40
I MAY BE PARANOID, BUT IʼM NOT AN ANDROID Orwell nella cultura popolare della x generation INTRODUZIONE Scopo di questa tesi è sottolineare il successo della più celebre opera di George Orwell, 1984, come testo seminale per la cultura popolare di fine se- colo. Nel dettaglio, e come esempio specifico, cercheremo di tracciare un filo conduttore tra il romanzo e la sua rivisitazione musicale da parte della band britannica Radiohead con il disco OK Computer, pubblicato a cinquanta anni di distanza dal testo di Orwell. Nella prima parte vedremo le principali teorie attorno al concetto di interte- stualità, ovvero sul modo in cui un testo, una frase o semplicemente anche solo una parola possano inserirsi in una rete di continui richiami e relazioni allʼinterno della memoria letteraria generale e di come pertanto da unʼopera possano potenzialmente nascerne ulteriori tramite varie forme e modalità in- tertestuali, dallʼallusione allʼimitazione alla reinterpretazione. Nella seconda parte utilizzeremo le nozioni appena studiate per vedere come lʼopera di Orwell abbia influenzato la cultura popolare intorno allʼera thatche- riana e negli anni ʼ90 a livello cinematografico, televisivo e musicale. Delinea- to il contesto socio-culturale in cui si inseriscono questi richiami, introdurremo il caso dei Radiohead, quintetto di Oxford formatosi allʼinizio degli anni ʼ90 per opera del leader Thom Yorke, carismatico personaggio a metà strada tra in- tellettuale e musicista. Nella terza parte, attraverso musiche, testi, video e artwork che testimoniano una lettura della società tecnologica profonda e malinconica, ci dedicheremo interamente ad Ok Computer, il disco del 1997 che meglio di tutti è riuscito ad inquadrare lʼalienazione della X Generation con il suo disagio esistenziale e 3

I may be paranoid, but I'm not an android

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: I may be paranoid, but I'm not an android

I MAY BE PARANOID, BUT IʼM NOT AN ANDROIDOrwell nella cultura popolare della x generation

INTRODUZIONE

Scopo di questa tesi è sottolineare il successo della più celebre opera di George Orwell, 1984, come testo seminale per la cultura popolare di fine se-colo. Nel dettaglio, e come esempio specifico, cercheremo di tracciare un filo conduttore tra il romanzo e la sua rivisitazione musicale da parte della band britannica Radiohead con il disco OK Computer, pubblicato a cinquanta anni di distanza dal testo di Orwell.

Nella prima parte vedremo le principali teorie attorno al concetto di interte-stualità, ovvero sul modo in cui un testo, una frase o semplicemente anche solo una parola possano inserirsi in una rete di continui richiami e relazioni allʼinterno della memoria letteraria generale e di come pertanto da unʼopera possano potenzialmente nascerne ulteriori tramite varie forme e modalità in-tertestuali, dallʼallusione allʼimitazione alla reinterpretazione.

Nella seconda parte utilizzeremo le nozioni appena studiate per vedere come lʼopera di Orwell abbia influenzato la cultura popolare intorno allʼera thatche-riana e negli anni ʼ90 a livello cinematografico, televisivo e musicale. Delinea-to il contesto socio-culturale in cui si inseriscono questi richiami, introdurremo il caso dei Radiohead, quintetto di Oxford formatosi allʼinizio degli anni ʼ90 per opera del leader Thom Yorke, carismatico personaggio a metà strada tra in-tellettuale e musicista.

Nella terza parte, attraverso musiche, testi, video e artwork che testimoniano una lettura della società tecnologica profonda e malinconica, ci dedicheremo interamente ad Ok Computer, il disco del 1997 che meglio di tutti è riuscito ad inquadrare lʼalienazione della X Generation con il suo disagio esistenziale e

3

Page 2: I may be paranoid, but I'm not an android

che presenta, fra i suoi numerosi strati interpretativi, una rivisitazione a tutto tondo di 1984.

4

Page 3: I may be paranoid, but I'm not an android

PRIMA PARTE

Nel 1948 George Orwell scrive 1984 invertendo le ultime due cifre in modo da ambientare la sua storia in un futuro che non fosse né troppo vicino al suo tempo, per suggerire e dare agli uomini la possibilità di costruire uno scenario diverso da quello descritto nel romanzo, né troppo lontano per assicurarsi che non si creasse disinteresse. Allʼepoca il tema politico era certamente di attualità: il mondo aveva appena assistito alla più grande espressione dei to-talitarismi nel corso della propria storia e inoltre si delineava già, per lʼimmi-nente futuro, una pericolosa tensione tra le due superpotenze che erano usci-te vincitrici dal conflitto mondiale, Stati Uniti e Unione Sovietica, che sarebbe poi sfociata, seppur in senso figurato, nella guerra fredda.Eppure nonostante la seconda metà del secolo scorso abbia sancito, almeno sulla carta, il trionfo e la fioritura delle democrazie, soprattutto a livello euro-peo, e la proliferazione dei rapporti diplomatici, il testo di Orwell ha lasciato un profondo solco soprattutto nella cultura popolare degli anni ʻ80 e ʼ90. Pur se non si può definire lʼopera un capolavoro dal punto di vista puramente “let-terario/poetico” (e tanto gli argomenti trattati quanto il fatto che Orwell fosse probabilmente più portato come saggista che come romanziere possono con-fermarlo), 1984 è senza dubbio unʼopera di successo quanto meno come te-sto seminale per le generazioni future: in tutti campi della cultura popolare, dalla letteratura alla musica, dalla televisione al cinema, dagli spot pubblicitari ai fumetti fino ai videogames sono moltissimi gli esempi e le modalità attra-verso le quali 1984 ha vissuto (e vive tuttʼoggi) negli anni successivi alla sua pubblicazione mantenendo sempre vivo lʼinteresse tanto riguardo ai totalitari-smi e alle forme di controllo quanto riguardo allʼinterpretazione della società tecnologica. La nascita della X generation, ovvero coloro nati allʼincirca tra il ʼ65 e la fine degli anni ʼ70 (ossia teenagers e young adults nel 1984 e negli anni successivi), con i suoi giovani spesso definiti senza identità e con un fu-turo tanto incerto quanto ostile che vivono in una società dove la tecnologia si sta facendo prepotentemente largo (personal computer, videogames, tv via

5

Page 4: I may be paranoid, but I'm not an android

cavo, internet) ci fa pensare che, con le dovute proporzioni, Orwell non si fosse poi sbagliato così tanto su certi aspetti.Ma prima di vedere nel dettaglio quali sono stati gli autori che hanno ripreso i temi esposti da Orwell, e in quale forma, occorre cercare di capire da un pun-to di vista metodologico come è possibile riprendere un testo attraverso la definizione del concetto di intertestualità.

La parola testo contiene innanzitutto nella sua etimologia un primo indizio: textus significa infatti “ciò che è tessuto, intrecciato”, suggerendoci da subito lʼesistenza di relazioni tra le unità che lo compongono. A livello basilare, il concetto di intertestualità ruota intorno al fatto che ogni testo è sempre in re-lazione con altri testi e con diversi contesti storico-culturali. Su questa idea di base tutti i teorici dellʼargomento sono dʼaccordo; il punto a partire dal quale si sono invece sviluppate varie correnti di pensiero è la definizione stessa di intertestualità. Questa nozione fu messa per iscritto per la prima volta dalla psicanalista e critica letteraria francese Julia Kristeva sfruttando importanti concetti di base provenienti dalle teorie di Ferdinand de Saussure e di Michail M. Bachtin. Il primo, un linguista ginevrino, opera in un momento della storia (i primi decenni del Novecento) in cui per la prima volta affiora con intensità lʼinteresse teorico nel capire i meccanismi di produzione del senso testuale: attraverso la teoria di quelli che chiama paragrammi [Starobinski 1982: 5-7], egli individua una tecnica secondo la quale lʼautore sparge sapientemente, allʼinterno delle parole che compongono il suo testo, degli elementi fonici o verbali in grado di rendere la parola un nucleo fonico-tematico (chiamato ipo-gramma) [Segre 1985a: 58 sgg; Marchese 1991: 231-232], ovvero un nucleo/matrice in grado, potenzialmente, di generare un verso, una concetto o un in-tero testo.Il secondo, filosofo, critico e storico russo ci propone invece la teoria del dia-logismo sostenendo la possibilità di coesistenza di diversi punti di vista, pro-spettive ed opinioni allʼinterno di uno stesso testo. Tramite lʼuso di quelli che lui chiama ideologemi [Bachtin 1975: 141], ovvero delle “aperture” nei con-fronti di una particolare realtà ideologica, si viene a creare una sorta di dialo-go, non nel senso tradizionale di scambio di parole, implicito, creatosi con

6

Page 5: I may be paranoid, but I'm not an android

lʼaccostamento di diversi punti di vista, di diverse voci. Tanto lʼautore riesce a dare indipendenza ai punti di vista diversi e contrari al proprio, maggiore sarà il grado di dialogismo rappresentato.La Kristeva dunque nel 1967 introduce per la prima volta, sulla rivista “Criti-que” [Kristeva 1978: 119 sgg], la nozione di intertestualità: da Saussure ri-prende il concetto di dinamicità del testo (ovvero esso possiede infinite po-tenzialità semantiche) le cui unità stabiliscono una serie di relazioni e con-nessioni che agiscono anche al di fuori del contesto in cui lʼautore le ha utiliz-zate: oltre al sistema linguistico e culturale di riferimento, ovvero il linguaggio, questi input raggiungono anche la “memoria” letteraria, ovvero lʼinsieme di tutti gli altri testi che possono essere relazionati col testo in oggetto [ibidem: 153 sgg]. La proprietà del testo di poter essere intrecciato con diversi codici porta Kristeva a definire il modello tabulare o reticolare [ibidem: 152 sgg]. Da Bachtin riprende invece la teoria del dialogismo: in unʼanalisi intertestuale, secondo la critica francese, bisogna mettere in evidenza la intersezioni tra le diverse ideologie, i diversi codici storici e sociali presenti nel testo; viene ri-preso anche il termine ideologema per definire quindi questo particolare mo-dello ideologico di intersezione dei vari codici [ibidem: 97 sgg].

Roland Barthes, contemporaneo francese della Kristeva, prosegue la scom-posizione del testo in cerca dei meccanismi di funzionamento e delle unità nascoste che sono alla base del senso letterario. Nel 1963 infatti definisce lo strutturalismo come unʼattività di ricerca divisa in due parti: il découpage (ri-taglio) e lʼagencement (coordinamento) [Barthes 1966: 309 sgg]. Il ritaglio consiste nel rilevare ed isolare virtualmente le unità di lettura, o lessie, per poter meglio scovare “sensi secondi” o connotazioni [Barthes 1991: 183]. Lʼoperazione di coordinamento ricompone questi lessie per identificare gli sbocchi di queste ultime su altri testi, su altri codici, svelando nuovi significati e nuove chiavi di lettura. Eʼ in questo momento dellʼanalisi che può prendere il via quella che possiamo chiamare la “lettura creativa”. Infatti Barthes diffe-renzia i testi leggibili da quelli scrivibili [Barthes 1973: 10 sgg]. I primi si pre-sentano in forma chiusa e non vi è la possibilità di passare ad altri testi e/o di attivare ulteriori sensi ed interpretazioni, mentre il secondo permette appunto

7

Page 6: I may be paranoid, but I'm not an android

la lettura creativa, ovvero il passaggio dinamico ad altri testi e la creazione di ulteriori interpretazioni. Tale distinzione tra i testi si riflette anche nella distin-zione che egli fa a proposito del metodo di analisi: quello strutturale è fondato sullʼidentificazione a priori di modelli narrativi a cui il testo in esame si rifà, adattandone i propri contorni, ed individuando il grado di scarto tra il testo oggetto e il modello; una volta terminata la valutazione dello scarto lʼanalisi è da ritenersi esaurita poiché non è possibile interpretare ulteriormente con rife-rimenti ad altri testi; quello testuale invece, riprendendo sia Kristeva che Bachtin, si fonda sullʼindividuazione dei vari codici dal cui incastro deriva il si-gnificato del testo letterario, trattandolo quindi come oggetto aperto, dinami-co. Sia Barthes che Kristeva concordano sul fatto che in questo modo la vo-lontà o lʼintenzione dellʼautore vengono totalmente subordinate al dominio dellʼincastro dei diversi codici culturali, tanto che Barthes parlerà poi di “morte dellʼautore”.

I due critici francesi appartengono dunque a quel filone che definisce lʼinter-testuale come risultato di un processo dialettico tra i diversi codici linguistici e culturali; tuttavia altri filoni di pensiero sullʼargomento si sono sviluppati nel XIX secolo.

Sempre francese, ma con teorie differenti, Michael Riffaterre fa parte di quei critici che focalizzano, nel ricercare il senso letterario di un testo, lʼattenzione sul lettore [Riffaterre 1980: 26-40] e sul processo di lettura [Riffaterre 1989: 11-14]. Egli distingue due momenti distinti. La lettura di tipo lineare o sintag-matico consiste nella lettura da capo a fondo del testo da parte del lettore che in questa prima fase, detta euristica, fissa nella propria mente e comprende la realtà (mimesi) così come gli viene descritta giungendo a cogliere il primo livello di comprensione del testo, chiamato significato. Questa idea di realtà formatasi nella mente del lettore si deve adeguare con le aspettative definite dalla sua competenze linguistiche, culturali e letterarie. La lettura retroattiva, comparativa o riflessiva costituisce la seconda fase della lettura, quella in cui vengono ripresi gli elementi anomali della lettura lineare e rivisti, questa volta trasversalmente, e combinati facendo riferimento allʼipogramma ossia un nu-

8

Page 7: I may be paranoid, but I'm not an android

cleo semantico che permette al lettore di ripristinare i “vuoti” comparsi duran-te la lettura lineare e di scovare quindi un secondo livello di senso, chiamato significanza [Riffatterre 1983: 24 sgg].

Lo statunitense Harold Bloom fa invece parte di coloro che investigano lʼinter-testualità come risultato di un conflitto dialettico tra i vari autori della tradizio-ne letteraria. Secondo essi i rapporti intertestuali si vengono a creare quasi obbligatoriamente a causa dellʼesistenza di un canone letterario, ovvero lʼin-sieme di quelle opere e di quegli autori ritenuti fondamentali nellʼimmaginario della cultura letteraria nazionale e non, in pratica i classici [Bloom 1996]. Lʼesistenza del canone crea una sorta di pressione psicologica sul nuovo au-tore che tanto ammira i suoi precursori quanto tenta, agonisticamente, di su-perarli coprendosi di quella che Bloom chiama “lʼangoscia dellʼinfluenza” [Bloom 1983].

Ma è Gérard Genette il critico che più di tutti ci interessa ai fini della nostra ricerca riguardo al successo di 1984 come opera seminale. Egli infatti defini-sce come transtestualità [Genette 1997: 4] tutto ciò che mette un testo “in re-lazione, manifesta o segreto, con altri testi”, ma lo fa ad un livello più ampio e generale rispetto a chi prendeva in considerazione soltanto le relazioni tra i codici culturali e sociali (Kristeva) o le relazioni tra i singoli autori (Bloom): egli infatti, seguendo la lezione del formalismo russo, pone in secondo piano gli elementi strutturali propri di una singola opera concentrandosi invece sulle forme poetiche, ovvero unità che trascendono lʼopera e che vanno a relazio-narsi con altre unità simili di altre opere letterarie, introducendo quindi il fatto-re “storico” della ricerca, ossia il concetto di generi letterari.Genette individua cinque tipologie di relazione testuale [ibidem: 3 sgg] :1. Intertestualità: la più semplice ed ovvia, è la relazione per la quale è possi-

bile individuare “la presenza effettiva di un testo in un altro”. La citazione, ripresa letterale di un brano o di una sua parte, ne è lʼesempio più lampan-te mentre lʼallusione è più sottile risultando comprensibile solo se relazio-nata con un enunciato implicito.

9

Page 8: I may be paranoid, but I'm not an android

2. Transtestualità: si tratta delle relazioni presenti fra il testo oggetto e tutto ciò che lo circonda, in senso figurato e non, che comunicano meglio al let-tore il messaggio insito nel testo. In senso concreto ci riferiamo agli input forniti dal titolo, dal sottotitolo, dalle prefazioni e postfazioni, dalle avver-tenze, dalle note, dalle epigrafi e dalle illustrazioni [Genette 1989: 7]. In senso figurato ci riferiamo invece alle comunicazioni private dellʼautore ri-guardo al testo (corrispondenze, diari, annotazioni) e pubbliche (interviste, recensioni, conversazioni).

3. Metatestualità: situazione in cui lʼopera diventa oggetto di commenti e/o in-terpretazioni da parte di altri testi (definiti meta-testi). Il rapporto tra il testo di partenza e quello di arrivo è a livello di contenuto, non cʼè bisogno quindi che il testo di partenza venga citato letteralmente ma basta che ne venga “evocato” il messaggio [Genette 1997: 6].

4. Ipertestualità: è la relazione che unisce un testo anteriore (ipotesto) ad uno posteriore (ipertesto). Vengono qui distinti due casi: trasformazione (diret-ta) e imitazione (indiretta). La prima consiste semplicemente nella transpo-sizione formale di un singolo e specifico testo; la seconda invece è un adattamento tenendo conto di un modello, di genere e di stile, derivante dal testo imitato [ibidem: 8-9].

5. Architestualità: sono le relazioni tra il testo oggetto e le diverse tipologie di generi discorsivi e di generi letterari. Dal momento che col passare del tempo la percezione di un testo allʼinterno del raccoglitore dei generi lette-rari muta, queste relazioni devono sono correlate allo studio delle colloca-zioni sempre nuove dei testi allʼinterno delle etichette di genere. [ibidem: 7]

Dopo questa carrellata riguardante lʼintertestualità su un piano metodologico, passiamo ora a vedere gli aspetti specifici di questo fenomeno, e in particola-re in riferimento al nostro testo oggetto, 1984.

SECONDA PARTE10

Page 9: I may be paranoid, but I'm not an android

Eʼ innegabile che lʼopera di Orwell sia entrata nellʼimmaginario collettivo ge-nerale rappresentando unʼopera di riferimento da tenere conto qualora si af-frontino dibattiti sui totalitarismi, sulla società tecnologia, sui mezzi di control-lo del potere e in generale immaginandosi uno scenario distopico. Espressio-ni come big brother, room 101, sexcrime, 2+2=5, doublethink fanno ormai parte del linguaggio comune, seppur alcune di esse con significati che si so-no modificati col tempo.1984 risulta interessante proprio perchè le modalità di ripresa tanto dei con-cetti generali, quanto dei dettagli della storia di Winston e Julia sono numero-se e diversificate tra loro. Base comune di queste riprese è una visione disto-pica del mondo i cui ingredienti sono quasi sempre comuni tra le varie opere; ci si trova spesso davanti a una società fortemente stratificata e dominata da un leader carismatico i cui mezzi a disposizione (propaganda martellante, agenzie governative, sistema educativo, sistema penale) puntano tanto a raf-forzare la propria posizione di capo quanto ad innestare nella popolazione una serie di convinzioni volte a reprimere le individualità, le disobbedienze e in generale qualsiasi pensiero considerato pericoloso per “lʼordine pubblico”. Il governo costruisce il controllo sulla propria popolazione incutendo timore verso ciò che è diverso ed esterno candidandosi come il modello migliore possibile.

Eʻ il cinema la forma che maggiormente si presta a questo genere di rivisita-zione grazie alla potenza evocativa dellʼimmagine animata: la lista degli sci-fi movies sullʼargomento è piuttosto lunga ma se restringiamo il campo a quelli che ci riportano inequivocabilmente ad Orwell riusciamo ad accenarne alcuni senza cadere in un freddo elenco.In ordine cronologico, il primo esempio è quello di Alphaville di Jean-Luc Go-dard (1965): nella società dominata dal computer/dittatore Alpha 60 uno dei mezzi di controllo della popolazione è una “Bible”, una sorta di dizionario con-tinuamente aggiornato tramite lʼeliminazione di quelle parole od espressioni in grado di evocare sentimenti ed emozioni nelle persone; lʼallusione al New-speak Dictionary di 1984 è facilmente coglibile.

11

Page 10: I may be paranoid, but I'm not an android

Di più si può trovare pochi anni dopo, precisamente nel 1971, in THX 1138 di George Lucas; siamo infatti di fronte a una trasformazione indiretta o imita-zione dellʼopera di Orwell: società post-nucleare, repressione degli impulsi sessuali e delle individualità, interesse verso il profitto, controllo della popola-zione tramite macchine, punizioni pubbliche per chi infrange le regole, tutti elementi che ci fanno pensare che Lucas abbia adottato il nostro romanzo come modello di base, seppur il finale del film si svilupperà in altre direzioni.Sfruttando il pessimismo della visione distopica a proprio favore, Woody Allen nel 1973 gira Sleeper: come prevedibile, non siamo questa volta di fronte a un regime di trasformazione serio ma per lʼappunto ludico: ecco la parodia [Genette 1997: 36 sgg].Il carattere farsesco e buffonesco è presente anche in Brazil di Terry Gilliam (1985): il regista angloamericano ha apertamente dichiarato di aver preso ispirazione, per la realizzazione del film, da 1984 affermando che la sua pelli-cola rappresentava “the Nineteen Eighty-Four for 1984.” Se questa dichiara-zione fosse stata fatta direttamente dentro al film ci saremmo trovati di fronte ad un esempio di pastiche [Genette 1997: 87-88], tuttavia si tratta ancora una volta di parodia. Ancora, possiamo vedere un esempio di allusione in uno dei titoli provvisori del film, precisamente The Ministry of Torture che, per chi co-nosce il testo di Orwell, farà subito venire in mente uno dei quattro diparti-menti amministrativi della provincia Airstrip One.Nel 1984 non poteva mancare lʼadattamento cinematografico del nostro ro-manzo: Michael Radford esegue quella che Genette chiama la trasformazio-ne diretta o trasposizione, ovvero si opera direttamente sulla struttura espressiva o di contenuto del testo di partenza A (ipotesto) ricavandone un ipertesto B [Genette 1997: 8-9]. La corrispondenza tra pellicola e romanzo è estesa eccetto per alcuni elementi, probabilmente per motivazioni di resa ci-nematografica e, più concretamente, di durata dellʼopera.Venendo ad anni recenti è quasi dʼobbligo citare The Matrix dei fratelli Wa-chowski, film del 1999 diventato ormai un classico nonostante la relativamen-te recente età: viene ripreso il tema della predominanza della tecnologia sugli umani, questi ultimi controllati tramite una sorta di realtà parallela creata dalle macchine. Come in 1984, anche in The Matrix scopo dei protagonisti è sov-

12

Page 11: I may be paranoid, but I'm not an android

vertire il sistema ponendo fine al regime dispotico. Un esempio di citazione individuabile nel film è la room 101, la stanza dove vive il protagonista, Neo, che richiama la stanza dove si materializzano le più inquietanti paure in 1984.Citiamo infine V for Vendetta, adattamento, realizzato da James McTeigue nel 2005, del fumetto di Alan Moore scritto tra il 1982 e il 1985. Ancora una volta il controllo di unʼInghilterra uscita da una guerra è condotto da parte di un partito di estrema destra, tramite svariati sistemi di sorveglianza e un massiccio utilizzo dei mass media; così le varie branche del potere, the nose, the finger, the eye, the ear, the mouth diventano una trasposizione della thought police e dei telescreen. V, protagonista (ma non in senso tradiziona-le) mascherato, è il Winston della situazione, anarchico ribelle che lotta con-tro il partito inneggiando alla rivoluzione. Lʼutilizzo della maschera sottolinea lʼimportanza del messaggio che lʼindossatore vuol comunicare, senza dare peso allʼidentità di chi ne sta dietro.

Ma non è solo il grande schermo ad aver offerto rimandi allʼopera di Orwell; anche la televisione infatti, strumento ancor più popolare e in grado di rag-giungere un vastissimo numero di persone, ha sfruttato gli ingredienti di 1984 per scopi commerciali. Nello stesso anno in cui è ambientato il nostro roman-zo infatti Ridley Scott, fresco dallʼesperienza Blade Runner, gira per la Apple, in occasione del lancio del Macintosh, uno spot che diventerà ben presto leg-gendario: lʼambientazione è quella dei two minutesʼ hate, con il consueto co-mizio pieno di odio tenuto dal Big Brother di fronte ad una platea androgina in quieta adorazione; una giovane donna, inseguita da quella che probabilmen-te è la thought police, irrompe nella sala di proiezione agitando vigorosamen-te un martello che si andrà a schiantare contro lo schermo immediatamente dopo le parole “We shall prevail!” causando lo sgomento generale. Una voce fuori campo, infine, recita : “On January 24th, Apple Computer will introduce Macintosh. And you'll see why 1984 won't be like 1984”. In 60 secondi il ca-polavoro è compiuto e lo spot, mandato in onda il 22 gennaio 1984 durante lʼintervallo del Superbowl, non verrà mai più trasmesso conferendogli unʼaria ancora più mistica. La frase fuori campo si riferisce al fatto che la Apple, con i suoi Mac, si proponeva come unʼalternativa originale e anticonformista che si

13

Page 12: I may be paranoid, but I'm not an android

andasse ad opporre allo strapotere globale di IBM; il fatto poi che questʼulti-ma venisse chiamata comunemente The Big Blue (e durante tutto lo spot vi-ge costantemente un filtro cinematografico bluastro) rappresenta unʼulteriore conferma di allusione.Sempre sul piccolo schermo, grandissimo successo ha riscosso il program-ma televisivo The Big Brother, la cui prima edizione risale al 1999 nei Paesi Bassi: il format prevede che una serie di concorrenti vengano rinchiusi in una casa e spiati, tramite le telecamere, per diversi mesi. Chiaramente distanti dal mondo di Orwell, abbiamo voluto citare questo esempio per fornire unʼesem-plificazione di citazione di tipo critico-parodico [Marchese 1991: 48] che rove-scia lʼintenzione iniziale dellʼautore poiché in questo caso ci troviamo di fronte ad un pretesto di intrattenimento.

Per chiudere la carrellata sulle riprese di 1984 da parte dei nuovi media, oc-corre vedere quanto successo in campo musicale. Così come il cinema, an-che la musica ben si presta allo scopo di citare, alludere e traslare altre ope-re: musica, testi, artwork, videoclip e live sono gli elementi fornitici dallʼartista per proseguire la nostra ricerca anche in questo campo.Negli anni ʼ70 i musicisti riuscirono a dare alla musica leggera un “vestito” da intellettuale conferendole una dignità pari a quella di cui godevano cinema e letteratura; la denuncia sociale attraverso la musica e i concerti inoltre, so-prattutto attraverso la corrente punk, stava diventando una realtà consolidata. Eʼ in questo panorama che sboccia il talento di David Bowie, dandy del XX° secolo tra i primi a concepire la musica come unʼarte globale, in grado di con-taminarsi e contaminare le discipline gemelle, dal teatro al cinema, dalla dan-za ai fumetti; ed è proprio per questo motivo che nel 1974 decise di progetta-re una rappresentazione teatrale/musicale del romanzo di Orwell; i possesso-ri dei diritti del libro gli negarono però questa possibilità e Bowie dovette ri-piegare sulla stesura di una manciata di canzoni di ispirazione orwelliana (tra cui We are the dead, che cita il momento climax del romanzo) finite nel disco Diamond Dogs che testimoniarono comunque la sua capacità di prevedere la paura di un futuro altamente tecnologico che sarebbe venuta fuori di lì a qualche anno.

14

Page 13: I may be paranoid, but I'm not an android

Poco dopo, nel 1977, la critica nei confronti della società inglese, del capitali-smo e delle condizioni sociali e politiche del paese viene raccolta dai Pink Floyd con la pubblicazione del disco Animals: la tracklist e i testi non lasciano spazio a molti dubbi poichè siamo di fronte a una rivisitazione musicale di Animal Farm di Orwell con le classi sociali, nello specifico maiali, cani e peco-re che rappresentano, i primi cinici ed avidi di conquista e successo, i secondi i corrotti e le terze le approfittatrici.Ma è proprio nel 1984 che si forma il primo nucleo della band oggetto della nostra ricerca: allʼAbingdon School di Oxford, Thom Yorke, Jonny e Colin Greenwood, Ed OʼBrien e Phil Selway si uniscono sotto il nome On a friday, poco dopo trasformato in Radiohead.Nel 1992 il primo singolo della band, intitolato Creep, risulta un successo straordinario: la X generation ne fa immediatamente il proprio inno cantando “Iʼm a creep, Iʼm a weirdo, what the hell iʼm doing here, I donʼt belong here”, una sorta di manifesto di alienazione e rifiuto di se stessi. Da qui, dagli albori della band fino ai giorni odierni i Radiohead non smetteranno mai di farsi por-tavoce di quella generazione di giovani (tra cui figurano loro stessi) nati negli anni ʼ60 e ʼ70.Il contesto storico della nascita dei Radiohead è il Regno Unito degli ultimi anni della politica disastrosa di Margaret Thatcher, che aveva ricoperto la ca-rica di prime minister per tutti gli anni ʼ80. La sua politica si era basata fon-damentalmente sui concetti di consumismo (“the right to work...to spend...to own a property...”) [Brian MacArthur 2000], di libertà delle imprese (con un ri-lancio delle aziende private), di meritocrazia, di orgoglio nazionale finendo per dipingersi come una politica razzista, guerrafondaia (emblematico lʼattac-co militare per strappare le isole Falkland allʼArgentina, capace di risvegliare sentimenti patriottici dimenticati) e poco attenta alle problematiche sociali (istruzione, povertà e disoccupazione).Gli Xers vivono quindi in un ambiente familiare in cui i genitori subiscono le conseguenze dei licenziamenti e dei tagli ai finanziamenti realizzati dalla Thatcher per ridare ossigeno allʼeconomia statale; in generale, a livello mon-diale, nel salto tra anni ʼ80 e ʼ90 sono la precarietà del lavoro, il fascino della guerra, lʼavanzare della tecnologia, lʼinquinamento, la violenza, la droga,

15

Page 14: I may be paranoid, but I'm not an android

lʼAIDS, e un pessimismo di fondo gli elementi che caratterizzano questi gio-vani, fattori e sentimenti esattamente opposti a quelli che avevano caratteriz-zato la generazione precedente, quella dei baby boomers, cresciuti tra valori tradizionali e spirituali come la pace, lʼambientalismo, lʼottimismo.Lʼambiente familiare, già minacciato dalla precarietà lavorativa, spesso è la-cerato al suo interno a causa delle numerose maternità senza matrimonio o a causa dei divorzi che privano i figli del bisogno basilare di avere due genitori; è anche per questo che la caratteristica principale degli Xers è quella di sen-tirsi fondamentalmente soli. Ad aggravare la loro adolescenza e maturità con-tribuiscono negativamente scuole e servizi sociali inefficienti, la diffusione del-le droghe e delle malattie sessualmente trasmissibili. La violenza è invece il risultato degli strascichi dei baby boomers poichè questi ultimi miravano a creare una società dove doveva essere punito chiunque commettesse un qualsiasi tipo di crimine, grave o meno: se da un lato le intenzioni di giungere a un mondo più giusto erano comprensibili, dallʼaltro lʼesasperazione di que-ste credenze rischia di portare a una società per lʼappunto orwelliana, ricca di fondamentalismi.

Un giovane Thom Yorke sperimenta sulla propria pelle le conseguenze di questa violenza psicologica e razzista: nato con un occhio chiuso e semipa-ralizzato affronterà 7 operazioni chirurgiche per rimediare parzialmente al di-fetto, cosa che però non lo salverà dalle derisioni continue dei compagni di scuola facendolo vivere come vero e proprio emarginato; inoltre i continui tra-sferimenti della famiglia in giro per la Gran Bretagna non fanno altro che au-mentare il suo senso di isolamento.Attraverso lʼintero corso della sua vita, il cantante e leader della band lotta contro molte paranoie (prima fra tutte quella verso le automobili), i fastidi do-vuti alla celebrità (non ha mai sopportato il “mito” creatosi attorno alla sua fi-gura e a quella della band, cosa che gli provocherà ulteriori ossessioni), la tensione dovuta al peso del successo, la depressione, tutti aspetti che si ri-verseranno nelle composizioni e che contribuiranno a creare il mondo orwel-liano allʼinterno della loro discografia. Lo studio di English and Fine Arts alla facoltà di Exeter migliora notevolmente le sue capacità come paroliere por-

16

Page 15: I may be paranoid, but I'm not an android

tandolo a una stesura di testi ricchi di simbolismo e sempre sottoponibili a in-terpretazioni multiple.Dopo due album con i quali i Radiohead hanno cominciato a farsi notare da pubblico e critica, nel 1997 il loro terzo album, OK Computer , viene accolto unanimamente come un capolavoro sotto i punti di vista, musicale e concet-tuale ed è tuttʼoggi considerato una pietra miliare non solo a livello, ma anche culturale.

17

Page 16: I may be paranoid, but I'm not an android

TERZA PARTE

Unanimamente riconosciuto come un caposaldo degli anni ʼ90, OK Computer è un disco complesso che si inserisce perfettamente nel periodo storico in cui nasce descrivendo con sguardo attento e malinconico la società che ci cir-conda.Molti temi ruotano attorno a questo disco; è un album che parla di come la tecnologia abbia ormai assunto il controllo delle nostre vite: essa è in grado tanto di renderci schiavi di essa, costringendoci a ricorrere a lei per qualsiasi bisogno di cui dovessimo necessitare, quanto di rendersi utile e perfino sal-varci la vita in caso di necessità; in altre parole la tecnologia invade le nostre vite ed è dittatrice delle regole del mondo.Eʼ un album che affronta temi politici, di come le classi dirigenti siano in grado di manipolare le informazioni, di quanto sia importante la resistenza, di come lʼeconomia sia diventata la nuova Bibbia, è un album che parla di ipocrisia, classi sociali, capitalismo, totalitarismi, democrazia e propaganda.Eʼ un album che parla di alienazione, di deumanizzazione delle attività, di consumismo sfrenato, di ricerca di una vita ideale, di sentimenti finti e vuoti.Eʼ un album che parla di nostalgia, di disillusione davanti al mondo odierno, di voglia di rivoluzione e di resa di fronte allo stato dei fatti.Tutti quanti temi sono tanto cari a Thom Yorke quanto presenti nelle opere del nostro Orwell.La ricerca per ripescare la tradizione distopica, e soprattutto 1984, allʼinterno di OK Computer è stata condotta tramite lʼanalisi dei testi su più livelli. Le ly-rics in questione, come già detto, non sono mai riconducibili ad un unica in-terpretazione, ad un unico punto di vista; esse infatti sono spesso astratte, non lineari ma soprattutto stratificate, ovvero ogni testo contiene più livelli narrativi al suo interno. Come vedremo, spesso gli strati narrativi/interpretativi di ogni composizione sono tre: il primo, che è il più letterale e il più superficia-le, è quasi sempre riconducibile ad un episodio vissuto in prima persona dalla band (in questo caso lo studio è stato condotto tramite le interviste rilasciate dalla band); il secondo strato è rappresentato dalla descrizione della società tecnologica moderna e delle tematiche sopra citate (anche qui le interviste

18

Page 17: I may be paranoid, but I'm not an android

hanno aiutato a scomporre il testo per poi ricomporlo); il terzo, che è quello più “sperimentale” e arduo da cogliere, ovvero quello che ci interessa mag-giormente, è la ricerca di 1984 allʼinterno dei brani, sottolineando i rapporti di intertestualità. Come è già stato detto Thom Yorke è un grande appassionato tanto di letteratura quanto di fantascienza e la nostra analisi vuole portare alla conclusione che OK Computer sia stato scritto per una gran parte sotto lʼin-fluenza dellʼopera di Orwell, prestandosi così come unʼinterpretazione musi-cale di essa, una colonna sonora in cui ogni canzone narri una sezione del libro.A proposito di questo, la mia ricerca sarà condotta reinventando la tracklist del disco: se per esigenze musicali la band aveva deciso per una certa se-quenza, per mie esigenze di coerenza nella spiegazione e per ordinare cor-rettamente i vari capitoli della storia di Winston e Julia, stilerò una scaletta delle canzoni ad hoc in modo da rispettare il plot di 1984.

Precisamente:Fitter happier - introduzione ad Oceania e al suo lifestyleParanoid Android - ancora panoramica su Oceania ed introduzione di Win-ston, OʼBrien e Big BrotherSubterranean Homesick Alien - La vita di Winston, colma di nostalgia e ri-cordi offuscatiLet down - ancora vita quotidiana per Winston, riflessione sulle condizioni delle classi socialiLucky - incontro con Julia e riflessioni sul successo della BrotherhoodElectioneering - Lettura del libro “The Theory and Practice of Oligarchical Collectivism”Exit music - ultimi momenti di vita con JuliaKarma Police - Lʼarresto per opera della Thought PoliceClimbing up the Walls - Winston in prigioniaNo Surprises - A cavallo tra la tortura, la stanza 101 e il rilascioThe Tourist - il limbo post torturaAirbag - la rinascita in Oceania

19

Page 18: I may be paranoid, but I'm not an android

Verranno analizzati i testi delle 12 canzoni che compongono il disco; si integrerà, dove utile, con ulteriori indizi a favore della nostra tesi sparsi nel booklet del disco e accenando anche ai videoclip ufficiali legati alle canzoni.

Dato che da qui sino alla fine saremo costretti a ripetere costantemente gli stessi nomi e le stesse opere, adotterò una legenda per semplificare la scrit-tura ed evitare noiose ripetizioni: abbrevierò dunque Thom Yorke con TY, OK Computer con OKC, George Orwell con GO e 1984 con NEF (Nineteen Ei-ghty-Four).

FITTER HAPPIERfitter, happier, more productive, comfortablenot drinking too much, regular exercise at the gym (3 days a week)getting on better with your associate employee contemporariesat ease/eating well (no more microwave dinners and saturated fats)a patient better driver/a safer car (baby smiling in back seat)sleeping well (no bad dreams), no paranoiacareful to all animals (never washing spiders down the plughole)keep in contact with old friends (enjoy a drink now and then)will frequently check credit at (moral) bank (hole in wall)favours for favours, fond but not in lovecharity standing orders on sundays ring road supermarket(no killing moths or putting boiling water on the ants)car wash (also on sundays)no longer afraid of the dark or midday shadowsnothing so ridiculously teenage and desperatenothing so childish, at a better paceslower and more calculatedno chance of escapenow self-employedconcerned (but powerless)an empowered and informed member of society (pragmatism not idealism)will not cry in publicless chance of illnesstires that grip in the wet (shot of baby strapped in back seat)a good memorystill cries at a good filmstill kisses with salivano longer empty and franticlike a cat tied to a stick that's driven into frozen winter shit (the ability to laugh at weakness)calm, fitter, healthier and more productivea pig in a cage on antibiotics

Sample looping in background: [This is the Panic Office, section nine-seventeen may have been hit. Activa-te the following procedure]

(OKC)

20

Fig.1

Fig.2

Fig.3 La prima e la terza immagine ricordano i te-lescreen

Page 19: I may be paranoid, but I'm not an android

Fitter Happier è una sorta di manifesto della società moderna che noi stessi abbiamo contribuito a creare. TY decise di far recitare questo testo ad uno dei primi programmi di lettura vocali comparsi su un iMac. La voce compute-rizzata legge una lunga lista di attività, di sensazioni e di sentimenti molto in-timi: questa lista è una sorta di checklist degli anni ʼ90, di quelle persone che si sforzano per ottenere una perfezione ideale tramite un perfect lifestyle, per raggiungere il successo che le altre generazioni prima di loro avevano avuto. Il problema è che la risultante di questa ricerca ossessiva della perfezione non fa altro che condurci verso sentimenti in realtà finti e vuoti, a una deuma-nizzazione di tutto, ad una emotional death (ecco perchè è un computer a re-citare sensazioni che invece apparterrebbero allʼuomo). Fitter happier è met-tere un punto interrogativo alla frase “esiste la natura umana (?)”. Ed ecco al-lora che le parole chiave del cittadino moderno diventano conformismo, per-dità di individualità, accumulo di capitale/sfruttamento dei lavoratori (“more productive”), perdita degli ideali, di iniziativa, di diversità (“pragmatism not idealism”) rimanendo bloccati in una situazione di no chance of escape (ver-so la fine si parla di un gatto, animale libero per definizione, “tied to a stick thatʼs driven into frozen winter shit”) da questo stile di vita. Ridotti a vivere come androidi, pur essendo tuttavia ancora umani (“still cries at a good film, still kisses with saliva”, atteggiamenti inequivocabilmente appartenenti al-lʼuomo).Ancora unʼosservazione: man mano che la lista del perfect lifestyle procede verso il basso la voce computerizzata degrada sempre di più di tono segna-lando un flaw, un difetto, in questa macchina così perfetta. Se lʼincipit del te-sto è “fitter, happier”, la penultima frase è “fitter, healtier” dove la felicità è so-stituita dal benessere fisico, come a confermarci ulteriormente la svuotamen-to dei sentimenti dovuto a questa checklist. Lʼultima frase, emblematica, “a pig in a cage on antibiotics” racchiude in sè lʼintera metafora dello stato del cittadino, perfettamente allineato con gli altri, tutto benessere e comfort, incu-rante dei problemi della società o di quelli politici.Vediamo ora i riferimenti letterali, partendo proprio da questʼultima frase: “a pig in a cage on antibiotics” potrebbe derivare molto probabilmente da GO,

21

Page 20: I may be paranoid, but I'm not an android

precisamente da Animal Farm; infatti dopo la rivoluzione operata dagli anima-li per scacciare il padrone umano, i maiali, la “classe” più intelligente, dopo aver fatto propaganda per una fattoria dove tutti fossero allo stesso livello, fi-niranno per diventare loro i padroni stessi degli altri animali, andando ad abi-tare nella casa dellʼex padrone, commettendone gli stessi errori ed abbando-nandosi agli stessi vizi. A pig in a cage on antibiotics. Si possono trovare rife-rimenti inoltre a Trainspotting di Danny Boyle (peraltro appassionato del ge-nere distopico/fantascientifico, vedi Sunshine e 28 giorni dopo), in particolare nel celebre passaggio “choose life; chose a job...” che ricorda molto la chec-klist della nostra Fitter Happier e in Three days of the condor, pellicola di Sydney Pollack del 1975 da cui TY ha estrapolato una citazione (“This if the Panic Office, section nine-seventeen may have been hit. Activate the fol-lowing procedure”) mandandola in loop in sottofondo durante il brano; è da segnalare il grande successo riscosso dal film per via del tema trattato, ovve-ro la manipolazione dellʼinformazione da parte del potere politico.Venendo alla nostra ricerca personale, lo strato narrativo che cerchiamo di individuare è quello che lega OKC a NEF: la nostra storia inizia qui, con una prima descrizione di Oceania: lʼintero dialogo potrebbe essere uno sproloquio più o meno immaginario di un telescreen nellʼatto di fare “propaganda” per un corretto stile di vita più produttivo per tutti. Vengono citati i consueti esercizi di ginnastica cui le comrades dovevano sottoporsi (“regular exercise at the gym, 3 days a week”), la thought police (“moral bank”), lʼavversione verso lʼamore, visto dal Partito come un sentimento di ribellione (“fond but not in love”), la condizione di Winston, lavoratore nellʼOuter Party (“an empowered and in-formed member of society”) tuttavia impotente nel fare qualsiasi cosa (“con-cerned but powerless”, “no chance of escape”).Queste sono solo piccole pennellate di introduzione, vedremo come in altri testi i richiami a NEF siano molto più espliciti e diretti.

PARANOID ANDROIDPlease could you stop the noise, I’m trying to get some rest

From all the unborn chicken voices in my head

What’s that? (I may be paranoid but I’m not an android)

22

Page 21: I may be paranoid, but I'm not an android

When I am king you will be first against the wall

With your opinion which is of no consequence at all

What’s that? (I may be paranoid but I’m not an android)

Ambition makes you look pretty ugly

Kicking squealing Gucci little piggy

You don’t remember, You don’t remember

Why don’t you remember my name?

Off with his head, man, Off with his head, man

Why wont’t you remember my name?

I guess he does

Rain down, rain down

Come on rain down on me

From a great height, from a great height

That’s it sir, you’re leaving The crackle of pig skin

The dust and the screaming The yuppies networking

The panic, the vomit The panic, the vomit

God loves his children God loves his children, yeah

[versione originale] That’s why he kills ‘em, yeah (OKC)

Sia il titolo della canzone che quello dellʼalbum vengono da The Hitchhiker's Guide to the Galaxy di Douglas Adams del 1979, primo libro della “trilogia in cinque parti” di fantascienza umoristica. Il paranoid android in questione è Marvin, un robot straordinariamente intelligente ed incredibilmente triste, de-presso. Quello che qui ci interessa è la trasposizione Marvin-TY-Winston. Chiunque sia di questi tre a pronunciare le parole, il concetto è sempre lo stesso: si insiste sulla deumanizzazione della società abbozzata in Fitter Happier, prendendone le distanze come singolo, sentendosi come alieni su un pianeta sconosciuto (Marvin), estranei alle convenzioni a cui ci hanno abi-tuati (TY), incapaci di essere compresi da chiunque (Winston).Quanto a NEF/OKC, la descrizione di Oceania prosegue sotto diversi punti di vista, pur non essendo cronologicamente lineare. Eʼ Winston la voce della prima strofa, chiedendo pietà verso il rumore incessante dei telescreen, che non potevano mai essere spenti del tutto (“please could you stop the noise Iʼm trying to get some rest”), mentre è OʼBrien a condurre le successive, a ri-cordarci prima che le opinioni dei proles erano assolutamente ininfluenti (“with your opinion which is of no consequence at all”) poi che i membri del partito che cadevano nella tentazione dellʼambizione venivano resi inermi

23

Fig.4 1984 è formato da 3 parti, nel libretto compaiono A, B, C senza apparente signifi-cato

Page 22: I may be paranoid, but I'm not an android

(“ambition makes you look pretty ugly”). Il metodo per rendere “innocua” una persona era la vaporization con conseguente eliminazione di ogni traccia scritta che potesse testimoniarne in qualche maniera la passata esistenza: ecco spiegato “you donʼt remember my name”, immaginaria voce di un indivi-duo cancellato, e “off with his head man”, riferimento a un antico metodo di esecuzione, la decapitazione, paragonata qui alla vaporizzazione. Il testo prosegue sullʼonda dellʼazione di forza della thought police, descrivendo il marcio che il malcapitato di turno è costretto a subire per aver commesso un thoughtcrime e concludendosi molto ironicamente con “God loves his chil-dren”, ovvero Big Brother adora così tanto i suoi cittadini che li fa uccidere (tantʼè che nella versione originale del testo lʼultima frase era proprio “thatʼs why he kills ʻem, yeah”).Come detto il trio Marvin-TY-Winston si sente come un alieno in mezzo agli altri; ed è proprio quello di cui parla il prossimo pezzo.

SUBTERRANEAN HOMESICK ALIENThe breath of the morning

I keep forgetting the smell of the warm summer air

I live in a town where you can’t smell a thing

You watch your feet for cracks in the pavement

And up above aliens hover making home movies

For the folks back home

Of all these weird creatures who lock up their spirits

Drill holes in themselves and live for their secrets

They’re all so uptight

I wish that they’d swoop down in a country lane

Late at night when I’m driving

Take me on board their beautiful ship

Show me the world as I’d love to see it

I’d tell all my friends but they’d never believe me

They’d think that I’ve finally lost it completely

I’d show them the stars and the meaning of life

They’d shut me away but I’d be all right

I’m just uptight

24

Fig.5 Winston aveva ricordi sbiaditi sulla sua famiglia

Page 23: I may be paranoid, but I'm not an android

Lo spunto per il brano viene da un tema scolastico che TY doveva affrontare, intitolato “se fossi un alieno proveniente da un altro pianeta, come descrive-resti la terra?”. TY riprende questo vecchio ricordo adolescenziale per lancia-re il solito sguardo malinconico e nostalgico sul mondo di oggi, sollevandosi idealmente in aria e notando come la società di oggi ci abbia tutti isolati gli uni dagli altri, tutti presi dal riempirci di sensazioni vuote senza accorgerci di non stringere veramente più nulla in mano, di aver perso la sensibilità di co-gliere un vero sentimento. Da qui il passaggio alieno --> Winston è molto semplice.La prima parte del brano è dedicata alla memoria ancestrale e il titolo innan-zitutto è emblematico: su “alien” abbiamo già discusso, “subterranean” fa rife-rimento al fatto che prima della separazione la famiglia di Winston viveva sot-toterra, mentre “homesick” parla da sè significando “nostalgico”. I ricordi di Winston spesso sono confusi e sommari (tantʼè che non è nemmeno sicuro dellʼanno in vigore), tuttavia durante il libro più volte si chiede se sia il solo uomo ad Oceania con una memoria funzionante. Il Grande Fratello quotidia-namente cancella e riscrive continuamente riferimenti al passato, contribuen-do al brainwashing generale dei suoi abitanti. La guerra nucleare che ha sconvolto il continente anni prima lascia vedere ancora i propri effetti: “cracks in the pavement” ovunque, le sensazioni quotidiane confortevoli sono scom-parse (“I live in a town where you canʼt smell a thing”) e lʼodore di una calda estate è solo un puntino lontano dentro la mente di Winston (the Golden Country). La polizia effettua giornalmente pattuglie servendosi di elicotteri (“aliens hover”) e, abbinata al continuo controllo dei teleschermi, costringe la popolazione a vivere nascondendo i propri segreti (“who lock up their spirits, drill holes in themselves and life for their secrets”, Winston lo fa tramite il suo taccuino) in un continuo stato di tensione (“theyʼre all uptight”, “Iʼm just up-tight”). Era pur vero che si era costantemente sotto sforzo nel mantenere “the expression of quiet optimism which it was advisable to wear when facing the telescreen” [Orwell 1949: 6].La malinconia di Winston viene fuori tutta nella seconda strofa, in cui imma-gina di essere rapito da una navicella che gli possa mostrare quello di cui in cuor suo è convinto: il Grande Fratello manipola tutto quotidianamente e per-tanto occorre resistere e ribellarsi. Tuttavia questa eventualità gli potrerebbe soltanto problemi (sin dallʼinizio del romanzo Winston è convinto che prima o poi sarà catturato, è solo una questione di tempo), le altre comrades lo de-nuncerebbero alla polizia (“theyʼd never believe me, theyʼd think that Iʼd finally

25

Page 24: I may be paranoid, but I'm not an android

lost it completely”) e sarebbe arrestato (“theyʼs shut me away”). Ma felice di aver potuto dire: “Down with Big Brother” [Orwell 1949: 20].

LET DOWNTransport, motorways and tram lines

Starting and then stopping, taking off and landing

The emptiest of feelings

Disappointed people, clinging onto bottles

When it comes its so so disappointing

Let down and hanging around

Crushed like a bug in the ground

Let down and hanging around

Shell smashed, juices flowing

Wings twitch, legs are going

Don’t get sentimental, it always ends up drivel

One day I am going to grow wings

A chemical reaction

Hysterical and useless

Let down and hanging around

Crushed like a bug in the ground

Let down and hanging around

You know where you are with

Floor collapsing, floating, bouncing back and

One day I am going to grow wings

A chemical reaction

Hysterical and useless

Hysterical and (you’ll know where you are)

Let down and hanging around

Crushed like a bug in the ground

Let down and hanging around

Procediamo come solito per strati. Il primo livello interpretativo parte dalla routine da tour che TY deve affrontare costantemente come leader di una band: sempre in viaggio in aereo, sempre a stringere mani sorridendo, incon-tri con persone stanche, alcolizzate, abbattute, insomma visitare migliaia di posti a velocità estrema ed avere la sensazione di non aver vissuto per dav-vero quei momenti. Questo si traduce immediatamente nel secondo strato in-

26

Page 25: I may be paranoid, but I'm not an android

terpretativo, che come al solito è una considerazione sulla società moderna: la sensazione è come quella di un uomo nello spazio senza alcun controllo sulla terra e sugli altri. Siamo di fronte alla consueta alienazione che crea di-stanza tra le persone (ci ricolleghiamo a Subterranean homesick alien), allo svuotamento dei sentimenti (“the emptiest of feelings”), alla sensazione di useleness (“crushed like a bug in the ground”, impotente come un insetto). La società del consumismo e della produzione di massa fa girare il mondo ai 1000 orari risucchiando tutto quello che ci circonda: ci convincono che questo migliorerà le nostre condizioni di vita ma la verità è che non ci stiamo nem-meno divertendo perchè le sensazioni che crediamo vere sono in realtà finte, tanto che quando ce ne accorgiamo, ecco che arriva la delusione (“and when it comes itʼs so disappointing”). Uno dei consueti rifugi che ci concediamo è lʼalcol: TY riporta unʼimmagine di quando, entrando una volta in un pub, vide una lunga fila di soggetti seduti al bancone aggrappati alle bottiglie, come se queste fossero un cappio attorno al loro collo; si usa dire che lʼalcol riesca a togliere la corazza ad ognuno di noi lasciandoci a piede libero verso i senti-mentalismi: la seconda strofa parla proprio di questo e di come lʼalcol possa portare a credere di poter avere un futuro migliore (“new wings”), ma sono solo sciocchezze (“donʼt get sentimental, it always ends up drivel”) perchè si tratta solo di una reazione temporanea dovuta allʼalcol (“a chemical reaction, hysterical and useless”). Nella terza strofa si completa la metafora alcol/im-piccagione : il pavimento crolla, il bevitore cade giù con lui e rimbalza per ef-fetto della bottiglia/cappio (“floor collapsing, falling, bouncing back”). Siamo al punto più basso raggiunto nellʼalbum, quello dellʼalienazione dilagante della società moderna che non lascia alcun spiraglio di luce: lʼimmagine della me-tamorfosi in un insetto inutile descrive bene quello che in realtà siamo.Veniamo ora al nostro NEF/OKC: il brano descrive lʼhanging around di Win-ston per la città e per i quartieri dei proles. Winston credeva che se esisteva una speranza per la brotherhood e per la ribellione, questa risiedeva nei pro-les. A causa dei suoi ricordi offuscati egli si reca in cerca di qualcosa che possa fargli luce sugli anni antecedenti la guerra e fargli credere che ancora esistessero (o almeno fossero esistiti) dei veri sentimenti. Entra così in un pub invaso dallʼodore di birra acida (“disappointed people, clinging on to bot-tles”) e si appresa ad una conversazione con un anziano, confidando che possa fornirgli buone informazioni sulla guerra, sulle vecchie condizioni di li-bertà, sulla coscienza che essi hanno della situazione attuale; purtroppo il tentativo si traduce in un nulla di fatto: lʼanziano farfuglia concetti incompren-sibili facendo scaturire una serie di riflessioni negative da parte di Winston,

27

Page 26: I may be paranoid, but I'm not an android

deluso (“when it comes itʼs so disappointing”). La visita e la conversazione con i proles ricorda a Winston che questo rappresentava di per sè un atto in-solito e rischioso: torna alla sua mente lʼidea che prima o poi verrà catturato dalla psicopolizia. La metamorfosi che Winston prevede è quella da uomo ad insetto: un giorno finirà per essere scoperto per il suo thoughtcrime (“one day, Iʼm gonna grow wings, a chemical reaction, hysterical and useless”), lo farà trasformare metaforicamente in un insetto, naturalmente ovvio per la polizia eliminarlo (“crushed like a bug in the ground”). Anche qui, come nellʼanalisi sulla condizione inutile del cittadino moderno, siamo al punto di maggiore sconforto per Winston. Il capitolo della visita al quartiere prole è lʼultimo della prima parte del romanzo, esattamente prima che il suo destino inizi a cambia-re con la conoscenza di Julia e la scoperta di non essere lʼunico “pazzo” a credere nella Fratellanza, visto lʼinvito di OʼBrien, riconosciuto in questo mo-mento da Winston come alleato. Un colpo di fortuna. Lucky.

LUCKY

I’m on a roll, this time

I feel my luck could change

Kill me Sarah

Kill me again with love

It’s gonna be a glorious day

Pull me out of the aircrash

Pull me out of the lake

Cause I’m your superhero

We are standing on the edge

The head of state has called for me by name

But i don’t have time for him

It’s gonna be a glorius day!

I feel my luck could change

Lasciamo perdere i primi due strati interpretativi (lʼepisodio autobiografico di un innamoramento e la metafora di un incidente aereo - in cui per lʼ80% dei casi lʼerrore è umano e non tecnico - che rappresenta la società occidentale che va a rotoli e noi stessi siamo gli unici responsabili) andando subito sul terzo, che è quello che ci interessa di più, ovvero NEF/OCK.

28

Fig.6 Lucky come un ribelle scappato from “the cracks in the pavement”

Page 27: I may be paranoid, but I'm not an android

Siamo nella seconda parte del romanzo, Winston e Julia si sono conosciuti e hanno consumato il loro amore (“Kill me Sarah, kill me again with love”), fi-nalmente OʼBrien si è messo in contatto con Winston mostrandosi come un alleato in favore della Brotherhood, insomma tutto sta andando per il meglio nella vita di Winston (“Iʼm on a roll”, si sente lanciato), che, in opposizione allo sconforto visto in Let Down, qui crede veramente di poter ribaltare il proprio destino (“I feel my luck could change”) e far parte della rivoluzione il giorno in cui verrà (“itʼs gonna be a glorious day”). Consapevoli di essere in bilico tra il trionfo di una ribellione e lʼabisso di una cattura/vaporizzazione (“we are standing on the edge”), i due amanti si sentono come ribelli, scappati attra-verso “the cracks in the pavement” di cui si era parlato in Subterranean Ho-mesick Alien (vedi fig.6)

ELECTIONEERING

I will stop at nothing

Say the right things

When electioneering

I trust I can rely on your vote

When I go forwards you go backwards

and somewhere we will meet

Riot shields

Voodoo economics

It’s just business

Cattle prods and the IMF

I trust I can rely on your vote

[versione originale] Doin’ it all

Testo fortemente politico. Allontaniamoci per un momento dal nostro NEF e facciamo qualche considerazione di carattere generale sulla politica post-thatcheriana. GO è stato un grande saggista: la sua capacità di esporre in maniera cristallina meccanismi e funzionamenti della classe politica, con tutto il bagaglio di propaganda, adesione, conflitto scrittore/politico che ne conse-gue, lo ha reso valido come saggista quanto, se non di più, come romanziere. Qui TY indossa le vesti dellʼartista politicamente impegnato: sfogliando le va-rie interviste rilasciate nel corso degli anni abbiamo imparato a capire che egli detesta ogni forma di propaganda (che necessariamente comporta doppio-

29

Fig. 7 1=2 assomiglia molto a 2+2=5, ovvero il principio del doublethink

Page 28: I may be paranoid, but I'm not an android

giochismo, menzogne, ipocrisie, frasi di circostanza, una vera e propria reci-tazione di un ruolo) e ogni atto di violenza, più o meno figurato (partiti ag-gressivi, soffocamento delle libertà dei cittadini). TY ce lʼha a morte con la propaganda perchè ritiene che essa rappresenti per la democrazia quello che la violenza costituisce nei totalitarismi. Il 1997, anno di uscita di OKC, è an-che lʼanno del ritorno al potere dei laburisti, con Tony Blair, dopo una lunga gestione Tory (1979-1997). Leggiamo da unʼintervista a Judy Bond:

TY: ”Well, I've been reading a lot about the fifty years since the Second World War, about Western foreign policy and all that. I try not to let it get to me, but sometimes I just think that there's no hope. Then I realize, "Well, hang on, that's what they'd love us to believe." It's a fight, a mental fight. I grew up under Thatcher. I grew up believing that I was fundamentally powerless. Then gradually over the years it occurred to me that this was actually a very convenient myth for the state.[...]JB: “Well, you're up there in a position where people listen to what you say. I appreciate that you do that for them.”TY: “That comes from my dad, actually. My dad spent his whole life getting into fights for telling what he be-lieved to be the truth. Basically it comes from my dad—and he's screaming right-wing, so there you are.”

TY insiste sullʼimportanza di scuotersi e resistere. Resistere ai soprusi de-nunciati nel testo, politici che non si fermano davanti a niente (“I will stop at nothing” e “Doinʼ it all” alla fine) in un continuo stato di campagna elettorale (“When I go forwards you go backwards and somewhere we will meet” signi-fica che quando un politico avanza, assicurandosi potere e denaro, i suoi elettori retrocedono e viceversa: endless propaganda). Nella seconda strofa prende di mira le forze dellʼordine delle democrazie armate fino ai denti (“riot shields”), le voodoo economics (soprannome affibiato da George Bush alle reaganomics, ovvero una serie di scelte di politica enomica proposte dal pre-sidente statunitense Reagan e successivamente adottate anche dalla Thatcher), lʼutilizzo della propaganda, paragonata ad un elettroshock sui cit-tadini (“cattle prods”) e le strategie di controllo degli equilibri del mondo del Fondo Monetario Internazionale (“the IMF”). Come resistere a tutto questo? Informandosi, leggendo.E leggere è lo strumento di difesa di Winston Smith: egli ha tra le mani THE BOOK, “The Theory and Practice of Oligarchical Collectivism” di Emmanuel Goldstein, sommo traditore nemico di Oceania e leader della Brotherhood,

30

Page 29: I may be paranoid, but I'm not an android

nel quale vengono svelati i meccanismi tramite i quali BB e il Party riescono a mantenere il controllo totale sulla popolazione di Oceania: thoughtpolice (“riot shields”), politiche economiche discutibili del Miniplenty, paragonate a magia nera (“voodoo economics”, sappiamo infatti come tramite la pratica del Dou-blethink il governo riesca a manipolare i dati economici a proprio piacimento; ricordiamo ad esempio la razione di cioccolata che invece di essere ridotta da 30 a 20 grammi, “magicamente” aumenta fino a 20 grammi grazie a un truc-chetto di riscrittura del passato), le torture del Minilove (“cattle prods”) e divi-sione della popolazione in tre strati. Mentre Winston legge il libro Julia cade in un sonno profondo: siamo agli ultimi istanti prima della cattura dei nostri amanti.

EXIT MUSIC (FOR A FILM)Wake from your sleep

And dry all your tears

Today we escape

Pack and get dressed

Before your father hears us

Before all hell breaks loose

Breathe, keep breathing

Don’t loose your nerve

Breathe, keep breathing

I can’t do this alone

Sing us a song, a song to keep us warm

There’s such a chill

You can laugh, a spineless laugh

We hope your rules and wisdom choke you

Now we are one Ii everlasting peace

We hope that you choke, that you choke

1996, Baz Luhrmann chiede ai Radiohead di comporre una canzone per il suo nuovo film Romeo + Juliet, adattamento cinematografico dellʼimmortale tragedia di Shakespeare. La celeberrima storia parla di un amore che avreb-

31

Page 30: I may be paranoid, but I'm not an android

be potuto avere un happy ending ma che viene distrutto dalla sfortuna e dalla morte degli amanti, complice un destino avverso che vede come proibita questa unione. Situazione perfetta per traslare Romeo e Juliet in Winston e Julia (GO ha scelto il nome a caso?). Eʼ la canzone degli amanti, è la canzo-ne di chi crede che forse il destino avverso (il BB) si può sconfiggere.Julia si sveglia per lʼultima volta accanto a Winston (“wake from your sleep”, ricordiamo che Julia si addormentava ogni volta che si presentava unʼocca-sione), si dirigono alla finestra e sentono provenire dal cortile sottostante le parole rincuoranti di una vecchia canzone, intonata da una donna prole (“sing us a song, a song to keep us warm”) che recita: ʻIt was only an ʻopeless fancy /It passed

like an Ipril dye / But a look anʼ a word anʼ the dreams they stirred / They ʻave stolen my ʻeart awye! / ʻThey sye that time ʻeals all things / They sye you can always forget / But the smiles anʼ the tears acrorss the years

/ They twist my ʻeart-strings yet!ʼ, una canzone sopravvissuta alla distruzione che il Partito ha compiuto in tutta la società e che dà la forza ai nostri eroi di prose-guire sul cammino scelto, quello della resistenza (“breathe, keep breathing, donʼt loose your nerve, I canʼt do this alone”), almeno fin quanto potranno (“before your father hears us, before all hell breaks loose” chiaramente qui the father è BB). La canzone termina con una sfida a questo Dio/BB/Demiur-go, reo di aver creato una società in cui il loro amore non possa esprimersi (ricordiamo che ogni sentimento amoroso era considerato thoughtcrime, e nemmeno il mero sesso era visto di buon occhio) e con lʼaugurio di riuscire a sovvertire lʼordine le cose con la rivoluzione (“we hope your rules and wisdom choke you”, “we hope that you choke”). “We are one, in everlasting peace” è unʼallusione a “We are the dead” [Orwell 1949: 230]Ma il destino degli amanti è tragico secondo la perfetta tradizione Sha-kespeariana. Lʼarresto da parte della Psicopolizia è imminente.

KARMA POLICE

Karma police arrest this man

He talks in maths, he buzzes like a fridge

He’s like a detuned radio

32

Page 31: I may be paranoid, but I'm not an android

Karma police arrest this girl

Her hitler hairdo is makin me feel ill

And we have crashed her party

This is what you get when you mess with us

Karma police

I’ve given all i can It’s not enough

I’ve given all I can but we’re still on the payroll

This is what you get when you mess with us

For a minute there I lost myself, I lost myself

Da alcune interviste scopriamo che TY si è avvicinato al Buddhismo: il suo attivismo politico a favore della non violenza lo portò a perorare la causa del Tibet e a leggere il Libro tibetano dei morti. Karma Police viene da qui:

TY: “Il karma è importante. Lʼidea che il karma esiste mi rende felice. Mi fa sorridere. Karma Police è dedica-

ta a chiunque lavori per una grande azienda. Eʼ una canzone contro i padroni”. [Franchi 2009: 165]

Il videoclip di Karma Police mette in scena unʼautomobile che insegue inces-samente un uomo a piedi. Il punto di svolta si ha quando la macchina inizia a perdere benzina: lʼuomo sfrutta ciò a suo favore incendiando la striscia di benzina che ovviamente si dirige verso la macchina incenerendola. Da per-seguitato a persecutore: direi che non cʼè bisogno di commentare ulterior-mente.

Lʼallusione alla ThoughtPolice è qui fin troppo facile da cogliere; il testo non ha una linearità cronologica poiché secondo noi riprende momenti diversi del romanzo con diversi narratori (così come successo in Paranoid Android).Lʼuomo citato nella prima strofa (“he buzzes like a fridge, heʼs like a detuned radio”) potrebbe essere il fastidioso ciarlatano che durante la mensa vomita parole su parole a favore del partito, risultando quasi incomprensibile (nel li-bro, il passaggio è “someone was talking rapidly and continuously, a harsh gabble almost like the quacking of a duck,” [Orwell 1949: 53]); la donna della

33

Fig. 8 la Gran Bretagna era diventata la prima pista di atterraggio. Inoltre la polizia faceva le proprie pattuglie in elicottero.

Page 32: I may be paranoid, but I'm not an android

seconda strofa invece potrebbe essere la ragazza dagli atteggiamenti forte-mente violenti espressi durante Two minutesʼ hate (“her Hitler hairdo is ma-king me feel ill”). Eravamo rimasti, con Exit Music, al momento dellʼarresto, ultima scena prima dellʼinizio della terza parte del romanzo. Lʼagente della polizia pronuncia la sua sentenza: “this is what you get when you mess with us”. I versi rimanenti, pur certi che siano pronunciati da Winston, non sono facilmente collocabili nel tempo: “Iʼve given all I can, itʼs not enough” potrebbe sia riferirsi allo sforzo continuo, ma non sufficiente, per nascondere la propria relazione con Julia oppure i tentativi invani di conversione a cui Winston si sottoporrà una volta allʼinterno del Minilove, non riuscendo per molti mesi ad accettare le imposizioni e le palesi contraddizioni di OʼBrien. Idem per lʼultima frase, “For a minute there, I lost myself” potrebbe avere un significato doppio, a seconda della scelta dei Radiohead di stilare una sorta di happy ending alla storia (ma questo lo vedremo con lʼultima traccia, Airbag). Finora ci atteniamo alla versione di GO: “For a minute there I lost myself” è uno shifting tempora-le, immaginiamo che Winston, dopo la cura e dopo essere tornato ad amare il Grande Fratello, dica tra sé e sé queste parole, riferendosi al periodo in cui era un cittadino non allineato, deviato dallʼidea della ribellione. Ma non è an-cora il momento di trarre delle conclusioni. Avvenuto lʼarresto, ci trasferiamo dentro le mura del Minilove.

CLIMBING UP THE WALLS

I am the key to the lock in your house

That keeps your toys in the basement

And if you get too far inside

You’ll only see my reflection

It’s always best when the light is off

I am the pick in the ice

Do not cry out or hit the alarm

You know we’re friends till we die

34

Page 33: I may be paranoid, but I'm not an android

And either way you turn I’ll be there

Open up your skull I’ll be there

Climbing up the walls

It’s always best when the light is off

It’s always better on the outside

Fifteen blows to the back of your head

Fifteen blows to your mind

So lock the kids up safe tonight

Put the eyes in the cupboard

I’ve got the smell of a local man

Who’s got the loneliest feeling

Lʼispirazione per il pezzo viene da unʼesperienza di TY che per un periodo la-vorò come infermiere in una clinica psichiatrica ai tempi del progetto Care in the Community, attuato dal governo Thatcher: sostanzialmente il progetto prevedeva la reintegrazione dei pazienti malati di mente nel tessuto famiglia-re e sociale, chiudendo di conseguenza gli istituti fino ad allora addetti alla cura di questi. LʼItalia si era già mossa anni prima, nel 1978, con la legge 180 che prevedeva la chiusura dei manicomi. I soggetti che presentavano dei di-sturbi dovevano allora essere curati in ambulatori di Igiene Mentale sparsi sul territorio per opera di un nuovo reparto chiamato Servizio Psichiatrico: la co-sa inquietante è che per legge questi reparti potevano ospitare un massimo di 15 pazienti (15 letti) (“fifteen blows to the back of your head”). Si trattava, tanto in Italia quanto nel Regno Unito di spalancare i cancelli alla pazzia, libe-ra di andarsene in giro. TY introduce il pezzo dichiarando: “Questa canzone parla del mostro nascosto nellʼarmadio...”.

Il mostro nascosto nellʼarmadio per Winston è il ratto. Questa canzone dal-lʼatmosfera spettrale capitanata dal tema dellʼ”Igiene Mentale” ci catapulta dentro il Minilove dove per mesi avrà corso la “riabilitazione” di Winston come cittadino allineato di Oceania. OʼBrien/BB/teleschermo è protagonista assolu-to delle parole: “I am the key in the lock in your house, that keeps your yous in the basement. And if you get too far inside, youʼll only see my reflection”

35

Fig. 9

Page 34: I may be paranoid, but I'm not an android

non hanno quasi bisogno di commento. Per tutto il romanzo Winston e Julia erano convinti di almeno una cosa “They canʼt get inside you” [Orwell 1949: 174], qualunque cosa succedesse, essi erano convinti che il profondo della mente era lʼunico luogo sicuro e inaccessibile agli altri. OʼBrien smonterà bru-talmente questa convinzione (“either way youʼll turn iʼll be there, open up your skull, Iʼll be there, climbing up the walls”); egli è “the pick in the ice”, allusione alla “lobotomia” che sta per fargli, ricordando a Winston che “you know weʼre friends till we die”. BB/telescreen è colui che è dappertutto, aggrappato ai muri, dovunque (nel libro “Whichever way you turned, the telescreen faced you” [Orwell 1949: 115]. Eʼ quasi il momento dellʼestremo rimedio: room 101.

NO SURPRISESA heart that’s full up like a landfill

A job that slowly kills you

Bruises that won’t heal

You look so tired and unhappy

Bring down the government

They don’t, they don’t speak for us

I’ll take a quiet life

A handshake of carbon monoxide

No alarms and no surprises

Silent, silent

This is my final fit, my final bellyache with

No alarms and no surprises, please

Such a pretty house, such a pretty garden

No alarms and no surprises (let me out of here)

Siamo davanti a un testo particolarmente complesso in cui gli strati interpre-tativi sono numerosi; il collegamento a Let Down è ideale poichè siamo di nuovo in un momento di umore veramente basso, di rinuncia alla battaglia, di disillusione totale. In Let Down abbiamo visto un mondo che cadeva letteral-mente a pezzi, qui la sensazione è la stessa ma sembra aggiungersi un sen-

36

Page 35: I may be paranoid, but I'm not an android

timento di rinuncia nel cambiare le cose; lʼautore prende le distanze dal mon-do come a dire “se questa è la realtà, allora non voglio esserne parte” dando adito alla possibilità di un suicidio (“such a pretty house, such a pretty gar-der”, possibile cimitero?). Tornano tutti gli elementi visti finora lungo lʼalbum: un cuore pieno di sentimenti spazzatura, un consumismo/produzione di mas-sa che uccide, un governo ingannevole che non ci rappresenta: non è più tempo di compromessi, sembra di sentir dire “I give up”, basta. Silenzio.

Winston sta per essere portato nella stanza 101: dopo mesi di “terapia” Win-ston, stremato dalle torture, comincia ad abbandonarsi allʼidea di cedere, di arrendersi. Egli si esercita nella sua cella nella pratica del doublethink, auto-ingannandosi continuamente. Il passaggio “How easy it all was! Only surren-der, and everything else followed” [Orwell 1949: 290] è il momento esatto in cui Winston cede allʼidea di alzare bandiera bianca. Ed è qui che parte No Surprises, che si snoda a cavallo della tortura finale: “A heart thatʼs full up like a landfill” ricorda “something was killed in your breast: burnt out, cauterized out” [Orwell 1949: 304] subito successivo alla room 101. Winston tira le somme della sua vita: “a job that slowly kills you” per la tensione continua di essere scoperto, “bruises that wonʼt heal” in riferimento allʼulcera che inces-santemente lo tormenta, “tired, unhappy”, un “government” che “donʼt speak for us”. Stremato, la decisione di mollare definitivamente: basta con questa tensione “Iʼll take a quiet life”, “no alarms and no surprises”, questa è la mia resa finale “this is my final fit, my final bellyache” (il mal di pancia viene conti-nuamente citato per tutto il romanzo). Get me out of here. Il videoclip del bra-no raffigura per la sua intera durata TY dentro a una tuta spaziale nel cui ca-sco entra man mano dellʼacqua fino a sommergerlo completamente: la sen-sazione di claustrofobia e di tortura ben si sposa alle intenzioni del brano e a NEF. No Surprises è la ninna nanna finale prima del torpore. Che arriva.

THE TOURIST

It barks at no-one else but me

Like its seen a ghost

I guess it’s seen the sparks a-flowin

No-one else would know

Hey man, slow down

Idiot, slow down

37

Page 36: I may be paranoid, but I'm not an android

Sometimes I get over charged

That’s when you see sparks

They ask me where the Hell I’m going

A thousand feet per second

Hey man, slow down

Idiot, slow down

Ancora una volta, con estrema coerenza, il brano è una metafora della condi-zione umana odierna e parte tutto da un episodio autobiografico: Jonny, chi-tarrista della band, sedeva in una bellissima piazza in Francia quando notò un gruppo di turisti americani in preda a fotografare qualsiasi cosa, o meglio, ogni cosa in 10 minuti, senza realmente godersi nulla. Molto velocemente trasliamo paragonando quel gruppo di turisti allʼintera umanità: la smania di consumare tutto e subito ci corrode da dentro, volteggiamo a velocità elevata perdendo il controllo sulle cose, non accorgendoci che tutto va troppo in fretta e non riuscendo a stringere tra le mani nulla che non sia finto, di plastica. Di-ventiamo “turisti dellʼesistenza” [Franchi 2009: 205]. La soluzione al problema sarebbe di per sè semplice: take it slow.

Nella prima frase del testo si nasconde un omaggio a Fahreneit 451, roman-zo distopico di Ray Bradbury del 1953: il cane che “barks at no-one else but me” è il mechanical hound che abbaia ogni qualvolta Montag si presenti di-nanzi a lui (ricordiamo che nella società di Fahreneit 451 leggere libri era considerato reato; da qui la traslazione coerente in 1984, dove Ignorance is strenght), a rappresentare la tecnologia come un killer, con il mechanical ho-und utilizzato per uccidere.

A parte questo richiamo The Tourist è lʼunico brano a non presentare allusioni particolarmente esplicite a NEF. Possiamo solo immaginare che The Tourist rappresenti il limbo, il torpore successivo alla room 101 tantʼè che cʼè una ce-sura narrativa tra lʼultimo e il penultimo capitolo di NEF. Siamo al finale, alla “rinascita”.

AIRBAG

In the next world war

In a jackknifed juggernaut

I am born again

38

Page 37: I may be paranoid, but I'm not an android

In the neon sign, scrolling up and down

I am born again

In an interstellar burst I am back to save the universe

In a deep deep sleep of the innocent

I am born again

In a fast german car

I’m amazed that I survived

An airbag saved my life

In an interstellar burst I am back to save the universe

TY ha paura delle macchine, ne è ossessionato: lo avevamo detto allʼinizio e adesso il tema torna. Lo shock dovuto ad uno spaventoso incidente stradale (da cui è uscito indenne) subito in adolescenza lo ha ferito nel profondo. Da qui partono una serie di riflessioni: la consapevolezza della preziosità e della fragilità della vita perchè tutto può finire in un istante, senza alcuna logica, senza alcun preavviso. Ma anche la constatazione che la tecnologia domina la vita in ogni aspetto della nostra esistenza: lʼautomobile è un potenziale kil-ler seriale, ma è anche vero che lʼairbag ci può salvare. Ancora una volta lʼuomo moderno senza controllo, che utilizza strumenti più grandi della sua stessa esistenza, a velocità che cresce in maniera esponenziale. Lo aveva-mo detto poco fa: slow down.

Chiudiamo il cerchio su NEF/OCK: No Surprises era lʼincidente finale, The Tourist il limbo, il momento tra lʼurto e lʼattimo successivo in cui non sai se sa-rai salvo o no, Airbag è il cuscino, la “rinascita”, come se in quel momento di limbo fossi morto. Per Winston è proprio così. La vita ad Oceania per lui ri-prende, adesso il suo continente è in guerra contro lʼEurasia (“in the next world war”), i telescreen sono sempre lì (“in the neon sign, scrolling up and down”), Winston è tornato dopo la vaporizzazione (“in a deep sleep of the in-nocent”), dopo lo schianto (“in a jackknifed juggernaut”, “in an interstellar burst”), è sopravvissuto (“Iʼm amazed that I survived”).

Ci rimane solo un dubbio: “I am back to save the universe”. Winston si sente ancora il superhero di Lucky che deve salvare il mondo, portandolo alla rivo-luzione? Sappiamo che per molti anni un errore di stampa faceva sì che Win-

39

Page 38: I may be paranoid, but I'm not an android

ston lasciasse sospeso il risultato 2 + 2 = ... Forse TY ha voluto lasciare uno spiraglio di speranza: dopotutto è OK Computer, non NEF.

40

Page 39: I may be paranoid, but I'm not an android

Riferimenti bibliografici

ADAMS DOUGLAS, The Hitchhickerʼs Guide to the Galaxy, Pan Books, 1979.ALLEN WOODY, Sleeper, 1973.BACHTIN MICHAIL MICHAJLOVIC, Slovo v romane (1972); trad. it. La paro-la nel romanzo in Estetica e romanzo, Torino, Einaudi, 1975, p. 67-230.BARTHES ROLAND, Lʼactivité structuraliste (1963); trad. it. Lʼattività struttu-ralista in Saggi critici, Torino, Einaudi, 1966, p. 308-315.–––, S/Z (1970); trad. it. S/Z. Una lettura di “Sarrasine” di Balzac, Torino, Ei-naudi, 1973.–––, Analyse textuelle dʼun conte dʼEdgar Allan Poe (1973); trad. it. Analisi testuali di un racconto di Edgar Allan Poe in Id. Lʼavventura semiologica, To-rino, Einaudi, 1991, p. 181-215.BLOOM HAROLD, The Anxiety of Influence (1973); trad. it. Lʼangoscia del-lʼinfluenza. Una teoria della poesia, Milano, Feltrinelli, 1983.–––, The Western Canon (1994); trad. it. Il canone occidentale, Milano, Bom-piani, 1996.BOND JUDY, “The View from the Stage”, Shambala Sun, 1998.BOWIE DAVID, Diamond Dogs, 1974.BOYLE DANNY, Trainspotting, 1996.BRADBURY RAY, Fahreneit 451, New York, Ballantine, 1953.FRANCHI GIANFRANCO, Radiohead. A Kid. Testi commentati, Roma, Arca-na, 2009.GENETTE GERARD, Seulis (1987); trad. it. Soglie. I dintorni del testo, Torino, Einaudi, 1989.–––, Palimpsestes. La littérature au second degré (1982); trad. it. Palinsesti, Torino, Einaudi, 1997.GILLIAM TERRY, Brazil, 1985.GODARD JEAN-LUC, Alphaville, 1965.KRISTEVA JULIA, Semeiotiké. Recherches pour une sémanalyse (1969); trad. it. Semeiotiké. Ricerche per una semanalisi, Milano, La Feltrinelli, 1979.

41

Page 40: I may be paranoid, but I'm not an android

LUCAS GEORGE, THX 1138, 1971.LUHRMANN, Romeo + Juliet, 1996.MACARTHUR BRIAN, The Penguin Book of 20th-Century Speeches, Lon-don, Penguin, 2000.MARCHESE ANGELO, Dizionario di retorica e stilistica (1978¹), Milano, Mondadori, 1991.McTEIGUE JAMES, V for Vendetta, 2005.MOORE ALAN E LLOYD DAVID, V for Vendetta in Warrior, UK, Quality Co-mics, 1982-1989.ORWELL GEORGE, Nineteen Eighty-Four, London, Secker and Warburg, 1949.–––, Animal Farm, Secker and Watburg, 1945.PINK FLOYD, Animals, 1977.POLLACK SYDNEY, Three Days of the Condor, 1975.RADFORD MICHAEL, 1984, 1984.RADIOHEAD, Ok Computer, Bath & Didcot, Parlophone, 1997.RIFFATERRE MICHAEL, Describing Poetic Structures: Two Approaches to Baudelaireʼs “Les chats” in S. TOMPKINS (a cura di), Reader-Response Cri-ticism. From formalism to Post-structuralism, Balitimore, The Johns Hopkins University Press, 1980, p. 26-40.–––, Semiotics of Poetry (1978); trad. it. Semiotica della poesia, Bologna, Il Mulino, 1983.–––, La production du texte (1979); trad. it. La produzione del testo, Bologna, Il Mulino, 1989.SCOTT RIDLEY, Blade Runner, 1982.–––, 1984, 1984.SEGRE CESARE, Avviamento allʼanalisi del testo letterario, Torino, Einaudi, 1985a.STAROBINSKI JEAN, Les mots sous les mots. Les anagrammes de Ferdi-nand de Saussure (1971); trad. it. Le parole sotto le parole. Gli anagrammi di Ferdinand de Saussure, Genova, Il Melangolo, 1982.WACHOWSKI ANDY E LARRY, The Matrix, 1999.

42