21
Historia Ordinis Ordine dei cavalieri consacrati a Simeht

Historia Ordinis - Altervistatre gemelle Lune, Uri, Neft e Luri. Simeht osservò sdegnato lo scempio di Themis cantando malinconici e provati versi e furono maremoti e terremoti il

  • Upload
    others

  • View
    14

  • Download
    1

Embed Size (px)

Citation preview

  • Historia OrdinisOrdine dei cavalieri consacrati a Simeht

  • Anno XVIII dalla fondazione

    In Honorem Simehtis. Con questo saluto evochiamo lo sguardo dell’Unico, la sua guida accenda in noi la forza del rogo e la dura asprezza del filo delle Lame. Alta e’ la gloria dell’Unico, latore di Verità, foriero di disgrazia per l’avversa nemesi. Nel nome del Dio la Cavalleria Consacrata calca sotto il peso dell’arme il Creato a ricacciare l’immonda piaga della Menzognera. Il tempo che scorre si piega su se stesso a formare pagine di vissuto. Pagine intessute di vittorie e disfatte mortali, da cui trarre insegnamento. Colui che apprende dall’errore del passato costruira’ il suo potere in un futuro sicuro. Io, Cavaliere Shizue Salent Logoteta appartenente all’Ordi-ne dei Cavalieri Consacrati a Simeht, per ordine diretto del Basileus Elefhteros Entreti, Signore dei Consacrati e fonte imperitura della memoria, e con l’ausilio accorto e la perizia del Cavaliere Evy Crane traccio su queste pagine cio’ che fu il passato dell’Ordine benemerito. Che il ricordo di chi ci ha preceduto sia monito e guida per chi si im-mola alla Sacra Missione. Che la grandezza e le gesta di chi e’ stato no-stra radice possano essere d’ispirazione nel cammino di Fede e Morte.

  • La genesi

    Il Caos vorticava, indiscusso ed immortale nella sua perfezione. Ogni cosa era dissol-ta in esso, particella senza fine e senza errore nell’infinita ed immutabile esistenza di Si-meht, suo Signore.Nulla era materia, nulla era imperfetto, fino a quando la volonta’ viziata e oltraggiosa della Menzognera impose il suo capriccio generan-do il creato.Una ferita nel Caos, che venne dissacrato in grottesca forma a piacimento di colei che de-siderava imporre dominio totale.Questa e’ la narrazione di come il mondo e le genti vennero strappate dal loro vero essere. Di come il Tutto si spacco’ in mille pezzi, mille pezzi che ancora oggi ricercano la loro univer-salita’ perduta, il loro vero io che al principio fu. La Perfezione che solo l’Unico proteggeva e contemplava.

    Capitolo 1

    In Principio era la terra di Extremelot, il caos primordiale, e tutte le creature ancestrali. L`Io chiamato Simeht ivi viveva e nella sua infinita saggezza dominava il caos e custodiva i segreti delle Tenebre. Giunse l`Io chiamato Themis, che non ne seppe comprendere la maestosità del C¬¬aos e si perse nelle Tenebre, intimori-ta da cotanta magnificenza ella creò la luce per scacciare la tenebra, stremata si accasciò sulla terra e dal suo sudore si generarono i mari che inondarono le terre, cadde generando i monti e le vallate. Per suo diletto spezzò l`armonia del Caos, creando i due soli gemelli Sol e Pos e le tre gemelle Lune, Uri, Neft e Luri. Simeht osservò sdegnato lo scempio di Themis cantando malinconici e provati versi e furono maremoti e terremoti il segno del suo dolore, ma il saggio e giusto tentò di placarla, portò la mano sui celesti occhi e fu il buio; la rincorse e sui due Soli e sulle tre Lune nacque in ognuno una coscienza. I suoi sforzi furono vani e Si-meht tentò la riconciliazione, plasmando per lei dalla primordiale materia magica due cre-ature alate. Apophis il malvagio e Harsgalt il buono che uniti erano l`equilibrio, e li chiamò Draghi. Ed ecco che alcuni detriti di materia magica caddero sulla terra e da essi nacque un essere in cui la magia albergava innata. Diffi-dente e dubbiosa Themis scacciò l`ormai pro-vato Simeht dai cieli, confinandolo sulle terre che ella stessa aveva martoriato. Stanco e sof-ferente egli si rifugiò in una grotta. Una notte il dolore si fece troppo forte da sopportare e Si-meht esplose in grida sofferenti rivolte al cielo e prese a percuotersi con dei rovi, Themis si destò e scese sulla terra infastidita dalle grida, quando vide Simeht decise di cercare di fer-marlo, frapponendosi fra lui ed i rovi, finendo

    per essere ferita a sua volta. Simeht le concesse di riposare accanto a lui quella notte. I due so-gnarono, e il sogno fu lo stesso per entrambi, ed era la visione dell`equilibrio di forze cosmi-che e dal sogno nacque la bellissima Veddhar-ta: la rilucente di grazia. Il mattino accarezzò il volto dei due e i due si destarono contem-poraneamente e dal loro primo respiro dopo la notte nacque Ygharù: la fulgida di splendore. Quella notte il sangue delle due divinità sog-giogate alla natura mortale aveva generato una creatura, Shierak, che venne affidato alle cure del padre, mentre la madre portò con sé le due figlie, che erano identiche l`una all`altra. Le fi-glie predilette dalla Madre vissero a lungo nei cieli al suo fianco. Quando Themis vide Shierak, suo figlio, dopo lungo tempo, reso splendido nel corpo e sag-gio nell`anima dagli insegnamenti di simeht, comprese il proprio errore e pianse, consolata dalle gemelle Veddharta e Ygharù, a cui proibì di scendere su Extremelot. Le sue lacrime die-dero origine ad empie creature simili alla Dea, che furono chiamate ANGELI; essi la conso-larono, con voci menzognere, accarezzando-ne l`orgoglio smisurato, ed ottennero da lei il dono del Tempo e della Luce. Placata la dispe-razione, ella fu presa dall`ira, e furono catacli-smi, poi, invidiosa di Simeht, lo sprofondò nel nucleo di Extremelot, dove fu imprigionato per l`eternità.

  • Capitolo 2

    Ora Themis si destò dall`ira e, avendo sod-disfatto la propria sete di vendetta, sorrise, e onde dimostrare ulteriormente il proprio po-tere, fece spuntare germogli e piante sulla su-perficie di Extremelot. Le piante diedero frutti e semi e di nuovo piante, e si moltiplicarono fino a ricoprire Extremelot, e cominciarono a sfruttare sia la luce dei soli, sia le tenebre, sia il riflesso della luce delle lune. Poi Themis, an-noiata, si trastullò con vallate e fiumi, dando origine a ogni sorta di vita, sulla terra, sotto i mari e nell`aria, tale era il suo delirio di on-nipotenza, e la vita cominciò a nutrirsi delle piante e a dare vita alle piante. Themis infine si stancò di tutto questo e disse che era per-fetto e lo lasciò in quel modo; fu così che nac-que la prima creatura al servizio di Themis, l`Esistenza. Ora Simhet, dal fondo della sua prigione, vedendo lo scempio che il continuo fiorire di nuove vite stava generando, meditò su come porre rimedio a tutto questo, e la vita cominciò ad appassire, e nacque la Vecchiaia; e l`Esistenza trovava il proprio compimento nella Vecchiaia ed esse cominciarono a com-battere ed alternarsi su ogni creatura di Extre-melot. Ora Themis, visto questo, non potendo tollerare che la sua opera fosse perfezionata da altri, sorrise alle sue creature e al suo opera-to, e fece sì che alcuni degli animali su Ex-tremelot prendessero coscienza, e fu l`essere UMANO, a cui impose di servire l`Esistenza, e furono maschio e femmina, per poter dare origine a una progenie. E Themis, per assicu-rarsi la loro fedeltà e legarli a se’, concesse loro il possesso dell`intero pianeta. E gli uomini crebbero e si moltiplicarono e popolarono la terra e costruirono città, e si riunirono in esse, e Themis passava di città in città e parlava con

    gli Umani, ed essi, credendo alle sue menzo-gne ed essendo incapaci di vedere la sua vera essenza, credevano di essere felici, nel vedere il suo volto e gli Angeli che la scortavano.

    Capitolo 3

    La giusta collera di Simhet crebbe, ed egli mandò la Vecchiaia ad ammonire l`Umano, come araldo della Morte, per ricordargli degli errori di Themis, a cui egli aveva dovuto por-re rimedio. Abbar, Sacerdote della Dea The-mis, allora chiese a nome del popolo alla Ma-dre: - Nasciamo dunque per morire, Madre crudele?! - Themis allora si adirò e decise di non mostrare mai più il suo volto a chi l`aveva smascherata. E il popolo umano si rese conto di essere stato ingannato e conobbe l`angoscia. Ecco che insorse contro Abbar, colpevole di aver squarciato il velo che li rendeva ciechi alla verità, e vi fu una cospirazione, ed il Sacerdo-te fu assassinato.- Avete alzato le mani su uno dei miei protetti- sentenziò la Dea, ancora in collera con gli umani e in cerca di un pretesto per punirli - sarete condannati per sempre a diffidare l`uno dell`altro! - e così nacquero il Sospetto e la Congiura e Simeht ne fu rattri-stato, ma trovò conforto nell`aver gettato il primo seme per liberare gli umani dalla tiran-nia di Themis. Fu così che ogni città ebbe un suo capo, e furono necessari negoziati di pace fra le città per non alimentare guerre, e gli Umani, si ritrovarono gli uni contro gli altri.

    Capitolo 4

    Ecco Themis vagava per le nove terre di Ex-tremelot, e nessuno la venerava e tutti gli Umani cominciarono a diffidare di lei. Ed ella, sdegnata con gli Umani, decise di dare origi-ne a una nuova Razza, che ricostruisse i suoi templi e le rendesse gli onori che pretendeva. In quel tempo su Lot, c`era un albero, era l`al-bero dai frutti più dolci che potessero esistere, era l`albero dai colori dell`arcobaleno, era l`al-bero dai fiori più belli, e dal profumo più ine-briante. Themis si ricordò dell`albero e, sem-pre più decisa a crearsi un seguito di adoratori, gli diede un nome, gli diede il movimento e gli diede una resistenza alla Vecchiaia maggiore di quella dell`Umano, poi vi soffiò la coscienza e l`abbracciò, e l`albero prese vita. Le sue forme ricordavano l`Umano, ma la sua natura com-pletamente diversa, fece brillare di una gioia perversa gli occhi della Dea. Maschio e fem-mina li fece e li chiamò ELFI, per ricordargli sempre i dolci frutti che davano, prima che lei ne alterasse la natura, e strappò all`Umano il possesso di Extremelot, conferendolo alle sue nuove creature.

  • Capitolo 5

    Ecco che Simeht guardò con rabbia gli Elfi, perche’ si lasciavano manipolare da Themis, e sussurrò all`orecchio dell`Umano, affinche’ guarisse la nuova creatura dalla cecità, come egli stesso aveva fatto con lui. In quel tempo fu Mot, la città più potente di Extremelot, una città ricca, forte, piena di arte, e cultura, dove ormai l`Umano si era scordato della sua Cre-atrice. Il suo Imperatore venne a conoscenza di una nuova razza totalmente sottomessa a Themis, che, onde assicurarsi la sua devo-zione, l`aveva relegata nella Grande Foresta, provvedendola personalmente di quanto ne-cessitava, al fine di impedirle di avere contatti con chi avrebbe potuto svelare il suo inganno. Colto da pietà verso la condizione degli Elfi, l`Imperatore inviò loro un`ambasciata, con il compito di svelare gli inganni di Themis, ma ella, instillando il veleno nelle orecchie dei suoi adoratori, li convinse di essere stata ca-lunniata e che gli umani erano mossi solo da brama di potere e le due razze si scontrarono ferocemente. Nonostante il numero sempre maggiore di Umani, gli Elfi resistettero all`as-sedio, la Dea era al loro fianco, usando i suoi poteri sovrannaturali a loro vantaggio, in un combattimento sleale. Un giorno Elrhon, fi-glio dell`Imperatore, al termine di uno scon-tro cruento si trovò solo sul campo di batta-glia. Osservò intorno a sé la distesa di corpi dilaniati dell’uno e dell’altro schieramento e pianse lasciando cadere a terra la spada in-sanguinata, e Themis, vedendo l`occasione di manipolare quella mente, approfittando del momento di debolezza e del dolore che la an-nebbiava, gli si avvicinò invisibile e gli parlò -Elrhon!-Elrhon preso dallo spavento con il viso rigato dalle lacrime, non reagì come un soldato, ma con timore rispose -Chi mi chia-

    ma?- Sono la Madre di tutto ciò che conosci, metti fine alle sofferenze dei miei figli!- Come posso io che sono nulla, far recedere il mio ge-nitore dal suo proposito?- Parlagli! Io sarò con te! - In quel momento egli sentì un gemito, proveniva da sotto alcuni corpi straziati di sol-dati Elfi. Si avvicinò e scostatili vide seppellita sotto un`armatura, una bellissima Elfa arciera di nome Elea, la sollevò dolcemente e fuggì con lei. Trovò rifugio lontano in una terra an-cora disabitata, curò l`Elfa, e costruì una casa, ormai aveva cancellato dalla mente la guerra e le melliflue parole di Themis. E i due si inna-morarono. E Themis fu colta dal disappunto, vedendo vanificato il proprio tentativo di usa-re l’Amore per poter manipolare meglio quelle menti ingenue. E così fece in modo che gli echi della guerra giungessero alle loro orecchie, e poi, piangendo false lacrime, li richiamò a se’. Ed Elea disse ad Elrhon -Dobbiamo obbedire alla Dea! - Si misero in viaggio e giunsero alle porte di Mot, subito le guardie riconobbero il figlio dell`Imperatore, e non si curarono dei tratti elfici di Elea. Il figlio fu condotto al co-spetto del padre, ed il padre in lacrime lo ab-bracciò. - Elrhon, ti credevo morto, dobbiamo banchettare in onore del tuo ritorno per te e la tua compagna- Padre, se la guerra non termi-nerà tutta Extremelot sarà distrutta! - Il padre annuì e promise a Elrhon di discuterne con lui l’indomani. Quella notte il giovane udì nel sonno la voce di Themis- Elrhon, prendi la tua compagna e scappa, tuo padre vuole versare il vostro sangue- Poiché Themis voleva mettere il padre contro il figlio. E l`Imperatore, indot-to da quella fuga improvvisa e inspiegabile a credere che il figlio intendesse ordire una con-giura ai suoi danni, mise una taglia sulla sua testa. Ma tutti i giovani della città lo ammi-

    ravano da eroe e le generazioni stavano cam-biando, e nessuno di loro aveva più memoria delle menzogne di Themis. Elrhon si rifugiò con Elea presso alcuni amici e tutti restarono colpiti dalla sua bellezza, resa fulgida e splen-dente dalle arti di Themis, e Elea parlò loro di Themis, e di come l`uomo la deluse, e loro le credettero. L`imperatore venne a saperlo e perseguitò gli amici di Elrhon, li scovò e li uccise. Quel giorno fu la strage dei figli, ma molti riuscirono a scappare, Elrhon li radunò fuori delle mura della città, e disse a tutti di voltarsi e di coprire il volto. Alzò le braccia verso il cielo, e Themis discese come tempe-sta e meteore ed i suoi Angeli con lei. Soli e Lune si oscurarono, e quando finì, nulla era più di Mot. Era in quel luogo Zzah figlio di Ero, egli era un portatore d`acqua; fu curioso e guardò il volto di Themis e disse -Madre, hai distrutto insieme alle opere dei malvagi anche quelle dei giusti che nulla potevano verso il tiranno!- Ma la sete di vendetta della Dea verso gli Umani non era ancora placata del tutto e Zzah rimase di pietra davanti alla Madre, tanto repentinamente che sul suo vol-to non fece in tempo ad apparire il dolore, ed egli rimase per sempre un versatore d`acqua, poiché dalla sua immagine ferma nella roccia ebbe vita un fiume immune da ogni siccità. Gli Umani rimasti vivi si radunarono ed eles-sero Elrhon Imperatore, ma Themis aveva per lui altri progetti, quindi egli non accettò, si fece chiamare Sacerdote e fu l`unico in gra-do di parlare con la Dea, per fare da tramite con gli Umani. E da allora ogni generazione ebbe un Sacerdote che facesse da tramite con la Dea, fino ad oggi essi si riunirono intorno al Sacerdote come Cavalieri, per difendere i Sacerdoti e i segreti che custodiscono e mol-te delle giovani più ingenue si riunirono nel Tempio per custodire e preservare il culto della Dea; ed altri iniziarono a percorrere le nove terre di Lot diffondendo la sua menzo-

    gna, ed essi vennero chiamati Chierici e la Dea alle volte concedeva loro il beneficio di utiliz-zare la propria energia per guarire il dolore al-trui, sia esso provocato dal ferro o dalla mente, per dare prova del proprio potere e accrescere le fila dei suoi adoratori, e tramite loro ella ri-chiamava in vita i figli donati alla Morte, per gettare discredito su Simeht. E la guerra finì ed Elrhon ed Elea si sposarono, e gli Umani e gli Elfi fecero un trattato solenne di fratellanza dove l`Umano fu servo della Terra e l`Elfo fu servo dell`Esistenza, ed entrambe le razze fu-rono serve di Themis; il trattato dura fino ad oggi, e Themis lo suggellò con il permesso di procreare fra loro. I figli di Elrhon ed Elea fu-rono i primi del popolo dei MEZZELFI. E a nessun’ altra razza venne concesso di generare razze ibride.

  • Capitolo 6

    Ma Simeht si indignò per la tracotanza di Themis, chiamò a sé Gobbasch un Umano al comando di un gruppo a lui devoto, gli parlò, lo unì a una lupa, e lo fece rinascere a sua im-magine e somiglianza, e così l`intero gruppo; trasmise loro il suo odio e il suo giusto risen-timento per Themis, per poter meglio com-battere la sua rivale, ma i GOBLIN così nati sfuggirono al suo controllo, e cominciarono a combattersi l`un l`altro, poiche’ Themis, indispettita, giacche’ pretendeva di essere l`unica a creare la vita e ad avere dei seguaci, li aveva privati del raziocinio e reso deboli le loro menti; fu così che i Goblin si divisero in piccoli gruppi e si sparpagliarono per l`intero continente, si rifugiarono in caverne o altre abitazioni naturali, perché non avevano le ca-pacità e conoscenze necessarie per costruire case, e vivevano di razzie nel mondo elfico e nel mondo umano. Si narra che Sol e Pos presa coscienza, scoprirono di essere affini, dunque Themis li corruppe, dando loro il potere della Luce, ed essi danzarono il loro trionfo con luci e colori; si narra che Simeht tentò di strapparli dal controllo di Themis, ma non riuscì nel suo intento, a tal punto ella li aveva plagiati. Essi presero tutti i metalli del pianeta e con il loro calore formarono una lega maxima, un pezzo lo raffreddarono come piano d`appoggio, un pezzo lo raffreddarono come utensile di la-voro, e furono la Fucina di Pos ed il Martello di Sol, con il terzo forgiarono un`immagine, ottennero da Themis il potere e soffiarono su essa, quand`essa ebbe preso coscienza, la po-sarono sul suolo di Extremelot e dissero: -Tu NANO, figlio nostro, vai per Extremelot im-para l`arte della pietra e dei metalli ed usala per annientare le creature abbiette di Simeht- La forte luce dei soli è fastidiosa per i figli di

    Simeht. Questa fu la vendetta di Themis verso Simeht, che aveva tentato di mettere Sol e Pos contro di lei. Fu così che i Nani cominciaro-no a scavare e modellare la terra e costruirono imponenti città all` interno delle Montagne e chiunque restava sbigottito dai loro capolavori di Architettura, e Re e Principi, Elfi ed Umani affidavano ai Nani la costruzione delle proprie rocche. Fu così che i Nani diventarono i mi-gliori fabbri di Extremelot, e le loro armi furo-no richieste da ogni parte del mondo, e furono usate per combattere i Goblin. Fu in quel pe-riodo che il Nano Fingheldarenthiloddemir-koas, soprannominato Finghas si appassionò sempre più ai segreti dei figli di Themis, il suo interesse era così profondo che null`altro ave-va interesse per lui, a poco a poco la sua stessa razza lo allontanò, ma egli non se ne accorse; passava il tempo a conversare con Sol e Pos, imparò i misteri della Vita dagli Elfi ed i miste-ri della Terra dagli Umani, e fece amicizia con Luri, Neft e Uri. La sua fama crebbe ed attirò studenti di tutte le razze da tutte le parti di Extremelot, tutti volevano apprendere la sua arte, la Magia. Ben presto Finghas si accorse che lui ed i suoi discepoli Nani, nonostante le loro conoscenze, avevano molta più difficoltà ad incanalare l`energia magica rispetto agli adepti Elfi o Umani, quindi, a causa della loro costituzione, gli incantesimi riuscivano più difficilmente; questo accrebbe l`invidia fra le razze ed il Nano cominciò, giorno dopo giorno ad implorare i Figli di Themis e la Dea stessa. Simeht, avendo fallito con Sol e Pos, e necessi-tando di alleati per combattere Themis, tentò di attirare a se’ le tre sorelle Lune; tra Luri e Uri, che erano opposte, una bianca e l`altra nera, nacque allora un conflitto, mentre Neft rimase in disparte e gli astri del cielo trema-

    rono. Niente eguagliò mai la furia nei cieli di quei tempi e l`energia sprigionata, l`intera Extremelot fu sommersa dalle acque e molti morirono; Themis allora intervenne. Themis interrogò le figlie e seppe che Nuri si vantava di poter ottenere il potere della Madre, Uri sosteneva che se avesse voluto avrebbe potuto avere il potere di Simeht, e Neft se ne lavava le mani dall`intervenire nella disputa. Themis si accorse anche delle preghiere di Finghas e si incurosi’, chiamò a sé il Nano, e gli chiese: - Quale pensi sia la punizione più adeguata? - Il Nano rispose: - Mia Signora e Madre, se ascolti il parere di questo umile tuo servo, cre-do che le Sorelle debbano per la vita servire i vostri figli mortali. Credo che ogni mortale che lo richieda debba essere scelto da una delle Lune e guidato ad incanalare la Magia. Credo inoltre che la Figlia Neft, debba per l`eternità rispondere dei litigi fra le sue sorelle e vegliare perché non accadano. -La Dea vide nel sugge-rimento un`occasione da non perdere e rispo-se: - Ammiro il coraggio di tale tua richiesta e poiché non hai chiesto nulla per te o per la tua razza, ma hai chiesto per tutti i miei figli mor-tali, sarà fatto ciò che hai detto, ma porrò degli ostacoli da superare a prezzo della vita morta-le, affinché nessuno possa chiedere con legge-rezza il dono della magia! - E fu da allora che ogni mortale che lo richieda deve passare una prova, e se sopravvive ad essa può chiedere il favore di una delle tre Lune per poter accedere a poteri magici più alti. E la Dea diede poteri innati di illusionismo al Nano, ai suoi disce-poli ed alla sua progenie, ed una costituzione più adeguata. Ed essi si chiamarono GNOMI.Fu così che Simeht, ancora non rassegnato, rubò la fucina e il martello di Sol e Pos, prese della lava e la modellò anch` essa a sua imma-gine e somiglianza, ma essa non si muoveva. Così si guardò intorno, e il suo sguardo fu atti-rato da alcuni piccolissimi figli dell`Esistenza:

    i Folletti. Essi, che come estensione dell`E-sistenza non erano intaccati dalla vecchiaia, consigliavano gli Elfi, seguendo le istruzioni date loro da Themis, la quale, per ricompen-sa, diede loro la facoltà di animare i cuccioli di ogni tipo di creatura e come questi, nacquero i KENDOT, nello stesso modo.Simeht, riconoscendo in essi degli esseri abiet-ti, allungò una mano e ne afferrò una man-ciata, il loro grido risuona ancora nella Valle dei Venti. Alcuni Nani presenti riuscirono a strappare dalla morsa di Simeht alcuni Ken-dot, che si aggrapparono alle loro lunghe barbe e, ingrati verso i loro salvatori, attratti dai ma-gnifici ornamenti che portavano, li sottrassero abilmente e fuggirono per i misteriosi sentieri di cui solo loro conoscevano l’esistenza, inse-guiti dai burberi Nani. E da allora Kendot e Nani sono legati da sentimenti contrastanti di affetto e diffidenza. E Simeht spremette l`or-ribile raccolto sulla sua creatura, per ricavare qualcosa di utile da quegli esseri indegni, ed essa prese vita e si moltiplico’, aveva denti aguzzi pelle verdognola e peli su tutto il corpo; gli ORCHI, così li chiamò, divennero un suo vanto, per quanto fosse consapevole di dover-si perfezionare nell`uso degli attrezzi dei due soli. Fu così che gli Orchi organizzarono e rac-colsero Goblin e membri di altre razze fedeli a Simeht e fecero guerra all`intero genere degli adoratori di Themis.

  • Capitolo 7

    E fu ancora odio sulla terra di Extremelot; le razze manipolate da Themis volevano di-struggere quelle create da Simeht. Nuova-mente Umani, Elfi, Nani, e Gnomi furono costretti a unirsi per volere di Themis, che in-tendeva annientare chi la contrastava. I Nani e gli Gnomi, abbandonando le montagne e le foreste, attaccarono i Goblin e gli Orchi. The-mis vedeva dai cieli vasti incendi distruggere le sue creature e indebolire la Terra. Prese del fango, lo modellò con l`aiuto degli Angeli ed in esso soffiò lo spirito dell`ottusità e della pavidità, HOBBIT li chiamò. E Themis affi-dò loro il compito di coltivare strenuamente distese di terreni, per sostentare le legioni in guerra; e i Nani forgiavano armi e i primi ma-ghi aiutavano i soldati. La guerra durò trenta mesi e le forze da ambo i lati erano ormai de-cimate; Goblin e Orchi attaccarono dunque le coltivazioni che sostentavano i seguaci di The-mis, ma Themis operò un incanto sulle nuove creature, che combatterono con la testardag-gine di chi non ha più il controllo della propria mente, e riuscirono a respingere gli assalitori. Il giorno dell`ultima battaglia il primo degli Angeli della Dea discese in nome della madre, per accendere la brama di sangue nelle razze a lei fedeli. Prese la spada dal fodero di Arle-sch il temerario, che era comandante Umano delle legioni di Themis, e cominciò a combat-tere al loro fianco, con tale ferocia che venne chiamato Nemesh, il vendicatore. La Dea era con loro, e li spronava a combattere, renden-doli invincibili grazie ai suoi incanti, e dunque combattendo slealmente, i seguaci di Themis sconfissero le forze nemiche.La Notte della vittoria tutti festeggiavano secondo la loro natura, ma tutti invocavano il nome della Dea ed essa ne fu insuperbita e

    mostrò ancora il suo viso alle sue creature. E la festa fu grande e durò 7 giorni e 7 notti. Quando i festeggiamenti terminarono, la Dea si trovò a passeggiare con Nemesh, e con parole melliflue, lo indusse a chiederle di es-sere trasformato in Umano. La Dea finse di esserne rattristata, piangendo false lacrime che caddero sui ranuncoli selvatici, ma disse che sapeva che Nemesh l`avrebbe servita me-glio tra le razze, come lui aveva necessità di vivere con loro. Impose dunque le mani sulla fronte di Nemesh e mentre le tre Lune osser-vavano, polvere argentea discese dall`Angelo ormai spoglio della sua immortalità che, ri-nato nella carnalità, vide con occhi Umani il mondo e la creazione e pianse. Dai ranuncoli intrisi della polvere angelica e delle lacrime menzognere, nacque per la prima volta una creatura particolare: possedeva ali come gli Angeli ma sembrava una farfalla e la Dea la volse lo sguardo su di lei, imponendole il nome di FATA. Essa viveva in solitudine e parlava con piante ed animali; era unica nel suo genere e la Dea decise di prendere luc-ciole dai cespugli e trasformarle in quello che la creatura era. Le Fate ebbero così un` aura rilucente attorno al corpo e si moltiplicaro-no Rivelandosi alle altre razze. E la Dea ba-ciò impresse il proprio marchio sulla fronte Nemesh e sulla sua fronte comparve il segno della falce di luna così che tutti sapessero che egli era stato il favorito della grande Madre; e dunque ella tornò dalle due gemelle.

    Capitolo 8

    Themis visse a lungo nei cieli e vedeva le fi-glie risplendere di celestiale fulgore, ma nel suo cuore fece ben presto strada il sospetto che la natura del loro padre le avrebbe richia-mate prima o poi. I lustri si susseguivano in pace e Simeht pareva essersi assopito al centro del mondo. Una notte Veddharta e Ygharù si destarono al suono di una voce che cantava le meraviglie del mondo e del Creato. Le ge-melle, colte da profondo desiderio di vedere, disubbidirono per la prima volta alla Madre e scesero sotto spoglie mortali nel Mondo. Co-nobbero le genti e le razze celate agli occhi di Themis. La madre stizzita si infuriò per la loro scomparsa, temendo che si fossero ricongiun-te al Padre. E scatenò piogge e tempeste, incu-rante del fatto che le figlie potessero essere sul-la terra. Mandò una legione di Angeli alla loro ricerca. Le due sorelle erano guidate dalla voce che avevano udita nei cieli, giunsero in una ca-verna oscura e vi trovarono un avvenente gio-vane, che destò la loro curiosità; e allora i loro animi, che a causa dell`oppressione della Ma-dre non avevamo mai conosciuto alcuna emo-zione, furono sopraffatti dal desiderio e dal-l`amore: prima una e poi l`altra giacquero con il giovane, risvegliando il loro spirito e il loro corpo. Simeht fece in modo che Shierak non apparisse in tutto il suo splendore, in modo che le due giovani non ne fossero intimidite, e lo incaricò di salvare le proprie sorelle dalla ti-rannia della Madre. Così fu. Le gemelle com-presero come Themis avesse per secoli sof-focato il loro spirito, tenendole prigioniere e incatenate al suo volere, e alzarono lo sguardo sui cieli a inveire contro la Madre. Il potere dei quattro riuscì a dissolvere l`incantesimo che assoggettava a Themis la Legione Angelica, ed essi si posero al loro servizio, ora che la loro

    natura era completamente libera, e gli Angeli così rinati furono chiamati DEMONI. Ecco che la Madre vide e conosciuto questo smacco venne travolta dalla rabbia: solo quattro lacri-me sgorgarono dagli empi occhi, e furono nere come la più terribile delle notti; quelle lacrime erano flagello e punizione per la terra, quelle lacrime divennero Quattro Cavalieri immor-tali e le popolazioni della terra li chiamarono con il nome della maledizione che recavano. Uniti erano distruzione e terrore; separati essi furono Carestia, Pestilenza, Guerra e Morte. I Cavalieri si scontrarono contro i Demoni e li annientarono, decimandone le schiere. Ma essi cercavano altro, cercavano le Sorelle, il Fratello e il Padre. Nulla avrebbe fermato l`A-pocalisse, nulla avrebbe taciuto l`ira della Dea fino a che le sue vittime designate non fossero state dinanzi al suo cospetto. Le razze, ormai al limite della sopravvivenza, implorarono la Madre ma la Madre non fingeva più di essere misericordiosa e rimase in silenzio, guardava le tre Lune e in esse vedeva i volti dei figli odia-ti. E proferì terribili maledizioni e si adirò e la terra fu prossima al collasso; quando, uno dei Demoni superstiti, spaventato da tutta quella distruzione e braccato dalla Morte rivelò il na-scondiglio dei Quattro. E le nere lacrime della Dea li trovarono nelle viscere della terra, nella dimora di Simeht. E i Cavalieri dell`Apocalis-se li trascinarono dinanzi alla Dea.

  • Capitolo 9

    Simeht venne condotto nuovamente nel cen-tro della terra ed i sigilli con cui fu rinchiuso furono la fusione di sei Angeli maggiori, ed altrettanti furono messi a guardia della porta della sua nuova prigionia e le loro ali divenne-ro nere, per l’infame ruolo che dovevano so-stenere. Ed egli, sconfitto e imprigionato, era furente di rabbia impotente, e dalla sua rabbia generò Magma, che smuove le interiora del mondo, attentando alla creature viventi. The-mis guardò Shierak e lo rese deforme e inca-pace di provare sentimenti e ritenendosi sod-disfatta di tale punizione, lo lasciò andare, ed egli trovò rifugio su delle impervie montagne. Infine gli occhi della madre si posarono sulle due figlie e essi erano di ghiaccio ed ella era spietata. Themis percosse crudelmente Ved-dharta e Carestia la infilzò con la sua spada, Veddharta cadde sulle ginocchia, vinta dalla sofferenza, e Morte le fece bere il suo sangue, ma lei non morì poiché era figlia di due esseri immortali e venne scacciata sulla terra; aveva assaggiato la Morte ma era sopravvissuta; la Dea la punì maledicendola con l`eterna sete e l`eterno pellegrinare. E Veddharta fu sola, e rifuggiva gli occhi delle razze perché la ma-ledizione che gravava su di lei le era penosa. La sua solitudine la spinse però a ricercare la compagnia di coloro di cui si nutriva ed ecco che uno dopo l`altro donò il bacio oscuro a cinque discepoli ed essi bevvero da lei, come lei aveva bevuto da loro ed essi provarono la Morte, ma senza morire e furono chiamati VAMPIRI. Non vivi, non morti, qualcosa di mai visto prima, rifiutati dal cielo ed eterna-mente erranti. I cinque iniziarono a vagare, rifuggendo il sole, che li indeboliva, poiche’ era visione dell’esecrata Dea, e iniziarono a vivere di notte e a nutrirsi degli Umani, poi-

    ché a loro erano simili, ma essi invecchiavano e morivano, a differenza dei figli di Veddharta. E Veddharta, stanca per le sofferenze patite, si assopì in un sonno profondo mentre i cinque elargirono il loro dono nelle terre di Extreme-lot, creando ognuno la propria discendenza secondo la loro originale natura. E i loro nomi erano quelli di ragni, poiché intrecciavano la loro tela in silenzio, signori del Tempo e degli animali più nobili.

    Capitolo 10

    E la Dea volse lo sguardo su Ygharù e la figlia cadde a terra implorando la Madre e giuran-do di essere pentita e di aver compreso il suo errore; ma la Dea sapeva che non avrebbe più potuto controllare la mente della figlia. Solle-ticata nella propria vanità da quell`atto di sot-tomissione, decise di mostrarsi clemente e fece in modo che la figlia, portata sulla terra, dive-nisse una lupa. Ella manteneva parte della sua intelligenza e la sua natura divina le impediva di morire; si inoltrò in una foresta nera, in cui si diceva vivessero antichi spiriti potentissimi che erano tutt`uno con la natura e la creazione. Qui incontrò un branco di lupi e da essi im-parò le regole del branco e conobbe la natura e l`amò con tutta l`anima. Una notte di prima-vera comparve un bellissimo lupo nero nella foresta sacra egli era Mhaàr: incarnazione del-lo spirito dell`Esistenza e le due anime soggio-gate in quella forma, si accoppiarono ancora ed ancora e la lupa portò con se quel ricordo e il fardello della gravidanza. La Madre la guar-dava dai cieli e vide che l`aveva allontanata dal Padre e ne fu compiaciuta, e le tre Lune sorrisero, ed in una notte in cui tutte risplen-devano mostrando interamente il loro volto, la figlia partorì. Passarono 7 giorni e 7 notti e l`infante subì un mutamento: da lupo che era assunse aspetto Umano e così fu per tutti gli anni avvenire; conobbe e rispettò il branco ma era solo, nessuno era fatto come lui; allora la lupa ululò disperata per il figlio, verso le Tre Lune che avevano sorriso alla sua nascita e le Lune invocarono la misericordia della Dea ed ella, che percepì la solitudine di quell`essere gli parlò: -Ascoltami- disse, in una notte sen-za stelle rivolgendosi al nipote -Poiché mi sei caro, ti farò dono di una compagna e di creatu-re congeniali alla tua natura- Ed egli ascoltava

    stupito e non aveva voce per rispondere men-tre la Dea continuava: -Ti chiamerai Vertonn e sappi che la Madre dei cieli ti osserva e che tu e i tuoi simili dovrete sempre servirla- Ed Egli si diresse verso un lago, che la voce gli aveva in-dicato quella stessa notte e lì trovò una donna che era simile a lui in tutto e la foresta sacra si popolò di creature a loro congeniali, la cui na-tura li faceva mutare in fiera ad ogni luna piena ed essi furono chiamati MANNARI. Ed ecco che la lupa bianca scomparve e Vertonn figlio di Semidei visse per millenni e popolò con i suoi fratelli quelle terre di creature sottomesse alla Dea.

  • Capitolo 11

    Nel centro della terra Simeht, furente di rab-bia, levava alte grida contro i cieli e udendone l`angoscia Magma, suo figlio prediletto, cercò di insinuarsi fino al fondo del globo per libe-rare il padre. Varcò il sigillo degli Angeli ma Simeht non riuscì ad uscire dalla prigione. Toccò per un istante il figlio che venne ricac-ciato da dove era venuto ed egli distrusse parte delle viscere della terra e emerse in superficie e fuoco e fiamme si nutrirono di quel luogo. Magma lasciò scorrere le fiamme e si allontanò dal Padre, raggiunse i cancelli delle anime e, dopo averli varcati, ne divenne custode e Si-gnore. Chi varcò i cancelli era Magma, ma da quel momento fu da tutti conosciuto come Ade. Tra le fiamme lasciate libere si riusciva a scorgere una figura alta e imponente la cui voce scuoteva le montagne e i cui passi lascia-vano desolazione attorno a sé e fu chiamato Nathamer. Egli era costituito dall`essenza di Simeht unita alla forza distruttrice di Magma, Era araldo e signore allo stesso tempo e diven-tò portavoce di Shierak e di Simeht e il Male era entro di lui e fluiva nel suo corpo e aveva forgiato nel fuoco la sua anima.

    Capitolo 12

    E Nathamer si elevò sull’abisso in cui era prigioniero Simeht e gonfio di odio e di rab-bia lanciò il suo richiamo, squarciando le di-mensioni e il tempo, riversando nella terra di Extremelot l’orrore del Caos Strisciante. Ogni mezzo venne contrapposto nel tentativo di rigettare indietro il putrido abominio richia-mato da Nathamer, ma solo l’intervento della Dea poté rigettare indietro ciò che era stato chiamato dall’ Esterno. Afferrò una galassia e la strappò dal cielo e nel vuoto lasciato da essa precipitò il Caos Strisciante e cancellò dalla mente di Nathamer la capacità del ri-cordo, affinché esso non potesse più ripetere il suo richiamo, poi lo colpì violentemente ed egli giacque in un sonno profondo. Racchiuse la malvagia conoscenza in un vaso e lo scagliò verso il vuoto. Ma Apophis il malvagio volò veloce e infranse con gli artigli il vaso prima che venisse risucchiato nel vuoto e il ricordo contenuto fuoriuscì violentemente, ricaden-do su Extremelot penetrando nella mente di molti uomini che prima di impazzire scrisse-ro col proprio sangue ciò che avevano udito confusamente nella loro mente. I manoscritti furono riuniti in un unico libro nel tentativo di distruggerlo. Esso prese coscienza e fu in grado di soggiogare la volontà dei suoi posses-sori, nutrendosi della loro energia vitale e do-nandogli la possibilità di evocare alcune delle creature scacciate da Themis nel vuoto cosmi-co. Vennero prodotte copie, ma più ci si allon-tanava dall’originale più esse diminuivano la loro efficacia. Poi il libro scomparve e solo le copie vergate da Umani, ormai folli, rimasero a testimoniarne l’esistenza. Ed essi chiamano quel libro Nekronomikon.

  • Prologus

    E la prigionia sotterranea, incendiato eremo al centro del mondo, accoglie ora in vili catene l’Unico, a scontare l’Onore ed il Coraggio ma-nifestati nel combattere l’Usurpatrice di Caos, la distruttrice della grande Perfezione.Ma dall’Ira che il Dio provava per la slealtà e l’abominio nacque il suo urlo di furore che squasso’ il mondo dal suo cuore e ne eruppe Magma.Al suono della sua voce la stella vermiglia si accostò al Creato e Nathamer, l’Araldo, giun-se come giusto castigo per coloro che ciechi sostennero il potere della Falsa.Quinto anno belli conditae

    “La confusione del Governo del Regno sarà tale da sconvolgerne il rito”

    E fu così che le voci di un nuovo flagello, cir-colarono incontrollate tra i mercanti e lungo le carovaniere, si mormorava il nome del nuovo flagello di Dio: Nathamer. Ben presto le sue gesta presero concretezza e nessuno riuscì a prevedere quale strategia l’Araldo adottasse. La tregua prima, e l’Alleanza dopo con Ho-norius, permisero a Nathamer di concentrare i suoi attacchi solo su Lot. A differenza di Honorius, Nathamer, disponeva di un vasto esercito in cui la spina dorsale delle truppe era composta da Cavalleria pesante. Pur di-sponendo di vasti poteri, Nathamer decise di conquistare Lot usando principalmente il suo esercito convenzionale. L’esercito di Natha-mer era molto vasto e composto dalle mol-te razze che abitavano a ovest di Lot e tutte vengono utilizzate secondo le loro capacità e specializzazioni. I primi massicci attacchi co-

    glievano di sorpresa la città poiché fino a quel tempo i difensori erano abituati a fronteggia-re forze potenti, ma numericamente ridotte, mentre Nathamer ingaggiava con le forze di Lot vere battaglie campali utilizzando molte armi d’assedio.

    Infine Quatto battaglie si svolsero al Presidio posto a NE della Rocca dei Venti, in ognuna, egli mise seriamente in difficoltà i difensori. Nonostante le dimensioni del suo esercito, il gran numero di perdite subite e la necessità di riorganizzarsi, costringeva Nathamer a so-spendere i grandi attacchi e ripiegava su fre-quenti azioni di disturbo da parte di pattuglie che mantenevano sotto pressione il Presidio.

    L’inverno stringeva Lot nella sua morsa di freddo. Al Presidio i Soldati vigilavano e controllavano dall’alto le forze assedianti di Honorius e Nathamer, in città la vita scor-reva quasi tranquilla, in quanto le avverse condizioni atmosferiche rendevano difficili le operazioni belliche, quando una triste notizia cambiò il corso degli eventi.

    I Nobili annunciavano che il Granduca di Lot era gravemente ammalato.Mentre fuori le Mura del Granducato le forze assedianti si fecero più minacciose sperando di cogliere l’esercito e le Gilde combattenti in un momento di sbandamento e pure all’interno delle mura molti parevano ambire al potere, ma uno su tutti si fece innanzi, prendendo il posto di Reggente dell’infante.

    Si narra che questi, giunto un giorno in città come straniero, il giorno successivo divenne Reggente.

    Il suo nome era Gronko e fu seguito poi da Gashnar Astarte. Oltre agli scontri armati, Lot viveva anche dure faide interne e ogni fazione ricorreva a tutti i mezzi per sconfiggere l’altra. Con la fine della reggenza del Granduca Gronko, murato vivo nelle segrete del Palazzo a monito della sua malvagità e grettezza, il Granducato ne-cessitava di un riassetto politico e sociale.

    Il Granducato iniziò quindi ad avere un pe-riodo di grande prosperità economica: la po-polazione aumentò decisamente e con essa il numero delle unioni e delle nascite. Ma La guerra sui Monti delle Nebbie contro il nemi-co di sempre, Honorius, non era mai cessata da quando le porte di Lot era state riaperte. L’Esercito Ducale sconfisse le forze di Hono-rius, la vittoria allora fu schiacciante. Le schie-re avversarie erano decimate, il palazzo dello stregone era oramai espugnato ed i Soldati di Lot entravano trionfanti, facendosi largo tra i cadaveri dei Cavalieri Rossi e degli Orchi as-soldati dal malvagio, piangendo e stendendo veli di pietà sui corpi dei soldati del Grandu-cato, periti nella cruenta battaglia.

    Ma, nonostante l’atmosfera di gioia, molti erano gli interrogativi che rimanevano senza risposta.Un anno di continui piccoli attacchi nascon-deva un fatto ben più grave: Nathamer stava sigillando una nuova ed importante alleanza con Honorius.Un altro distrattore per la città era rappresen-tato da Parmete, che più di una volta aveva rafforzato l’offensiva nemica. In verità Honorius, dopo un breve momen-to di sbandamento, riprese gli attacchi a Lot nel tentativo di conquistarla. Con l’apertura al pubblico del nuovo Presidio militare coin-cise temporalmente con il ritrovamento di un tombino nei pressi della Piazza del Mercato.

    Questo tombino riapriva una parte del vec-chio apparato fognario di Lot. Le Fogne, ma soprattutto il Pozzo, divenne-ro i luoghi dove le personalità impavide come i Ladri vi si nascondevano, s’incontravano, spesso semplicemente socializzavano, altre volte ingaggiavano combattimenti o tesseva-no i loro loschi traffici. Dall’esterno invece sembravano luoghi tranquilli. Ma Honorius, seppur in modo sporadico e con forze limita-te, più volte tentò di insinuarsi nella cittadella attraverso le Fogne e, nel loro interno, collocò orrende creature o esseri crudeli e terribili che, incrociandosi tra di loro, creavano mostri d’i-naudita spietatezza, pronti a colpire su suo or-dine, il più delle volte, ma anche soltanto per il gusto di uccidere.

    Il Granducato rettamente guidato dai Nobili, coadiuvato dall’Esercito e dalle Gilde combat-tenti qualora venisse attaccato da Nathamer, o dal nemico di sempre Honorius, si poteva definire politicamente stabile e militarmente sicuro.

    Il 14° giorno del 4° mese del V anno dalla Fondazione di Lot fu una data decisamente importante per la storia di queste terre. Dove al cospetto del Conte Thorm, Astarte venne insignita del titolo nobiliare di Baronessa. La ragione di quest’importanza non va legata alla carica attribuita, di certo Astarte non è la prima Baronessa che ha avuto Lot, ma per il ruolo che ella successivamente avrà in intrighi di corte.

    Inoltre, a differenza degli altri Nobili che ave-vano governato la Cittadella, ognuno apparte-nente alla razza Umana, Astarte era, invece, Mannara e legata con vincoli di sangue ad esponenti dell’alleanza nera di Lot.

  • Declinet autem a civili ducatus“Poco tempo dopo Lot cadde sotto l’attac-co dei mercenari di Honorius”

    La ricostruzione fu lunga.Il Governatore Astarte lavorò senza tregua, ma quando assassinarono il Conte Erik, il Go-vernatore Supremo si scagliò contro l’avvento dell’Araldo, ma mai riuscì a sconfiggere quella nebbia di menzogne.

    Il Conte Petrus, forse il più schivo di tutti i Nobili, all’inizio del V anno dalla fondazione scomparve misteriosamente. Honorius aveva solo per un breve periodo deciso di non at-taccare la Cittadella che, nel frattempo, si era ulteriormente fortificata con la costruzione del Presidio Militare. Ma l’accampamento dei suoi Orchi era ancora fuori dalle mura ed i Nobili sentirono il biso-gno di ulteriore protezione. Venne così istituito il Corpo dei Dragoni di Lot, Soldati scelti che avevano come unico scopo quello di difendere i Nobili e i Gover-nanti. Ma neppure questo servì a fermare Honorius.

    Il Governatore Supremo, che aspettava anche un figlio, fu colpita da un pugnale intriso di un veleno sconosciuto che la lasciò per lungo tempo in un oscuro limbo tra la vita e la morte. Sembrava che non ci fosse rimedio alcuno per la sua malattia, al punto che suo figlio, il Prin-cipe delle Tenebre Cratere, nell’impotenza di non potere fare nulla per salvare la sua amata madre, inveì ferocemente contro i Nobili che avevano organizzato una scorta armata inca-pace di dare protezione.

    Mentre Astarte lottava contro la morte sua e del nascituro in una stanza dell’Ospedale, il Conte Thorm diede al Principe Cratere cin-que giorni per scusarsi pubblicamente presso il Gran Ciambellano Azivir, altrimenti lui e tutta la sua armata di Cavalieri Neri sarebbero stati sterminati e cremati nei forni che il Conte aveva commissionato apposta alla Masseria. Ancora una volta Astarte, oltre che combatte-re fra la vita e la morte, aveva il cuore dilaniato tra il dovere verso Lot e il dovere di madre. Ma dolorante ed indebolita dal veleno, riuscì a far trovare un punto d’incontro tra il Conte, che amava e rispettava come suddita, e il figlio Cratere. Questo suo ultimo atto le concesse il rispetto dei Nobili che si tramutò in ricono-scenza l’innalzarono a Baronessa che diven-ne Cavaliere Nero ad honorem dopo qualche tempo e con i sempre più frequenti attacchi di Honorius La Cittadinanza tutta era in allarme. Lo stato di guerra fece sì che la popolazione civile e militare si dividesse in due: l’Alleanza Nera e l’Alleanza Bianca. L’Alleanza Nera, composta dalle Gilde d’allineamento negati-vo, serviva Honorius, aiutando i suoi emissari nella loro lotta. L’Alleanza Bianca, invece, fa-cevano parte le Gilde d’allineamento positivo e neutrale. I primi giorni furono funesti per la Bianca Alleanza con un numero incredibile di morti. Nessuno, neppure il Soldato più abile, riusciva a contrastare la forza di questi Orchi. Gli orchi Avevano poteri incredibili: tanto sulla terra che sull’aria, tanto sull’acqua che sul fuoco, tanto sulla mente che sulla volontà.

    Era chiaro che il loro intento era quello di ri-uscire a conquistare il Presidio Militare. Ci riuscirono falciando una quantità incredibile

    di vite il 16° giorno, del 10° mese, del V anno dalla Fondazione. Questo secondo attacco di-strusse quasi completamente la Roccaforte. Una volta conquistato il Presidio, gli Orchi si misero subito a sorvegliarlo posizionandosi nei dintorni. Ma il 10° giorno, del 11° mese, del V anno dalla fondazione, presso il Tempio della Dea comparve una figura apparente-mente incorporea che quando si rivelò essere Honorius raggelò il sangue di tutti gli astanti.

    L’acerrimo nemico del Granducato se ne sta-va in piedi, in mezzo ai corpi immobilizzati dei presenti a terra, tra cui il suo Sciamano Fixius ed il Signore dei Paladini Lebow in procinto di morire. Mentre un’altra illustre vita perì in questa guerra, quella della Baronessa Astarte alleata dell’Alleanza Nera. Il giorno che i vessilli di Lot ritornarono a sventolare su quello che rimaneva del Presidio Militare, il corpo della Baronessa fu resuscita-to al Maniero e la stessa fece recapitare al Con-te una missiva con su scritto:

    .

    Nella tarda serata il Conte Thorm, scortato da un cospicuo gruppo di Paladini dell’Antico Codice, si recò alle Caverne per incontrare una delegazione della Nera Alleanza, in seguito alle richieste giunte dalla Baronessa Astarte.

    Giunto all’accampamento che cingeva d’asse-dio il Maniero dei Cavalieri Neri, nel quale la Nera Alleanza aveva trovato rifugio, il Conte Thorm incontrò la delegazione, guidata dal Principe dei Cavalieri Neri Dryke e compo-sta da rappresentanti di tutte le Gilde presenti nel Maniero in quel momento. Dopo alcuni scambi di battute, il Principe dei Neri mostrò al Conte una misteriosa scatola, che quest’ul-timo immediatamente riconobbe, apparendo turbato profondamente. Il Conte, una volta ottenuta la scatola, raggiunse brevemente un accordo, fra lo stupore generale dei presenti e dopo aver tranquillizzato il Signore dei Pala-dini VladDracul con parole sussurrate. L’ac-cordo prevedeva innanzitutto che i membri della Nera Alleanza non dovevano essere più considerati nemici del Granducato e che pote-vano rientrare nel medesimo senza ritorsione da parte d’alcuno.

    La pace sembrava essere davvero tornata in una città devastata e cambiata, ma la maledi-zione che Honorius lanciò, nei confronti del Conte Thorm quella sera al Tempio, aveva già preso forma ma nessuno se n’era mai curato, così come nessuno si curò di quella voce spera nel vento che già iniziava a dilagare e portava con se il nome di Simeht.

  • Pestilentia

    “Tutto ebbe inizio con una maledizione.”

    Nel 1° giorno, del 1° mese, del VI anno dal-la fondazione i Nobili indissero il Giubileo di Lot. E mentre si sentivano ancora in lon-tananza gli echi dei festeggiamenti per il Pri-mo Giubileo di Lot, un messaggio del Conte Thorm, affisso durante i primi giorni dell’an-no VI dalla fondazione di Lot nella pubblica Bacheca, fece scendere un gelido silenzio so-pra chiunque ed ogni cosa.

    “Nobili di Lot Chi Vi scrive è Huppio, Signore dei Folletti delle Sequoie di Arman. Non so se avremo più occasione di contattarci, né se sarò mai in grado di leggere una vostra risposta. Da due mesi ormai uno strano morbo colpisce i miei sudditi ed ora anche me ed i miei cari. All’inizio è cominciata con un diffuso attacco influenzale, tosse, debolezza ... I nostri Folletti curatori hanno cercato di cu-rare i malati, ma nessun rimedio sembrava es-sere efficace. Le forze abbandonavano pian piano tutti i ma-lati, fino a farli perire. Il mio regno era una volta molto ricco e felice, ed ora siamo rimasti in pochi. Questa mia non è per chiedervi aiuto, ma per implorarvi di non accorrere in nostro aiuto per il bene dei tanti Folletti che popolano Extre-melot... Se dovessi anche io lasciare la vita, la presente abbia il valore di testamento. Lascio ogni cosa del mio regno agli eventuali sopravvissuti e, nella malaugurata ma ahimè probabile ipotesi che non ve ne siano, lascio tutto ai Folletti di Extremelot.

    Ora vado a rendere l’estremo omaggio alla mia amata moglie Ahele ... Huppio, Signore dei Folletti delle Sequoie di Arman “

    Fu il panico.Così, tutti si proposero per far parte a quella che pensavano sarebbe stata una spedizione risolutiva. Ma come aveva previsto il Re Hup-pio, anche i Folletti abitanti del Granducato, iniziarono a dare segni evidenti del morbo, ac-cusando fastidiosi colpi di tosse e febbre così alta che gli impediva talvolta anche di alzarsi dal loro giaciglio. Il caos regnava oramai dentro le mura.Ma quando anche il primo Mannaro s’infettò la paura si trasformò in panico assoluto. Il morbo di Arman non era più contagioso solo per i Folletti.Uno dopo l’alto s’infettarono anche tutti i Mannari di Lot, compresa la Baronessa Astar-te. Ma, a differenza dei Folletti, i Mannari ri-masero compatti intorno al loro Capobranco e cercarono di limitare il contagio andando volontariamente in isolamento.

    Neppure questo bastò e, nonostante la loro forte fibra, i Mannari cominciarono a morire. Per non far diffondere la malattia molti di essi vennero ibernati dai Draghi sputagelo presso il Picco dei Draghi.

    La popolazione andava via via morendo e solo dopo molto l’intera Lot capì che era il momen-to di riorganizzarsi e partire per scoprire se il morbo che stava decimando Folletti e Man-nari, oltre a minare la vita dei Nobili, poteva avere una soluzione.Il 15° giorno del 3° mese dell’anno VI dalla

    fondazione di Lot, sotto gli occhi stupefatti dei presenti, la Somma Sacerdotessa Urania varcò la soglia del Tempio della Dea. Un ritor-no accompagnato da quella del Conte Petrus che si fece riconoscere mostrando ad un De-tentore dell’Arcana Saggezza un bottone, sul quale era raffigurato il suo nobile stemma.Entrambi tacquero e tutti ebbero sentore che quei ritorni avrebbero dato nuovi impulsi alla vita del Granducato, come fossero di buon au-spicio.

    Sconfitto il morbo fisico con una spedizione presso Spiritenia nel 19° giorno del 3° mese dell’anno VI dalla fondazione i Cittadini tor-narono serenamente a svolgere le loro mansio-ni, pensando al fatto che nel giro di pochi mesi sarebbe, forse, tornato tutto alla normalità. Quella della menzogna.

    Ma….

    Anno sexta et Expergefacti fidelium“Nel tempo degli Inganni esigiamo che siano svelate le falsità. Nel tempo della vacuità pre-tendiamo che il Verbo riveliate. Simeht è la no-stra essenza e voi siate d’ora innanzi il nostro strumento prediletto.”

    E venne il tempo della Verità… Nella forma del delirio si rivelò Simeht, mostrando la Sola Verità. La donna giaceva ignara della presenza che nella sua dimora aveva preso ad albergare. La voce venne udita dalla mente della donna. Suadente e persuasivo il Dio si insinuò nella coscienza della donna, con la quale si giacque corrompendone l’animo che ad egli venne prostrato. Simeht narrò alla donna la storia, rivelandole lo scempio compiuto da Themis che, invidiosa del suo dominio, del potere e del fascino del regno dell’oscurità, corruppe

    ogni creatura imponendo il proprio capriccio e le ingannò con subdole promesse di amore, pace e prosperità, mostrando loro che questa era la via della perfezione. Ipnotica la voce del Dio che soffiava in un tenue alito la verità alla donna, mentre lievi le sue mani ne piegavano la volontà concedendole di conoscere l’Oscuro Regno, ove il male è bene e il bene è inganno e perdizione. Queste verità svelò il Supremo Corruttore. Il Dio si ritrasse, infine, congedando la donna che appellò con il nome di Dama Rivelatrice dell’Inganno. Ella si risvegliò sconvolta dal ricordo di uno strano incubo vissuto. Si volse a guardare la sua stanza scoprendosi preda di una forte agitazione e priva dei propri indu-menti. Lo sguardo volse in terra ove trovò i pro-pri abiti laceri gettati scompostamente. Un solo istante esitò prima di rammentare che quell’incubo era la verità di Simeht. Ella ave-va preso coscienza del grande disegno del suo Unico Signore e si pose quindi all’adunata di quelli che sarebbero stati i servi del desiderio di Simeht. Ella si mise quindi in cammino ver-so un luogo mai veduto ma che sapeva essere il luogo indicatole dal Dio, ove iniziare il tempio dei Cavalieri votati al Dio Simeht.Al limitare dei Monti delle Nebbie si trovava un lembo di terra coperto da una fitta vegeta-zione di strane piante, che sembrano muoversi lievi e sinistre. Ella penetrò oltre la densa coltre di nebulosa materia che aleggiava sopra quella terra, trovandosi di fronte una fortificazione dall’aspetto esteriormente decadente e desola-to. Traversò un fossato le cui acque melmose non la indussero in esitazione alcuna.Il massiccio cancello in ferro si spalancò e la Dama Rivelatrice dell’Inganno discese i sette gradini che portavano nel Regno dell’Oscuri-tà. Ampie colonne in marmo nero, rappresen-tazioni di gargoyle e creature straordinaria-mente grandiose si mostravano ad accogliere

  • la Dama. Volgendo lo sguardo verso l’alto, la Dama scorse le ampie finestre strambate che circondavano la costruzione. Attentamente esaminò ogni dettaglio portandosi verso l’in-terno. Sulle torri con pasterle soffermò la sua attenzione studiando scrupolosamente ogni dettaglio che quello sguardo, per il momento approssimativo, le concedeva.Infine entrò nell’ampia sala a cui si accedeva attraverso una porta alla fine dei sette gradini, scoprendo così l’altare del Dio Simeht.Percorse con lo sguardo la sala scoprendone la grandiosità e respirando in quell’istante la presenza del Dio che il loco permeava tutto. In un istintivo gesto si prostrò verso un enorme scranno sopra il quale scorse una indefinita fi-gura dalle umane sembianze, eppure maestosa nelle apparenti mortali spoglie.Egli sedeva colà silente, empaticamente gui-dando la donna attraverso il proprio rifugio. Si volse la Dama con lentezza verso un anti-co leggio posto alla destra del Dio. Del colore dell’ametista era la pietra sulla quale era l’inci-sione del dogma, il Decalogo del Dio Simeht:1. Simeht è sopra tutto.2. Il Decalogo è emanazione di Simeht.3. Onora i tuoi fratelli e i tuoi alleati. Se man-cheranno nel Decalogo, guidali nella retta via o i loro peccati saranno i tuoi.4. Rispetta il tuo nemico, perché le sue ragio-ni, per lui, sono valide quanto le tue, ma non avere pietà qualora non accetti la Vera Fede.5. Rispetta gli Dèi, perché essi sono più di te. Un Dio non può essere piegato, i suoi disce-poli sì.6. La tua Spada è la tua vita: rinunciare ad essa è rinunciare all’esistere.7. Ascolta, osserva, pensa. Solo alla fine parla.8. “Onore” è solo una parola, è il tuo agire che deve renderlo reale.9. Il tuo nemico è la tua paura. Affronta te stesso e poi gli altri.

    10. Rendi Onore al tuo nemico, ché chi non è caduto non sempre è il vincitore.Chinando il capo verso il suo Dio, arretrò portandosi al centro della sala. Un fascio di luce l’avvolse completamente nell’attimo in cui ella si era posata nel punto ove si concen-travano le energie, emanazione del Dio Si-meht. La donna venne sollevata fino a giun-gere nel punto ove era posta un’apertura nel centro del tempio.Per mezzo di quella luce il Dio purificò la Dama liberandola per sempre da ogni sua umana debolezza e ricacciando nell’oblio le sue paure. Lieve la riportò in terra ed ella chinò il capo nuovamente in segno di devo-zione al Dio. Nelle mani scoprì una perga-mena che strinse con forza allontanandosi da quella sala. Risorta nella Verità, la Dama Ri-velatrice dell’Inganno inviò così alcuni mes-saggeri a chiamare i Prescelti del Dio Simeht, convocandoli nel Tempio del Dio stesso.Dopo alcuni giorni di attesa iniziarono a giungere i primi Cavalieri. I servi del Tempio li accudirono mostrando a ciascuno di essi una stanza ove prendere riposo e meditare. A nessuno di loro venne consentito di lasciare quelle stanze, seppure ogni loro bisogno e necessità vennero soddisfatti puntualmente. Nessuno di loro poté vedere durante quei giorni, altri all’infuori dei servi e dei valletti.E venne il giorno in cui le porte delle stanze si aprirono e ai Cavalieri fu consentito di ab-bandonare le stanze all’interno del Tempio, ove essi sapevano di doversi preparare al ri-tuale di congiunzione con la Verità. Ciascu-no di essi aveva infatti trascorso quei giorni nella riflessione e nella meditazione profon-da, cercando di sgombrare la propria mente dalle iniquità e dalle impurità della dissoluta e vacua vita d’inganni sino a quel momento vissuta. Ciascun Cavaliere sapeva, pur senza che alcuna parola fosse stata ad egli rivolta.

    Le porte si aprirono dunque, ed i Cavalieri le varcarono vedendo per la prima volta i propri confratelli. Solo muti gesti con il capo si rivol-sero l’un l’altro. Le vesti che i servi del Tempio avevano loro consegnato i Cavalieri avevano indossato, presentandosi così uguali gli uni di fronte agli altri. Silenti si incamminarono dunque condotti verso la fonte che li avrebbe resi degni di mostrarsi alfine alla Voce del Dio Rivelato.Al termine del rito della Prima Purificazione, i Cavalieri indossarono le vesti scarlatte che cia-scun valletto portava per ognuno di essi. Nella grande sala dell’Altare sedeva ora la Dama Ri-velatrice dell’Inganno. La sua pur esigua figu-ra, appariva ai Cavalieri grandiosa, essendo lei portatrice e Voce della Verità a cui ciascuno di loro era stato destinato.I Cavalieri si inchinarono verso l’altare che maestoso si presentava ai loro occhi, ed infi-ne si volsero verso la donna, osando guardarla negli occhi solo fugacemente. Ella parlò loro con voce ferma svelando i precetti del Dio Simeht come Egli aveva a lei ordinato: “Siete rinati nella consapevolezza dello svelarsi del-la menzogna che fino ad ora avete vissuto. Voi siete gli eletti, i prescelti per la restaurazione della Sola Verità. L’espressione della vera clas-se dominante, impermeabile ad ogni esterna interferenza che non sia il Dogma del vostro Dio.”Pur nella apparente durezza del tono che la Dama usava nel parlare ai Cavalieri, emana-va nella sua voce la profonda comunione con ognuno di essi, che ella sentiva come parte di sé.I passi suoi condusse la Dama Rivelatrice dell’Inganno, verso quel leggio ove aveva ap-prese le leggi del Dio Simeht. Lo sguardo della donna si posò a lungo su ciascuno di quei volti ed ella li chiamò per nome uno ad uno, ordi-nando così che essi porgessero la massima at-

    tenzione al suo dire. Lieve la mano posò quin-di sulla pietra scorrendo le dita sulle incisioni. Dalla sua voce appresero quindi il Decalogo che era il volere del Dio.Quando ebbe terminato, un silenzio surrea-le avvolse la stanza. La sala venne solcata da un fascio di luce accecante, per poi cadere nel buio più profondo. In un gesto simultaneo i Cavalieri tutti si inginocchiarono mentre la figura della dama appariva mutare, assumen-do lentamente l’aspetto di una creatura senza eguali.Nella trasfigurazione compiuta attraverso il corpo della donna, il Dio Simeht concesse ai suoi strumenti di percepire la sua essenza. Nessuno dei Cavalieri presenti osò tuttavia sollevare il capo che chino rendeva omaggio alla Verità, all’Assoluto.E di nuovo nella sala fu un tenue chiarore. Un sordo rumore di pietra massiccia in movimen-to si udì attraverso la Sala dell’Altare.Tra le due pareti così apertesi emerse una fi-gura dall’aspetto inquietante. Egli si pose alla sinistra del Dio Simeht ed attese che Egli par-lasse ai Prescelti. Come antico canto dalle pro-fondità degli recessi del mondo stesso, squar-ciò il silenzio la Voce della Verità:“Questi è colui che scegliemmo per condurvi. Questi è il Figlio che abbiamo generato. Egli è stato il Nostro strumento nella sua forma di non vita. Nato per Nostro volere e guidato attraverso il regno dell’imperfezione affinché ogni cosa scoprisse.Voi stessi siete stati Nostri strumenti. Avete attraversato la vita e la morte per giungere nel-la conoscenza di ciò che da oggi siete chiamati a sgretolare. Nel regno della menzogna Noi vi abbiamo lasciati perché conosceste il nemico.Ciascuno di voi ha vissuto molte vite, cono-sciuto e servito talvolta il regno dell’inganno. Oggi voi siete qui perché a Noi tornate per compiere il disegno del Solo Regno Assoluto.

  • La mano di Simeht si mosse in un lento gesto che lambì tutti i presenti, e da essa si generò un gelido vento che le vesti di ognuno dei con-venuti scosse flebilmente. Era il vento della memoria che spirava, ed ogni Cavaliere poté osservare scorrere di fronte ai propri occhi le esistenze trascorse, cancellate o forse sol sopite nei meandri della coscienza. Ciascuno ricordò ed ognuno riconobbe la Verità in stato di quie-scenza dentro di sé.Lentamente il vento cessò di spirare, refluen-do in una spirale che l’energia ricondusse ver-so colui che l’aveva generata.Al calare del silenzio si udì la voce dell’inquie-tante figura che dalla sinistra del Dio si pose nel centro della sala. Sollevate il capo! Ed essi obbedirono. Si avvicinò così al primo di essi sollevando fiero l’Ascia.Pronunciandone il nome egli andava posando il piatto dell’Ascia sulla spalla destra dei Ca-valieri, e per ciascuno così si espresse: «Nel Nome di Simeht lo servirai fregiandoti d’esse-re il…» E così finché non ebbe terminato. Quei Cavalieri da allora trascorsero un lungo perio-do lontano dai regni conosciuti fortificandosi nel corpo e nello spirito. Consapevoli dell’ec-cezionalità della propria natura, essi perfezio-narono la loro conoscenza nell’arte della pu-gna, attenendosi alle ferree regole dell’Ordine.E venne dunque il tempo del combattimento, il tempo della conversione e del Regno della Verità. Il Cupo Re Cratere, fratello di Magno, si pose in cammino con i suoi Cavalieri, li con-dusse attraverso i celati regni fuori dal Tempio di Simeht giungendo nel regno dei miscreden-ti.Un ragazzo di nome Noah giunse a Lot con un misterioso Tomo: chi sarebbe stato capace di tradurlo avrebbe liberato gli Spiriti dei Quat-tro Venti.La Precettrice dell’Arcana Saggezza Verde fu incaricata del compito.

    Noah liberò gli Spiriti dei Quattro Venti e poi consegnò ai Detentori il Tomo che conteneva il modo per liberarli e poi imprigionarli nuo-vamente.Il Tomo restò nelle mani dei Saggi, che lo tradussero sotto la continua minaccia di uno degli spiriti, Alathariel, la più malvagia dei Quattro. Dopo la traduzione si scoprì che per imprigionare di nuovo gli Spiriti si dovevano recuperare le quattro frecce disperse durante il Rito di Liberazione ed il Medaglione. Si or-ganizzarono le spedizioni e vennero recuperati tutti gli elementi. La vicenda si concluse dopo sette pleniluni, con l’imprigionamento degli Spiriti in Ade e la morte di tutti i componenti della spedizione.Ma quello non fu il solo vento nefasto che turbò Il popolo. Un soffio sottile cominciò ad insinuarsi tra gli abiti e la pelle, scompigliando i capelli, tanto da diventare la rigenerazione e l’epurazione di una nebbia Menzognera.

    Il vento della Parola di Dio.

    Da quando era stata fondata, Lot non si era mai posta problemi di tipo religioso, con quell’attenzione devota agli intrighi di corte e a nemici terreni.Chi aveva fondato Lot, lo aveva fatto soprat-tutto in nome della Dea e più di una volta Essa era intervenuta per preservare la Città, solo per mostrare quella benevolenza, maschera dell’invidia.

    L’eventualità della venuta di Simeht non era mai stata presa molto in considerazione. I Cittadini sempre pronti a sguainare le spade contro un mercenario nemico si trovarono in-capaci di difendersi da chi proclamava la Veri-tà della Menzogna, di chi ora aveva scoperto la vera entità della Dea, nel verbo di Simeht.

    Il malumore e la confusione iniziarono a pren-dere il posto della serenità ed incertezze e caos cominciarono ad arrivare contemporanea-mente da Sud, da Telthartown, e da Ovest, da Quinalth.

    Il giorno 20° del 7° mese del VI anno dalla Fondazione.

    La prima battaglia condotta dal III° Reggi-mento Blizzard, con a capo il Conte Thorm, e l’aiuto di molte Gilde combattenti condussero numerose e sanguinose battaglie contro i Go-blin e contro chi eretico veniva definito.E anche se la battaglia contro Honorius era temporaneamente vinta, nulla era più come prima, alcune certezze stavano crollando, troppe cose stavano cambiando e Lot con loro.

    Panta Rei

    “Tutto cambia, nulla accade per caso”

    Chi lo sa se è stato il caso, la fortuna, il de-stino, il volere degli Dei, e dei loro figli, che talvolta giocano con le nostre esistenze come se fossimo in delle complicatissime trame che, passando per il caos, ci portano all’equilibrio.

    Tutto cambia.

    In quel periodo Lot e la sua struttura socia-le mutavano. Gran parte delle gilde storiche cambiavano la guida e la città si trovò con una generazione giovane di responsabili che tenta-vano di affrontare, con maggiore freschezza, le novità che loro malgrado stavano investendo tutti.

    I Maghi si divisero in tre ordini secondo l’in-flusso delle lune e a Sud, i fedeli di Simeht, cacciati da Lot, si riunirono intorno alla Vec-chia Torre consacrata all’Unico, lontana mi-glia dalla Cittadella, dove studiando quella che chiamavano Genesi Oscura crearono le basi per la nuova fede che attirò i proseliti e con essa nacque la prima organizzazione Ar-mata di Dio.

    I Cartografi di corte vennero comunque inca-ricati di creare le mappe di quelle terre e, du-rante i sopralluoghi, il Cartografo e Curatore della Storia Jigoro trovò una mostrina militare che di certo apparteneva all’esercito di Na-thamèr.

    Nulla accade per caso.

    Non a caso il Principe delle Tenebre Sofronia uccise il terzo maestro di spada di Nathamèr:

  • Lorighel.Non a caso è Lord Magno per primo a portare il verbo di Simeht a Lot. Lord Magno che fu per lungo tempo Cavaliere Nero.

    Non a caso il braccio armato delle schiere dei suoi seguaci, Lord Cratere, fu a sua volta Principe delle Tenebre.Non a caso entrambi per un periodo portaro-no al dito l’Anello del Fato e, di certo, non per caso proprio in quella Vecchia Torre si recava-no e le parole di Dio furono loro chiare.Lì il legame tra Nathamèr e Simeht è nebuloso ma non imperscrutabile, mascherato dalla rot-tura del Vaso del Caos e dalla nebbiolina che mai abbandona quei luoghi.

    La Baronessa Astarte, madre di Cratere, era combattuta se seguire il figlio e il Conte Thorm non riusciva più a vivere serenamente.L’urgenza, spuntata chissà dove dopo anni che Dio fondava il suo piano, di prendere una decisione e di andar contro, in guerra, ai fedeli della Verità sfociò in un duello.

    Il Conte Thorm venne sfidato a duello dal Cupo Re Cratere, suo vecchio amico. La sfi-da venne accettata e il giorno XI del mese II dell’anno VII Thorm sconfitto cadeva sotto i colpi dell’eterno. Lì, nel Tartato, Thorm in-contrò Simeht e quando la qua anima ritornò nel piano reale, rinacque come Suo fedele.E da quel momento, nulla fu come la Dea ave-va predestinato, Simeht si era ribellato nella sua cella sotterranea e il Suo verbo stava se-gnando l’animo di molti.

    Fu immediata la creazione di un nuovo Go-verno, di un nuovo Potere, con l’autorità ag-giunta dei nuovi governatori Cratere, Wolfang e Clemence, che rovesciò, di fatto, quello che fino ad allora aveva prosperato ed amministra-

    to il GranDucato.Venne abolito il saluto ufficiale del regno e nuove leggi sostituirono quelle che erano state fino ad allora in vigore.Il Tempio della Falsa venne proclamato Oscu-ro sancendo così, anche sul piano materiale, il risorgere del potere di Simeht.

    Nella notte tra il giorno XII e XIV del mese II del VII anno dalla fondazione, il Nuovo Go-verno guidato dal Conte Thorm si insediò a Corte. Nella stessa notte il Reggimento Phoe-nix, unitamente ai Chierici, ai Maghi Bianchi e ad una nutrita schiera di cittadini fedeli alla Dea, prese possesso a nome del Triumvirato, che intanto si era venuto a creare, della Vecchia Torre e del Tempio Oscuro.

    Qualche giorno dopo questi eventi la Barones-sa Astarte rispose pubblicamente alla lettera a lei indirizzata dal figlio Cratere qualche giorno prima, manifestando così il disagio nel dover condividere il nuovo potere con l’animo del Conte che più non riconosceva e stabilendo che avrebbe intrapreso quanto necessario per poter riavere al proprio fianco l’antico Animo dell’Augusto.

    Fu così che le vicende si susseguirono rapide, i Draghi della Luce attaccarono la Corte, senza tuttavia riuscire nell’intento di conquistarla; mentre molte Gilde si schierarono contro il Conte Thorm riconoscendo nel Triumvirato la loro guida.

    Il problema non restò così solamente religio-so ma divenne politico. I Cittadini rimanenti, fedeli alla Dea, non riconoscevano negli attua-li valori del Conte Thorm lo spirito lottiano fondato sui principi e le parole venefiche della Dea. E sempre più cittadini cominciarono a

    contrastarlo per riprendersi ciò che era stato tolto.Ma pochi giorni dopo il Tempio della Dea entrò definitivamente in possesso di Simeht. L’edificio venne dato alle fiamme e sui resti in cenere venne proclamata la nascita di un nuo-vo Tempio dedicato a Simeht. Per rafforzare il potere delle Sue schiere, venne ufficialmente decretata la carica a Governatori Neri del Pri-mo Necromante Marduk e del Principe delle Tenebre Loki.

    La Bianca Alleanza così, stretta attorno al Triumvirato e alla Baronessa Astarte, tentò di contrastare il nuovo Governo.Una piccola schiera di Paladini dell’Antico Codice, Cavalieri Erranti, Cavalieri della Dea Themis, Detentori dell’Arcana Saggezza, Sa-cro Ordine del Leone o in generale, da colo-ro fedeli a Themis, trovò concilio al di fuori delle mura della Cittadella, dando origine alla “ROCCIA”.

    Il Tempio venne più volte preso d’assalto dalla Bianca Alleanza, durante il periodo in cui Dio instaurò con fermezza la sua autorità, ma non venne ricondotto alla sua vecchia consacrazio-ne.I Monaci Neri evocarono l’incanto del Caos all’interno delle mura del Tempio assogget-tandolo quasi completamente. Erano tempi bui, segnati da continue guerre mentre con un pubblico proclama del Co-mandante Supremo delle Guardie Ducali BU, venne sancito “unico Governo Legittimo” quello composto dai Governatori Glaudius, GreenWarrior e Nicolao, sotto la guida della Baronessa Astarte, e ,contestualmente, illegit-timo qualunque altro governo.I fedeli al Conte Thorm, tra cui il Console dell’Esercito Ducale Riveda, considerarono però l’azione di Bu un atto di altissimo tradi-

    mento.Il caos e la confusione non accennava a dimi-nuire, i Principi Neri Loki e Jarod vennero, pochi giorni dopo, assassinati da Misteria ed Aenighma.

    Il Governatore Cratere dichiarò i Maghi Neri nemici del Governo, condannando a morte tutti i seguaci dello Shalafi Biba. Mentre, Ho-norius, restava a guardare, soddisfatto della rabbia interna che stava distruggendo la città da lui tanto odiata; si limitava però a manda-re ogni tanto avvertimenti della sua presenza, aspettando il momento più opportuno per scagliare il colpo mortale che certamente stava preparando.Il vero inizio di tutto fu quando il Tempio si trasformò in un braciere, proprio durante il matrimonio tra il Cupo Re Cratere e il Mes-saggero Misteria. E da quel rogo solo il Cupo Re si salvò immane.La distruzione del Tempio sancì così la scon-fitta temporanea dei fedeli di Simeht, che fece-ro ritorno alla Vecchia Torre, loro antica sede.All’Augusto Conte Thorm non restò che an-nunciare pubblicamente il ritiro, ma non per questo si arrese agli eventi. Promise infatti che presto la Nera Fazione avrebbe espugnato nuovamente le mura del Regno.

    Subito dopo il Governo legittimo, guidato da Astarte, venne riportato completamente al potere e l’anno dopo per Dio.

  • Cratere

    Anno VI - Mese 9° - Giorno 29° (06/01/2004 -> 03/12/2004)

    Dichiarati Eretici dal Conte Thorm e confi-nati alle Terre Esterne, i Cavalieri riconob-bero l`autorità del Cupo Re Cratere, fratello di Magno, la Guida dei Mistici Simehtiani: i Monaci di Simeht. Tale tuttavia era la sua au-torità indiscussa e il suo potere che visse inve-ro più come un Re dei Re che non un Generale tra i Generali, come invece si accontentava di farsi chiamare. Figlio di Veddharta di antica nascita, Cratere era creatura di ineguagliata intelligenza e altrettanta spregiudicatezza, un miscuglio di caratteristiche che ben si amal-gamava con una sfrenata e sconfinata bramo-sia di conquista. A tanto infatti egli bramava che, nel suo secondo anno di regno, dopo aver sfidato e sconfitto a duello il Conte Thorm di Lot, osò trafugarne la salma per resuscitarne il corpo nel nome di Simeht. Thorm ritornò a camminare sul mondo dei vivi, ma la sua de-bole mente era piegata all’Unico e totalmente assoggettata al volere di quel Re che egli elevò a protettore e coreggente del Ducato. Crate-re, legittimato dalla legge del Ducato e dalla nomina a Barone, marciò, come era nei suoi piani sin dal principio, con tutto il suo esercito alla volta di Lot e ne prese possesso. Duran-te la sua reggenza il Silenzio portato dalla sua Ascia si abbattè sul Ducato. L’eretica idola-tria di Themis fu perseguitata e sradicata casa dopo casa, l’immondo Tempio raso al suolo fino alle fondamenta e la città intera ripulita dalla miserabile presenza di chi non poteva o non osava piegarsi alla giusta legge del nostro Unico e Solo Dio. Cratere istituì nuove leggi e reggimenti a capo dei quali pose nuovi Gover-

    natori. Banditi, gli antichi nobili lasciarono la città e per un po’ di tempo il sole stesso smise di sorgere sui Domini dell’Oscuro Signore. Il Regno dei Simehtiani arrivò allora sotto di lui alla sua massima potenza. Del suo glorioso regno questa fu certamente la sola macchia: l’aver lasciato in vita i propri nemici quando invece sarebbe stato molto più appropriato di-struggerne la città e cancellarne la stirpe Al crollo del Tempio, durante la cerimonia d’unione tra il Cupo re ed il Messaggero di Tenebra, i Cavalieri fecero ritorno alle Terre Esterne, da dove tuttavia continuarono le loro sortite nel Ducato, quella avvenuta alla Banca, ad esempio, viene ricordata per quella che fece entrare anche la Contessa Astarte in guerra, Contessa che occupò le Caverne dei Neri e che obbligò la Masseria a chiudere i rifornimenti ai Simehtiani.Il Cupo Re Cratere abdicò dopo qualche mese in favore della Drow Tessajga che continuò sulla stessa linea del suo predecessore.

    Tessajga

    Anno VII - Mese 8° - Giorno 25° (07/12/2004 -> 13/12/2005)

    Come abbiamo già detto l’autorità che il Cupo Re Cratere godeva presso i Simehtiani era a tal punto illimitata e incontestata che non ne-cessitava di titolo regale alcuno. E tanto più egli rifuggiva quel rango quanto più il popolo lo acclamava Re, signore indiscusso e padro-ne. Quando egli assunse dunque il potere su Lot e il titolo di Barone in Simeht, concesse di buon grado a Tessajga Helviriin di chiamarsi Cupo Re dei Cavalieri Consacrati – e di loro soltanto. Tessaijga era a quel tempo il Genera-le più stimato nell’esercito dell’Unico e il più fedele a Cratere e tutti già sapevano che ella gli avrebbe succeduto nella guida dell’Ordi-ne. Accettato in un primo tempo quel gran-de onore, dopo quattro giorni Tessajga fece però un passo indietro deponendo la corona, e non poiché ella ne sentisse il gravoso peso (a tal punto infatti ne era degna che l’avrebbe potuta portare senza vergogna alcuna), bensì per un solo ed unico atto di umiltà e devo-zione verso il suo signore. Fatta eccezione per questa ed altre brevi episodi, nel tempo la potestà sui Cavalieri e su tutti i Simehtiani vennero certamente a confondersi e il titolo regale su Mot divenne inscindibile da quello di Signore dell’Ordine dei Cavalieri. Fu altret-tanto sicuramente dal tempo di Tessajga che i Primi Cavalieri dell’Ordine incominciarono a chiamarsi Dominatore, concedendo a loro volta a Cavalieri di rango inferiore l’onore di dirsi “Primo Cavaliere”. Sotto il dominato di Tessajga l’Ortodossia del Decalogo rimase in-violata e continuarono a servire molti grandi Cavalieri della generazione di Cratere e della

    successiva seconda generazione. Tra questi vi era la nobile Floring di Keldron. Floring fu il Primo Cavaliere nella Redenzione e non meno la figlia del Re di Morgul, alias Kelemvor di Keldron, il capostipite della potente famiglia Keldron – a cui appartenevano anche i fra-telli Vanth e Avalanche – e fedele generale di Cratere, da questi posto, seppur per breve tempo, al fianco di Tessajga come Domina-tore dell’Ordine. Una notte il Cavaliere Jariel Rosencranz detto il Santo, un sanguine che godeva di grande autorità nell’Ordine, ebbe l’ardire di cibarsi di Floring. Kelemvor, che non era creatura incline ad atti di misericor-dia verso coloro che toccavano ciò che riteneva una sua proprietà, lo fece impalare e bruciare vivo. Se si esclude un solo ed unico caso in cui fu la Principessa ad offrirsi volontariamente, da allora in avanti nessun altro ebbe più l’ar-dire, né l’onore, di conoscere il sapore di quel sangue.

  • NaugthyWolfFox Mattitude

    Anno VIII - Mese 9° - Giorno 13° (21/12/2005 -> 11/08/2007)

    I pochi Simehtiani che decisero di rimanere nelle Terre Esterne videro presto sorgere la nuova Empia Voce, Nabucodonosor, che a lungo era stato Fedele Ministro dell`Empio di Aroree. Fu proprio Egli che rivelò il Vole-re di Simeht e che elesse il Nuovo Cupo Re, l`Asheta Diò NaughtyWolfFox, che di lì a poco fece rifiorire l`Ordine, infoltendone le fila e rendendo i Consacrati, di nuovo, i per-fetti strumenti di Dio. Ad affiancarlo, vista la grossa mole di Cavalieri al suo seguito, Egli decise che era venuto il tempo dell`Impera-tore Mattitude SteppenWolf. Sotto la loro Egemonia cresceva, nel frattempo, un giova-ne e motivato Cavaliere, Apofis SetepenRe di Opet che a sua volta si prese l`onere di istruire nel Decalogo e nelle virtù una Puer, figlia di Nabucodonosor, che rispondeva al nome di Nexeria Von Wahreith. Questi nomi, di lì a qualche anno, sarebbero stati decisivi per le sorti dei Cavalieri Consacrati.Dopo un periodo di piena ed assoluta colla-borazione, l`Imperatore tentò di scalzare il Cupo Re, forte di alcuni sostenitori interni. Ci si trovò davanti alla prima grande divisione della storia dell`Ordine, in cui ebbero la me-glio i fedeli all`Asheta Diò che scacciarono i rivoltosi e smisero di obbedire all`Imperatore, non senza un dispendio di vite da entrambe le fazioni, non senza essersi trovati costretti a ricorrere al Fratricidio. Cavalieri contro Cava-lieri, Confratelli contro Confratelli. L`Ordine ne uscì tuttavia dignitosamente, le nuove leve

    ben istruite presero il posto di chi, della vec-chia guardia, aveva deciso di seguire nell`oblio Mattitude SteppenWolf. Le mire espansio-nistiche del Cupo Re lo portarono a ordinare l`allestimento di un campo presso il Picco-lo Popolo, sulla zona di confine con le Terre Esterne. Elesse nel frattempo Nuovi Gover-natori e diede loro la possibilità di reclutare membri per i propri Reggimenti. Ed ancora, introdusse la figura dell`Inquisitore, colui che si sarebbe prodigato di far rispettare le Sacre Leggi di Simeht nelle sue Terre.Fu un periodo di Equilibrio fertile per l`Ordi-ne, equilibrio che tuttavia, ben presto sarebbe stato destinato a mutare in Caos.Le Empie Voci si erano nel frattempo suc-cedute: da Nabucodonosor a Agagliareth e Azhatot, da loro a Theunis di Caèdem. Fu proprio quest`ultimo, Ex Principe di Tene-bra, a minare gli equilibri interni dell`Ordine Consacrato. Ed ecco che Apofis, divenuto Do-minatore e braccio destro del Re, al Tempio di Simeht sposò Nexeria, che nel frattempo era stata innalzata a Suppliziante dell`Ordine. Per opera della moglie abbracciò quindi la vita eterna. Il Generale dei Generali era impegna-to in una campagna contro i Cavalieri Neri, campagna che di lì a poco avrebbe portato a una vera e propria guerra. Ma quando venne a conoscenza che, per intercessione proprio dell`Empia Voce, i Cavalieri Neri caduti in guerra erano stati rispediti in questo piano da Simeht, con un manipolo di suoi sottoposti si

    diresse al Tempio, dove trovò l`Eretico Vessil-lo Thauron Lorien. Tra reciproche accuse di Eresia, gli equilibri tra i Monaci e una frangia nutrita di Cavalieri si spezzarono. Apofis, for-te del Terzo punto del Decalogo, uccise i Neri appena risorti e si sforzò di far comprendere l`Errore ai Monaci, i Monaci a loro volta fece-ro presente al Generale che il Volere di Dio si era manifestato non solo tramite la Sua Voce in terra, ma anche attraverso la resurgo riuscita. In difesa del Sacro Decalogo che gli imponeva quel comportamento, Apofis non volle sentire ragioni. L`Empia Voce decretò così per lui la scomunica dal Culto. Dalla scomunica all`al-lontamento dall`Ordine il passo fu breve.

    E fu così che accadde: una nuova Divisione, ancora più violenta della prima. Fedele al Re rimase invece la Moglie di Apofis che guidò i Consacrati nella totale repressione dei Ri-voltosi con violenza inaudita: per suo ordine i cadaveri di molti di loro vennero impalati da-vanti alla Torre, preda degli avvoltoi e dei cor-vi, un monito per chiunque avesse osato anco-ra ribellarsi, vietò anche di nomare Apofis con l`appellativo di Cavaliere. A sua volta il Do-minatore caduto, dalla prigionia al Tempio, seppe che molti dei suoi vecchi sottoposti gli erano vicini e stavano combattendo per lui e per i suoi ideali. Nonostante la vittoria schiac-ciante della frangia consacrata fedele al Re e ai Monaci di Simeht, il fallimento aleggiava sulla testa del Cupo Re: il suo lungo Regno terminò una mattina di fine estate, quando l`Empia Voce trovò la sua maschera in mezzo al fan-go. L`Ultima traccia di un fantoccio che non venne mai ritrovato. Poche ore dopo anche il Suppliziante si suicidò, lanciandosi dai piani alti di Caos Sit.Rimasti senza una guida i Consacrati conti-nuarono la loro missione e si prodigarono per estendere i Domini del Regno di Simeht. Me-morabile fu la battaglia del Piccolo Popolo,

    una battaglia in cui, dopo tanto trambusto, la fratellanza consacrata era tornata a risplende-re: fianco a fianco, pronti a morire per i propri confratelli. Guidati dall`Ultima Assoluzione Thief Von Wahreith i Cavalieri ricacciarono il Reggimento Blizzard e la Bianca Alleanza, conquistando l`intera foresta ed affacciandosi così direttamente nel Ducato.

  • Aleira

    Anno X - Mese 5° - Giorno 22° (30/08/2007 -> 08/01/2010)

    Il Regno di Aleira Raven: iniziò bene. Era vi-sta dai Consacrati che non erano caduti con il Grande Re NaughtyWolfFox, come la so-luzione di tutti i problemi. Seppe riportare la pace in un Ordine annichilito dalle rivolte interne, chi rimase tornò nei Ranghi, i tumul-ti erano finalmente un brutto ricordo. Già dal primo periodo del Suo Regno i Consacrati e i Monaci videro mutare il loro rapporto: se sot-to l`Asheta Diò il Cavaliere era sempre stato sottomesso al Clero, era al suo servizio, sot-to il dominio di Aleira Raven i Consacrati si ripresero la loro dignità, innalzandosi al pari dei Monaci di Simeht agli occhi di Dio. Suo il merito di essere riuscita, agli occhi di Dio, a far acquistare importanza ai Cavalieri pari a quella dei Monaci. Il Decalogo si fregiò si un più ampio significato. Le parole che forma-vano i suoi dogmi, erano le prime parole che ogni Cavaliere avrebbe dovuto ascoltare. La Raven rivisitò la gerarchia consacrata. Prima di lei infatti, all’interno dell’Ordine, c’erano i Governatori, che avevano affidati dei Reggi-menti. Reggimenti non Cavallereschi. Tutte le cariche non cavalleresche vennero pertanto abolite da lei, fatta eccezione che per il Sup-pliziante, che era ancora pienamente Succube del Caos. Tutto mutò con la scoperta di Mot. Fondò la sua Corte, a cui era a capo in qualità di Regina, con la sua guardia, i suoi Satrapi, gli artisti, le dame e mantenne insieme il Domi-nio sui Cavalieri. I Consacrati presero anche la via del mare, con il Vascello Fortuna e comandati da Elefthe-ros Entrèri, navigarono in lungo e in largo; il

    Generale dell`Unico Dio Gaebriel, arrivò a impiantare lo stendardo Consacrato anche in isole lontane.Venne infine il giorno: come un richiamo im-possibile da eludere ed obliare l`Empia Voce e la Regina Raven compresero che era il mo-mento di mettersi in viaggio e di lasciare quel-le terre. Nella loro Fede, la consapevolezza che c`era qualcosa per loro che li attendeva altrove. E mentre il nutrito gruppo di Mona-ci e Consacrati (ma anche di Necromanti e di appartenenti al Clan Khamaril) dava le spalle a Caos Sit e al Tempio, il volere di Dio si com-pì: quelle sedi, le sedi che tanti eventi avevamo ospitato, dopo una scossa tellurica, crollarono, come se una mano invisibile ne avesse scosso le fondamenta. Il viaggio fu lungo, pieno di insidie.Davanti a Neri Cancelli Demoni di Fuoco, Emissari di Dio, misero alla prova il drappello di viaggiatori. E solo quando il Padre consi-derò quel drappello Degno, aprì i cancelli del Sacro Regno di Nuova Mot.Aleira Raven e Theunis di Caèdem scrissero a quattro mani le Sacri leggi che controllavano il Regno, leggi che tuttavia furono materiale di polemica e discussione, quando i Necromanti di Azhoral Sealight avanzarono perplessità sul Dominio Simehtiano di Mot, che a suo parere doveva essere terra di tutti i pionieri. Quella fu la prima scintilla che portò il Regno ad un periodo buio.Nel frattempo a capo dell`Assoluzione la Ra-ven innalzò Maggah Kaseluhim a capo della Redenzione fece altrettanto con Eleftheros

    Entrèri. Nacque anche la Corte di Mot, che la stessa Aleira era chiamata a guidare. Fu quin-di Regina della Corte e Dominatore dell`Or-dine.

    Dal palazzo del Fato, Nexeria tramite le visio-ni che le conferiva l`anello, aveva assistito alla nascita di Mot e ne era rimasta colpita. Ciò che aveva visto aveva risvegliato la sua Fede. Ecco perchè abbandonò l`