43
I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE NAVIGATORE PORTOGHESE, FERDINANDO MAGELLANO . PERCHEʹ IL RESOCONTO DI ANTONIO PIGAFETTA SULLA CIRCUMNAVIGAZIONE DEL GLOBO VENNE CENSURATO ALLA CORTE DI CARLO V ? Lʹodissea di Leon Pancaldo ROMANZO SINOPSI Ulisse (Odisseus), re di Itaca, dellʹʺOdisseaʺ di Omero era un personaggio mitologico, scaturito da ataviche leggende dellʹantica Grecia. Il protagonista di questo romanzo, Leon Pancaldo, invece, è un personaggio storico savonese, un navigatore del XVI secolo, che partecipò, come nocchiero, alla spedizione di Ferdinando Magellano sulla caravella ammiraglia, la ʺTrinidadʺ, alla ricerca di un passaggio che portasse, da Ovest, verso le Isole delle Spezie, verso il Catai ed il Cipango, quelle terre già descritte da Marco Polo, nel Livre des merveilles (ʺIl

I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

I misteri della Storia

Franco Ivaldo

NEL DIARIO  SEGRETO  DEL   NOCCHIERO  

SAVONESE  , LEON PANCALDO,TUTTI  I 

RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE    

NAVIGATORE  PORTOGHESE, FERDINANDO 

MAGELLANO .  PERCHEʹ   IL RESOCONTO  DI  

ANTONIO PIGAFETTA SULLA 

CIRCUMNAVIGAZIONE DEL GLOBO VENNE 

CENSURATO ALLA CORTE DI CARLO V ? 

 

Lʹodissea  di Leon 

Pancaldo 

 ROMANZO         

SINOPSI  

Ulisse (Odisseus), re di Itaca, dellʹ ʺOdisseaʺ di Omero era un personaggio mitologico, scaturito da ataviche 

leggende dellʹantica Grecia. 

Il protagonista di questo romanzo, Leon Pancaldo, invece, è un personaggio storico savonese, un 

navigatore del XVI secolo, che partecipò, come nocchiero, alla spedizione di Ferdinando Magellano sulla 

caravella ammiraglia, la ʺTrinidadʺ, alla ricerca di un passaggio che portasse, da Ovest, verso le Isole delle 

Spezie, verso il Catai ed il Cipango, quelle terre già descritte da Marco Polo, nel Livre des merveilles (ʺIl 

Page 2: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

Milioneʺ). Cristoforo Colombo, aveva creduto di averle raggiunte, senza forse rendersi conto ‐almeno in un 

primo tempo ‐ di aver scoperto un Nuovo Mondo. Furono quattro le spedizioni del grande genovese. Ma 

quando, in Europa, vi fu la consapevolezza che la via marittima per lʹEstremo Oriente non era stata 

scoperta, i potenti della terra si affrettarono a predisporre le spedizioni dei Caboto, di Amerigo Vespucci, 

di Pinzon, di Alfonso de Hojeda.  Gli spagnoli, giunti a Panama, compresero che effettivamente doveva 

esservi un paso tra i due oceani  dato che gli oceani erano due ( la scoperta dellʹOceano Pacifico da parte di 

Nunez de Balboa). Si comprende, quindi, la decisione di Carlo V di finanziare lʹimpresa di Magellano, volta 

a scoprire il passaggio tra i due Oceani. Impresa osteggiata dal re del Portogallo, Manuel, il quale non 

aveva dato ascolto a Ferdinando Magellano,  salvo poi pentirsene, quando il grande navigatore si pose al 

servizio della Spagna, sottoponendo i suoi progetti a Carlo V che li accettò, fornendogli cinque caravelle.   

Magellano è un personaggio omerico; la sua vita fu una vera e propria odissea. A metà del viaggio, quando 

lo Stretto, el paso,  era stato finalmente scoperto ed una parte dellʹOceano Pacifico attraversata, venne ucciso 

nellʹisola di Mactan. Si disse dai selvaggi con i quali aveva ingaggiato battaglia. Da quel momento, le 

rimanenti navi che avevano a bordo i sopravvissuti della spedizione si separarono.  Pancaldo rimase a 

bordo della ʺTrinidadʺ, mentre quelli della ʺVictoriaʺ tentarono, riuscendovi, la circumnavigazione del 

globo. Giunsero a Siviglia diciotto superstiti, tra i quali il vicentino Antonio Pigafetta ed il savonese 

Martino de Judicibus.  Cosa accadde a Pancaldo ? Venne catturato dai portoghesi, assieme ad altri marinai 

della seconda nave superstite. Solo dopo tre anni, riuscì a tornare a Savona. Poi accettò un nuovo incarico, 

da parte di armatori spagnoli di Valencia, per rifare il viaggio che aveva già compiuto sulle navi di 

Magellano. Il suo viaggio  riprese dal porto di Cadice e si concluse in quella che è oggi la città di Buenos 

Aires. Fu il primo italiano ad arrivarvi. Vedremo in quali circostanze e come  terminò la sua vita 

avventurosa. Nel suo diario segreto, i misteri legati alla morte di Ferdinando Magellano. 

 

 

                  LʹAUTORE                     

Franco Ivaldo è un giornalista professionista. E' nato a Savona nel 1940. Ha studiato giornalismo presso l'Università di Urbino (rettore magnifico Carlo Bo), E' stato corrispondente da Bruxelles di diversi quotidiani politici ed economici (Il Messaggero, Il Secolo XIX, Italia Oggi) e sportivi (Gazzetta dello Sport, Tuttosport, Il Corriere dello Sport). Redattore diplomatico ed inviato del quotidiano di via del Tritone ha svolto numerosi servizi nelle capitali estere. S'interessa di letteratura francese ed inglese. E' l'autore del libro “Inchiesta sul delitto Pertinace” (F.lli Frilli Editori.Genova)

DEDICA  

Allʹamico e collega VITTORIO EMILIANI, storico direttore de “IL MESSAGGERO”, 

scrittore di chiara fama e scopritore di veri e propri talenti del giornalismo italiano che 

egli ha tenuto, per così dire, a battesimo, aiutandoli a trovare il loro luminoso percorso 

nel mondo dellʹinformazione. In ricordo dei bei tempi degli anni ruggenti nella redazione 

del quotidiano di via del Tritone.    

  

                                                              

LA MORTE DI UN “IMMORTALE” Ferdinando Magellano era caduto a terra di schianto. Una freccia conficcata nellʹunica 

gamba sana, quella destra. Lui, azzoppato e ferito in tante battaglie, era stato trafitto 

ancora una volta. Ma quella freccia indigena gli sarebbe stata fatale. Era avvelenato il 

dardo, lanciato da un selvaggio, nellʹisola di Mactan, nellʹ arcipelago delle Filippine., 

Page 3: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

affacciato sullʹOceano Pacifico. Era stato lʹammiraglio portoghese al servizio della Spagna 

di Carlo V,  a dargli quel nome, dopo aver scoperto lo Stretto, anchʹesso ribattezzato ʺdi 

Magellano.ʺ  Unʹ impresa  che,  almeno per lui, si concludeva inopinatamente in quel 

modo sulla spiaggia di unʹisola sperduta nellʹimmensità oceanica, con le scialuppe e le 

rimanenti navi paralizzate da unʹinvalicabile barriera corallina e, dunque, non in grado 

dʹintervenire in modo efficace per soccorrerlo in tempo.  

  La tragedia era scaturita, almeno in apparenza, stando ai resoconti ufficiali, da un ʹ 

inutile esibizione di forza, contro indigeni avvantaggiati soltanto dal proprio numero e 

da circostanze fortuite. 

Il caso , in genere, non fa bene le cose. La punta di una freccia che, per destino, colpisce 

qualche centimetro più a destra o a sinistra. Il difetto nella corazza di Magellano, 

lʹorgoglio di non indietreggiare davanti alla  sfida di un selvaggio, sottovalutato per il 

semplice fatto che egli era munito dellʹunica forza temibile a questo mondo, quella della 

disperazione. Non aveva archibugi, non corazze, solo frecce. Una forza occulta, non 

palese, la disperazione, che cova come il fuoco sotto le ceneri e non si vede. Inganna i più 

forti; è lʹultima arma dei deboli, forse la più temibile. 

Un Magellano, dopo la  scoperta del Paso tra i due Oceani, forse pervaso da un   

irrefrenabile senso di onnipotenza. Un complesso, approfondito solo in tempi moderni 

ma sempre esistito e non raro nei grandi condottieri; essi erano consapevoli di avere 

compiuto storiche missioni e, quindi, persuasi che nessuna volontà al mondo  potesse 

fermare le loro decisioni carismatiche.  

Lʹ indigeno, per giunta, era davvero sullʹultima spiaggia:  difendeva disperatamente le 

capanne di paglia della sua gente, poi date alle fiamme; le difendeva da quegli invasori 

armati venuti dal mare a dare man forte al sovrano di Cebu, suo nemico. Si trattava di 

rivalità tribali, ma quale sia stato il ruolo dei diversi capi indigeni rimane un mistero. 

Tutta la vicenda che costò la vita allʹammiraglio portoghese è punteggiata da enigmi che 

sono rimasti tali nel corso dei secoli.  

Su quella remota isola di Mactan, punto irrilevante nella distesa azzurra di quellʹoceano 

in perenne bonaccia (salvo in alcuni periodi, quando la furia tropicale rende assai poco 

pacifiche quelle acque solitamente chete) si compì il destino del navigatore.      

I suoi uomini, impotenti, lʹ avevano visto cadere di schianto. Al suo fianco vi era il criado, 

lʹuomo di fiducia, Antonio  Pigafetta, anchʹegli raggiunto da una freccia non munita di 

veleno letale, ma pur sempre in grado di procurargli una vistosa ferita. Ritirata generale 

sotto un nugolo di frecce e di lance. Rincorsa alle scialuppe e poi dritti sulle restanti navi. 

Magellano muore attorniato da indigeni urlanti che si accaniscono contro il suo corpo 

facendone scempio, con il volto affondato nellʹacqua, dove si era abbattuto  come una 

statua di marmo. Irrigidito e con unʹespressione di orrore e di incredulità sul viso. 

 Sullʹammiraglia Trinidad, un uomo cui era stato imposto di rimanere a bordo, per ogni 

evenienza , scrutava con una certa ansia quel gruppo di isole verso le quali si era avviata 

la ʺspedizione punitivaʺ dellʹammiraglio e dei suoi uomini. Era il nocchiero della 

caravella, Leon Pancaldo,   sbigottito e sgomento al veder sopraggiungere il resto 

dellʹequipaggio, senza il suo comandante e decimato nei ranghi. Lui ed Antonio Pigafetta 

avevano  avuto  sin dallʹinizio un triste presentimento: quella apparentemente facile 

sortita di marinai in armi, comunque improvvisata e sotto lʹ incalzare di dubbie 

circostanze, colorata dallʹorgoglio e dalla superbia del “condottiero invincibile”, sarebbe 

potuta finire male. Così, infatti, avvenne. Nelle radiose giornate dellʹintrepido 

esploratore al sole del trionfo per gli obiettivi ormai raggiunti si era sostituita, come 

Page 4: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

durante una giornata estiva turbata da un improvviso, violento, temporale, lʹombra nera 

della sconfitta e della morte.  

ʺNon abbiamo neppure potuto recuperare il suo corpo!ʺ ‐ gli gridò da una scialuppa 

Pigafetta in lacrime, prima di risalire a bordo. 

 ʺAbbiamo perso un padre, il nostro buon pastore, la nostra guida!ʺ  Pigafetta  appariva 

inconsolabile. Quasi dimentico della propria ferita. Quasi un orfano. 

Pancaldo era , come i compagni,  lʹimmagine del dolore e del rimpianto. Ma prese la cosa 

con maggiore fermezza, dando prova di carattere deciso. Tutti, però, sentivano che la 

missione grandiosa era giunta ad una svolta. Non certo favorevole. 

Cassandre inascoltate, fino allʹultimo, Pigafetta e Pancaldo avevano esortato lʹammiraglio 

portoghese, nelle cui mani tutti avevano riposto il loro destino, a rinunciare a dare una 

lezione al ribelle Silapulapu. In fondo un indigeno di pochissimo conto, nel quadro 

generale di unʹavventura di tale rilevanza: la circumnavigazione del globo, la scoperta 

della via dʹOccidente per raggiungere le orientali Isole delle spezie. 

Un avvenimento storico. Perché perdere tempo e rischiare  una battaglia con un  

qualsiasi  indigeno ? Se lo erano chiesto anche gli uomini più vicini allʹammiraglio, come 

Duarte Barbosa e Joao Serrao. 

 Ma perché mai rischiare il tutto per tutto ?  

ʺEʹ un impresa incerta, comandante ‐ gli avevano detto ‐ questi selvaggi sono 

imprevedibili e messi con le spalle al muro possono essere pericolosi.ʺ 

Ma con Magellano insistere poteva persino rivelarsi controproducente, testardo comʹera, 

se il tiranno dei mari la pensava diversamente. Il raja di Cebu, Carlo Humaubon, con 

tutti i suoi guerrieri si era convertito al Cristianesimo. Più per la forma o con sottile 

perfidia anchʹegli aveva consigliato a Magellano di rinunciare allo scontro. In realtà, 

poteva esservi  una trama occulta dietro gli avvenimenti che solo più tardi prenderà 

forma, alimentando i sospetti di una vera e propria congiura dallʹalto, di un 

compromesso dei potenti di questo mondo che difendono poteri oligarchici, di casta, di 

sangue blu , di colossali privilegi. 

 Carlo V aveva fatto con Magellano un patto che riteneva troppo oneroso: un quinto delle 

terre scoperte, titoli di governatori per i discendenti. E che altro ? Ma, in fondo, non era 

tenuto a rispettarlo perché tutti i rischi li aveva presi lʹammiraglio portoghese. Eppoi, 

Carlo  non si fidava di lui. Per questo lʹaveva attorniato di capitani spagnoli, vere e 

proprie spie, che  si ribellarono, a San Julian, in Patagonia, e furono giustiziati, senza 

alcuna pietà. Carlo V seppe dellʹesecuzione dei suoi capitani,  nobili appartenenti alle 

casate  spagnole più in vista, dagli ammutinati di una caravella  che, dopo la scoperta 

dello Stretto, avevano invertito la rotta ed erano tornati a Siviglia. Avevano potuto così 

dare la loro versione dei fatti, in assenza del più diretto interessato, Magellano, dipinto in 

modo naturalmente con i colori più cupi e torvi dinnanzi ad un tribunale dʹinchiesta 

spagnolo. 

 Carlo era andato su tutte le furie. Come? Quellʹuomo aveva osato far giustiziare, e per 

giunta, secondo quanto riferito, in modo sommario, i suoi capitani ? Lʹavrebbe pagata di 

sicuro quel presuntuoso arrogante. Restava solo da decidere in che modo fargli scontare 

la sua superbia,  e lʹinammissibile e crudele misfatto di essersi sbarazzato, con 

inconcepibile audacia, dei suoi nobili capitani ed hidalgos. Coloro i quali il re in persona 

aveva deciso dovessero essere, in qualche sorta, i suoi pari grado. 

Anche unʹaltra persona ce lʹaveva a morte con Magellano: il re portoghese  Manuel. 

Precedentemente,  non aveva accordato al suo suddito e soldato, i fondi richiesti per la 

Page 5: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

spedizione.  Poi se ne era pentito,  dando ordine alle sue navi di aprire la caccia alle 

cinque caravelle spagnole partite da San Lucar de Barrameda. 

Era unʹepoca in cui i contorni dellʹ Europa si ridisegnavano frequentemente, le alleanze si 

concludevano e si disfacevano, i rapporti dinastici sʹincrociavano a parentele e ad eredità 

di colossali fortune da difendere con qualsiasi mezzo ed a discapito di chiunque si fosse 

opposto ai progetti segreti che sʹintessevano nelle rispettive corti. 

Manuel  del Portogallo aveva finito per sposare in terze nozze, la figlia di Carlo, Leonora. 

I rapporti tra i due parenti erano mutati in meglio, cancellati i vecchi banali dissapori; così 

tra le due maggiori potenze marittime del tempo regnava di nuovo la concordia. Chi ne 

farà le spese ? . 

In questo contesto storico‐politico di calamitosi rivolgimenti , Magellano, lʹidealista, il  

navigatore visionario , fanaticamente cristiano, austero ed intransigente, era una 

semplice, insignificante pedina sullo scacchiere mondiale. Una partita a scacchi, tra re e 

regine (più tardi Elisabetta dʹInghilterra) ma più grande di lui. Non consapevole del suo 

trascurabile ruolo di esploratore di nuovi mondi, di fronte a tante teste coronate.   Si sentì  

sul serio in dovere di dare una lezione al suo ʺnemicoʺ Silapulapu, che non solo 

continuava ad adorare idoli pagani, ma non riconosceva né la sovranità di Humaubon , 

né quella dei conquistadores,né ‐ peggio che mai ‐ quella della Chiesa Cattolica?  Sembra 

un poʹ debole, come ipotesi, riferita per giunta ad un uomo stremato da un lunghissimo 

viaggio non ancora completato, come sfiniti dovevano essere i suoi marinai,  ma   è 

quanto gli archivi di Stato spagnoli e portoghesi hanno riservato ai posteri. Prendiamo, 

allora, tutte le ipotesi per quello che sono.  

 Da questo brodo di coltura, comunque, secondo la versione ufficiale, nacque lo strano e 

repentino attacco mal preparato e ancora più mal condotto; da qui il disastro: tutti quei  

marinai, che avevano già tollerato sulla loro pelle  mille privazioni, fame, sete, sotto un 

sole implacabile, senza trovare unʹ isola per suprema mala sorte in un Oceano che di isole 

è ricco come un cielo di stelle.   Così la tragedia era, ma solo parzialmente, compiuta.   

Lui scomparso, eccoli tutti lì, marinai e sotto comandanti, privi di una guida di una luce 

in piene tenebre, di un capo carismatico. 

Passato il triste giorno del dolore, i comandanti, anziché levare le ancore, ebbero la 

malaugurata idea di fidarsi ancora dellʹinfido sovrano di Cebu, quel Humaubon che 

aveva aggiunto alla sua incerta genealogia una quasi parentela con ʺCarloʺ, si era 

nominato come il suo presunto modello che regnava sulla Spagna ed il cui impero non 

vedeva mai tramontare il sole. 

 Almeno così aveva detto, astutamente, Humaubon a Magellano entusiasta della 

conversione di questo ʺsovranoʺ indigeno.  

 Un invito ad una cena fatale. Una trappola tesa a spagnoli ormai non più “graditi 

ospiti”. Vengono uccisi proditoriamente Duarte Barbosa, cognato di Magellano e Joao 

Serrao, fedelissimo dellʹammiraglio portoghese, assieme ad una quindicina di compagni. 

Stranamente, nessun portoghese si salverà. Erano partiti in venti assieme al loro 

ammiraglio al servizio della Spagna. Tutti considerati traditori e rinnegati da Lisbona. 

Perché questo ribaltamento di scena da parte del raja di Cebu? ʺ Carloʺ Humaubon era 

stato testimone della morte di Magellano, a bordo delle sue piroghe. Non era intervenuto 

a soccorrere i marinai ed il loro ammiraglio. Dunque, questi stranieri venuti dal mare 

non erano invincibili. Aveva così riflettuto, con un certo sorpreso compiacimento.  Non 

facevano più paura. Neppure con le loro corazze argentee e scintillanti. Non erano quegli 

dei immortali, dunque, non erano creature di un altro mondo. Anchʹessi potevano 

Page 6: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

morire! 

 Eppoi, un altro motivo, riferito in una relazione dal savonese Martino de Judicibus, 

testimone oculare: ʺFeminarum stupra causam perturbationis dedisse arbitrantumʺ. 

 Eppure, Magellano  aveva posto il divieto assoluto di portare donne indigene a bordo 

(ʺvestite solo dei loro capelliʺ, come riferirà pudicamente lo scrupoloso Pigafetta). Aveva 

cercato, lʹammiraglio, di impedire le violenze sulle donne degli ospiti indigeni, ma 

invano. 

Le molestie si erano ripetute a Cebu? Qualche favorita di Humaubon era stata molestata 

dai naviganti spagnoli ? 

Possibile. Comunque, per una serie di motivi , il re dellʹisola di Cebu tradì, compiendo 

una strage dei convitati. Non si salvò nessuno dei commensali.  

In tutto, una ventina. 

Ma anche in questo caso, diciamocelo sottovoce, è credibile che  ufficiali e marinai, a 

pochi giorni dallʹuccisione del loro comandante supremo, di cui non erano neppure 

riusciti a recuperare il corpo, dilaniato dai selvaggi , accettino  – è sempre il racconto 

ufficiale – lʹinvito a cena di un raja indigeno, il cui atteggiamento infido poteva essere 

facilmente intuito a chilometri di distanza; accettino, come se niente fosse accaduto, di 

recarsi soli soletti su unʹisola, attorniati da migliaia di indios sorridenti ed 

apparentemente ospitali per partecipare ad un banchetto in loro onore, che ovviamente si 

sarebbe trasformato nella loro ultima cena? No, stentiamo a crederlo. Ma quella ventina 

di uomini – il più stretto entourage di Magellano ‐ venne uccisa. Questo è certo. Per gli 

altri, una sola prospettiva: la fuga precipitosa.  

Ormai, via da Cebu! Eʹ la parola dʹordine che riecheggia sui ponti delle caravelle 

superstiti tra i marinai che per fortuna erano rimasti a bordo. Perché così era stato loro 

ordinato. Non erano scesi a terra, non avevano partecipato allʹultimo banchetto, quello 

fatale a tutti i commensali invitati. Non sapevano come erano andate realmente le cose. 

Non potevano saperlo e la fine degli ultimi fedelissimi di Ferdinando Magellano va ad 

aggiungersi allʹenigma della sua stessa uccisione.  

Restavano la Trinidad e la  Victoria. La  Santiago  era miseramente naufragata 

infrangendosi in cento pezzi sulle rocce della costa della Patagonia, la SantʹAntonio, era 

caduta nelle mani degli ammutinati che avevano invertito la rotta, per tornare in patria  

e, sulla via del ritorno avrebbero scoperto le Isole Malvine. La ʺConcepciònʺ , malandata e 

ormai senza sufficiente equipaggio, era stata data alle fiamme e colata a picco.   

Dopo la morte di  Duarte de Barbosa e di Joao Serrao, prende il comando  Juan de 

Carvalho.  Eʹ un disastro come ammiraglio improvvisato. Si comporta male a bordo. 

Rapisce indigene e fa il violento, si lascia andare ad atti di vera e propria pirateria: 

cattura giunche malesi e spoglia gli equipaggi dei loro carichi . I marinai, tutti dʹaccordo 

con i rispettivi ufficiali, decidono di pazientare per qualche tempo, prima di cambiare 

comandante.  Bene o male, dopo sei mesi, le caravelle approdano  a Timor. Qui si 

separano definitivamente. Eʹ il novembre dellʹanno di grazia 1521. Viene deposto – su 

parere unanime ‐ Carvalho. 

Juan Sebastian Elcano, pur esitante e poco esperto, assume il comando della Victoria che 

tornerà a Siviglia lʹ8 settembre dellʹanno di grazia 1522  con diciotto superstiti , tra i quali 

Antonio Pigafetta ed il savonese Martino de Judicibus.  

Cosa avviene di Leon Pancaldo ? Il suo destino si legherà a quello della nave ammiraglia  

Trinidad sino alla fine di quellʹavventura. Ma per lui il futuro avrà in serbo altre tremende 

sorprese; una peggio dellʹaltra.                                                       

Page 7: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

 

 

TRISTE SEPARAZIONE  TRA GLI EQUIPAGGI DI DUE CARAVELLE                                                      

 

Il distacco tra quei due equipaggi in quellʹestremo lembo di terra avviene tra le lacrime, 

insolito spettacolo tra gente di mare. Ma i corpi sono esausti, le volontà fievoli lumini che 

il soffio della sventura rischia di spegnere. Sulla Victoria sono in quarantasei.  Comanda, 

ma con ben poco merito e parecchie incertezze, Juan Sebastian Elcano , neppure un 

comandante ma una sorta di primo inter pares.  

Stessa situazione sulla Trinidad , dove ʺcomandaʺ Gomez de Espinosa, condividendo le 

responsabilità con il genovese Giambattista Poncero, che aveva salito rapidamente la 

scala gerarchica divenendo ʺgovernador de la armadaʺ. Ma entrambi, nei momenti più 

difficili, si rivolgeranno ad un solo uomo: Leon Pancaldo, il nocchiero più esperto di tutta 

la flotta, il marinaio che tutti ammiravano e quasi, segretamente, invidiavano per la sua 

distaccata sicurezza in ogni difficile circostanza. Lʹuomo che si fonderà quasi 

misticamente con la propria nave, conoscendone ogni segreto, ogni difetto, ogni pregio.  

Era stato lui ad avvertire i comandanti: ʺLa Trinidad, così comʹè ridotta, non può farcela. 

Fermiamoci a Timor e ripariamola!ʺ Un consiglio religiosamente ascoltato. 

 Resteranno  cinquanta   uomini dʹequipaggio. Alcuni di loro dovranno rimanere a terra 

per garantire i diritti della corona di Spagna sulle Molucche. Su Tidor e Ternate. Ma quali 

diritti ? Secondo la spartizione del Trattato di Tordesillas, colmo dellʹironia, le Molucche 

e le Isole delle Spezie, erano senzʹombra di dubbio nella sfera di proprietà del Portogallo, 

documento sancito dalla Chiesa di Roma, come un appendice della Donazione di 

Costantino. con il Trattato di Tordesillas. Da qui, i guai che aspettano dietro lʹangolo 

delle Molucche lʹequipaggio della Trinidad. Ma Spagna e Portogallo risolveranno le loro 

apparenti controversie, con lʹesborso di corone sonanti. Carlo e Manuel, niente paura, 

sapranno mettersi dʹaccordo. Ubi major... 

Prima che la Victoria salpasse, gli equipaggi si erano scambiati saluti calorosi. Coloro che 

rimanevano avevano affidato ai partenti messaggi per le famiglie lontane. Chi sapeva 

scrivere aveva vergato frettolosamente qualche lettera. Gli altri si erano affidati alla 

parola. 

Pancaldo aveva salutato tutti i compagni, particolarmente Pigafetta e de Judicibus. 

ʺMartino, se arrivi a Savona vai dalla mia sposa Teresa e dille che tornerò. In qualche 

modo, tornerò.. Consegnale questo messaggio che ho scritto per lei. Non so scrivere 

molto bene. Ma in questa lettera cʹè tutto il mio amore per lei.ʺ 

Pigafetta era commosso fino alle lacrime. Martino de Judicibus promise che sarebbe 

tornato a Savona ad informare la sposa di Pancaldo di come si erano dovuti separare ed 

in quali circostanze. De Judicibus mantenne la promessa, ma neppure lui, per lunghi 

anni, seppe più nulla di cosa fosse realmente accaduto a quelli dellʹequipaggio rimasti 

sulla Trinidad.   

Ecco, dunque, che la Victoria  scioglie gli ormeggi e con un vento favorevole si allontana. 

Quelli della Trinidad  non si risolvono a staccarsi dai marinai dellʹaltra caravella. 

Lʹaccompagnano con battelli e piroghe. Poi le barche fanno ritorno a terra, mentre dalla 

nave che si allontana ‐ estremo saluto a chi rimane ‐ partono salve di artiglieria 

Erano trascorsi due anni e mezzo dalla partenza da San Lucar di Barrameda, il 20 

settembre dellʹanno di grazia 1519. 

Per Leon, lʹodissea, ricominciava. O per meglio dire, unʹodissea prendeva termine, per 

Page 8: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

lasciare il posto ad unʹaltra, forse, ben più crudele; durerà quasi tre anni. 

Eseguite le riparazioni necessarie, in un cantiere del tutto improvvisato, con lʹausilio di 

tutti i  marinai, Gomez de Espinosa, assumendo il comando, decise che era tempo di 

issare le vele della caravella e di riprendere il cammino nellʹOceano, puntando verso 

Nord. La meta , era ovviamente la costa messicana, perché se da Panama si era visto 

lʹOceano Pacifico, costeggiando verso Settentrione, si doveva necessariamente trovare 

quel punto da dove si era affacciata la spedizione di Vasco Nunez de Balboa. Da lì 

sarebbero potuti tornare in Spagna, seguendo le rotte ormai abituali sullʹAtlantico. 

Naturalmente, con unʹaltra imbarcazione, ma quella era terra conquistata dalla Spagna e, 

quindi, sicura.  

La nave salpò. Non andarono, in verità, molto lontano. Si lasciarono alle spalle lʹisola di 

Cyco, puntando verso Nord.   

I portoghesi stavano, del resto, erigendo una fortezza sullʹisola di Ternate e quelle acque 

pullulavano delle loro caracche da guerra. Avevano il diritto di fare prigionieri. 

La navigazione della Trinidad , uno scafo ormai insicuro, anche se la falla nella chiglia era 

stata riparata alla meno peggio, era molto lenta. Evidentemente, in quei luoghi privi di 

veri lavoratori del legno, la calafatura della nave non era stata eseguita bene. Travi, 

tavole, legname più piccolo per le riparazioni: Magellano aveva davvero pensato a tutto. 

Ma i cantieri non erano quelli di Siviglia o di San Lucar de Barrameda.  

Soffiavano tremendi venti contrari. Le vele rischiavano di rompere gli alberi sotto quelle 

raffiche. Ogni giorno ed ogni notte, la perizia di Pancaldo aveva modo di manifestarsi in 

pieno sotto gli occhi atterriti dei compagni che, ormai, pensavano che tutto fosse perduto 

e che la caravella sarebbe andata ad infrangersi contro quelle rocce che venivano giù a 

picco sul lato destro della rotta. Le gomene scricchiolavano in modo sinistro; i segni di 

croce tra i marinai si sprecavano. 

“Leon sei per noi lʹinviato dalla provvidenza “ gli aveva detto Gomez de Espinosa, 

constatando che quellʹuomo di mezza età asciutto, un poʹ chiuso e taciturno, amante  

della solitudine, con quellʹaspetto dimesso e poco imponente, era in realtà un genio della 

navigazione, un maestro alla barra  della nave, un uomo‐pesce come lʹavevano 

ribattezzato , per celia, i compagni, tanto si sentiva perfettamente a suo agio su ogni 

mare, in quellʹelemento liquido che, alla lunga, terrorizzava i più indomiti e coraggiosi.  

Un pesce, che sapeva cogliere ogni sfumatura del mare, interpretare correttamente 

lʹintenzione di ogni onda, la sua capacità di trasportare o di nuocere, di rovesciare, di 

perdere o di salvare. 

Ed era anche un gabbiano, se è per questo. Non vi era vento che non anticipasse, 

portando la prua nella giusta direzione, profittando con un colpo dʹocchio, quasi con un 

colpo dʹala nelle vele, dei mutamenti , per gli altri misteriosi, nelle condizioni del tempo. 

Osservatore acuto, lavoratore instancabile, abituato a sopportare condizioni di vita 

inenarrabili. Una forza della natura, un marinaio oscuro ma degno del massimo rispetto; 

infatti, chi lo conosceva di rispetto gliene tributava. Sempre. Era il nocchiero giusto al 

posto giusto: pronto ad affrontare le difficoltà del momento, con un distacco ed una 

freddezza quasi incredibili . Lui ce lʹavrebbe fatta contro onde e maree.  

Ma la Trinidad, al contrario del suo nocchiero, non ce la faceva più. Come una vecchia 

matrona gloriosa che ha allevato tanti figli, ma non riesce più a sorreggerli ed a 

malincuore si arrende. 

Intanto, le provviste scarseggiavano a bordo. Ogni settimana, moriva di stenti un 

marinaio, come tanti erano morti, per le atroci difficoltà, in quella lunga agonia che era 

Page 9: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

stata la traversata del Pacifico, agli ordini, di Magellano, uno dei pochi ‐assieme a 

Pancaldo ‐  a sopportare con stoicismo privazioni di ogni genere, spinto comʹera dal 

sacro fuoco della ricerca di una gloria che per lui costituiva una rivalsa, anzi una vera e 

propria vendetta nei confronti dei cortigiani di Lisbona e del loro sovrano  che lo aveva  

crudelmente sottostimato. Magellano, in effetti, era stato mal ripagato per i suoi impegni 

marziali in Asia ed in Africa. Re Manuel lo guardava sprezzante ed incredulo per il fatto 

che un semplice uomo di mare potesse tener alta la fronte e non prostrarsi dinnanzi ad 

una corona. La tragedia per Magellano si era compiuta, restavano gli uomini dei suoi 

equipaggi, ostaggi di una sorte crudele. 

“Torniamo a Timor . Non può andare avanti così.” consigliò Leon a de Espinosa. 

Questʹultimo si guardò bene dal mettere in dubbio la parola del suo primo pilota. 

Se  lo dici tu! pensò tra sé lo spagnolo ed urlò alla ciurma: “Inversione di rotta. Si torna a 

Timor!”   

Il consiglio, impeccabile dal punto di vista tecnico, affrettò una situazione che era 

inevitabile. Una situazione ormai disperata e senza scampo. 

La cattura della Trinidad da parte di una caracca portoghese, la “Rey Henrique”, che non 

diede alcuna possibilità di fuga o di salvezza allo sventurato equipaggio. 

I marinai rimasti a Timor erano stati  già tutti catturati. 

De Espinosa si arrese ai portoghesi e, nel consegnarsi, pareva quasi sollevato tanto quel 

compito di portare da qualche parte la sventurata caravella gli era sembrato, in verità,  

troppo grande per le sue spalle. 

Forse, pensava,  qualcosa si poteva ancora tentare. Ma come raggiungere le coste di 

Panama, come arrivare così lontano ? Impensabile, poi, di ripercorrere la rotta tracciata di 

Magellano, al punto in cui erano arrivati. Ecco, lì in quei frangenti si comprendeva come 

gli ammutinati della “SantʹAntonio”, i quali dopo la scoperta dello Stretto avevano 

invertito la rotta, in fondo, avevano avuto ragione. 

Se il passaggio tra i due oceani era stato ormai trovato, perché proseguire in condizioni 

così pericolose con quel Mare del Sud, come lo chiamavano, lì davanti, sconosciuto, 

inesplorato, pacifico in apparenza ma minaccioso in realtà?  

Del senno di poi – si diceva Leon, in quel momento – sono piene le fosse. Naturale, che si 

poteva tornare tutti a Siviglia. Annunciare al mondo la scoperta e poi ripresentarsi 

davanti allo Stretto con una nuova spedizione, bene equipaggiata, sicura. Quanti uomini, 

nostri compagni, pensava tristemente il marinaio savonese, sarebbero ancora in vita.  E, 

invece, sono morti. Durante la traversata. LʹOceano è stata la loro tomba. Più di duecento 

marinai avevano pagato con la vita quella folle impresa. Adesso, il destino era ancora del 

tutto ignoto per i superstiti. Certo non si intravvedevano rosee prospettive. Erano caduti 

nelle mani nemiche. Chissà da quanto tempo, la caracca portoghese  aveva giocato con la 

Trinidad come il gatto con il topo. Forse, dalla separazione tra la nave ammiraglia e la 

Victoria che proseguiva il viaggio verso Occidente. Ma in tal caso, anche .la Victoria era 

stata  individuata e lasciata ripartire... Una stranezza inspiegabile. Che cʹera sotto ?  

Vedendosi circondato dai portoghesi, il cui comandante ,  Joao  do Carmo, era salito a 

bordo con fare arrogante ed orgoglioso, Pancaldo esclamò con enfasi: “Voi catturate 

lʹequipaggio di una grande nave, che ha scritto pagine gloriose sugli Oceani al servizio di 

un grande comandante come voi portoghese, che, tuttavia, non agiva per la corona del 

Portogallo né per quella di Carlo di Spagna , ma per lʹ umanità tutta intera, senza confini, 

senza bandiere. Per la Cristianità che deve regnare sovrana sul mondo e sulle terre di 

coloro che non hanno ancora ricevuto il Verbo del Salvatore. Ciò che egli ha scoperto, la 

Page 10: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

nuova rotta che ha tracciato appartiene al mondo alla Spagna ed alla Chiesa di Roma.” 

Inutile allusione e riferimento alla fede comune. Il marinaio ligure solitamente taciturno, 

per una volta, in una condizione di estremo pericolo, aveva saputo trovare gli accenti di 

una eloquenza inusuale. 

Joao do Carmo rispose con fare sprezzante: “Quel che avete scoperto  ci appartiene. 

Appartiene al Portogallo, quanto alla nuova rotta che, visto che siete qui ed avete 

navigato da Est ad Ovest, è ormai certa, non andrete a rivelarla al mondo tanto presto. 

Questo ve lʹassicuro; la corona di Lisbona deciderà se farlo e in tempo opportuno. 

Quando e come lo decide re Manuel  sovrano cattolicissimo per il volere di Dio!  Questo 

dovete sapere e, per il resto, non mi pare abbiate molte speranze di rivedere le vostre 

terre in Europa. Non tanto presto, in ogni caso. ” 

Si apriva, per i prigionieri, che verranno col tempo separati gli uni dagli altri, il carcere 

della fortezza di Ternate, i cui lavori erano in via di completamento. Una costruzione 

mostruosa con alte torri ed una massiccia fiancata. Da lì impossibile evadere. E poi, per 

andar dove ? Di fronte, soltanto lʹOceano sconfinato ed immenso.  

In quelle celle umide e malsane i marinai fatti prigionieri dovevano trascorrere lunghi 

giorni, sorvegliati  da carcerieri che pure li ammiravano poiché, essendo anchʹessi 

marinai, sapevano benissimo quale grande impresa  avevano saputo compiere. 

Ma gli ordini erano ordini. Erano messi a lavorare duro:  un comando che Joao do Carmo 

aveva dato con particolare piacere. Sapeva che Magellano, in qualche modo, aveva 

tradito il Portogallo ponendosi al servizio di Carlo V e questo per un nobile portoghese 

bastava per indurlo ad un atteggiamento sprezzante nei confronti di quei marinai che 

avevano contribuito alla riuscita dellʹimpresa di quellʹammiraglio rinnegato.                                            

 

 

                                          

LA “TRINIDAD” CATTURATA DAI PORTOGHESI                                                           

Per ciò che restava dellʹequipaggio della Trinidad , dunque, tribolazioni e patimenti a non 

finire. Prima in viaggio sugli Oceani e dʹora in poi come prigionieri maltrattati 

quotidianamente. Sottoposti ad un regime piuttosto duro, almeno agli inizi. Prima che gli 

interrogatori rivelassero ai portoghesi che, in fondo, quel pugno di prigionieri poteva 

nuocere ben poco al loro paese, al punto in cui si trovavano le cose. Lisbona già sapeva che il passaggio era stato trovato. Ma era sotto il cinquantesimo parallelo Sud, latitudine 

estrema per i viaggi delle preziose spezie.  A cosa poteva servire quel paso così vicino a terre antartiche? Quali flotte commerciali avrebbero preferito la “rotta di Magellano” a quella dei portoghesi che circumnavigava il continente africano per raggiungere le Indie 

? I cartografi di Lisbona, al corrente del tempo impiegato da Magellano per rispuntare ad 

Occidente con una partenza dallʹEst verso le Molucche, avevano calcolato molto più esattamente del loro connazionale Ruy Faleiro, il grande cartografo ed astronomo che 

aveva aiutato Magellano come socio nella grande impresa, le dimensioni di quel Mar del 

Sur. “Eʹ enorme. Non adatto a traffici commerciali dallʹEuropa, sulla via delle spezie. Questo è 

Page 11: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

certo.” Avevano assicurato al re lusitano che aveva ritrovato il sorriso, anche perché si 

era rinsaldata ormai lʹamicizia tra la corona portoghese e quella spagnola, visto che Carlo 

V aveva altre gatte da pelare con Francesco I di Francia e con i Luterani tedeschi. Ma 

tutto ciò, né la valutazione delle distanze da percorrere per le navi commerciali, né i 

destini politici del Vecchio Continente interessavano i marinai prigionieri.     

Pancaldo si ritrova in una cella, in compagnia di Giambattista  Poncero.  Sono entrambi 

nella fortezza di Ternate, assieme ad altri dieci compagni. Alte mura, costruite dai 

portoghesi per controllare tutte le isole circostanti ed un vasto tratto dellʹOceano. A 

protezione dei depositi che custodiscono ogni sorta di beni.  

I prigionieri vengono fatti prima passare su un ponte levatoio, poi destinati alle celle 

comuni. 

Poncero è un gigante buono. Genovese di nascita. Sembra prendere la prigionia con un 

certo qual spirito, ma le sue condizioni fisiche sono davvero inquietanti. Eʹ smunto, 

dimagrito in modo impressionante e non è più quella forza della natura che era apparso 

agli uomini degli equipaggi allʹinizio della spedizione. Ma tutti sono provati in maniera 

indicibile per la lunga traversata del Pacifico, dopo quel lungo inverno australe,  

trascorso in Patagonia e nella Terra del Fuoco. Oltretutto a quei tempi vi fu unʹera 

glaciale , ma loro non potevano saperlo. Soltanto patirlo sulla loro pelle. Gelo, freddo e 

fame: questi gli immani  sacrifici che avevano dovuto affrontare, con i viveri 

rigorosamente razionati da un implacabile comandante. 

La vita a Ternate, nella grande fortezza , ha le cadenze della monotonia carceraria e gli 

aspetti della disperazione per ciò che riguarda il futuro. 

Cʹè tutto il tempo di riflettere e la riflessione non aiuta quei poveri diavoli, intrappolati 

nelle isole della Sonda, a sentirsi meglio. 

Devono accollarsi, deboli come sono, i lavori forzati‐ quando sono fatti uscire dalle celle ‐ 

per aiutare i muratori ed i manovali allʹopera di completamento delle mura del forte. 

ʺLavorate, fannulloni! Siete stati anche troppo senza far nulla sulla vostra nave!ʺ urla il 

guardiano armato che sorveglia quegli strani galeotti, che si reggono appena in piedi e 

sono costretti a portare pietre da costruzione. 

Dopo quattro mesi, erano ridotti a scheletri. 

Irriconoscibili, gli uomini che erano stati a bordo della Trinidad sentivano di avere i giorni 

contati. 

Poi, improvvisamente, qualcosa mutò. Per ragioni inspiegabili, forse per direttive venute 

dallʹalto. DallʹEuropa, da Lisbona. 

Vi fu un primo trasferimento. 

Pancaldo e Poncero vennero inviati alle isole Banda.  

Subivano continui interrogatori da parte delle autorità portoghesi, che volevano 

conoscere per filo e per segno i dettagli di quella loro avventura e si facevano disegnare 

carte nautiche e mappe oceanografiche sulla base dei loro ricordi. 

Gli ordini venivano da re Manuel del Portogallo in persona. Non si era mai rassegnato al 

fatto di essersi lasciato sfuggire Magellano che, assieme a Ruy Faleiro, dopo aver 

sottratto carte e mappe segrete  appartenenti allʹArchivio di Stato era andato in Spagna 

ad offrire i suoi servigi a  Carlo V, allora solo un re diciottenne. 

In virtù della parentela tra i due sovrani, con lo sposalizio di Leonora, sorella di Carlo, da 

parte di Manuel, questʹultimo avrebbe anche potuto fare affidamento sulla nuova unione 

per dirimere qualsiasi controversia fosse sorta con la Spagna. Lʹanimosità tra i due Stati 

iberici, del resto, non assunse  mai i connotati di un vero e proprio conflitto . Era una 

Page 12: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

rivalità tra cugini, nulla di più. Anzi tra due stati confinanti e quasi amici in nome del 

cattolicesimo, inteso da entrambi con un fanatismo assoluto. Papa Borgia non aveva 

voluto che i diletti figli del Portogallo e della Spagna si azzuffassero  per spartirsi le 

reciproche scoperte del mondo ed aveva fatto ricorso alla raya alla spartizione del globo 

terracqueo, tagliato in due come si taglia una mela. Ma fino alla spedizione di Magellano, 

nessuno conosceva la vastità e lʹestensione delle terre da spartire, dagli oceani da 

dividere, insomma la mela era stregata e, soprattutto , misteriosamente ignota. Dovʹera 

lʹUltima Thule ? Nessuno poteva dirlo o immaginarlo. Eppoi per un pontefice, dopo la 

scoperta colombiana, cominciava singolarmente a scricchiolare lʹedificio tolemaico, e con 

esso la visione aristotelica di una terra al centro dellʹUniverso, con il sole e tutto il resto a 

girargli intorno. 

Era anche lʹepoca di Machiavelli, in fondo ; quando sia alle corti medicee, come in quelle 

degli Este o degli Sforza  o dei Gonzaga risuonava il motto ʺil fine giustifica i mezziʺ, 

seguito da tutti i principi rinascimentali.  

Non faceva eccezione Francesco I di Valois, non faceva eccezione Carlo V, che ‐ 

sconfiggendo lʹavversario francese a Pavia (ʺmadre ‐scrisse Francesco ormai prigioniero 

del rivale ‐ tutto è perduto fuorché lʹonoreʺ) ‐ riuscì a conquistare il titolo conteso di 

ʺimperatore del Sacro Romano Imperoʺ, annettendo anche i territori lasciatigli dal nonno 

paterno, Massimiliano I dʹAsburgo. 

Epoca dei cavalieri di ventura, anche sui mari (Andrea Doria), quando questi grandi 

condottieri  davano quasi in affitto i loro servigi, ora al Papa Clemente VII, ora alla Francia 

o alla Spagna. 

Come diceva il popolino romano:  Franza o Spagna, purché se magna!  

Ma questa indifferenza politico ‐strategica portò al Sacco di Roma da parte dei 

Lanzichenecchi.  Proprio a causa dellʹinerzia e della noncuranza del papa della famiglia 

Medici. Carlo V dissociò le proprie responsabilità da quelle dei Lanzichenecchi, ma la 

barbara strage contro il popolo romano era ormai avvenuta.   

Manuel, il fortunato, dunque, si era sbagliato rifiutando a Magellano il finanziamento 

dellʹimpresa  marittima; aveva sentito il peso di quellʹerrore e non aveva perdonato 

quellʹammiraglio così fiero, il quale dopo avergli richiesto con sfrontata audacia una 

pensione ed un vitalizio per i suoi servigi militari in India ed in Africa, aveva avuto la 

presunzione di offrire proprio a lui di finanziare lʹavventura di cui si sarebbe poi reso 

protagonista, servendo la Spagna. 

Il re portoghese non amava Magellano, non ne sopportava il carattere altero; quellʹuomo 

dalla fluente barba nera, con quellʹaria da pirata, non si inchinava a lui con la dovuta 

deferenza, insomma, aveva intuito che quellʹuomo, claudicante per le ferite ricevute, si 

reputava, forse, superiore. Col suo dannato orgoglio, dava risposte secche e quasi 

noncuranti dellʹalto lignaggio che aveva di fronte, come si fosse trattato di un 

commilitone e non di un re. Non era  lʹatteggiamento che un sovrano si attendeva dai 

sudditi, tanto meno dai suoi uomini di corte. I cortigiani erano untuosi e servili con i 

forti, arroganti  e prepotenti con i deboli. Magellano smentiva il cliché. E questo nessuna 

testa coronata lʹavrebbe accettato mai. 

Così il re aveva respinto le sue richieste. 

Salvo pentirsene più tardi, quando le spie lo informarono che, invece , Carlo V aveva 

trovato un accordo con lʹammiraglio transfuga e la spedizione alla ricerca del passaggio 

verso il Mar del Sur era quasi pronta. Da allora, ogni bastione portoghese nel mondo, 

ogni fortezza, ogni nave nellʹOceano Indiano ed oltre aveva ricevuto un solo ordine: 

Page 13: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

catturare gli equipaggi delle cinque caravelle. A tutti i costi.  

Nelle isole della nuova prigionia, Pancaldo rifletteva, comprendeva oscuramente  lo 

strano comportamento del re di  Cebu, isola  forse già toccata dai portoghesi; poteva, il 

raja Humaubon, forse essere stato contattato in anticipo dagli emissari di Lisbona ?  

Magellano, in fondo, approdando in quelle isole non aveva trovato indigeni pronti ad 

accogliere come sovrano Carlo V, ma che già erano stati istruiti e corrotti dal potere e 

dallʹinfluenza portoghese in quellʹarea. 

La sorte di Magellano era segnata, comunque, perché neppure il re di Spagna, in fondo, 

era molto propenso  a riconoscergli certi diritti. Non per nulla gli aveva affiancato sulle 

altre caravelle dei capitani spagnoli. Uno in particolare, Juan de Cartagena, era un alter 

ego , una conjuncta persona. Il fiero hidalgo aveva un carattere del tutto incompatibile con 

quello del portoghese. Per il semplice fatto che entrambi avevano esattamente lo stesso 

carattere.  

Da qui, si spiegava benissimo il navigatore ligure, il continuo timore di un tradimento 

che poi si era, infatti, verificato a San Julian, con quel colpo di mano finito male per i 

rivoltosi.  Già quella tremenda punizione inflitta da Magellano ai capitani spagnoli 

catturati e destituiti. Ma più che ribelli erano dei capi inquieti che volevano 

dallʹammiraglio risposte sulla rotta impossibili da ottenere, perché ad un certo punto 

nemmeno lʹammiraglio era così sicuro di dove stava andando. Dunque, rivolta e 

repressione, lì a San Julian. 

Ne era stato testimone oculare, Leon,  ovviamente; ma preferiva non pensarci più. 

Troppo triste, troppo avvilente, quella punizione marziale e spietata del tutto 

incomprensibile allo spirito di un vero marinaio; egli rimaneva un sognatore, un amante 

della libertà di orizzonti infiniti e non ostacolati dalle asprezze della legge degli uomini, 

una porta aperta  sullʹeternità fattasi oceano,  a contatto  con la misericordia divina. 

Sapeva per intuizione quotidiana che quelle leggi trascendenti predicate dai frati e dai 

preti, rivelate dalle Scritture, non si accordavano sempre con quelle sue attente 

osservazioni del cielo, dellʹimmensità oceanica, di quella terra ricoperta di acque 

sconosciute e misteriose, terra che sentiva vibrare, muoversi e forse ‐ pensiero eretico ed 

impossibile ‐ persino ruotare sotto la volta celeste. Non lo sapeva, non voleva ammetterlo 

nel più profondo della propria coscienza dʹuomo, ma il dubbio della creatura immersa 

nellʹoggetto creato, sperduta nellʹinfinito, era ormai sorto. Ignorava come esprimerlo. 

Aveva scienza nautica sufficiente , ma non conoscenze astronomiche tali da poter trarre 

conclusioni da vaghe sensazioni, più che spirituali quasi fisiche. Anzi, solidamente 

corporali. Ma il suo occhio non si era mai chinato su un cannocchiale di Galileo; le sue 

dita non avevano mai sfogliato una pergamena di Copernico. Questi giganti del pensiero 

verranno dopo di lui. Ma è arbitrario pensare che un uomo qualsiasi, protagonista di una 

simile avventura, nellʹepoca delle grandi scoperte geografiche possa aver in qualche 

modo intuito lʹindicibile, lʹineffabile, lʹimpossibile ? Senza poterlo esprimere, anzi 

neppure pensando di poterlo fare con parole che, in ogni modo,la Chiesa, la sua Chiesa 

avrebbe condannato come eretiche e lʹInquisizione punito col rogo. Ma il mondo 

tolemaico piatto e centro dellʹuniverso, lo si voglia o no, dopo Magellano cominciava a 

cadere in rovina come una vetusta costruzione ormai inaffidabile e contraddetta dai fatti. 

Leon rimaneva attaccato ai suoi dogmi, al suo credo e non avrebbe messo in dubbio una 

sola virgola delle Sacre Scritture neppure se ‐ seduto sulla Luna ‐ avesse visto con i 

propri occhi la Terra girare su se stessa e attorno al Sole.   

Ebbe un colloquio nella prigione di Banda con un frate portoghese, il suo confessore. 

Page 14: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

Jacinto Munez era un francescano, aveva cercato di convertire più indigeni che poteva, 

ma non apprezzava i metodi dei conquistadores.  

Aveva compreso che il navigatore ligure era un uomo di fede e profondamente onesto, 

per cui, cristianamente, cercava di confortarlo come poteva. 

Dimostrava parecchia umanità questo frate di Coimbra, nelle conversazioni con i 

prigionieri. 

ʺDunque, sei ligure...ʺ aveva detto a Pancaldo. 

ʺEsattamente sono savonese. Ma ormai non credo che rivedrò le torri della mia città...ʺ 

rispose lui con un amaro tono di sconforto nella voce. 

ʺCʹè per tutti noi una provvidenza.ʺ aveva risposto il frate. 

ʺEʹ quella che invochiamo noi marinai nel momento del pericolo!ʺ 

ʺAppunto. Non perdere la fede. Cʹè sempre una luce in fondo alla galleria più oscura. 

Una speranza che si accende nello sconforto del buio.ʺ 

Il frate  missionario parlò col governatore delle Molucche per alleviare nella misura del 

possibile la sorte dei prigionieri catturati sulla Trinidad. 

ʺLʹimportante ‐ replicò il governatore ‐ è che non vengano resi noti i dettagli della loro 

avventura. LʹEuropa non è ancora pronta. I nostri informatori ci segnalano che una 

caravella compie una rotta verso Occidente.  Eʹ stata avvistata nellʹOceano. I nostri le 

danno la caccia. Eʹ da presupporre che solo due navi siano rimaste a galla. Una lʹabbiamo 

catturata noi. Lʹaltra cerca verosimilmente di doppiare il Capo e di rientrare a Siviglia. 

Potremo intercettarla. Cʹè da sperarlo in ogni caso, se vogliamo mantenere il controllo 

totale di questa parte del mondo senza concorrenti...ʺ 

Lʹuomo di chiesa rispose che i prigionieri non erano altro che marinai, in fondo, esecutori 

di ordini, non consapevoli e quindi non colpevoli. Ignoravano tutto della posta in gioco. 

Con loro, il Portogallo doveva mostrarsi clemente. 

Non sarà così, proprio perché la ʺVictoriaʺ finirà per attraccare a San Lucar de Barrameda 

e, quindi, si presenterà nel porto di Siviglia, con i suoi diciotto sopravvissuti. 

Giungeranno sul molo  come una processione di spettri, smunti magrissimi e con le 

barbe incolte, con le vesti lacere; faranno il giro delle chiese, allʹalba di quel giorno di 

salvezza, seguiti da una folla di curiosi, per rendere grazie al buon Dio di essere scampati 

alla morte. Penseranno ai loro compagni scomparsi per il resto della loro vita. E a quelli 

della Trinidad. Già, si chiedevano i diciotto sopravvissuti, che fine avranno fatto i nostri 

compagni imbarcati su quella caravella ? 

E i rimanenti della Trinidad a loro volta, in fondo ad una galera, si chiedevano: Chissà se 

la Victoria sarà potuta tornare in patria ? Se lo chiedevano di certo Pancaldo ed il suo 

compagno di sventura, che intanto venivano trasportati  in giro per le isole in mano al 

Portogallo . 

 Così, dopo vari trasferimenti, Leon, e Poncero, vennero rinchiusi in una prigione 

dellʹisola di Giava.  

Le peregrinazioni non erano ancora terminate. 

 

 

                                                          

Page 15: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

RICORDI DI GIOVENTUʹ : LA SPEDIZIONE ALLE INDIE  

                                                         

I       ricordi di  Leon da quella tetra prigionia correvano verso il passato, verso il  quartiere di Alfama a Lisbona, dove , nelle strette viuzze povere e malfamate ad un tiro 

dʹarchibugio dallʹaltro popoloso borgo della Mouraria, in mezzo ad una folla variopinta 

di venditori di ogni genere di mercanzie, lui circolava in quel mese di marzo dellʹanno di 

grazia l505,    giovane marinaio venuto da una città ligure. Era giunto nella capitale 

lusitana a bordo di una goletta ed era in cerca di ingaggio da parte della potenza navale 

portoghese che, pur avvalendosi dei propri validissimi marinai, non disdegnava di 

offrire ingaggi anche ai navigatori di altre nazioni. Genova e Lisbona, dʹaltra parte, erano 

legati da secolari rapporti di amicizia. Lo dimostra il fatto che Cristoforo Colombo scelse, 

Joao II, il re portoghese per offrirgli di ʺbuscar per lʹoccidente lʹorienteʺ, subito dopo aver 

offerto la medesima cosa alla patria genovese. Ma è noto: nessuno è profeta in patria. 

Anche Joao II, tuttavia, gli rise in faccia, prendendolo per un visionario. Genova era 

nemica di Savona; entrambe le città, invece, andavano dʹaccordo con Lisbona. E con la 

Spagna. Al punto che se le caravelle di Colombo erano spagnole, i quattrini dei 

finanziamenti concessi a Ferdinando ed Isabella vennero sborsati anche da banche 

genovesi. Ma torniamo nella grande Lisbona.    Sia in Liguria che in Portogallo  si cucinava in cento modi uʹ  bacalau. Ma quel che 

rendeva più saporito uʹ bacalau ‐ in tutte le città buongustaie ‐ erano quelle meravigliose 

spezie dʹOriente,  i grani di pepe, che valevano quasi quanto lʹargento, i chiodi di 

garofano, la cannella,la noce moscata, tutte droghe culinarie ricercatissime per rendere 

saporite le pietanze delle corti e dei principi, ma anche ‐ talvolta ‐ della gente comune. 

Malgrado i prezzi. Le spezie valevano quanto ‐ e forse più – dellʹargento. Di un ricco la 

gente comune non diceva “ha un sacco di soldi”. No. Diceva: “Quello ? Eʹ un sacco di 

pepe!” 

Anche i grani dʹincenso avevano un bel prezzo. Una manna per i mediatori, poiché le 

spezie passavano di mano in mano e di dogana in dogana. La differenza ? Beh, quella più 

o meno di tanti altri generi di consumo. Ma tra il magro contadino e il non sempre 

facoltoso consumatore, cʹè  qualcun altro che guadagna cifre spropositate.  

 Il Portogallo voleva il monopolio della via delle spezie dalle Molucche allʹEuropa. Se 

non fosse stato per Cristoforo Colombo, per Giovanni e Sebastiano Caboto, per Amerigo 

Vespucci e per lo stesso Ferdinando Magellano, chissà per quanto tempo ancora i 

portoghesi sarebbero rimasti i padroni della via marittima verso lʹAsia, circumnavigando 

lʹAfrica, con grande disappunto della maggiore potenza mondiale la Spagna. Ma dopo i 

viaggi dei Caboto, anche unʹaltra grande nazione prendeva coscienza delle rotte oltre 

oceaniche: lʹInghilterra di Enrico VII. Eppoi, installando cantieri navali a Panama, lungo lʹ 

ismo, anche gli spagnoli una via per giungere ad Oriente lʹavevano trovata. 

Da Alfama, allora, erano partiti i grandi navigatori portoghesi (Vasco da Gama non da 

ultimo) e il regno di Manuel I, il Fortunato, aveva assunto, praticamente il controllo dei 

mari dʹOriente. Nella sua corte di Montemor O Novo,   il re progettava una grande 

espansione portoghese verso il controllo assoluto sulle terre dʹOriente.  

LʹIndia, le Molucche, le isole delle spezie erano saldamente in mano alla piccola nazione 

europea affacciata sullʹAtlantico e con a disposizione marinai di primʹordine che la vicina 

Castiglia le invidiava. Da quando Lisbona ( per la voce sarcastica di Joao II) si era lasciata 

Page 16: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

sfuggire Cristoforo Colombo, permettendo così a Isabella e Ferdinando di Castiglia di 

mettere a segno la scoperta del nuovo mondo, il prestigio del Portogallo era apparso 

incrinato.  Manuel  commetterà un errore anche maggiore lasciando scappare 

Ferdinando Magellano. Un suddito portoghese, per giunta. Ma al tempo delle spedizioni 

verso lʹIndia, per il controllo della via delle spezie, quello sbaglio il fiero re del Portogallo 

non lʹaveva ancora commesso. 

Tutte queste considerazioni di alta politica erano, comunque, del tutto  estranee ai 

bisogni ed alle necessità di  Pancaldo . 

 Era un uomo di natura pratica e sʹintendeva di navigazione come nessun altro, ma di 

politica non comprendeva granché. Piuttosto tarchiato, capelli color rame, il naso 

aquilino, gli occhi marroni piccoli, vivacissimi e penetranti, lʹandatura un pò 

ballonzolante di tutti i marinai, che piegava un pò a dritta ed un pò a manca, era 

interessato a partire per la grande campagna che la corona portoghese stava preparando 

nelle Indie. Pagavano bene, questi portoghesi, in fin dei conti. 

Più che altro si trattava di una spedizione militare, con lʹimpiego delle caracche, che sia 

Genova che Lisbona adoperavano quando si trattava di far fuoco sia dal castello di 

poppa che da quello di prua sui nemici nelle battaglie sul mare, o anche nei 

bombardamenti sulle città costiere nemiche. 

Una flotta di millecinquecento uomini  aveva messo alla fonda sul Tago ed ingaggiava 

anche marittimi stranieri, purché non appartenessero alla Spagna, alla Francia o 

allʹInghilterra, le potenziali rivali sugli Oceani. Venezia e Genova, Repubbliche marinare 

orgogliose e dal passato risplendente, erano ormai tagliate fuori dalla corsa alla ʺvia delle 

spezieʺ, quindi, niente da temere reclutando tra gli equipaggi lusitani anche qualche 

marinaio genovese, veneto o di altri porti mediterranei, esclusi, dunque, quelli delle 

cosiddette ʺgrandi potenzeʺ. 

Pancaldo si era già fatto le ossa per così dire, navigando nel Mediterraneo per traffici 

commerciali,  ma la sua vera carriera doveva cominciare proprio in India. 

Quella sera, girava per Alfama, in mezzo ai mercanti, ai mendicanti, agli storpi, ai dicitori 

della buona sorte (la suerte era sempre buena altrimenti chi consultava gli oracoli da 

strada poi non pagava). Le gitane ronzavano attorno ai negozi dei piccoli artigiani,  qua e 

là, dei banchi dei pescivendoli e delle friggitorie allʹaperto. Dai forni uscivano gustosi 

fugassin allʹ olio ed al rosmarino. I vecchi marinai guardavano con un pizzico dʹinvidia 

quei giovani emuli di Bartholomeu Dias o di Vasco da Gama, che si aggiravano nei 

vicolo ‐ i ʺcaruggiʺ come li chiamava Leon ‐ a fianco di vistose ragazze, forse non proprio 

di difficilissimi costumi. 

Cʹè festa ʹna Mouraria! ‐ disse una zingara, facendo lʹocchiolino a Leon. Il giovane si tenne 

ben stretta la sacca da viaggio che portava sulle spalle e andò subito a cercarsi una 

locanda, nel vecchio quartiere della Morella, appunto. Un pò tristunha y sombria la 

Moirella està agora! ‐ le disse la locandiera dalle forme procaci, perché la festa deve ancora 

cominciare. Lʹindomani poi  sarebbe stata  tutta unʹaltra cosa, quando le venti navi, 

allʹancora sul  Tago sarebbero partite per la rotta dʹOriente. Venti navi, il vanto della 

flotta lusitana. Si mormorava che lʹammiraglio dei mari indiani,  Vasco da Gama in 

persona, anche se ormai vecchio, le avesse passate in rassegna, nei giorni precedenti 

esaminando con occhio ammirato quellʹenorme armamento che avrebbe assicurato al suo 

paese il dominio del mondo conosciuto, almeno ad Oriente. 

Vi sarebbe stata la notte di festa e la mattina seguente la grande messa  nella Cattedrale . 

Sulla piazza, il giuramento solenne degli equipaggi. La benedizione dei vescovi, il 

Page 17: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

discorso del vicere delle Indie e comandante in capo della spedizione, Francisco 

dʹAlmeida. 

Ma Pancaldo , quella sera, stanco del viaggio, agognava solo a riposare nel bugigattolo 

che la locandiera gli aveva mostrato, scrutandone la reazione. Nessun commento. Era un 

nido di pulci e di pidocchi, né più né meno. Costava una sciocchezza ed, in ogni caso, lui 

di più non poteva permettersi. 

Pensava a quellʹingaggio, accettato dai portoghesi che erano rimasti convinti dal suo 

curriculum marinaresco. Eppoi, lui non partecipava alla spedizione sui mari dellʹIndia, 

come sobresaliente, mezzo marinaio e mezzo combattente. No, lui era tutto e soltanto 

marinaio. Compito suo occuparsi delle vele, stare al timone, evitare le secche, guardarsi 

dalle tempeste. In un certo senso, era più e meno di un sobresaliente. Era un avventuriero, 

un  mercenario, ma non tenuto a maneggiare la spada o a prendere ordini militareschi. 

Doveva fare il suo mestiere e basta. Un avventuriero del mare, ma senza alcun connotato 

peggiorativo. Anzi, sapeva in cuor suo, che i portoghesi i migliori marinai del mondo, 

riconoscevano soltanto i liguri come loro pari (se non superiori) nellʹarte della 

navigazione, nel saper domare quelle onde spaventose, quelle tempeste minacciose, che 

strappavano in un baleno, centinaia di vite di marinai meno esperti.  

Ben diversi, invece, i compiti di un altro portoghese sobresaliente. 

Anche lui ‐ davvero strana la sorte ‐ si trova in quella sera di marzo alla grande festa in 

onore degli equipaggi che stanno per partire, a Mouraria. Si chiama  Fernao Magalhaes. 

Lui e Leon hanno più o meno la stessa età. Il portoghese è nato a Porto intorno al 1480 ; 

ha compiuto da poco i venticinque anni. Leon è più giovane di due anni, essendo nato a 

Savona nel 1482. Ma mancando le anagrafi, le date di nascita di entrambi oscillano in 

modo che definirli quasi coetanei non è poi così del tutto sbagliato. 

Magalhaes, quella sera, aveva una gran voglia di divertirsi, perché era consapevole di 

cosa lʹaspettava.  

Stive maleodoranti ed insalubri, dove tutti ammucchiati gli uomini dʹarmi subalterni, 

come lui, devono dividere i poveri giacigli con mozzi ed equipaggi. Poi anche i 

combattenti sarebbero stati uguali a tutta la ciurma nei lavori più penosi. Insomma, un 

sobresaliente, tutto sommato, poteva provare invidia per un semplice mozzo. 

Ma ormai, Ferdinando aveva firmato, che diamine!, lui apparteneva pur sempre alla 

piccola, nobiltà portoghese. Era un fidalgo de cota de armes. Col diritto di trasmettere agli 

eredi un onorifico stemma o  blasone, eppoi ‐ricordava, sorridendo ‐ era stato paggio 

della regina Leonora. Lui, un paggio! Se la rideva, quando ci pensava, tra il barbone nero 

ed i baffi  dello stesso colore. 

Ma assolutismo reale o no, era pur sempre un fedele suddito portoghese e voleva fare il 

proprio dovere, con fedeltà a Dio e alla Corona e alla Patria. 

Sarà accontentato! 

Quella sera, comunque, si divertì. Come si divertono i portoghesi, ascoltando da solo al 

tavolo di una taverna frequentata dai marinai,  le note malinconiche e struggenti delle 

cantatrici di fado. Strimpellavano su strumenti a corda, i musici quelle note che dovevano 

essere state trasmesse dai mauritani, colonizzatori di quel piccolo paese affacciato 

sullʹOceano, quasi in castigo. Con marinai che doveva essere audaci per forza per 

affrontare quel mare misterioso, temuto da tutti i navigatori ʺinterniʺ, quelli sul 

Mediterraneo che si guardavano bene dal superare le Colonne dʹErcole.  

Il fado, vero riflesso musicale della saudade  ‐ con le sue nenie struggenti, uscite dalle 

labbra di donne brune, tutte vestite di nero, vecchie o giovani, belle o brutte, non 

Page 18: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

importava  ‐ era lʹanima di Lisbona. La voce di quelle donne doveva essere un pianto 

prolungato nella notte e strappare lacrime al cuore di chi le ascoltava. Perché i fantasmi 

del passato a quelle note tristi si risvegliavano tutti e tenevano compagnia ai solitari. E 

chi più solo di un marinaio che parte per lʹignoto ? Quelle note così evocative della 

malinconia erano ancora nelle orecchie di tutti i marinai, quando la mattina dopo sulla 

piazza prospiciente la Cattedrale, si svolse la cerimonia solenne, il giuramento, con i 

comandanti inginocchiati davanti allʹaltare della Cattedrale, la comunione collettiva sulla 

piazza maggiore, la Santa Messa in latino ma con quella cadenza lenta lusitana dei preti. 

I dignitari di corte lessero un messaggio di re Manuel. Poi la partenza a vele spiegate 

della flotta portoghese sul Tago. Le caracche avevano bene in vista, a poppa e a prua. le 

bocche da fuoco, con le quali avrebbero ‐ a tempo debito, un anno dopo  ‐ sparato contro 

le  forze  dellʹEmiro indiano Zamorino , che aveva accolto con amicizia otto anni prima 

Vasco da Gama ed i portoghesi, solo per doversene pentire per il resto della sua vita. 

 

 

                 

PANCALDO E MAGELLANO , INCONTRO IN INDIA   

Fu proprio in India che i due principali protagonisti di questa storia fecero conoscenza. 

Correva lʹ anno di grazia 1506, battaglia marittima di Cannanore, India. Pancaldo era 

partito assieme agli equipaggi  in quello storico giorno. Il giorno era storico ma per 

Leon,‐ lo ricordava come se fosse ieri  ‐ era una bella mattinata come quelle solite quando 

sʹimbarcava. Non vi era nulla al mondo che lo esaltasse di più. Lʹodore del legno di una bella nave, le corde, le vele, i gabbiani bianchi ad ali spiegati come le vele, quella distesa 

che ‐ lasciato il porto  ‐ si offriva ai suoi occhi scrutatori. Ne apprezzava ogni 

increspatura bianca di quellʹimmenso tavolo azzurro, verde, cristallino come un pittore 

apprezza con un sol colpo dʹocchio la sua tavolozza di colori. Il mare. Una parola che 

aveva avuto sulle labbra fin da giovinetto. Ascoltava, nella sua modesta casa a fianco del  

torrente  Letimbro, i racconti dei suoi. Che meraviglia quando, a dieci anni, il nonno gli 

disse che aveva conosciuto ed era stato amico di quel giovane ardimentoso, Cristoforo, 

che aveva scoperto il nuovo mondo. ʺDove nonno?ʺ chiedeva il fanciullo, incuriosito e con gli occhi sognanti. 

ʺLontano, caro, molto lontano, oltre quellʹorizzonte che vediamo quando andiamo alla 

foce del nostro torrente. Il mare celava nuove terre ed il figlio del cardaiolo genovese, 

Domenico, amico mio, le ha scoperte...ʺ 

Ricordi, un mare di ricordi. E poi, anche lui a navigare, per cercare in quellʹimmensità 

azzurra la sua stella spendente, il suo destino. Era lì al timone di una delle venti navi 

della flotta diretta in India, sulla rotta già tracciata da Diaz , da Gama e seguita da Cabral, 

la circumnavigazione dellʹAfrica, con quel capo tormentoso da aggirare. La sua nave era 

la Virgen du Carmo, la stessa su cui era imbarcato Magellano. Per tutta la lunga, 

estenuante, traversata, i due si incroceranno senza parlarsi una sola volta. Ma i volti 

restano impressi, anche se non ci si conosce. 

Si conosceranno a Calcutta. Un anno dopo. In circostanze drammatiche per tutti. 

Il sultano Zamorino di Calcutta, con la sua veste di seta del Catai ricca di pietre preziose, 

e di ricami di finissimi tessitori giunti persino dal Cipango aveva appena finito di 

Page 19: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

ricevere un messo dei dogi veneziani. Questʹuomo, giunto dalla lontana città lagunare, 

gli aveva rappresentato un quadro spaventoso della situazione in cui si trovava. Aveva 

avuto torto di non cacciare i portoghesi da subito. I commerci con Venezia languivano. 

Anzi erano stati proprio interrotti. Re Manuel , il portoghese perfido ed infido, lʹaveva 

ingannato. Non doveva aprire le porte del suo palazzo a quegli infedeli, onorarli con 

doni preziosi, con ricchi presenti dʹoro e dʹavorio. Doveva ucciderli tutti... 

ʺMa anche tu, veneto, sei un infedele!ʺ aveva ridacchiato Zamorino. Ma sapeva, in cuor 

suo, che lʹambasciatore di Rialto aveva ragione. Eccome se aveva ragione! 

Quei miserabili dei portoghesi avevano messo tutti nel sacco. Venezia, la sua maggiore 

importatrice di spezie pregiate e di seta e di perle di Ceylon in quel lontano mare 

dʹOccidente, era rovinata. Le parole del suo messo lo indicavano senza equivoci. 

Che ne sarà del mio regno? si chiedeva non certo a torto il sultano di Calcutta. 

Aveva deciso: avrebbe attaccato i portoghesi e le loro navi. Aveva forze, cento volte 

superiori. Bastava prenderli di sorpresa ed il gioco era fatto. Avrebbe liberato la sua terra 

da quei rapaci che portavano via ogni cosa, trasformando un sultano come lui in un 

suddito, un regno in un umiliante protettorato, un monarca assoluto in un vassallo. 

Ma tutto doveva restare segreto. Dal veneziano innominato ebbe la promessa di un aiuto. 

 Non ci contava troppo Zamorino.  Non si fidava più di nessuno: né di Lisbona, né di 

Rialto!   

ʺQuesto veneziano è un cane cristiano come tutti gli altri. Prima mi libererò dei 

portoghesi. Poi toccherà ai veneziani.ʺ confidò il sultano al suo più vicino consigliere, 

Abdul, il quale sogghignò e rispose: ʺCosì vanno trattati questi infedeli. Sono tutti uguali, 

in realtà. Pensano solo ad arricchirsi a spese nostre...ʺ 

ʺMa avranno una bella sorpresa!ʺ 

La sorpresa, invece, non ci fu. Anzi, ci fu. Ma ai danni di Zamorino, il sultano. 

Girava a quei tempi per il mondo musulmano e per lʹIndia soggiogata dallʹIslam, un 

singolare avventuriero, Lodovico de Varthema. 

Nessuno sapeva da dove venisse, né dove andasse.  

“Non riesco a leggere le noiosissime pergamene con racconti di viaggio – diceva il 

giovane, con toni faceti – ma se si tratta di andare a vedere, per me il mondo non ha 

confini.” 

Era stato quel diavolo di de Varthema, persino alla Mecca. Aveva visto la pietra nera, 

sacra ai musulmani, nella città santa. Aveva percorso tutte le terre dʹOriente. A piedi, a 

dorso di asino o di mulo, con le carovane dei mercanti arabi o giudei. Aveva imparato 

qualche cosa di una miriade di linguaggi e dialetti. 

Poi doveva averla combinata grossa con qualche sultano. Visita clandestina allʹharem, 

fingendosi eunuco, o qualcosa del genere. Non lo volle mai raccontare. Fuga precipitosa 

verso Calcutta, travestito da imam. In una taverna, pullulante di musulmani , aveva 

sentito qualche cosa relativa al progetto di Zamorino di fare la festa ai portoghesi. 

Di religioni in India, Lodovico, ne aveva viste ed udite tante, credenze negli dei, nella 

natura, nella metempsicosi (se rinasco – aveva pensato – voglio essere una scimmia che 

se la spassa sui rami, ma non un elefante, poveretto che sgobba come... un pachiderma!). 

Ma di fronte alla minaccia per i suoi correligionari, si era ricordato di essere cristiano. 

Doveva avvertire i portoghesi, anche se non gli erano particolarmente simpatici, per tutti 

i templi che avevano distrutto a Ceylon e a Goa. 

Templi testimonianza di altre fedi,  ma soprattutto dellʹIslam, che a sua volta, per la 

verità aveva distrutto altri templi ed altri simboli sacri: induisti o buddhisti. 

Page 20: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

“Le religioni! Valle a capire tutte! Ognuna di esse proclama la verità assoluta, il dogma e 

lo proclama di brutto e con brutti metodi...ʺ aveva esclamato lʹavventuriero. Ma qui 

cʹerano in gioco le vite di quei poveretti  sulle navi  allʹancora nel porto di Calcutta. Eppoi 

erano cristiani come lui e la loro religione era superiore a tutte le altre.  

Come avvertirli, però, dellʹimminente pericolo ?. Sotto il suo turbante di falso imam, si 

recò al porto. Vide la Virgen du Carmo e scorse a bordo un figura di marinaio che, 

dallʹalto, osservava lʹandirivieni della folla che si accalcava nelle viuzze sottostanti. 

“Ehì della nave!” gridò in portoghese, Lodovico de Varthema. 

“Ebbene? Que quiere usted? Que tal ?”  rispose lʹuomo in spagnolo, ma con uno strano 

accento.    

“Sei italiano!” replicò Lodovico, cui non sfuggivano  le inflessioni fonetiche delle lingue 

italiche. “Magari ligure!” 

“Per un musulmano la sai lunga! Che vuoi?”  

ʺParlare al comandante...ʺ 

“Non è a bordo!” 

“Ad un sottufficiale allora....” 

“Di che si tratta ?” 

“Di vita o di morte. Della vostra morte, se non mi ascoltate o, se ascoltandomi, non mi 

crederete.” 

Pancaldo, perché era lui quel marinaio, comprese che quel tizio, i cui tratti non gli erano 

del tutto sconosciuti, non raccontava frottole. Aveva sicuramente qualcosa da dire, per 

chiedere    addirittura di essere messo in presenza del comandante.” 

“Avanti, la scaletta è calata. Sali. Ti autorizzo...” 

Lodovico de Varthema, con un agile balzo saltò sulla scaletta ed eccolo a bordo. 

Fu il primo lui a riconoscere il marinaio che aveva di fronte, adesso che poteva osservarlo 

da vicino. Infatti, lo scrutò ben bene. Eppoi, proruppe in unʹesclamazione di sorpresa e di 

stupore. 

“Ma non è possibile. Non credo ai miei occhi. Leon! Tu qui?” 

A sua volta il marinaio aguzzò lo sguardo. Lodovico si era tolto il turbante ed il mantello, 

restando a capo scoperto e sotto il mantello aveva un  abito di foggia veneziana. 

“Mi riconosci?” 

“Lodovico!” 

“Sì, ci eravamo lasciati nel porto del Pireo, ricordi ?Dopo quella traversata su quella 

nave, beh, chiamiamola nave, dal porto di Venezia...” 

“Tu era diretto in Oriente, se ricordo bene... A quanto pare in Oriente ci sei andato!” 

“E tu, naturalmente, sempre in giro su una nave o su unʹaltra. Ma questa è una nave da 

guerra portoghese... Che ci fai su una caracca ?” 

“Il mio mestiere e basta. Le armi le maneggiano gli altri. Però, come è piccolo il mondo. 

Aveva ragione Colombo a dire che la terra è poca. Dunque, come ti dicevo, io non 

maneggio armi. Quelle però non mancano a bordo... ” 

“Tra non molto ne avrete bisogno. Il sultano di Calcutta prepara  una sorpresa per tutti 

voi. Ignoro quando attaccherà, ma per attaccare stanne pur certo che  è sicuro!” 

“Vieni con me!” gli intimò Leon. 

Fu così che si trovoʹ di fronte il marinaio soldato di guardia. Era uno dei 

millecinquecento   marinai portoghesi pronti a combattere in caso di bisogno. 

Quella rivelazione salvò  la vita a parecchi uomini e fece conoscere  Pancaldo a 

Magellano e questʹultimo ai suoi superiori. Il  sobresaliente  si prese tutto  il merito di aver 

Page 21: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

avvertito il comando   del pericolo che sovrastava le loro teste. Ma a Pancaldo interessava 

la salvezza dellʹequipaggio – e  quindi la sua‐ non gli importava molto di riconoscimenti 

che lʹapparato gerarchico e militare portoghese, del resto , non sarebbe stato mai disposto 

a riconoscere ad uno straniero. 

Così il proditorio attacco di Zamorino fu previsto e sventato, almeno in parte. 

Sì, ricordava Leon , fu una vera strage e gli uomini di Francisco de Almeida  uccisero 

tanti indù  musulmani per non venire a loro volta uccisi. Ma  vi furono  morti numerosi 

in entrambi i campi.   

Magellano, da allora fu riconoscente a Pancaldo per la vita.  

Tanto più che si ritrovarono ancora una volta in pericolo al largo di Goa ed il nocchiero 

savonese rivelò doti eccezionali di bravura, salvando praticamente una nave dal colare a 

picco in piena tempesta. 

Quanto a Lodovico de  Varthema  quellʹavventuriero, forse era veneziano. No – adesso 

ricordava – era un bolognese. Strano  personaggio davvero, un tipo sanguigno, un poʹ 

burlone, certo un grande avventuriero.  Chissà che fine ha fatto? Voleva seguire la via 

della Seta, sulle orme di Marco Polo. Che Dio lo protegga. Spero, pensò Leon quella 

notte, che non si trovi nella situazione in cui mi trovo io, prigioniero e senza alcuna 

speranza di rivedere la patria così lontana. 

Anchʹio, pensava il prigioniero, vorrei poter tornare in patria, invece, vengo trasferito da 

una prigione allʹaltra per colpe che non ho. 

Mi si rimprovera di aver fatto il marinaio su una flotta della Spagna. Eʹ questo è lʹunico 

mio crimine. Ma agli occhi dei portoghesi sembra davvero un grave delitto.       

 

 

 

CERCARE UN PASSAGGIO AD OVEST 

                                                                           

M a i ricordi di Pancaldo andavano anche dove lo aveva portato, a suo tempo, soltanto 

lʹimmaginazione. Non era vita vissuta.  Erano intuizioni di una mente fertile  . Sprazzi di luce, provenienti forse dal profondo  

insondabile dellʹinconscio. 

 Si  raffigurava  gli avvenimenti che avevano preceduto la grande spedizione. Così si 

immaginava nel Castello di Valladolid, in una sala stracolma di mappe marittime gettate 

alla rinfusa  su ampi tavoli di mogano, con le vaste pareti tappezzate di rosso  e decorate 

di arabeschi e oriflammi color ocra, con arazzi e quadri raffiguranti caravelle in mari 

procellosi, re Carlo V,il figlio di Filippo il Bello e di Giovanna la Pazza, nativo di Gand, 

nelle Fiandre, ma destinato al Sacro  romano impero. Consultava, Carlo appena 

diciottenne, i nobili consiglieri di Castiglia sulle iniziative da prendere per contrastare 

quella che ogni giorno diventava lʹespansione portoghese sugli oceani. 

 Sapeva, Carlo V, che la grande impresa di Cristoforo Colombo, dovuta alla concessione 

da parte dei suoi nonni materni, Ferdinando ed Isabella, delle tre storiche caravelle la 

Santa Maria, la Nina e la Pinta, aveva aperto alla Spagna la via ad Ovest, tanto ricercata e 

tanto voluta per far concorrenza ai portoghesi, cui ‐ dopo la spedizione di Vasco da 

Page 22: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

Gama che aveva circumnavigato lʹAfrica‐ era ormai assicurata la via marittima ad Est per 

raggiungere le Indie. 

Vi era stata, nel frattempo, la ratifica del Trattato di Tordesillas del 1493,  la  “raya”, che 

in pratica spartiva tra Spagna e Portogallo una sfera dʹinfluenza marittima sulle vie delle 

spezie della Cina e del Catai. Era stato Papa Alessandro VI, Rodrigo Borgia, che era 

nativo di Valencia, a fare ricorso alla cosiddetta “donazione di Costantino” per 

suddividere le terre dʹoltremare, appena scoperte e i territori delle missioni 

attribuendone per lʹappunto la competenza giuridica in parte alla Spagna ed in parte al 

Portogallo.  Ma il Portogallo era avvantaggiato perché le sue caravelle avevano garantita 

la rotta orientale e, aggirando il continente africano, lʹIndia ed il Catai venivano 

raggiunti. Galeoni carichi di spezie, che rappresentavano una vera ricchezza per tutti 

meno i produttori indigeni, ma per gli intermediari e per i raccoglitori dei dazi (cioé i re) 

era una vera manna. Anche per la Chiesa di Roma: ogni grano dʹincenso aveva il suo 

valore. 

Certo, la Spagna aveva proseguito, dopo i viaggi di Colombo, lʹesplorazione del Nuovo 

Mondo.  Finché una spedizione di conquistadores, guidati da Vasco Nunez de Balboa, 

affacciandosi sulle alture di Panama aveva visto lʹOceano dallʹaltra parte. Quel grande 

oceano cui Magellano darà il nome di Pacifico. In un certo senso, lo scopritore del 

Pacifico fu proprio Vasco Nunez de Balboa. Non aveva potuto navigarlo, ma lʹaveva 

visto! Anzi, qualche imbarcazione nelle acque del nuovo oceano, Nunez de Balboa lʹaveva 

fatta scendere. Ma si trattava di piccole scialuppe non adatte a lunghe traversate, 

ovviamente. Così aveva girato un poʹ per le coste e nullʹaltro. 

ʺDeve assolutamente esistere, nel nuovo continente scoperto da Colombo, un passaggio, 

una via che porti i nostri galeoni e le nostre caravelle alle Indie, al Catai, sulla via delle 

spezie e della seta!ʺ esclamò Carlo V, imponente nel suo abito nero, con il labbro inferiore 

prominente, difetto dei suoi avi ma che i pittori di corte si guardavano bene 

dallʹaccentuare. Si rivolgeva, Carlo V, appena diciottenne, ai dotti di Salamanca, forse 

non gli stessi che fino allʹultimo avevano contestato le ardite teorie di Cristoforo 

Colombo sulla possibilità di una ʺvia ad Ovestʺ per circumnavigare il mondo, ma in ogni 

caso sempre prudenti di fronte alle ʺnovità”, come tutti i sapienti dellʹepoca. 

ʺMaestà, può esistere quel passaggio ‐ disse uno dei più apprezzati cartografi di Castiglia 

che aveva a lungo studiato i calcoli del fiorentino Paolo del Pozzo Toscanelli, 

convincendosi che la sfera terrestre era molto più grande di quanto aveva previsto il 

navigatore genovese‐ ma il viaggio potrebbe davvero essere lungo!ʺ 

ʺMa certo che sarà lungo. Le nostre caravelle sono giunte con Solis fino al Rio de la Plata 

e questo passaggio non è saltato ancora fuori, i portoghesi lo stanno cercando pure loro e 

sono fermi al Brasile. Qui si tratta di arrivare primi. I portoghesi sono migliori navigatori 

questo è riconosciuto, ormai. Ma i loro sovrani hanno poca intraprendenza ed anche 

questo è noto. Tutti noi sappiamo che prima di rivolgersi alle loro altezze serenissime 

Ferdinando ed Isabella, Colombo aveva frequentato le corti di mezza Europa a 

cominciare da quella di Genova la sua patria, ma poi subito dopo era andato a Lisbona e 

persino alla corte di Londra. Non poteva credere che un paese di così grandi navigatori 

gli negasse una flotta. Ma lo sappiamo tutti: Giovanni è uno scettico. Stesso discorso per 

gli inglesi di Enrico VII che si sono svegliati soltanto per spedire Caboto, ma senza 

scoprire il passaggio tanto ricercato.  

Adesso, quel che è in gioco è il mondo. La supremazia sugli Oceani rischia di diventare 

portoghese, dopo che le Repubbliche marinare italiane sono rimaste chiuse nel 

Page 23: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

Mediterraneo. Guardate i dogi veneziani, dopo Marco Polo, con un pò di immaginazione 

e spirito dʹavventura, potevano spingersi fino al Catai. Sapevano che cʹera, ma non 

lʹhanno cercato. Né ad Est, passando attorno allʹAfrica e neppure ad Ovest, dove solo noi 

abbiamo spedito Colombo a cercare la via delle Indie. Ed ecco un nuovo continente là in 

mezzo allʹOceano inesplorato. Adesso, si tratta di completare lʹopera. Ho preso contatto 

con un ammiraglio portoghese, pensate un pò, Ferdinando Magellano...ʺ 

ʺUn ammiraglio portoghese al nostro servizio!ʺ esclamò il nobile Felipe  Lopez, quasi 

incredulo. 

ʺSì, cʹè poco da meravigliarsi. Eʹ caduto in disgrazia presso il suo sovrano, Manuel il 

Fortunato. Ma spero che, stavolta, abbia fatto una mossa sfortunata. Almeno per lui e per 

il Portogallo. Lasciarsi sfuggire un simile navigatore. Magellano cercava un ingaggio. Gli 

hanno risposto accusandolo di chissà quali torti veri o presunti. Lʹabbiamo ingaggiato 

noi. Eʹ un ammiraglio terribile, inflessibile e duro con gli equipaggi, temuto dai 

naviganti, malvisto dai portoghesi, ma è lʹuomo che fa al caso nostro. Su ciò non vi è 

alcun dubbio. Ha dovuto lasciare la sua patria per varie ragioni che non starò qui ad 

esporvi. Ma ormai il concetto di patria in questo mondo che ogni giorno diventa più 

grande, senza confini, che senso può ormai avere per uomini eccezionali. Io stesso sono 

nato a Gand nei paesi fiamminghi. Non penserete che mi senta un uomo dei Paesi Bassi 

oppure un Castigliano. Madrid, Gand, Colonia, Amsterdam, Anversa, Bruxelles, che 

senso ha darsi delle frontiere quando stiamo cercando gli ultimi confini del mondo. La 

Spagna resterà grande perché lo ha compreso, ha intuito questa realtà, ha favorito gli 

uomini disposti a tentare le grandi avventure e rischio della vita. Genova non lʹha capito, 

ma almeno i suoi banchieri ci finanziano. Venezia,per il disappunto di rinunciare alla 

terrestre “via della seta”  non lʹha proprio capito;  Lisbona lʹha capito ma spero per i 

nostri cugini portoghesi che lʹabbiano capito troppo tardi..Intanto, si muovono eccome 

gli inglesi e con che flotte! Qui, abbiamo avuto le ricchezze del Messico, i tesori dei Maya. 

La nostra politica lungimirante ha aperto la strada alla conquista di quellʹimmenso 

continente nuovo, scoperto da Colombo,che in quattro successive spedizioni ha esplorato 

la costa Sud di Cuba, poi ha scoperto Trinidad ed il Venezuela, esplorato le coste di 

Honduras,Nicaragua e Panama. Politica di scoperta proseguita  con i viaggi di Alonso de 

Ojeda e di Amerigo Vespucci. Adesso, tocca a Magellano e quel che non è riuscito a 

Colombo, riuscirà a lui: scovare la via delle Indie passando da Ovest.  

“Magellano è ancora a Lisbona ?” si azzardò a chiedere un dotto di Salamanca. 

“No. Eʹ già qui a Valladolid. Domani, lo riceverò e firmeremo un Patto segreto. Toccherà 

a lui mettere insieme gli equipaggi che parteciperanno alla grande spedizione...Gli ho 

dato carta bianca fino ad un certo punto per la scelta degli equipaggi. Naturalmente, ci 

saranno a bordo anche i miei informatori! Per la Spagna, questi sono tempi cruciali. I 

nostri traffici possono essere  garantiti oppure seriamente minacciati. Eʹ in gioco 

lʹegemonia mondiale.” 

“Maestà, le ragioni commerciali sono sufficienti a compiere tanti sforzi, ad investire 

somme elevate per il Tesoro della corona  ed a rischiare tante vite?” chiese 

coraggiosamente un consigliere. 

“Per un uomo come me che cerca, in tutti i modi, di riunire sotto la corona di Spagna un 

grande impero dʹOccidente, sia per eredità dinastica che per volontà divina, prendere 

rischi è non solo indispensabile, ma obbligatorio. Lʹimpero prende forma: Spagna, regno 

di Napoli e di Sicilia, gli Stati  asburgici,ereditati da mio padre Filippo e adesso le colonie 

americane. Eʹ la riunificazione di un Sacro romano impero, come quello di Carlo Magno, 

Page 24: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

ma stavolta sarà ispanico‐ fiammingo e germanico. La Francia di Francesco I si sente 

come assediata dalla Spagna, ma è lʹEuropa intera ad essere assediata e non da noi, bensì  

dai turchi ottomani. Premono sempre più ai confini del mondo cristiano. Credete che mi 

preoccupi solo dei motivi commerciali ? Per la “via delle spezie e  del cotone e della seta, 

per i nuovi vegetali commestibili? Oppure per lʹoro, lʹargento”.le perle ? Ma andiamo! 

Certo, vi sono le ricchezze in prospettiva, ma non solo quelle. Pensate cosa vorrebbe dire 

per la Cristianità tutta intera sbucare alle spalle dei Turchi e dei Saraceni! E come ? Con le 

potenze marittime europee, finalmente in pace ‐noi ed i cugini portoghesi, in primo 

luogo – a prendere dʹassalto i musulmani nelle loro roccaforti più sicure, navigando dai 

porti dellʹEstremo Oriente. Ma la Chiesa ha, in  Germania, i suoi guai con Martin  Lutero. 

Qui le Alleanze nascono e muoiono e durano lʹespace dʹun matin, come dicono i  francesi, i 

quali tanto per cominciare ,   

non esitano a stringere alleanze col mondo musulmano, proprio per timore di una nostra 

egemonia  terrestre in Europa e marittima nel Nuovo Mondo. 

Non venitemi a parlare di rischi per i naviganti e per gli esploratori, perché  lʹEuropa 

vive nel rischio, vive sotto la spada di Damocle di una catastrofe e questi Stati europei 

vanno avanti con meschine lotte intestine. Noi contro i francesi, i francesi contro di noi, i 

portoghesi a caccia di unʹegemonia sui mari che nessuno è disposto a concedere. Noi per 

primi. Ma credete che il Regno dʹInghilterra sia disposto a stare a guardare ? E la stessa 

Francia ? Credetemi: il mio è un tentativo di unificare lʹEuropa ed il Nuovo Mondo, 

appena scoperto. Per questo ho bisogno di trovare la via delle Indie, per dare un assetto 

stabile ad un colosso che se non completato e reso sicuro può avere i piedi di argilla. E le 

cause di questa vulnerabilità , in una parola, sono queste: non si può dominare il mondo 

se non si sa quanto il mondo sia grande e quali siano i suoi confini...” 

Un dotto di Salamanca mormorò tra i denti: “Altro che difesa del Sacro romano impero, 

questo nostro sovrano vuole dominare il mondo da Est ad Ovest e da Ovest ad Est. Eppoi 

da Nord a Sud. Ma è vero: prima bisogna sapere quanto è grande e dove finisce questa 

sfera terrestre. 

La Casa de contrataciòn, in ogni caso, ricevette lʹordine reale di assecondare in ogni modo 

le richieste che avrebbe formulate lʹammiraglio portoghese. Magellano pretese cinque 

caravelle ed il diritto di scegliersi le persone a lui più vicine sulla caravella ammiraglia. 

Una limitazione ben precisa riguardò il suo entourage portoghese. 

“Può condurre con sé solo cinque portoghesi – gli dissero quelli della Casa de 

contratacion‐ perché re Carlo vuole così. 

Tanto fece e tanto disse che di portoghesi a bordo ne ottenne venti. Ma lui aveva 

rinunciato alla nazionalità portoghese, assumendo quella spagnola.  

                                                                     

LEON SI SPOSA E PARTE VERSO LʹIGNOTO  

                                                                  

Mentre queste intese si stringevano alla corte di Carlo I (meglio conosciuto però come 

Carlo V del Sacro Romano Impero), e mentre oscure trame di vendetta sʹintessevano alla 

corte di Lisbona, da parte dei Manuel che si sentiva tradito da Magellano e dal cartografo 

migliore del regno Ruy Faleiro, che avevano sottratto dagli archivi di Stato portoghesi 

Page 25: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

preziosi documenti per offrirli alla Spagna,   su una nave  savonese che faceva la  rotta di 

ritorno da Tunisi verso la città ligure, cʹera al timone proprio lui, Leon  che, come tutta la 

gente di mare dellʹepoca, amava ripetere il detto latino ‐ navigare necesse est. Una vita sul 

mare perché il mare era la sua vita. Ricordava, eccome, quei tempi felici dellʹepoca 

gloriosa. Era tornato dallʹOriente con un bel gruzzolo , poi aveva ripreso a navigare nel 

Mediterraneo. Come agli inizi di carriera. “Allora, Pancaldo  ‐ gli aveva detto il nostromo  varazzino Pietro Vivaldi – ho sentito dire 

che sei impaziente di tornartene a casa, dato che devi sposarti. Eʹ così, vecchio lupo di 

mare?” 

“Hai sentito bene, mio caro amico!” gli rispose sorridente Leon. ʺHo navigato parecchio 

in questi ultimi tempi e ho diritto ad un pò di riposo...ʺ 

ʺE sposarti me lo chiami riposo?!ʺ aveva replicato lʹaltro, ridendo. 

 Sì, tutto gli veniva in mente. Quello che aveva fatto e detto lui e ciò che aveva risposto 

Vivaldi. 

Leon aveva riso di cuore e ribattuto: ʺSempre meglio sposarsi e starsene un pò a casa, che 

imbattersi in una caracca genovese, pronta a fregarci il carico, visto che siamo diretti a 

Savona.  A proposito, non ho mai capito perché i genovesi ce lʹhanno tanto con quelli 

della nostra città. Adesso, poi cʹè a Genova, quellʹammiraglio, Andrea Doria, che non mi 

ispira troppa fiducia. Noi savonesi dovremo aprire bene gli occhi... ʺ 

ʺ Vecchia ruggine ‐sentenziò Vivaldi ‐ roba di concorrenza commerciale tra due porti così 

vicini. Io sono varazzino, ma di padre e madri genovesi, sai. Non vi sono mai stati scontri 

marittimi tra le nostre città. Solo un poʹ di concorrenza nei commerci. ʺ  

“Ho capito. Vuol dire che non siamo poi così nemici.” 

“Figuriamoci. Quaranta chilometri di distanza tra le due città. Se siamo nemici noi, allora 

dove sono gli amici ? “ 

“I Colombo si erano trasferiti a Savona, ricordò Pancaldo, col vecchio padre Domenico 

che faceva il cardaiolo. Aveva quattro figli.” 

“Eʹ storia nota. Ma poi il vecchio Colombo tornò a Genova. Sempre povero come quando 

era partito. “ 

“Arricchirsi a Savona non è facile.” 

“Non è facile neppure a Genova, credimi! Il lavoro bisogna cercarselo dove cʹè.”  

Leon continuava a tener saldamente in pugno il timone, e sorrideva. A dire il vero, non 

gliene importava un bel niente delle controversie marittimo‐commerciali tra i suoi e gli 

altri, anche se doveva ammettere ‐da quel pò di storia patria che un prete gli aveva 

insegnato ‐ che Savona, puntualmente, finiva per essere quasi sempre nel campo dei 

perdenti. 

Già dallʹepoca dei romani. Savo era con i cartaginesi di Annibale, elefanti e tutto il resto, 

mentre Genua ‐fedele a Roma ‐ aveva vinto la partita. Poi, Savona ghibellina contro 

Genua guelfa, e avanti di questo passo. Ma che importava! 

 Era tempo di sposarsi. Aveva ormai trentasei anni, con quellʹaria rude e anche severa, 

ma senza tratti di asprezza, il che rivelava un buon carattere ed una sicura giovialità. 

Tutti a bordo lo apprezzavano, a partire dal comandante, Luigi Spinola, un genovese 

anchʹegli ansioso di rivedere la Torretta della Quarda e di poter sbarcare per correre a 

rivedere la Lanterna e riabbracciare moglie e figli. 

Pancaldo pensava alle sue imminenti nozze. Era fidanzato con Teresa, una giovane di 

Varazze, castana con gli occhi celesti come il suo mare,  che aveva una famiglia numerosa 

Page 26: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

ma i cui genitori,    commercianti, possedevano un discreto reddito e avevano potuto 

garantire allʹunica figlia una dote piuttosto cospicua. 

Le nozze ebbero luogo un mese dopo.  

Ma il mare era il grande avversario di Teresa, la novella sposa. 

 In tutti i porti cominciarono a circolare voci della grande spedizione che si stava 

preparando a Siviglia. 

Gli ambienti marittimi di mezza Europa erano informati del fatto che un ammiraglio 

portoghese, caduto in disgrazia e cacciato dalla corona di Lisbona, era entrato al servizio 

di Carlo V di Castiglia e di Aragona, ed ora cercava membri di equipaggio tra tutti i 

marinai più esperti per andare a scoprire la mitica via delle Indie verso Ovest, 

tralasciando le rotte dellʹEst, ormai controllate dal Portogallo. 

Leon, quando apprese il nome di quel comandante lusitano non frappose indugi. Non 

aveva più rivisto Magellano dai tempi dellʹIndia, ma adesso sapeva qualʹ era la sua rotta 

futura. 

Ebbe con Teresa una spiegazione franca e serena. Ma dai toni un pò corrucciati e tristi. 

“Siamo sposati da poco – le disse – ma tutta la mia carriera di marinaio dipende, forse, da 

questa impresa. Eʹ la più grande avventura del secolo, grande quanto quelle compiute da 

Cristoforo Colombo, come quella di Amerigo Vespucci, di Giovanni Caboto, di 

Bartholomeu Dias ,di Vasco da Gama, di Cabral, tanto per rimembrarne alcuni. Forse 

anche maggiore, in questo caso. Non posso rimanere a casa, mentre altri uomini, marinai 

come me, stanno per partecipare a questa incredibile esperienza, unica nella vita di un 

uomo di mare. Sono certo che mi comprenderai...” 

Teresa provò ad opporre, con fare modesto, qualche timida obiezione. Ma lo fece ben 

poco convinta, perché, in fondo ‐avendo sposato un marinaio ‐se lʹaspettava, da un 

giorno allʹaltro. Ma si aggrappò ad un ultimo barlume di speranza.   

“Non è detto‐ disse ‐  che sia garantito il tuo ingaggio...Eppoi abbiamo appena messo su 

casa e già vuoi partire. Per chissà quanto ...  ” aggiunse pensierosa e malinconica. 

“Sono certo che quando mi presenterò allʹammiraglio e rivedrà la mia faccia di certo mi 

riconoscerà. Verrò arruolato di sicuro. Conosco questo Magellano e lui conosce me. Eʹ un 

capitano portoghese che sa il fatto suo. Credo potrà valutare anche la mia esperienza di 

marinaio e di nocchiero. A parte il fatto che a Goa...Beh ma questa è storia vecchia. ” 

“ Sì – rispose la novella sposa – non ti voglio ostacolare, Leon, in alcun modo. Quando ho 

detto si  davanti allʹaltare, sapevo benissimo che da lì a poco saresti ripartito. Certo, non 

sapevo su quale rotta e quale destinazione. Quando eravamo soltanto promessi, in 

genere, navigavi nel Mediterraneo... Invece, adesso, si parla di un viaggio lungo 

nellʹOceano. Chissà quando ti rivedrò...Non sapevo che fosti stato in Asia.” 

”Era parecchio tempo prima di conoscerti...” 

“Comunque sia, chissà quando ci rivedremo...” 

Lui non rispose, perché non aveva risposte a questo interrogativo. Era un dilemma che lo 

angustiava, anche se non osava confessarlo neppure a sé stesso. 

Non si nascondeva i rischi immensi che la nuova avventura sui mari comportava. Ma era 

disposto a farsi avanti, non solo perché lʹofferta di cui si parlava nei porti, appariva come 

estremamente vantaggiosa dal punto di vista economico, ma anche perché cʹera in ballo 

un enorme prestigio da difendere. Insomma, riuscire in quellʹimpresa, partecipare a 

quella storica spedizione voleva  dire assicurarsi un nome negli ambienti marittimi di 

tutta Europa. Era la consacrazione per qualsiasi uomo di mare, soprattutto per lui che 

aveva una buona nomea. 

Page 27: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

Non se lo nascondeva, Leon, e lʹambizione che fin da giovane lʹaveva animato e spinto ad 

intraprendere un mestiere pieno di rischi, ma esaltante, adesso gli suggeriva 

eloquentemente la via da seguire. Era la via della Spagna. 

Partì senza indugi, salutando la moglie , i suoi vecchi genitori e tutti i membri della sua 

nuova famiglia. Il distacco con la giovane sposa fu particolarmente toccante. 

Teresa gli fece mille raccomandazioni: “Ti aspetterò – gli disse – cerca di agire con 

prudenza. Io ti raccomando alla Vergine Maria e a tutti i Santi.”Teresa era una donna 

riservata, e molto devota. Ma aveva un caratterino spigoloso, tanto che i suoi la 

chiamavano, scherzosamente, “la Selvaggia”.   

Nei giorni prima della prevista partenza, convinse i suoi familiari a recarsi dal vescovo di 

Savona, assieme a lei, per fare celebrare una Messa, al fine di raccomandare il marito 

al buon Dio, affinché lo proteggesse nella sua ardimentosa iniziativa. Il vescovo (era 

anchʹegli un della Rovere, la famiglia dei Papi savonesi) quando venne a conoscenza dei 

motivi per i quali Teresa ed i suoi richiedevano la cerimonia religiosa, comprese che si 

trattava di un avvenimento importante, poiché era a conoscenza dei preparativi che si 

svolgevano in Spagna. Nulla sfuggiva alla Chiesa, governata in quegli anni( 1513‐1521)  

da Leone X, cioé Giovanni deʹ Medici, che era il successore di  Giulio II (Giuliano della 

Rovere). Leone X era un raffinato cultore delle arti e delle scienze , aperto,quindi, alle 

novità.   Il vescovo, di fronte allʹonesta richiesta di Teresa fece molto di più. Informò i 

fedeli della piccola città – in pratica, tutti i cives (dai commercianti agli artigiani, dai 

marittimi ai coltivatori delle terre circostanti) di quella Messa di preghiera e di giaculatorie 

per propiziare la Grazia divina in favore dellʹanima del navigatore che si accingeva a 

partire per una grande impresa, apportatrice di onore e fama per sé stesso e per la sua 

gente. Il vescovo non ignorava che il Consiglio della Repubblica di Genova aveva ancora 

motivi di rammarico per non aver compreso la grandezza del progetto di Cristoforo  

Colombo, sostenuto da un cartografo del calibro di suo fratello Bartolomeo e di aver 

rifiutato al loro conterraneo i fondi che sarebbero stati necessari per finanziare la 

spedizione  che portò alla storica scoperta del Nuovo Mondo. 

Una macchia – pensava giustamente il vescovo savonese – che le autorità laiche ed 

ecclesiastiche, dovevano essere ansiose di cancellare in qualche modo. Per tale motivo, se 

non per altro, lʹalto prelato dette la dovuta solennità alla celebrazione religiosa pro‐ 

Pancaldo, invocando sul navigante la protezione del cielo.  

Leon era anchʹegli credente e devoto, un buon cristiano, ma anche ‐come tutti in quei 

tempi, particolarmente i marinai – parecchio superstizioso. Appresa la notizia della 

Messa in Duomo, da Teresa, fece i debiti scongiuri e mormorò tra sé:”Spero non si tratti 

di un De Profundisʺ. 

La moglie che lʹaveva udito bisbigliare quel dubbioso interrogativo, sorrise e 

rispose:”No, è una preghiera collettiva che la tua città ti dedica col cuore, per auspicare la 

protezione divina sulla tua salute e sul tuo successo, per proteggerti dal male. Quando 

sarai tornato, faremo celebrare un grande Te Deum di ringraziamento. 

 La povera Teresa lo ignorava, ma sarebbero trascorsi addirittura sei anni interi, prima 

che tra le navate del Duomo, abbellito e reso ricco da Sisto IV, risuonassero gli organi e 

gli strumenti musicali di quel grande Te Deum  e i Deo Gratia per salutare il ritorno di 

Leon, coperto di gloria e di onori. Effimeri onori, poiché in questo mondo non vi è bene 

che non termini, né male che, in qualche modo, non trovi il suo epilogo. Sic transit gloria 

mundi.  

Intanto, in una radiosa alba, quando Savona, coi suoi palazzi nobiliari, si risvegliava al 

Page 28: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

canto di unʹinfinità di uccelli, che svolazzavano liberi sulle stradine che a poco a poco si 

riempivano di gente laboriosa, artigiani e,naturalmente, per primi i panettieri che 

tiravano fuori dai forni le loro focacce calde, vendendole ad una fila di affamati 

acquirenti mattutini. In quel sorgere del sole, Pancaldo lasciava la sua città, guardando 

ancora una volta la Torre della Quarda, simbolo della città piena di torri e di torrette di 

guardia per proteggere le mura dalle incursioni saracene. 

   

A SIVIGLIA PRIMA DELLA GRANDE AVVENTURA   

Il viaggio verso Siviglia, intrapreso a bordo di una nave che faceva rotta per il Marocco, 

fu piuttosto lungo, ma  giunse in tempo per farsi ingaggiare non dagli emissari della 

corona spagnola, ma dal comandante in capo in persona. Ebbe un colloquio con i consiglieri marittimi di Castiglia e con Magellano in carne ed 

ossa, uomo di aspetto imponente, con una barba nera, naso aquilino, sguardo dʹacciaio. 

Sapeva  che quello era un ammiraglio abituato a giudicare le capacità di un marinaio alla 

prima occhiata. Ma sapeva anche che quella non era la prima occhiata, dati i ricordi della 

spedizione in India. 

Egli volle sapere quali viaggi aveva fatto, sotto il  comando di chi, in quali periodi e con 

quali imbarcazioni. 

Le rispose giunsero sicure e franche. Lʹammiraglio comprese di aver di fronte un uomo 

esperto e un marinaio ostinato e coraggioso.  

“Dunque comandante – disse ad un certo punto Leon – non mi riconoscete...Sono così 

cambiato?” 

Magellano lo scrutò a lungo. Quasi con diffidenza, poi sʹilluminò in volto: ”Tu qui a 

Siviglia? Una bella sorpresa,davvero!” 

“Potevo mancare ?” 

“No di certo. A Goa, in quel viaggio memorabile, con la tua perizia ci salvasti tutti da 

quella devastante tempesta. Sì, se non era per te, adesso, non saremmo qui a discutere. 

Non avevo mai visto tanta perizia al timone, mentre ondate gigantesche si abbattevano 

su quella nostra caracca, mi pare che fosse “U rey du Portugal” o qualcosa del genere! 

Ma dovʹeri finito, diavolo dʹun hombre ? 

 Nella mia città, come faccio dopo ogni viaggio per mare.” 

“Ah, sì Genua!” 

“No, Savona....” 

 Eʹ lo mismo ! Voi liguri siete curiosi, sempre lì a precisare il luogo esatto della vostra 

nascita. Io ho viaggiato così tanto che manco mi ricordo dove sono  nato. Credo a Porto, 

ma non ne sono poi tanto sicuro... Siete tutti così pignoli e scrupolosi voi genovesi!?. Ma 

tu Leon sei il nocchiero che ciascun comandante vorrebbe avere a fianco. Almeno io lo so 

per certo. Verrai sulla nave ammiraglia – gli disse, dandogli una manata sulla spalla quasi 

affettuosa ,trattandosi di Magellano – sarai il mio braccio destro  sulla Trinidad!  A te è 

inutile che io faccia il discorsetto che faccio a tutti gli altri per farli rigare dritti: che io non 

Page 29: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

tollero errori e sono pronto a premiare i capaci ma anche a punire con estremo rigore 

coloro che sbagliano. I responsabili di tradimento e di crimini gravi vengono impiccati ai 

pennoni delle mie navi oppure, se preferiscono vengono squartati o abbandonati sulle 

rive di paesi inospitali, molto inospitali. Non dico altro. Mi pare che basti. Eppoi tra 

uomini di mare, queste cose è persino inutile rammentarle. Non è forse vero? ” 

Pancaldo restò parecchio impressionato. Ma lui non era né un traditore , né un 

malvivente. Lʹammiraglio si era ricordato di quando al largo di Goa la sua grande abilità 

aveva salvato lui ed unʹottantina di marinai  portoghesi. Ciò gli bastava.  

 I preparativi del grande viaggio verso Ovest andavano un poʹ a rilento. A Siviglia, erano 

convenuti marinai, avventurieri, mercanti da ogni parte della Spagna e dal resto 

dʹEuropa.  

Magellano aveva ordinato ogni cosa con perizia e pignoleria. Aveva preso tutti gli 

accordi necessari con la Casa de Contrataciòn, con gli alti dignitari statali, i fornitori, gli 

artigiani, gli armatori i mercanti. La vita degli equipaggi era nelle sue mani. Era 

scrupoloso quasi da apparire maniacale.    

 Nelle acque del grande estuario,  sul Guadalquivir, galleggiavano le cinque  caravelle 

designate dagli armatori di re Carlo, per compiere quella che tutti speravano potesse 

essere la prima circumnavigazione del mondo, passando attraverso la via ignota 

dellʹOccidente. 

Una sera , Leon si recò al porto a vedere le cinque imbarcazioni. Lʹocchio esperto del 

marinaio, gli fece valutare le caratteristiche di ciascuna di esse: i classici tre alberi, vele 

quadrate con le croci cristiane rosse in campo bianco,caravelle veloci ed adatte per la 

navigazione oceanica, solide anche se non molto grandi, con novità nel timone, rispetto 

ad esempio alle navi veneziane. La Serenissima, certo, aveva armatori di tutto rispetto. 

Ma le caravelle decisamente erano più adatte allʹoceano che non le navi delle 

Repubbliche marinare italiane impegnate su rotte mediterranee. Perché le “Colonne 

dʹErcole” erano ancora il mitico limite del mondo e, persino, molti dotti di Salamanca, 

malgrado i quattro viaggi di Colombo, ancora si chiedevano come mai le caravelle non 

fossero precipitate nel baratro, dopo aver superato le Colonne dʹErcole, vale a dire  il 

limite estremo di una terra rotonda ma piatta e, naturalmente, centro dellʹUniverso 

tolemaico, malgrado i seri dubbi che cominciava ad esprimere dalla Polonia un certo 

Nicola Copernico. 

Ammirava le caravelle alla fonda.   

 La sua la “Trinidad” aveva una stazza di centotrenta tonnellate. Avrebbe avuto a bordo 

cinquantacinque uomini, agli ordini diretti dellʹammiraglio Ferdinando Magellano. Poi 

cʹera la “Santʹ Antonio” ( 130 tonnellate) sessanta uomini, il suo capitano Juan de 

Cartagena, aveva fama di essere un duro implacabile con i subordinati; la “Concepciòn” 

(90 tonnellate) quarantacinque membri dʹequipaggio, capitano Gaspar de Quesada; la 

“Victoria” (90 tonnellate), 42 uomini capitanati da Luis de Mendoza ed, infine la “Santʹ 

Jago” (60 tonn.) 32 uomini agli ordini di Giovanni Serrano. 

In tutto, duecentotrentaquattro uomini, la maggior parte dei quali (175) spagnoli, venti i 

portoghesi, una trentina  gli italiani, alcuni interpreti africani ed asiatici delle nuove e 

vecchie colonie spagnole, diversi sacerdoti missionari. Cʹera anche un marinaio inglese. 

Perirà nel Pacifico. Non sarà il solo. 

Si stavano caricando le provvigioni, che verranno minuziosamente annotate nei diari di 

bordo e che un resocontista vicentino, Pigafetta, appunto sʹincaricherà di far conoscere ai 

posteri. 

Page 30: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

Vi furono delle lungaggini. La partenza venne posticipata di un mese. Correvano voci 

della presenza nella città fluviale andalusa di spie portoghesi. Vi era un clima di grande 

sospetto. Si sapeva che i portoghesi non erano disposti ad ignorare quella spedizione ed 

erano pronti (e se è per questo capacissimi) di mettere i bastoni tra le ruote o ,per meglio 

dire, il piombo nelle prue ed i fori nelle vele alle caravelle di Magellano. Vi furono agenti 

portoghesi che cercarono di fomentare un ammutinamento, ancor prima della partenza, 

ma il pugno di ferro di Magellano la stroncò sul nascere. 

 In quei giorni dʹattesa,  il marinaio ligure ebbe modo di conoscere meglio quelli che 

sarebbero stati i suoi compagni di viaggio.   

Trascorreva le giornate nella grande città fluviale, Siviglia, il cui porto era punteggiato da 

imbarcazioni e sulle case troneggiava la cattedrale della Giralda. 

Bellissimo spettacolo, soprattutto al tramonto, quando i contorni neri della cattedrale si 

stagliavano contro un orizzonte di fuoco. Il pennello di Goya non sarebbe forse bastato a 

dar conto di tanta vespertina e solenne bellezza. 

Una sera, passeggiando per i vicoli della città andalusa, Leon si imbatté in un giovane 

marinaio savonese che conosceva di vista per averlo incontrato decine di volte nelle 

stradine, nei vicoli di Savona. In quel dedalo di viuzze della città ligure che si 

dipanavano dalla Torre della Quarda fino alla Torre del Brandale, attorcigliandosi in un 

intrico fittissimo di viuzze fino alla Cattedrale, il Duomo abbellito dal papa mecenate 

Sisto IV della Cappella Sistina e poi da Giulio II secondo pontefice della illustre famiglia 

dei della Rovere. Anche il giovane apparteneva ad una casata savonese: era Martino de 

Judicibus. 

Una semplice, reciproca, conoscenza, “di vista” come si suol dire, ma la presenza di 

entrambi a Siviglia era significativa. 

ʺ Salve, marinaio! Martino mi sembra sia il tuo nome. Non dirmi perché sei qui, perché di 

certo non posso ignorarlo. Probabilmente, per le stesse ragioni per le quali ci sono 

anchʹio.ʺ 

ʺPer il tuo stesso motivo, vero, concittadino ?ʺ esclamò lʹaltro. 

ʺ Dunque, non sarò lʹunico savonese a bordo!ʺ ribatté con tono divertito Leon. 

ʺCosa ti credevi ? Di essere lʹunico ligure che ama lʹavventuraʺ gli rispose il giovane, con 

tono canzonatorio, concludendo con una sonora e franca risata. 

Era di qualche anno più giovane, il marinaio semplice, rampollo di una illustre casata 

savonese. I de Judicibus  erano una famiglia di origini nobili, amici dei della Rovere che 

avevano dato due Papi alla Chiesa . Martino,destinato dal padre severissimo, ad una 

brillante carriera ecclesiastica (vescovo, chissà, forse un giorno cardinale) , non se lʹera 

sentita di farsi monaco francescano ed un bel giorno era scappato di casa, imbarcandosi 

su una nave diretta al Pireo. 

Né Savona, né i de Judicibus lʹavevano più rivisto. 

ʺAh, è andata così!ʺ ‐ commentò Leon , al quale Martino aveva confidato il suo segreto di 

francescano mancato e di fuggiasco dei mari. 

 ʺEʹ andata così. Meglio sul mare che in un convento di frati. Eppoi, magari avrei dovuto 

fare pure lʹinquisitore, chissà. Non fa per me!ʺ 

ʺNon lʹhai scritto tu il  Malleus  Maleficarum., di cui tutta la gente parla con malcelato e 

superstizioso timore. Il “martello delle streghe”, lo chiamano. Eʹ vero che tutto ciò dà i 

brividi. Così non hai voluto farti frate, eh ? Motivi di mancanza di fede? 

Oddio, se vogliamo metterla così..” 

Sii sincero: dì piuttosto che ti piacciono troppo le sottane! Per darti ad una vita di castità. 

Page 31: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

Non è così?ʺ 

ʺIn un certo senso...ʺ ridacchiò Martino. ʺMa quanto alla castità. Non mi pare che Papa 

Borgia fosse proprio tanto casto. E se è per questo, neppure sua figlia Lucrezia, né lʹaltro 

suo figlio il Valentino. Ma anche di altri prima e dopo di lui se ne raccontano delle 

belle...ʺ 

ʺSisto IV era generale dei francescani e, in quanto savonese, ti avrebbe sicuramente 

favorito come ha favorito suo nipote Giulio II. Comunque, se sui Papi se ne raccontano 

tante, Martino, tu raccontale se vuoi, ma sottovoce. Sono tempi in cui gli inquisitori non 

si fanno pregare per spedire al rogo la gente!ʺ 

ʺ Non lo ignoro. Ma per favorire Martino de Judicibus candidato al convento o per 

consegnarlo, da eretico,  a Torquemada , gli inquisitori spagnoli devono prima scovarlo 

in fondo a qualche porto. E non credo che ciò avverrà molto presto. Comunque, io sono 

un buon cristiano. Credo in tutto. Nei miracoli, nella Vergine Maria, nella Resurrezione. 

Soltanto non me la sono sentita di farmi frate. Niente di male, vero ?ʺ 

ʺ Hai perfettamente ragione. Quel che conta è credere in Dio. Anchʹio ci credo. Noi tutti 

crediamo e siamo buoni cristiani.” 

“Cambiando argomento, ho sentito dire in giro che ci saranno almeno una trentina di 

italiani in questa spedizione. Li conosceremo tutti ,uno ad uno, un poʹ per volta. Non cʹè 

fretta. Tanto chi può dire quanto durerà il nostro viaggetto! E adesso, andiamo a 

mangiare e a bere qualcosa in una taverna perché ho la gola secca e questʹaria sivigliana 

mi ha messo una fame da lupi. Martino sei mio ospite. Poi mʹinviterai tu allʹarrivo...ʺ 

“Allora, dovrai aspettare un bel pezzo.” 

“Va beh. Non fa nulla. Andiamo a mangiare subito. Carpe diem, che del domani non vʹè 

certezza!” 

  

I TRISTI GIORNI DELLA PRIGIONIA.                                                                 

                                                                            

Unʹonda di pensieri, alcuni angosciosi, lo sommergeva,  nelle lunghe, interminabili, notti 

di prigionia. Fu proprio lì a Siviglia, rammentava con le lacrime agli occhi, durante i 

preparativi della spedizione, che alcuni dei principali protagonisti italiani della grande 

avventura ebbero occasione di conoscersi e di diventare amici. Il vicentino Antonio Pigafetta, conosciuto anche come Antonio Lombardo, andava in giro 

tutto il giorno sul molo a prendere minuziosi appunti sui suoi diari. 

Voleva proprio sapere tutto. Sulla calafatura delle navi per rendere stagno il legno 

affinché, ben cosparse di catrame, le tavole non lasciassero filtrare acqua da eventuali 

falle. Sulle mercanzie che venivano issate a bordo e caricate nelle stive. Dotato di una 

curiosità intellettuale prodigiosa, questo giovane dallʹaria mite e dallʹaspetto minuto, era 

un appassionato viaggiatore, studioso di matematica e di astronomia. 

Vestiva elegantemente come un caballero, secondo la moda di quei primi anni del XVI 

secolo. Spadino al fianco, un abito bianco col collo alto. Aveva barbetta e baffi ben curati, 

Page 32: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

capelli neri tagliati corti, naso aquilino,una fronte spaziosa. I suoi modi erano compiti, 

forse non esenti da una certa affettazione, o almeno ritenuta tale dalla rude gente di 

mare, il cui linguaggio era più diretto e franco, con meno fronzoli e giri di frase, insomma 

meno ricercato. 

Pigafetta era un passeggero pagante e si era presentato in tal veste a Magellano. 

Questʹultimo con il suo sguardo da aquila lo aveva squadrato dallʹalto in basso. 

ʺEcco uno spocchioso rampollo di qualche nobile veneto ‐ aveva pensato tra sé 

lʹammiraglio‐, contando i dobloni dʹoro che il viaggiatore pagante aveva sborsato belli e 

sonanti‐ lo prenderò a bordo della Trinidad così potrò tenerlo dʹocchio. Visto mai che 

fosse una spia dei miei cari connazionali?” 

 Il patto, comunque, venne concluso. Pigafetta aveva ottenuto il biglietto, diciamo così, 

per la spedizione attorno al mondo. 

Il vicentino era al corrente di ogni risvolto politico di quella spedizione. Uomo di lettere, 

astronomo dilettante ed erudito, sʹintendeva anche di politica e di affari di Stato. Sapeva 

benissimo che Manuel del Portogallo fino allʹultimo aveva cercato dʹimpedire  quella 

partenza. Aveva contattato persino Adriano dʹUtrecht, il cardinale (futuro papa) per 

cercare in qualche modo di convincere lʹammiraglio portoghese ed il suo amico 

cartografo, Ruy Faleiro, a tornare a Lisbona e a ripensarci. Aveva inviato un emissario, 

Alvaro da Costa, alla corte di Carlo. 

Lʹambasciatore lusitano aveva ottenuto il risultato opposto a quello che si era prefisso, 

rendendo interessanti le proposte di Magellano a Carlo, più che mai convinto della 

necessità di scovare El Paso. 

Quante cose sapeva il piccolo vicentino.    

Quella sera, nella taverna in cui  erano entrati gioviali ed allegri Pancaldo e de Judicibus  

cʹera anche lui.  

Pigafetta che conosceva benissimo lo spagnolo ed il portoghese, riconobbe dalla 

conversazione che si svolgeva ad alta voce tra  Leon e Martino, due connazionali, almeno 

abitanti di quella Penisola a forma di Stivale, che pareva un vestito di Arlecchino, tanto 

era spezzettata sotto lʹaspetto geo‐politico, in Stati,  staterelli, principati, protettorati e 

repubbliche (almeno una: quella di Genova) .  

Mi sembrano genovesi, riflettè Pigafetta. 

Si avvicinò al loro tavolo e, senza altre cerimonie, si presentò. 

Lo fecero accomodare e tra i tre ebbe inizio un sodalizio che doveva durare negli anni. 

Non capita spesso e, di certo, non a tutti  di ritrovarsi fuori dalla propria patria con 

lʹintenzione di partecipare ad una simile spedizione verso lʹignoto. 

“Non sei marinaio di professione vero ?” chiese Leon al nuovo compagno. 

“Lo hai capito da che cosa ?” replicò, con un mezzo sorriso, Pigafetta. 

“Dalle mani, ovviamente. Troppo curate. Sembrano quelle di un prete. Non di un 

marinaio. Guarda le mie e quelle di Martino, piene di calli.” 

“Giustissimo: sei un buon osservatore!” 

“Ma i viaggi ti interessano...” 

“Al punto di dare soldi anziché riceverne...” ammise con franchezza il vicentino. 

 

“Beh, in fondo, è questione di gusti – disse ridendo Martino – io per esempio amo i 

viaggi in mare, ma lo faccio come mestiere. E se non vedo i maravedis ed i ducati della 

corona spagnola, non parto.” 

“Poiché è il tuo lavoro, mi sembra più che giusto‐  ammise Pigafetta – quanto a me, ho 

Page 33: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

intenzione di tenere quotidianamente un diario, prendendo accuratamente nota di tutto 

ciò che avverrà durante questa avventura. Non esito, sin dʹora, a definirla storica.” 

“Lʹhai detto; per essere storica sarà storica!” esclamò Pancaldo, riconoscendo di essere 

stato spinto a Siviglia anche dallʹenormità dellʹimpresa che quegli uomini ardimentosi si 

accingevano ad intraprendere, con un notevole sprezzo del pericolo e pronti a sostenere 

sacrifici immani.” 

“Eʹ vero che essere un viaggiatore pagante non mi mette in gran buona luce ‐ammise 

Pigafetta – ma state pur certi che se il mondo, un giorno, conoscerà tutto di ciò che 

avremo compiuto in questa spedizione, sarà per merito mio.” 

Avrebbe mantenuto la parola, consegnando alla storia il Resoconto della circumnavigazione 

del globo che sarà pubblicato un anno dopo il suo ritorno a Siviglia. Ma in quel frangente 

nessuno fece troppa attenzione alle sue parole. E lui stesso non poteva sapere che quelle 

pagine sarebbero passate al filtro di una rigorosa censura 

che le avrebbe edulcorate, svilite, rese bugiarde sotto certi aspetti. Ma quello sarebbe 

stato il prezzo dellʹimprimatur dettato dalla Spagna di Carlo V. 

La serata andava avanti tranquilla, quando nella taverna sivigliana scoppiò una rissa tra 

alcuni brutti ceffi. Uno di loro, vero e proprio energumeno, si lanciò contro il tavolo dove 

era sistemati i tre italiani. Sferrò un pugno a Martino, che replicò per le rime. Ma a 

risolvere, la disputa intervenne un marinaio genovese che se ne era rimasto fino ad allora 

appartato in un angolo. Si chiamava Poncero. Afferrò lʹenergumeno e lo gettò per terra. 

Poncero era un vero e proprio gigante. Al suo apparire in scena, gli animi dei 

contendenti come per incanto si placarono. 

“Intervento provvidenziale – esclamò Martino ‐ ma forse ce lʹavrei fatta da solo, o con 

lʹaiuto dei miei due amici...” 

“Meglio uno in più con questi tipacci dal coltello facile!” replicò Poncero. E poi tendendo 

la mano a de Judicibus, a Pancaldo e a Pigafetta:”Sono genovese. Mi chiamo Gianbattista. 

Qualcosa mi dice che siamo tutti qui per una certa spedizione. E che rivedremo spesso le 

nostre facce.” 

“Indovinato!” esclamarono allʹunisono i tre. E così gli amici erano diventati quattro. 

    Si scambiarono confidenze, segreti, informazioni. Vi fu anche qualche  sfottò, tuttʹaltro 

che garbato di Poncero versus Pigafetta. 

“Ma è vero che a Vicenza mangiate i gatti? Un veneziano, prigioniero a Genova, mi 

confidò che chiamavano i vicentini magnagati... Che cʹè di vero ?” 

 Pigafetta non si offese e non si scompose. Conservò il suo aplomb  e con  noncuranza 

replicò con una dotta esposizione delle varie ipotesi: “I miei concittadini possono anche 

essersi nutriti con gatti, riconobbe, ma devono averlo fatto in una delle abituali e non rare 

carestie che durante tutto il Medio  Evo afflissero le nostre belle città italiane. Possono 

aver appreso la ricetta dai veronesi, molto inventivi, oppure dai padovani veri maestri in 

cucina. Forse, scarseggiavano in quei secoli bui le quaglie e le pernici. Forse se li erano 

mangiati i dogi ed i duchi dʹEste o i Visconti o i Medici di Firenze . I vicentini 

devono,forse, essersi cibati coi felini perché scarseggiavano i cani. Quelli se li erano già 

mangiati i veneziani, con una ricetta culinaria importata da Marco Polo dal Catai! 

Anziché i gatti,i vicentini avrebbero volentieri mangiato la trippa destinata ai felini, ma 

quella se lʹerano già mangiata i genovesi. Forse,nel caso anche a Genova fosse scoppiata 

una qualche carestia ” 

Un coro di risate accolse la battuta. Non vi era dubbio: un uomo di spirito ed uno 

studioso non pedante. Accomodante con gli amici. 

Page 34: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

Poncero rise più forte di tutti gli altri. 

Ma la serata non era ancora finita ed ecco apparire, fuori della taverna dove avevano 

cenato, un altro savonese che gironzolava per i vicoli in compagnia di una bella 

sivigliana. 

Que guapa!  Esclamò innocentemente Poncero. 

Matteo de Gentil Ricci era  lʹaccompagnatore della bruna andalusa, si voltò di scatto e 

stava valutando lʹopportunità se attaccare o meno briga col colosso Poncero. Poi scorse 

nella compagnia Martino . I due si conoscevano da lunga data, essendo entrambi 

rampolli di due  casate savonesi. Ed entrambi ribelli alla patria potestas. 

“Martino, tu qui?!” esclamò Gentil Ricci, “sei scomparso da Savona e ti ritrovo a 

Siviglia...” 

“Matteo!” rispose Martino altrettanto sorpreso. 

Poi, vi furono le presentazioni e la bella sivigliana, Esmeralda, anziché un solo cavalier 

servente ne ebbe cinque. 

Matteo  spiegò che, pur contro il parere paterno ‐il nobile Domenico Gentil Ricci, avrebbe 

voluto per il figlio una carriera da giureconsulto, che lo avrebbe proiettato nel gran 

consiglio cittadino per dirimere gli affari politici, economici e commerciali di una città in 

piena espansione, grazie al fatto di essere la culla di due pontefici. Matteo, però sentiva il 

richiamo dellʹavventura sui mari. 

“Più o meno il mio caso ‐osservò Martino – soltanto che i miei volevano che mi facessi 

frate! Io frate...” 

La contagiosa risata di Poncero riecheggiò nella notte andalusa, seguita da quella dei 

componenti dellʹallegra brigata, Esmeralda compresa, la quale pur non avendo afferrato  

quasi nulla del dialogo dialettale tra  quegli hidalgos liguri, ne apprezzava nel giusto 

valore lʹallegria e la spontaneità giovanile.                                                         

 

 

                                                              

MAGELLANO ED I CORTIGIANI                                                                                                                                                        

Il tempo trascorreva lento e monotono, nella prigione portoghese come prima della 

grande avventura. Immagini ormai lontane si ripresentavano alla mente del nocchiero tra 

le sbarre, di quel giorno reso famoso nella storia delle grandi spedizioni marittime. 

Lontano giorno, ormai avvolto dalle nebbie del tempo.  Siviglia, quel dì, era letteralmente 

invasa da una folla di curiosi e, naturalmente, da un sacco di mercanti. I marinai prescelti 

per il viaggio erano stati destinati alle rispettive caravelle.  Pancaldo e Pigafetta erano stati destinati alla Trinidad e sarebbero stati,  quindi , 

direttamente agli ordini dellʹammiraglio Magellano. 

Il grande navigatore portoghese era davvero un personaggio tutto dʹun pezzo. 

Quel che gli era accaduto a Lisbona non lʹavrebbe dimenticato tanto facilmente. 

 Intriganti di corte,vicini a re  Manuel , lʹavevano accusato di connivenza con i mori. 

Proprio lui che, in Marocco, nella battaglia di Amozar era stato ferito ad una gamba, 

rimanendo a lungo claudicante. Si era battuto con onore. Ma i cortigiani, cui era inviso 

per il suo carattere burbero e determinato, avevano lanciato accuse infamanti. Insomma, 

Page 35: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

lo avevano fatto sospettare di traffici con i musulmani ed espellere con ignominia dal 

paese. La corona portoghese aveva rifiutato le sue idee di esplorare verso Ovest. 

Malgrado il suo amico cartografo, Ruy Faleiro, avesse documenti di appoggio piuttosto 

convincenti sulla possibilità tuttʹaltro che remota di trovare questo benedetto passaggio 

verso le Indie.  Faleiro aveva conosciuto a Lisbona, Bartolomeo, il fratello di Cristoforo 

Colombo, le cui mappe erano famose ormai nel mondo intero. Le corti europee se le 

disputavano a peso dʹoro. E le tenevano gelosamente segrete. Il cartografo e studioso 

lʹaveva successivamente accompagnato alla corte spagnola, ma non prima di aver 

trafugato mappe segrete dallʹArchivio di Stato della corona. 

 Magellano era, dunque, in possesso di una carta nautica che  collocava il  paso  forse 

allʹaltezza del Brasile (la costa del Brasile era stata avvistata,mentre navigava 

nellʹAtlantico, da Cabral) o più verosimilmente la mappa lasciava intravvedere la 

possibilità che il Rio de la Plata potesse essere un mare e non un fiume. In ogni caso, un 

passaggio doveva esistere. Ma poiché la corona portoghese lʹaveva respinto non gli era 

rimasto altro da fare che rivolgersi a Carlo. 

 La Spagna già era al corrente che esisteva lʹOceano Pacifico, perché, Vasco Nunez de 

Balboa lʹaveva visto con i propri occhi dalle alture di Panama,durante una spedizione 

proseguita per via terrestre. La scoperta di Nunez de Balboa non lasciava dubbi neppure 

sulla possibilità di un passaggio perché dallʹ i stmo di Panama  lʹOceano era visibile, ma 

non vi era un passaggio via mare. Era altamente improbabile che in tutto un  Continente, 

per quanto grande potesse essere, non vi fosse una via dʹacqua per passare dallʹaltra 

parte. Nessuno poteva crederlo. Bastava guardare il continente europeo e quello asiatico 

già conosciuto. 

 Giovanni Caboto, poi ‐intuendo che Colombo non era approdato sulle rive del Catai o 

del Cipango, aveva proposto alle loro altezze serenissime, Ferdinando ed Isabella di 

Castiglia di cercare il passaggio più Nord. I reali avevano rifiutato di accordargli le 

imbarcazioni richieste. Caboto si era rivolto, dunque, a Enrico VII dʹInghilterra che gli 

aveva finanziato la spedizione, ma senza esiti positivi. Il passaggio per lʹaltro Oceano non 

si era trovato. In compenso Caboto aveva praticamente scoperto lʹAmerica del Nord.  

 Carlo V, di fronte alle argomentazioni di Magellano, non ebbe più dubbi.  Aveva davanti 

a sé lʹammiraglio che avrebbe tolto al Portogallo quella supremazia sulla via delle spezie 

che gli aveva garantito  a suo tempo la circumnavigazione dellʹAfrica compiuta da Vasco 

da Gama. 

 Lʹironia della sorte era che Ferdinando Magellano, il quale aveva servito la corona 

portoghese, proprio alle Indie, come capitano era già stato destituito, una prima volta, 

dal suo titolo di comandante, perché con inusuale intraprendenza, dalle Molucche si era 

avventurato con la sua nave (ma senza riceverne lʹautorizzazione) ad esplorare nuove 

isole  . Sempre più ad Oriente.   

 La ricerca del passaggio per aggirare il Nuovo Mondo   scoperto da Colombo, era 

divenuta per lui una vera ossessione. 

 Anche per Carlo V lʹ  ossessione era la stessa. Il Trattato di Tordesillas, in pratica 

riconosceva la preminenza portoghese nei viaggi di circumnavigazione (lʹAfrica, nel caso 

dei legni lusitani). 

 La Spagna era tagliata fuori dalla via delle spezie (cannella, chiodi di garofano, pepe). 

Solo un a nuova via marittima a Ponente avrebbe permesso un certo riequilibrio tra le 

due potenze marittime, Erano scoperte, successive a catena, che avevano per effetto di 

mutare gli equilibri geo‐politici di un intero continente, quello Europeo. Erano mondi 

Page 36: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

nuovi che venivano scoperti, ma i riflessi politici economici e commerciali erano immensi 

e, forse, non ancora tutti percepiti. 

Oppure visti in unʹottica di limitati interessi contingenti. La Chiesa Cattolica 

intravvedeva la possibilità di una vasta evangelizzazione degli indigeni di quelle terre 

non ancora del tutto esplorate. Ma vi erano anche timori, nelle alte sfere cattoliche, che 

quellʹimprovviso contatto con un mondo pagano, con quel globo terracqueo che, 

diveniva, sempre e dopo ogni spedizione di navigatori, più vasto e misterioso potesse 

preludere ad una svolta nel modo di pensare, sempre più aperto e possibilista, sempre 

più intriso di curiosità intellettuali anti‐dogmatiche. Curiosamente, la svolta 

rinascimentale andava a braccetto con le scoperte di nuove terre e di nuovi esseri umani, 

da indottrinare, certo, ma la Chiesa di Roma ha sempre mostrato prudenza e cautela di 

fronte al nuovo. 

 La scoperta del Nuovo Mondo non faceva, certo, eccezione. Parecchi ecclesiastici erano 

convinti che, in fondo, quellʹecumenismo nascente non poteva che rafforzare la 

Cristianità e prendere alle spalle, come in una morsa, lʹImpero Turco Ottomano. Scoperte 

e conseguenze geo‐politiche, economiche e commerciali.  

Vasco da Gama aveva  già rovinato la Repubblica di Venezia perché la via marittima, 

circumnavigando il continente africano, dal Capo di Buona Speranza, aveva reso obsoleti 

e non più convenienti i viaggi, via terra, dei mercanti veneziani per raggiungere le Indie 

ed il Catai, il  viaggio di  Marco Polo restava lʹesempio più eloquente di una strada ormai 

non più percorribile. Costosissima, incerta per le mercanzie e che richiedeva anni di 

fatiche e di viaggio.  

Le vie del mare erano sicuramente lʹavvenire dei mercanti, dei cercatori dʹoro e 

dʹargento, dei Conquistadores. 

Ma ci voleva un re, anzi un imperatore lungimirante. Carlo V lo era come lo erano stati i 

suoi nonni materni,  Ferdinando ed Isabella di Castiglia. 

Magellano aveva così compiuto il patto con Carlo V e si era visto attribuire cinque 

caravelle, due in più di quelle che erano state concesse a Colombo per la sua spedizione 

verso lʹignoto. 

Le caravelle veloci erano, come è rilevato,  le imbarcazioni più adatte per affrontare gli 

oceani. I preparativi a Siviglia si erano fatti ormai febbrili. Il colloquio più importante per 

il Patto tra Carlo V e Magellano (presenti i dignitari di corte e Ruy Faleiro) era avvenuto 

a Valladolid. Lʹimperatore si era reso conto che Magellano era anche un buon 

negoziatore oltre che un abile navigatore: aveva richiesto per sé il titolo di governatore di 

tutte le terre che avrebbe scoperto ed un quinto dei proventi (per lui e Faleiro) che 

sarebbero derivati da quei possedimenti.  

 

                                         

20 SETTEMBRE ANNO DI GRAZIA 1519, SAN LUCAR DE BARRAMEDA                                         

Page 37: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

La grande avventura era  iniziata nel porto di Siviglia il 20 agosto dellʹanno di grazia 1519. E poi, la partenza vera, dopo un mese, il 20 settembre,dal porto di  San Lucar de 

Barrameda,alla foce del fiume Guadalquivir.  Leon era andato più volte a  vedere  la Trinidad,  la caravella alla quale era stato destinato 

dal comandante in capo, Ferdinando Magellano. Quell ʹ uomo imponente, di grande 

statura  fisica e dal cipiglio fiero ed ardito era onnipresente attorno alle sue caravelle. Lo 

vedevano arrivare al porto con passo leggermente claudicante ma sicuro di sé con la 

grande fluente barba nera. Un copricapo ed una lunga veste dello stesso colore della 

barba. Un vero tiranno dei mari che troneggiava sulla nave cui  Leon Pancaldo e Antonio 

Pigafetta erano destinati, la “Trinidad” a fianco delle: la” SantʹAntonio”, la “Victoria”, la 

“Concepciòn” e la”Santʹ Jago ”. Per questa spedizione, vi erano stati avvisi di ingaggio 

verbali in tutti i porti del Mediterraneo. 

 Era,dunque, lʹalba del giorno venti settembre dellʹanno di grazia 1519, quando salparono 

dal porto di San Lucar de Barrameda. Una folla grandissima si era ammassata sui moli a 

salutare gli equipaggi ed i loro comandanti. 

Vi erano i rappresentanti della corona in alta uniforme e dignitari  dei corpi dʹarmata, 

uno scintillio di medaglie, di uniformi, di corazze ed alabarde. uno sventolìo di vessilli e 

la presenza di dame e damigelle, di cavalieri, di religiosi. Vescovi di Spagna e persino un 

cardinale di Santa romana chiesa. 

Tra le grida di ʺviva lʹimperatore Carlo Vʺ, tra i saluti della folla agli equipaggi, le cinque 

caravelle avevano cominciato a solcare le acque dirigendosi verso il largo, seguite da 

mille sguardi e da continue ovazioni e sventolio di bandiere. Devʹessere stata così anche 

la partenza di Cristoforo Colombo. 

Era da una vita che alcuni sognavano quellʹ impresa. Ed era appena cominciata. Intanto 

era calata la notte e gli equipaggi delle cinque navi riposavano chi in coperta (i marinai 

semplici) chi sotto coperta, gli ufficiali ed i comandanti. 

Tutti a bordo avevano il loro daffare. Nessuno era inoperoso. La ʺTrinidadʺ scivolava 

veloce sulle onde. Il convoglio delle cinque caravelle si  

dirigeva verso quelle che gli antichi chiamavano le colonne dʹErcole e noi chiamiamo lo 

stretto fortificato. Vi è una guarnigione della Castiglia  a vigilare sullo stretto che porta al 

grande oceano.  

Il giorno dopo sarebbe stata una giornata di grande impegno. Non cʹ era davvero tempo 

per i diari del buon Pigafetta  Stavano anche per spegnere i lumi a bordo. Il tempo era 

meraviglioso. Il mare era tranquillo. Soffiava una leggera brezza che faceva correre veloci 

le caravelle verso lʹOceano, su una rotta sicura e ormai sperimentata. Anche se ci si 

avvaleva di bussola e sestante, non esistevano sulle carte nautiche i meridiani ed i 

paralleli. Veniva calcolata con una certa approssimazione la latitudine.  

Eppoi vi era il cielo stellato. Quella stella polare, compagna di ciascun navigante a 

rendere certo il Settentrione. Le caravelle andavano in fila indiana, come gusci di noce, 

sulle onde. Le stelle erano ancora familiari ed amiche nellʹemisfero Nord, ma sarebbero 

diventate altrettanti enigmi, una volta superata la linea immaginaria dellʹequatore. Non 

più un firmamento con la Grande Orsa,  con la  con il grande Carro, con Cassiopea ed 

Orione, con Alderaban, e Beltegeuse, con le Sette sorelle, ma un cielo enigmatico con la 

Croce del Sud, simbolo della Cristianità in espansione, con i crociati del mare, 

apportatori di novità e anche di grandi miserie. Vi sarà una nebulosa che prenderà il 

nome di Magellano e tante, ma tante avventure. Per ora, la prua era rivolta alle Canarie.                         

                                            

Page 38: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

Onde alte come case, in quellʹOceano procelloso e dai ribaltamenti repentini. Il vero 

viaggio era cominciato superato lo stretto che  aveva spalancato alle imbarcazioni le 

porte dellʹAtlantico. A dire il vero, nulla lasciava presagire la tempesta. Ma per uno di 

quei ribaltamenti che la natura si compiace non raramente di offrire a chi va per mare, 

ecco   spuntare allʹorizzonte, nuvoloni cupi e bui. Sulle cinque caravelle, che ben presto 

sembravano gusci di noce in balìa delle onde, riecheggiavano gli ordini secchi e precisi 

degli ufficiali superiori. Pancaldo  cominciava a scorgere la paura negli sguardi dei suoi 

compagni. Reggeva il timone al meglio che  poteva; ma che danza infernale! Tra lo 

scricchiolio degli alberi e delle gomene. Il comandante della nave, la ʺTrinidadʺ, cioé Ferdinando Magellano in persona impartiva 

lʹordine di ammainare le vele con voce dai toni concitati ma al tempo stesso conservando 

tutto il sangue freddo necessario a non lasciar trapelare una certa inquietudine. 

I marinai avevano saputo valutare da soli il livello del pericolo. Molto alto, a dire il vero. 

Tanto più che stava calando la sera ed era una bufera insolita ed imprevista.  

Le onde sʹinfrangevano senza soste, abbattendosi rumorosamente e con spaventosa 

regolarità sul ponte e sferzando i volti e le membra degli uomini dellʹequipaggio. Le 

corde venivano assicurate in ogni punto, mentre gli alberi schiaffeggiati dalla tempesta 

emettevano sinistri rumori e cigolii, come se volessero dʹun tratto spezzarsi. 

Intravvedeva, Leon,  dal timone che tentava a fatica di controllare con lʹausilio di altri 

due marinai, la sagoma della nave ammiraglia, la Victoria, con le sue luci di bordo che si 

spegnevano una dopo lʹaltra. Le raffiche, infatti, portavano letteralmente via le torce dal 

ponte e montagne dʹacqua riversandosi allʹinterno oscuravano progressivamente la nave 

che appariva e scompariva tra le onde altissime. Uno spettacolo tremendo più degno di 

ciclopi che di uomini. 

Le altre tre imbarcazioni affrontavano le stesse difficoltà. Trascorse così una notte di 

tregenda davvero spaventosa. 

Giunsero finalmente  alle Canarie, sette isole di origine vulcanica (erano ciò che restava 

della mitica Atlantide ?).   Primo scalo previsto dalla rotta di queste isole ormai 

conosciute. 

Ferdinando Magellano consentì agli equipaggi di imbarcare provviste fresche nelle stive 

e di rimettere un pò in sesto le navi, perché tutti si rendevamo conto del fatto che il 

viaggio era appena cominciato e le difficoltà, quelle vere, che indubbiamente ci sarebbero 

state dovevano ancora venire. 

Lo stato delle navi era buono come quando erano partiti da  San Lucar de Barrameda. 

Leon faceva, intanto, giorno dopo giorno, conoscenza con gli altri uomini 

dellʹequipaggio. 

Sia di quello della ʺTrinidadʺ che, durante gli scali, delle altre quattro caravelle. Parlò 

nuovamente e a lungo con Pigafetta, il vicentino. Allʹinizio sembrava un pò altezzoso. Ma 

era una falsa impressione, Non si trattava di alterigia. Forse di una naturale timidezza. I 

suoi modi erano quelli di un perfetto gentiluomo.  

Pigafetta riconobbe che, allʹimbarco, lʹammiraglio Ferdinando Magellano lo trattava con 

parecchia condiscendenza, considerandolo più un passeggero che un partecipante alla 

spedizione. Di fatto lo era, perché lui stesso  confermò durante i  successivi brevi 

colloqui, di aver pagato la sua presenza a bordo. 

Page 39: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

Sulla nave ʺTrinidadʺ vi era un veneziano, Matteo Ludovisi. Anche lui aveva lasciato una 

sposa a casa, tra le calli veneziane.  

Trascorsero tre giorni alle Canarie. Poi, rotta verso le Isole di Capo Verde. Si trattava di 

terre scoperte da poco tempo, ma che ormai apparivano sulle carte nautiche di tutta 

Europa. Il vero viaggio verso lʹignoto doveva ancora iniziare. 

Tra tutti coloro che si erano imbarcati in quellʹ avventura vi erano anche ceffi poco 

rassicuranti. Evidentemente, gli emissari marittimi nei porti non erano andati molto per 

il sottile, nellʹingaggiare i volontari per la spedizione. 

 Ma per fortuna, nella stragrande maggioranza erano saliti a bordo uomini sperimentati 

ed esperti di navigazione. Ogni regola ha la propria eccezione. Dʹaltra parte, anche se vi 

erano marinai che avevano conosciuto certamente le galere, non è detto che fossero 

davvero colpevoli e, per il resto, ebbero tutti ampiamente modo di riscattarsi. 

Fu, infatti, unʹimpresa per uomini di valore, in tutti i sensi. 

Ed anche se qualcuno  commise errori nella vita, sulle caravelle poté scrivere per sé e per 

gli altri pagine onorevoli. Non tutti però furono,come vedremo, allʹaltezza della 

situazione. Parecchi uomini dellʹequipaggio non sapevano né leggere né scrivere.  Meno 

male che cʹera Antonio Pigafetta ed in tal modo col suo Resoconto di viaggio della 

circumnavigazione del globo, lʹavventura fu nota al mondo; peccato però che quel 

Resoconto era passato prima dalla corte di Valladolid; quanto a  Pancaldo, pur non 

essendo propriamente un letterato, sapeva leggere e scrivere ed aveva una memoria 

prodigiosa. 

Dobbiamo a Pigafetta, i particolari più minuziosi. Ad esempio, quali erano le provviste 

nelle cambuse e nelle stive: sette tonnellate di pane biscottato, 194 chilogrammi di carne 

essicata, numerosi barili dʹolio, 381 chili di formaggi, 200 barili di sarde salate, tremila 

pezzi di pesce essicato. 

Quando il cibo ‐soprattutto nella traversata del Pacifico – farà crudelmente difetto ed 

essendo scarsi i risultati della pesca (per mancanza di mezzi adeguati) gli equipaggi, 

tormentati dalla fame e dalla sete, daranno persino la caccia ai topi per sfamarsi. 

Ma nella prima parte del viaggio, tutto  filò abbastanza liscio. 

Eccettuata una nuova violenta tempesta in pieno Atlantico, quando le cinque caravelle, 

lasciatesi dietro i castelli di poppa  la Sierra Leone, facevano rotta verso il Brasile. In 

Sierra Leone non erano rimasti a lungo. Il paese era stato scoperto dal portoghese Pedro 

de Sintra, nellʹanno di grazia  146O ed offriva un bellissimo spettacolo di una costa orlata 

di lagune ed incisa di estuari, ma ben pochi rifornimenti. I nativi non sembravano 

neppure troppo amichevoli, così le caravelle  avevano puntato le prue verso lʹAtlantico , 

dirette a Rio, il villaggio raggiunto per la prima volta nel gennaio del 15O1 da Vespucci, 

ma fondato successivamente (1° marzo 1565) dal cavaliere portoghese Estacio de Sà, che 

lo chiamò Sao Sebastiano do Rio de Janeiro (fiume di gennaio) in onore di  Sebastiano I, 

re del Portogallo.  

Ma già quello inutile rotta lungo le coste africane, per far giungere le caravelle  fino alla 

Sierra Leone aveva suscitato malcontenti a bordo delle navi che seguivano lʹimbarcazione 

ammiraglia, la Trinidad. 

 Ma come – si dicevano  i capitani spagnoli che Carlo V aveva sguinzagliato come mastini 

alle costole del Magellano – stiamo qui a veleggiare lungo le coste africane, perdendo 

tempo prezioso in un continente ormai conosciuto, anziché puntare dritto sul Brasile e 

poi costeggiare alla ricerca del passaggio verso lʹaltro oceano. Perdita inutile di tempo e 

di provviste. Errore inspiegabile e lʹammiraglio sempre enigmatico e chiuso come 

Page 40: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

unʹostrica. Ma quando si deciderà a consultarci una buona volta prima di stabilire la 

rotta. 

La pensava così principalmente Juan de Cartagena, la “conjuncta persona” quasi pari 

grado del portoghese. 

Cominciò con qualche segno di ostilità togliendo il saluto della sua nave a quella di 

Magellano (facevano segnali coi fuochi di bordo). Le lanterne della caravella di de 

Cartagena rimasero buie. Anche gli altri capitani continuarono ad obbedire ma lo fecero 

a denti stretti.                                                             

                                                                     

DOPO LA SOSTA ALLE CANARIE,  LA SIERRA LEONE  

  

Avevano lasciato il porto di Santa Cruz de Tenerife nelle Isole Canarie, con rifornimenti 

adeguati in acqua dolce e gallette. Poi vi fu quella “puntata” verso la Sierra Leone, per motivi che solo Magellano conosceva. Forse voleva sfruttare meglio certe correnti di cui 

conosceva lʹesistenza per il salto dellʹAtlantico, in modo più rapido.  La navigazione , favorita da un buon vento da direzione Nord, fu  in effetti abbastanza veloce e spedita. Il 

mare non riservò altre sorprese mentre si muovevano in pieno Atlantico con la prua 

rivolta al Brasile . Almeno per qualche tempo fino a quando incocciarono in nuove 

tempeste. A bordo della “Trinidad” regnava una certa armonia, ma lo stesso non si 

poteva dire dellʹequipaggio della “SantʹAntonio”. Frequenti liti scoppiavano a bordo ed il suo comandante  veniva spesso rimproverato da Magellano in persona, che lo convoca a 

volte a bordo della Trinidad per fargli le proprie rimostranze. Il capitano era spesso 

costretto a mettere gli uomini della SantʹAntonio, più indisciplinati e riottosi ai ferri nella stiva. Giunsero a Rio de Janeiro il 13 dicembre del 1519. Il viaggio aveva avuto i suoi gravi 

contrattempi. 

Nel corso di una bufera, tre marinai della Concepciòn e due della Santiago, erano 

precipitati in mare dai pennoni dovʹerano saliti per aiutare ad ammainare le vele. 

Non era stato possibile recuperarli, tanto le onde erano gigantesche  

.LʹOceano Atlantico si rivelò burrascoso per un paio di giorni, mettendo le gomene a 

dura prova. Poi, vi fu una settimana di bonaccia e le caravelle in mancanza di venti a 

favore sembravano quasi immobili sulle onde, rendendo la vita a bordo monotona e 

fastidiosa. 

Finalmente, videro apparire la costa. Si avvicinava il giorno di Natale. La sacra ricorrenza 

venne festeggiata a bordo, con preghiere e suppliche al bambinello. 

Avevano fatto i presepi sulle caravelle. Poveri presepi, in verità, ma a bordo cʹera paglia 

sufficiente e qualche utensile era stato usato per fare il bambin Gesù ,  la Madonna, San 

Giuseppe, i pastori,  qualche pecorella e gli asini, attorno alla grotta di Nazareth, ricreata 

a poppa delle navi.  

Il presepe era stato ideato da San Francesco dʹAssisi, nel secolo XIII. La ricorrenza riempì 

gli equipaggi di commozione ed essendo la gente di mare molto superstiziosa, interpretò 

come di buon auspicio lʹavvicinarsi della  prima vera mèta, proprio durante le ricorrenze 

Page 41: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

della nascita del Salvatore. 

Il 26 dicembre 1519 le cinque navi attraccarono al porto del villaggio di Rio de Janeiro. 

Avevano per così dire festeggiato il Natale, il giorno precedente, con qualche galletta 

salata in più per tutti i membri dellʹequipaggio. 

Insomma, la spedizione procedeva come previsto nella misura in cui qualsiasi previsione 

fosse possibile per quegli uomini, partiti alla ricerca di un passaggio ad Ovest per 

raggiungere le Indie. 

Si fermarono qualche tempo nel villaggio. Poterono in tal modo conoscersi un poʹ meglio 

durante quella sosta che permise loro di ritemprarsi anime e corpi. 

Leon rivide il suo concittadino: Martino de Judicibus, che era imbarcato sulla Concepciòn. 

 “Come ti va, Martino? – gli chiese, notando che il  giovane appariva molto provato. 

 Come ti trovi in questa impresa?  A pensarci bene forse non sarebbe stato del tutto male 

se fossimo rimasti a navigare in acque conosciute...”  

“Sono imbarcato sulla” Concepciòn”, col grado di marinaio  subalterno. Ero entusiasta di 

partecipare a questa grande avventura, come ti avevo detto a Siviglia. Ma non hai tutti i 

torti quando dici che forse era meglio essere più prudenti. Sulle nostre caravelle si sono 

imbarcati anche brutti ceffi, gente che forse sfuggiva alla forca. Non che mi aspettassi di 

trovare il fior fiore dellʹaristocrazia castigliana, intendiamoci, ma ho lʹimpressione che re 

Carlo V abbia dato ordine ai responsabili degli ingaggi  marittimi di non guardare tanto 

per il sottile per quel che riguarda gli equipaggi, o farei meglio a dire la ciurma. Forse era 

meglio se mi facevo frate !” 

“Sai bene – rispose Leon – che in mare si trova di tutto: dallʹavventuriero, al tagliaborse, 

da colui che è scappato dopo aver messo nei guai qualche fanciulla, altri che per 

delusione amorosa vanno in cerca della morte. Ma ti parrà incredibile... ci sono anche 

esperti navigatori. E gente degna di tutto rispetto... come noi!” 

Entrambi scoppiarono in una fragorosa risata. 

 Frequentandosi spesso, divennero presto grandi amici. 

  Rinvangando nei ricordi dʹinfanzia, scoprirono di aver avuto conoscenze in comune  

nella loro vecchia città. Quella Savona che evocavano, durante le loro conversazioni a 

terra, sempre con una punta di nostalgia..  

Martino de Judicibus aveva  navigato anchʹegli nel Mediterraneo, prima di decidere di 

prendere parte alla grande impresa di Magellano per sfuggire al saio dei francescani. 

“Penso che tu ed io ‐ gli disse ancora Leon‐ conosciamo il Mare Nostrum degli antichi 

romani come le nostre tasche. Ma qui è tutta unʹaltra storia.”  

“ Le tempeste sono davvero tremende. Le costellazioni muteranno in cielo e punti di 

riferimento non ne avremo. ʺ rispose Martino. 

ʺNe faremo a meno. Certo    Magellano fa  paura solo a guardarlo, ma come ammiraglio 

sembra proprio che conosca il fatto suo.” 

“Ma è terribile. Quando si infuria fa davvero paura. E se è per questo, anche quando non 

si arrabbia fa paura lo stesso. Tutti lo temono e girano il più possibile al largo.  

“Si dice che abbia messo a morte degli insubordinati, facendoli per giunta squartare, ma 

questa , a mio parere è unʹesagerazione. Noi gente di mare sappiamo inventarcene di 

balle e le spariamo grosse quando si tratta di fare colpo sulle fanciulle... A proposito, 

Martino ma tu sei sposato ? 

“Io no. Ti ho detto che volevano mettermi in un convento di frati. Ti pare che anziché 

scappare andavo a sposarmi?” 

“E io,invece, ho una sposa che aspetta il mio ritorno. Chissà quando riuscirò a rivederla.”  

Page 42: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

Leon non sapeva e non poteva sapere che la sua avventura sarebbe durata a lungo, molto 

più a lungo, di quella degli altri navigatori imbarcati sui quei cinque gusci di noce che 

dopo aver affrontato un oceano si accingevano ad affrontarne un altro, sotto molti aspetti 

ben più temibile del primo, malgrado il nome che gli sarà dato proprio da Magellano: 

lʹOceano Pacifico. 

 

                                                                                      

SULLE SPIAGGE DI RIO, RACCONTI PAUROSI   

Ricordi,  ancora ricordi. Belli o brutti. Alcuni tremendi. Altri quasi patetici. Al lume dei 

fuochi accesi sulle spiagge di Rio, i marinai si narravano storie spaventose di amazzoni 

che, in groppa a cavalli neri purosangue, usciti dalle bocche infuocate dellʹinferno 

falciavano i guerrieri delle tribù nemiche. Impugnavano, le amazzoni, falci taglienti fatte 

con foglie di canna e rami di palma e con queste spiccavano dai busti le teste degli 

indigeni che osavano opporsi al loro strapotere. ʺLe ho viste in una notte di luna piena galoppare sullʹorlo di quella foresta, dietro quella 

piccola vegetazione di palmizi, assicurava il nostromo  della ʺConcepciònʺ Vasco  

Rodriguez ʺEl Sordoʺ. 

I suoi racconti, solitamente, venivano accolti con mormorii di incredulità tra gli uomini 

degli equipaggi. 

Ma cʹera anche chi ‐ non si può mai sapere ‐ si faceva ripetuti segni di croce per 

scongiurare la nefasta influenza degli spiriti maligni. 

Compito duro, quello di scongiurare lʹopera ed i malefici del Maligno di cui si 

occupavano egregiamente i cappellani di bordo, uno per ciascuna caravella. 

Questo non era il compito di Rodriguez. ʺEl Sordoʺ , non tenendo conto delle obiezioni 

continuava a narrare storie raccapriccianti. Forse, più che altro per esorcizzare le sue 

stesse paure ancestrali. 

ʺCʹè chi si è avventurato allʹinterno, in precedenti esplorazioni ‐ proseguì ‐ ed ha visto 

con i propri occhi guerrieri spaventosi, seminudi, con tatuaggi e con le facce dipinte di 

bianco, pieni di penne di pappagallo, che usano, nelle battaglie, tremende cerbottane. Le 

frecce sono intinte nel curaro, un veleno potentissimo.  

Uno è colpito e zac. Muere de repente, nel giro di pochi secondi, muere! 

Sangre de Dios! commentavano, inorriditi, i suoi uditori con le bocche aperte e gli occhi 

spalancati. 

ʺMa non è finita. ‐ aggiungeva, compiaciuto di aver catturato lʹattenzione generale ʺEl 

Sordoʺ . quei selvaggi, dopo aver ucciso con le cerbottane i loro acerrimi nemici, tagliano 

loro la testa. Poi la gettano in una specie di calderone delle streghe, con un miscuglio di 

erbe magiche. Fanno bollire tutto sul fuoco. Le teste si rimpiccioliscono fino alle 

dimensioni di un pugno. Ma la pozione magica conserva le sembianze del volto dei 

guerrieri morti. Poi cuciono le bocche, forse per farli stare zitti per lʹeternità.ʺ 

ʺSecondo una leggenda celtica che dalle desolate lande del Nord Europa è giunta, chissà 

come, in fondo alle foreste del Brasile, i tagliatori di teste di tutte le latitudini tagliavano 

le teste ai nemici perché credevano che quella fosse la sede dellʹanima...ʺ 

Page 43: I misteri della Storia - TRUCIOLISAVONESI · I misteri della Storia Franco Ivaldo NEL DIARIO SEGRETO DEL NOCCHIERO SAVONESE , LEON PANCALDO,TUTTI I RETROSCENA DELLA MORTE DEL GRANDE

ʺDunque...ʺ sollecitò un allibito marinaio che batteva i denti dalla paura... 

ʺDunque, concluse trionfante ʺEl Sordoʺ ‐ gli jivaros dellʹAmazzonia credono come i 

Druidi dei Celti che la testa umana sia il rifugio dellʹanima e nel timore che il guerriero, 

benché morto, possa diventare un avatar, un morto vivente, tagliano e non ci pensano 

più. Secondo le credenze druidiche questo era il motivo della decapitazione, praticata 

anche nellʹantica Roma.ʺ 

ʺMa siccome di spettri con o senza testa in giro se ne vedevano troppi , può darsi che i 

guerrieri di queste foreste abbiano dovuto prendere ulteriori precauzioni...ʺ 

ʺVale a dire ?ʺ interruppe il solito marinaio impaziente. 

ʺLʹho già detto! ‐ si spazientì il narratore ‐ rimpiccioliscono le teste e cuciono le bocche...ʺ 

ʺMa lʹanima del guerriero ucciso può sempre uscire dagli occhi, dal naso o delle 

orecchie...ʺ 

ʺSai che ti dico: vaglielo a dire tu stesso di persona ai selvaggi! ʺ 

ʺLa prossima volta Vasco ‐ disse un altro ‐a questo cantagli una ninna nanna così se ne va 

a dormire e non rompe...ʺ 

ʺCome siete permalosi!ʺ 

Ma ʺEl Sordoʺ ormai era contrariato. E divenne il muto, per il resto della nottata. 

Ma tra gli uditori, la discussione andò avanti ancora per un bel pezzo. 

ʺMa come avranno fatto i cacciatori di teste a conoscere i Druidi dei Celti ?ʺ 

ʺDicono che navigatori vichinghi, guidati da un certo Erik il Rosso, siano giunti sulle 

coste della Groenlandia. Chissà, forse i continenti non sono poi così distanti tra di loro!ʺ 

Sì, devʹessere proprio andata così pensò tra sé Pigafetta, che aveva ascoltato in silenzio, 

divertito ma anche assorto, la leggenda paurosa narrata dal nostromo.      

Cʹerano più misteri in quelle terre sconosciute che nei labirinti e nei sotterranei del 

Vaticano 

pensò, rabbrividendo tra sé pensando a quellʹepoca così superstiziosa, ai roghi 

dellʹInquisizione, ed allʹimmensità di quellʹoceano che, forse, si apriva su nuove 

incredibili conoscenze. 

Forse siamo ad un bivio ‐rifletté tra sé il vicentino – e da un lato abbiamo lʹabisso della 

paura e della barbarie e dallʹaltro la promesse contenuta nei Vangeli di un nuovo 

paradiso. 

Ma, intanto, annotò sul suo diario una ʺvoceʺ che aveva raccolto sul posto: i guerrieri di 

quelle terre selvagge, a volte, mangiavano i loro nemici uccisi in battaglia. 

Il cannibalismo faceva rabbrividire il buon vicentino, che si guardava attorno con fare 

sospettoso.   

 

CONTINUA