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I m i g l i o r a m e n t i a m b i e n t a l i d e i c o r s i d a c q u a d i p i a n u r a n e l c o n t e s t o d e l l e r e t i e c o l o g i c h e di GiovamBattista Vitali I miglioramenti ambientali dei corsi d’acqua di pianura

I miglioramenti ambientali dei corsi d’acqua · 2017. 1. 2. · di GiovamBattista Vitali I miglioramenti ambientali dei corsi d’acqua di pianura. I miglioramenti ambientali dei

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Parco Oglio Nord

I miglioramenti ambientali dei corsi d’acqua nel contesto delle reti ecologiche

di GiovamBattista Vitali

I miglioramenti ambientali dei corsi d’acqua di pianura nel contesto delle reti ecologiche

di GiovamBattista Vitali

I miglioramenti ambientali dei corsi d’acqua di pianura

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Presentazione

Premessa La presente pubblicazione intende descrivere alcune opere ed interventi di miglioramento ambientale dei corsi d’acqua di pianura che rivestono un’importanza fondamentale per il mantenimento, riqualificazione o creazione di una rete ecologica in territori di pianura ad elevata antropizzazione. Lo scopo del manuale è essenzialmente pratico, e descrive principalmente tutta una serie di opere ed interventi tesi ad instaurare una diversificazione ambientale negli alvei dei corsi d’acqua di pianura.

Presentazione

Premessa La presente pubblicazione intende descrivere alcune opere ed interventi di miglioramento ambientale dei corsi d’acqua di pianura che rivestono un’importanza fondamentale per il mantenimento, riqualificazione o creazione di una rete ecologica in territori di pianura ad elevata antropizzazione. Lo scopo del manuale è essenzialmente pratico, e descrive principalmente tutta una serie di opere ed interventi tesi ad instaurare una diversificazione ambientale negli alvei dei corsi d’acqua di pianura.

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Presentazione

Premessa La presente pubblicazione intende descrivere alcune opere ed interventi di miglioramento ambientale dei corsi d’acqua di pianura che rivestono un’importanza fondamentale per il mantenimento, riqualificazione o creazione di una rete ecologica in territori di pianura ad elevata antropizzazione. Lo scopo del manuale è essenzialmente pratico, e descrive principalmente tutta una serie di opere ed interventi tesi ad instaurare una diversificazione ambientale negli alvei dei corsi d’acqua di pianura.

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1 Cenni di fluviomorfologia L’assetto dei corsi d’acqua naturali, sotto il profilo fluviomorfologico, è caratterizzato dall’aspetto della sezione trasversale, dal tracciato planimetrico e dal profilo longitudinale. Queste caratteristiche sono correlate fra loro nella ricerca di un equilibrio tra la forza della corrente e il trasporto dei sedimenti, originando diverse forme del corso d’acqua. Nei corsi d’acqua naturali si possono individuare diverse zone ed elementi che rappresentano valenze morfologiche ed ecologiche diverse. Canale attivo: è quella parte di alveo che è totalmente o parzialmente occupato dalla corrente nella maggior parte dell’anno; Barre: Consistono in innalzamenti morfologici allungati, disposti parallelamente alla corrente, all’interno del canale attivo. Tali elementi sono di tipo sedimentario, e possono essere laterali, mediani, ecc. Barre abbandonate: Si tratta di barre abbandonate che sono state colonizzate dalla vegetazione, nel tempo si stabilizzano e vanno a far parte della pianura inondabile; Pianura inondabile: è la zona pianeggiante adiacente al corso d’acqua, generata dal corso d’acqua stesso e inondata periodicamente. Il livello idrometrico in grado di raggiungere tale livello è detto “a piene rive”, e corrisponde alla cosiddetta portata a “piene rive”. Sponde: superfici inclinate o scarpate, che collegano l’alveo dalla piana alluvionale. Terrazzo: è una pianura inondabile abbandonata per l’approfondirsi del corso d’acqua. Terrazzi possono essere inondati in occasione di piene eccezionali. Soglie: (fille): sono picchi topografici del profilo longitudinale dell’alveo. In queste zone si hanno un aumento della pendenza e un flusso della corrente rapida e poco profondo. I sedimi, in questi punti, sono grossolani. Pozze (pool): si tratta di buche con una pendenza minore, un maggior battente e un sedime più fine, solitamente seguono le soglie.

Tutti questi elementi morfologici si originano in serie, in base alla dinamica del trasporto e della deposizione dei materiali solidi. Tali serie determinano sequenze di grande valenza morfologica ed ecologica (mesohabitat). Questa diversificazione morfologica e sedimentaria comporta una modificazione dello stato fisico, fenomeno fondamentale per il mantenimento delle condizioni ecologiche di un corso d’acqua. Portata formativa La portata formativa è quella che è in grado di generare l’assetto di un corso d’acqua in condizioni di equilibrio dinamico (nel lungo periodo), ovvero che è in grado di modificare le caratteristiche morfologiche del corso d’acqua attraverso fenomeni di deposito e di erosione. I metodi principali per valutare la portata formativa sono quelli della portata efficace e della portata a piene rive. Per i corsi d’acqua seminaturali o artificiali di pianura è particolarmente indicato quello a piene rive, ovvero quella portata che corrisponde al livello idrometrico individuato dal punto di passaggio tra l’alveo attivo e quello della piana inondabile. La portata a piene rive può essere un efficiente indicatore della portata formativa, sia per alvei di pianura a letto in materiale fine sia per quelli in materiali ghiaiosi.

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1 Cenni di fluviomorfologia L’assetto dei corsi d’acqua naturali, sotto il profilo fluviomorfologico, è caratterizzato dall’aspetto della sezione trasversale, dal tracciato planimetrico e dal profilo longitudinale. Queste caratteristiche sono correlate fra loro nella ricerca di un equilibrio tra la forza della corrente e il trasporto dei sedimenti, originando diverse forme del corso d’acqua. Nei corsi d’acqua naturali si possono individuare diverse zone ed elementi che rappresentano valenze morfologiche ed ecologiche diverse. Canale attivo: è quella parte di alveo che è totalmente o parzialmente occupato dalla corrente nella maggior parte dell’anno; Barre: Consistono in innalzamenti morfologici allungati, disposti parallelamente alla corrente, all’interno del canale attivo. Tali elementi sono di tipo sedimentario, e possono essere laterali, mediani, ecc. Barre abbandonate: Si tratta di barre abbandonate che sono state colonizzate dalla vegetazione, nel tempo si stabilizzano e vanno a far parte della pianura inondabile; Pianura inondabile: è la zona pianeggiante adiacente al corso d’acqua, generata dal corso d’acqua stesso e inondata periodicamente. Il livello idrometrico in grado di raggiungere tale livello è detto “a piene rive”, e corrisponde alla cosiddetta portata a “piene rive”. Sponde: superfici inclinate o scarpate, che collegano l’alveo dalla piana alluvionale. Terrazzo: è una pianura inondabile abbandonata per l’approfondirsi del corso d’acqua. Terrazzi possono essere inondati in occasione di piene eccezionali. Soglie: (fille): sono picchi topografici del profilo longitudinale dell’alveo. In queste zone si hanno un aumento della pendenza e un flusso della corrente rapida e poco profondo. I sedimi, in questi punti, sono grossolani. Pozze (pool): si tratta di buche con una pendenza minore, un maggior battente e un sedime più fine, solitamente seguono le soglie.

Tutti questi elementi morfologici si originano in serie, in base alla dinamica del trasporto e della deposizione dei materiali solidi. Tali serie determinano sequenze di grande valenza morfologica ed ecologica (mesohabitat). Questa diversificazione morfologica e sedimentaria comporta una modificazione dello stato fisico, fenomeno fondamentale per il mantenimento delle condizioni ecologiche di un corso d’acqua. Portata formativa La portata formativa è quella che è in grado di generare l’assetto di un corso d’acqua in condizioni di equilibrio dinamico (nel lungo periodo), ovvero che è in grado di modificare le caratteristiche morfologiche del corso d’acqua attraverso fenomeni di deposito e di erosione. I metodi principali per valutare la portata formativa sono quelli della portata efficace e della portata a piene rive. Per i corsi d’acqua seminaturali o artificiali di pianura è particolarmente indicato quello a piene rive, ovvero quella portata che corrisponde al livello idrometrico individuato dal punto di passaggio tra l’alveo attivo e quello della piana inondabile. La portata a piene rive può essere un efficiente indicatore della portata formativa, sia per alvei di pianura a letto in materiale fine sia per quelli in materiali ghiaiosi.

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3 Ecologia dei corsi d’acqua L’ambiente fluviale non è un sistema descrivibile solamente lungo un gradiente da monte a valle, ma è caratterizzato anche da gradienti trasversali, ovvero delle relazioni tra l’asta principale e gli ambienti laterali e la piana alluvionale. Un corso d’acqua è un insieme di elementi fisici (geomorfologici) che interagiscono con l’acqua che li attraversa, e questo genera un complesso definito come ecosistema fluviale. L’alveo (la morfologia) e le caratteristiche del flusso d’acqua variano da monte a valle e determinano significativi cambiamenti nella quantità e qualità degli Habitat, quindi si osserva un gradiente ecologico longitudinale. Il gradiente orizzontale viene determinato dalle relazioni tra un margine della piana alluvionale e l’altro. I corsi d’acqua rappresentano degli ecosistemi molto aperti, in cui il flusso d’acqua lineare, e le sue portate variabili, l’instabilità dell’alveo e del fondo, il trasporto solido, determina la presenza di Habitat, in una continua ricerca di un equilibrio dinamico. Le rogge e i canali irrigui seminaturali o artificiali rappresentano, rispetto ad un corso d’acqua naturale, un sistema più o meno semplificato per la diversità morfologica (longitudinale e laterale) e per la zona perifluviale. La conoscenza dei processi ecologici fondamentali che governano il sistema fluviale consente di definire al meglio un progetto di riqualificazione di un corso d’acqua. L’Habitat fluviale In un ambito acquatico il termine habitat sta ad indicare il complesso delle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche necessarie per la vita acquatica. La diversità ambientale può essere evidenziata a diverse scale spaziali: i microhabitat, mesohabitat e scala di tratto fluviale (macrohabitat) Molto importanti sono alcune componenti ambientali caratterizzanti diverse scale spaziali, che esprimono il principio unificante della diversità ambientale. Alcune di queste componenti (riferibili al mesohabitat) sono le seguenti:

Tipologia del substrato; Sequenze raschi-buche e sinuosità d’alveo; Vegetazione riparia; Ecotoni acquatici terrestri.

A scala di tratto fluviale la distribuzione biotica è determinata dalle principali variabili chimico-fisiche, come: la velocità della corrente, la tipologia del substrato e delle sostanze trasportate, la temperatura, l’ossigeno disciolto, la vegetazione ripariale, la luce, il pH e la qualità dell’acqua. A scala di microhabitat si riscontrano ambienti, all’interno del mesohabitat, di dimensioni variabili da pochi centimetri ad alcuni metri, determinati dall’interazione fra la velocità della corrente, le caratteristiche del substrato e la sua copertura (macrofite, detrito vegetale, periphyton). Tipologia del substrato Il substrato e le sostanze trasportate, in generale, possono essere classificate in due categorie:

Materiale inorganico, ovvero minerali naturali (sabbia, ghiaia, ciottoli, limo ecc..) e quelli di origine antropica (materiali plastici, metallici, macerie ecc..);

Materiali di origine organica (detriti, tronchi, piante, alghe, animali ecc..).

Il materiale organico costituisce la fondamentale fonte di cibo per i primi anelli della catena trofica, mentre quello inorganico concorre a determinare la creazione di meso e micro habitat. Sequenze di raschi e buche e sinuosità d’alveo Questi elementi morfologici sono tipici mesohabitat caratterizzanti i corsi d’acqua di collina e pianura, con andamenti planimetrici sinuosi, che induce la formazione di buche e soglie. La distanza delle buche è circa da 5 a 7 volte la larghezza dell’alveo, variabile comunque secondo l’eventuale presenza di cumuli detritici, solitamente il fondo è ghiaioso o ciottoloso.

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3 Ecologia dei corsi d’acqua L’ambiente fluviale non è un sistema descrivibile solamente lungo un gradiente da monte a valle, ma è caratterizzato anche da gradienti trasversali, ovvero delle relazioni tra l’asta principale e gli ambienti laterali e la piana alluvionale. Un corso d’acqua è un insieme di elementi fisici (geomorfologici) che interagiscono con l’acqua che li attraversa, e questo genera un complesso definito come ecosistema fluviale. L’alveo (la morfologia) e le caratteristiche del flusso d’acqua variano da monte a valle e determinano significativi cambiamenti nella quantità e qualità degli Habitat, quindi si osserva un gradiente ecologico longitudinale. Il gradiente orizzontale viene determinato dalle relazioni tra un margine della piana alluvionale e l’altro. I corsi d’acqua rappresentano degli ecosistemi molto aperti, in cui il flusso d’acqua lineare, e le sue portate variabili, l’instabilità dell’alveo e del fondo, il trasporto solido, determina la presenza di Habitat, in una continua ricerca di un equilibrio dinamico. Le rogge e i canali irrigui seminaturali o artificiali rappresentano, rispetto ad un corso d’acqua naturale, un sistema più o meno semplificato per la diversità morfologica (longitudinale e laterale) e per la zona perifluviale. La conoscenza dei processi ecologici fondamentali che governano il sistema fluviale consente di definire al meglio un progetto di riqualificazione di un corso d’acqua. L’Habitat fluviale In un ambito acquatico il termine habitat sta ad indicare il complesso delle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche necessarie per la vita acquatica. La diversità ambientale può essere evidenziata a diverse scale spaziali: i microhabitat, mesohabitat e scala di tratto fluviale (macrohabitat) Molto importanti sono alcune componenti ambientali caratterizzanti diverse scale spaziali, che esprimono il principio unificante della diversità ambientale. Alcune di queste componenti (riferibili al mesohabitat) sono le seguenti:

Tipologia del substrato; Sequenze raschi-buche e sinuosità d’alveo; Vegetazione riparia; Ecotoni acquatici terrestri.

A scala di tratto fluviale la distribuzione biotica è determinata dalle principali variabili chimico-fisiche, come: la velocità della corrente, la tipologia del substrato e delle sostanze trasportate, la temperatura, l’ossigeno disciolto, la vegetazione ripariale, la luce, il pH e la qualità dell’acqua. A scala di microhabitat si riscontrano ambienti, all’interno del mesohabitat, di dimensioni variabili da pochi centimetri ad alcuni metri, determinati dall’interazione fra la velocità della corrente, le caratteristiche del substrato e la sua copertura (macrofite, detrito vegetale, periphyton). Tipologia del substrato Il substrato e le sostanze trasportate, in generale, possono essere classificate in due categorie:

Materiale inorganico, ovvero minerali naturali (sabbia, ghiaia, ciottoli, limo ecc..) e quelli di origine antropica (materiali plastici, metallici, macerie ecc..);

Materiali di origine organica (detriti, tronchi, piante, alghe, animali ecc..).

Il materiale organico costituisce la fondamentale fonte di cibo per i primi anelli della catena trofica, mentre quello inorganico concorre a determinare la creazione di meso e micro habitat. Sequenze di raschi e buche e sinuosità d’alveo Questi elementi morfologici sono tipici mesohabitat caratterizzanti i corsi d’acqua di collina e pianura, con andamenti planimetrici sinuosi, che induce la formazione di buche e soglie. La distanza delle buche è circa da 5 a 7 volte la larghezza dell’alveo, variabile comunque secondo l’eventuale presenza di cumuli detritici, solitamente il fondo è ghiaioso o ciottoloso.

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4 La formazione delle buche avviene con presenza di pendenze d’alveo moderate o basse e con una piana inondabile ben sviluppata. Per la formazione delle barre è necessario un rapporto larghezza/profondità alto e la presenza di materiali di modesta granulometria , mobili e riorganizzabili dalla corrente. Queste barre si formano solitamente sul lato interno dei meandri, lateralmente alle pozze o longitudinalmente entro il canale fluviale. Sono costituite da depositi ciottolosi-ghiaiosi-sabbiosi. Le barre formano piccole aree a “isolotto”, la loro permanenza è “dinamica” nel tempo, la loro posizione varia in funzione dell’erosione e della deposizione indotta dalla corrente.

Sezione trasversale Sezione longitudinale

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4 La formazione delle buche avviene con presenza di pendenze d’alveo moderate o basse e con una piana inondabile ben sviluppata. Per la formazione delle barre è necessario un rapporto larghezza/profondità alto e la presenza di materiali di modesta granulometria , mobili e riorganizzabili dalla corrente. Queste barre si formano solitamente sul lato interno dei meandri, lateralmente alle pozze o longitudinalmente entro il canale fluviale. Sono costituite da depositi ciottolosi-ghiaiosi-sabbiosi. Le barre formano piccole aree a “isolotto”, la loro permanenza è “dinamica” nel tempo, la loro posizione varia in funzione dell’erosione e della deposizione indotta dalla corrente.

Sezione trasversale Sezione longitudinale

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5 La vegetazione fluviale La funzionalità e la struttura di un corso d’acqua dipendono da un complesso insieme di fattori biotici e abiotici, strettamente interconnessi ed in continuo equilibrio. Le comunità biotiche del sistema fluviale sono rappresentate da microorganismi, da macroinvertebrati (crostacei, molluschi, larve d’insetti), da vertebrati (anfibi, pesci, rettili e mammiferi) e dalla componente vegetale (acquatica, ripariale e retroripariale). Le varie comunità vegetali presenti negli ecosistemi fluviali sono continuamente condizionate da molteplici fattori limitanti determinati dal dinamismo spaziale e temporale dell’idrosistema. I fattori che influiscono sulla distribuzione e la struttura della vegetazione sono rappresentati dalla dimensione del corso d’acqua, dalla frequenza e dalla durata dei periodi di sommersione, dai livelli di falda freatica, dalla granulometria del substrato, dall’uso del suolo e dalla continua variazione delle caratteristiche idrometriche (i livelli idrometrici e le loro variazioni, la velocità dell’acqua, i cambiamenti morfologici, definiscono condizioni ambientali ed ecologiche molto diverse e diversificate). Schematicamente le formazioni vegetali di un corso d’acqua possono essere così classificate:

La vegetazione d’alveo; La vegetazione ripariale; La vegetazione retroripariale.

La vegetazione d’alveo Questa categoria comprende la vegetazione sommersa e la vegetazione che s’insedia nell’alveo bagnato.

La vegetazione d’alveo comprende, quindi, le piante radicate sommerse, le radicate emergenti, le radicate flottanti e le non radicate flottanti. Mentre le radicate sommerse e le radicate flottanti s’insediano nella parte centrale dell’alveo o verso la riva, le piante radicate emergenti si localizzano nella zona d’alveo di morbida, soggette a continua fluttuazione del livello idrico. A quest’ultima categoria sono da ascriversi le formazioni dei canneti e delle pioniere di greto. I canneti sono rappresentati da comunità di specie che vivono con l’apparato radicale immerso nell’acqua a diverse profondità:

La phalaris arundinacea (scagliola) a meno di 25 cm; La phragmites australis (cannuccia) e la thypha latifolia fino a 50 cm di

sommersione permanente; La schoenoplectus lacustris (giunco di palude) oltre ad un metro di

profondità.

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5 La vegetazione fluviale La funzionalità e la struttura di un corso d’acqua dipendono da un complesso insieme di fattori biotici e abiotici, strettamente interconnessi ed in continuo equilibrio. Le comunità biotiche del sistema fluviale sono rappresentate da microorganismi, da macroinvertebrati (crostacei, molluschi, larve d’insetti), da vertebrati (anfibi, pesci, rettili e mammiferi) e dalla componente vegetale (acquatica, ripariale e retroripariale). Le varie comunità vegetali presenti negli ecosistemi fluviali sono continuamente condizionate da molteplici fattori limitanti determinati dal dinamismo spaziale e temporale dell’idrosistema. I fattori che influiscono sulla distribuzione e la struttura della vegetazione sono rappresentati dalla dimensione del corso d’acqua, dalla frequenza e dalla durata dei periodi di sommersione, dai livelli di falda freatica, dalla granulometria del substrato, dall’uso del suolo e dalla continua variazione delle caratteristiche idrometriche (i livelli idrometrici e le loro variazioni, la velocità dell’acqua, i cambiamenti morfologici, definiscono condizioni ambientali ed ecologiche molto diverse e diversificate). Schematicamente le formazioni vegetali di un corso d’acqua possono essere così classificate:

La vegetazione d’alveo; La vegetazione ripariale; La vegetazione retroripariale.

La vegetazione d’alveo Questa categoria comprende la vegetazione sommersa e la vegetazione che s’insedia nell’alveo bagnato.

La vegetazione d’alveo comprende, quindi, le piante radicate sommerse, le radicate emergenti, le radicate flottanti e le non radicate flottanti. Mentre le radicate sommerse e le radicate flottanti s’insediano nella parte centrale dell’alveo o verso la riva, le piante radicate emergenti si localizzano nella zona d’alveo di morbida, soggette a continua fluttuazione del livello idrico. A quest’ultima categoria sono da ascriversi le formazioni dei canneti e delle pioniere di greto. I canneti sono rappresentati da comunità di specie che vivono con l’apparato radicale immerso nell’acqua a diverse profondità:

La phalaris arundinacea (scagliola) a meno di 25 cm; La phragmites australis (cannuccia) e la thypha latifolia fino a 50 cm di

sommersione permanente; La schoenoplectus lacustris (giunco di palude) oltre ad un metro di

profondità.

5 La vegetazione fluviale La funzionalità e la struttura di un corso d’acqua dipendono da un complesso insieme di fattori biotici e abiotici, strettamente interconnessi ed in continuo equilibrio. Le comunità biotiche del sistema fluviale sono rappresentate da microorganismi, da macroinvertebrati (crostacei, molluschi, larve d’insetti), da vertebrati (anfibi, pesci, rettili e mammiferi) e dalla componente vegetale (acquatica, ripariale e retroripariale). Le varie comunità vegetali presenti negli ecosistemi fluviali sono continuamente condizionate da molteplici fattori limitanti determinati dal dinamismo spaziale e temporale dell’idrosistema. I fattori che influiscono sulla distribuzione e la struttura della vegetazione sono rappresentati dalla dimensione del corso d’acqua, dalla frequenza e dalla durata dei periodi di sommersione, dai livelli di falda freatica, dalla granulometria del substrato, dall’uso del suolo e dalla continua variazione delle caratteristiche idrometriche (i livelli idrometrici e le loro variazioni, la velocità dell’acqua, i cambiamenti morfologici, definiscono condizioni ambientali ed ecologiche molto diverse e diversificate). Schematicamente le formazioni vegetali di un corso d’acqua possono essere così classificate:

La vegetazione d’alveo; La vegetazione ripariale; La vegetazione retroripariale.

La vegetazione d’alveo Questa categoria comprende la vegetazione sommersa e la vegetazione che s’insedia nell’alveo bagnato.

La vegetazione d’alveo comprende, quindi, le piante radicate sommerse, le radicate emergenti, le radicate flottanti e le non radicate flottanti. Mentre le radicate sommerse e le radicate flottanti s’insediano nella parte centrale dell’alveo o verso la riva, le piante radicate emergenti si localizzano nella zona d’alveo di morbida, soggette a continua fluttuazione del livello idrico. A quest’ultima categoria sono da ascriversi le formazioni dei canneti e delle pioniere di greto. I canneti sono rappresentati da comunità di specie che vivono con l’apparato radicale immerso nell’acqua a diverse profondità:

La phalaris arundinacea (scagliola) a meno di 25 cm; La phragmites australis (cannuccia) e la thypha latifolia fino a 50 cm di

sommersione permanente; La schoenoplectus lacustris (giunco di palude) oltre ad un metro di

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6 La scagliola e la cannuccia possono insediarsi anche sui terreni asciutti delle sponde. In condizioni di profondità limitata e costante la vegetazione acquatica può formare densi popolamenti (frequentemente monospecifici) che possono colonizzare l’intero alveo e opporre resistenza al deflusso idrico.

La vegetazione ripariale L’ecotono ripariale è la zona di transizione tra l’ambiente prettamente acquatico e gli ecosistemi terrestri. Questa zona è influenzata dai fenomeni periodici di piena e dalle oscillazioni della falda freatica fluviale. La vegetazione ripariale è costituita da specie igrofite il cui sviluppo è influenzato dalla vicinanza degli apparati radicali all’acqua, ed è strutturata in una serie di formazioni che s’insediano in successione dal limite esterno dell’alveo di morbida. Le formazioni sono caratterizzate dalla presenza di salici, pioppi e ontani (specie dette “ a legno tenero”), in seguito, a maggior distanza dal corso d’acqua, compaiono le farnie, gli olmi, i padi e i frassini (specie dette “a legno forte”). Tali comunità vegetali si possono ricondurre alle tipologie forestali tipiche dell’ambiente ripariale: Saliceto di ripa e pioppeto-saliceto La formazione del saliceto di ripa è dominata dalla presenza del salice bianco (salix alba, specie indicatrice di suoli ricchi d’acqua), con la presenza di populus nigra e alba, i quali diventano più frequenti nelle zone in cui il grado di affrancamento del suolo dalla falda freatica è maggiore (formazione del pioppeto saliceto). Negli strati arbustivi sono presenti: corylus avellana (nocciolo), cornus sanguinea (sanguinello) e sambucus nigra (sambuco). Questa topologia forestale, nelle sue varie espressioni (saliceto di ripa e pioppeto saliceto), è presente solitamente lungo i maggiori corsi d’acqua.

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6 La scagliola e la cannuccia possono insediarsi anche sui terreni asciutti delle sponde. In condizioni di profondità limitata e costante la vegetazione acquatica può formare densi popolamenti (frequentemente monospecifici) che possono colonizzare l’intero alveo e opporre resistenza al deflusso idrico.

La vegetazione ripariale L’ecotono ripariale è la zona di transizione tra l’ambiente prettamente acquatico e gli ecosistemi terrestri. Questa zona è influenzata dai fenomeni periodici di piena e dalle oscillazioni della falda freatica fluviale. La vegetazione ripariale è costituita da specie igrofite il cui sviluppo è influenzato dalla vicinanza degli apparati radicali all’acqua, ed è strutturata in una serie di formazioni che s’insediano in successione dal limite esterno dell’alveo di morbida. Le formazioni sono caratterizzate dalla presenza di salici, pioppi e ontani (specie dette “ a legno tenero”), in seguito, a maggior distanza dal corso d’acqua, compaiono le farnie, gli olmi, i padi e i frassini (specie dette “a legno forte”). Tali comunità vegetali si possono ricondurre alle tipologie forestali tipiche dell’ambiente ripariale: Saliceto di ripa e pioppeto-saliceto La formazione del saliceto di ripa è dominata dalla presenza del salice bianco (salix alba, specie indicatrice di suoli ricchi d’acqua), con la presenza di populus nigra e alba, i quali diventano più frequenti nelle zone in cui il grado di affrancamento del suolo dalla falda freatica è maggiore (formazione del pioppeto saliceto). Negli strati arbustivi sono presenti: corylus avellana (nocciolo), cornus sanguinea (sanguinello) e sambucus nigra (sambuco). Questa topologia forestale, nelle sue varie espressioni (saliceto di ripa e pioppeto saliceto), è presente solitamente lungo i maggiori corsi d’acqua.

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Alneto Gli alneti sono formazioni frequentemente pure e di limitata superficie a causa della specializzazione ecologica della specie. Nei comprensori di Pianura la formazione rientra nella tipologia dell’”Alneto tipico”. Gli alneti sono formazioni azonali legate a suoli ricchi in acqua, e quelli ad alnus glutinosa (ontano nero) sono diffusi nelle aree planiziali, a clima subcontinentale, su suoli sciolti (sabbiosi) con falda affiorante o quasi. Gli alneti di pianura si collocano soprattutto alla base delle scarpate delle valli a cassetta di fiumi o di altri corsi d’acqua, oppure in terreni acquitrinosi,

comunque sempre su suoli costantemente riforniti d’acqua da falde idriche sospese, con suoli sciolti e ricchi in elementi nutritivi, in queste condizioni l’ontano può aggiungere notevoli dimensioni.

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Alneto Gli alneti sono formazioni frequentemente pure e di limitata superficie a causa della specializzazione ecologica della specie. Nei comprensori di Pianura la formazione rientra nella tipologia dell’”Alneto tipico”. Gli alneti sono formazioni azonali legate a suoli ricchi in acqua, e quelli ad alnus glutinosa (ontano nero) sono diffusi nelle aree planiziali, a clima subcontinentale, su suoli sciolti (sabbiosi) con falda affiorante o quasi. Gli alneti di pianura si collocano soprattutto alla base delle scarpate delle valli a cassetta di fiumi o di altri corsi d’acqua, oppure in terreni acquitrinosi,

comunque sempre su suoli costantemente riforniti d’acqua da falde idriche sospese, con suoli sciolti e ricchi in elementi nutritivi, in queste condizioni l’ontano può aggiungere notevoli dimensioni.

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8 Nello strato arboreo l’ontano è decisamente dominante, accompagnato sporadicamente da pioppo, da frassino maggiore, dal pado e a volte dalla farnia e dall’olmo. L’alneto può essere considerato una formazione stabile, perché le condizioni podologiche limitano, normalmente, lo sviluppo di altre specie.

La vegetazione ripariale, in condizioni naturali, si sviluppa secondo un gradiente correlato ai diversi livelli raggiunti dalle portate di piena (morfologia dell’alveo e regime idraulico) con comunità a diverso grado di stabilità e di evoluzione, mosaicate a formare una successione vegetazionale dinamica. Le specie degli ecotoni ripari possiedono notevoli strategie adattative come l’emissione di radici avventizie sul tronco (salici, pioppi, ontani), la resistenza

meccanica (es. flessibilità del tronco dei salici), la grande produzione di semi spesso capaci di fluttuare sull’acqua. L’autoecologia delle singole specie permette il mantenimento di un mosaico forestale al variare delle condizioni micro-stazionali, ad esempio il pioppo nero tollera i substrati e tessiture grossolani, il pioppo bianco preferisce tessiture più

fini e tollera un’idromorfia temporanea del suolo. Tra i salici il salix eleagnos preferisce i substrati ciottolosi, il salix purpurea quelli sabbiosi e il salix triandra quelli con limo alluvionale fine. Un’altra specie come l’ontano nero predilige granulometrie fini e una circolazione d’acqua moderata o nulla. La differente autoecologia delle specie permette transizioni più o meno rapide da un tipo di formazione ad un altro. Ad esempio quando le radici del salice bianco si affrancano definitivamente dal livello della falda freatica, per abbassamento di quest’ultima, e il substrato è ciottoloso, la specie non è in grado di adattarsi alle nuove condizioni, mentre il pioppo può iniziare a diffondersi e a colonizzare l’area. Come già descritto i popolamenti ripariali, a causa delle dinamiche fluviali, rappresentano un mosaico di strutture variabili sia per composizione specifica, sia per età e densità.

Queste strutture forestali, dipendenti dagli eventi alluvionali più marcati, si presentano a gruppi più o meno coetanei e, a volte, con la presenza di elementi relitti precedenti. Tali gruppi sono definiti come insiemi strutturali, che in condizioni prossime a quelle naturali si differenziano in entità di piccole dimensioni, mentre se perdono la connettività o quando la dinamica alluvionale attiva diminuisce, si formano strutture coetanee più estese.

8 Nello strato arboreo l’ontano è decisamente dominante, accompagnato sporadicamente da pioppo, da frassino maggiore, dal pado e a volte dalla farnia e dall’olmo. L’alneto può essere considerato una formazione stabile, perché le condizioni podologiche limitano, normalmente, lo sviluppo di altre specie.

La vegetazione ripariale, in condizioni naturali, si sviluppa secondo un gradiente correlato ai diversi livelli raggiunti dalle portate di piena (morfologia dell’alveo e regime idraulico) con comunità a diverso grado di stabilità e di evoluzione, mosaicate a formare una successione vegetazionale dinamica. Le specie degli ecotoni ripari possiedono notevoli strategie adattative come l’emissione di radici avventizie sul tronco (salici, pioppi, ontani), la resistenza

meccanica (es. flessibilità del tronco dei salici), la grande produzione di semi spesso capaci di fluttuare sull’acqua. L’autoecologia delle singole specie permette il mantenimento di un mosaico forestale al variare delle condizioni micro-stazionali, ad esempio il pioppo nero tollera i substrati e tessiture grossolani, il pioppo bianco preferisce tessiture più

fini e tollera un’idromorfia temporanea del suolo. Tra i salici il salix eleagnos preferisce i substrati ciottolosi, il salix purpurea quelli sabbiosi e il salix triandra quelli con limo alluvionale fine. Un’altra specie come l’ontano nero predilige granulometrie fini e una circolazione d’acqua moderata o nulla. La differente autoecologia delle specie permette transizioni più o meno rapide da un tipo di formazione ad un altro. Ad esempio quando le radici del salice bianco si affrancano definitivamente dal livello della falda freatica, per abbassamento di quest’ultima, e il substrato è ciottoloso, la specie non è in grado di adattarsi alle nuove condizioni, mentre il pioppo può iniziare a diffondersi e a colonizzare l’area. Come già descritto i popolamenti ripariali, a causa delle dinamiche fluviali, rappresentano un mosaico di strutture variabili sia per composizione specifica, sia per età e densità.

Queste strutture forestali, dipendenti dagli eventi alluvionali più marcati, si presentano a gruppi più o meno coetanei e, a volte, con la presenza di elementi relitti precedenti. Tali gruppi sono definiti come insiemi strutturali, che in condizioni prossime a quelle naturali si differenziano in entità di piccole dimensioni, mentre se perdono la connettività o quando la dinamica alluvionale attiva diminuisce, si formano strutture coetanee più estese.

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8 Nello strato arboreo l’ontano è decisamente dominante, accompagnato sporadicamente da pioppo, da frassino maggiore, dal pado e a volte dalla farnia e dall’olmo. L’alneto può essere considerato una formazione stabile, perché le condizioni podologiche limitano, normalmente, lo sviluppo di altre specie.

La vegetazione ripariale, in condizioni naturali, si sviluppa secondo un gradiente correlato ai diversi livelli raggiunti dalle portate di piena (morfologia dell’alveo e regime idraulico) con comunità a diverso grado di stabilità e di evoluzione, mosaicate a formare una successione vegetazionale dinamica. Le specie degli ecotoni ripari possiedono notevoli strategie adattative come l’emissione di radici avventizie sul tronco (salici, pioppi, ontani), la resistenza

meccanica (es. flessibilità del tronco dei salici), la grande produzione di semi spesso capaci di fluttuare sull’acqua. L’autoecologia delle singole specie permette il mantenimento di un mosaico forestale al variare delle condizioni micro-stazionali, ad esempio il pioppo nero tollera i substrati e tessiture grossolani, il pioppo bianco preferisce tessiture più

fini e tollera un’idromorfia temporanea del suolo. Tra i salici il salix eleagnos preferisce i substrati ciottolosi, il salix purpurea quelli sabbiosi e il salix triandra quelli con limo alluvionale fine. Un’altra specie come l’ontano nero predilige granulometrie fini e una circolazione d’acqua moderata o nulla. La differente autoecologia delle specie permette transizioni più o meno rapide da un tipo di formazione ad un altro. Ad esempio quando le radici del salice bianco si affrancano definitivamente dal livello della falda freatica, per abbassamento di quest’ultima, e il substrato è ciottoloso, la specie non è in grado di adattarsi alle nuove condizioni, mentre il pioppo può iniziare a diffondersi e a colonizzare l’area. Come già descritto i popolamenti ripariali, a causa delle dinamiche fluviali, rappresentano un mosaico di strutture variabili sia per composizione specifica, sia per età e densità.

Queste strutture forestali, dipendenti dagli eventi alluvionali più marcati, si presentano a gruppi più o meno coetanei e, a volte, con la presenza di elementi relitti precedenti. Tali gruppi sono definiti come insiemi strutturali, che in condizioni prossime a quelle naturali si differenziano in entità di piccole dimensioni, mentre se perdono la connettività o quando la dinamica alluvionale attiva diminuisce, si formano strutture coetanee più estese.

8 Nello strato arboreo l’ontano è decisamente dominante, accompagnato sporadicamente da pioppo, da frassino maggiore, dal pado e a volte dalla farnia e dall’olmo. L’alneto può essere considerato una formazione stabile, perché le condizioni podologiche limitano, normalmente, lo sviluppo di altre specie.

La vegetazione ripariale, in condizioni naturali, si sviluppa secondo un gradiente correlato ai diversi livelli raggiunti dalle portate di piena (morfologia dell’alveo e regime idraulico) con comunità a diverso grado di stabilità e di evoluzione, mosaicate a formare una successione vegetazionale dinamica. Le specie degli ecotoni ripari possiedono notevoli strategie adattative come l’emissione di radici avventizie sul tronco (salici, pioppi, ontani), la resistenza

meccanica (es. flessibilità del tronco dei salici), la grande produzione di semi spesso capaci di fluttuare sull’acqua. L’autoecologia delle singole specie permette il mantenimento di un mosaico forestale al variare delle condizioni micro-stazionali, ad esempio il pioppo nero tollera i substrati e tessiture grossolani, il pioppo bianco preferisce tessiture più

fini e tollera un’idromorfia temporanea del suolo. Tra i salici il salix eleagnos preferisce i substrati ciottolosi, il salix purpurea quelli sabbiosi e il salix triandra quelli con limo alluvionale fine. Un’altra specie come l’ontano nero predilige granulometrie fini e una circolazione d’acqua moderata o nulla. La differente autoecologia delle specie permette transizioni più o meno rapide da un tipo di formazione ad un altro. Ad esempio quando le radici del salice bianco si affrancano definitivamente dal livello della falda freatica, per abbassamento di quest’ultima, e il substrato è ciottoloso, la specie non è in grado di adattarsi alle nuove condizioni, mentre il pioppo può iniziare a diffondersi e a colonizzare l’area. Come già descritto i popolamenti ripariali, a causa delle dinamiche fluviali, rappresentano un mosaico di strutture variabili sia per composizione specifica, sia per età e densità.

Queste strutture forestali, dipendenti dagli eventi alluvionali più marcati, si presentano a gruppi più o meno coetanei e, a volte, con la presenza di elementi relitti precedenti. Tali gruppi sono definiti come insiemi strutturali, che in condizioni prossime a quelle naturali si differenziano in entità di piccole dimensioni, mentre se perdono la connettività o quando la dinamica alluvionale attiva diminuisce, si formano strutture coetanee più estese.

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9 In quest’’ultimo caso il popolamento evolve verso formazioni più evolute se sono presenti specie come l’olmo, la farnia o il frassino, nel caso queste specie siano assenti, l’evoluzione è sostanzialmente bloccata e la loro rinnovazione diventa problematica. Questo è il caso tipico dei saliceti a salix alba con uno strato arbustivo o erbaceo molto sviluppato (amorfa, rovi, solidago ecc..) o pioppeti a pioppo nero, non più influenzati dalle dinamiche fluviali o sconnessi dalla falda freatica, che presentano un’evoluzione verso formazioni zonali (querceti-olmeti e/o querceti-carpineti). In mancanza di questa evoluzione (assenza di specie tipiche delle formazioni zonali) può innescarsi una colonizzazione secondaria di specie alloctone (es. ailanto) oppure una degradazione del popolamento verso lande alluvionali.

Vegetazione retroripariale La vegetazione retroripariale è rappresentata da formazioni forestali delle pianure alluvionali, che si sviluppa in zone in cui la falda freatica è elevata e soggette a inondazioni non regolari. Questa foresta rappresenta un ecosistema più complesso, in cui le aree boscate si alternano ad aree a prato, paludose, lanche morte, nell’insieme le successioni vegetali possono essere molto diversificate. Quest’ambiente forestale esprime le seguenti tipologie forestali: Querceto-carpineto Il querceto-carpineto è una formazione che si sviluppa sia nella bassa pianura sia nell’alta pianura, in ambienti ricchi d’acqua ma con suoli ben drenati.

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9 In quest’’ultimo caso il popolamento evolve verso formazioni più evolute se sono presenti specie come l’olmo, la farnia o il frassino, nel caso queste specie siano assenti, l’evoluzione è sostanzialmente bloccata e la loro rinnovazione diventa problematica. Questo è il caso tipico dei saliceti a salix alba con uno strato arbustivo o erbaceo molto sviluppato (amorfa, rovi, solidago ecc..) o pioppeti a pioppo nero, non più influenzati dalle dinamiche fluviali o sconnessi dalla falda freatica, che presentano un’evoluzione verso formazioni zonali (querceti-olmeti e/o querceti-carpineti). In mancanza di questa evoluzione (assenza di specie tipiche delle formazioni zonali) può innescarsi una colonizzazione secondaria di specie alloctone (es. ailanto) oppure una degradazione del popolamento verso lande alluvionali.

Vegetazione retroripariale La vegetazione retroripariale è rappresentata da formazioni forestali delle pianure alluvionali, che si sviluppa in zone in cui la falda freatica è elevata e soggette a inondazioni non regolari. Questa foresta rappresenta un ecosistema più complesso, in cui le aree boscate si alternano ad aree a prato, paludose, lanche morte, nell’insieme le successioni vegetali possono essere molto diversificate. Quest’ambiente forestale esprime le seguenti tipologie forestali: Querceto-carpineto Il querceto-carpineto è una formazione che si sviluppa sia nella bassa pianura sia nell’alta pianura, in ambienti ricchi d’acqua ma con suoli ben drenati.

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10 Querceto-carpineto della bassa pianura Questa tipologia si sviluppa in zone ove la falda freatica è più superficiale, sono caratterizzati dalla dominanza nello strato arboreo dalla quercus robur (farnia) e dal carpino bianco (carpinus betulus), accompagnati dal ciliegio selvatico (prunus avium), acero campestre (acer campestre), pioppo nero (populus nigra, olmo (ulmis minor), frassino maggiore e minore (fraxinus excelsior e fraxinus ornus). Querceto-carpineto dell’alta pianura Questa tipologia forestale si differenzia dalla precedente, oltre che per la localizzazione geografica, anche per una maggior complessità nella composizione specifica. In generale si sviluppa con falda freatica più bassa.

Querceto di farnia con olmo Il querceto di farnia con olmo si sviluppa su depositi fluviali a basso o moderato drenaggio, con un livello della falda abbastanza superficiale (profondità di 40 cm dal piano di campagna), e che possono essere anche interessati da fenomeni di esondazione. In zone ove l’acqua tende a ristagnare (es. le lanche) è premente anche l’ontano nero (alnus glutinosa), mentre dove i terreni sono più drenati si forma, sotto le querce, anche un fitto strato arbustivo a nocciolo, biancospino, prunus spinosa e ligustro. Nelle stazioni intermedie nella componente arborea oltre alla farnia e all’olmo, s’inseriscono anche l’orniello, l’acero campestre e il pioppo bianco.

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10 Querceto-carpineto della bassa pianura Questa tipologia si sviluppa in zone ove la falda freatica è più superficiale, sono caratterizzati dalla dominanza nello strato arboreo dalla quercus robur (farnia) e dal carpino bianco (carpinus betulus), accompagnati dal ciliegio selvatico (prunus avium), acero campestre (acer campestre), pioppo nero (populus nigra, olmo (ulmis minor), frassino maggiore e minore (fraxinus excelsior e fraxinus ornus). Querceto-carpineto dell’alta pianura Questa tipologia forestale si differenzia dalla precedente, oltre che per la localizzazione geografica, anche per una maggior complessità nella composizione specifica. In generale si sviluppa con falda freatica più bassa.

Querceto di farnia con olmo Il querceto di farnia con olmo si sviluppa su depositi fluviali a basso o moderato drenaggio, con un livello della falda abbastanza superficiale (profondità di 40 cm dal piano di campagna), e che possono essere anche interessati da fenomeni di esondazione. In zone ove l’acqua tende a ristagnare (es. le lanche) è premente anche l’ontano nero (alnus glutinosa), mentre dove i terreni sono più drenati si forma, sotto le querce, anche un fitto strato arbustivo a nocciolo, biancospino, prunus spinosa e ligustro. Nelle stazioni intermedie nella componente arborea oltre alla farnia e all’olmo, s’inseriscono anche l’orniello, l’acero campestre e il pioppo bianco.

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11 Interventi di miglioramento ambientale dei corsi d’acqua minori I corsi d’acqua minori, sia quelli seminaturali sia quelli totalmente artificiali, presentano una semplificazione ambientale più o meno marcata rispetto a quelli naturali. Tra i corsi d’acqua minori che esprimono un buon grado di naturalità, si ricomprendono le rogge e le teste di fontanile con le loro aste. Molto frequentemente i tracciati di questi corsi d’acqua sono posizionati lungo delle linee depresse del livello fondamentale della pianura, corrispondenti a dei paleo alvei. Normalmente si ritrova una discreta diversificazione ambientale, in particolar modo riguardante la sinuosità d’alveo e la vegetazione di ripa, sebbene le sezioni trasversali siano alquanto rigide e imposte dall’uso del territorio circostante. In generale i corsi d’acqua minori l’organizzazione di mesohabitat (es. sequenza di buche e raschi) sono poco presenti, e in quelli artificiali il mosaico dinamico di microhabitat è completamente assente. Nonostante i corsi d’acqua di questo tipo esprimano una caratterizzazione ecologica limitata, essi rappresentano contesti seminaturali o naturaliformi molto importanti nel paesaggio di pianura molto antropizzato. Nel quadro delle reti ecologiche è veramente rilevante il loro potenziamento funzionale ecologico-paesaggistico. Di seguito si descrivono alcune tipologie di opere che permettono di originare, nel corso d’acqua, degli habitat (meso e microahabitat) in grado di sostenere delle biocenosi complesse, simili a quelle presenti in ambienti fluviali naturali. Tali esempi o indicazioni tecniche si riferiscono, in particolar modo, alle diversificazioni d’alveo in grado di creare una maggior diversità ambientale. Per ciò che concerne le tecniche di consolidamento e protezione spondale si rimanda all’ampia letteratura esistente sull’ingegneria naturalistica.

Rischio idraulico e riqualificazione ambientale Gli interventi proposti, in generale, tendono ad aumentare la sezione idraulica a disposizioni dei deflussi o alla creazione di aree di laminazione che aumentano le capacità d’invaso durante i fenomeni di piena. Vengono proposte anche delle opere, come i deflettori o le traverse, che ostacolano il deflusso idrico, ma che vanno a interessare solamente i regimi di magra o di morbida, e che sostanzialmente non interagiscono con i deflussi di piena. Comunque la valutazione dell’interazione del rischio idraulico con le opere di miglioramento ambientale di un corso d’acqua è indispensabile, e deve essere effettuata nel momento di elaborazione del progetto. Questi interventi, in generale, sono particolarmente utili per risolvere o attenuare alcune problematiche di esondazione del reticolo idrico minore in contesti urbani o periurbani.

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11 Interventi di miglioramento ambientale dei corsi d’acqua minori I corsi d’acqua minori, sia quelli seminaturali sia quelli totalmente artificiali, presentano una semplificazione ambientale più o meno marcata rispetto a quelli naturali. Tra i corsi d’acqua minori che esprimono un buon grado di naturalità, si ricomprendono le rogge e le teste di fontanile con le loro aste. Molto frequentemente i tracciati di questi corsi d’acqua sono posizionati lungo delle linee depresse del livello fondamentale della pianura, corrispondenti a dei paleo alvei. Normalmente si ritrova una discreta diversificazione ambientale, in particolar modo riguardante la sinuosità d’alveo e la vegetazione di ripa, sebbene le sezioni trasversali siano alquanto rigide e imposte dall’uso del territorio circostante. In generale i corsi d’acqua minori l’organizzazione di mesohabitat (es. sequenza di buche e raschi) sono poco presenti, e in quelli artificiali il mosaico dinamico di microhabitat è completamente assente. Nonostante i corsi d’acqua di questo tipo esprimano una caratterizzazione ecologica limitata, essi rappresentano contesti seminaturali o naturaliformi molto importanti nel paesaggio di pianura molto antropizzato. Nel quadro delle reti ecologiche è veramente rilevante il loro potenziamento funzionale ecologico-paesaggistico. Di seguito si descrivono alcune tipologie di opere che permettono di originare, nel corso d’acqua, degli habitat (meso e microahabitat) in grado di sostenere delle biocenosi complesse, simili a quelle presenti in ambienti fluviali naturali. Tali esempi o indicazioni tecniche si riferiscono, in particolar modo, alle diversificazioni d’alveo in grado di creare una maggior diversità ambientale. Per ciò che concerne le tecniche di consolidamento e protezione spondale si rimanda all’ampia letteratura esistente sull’ingegneria naturalistica.

Rischio idraulico e riqualificazione ambientale Gli interventi proposti, in generale, tendono ad aumentare la sezione idraulica a disposizioni dei deflussi o alla creazione di aree di laminazione che aumentano le capacità d’invaso durante i fenomeni di piena. Vengono proposte anche delle opere, come i deflettori o le traverse, che ostacolano il deflusso idrico, ma che vanno a interessare solamente i regimi di magra o di morbida, e che sostanzialmente non interagiscono con i deflussi di piena. Comunque la valutazione dell’interazione del rischio idraulico con le opere di miglioramento ambientale di un corso d’acqua è indispensabile, e deve essere effettuata nel momento di elaborazione del progetto. Questi interventi, in generale, sono particolarmente utili per risolvere o attenuare alcune problematiche di esondazione del reticolo idrico minore in contesti urbani o periurbani.

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12 Realizzazione di un andamento planimetrico meandriforeme Le operazioni consistono nel creare una sinuosità del corso d’acqua attraverso movimenti di terra o con l’introduzione di deflettori di corrente (pennelli), ovvero per ottenere un andamento meandriforme. Nel primo caso si tratta di creare un tratto di corso d’acqua attraverso escavazioni e rimodellamenti morfologici, mentre nel secondo caso si tratta di posizionare dei deflettori che inducono una dinamica di erosione e sedimentazione e di deposito, che nel tempo origina la formazione di una sequenza di meandri. I deflettori non solo innescano un meccanismo di meandrizzazione del corso d’acqua ma sono funzionali agli obiettivi di diversificazione ambientale:

Indirizzare la corrente verso specifici habitat (es. i ricoveri spondali); Mantenere o creare nuove buche incrementando localmente la velocità

della corrente; Innescare o facilitare lo sviluppo di meandri; Restringere o approfondire l’alveo; Funzionare da barriera per mantenere a valle dei deflettori, presso la

riva da essi protetta, un’area a bassa velocità di corrente; Stimolare la formazione di barre per incoraggiare la vegetazione

spondale, o per creare condizioni di “raschio” nel corso d’acqua; Mantenere la temperatura dell’acqua a livelli minori (incrementando la

velocità o aumentando lo spessore del battente); Favorire la formazione delle sequenze buche/raschi.

In generale il maggior effetto ecologico consiste nell’aumento della velocità della corrente (rimozione dei depositi più fini del substrato) e la formazione di una buca a valle del deflettore, seguita a breve distanza da una barra. Tal effetto morfologico è dovuto alla convergenza delle linee di flusso determinate dalla presenza del deflettore. Gli effetti morfologici dimensionali del deflettore variano, ampiamente, in funzione delle caratteristiche del corso d’acqua, ma è

possibile arrivare ad avere buche larghe tre metri e profonde oltre i 75 cm, in presenza di portate mediamente formative. Gli ambienti che si vengono a creare sono i seguenti:

1) condizioni di raschio più o meno accentuate a secondo se con la costruzione del deflettore si riporta localmente della ghiaia o ciottoli;

2) Una buca immediatamente a valle del deflettore, da realizzarsi, in condizioni di basse pendenze d’alveo e portate formative poco frequenti, contestualmente alla costruzione dei deflettori;

3) Barra ciottoloso/ghiaiosa 4) Condizioni di deposito fine con acqua calma sul lato esterno del

deflettore, con sviluppo di vegetazione acquatica. 5) Formazione di meandri nel lungo periodo.

I deflettori possono essere efficacemente utilizzati in corsi d’acqua aventi un’ampiezza trasversale minore di 8-10m e un flusso della portata lento. Queste strutture possono essere installate singolarmente o accoppiate. I deflettori singoli possono essere installati in successione, in alternanza da una riva all’altra. Di seguito sono descritti i tipi di deflettore più idonei a essere impiegati nei corsi d’acqua di pianura.

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12 Realizzazione di un andamento planimetrico meandriforeme Le operazioni consistono nel creare una sinuosità del corso d’acqua attraverso movimenti di terra o con l’introduzione di deflettori di corrente (pennelli), ovvero per ottenere un andamento meandriforme. Nel primo caso si tratta di creare un tratto di corso d’acqua attraverso escavazioni e rimodellamenti morfologici, mentre nel secondo caso si tratta di posizionare dei deflettori che inducono una dinamica di erosione e sedimentazione e di deposito, che nel tempo origina la formazione di una sequenza di meandri. I deflettori non solo innescano un meccanismo di meandrizzazione del corso d’acqua ma sono funzionali agli obiettivi di diversificazione ambientale:

Indirizzare la corrente verso specifici habitat (es. i ricoveri spondali); Mantenere o creare nuove buche incrementando localmente la velocità

della corrente; Innescare o facilitare lo sviluppo di meandri; Restringere o approfondire l’alveo; Funzionare da barriera per mantenere a valle dei deflettori, presso la

riva da essi protetta, un’area a bassa velocità di corrente; Stimolare la formazione di barre per incoraggiare la vegetazione

spondale, o per creare condizioni di “raschio” nel corso d’acqua; Mantenere la temperatura dell’acqua a livelli minori (incrementando la

velocità o aumentando lo spessore del battente); Favorire la formazione delle sequenze buche/raschi.

In generale il maggior effetto ecologico consiste nell’aumento della velocità della corrente (rimozione dei depositi più fini del substrato) e la formazione di una buca a valle del deflettore, seguita a breve distanza da una barra. Tal effetto morfologico è dovuto alla convergenza delle linee di flusso determinate dalla presenza del deflettore. Gli effetti morfologici dimensionali del deflettore variano, ampiamente, in funzione delle caratteristiche del corso d’acqua, ma è

possibile arrivare ad avere buche larghe tre metri e profonde oltre i 75 cm, in presenza di portate mediamente formative. Gli ambienti che si vengono a creare sono i seguenti:

1) condizioni di raschio più o meno accentuate a secondo se con la costruzione del deflettore si riporta localmente della ghiaia o ciottoli;

2) Una buca immediatamente a valle del deflettore, da realizzarsi, in condizioni di basse pendenze d’alveo e portate formative poco frequenti, contestualmente alla costruzione dei deflettori;

3) Barra ciottoloso/ghiaiosa 4) Condizioni di deposito fine con acqua calma sul lato esterno del

deflettore, con sviluppo di vegetazione acquatica. 5) Formazione di meandri nel lungo periodo.

I deflettori possono essere efficacemente utilizzati in corsi d’acqua aventi un’ampiezza trasversale minore di 8-10m e un flusso della portata lento. Queste strutture possono essere installate singolarmente o accoppiate. I deflettori singoli possono essere installati in successione, in alternanza da una riva all’altra. Di seguito sono descritti i tipi di deflettore più idonei a essere impiegati nei corsi d’acqua di pianura.

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I miglioramenti ambientali dei corsi d’acqua di pianura

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13 Forme dei deflettori Deflettori singoli I deflettori singoli permettono di concentrare la corrente, restringere il canale e approfondirlo localmente. Possono servire per aumentare la sinuosità del corso d’acqua, deviando la corrente principale verso il centro dell’alveo o verso la sponda opposta. Il deflettore singolo può essere abbinato ad altre strutture come i rifugi per la fauna ittica. Deflettore spondale 30-60° Il deflettore spondale 30-60° viene posizionato con il lato inclinato di 30° in opposizione alla corrente. Tale tipologia consente l’immediato insediamento della vegetazione all’interno della struttura del deflettore. La figura seguente indica i parametri progettuali del deflettore.

Il deflettore deve essere posizionato in modo tale che la sua parte superiore sia alla stessa quota del livello di morbida. Gli effetti del posizionamento del deflettore nei confronti della morfologia dell’alveo sono descritti nella seguente figura: La freccia rossa tratteggiata indica la direzione del flusso nel caso il livello dell’acqua superi la quota superiore del deflettore.

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13 Forme dei deflettori Deflettori singoli I deflettori singoli permettono di concentrare la corrente, restringere il canale e approfondirlo localmente. Possono servire per aumentare la sinuosità del corso d’acqua, deviando la corrente principale verso il centro dell’alveo o verso la sponda opposta. Il deflettore singolo può essere abbinato ad altre strutture come i rifugi per la fauna ittica. Deflettore spondale 30-60° Il deflettore spondale 30-60° viene posizionato con il lato inclinato di 30° in opposizione alla corrente. Tale tipologia consente l’immediato insediamento della vegetazione all’interno della struttura del deflettore. La figura seguente indica i parametri progettuali del deflettore.

Il deflettore deve essere posizionato in modo tale che la sua parte superiore sia alla stessa quota del livello di morbida. Gli effetti del posizionamento del deflettore nei confronti della morfologia dell’alveo sono descritti nella seguente figura: La freccia rossa tratteggiata indica la direzione del flusso nel caso il livello dell’acqua superi la quota superiore del deflettore.

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Deflettore singolo a triangolo in alveo Un’altra tipologia di deflettore è quella a triangolo che posizionato nella parte centrale dell’alveo devia la corrente verso le sponde, originando la formazione di buche laterali e di barre più centrali. Lo schema seguente indica le sue caratteristiche costruttive.

Deflettore a bandiera Il deflettore spondale a bandiera con inclinazione viene posizionato con il lato inclinato di 30° in opposizione alla corrente. Tale tipologia consente la creazione di buche e barre come da schema seguente, e la formazione di una zona ad acque calme a valle dello stesso dove può svilupparsi la vegetazione acquatica. Questi deflettori a bandiera possono essere installati anche con inclinazione verso monte, ma in ambienti di pianura è da preferire quella con inclinazione verso valle Quando il deflettore è posizionato in modo tale che la sua parte superiore sia alla stessa quota del livello di morbida, gli effetti sulla morfologia del fondo sono illustrati dalla figura seguente. La freccia rossa tratteggiata indica la direzione del flusso nel caso il livello dell’acqua superi la quota

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Deflettore singolo a triangolo in alveo Un’altra tipologia di deflettore è quella a triangolo che posizionato nella parte centrale dell’alveo devia la corrente verso le sponde, originando la formazione di buche laterali e di barre più centrali. Lo schema seguente indica le sue caratteristiche costruttive.

Deflettore a bandiera Il deflettore spondale a bandiera con inclinazione viene posizionato con il lato inclinato di 30° in opposizione alla corrente. Tale tipologia consente la creazione di buche e barre come da schema seguente, e la formazione di una zona ad acque calme a valle dello stesso dove può svilupparsi la vegetazione acquatica. Questi deflettori a bandiera possono essere installati anche con inclinazione verso monte, ma in ambienti di pianura è da preferire quella con inclinazione verso valle Quando il deflettore è posizionato in modo tale che la sua parte superiore sia alla stessa quota del livello di morbida, gli effetti sulla morfologia del fondo sono illustrati dalla figura seguente. La freccia rossa tratteggiata indica la direzione del flusso nel caso il livello dell’acqua superi la quota

15 superiore del deflettore. Il deflettore a bandiera può anche esser installato con un’inclinazione del 5-10% rispetto alla sezione trasversale, in modo tale che una sua parte risulti al di sotto del livello di morbida. In questo caso l’effetto della struttura sulla morfologia del fondo sono illustrati nella seguente figura.

Posizionamento dei deflettori I deflettori devono essere posizionati all’interno dell’alveo e occupare al massimo 1/3 della larghezza dello stesso, e la loro altezza deve essere leggermente maggiore del livello di morbida, in tal modo un flusso d’acqua maggiore sommergerebbe il deflettore senza causare danni. I trasversi dei deflettori devono essere ammorsati nella sponda per almeno 1,5-2m.

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15 superiore del deflettore. Il deflettore a bandiera può anche esser installato con un’inclinazione del 5-10% rispetto alla sezione trasversale, in modo tale che una sua parte risulti al di sotto del livello di morbida. In questo caso l’effetto della struttura sulla morfologia del fondo sono illustrati nella seguente figura.

Posizionamento dei deflettori I deflettori devono essere posizionati all’interno dell’alveo e occupare al massimo 1/3 della larghezza dello stesso, e la loro altezza deve essere leggermente maggiore del livello di morbida, in tal modo un flusso d’acqua maggiore sommergerebbe il deflettore senza causare danni. I trasversi dei deflettori devono essere ammorsati nella sponda per almeno 1,5-2m.

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15 superiore del deflettore. Il deflettore a bandiera può anche esser installato con un’inclinazione del 5-10% rispetto alla sezione trasversale, in modo tale che una sua parte risulti al di sotto del livello di morbida. In questo caso l’effetto della struttura sulla morfologia del fondo sono illustrati nella seguente figura.

Posizionamento dei deflettori I deflettori devono essere posizionati all’interno dell’alveo e occupare al massimo 1/3 della larghezza dello stesso, e la loro altezza deve essere leggermente maggiore del livello di morbida, in tal modo un flusso d’acqua maggiore sommergerebbe il deflettore senza causare danni. I trasversi dei deflettori devono essere ammorsati nella sponda per almeno 1,5-2m.

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16 Risagomature di sezione Alveo a due stadi Gli spianamenti d’alveo sono interveti che comunemente sono effettuati per mantenere o aumentare la sezione di deflusso dei corsi d’acqua e renderla idonea a sopportare eventi di piena con tempi di ritorno molto lunghi. Questa prassi produce un danno rilevantissimo sia alle comunità animali sia vegetali presenti nell’alveo. L’aumento della superficie di contatto acqua-aria produce sensibili cambiamenti al regime termico (surriscaldamento estivo). Altri effetti estremamente importanti sono la compattazione e banalizzazione del fondo, con la scomparsa degli habitat indispensabili per le biocenosi. L’aumento della sezione dell’alveo di piena può essere ottenuto senza ricorrere allo spianamento rimodellando la sezione secondo il disegno dell’alveo a due stadi. La tecnica dell’alveo a due stadi è ecologicamente sostenibile, e crea le condizioni affinché le portate normali restino confinate nell’alveo originario, mentre le portate di piena possono essere accolte in un alveo più ampio, con un letto più elevato, realizzato con lo scavo del piano di campagna adiacente all’alveo originario. Nell’alveo originario devono essere implementati elementi in grado di originare una diversificazione del fondo, in particolar modo la sequenza buche/raschi.

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16 Risagomature di sezione Alveo a due stadi Gli spianamenti d’alveo sono interveti che comunemente sono effettuati per mantenere o aumentare la sezione di deflusso dei corsi d’acqua e renderla idonea a sopportare eventi di piena con tempi di ritorno molto lunghi. Questa prassi produce un danno rilevantissimo sia alle comunità animali sia vegetali presenti nell’alveo. L’aumento della superficie di contatto acqua-aria produce sensibili cambiamenti al regime termico (surriscaldamento estivo). Altri effetti estremamente importanti sono la compattazione e banalizzazione del fondo, con la scomparsa degli habitat indispensabili per le biocenosi. L’aumento della sezione dell’alveo di piena può essere ottenuto senza ricorrere allo spianamento rimodellando la sezione secondo il disegno dell’alveo a due stadi. La tecnica dell’alveo a due stadi è ecologicamente sostenibile, e crea le condizioni affinché le portate normali restino confinate nell’alveo originario, mentre le portate di piena possono essere accolte in un alveo più ampio, con un letto più elevato, realizzato con lo scavo del piano di campagna adiacente all’alveo originario. Nell’alveo originario devono essere implementati elementi in grado di originare una diversificazione del fondo, in particolar modo la sequenza buche/raschi.

16 Risagomature di sezione Alveo a due stadi Gli spianamenti d’alveo sono interveti che comunemente sono effettuati per mantenere o aumentare la sezione di deflusso dei corsi d’acqua e renderla idonea a sopportare eventi di piena con tempi di ritorno molto lunghi. Questa prassi produce un danno rilevantissimo sia alle comunità animali sia vegetali presenti nell’alveo. L’aumento della superficie di contatto acqua-aria produce sensibili cambiamenti al regime termico (surriscaldamento estivo). Altri effetti estremamente importanti sono la compattazione e banalizzazione del fondo, con la scomparsa degli habitat indispensabili per le biocenosi. L’aumento della sezione dell’alveo di piena può essere ottenuto senza ricorrere allo spianamento rimodellando la sezione secondo il disegno dell’alveo a due stadi. La tecnica dell’alveo a due stadi è ecologicamente sostenibile, e crea le condizioni affinché le portate normali restino confinate nell’alveo originario, mentre le portate di piena possono essere accolte in un alveo più ampio, con un letto più elevato, realizzato con lo scavo del piano di campagna adiacente all’alveo originario. Nell’alveo originario devono essere implementati elementi in grado di originare una diversificazione del fondo, in particolar modo la sequenza buche/raschi.

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17 Ampliamento d’alveo Nei canali artificiali e rettilinei e nelle rogge comunemente si mantiene la sezione ricorrendo a dragaggi periodici che portano alle stesse conseguenze descritte per gli spianamenti. Il dragaggio si rende necessario a causa dell’accumulo di sedimento dovuto, principalmente, all’instabilità delle sponde. Il mantenimento della sezione idraulica può essere perseguito utilizzando delle tecniche ecologicamente sostenibili, in altre parole attraverso ampliamenti d’alveo a più livelli. La tecnica è del tutto simile a quella dell’alveo a due stadi, ma in questo caso l’allargamento avviene in modo parallelo al corso d’acqua. Le figure successive indicano come può essere realizzata una nuova sezione idraulica in grado di accogliere le portate di piena senza ricorrere nel tempo a continui dragaggi, perché la vegetazione presente stabilizza le sponde. L’applicazione delle due soluzioni dipende dagli spazi a disposizione.

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17 Ampliamento d’alveo Nei canali artificiali e rettilinei e nelle rogge comunemente si mantiene la sezione ricorrendo a dragaggi periodici che portano alle stesse conseguenze descritte per gli spianamenti. Il dragaggio si rende necessario a causa dell’accumulo di sedimento dovuto, principalmente, all’instabilità delle sponde. Il mantenimento della sezione idraulica può essere perseguito utilizzando delle tecniche ecologicamente sostenibili, in altre parole attraverso ampliamenti d’alveo a più livelli. La tecnica è del tutto simile a quella dell’alveo a due stadi, ma in questo caso l’allargamento avviene in modo parallelo al corso d’acqua. Le figure successive indicano come può essere realizzata una nuova sezione idraulica in grado di accogliere le portate di piena senza ricorrere nel tempo a continui dragaggi, perché la vegetazione presente stabilizza le sponde. L’applicazione delle due soluzioni dipende dagli spazi a disposizione.

17 Ampliamento d’alveo Nei canali artificiali e rettilinei e nelle rogge comunemente si mantiene la sezione ricorrendo a dragaggi periodici che portano alle stesse conseguenze descritte per gli spianamenti. Il dragaggio si rende necessario a causa dell’accumulo di sedimento dovuto, principalmente, all’instabilità delle sponde. Il mantenimento della sezione idraulica può essere perseguito utilizzando delle tecniche ecologicamente sostenibili, in altre parole attraverso ampliamenti d’alveo a più livelli. La tecnica è del tutto simile a quella dell’alveo a due stadi, ma in questo caso l’allargamento avviene in modo parallelo al corso d’acqua. Le figure successive indicano come può essere realizzata una nuova sezione idraulica in grado di accogliere le portate di piena senza ricorrere nel tempo a continui dragaggi, perché la vegetazione presente stabilizza le sponde. L’applicazione delle due soluzioni dipende dagli spazi a disposizione.

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18 Esempio di allargamento d’alveo, con creazione di piana inondabile laterale

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18 Esempio di allargamento d’alveo, con creazione di piana inondabile laterale

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19 Creazione o abbassamento di golene Questa tecnica è applicata nei fiumi al fine di aumentare le sezioni di piena, riconnettere la falda con la vegetazione riparia e in tratti ove le golene non intervengono nella dinamica geomorfologica, nei corsi d’acqua minori e perlopiù artificiali assume il principale significato di potenziare la diversificazione ambientale e di creare delle aree di esondazione. Le operazioni consistono nell’abbassamento della quota della sommità della sponda fino a raggiungere il livello della portata di magra, creando un’area ribassata all’interno dell’alveo. In queste aree si potrà insediare una vegetazione acquatica, estremamente importante per zoocenosi. La golena deve avere una leggera inclinazione verso il canale di magra, ed essere sommersa per almeno metà della sua estensione durante i periodi di morbida. Con l’esecuzione degli scavi devono essere anche rimodellate le sponde a monte della golena, con inclinazioni il più possibile dolci al fine di rendere stabile la sponda. Le glolene possono essere realizzate anche in piccoli o modesti corsi d’acqua rettilinei, poste in posizione laterale retrostanti l’alveo. Schema di realizzazione di una golena laterale

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19 Creazione o abbassamento di golene Questa tecnica è applicata nei fiumi al fine di aumentare le sezioni di piena, riconnettere la falda con la vegetazione riparia e in tratti ove le golene non intervengono nella dinamica geomorfologica, nei corsi d’acqua minori e perlopiù artificiali assume il principale significato di potenziare la diversificazione ambientale e di creare delle aree di esondazione. Le operazioni consistono nell’abbassamento della quota della sommità della sponda fino a raggiungere il livello della portata di magra, creando un’area ribassata all’interno dell’alveo. In queste aree si potrà insediare una vegetazione acquatica, estremamente importante per zoocenosi. La golena deve avere una leggera inclinazione verso il canale di magra, ed essere sommersa per almeno metà della sua estensione durante i periodi di morbida. Con l’esecuzione degli scavi devono essere anche rimodellate le sponde a monte della golena, con inclinazioni il più possibile dolci al fine di rendere stabile la sponda. Le glolene possono essere realizzate anche in piccoli o modesti corsi d’acqua rettilinei, poste in posizione laterale retrostanti l’alveo. Schema di realizzazione di una golena laterale

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20 Le fotografie seguenti indicano come è possibile creare diversità ambientale con la creazione di golene anche in piccoli corsi d’acqua di pianura e in contesti altamente coltivati.

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20 Le fotografie seguenti indicano come è possibile creare diversità ambientale con la creazione di golene anche in piccoli corsi d’acqua di pianura e in contesti altamente coltivati.

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21 Variazione del profilo longitudinale La diversificazione morfologica del profilo longitudinale, ovvero la sequenza di buche/raschi, è perseguibile attraverso l’installazione di piccole opere come i deflettori laterali (già descritti), deflettori incrociati o simmetrici, piccole traverse e il posizionamento di blocchi di pietra. Tutte queste opere devono essere progettate considerando il rischio idraulico presente. Deflettore doppio simmetrico (accoppiato) Il deflettore accoppiato tende a concentrare la portata e modificare la morfologia del fondo secondo il seguente schema. La distanza tra i due deflettori deve essere al massimo pari al 20-25% della larghezza dell’alveo

Deflettore incrociato simmetrico Il deflettore incrociato simmetrico andrà a occupare l’intera sezione del corso d’acqua, la sua altezza deve corrispondere al livello di magra. L’effetto di questo tipo di deflettore è la concentrazione del flusso di portata con creazione di una buca e di una barra a valle e un effetto raschio a monte, secondo il seguente schema. Essendo l’altezza della struttura corrispondente al deflusso di magra un altro effetto è di mantenere una lama d’acqua a monte del deflettore.

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21 Variazione del profilo longitudinale La diversificazione morfologica del profilo longitudinale, ovvero la sequenza di buche/raschi, è perseguibile attraverso l’installazione di piccole opere come i deflettori laterali (già descritti), deflettori incrociati o simmetrici, piccole traverse e il posizionamento di blocchi di pietra. Tutte queste opere devono essere progettate considerando il rischio idraulico presente. Deflettore doppio simmetrico (accoppiato) Il deflettore accoppiato tende a concentrare la portata e modificare la morfologia del fondo secondo il seguente schema. La distanza tra i due deflettori deve essere al massimo pari al 20-25% della larghezza dell’alveo

Deflettore incrociato simmetrico Il deflettore incrociato simmetrico andrà a occupare l’intera sezione del corso d’acqua, la sua altezza deve corrispondere al livello di magra. L’effetto di questo tipo di deflettore è la concentrazione del flusso di portata con creazione di una buca e di una barra a valle e un effetto raschio a monte, secondo il seguente schema. Essendo l’altezza della struttura corrispondente al deflusso di magra un altro effetto è di mantenere una lama d’acqua a monte del deflettore.

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22 Il deflettore incrociato può essere installato con l’apice del triangolo della struttura verso monte o verso valle. Secondo questa posizione si ottengono modificazioni della morfologia del fondo diversa.

Effetti del deflettore incrociato con apice rivolto verso valle. Effetti del deflettore incrociato con apice rivolto verso monte.

Traversa per concentrazione di corrente (con gaveta) Il deflettore doppio simmetrico per concentrazione di corrente andrà a occupare l’intera sezione del corso d’acqua, la sua altezza deve corrispondere al livello di magra. L’effetto di questo tipo di deflettore è la concentrazione del flusso di portata con creazione di una buca e di una barra a valle e un effetto raschio a monte, secondo il seguente schema. Essendo l’altezza della struttura corrispondente al deflusso di magra un altro effetto è di mantenere una lama d’acqua a monte del deflettore più efficacemente rispetto al deflettore simmetrico.

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22 Il deflettore incrociato può essere installato con l’apice del triangolo della struttura verso monte o verso valle. Secondo questa posizione si ottengono modificazioni della morfologia del fondo diversa.

Effetti del deflettore incrociato con apice rivolto verso valle. Effetti del deflettore incrociato con apice rivolto verso monte.

Traversa per concentrazione di corrente (con gaveta) Il deflettore doppio simmetrico per concentrazione di corrente andrà a occupare l’intera sezione del corso d’acqua, la sua altezza deve corrispondere al livello di magra. L’effetto di questo tipo di deflettore è la concentrazione del flusso di portata con creazione di una buca e di una barra a valle e un effetto raschio a monte, secondo il seguente schema. Essendo l’altezza della struttura corrispondente al deflusso di magra un altro effetto è di mantenere una lama d’acqua a monte del deflettore più efficacemente rispetto al deflettore simmetrico.

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Gli effetti del posizionamento della traversa nei confronti della morfologia dell’alveo sono descritti nella seguente figura: Traversa senza gaveta La realizzazione di una traversa consiste nel mettere uno o due tronchi sovrastanti sul fondo dell’alveo o leggermente sopra elevati. Il palo che costituirà la traversa dovrà avere un diametro di 10-20 cm, e sarà messo ortogonalmente alla direzione della corrente. La traversa, aderente al fondo del corso d’acqua, forma un raschio a monte e una buca a valle, la sua realizzazione è possibile in alvei a bassa pendenza longitudinale con substrato cittoloso-ghiaioso. Il manufatto controlla la pendenza e trattiene il materiale che entrerebbe nella buca. Per essere efficiente la struttura deve essere collocata in alvei aventi una larghezza minore di 6 m. L’uso di tondini di ferro per armatura consente un adeguato ancoraggio, oltre all’ammorsamento del palo nella sponda per almeno 50 cm. Gli effetti del posizionamento della traversa nei confronti della morfologia dell’alveo sono descritti nella seguente figura:

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Gli effetti del posizionamento della traversa nei confronti della morfologia dell’alveo sono descritti nella seguente figura: Traversa senza gaveta La realizzazione di una traversa consiste nel mettere uno o due tronchi sovrastanti sul fondo dell’alveo o leggermente sopra elevati. Il palo che costituirà la traversa dovrà avere un diametro di 10-20 cm, e sarà messo ortogonalmente alla direzione della corrente. La traversa, aderente al fondo del corso d’acqua, forma un raschio a monte e una buca a valle, la sua realizzazione è possibile in alvei a bassa pendenza longitudinale con substrato cittoloso-ghiaioso. Il manufatto controlla la pendenza e trattiene il materiale che entrerebbe nella buca. Per essere efficiente la struttura deve essere collocata in alvei aventi una larghezza minore di 6 m. L’uso di tondini di ferro per armatura consente un adeguato ancoraggio, oltre all’ammorsamento del palo nella sponda per almeno 50 cm. Gli effetti del posizionamento della traversa nei confronti della morfologia dell’alveo sono descritti nella seguente figura:

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24 Nel caso si realizzi una traversa sopraelevata dal fondo (utilizzando come supporti delle pietre, la bica che viene a formarsi sarà meno approfondita e di minore ampiezza. Traversa obliqua La traversa obliqua, aderente al fondo del corso d’acqua, forma un raschio a monte e una buca a valle, la sua realizzazione è possibile in alvei a bassa pendenza longitudinale con substrato cittoloso-ghiaioso. Il manufatto controlla la pendenza e trattiene il materiale che entrerebbe nella buca. Generalmente, in presenza di una modesta portata, viene a crearsi una buca di profondità maggiore di 45 cm. La traversa simula gli effetti naturali di un albero morto in alveo.

Per essere efficiente la struttura deve essere collocata in alvei aventi una larghezza minore di 6 m. Il palo deve essere posizionato con un angolo di 30° rispetto alla sezione trasversale e avere un diametro di 10-20 cm. L’uso di tondini in ferro per armatura consente un adeguato ancoraggio, oltre all’ammorsamento del palo nella sponda per almeno 50 cm. La traversa deve avere un’inclinazione pari al 5% da valle verso monte, quindi è necessario procedere alla modifica del fondo prima della sua messa in opera. Gli effetti del posizionamento della traversa nei confronti della morfologia dell’alveo sono descritti nella seguente figura:

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I miglioramenti ambientali dei corsi d’acqua di pianura

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24 Nel caso si realizzi una traversa sopraelevata dal fondo (utilizzando come supporti delle pietre, la bica che viene a formarsi sarà meno approfondita e di minore ampiezza. Traversa obliqua La traversa obliqua, aderente al fondo del corso d’acqua, forma un raschio a monte e una buca a valle, la sua realizzazione è possibile in alvei a bassa pendenza longitudinale con substrato cittoloso-ghiaioso. Il manufatto controlla la pendenza e trattiene il materiale che entrerebbe nella buca. Generalmente, in presenza di una modesta portata, viene a crearsi una buca di profondità maggiore di 45 cm. La traversa simula gli effetti naturali di un albero morto in alveo.

Per essere efficiente la struttura deve essere collocata in alvei aventi una larghezza minore di 6 m. Il palo deve essere posizionato con un angolo di 30° rispetto alla sezione trasversale e avere un diametro di 10-20 cm. L’uso di tondini in ferro per armatura consente un adeguato ancoraggio, oltre all’ammorsamento del palo nella sponda per almeno 50 cm. La traversa deve avere un’inclinazione pari al 5% da valle verso monte, quindi è necessario procedere alla modifica del fondo prima della sua messa in opera. Gli effetti del posizionamento della traversa nei confronti della morfologia dell’alveo sono descritti nella seguente figura:

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25 Posizionamento di massi in alveo L’uso dei massi singoli o a gruppi è uno dei metodi per ottenere una veloce ed efficiente diversificazione dell’ambiente di un corso d’acqua. Sebbene questo metodo sia maggiormente applicato in corsi d’acqua a fondo roccioso, la collocazione di massi trova un efficiente impiego anche in corsi d’acqua a fondo ghiaioso ciottoloso. I massi in alveo forniscono ricoveri per i pesci, aumentando la presenza di buche/raschi (si creano nuove buche a seguito di erosione del fondo nei pressi del masso), possono creare nuovi meandri e buche nei tratti rettilinei e canalizzati, proteggono le sponde dall’erosione (deviazione della corrente) e inducono erosione nella sponda opposta, in funzione della larghezza dell’alveo e dalla loro posizione. L’erosione e la posizione delle buche dipendono dalla dislocazione dei massi, dalla loro forma e dalle caratteristiche della corrente. Al fine di produrre una diversificazione del fondo dell’alveo, quindi per non produrre fenomeni erosivi a carico delle sponde, i massi devono essere posizionati ad una distanza minima dalla sponda pari ad 1/3 della larghezza del corso d’acqua. Di seguito sono riportati alcuni esempi di disposizione dei massi in alveo e i loro effetti sulla morfologia del fondo.

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25 Posizionamento di massi in alveo L’uso dei massi singoli o a gruppi è uno dei metodi per ottenere una veloce ed efficiente diversificazione dell’ambiente di un corso d’acqua. Sebbene questo metodo sia maggiormente applicato in corsi d’acqua a fondo roccioso, la collocazione di massi trova un efficiente impiego anche in corsi d’acqua a fondo ghiaioso ciottoloso. I massi in alveo forniscono ricoveri per i pesci, aumentando la presenza di buche/raschi (si creano nuove buche a seguito di erosione del fondo nei pressi del masso), possono creare nuovi meandri e buche nei tratti rettilinei e canalizzati, proteggono le sponde dall’erosione (deviazione della corrente) e inducono erosione nella sponda opposta, in funzione della larghezza dell’alveo e dalla loro posizione. L’erosione e la posizione delle buche dipendono dalla dislocazione dei massi, dalla loro forma e dalle caratteristiche della corrente. Al fine di produrre una diversificazione del fondo dell’alveo, quindi per non produrre fenomeni erosivi a carico delle sponde, i massi devono essere posizionati ad una distanza minima dalla sponda pari ad 1/3 della larghezza del corso d’acqua. Di seguito sono riportati alcuni esempi di disposizione dei massi in alveo e i loro effetti sulla morfologia del fondo.

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26 I gruppi dei massi, o i massi singoli, devono essere distanziati tra loro per almeno 1/3 della sezione del corso d’acqua, in modo da evitare l’eccessivo accumulo di materiale di deposizione. In generale il diametro dei massi varia da 0,5 a 1,5 m, comunque non deve essere maggiore di 1/8 della larghezza dell’alveo. Per aumentarne la stabilità, i massi devono essere ben incassati nel fondo.

Creazione di un canale di corrente sinuoso La tecnica consiste nell’effettuare tagli selettivi della vegetazione in alveo, con rilascio della vegetazione per 1/3 o 2/3 del totale sulla sezione. Con questo tipo di gestione della vegetazione si realizza un canale di corrente e si permette l’innesco di processi naturali nel corso d’acqua, infatti, varia la velocità e la direzione del deflusso idrico, e la corrente tende ad approfondire

l’alveo sul lato esterno delle curve. L’incisione del fondo induce la creazione di elementi morfologici come i raschi, le buche e le barre di meandro, ovvero si ottiene un buon grado di diversità ambientale.

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26 I gruppi dei massi, o i massi singoli, devono essere distanziati tra loro per almeno 1/3 della sezione del corso d’acqua, in modo da evitare l’eccessivo accumulo di materiale di deposizione. In generale il diametro dei massi varia da 0,5 a 1,5 m, comunque non deve essere maggiore di 1/8 della larghezza dell’alveo. Per aumentarne la stabilità, i massi devono essere ben incassati nel fondo.

Creazione di un canale di corrente sinuoso La tecnica consiste nell’effettuare tagli selettivi della vegetazione in alveo, con rilascio della vegetazione per 1/3 o 2/3 del totale sulla sezione. Con questo tipo di gestione della vegetazione si realizza un canale di corrente e si permette l’innesco di processi naturali nel corso d’acqua, infatti, varia la velocità e la direzione del deflusso idrico, e la corrente tende ad approfondire

l’alveo sul lato esterno delle curve. L’incisione del fondo induce la creazione di elementi morfologici come i raschi, le buche e le barre di meandro, ovvero si ottiene un buon grado di diversità ambientale.

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27 Eliminazione di ceppaie di sponda Questo intervento consiste nell’eliminazione di ceppaie che proteggono la sponda, in modo da permettere al deflusso idrico di erodere la sponda e innescare processi morfologici che portano alla creazione di sinuosità d’alveo.

27 Eliminazione di ceppaie di sponda Questo intervento consiste nell’eliminazione di ceppaie che proteggono la sponda, in modo da permettere al deflusso idrico di erodere la sponda e innescare processi morfologici che portano alla creazione di sinuosità d’alveo.

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27 Eliminazione di ceppaie di sponda Questo intervento consiste nell’eliminazione di ceppaie che proteggono la sponda, in modo da permettere al deflusso idrico di erodere la sponda e innescare processi morfologici che portano alla creazione di sinuosità d’alveo.

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28 Rifugi per l’ittiofauna Un’altra azione per aumentare la diversità ambientale in corsi d’acqua semplificati e a fondo piatto, è quella d'installare dei rifugi artificiali per l’ittiofauna sia sottosponda sia in pieno alveo. Rifugi sottosponda I rifugi sottosponda si dividono in due tipologie: quelli a modulo e quelli realizzati direttamente nella sponda. Tane a modulo Questi rifugi sono dei moduli costruiti in legno che sono opportunamente ancorati nella sponda e al fondo con tondini di ferro per armatura, e ricoperti con pietre per migliorare l’ancoraggio. Il loro posizionamento deve consentire che i rifugi restino immersi anche durante i periodi di magra, quindi la zona ideale d’installazione è quella del fondo delle buche/pozze.

Tana sottosponda I rifugi sottosponda sono ricavati direttamente scavando nella sponda, in adiacenza a delle buche/pozze, e posizionando dei manufatti che consentano la copertura e il mantenimento del rifugio nel tempo.

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I miglioramenti ambientali dei corsi d’acqua di pianura

28 Rifugi per l’ittiofauna Un’altra azione per aumentare la diversità ambientale in corsi d’acqua semplificati e a fondo piatto, è quella d'installare dei rifugi artificiali per l’ittiofauna sia sottosponda sia in pieno alveo. Rifugi sottosponda I rifugi sottosponda si dividono in due tipologie: quelli a modulo e quelli realizzati direttamente nella sponda. Tane a modulo Questi rifugi sono dei moduli costruiti in legno che sono opportunamente ancorati nella sponda e al fondo con tondini di ferro per armatura, e ricoperti con pietre per migliorare l’ancoraggio. Il loro posizionamento deve consentire che i rifugi restino immersi anche durante i periodi di magra, quindi la zona ideale d’installazione è quella del fondo delle buche/pozze.

Tana sottosponda I rifugi sottosponda sono ricavati direttamente scavando nella sponda, in adiacenza a delle buche/pozze, e posizionando dei manufatti che consentano la copertura e il mantenimento del rifugio nel tempo.

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29 I disegni seguenti illustrano un rifugio sottosponda realizzato con dei pali posizionati longitudinalmente al corso d’acqua e con copertura con legame e pietre, e un altro realizzato con una palizzata laterale.

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29 I disegni seguenti illustrano un rifugio sottosponda realizzato con dei pali posizionati longitudinalmente al corso d’acqua e con copertura con legame e pietre, e un altro realizzato con una palizzata laterale.

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30 Rifugi sommersi in alveo L’installazione di queste strutture permette di fornire un rifugio alla fauna ittica. Oltre che come rifugio per la predazione e per la riproduzione, possono essere utili in caso di piene. Questi rifugi devono essere installati in alvei abbastanza larghi (> 5m), con fondo ghiaioso, e posizionati di 30° rispetto alla corrente. Sono di tipo fisso o mobile, e devono essere sempre sommersi, per questo la loro posizione ideale è quella all’interno delle buche. Queste tipologie di rifugi sono economiche e di facile installazione.

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30 Rifugi sommersi in alveo L’installazione di queste strutture permette di fornire un rifugio alla fauna ittica. Oltre che come rifugio per la predazione e per la riproduzione, possono essere utili in caso di piene. Questi rifugi devono essere installati in alvei abbastanza larghi (> 5m), con fondo ghiaioso, e posizionati di 30° rispetto alla corrente. Sono di tipo fisso o mobile, e devono essere sempre sommersi, per questo la loro posizione ideale è quella all’interno delle buche. Queste tipologie di rifugi sono economiche e di facile installazione.

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30 Rifugi sommersi in alveo L’installazione di queste strutture permette di fornire un rifugio alla fauna ittica. Oltre che come rifugio per la predazione e per la riproduzione, possono essere utili in caso di piene. Questi rifugi devono essere installati in alvei abbastanza larghi (> 5m), con fondo ghiaioso, e posizionati di 30° rispetto alla corrente. Sono di tipo fisso o mobile, e devono essere sempre sommersi, per questo la loro posizione ideale è quella all’interno delle buche. Queste tipologie di rifugi sono economiche e di facile installazione.

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31 Schema costrittivo del rifugio di tipo fisso Schema costrittivo del rifugio di tipo mobile

Schema di rifugio a gabbia in alveo

Schema costruttivo del rifugio di tipo fisso

Schema costruttivo del rifugio di tipo mobile

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31 Schema costrittivo del rifugio di tipo fisso Schema costrittivo del rifugio di tipo mobile

Schema di rifugio a gabbia in alveo

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32 Rifugio con tronchi e ceppaie La collocazione di tronchi o ceppaie all’interno delle buche consente di creare degli ottimi rifugi per i pesci e ambienti adatti alla vita di molte altre specie. Il posizionamento di tronchi con ceppaia, se opportunamente collocati nella riva, permettono di ottenere anche un effetto di protezione spondale.

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32 Rifugio con tronchi e ceppaie La collocazione di tronchi o ceppaie all’interno delle buche consente di creare degli ottimi rifugi per i pesci e ambienti adatti alla vita di molte altre specie. Il posizionamento di tronchi con ceppaia, se opportunamente collocati nella riva, permettono di ottenere anche un effetto di protezione spondale.

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33 Riapertura di canali abbandonati E’ frequente che a causa di passate riorganizzazioni del sistema irriguo siano presenti sul territorio canali parzialmente o totalmente abbandonati. Seppur in disuso questi canali/fossi o tronchi di roggia sono delle occasioni per potenziare il territorio con elementi naturali o seminaturali. In funzione del loro stato di abbandono possono essere eseguite delle semplici operazioni di pulizia o di rimodellamento morfologico con ripristino dei collegamenti idrici. In alcuni casi si deve procedere al ripristino quasi totale dell’alveo originario, in cui immettere le acque terminali del sistema irriguo (colature). Oltre alle operazioni di ripristino è necessario inserire elementi di diversificazione ambientale, in particolar modo riguardanti la morfologia del fondo, come buche, sbarramenti, isolotti, piccole anse laterali ecc.. Tali elementi devono anche essere in grado di mantenere un sufficiente battente d’acqua anche nelle stagioni dove il deflusso idrico è scarso o nullo. In questo caso traverse o deflettori incrociati simmetrici possono egregiamente funzionare in casi in cui il substrato del fondo non sia eccessivamente ghiaioso/ciottoloso. Le fotografie seguenti illustrano due diversi casi:

1) Il primo caso si tratta di un vero e proprio ripristino totale di un canale abbandonato e interrato. La prima immagine si riferisce allo stato del canale prima dell’intervento, mentre la seconda mostra lo stesso dopo l’intervento di ripristino totale.

2) Il secondo caso riguarda il rimodellamento morfologico di un tratto di canale abbandonato che collegava un fosso irriguo terminale con una roggia.

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33 Riapertura di canali abbandonati E’ frequente che a causa di passate riorganizzazioni del sistema irriguo siano presenti sul territorio canali parzialmente o totalmente abbandonati. Seppur in disuso questi canali/fossi o tronchi di roggia sono delle occasioni per potenziare il territorio con elementi naturali o seminaturali. In funzione del loro stato di abbandono possono essere eseguite delle semplici operazioni di pulizia o di rimodellamento morfologico con ripristino dei collegamenti idrici. In alcuni casi si deve procedere al ripristino quasi totale dell’alveo originario, in cui immettere le acque terminali del sistema irriguo (colature). Oltre alle operazioni di ripristino è necessario inserire elementi di diversificazione ambientale, in particolar modo riguardanti la morfologia del fondo, come buche, sbarramenti, isolotti, piccole anse laterali ecc.. Tali elementi devono anche essere in grado di mantenere un sufficiente battente d’acqua anche nelle stagioni dove il deflusso idrico è scarso o nullo. In questo caso traverse o deflettori incrociati simmetrici possono egregiamente funzionare in casi in cui il substrato del fondo non sia eccessivamente ghiaioso/ciottoloso. Le fotografie seguenti illustrano due diversi casi:

1) Il primo caso si tratta di un vero e proprio ripristino totale di un canale abbandonato e interrato. La prima immagine si riferisce allo stato del canale prima dell’intervento, mentre la seconda mostra lo stesso dopo l’intervento di ripristino totale.

2) Il secondo caso riguarda il rimodellamento morfologico di un tratto di canale abbandonato che collegava un fosso irriguo terminale con una roggia.

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35 La rivitalizzazione delle lanche La lanca è un meandro fluviale abbandonato a causa della divagazione dell’alveo principale nella piana alluvionale. La figura seguente illustra il meccanismo della formazione di un meandro morto e di conseguenza della lanca sconnessa dal corso d’acqua che l’ha generata.

1: andamento del corso d’acqua caratterizzato da ampie anse dette meandri 2 e 3: progressivo avvicinamento dei lobi di due meandri successivi; 4: i due lobi si fondono tagliando un’ansa e originando il meandro morto; 5: progressivo distacco del meandro dal corso d’acqua e formazione della lanca che progressivamente tende a colmarsi a causa dei depositi delle piene che la raggiungono. La lanca è un habitat rappresentato da un modesto bacino di acqua ferma il cui destino è di essere colmato soprattutto per l’avanzamento della vegetazione palustre di grandi elofite ripariali (canneti ad esempio) e per l’accumulo del sedimento originato dalle piene che la raggiungono. In ambiente eutrofico il processo è relativamente veloce e in condizioni ipertrofiche vi si possono verificare fenomeni di proliferazione algale che tendono a soffocare la

vegetazione macrofitica. Un punto fondamentale nella gestione di questi ambienti è quello della regimazione e il controllo qualità delle acque per evitare un’eccessiva accelerazione dei processi di proliferazione algale condizionati da un livello trofico troppo elevato. E’ quindi opportuno salvaguardare le vegetazioni elofitiche circostanti che separano il corpo acquatico dal contesto colturale esterno e per quanto possibile evitare l’immissione di acque che drenano superfici agrarie soggette a fertilizzazione. In piccoli specchi d’acqua questo habitat spesso è instabile per la tendenza al rapido accumulo sul fondale di materiale organico autogeno o proveniente dalle cinture elofitiche ripariali. Quando si ritenga necessario sono allora possibili operazioni di ringiovanimento del corpo d’acqua con parziali e controllate asportazioni del sedimento organico di fondo. Allo stesso scopo può essere operato un limitato contenimento dell’espansione verso la superficie libera dell’acqua della vegetazione elofitica, senza però distruggerne la continuità né tanto meno eliminarla. Ruolo ecologico potenziale nell’ottica di una rete ecologica Il ruolo ecologico di una lanca rivitalizzata, al pari di quello degli ambienti palustri in generale, è molteplice: da un luogo per la sosta dell’avifauna migratoria ad ambiente per la deposizione di uova da parte degli anfibi, e se in contatto diretto con il fiume svolge un ruolo importante per l’ittiofauna (es. il luccio) soprattutto come “nursery” per il novellame. Le azioni tese a ricreare una buona funzionalità ecologica di una lanca sono rappresentate dall’asportazione dei sedimenti, di parte della vegetazione palustre e riorganizzando o creando i vari collegamenti idraulici, facendo in modo che i collegamenti con il corso d’acqua d’origine diventano costante o comunque efficienti per buona parte dell’anno. Il mosaico ambientale che si ottiene è quello di un punto strutturale della rete ecologica rappresentato da un corpo idrico, generalmente, curvilineo derivato dall’allargamento di uno specchio d’acqua che altrimenti si sarebbe perduto. Le sponde della lanca rivitalizzata devono essere caratterizzate da una vegetazione palustre a diversi livelli strutturali, mentre nelle fasce più esterne si deve insediare una vegetazione tipica delle formazioni igrofile (normalmente salici e ontani).

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35 La rivitalizzazione delle lanche La lanca è un meandro fluviale abbandonato a causa della divagazione dell’alveo principale nella piana alluvionale. La figura seguente illustra il meccanismo della formazione di un meandro morto e di conseguenza della lanca sconnessa dal corso d’acqua che l’ha generata.

1: andamento del corso d’acqua caratterizzato da ampie anse dette meandri 2 e 3: progressivo avvicinamento dei lobi di due meandri successivi; 4: i due lobi si fondono tagliando un’ansa e originando il meandro morto; 5: progressivo distacco del meandro dal corso d’acqua e formazione della lanca che progressivamente tende a colmarsi a causa dei depositi delle piene che la raggiungono. La lanca è un habitat rappresentato da un modesto bacino di acqua ferma il cui destino è di essere colmato soprattutto per l’avanzamento della vegetazione palustre di grandi elofite ripariali (canneti ad esempio) e per l’accumulo del sedimento originato dalle piene che la raggiungono. In ambiente eutrofico il processo è relativamente veloce e in condizioni ipertrofiche vi si possono verificare fenomeni di proliferazione algale che tendono a soffocare la

vegetazione macrofitica. Un punto fondamentale nella gestione di questi ambienti è quello della regimazione e il controllo qualità delle acque per evitare un’eccessiva accelerazione dei processi di proliferazione algale condizionati da un livello trofico troppo elevato. E’ quindi opportuno salvaguardare le vegetazioni elofitiche circostanti che separano il corpo acquatico dal contesto colturale esterno e per quanto possibile evitare l’immissione di acque che drenano superfici agrarie soggette a fertilizzazione. In piccoli specchi d’acqua questo habitat spesso è instabile per la tendenza al rapido accumulo sul fondale di materiale organico autogeno o proveniente dalle cinture elofitiche ripariali. Quando si ritenga necessario sono allora possibili operazioni di ringiovanimento del corpo d’acqua con parziali e controllate asportazioni del sedimento organico di fondo. Allo stesso scopo può essere operato un limitato contenimento dell’espansione verso la superficie libera dell’acqua della vegetazione elofitica, senza però distruggerne la continuità né tanto meno eliminarla. Ruolo ecologico potenziale nell’ottica di una rete ecologica Il ruolo ecologico di una lanca rivitalizzata, al pari di quello degli ambienti palustri in generale, è molteplice: da un luogo per la sosta dell’avifauna migratoria ad ambiente per la deposizione di uova da parte degli anfibi, e se in contatto diretto con il fiume svolge un ruolo importante per l’ittiofauna (es. il luccio) soprattutto come “nursery” per il novellame. Le azioni tese a ricreare una buona funzionalità ecologica di una lanca sono rappresentate dall’asportazione dei sedimenti, di parte della vegetazione palustre e riorganizzando o creando i vari collegamenti idraulici, facendo in modo che i collegamenti con il corso d’acqua d’origine diventano costante o comunque efficienti per buona parte dell’anno. Il mosaico ambientale che si ottiene è quello di un punto strutturale della rete ecologica rappresentato da un corpo idrico, generalmente, curvilineo derivato dall’allargamento di uno specchio d’acqua che altrimenti si sarebbe perduto. Le sponde della lanca rivitalizzata devono essere caratterizzate da una vegetazione palustre a diversi livelli strutturali, mentre nelle fasce più esterne si deve insediare una vegetazione tipica delle formazioni igrofile (normalmente salici e ontani).

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36 Gli interventi possibili sono così articolati:

Movimenti di terra per asportare il sedime e rimodellazione delle sponde al fine di ricreare dei microhabitat d’interesse naturalistico;

Ripristino, ove è possibile, del collegamento con il corso d’acqua; Regimazione delle acque provenienti dal fiume o da corsi d’acqua

minori che confluiscono nella lanca; Impianto di ecocelle per favorire lo sviluppo ecosistemico dell’ambiente

acquatico e di transizione desiderata, in altre parole il posizionamento di una nuova vegetazione palustre o sua ricollocazione;

Piantagione di vegetazione arborea ed arbustiva di coronamento esterno per sviluppare ecosistemi terrestri.

Le figure seguenti illustrano le operazioni di asportazione dei sedimenti e di rimodellazione delle sponde, con il mantenimento parziale della vegetazione palustre.

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I miglioramenti ambientali dei corsi d’acqua di pianura

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36 Gli interventi possibili sono così articolati:

Movimenti di terra per asportare il sedime e rimodellazione delle sponde al fine di ricreare dei microhabitat d’interesse naturalistico;

Ripristino, ove è possibile, del collegamento con il corso d’acqua; Regimazione delle acque provenienti dal fiume o da corsi d’acqua

minori che confluiscono nella lanca; Impianto di ecocelle per favorire lo sviluppo ecosistemico dell’ambiente

acquatico e di transizione desiderata, in altre parole il posizionamento di una nuova vegetazione palustre o sua ricollocazione;

Piantagione di vegetazione arborea ed arbustiva di coronamento esterno per sviluppare ecosistemi terrestri.

Le figure seguenti illustrano le operazioni di asportazione dei sedimenti e di rimodellazione delle sponde, con il mantenimento parziale della vegetazione palustre.

37 Lanca in via di completo interramento

Le fotografie illustrano la lanca prima degli interventi di rivitalizzazione, i risultati delle opere di asportazione del sedime e come si presenta l’ambiente a distanza di alcuni mesi.

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I miglioramenti ambientali dei corsi d’acqua di pianura

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37 Lanca in via di completo interramento

Le fotografie illustrano la lanca prima degli interventi di rivitalizzazione, i risultati delle opere di asportazione del sedime e come si presenta l’ambiente a distanza di alcuni mesi.

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I miglioramenti ambientali dei corsi d’acqua di pianura

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37 Lanca in via di completo interramento

Le fotografie illustrano la lanca prima degli interventi di rivitalizzazione, i risultati delle opere di asportazione del sedime e come si presenta l’ambiente a distanza di alcuni mesi.

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38 Esempio di ripristino del collegamento di una lanca con il corso del fiume

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39 Creazione di zone umide La creazione è un’azione di potenziamento ambientale, in particolar modo nel contesto di una rete ecologica, di gran significato, perché si realizzano nuovi Habitat trofici e riproduttivi per moltissime specie. Questi ambienti svolgono anche una funzione fitodepuratrice nei confronti del flusso idrico del corpo d’acqua alla quale sono connessi. Elementi progettuali Di seguito si riassumono e si schematizzano gli elementi progettuali per la creazione di nuove zone umide o per la riqualificazione di quelle esistenti. Gli elementi che sono descritti si riferiscono alla creazione di zone umide a funzione naturalistica, mentre quelle funzionali alla fitodepurazione presentano caratteristiche costruttive più complesse. La forma In generale devono essere evitate le forme geometriche rigide, anche se molte volte la forma è vincolata agli spazi a disposizione. Il perimetro e la morfologia devono essere il più simile alle situazioni che si riscontrano in natura, adattandosi alle forme morfologiche esistenti. L’area umida può essere disegnata come un corpo unico, o per comparti. Questa scelta progettuale è condizionata dalle caratteristiche del luogo in cui si deve realizzare l’opera e dalle opportunità di utilizzare elementi morfologici e naturalistici già esistenti. Comunque anche il disegno a corpo unico deve prevedere delle zone a caratteristiche morfologiche diverse, che origineranno habitat funzionali all’insediamento di diverse specie sia acquatiche sia terrestri. La forma naturale o naturaliforme deve prevedere un profilo planimetrico il più vario possibile, in modo da massimizzare lo sviluppo perimetrale dell’ambiente ecotonale tra l’ecosistema acquatico e quello terrestre.

Tale concetto si concretizza nel disegnare un profilo planimetrico curvilineo in cui si alternano anse, insenature, penisole, isolotti ecc… I movimenti terra Gli scavi non devono interessare la falda freatica sottostante, ma la presenza dell’acqua deve essere garantita da flusso idrico proveniente da un corso d’acqua. Ad esempio i colatori finali del sistema irriguo possono funzionare egregiamente per questo scopo. Il materiale scavato è normalmente reimpiegato in cantiere per creare tutta una serie di elementi morfologici che caratterizzeranno la zona umida, come arginature, sponde, creazioni di penisole, isolotti ecc. In caso si debba procedere all’impermeabilizzazione del fondo, si devono impiegare materiali fini come l’argilla o il limo, spandendoli con uno spesso re variabile da 20 a 50 cm, in base alle condizioni di fondo presenti. Il fango o la fanghiglia reperito in cantiere, se compattato alla presenza di acqua, crea, solitamente, una buona impermeabilizzazione. Non sempre è necessari procedere con l’impermeabilizzazione, dipende dalla natura del substrato del fondo e dalle portate idriche a disposizione. In generale le sponde devono avere una pendenza il più debole possibile (compatibilmente con lo spazio a disposizione), indicativamente i rapporti variano da 1:2 a 1:3 fino ad arrivare a 1:10 per le sponde litoranee. Le arginature, quando necessarie, devono essere progettate per contenere e regolare i flussi idrici, o anche per facilitare l’esondazione in determinate zone in caso di piene. L’altezza dell’arginatura è, ovviamente, variabile in funzione dei battenti d’acqua da contenere, in alcuni casi si possono realizzare tratti ad altezza superiore a quella necessario per creare zone idonee alla nidificazione del topino, del gruccione e del martin pescatore. In questo caso è necessario che l’argine abbia una scarpata a forte inclinazione, fino a coincidere con la verticale.

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39 Creazione di zone umide La creazione è un’azione di potenziamento ambientale, in particolar modo nel contesto di una rete ecologica, di gran significato, perché si realizzano nuovi Habitat trofici e riproduttivi per moltissime specie. Questi ambienti svolgono anche una funzione fitodepuratrice nei confronti del flusso idrico del corpo d’acqua alla quale sono connessi. Elementi progettuali Di seguito si riassumono e si schematizzano gli elementi progettuali per la creazione di nuove zone umide o per la riqualificazione di quelle esistenti. Gli elementi che sono descritti si riferiscono alla creazione di zone umide a funzione naturalistica, mentre quelle funzionali alla fitodepurazione presentano caratteristiche costruttive più complesse. La forma In generale devono essere evitate le forme geometriche rigide, anche se molte volte la forma è vincolata agli spazi a disposizione. Il perimetro e la morfologia devono essere il più simile alle situazioni che si riscontrano in natura, adattandosi alle forme morfologiche esistenti. L’area umida può essere disegnata come un corpo unico, o per comparti. Questa scelta progettuale è condizionata dalle caratteristiche del luogo in cui si deve realizzare l’opera e dalle opportunità di utilizzare elementi morfologici e naturalistici già esistenti. Comunque anche il disegno a corpo unico deve prevedere delle zone a caratteristiche morfologiche diverse, che origineranno habitat funzionali all’insediamento di diverse specie sia acquatiche sia terrestri. La forma naturale o naturaliforme deve prevedere un profilo planimetrico il più vario possibile, in modo da massimizzare lo sviluppo perimetrale dell’ambiente ecotonale tra l’ecosistema acquatico e quello terrestre.

Tale concetto si concretizza nel disegnare un profilo planimetrico curvilineo in cui si alternano anse, insenature, penisole, isolotti ecc… I movimenti terra Gli scavi non devono interessare la falda freatica sottostante, ma la presenza dell’acqua deve essere garantita da flusso idrico proveniente da un corso d’acqua. Ad esempio i colatori finali del sistema irriguo possono funzionare egregiamente per questo scopo. Il materiale scavato è normalmente reimpiegato in cantiere per creare tutta una serie di elementi morfologici che caratterizzeranno la zona umida, come arginature, sponde, creazioni di penisole, isolotti ecc. In caso si debba procedere all’impermeabilizzazione del fondo, si devono impiegare materiali fini come l’argilla o il limo, spandendoli con uno spesso re variabile da 20 a 50 cm, in base alle condizioni di fondo presenti. Il fango o la fanghiglia reperito in cantiere, se compattato alla presenza di acqua, crea, solitamente, una buona impermeabilizzazione. Non sempre è necessari procedere con l’impermeabilizzazione, dipende dalla natura del substrato del fondo e dalle portate idriche a disposizione. In generale le sponde devono avere una pendenza il più debole possibile (compatibilmente con lo spazio a disposizione), indicativamente i rapporti variano da 1:2 a 1:3 fino ad arrivare a 1:10 per le sponde litoranee. Le arginature, quando necessarie, devono essere progettate per contenere e regolare i flussi idrici, o anche per facilitare l’esondazione in determinate zone in caso di piene. L’altezza dell’arginatura è, ovviamente, variabile in funzione dei battenti d’acqua da contenere, in alcuni casi si possono realizzare tratti ad altezza superiore a quella necessario per creare zone idonee alla nidificazione del topino, del gruccione e del martin pescatore. In questo caso è necessario che l’argine abbia una scarpata a forte inclinazione, fino a coincidere con la verticale.

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Isolotto con parete verticale per la nifificazione

Durante la realizzazione dell’argine è necessario considerare l’abbassamento dello stesso per il suo consolidamento, e per la sedimentazione dell’area umida nel tempo. E’ buona norma procedere alla compattazione con rulli, ma in molti casi, date le condizioni dell’ambiente in cui si opera e data la modesta dimensione degli argini, si deve procedere utilizzano le benne portate dagli scavatori, che con il loro peso consentono una discreta efficienza. Una buona compattazione aumenta la densità e diminuisce la porosità del terreno impiegato che riduce la permeabilità dell’argine e induce una migliore resistenza a eventuali fenomeni erosivi. Le sponde dell’argine devono avere una debole pendenza per aumentarne la stabilità e consentire un buon sviluppo della vegetazione. Come già detto parti degli argini a parete verticale o sub verticale sono utili per la nidificazione di alcune specie di avifauna, ma possono favorire lo stazionamento di aironi e anatidi se la loro altezza è elevata. Elementi morfologici di questo tipo (per la nidificazione o lo stazionamento) possono essere realizzati anche in maniera non funzionale all’arginatura, ovvero si possono creare rilevati o isolotti alti e con parte di pareti verticali indipendenti dall’arginatura vera e propria. Aree funzionali La morfologia della sezione trasversale e longitudinale determina la creazione e lo sviluppo di diversi habitat caratterizzanti le zone umide naturali, che per necessità di schematizzazione sono denominate aree funzionali:

Zone ad acque basse Zone ad acque alte Zone a prateria allagata Zone a prateria asciutta Isolotti

Zone ad acque basse Queste aree costituiscono un ambiente ideale per l’alimentazione e la riproduzione degli uccelli acquatici, e presentano un battente d’acqua perenne di 30-35 cm in cui si sviluppa facilmente il canneto o il cariceto, e possono arrivare a una profondità di 50-60 cm in cui possono trovare le radicate flottanti e le non radicate flottanti. Le zone ad acque basse devono arrivare a occupare buona parte del perimetro dell’area umida, da 2/4 a 3/4, e permettere lo sviluppo di vegetazione palustre avente una profondità trasversale anche maggiore di 5 m, in grado di funzionare come zona “filtro”. Queste zone devono essere realizzate anche all’interno dell’area umida, adottando adeguati profili di sezione.

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Isolotto con parete verticale per la nifificazione

Durante la realizzazione dell’argine è necessario considerare l’abbassamento dello stesso per il suo consolidamento, e per la sedimentazione dell’area umida nel tempo. E’ buona norma procedere alla compattazione con rulli, ma in molti casi, date le condizioni dell’ambiente in cui si opera e data la modesta dimensione degli argini, si deve procedere utilizzano le benne portate dagli scavatori, che con il loro peso consentono una discreta efficienza. Una buona compattazione aumenta la densità e diminuisce la porosità del terreno impiegato che riduce la permeabilità dell’argine e induce una migliore resistenza a eventuali fenomeni erosivi. Le sponde dell’argine devono avere una debole pendenza per aumentarne la stabilità e consentire un buon sviluppo della vegetazione. Come già detto parti degli argini a parete verticale o sub verticale sono utili per la nidificazione di alcune specie di avifauna, ma possono favorire lo stazionamento di aironi e anatidi se la loro altezza è elevata. Elementi morfologici di questo tipo (per la nidificazione o lo stazionamento) possono essere realizzati anche in maniera non funzionale all’arginatura, ovvero si possono creare rilevati o isolotti alti e con parte di pareti verticali indipendenti dall’arginatura vera e propria. Aree funzionali La morfologia della sezione trasversale e longitudinale determina la creazione e lo sviluppo di diversi habitat caratterizzanti le zone umide naturali, che per necessità di schematizzazione sono denominate aree funzionali:

Zone ad acque basse Zone ad acque alte Zone a prateria allagata Zone a prateria asciutta Isolotti

Zone ad acque basse Queste aree costituiscono un ambiente ideale per l’alimentazione e la riproduzione degli uccelli acquatici, e presentano un battente d’acqua perenne di 30-35 cm in cui si sviluppa facilmente il canneto o il cariceto, e possono arrivare a una profondità di 50-60 cm in cui possono trovare le radicate flottanti e le non radicate flottanti. Le zone ad acque basse devono arrivare a occupare buona parte del perimetro dell’area umida, da 2/4 a 3/4, e permettere lo sviluppo di vegetazione palustre avente una profondità trasversale anche maggiore di 5 m, in grado di funzionare come zona “filtro”. Queste zone devono essere realizzate anche all’interno dell’area umida, adottando adeguati profili di sezione.

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Zone ad acque profonde Queste aree sono caratterizzate da una profondità che varia dai 50-60 cm fino ai 2m, in queste zone si forma una vegetazione rappresentata dalle radicate flottanti (zona a minore profondità) e le radicate sommerse. La presenza di zone ad acque profonde è essenziale per la vita di diverse specie ittiche e per l’avifauna che trova idonee riserve trofiche in questi fondali.

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Zone ad acque profonde Queste aree sono caratterizzate da una profondità che varia dai 50-60 cm fino ai 2m, in queste zone si forma una vegetazione rappresentata dalle radicate flottanti (zona a minore profondità) e le radicate sommerse. La presenza di zone ad acque profonde è essenziale per la vita di diverse specie ittiche e per l’avifauna che trova idonee riserve trofiche in questi fondali.

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Zone a prateria allagata e praterie asciutte La prateria allagata è realizzata con una zona ove il battente d’acqua possiede una profondità di alcuni centimetri e per una parte dell’anno possono essere asciutte. I prati umidi sono realizzati attraverso la creazione di zone alternate a vegetazione erbacea e aree allagate. La conformazione morfologica deve essere creata in modo da ottenere un’alternanza tra dossi e piccole depressioni in cui l’acqua può rimanere permanente. La maggior parte della superficie deve essere a prato polifita.

Zona ad acque profonde

Zona ad acque basse

Alternanza tra acque basse e acque profonde

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Zone a prateria allagata e praterie asciutte La prateria allagata è realizzata con una zona ove il battente d’acqua possiede una profondità di alcuni centimetri e per una parte dell’anno possono essere asciutte. I prati umidi sono realizzati attraverso la creazione di zone alternate a vegetazione erbacea e aree allagate. La conformazione morfologica deve essere creata in modo da ottenere un’alternanza tra dossi e piccole depressioni in cui l’acqua può rimanere permanente. La maggior parte della superficie deve essere a prato polifita.

Zona ad acque profonde

Zona ad acque basse

Alternanza tra acque basse e acque profonde

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43 La zona a prateria asciutta è creata con un profilo trasversale lieve (pendenza di 1:10), e svolge una funzione fondamentale per il pascolo della fauna e la sosta (roosting) di antidi, limicoli ecc. Questa zona deve occupare almeno da 2/4 a 1/4 del perimetro del profilo planimetrico dell’area umida E’ buona norma prevedere anche una fascia a prateria retrostante la vegetazione palustre o una fascia di vegetazione riparia arboreo/arbustiva, sia per motivi di accesso all’area sia per aumentare le aree di pascolamento. Isolotti e penisole Gli isolotti devono avere una morfologia in grado di soddisfare le esigenze delle diverse specie faunistiche.

Gli isolotti o le penisole devono avere un’ampiezza sufficiente tali da permettere la creazione di ambienti diversi: zone a vegetazione bassa, adatta alla sosta e allo spolvero dell’avifauna, zone canneto o tifeto, zone in cui mettere a dimora specie arbustive e arboree per lo sviluppo di alberi adatti alla nidificazione degli ardeidi. Se si voglio realizzare tutte queste tessere vegetali in un unico isolotto si deve prevedere adeguate superfici. Un isolotto di questo tipo deve avere una forma allungata, una lunghezza di alcune decine di metri e altrettanto di larghezza.

Zona a prateria asciutta

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43 La zona a prateria asciutta è creata con un profilo trasversale lieve (pendenza di 1:10), e svolge una funzione fondamentale per il pascolo della fauna e la sosta (roosting) di antidi, limicoli ecc. Questa zona deve occupare almeno da 2/4 a 1/4 del perimetro del profilo planimetrico dell’area umida E’ buona norma prevedere anche una fascia a prateria retrostante la vegetazione palustre o una fascia di vegetazione riparia arboreo/arbustiva, sia per motivi di accesso all’area sia per aumentare le aree di pascolamento. Isolotti e penisole Gli isolotti devono avere una morfologia in grado di soddisfare le esigenze delle diverse specie faunistiche.

Gli isolotti o le penisole devono avere un’ampiezza sufficiente tali da permettere la creazione di ambienti diversi: zone a vegetazione bassa, adatta alla sosta e allo spolvero dell’avifauna, zone canneto o tifeto, zone in cui mettere a dimora specie arbustive e arboree per lo sviluppo di alberi adatti alla nidificazione degli ardeidi. Se si voglio realizzare tutte queste tessere vegetali in un unico isolotto si deve prevedere adeguate superfici. Un isolotto di questo tipo deve avere una forma allungata, una lunghezza di alcune decine di metri e altrettanto di larghezza.

Zona a prateria asciutta

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44 Esempio di zonazione dei diversi ambienti in una zona umida

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44 Esempio di zonazione dei diversi ambienti in una zona umida

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45 Tipologie di zone umide Le zone umide possono essere classificate secondo dove sono realizzate, schematicamente possono essere così descritte: Zone umide fuori alveo Le zone umide di questa tipologia sono realizzate utilizzando un’area adiacente al corso d’acqua che già presenta delle depressioni, o creando una zona umida ex-novo attraverso scavi e rimodellamenti morfologici. Il flusso idrico viene derivato direttamente dal corso d’acqua, il quale mantiene un sufficiente battente d’acqua nell’area, e ritorna nell’alveo originario nella parte meridionale della zona umida. Il flusso di entrata e di uscita può essere regolato attraverso l’installazione di traverse o deflettori incrociati simmetrici. La figura seguente illustra uno schema generale progettuale.

Esempio di realizzazione di una zona umida fuori alveo Questa zona umida è stata realizzata sfruttando un’area di spandimento di una roggia terminate che porta le acque di scolo di un sistema irriguo posto a monte.

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45 Tipologie di zone umide Le zone umide possono essere classificate secondo dove sono realizzate, schematicamente possono essere così descritte: Zone umide fuori alveo Le zone umide di questa tipologia sono realizzate utilizzando un’area adiacente al corso d’acqua che già presenta delle depressioni, o creando una zona umida ex-novo attraverso scavi e rimodellamenti morfologici. Il flusso idrico viene derivato direttamente dal corso d’acqua, il quale mantiene un sufficiente battente d’acqua nell’area, e ritorna nell’alveo originario nella parte meridionale della zona umida. Il flusso di entrata e di uscita può essere regolato attraverso l’installazione di traverse o deflettori incrociati simmetrici. La figura seguente illustra uno schema generale progettuale.

Esempio di realizzazione di una zona umida fuori alveo Questa zona umida è stata realizzata sfruttando un’area di spandimento di una roggia terminate che porta le acque di scolo di un sistema irriguo posto a monte.

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48 Zone umide in alveo Le zone umide di questa tipologia sono realizzate utilizzando aree direttamente connesse al corso d’acqua che già presenta delle depressioni, o creando una zona umida ex-novo attraverso scavi e rimodellamenti morfologici. Per regolare il battente d’acqua all’interno della zona umida si possono creare delle traverse o deflettori incrociati simmetrici nel punto in cui il corso d’acqua riprende l’alveo originario. La figura seguente illustra uno schema generale progettuale.

Esempio di realizzazione di una zona umida in alveo Questa zona umida è stata realizzata sfruttando un’area di spandimento di una roggia terminate che porta le acque di scolo di un sistema irriguo posto a monte. Il progetto ha previsto la creazione di tre specifici comparti aventi caratteristiche diverse. Nel primo comparto si è potenziato un ambiente rappresentato da un bosco parzialmente allagato e bosco umido, particolarmente adatto per la sosta di alcune specie di avifauna migratoria, e tramite l’allagamento creare una discreta quantità di legno morto in piedi adatto alla nidificazione di specie silvicole. Nel secondo comparto si è creata una zona ad acque alte, con formazione di un grande isolotto adatto alla nidificazione di anatidi e alla sosta di ardeidi. La realizzazione di un unico comparto ad acque alte è dovuta alla necessità di difendere le nidiate da fenomeni di predazione, sia naturali sia antropiche. Il terzo comparto è caratterizzato dalle acque basse, con formazioni di praterie temporanee e canneti, quest’ambiente è di fondamentale importanza per la presenza e lo svernamento dei limicoli. La separazione dei diversi comparti è stata realizzata con la creazione di arginature trasversali e traverse dotate di gavete per garantire un continuo deflusso idrico da un comparto all’altro.

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48 Zone umide in alveo Le zone umide di questa tipologia sono realizzate utilizzando aree direttamente connesse al corso d’acqua che già presenta delle depressioni, o creando una zona umida ex-novo attraverso scavi e rimodellamenti morfologici. Per regolare il battente d’acqua all’interno della zona umida si possono creare delle traverse o deflettori incrociati simmetrici nel punto in cui il corso d’acqua riprende l’alveo originario. La figura seguente illustra uno schema generale progettuale.

Esempio di realizzazione di una zona umida in alveo Questa zona umida è stata realizzata sfruttando un’area di spandimento di una roggia terminate che porta le acque di scolo di un sistema irriguo posto a monte. Il progetto ha previsto la creazione di tre specifici comparti aventi caratteristiche diverse. Nel primo comparto si è potenziato un ambiente rappresentato da un bosco parzialmente allagato e bosco umido, particolarmente adatto per la sosta di alcune specie di avifauna migratoria, e tramite l’allagamento creare una discreta quantità di legno morto in piedi adatto alla nidificazione di specie silvicole. Nel secondo comparto si è creata una zona ad acque alte, con formazione di un grande isolotto adatto alla nidificazione di anatidi e alla sosta di ardeidi. La realizzazione di un unico comparto ad acque alte è dovuta alla necessità di difendere le nidiate da fenomeni di predazione, sia naturali sia antropiche. Il terzo comparto è caratterizzato dalle acque basse, con formazioni di praterie temporanee e canneti, quest’ambiente è di fondamentale importanza per la presenza e lo svernamento dei limicoli. La separazione dei diversi comparti è stata realizzata con la creazione di arginature trasversali e traverse dotate di gavete per garantire un continuo deflusso idrico da un comparto all’altro.

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49 Riprese fotografiche dell’area prima degli interventi

Riprese fotografiche durante l’esecuzione degli interventi

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49 Riprese fotografiche dell’area prima degli interventi

Riprese fotografiche durante l’esecuzione degli interventi

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50 Riprese fotografiche alla fine degli interventi

Zone umide peri alveali Il tipo d’intervento è simile a quello della realizzazione di golene, con la differenza che alla base dell’area modificata morfologicamente si crea una vera e propria zona umida. Per garantire al meglio la presenza di acqua all’interno della zona umida si possono installare delle traverse nel corso d’acqua prima o dopo la zona umida. L’effetto della diversa allocazione degli sbarramenti trasversali origina un diverso profilo bagnato nell’area umida. Le figure seguenti illustrano due ipotesi progettuali generali con il diverso posizionamento delle traverse. Con traversa obliqua posta a monte della zona umida perialveale:

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50 Riprese fotografiche alla fine degli interventi

Zone umide peri alveali Il tipo d’intervento è simile a quello della realizzazione di golene, con la differenza che alla base dell’area modificata morfologicamente si crea una vera e propria zona umida. Per garantire al meglio la presenza di acqua all’interno della zona umida si possono installare delle traverse nel corso d’acqua prima o dopo la zona umida. L’effetto della diversa allocazione degli sbarramenti trasversali origina un diverso profilo bagnato nell’area umida. Le figure seguenti illustrano due ipotesi progettuali generali con il diverso posizionamento delle traverse. Con traversa obliqua posta a monte della zona umida perialveale:

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51 Con traversa obliqua posta a valle della zona umida perialveale:

Zone umide direttamente connesse al corso d’acqua Le zone umide di questa tipologia sono realizzate utilizzando un’area adiacente al corso d’acqua che già presenta delle depressioni, o creando una zona umida ex-novo attraverso scavi e rimodellamenti morfologici. L’allagamento avviene per semplice deflusso idrico dal corso d’acqua, che può essere facilitato con l’installazione di traverse o deflettori incrociati doppi. La figura seguente illustra uno schema generale progettuale.

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51 Con traversa obliqua posta a valle della zona umida perialveale:

Zone umide direttamente connesse al corso d’acqua Le zone umide di questa tipologia sono realizzate utilizzando un’area adiacente al corso d’acqua che già presenta delle depressioni, o creando una zona umida ex-novo attraverso scavi e rimodellamenti morfologici. L’allagamento avviene per semplice deflusso idrico dal corso d’acqua, che può essere facilitato con l’installazione di traverse o deflettori incrociati doppi. La figura seguente illustra uno schema generale progettuale.

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I miglioramenti ambientali dei corsi d’acqua di pianura

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52 Creazione di canneti con piantagione a trincea Questa tecnica è utilizzabile in tutti i casi in cui si rende necessaria la formazione di canneti, ma in particolar modo quando questi devono essere localizzati lungo un corso d’acqua. Le varie operazioni riguardano interventi di rimodellamento morfologico di parte dell’alveo, creazione di trincee allagate sulle cui sponde mettere a dimora il canneto, ed eventualmente una traversa per garantire un sufficiente battente d’acqua anche nelle stagioni di magra. Le figure seguenti illustrano come deve essere realizzato un canneto perialveale.

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52 Creazione di canneti con piantagione a trincea Questa tecnica è utilizzabile in tutti i casi in cui si rende necessaria la formazione di canneti, ma in particolar modo quando questi devono essere localizzati lungo un corso d’acqua. Le varie operazioni riguardano interventi di rimodellamento morfologico di parte dell’alveo, creazione di trincee allagate sulle cui sponde mettere a dimora il canneto, ed eventualmente una traversa per garantire un sufficiente battente d’acqua anche nelle stagioni di magra. Le figure seguenti illustrano come deve essere realizzato un canneto perialveale.

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I miglioramenti ambientali dei corsi d’acqua di pianura

Bibliografia

Peches-océans du Canada Restoration écologique des habitats aquatiques dégradés: une approche à l’échelle du bassin versant

Regione Lombardia La riqualificazione dei canali agricoli – linee guida per la Lombardia

Maryland departent of the environment

Maryland’s Waterway

North Carolina stream restoration institute

Stream restoration “a natural channel design handbook”

Ministry of environment British Columbia

Fish habitat rehabilitation

Regione Piemonte “il ruolo della vegetazione ripariale e la riqualificazione dei corsi d’acqua” atti seminario nazionale

Regione Piemonte “realizzazione e ripristino zone umide” indicazioni tecniche

Washington State Habitat guidelines program - integrated streambank protection guidelines

Centre the river restoration Manual of river restoration tecniques

Pennsylvania fish e boat commission

Habitat improvement for trout streams

Province of Britisch Columbia The streamkeepers handbook

Winsconsin department of natural resources

Guideline for management of trout stream habitat

Consorzio di bonifica Muzza – WWF Italia

La gestione naturalistica del reticolo idrico di pianura

USDA Natural resources conservation service

Stream corridor restoration

Autore GiovamBattista Vitali, laureato in scienze e tecnologie forestali e agrarie all’Università di Padova, libero professionista, titolare dello studio Terre & Foreste, si occupa di progettazione e pianificazione di miglioramenti ambientali, ecologica del paesaggio, selvicoltura naturalistica e di gestione della fauna selvatica.

I miglioramenti ambientali dei corsi d’acqua di pianura

Bibliografia

Peches-océans du Canada Restoration écologique des habitats aquatiques dégradés: une approche à l’échelle du bassin versant

Regione Lombardia La riqualificazione dei canali agricoli – linee guida per la Lombardia

Maryland departent of the environment

Maryland’s Waterway

North Carolina stream restoration institute

Stream restoration “a natural channel design handbook”

Ministry of environment British Columbia

Fish habitat rehabilitation

Regione Piemonte “il ruolo della vegetazione ripariale e la riqualificazione dei corsi d’acqua” atti seminario nazionale

Regione Piemonte “realizzazione e ripristino zone umide” indicazioni tecniche

Washington State Habitat guidelines program - integrated streambank protection guidelines

Centre the river restoration Manual of river restoration tecniques

Pennsylvania fish e boat commission

Habitat improvement for trout streams

Province of Britisch Columbia The streamkeepers handbook

Winsconsin department of natural resources

Guideline for management of trout stream habitat

Consorzio di bonifica Muzza – WWF Italia

La gestione naturalistica del reticolo idrico di pianura

USDA Natural resources conservation service

Stream corridor restoration

Autore GiovamBattista Vitali, laureato in scienze e tecnologie forestali e agrarie all’Università di Padova, libero professionista, titolare dello studio Terre & Foreste, si occupa di progettazione e pianificazione di miglioramenti ambientali, ecologica del paesaggio, selvicoltura naturalistica e di gestione della fauna selvatica.

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I miglioramenti ambientali dei corsi d’acqua di pianura

Bibliografia

Peches-océans du Canada Restoration écologique des habitats aquatiques dégradés: une approche à l’échelle du bassin versant

Regione Lombardia La riqualificazione dei canali agricoli – linee guida per la Lombardia

Maryland departent of the environment

Maryland’s Waterway

North Carolina stream restoration institute

Stream restoration “a natural channel design handbook”

Ministry of environment British Columbia

Fish habitat rehabilitation

Regione Piemonte “il ruolo della vegetazione ripariale e la riqualificazione dei corsi d’acqua” atti seminario nazionale

Regione Piemonte “realizzazione e ripristino zone umide” indicazioni tecniche

Washington State Habitat guidelines program - integrated streambank protection guidelines

Centre the river restoration Manual of river restoration tecniques

Pennsylvania fish e boat commission

Habitat improvement for trout streams

Province of Britisch Columbia The streamkeepers handbook

Winsconsin department of natural resources

Guideline for management of trout stream habitat

Consorzio di bonifica Muzza – WWF Italia

La gestione naturalistica del reticolo idrico di pianura

USDA Natural resources conservation service

Stream corridor restoration

Autore GiovamBattista Vitali, laureato in scienze e tecnologie forestali e agrarie all’Università di Padova, libero professionista, titolare dello studio Terre & Foreste, si occupa di progettazione e pianificazione di miglioramenti ambientali, ecologica del paesaggio, selvicoltura naturalistica e di gestione della fauna selvatica.

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Stampato nel mese di marzo 2011

presso la Tipolitografia Puntostampa Riccardi

Orzinuovi (Bs)

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