosono un uomo compassionevole, il mio cuore Š troppotenero; e se penso che tu potresti aver preso l… dentro ilcontagio, e qualora io ti lasciassi andare tu ti butteresti

per terra in qualche campo a morire, cos• tutto solo, enessuno ti chiuderebbe gli occhi e nessuno ti farebbeuna tomba e ti getterebbe un po' di terra... no, caro ami-co, la piet… mi stringe la gola. Dunque sta attento e met-titi bene in mente quello che dico, non intendo ripeterlo:

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noi due siamo nello stesso pericolo, pu• toccare a te oa me. Rimarremo dunque insieme, o periremo tutti edue, o sfuggiremo a questa maledetta peste. Se tu ti am-malerai e morirai, sarai sepolto da me, puoi star sicuro.E se sar• io a morire, allora fa quello che vuoi, seppelli-scimi o svignatela, per me fa lo stesso. Ma prima, caro,non si scappa, tienitelo bene a mente! Avremo bisognol'uno dell'altro. E ora lingua in bocca! Non voglio udirnulla; cerca un secchio da qualche parte nella stalla, chepossiamo finalmente mungere la mucca.

Cos• avvenne; e da quel momento Boccadoro comand• eRoberto ubbid•, e fu bene per tutti e due. Roberto nontent• pi— di fuggire. Disse solo in tono conciliante: --Per un attimo ebbi paura di te. Il tuo volto non mi piac-que, quando uscisti da quella casa di morti. Credetti cheti fossi preso la peste. Ma se anche non Š la peste, il tuovolto Š cambiato. Era cos• terribile quello che vedesti l…dentro?

-- Non era terribile, -- disse Boccadoro esitando. --Non vidi l… dentro nulla fuorch‚ quello che aspetta me,te e tutti, anche se non prendiamo la peste.

Proseguendo il loro cammino s'imbatterono presto dap-pertutto nella morte nera, che regnava nel paese. Parecchivillaggi non lasciavano entrare i forestieri, in altri essipotevano camminare indisturbati per tutte le strade. Mol-ti casolari erano abbandonati, molti morti non sepoltiimputridivano sui campi o nelle stanze. Nelle stalle mug-givano le mucche affamate o non munte, oppure il be-stiame correva selvaggio per la campagna. Essi munseroe diedero da mangiare a pi— d'una mucca e d'una capra,ammazzarono e arrostirono sul margine del bosco ca-pretti e porcellini, bevvero vino e mosto preso in cantineormai senza padrone. Avevano una buona vita, regnaval'abbondanza. Ma non la gustavano che a met…. Robertoviveva nella paura costante della peste, e alla vista deicadaveri si sentiva male, spesso era tutto scombussolatodal terrore; credeva continuamente d'aver preso il conta-

gio, teneva a lungo la testa e le mani nel fumo dei lorofuochi da bivacco (ci• era ritenuto salutare), perfin nelsonno si tastava il corpo per sentire se non ci fosserobubboni sulle gambe, sulle braccia, sotto le ascelle.

Boccadoro a volte lo sgridava, a volte lo scherniva. Nondivideva la sua paura e neppure la sua ripugnanza; an-dava attento e cupo per il paese della morte, terribilmenteattratto dallo spettacolo di quel grandioso morire, l'ani-ma piena di quel grande autunno, il cuore gonfio delcanto della falce mietitrice. Talvolta gli riappariva l'im-magine dell'eterna Madre, viso pallido e gigantesco conocchi di Medusa, con un sorriso grave, pieno di doloree di morte.

Un giorno arrivarono ad una piccola citt… fortificata;dalla porta un baluardo dell'altezza delle case correvatutt'intorno alla cinta, ma nessuna guardia stava lass— enessuna vigilava la porta aperta. Roberto si rifiut• d'en-trare e scongiur• anche il compagno di non farlo. In quelmentre udirono una campana e dalla porta della citt… usci

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un sacerdote con una croce in mano, seguito da tre carri,due tirati da cavalli ed uno da una coppia di buoi; eranocarichi di cadaveri. Un paio d'inservienti avvolti in stranimantelli, coi cappucci calati sopra il viso, correvano ac-canto, spronando gli animali.

Roberto, pallido in volto, si dilegu•; Boccadoro segu•a breve distanza i carri funebri; avanzarono qualche cen-tinaio di passi, ed ecco non gi… un camposanto, ma unabuca scavata in mezzo alla landa deserta, profonda nonpi— di tre vangate, ma grande come una sala. Boccadorosi ferm• e vide gl'inservienti tirar gi— i morti dai carricon pertiche e anghiere e ammucchiarli nella grande bu-ca; il sacerdote mormorando vi fece sopra il segno dellacro-e e se n'and•, i becchini allora accesero da tutte leparti di quella tomba a fior di terra grandi fuochi e senzafar parola ritornarono di corsa in citt…; nessuno si cur•di coprire la fossa. Boccadoro guard• dentro; potevanesservi cinquanta o pi— cadaveri gettati l'uno sull'altro,molti dei quali nudi. Qua e l… un braccio o una gambasporgevan ri~idi contro il cielo, quasi in atto d'accusa;una camicia fluttuava lieve al vento.

Quando Boccadoro torn• presso Roberto, questi lo sup-plic• in ginocchio di proseguire al pi— presto il lorocammino. Aveva ben ragione di supplicare: nello sguardoassente di Boccadoro egli scorgeva quella fissit… assorta,quell'inclinazione alle visioni orrende, quella terribile cu-riosit…, che gli eran gi… fin troppo note. Non riusc• atrattenere l'amico. Boccadoro, solo s'avvi• verso la citt….

Entr• per la porta incustodita, e, mentre udiva il suopasso risonare sul selciato, gli tornavano alla memoriatante altre cittadine e tante porte per cui era passato, ericordava le grida dei bimbi, i giochi dei ragazzi, i litigidelle donne, il martellar dei fabbri sulle incudini sonoreil fragore dei carri e tanti altri rumori, delicati ed aspriche intrecciati alla rinfusa come in una rete annunciavanola variet… del lavoro, delle occupazioni, della gioia, dellasoclevolezza umana. L• invece, sotto quella porta aper-ta, in quella via solitaria, non un suono, non un risonon un grido; tutto giaceva irrigidito in un silenzio dimorte, nel quale la melodia chiacchierina d'una fontanazampillante sonava gi… troppo forte, quasi chiassosa.

Dietro una finestra aperta si vedeva un fornaio in mezzoalle sue pagnotte e ai suoi panini; Boccadoro indic• unodi questi e il fornaio glielo spinse fuori con precauzionesopra un infornapane, attese che l'altro gli mettesse il de-naro sulla pala, poi chiuse il suo finestrino, indispettitoma senza proteste, quando vide lo straniero addentare ilpanino e andar oltre senza pagare. Sui davanzali di unabella casa c'era una fila di vasi di terracotta, che un tempoerano stati fioriti e ormai apparivano vuoti, con qualchefoglla secca spiovente. Da un'altra casa uscivano singhioz-zi e grida lamentose di bambini. Ma nella strada attiguaBoccadoro vide dietro una finestra una graziosa fanciullache Sl pettinava; stette a contemplarla fin che quella sent•il suo sguardo ed a sua volta guard• gi—, arross• e, poi-ch‚ egli le sorrideva amichevolmente, anche sul volto ac-ceso di lei pass• lento e languido un sorriso.

--Quasi pettinata? --le grid•. Ella sporse il volto lu-

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minoso e sorridente dal vano della finestra.

--Non ancora malata? --domand• lui, ed ella scosseil capo. -- Allora vieni con me fuori da questa citt… dimorte, andiamo nei boschi e avremo una buona vita.

Ella interrog• con gli occhi.

--Non pensarci su troppo, parlo sul serio -- grid•Boccadoro.--Sei in casa di babbo e mamma, o a serviZiOda estranei?... Da estranei dunque. Allora vieni, bimbacara; lascia morire i vecchi, noi siamo giovani e sani evogliamo passarcela bene ancora un po'. Vieni, brunetta,dico sul serio.

Ella lo esamin•, esitante, stupita. Egli prosegu• a passilenti, bighellon• per una strada deserta, poi per un'altrae torn• indietro pian piano. La fanciulla stava ancora allafinestra, sporta in fuori, e fu lieta di vederlo ritornare.Gli fece cenno: egli continu• lentamente il suo camminoe poco dopo ella lo raggiunse, prima ancora d'arrivarealla porta, con un piccolo fardello in mano e un fazzolet-to rosso intorno al capo.

--Come ti chiami? --le domand• Boccadoro.

--Lena. Vengo con te. Oh, Š cos• brutto qui in citt…!Muoiono tutti. Via, via!

Poco lontano dalla porta Roberto, di cattivo umore,stava rannicchiato per terra. All'arrivo di Boccadoro balz•in piedi e spalanc• tanto d'occhi alla vista della ragazza.Questa volta non si arrese subito, protest•, fece scene.Che si portasse fuori una persona da quella maledettatana appestata e che si pretendesse da lui di tollerare unasimile compagnia era pi— che una pazzia, era un tentarDio, ed egli si rifiutava, non restava pi— insieme, la suapazienza era al termine.

Boccadoro lo lasci• imprecare e protestare, fin che Siacquet•.

--Bene,--disse,--ce n'hai cantate abbastanza. Ades-so verrai con noi e sarai contento di avere una compagniacosi graziosa. Si chiama Lena e resta con me. Ma ti vo-glio dare anche una gioia, Roberto, ascolta: per un po'di tempo vogliamo vivere in pace e in buona salute e starlontani dalla pestilenza. Ci cercheremo~un bel posticlnocon una capanna vuota o ce ne costruiremo una da nol,io e Lena saremo il padrone e la padrona di casa e tusarai il nostro amico e vivrai con noi. Vogliamo avere untantino di vita serena e piacevole. D'accordo?

Oh s•, Roberto era pienamente d'accordo. Purch‚ nonsi pretendesse da lui che desse la mano a Lena o toc-casse le sue vesti...

--No -- disse Boccadoro, --questo non si pretende.Ti Š anzi severamente proibito di mettere un dito addos-so a Lena. Che non ti passi neppur per la mente!

Marciarono cos• in tre, dapprima in silenzio; poi a pocoa poco la ragazza cominci• a parlare, a esprimere la sua

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gioia di rivedere il cielo, gli alberi e i prati: era stato cos•orribile l… dentro, nella citt… appestata, da non dirsi. Ecominci• a raccontare e a liberarsi l'animo delle immagi-ni tristi e mostruose, che le era toccato vedere. Narr•diverse storie, brutte storie; la piccola citt… doveva essereun inferno. Dei due medici uno era morto, l'altro andavasoltanto dai ricchi e in molte case i morti imputridivanoperch‚ nessuno li andava a prendere, in altre i becchinirubavano, crapulavano, bordellavano e spesso insieme coicadaveri tiravan fuori dai letti anche i malati ancora invita e li gettavano sui carri da boia e poi insieme coimorti gi— nelle fosse. Tante cose orrende aveva da rac-contare; nessuno la interrompeva. Roberto ascoltava inor-ridito e avido, Boccadoro rimaneva silenzioso e indiffe-rente, lasciava che tutto quell'orrore si riversasse e nondiceva nulla. E che mai si poteva dire? Infine Lena sistanc•, il fiume di parole s'inaridi. Allora Boccadoro simise a camminare pi— adagio e prese a cantare sommessouna canzone di molte strofe, e a ogni strofa la sua vocesi faceva pi— piena; Lena cominci• a sorridere e Robertoascolt• con piacere e meraviglia: fin allora non aveva maiudito Boccadoro cantare. Tutto sapeva fare quel Bocca-doro! Eccolo che ora camminava e cantava, quell'uomoeccezionale! Cantava con arte e perfettamente intonato,ma in sordina. Gi… alla seconda canzone Lena prese adaccompagnarlo a mezza voce, poi a voce spiegata S'av-vicinava la sera; lontano, oltre la landa, si stendevano iboschi neri e, dietro quelli, basse montagne azzurre, chediventavano sempre pi— azzurre, come per l'intensificarsidi una luce interiore. Ora lieto, ora solenne, il canto ac-compagnava il ritmo dei loro passi.

--Come sei contento oggi! -- disse Roberto.

-- S•, sono contento oggi, Š naturale, ho trovato unacompagnia cos• carina! Ah Lena, che bella cosa che ibecchini ti abbiano lasciata per me! Domani troveremo lanostra casetta e ce la passeremo bene e saremo felici chela nostra carne e le nostre ossa stiano ancora cos• beneinsieme. Lena, hai gi… visto qualche volta in autunno neiboschi quel fungo grosso, che piace tanto alle lumachee che si pu• mangiare?

--Certo -- rise lei, -- l'ho visto tante volte.

-- I tuoi capelli hanno lo stesso color bruno, Lena. Edanche lo stesso buon profumo. Cantiamo ancora qualchecosa? O forse hai fame? Nella mia bisaccia c'Š ancoraqualcosa di buono.

Il giorno seguente trovarono quello che cercavano. Inun boschetto di betulle c'era una capanna di tronchi greg-gi, costruita forse un tempo da spaccalegna o da caccia-tori. Era vuota, la porta si lasci• forzare e anche a Ro-berto la capanna parve comoda e la regione sana. Cam-min facendo avevano incontrato delle capre che girava-no senza pastore, e ne avevano presa una con loro_

-- Su, Roberto, -- disse Boccadoro, -- se anche nonsei carpentiere, una volta per• lavoravi da falegname. Noivogliamo abitar qui, tu devi fabbricare nel nostro castellouna parete divisoria, in modo che abbiamo due camere,

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una per Lena e per me, l'altra per te e per la capra. Damangiare non c'Š pi— gran che: oggi dobbiamo conten-tarci di latte di capra, tanto o poco che sia. Tu costruiscidunque la parete e noi due prepariamo il giaciglio pertutti Domani poi andr• in cerca di cibo.

Tutti si misero subito al lavoro. Boccadoro e Lena sidiedero a cercar paglia, felci e musco per il glaclgllo, eRoberto aml• il suo coltello su un ciottolo, per tagliarepiccoli tronchi e fabbricare la parete. Ma non pot‚ finirein un giorno e la sera and• a dormire all'aperto. Bocca-doro trov• in Lena una cara compagna, timida e inesper-ta, ma tutt'amore. Se la prese dolcemente fra le bracciae vegli• ancora a lungo ascoltando il battito del suo cuo-re quand'ella stanca e sazia s'era gi… addormentata daun pezzo. Aspir• il profumo dei suoi capelli bruni, ementre si stringeva a lei pensava a quella gran fossa afior di terra, in cui quei diavoli mascherati avevano rove-sciato tutti i loro carri pieni di cadaveri. Bella era la vita,bella e fugace la felicit…, bella e presto appassita la gio-vinezza !

La parete divisoria della capanna divenne assai carina,e alla fine vi lavorarono tutti e tre. Roberto voleva mo-strare la sua abilit… e parlava con molto zelo di tutto ci•che avrebbe voluto costruire, se avesse avuto un bancoper piallare, arnesi, squadra e chiodi. Siccome non avevache il suo coltello e le sue mani, si content• di tagliare

una dozzina di piccoli tronchi di betulla e ne fece un so-lido e greggio steccato infisso nel suolo della capanna. Glispazi intermedi dovevano essere riempiti da un graticciodi ginestre. Ci• richiese del tempo, ma divenne bello e pit-toresco: tutti vi collaborarono. Intanto Lena doveva an-dare a cercar bacche e badare alla capra; Boccadoro fa-ceva piccole escursioni per esplorare la regione, per tro-var cibo, e portava a casa dai dintorni ora una cosa oral'altra. Nelle vicinanze non c'era anima viva, e di ci• erasoddisfatto specialmente Roberto: si era sicuri tanto dalcontagio quanto dai nemici, ma il guaio era che si trovavapochissimo da mangiare. Non molto lontano c'era unacasupola di contadini abbandonata, questa volta senza mor-ti dentro, e Boccadoro propose di sceglierla come quar-tiere invece della loro capanna di tronchi d'albero, ma Ro-berto si rifiut• inorridito e vide anche di malocchio cheBoccadoro entrasse in quella casa vuota; ogni cosa che egliport• di l… dovette essere affumicata e lavata, prima cheRoberto la toccasse. Non era molto ci• che Boccadoro ave-va trovato: due sgabelli, un secchio per il latte, qualchevaso di terracotta, una scure; e un giorno prese due polliche fuggivano per la campagna. Lena era innamorata efelice, e tutti e tre si divertivano a lavorare intorno allaloro piccola dimora ed a renderla ogni giorno un pochinopi— bella. Il pane mancava: in compenso presero un'altracapra e trovarono anche un campicello di rape. Un giornopassava dopo l'altro, la parete intrecciata era finita, i gia-cigli furono perfezionati e fu costruito un focolare. Nonlontano scorreva un ruscello dall'acqua chiara e dolce.Spesso lavorando cantavano.

Un giorno che bevevano insieme il loro latte e vanta-vano la loro vita domestica, Lena disse a un tratto comein sogno: --Che sar… poi, quando verr… l'inverno?

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Nessuno diede risposta. Roberto rise, Boccadoro guar-d• innanzi a s‚ in modo strano. A poco a poco Lena s'ac-corse che nessuno pensava all'inverno, che nessuno pen-sava sul serio a rimanere tanto tempo nello stesso luogo,che quella loro casa non era una fissa dimora, ch'ella sitrovava insieme a dei vagabondi. Chin• la testa.

Allora Boccadoro le disse in tono scherzoso e incorag-giante, come a una bambina: -- Tu sei figlia di conta-dini, Lena, quelli sono molto previdenti. Non aver paura,

ritornerai a casa quando sar… finita questa pestilenza, chenon durer… poi in eterno. Allora andrai dai tuoi genitorio da chi altri hai, o ritornerai a servire in citt… e avrai iltuo pane. Ma adesso Š ancora estate e dappertutto nellaregione si muore; qui invece Š bello e stiamo bene. Perci•restiamo qui, fin tanto che ci piace.

--E poi? --grid• Lena con veemenza. --Poi tutto Šfinito? E tu te n'andrai? Ed io?

Boccadoro le afferr• la treccia e gliela tir• un poco.--Sciocchina, -- disse, -- hai gi… dimenticato i beccamortie le case deserte e la gran buca fuori porta, dove ardonoi fuochi? Devi esser lieta di non giacere l… in quella fossa,e che non ti cada la pioggia sulla camicina. Devi pensareche sei sfuggita, che hai ancora nelle membra la tua caravita, che puoi ancora ridere e cantare.

Ella non era ancora soddisfatta.

-- Ma io non voglio andarmene, -- gemette, -- e nonvoglio lasciarti andare, no. Non si pu• esser contenti,quando si sa che presto tutto sar… finito!

Boccadoro rispose ancora, affettuoso, ma con un tonodi celata minaccia nella voce:

-- Su questo, piccola Lena, si son gi… rotti la testa tuttii saggi e tutti i santi. Non c'Š una felicit… che duri alungo. Ma se quello che abbiamo ora non ti basta e nonti d… pi— gioia, io appicco il fuoco in questo stesso istantealla capanna e ciascuno di noi se ne va per la sua strada.Sta' buona Lena, abbiamo parlato abbastanza.

Cos• rimasero le cose. Ella s'arrese, ma un'ombra eracaduta sulla sua gioia.Prima ancora che l'estate fosse sfiorita del tutto, la vitanella capanna ebbe la sua fine, diversa da quella che ave-vano pensato. Un giorno Boccadoro s'aggirava per la re-glone con una fionda, nella speranza di acchiappare unapernice o altra selvaggina, perch‚ il cibo s'era fatto al-quanto scarso. Lena raccoglieva bacche poco lontano e ognitanto Boccadoro rasentava il bosco dov'ella si trovava edi l… dal cespuglio vedeva sporgere fuori il suo capo dallacamicia di lino sul collo bruno, o l'udiva cantare; unavolta assaggi• qualche bacca vicino a lei, poi girovag• pi—lontano e per un po' di tempo non la vide pi—. Pensavaa lei, fra tenero e irritato, perch‚ ella era tornata a par-lare dell'autunno e dell'avvenire, dicendo che si credevaincinta e che non voleva lasciarlo partire. "Presto tutto

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finir…," pensava Boccadoro, "presto sar… ora di troncareed io mi metter• in cammino da solo e lascer• indietroanche Roberto; voglio far in modo di ritornare per l'ini-zio dell'inverno alla grande citt…, da maestro Nicola, pas-ser• l… l'inverno e nella primavera ventura mi comprer•un buon paio di scarpe nuove, e via, tirer• avanti fin chearriver• al nostro convento di Mariabronn e potr• salu-tare Narciso; saranno ben dieci anni che non lo vedo.Debbo rivederlo, foss'anche solo per un giorno o due."Un suono inconsueto lo dest• dai suoi pensieri, e al-l'improvviso s'accorse che pensieri e desideri l'avevano trat-to assai lontano. Tese l'orecchio: quel suono angosciososi ripet‚, egli credette di riconoscere la voce di Lena e lasegu•, quantunque non gli piacesse essere chiamato. Inbreve fu abbastanza vicino: s•, era Lena, e gridava il suonome come se si trovasse in grande pericolo. Egli affrett•la corsa, sempre ancora un po' irritato, ma al ripetersi di

quelle grida la compassione e l'ansia presero in lui il so-pravvento. Quando infine riusc• a vederla, ella era sedutao inginocchiata in mezzo alla landa, con la camicia tuttastracciata, e gridando lottava con un uomo, che volevafarle violenza. A lunghi balzi Boccadoro s'avvicin•, e tuttal'irritazione, l'inquietudine e la tristezza che erano in luisi sfogarono in una collera furente contro l'attentatore stra-niero. Lo sorprese mentre stava per abbattere completa-mente Lena contro il suolo, il petto nudo di lei sangui-nava: lo straniero, cupido, la teneva attanagliata. Bocca-doro si gett• su di lui, con mani furenti, e gli strinse lagola magra e muscolosa, coperta di una barba lanuta,serrando con volutt…, fin che l'altro lasci• andare la ra-gazza e gli rimase floscio fra le mani; continuando a strin-gere, Boccadoro lo trascin• per un pezzo sul terreno, privodi forze e quasi esanime, fino ad alcune rocce grige chesporgevano nude dal suolo. Qui sollev• il vinto con tuttoil suo peso, due, tre volte, e gli fece batter la testa controle rocce angolose. Poi scagli• via il corpo con la nucaspezzata; la sua collera non era ancor sazia, avrebbe vo-luto continuare a maltrattarlo.

Lena guardava raggiante. Il suo petto sanguinava, ellatremava ancora in tutto il corpo e respirava affannosa-mente, ma s'era subito messa in piedi e guardava conocchi rapiti, pieni di volutt… e d'ammirazione, il suo forteamante, che trascinava l'intruso, lo strozzava, gli rompevala nuca e scagliava il cadavere lungi da s‚. Eccolo l… perterra come un serpente ammazzato, floscio e contorto; ilsuo viso grigio dalla barba arruffata e dai radi capellipenzolava miseramente rovesciato all'indietro. Lena si drizz•giubilante e cadde sul cuore di Boccadoro, ma impallid•a un tratto: lo spavento le tremava ancora nelle membra,si sent• male e cadde esausta fra i mirtilli. Poco dopoper• pot‚ ritornare con Boccadoro alla capanna. Egli lelav• il petto graflfiato; una mammella aveva anche unmorSo di quel mostro.

Roberto, molto impressionato dall'avventura, chiese conavidit… i particolari della lotta.

--Rotto la nuca, dici? Grandioso! Boccadoro, c'Š diche temerti!

Ma Boccadoro non aveva voglia di parlarne oltre: il

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suo furore era sbollito, e nell'allontanarsi dal morto egli

non aveva potuto far a meno di pensare a quel poverobrigante d'un Vittore: era dunque il secondo uomo chemoriva per mano sua. Per liberarsi di Roberto, disse: --Ora potresti fare qualche cosa anche tu. Va laggi— e cercadi portar via il cadavere. Se Š troppo faticoso fargli unabuca, gettalo gi— nello stagno, oppure coprilo bene di terrae di pietre --. Ma Roberto rifiut•: non voleva aver ache fare con cadaveri; non si sa mai, potevano avere in-dosso il veleno della peste.

Lena si era coricata nella capanna. Il morso al pettole doleva; presto per• si sent• meglio, si alz•, attizz• ilfuoco e fece bollire il latte per la cena; era di ottimo umo-re, ma fu mandata a letto presto. Ubbid• come un agnello,tanta era la sua ammirazione per Boccadoro. Questi simostrava taciturno e cupo; Roberto, che conosceva queglistati d'animo, lo lasci• in pace. Quando pi— tardi Bocca-doro and• nel suo pagliericcio, si chin• verso Lena, inascolto. Dormiva. Egli si sentiva inquieto, pensava a Vit-tore, provava un'ansia, un desiderio di riprendere la vitadel vagabondo; intuiva che il gioco della vita domesticaera finito. Ma una cosa specialmente gli dava da riflettere.Aveva colto lo sguardo di Lena, mentr'egli squassava egettava lontano il cadavere di quell'individuo, uno sguar-do singolare, e sentiva che non lo avrebbe pi— dimenticato;in quegli occhi sbarrati, inorriditi e rapiti, era balenatoun raggio di fierezza e di trionfo, una gioia profonda eappassionatamente partecipe alla vendetta e all'uccisione,quale egli non aveva mai veduta n‚ immaginata in unvolto di donna. Senza quello sguardo, pensava, forse ungiorno, col passar degli anni, egli avrebbe dimenticato ilvolto di Lena. Ma quello sguardo aveva reso grande, belloe terribile il suo viso di ragazza campagnola. Da mesi gliocchi di Boccadoro non avevano colto nulla, che gli desseil lampo del desiderio: "Bisognerebbe disegnarlo!". A quel-lo sguardo egli aveva risentito il desiderio guizZare dentrodi se, con una specle di sgomento.

Non potendo dormire, fin• per alzarsi ed uscire dallacapanna. Era fresco, una lieve brezza giocava fra le be-tulle. Egli cammin• su e gi— nell'oscurit…, poi sedette sudi una pietra e s'immerse in pensieri di una tristezza pro-fonda. Sentiva pena per Vittore, sentiva pena per l'uomoche aveva ammazzato quel giorno, sentiva pena per la

perduta innocenza dell'anima sua. Per questo era fuggitodal convento, aveva abbandonato Narciso, aveva offesomaestro Nicola e rinunciato alla bella Elisabetta... peraccamparsi poi in una landa e aspettare al varco gli ani-mali vagabondi, e per uccidere l… fra le pietre quel po-vero diavolo? Aveva un senso tutto questo, valeva la penad'esser vissuto? Il cuore gli si stringeva per l'assurdit… eper il disprezzo di se stesso. Si lasci• cadere indietro erimase l… supino, con gli occhi fissi nella scialba nuvolaglianotturna, finch‚ nella fissit… prolungata i suoi pensieri sva-nirono; non sapeva pi— se fissasse le nubi del cielo o ilsuo torbido mondo interiore. A un tratto, nell'istante incui s'addormentava dolcemente sulla pietra, fra il rincor-rersi delle nubi guizz• come un lampo un volto grandee pallido, il volto di Eva; aveva lo sguardo greve e ve-

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lato, ma all'improvviso spalanc• gli occhi, grandi occhipieni di volutt… e avidi di sangue. Boccadoro dorm• finche lo bagn• la rugiada.

Il giorno dopo Lena era malata. La fecero star a letto.Ci fu molto da fare: Roberto la mattina aveva incontratonel boschetto due pecore che, alla sua vista, erano subitofuggite. Corse a chiamare Boccadoro e cacciarono pi— dimezza giornata, fin che ne catturarono una; quando versosera ritornarono a casa con la bestia, erano molto stanchi.Lena si sentiva male. Boccadoro la esamin•, la tast• etrov• i bubboni della peste. Non disse nulla ma Roberto,appena sent• che Lena era ancora malata, fu colto dalsospetto e non rimase nella capanna. Disse che si sarebbecercato fuori un posto per dormire e che prendeva la capracon s‚: anch'essa poteva contrarre il male.

--E vattene al diavolo!--gli grid• Boccadoro furente.-- Non ti voglio pi— rivedere. -- Afferr• la capra e latir• dalla sua parte dietro la parete di ginestre. Robertosi dilegu• senza rumore, senza capra, sentendosi male dallapaura: paura della peste, paura di Boccadoro, paura dellasolitudine e della notte. Si coric• in vicinanza della ca-panna.

Boccadoro disse a Lena: --Io resto con te, non preoc-cuparti. Guarirai.

Ella scosse il capo.

-- Sta' in guardia, caro, di non prendere la malattia an-che tu; non devi venirmi cos• vicino. Non affannarti a con-solarmi. Devo morire, e preferisco morire, piuttosto chevedere un glorno il tuo giaciglio vuoto e sapere che mihai abbandonata. Tutte le mattine mi svegliavo con que-sto pensiero e con questo timore. No, preferisco morire

L'indomani stava gi… male. Boccadoro le aveva dato ditanto in tanto un sorso d'acqua, e negl'intervalli avevadormito qualche ora. Al primo albeggiare riconobbe nelvolto di lei i chiari segni della morte vicina: era gi… ap-passito e frollo. Egli usci un momento dalla capanna perprender aria e guardare il cielo. Sul margine del boscoqualche tronco rosso e contorto di pinastro era gi… illu-mmato dal sole; l'aria era fresca e buona, le colline lon-tane non si discernevano ancora nella nuvolaglia mattu-tina. Egii cammin• per un tratto, distese le membra stan-che e resplr• profondo. Il mondo era bello in quel tristemathno. Presto sarebbe ricominciata la vita vagabonda.Blsognava prender congedo.

Dal bosco lo chiam• Roberto. Andava meglio? Se nonsl trattava di peste, cgli sarebbe rimasto. Boccadoro nondoveva essere in collera con lui, intanto egli aveva cu-stodito la pecora.

--Va al diavolo tu e la tua pecora!--gli grid• Boc-cadoro.--Lena muore e ho preso il contagio anch'io.

Quest'ultlma era una bugia; la disse per liberarsi del-I altro. Per quanto quel Roberto potesse essere un buondiavolo, Boccadoro ne aveva abbastanza; troppo vile etroppo meschino, troppo in contrasto con quell'epoca gran-

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diosa di sconvolgimenti e di fato. Roberto si dilegu• enon ritorno pm. Il sole sorse luminoso.

Quando Boccadoro torn• presso Lena, ella dormiva. An-ch egll s addorment• di nuovo e vide in sogno il suo ca-vallo d un tempo, Bless, e il bel castagno del conventogli pareva di rlguardare indietro, da una lontananza infi-nita e deserta, ad una dolce patria perduta; e quando sidesto, sulla barba bionda che gli copriva le guance scor-revan due lacrime Ud• Lena che parlava con voce fiocacredette che lo chiamasse e si rizz• sul giaciglio, ma ellanon parlava a nessuno, balbettava solo parole fra s‚ e s‚parole di tenerezza e d'invettiva; rise un attimo, poi co-minci• a sospirare profondamente ed a singhiozzare, e apoco a poco ridivenne quieta. Boccadoro s'alz•, si chin•sopra quel volto gi… sfigurato, il suo occhio segui con

amara curiosit… le linee che si contraevano e si confonde-vano cos• miseramente sotto il somo bruciante della morteCara Lena, grid• il suo cuore, cara bambma buona, vuogi… lasciarmi anche tu? Ne hai gi… abbastanza di me.Sarebbe fuggito volentieri. Vagare, vagare, marciare, re-spirare stancarsi, vedere nuove immagml gll avrebbe fattobene, avrebbe forse sollevato il suo abbattimento profondo.Ma non poteva, non gli era possibile lasciar l• quella crea-tura sola a morire Osava appena uscire un pochino ognidue ore, per respirare aria fresca. Siccome Lena non pren-deva pi— latte, ne beveva lui a saziet…, non c'era nient'altroda mangiare. Qualche volta portava fuori anche la capra,perch‚ mangiasse, bevesse acqua e si muovesse. Poi ritor-nava presso Lena, le mormorava parole affettuose, fissavaimmobile il suo volto e assisteva sconfortato, ma attento,al suo morire. Ella era cosciente, ogni tanto dormiva, equando si destava non apriva pi— gli occhi che a met…, lesue palpebre erano stanche e afflosciate. Intorno agli occhied al naso la fanciulla appariva d'ora in ora pi— vecchia,sul collo fresco e giovane c'era un viso di nonna che av-vizziva rapidamente. Solo di rado pronunciava una parola,diceva ® Boccadoro ¯ o ® caro ¯, e cercava d'mumidir conla lingua le labbra gonfie e bluastre. Allora egli le davaqualche goccia d'acqua.

Nella notte seguente Lena mor•. Mor• senza lamento:un breve sussulto, poi il respiro s' arrest• e un bnvldo lepercorse la pelle: a quella vista Boccadoro Sl sent• gon-fiare il cuore, e gli vennero in mente i pesci morenti, chetante volte aveva veduti e compianti in plazza del mer-cato: cos• si spegnevano anch'essi, con un moto convulsoe con un lieve brivido doloroso, che correva sulla loropelle portandone via lo splendore e la vita Rimase ancoraun poco in ginocchio accanto a Lena, pOI usc• all'apertoe sedette fra i cespugli d'erica. Gli venne in mente la ca-pra torn• dentro, la prese con s‚, e la bestia, dopo avercercato un poco attorno, si distese per terra. Egli le sicoric• vicino, con la testa sul suo fianco, e dorm• finoall'alba Allora entr• per l'ultima volta nella capanna,dietro la parete intrecciata, e per l'ultima volta guard• ilpovero viso della morta. Gli ripugnava lasciarla cosi. Usc•,raccolse qualche bracciata di legna secca e di sterpi, gettotutto nella capanna e appicc• il fuoco. Non prese fuoriNARCISO E BOCCADORO 403

nulla, tranne l'acciarino. In un attimo la parete di ginestra

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secca divamp•. Egli rimase fuori a guardare, col viso ar-roventato dal fuoco, fin che tutto il tetto fu in fiamme ele prlme travi precipitarono. La capra saltava impauritae gemente. Sarebbe stato logico uccidere l'animale, arro-stirne un peZzo e mangiare, per acquistar forza sul puntodi mettersl m cammino. Ma non gli fu possibile; spinsela capra nella landa e se ne and•. Il fumo dell'incendiolo-segu• fin dentro il bosco. Non aveva mai iniziato unaperegrmazlone con tanto sconforto.

Ma ci• che l'aspettava era peggio ancora di quanto sifosse immaginato. Cominci• alle prime masserie e ai primivillaggi e continu•, sempre pi— terribile quanto pi— avan-zava. Tutta la regione, tutto il vasto paese stava sotto unnembo di morte, sotto un velo d'orrore, d'angoscia, diottenebramento degli spiriti; e il peggio non erano le casedeserte, i cani da guardia morti di fame e imputriditi allacatena, i morti rimasti insepolti, i bambini mendicantile tombe in massa davanti alle citt… 11 peggio erano ivivi, che sembrava avessero perduto occhi e anima sottoIl peso dello spavento e dell'ansia della morte. Dapper-tutto il viandante udiva e vedeva cose strane ed orrende.Genitori che avevano abbandonato i figli colti dal malemarlti che avevano abbandonato le mogli. I monatti e glisblrrl d'ospedale dominavano come carnefici, predavano nel-le case lasciate vuote dalla morte, a loro capriccio ora la-sciaVano i cadaveri insepolti, ora strappavano dai letti iVIVI prlma che avessero esalato l'ultimo respiro e li get-tavano sui carri funebri. Fuggiaschi vagavano solitari, ab-brutltl, evitando ogni contatto con gli uomini, cacciatidalla paura della morte. Altri si riunivano in una gioiadi vivere eccltata e sgomenta, tenevano orge e celebra-vano feste da ballo e d'amore, in cui la morte sonava laviola. Altri, trascurati nella persona, piangenti o impre-canti, con gli occhi smarriti, stavano accovacciati davantiai cimiteri o alle loro case spopolate. E peggio di tuttO:ognuno cercava per quell'insopportabile calamit… un caproespiatorio, ognuno affermava di conoscere gli scelleratich'erano i colpevoli e malvagi promotori della pestilenza.Uomini diabolici, si diceva, provvedevano con gioia ma-ligna alla propagazione della strage, prendendo il velenodai cadaveri degli appestati e fregandolo sui muri e sullemaniglie delle porte, o avvelenando le fontane e il be-stiame. Chi cadeva in sospetto di compiere tale mostruo-sit… era perduto se, avvisato in tempo, non riusclva afuggire; era punito con la morte dalla giustizia o dallaplebe. Inoltre i ricchi davano la colpa ai poveri e vlce-versa, oppure si diceva che i colpevoli erano gli ebrei o ilatini o i medici. In una citt… Boccadoro, col cuore indi-gnato vide ardere tutta la via degli ebrei, una casa dopol'altra, mentre intorno il popolo urlava e i fuggiaschiatterriti venivano ricacciati nel fuoco con la forza dellearmi. Nella follia della paura e dell'esasperazione, dapper-tutto si uccidevano, si bruciavano e si torturavano inno-centi. Boccadoro assisteva con furore e disgusto: il mondopareva sovvertito e avvelenato, pareva che non esistesseropi— gioia, innocenza e amore sulla terra. A volte si rifu-giava nelle feste turbolente di chi voleva godere la vita.Dappertutto sonava la viola della morte; egli impar• pre-sto a conoscerne il suono; a volte prendeva parte a queifestini disperati, a volte sonava anch'egli il liuto o ballavaalla luce delle torce a vento, nelle notti febbrili.

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Paura non ne sentiva. Una volta aveva provato l'ansiadella morte, in quella notte d'inverno sotto gli abeti, men-tre le dita di Vittore gli stringevano la gola, e anche Inaltre due giornate del suo vagabondaggio, nella neve enella fame. Quella era una morte con cui si poteva com-battere, da cui ci si poteva difendere, ed egli si era difeso,con le mani e i piedi tremanti, con lo stomaco vuoto, conle membra esauste, si era difeso, aveva vinto, era sfuggito.Ma con la morte causata dalla peste non si poteva lottare,bisognava lasciarla infuriare ed arrendersi, e Boccadorosi era arreso da un pezzo. Non aveva paura, sembravache non gl'importasse pi— nulla della vita, da quando ave-va lasciato Lena nella capanna ardente, da quando avan-zava giorno per giorno nel paese devastato dalla morte.Ma una straordinaria curiosit… lo spingeva e lo tenevadesto; era instancabile nel contemplare la grande mietitrice,nelPascoltare il canto della caducit…; non si tirava mai daparte, sempre lo afferrava la stessa tacita passione d'es-sere presente e di camminare con gli occhi aperti attra-VerSo l'inferno. Mangiava pane ammuffito nelle case spo-polate, cantava e trincava nelle orge folli, coglieva il fioredel piacere presto appassito, guardava negli occhi fissi ed

ebbri delle donne, guardava negli occhi fissi e melensi degliubriachi, guardava negli occhi che si spegnevano dei mo-renti, amava le donne disperate e febbricitanti per unpiatto di minestra aiutava a portar via i morti, per pochiquattrini aiutava a gettar terra sopra i cadaveri nudi. Tetroe selvaggio s'era fatto il mondo, la morte cantava urlandola sua canzone, Boccadoro ascoltava con l'orecchio teso,con passlone ardente.

La sua meta era la citt… di maestro Nicola l… lo chia-mava la voce del suo cuore. Lunga era la via e piena dimorte, di avvizzimento e di strage. Egli avanzava triste,inebrlato dal canto funebre, tutto proteso verso il doloreurlante del mondo, triste e pur ardente, coi sensi aperti.

In un convento vide un affresco recente e dovette con-templarlo a lungo. C'era dipinta su di una parete la danzamacabra: la morte pallida e ossuta portava via ballandogli uomini dalla vita, il re, il vescovo, l'abate, il conte, ilcavaliere, il medico, il contadino, il lanzichenecco, tuttiprendeva con s‚, e dei musicanti scheletriti accompagna-vano la danza sonando su ossa cave. Gli occhi curiosi diBoccadoro assorbirono profondamente quella visione Unignoto collega aveva tratto l'insegnamento da quello ch'egliaveva visto della morte nera e gridava squillante all'orec-chio degli uomini la predica amara del dover morire. Ilquadro era buono, era una buona predica; quel collegasconosciuto non aveva visto e fissato male la cosa, dallasua figurazione truce usciva un suono d'ossa e d'orrore.E tuttavia non era quello che egli, Boccadoro, aveva ve-duto e vissuto L• era dipinta la necessit… della morte, se-Vera e inesorabile. Ma Boccadoro avrebbe desiderato un'al-tra rappresentazione; in lui il canto selvaggio della mortesonava diverso, non severo e macabro, ma dolce e sedu-cente, come un richiamo alla patria, materno. L… dove lamorte protendeva la sua mano nella vita, non echeggiavasolo un grldo stridulo e guerriero ma anche un suono pro-fondo e amoroso, un suono pieno, autunnale, e vicino allamorte il lumino della vita ardeva pi— chiaro e pi— fer-vido. Ad altri la morte poteva apparire come un guerriero,

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un giudice o un carnefice, come un padre severo: per luila morte era anche una madre e un'amante, il suo appel-lo era un richiamo d'amore, il suo contatto un brividod'amore.

Quando Boccadoro riprese il suo cammino, dopo avercontemplato il dipinto della danza macabra, una forzanuova lo attirava verso il maestro e verso la creazione.Ma dappertutto erano soste, nuove immagini e nuoveesperienze; con le narici vibranti egli aspirava l'aria dimorte, dappertutto la compassione o la curiosit… gli chie-devano un'ora, un giorno. Per tre giorni ebbe con s‚ uncontadinello piagnucolante, lo port• per ore ed ore sullespalle: un cosino mezz'affamato di cinque o sei anni, chegli diede molto da fare e di cui stent• a liberarsi. Final-mente glielo prese la moglie di un carbonaio, a cui eramorto il marito e che voleva avere ancora intorno a s‚qualche cosa di vivo. Per diversi giorni lo accompagn• uncane senza padrone, che mangiava nella sua mano e loscaldava nel sonno; ma un mattino scomparve. Ci• rin-crebbe a Boccadoro: si era abituato a parlare con quelcane; per mezz'ora di seguito gli rivolgeva discorsi e fan-tasticherie sulla malvagit… degli uomini, sull'esistenza diDio, sull'arte, sul seno e sulle anche d'una giovane figliadi cavaliere di nome Giulia, che aveva conosciuta in gio-vent— Perch‚ naturalmente nel suo pellegrinaggio attra-verso la morte Boccadoro era diventato un pochino pazzo:tutti nel territorio colpito dalla peste erano un poco pazzie molti lo erano del tutto. Un pochino pazza era forseanche la giovane ebrea Rebecca, la bella fanciulla daicapelli neri e dagli occhi ardenti, con la quale s'attard•due giorni.

La trov• nella campagna davanti ad una piccola citt…,accovacciata presso un mucchio di macerie carbonizzate;urlava, si batteva il volto e si strappava i neri capelli.Boccadoro ebbe compassione di quei capelli cos• belli, eafferr• quelle mani infuriate, le tenne ferme, parl• allafanciulla e s'accorse allora che anche il viso e la personaerano bellissimi. Ella piangeva perch‚ suo padre era statobruciato e ridotto in cenere insieme ad altri quattordiciebrei, per ordine dell'autorit…; ella era riuscita a fuggire,ma poi era ritornata disperata e s'accusava di non essersifatta bruciare insieme al padre. Con molta pazienza eglile tenne ferme le mani convulse, le parl• con dolcezza, lemormor• espressioni di piet… protettrice, le offerse aiuto.Ella gli chiese di aiutarla a seppellire suo padre ed alloraraccolsero tutte le ossa traendole dalla cenere ancor caldae le portarono in un luogo nascosto in mezzo ai campidove le coprirono di terra. Intanto s'era fatta sera e Boc-cadoro cerc• un posto per dormire, prepar• alla fanciullaun giaciglio in un boschetto di querce, le promise di ve-gliare, e la sent• piangere ancora e singhiozzare, fin chesi fu addormentata. Allora dorm• un poco anche lui ealla mattina cominci• la sua corte. Le disse che non po-teva rimanere cos• sola, che l'avrebbero riconosciuta perebrea e uccisa, o che qualche dissoluto vagabondo l'avreb-be maltrattata, e che nella foresta c'erano lupi e zingari.Egli invece l'avrebbe presa con s‚ e protetta dai lupi edagli uomini, perch‚ gli faceva pena e le voleva moltobene: egli aveva gli occhi aperti e sapeva che cos'Š labellezza, e non avrebbe mai tollerato che quelle dolci pal-

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pebre intelligenti e quelle belle spalle fossero divorate daglianimali o arse sul rogo. Ella lo ascolt• cupa, poi balz•in piedi e fugg•. Egli dovette rincorrerla e tenerla strettaprima di poter proseguire.

-- Rebecca, -- disse, -- vedi bene che non ho cattiveintenzioni verso di te. Ora sei afflitta, pensi a tuo padrenon vuoi saperne d'amore. Ma domani o dopodomani opi— tardi io t'interrogher• di nuovo; fino allora ti proteg-ger•, ti porter• da mangiare e non ti toccher•. Sii tristefin che Š necessario Con me potrai esser triste o lieta,potrai fare sempre e soltanto ci• che ti dar… piacere.

Ma eran tutte parole dette al vento. Ella non volevafar nulla che desse piacere - affermava tetra e furente -voleva fare ci• che d… dolore, mai pi— avrebbe pensatoa qualcosa che potesse somigliare alla gioia, e quanto pi—presto l'avrebbe divorata il lupo, tanto meglio per lei. Eglidoveva andarsene, non c'era nulla da fare, avevan gi…parlato troppo

--Ascolta, -- disse Boccadoro, -- non vedi che dap-pertutto Š la morte, che in tutte le case e le citt… si muo-re, che tutto Š pieno d'angoscia? Anche il furore di quegliuomini stolti, che hanno bruciato tuo padre, altro non Šse non miseria e disperazione, se non conseguenza di unasofferenza troppo grande. Guarda, presto la morte pren-der… anche noi ed anche noi imputridiremo nei campi econ le nostre ossa giocher… la talpa. Lascia che primaviviamo ancora un poco e ci vogliamo bene. Ah, sarebbeun tal peccato per il tuo collo bianco, per il tuo piccolopiede! Cara bella fanciulla, vieni con me, non ti toccher•,voglio solo vederti e provvedere a te.

Supplic• ancora a lungo e a un tratto sent• egli stessoquanto fosse inutile cercare di conquistarla con parole eragionamenti. Tacque e la guard• triste: il volto fiero eregale di lei era rigido di ripulsa.

-- Ecco come siete, -- disse infine Rebecca con vocepiena d'odio e di disprezzo, -- ecco come siete voi cri-stiani! Prima aiuti una figlia a seppellir suo padre chela tua gente ha assassinato e di cui l'unghia dell'ultimodito vale pi— di te, e subito dopo la ragazza dev'esser tuae far con te all'amore. Ecco come siete! A tutta prlmapensai che forse tu eri un uomo buono. Ma come potevesser buono? Ah, siete dei porci!

Mentre parlava cos•, Boccadoro vedeva ardere nei Suocchi, dietlo l'odio, qualcosa che lo commoveva e lo con-fondcva e gli penetrava nel cuore. Vedeva nei suoi occhila morte, ma non il dover morire, bens• il voler morire,il diritto di morire, la tacita dedizione e obbedienza al-l'appello della madre della terra.

-- Rebecca, -- disse,--forse hai ragione Io non sonoun uomo buono, quantunque verso di te le mie intenziomfossero buone. Perdonami. Solo ora ti ho compresa.

Toltosi il berretto, la salut• profondamente come unaprincipesSa e se n'and• col cuore oppresso; doveva lasclar-la perire. Rimase a lungo turbato, non aveva voglla diparlare con nessuno. Per quanto poco si assomigliassero,

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quella fiera e povera fanciulla israelita gli ricordava incerto modo Lidia, la figlia del cavaliere. Amare donnecome quelle era fonte di dolore. Ma per qualche tempogli parve di non aver mai amato altre che queste due, lapovera, inquieta Lidia e l'ombrosa, amara israelita.

Per parecchi giorni ancora pens• alla focosa fanciulladai capelli neri, e per parecchie notti sogn• la bellezzaslanciata e ardente del suo corpo, che pareva destinatoalla felicit… e alla prosperit… ed era invece gi… votato allamorte Oh perch‚ quelle labbra e quel seno dovevanodiventar preda dei ® porci ¯ e imputridire nei campi? Nonc era qualche potenza, qualche magia, per salvare questifiori preziosi? S•, c'era una magia: far si che contlnuas-sero a vivere nella sua anima, dar loro forma e conser-varli cos•. Egli sentiva con sgomento e con entusiasmo

la sua anima piena d'immagini, sentiva che quel lungoperegrinare attraverso il paese della morte l'aveva tuttapopolata di figure. Tanta ricchezza gli gonfiava il cuoreed egli sentiva un desiderio invincibile di raccogliersi sudi essa, di darle sfogo, di trasformarla in immagini dura-ture. E continuava il suo cammino con impulso semprepi— avido e fervente, sempre con gli occhi aperti e coisensi curiosi, ma con un appassionato desiderio di carta estilo, di creta e legno, di officina e di lavoro.

L'estate era passata. Molti assicuravano che con l'au-tunno o col principio dell'inverno, la pestilenza sarebbecessata. Era un autunno senza gioia. Boccadoro attraver-sava regioni, in cui non c'era pi— nessuno per coglier lafrutta che cadeva dagli alberi e marciva nell'erba, in altriluoghi orde di gente inselvatichita, proveniente dalle citt…in barbare escursioni, la saccheggiava e la sperperava.

Boccadoro s'avvicinava a poco a poco alla sua meta ein quell'ultimo tempo lo coglieva spesso il timore di poterprendere ancora la peste e di dover morire in qualchestalla. E non voleva pi— morire, prima d'aver gustato lafelicit… d'essere ancora in un'officina e di dedicarsi allacreazione artistica. Per la prima volta in vita sua il mondogli pareva troppo vasto, la terra germanica troppo grande.Nessuna graziosa piccola citt… poteva pi— allettarlo a so-stare, nessuna graziosa contadinella lo tratteneva pi— alungo di una notte.

Ma una volta pass• davanti ad una chiesa, sotto il cuiportale stavano entro nicchie profonde, sorrette da colon-nine ornamentali, molte statue in pietra di epoca antichis-sima, figure d'angeli, apostoli e martiri, come ne avevagi… vedute altre volte; anche nel suo convento di Maria-bronn c'erano parecchie statue di quel genere. Un tempo,da giovinetto, le aveva contemplate con piacere, ma senzapassione; gli parevano belle e maestose, ma un po' tropposolenni e un po' rigide e antiquate. Pi— tardi, quandoalla fine della sua prima grande peregrinazione era statotanto commosso e rapito da quella dolce e triste Ma-donna di maestro Nicola, quelle figure di pietra solennied arcaiche gli erano parse troppo pesanti, rigide e stra-niere, le aveva contemplate con un certo altero disprezzoe nella nuova maniera del suo maestro aveva vedutoun arte molto pi— viva, pi— intima e Di— animata. Ora

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che ritornava dal mondo con l'anima piena d'immagini,segnata dalle cicatrici e dalle tracce di avventure e diesperienze violente, con un doloroso e appassionato desi-derio di raccoglimento e di nuova creazione, quelle figureantiche ed austere commovevano a un tratto il suo cuorecon straordinaria potenza. Stava devotamente dinanzi aquelle statue venerande, in cui viveva ancora il cuore diun'epoca da lungo tempo tr.corsa, e le angosce e le estasidi generazioni scomparse da un peZZo, irrigidite nella pie-tra, sfidavano ancora da secoli la caducit…. Nel suo cuoreinselvatichito sorgeva tremante e umile il sentimento dellavenerazione e un orrore per la sua vita sciupata e con-sumata. Fece quello che da gran tempo non faceva, cerc•un confessionale, per confessarsi e per farsi punire.

Ma se nella chiesa c'erano confessionali, in nessuno sitrovava un prete; erano morti, giacevano all'ospedale, era-no fuggiti, temevano il contagio. La chiesa era deserta, ipassi di Boccadoro risonavano cupi sotto la volta di pietra.Egli s'inginocchi• davanti ad uno dei confessionali vuoti,chiuse gli occhi e mormor• dentro la grata: --Buon Dio,vedi ci• ch'Š avvenuto di me. Ritorno dal mondo e sonodiventato un uomo cattivo ed inutile, ho sprecato i mieianni di giovent— come un dissipatore, ben poco si Š sal-vato. Ho ucciso, ho rubato, ho fornicato, ho viSsuto inozio e mangiato il pane degli altri. Buon Dio, perch‚ cihai creati cos•, perch‚ ci conduci per vie simili? Nonsiamo noi tuoi figli? Il Figlio tuo non Š morto per noi?Non ci sono santi e angeli per giudicarci? O sono tuttebelle storie inventate, che si raccontano ai bambini e dicui ridono i preti stessi? Io ho perduto la fiducia in te,Padre, hai creato male il mondo, lo tieni in ordine male.Ho veduto case e strade piene di morti, ho veduto ricchibarricarsi nelle loro case o fuggire, e i poveri lasciare iloro fratelli insepolti, e gli uni diventare sospetti agli altrie ammazzare gli ebrei come bestie. Ho veduto tanti inno-centi soffrire e perire e tanti malvagi nuotare nel benes-sere. Ci hai dunque del tutto dimenticati e abbandonati,la tua creazione t'Š venuta in uggia, vuoi lasciarci andaretutti alla malora?

Sospirando usc• dall'alto portale e vide le statue dipietra silenziose, angeli e santi, magri ed alti nei rigididrappeggi delle loro vesti, immobili, irraggiungibili, sovru-mani e pur creati da mano umana e da spirito umano.Stavano lass— nelle loro nicchie ristrette, severi e sordiinaccessibili a preghiere e a domande, eppure erano uninfinito conforto, erano una vittoria trionfante sulla mortee sulla disperazione, nella loro maest… e nella loro bellezzasopravviventi all'estinguersi di una generazione umana do-po l'altra. Ah, se ci fosse stata l… anche la bella ebreaRebecca e la povera Lena arsa insieme alla capanna e lapovera Lidia e maestro Nicola ! Ma un giorno ci sareb-bero stati e avrebbero avuto vita duratura, egli stesso liavrebbe presentati, e le loro figure, che in quel momentosignificavano per lui amore e tormento, ansia e passione,si sarebbero erette un giorno davanti ai posteri, senza nomee senza storia, pacati e taciti simboli della vita umana.

CAPITOLO XV

Finalmente la meta fu raggiunta e Boccadoro entr• nel-

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l'ambita citt… per la medesima porta per cui un giorno,tanti anni prima, era passato la prima volta in cerca delsuo maestro. Gi… per strada, mentre si avvicinava allacitt… vescovile, parecchie notiZie l'avevano raggiunto; sa-peva che anche l… c'era stata la peste e forse vi regnavaancora, gli avevano raccontato di disordini e di rivoltepopolari, e che un governatore imperiale era venuto permettere ordine, per dare leggi eccezionali e proteggere lapropriet… e la vita dei cittadini. Perch‚ il vescovo avevalasciato la citt… appena scoppiata la peste e risiedeva lon-tano in uno dei suoi castelli in campagna. Di tutte questenotizie il viandante si era interessato poco. Purch‚ ci fosseancora la citt…, con le officine in cui egli voleva lavorare!Tutto il resto non gli importava. Quando arriv•, l'epi-demia era spenta, si aspettava il ritorno del vescovo e cisi rallegrava della partenza del governatore e della ri-presa della pacifica vita normale.

Quando Boccadoro rivide la citt…, un'ondata di ricordi,un senso di ritrovar la sua patria, quale non aveva maiprovato prima, gli gonfi• il cuore, e per dominarsi con-trasse il volto in una maschera di severit… inconsueta. Oh,c'era ancora tutto: le porte, le belle fontane, il vecchiocampanile massiccio della cattedrale e quello nuovo e slan-ciato della chiesa di Santa Maria, le campane sonore diSan Lorenzo, la grande piazza luminosa del mercato! Oh,che gioia che tutto questo lo avesse aspettato! Non avevasognato un giorno, cammin facendo, di arrivar l• e di tro-var tutto straniero e mutato, parte distrutto e in rovina,parte irriconoscibile per nuove costruzioni e per strani se-gni spiacevoli? Aveva le lacrime a~li occhi, mentre cam-minava per le strade e riconosceva le case a una a una.In fin dei conti non erano invidiabili i sedentari nelle lorobelle case sicure, nella loro pacifica vita borghese, nel lorosentimento tranquillante e fortificante di avere una patria,di essere a casa propria nella stanza e nell'officina, framoglie e figli, servit— e vicini ?

Era tardo pomeriggio e dalla parte della strada illu-minata dal sole le case, le insegne delle osterie e delle cor-porazioni, le porte scolpite e i vasi di fiori splendevanonel raggio caldo, e nulla faceva pensare che anche inquella citt… avessero regnato la furia della morte e lafolle paura degli uomini. Fresco, verde e azzurro chiaroscclrreva sotto le volte sonore del ponte il fiume lucenteBoccadoro sedette un momento sul parapetto dell'argine.sotto guiZZavano ancora nel verde cristallo le ombre scuredei pesci, o stavano immobili coi musi rivolti contro lacorrente; ancora scintillava qua e l… nel crepuscolo delfondo quel tenue bagliore d'oro, che promette tanto e fa-vorisce i sogni. Ci• accadeva anche in altre acque, anchealtri ponti ed altre citt… eran belli a vedere, e tuttaviagli pareva di non aver pi— visto e sentito da tanto temponulla di simile.

Passarono due garzoni di macellaio, che spingevano ri-dendo un vitello, e scambiarono occhiate e scherzi conuna ragazza, che raccoglieva il bucato in una pergolasopra di loro. Come tutto passava presto! Poco tempoinnanzi bruciavano ancora i fuochi della peste e infieri-vano i terribili monatti; ed ecco che la vita riprendeva ilsuo corso, si rideva e si scherzava; a lui capitava lo stesso:eccolo l• seduto, entusiasta di rivedere ogni cosa, ricono-

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scente, tenero perfino verso i sedentari, come se non cifossero state n‚ miseria n‚ morte, n‚ una Lena n‚ unaprincipessa israelita. S'alz• sorridendo e prosegu•; soloquando s'avvicin• alla strada di maestro Nicola e riper-corse quel cammino, che un tempo aveva fatto ogni giornoper un anno intero recandosi al lavoro, il suo cuore co-minci• a sentirsi oppresso e inquieto. Affrett• il passo;voleva presentarsi quel giorno stesso al maestro e avernotizie, non era pi— il caso di differire, gli sarebbe parsoaddirittura impossibile aspettare fino al•'indomani. Il mae-stro sarebbe stato ancora in collera con lui? Era passatotanto tempo, non poteva pi— avere importanza; e se an-che lo fosse stato, egli avrebbe placato la sua collera. Pur-ch‚ il maestro fosse ancora l…, lui e la sua ofhcina, poitutto sarebbe andato bene. In fretta, come se all'ultimomomento potesse perdere ancora qualcosa, s'avvicin• allacasa ben nota, afferr• la maniglia della porta e sussult•,trovandola chiusa. Era forse un cattivo segno? Una voltanon avveniva mai che quella porta fosse tenuta chiusa inpieno giorno. Lasci• cadere il battaglio con strepito easpett•. Di colpo gli era entrata una grande ansia in cuore.

Venne l stessa vecchia servente che l'aveva ricevuto alsuo primo ingresso in quella casa. Non era diventata pi—brutta, ma pi— vecchia e pi— sgarbata; non riconobbe Boc-cadoro. Con voce ansiosa egli chiese del maestro. Ella loguard• inebetita e diffidente.

-- Maestro? Qui non c'Š nessun maestro. Andate pure,giovanotto. Non si riceve nessuno.

Voleva cacciarlo fuori dalla porta: egli la prese perun braccio e le grid•: --Ma parla dunque, Margherita,in nome di Dio! lo sono Boccadoro, non mi conosci?Debbo andare da maestro Nicola.

Negli occhi presbiti e semispenti non brill• alcun segnodi benvenuto.

-- Qui non c'Š pi— nessun maestro Nicola, -- disserespingendolo;--quello Š morto. Andatevene, io non possostar qui a chiacchierare.

Boccadoro che sentiva crollare tutto dentro di s‚, spinseda una parte la vecchia, che gli corse dietro gridando, esi precipit• per il corrido•o buio verso l'officina. Era chiu-sa. Seguito dQlla vecchia, che protestava e inveiva, corsesu per la scala, vide nella penombra del noto vestibolo lestatue che Nicola aveva raccolte. Chiam• a voce alta lasignorina Elisabetta.

La porta della stanza s'apr• e comparve Elisabetta; quan.do, solo alla seconda occhiata, egli la riconobbe si sent•stringere il cuore. Se gi… tutto in quella casa, dal mo-mentO in cui aveva trovato con spavento la porta chiusa,appariva spettrale e incantato come in un sogno ango-sciosO, alla vista di Elisabetta un vero brivido gli percorsela schiena. Della bella e superba Elisabetta era rimastauna ragazza spaurita e curva, con un viso giallo e mala-

ticcio, in un vestito nero e disadorno, con lo sguardo in-certo e l'atteggiamento inquieto.

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-- Perdonate, -- fece lui, -- Margherita non volevalasciarmi entrare. Non mi riconoscete? Ma sono Bocca-doro. Ah, ditemi: Š proprio vero che vostro padre Šmorto?

Dallo sguardo di lei cap• che in quel momento lo ri-conosceva e vide anche subito ch'egli non doveva averlasclato buon ricordo di s‚.

--Ah, siete Boccadoro? -- disse, e nella voce di leiegli riconobbe qualcosa della fierezza d'un tempo. -- Visiete affaticato a salire per nulla. Mio padre Š morto.

--E l'officina? -- gli usc• dal petto.

-- L'officina? chiusa. Se cercate lavoro, dovete an-dare altrove.

Egli cerc• di dominarsi.

-- Signorina Elisabetta, -- disse cortesemente, -- ionon cerco lavoro, volevo solo salutare il maestro e voi.Sono molto addolorato di dover udire questo! Vedo cheavete passato dei giorni gravi. Se uno scolaro riconoscentedi vostro padre pu• rendervi qualche servigio, ditelo, sa-rebbe una gioia per me. Ah, signorina Elisabetta, mi sispezza il cuore a trovarvi cos•... cos• immersa nel dolore

Ella si ritir• dietro la porta della stanza.

--Grazie, -- disse esitante, -- non potete pi— rendernessun servigio a lui e neppure a me. Margherita vi con-durr… fuori.

La voce risonava dura, fra irata e timorosa. Egli sent•che, se avesse avuto coraggio, lo avrebbe cacciato fuoricon un'ingiuria.

Gi… era sceso in istrada, gi… la vecchia aveva sbarratodietro di lui la porta di casa e messo i chiavistelli. Ud•ancora il colpo secco dei catenacci, che gli son• all'orec-chio come la chiusura del coperchio di una bara.

Ritorn• a passi lenti in riva al fiume e sedette di nuovosul muro nel posto d'un tempo. Il sole era tramontatodall'acqua saliva un alito freddo, fredda era la pietra sul-la quale sedeva. La via che fiancheggiava il fiume s'erafatta silenziosa, contro i pilastri del ponte mormorava lacorrente, cupo appariva il fondo, nessun bagliore d'oroluccicava pi—. "Oh" pensava "se ora cadessi gi— dal mu-ro e scomparissi nel fiume!" 11 mondo era di nuovo pie-

no di morte. Pass• un'ora e il crepuscolo era diventatonotte. Finalmente poteva piangere. Stava seduto e pian-geva, le gocce calde gli cadevano sulle mani e sulle gi-nocchia. Piangeva per il maestro morto, piangeva per laperduta bellezza di Elisabetta, piangeva per Lena, per Ro-berto, per la fanciulla ebrea, per la sua propria giovinezzaappassita e sciupata.

Pi— tardi entr• in un'osteria, dove una volta trincavaspesso coi compagni. L'ostessa lo riconobbe; egli le chiese

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un pezzo di pane, ella glielo diede e gli offerse insiemegentilmente anche un bicchier di vino. Egli non riusc• aingoiare n‚ il pane n‚ il vino. Sopra una panca dell'oste-ria dorm• la notte. L'ostessa lo svegli• il mattino, egliringrazi• e se n'and•; per via mangi• il suo pezzo dipane.

And• in piazza del mercato: l… c'era la casa in cui unavolta aveva la sua camera. Accanto alla fontana alcunepescivendole offrivano la loro merce viva; egli guard•dentro i barili i begli animali lucenti. Tante volte li avevavisti in passato, e gli torn• alla mente che spesso avevaavuto compassione di loro e s'era sentito acceso d'ira con-tro le pescivendole e i compratori. Una volta, ricordava,in un'altra mattina s'era aggirato per quella piazza am-mirando e compiangendo i pesci ed era stato molto tri-ste: quanto tempo era passato da allora e quant'acquasotto i ponti! Era stato molto triste, se ne rammentava be-ne, ma non sapeva perch‚. Era proprio cos•: anche lecose tristi passavano, anche i dolori e le disperazioni, co-me le gioie, impallidivano, perdevano la loro profondit…e il loro valore, fin che veniva un momento in cui non cisi poteva pi— ricordare che cos'era stato a far tanto male.Anche i dolori sfiorivano e appassivano. Anche il suo do-lore di quel giorno sarebbe dunque appassito e divenutoinsignificante, anche la sua disperazione per la morte delmaestro, che se n'era andato in collera con lui. E perch‚non gli era pi— aperta un'officina, dove gustare la felicit…della creazione e scaricare dall'anima il peso delle imma-gini? S•, senza dubbio, anche questa sofferenza, anche l'a-marezza di diventare vecchio e stanco, anche questa avreb-be dimenticato. Nulla aveva consistenza, neppure il do-lore.Mentre fissava i pesci, tutto assorto in questi pensieri,

ud• una voce sommessa pronunciare affettuosamente il suonome.

-- Boccadoro, -- chiamava timida; e voltandosi, eglivide una giovinetta delicata e patita, ma con grandi oc-chi scuri. Non la conosceva.

-- Boccadoro! Sei proprio tu? -- disse la timida voce.-- Da quando sei tornato in citt…? Non mi conosci pi—?Sono Maria.

Ma egli non la conosceva. Dovette raccontargli che erala figlia dei suoi padroni di casa d'un tempo e che ungiorno, in quell'alba prima della sua partenZa, gli avevafatto scaldare una tazza di latte in cucina. Arross•, men-tre raccontava.

S•, era Maria, era la bimba esile dal femore malatoche allora s'era presa cura di lui con tanta timida tene-rezza. Ora egli ricordava tutto: Maria lo aveva aspettatonel mattino freddo e s'era mostrata cos• triste della suapartenza, gli aveva fatto scaldare il latte ed egli le avevadato un bacio, che ella aveva ricevuto con tacita solen-nit…, come un sacramento. Non aveva pi— pensato a lei.Allora era una bimba. Ora s'era fatta alta aveva dei bel-lissimi occhi, ma zoppicava sempre e appariva un po' ema-clata. Le diede la mano. Gli faceva piacere che qualcunoin quella citt… lo conoscesse ancora e gli volesse bene.

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Maria lo condusse con s‚, egli non oppose quasi resi-stonza. Dovette pranzare a mezzogiorno coi genitori dilei, nella stanza dove pendeva ancora dalla parete il suoquadro e sul bordo del camino spiccava il suo bicchierecolor rubino; fu invitato a rimanere qualche giorno, era-no tanto lieti di rivederlo. Qui apprese ci• ch'era avve-nuto in casa del suo maestro. Nicola non era morto dipeste, ma la bella Elisabetta aveva preso il contagio edera stata gravissima; suo padre l'aveva curata fino a lo-gorarsl, ed era morto prima ancora ch'ella fosse del tuttoguarita. Fu salvata, ma la sua bellezza se n'era andataper sempre.

--L'officina Š vuota, -- disse il padrone di casa, --e per un bravo intagliatore ci sarebbe l• un bel nido pron-to e denaro a sufficienza. Pensaci, Boccadoro! La ragazzanon direbbe di no. Non ha pi— da scegliere.

Venne anche a sapere diversi particolari dell'epoca del-la peste: che la plebe aveva prima incendiato un ospedale

e poi assalito e saccheggiato alcune case di ricchi; che perun po' di tempo, essendo fuggito il vescovo, non c'eranpi— stati n‚ ordine n‚ sicurezza in citt…. Allora l'impera-tore, che si trovava in quel momento nelle vicinanze, ave-va mandato un governatore, il conte Enrico. Un uomoenergico senza dubbio; coi suoi pochi cavalieri e soldatiaveva ristabilito l'ordine nella citt…. Ma ormai era tempoche quel regime cessasse; si aspettava il ritorno del ve-scovo. Il conte aveva preteso molto dai cittadini; e anchedella sua concubina se n'aveva abbastanza, dell'Agnese;quella era una birba matricolata! Be', presto se ne sareb-bero andati. Il Consiglio comunale era arcistufo di averalle costole, invece del suo buon vescovo, un cortigiano eun guerriero come quello, un favorito dell'imperatore, chericeveva continuamente ambasciate e delegazioni come unprincipe.

Poi anche l'ospite fu interrogato sulle sue avventure.--Ah! --disse egli con tristezza,--non parliamo di queste.Ho camminato e camminato e dappertutto c'era la pesti-lenza e intorno giacevano i morti, e dappertutto la genteera impazzita e malvagia per paura. Io sono rimasto invita, forse un giorno tutto questo sar… dimenticato. Oraritorno e il mio maestro Š morto! Lasciatemi qui un paiodi giorni a riposare, poi riprender• il mio cammino.

Non rimase per riposare. Rimase perch‚ era deluso eindeciso, perch‚ il ricordo di tempi pi— felici gli rendevacara quella citt…, e perch‚ l'amore della povera Maria glifaceva bene. Egli non poteva ricambiarlo, non poteva dar-le altro che amicizia e compassione; ma quella sua ado-razione tacita e umile lo riscaldava. Pi— di tutto poi lotratteneva in quel luogo il bisogno ardente di ridiventareartista, anche senza officina, anche solo con dei ripieghi.

Per un paio di giorni Boccadoro non fece altro che di-segnare. Maria gli aveva procurato carta e penna ed eglisedeva nella sua camera e disegnava per ore ed ore eriempiva i grandi fogli, ora con figure scarabocchiate infretta, ora con altre delicate e curate amorosamente, e

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cos• lasciava che il libro delle immagini, che gli riempi-vano l'animo, passasse da questo sulla carta. Disegn• mol-te volte il viso di Lena, con quel suo sorriso pieno di sod-disfazione, d'amore e di volutt… di sangue, che le avevaveduto dopo la morte del vagabondo, e anche come gliera apparso nell'ultima notte, gi… sul punto di disfarsinell'informe, nel ritorno alla terra. Disegn• un contadi-nello, che un giorno aveva visto morto, disteso sulla sogliadella camera dei suoi genitori, coi piccoli pugni serrati.Disegn• un carro pieno di cadaveri, tirato a stento da treronzini, e di fianco gli sgherri con le lunghe stangh, congli occhi biechi che sbirciavano dalle fessure delle masche-re nere. Disegn• pi— volte Rebecca, la fanciulla ebrea da-gli occhi neri e dalla figura slanciata, la sua bocca sottilee fiera, il suo volto pieno di dolore e d'indignazione, ilsuo corpo giovane e bello che pareva fatto per l'amore,la sua bocca altera e amara. Disegn• se stesso come vian-dante, amante, fuggiasco dalla morte mietitrice, ballerinonelle orge degli affamati di vita durante la peste. Chinoed assorto sopra la carta bianca, schizz• il viso fermo eorgoglioso della signorina Elisabetta, come l'aveva cono-sciuta un tempo, la smorfia della vecchia serva Marghe-rita, il volto amato e temuto di maestro Nicola. Pi— diuna volta anche abbozz• con tratti lievi e presaghi unagrande figura femminile, la Madre della terra, seduta conle mani in grembo e un barlume di sorriso nel volto sottogli occhi tristi. Questo fluire d'immagini, questo sentimen-to vibrante nella mano che disegnava, queSto dominio cheegli acquistava sulle proprie visioni, gli faceva un beneinfinito. In pochi giorni riemp• dei suoi disegni tutti ifogli che Maria gli aveva procurati. Dall'ultimo tagli•via un pezzo e vi disegn• chiaro, a tratti sobri, il viso diMaria, coi suoi begli occhi e nella bocca un espressionedi rinuncia. Glielo don•.

Disegnando aveva sciolto e liberato la sua anima daquel senso di pesantezza, d'ingorgo, di eccessiva pienezzache l'opprimeva. Fin tanto che disegnava, non sapeva do-v'era, il suo mondo non consisteva d'altro che della ta-vola, della carta bianca e, la sera, della candela. Poi sidest•, si ramment• delle avventure pi— recenti: vide di-nanzi a s‚, inesorabile, la ripresa della vita errabonda ecominci• a vagare per la citt…, col cuore stranamente di-viso fra il senso di rivedere e quello di prender congedo.

In uno di questi giri incontr• una donna, la cui vistadiede a tutti i suoi sentimenti sconvolti un nuovo centro.Era una donna a cavallo, alta e biondissima, con occhiazzurri curiosi e un po' freddi, membra solide ed ener-

giche e un viso florido, spirante gioia di godimento e dipotenza, sicurezza di s‚ e curiosit… dei sensi all'erta. Siergeva sul cavallo bruno un po' altera e imperiosa, abi-tuata al comando, ma non chiusa e in atteggiamento di-fensivo: sotto i suoi occhi un po' freddi vibravano naricimobili, aperte a tutti i profumi del mondo, e la boccagrande e carnosa sembrava fatta per prendere e per dare.Nell'istante in cui Boccadoro la vide, si dest• viva in luila brama di misurarsi con quella donna superba. Conqui-starla gli parve un nobile scopo e rompersi il collo perraggiungerla non gli sarebbe sembrata una brutta morte.Sent• subito che quella bionda leonessa era sua pari, ricca di

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.sensi e d'anima, accessibile a tutte le tempeste, delicata eselvaggia, esperta di passioni per antica eredit… di sangue.

Pass• a cavallo, egli la segu• con lo sguardo: fra lachioma bionda e ricciuta e il colletto di velluto azzurrovide spuntare una nuca salda, forte e fiera, ma avvoltadella pi— tenera pelle infantile. Gli parve la donna pi—bella che avesse mai veduta. Egli voleva stringer quellanuca nelle sue mani e strappare a quegli occhi il loro fred-do segreto azzurro. Non gli fu difficile informarsi chifosse. Seppe subito che abitava nel castello ed era Agnese,l'amante del governatore; non se ne stup•, avrebbe potutoessere l'imperatrice in persona. Si ferm• presso la vasca diuna fontana e cerc• nell'acqua la sua immagine. S'ac-cordava con quella della bionda signora come una sorella,ma era troppo incolta. Immediatamente and• a cercare unbarbiere che conosceva, e con belle parole lo indusse a ta-gliargli barba e capelli e a pettinarlo per bene.

L'inseguimento dur• due giorni. Agnese usciva dal ca-stello e il biondo straniero stava al portone e la guardavanegli occhi, ammirato. Agnese cavalcava intorno al ba-stione e di fra gli ontani sbucava lo straniero. Agnese eradall'orefice e all'uscir dall'officina incontrava lo straniero.Ella lo fulminava un istante coi suoi occhi imperiosi,mentre un lieve tremito le palpitava intorno alle narici.La mattina dopo, ritrovandolo pronto alla sua prima usci-ta a cavallo, gli lanci• la sua sfida con un sorriso. Eglivide anche il conte, il governatore; era un uomo impo-nente e ardito, da prender sul serio; ma aveva gi… delgrigio fra i capelli e delle preoccupazioni sul volto; Boc-cadoro si sentiva superiore.

Quei due giorni lo resero felice; raggiava di giovinezzariconquistata. Era bello mostrarsi a quella donna e sfi-darla a battaglia. Era bello perdere la propria libert… perquella bellezza. Bella ed eCCitante era la sensazione dimettere la propria vita su quell'unico dado.

La mattina del terZo giorno Agnese usc• a cavallo dalportone del castello, accompagnata da un palafreniere. Isuoi occhi cercarono subito il corteggiatore, smaniosi dilotta e un po' inquieti. Bene, era l…. Ella mand• via ilservo con una commissione e prosegul sola a passo lento;usc• dalla porta inferiore che metteva sul ponte e lo attra-vers•. Allora soltanto guard• indietro. Vide che lo stra-niero la seguiva. Sulla strada che conduceva alla chiesadi San Vito, meta di pellegrinaggi, in quell'epoca quasideserta, lo aspett•. Dovette aspettare una mezz'ora: lostraniero camminava adagio, non voleva arrivare trafe-lato. Giunse fresco e sorridente, in bocca un ramoscellocon una coccola di rosa canina. Ella era scesa da cavalloe, legato l'animale, stava appoggiata all'edera che s'ar-rampicava sul muro, guardando alla volta dell'inseguito-re. Egli si ferm• davanti a lei, gli occhi negli occhi, e sitolse il berretto.

-- Perch‚ mi corri dietro?--domand• lei.--Che vuoida me?

-- Oh, -- fece Boccadoro, -- preferirei molto regalartiqualche cosa piuttosto che riceverla da te. Vorrei offrirtiin dono me stesso, bella signora; fa di me ci• che vuoi.

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-- Bene, voglio vedere che cosa si pu• fare di te. Mase hai pensato di poter cogliere qui fuori un fiorellinosenza pericolo, ti sei ingannato. Io posso amare solo uo-mini che sanno al bisogno arrischiare la loro vita.

--- Non hai che da comandarmi.

Ella si tolse lentamente dal collo una catenella d'oro egliela consegn•.

-- Come ti chiami ?

-- Boccadoro.

-- Bene, Boccadoro, prover• di che oro Š la tua bocca.Ascoltami bene: verso sera tu verrai al castello e mostre-rai questa catena, dicendo che l'hai trovata. Ma non deveuscire dalle tue mani, desidero riaverla da te. Verrai coslcome sei, ti prendano pure per un mendicante. Se qual-cuno della servit— ti apostrofer… insolentemente, rimarrai

tranquillo. Devi sapere che io ho solo due persone sicurenel castello: il palafreniere Max e la mia cameriera Berta.Devi raggiungere uno dei due e farti introdurre da me.Con tutti gli altri del castello, compreso il conte, sii cau-to: sono nemici. Sei avvisato. Pu• costarti la vita.

Gli stese la mano; egli la prese sorridendo, la baci• de-licatamente, la sfior• lieve con la guancia. Poi intasc• lacatena e se n'and•, scendendo lungo il fiume verso la cit-t…. I vigneti erano gi… spogli, dagli alberi volavano viale foglie ad una ad una. Boccadoro guard• gi— la citt…,che gli apparve seducente e amica; scosse il capo sorridendo. Solo pochi giorni prima egli era cos• triste, tri~teperfino che anche il dolore e la sofferenza fossero caduchi.Ed ecco che in realt… sofferenza e dolore erano gi… pas-sati, staccati da lui come dal ramo le foglie d'oro. Glipareva che l'amore non gli avesse mai sorriso cos• lumi-noso come da quella donna, la cui alta figura, la cuibionda e lieta floridezza gli ricordavano l'immagine di suamadre, cos• come l'aveva portata in cuore da ragazzo aMariabronn. Solo due giorni prima egli non avrebbe cre-duto possibile che il mondo gli potesse sorridere ancoracon tanta letizia, ch'egli potesse ancora sentirsi correre nelsangue con tanta pienezza e tanto impeto il flutto dellavita, della gioia, della giovinezza. Che felicit… essere an-cora vivo! che in tutti quei mesi tremendi la morte l'aves-se risparmiato!

La sera si rec• al castello. Nel cortile c'era molta ani-mazione, si dissellavano cavalli, correvano messi: un pic-colo corteo di sacerdoti e di dignitari della Chiesa venivaintrodotto dai servi per la porta interna su per lo scalone.Boccadoro voleva seguirli, il portiere lo trattenne. Eglitrasse fuori la catena d'oro e disse che aveva l'ordine dinon consegnarla a nessuno fuorch‚ alla signora o alla suacameriera. Lo fecero accompagnare da un servo, e dovetteaspettare a lungo nei corridoi. Finalmente comparve unadonna svelta e graziosa, che passandogli accanto doman-d• piano: -- Siete Boccadoro? --e gli fece segno di se-guirla: scomparve in silenzio dietro una porta, ricomparve

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dopo poco e gli accenn• d'entrare.

Egli si trov• in una piccola stanza, in cui c'era un fortesentore di pelliccia e di dolci profumi; dalle pareti pende-vano vestiti e mantelli, su supporti di legno stavano cap-

pelli femminili e in una cassetta aperta ogni sorta di cal-zature. L• rimase ad attendere una buona mezz'ora, fiu-tando i vestiti profumati, accarezzando le pellicce e sorri-dendo curioso di tutte le belle cose che gli pendevano in-torno

Finalmente la porta interna s'apr• e comparve non pi—la cameriera, ma Agnese stessa, in un vestito azzurro chia-ro, guarnito al collo di pelliccia bianca. S'avanz• lentaverso di lui, passo passo, guardandolo seria coi suoi fred-di occhi azZurri.

--Hai dovuto aspettare, -- disse piano.--Credo cheora siamo sicuri. C'Š una delegazione di sacerdoti dalconte, egli pranza con loro e avr… certo ancora lunghetrattative: le sedute coi preti durano sempre molto. Que-st'ora Š per te e per me. Sii benvenuto, Boccadoro.

Si chin• verso di lui, le belle labbra piene di desiderios'avvicinarono alle sue; e i due si salutarono in silenzionel primo bacio. Egli pass• lentamente la sua mano intor-no al collo di lei. Ella lo condusse nella sua camera daletto, alta e tutta illuminata da candele. Su di una tavolaera preparata una cena; sedettero, ella gli offerse premu-rosamente pane, burro e un po' di carne e gli vers• vinbianco in un bel bicchiere azzurrognolo. Mangiarono ebevettero entrambi dallo stesso calice, le loro mani gioca-rono insleme, come per provarsi.

--Di dove sei volato gi—,--domand• lei,--mio bel-l'uccello? Sei un guerriero, o un musico, o solo un poverovagabondo?

-- Sono tutto quello che vuoi tu,--rise egli sommesso,--sono tuo. Sono un musico, se vuoi, e tu sei il mio dolceliuto; e se metto le dita intorno al tuo collo e suono sudi te, sentiamo cantare gli angeli. Vieni, cuor mio, nonsono qui per mangiare i tuoi buoni pasticcini e per bereil tuo buon vino bianco, sono venuto solo per te.

Le scost• delicatamente dal collo la pelliccia bianca ele vesti dal corpo, con mano adulatrice. Fuori cortigianie preti potevano tenere tutti i loro consigli, e i servi cam-minar quatti quatti, e la falce sottile della luna scompa-rire completamente dietro gli alberi: gli amanti non nesapevano nulla. Per loro fioriva il paradiso; attratti l'unaverso l'altro e insieme abbracciati, si perdevano nella suanotte profumata, vedevano spuntare nella penombra i fiori

bianchi dei suoi misteri, coglievano con mani tenere e gra-te i suoi frutti agognati. Il musico non aveva mai sonatoun liuto come quello, il liuto non aveva mai vibrato sottodita cos• forti ed esperte.

--Boccadoro,--bisbigliava lei con ardore al suo orec-chio, -- oh, che mago sei! Da te, mio dolce pesciolino

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d'oro, vorrei avere un figlio. E pi— ancora vorrei moriredi te. Succhiami, caro, struggimi, uccidimi!

In fondo alla gola di Boccadoro tremava un mormoriodi felicit…, mentre vedeva fondersi e affievolirsi la durezzadi quegli occhi freddi. Nella profondit… di quegli occhipassava come un fremito di tenerezza e di morte, che sispegneva come il brivido argenteo sulla pelle di un pescemorente, con un pallido baglior d'oro simile a quel ma-gico balenar di scintille in fondo al fiume. Sembrava aBoccadoro che tutta la felicit… possibile per un essereumano affluisse a lui in quel momento.

Subito dopo, mentr'ella giaceva tremante con gli occhichiusi, egli s'alz• piano e si vest•. Le disse all'orecchio conun sorriso: -- Mio bel tesoro, ti lascio. Non ho vogliadi morire, non ho voglia di essere ucciso dal conte. Pri-ma desidero far felice ancora una volta te e me, come losiamo stati oggi. Ancora una volta te e me, come lo sia-mo stati oggi. Ancora una volta, ancora molte volte!

Ella rimase distesa in silenzio, finch‚ fu vestito. Alloraegli la coperse piano e le baci• gli occhi.

--Boccadoro, -- disse Agnese, --oh, perch‚ devi an-dartene? Torna domani! Se c'Š pericolo, ti faccio avvertire.Torna, torna domani!

Tir• il cordone di un campanello. Sulla porta dello spo-gliatoio la cameriera ricevette Boccadoro e lo condussefuori del castello. Egli le avrebbe dato volentieri una mo-neta d'oro; per un momento si vergogn• della sua po-vert….

Verso mezzanotte. era in piazza del mercato del pescee guardava su alla sua casa. Era tardi, nessuno pi— sa-rebbe stato sveglio, probabilmente avrebbe dovuto passarela notte fuori. Con sua meraviglia trov• la porta di casaaperta. Scivol• dentro e la chiuse dietro di s‚. Per andarein camera sua doveva passare dalla cucina. Qui c'era luce.Accanto ad una minuscola lampada a olio Maria stava se-duta davanti alla tavola. S'era appena appisolata, dopo

aver atteso due, tre ore. Al suo entrare sussult• e balz•in piedi.

--Oh, -- disse Boccadoro, -- Maria, sei ancora al-zata ?

--Sono alzata,--rispose lei.--Altrimenti avresti tro-vato chiusa la porta.

--Mi rincresce, Maria, che tu abbia aspettato. S'Š fat-to cos• tardi! Non essere in collera con me~

--Non sono mai in collera con te, Boccadoro. Sonosolo un po' triste.

--Non devi essere triste. E perch‚ triste~

--Ah, Boccadoro, vorrei tanto essere sana e bella eforte. Allora tu non dovresti andare di notte in case stra-niere ad amare altre donne. Allora rimarresti anche qual-

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che volta vicino a me e mi vorresti un po' di bene

Nella sua voce dolce non sonava alcuna speranza, al-cuna animosit…, solo tristezza. Egli le stava accanto im-barazzato, sentiva piet…, non sapeva dir nulla. Con manocauta le prese la testa e le careZz• i capelli, ella rimaseimmobile, rabbrivid• sotto la sua mano, pianse un pocopoi si drizz• e disse timidamente: --Va a letto ora Boc-cadoro. Ho detto delle sciocchezze, ero cos• assonnataBuona notte.

C~PITOLO XVI

Boccadoro pass• una giornata di felice impazienza suicolli. Se avesse avuto un cavallo, sarebbe andato al con-vento a trovare la bella Madonna del suo maestro: sen-tiva un gran desiderio di vederla ancora, e poi gli parevad'essersi sognato, quella notte, di maestro Nicola. Ebbene,un'altra volta! Quella felicit… d'amore con Agnese sarebbeforse durata poco, forse sarebbe finita male... ma in quelmomento era in pieno sboccio, egli non doveva lasciarsenesfuggir nulla. Quel giorno non voleva veder nessuno, nonvoleva esser distratto. Avrebbe passato la mite giornatad'autunno fuori, sotto gli alberi e sotto le nubi. Disse aMaria che aveva intenzione di fare una passeggiata incampagna e sarebbe probabilmente ritornato tardi, la pre-g• di dargli un bel pezZo di pane e di non aspettarlo lasera. Ella non rispose nulla, gli riemp• la bisaccia di panee di mele, gli pass• la spazzola sul vestito logoro, di cuigi… il primo giorno aveva rattoppato i buchi, e lo lasci•partire.

Pass• dall'altra parte del fiume e prese a salire su perle ripide gradinate a traverso i vigneti deserti, poi si per-dette nel bosco e non s'arrest• fin ch'ebbe raggiunto l'ul-tima cresta. L… il sole splendeva tiepido in mezzo ai tron-chi degli alberi brulli; ai suoi passi i merli fuggivano nellamacchia, s'accovacciavano timidi, guardando dal fitto deirami con occhi neri lucenti, e in basso scorreva il fiumecon un ampio arco azzurro e la citt… appariva piccolacome un giocattolo; di lass— non si sentiva pi— nessunsuono, fuorch‚ le campane nelle ore di preghiera. C'eranolass— piccole valli e tumuli ricoperti d'erba, avanzi diantichi templi pagani, forse fortificazioni, forse tombe. Eglisedette su uno di questi tumuli; la crepitante erba d'au-

tunno offriva un sedile asciutto e l'occhio dominava tuttal'ampia valle e di l… dal fiume le colline e le montagne,catene dietro catene, fin dove cielo e monti s'incontravanoin un gioco di luci azzurrognole e non si distinguevanopm Tutto questo vasto paese, pi— oltre ancora di dovel'occhio potesse giungere, egli l'aveva percorso a piedi;tutte queste regioni, che ormai si perdevano nella lonta-nanza e nel ricordo, erano state un giorno vicine e pre-senti. In quei boschi egli aveva dormito cento volte, man-giato mirtilli, patito la fame e il freddo; su quelle crestedi montagne e strisce di landa aveva camminato, lieto etriste, fresco di forze e stanco. In qualche punto di quellalontananza, oltre l'orizzonte, giacevano le ossa bruciatedella buona Lena, altrove continuava forse la sua marciavagabonda il compagno Roberto, se non l'aveva colto lapeste; in qualche luogo laggi— giaceva l'ucciso Vittore, ein qualche altro luogo, lontano e incantato, il convento

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della sua adolescenza; da una parte sorgeva il castello delcavaliere dalle belle figliole, dall'altra correva misera einseguita la povera Rebecca, o era perita. Tutti questi luo-ghi dispersi, lande e boschi, citt… e villaggi, castelli e con-venti, tutte queste persone, vive o morte che fossero, esi-stevano dentro di lui, unite fra loro, nel suo ricordo, nelsuo amore, nel suo pentimento, nella sua nostalgia. E seil giorno dopo la morte avesse colto anche lui, tutto que-sto si sarebbe di nuovo disperso, dileguato, tutto il suolibro di figure, cos• pieno di donne e d'amore, di mattiniestivi e di notti invernali! Oh, doveva affrettarsi ancoraa fare qualcosa, a creare e a lasciare dietro di s‚ qual-cosa che gli sopravvivesse.

Di tutta la sua vita, delle sue peregrinazioni, di tuttigli anni trascorsi dal giorno in cui s'era lanciato nel mon-do, poco frutto era rimasto. Eran rimaste quelle due o trefigure, da lui foggiate una volta nell'officina, specialmentel'apostolo Giovanni, e poi quel libro d'immagini, quelmondo irreale che viveva nella sua mente, il mondo belloe doloroso dei ricordi. Sarebbe riuscito a salvare qualcosadi questo mondo intimo e a tradurlo nell'esterno? Oavrebbe continuato sempre ad andare cos•: sempre nuovecitt…, nuovi paesi, nuove donne, nuove vicende, nuove im-magini, l'una sopra l'altra, di cui non portava con s‚ che

questa inquieta, traboccante pienezza del cuore, tanto bellaquanto tormentosa?

Era una cosa terribile essere burlati cos• dalla vita, c'erada riderne e da piangerne! O si viveva lasciando giocarei propri sensi, succhiando perdutamente al petto dell'an-tica Madre Eva: e allora si gustavano bens• piaceri subli-mi, ma nulla salvava dalla caducit…; si era allora comeun fungo nel bosco, oggi rigoglioso e di colori vivaci, do-mani marcito. Oppule si cercava di difendersi, ci si chiu-deva nell'officina e ci si sforzava di costrulre un monu-mento alla vita fugace: e allora bisognava rinunciare allavita, allora non si era pi— che strumenti, allora si servivabens• l'immortalit…, ma intanto ci s'inaridiva e si perdevala libert…, la pienezza, la gioia deLla vita. Cos• era aVVe-nuto a maestro Nicola.

Ah, eppure tutta questa vita aveva un senso soltantose l'uno e l'altro scopo si potevano raggiungere, se nonc'era questa scissione provocata da un arido aut a~t! Crea-re, ma non a prezzo della vita! Vivere, ma senza rinun-ciare alla nobilt… della creazione! Non era dunque possi-

Forse c'erano uomini a cui era possibile. Forse c'eranomariti e padri di famiglia, che serbando la fedelt… nonperdevano il piacere dei sensi? Forse c'erano sedentarl, acui la mancanza di libert… e di pericolo non faceva ina-ridire il cuore? Forse. Egli non ne aveva visti ancora.

Pareva che tutta l'esistenza fosse basata sulla dupli-cit…, sul contrasto: donna o uomo, vagabondo o borghe-succio, uomo d'intelletto o di sentimento; aspirare ed espl-rare insieme, essere uomo e donna, conciliare libert… edordine, istinto e spirito, non era possiblle; bisognava sem-pre pagare l'una cosa con la perdita dell'altra e semprel'una era altrettanto importante e desiderabile quanto l'al-

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tra! Le donne forse avevano in questo la via pi— facile.In loro la natura aveva fatto in modo che il piacere por-tasse da s‚ il suo frutto e che dalla felicit… dell'amorenascesse il figlio. Nell'uomo in luogo di questa semplicefecondit… c'era l'eterna aspirazione. Il Dio che aveva crea-to tutto questo era dunque cattivo od ostile, rideva forsecon gioia maligna della sua propria creazione? No, nonpoteva essere cattivo, se aveva creato i caprioli e i cervl,i pesci e gli uccelli, il bosco, i fiori, le stagioni. Ma c'era

una scissione nella sua creazione, sia che questa fosse malrmsclta e imperfetta, sia che Dio lasciando nell'esistenzaumana tale lacuna e tale aspiraZione insoddisfatta avesseIntenzloni sue particolari, sia che ci• fosse il seme del ne-mico, il peccato originale. Ma perch‚ queSt'aSpiraZiOne in-soddisfatta doveva esser peccato? Non nasceva da essatutto ci• che di bello e di santo l'uomo aveva creato ereso a Dio come un'offerta di gratitudine?

Oppresso da questi pensieri, Boccadoro volse lo sguar-do sulla citt…, cerc• il mercato grande e quello del pesce,i ponti, le chiese, il municipio. Ed ecco anche il castelloil superbo vescovado, in cui allora governava Agnffe, lasua bella amante regale, dall'aspetto tanto orgoglioso ep-pure cos• abbandonata e immemore di se nell'amore. Pens•a lei con gioia, con gioia e con riconoscenza ricord• lanotte trascorsa. Per vivere la felicit… di quella notte, persaper rendere cos• felice quella donna meravigliosa, erastata necessaria tutta la sua vita, tutto l'ammaestramentodelle donne, tutto il suo vagabondaggio, la sua miseria, lenotti passate a errar nella neve, l'amicizia e la dimesti-chezza con gli animali, i fiori, gli alberi, le acque, i pescile farfalle. Ci volevano i sensi affinati nella volutt… e neiperlcolo, la vita senza patria, tutto il mondo d'immaginiaccumulate in tanti anni nel suo spirito. Fin tanto che lasua vlta era un giardino in cui sbocciavano fiori magicicome Agnese, egli non aveva il diritto di lamentarsi.

Pass• tutta la giornata sulle alture carezzate dall'autun-no, camminando, sostando, mangiando pane, pensando adAgnese e alla sera. Al calar della notte era di nuovo incitt… e s'avvicinava al castello. L'aria s'era fatta fresca ele case guardavano con gli occhi rossi e quieti delle lorofinestre; gli venne incontro una piccola schiera di ragazziche cantavano, portando in cima a bacchette delle rapeincavate, in cui avevano intagliato delle facce e infissocandele accese. La piccola mascherata recava un profumod inverno, e, sorridendo, Boccadoro la segu• con lo sguar-do. S aggir• a lungo davanti al castello. La delegazionedei preti era sempre l…, ora a una finestra ora all'altrasi vedeva comparire un sacerdote. Finalmente egli riusc•a insinuarsi nell'interno e a trovare Berta, la cameriera.Fu di nuovo nascosto nello spogliatoio, fin che comparveAgnese e lo introdusse affettuosamente in camera sua. Il

bel volto era affettuoso, ma non lieto. Agnese era triste,preoccupata, inquieta. Boccadoro dovette darsi molta penaper rasserenarla un poco. Lentamente, sotto i suol baci ele sue parole d'amore, ella acquist• un po' di fiducia.

--Tu sai essere tanto caro, -- disse riconoscente. --Hai note cos• profonde nella tua gola, uccello mio, quan-

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do sei affettuoso e tubi e chiacchieri. Ti voglio bene, Boc-cadoro. Ma se fossimo lontani di qui! Qui non mi piacepi—, del resto fra poco sar… finita, il conte Š gi… richia-mato, presto ritorner… quello stupido vescovo 11 conteoggi Š irritato i preti l'hanno infastidito. Ah, Boccadoro,che tu non gii capiti sott'occhio! Non vivresti un'ora dipi—. Ho tanta paura per te.

Nella memoria di Boccadoro risalivano suoni quasiestinti... non aveva egli gi… udito una volta, tanto tempoaddietro, questa canzone? Cos• gli aveva parlato Lidiaun giorno, con lo stesso amore ansioso, con la stessa te-nerezza triste. Cos• era venuta di notte in camera sua,piena d'amore e d'inquietudine, preoccupata, agitata dalleimmagini spaventose della paura. Egli ascoltava volentierila canzone della tenerezza ansiosa. Che sarebbe l'amoresenza la necessit… di nascondersi? Che sarebbe l'amore sen-za pericolo ?

Attir• a s‚ Agnese con dolcezza, l'accarezz•, le tenne lamaDo, le mormor• all'orecchio sommesse lusinghe, le ba-ci• le sopracciglia. Era commosso e rapito di vederla cos•inquieta e preoccupata per lui. Ella riceveva le sue carezzericonoscente, quasi umile, si stringeva a lui piena d'amore,ma non si rasserenava.

E a un tratto sussult• bruscamente: si ud• chiudere unaporta vicina e rapidi passi s'avvicinarono alla camera.

--Per amor di Dio, Š lui, --grid• Agnese disperata,--Š il conte. Presto, per lo spogliatoio puoi fuggire. Pre-sto! Non tradirmi!

Gi… l'aveva spinto nello stanzino attiguo, dov'egli si tro-v• solo; tast• esitante nel buio. Ud• dall'altra parte ilconte, che parlava forte con Agnese. Cerc• a tentonl fragli abiti la porta d'uscita; avanzava un piede dopo l'altrosenza far rumore. Eccolo alla porta che metteva nel cor-ridoio- fece per aprirla piano. Solo allora, trovandola chiu-sa da;l'esterno, anch'egli si spavent• e il suo cuore comin-ci• a battere con dolorosa violenza. Poteva essere che, perun caso disgraziato, qualcuno avesse chiuso quella portadopo la sua venuta. Ma non ci credeva. Era caduto inuna trappola, era perduto; qualcuno doveva averlo visto,quando s'era insinuato l… dentro. Gli sarebbe costato latesta. Mentre stava tremante nel buio, gli vennero inmente le parole di congedo d'Agnese: "Non tradirmil"No, non l'avrebbe tradita. Il suo cuore martellava, ma ladecisione gli diede forza; strinse i denti in atto di sfida

Tutto questo era avvenuto in pochi minuti. La portadella camera d'Agnese s'aperse ed entr• il conte, con uncandeliere nella sinistra e la spada sguainata nella destra.Nello stesso istante Boccadoro con rapida mossa afferr•alcuni dei vestiti e dei mantelli che pendevano intorno alui e li prese sul braccio. Dovevano crederlo un ladroforse era una scappatoia.

Il conte l'aveva visto subito. S'avvicin• lentamente.

--Chi siamo? Che facciamo qui? Rispondere, o col-

piSCO .

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-- Perdonate, -- mormor• Boccadoro, -- sono un po-vero uomo e voi siete cos• ricchi! Restituisco tutto quelloche ho preso, signore, vedete!

E depose i mantelli per terra.

--Ah, hai rubato dunque! Non sei stato furbo ad ar-rischiar la vita per un mantello vecchio. Sei un citta-

dino?

--No, signore, sono un vagabondo. Sono un pover'uo-mo, sarete mdulgente...

-- Smettila! Vorrei un po' sapere se eri cos• sfacciatoda voler Importunare la signora. Ma poich‚ sarai impic-cato lo stesso, non abbiamo bisogno d'indagarlo. Basta il

Buss• con forza contro la porta chiusa, gridando. --Siete cost•! Aprite!

La porta fu aperta dall'esterno: tre sgherri erano pron-ti con le lame sguainate.--Legatelo bene, -- grid• il conte con voce stridentedi scherno e di arroganza.--E un vagabondo che ha ru-bato. Mettetelo al sicuro e domattina all'alba impiccatefl furfante alla forca.A Boccadoro furono legate le mani, senza ch'egli sidifendesse. Cos• fu condotto via per il lungo corridoiogl— per le scale, attraverso il cortile interno; un servo pre

cedeva con una torcia a vento. Davanti alla porta rotondadi una cantina, guarnita di ferro, gli sgherri si fermarono.Discussero fra loro e inveirono: mancava la chiave dellaporta. Una guardia prese la torcia, il servo corse indietroin cerca della chiave. Cos• rimasero, i tre uomml armatie quello legato, in attesa davanti alla porta. Lo sgherroche teneva il lume l'accost• curioso al volto del prigionie-ro In quel momento passavano due sacerdoti dei tanti cheerano ospiti al castello; venivano dalla cappella e si fer-marono davanti al gruppo; entrambi osservarono atten-tamente quella scena notturna: le tre guardie, l'uomo le-gato, l… in piedi, in attesa.

Boccadoro non guardava n‚ i sacerdoti, n‚ le sue guar-die. Non poteva veder nulla, fuorch‚ la luce tremolanteche gli tenevano proprio davanti al viso e che lo abba-gliava. E dietro la luce, in una penombra piena d'orrore,vedeva qualcosa ancora, qualcosa d'informe, di grande, dispettrale: l'abisso, la fine, la morte. Stava con gli occhifissi, senza vedere e udir nulla. Uno dei sacerdoti bisbigli•con premura qualche parola alle guardie. Quando ud• chel'uomo doveva morire ed era un ladro, domand• se avevaavuto un confessore. No, fu risposto, era stato colto mflagrante.

--Allora,--disse il sacerdote,--domattina avanti laprima messa verr• io da lui coi Santi Sacramenti e ascol-ter• la confessione. Voi mi siete garanti che non sar… con-dotto via prima. Col signor conte parler• io oggi stesso.Quest'uomo sar… un ladro; ma ha diritto come ogni cn-stiano al confessore e ai sacramenti.

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Le guardie non osarono far obiezioni. Conoscevano ilsacerdote: era uno dei dignitari della delegazione, lo ave-vano visto pi— d'una volta alla tavola del conte. E pOI,perch‚ non concedere la confessione al povero vagabondo?

I sacerdoti s'allontanarono. Boccadoro era sempre im-mobile con gli occhi fissi. Finalmente arriv• il servo conle chiavi e apr•. Il prigioniero fu introdotto in una cantmaa volta e scese i pochi gradini inciampando e vacillando.C'erano intorno un paio di seggiole a tre gambe senzaspalliera e una tavola era il locale che precedeva la can-tina dove tenevano ii vino. Accostarono alla tavola unseggiolino e dissero a Boccadoro di sedere.

--Domani all'alba verr… un prete, potrai ancora con-fessarti, -- gli disse una delle guardie. Poi uscirono echiusero con cura la porta pesante.

-- Lasciami qui il lume, camerata, -- preg• Bocca

--No, fratellino, potresti combinare qualche malannoAndr… anche cos•. Sii bravo e rassegnati. E poi quantodura acceso un lume come questo? Fra un'ora sarebbespento. Buona notte.

Eccolo solo nel buio, seduto sul seggiolino, con la testaappogglata sulla tavola. Era brutto sedere cos•: i legacciai polsi gli facevano male, tuttavia di queste sensazioni sirese conto solo pi— tardi. Da principio rimase seduto l…con la testa sulla tavola come su di un ceppo; sentiva iibisogno di fare col corpo e con i sensi quello ch'era im-posto allora al suo cuore: arrendersi all'inevitabile, rasse-gnarsi a dover morire.

Rimase cos• un'eternit…, angosciosamente piegato, ten-tando di accettare il destino incombente, di respirarlo, dicomprenderlo, di saziarsene. Era sera, cominciava la nottee la fine di quella notte avrebbe portato anche la sua fineQuesto doveva cercar di comprendere. Domani non vivraplu. Sara l… impiccato, sar… una cosa su cui si poserannogli uccelli a beccare, sar… quello che era maestro Nicolaquello che era Lena nella capanna arsa, quello che eranOtutti coloro ch'egli aveva veduti distesi nelle case deva-state dalla morte e sui convogli zeppi di cadaveri. Nonera facfle comprendere questo e capacitarsene. Era addi-rittura impossibile. C'erano troppe cose, da cui non si erastaccato ancora, da cui non aveva ancora preso congedo.Le ore di quella notte gli erano date appunto per questo.

Doveva prender congedo dalla bella Agnese, non avreb-be mai pi— veduto la sua figura alta la sua chioma lumi-nosa, i suoi freddi occhi azzurri, mai pi— l'affievolirsi e iltremare dell'orgoglio in quegli occhi, mai pi— la dolcepeluria d'oro sulla sua pelle profumata. Addio occhi aZ-zurri, addio bocca umida e fremente! E aveva sperato dibaciarla ancora tante volte! Oh, quel giorno stesso, suicolli, al sole del tardo autunno, come aveva pensato alei, com'era stato suo, come l'aveva desiderata! Ma anchedai colli doveva prender congedo, dal sole, dal cielo az-zurro cosparso di nuvole bianche, dagli alberi e dai bo-schi, dalla vita errabonda, dalle ore del giorno e dalle

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stagioni dell'anno. In quel momento forse Maria era an-cora alzata, la povera Maria dai buoni occhi affettuosi edall'andatura zoppicante, e aspettava seduta e s'addor-mentava nella sua cucina e si risvegliava e nessun Bocca-doro tornava pi— a casa.Ah, la carta e il lapis, e la speranza in tutte quelle fi-gure che voleva creare ancora! Finito, finito! E la spe-ranza di riveder Narciso, il caro apostolo Giovanni, anchea questa doveva rinunciare!E dalle sue proprie mani doveva prender congedo, daisuoi propri occhi, dalla fame e dalla sete, da cibo e be-vanda, dall'amore, dal suono del suo lluto, dal sonno edalla veglia, da tutto. L'indomani un uccello volava perl'aria e Boccadoro non lo vedeva pl—, una fanclulla can-tava alla finestra ed egli non l'udiva pl—, il fiume contl-nuava a scorrere e i pesci scuri a guizzar dentro, muti,soffiava il vento spazzando le foglie gialle sul terreno,brillava il sole' il cielo stellato, i giovani andavano a bal-lare, un primo spruzzo di neve imbiancava le montagnelontane... e tutto andava avanti, tutti gli alberi proietta-vano la loro ombra, tutti gli uomini guardavano con oc-chi lieti o tristi, e i cani abbaiavano, e le mucche muggnvano nelle stalle dei villaggi; e tutto senza di lui, nullagli apparteneva pi—, egli era strappato da tutto.

Fiut• il profumo mattutino della landa, gust• il dolcevino giovane e le giovani noci dure; un ricordo, un n-flesso luminoso di tutto il mondo variopinto pass• comeun lampo nel suo cuore oppresso, tutta la bella vita tu-multuosa brill• ancora una volta attraverso i suoi sensiin una luce di tramonto e d'addio, egli si contrasse nelprorompere della sofferenza e sent• sgorgare a una a unale lacrime dagli occhi. S'abbandon• singhiozzando a quel-l'ondata violenta di pianto, affranto si diede tutto in baliadi quel dolore infinito. Oh, valli e monti boscosi, ruscelhnella verde ombra degli ontani, fanciulle, sere di luna suiponti, o bel mondo radioso d'immagini, come ti possolasciare! Giaceva piangente sulla tavola come un fanciullosconsolato. Dall'angoscia del suo cuore sal• un sosplro,un semplice appello lamentoso: "O mamma, o mamma!".

E mentre pronunciava il magico nome, gli rispondevaun'immagine dalla profondit… dei suoi ricordi, l'immagmedella madre. Non era la figura materna dei suoi pensierle dei suoi sogni d'artista, era l'immagine della mammadula, bella e vlva come non l'aveva pi— veduta dai tempi

A lei rivoise il suo lamento, a lei il suo pianto perque dolore insopportabile di dover morire; a lei s'abban-

ono, a lel, nelle sue mani materne, rese il bosco, il soleg i occhi, le mani, tutto il suo essere e la sua vita

Fra le lacrime s'addorment•; la prostrazione e il sonnolo accolsero maternamente nelle loro braccia. Dorm• un'orao due e fu sottratto all'angoscia.

Svegliatosi, sent• dolori violenti. I polsi legati gli bru-ciavano, fitte dolorose gli attraversavano la schiena e lanuca. Si drizz• a fatica, ritorn• in s‚, riconobbe la sua po-sizione. Intorno a lui era buio fitto, non sapeva quantotempo avesse dormito, non sapeva quante ore gli rimanes-sero ancora da vivere. Forse fra un minuto sarebbero ve-

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nutl a portarlo via, per morire. Allora si ramment• chegli avevano promesso un sacerdote. Egli non credeva chei Sacramenti di costui gli potessero giovar molto. Non sa-peva se anche la pi— completa assoluzione e remissione deipeccatl avrebbe potuto condurlo in paradiso. Non sapevase Cl fosse un paradiso e un Padre celeste e un giudizioIvmo e un'etermt…. Di queste cose aveva perduto da unpezzo ogm certezza.

Ma ci fosse o non ci fosse un'eternit…, egli non la de-sl erava, egll non voleva altro che questa vita incerta, fu-gace, questo resplro, questo sentirsi bene nella propria pel-e, non voleva altro che vivere. S'alz• furente, barcoll• ten-om nell osCurit… fino al muro, s'appoggi• con tutta la per-sona a a parete e cominci• a riflettere. Ci doveva pur es-sere una salvezza! Forse il sacerdote era la salvezza, forsepoteva convincersi della sua innocenza metter una buonaparola per lui, o aiutarlo a ottenere una proroga o a fug-gire? Sl sprofond• sempre pi— in questi pensieri. E se que-sto non rmsciva, non voleva ancora rinunciare la par-tlta non poteva ancora essere perduta. Avrebbe dunquetentato innanzi tutto di cattivarsi il sacerdote, avrebbefatto ognl sforzo per ammaliarlo, per riscaldarlo, per con-vmcerlo, per lusingarlo. Il sacerdote era l'unica carta buo-na nella sua partita, tutte le altre possibilit… erano sogni.Ad ogni modo ci potevan sempre essere dei casi, dellecombmaziom; al boia poteva venire una colica, la forca

poteva rompersi, si poteva presentare una possibilit… difuga, prima inconcepibile. In tutti i casi Boccadoro Slrifiutava di morire; aveva tentato invano di adattarsi aquesta sorte e di accettarla, non c'era riuscito. Sl sarebbedifeso, avrebbe lottato fino all'ultimo, avrebbe dato losgambetto alla guardia, si sarebbe lanciato a corsa get-tando a terra il boia, avrebbe difeso la sua vita fino al-l'ultlmo istante con ogni goccia del suo sangue... Oh, seavesse potuto indurre il prete a sciogliergli le mam! Sa-rebbe stato un gran passo mnanzl.

Intanto, senza badare alle sofferenze, cercava di lavo-rare coi denti intorno alle funi. Con uno sforzo unosoriusc• dopo un tempo terribilmente lungo a ottenere c egli sembrassero un poco allentate. Stava ansante nellanotte della sua prigione, le braccia e le manl gonfie g ifacevano male. Quando riprese fiato, striscio tastando lun-go il muro, esplor• passo passo la parete umlda de acantina in cerca di qualche canto sporgente. Allora gllvennero in mente i gradini, nei quali aveva inciampatoentrando in quella prigione. Cerc• e li trov•. Inginocchia-tosi, tent• di logorare la corda fregandola contro uno de-gli spigoli di pietra dei gradini. Fu un'impresa difficfle, m-vece della corda si fregavano sulla pietra le nocche dellesue mani, e gli bruciavano come fuoco; sentiva scorrere llsangue. Ma non cedette. Quando fra la porta e la sogliagi… si scorgeva un filo sottilissimo di grigia luce mattuh-na, aveva raggiunto il suo scopo. La corda si era logora-ta, egli riusc• a scioglierla, ebbe le mani libere! Ma pOinon poteva quasi muovere un dito, le mani erano gonfia-te e paralizzate e le braccia, fino alle spalle, riglde e con-tratte in uno spasimo. Dovette costringerle all'eserclzio,al movimento, perch‚ il sangue tornasse a scorrervl. Or-mai aveva un piano, che gli sembrava buono.

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Se non avesse potuto ottenere che il prete l'aiutasse, al-lora, pur che lo lasciassero un attimo solo con lui, I a-vrebbe ucciso Con una seggiola sarebbe rluscito. Stroz-zarlo non poteva, non aveva forza sufficiente nelle manie nelle braccia. Dunque ucciderlo, indossare in fretta lasua veste sacerdotale e con essa fuggire! Prima che gllaltri trovassero il cadavere, egli doveva esser fuorl dalcastello, e poi correre, correre! Maria l'avrebbe lasciato en-trare di nascosto. Doveva tentare. Era posslbfle.

Boccadoro non aveva mai osservato, atteso, agognato,eppur temuto tanto l'alba come in quell'ora. Tremante ditensione e di risolutezza, guardava con l'occhio di caccia-tore l'esigua fessura di luce sotto la porta rischiararsi apoco a poco. Ritorn• presso la tavola e si esercit• a staraccoccolato sullo sgabello con le mani fra le ginocchia,in modo che non si potesse scorgere subito la mancanzadelle funi. Da quando le sue mani erano libere, non cre-deva pi— alla morte. Era deciso a spuntarla, dovesse an-dare a rotoli anche tutto il mondo. Era deciso a viveread ogni costo. Le sue narici tremavano nella brama di li-bert… e di vita. E chi sa, forse gli sarebbero venuti inaiuto dal di fuori? Agnese era una donna e il suo poterenon arrivava lontano, forse neppure il suo coraggio, erapossibile ch'ella lo abbandonasse al suo destino. Ma loamava, forse poteva anche fare qualcosa. Forse fuori stri-sciava furtiva la cameriera Berta... e non c'era anche unpalafreniere, di cui ella credeva di potersi fidare? E senessuno compariva, se non gli davano nessun segnale eb-bene, allora avrebbe eseguito il suo piano. Se fa;liva,avrebbe ucciso con la sedia i guardiani, due o tre o quan-ti fossero. Di un vantaggio era sicuro: i suOi occhi sierano abituati all'oscurit…, ormai nella penombra indo-vinava e rlconosceva forme e misure, mentre gli altri daprincipio sarebbero stati completamente ciechi.

Accoccolato davanti alla tavola, febbricitante, pensavae ripensava ci• che doveva dire al sacerdote per guada-gnarsi il suo aiuto, perch‚ bisognava cominciare da que-sto. Intanto osservava con avidit… il crescer moderato del-la luce nella fessura. Il momento, che poche ore innanziaveva tanto temuto, era diventato meta dei suoi desi-deri pi— ardenti; non poteva quasi pi— aspettare; la ter-ribile tensione si faceva a lungo andare insopportabile.Poi le sue forze, la sua attenzione, la sua risolutezza e vi-gilanza sarebbero a poco a poco scemate. Il guardiano colsacerdote doveva venir presto, finch'era ancora viva que-sta esaltazione, questa decisa volont… di salvezza.

Finalmente il mondo fuori si dest•, finalmente il nemi-co s'avvicin•. Risonarono passi sul selciato del cortile, lachiave fu introdotta e girata nella toppa, ciascuno di que-sti suoni dopo il lungo silenzio di morte echeggi• come untuono.

La porta pesante s'aperse un poco, lentamente, striden-do sui cardini. Entr• un sacerdote senz'accompagnamen-to, senza guardie. Entr• solo, reggendo un doppiere condue candele. Tutto succedeva diversamente da come flprigioniero si era immaginato.

E che strana commozione! Il sacerdote, dietro il quale

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mani invisibili avevano richiuso la porta, indossava l'a-bito del convento di Mariabronn, l'abito ben noto e fa-miliare, quale avevano indossato un giorno l'abate Da-niele padre Anselmo e padre Martino!

Quella vista gli diede uno strano colpo al cuore, do-vette distogliere gli occhi. L'apparizione di quell'abito mo-nacale pareva una buona promessa, un buon segno. Maforse non c'era ugualmente altra via d'uscita che l'assas-sinio. Strinse i denti. Gli sarebbe stato molto difficile uc-cider quel frate.CAPITOLO XVII

--Sia lodato Ges— Cristo, -- disse il padre deponen-do il candellere sulla tavola. Boccadoro rispose a mezzavoce, con gli occhi fissi per terra.

Il sacerdote taceva. Aspettava e taceva, fino a che Boc-cadoro, inquieto, alz• gli occhi indagatori sull'uomo chegll stava dinanzi. Quest'uomo, s'accorse allora con suaconfusione, non portava solo l'abito dei padri di Maria-bronn, ma anche le insegne della carica di abate.

Guard• l'abate in faccia. Era un viso scarno, dal ta-glio netto e marcato, dalle labbra sottilissime. Era unVi50 ch'egli conosceva. Pareva plasmato dallo spirito edalla volont…: Boccadoro lo guardava ammaliato. Conmano incerta afferr• il candeliere e lo avvicin• a quel vi-so stramero, per potervi scorgere gli occhi. Li vide, e ilcandellere gli trem• nella mano, mentre lo rimetteva sul-la tavola.

--Narciso! -- mormor• in tono quasi impercettibile.Tutto commcl• a turbinare intorno a lui

--S•, Boccadoro, una volta ero Narciso, ma gi… damolto tempo ho deposto quel nome, forse te ne sei diGmenticatio. Dal giorno della mia vestizione mi chiamo

Boccadoro era scosso fino in fondo al cuore Tutto ilmondo s'era mutato a un tratto, e il crollo improvvisoe a sua tenslone sovrumana minacciava di soffocarlotremava e un senso di vertigine gli dava l'impressioneche la sua testa fosse una bolla vuota, il suo stomaco sicontraeva. Dietro gli occhi sentiva un bruciore come unmpeto di pianto. Singhiozzare e cadere in deliquio fra lelacrlme tutto in lui tendeva in quel momento a un tal

Ma dalla profondit… dei ricordi dell'adolescenza, evo-cati dalla vista di Narciso, sal• un monito: una volta,da ragazzo, egli aveva pianto e s'era lasciato andare da-vanti a quel volto bello e severo, a quegll occhi scurl eonniscienti. Ci• non doveva pi— ripetersi. Come un f an-tasma, nel momento pi— singolare della sua vita, quelNarciso gli ricompariva dinanzi, probabilmente per sal-vargli la vita.. ed egli doveva un'altra volta scoppiare insinghiozzi o cadere in deliquio dinanzi a lui? No, no, no.Si trattenne. Fren• il suo cuore, fece violenza al suo sto-maco, scacci• la vertigine dalla testa. Non doveva mo-strare in quel momento la sua debolezza.

Con voce artificiosamente dominata riusc• a dire: --Devi permettermi di chiamarti ancora Narciso.

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-- Chiamami cos•, caro. E non vuoi darmi la mano?

Boccadoro fece un nuovo sforzo su se stesso. Con untono un po' fanciullescamente arrogante e lievemente bef-fardo, a cui soleva ricorrere qualche volta negli dnni discuola, mise fuori la sua risposta.

--Scusa, Narciso, -- disse freddo, ostentando unacerta indifferenza a ogni cosa. --Vedo che sei diventatoabate lo invece sono sempre un vagabondo. E poi il no-stro colloquio, per quanto gradito mi sia, non potr… du-rare a lungo. Perch‚ vedi, Narciso, io sono condannatoalla forca e fra un'ora o anche prima sar• probabilmen-te impiccato Te lo dico solo per chiarirti la situazione.

Il volto di Narciso rimase impassibile. Quel tantino dimillanteria fanciullesca nel contegno dell'amico lo diver-tiva moltissimo e insieme lo commoveva. Ma compren-deva e approvava in cuor suo la fierezza che si celava l…sotto e che impediva a Boccadoro di cadergli sul pettopiangendo Veramente anch'egli s'era immaginato diver-so il loro incontro, ma era ben disposto ad assecondarequella piccola commedia. Nulla avrebbe giovato di pi—a Boccadoro per riconquistare subito il cuore dell'amico.

-- Sicuro, -- disse fingendosi anch'egli indifferente. --Del resto quanto alla forca ti posso tranquillare. Sei gra-ziato. Ho l'incarico di comunicartelo e di condurti conme. Perch‚ qui in citt… non puoi rimanere. Avremo dun-que tempo sufficiente per raccontarci tante cose. Ma dl'un po: vuoi darmi la mano ora?Si diedero la mano e se la tennero stretta a lungo, pro-fondamente commossi; ma nelle loro parole il riserbo ela commedia durarono ancora per un poco.

--Bene, Narciso, lasceremo dunque questo poco ono-revole asilo, e io mi unir• al tuo seguito. Ritorni a Ma-riabronn? S•? Benissimo. E come? A cavallo? Ottima-mente. Bisogner… dunque trovare un cavallo anche perme.

-- Lo troveremo, amice, e partiremo fra due ore. Oh,ma che mani hai! Per amor di Dio, tutte scorticate, gon-fie e sanguinanti! O Boccadoro, come ti hanno trattato!

--Lascia andare, Narciso. Io stesso me le sono ridot-te cos•. Ero legato e dovevo liberarmi. Ti dico io che nonfu facile. Tu del resto sei stato molto coraggioso ad en-trare da me cos• senza scorta.

--Perch‚ coraggioso? Non c'era nessun pericolo.

--Oh, c'era solo il piccolo pericolo di essere uccisoda me. CioŠ, il mio progetto era questo. M'era stato det-to che sarebbe venuto un sacerdote. Io l'avrei ammazzatoe sarei fuggito nelle sue vesti. Un bel piano.

--Non volevi morire dunque? Volevi difenderti?

--Certo volevo. Che proprio tu saresti stato il sacer-dote, questo non potevo naturalmente immaginarlo.

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--Ad ogni modo, -- disse Narciso con qualche esita-zione, -- era veramente un bruttissimo piano. Avresti po-tuto davvero uccidere un sacerdote, che fosse venuto ate come confessore?

--Te no, Narciso, no certo, e forse neppure uno deituoi padri, se avesse portato la tonaca di Mariabronn.Ma un altro sacerdote qualsiasi, oh s•, puoi esserne si-curo.

A un tratto la sua voce divenne triste e cupa.

--Non sarebbe stato il primo uomo, che avrei ucciso.

Tacquero. Provavano entrambi un senso di pena.

--Bene, di queste cose, -- disse Narciso con vocefredda, -- parleremo pi— tardi. Potrai farmi un giornola tua confessione, se vorrai Oppure raccontarmi cos•semplicemente della tua vita. Anch'io ho diverse cose daraccontarti. E me ne rallegro. Vogliamo andare?

-- Un momento ancora, Narciso! Mi Š venuta in men-te una cosa: che gi… una volta ti ho chiamato Giovanni.

--Non ti capisco.

--No, Š naturale. Non sai ancora nulla. Parecchi an-ni fa ti ho dato una volta il nome di Giovanni, e ti ri-marr… per sempre. Devi sapere che sono stato scultoree intagliatore di figure, e intendo ridiventarlo. E la mi-glior figura che abbia scolpito allora, un giovane di gran-dezza naturale, in legno, Š la tua immagine, ma non sichiama Narciso, si chiama Giovanni. k l'apostolo Gio-vanni sotto la croce.

S'alz• e and• alla porta.

--Hai dunque pensato ancora a me?--domand• Nar-ciso sottovoce.

Altrettanto sottovoce Boccadoro rispose: --Oh s•, Nar-ciso, ho pensato a te. Sempre, sempre.

Spinse con forza la porta pesante, la luce scialba delmattino entr•. Non dissero pi— nulla. Narciso lo condus-se con s‚ nella camera in cui era ospitato. Un giovanemonaco che l'accompagnava era intento a preparare i ba-gagli per il viaggio. Boccadoro ricevette da mangiare, lesue mani furono lavate e in parte fasciate. Poco dopovennero condotti i cavalli.

Mentre salivano in sella, Boccadoro disse: -- Ho an-cora una preghiera. Prendiamo la via che passa dal mer-cato del pesce, avrei l… qualcosa ancora da sbrigare.

Partirono e Boccadoro guard• a tutte le finestre delcastello, se a una per caso non si vedesse Agnese. Nonriusc• a scorgerla. Cavalcarono per il mercato del pesce;Maria era stata molto in pena per lui. Egli si conged•da lei e dai suoi genitori, ringrazi• mille volte, promisedi ritornare un giorno e part•. Maria rimase sotto la por-ta di casa fin che i cavalieri furono scomparsi. Poi rien-

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tr• a passo lento, zoppicando.

Cavalcavano in quattro: Narciso, Boccadoro, il giovanemonaco e un palafreniere armato.

-- Ti ricordi ancora del mio cavallino Bless, -- do-mand• Boccadoro, -- ch'era nella stalla del vostro con-vento?

--Certo. Non lo troverai pi— e probabilmente non tiaspettavi neppure di rivederlo. Sette od otto anni fa do-vemmo ammazzarlo.

--E te ne ricordi?

--Oh s•, mi ricordo.

Boccadoro non si rattrist• della morte del piccolo Bless.Gli fece piacere che Narciso ne fosse cos• ben informato,NARCISO E BOCCADORO 443

egli che non si era mai curato degli animali e certo nonaveva mai conosciuto per nome nessun altro cavallo delconvento. Ci• gli fece molto piacere.

-- Ti parr… ridicolo, -- ricominci•, -- che il primoessere del vostro convento di cui ho chiesto sia stato ilpovero cavallino. Non Š gentile da parte mia. Veramen-te volevo chiedere di tutt'altro, innanZi tutto del nostroabate Daniele. Ma potevo immaginarmi che Š morto, poi-ch‚ tu sei il suo successore, E volevo evitare di parlare perprima cosa di morti. In questo momento non vedo dibuon occhio la morte, per causa della notte passata eanche per causa della peste, di cui ho veduto troppo. Maormal Cl slamo; e una volta bisogna pur parlarne. Dim-mi quando Š morto l'abate Daniele, che io veneravo mol-to. E dimmi anche se i padri Anselmo e Martino sonoancora in vita Sono preparato al peggio. Ma sono con-tento che la peste abbia almeno risparmiato te. Vera-mente non ho mai pensato che tu potessi esser morto, hocreduto fermamente che ci saremmo rivisti. Ma la fe-de pu• ingannare, ne ho fatto l'esperienza purtroppo. An-che il' mio maestro Nicola, l'intagliatore in legno, nonpotevo figurarmelo morto, ero sicuro di ritrovarlo e dilavorare di nuovo con lui. Eppure era morto, quando ri-tornai.

-- E presto raccontato, -- disse Narciso. -- L'abateDaniele Š morto gi… otto anni fa, senza malattia n‚ sof-ferenze. Io non sono il suo successore, sono abate solo daun anno. Il suo successore fu padre Martino, una voltanostro direttore di scuola; egli mor• l'anno scorso, nonancora settantenne. Anche padre Anselmo non Š pi— invita. Ti voleva bene, parlava ancora spesso di te. Negliulhml templ non poteva pi— camminare e lo stare a let-to era per lui un grande tormento; mor• d'idropisia. Si-curo, e la peste venne anche da noi, ne sono morti mol-ti. Non ne parliamo! Hai altre domande da rivolgermi?

-- Certo, molte. Innanzitutto: come mai sei venuto quinella residenza del vescovo e dal governatore?

-- E una storia lunga e ti annoierebbe; si tratta di po-

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litica. Il conte Š un favorito dell'imperatore e in moltecose il suo plenipotenziario; ora in questo momento ci so-no parecchie questioni da appianare fra l'imperatore e ilnostro ordine. Questo mi ha assegnato a una delega-zione, che doveva svolgere trattative col conte. Il risul-tato Š stato minimo.

Tacque, e Boccadoro non chiese oltre. Non c'era delresto nessun bisogno che sapesse che la sera innanzi, quan-do Narciso aveva chiesto al conte la vita di Boccado-ro, questa vita aveva dovuto esser pagata al duro go-vernatore con alcune concesslonl.

Continuavano a cavalcare; Boccadoro si sent• prestostanco, si teneva in sella a fatica.

Dopo un bel po' Narciso domand•: -- E vero cheeri stato arrestato per furto? Il conte dichiar• che ti eriintrodotto nel castello e nelle stanze interne e l… avevirubato.

Boccadoro rise. -- S•, c'era veramente tutta l'appa-renza che fossi un ladro. Ma io avevo un convegno conl'amante del conte; senza dubbio egli sapeva anche que-sto. Mi stupisce molto che mi abbia lasciato andare.

-- Eh, s'Š mostrato trattabile.

Non riuscirono a percorrere il tratto di cammino pro-gettato per la giornata. Boccadoro era troppo sfinito, lesue mani non potevano pi— tenere le briglie. Presero quar-tiere in un villaggio; egli fu messo a letto, ebbe un po'di febbre e rimase coricato anche il giorno seguente, mapoi pot‚ proseguire. E quando poco dopo le sue mani fu-rono guarite, cominci• a godere molto di quel viaggio acavallo. Da quanto tempo non cavalcava! Si sent• rivive-re, ritorn• giovane e vivace; a volte faceva gare di ga-loppo col palafreniere e nei momenti d'espansione asse-diava l'amico Narciso di cento domande impazienti. Nar-ciso lo accontentava calmo, ma lieto, era di nuovo affa-scinato da Boccadoro, amava le sue domande cos• ir-ruenti, cos• infantili, cos• piene d'illimitata fiducia nellospirito e nella saggezza dell'amico.

-- Una domanda, Narciso: avete bruciato anche vojqualche volta gli ebrei?

-- Bruciato gli ebrei? E come? Non ci sono ebrei danon

-- E vero. Ma dimmi: saresti capace tu di bruciare de-gli ebrei? Puoi immaginarti possibile un caso simile?

-- No, perch‚ dovrei farlo? Mi credi un fanatico?

--Comprendimi, Narciso! Voglio dire: puoi pensareche in qualche caso sapresti dare l'ordine di uccidere de-gli ebrei, oppure il tuo consenso? Tanti duchi, borgomastri, vescovi e altre autorit… hanno dato di questi ordini.

-- lo non darei un ordine di questo genere. Ma possopensare al caso che mi toccasse di assistere a una talecrudelt… e di tollerarla.

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--La tollereresti dunque?

-- Certo, se non avessi il potere d'impedirla. Tu haiassistito qualche volta ad un rogo di ebrei, Boccadoro?

-- Ah, s•.

-- Ebbene, l'hai impedito?... No?... Vedi.

Boccadoro raccont• minutamente la storia di Rebecca,e nel racconto si riscald•, si appassion•.

-- Ebbene, -- concluse con veemenza, -- che mondoŠ questo, in cui dobbiamo vivere? Non Š un inferno?Non Š rivoltante e mostruoso?

-- Certo. Il mondo Š cos•.

-- Ah! --esclam• Boccadoro con ira.--E quante vol-te in passato mi affermasti che il mondo Š divino, che Šuna grande armonia di sfere nel cui centro troneggia ilCreatore, e che tutto ci• che esiste Š buono, e cos• via.Dicevi che questo si trovava in Aristotele o in san To-maso. Sono ansioso di sentire come spieghi questa con-traddizione.

Narciso rise.

--- La tua memoria Š stupefacente, eppure ti ha un po'ingannato. Io ho sempre venerato la perfezione del Crea-tore, ma non mai della creazione. Non ho mai negatoil male nel mondo. Che la vita sulla terra sia armonicae giusta e che l'uomo sia buono, questo, mio caro, nes-sun vero pensatore l'ha mai affermato. Che invece i sen-timenti e le aspirazioni del cuore umano siano cattivi, Šespresso nella Sacra Scrittura e lo vediamo confermato

ogm glorno.

-- Benissimo. Vedo finalmente come la pensate voi eru-diti. L'uomo dunque Š malvagio, e la vita sulla terra Špiena di volgarit… e di sconcezza, questo lo concedete. Madietro, nei vostri pensieri e nei vostri trattati, esistono lagiustizia e la perfezione. Ci sono, si possono dimostrare,solo non se ne fa alcun uso.

-- Hai accumulato molto rancore contro noi teologi,caro amico! Ma non sei ancora diventato un pensatore;tu getti tutto alla rinfusa. Dovrai imparare ancora qual-che cosa. Ma perch‚ dici che non facciamo nessun usodell'idea della giustizia? Lo facciamo ogni giorno e ogniora. Io, per esempio, sono abate e ho un convento dadirigere, e in esso ci sono altrettante imperfezioni e col-pe quante se ne incontrano fuori nel mondo. Tuttavianoi contrapponiamo sempre e costantemente al peccatooriginale l'idea della giustizia e cerchiamo di misurare conessa la nostra vita imperfetta e di correggere il male e dimetterci in rapporto costante con Dio.

-- Oh s•, Narciso. Non voglio dire di te e che tu nonsia un buon abate. Ma penso a Rebecca, agli ebrei arsi,alle tombe in massa, a quel gran morire, alle strade e

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alle stanze dove giacevano fetenti i cadaveri degli appe-stati, a tutto quello spaventoso deserto, ai fanciulli de-relitti rimasti soli al mondo, ai cani di guardia morti difame alle loro catene... e quando penso a tutto questo erivedo innanzi a me queste immagini, il cuore mi fa malee mi pare che le nostre mamme ci abbiano generati inun mondo disperatamente crudele e diabolico, e che sa-rebbe meglio non l'avessero fatto e Dio non avesse crea-to questo mondo orrendo, e che il Redentore non si fossefatto crocifiggere per esso invano.

Narciso fece all'amico un cenno di affettuosa appro-

vazlone.

-- Hai perfettamente ragione, -- disse con calore, --sfogati pure, dimmi tutto. Ma in una cosa t'inganni: tucredi che tutto questo che dici sia pensiero. No, sono sen-timenti! Sono i sentimenti di un uomo preoccupato dal-l'orrore dell'esistenza. Ma non dimenticare che a questisentimenti tristi e disperati se ne contrappongono ben al-tri! Quando sul tuo cavallo tu provi un senso di benes-sere, attraversando una bella regione, o quando, con unacerta leggerezza, t'introduci di sera nel castello per farela corte all'amante del conte, allora il mondo ti apparetutto diverso, e le case appestate e gli ebrei bruciati nont'impediscono punto di cercare il tuo piacere. Non Š cos•?

--Certo, Š cos•. Poich‚ il mondo Š cos• pieno di mor-te e d'orrore, io cerco continuamente di confortare il miocuore e di cogliere i bei fiori che sbocciano in mezzo aquesto inferno. Trovo piacere e dimentico per un'ora l'or-rore Ma non per questo esso cessa d'esistere.

-- Hai detto molto bene. Dunque tu ti trovi nel mon-do circondato di morte e d'orrore e per sfuggire ad es-so cerchi il piacere. Ma il piacere non dura e ti rilasciapoi nel deserto.

-- S•, proprio cos•.

--Cos• avviene alla maggior parte degli uomini, mapochi lo sentono con la tua forza e con la tua veemenzae pochi hanno il bisogno di rendersi conto di questi sen-timenti Ma dimmi un po': oltre a questa disperata al-ternativa fra il piacere e l'orrore, fra la gioia di viveree il senso della morte... oltre a questo, non hai sperimen-tato qualche altra via?

--Oh s•, certo. Ho provato la via dell'arte. Ti ho gi…detto che fra l'altro sono diventato anche artista. Un gior-no, eran forse tre anni che vivevo fuori nel mondo e qua-si sempre vagabondando, trovai in una chiesa di conven-to una Madonna di legno; era cos• bella e la sua vistami colp• tanto, che chiesi del maestro che l'aveva fattae lo cercai. Lo trovai: era un maestro celebre; divennisuo scolaro e lavorai alcuni anni con lui.

-- Di questo mi racconterai ancora in seguito. Ma qua-le fu per te il frutto, il significato dell'arte?

-- Fu il superamento della caducit…. Vidi che dellafarsa e della danza macabra della vita umana qualcosa ri-

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maneva e durava: le opere d'arte. Certo anch'esse un gior-no o l'altro passano, bruciano o si rovinano o vengonodistrutte. Ma a ogni modo durano parecchie generazionie formano al di l… del momento un quieto regno d'imma-gini e di cose sacre. Collaborare a questo mi pare un be-ne e un conforto, perch‚ Š quasi un rendere eterno ci•ch'Š transitorio.

-- Questo mi piace molto, Boccadoro. Spero che tufarai altre belle opere; io ho grande fiducia nella tua for-za e spero che sarai per un pezzo mio ospite a Maria-bronn e mi permetterai di allestirti un'officina; da mol-to tempo il nostro convento non ha pi— un artista. Iocredo per• che con la tua definizione tu non hai esauritoci• che vi Š di meraviglioso nell'arte. Credo che l'arte nonconsiste solo nello strappare alla morte e portar a pi— lun-ga durata, con la pietra, col legno e coi colori, qualcosache esiste ma Š mortale. Io ho veduto pi— di un'operad'ar.e, certi santi e certe Madonne, che non credo sianosolo fedeli riproduzioni in un singolo essere umano, vis-suto un giorno, di cui l'artista ha conservato le formeo i colori.

-- Hai ragione, -- esclam• Boccadoro con fervore, --non avrei creduto che tu conoscessi l'arte cos• a fondo!L'immagine originaria di una buona opera d'arte non Šuna figura reale, viva, quantunque questa possa essernel'occasione determinante. L'immagine originaria non Š car-ne e sangue, Š spirituale. E un'immagine che ha la suadimora nell'anima dell'artista. Anche in me, Narciso, vi-vono di queste immagini, che spero di rappresentare e dimostrar~i un giorno.

-- Magnifico! Ora, mio caro, senza saperlo, tu ti seiaddentrato nella filosofia e hai espresso uno dei suoi mi-steri.

--Ti prendi gioco di me.

-- Oh no! Tu hai parlato d'immagini originarie, d'im-magini dunque che non esistono in nessun luogo fuorch‚nello spirito creatore, ma che possono essere attuate e re-se visibili nella materia. Molto prima che una figura ar-tistica diventi visibile e acquisti realt…, essa esiste comeimmagine nell'anima dell'artista! Questa immagine origi-naria Š esattamente ci• che gli antichi filosofi chiamano® idea ¯.

-- S•, questo mi sembra convincente.

--Ebbene, riconoscendo l'esistenza delle idee e delleimmagini originarie tu entri nel mondo spirituale, nelnostro mondo di filosofi e di teologi, e ammetti che frala confusione e i dolori di quel campo di battaglia cheŠ la vita, in questa danza macabra senza fine e senza sen-so dell'esistenza corporea, esiste lo spirito creatore. Vedi,a questo spirito in te io mi sono sempre rivolto, da quan-do, ragazzo, ti avvicinasti a me. Questo spirito in te nonŠ quello di un pensatore, Š quello di un artista. Ma Š spi-rito, ed esso ti mostrer… la via per uscire dal torbido gar-buglio della vita dei sensi, dalla eterna alternativa frapiacere e disperazione. Ah, mio caro, sono felice di averudito da te questa confessione. L'ho aspettata... da allora,

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da quando tu abbandonasti il tuo maestro Narciso e tro-Vasti il coraggio di essere te stesso. Ora possiamo esserdi nuovo amlcn

In quel momento parve a Boccadoro che la sua vitaavesSe acquistato un senso, come se egli la guardasse da`-l'alto e ne vedesse chiaramente le tre grandi tappe: ladipendenza da Narciso, la liberazione - il periodo dellavita libera e vagabonda - e il ritorno, il riposo, l'iniziodella maturit… e del raccolto.

La visione si dilegu•. Ma egli aveva trovato finalmen-te con Narciso il rapporto che gli conveniva, non pi— didipendenza, ma di libert… e di reciprocit…. Poteva or-mai essere ospite di quello spirito superiore senza umilt…,poich‚ l'altro aveva riconosciuto in lui il suo pari, ilcreatore. Mostrarsi a Narciso, rendergli visibile nelle ope-re il proprio mondo interiore era ormai il sogno che ca-rezzava con gioia e desiderio crescente durante quel viag-gio Ma talvolta gli venivano anche degli scrupoli.

-- Narciso, -- ammoniva, -- io temo che tu non sap-pia chi porti con te nel tuo convento. Io non sono un mo-naco e non voglio nemmeno diventarlo. Conosco i tre gran-di voti, e alla povert… mi adatto volentieri, ma non amon‚ la castit… n‚ l'ubbidienza; queste virt— non mi sem-brano neppure veramente virili. E quanto a religiosit…, nonŠ rimasto pi— nulla in me, da anni non mi confesso, nonprego e non mi comumco.

Narciso non si scompose. -- Si direbbe che sei diven-tato un pagano. Ma per questo non abbiamo timori. Nonc'Š bisogno che tu ti vanti pi— dei tuoi molti peccati. Haicondotto la solita vita mondana, hai guardato i porci co-me il figliol prodigo, non sai pi— che cosa siano la leggee l'ordine. Certo diventeresti un pessimo monaco, ma ionon t'invito affatto a entrare nell'ordine; t'invito solo aessere nostro ospite e ad allestirti una officina nel nostroconvento. E un'altra cosa: non dimenticare che allora,nei nostri anni d'adolescenza, fui io a destarti e a la-sciarti avventurare nella vita del mondo. Bene o maleche ne sia derivato, insieme con te sono responsabile io.Voglio vedere quel che sei diventato; me lo mostrerai nel-le parole, nella vita, nelle tue opere. Quando l'avrai mo-strato, e qualora io riconoscessi che la nostra casa non Šluogo per te, sar• il primo a pregarti di lasciarla un'al-tra volta.

Boccadoro era pieno d'ammirazione ogni volta che ilsuo amico parlava cos•, che si mostrava nella sua funzio-ne d'abate, con quella sicurezza tranquilla e con quellasfumatura di scherno per la gente e per la vita del mon-do; perch‚ allora gli si rivelava quello che Narciso eradiventato: un uomo. Un uomo dello spirito senza dubbioe della Chiesa, dalle mani delicate e dal volto di eru-dito, ma un uomo pieno di sicurezza e di coraggio, uncondottiero, uno che assumeva le sue responsabilit…. Que-st'uomo, Narciso, non era pi— il giovane d'allora, non erapi— il dolce e fervido discepolo Giovanni, e questo nuovoNarciso, virile e cavalleresco, Boccadoro voleva rappre-sentare con le sue mani. Molte figure l'aspettavano: Nar-ciso, l'abate Daniele, il padre Anselmo, il maestro Nicola,la hella Rebecca, la bella Agnese e tanti altri ancora, ami-

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ci e nemici, vivi e morti. No, egli non voleva diventare unfrate, n‚ pio n‚ erudito, voleva creare opere; e che l'asilodella sua giovinezza diventasse l'asilo delle sue opere lorendeva felice.

Cavalcavano nella frescura dell'autunno avanzato e, unmattino che gli alberi brulli erano ricoperti di brina, at-traversarono un paese vasto e ondulato con paludi ros-sicce e deserte, le cui lunghe linee di colli apparvero aBoccadoro come uno strano e noto richiamo; venne un bo-sco d'alti frassini, e un torrente, e un antico granaio, al-la cui vista il cuore di Boccadoro cominci• a dolere dilieta ansiet…; riconobbe i colli che un giorno aveva per-corsi a cavallo con Lidia, la figlia del cavaliere, e la lan-da che un giorno, scacciato e profondamente triste, avevaattraversato allontanandosi sotto la neve fine. Spuntaro-no i gruppi di ontani e il mulino e il castello; con unastrana sofferenza egli riconobbe la finestra dello studio,in cui allora, nei tempi leggendari della giovinezza, ave-va udito il cavaliere raccontare del suo pellegrinaggio edaveva dovuto correggergli il suo latino.

Entrarono nel cortile, era una delle stazioni prestabi-lite del loro viaggio. Boccadoro preg• l'abate di non pro-nunciare il suo nome in quel luogo e di lasciarlo mangia-re insieme al palafreniere con la servit—. Cos• avvenne.Nessun vecchio cavaliere, nessuna Lidia c'era pi—, ma an-cora qualcuno dei cacciatori e dei servi, e nella casa vi-veva e governava una bellissima, superba e dispotica gen-tildonna Giulia, a fianco di un consorte. Ella apparivatuttora meravigliosamente bella, bella e un po' cattiva:n‚ da lei n‚ dalla servit— Boccadoro venne riconosciuto.Dopo uno spuntino, nel crepuscolo sgattaiol• in giardino,guard• di l… dalla siepe le aiuole gi… invernali, s'avvi-cin• pian piano alla porta della stalla e sblrci• I ca-valli ch'eran dentro. Dorm• sulla paglia col palafreniere,e il peso dei ricordi gli gravava sul petto; Sl desto piuvolte. Che vita smembrata e infeconda aveva dietro di s‚,ricca d'immagini splendide, ma tutta in pezzi, cos• po-vera di valore, cos• povera d'amore! La mattma partendoguard• su, ansioso, alle finestre, se per caso non scorges-se ancora una volta Giulia. Cos• poco prima s'era guar-dato attorno nel cortile del vescovado, per vedere se Agne-se si mostrasse ancora una volta. Ella non era comparsa eneppure Giulia si mostr• pi—. Cos• era stata tutta la suavita: prender congedo, fuggire, esser dimenticato, rima-nere a mani vuote e col cuore gelato. Questa impressio-ne lo segu• tutto il giorno; egli non disse una parola, cu-po in sella, con la testa china. Narciso lo lasci• stare.

Ormai s'avvicinavano alla meta e dopo qualche gior-no la raggiunsero. Poco prima che la torre e i tetti delconvento divenissero visibili, attraversarono quei magge-si sassosi, dov'egli un giorno - oh, da quanto tempo! -aveva cercato l'erba di san Giovanni per padre Anselmo,e la zingara Lisa aveva fatto di lui un uomo. Finalmen-te entrarono sotto il portone di Mariabronn e scesero dacavallo sotto il castagno del mezzogiorno. Boccadoro sfior•dolcemente il tronco e si chin• verso uno dei ricci spi-nosi e spaccati, che giacevano bruni e secchi sul terreno.

CAPITOLO XVIII

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I primi giorni Boccadoro abit• nel convento stesso, inuna delle celle per gli ospiti. Poi, dietro sua preghiera,fu alloggiato in uno degli edifici d'amministrazione checircondavano il grande cortile come una piazza del mer-cato, di fronte alla fucina.

Il fascino delle cose che rivedeva lo prese con tantaviolenza, ch'egli stesso a volte se ne meravigliava. Nes-suno lo conosceva fuorch‚ l'abate, nessuno sapeva chi fos-se; gli uomini del convento, frati e laici, vivevano in unordine rigido e laborioso e lo lasciavano in pace. Ma loconoscevano gli alberi del cortile, lo conoscevano i por-tali e le finestre, il mulino e la sua ruota, le piastrelle deicorridoi, i roseti avvizziti nci chiostro, i nidi delle cico-gne sul granaio e sul refettorio. Da ogni angolo gli ali-tava incontro dolce e commovente il passato, la sua pri-ma giovinezza; amore lo spingeva a rivedere tutto, a ri-sentire tutti i suoni, il rintocco del vespro e lo scampaniodomenicale, il gorgoglio dello scuro torrente del mulinofra gli stretti argini muscosi, il rumore dei sandali sul-l'impiantito, il tintinnio serale del mazzo di chiavi, quan-do il frate portiere andava a chiudere. Accanto alle cu-nette di pietra, in cui cadeva l'acqua piovana dal tetto delrefettorio dei laici, crescevano ancora le stesse piccole er-be, e il vecchio melo nel giardino della fucina stendevaancora i suoi grandi rami contorti. Ma pi— di tutto locommoveva la campanella della scuola, la vista degli sco-lari quando nelPora di ricreazione scendevano le scale esi lanciavano schiamazzando nel cortile. Com'erano gio-vani e sempliciotti e graziosi i loro visi fanciulleschi... Erastato davvero anche lui cos• giovane, cos• goffo, cos• gra-zioso e puerile?Ma oltre a questo ben noto convento egli ne ritrovavauno quasi sconosciuto; gi… nei primi giorni gli balz• al-l'occhio, acquist• sempre pi— importanza per lui e solo apoco a poco si congiunse con quello gi… conosciuto.

Poich‚, se nulla di nuovo si era aggiunto, se tutto erarimasto uguale come nei suoi anni di scuola, come centoe pi— anni prima, egli non lo vedeva pi— con gli occhidello scolaro. Vedeva e sentiva le proporzioni degli edifi-ci, le volte della chiesa, le vecchie pitture, le statue di pie-tra e di legno sugli altari, nei portali, e sebbene non ve-desse nulla che non fosse gi… stato al suo posto ancheallora, solo ora capiva la bellezza di queste cose e lo spi-rito che le aveva create. Vedeva l'antica Madonna di pie-tra nella cappella superiore; anche da ragazzo gli piace-va e l'aveva disegnata, ma solo ora la vedeva con occhisvegli e s'accorgeva ch'era un'opera meravigliosa, che an-che col suo migliore e pi— riuscito lavoro egli non avreb-be mai potuto superare. E di queste cose meravigliose cen'eran parecchie, e ciascuna non stava a s‚ e non era uncaso, ma proveniva dal medesimo spirito e stava in mez-zo alle vecchie mura, fra le colonne e le volte, come nel-la.sua dimora naturale. Quello che in un paio di secoliera stato costruito, scolpito, dipinto, vissuto, pensato e in-segnato in quel luogo, era di un'origine sola, di un solospirito e s'accordava insieme come i rami di un albero.

In mezzo a questo mondo, a questa unit… potente etranquilla, Boccadoro si sentiva molto piccolo, sopra tut-to quando vedeva l'abate Giovanni, il suo amico Narciso,governare e regnare in quell'ordine grandioso e pur pla-

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cido e sereno. Per quanta differenza di persona ci fossefra il dotto abate Giovanni dalle labbra sottili e il sem-plice bonario abate Daniele, ciascuno di loro serviva per•la stessa unit…, lo stesso pensiero, lo stesso ordine, e daquesto otteneva la sua dignit…, a questo sacrificava la suapersona. Ci• li rendeva simili, come l'abito che vestivaentrambi.

In mezzo a questo suo convento Narciso diventava agliocchi di Boccadoro di una grandezza inquietante, quan-tunque il suo atteggiamento verso di lui fosse quello diun buon camerata e di un ospite cordiale. Ben presto Boc-cadoro non osava quasi pi— dargli del tu e chiamarlo" Narciso ¯.

-- Senti, abate Giovanni, -- gli disse una volta, -- apoco a poco dovr• pure abituarmi al tuo nuovo nome.Debbo dirti che qui da voi mi trovo benissimo; avrei qua-si voglia di farti una confessione generale e di pregarti,dopo la penitenza, d'accogliermi come frate laico. Ma ve-di, allora la nostra amicizia sarebbe finita, tu saresti l'a-bate e io il frate laico. D'altra parte vivere cos• accanto ate e vedere il tuo lavoro e non essere e non fare nulla iostesso, Š cosa che non sopporto pi— a lungo. Vorrei lavo-rare anch'io e mostrarti quello che sono e che so fare, af-finch‚ tu possa vedere se Š valsa la pena di salvarmid.lla forca.

-- Questo mi fa piacere, -- disse Narciso formulandole sue parole con pi— precisione ancora del solito. --Puoi cominciare quando vuoi ad allestirti la tua officina,io dar• subito ordine al fabbro e al falegname di metter-si a tua disposizione. Serviti pure di tutto il materiale dilavoro che si pu• raccogliere qui sul posto. Per quelloche bisogna far venire da fuori a mezzo dei carrettieri, pre-para una lista. E ora ascolta quello che io penso di te edelle tue intenzioni. Devi concedermi un po' di tempoper esprimermi: io sono un erudito e vorrei tentare dipresentarti la cosa coi mezzi che mi offre il mio mondodi pensiero: non ho altro linguaggio che questo. Dun-que seguimi ancora una volta, come facevi con tanta pa-zlenza quando erl ragazzo.

-- Tenter• di seguirti. Parla pure.

-- Ricordati che gi… ai nostri tempi di scuola io ti dis-si pi— volte che ti ritenevo un artista. Allora mi parevache tu potessi diventare un poeta; avevi nel leggere e nel-lo scrivere una certa avversione per i concetti astratti eprediligevi nel linguaggio le parole e i suoni che avevanOqualit… poetiche sensibili, parole dunque con cui ci si po-tesse rappresentare qualche cosa.

Boccadoro interruppe: --Scusa, ma i concetti e le astra-zioni che tu preferisci non sono anch'essi rappresentazio-ni, immagini? o per pensare ti occorrono e ti piaccionOproprio le parole con cui non ci si pu• rappresentarenulla? Si pu• forse pensare senza rappresentarsi qualchecosa ?

-- Fai bene a domandare! Ma certo si pu• pensare sen-za rappresentazioni! 11 pensiero non ha proprio nulla a

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che fare con le rappresentazioni. Esso non si compie inimmagini, ma in concetti e in forme. Proprio l… dove ces-sano le immagini comincia la filosofia. Questo era appun-to l'oggetto delle nostre dispute frequenti, quando erava-mo giovani: per te il mondo consisteva d'immagini, perme di concetti. Ti dissi sempre che non eri fatto per di-ventare un pensatore, ma aggiunsi anche che questa nonera una deficienza, che in Compenso tu eri un dominatorenel campo delle immagini. Sta' attento, ti spiegher•. Seallora invece di lanciarti nel mondo tu fossi diventato unpensatore, avresti potuto provocare qualche guaio. SaresticioŠ diventato un mistico. I mistici sono, per dirla inbreve e un po' grossolanamente, quei pensatori che nonsanno staccarsi dalle rappresentazioni, quindi non sonoper nulla pensatori. Sono artisti segreti: poeti senza ver-si, pittori senza pennello, musicisti senza note. Ci sonofra loro spiriti nobili e altamente dotati, ma sono tutti,senza eccezione, degli uomini infelici. Tu avresti potutodiventare uno di questi. Invece, grazie a Dio, sei diven-tato un artista, padrone del mondo delle immagini, dovepuoi essere creatore e signore, mentre come pensatore sa-resti rimasto ad un grado d'insufficienza.

--Temo, -- disse Boccadoro, --che non riuscir• maia farmi un'idea del tuo mondo di pensiero, dove si pen-sa senza Immagini.

--Ma s•, ci riuscirai subito. Ascolta: il pensatore cer-ca di conoscere e di rappresentare l'essenza del mondo conla logica. Egli sa che il nostro intelletto e il suo strumen-to, la logica, sono imperfetti, cos• come un artista intel-ligente sa benissimo che i suoi pennelli o scalpelli non po-tranno mai esprimere perfettamente l'essenza radiosa diun angelo o di un santo. Tuttavia tentano entrambi, ilpensatore come l'artista, a loro modo. Non possono e nondebbono fare altrimenti. Perch‚ auando un uomo cerca diattuarsi con le doti che la naturl gli ha date fa ci• chepu• fare di pi— alto ed esclusivamente assennato. Perci•una volta ti ripetevo sempre: non cercar d'imitare il pen-satore o l'asceta, ma sii te stesso, cerca di attuare te stes-so!

--Ti capisco cos• a met…. Ma che cosa significa pro-priamente: attuarsi ?

-- E un concetto filosofico, non posso esprimerlo altri-

menti. Per noi scolari di Aristotele e di san Tomaso il pi—alto di tutti i concetti Š: l'essere perfetto. L'essere perfet-to Š Dio. Tutto quello che c'Š d'altro Š solo a mezzo, Šparziale, Š in divenire, Š mescolato, consiste di possibilit….Dio invece non Š eterogeneo, Š una cosa sola, non ha pos-sibilit…, Š tutto realt…. Ma noi siamo transitori, noi siamoesseri che divengono, noi siamo possibilit…, per noi nonc'Š perfezione, non c'Š l'essere completo. Quando per• pro-cediamo dalla potenza all'azione, dalla possibilit… all'at-tuazione, partecipiamo al vero essere, siamo di un gradopi— simili al perfetto e al divino. Questo sigaifica: attuar-si. Tu devi conoscere questo processo dalla tua propriaesperienza. Tu sei artista e hai creato pi— di una statua.Quando una di queste figure ti Š veramente riuscita, quan-do tu hai liberato l'immagine di un uomo dalle contin-

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genze e l'hai ridotta ad una forma pura, allora tu hai,come artista, attuato quell'immagine umana.

-- Ho capito.

--Tu mi vedi, o amico Boccadoro, in un luogo e inun ufficio, in cui Š reso facile in certo modo alla mia na-tura attuarsi. Mi vedi vivere in una comunit… e in unatradizione, che mi corrispondono e mi aiutano. Un con-vento non Š un paradiso, Š pieno d'imperfezione, tuttaviauna vita claustrale condotta decorosamente Š per uominidella mia indole infinitamente pi— feconda di progressoche non la vita mondana. Non voglio parlare del latomorale, ma anche solo praticamente il pensiero puro, cheio ho il compito di esercitare e d'insegnare, richiede unacerta protezione dal mondo. Quindi per me, qui nellanostra casa, Š stato molto pi— facile attuarmi di quello chenon sia stato per te. Che malgrado ci• tu abbia trovatouna via e sia diventato un artista, suscita tutta la miaammiraziOne. Perch‚ il tuo cammino Š stato ben pi—difficile.

Boccadoro arross• d'imbarazzo per quella lode, ed an-che di gioia. Per sviare il discorso, interruppe l'amico:--La maggior parte di quello che volevi dire sono riuscitoa capirlo. Ma una cosa ancora non mi vuol entrare intesta: quello che tu chiami ® il pensiero puro ¯ il tuocos• detto pensare senza immagini e operare con parole,con cui non si pu• rappresentarsi nulla.

-- Bene, puoi spiegartelo con un esempio. Pensa alla

matematica! Quali rappresentazioni contengono i nume-ri? O i segni pi~i e meno? Che immagini contiene un'e-quazione? Nessuna! Quando tu risolvi un problema arit-metico o algebrico, non ti aiuta nessuna rappresentazionetu eseguisci un compito formale entro forme di pensieroche hai apprese.

-- E vero, Narciso. Se mi scrivi davanti una serie dinumeri e di segni, io posso cavarmela senza nessuna rap-presentazione, posso lasciarmi guidare dal pi~i e dal me-no, dai quadrati, dalle parentesi e cos• via, e posso ri-solvere il problema. CioŠ: lo potevo una volta, oggi nonne sarei pi— capace. Ma non posso immaginarmi che ilrisolvere simili problemi formali abbia altro valore chequello di un'esercitazione intellettuale per scolari. Impa-rare a calcolare Š una bellissima cosa. Ma mi parrebbeassurdo e puerile che un uomo passasse la sua vita chi-no sopra simili problemi aritmetici, a coprire eternamen-te la carta di serie numeriche.

--T'inganni, Boccadoro. Tu immagini che questo ze-lante calcolatore risolva sempre nuovi problemi scolastici,impostigli da un maestro. Ma egli pu• porsi i problemianche da s‚, essi possono sorgere in lui come forze im-pellenti. Bisogna aver calcolato e misurato matematica-mente pi— di uno spazio reale e fittizio, prima che ci sipossa arrischiare come pensatori al problema dello spa-

--Va bene. Ma anche il problema dello spazio, comepuro problema di pensiero, non mi sembra in realt… l'og-getto intorno a cui un uomo debba prodigare il suo la-

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voro e i suoi anni. La parola ® spazio ¯ per me non Šnulla, non Š degna di un pensiero, fin cke io non mi rap-presento con essa uno spazio reale, per esempio lo spaziostellato; osservare e misurare questo mi pare senza dub-bio un compito non indegno.

Narciso interruppe sorridendo: -- Tu vuoi dire chenon tieni alcun conto del pensiero, bens• dell'applicazio-ne del pensiero al mondo pratico e visibile. Ti posso ri-spondere: le occasioni di applicare il nostro pensiero e lavolont… di farlo non mancano affatto. Il pensatore Nar-ciso, ad esempio, ha applicato cento volte i risultati delsuo pensiero, tanto sul suo amico Boccadoro, quanto suciascuno dei suoi monaci, e lo fa ad ogni ora. Ma come

potrebbe ® applicare ¯ qualche cosa, se non l'avesse pri-ma imparata ed esercitata? Anche l'artista esercita conti-nuamente il suo occhio e la sua fantasia, e noi approvia-mo tale esercizio, anche se questo non rivela i suoi effet-ti che in poche opere reali. Tu non puoi disprezzare ilpensiero come tale cd approvare la sua ® applicazione "!La contraddizione Š chiara. Dunque lasciami pensare inpace e giudica il mio pensiero dai suoi effetti, cos• comeio giudicher• la tua arte dalle tue opere. Tu ora sei in-quieto ed eccitato, perch‚ fra te e le tue opere ci sonoancora degli ostacoli. Allontanali, cercati o fabbricati un'of-ficina e mettiti al lavoro! Molti problemi si risolveranno al-lora da s‚.

Boccadoro non desiderava niente di meglio.

Trov• un locale accanto al portone del cortile, che inquel momento era vuoto e s'adattava bene ad officina. Or-din• al falegname una tavola da disegno e altri arnesi,di cui gli diede lo schizzo preciso. Stese una lista deglioggetti che i carrettieri del convento dovevano portarglia poco a poco dalle citt… vicine, una lunga lista. Esami-n• dal falegname e nel bosco tutte le provviste di legnatagliata e scelse per s‚ alcuni pezzi, che fece portare l'unodopo l'altro nel prato dietro le sua officina, dove li collo-c• all'asciutto, costruendovi sopra con le proprie mani unatettoia. Ebbe poi molto da fare anche col fabbro, il cuifigliolo, un giovane sognatore, fu da lui affascinato e con-quistato Con lui passava mezze giornate alla fucina, al-l'incudine, al trogolo per tuffare il ferro rovente, all'afffi-latoio; l… mettevano tutti i coltelli da intaglio, curvi e di-ritti, gli scalpelli, i succhielli e i raschietti, ch'egli ado-perava per la lavorazione del legno.

Eric, il figlio del fabbro, giovane di circa vent'anni, di-venne l'amico di Boccadoro, lo aiutava dappertutto, pienodi fervido interesse e di curiosit…. Boccadoro gli promised'insegnargli a sonare il liuto, cosa ch'egli desiderava vi-vamente, poi gli avrebbe fatto provare anche l'intaglio.Quando talvolta, nel convento e accanto a Narciso, Boc-cadoro si sentiva inutile e oppresso, poteva rianimarsi conEric, che lo amava timidamente ed aveva per lui una ve-neraZione infinita. Spesso Eric lo pregava di raccontarglidi maestro Nicola e della citt… vescovile; qualche voltaBoccadoro lo faceva volentieri e poi si meravigliava a un

tratto di trovarsi l• seduto, come un vecchio, a raccontare

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di viaggi e di vicende del passato, mentre la sua vita do-veva cominciare proprio allora.

Nessuno poteva accorgersi che negli ultimi tempi egliera profondamente mutato e invecchiato oltre i suoi an-ni: non l'avevano conosciuto prima. Le miserie della vitainstabile ed errabonda l'avevano forse gi… logorato, mapoi la pestilenza e i suoi molti orrori e infine la prigio-nia nel castello del conte e quella notte orrenda nella can-tina lo avevano scosso nelle fibre pi— intime, lasciandoqualche traccia: peli grigi nella barba bionda, rughe sot-tili sul volto, periodi d'insonnia, e a volte in fondo alcuore una certa stanchezza, un illanguidimento del pia-cere e della curiosit…, un senso grigio e tiepido di saziet….Nei preparativi del lavoro, nelle conversazioni con Eric,nel trafficare dal fabbro e dal falegname, si sgelava, sianimava; tutti lo ammiravano e gli volevano bene, mafra una attivit… e l'altra non di rado rimaneva sedutoper mezz'ore e per ore intere, stanco, sorridente e traso-gnato, in preda all'apatia e all'indifferenza.

Una questione molto importante per lui era con qualesoggetto dovesse cominciare il suo lavoro. La prima ope-ra che voleva eseguire, con la quale intendeva pagare l'o-spitalit… del convento, non doveva essere un'opera casualeda esporsi in un luogo qualsiasi per curiosit…, doveva, co-me le antiche opere del convento, diventare una parte del-la sua costruzione e della sua vita. Gli sarebbe piaciutosopra tutto fare un altare o anche un pulpito, ma non cen'era n‚ il bisogno n‚ il posto. Trov• invece dell'altro. Nelrefettorio dei padri c'era una nicchia elevata, in cui, du-rante i pasti, soleva leggere un frate giovane. Questa nic-chia non aveva ornamenti. Boccadoro decise di rivestirel'accesso al leggio e il leggio stesso di una decorazione inlegno simile a quella di un pulpito, con figure a bassori-lievo e alcune quasi isolate. Comunic• il progetto all'a-bate, che lo approv• e mostr• di gradirlo molto.

Quando finalmente il lavoro pot‚ cominciare - cade-va la neve ed era gi… passato Natale- la vita di Bocca-doro prese un nuovo aspetto. Per il convento era comescomparso, nessuno lo vedeva pi—, non aspettava pi— laschiera degli scolari alla fine delle lezioni, non vagava pi—nel bosco, non camminava pi— nel chiostro. Prendeva i

suoi pasti dal mugnaio, che non era pi— quello ch'egliera andato a trovare tante volte da ragazzo. E nella suaofficina non lasciava entrare nessuno, fuorch‚ il suo aiu-tante Eric; e anche questi in certi giorni non gli sentivadire una parola.

Per la sua prima opera, la tribuna per i lettori, ave-va escogitato dopo lunghe riflessioni questo progetto: del-le due parti che la costituivano, l'una doveva rappresen-tare il mondo, l'altra la parola divina. La parte inferiore,la scala, che usciva da un forte tronco di quercia e gi-rava intorno ad esso, doveva rappresentare la creazione,immagini della natura e della semplice vita dei patriar-chi. La parte superiore, il parapetto, avrebbe portato lestatue dei quattro evangelisti. A uno di questi voleva darela figura del defunto abate Daniele, a un altro quella deldefunto padre Martino, suo successore, e nella figura di

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Luca voleva immortalare il suo maestro Nicola.

S'imbatt‚ in gravi difficolt…, pi— gravi di quanto nona~esse pensato. Gli diedero preoccupazioni, ma erano dol-ci preoccupazioni. Egli faceva la corte alla sua opera condisperato entusiasmo, come a una donna ritrosa, lottavacon essa, ora irritato ed ora tenero, come un pescatoreall'amo lotta con un gran luccio; ogni ostacolo lo ammae-strava e amnava i suoi sensi. Dimentic• tutto il resto,dimentic• il convento, dimentic• quasi Narciso. Questiveniva qualche volta a trovarlo, ma egli non gli mostra-va che disegni.

In compenso Boccadoro lo sorprese un giorno col pre-garlo di voler ascoltare la sua confessione.

--Non mi son saputo decidere finora, --disse, --misembrava di essere troppo piccino, mi sentivo gi… abba-stanza umiliato davanti a te. Ora va meglio, ora ho il miolavoro e non sono pi— una nullit…. E dal momento che vi-vo in un convento, vorrei conformarmi all'ordine.

Si sentiva all'altezza dell'ora e non voleva aspettare pi—a lungo. Nella vita contemplativa delle prime settimane,nel rivedere e nel ricordare tutte le cose della sua gioven-t—, e anche nei racconti che Eric gli chiedeva, la visionedella sua vita passata aveva acquistato un certo ordine euna certa chiarezza.

Narciso lo accolse alla confessione senz'alcuna solen-nit…: essa dur• circa due ore. L'abate ascolt• con volto

impassibile le avventure, le sofferenze, le colpe del suoamico; pose diverse domande, non interruppe mai e ascol-t• impassibile anche quella parte della confessione, incui Boccadoro dichiarava la scomparsa della sua fede nel-la giustizia e nella bont… di Dio. Fu colpito da parecchieconfessioni del penitente; vedeva com'egli era stato scossoe spaventato, come talvolta era stato vicino alla perdi-zione. Poi doveva tornar a sorridere, commosso dall'in-genuit… dell'amico rimasto fanciullo, poich‚ lo trovavapreoccupato e pentito per certi pensieri irreligiosi, che inconfronto ai suoi propri dubbi e agli abissi del suo pen-slero erano veramente innocenti.

Con meraviglia, anzi con delusione di Boccadoro, ilconfessore non attribu• una gravit… eccessiva ai suoi pec-catl verl e propri, lo ammon• e lo pun• invece senza in-dulgenza per aver trascurato di pregare, di confessarsi edi comunicarsi. Gli impose come penitenza di vivere ca-sto e moderato per quattro settimane prima di ricevere lacomumone, di ascoltare ogni mattina la prima messa edi recltare ogni sera tre Pater noster e un inno a Maria.

Poi gli disse: --Ti ammonisco e ti prego di non pren-dere alla leggera questa pemtenza. Non so se tu conoscaancora esattamente il testo della messa. Devi seguirlo pa-rola per parola e abbandonarti tutto al suo significato. Og-gi stesso reciter• con te il Pater noster e alcuni inni, e tiaccenner• a quali parole e a quali significati tu debbarivolgere particolarmente la tua attenzione. Non devi pro-nunciare e ascoltare le parole sacre come si pronuncianoe si ascoltano le parole umane. Ogni volta che ti sorpren-

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di a ripetere quelle parole come un organetto, e ci• av-verr… pi— spesso di quel che tu non creda, ricordati diquesta ora e del mio ammonimento, ricomincia da capoe recitale e falle entrare nel tuo cuore come io t'indi-cher•.

Fosse un caso fortunato, o avesse la psicologia dell'a-bate tanta profondit…, fatto sta che da questa confessionee da questa penitenza deriv• per Boccadoro un periododi soddisfazione e di pace, che lo rese profondamente fe-lice. Fra le tensioni, le preoccupazioni e le soddisfazio-ni del suo lavoro, ogni mattina ed ogni sera, nei faciliesercizi spirituali ch'eseguiva coscienziosamente, egli si sen-tiva liberato dalle agitazioni della giornata e rinviato con

tuttO il suo essere a un ordine superiore, che lo strap-pava alla pericolosa solitudine di colui che crea, facen-dolo rientrare qual figlio nel regno di Dio. Se a supera-re la lotta per la creazione della sua opera egli dovevaesser solo e ad essa doveva dare tutta la passione deisuoi sensi e della sua anima, l'ora della devozione lo ri-conduceva sempre ad uno stato d'innocenza. Durante illavoro fumava spesso per ira e per impazienZa, a voltesi estasiava fino alla volutt…, ma negli esercizi di piet… situffava come in un'acqua fresca e profonda, che gli la-vava via l'orgoglio dell'entusiasmo come pure l'orgogllodella disperazione.

Non sempre riusciva. Talvolta alla sera, dopo ore dilavoro febbrile, non trovava la quiete e il raccoglimento,dimenticava gli esercizi, e spesso, quando si sforzava diconcentrarsi, lo •mpediva e lo tormentava il penslero chein fin dei conti il recitar preghiere era un affannarsl pue-rile per un Dio che non esisteva affatto, o che per lo me-no non poteva aiutarlo. Se ne dolse con l'amlco.

--Continua, -- :lisse Narciso; --hai promesso e devimantenere. Non devi star a pensar se Dio ascolta la tuapreghiera, o se il Dio che ti piace di raffigurarti esista omeno, Non devi neppure preoccuparti se le tue pratlchesiano puerili. In confronto di colui al quale si rivolgonole nostre preghiere, tutte le nostre azioni sono puerili. Tudevi assolutamente inibirti durante l'esercizio questi scioc-chi pensieri da bambino. Devi recitare il tuo Pater nostere il tuo inno a Maria abbandonandoti tutto alle loro pa-role e riempiendoti di esse, cos• come, quando canti osuoni il liuto, non insegui nessun saggio pensiero, nessu-na speculazione, ma eseguisci una nota e un movimentodopo l'altro con la maggior purezza e perfezione possi-bili. Mentre si canta, non si pensa se il canto sia utile ono: si canta. Cos• devi pregare.

E di nuovo riusciva, Di nuovo il suo ® io ¯ teso e avi-do si smorzava nell'ordine immenso, di nuovo le parolevenerabili passavano su di lui e attraverso lui come stelle.

L'abate not• con grande soddisfazione che Boccadoro,scaduto il termine del periodo di penitenza e ricevuti iSacramenti, continu• per settimane e mesi i suoi eserciziquotidiani Intanto la sua opera procedeva. Dal sostegnomassiccio della scala a chiocciola usciva un piccolo mon-do di figure, di piante, di animali e di uomini; nel centro

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un padre NoŠ fra pampini e grappoli, un libro illustratoun inno di gloria alla creazione e alla sua bellezza, liberonel gioco artistico, ma guidato da un ordine e da unadisciplina segreta. Durante tutti quei mesi nessuno videl'opera fuorch‚ Eric, che aveva il permesso di dare unamano e non carezzava altro pensiero di quello di poterdiventare un artista. In certi giorni neppure a lui era le-Cito entrare nell'officina. Altre volte invece Boccadoro sioccupava di lui, gl'insegnava, lo lasciava provare, lieto diavere un fedele e uno scolaro. Quando l'opera fosse ter-mmata e riuscita, pensava di richiedere il giovane a suopadre e d'istruirlo come assistente fisso.

Alle figure degli evangelisti lavorava nei suoi giorni mi-ghori, quando tutto era in armonia e nessun dubbio l'oscu-rava. La figura che gli pareva riuscisse meglio era quellaa cui dava i tratti dell'abate Daniele; l'amava molto, dalviso di essa raggiava innocenza e bont…. Della figura dimaestro Nicola era meno soddisfatto, quantunque Ericl'ammirasse pi— delle altre. Essa rivelava dissidio e tri-stezza, sembrava piena d'alti progetti di creazione e insie-me di una disperata certezza della vanit… d'ogni creazione,piena di rimpianto per un'unit… e un'innocenza perdute.

Quando l'abate Daniele fu terminato Boccadoro ordin•ad Eric di far pulizia nell'officina. Velo di panni il restodell'opera e mise in luce solo quella figura. Poi and• daNarciso, ed essendo questi occupato aspett• pazientementefino al giorno dopo. Nell'ora del mezzod• condusse l'amiconella sua officina davanti alla statua.

Narciso ristette e contempl•. Contempl• senza fretta, conl'attenzione e la cura dello scienziato. Boccadoro stava die-tro di lui, in silenzio, e cercava di dominare il tumultodel suo cuore. "Oh," pens•, "se ora uno di noi non reggealla prova, Š un gran male. Se la mia opera non Š abba-stanza buona o se egli non sa comprenderla, tutto il miolavoro qui ha perduto il suo valore. Avrei dovuto aspet-tare ancora."

I minuti gli parevano ore; pens• a quella volta che mae-stro Nicola aveva tenuto in mano il suo primo disegno.Narciso si volt• verso di lui, e subito egli si sent• libe-rato. Vide nel volto affilato dell'amico rifiorire qualcosa,che non vi fioriva pi— dagli anni della fanciullezza: unsorriso, un sorriso quasi timido in quel volto tutto spiritoe volont…, un sorriso d'amore e d'abbandono, una scintilla,come se la solitudine e la fierezza di quel volto fosseroper un istante squarciate e da esso non trasparisse pi—altro che un cuore pieno d'amore.

--Boccadoro,--disse Narciso pianissimo, pesando an-che in quel momento le parole, --tu non ti aspetti certoda me che diventi a un tratto un conoscitore d'arte. Nonlo sono, lo sai. Della tua arte non saprei dire nulla, chenon ti sembri ridicolo. Ma lasciami dirti una cosa sola.alla prima occhiata ho riconosciuto in questo apostolo ilnostro abate Daniele, e non lui soltanto, ma anche tuttoquello ch'egli allora rappresentava per noi: la dignit…, labont…, la semplicit…. Come il povero padre Danlele stavadavanti alla nostra venerazione giovanile, cos• egh staancora qui davanti a me e con lui tutto ci• che allora Clera sacro e ci• che ci rende indimenticabile quell'epoca.

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Con questa visione tu mi hai fatto un gran dono, amlcomio: non soltanto mi hai reso il nostro abate Daniele, mlhai rivelato per la prima volta tutto te stesso. Ora so chisei. Non ne parliamo pi—, non ne ho il diritto. O Bocca-doro, benedetta quest'ora!

Nel grande locale si fece silenzio. Boccadoro vide cheil suo amico era commosso in fondo al cuore. Un imba-razzo gli strozzava il respiro.

-- Bene, -- disse brevemente, -- sono contento. Ma,forse, Š ora che tu vada a tavola.CAPITOLO XIX

Boccadoro lavor• a quell'opera due anni, e nel secondoanno Eric gli fu affidato come vero e proprio scolaro. Nel-l'intaglio della scala Boccadoro compose un piccolo pa-radiso, raffigur• con intenso piacere un delizioso grovigliod'alberi, di foglie e d'erbe, con uccelli fra i rami, e daogni parte sbucavano teste e corpi di animali. In mezzoa questo placido, rigoglioso giardino primordiale rappre-sent• alcune scene della vita dei patriarchi. Di rado que-sta solerte attivit… subiva un'interruZione. Di rado venivaun giorno, in cui il lavoro gli era impossibile, in cui unsenso d'inquietudine e di saziet… glielo rendeva fastidioso.Allora assegnava un compito allo scolaro e faceva unapasseggiata o una cavalcata in campagna, respirando nelbosco il profumo che gli ricordava la libert… e la vita va-gabonda; cercava qua o l… una ragazza di contadini, oandava a caccia e se ne stava per ore e ore coricato nelverde, fissando la volta formata dalle chiome degli alberio il rigoglio selvaggio delle felci e delle ginestre. Nonrimaneva mai lontano pi— d'un giorno o due. Poi ritor-nava all'opera con nuova passione, intagliava con volutt…le piante che germogliavan rigogliose sotto le sue dita, rica-vava dal legno con mano lieve e delicata le teste umane,scolpiva una bocca dal taglio vigoroso, un occhio, una bar-ba crespa. Oltre a Eric, solo Narciso conosceva l'opera eveniva spesso nell'officina, che qualche volta diventava perlul fl luogo pi— gradito del convento. Osservava con gioiae stupore. L• fioriva quello che l'amico aveva portato ungiorno nel suo inquieto e fiero cuore di fanciullo, crescevae fiorlva una creazione, un piccolo mondo zampillante:un glOCo forse, ma certo non meno buono del gioco dellalogica, della grammatica e della teologia.

Una volta Narciso disse pensieroso: -- Imparo moltoda te, Boccadoro. Comincio a comprendere che cos'Š l'arte.Prima mi pareva che, in confronto col pensiero e con lascienza, non fosse da prendere troppo sul serio. Pensavopress'a poco cos•: poich‚ l'uomo Š una dubbia mescolanzadi spirito e di materia, poich‚ lo spirito gli schiude la co-noscenza dell'eterno, mentre la materia lo trascina in bassoe lo incatena a ci• ch'Š transitorio, egli dovrebbe cercaredi staccarsi dai sensi e di entrare nel mondo spirituale, perelevare la sua vita e darle un significato. Affermavo bens•di apprezzare altamente l'arte, per consuetudme, ma mrealt… ero superbo e la guardavo dall'alto in basso. Orasoltanto vedo quante vie ci sono per giungere alla cono-scenza, e quella dello spirito non Š l'unica e forse neppurla migliore. E la mia vita, certo: e rimarr• in essa. Mati vedo per la via opposta, la via dei sensi, cogliere il mi-stero dell'essere altrettanto profondamente, ed esprimerlo

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con molta pi— vivezza di quel che lo possano la maggiorparte dei pensatori.

--Capisci ora,--disse Boccadoro,--che io non possointendere che cosa significhi pensare senza rappresentazioni.

-- L'ho capito da un pezzo. Il nostro pensare Š un con-tinuo astrarre, un prescindere dal mondo sensibile, un ten-tativo di costruzione d'un mondo puramente spirituale. Tuinvece cogli nel cuore ci• che vi Š di pi— instabile e mor-tale e riveli il senso del mondo proprio in quello ch'Š tran-sitorio Tu non prescindi da questo, ti dai tutto ad esso,e per questa tua dedizione esso diventa ci• che vi Š dipi— alto: il simbolo dell'eterno. Noi pensatori cerchiamodi avvicinarci a Dio staccando il mondo da lui. Tu tiavvicini a lui amando e ricreando la sua creazione. Sonoentrambe opere umane e inadeguate, ma l'arte Š pi— in-nocente.

--Non so, Narciso. Voi pensatori e teologi per• mipare riusciate meglio a spuntarla con la vita, a difendervidalla disperazione. Io non t'invidio pi— da un pezzo, amicomio, per la tua scienza, ma t'invidio per la tua tranquil-lit…, per la tua equanimit…, per la tua pace.

--Non dovresti invidiarmi, Boccadoro. Non c'Š una pa-ce cos• come tu la intendi. C'Š la pace, senza dubbio, manon una pace che alberghi durevolmente in noi e non ciabbandoni pi—. C'Š solo una pace che si conquista conti-nuamente con lotte senza tregua, e tale conquista dev'es-sere rinnovata giorno per giorno. Tu non mi vedi lottarenon conosci le mie battaglie nello studio e neppur quellenella cella delle preghiere. E bene che tu non le conosca.Tu vedi solo che io sono soggetto meno di te agli umorivariabili e credi che ci• sia pace. Ma Š lotta, Š lotta esacrificio, come ogni vera vita, come anche la tua.

--Non discutiamo. Neppur tu vedi tutte le mie lotte.E non so se puoi capire quello che io sento in cuore al-l'idea che presto quest'opera sar… finita. La si porta via,la si mette a posto, mi si fa qualche elogio, e poi io ritor-no in un'officina vuota e nuda, triste per tutto quello chenella mia opera non mi Š riuscito e che voialtri non po-tete affatto vedere; e la mia anima Š vuota e spogliata,come l'officina.

--Pu• darsi, -- disse Narciso, -- e nessuno di noi Šin grado di comprendere l'altro sinc in fondo. Ma questohanno in comune tutti gli uomini di buona volont…: chele nostre opere finiscono per lasciarci umiliati, che dob-biamo sempre ricominciare da capo, che l'offerta dev'es-sere rinnovata.

Qualche settimana dopo il grande lavoro di Boccadoroera finito e posto in opera. Si ripet‚ quello che gi… gli eratoccato tanto tempo prima: la sua opera pass• in pos-sesso degli altri, fu contemplata, giudicata, lodata, egliricevette encomi e onori; ma il suo cuore e la sua officinarimasero vuoti; non sapeva pi— se l'opera valesse il sacri-ficio. Il giorno dello scoprimento era invitato a tavola daipadri: c'era banchetto, festeggiato col vino pi— vecchio delconvento. Boccadoro inghiott• il buon pesce e la selvag-gina, e pi— del vin vecchio lo riscaldarono l'interessamento

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e la gioia con cui Narciso salut• la sua opera e gli onoriche gli furono tributati.

Un nuovo lavoro desiderato e ordinato dall'abate eragi… abbozzato, un altare per la cappella di Maria a Neu-zell, che apparteneva al convento e dove officiava un padredi Mariabronn. Per questo altare Boccadoro voleva fareuna statua di Maria e immortalare in essa una delle figureindimenticabili della sua giovinezza, Lidia la bella e timo-rosa figlia del cavaliere. Nel resto quest'incarico non ave-va molta importanza per lui, ma gli sembrava l'occasionebuona per far fare a Eric la sua prova di aiutante. Se Eric

si mostrava all'altezza del compito, egli avrebbe avuto inlui per sempre un buon collaboratore, il quale poteva so-stituirlo e lasciarlo libero per quei lavori che soli gli sta-vano ancora a cuore. Scelse con Eric il legname per l'al-tare e glielo fece preparare. Spesso Boccadoro lo lasciavasolo, aveva ripreso il suo girovagare e le lunghe passeg-giate nei boschi; una volta che rimase via parecchi giorniEric ne inform• l'abate e anche questi temette un pocoche Boccadoro potesse essersene andato per sempre. Maritorn•, lavor• una settimana alla figura di Lidia, poi rico-minci• a vagare,

Era preoccupato; da quando aveva terminato il grandelavoro, la sua vita era in disordine: trascurava la primamessa, si sentiva profondamente inquieto e scontento. Pen-sava molto a maestro Nicola, e se egli stesso non sarebbediventato presto come lui diligente e virtuoso e abile,ma non pi— libero, non pi— giovane, Una piccola avven-tura recente gli aveva dato da pensare. Nelle sue sCorrl-bande aveva trovato una giovane contadina di nome Fran-cesca, che gli piaceva molto, e si era dato ogni pena perammaliarla, usando tutte le sue antiche arti di seduzione.La ragazza ascoltava volentieri le sue chiacchiere, ridevadivertita ai suoi scherzi, ma respingeva le sue seduzioni,e per la prima volta egli sent• che a una donna giovaneegli appariva vecchio. Non ci era andato pi—, ma nonaveva dimenticato. Francesca aveva ragione; era diventatoun altro, lo sentiva egli stesso; e non erano quei pochicapelli precocemente grigi e quel po' di rughe intorno agliocchi, era qualcosa di pi— nel suo essere, nel suo animo;si sentiva vecchio, si sentiva divenuto simile in modo in-quietante a maestro Nicola. Osservava se stesso sdegno-samente e scrollava le spalle con disprezzo; aveva perdutola libert…, era diventato sedentario: non pi— aquila elepre, ma animale domestico. Quando girovagava, pi— chenuovi cammini e nuova libert… cercava il profumo delpassato, il ricordo delle sue peregrinazioni d'un tempo; lasua ricerca era piena di nostalgia e di diffidenza, comel'annusar di un cane in cerca di una traccia perduta. Equando era stato fuori un giorno o due ed era andato unpoco a zonzo, in vacanza, un impulso irresistibile lo richia-mava indietro, la coscienza lo rimordeva, sentiva che l'offi-cina l'aspettava, ch'egli aveva una responsabilit… per l'al-tare cominciato, per il legno preparato, per l'aiutante EricNon era pi— libero, non era pi— giovane. Fece allora unfermo proponimento: quando fosse terminata la Lidia-Maria avrebbe intrapreso un viaggio, avrebbe ritentato lavita del vagabondo. Non era bene vivere cos• a lungo inun convento, e con soli uomini. Per monaci poteva esserbene, ma non per lui. Con gli uomini si potevano fare

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discorsi belli e saggi; essi avevano comprensione per illavoro di un artista; ma tutto il resto, le chiacchiere, letenerezze, il gioco, l'amore, il beato ozio senza pensieritutto questo non prosperava fra gli uomini; per questo civolevano donne, vita all'aperto senza meta, e sempre nuo-ve immagini. Tutto l• intorno a lui era un poco grigio eserio, un poco grave e maschile, ed egli aveva subito ilcontagio, gli era penetrato nel sangue

Il pensiero del viaggio lo consolava; attendeva brava-mente al suo lavoro per esser libero pi— presto, E mentrea poco a poco la figura di Lidia gli usciva dal legno, men-tre dalle nobili ginocchia di quella egli faceva scenderele pieghe severe della veste, lo rapiva una gioia intima edolorosa, si sentiva malinconicamente innamorato di quel-l'immagine, di quella bella e timida figura di fanciulladel ricordo d'allora, del suo primo amore, dei suoi primiviaggi, della sua giovent—. Lavorava con devozione all'im-magine delicata, la sentiva una cosa sola con ci• che v'eradi meglio in lui, con la sua giovineZza, con le sue pi—dolci memorie. Era una felicit… per lui scolpire quel collochino, quella bocca triste e affettuosa, quelle mani nobilile dita lunghe, le estrernit… ben arcuate delle unghie An-che Eric contemplava la figura ogni volta che poteva, conammirazione e con rispettoso amore.

Quando fu quasi terminata, la mostr• all'abate Nar-ciso disse: --Questa Š la tua opera pi— bella, caro, nonabbiamo nulla in tutto il convento che le stia a pari.Debbo confessarti che in questi ultimi mesi sono statoqualche volta preoccupato per te. Ti vedevo inquieto esofferente, e quando scomparivi e rimanevi assente pi— diun giorno pensavo talora con ansia: forse non torna pi—.E invece hai fatto questa statua meravigliosa! Sono con-tento e sono fiero di te!

-- S•, -- disse Boccadoro, -- la statua Š riuscita pro-prio bene. Ma ora ascoltami, Narciso! Perch‚ questa figura

riuscisse bene, era necessaria tutta la mia giovinezza, lamia vita vagabonda, i miei innamoramenti, i miei cor-teggiamenti alle donne. Questo Š il pozzo a cui ho attinto.Il pozzo sar… presto vuoto, il cuore mi s'inaridisce. Ter-miner• questa Maria e poi prender• congedo per un belpo' di tempo, non so per quanto, e ricercher• la mia gio-vinezza e tutto quello che una volta mi fu cos• caro. Puoitu capirlo?... Bene. Sai ch'ero qui tuo ospite e non homai preso compensi per il mio lavoro...

--Te li ho offerti pi— volte -- interruppe Narciso.

-- S•, e ora li accetto. Mi far• fare nuovi abiti e quan-do saranno pronti ti chieder• un cavallo e qualche tallero,poi partir• per il mondo. Non dir nulla, Narciso, e nonrattristarti. Non Š che qui non mi piaccia, in nessun altroluogo potrei aver di meglio. Si tratta d'altro. Esaudiraiil mio desiderio?

Poche parole furono scambiate ancora sull'argomento.Boccadoro si fece fare un semplice abito da cavaliere eun paio di stivali, e mentre s'avvicinava l'estate port• atermine la figura di Maria, come se fosse l'ultima suaopera con cura affettuosa diede l'ultimo tocco alle mani,

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al voito, ai capelli. Poteva perfino sembrare ch'egli pro-crastinasse la partenza, come se si lasciasse volentieri trat-tenere ancora da quegli ultimi delicati lavori intorno allasua statua. Passava un giorno dopo l'altro ed egli avevaancora sempre qualche cosa da accomodare. Narciso, quan-tunque il distacco imminente gli riuscisse penoso, talvoltasorrideva un poco dell'innamoramento di Boccadoro e dellasua incapacit… a staccarsi dalla figura di Maria.

Ma un giorno Boccadoro lo sorprese, recandosi a untratto da lui per congedarsi. Aveva preso la sua decisionenella notte. Nel suo abito nuovo, con un nuovo berretto,venne da Narciso a prender commiato. Gi… qualche tem-po prima si era confessato e comunicato: ora veniva adire addio e a ricevere la benedizione per il viaggio. Ildistacco riusc• penoso a entrambi; Boccadoro si mostr•pi— brusco e pi— calmo di quel che non fosse in cuore.

--Ti rivedr•? -- domand• Narciso.

-- Oh s•: se il tuo bel cavallo non mi romper… il collo,mi rivedrai certamente. Altrimenti non ci sarebbe pi— nes-suno a chiamarti Narciso e a darti preoccupazioni. Puoistar sicuro. Non dimenticare di tenere un occhio su Eric.E che nessuno mi tocchi la mia figura! Essa rimarr… nellamia camera, come ho detto, e la chiave non deve usciredalla tua mano.

--Sei contento d'intraprendere questo viaggio~

Boccadoro strizz• gli occhi.

--Ecco, sono stato contento, Š gi… qualche cosa. Maora che debbo partire, mi sembra meno allegro di quelche si potrebbe credere. Tu riderai di me, ma la separa-zione non mi riesce punto facile e questo attaccamentonon mi piace. E come una malattia: le persone giovani esane non l'hanno. Anche maestro Nicola era cos•. Ahnon facciamo chiacchiere inutili! Benedicimi, caro, vogliopartire.

E se n'and• sul suo cavallo.

Narciso pensava molto all'amico, era in ansia per lui ene aveva la nostalgia. Gli sarebbe ritornato un giornol'uccello fuggito, il caro spensierato? Quell'uomo singolaree diletto aveva ripreso la sua vita tortuosa e senza vo-lont…, girava di nuovo il mondo, avido e curioso, seguen-do i suol oscuri e forti istinti, tempestoso e insaziabile:un grande fanciullo. Che Dio sia con lui, ch'egli ritornisano e salvo! Ora volava di nuovo qua e l… come unafarfalla, peccava di nuovo, seduceva le donne assecon-dava le sue voglie; forse gli capitava ancora di ucciderecadeva in pericolo e in prigione, e vi periva. Quante ansiedava quel ragazzo biondo, che si doleva d'invecchiare eguardava con occhi cos• infantili! Come bisognava starinquieti per lui! E tuttavia Narciso, in cuor suo, era con-tento dell'amico. In fondo gli piaceva molto che quelragazzo baldanzoso fosse cos• difficile da domare, che aves-se simili grilli, che fosse scappato un'altra volta e un'altravolta si rompesse le corna.

Ogni giorno in qualche ora i pensieri dell'abate ritor-

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navano all'amico, con affetto e nostalgia, con riconoscen-za, con ansia, talvolta anche con qualche scrupolo e qual-che rimprovero a se stesso. Non avrebbe forse dovuto rive-lare maggiormente all'amico quanto egli lo amasse, comenon lo desiderasse diverso, come fosse diventato ricco ingrazia sua e della sua arte? Gli aveva detto poco, troppopoco forse... Chi sa allora se non l'avrebbe potuto trat-tenere?

Egli per• non era diventato solo pi— ricco, per merito

di Boccadoro: era anche diventato pi— povero: pi— po-vero e pi— debole, e certo era bene che non l'avesse mo-strato all'amico. Il mondo in cui viveva ed aveva la suapatria, il suo mondo, la sua vita claustrale, il suo ufficio,la sua dottrina, l'edificio cos• ben organizzato dei suoipensieri, erano stati spesso scossi e resi incerti dall'amico.Senza dubbio, dal punto di vista del convento, della ra;gione e della morale, la vita dell'abate era mlghore, plUgiusta, pi— costante, pi— ordinata e pi— esemplare, era unavita di ordine e di servizio rigoroso, un sacrificio continuo,uno sforzo sempre nuovo verso la chiarezza e la glushzla,era molto pi— pura e pi— buona che la vita di un artista,di un vagabondo e di un seduttore di donne. Ma da unpunto di vista pi— alto, dal punto di vista di Dio, l'or-dine e la disciplina di una vita esemplare, la rinuncia almondo e alla felicit… dei sensi la lontananza dal fangoe dal sangue il ritiro nella filosofia e nella devozione,erano davvero meglio che la vita di Boccadoro? L'uomoera davvero creato per condurre una vita regolata, di cuiogni ora e ogni azione fossero annunciate dalla campanache chiama alla preghiera? L'uomo era davvero creato perstudiare Aristotele e Tomaso d'Aquino, per sapere il gre-co, per mortificare i propri sensi e per fuggire il mondo?Non era egli creato da Dio con sensi e istmtl, con oscu-rit… sanguigne, con la capacit… del peccato, del piacere,della disperazione? Intorno a queste domande s'aggirava-no i pensieri dell'abate quando eran volti al suo amico.S•, e forse non era soltanto pi— ingenuo e pi— umanocondurre una vita come quella di Boccadoro; in fin deiconti era forse anche pi— coraggioso e pi— grande affidarsialla corrente crudele e tumultuosa, commetter peccati eprender su di s‚ le loro amare conseguenze, anzich‚ con-durre una vita pulita in disparte dal mondo, con le manilavate, e formarsi un bel giardino di pensieri pieno d'ar-monia e camminare senza peccato fra le aiuole ben pro-tette Era forse pi— difficile, pi— valoroso e pi— nobile cam-minare con le scarpe logore per i boschi e per le strademaeStre, soffrire il sole e la pioggia, la fame e la miseria,giocare coi piaceri dei sensi e pagarli con le sofferenze.In ogni caso Boccadoro gli aveva mostrato che un uomodestinato all'alto pu• scendere molto gi— nel groviglio eb-bro e sanguinoso della vita e insozzarsi di molta polveree di sangue, senza tuttavia diventare meschino e volgaresenza uccidere in s‚ il divino; gli aveva mostrato che po-teva errare per profondi ottenebramenti, senza che nel sa-crario della sua anima si spegnessero la luce divina e laforza creatrice. Narciso aveva guardato in fondo alla vitadisordmata del suo amico, e n‚ il suo affetto n‚ la suastima per lui erano diminuiti. Oh no, e da quando avevavisto uscire dalle mani macchiate di Boccadoro quelle figu-re meravigliosamente vive nella loro placidit…, trasfiguratedalla forma e dall'ordine interiori, quei volti profondi illu-

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minati dall'anima, quelle piante e quei fiori innocenti, quel-le mani supplici o benedette, tutti quegli atteggiamenti ar-ditl o soavl, fieri o sacrl, da allora egli sapeva che in quelcuore incostante di artista e di seduttore c'era una pie-nezza di luce e di grazia divina.

A lui era stato facile, nei loro colloqui, apparire supe-riore all'amico, contrapporre alla sua passione la propriadisciplina e l'ordine dei propri pensieri. Ma ogni piccoloatteggiamento d'una figura di Boccadoro, ogni occhio, ognibocca, ogni tralcio e ogni piega di veste non era pi— reale,plU viva e pi— insostituibile di tutto quello che potevadare un pensatore? Questo artista, dal cuore pieno di con-trasti e di miserie, non aveva creato per un numero infi-mto di uomini, presenti e futuri, dei simboli della loromlserla e della loro aspirazione, delle figure, a cui pote-vano rivolgersi la devozione e la veneraZione, l'angosciae la nostalgia d'infinite creature, e trovare in esse con-forto, appogglo e incoraggiamento?

Narciso ricordava, sorridendo con malinconia, tutte lescene Ill CUI, dalla prima giovinezza in poi, aveva guidatoe ammaestrato l'amico. Questi aveva accettato con grati-tudme, rlconoscendo sempre la sua superiorit… e la suagulda. E pOI m silenzio aveva presentato le opere createdalla tempesta e dalla sofferenza della sua vita sferzata:non parole, non teorie, non spiegazioni, non ammonimenti,ma vlta vera ed elevata. Com'era povero egli stesso, l'aba-te, in confronto, col suo sapere, con la sua disciplina clau-strale, con la sua dialettica!

Queste erano le questioni, intorno a cui s'aggiravano isuoi pensieri. Come tanti anni prima egli aveva influitosulla giovineza di Boccadoro, scuotendola e ammonen-dola, ed aveva posto la vita di lui su di un nuovo piano,cos• l'amico dopo il suo ritorno gli aveva dato da fare,lo aveva scosso e costretto ad esaminare se stesso e a du-bitare. Era suo pari; nulla gli aveva dato Narciso, ch'eglinon gli avesse reso e moltiplicato.

L'amico lontano gli lasci• tempo per le sue medita2ioni.Le settimane passavano, il castagno era fiorlto da un pezzo,le foglie dei faggi, d'un verde tenero e lattlgmoso, eranodiventate scure e dure, le cicogne avevano covato da unpezzo sulla torre del portone ed eran loro nati i piccoli, acui avevano insegnato a volare. Quanto pi— Boccadororimaneva assente, tanto pi— Narciso sentiva quello chel'amico era stato per lui. Nel convento l'abate aveva al-cuni padri scienziati, un conoscitore di Platone, un eccel-lente grammatico, uno o due sottili teologi. Aveva fra imonaci alcune anime fedeli e rette, che facevano sul serlo.Ma non aveva nessuno come lui, nessuno con cui si po-tesse veramente misurare. Questo bene insostituibile glie-l'aveva dato solo Boccadoro. Esserne di nuovo prlvato ghriusciva penoso. Pensava all'assente con nostalgia.

Spesso andava nell'officina, incoraggiava l'assistente Eric,che continuava a lavorare all'altare e aspettava ansiosa-mente il ritorno del suo maestro. Talvolta l'abate aprlvala camera di Boccadoro, dove c'era la statua di Maria,sollevava cautamente il panno che la copriva e s'indugiavaa contemplarla. Nulla sapeva della sua origine: Bocca-doro non gli aveva mai raccontato la storia di Lidia. Ma

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egli sentiva tutto, capiva che quella figura di fanciullaaveva vissuto a lungo nel cuore del suo amico. Forse eglil'aveva sedotta, forse ingannata e abbandonata. Ma l'avevaportata con s‚ e custodita nella sua anima, pi— fedele cheil migliore dei mariti finch‚, forse dopo molti anni da chenon l'aveva pi— veduta, aveva scolpito quella bella e com-movente figura di fanciulla, racchiudendo nel suo V150,nel suo atteggiamento, nelle sue mani. tutta la tenereZ2a,l'ammirazione e la nostalgia di un amante. Anche nellestatue della tribuna per la lettura, nel refettorio, egli leg-geva diversi episodi della storia del suo amico. Era lastoria di un vagabondo e di un uomo d'istinto, di unsenza patria e senza fede, ma ci• ch'era rimasto l• eratutto buono e fedele, era pieno di amore vivo. Come eramisteriosa quella vita, come scorrevano torbide e travol-~ARCISO E BOCCADORO

genti le sue correnti, e com'erano nobili e limpidi i ri-sultati!

Narciso lottava. Si dominava, non veniva meno ai com-piti della sua carriera, non trascurava nulla del suo ser-vizio rigoroso. Ma soffriva della perdita e soffriva di con-statare quanto il suo cuore, che pur avrebbe dovuto ap-partenere soltanto a Dio e al suo ufficio, fosse affezio-nato a quell'amico.

CAPITOLO XX

L'estate passava: papaveri e fiordalisi, nigelle ed asteriavvizzivano e scomparivano, le rane diventavano silen-ziose nella peschiera, le cicogne volavano alte e si prepa-ravano alla partenza. Allora ritorn• Boccadoro!

Arriv• un pomeriggio sotto una pioggia fine, e non en-tr• nel convento, and• direttamente dalla porta alla suaofficina. Era a piedi, senza cavallo.

Eric si spavent•, quando lo vide entrare. Lo riconobbebens• alla prima occhiata e il suo cuore esult• incontroa lui, ma gli parve che colui che era tornato fosse tut-t'altro uomo: un falso Boccadoro, di molti anni pi— vec-chio, con un volto semispento, grigio e terreo, con linea-menti cascanti, malati e sofferenti, in cui per• non stavascritto un dolore, ma piuttosto un sorriso, un sorriso bo-nario, paziente, vecchio. Camminava a stento, si trasci-nava, sembrava malato e molto stanco.

Questo Boccadoro strano e mutato, guard• il suo gio-vane aiutante negli occhi, con un'espressione singolare. Nonfece gran caso del proprio ritorno, pareva che venissedalla camera attigua e fosse stato l• poco prima. Diedela mano senza dir nulla: non un saluto, non una do-manda, non un racconto. Disse solo: --Devo dormire--.Pareva terribilmente stanco. Mand• via Eric ed entr• incamera sua, accanto all'officina. Qui si tolse il berrettoe lo lasci• cadere, si tolse le scarpe e s'avvicin• al letto.In fondo alla stanza vide la sua Madonna sotto i panni;le fece un cenno, ma non and• a scoprirla e a salutarla.Invece si trascino fino alla finestrina, vide fuori Eric cheattendeva costernato e gli grid•: -- Eric, non c'Š biso-gno che tu dica a nessuno che sono arrivato. Sono moltostanCo C'Š tempo fino a domani.

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Poi si coric• vestito sul letto. Dopo un poco, non aven-do ancora trovato il sonno, s'alz•, s'avvicin• pesantementealla parete, dov'era appeso un piccolo specchio, e vi siguard•. Osserv• attentamente quel Boccadoro che lo guar-dava: un Boccadoro stanco, un uomo invecchiato e av-vizzito, con la barba molto incanutita. Un uomo vecchioe alquanto trascurato lo guardava dal piccolo specchiotorbido, un volto ben noto, ma divenuto estraneo; parevache non fosse veramente presente, che quasi nulla ormaigl'importasse. Gli ricordava questo o quel volto conosciutoin passato, un po' maestro Nicola, un po' il vecchio ca-valiere che un giorno gli aveva fatto confezionare un ve-stito da paggio, un po' anche il san Giacomo ch'era inchiesa, il vecchio san Giacomo con la barba, che apparivacos• antico e grigio sotto il suo cappello da pellegrino,ma pur sereno e buono.

Nel volto che lo specchio gli presentava leggeva atten-tamente, come se gli fosse premuto di sapere qualcosa diquello straniero. Gli fece un cenno e lo riconobbe: s•, eraproprio lui, corrispondeva al sentimento ch'egli aveva dise stesso. Dal viaggio era tornato un vecchio molto stancoe diventato un poco ottuso, un uomo sparuto, che nonfaceva certo bella figura, e tuttavia non gli era puntoantipatico, anzi gli piaceva: aveva nel volto qualcosa cheil bel Boccadoro di un tempo non aveva avuto, in tuttaquella stanchezza e decadenza c'era un tratto di conten-tezza, oppure di equilibrio interiore. Rise un poco fra s‚e vide ridere anche l'immagine dello specchio: un beltipo aveva riportato a casa dal viaggio! Ben Icgorato eabbronzato ritornava dalla sua breve cavalcata, e non soloci aveva lasciato il suo cavallo, la sua borsa da viaggioe i suoi talleri, qualcos'altro gli era andato perduto el'aveva abbandonato: la giovinezza, la salute, la fiduciain se stesso, il rosso sulle guance e la forza nello sguardo.Tuttavia quell'immagine. gli piaceva: quel povero diavolovecchio e debole l• nello specchio gli era pi— caro del Boc-cadoro ch'egli era stato per tanto tempo. Era pi— vecchio,pi— debole, pi— miserando, ma era pi— innocente, pi— con-tento, pi— trattabile. Rise e abbass• una delle palpebredivenute rugose. Poi si rimise sul letto e finalmente s'ad-dorment•.

Il giorno dopo era seduto in camera sua, chino sopra latavola, e tentava di disegnare un poco, quando venne atrovarlo Narciso. Si ferm• sulla porta, dicendo: -- Mihanno riferito che sei tornato. Dio sia ringraziato, sonotanto contento. Poich‚ non sei venuto a cercarmi, vengoio da te. Ti disturbo nel tuo lavoro?

S'avvicin•. Boccadoro si sollev• dal suo foglio e glistese la mano. Quantunque Eric l'avesse preparato, la vistadell'amico spavent• l'abate sino in fondo al cuore. L'altrogli sorrise affettuosamente.

--S•, sono di nuovo qui. Ti saluto, Narciso, non civediamo da un pezzo Perdonami di non essere ancoravenuto a trovarti.

Narciso lo guard• negli occhi. Anch'egli vide non solol'aspetto miseramente avviz2ito e spento di quel volto, maanche quell'altra espressione strana e simpatica di equi-librio, d'indifferenza persino, di rassegnazione e di senile

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bonariet…. Esperto nella lettura dei visi umani, vide ancheche quel Boccadoro cos• straniato e mutato non era deltutto presente, che la sua anima si era allontanata di moltodalla realt… e camminava sulle vie del sogno, oppure sitrovava gi… alla porta che conduce nell'aldil….

-- Sei malato? -- domand• cauto.

--S•, sono anche malato. Mi ammalai gi… all'inizio delmio viaggio, gi… nei primi giorni. Ma tu capisci che nonvolevo tornare indietro subito. Avreste riso di me, se miaveste veduto ricomparire cos• presto e togliermi gi… imiei stivali di cavaliere. No, questo non mi piaceva. An-dai avanti, girai ancora un pochino: mi vergognavo cheil viaggio mi fosse riuscito male. Ero stato uno spaccone.Insomma, mi vergognavo. Ebbene, tu capisci, vero? sei unuomo cos• intelligente! Scusa, hai domandato qualche cosa?Mi par d'essere stregato, dimentico continuamente quellodi cui si sta parlando. Ma a proposito di mia madre,facesti bene allora. Fu una gran sofferenza, ma...

Il mormorio si spense in un sorriso.

--Ti faremo guarire, Boccadoro, non ti lasceremo man-car nulla. Ma perch‚ non ritornare subito, quando comin-ciasti a star male? Davanti a noi non Š proprio il casoche tu ti vergogni. Avresti dovuto ritornare subito.

Boccadoro rise.

-- S•, adesso mi ricordo. Non mi sentivo di ritornarecos• senz'altro. Sarebbe stata una vergogna. Ma ora sonovenuto. Ora sto di nuovo bene.

-- Hai avuto molte sofferenze?

-- Sofferenze? S•, abbastanza. Ma vedi, le sofferenzesono una bellissima cosa, mi hanno ricondotto alla ra-gione. Ora non mi vergogno pi—, nemmeno di fronte a te.Allora, quando mi venisti a trovare nella prigione per sal-varmi la vita, allora s• dovetti stringere i denti, perch‚ml vergognavo davanti a te. Ora Š tutto passato.

Narciso pose una mano sul braccio di lui: subito eglitacque e chiuse gli occhi sorridendo. S'addorment• placi-damente. L'abate usc• costernato e corse a chiamare il me-dico del convento, padre Antonio, perch‚ visitasse il ma-lato. Quando ritornarono, Boccadoro dormiva seduto allasua tavola da disegno. Lo portarono a letto, e il medicorimase presso di lui. Lo trov• malato senza speranza. Lotrasportarono in una delle camere destinate agli amma-lati, e gli assegnarono Eric come infermiere fisso.

Tutta la storia del suo ultimo viaggio non venne maiin luce. Egli raccont• qualche particolare, qualche altrosi pot‚ indovinare. Spesso giaceva insensibile, talvolta ave-va la febbre e delirava, tal altra era cosciente e alloraveniva subito chiamato Narciso, al quale quegli ultimicolloqui con Boccadoro stavano molto a cuore.

Alcuni frammenti dei racconti e delle confessioni diBoccadoro furono tramandati da Narciso, altri da Eric.

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-- Quando cominciarono le sofferenze? Ancora in prin-cipio del mio viaggio. Cavalcavo nella foresta e precipitaicol cavallo in un torrente; rimasi tutta la notte nell'acquafredda. L… dentro, dove mi ruppi le costole, l… comincia-rono i miei dolori. Allora non ero ancora molto lontanodi qui, ma non volevo tornare indietro: era puerile, lo so.ma pensavo che la cosa dovesse parer comica. Continuaidunque a cavalcare, e quando non potei pi—, perch‚ mifaceva troppo male, vendetti il cavallino; poi giacqui alungo in un ospedale. Ora rimango qui, Narciso, ho finitodi cavalcare. Ho finito di girare il mondo. Ho finito diballare e di amar le donne. Ah, se non fosse cos•, sareistato via ancora un pezzo, ancora anni ed anni, Ma quan-do m'avvidi che fuori, nel mondo, non c'era pi— gioiaper me, pensai: prima di morire voglio disegnare ancoraun poco e fare un paio di statue; qualche piacere si vuolpure averlo.

Narciso gli disse: -- Sono cos• contento che tu siaritornato! Mi sei mancato tanto, ho pensato a te ognigiorno e spesso avevo paura che tu non volessi ritor-nare pi—.

Boccadoro scosse la testa: -- Via, la perdita non sa-rebbe stata grande.

Narciso, a cui bruciava il cuore di dolore e di affetto,si chin• lentamente verso di lui e fece quello che in tantianni della loro amicizia non aveva mai fatto, sfior• conle sue labbra i capelli e la fronte di Boccadoro. Questis'accorse di ci• che accadeva, prima con stupore, poi con

commozlone.

-- Boccadoro, -- gli sussurr• l'amico all'orecchio, --perdonami di non avertelo saputo dire prima. Avrei do-vuto dirtelo allora, quando venni a cercarti nella tua pri-gione, nella residenza del vescovo, o quando vidi le tueprime figure, o qualche altra volta. Lascia che te lo dicaoggi quanto ti voglio bene, quanto tu sei stato sempreper me, come hai arricchito la mia vita. Per te non avr…molta importanza. Tu sei abituato all'amore, esso non Šnulla di strano per te, sei stato amato e viziato da tantedonne. Per me Š un'altra cosa. La mia vita Š stata poverad'amore, mi Š mancato il meglio. Il nostro abate Danielemi diceva un giorno ch'io gli sembravo orgoglioso: forseaveva ragione. Io non sono ingiusto verso gli uomini, misforzo di essere giusto e paziente con loro, ma non li homai amati. Di due eruditi che ci siano nel convento, il pi—erudito mi Š pi— caro; a un debole scienziato non ho maipOtuto voler bene, passando sopra alla sua debolezza. Setuttavia so che cos'Š l'amore, Š per merito tuo. Te hopOtuto amare, te solo fra gli uomini. Tu non puoi misu-rare ci• che significhi. Significa la sorgente in un deserto,l'albero fiorito in un terreno selvaggio. A te solo debboche il mio cuore non sia inaridito, che sia rimasto in meun punto accessibile alla grazia.

Boccadoro sorrise lieto e un po' imbarazzato. Con lavoce calma e sommessa che aveva nelle ore di lucidit…,disse: -- Quando mi avevi liberato dalla forca e ritor-naVamO al convento, io ti chiesi notizie del mio cavalloBless e tll m,- l ,1P~j Allora vidi che tu, che di solito

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non distingui quasi nemmeno un cavallo dall'altro, ti eriinteressato del cavallino Bless. Compresi che l'avevi fattoper me e ne fui molto lieto. Ora vedo ch'era proprio cos•e cne mi vuoi bene davvero. Anch'io ti ho sempre volutobene, Narciso: la met… della mia vita Š stata uno sforzocontinuo per guadagnarsi l'animo tuo. Sapevo che anchetu avevi dell'affetto per me, ma non avrei mai sperato cheme lo dicessi un giorno, uomo superbo! Ora me l'haidetto, in questo momento in cui non ho pi— nient'altro,in cui la vita errabonda e la libert…, il mondo e le donnemi hanno lasciato in asso. L'accetto, te ne ringrazio.

La Lidia-Madonna era nella camera e guardava.

--Pensi sempre a morire? -- domand• Narciso.

-- S•, ci penso, e penso a quello ch'Š diventata la miavita. Quand'ero giovinetto e ancora tuo scolaro, avevo ildesiderio di diventare una persona spirituale come te. Tumi hai mostrato che non era la mia vocazione. Allorami sono gettato dall'altra parte della vita, quella dei sensi,e le donne mi hanno aiutato a trovar l• il mio piacere:sono cos• volonterose e avide! Ma non vorrei parlar diloro con disprezzo e neppure del piacere sensuale; sonostato spesso molto felice. E ho avuto anche la fortuna disperimentare come la sensualit… possa venir animata. Diqui nasce l'arte. Ma ora le due fiamme sono spente. Nonho pi— la felicit… bruta della volutt…... e non l'avrei nem-meno se le donne mi corressero dietro ancora. E anchecreare opere d'arte non Š pi— il mio desiderio; di statuene ho fatte abbastanza, non Š il numero che conta. Perci•Š ora per me di morire. Sono pronto e curioso della morte.

-- Perch‚ curioso? -- domand• Narciso.

-- Mah, Š forse un po' sciocco da parte mia. Eppuresono davvero curioso. Non dell'aldil…, Narciso, di que-sto mi do poco pensiero e, se mi Š lecito dirlo apertamente.non ci credo pi—. Non c'Š un aldil…. L'albero disseccatoŠ morto per sempre, l'uccello assiderato non torna pi—in vita e cos• pure l'uomo quando Š morto. Si pu• pensarea lui per qualche tempo, dopo che se n'Š andato, ma an-che questo non dura a lungo. No, sono curioso della mor-te, perch‚ la mia fede o il mio sogno Š sempre di esserein cammino verso mia madre. Spero che la morte sia unagrande felicit…, una felicit… grande come quella del primOappagamento dell'amore. Non posso staccarmi dal pen-siero che, invece della morte armata di falce, sar… miamadre a riprendermi con s‚ e a ricondurmi nel nulla enell'innocenza.

In una delle sue ultime visite, dopo parecchi giorni cheBoccadoro non parlava pi—, Narciso lo trov• di nuovosveglio e loquace.

-- Padre Antonio pensa che tu devi avere spesso grandisofferenze. Come fai, Boccadoro, a sopportarle con tantatranquillit…? Mi sembra che ora tu abbia trovato la pace.

-- Intendi la pace con Dio? No, questa non l'ho tro-vata. Non voglio far pace con lui. Egli ha creato maleil mondo, non c'Š bisogno che noi lo esaltiamo, e anche alui importer… poco che io lo esalti o no. Ha creato male

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il mondo. Ma con le sofferenze nel mio petto ho fatto lapace, questo Š vero. Prima non sapevo sopportar bene idolori, e, quantunque talvolta fossi del parere che la mortemi sarebbe stata lieve, era un errore. Quando dovevo mo-rire sul serio, quella notte nella prigione del conte Enrico,ne ebbi la rivelazione: non potevo assolutamente morire,ero ancora troppo forte e troppo indomito, avrebbero do-vuto ammaz2are due volte ogni membro del mio corpo.Ma ora Š un'altra cosa.

Parlare lo stancava, la sua voce s'affievoliva. Narcisolo preg• di aversi riguardo.

-- No, --insist‚,--voglio raccontarlo. Prima mi sareivergognato a dirtelo. Dovrai ridere. Quel giorno che saliisul mio cavallo e partii di qui, non fu proprio senza unoscopo. Avevo sentito dire che il conte Enrico era ancoranel paese e con lui la sua amante, Agnese. Ebbene, que-sto non ti sembra importante, e neppure a me oggi sem-bra importante. Ma allora la notizia mi bruci• sul vivo,non pensai pi— che ad Agnese; era la pi— bella donna cheavessi conosciuta e amata, volevo rivederla, volevo esserefelice ancora una volta con lei. Dopo una settimana dicavalcate la trovai. L…, in quell'ora, avvenne la mia tra-sformazione Trovai dunque Agnese: non era meno bellad'un tempo ed ebbi anche occasione di mostrarmi a lei edi parlarle. E pensa, Narciso; non voleva pi— saperne dime! Ero diventato troppo vecchio per lei, non ero pi—abbastanz bello e gaio, non si riprometteva pi— nulla dame. Con ci• il mio viaggio era propriamente finito. Con-tinuai a cavalcare; non volevo ritornare da voi cos• de-luso e ridicolo, e, mentre cavalcavo cos•, la forza, la gio-vinezza, il senno mi avevano gi… abbandonato, poich‚ pre-cipitai col mio cavallo in una gola e in un torrente, miruppi le costole e rimasi nell'acqua. Allora per la primavolta conobbi le vere sofferenze. Cadendo sentii subito spez-zarsi qualcosa dentro il mio petto e quello spezzarsi mifece piacere, lo sentii volentieri, ne fui contento. Rimasinell'acqua e compresi che dovevo morire, ma tutto eradiverso da allora quand'ero nella prigione. Non avevo nullain contrario, la morte non mi pareva pi— un male. Sentiiquei dolori violenti, che da allora ho riavuti spesso, edebbi un sogno o una visione, come vuoi chiamarla. Ero l…disteso e il petto mi bruciava dolorosamente ed io volevodifendermi e gridare, ma a un tratto udii una voce cherideva, una voce che non avevo pi— udita dalla mia in-fanzia. Era la voce di mia madre, una voce femminileprofonda, piena di volutt… e d'amore. E allora vidi ch'eralei, che mia madre era presso di me e mi aveva sul suogrembo e mi apriva il petto e affondava le sue dita frale mie costole, per liberarne il cuore. Quando vidi e com-presi questo, non sentii pi— male. Anche ora, quando idolori mi ritornano, non sono dolori, non sono nemici;sono le dita della madre, che mi prendono fuori il cuore.Ella Š zelante nell'opera sua. Talvolta preme e geme, co-me in volutt…. Talvolta ride e mormora suoni teneri. Tal-volta non Š accanto a me, ma su in cielo: io vedo fra lenubi il suo volto, grande come una nube, l… essa vaga esorride con tristezza, e il suo triste sorriso mi sugge ilcuore dal petto.

Tornava sempre a parlare di lei, della madre.

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--Ricordi ancora? -- domand• uno degli ultimi gior-ni.--Una volta avevo dimenticato mia madre, ma tu larievocasti. Anche allora mi fece molto male, come se faucidi belve mi divorassero le viscere Allora eravamo ancoragiovinetti, eravamo dei bei ragazzi. Ma gi… allora la ma-dre mi aveva chiamato e io dovetti seguirla. Ella Š dap-pertutto. Era la zingara Lisa, era la bella Madonna dimaestro Nicola, era la vita, l'amore, la volutt…, era an-che l'angoscia, la fame, l'istinto. Ora Š la morte, ha le suedita nel mio petto.

--Non parlar troppo, caro,--preg• Narciso,--aspet-ta fino a domani.

Boccadoro lo guard• negli occhi col suo sorriso, conquel sorriso nuovo che aveva riportato dal suo viaggio,che appariva cos• vecchio e malato e a volte sembrava unpo' ebete, a volte era tutto luce di bont… e di saggeZZa.

--Mio caro, -- bisbigli•, -- non posso aspettare finoa domani. Debbo prender congedo da te e come congedodebbo dirti ancora tutto. Ascoltami un momento ancora.Volevo raccontarti della madre, che mi tiene le dita stret-te intorno al cuore. Da molti anni, creare una figura dellamadre Š stato il mio sogno pi— caro e pi— misterioso, eraper me la pi— santa di tutte le immagini, me la portaisempre in cuore, una figura piena d'amore e piena di mi-stero. Ancora poco tempo fa mi sarebbe stato insopporta-bile il pensiero di dover morire senza aver realizzato que-sto mio sogno, tutta la mia vita mi sarebbe apparsa inu-tile. Ed ora guarda che strano destino: invece d'esser lemie mani a formarla e plasmarla, Š lei a formare ed aplasmare me. Ha le sue mani intorno al mio cuore e lostacca dal mio corpo e mi svuota; mi ha allettato a mo-rire, e con me muore anche il mio sogno, la bella figura,l'immagine della grande Eva-Madre. La vedo ancora e,se avessi forza nelle mani, potrei darle forma. Ma essanon vuole, non vuole che io renda visibile il suo mistero.Preferisce che io muoia. Muoio volentieri: essa mi rendefacile il trapasso.

Narciso ascoltava costernato quelle parole e dovette chi-narsi fin sul volto dell'amico per poter afferrarle ancora.Alcune gli giunsero indistinte, altre chiare, ma il loro si-gnificato gli rimase nascosto.

Poi il malato spalanc• gli occhi ancora una volta e fiss•a lungo il viso dell'amico. Con gli occhi prese congedo dalui. E con un movimento, quasi tentasse di scuotere latesta, sussurr•: --Ma come vuoi morire un giorno, Nar-ciso, se non hai una madre? Senza madre non si pu• ama-re Senza madre non si pu• morire.

Ci• che mormor• ancora in seguito non fu pi— com-prensibile Le due ultime giornate Narciso rimase sedutoal suo letto giorno e notte, e lo guard• spegnersi. Le ul-time parole di Boccadoro gli bruciavano nel cuore comefuoco.